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riflessioni sui primi undici capitoli della genesi - Rocco Li Volsi – Saggi

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7 allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un<br />

essere vivente.<br />

Abbiamo un capovolgimento dell’opera dei sei giorni: l’uomo non è creato per ultimo, quale essere eccellente di tutto il Creato,<br />

ma per primo, perché, come abbiamo appena detto, è il parametro di ogni essere vivente. In modo analogo, Platone afferma nel Timeo<br />

che il Demiurgo ha formato prima l’anima (del Mondo e dell’uomo) e poi il corpo dell’Universo e degli uomini, perché essa è la<br />

‘base’ <strong>della</strong> possibile esistenza dei corpi. 13<br />

Qui il testo non ripete che l’uomo fu fatto a immagine e somiglianza di Dio, né che Dio “maschio e femmina li creò”: qui l’uomo è<br />

solo, e compare prima <strong>della</strong> donna. Nella sua funzione di parametro, Adamo è dunque solo, ed egli da solo ascolterà le parole che Dio<br />

gli rivolgerà a proposito di quali frutti potrà mangiare e di quali no. Adamo, il cui nome non viene ancora scritto, è l’immagine del<br />

Figlio, la Parola del Padre pronunciata ad extra. Nella storia <strong>della</strong> salvezza, Gesù sarà il nuovo Adamo, il Verbo di Dio incarnato, il<br />

fondamento e il modello <strong>della</strong> nuova creazione.<br />

Quanto alla doppia ‘dimensione’ di Adamo, è chiara la netta inferiorità del corpo, che è “polvere del suolo” plasmata da Dio,<br />

rispetto all’anima che è “un alito di vita” soffiato da Dio “nelle sue narici”. Adamo partecipa <strong>della</strong> natura di Dio; e questo “alito di<br />

vita” sembra alludere all’immortalità dell’anima.<br />

Sulla nascita dei <strong>primi</strong> uomini, quattro secondo la tradizione maya, nati non da donna, abbiamo questa testimonianza: “Si dice che<br />

furono soltanto fatti e formati, non ebbero madre, non ebbero padre. Venivano solamente chiamati maschi. Non nacquero da donna,<br />

né vennero generati dal Creatore e dal Formatore, dai Progenitori. Soltanto in virtù d’un prodigio, per opera d’incantesimo vennero<br />

creati e formati dal Creatore, il Formatore, i Progenitori, Tepeu e Gucumatz. Ed avendo l’aspetto di uomini, uomini furono; parlarono,<br />

conversarono, videro ed udirono, camminarono; afferravano le cose; erano uomini buoni e belli e la loro figura era una figura<br />

maschile. Furono dotati d’intelligenza; videro e subito la loro vista si dispiegò, riuscirono a vedere, riuscirono a conoscere tutto ciò<br />

che c’è nel mondo.” 14<br />

8 Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. 9 Il Signore Dio fece<br />

germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero <strong>della</strong> vita in mezzo al<br />

giardino e l’albero <strong>della</strong> conoscenza del bene e del male.<br />

La descrizione del giardino in Eden mostra non solo che non vi fu germinazione di tutte le piante sulla terra, come veniva detto nel<br />

terzo giorno, ma Dio stesso “piantò un giardino” e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Mentre la terra, dunque, era ancora<br />

“deserta”, Dio prepara un luogo adatto ad Adamo, in cui vi fosse varietà e abbondanza di piante quale nutrimento per lui. Si tratta di<br />

“ogni sorte di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare”. Pur con la loro funzionalità minore rispetto agli animali, ora qui si fa delle<br />

piante un apprezzamento che non era stato fatto nel capitolo precedente: esse sono gradite alla vista dell’uomo e buone e appetibili per<br />

la sua nutrizione e per quella degli animali. È un apprezzamento fatto non a parte Dei, ma a parte hominis: tutto ciò è bello e buono<br />

per l’uomo, adatto alla sua vita e al suo sviluppo.<br />

Tra le tante piante (e non tra esseri superiori), Dio pose nel giardino di Eden due alberi che erano anche due segni: l’albero <strong>della</strong><br />

vita e quello <strong>della</strong> scienza del bene e del male. Si tratta di due alberi la cui funzione è complementare: mentre il primo dà la vita, il<br />

secondo dà coscienza <strong>della</strong> vita stessa. Avrebbero dovuto avere dunque una funzione di rilievo, anche se sul secondo grava un divieto,<br />

e il primo sarà tolto alla vista di Adamo e di Eva dopo il peccato originale. Entrambi questi alberi sembrano avere un carattere<br />

teleologico in vista di un futuro più o meno lontano, nel quale si sarebbe acquistata veramente la conoscenza del bene e del male, e si<br />

sarebbe raggiunta la vera vita, cioè, l’eternità. Dopo la cacciata dall’Eden, la prima diverrà una faticosa e dolorosa conquista; la<br />

seconda verrà donata dall’alto di quell’albero <strong>della</strong> vita che è la Croce.<br />

10 Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. 11 Il primo fiume si<br />

chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c’è l’oro 12 e l’oro di quella terra è fine; qui c’è anche la<br />

resina odorosa e la pietra d’ònice. 13 Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d’Etiopia. 14 Il<br />

terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate. 15 Il Signore Dio prese l’uomo e lo<br />

pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.<br />

I versetti descrivono il fiume che scaturiva in Eden, e si divideva poi in quattro grandi fiumi, storicamente noti. La germinazione<br />

delle piante e la loro vita non dipendeva dalla pioggia, ma dall’irrigazione: l’opera dell’uomo era quella di coltivare il ‘giardino’,<br />

irrigandolo, curandolo e custodendolo, cioè non lasciandolo in abbandono, ma anzi facendone il proprio regno di bellezza.<br />

16 Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, 17 ma dell’albero<br />

<strong>della</strong> conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti».<br />

Dio concede all’uomo di cibarsi di qualsiasi pianta, poiché la varietà e l’abbondanza è grande: si tratta per di più di “alberi graditi<br />

alla vista e buoni da mangiare”; ma gli vieta il solo “albero <strong>della</strong> conoscenza del bene e del male”. Dio precisa che non si tratta di un<br />

divieto arbitrario, poiché, se ne avesse mangiato, certamente sarebbe morto. In realtà, non c’è rispondenza tra la denominazione di<br />

“albero <strong>della</strong> conoscenza del bene e del male” e la sua funzione di morte; poiché tuttavia è un albero ‘dialettico’, l’infrazione del<br />

divieto divino conduce immediatamente al polo negativo. Non solo, ma Platone afferma che gli elementi corporei dell’Universo si<br />

generano all’interno dell’Anima del mondo, la quale risulta il loro luogo spirituale.<br />

Viene qui presentato uno dei due alberi, ma, anche se Dio non parla dell’albero <strong>della</strong> vita, quest’ultimo viene sottinteso, poiché<br />

Egli afferma che Adamo avrebbe perso la vita. Nel terzo capitolo però vedremo che Dio caccia Adamo dal giardino di Eden proprio<br />

perché non mangi dell’albero <strong>della</strong> vita. In ogni caso l’albero <strong>della</strong> vita dà la vita; quello <strong>della</strong> conoscenza del bene e del male dà la<br />

morte. La conoscenza certamente non è un male, ma essa include sempre anche la conoscenza di ciò che è negativo: l’esperto conosce<br />

ciò che è giusto fare, ma sa anche quello che non si deve fare. La conoscenza del bene e del male include per ciò una tensione<br />

dialettica.<br />

13 Platone, Timeo 34 c: “Egli invero formò l’anima anteriore e più antica del corpo per generazione e per virtù, in quanto che essa doveva governare il corpo, e<br />

questo obbedirle,”<br />

14 Popol Vuh, p. 127.<br />

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