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riflessioni sui primi undici capitoli della genesi - Rocco Li Volsi – Saggi

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20 Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». 21 Dio<br />

creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli<br />

uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. 22 Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e<br />

riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». 23 E fu sera e fu mattina: quinto giorno.<br />

In rapporto alla separazione delle acque del secondo giorno, ora abbiamo il popolamento da una parte delle acque che stanno sotto<br />

il firmamento con la creazione dei pesci e dei grandi mostri marini, e dall’altra dell’aria che sta tra queste acque e il firmamento con la<br />

creazione degli uccelli. E prima vengono creati gli abitanti del mare, poi quelli dell’aria, come in una ascesa verso il firmamento. Dio<br />

infatti, a differenza che con le piante, benedice tutti questi animali, e li benedice parlando loro direttamente.<br />

È da notare che il quinto giorno presenta un’apparente anomalia, in quanto alla fine di esso Dio non esprime, come sempre ha fatto<br />

e farà, il proprio compiacimento. In realtà, la formula “E Dio vide che era cosa buona”, la troviamo una prima volta nel sesto giorno<br />

alla fine <strong>della</strong> creazione di tutti gli altri animali, e una seconda volta alla fine <strong>della</strong> giornata. In questo modo, tutti gli animali, del<br />

mare, dell’aria e <strong>della</strong> terra, ricevono la stessa benedizione che Dio dona ai pesci e agli uccelli, e alla fine Dio esprime il proprio<br />

compiacimento per la loro vita.<br />

Per di più, con la comparsa dell’uomo ha termine l’opera <strong>della</strong> creazione, e la formula di compiacimento si esprimerà nella sua<br />

formulazione maggiore: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.”<br />

24 Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro<br />

specie». E così avvenne: 25 Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti<br />

i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona.<br />

Come abbiamo detto, nel sesto giorno si completa la creazione degli animali: quelli terrestri. Ci sono stati presentati per ciò con<br />

una gradualità prima quelli dell’acqua, poi quelli dell’aria, ed in fine quelli <strong>della</strong> terra. Qui, per un certo verso termina la creazione,<br />

ovvero termina la creazione di tutto quello che è inferiore all’uomo, ed è stato creato come strumento e aiuto dell’uomo, poiché<br />

l’essere che ora Dio sta per creare sarà totalmente diverso: sarà un essere fatto a sua immagine e a sua somiglianza. Non si tratterà per<br />

ciò propriamente di un atto creativo, ma, come si dirà nel capitolo seguente, per il corpo di un utilizzo di elementi già creati; per<br />

l’anima di un diretto ‘alitare’ di Dio: quasi un dare se stesso. Questa distinzione dell’uomo rispetto agli animali è rinvenibile anche nel<br />

fatto, già segnalato, che tutti gli animali hanno avuto una loro benedizione e una attestazione <strong>della</strong> loro bontà.<br />

26 E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini <strong>sui</strong> pesci del mare e sugli uccelli del<br />

cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».<br />

Dopo la benedizione degli animali e il riconoscimento che tutto ciò “era cosa buona”, Dio crea un essere del tutto particolare, anzi<br />

il culmine di tutto il Creato, esprimendosi con le parole del versetto ventisei.<br />

Ora, l’immagine di qualcosa è ciò che riproduce il modello, ed essa è tanto più perfetta, come nel caso di un essere che Dio vuole<br />

sia tale, quanto più è fedele nella riproduzione. Ma Dio aggiunge anche “a nostra somiglianza”, che sta forse a significare non<br />

propriamente una identità, ma anche una certa diversità.<br />

Poiché Dio parla di immagine e somiglianza, appare evidente, ad ogni modo, che non si tratta tanto dell’uomo nel suo complesso<br />

di anima e di corpo, ma dell’uomo in quanto anima, essendo il suo corpo soltanto il suo strumento essenziale: strumento mediante il<br />

quale potrà utilizzare tutto il Creato come strumento vario e molteplice, e costruire altri strumenti, per le proprie necessità e per i<br />

propri fini. In questo modo, l’uomo è posto come signore, e potremmo dire ‘pastore’ del Creato, al di sopra di tutti gli esseri viventi.<br />

27 Dio creò l’uomo a sua immagine;<br />

a immagine di Dio lo creò;<br />

maschio e femmina li creò.<br />

In questo versetto si ripete l’intenzione di Dio di creare l’uomo a sua immagine, mentre si lascia cadere la somiglianza. Si può<br />

supporre che l’atto <strong>della</strong> creazione abbia dato luogo alla immagine: l’uomo, creato da Dio, è un essere a sua immagine, ma non ancora<br />

a sua somiglianza, perché essa deve essere venire conseguita nel tempo, attraverso il compimento del comando che Dio subito dopo<br />

impartisce.<br />

Ad ogni modo, nel capitolo quinto, riassumendo nuovamente la creazione dell’uomo, si legge “1 Questo è il libro <strong>della</strong> genealogia<br />

di Adamo. Quando Dio creò l’uomo, lo fece a somiglianza di Dio; 2 maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini<br />

quando furono creati.” Importante è qui la precisazione che l’uomo fu creato “maschio e femmina”. Non che gli animali, creati<br />

ciascuno secondo la propria specie, non fossero maschio e femmina; ma in loro questa diversità sessuale non comporta un essere ad<br />

immagine di Dio: è nell’uomo che la coppia maschio-femmina ‘riproduce’ l’immagine di Dio. Ma è da dire che proprio per questo<br />

manca ancora all’uomo la somiglianza a Dio: il terzo elemento, che è la prole. 10<br />

28 Dio li benedisse e disse loro:<br />

«Siate fecondi e moltiplicatevi,<br />

riempite la terra;<br />

soggiogatela e dominate<br />

<strong>sui</strong> pesci del mare<br />

e sugli uccelli del cielo<br />

e su ogni essere vivente,<br />

10<br />

Si può ricavare dalla concezione platonica qualcosa che è presente implicitamente in essa, e cioè che nella partecipazione dell’anima umana all’intero<br />

Intellegibile ci sia una doppia possibilità. Poiché la partecipazione avviene per la ‘separazione’ di una copia (un duplicato) dall’intero Intellegibile ad opera dell’Uno<br />

assoluto, può esserci nell’anima il ‘prevalere’ dell’Intellegibile sull’Uno o dell’Uno sull’Intellegibile. In ogni caso, la loro unione ad extra da parte del Bene dà sempre<br />

luogo ai tre elementi di cui abbiamo parlato (identico, diverso, misto, e cioè all’intelletto, all’immaginazione, alla ragione discorsiva e alla fede), ma con un prevalere<br />

dell’identico-intelletto nell’uomo, e del diverso-immaginazione nella donna. Questo può essere confermato se si considerano Gesù e Maria le due espressioni più alte<br />

dell’umanità: Gesù, lo stesso Logos incarnato; Maria che, “19 […], da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.” Luca 2.<br />

4

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