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riflessioni sui primi undici capitoli della genesi - Rocco Li Volsi – Saggi

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Ancora nel Popol Vuh troviamo la narrazione, anche in termini tragici, <strong>della</strong> confusione delle lingue e <strong>della</strong> dispersione dei popoli<br />

su tutta la terra.<br />

“Così dicevano là dove vedevano il sorgere il sole. Una stessa era la lingua di tutti. Non invocavano il legno né la pietra, e si<br />

rammentavano <strong>della</strong> parola del Creatore e del Formatore, del Cuore del Cielo, del Cuore <strong>della</strong> Terra. Così parlavano ed<br />

attendevano con ansia il sorgere dell’aurora.” 52 “Ed essendo giunta al loro orecchio notizia di una città, si avviarono in quella<br />

direzione.” 53 “Ed allora giunsero tutti i popoli, quelli di Rabinal, i Cakchiquel, quelli di Tziquinahá e le genti che ora si chiamano<br />

Yaqui. E là si alterò il linguaggio delle tribù; le loro lingue divennero diverse. Non potevano più capirsi chiaramente tra di loro<br />

dopo il loro arrivo a Tulán. Là pure si separarono, ve ne furono alcune che andarono verso l’Oriente, ma molte si diressero da<br />

questa parte. Ed i loro indumenti erano soltanto pelli di animali; non avevano vesti da indossare, le pelli di animali erano il loro<br />

solo abbigliamento. Erano poveri, non possedevano nulla, ma la loro era natura di uomini prodigiosi. Quando giunsero a Tulán-<br />

Zuiva, Vucub-Pec, Vucub-Ziván, dicono le antiche tradizioni che essi avevano percorso un lungo cammino per giungere a<br />

Tulán.” 54 “Il linguaggio di Balam-Quitzé, Balam-Acab, Mahucutan ed Iqui-Balam è diverso. Ahi! Abbiamo abbandonato la nostra<br />

lingua! Che cosa abbiamo fatto? Siamo perduti! Dove fummo ingannati? Una sola era la nostra lingua quando giungemmo là a<br />

Tulà; in un solo modo eravamo stati creati ed educati. Non è bello ciò che abbiamo fatto, - dissero tutte le tribù sotto gli alberi e<br />

sotto le liane.” 55<br />

Un racconto tanto particolareggiato presuppone il ricordo di un fatto realmente accaduto; ma questo fatto, noi sappiamo che non<br />

può essere collocato poco prima <strong>della</strong> nostra éra, bensì che deve risalire a tempi remotissimi, come la Bibbia fa capire, per<br />

determinare i quali i riferimenti cronologici che propone sono del tutto inadeguati. Il moltiplicarsi dell’umanità dopo il diluvio senza<br />

dubbio dovette aver bisogno di moltissimo tempo, ma, pur nella relativa dispersione di cui parla il Popol Vuh, ciò non aveva tolto<br />

l’unità linguistica agli uomini. Si erano formati popoli e tribù per una naturale ramificazione etnica, ma l’unità si era mantenuta<br />

proprio grazie all’unicità del linguaggio.<br />

La tendenza alla dispersione per un processo di possedimento territoriale certo esisteva, ma è forse proprio per questo che la<br />

Genesi parla di una città che doveva essere costruita da tutti affinché l’umanità non si disperdesse sulla terra e mantenesse quell’unità<br />

per la costruzione di ‘una torre che toccasse il cielo’, e gli uomini ‘si facessero un nome’.<br />

Sul piano spirituale, questa unità è stata realizzata e simboleggiata nella discesa dello Spirito Santo su Maria e gli Apostoli, riuniti<br />

in preghiera. Successivamente, infatti, gli apostoli, usciti in strada e parlando alla gente, vengono intesi dalle diverse persone lì riunite.<br />

“1 Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2 Venne all’improvviso dal cielo<br />

un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. 3 Apparvero loro lingue come di fuoco<br />

che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; 4 ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre<br />

lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. 5 Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione<br />

che è sotto il cielo. 6 Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua.<br />

7 Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? 8 E com’è che li<br />

sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? 9 Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti <strong>della</strong> Mesopotamia, <strong>della</strong> Giudea, <strong>della</strong><br />

Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, 10 <strong>della</strong> Frigia e <strong>della</strong> Panfilia, dell’Egitto e delle parti <strong>della</strong> <strong>Li</strong>bia vicino a Cirène, stranieri di<br />

Roma, 11 Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio». 12 Tutti erano<br />

stupiti e perplessi, chiedendosi l’un l’altro: «Che significa questo?».” 56<br />

10 Questa è la discendenza di Sem: Sem aveva cento anni quando generò Arpacsad, due anni dopo il diluvio; 11 Sem, dopo<br />

aver generato Arpacsad, visse cinquecento anni e generò figli e figlie. 12 Arpacsad aveva trentacinque anni quando generò<br />

Selach; 13 Arpacsad, dopo aver generato Selach, visse quattrocentotré anni e generò figli e figlie. 14 Selach aveva<br />

trent’anni quando generò Eber; 15 Selach, dopo aver generato Eber, visse quattrocentotré anni e generò figli e figlie. 16<br />

Eber aveva trentaquattro anni quando generò Peleg; 17 Eber, dopo aver generato Peleg, visse quattrocentotrenta anni e<br />

generò figli e figlie. 18 Peleg aveva trent’anni quando generò Reu; 19 Peleg, dopo aver generato Reu, visse duecentonove<br />

anni e generò figli e figlie. 20 Reu aveva trentadue anni quando generò Serug; 21 Reu, dopo aver generato Serug, visse<br />

duecentosette anni e generò figli e figlie. 22 Serug aveva trent’anni quando generò Nacor; 23 Serug, dopo aver generato<br />

Nacor, visse duecento anni e generò figli e figlie. 24 Nacor aveva ventinove anni quando generò Terach; 25 Nacor, dopo<br />

aver generato Terach, visse centodiciannove anni e generò figli e figlie. 26 Terach aveva settant’anni quando generò<br />

Abram, Nacor e Aran. 27 Questa è la posterità di Terach: Terach generò Abram, Nacor e Aran: Aran generò Lot. 28 Aran<br />

poi morì alla presenza di suo padre Terach nella sua terra natale, in Ur dei Caldei. 29 Abram e Nacor si presero delle<br />

mogli; la moglie di Abram si chiamava Sarai e la moglie di Nacor Milca, ch’era figlia di Aran, padre di Milca e padre di<br />

Isca. 30 Sarai era sterile e non aveva figli. 31 Poi Terach prese Abram, suo figlio, e Lot, figlio di Aran, figlio cioè del suo<br />

figlio, e Sarai sua nuora, moglie di Abram suo figlio, e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nel paese di Canaan.<br />

Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono. 32 L’età <strong>della</strong> vita di Terach fu di duecentocinque anni; Terach morì in<br />

Carran.<br />

La discendenza di Sem è per noi importante perché ci conduce a Terach (e poi ad Abramo): egli infatti è colui che tenta di<br />

allontanarsi da una patria (Ur dei Caldei) che certamente non ‘camminava con Dio’, “per andare nel paese di Canaan”, ma forse anche<br />

per ritornare alle origini. Intraprende infatti un viaggio che probabilmente avrebbe dovuto condurre all’Ararat. Ma egli, risalendo<br />

l’Eufrate, imbocca un affluente che lo svia, e si ferma a Carran.<br />

Il suo sembra essere stato il tentativo naturale di tornare a Dio, ma sarà Dio stesso a chiamare a Sé suo figlio Abramo per condurlo<br />

veramente “nel paese di Canaan”, e costituirlo protagonista di un nuovo patto.<br />

52 Popol Vuh, p. 131.<br />

53 Popol Vuh, p. 132.<br />

54 Popol Vuh, p. 133. Interessante è il riferimento agli indumenti che “erano soltanto pelli di animali”, ancora come quelli fatti da Dio per Adamo ed Eva.<br />

55 Popol Vuh, p. 135.<br />

56 Atti degli Apostoli, 2.<br />

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