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dispensa II semestre

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<strong>II</strong> SEMESTRE<br />

Storia delle Religioni<br />

(G. Frulla)<br />

Materiale per l’esame<br />

1


ISLAM<br />

Dalla Bibbia abbiamo notizia che Abramo ebbe due figli, il primogenito Ismaele dalla<br />

schiava egiziana Agar, e il secondo Isacco dalla moglie Sara. Una volta svezzato<br />

Isacco, Sara volle che Ismaele e Agar venissero allontanati.<br />

Dio rassicurò Abramo con queste parole:<br />

Anche riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ecco, io lo benedico e lo renderò fecondo e<br />

molto, molto numeroso. Dodici principi egli genererà e di lui farò una grande nazione. (Gen.<br />

17,20)<br />

Quindi Agar e Ismaele vengono allontanati e danno origine ad una corrente separata<br />

che però poggia sullo stesso Dio e fa riferimento ad un capostipite comune. Ecco<br />

perché i rapporti tra le due comunità continuano anche dopo la cacciata: Ismaele<br />

infatti prende parte con Isacco alla sepoltura di Abramo e il figlio di Isacco, Esaù,<br />

prenderà in moglie una figlia di Ismaele, trasferendosi poi nel deserto arabico.<br />

Gli arabi quindi, come discendenti di Ismaele, si collocano su un piano di continuità<br />

storica e religiosa con Abramo, tanto che successivamente, quando Ebrei e Cristiani<br />

si insedieranno nella penisola arabica, alcuni arabi rimarranno legati al culto<br />

monoteistico dei Patriarchi. Questi gruppi erano presenti anche nel periodo di cui ci<br />

occupiamo.<br />

Il termine arabo islam indica letteralmente l’atto di sottomissione e il participio<br />

presente della stessa forma verbale, muslin (musulmano), indica colui che si<br />

sottomette a Dio.<br />

L’Islam si presenta come una rivelazione, cioè come una religione indicata e rivelata<br />

direttamente da Dio, e si inserisce nel quadro delle tradizioni cosiddette abramiche,<br />

manifestandosi come terza espressione in ordine di tempo dello stesso unico Dio<br />

degli Ebrei e dei Cristiani.<br />

Tra il V e il VI secolo d.C. l’Arabia era una regione abitata da rari gruppi di<br />

agricoltori stanziati nei pressi delle zone fertili, le oasi, e da beduini nomadi<br />

2


organizzati in comunità di famiglie o tribù, che si spostavano sui cammelli, vivevano<br />

di razzie, guidavano le carovane dei mercanti che attraversavano il deserto.<br />

La tribù era l’unica istituzione sociale e politica, guidata da un capo, il sayyd, signore<br />

in guerra e in pace, depositario della sapienza e delle tradizioni dei padri.<br />

Le credenze religiose dell’Arabia di quel periodo erano tante, elementari, politeiste.<br />

Erano adorate delle divinità astrali legate al Sole, e i ginn, folletti a metà tra divino e<br />

umano.<br />

I ginn sono una categoria intermedia tra gli angeli e gli uomini, che l’Islam ha<br />

accettato come un dato di fatto del paganesimo preislamico. Secondo il Corano i ginn<br />

sono stati creati da Dio che li ha tratti dal fuoco, così come ha tratto gli angeli dalla<br />

luce e gli uomini dall’argilla. Mentre gli angeli sono tutti buoni e i demoni tutti<br />

cattivi, i ginn sono un po’ come gli uomini: alcuni buoni, alcuni cattivi, alcuni<br />

musulmani, altri di religioni diverse. Talvolta, come dice il verso 100 della Sura 6,<br />

erano adorati come veri e propri dèi dagli arabi pagani.<br />

In una città, La Mecca, si trovava un santuario, la Kaaba, che custodiva diversi idoli<br />

del culto, tra cui la pietra nera, venerata da molte tribù.<br />

La Mecca era anche un centro commerciale, e un luogo di transito economico e<br />

culturale tra Africa ed Estremo Oriente.<br />

Maometto<br />

Maometto nacque in quella regione (a La Mecca) il 20 aprile del 570 d.C.; non<br />

conosciamo precisamente il suo nome di nascita, ma è rimasto nella storia con<br />

l’appellativo “Maometto” che significa “il Lodatissimo”. Nonostante i suoi genitori<br />

fossero entrambi appartenenti alla potente tribù dei Qurays che dominava a La<br />

Mecca, tuttavia le vicende dei primi anni di vita del personaggio sono molto<br />

travagliate.<br />

La sua giovinezza povera (il padre morì prima della sua nascita, la madre alcuni anni<br />

dopo) lo portò a servire come pastore presso la famiglia di parenti lontani, a lavorare<br />

come cammelliere e a prestare servizio presso alcune compagnie di mercanti, dalle<br />

3


quali apprese notizie e informazioni su terre e culture lontane, ed ebbe modo di<br />

ascoltare notizie su Ebraismo e Cristianesimo ed entrare in contatto con uomini di<br />

religioni diverse: Ebrei, Cristiani Nestoriani, Giacobiti e Manichei. Reminescenze di<br />

questi incontri entreranno più tardi nel Corano.<br />

In questo modo inoltre Maometto ebbe la possibilità di conoscere meglio il suo<br />

popolo e le difficoltà e i pericoli della vita da nomade. Fu durante uno dei suoi<br />

spostamenti che un monaco nestoriano di nome Bahira Muhammad predisse la<br />

missione profetica del ragazzo.<br />

Non abbiamo notizie sulla sua infanzia e sull’adolescenza, fino a che, all’età di 25<br />

anni, sposò Khadigia, una ricca vedova, più anziana di lui di circa 15 anni, con la<br />

quale avrà 7 figli (3 maschi morti in tenera età e 4 femmine).<br />

All’età di 40 anni, nel 610, durante una veglia di preghiera notturna, Maometto ebbe<br />

una crisi religiosa e - secondo le fonti – vide l’Arcangelo Gabriele volare alto nel<br />

cielo, con voci che inizialmente lo terrorizzarono ma poi lo rassicurarono. Cinque<br />

anni prima Maometto era stato prescelto per ricollocare in un angolo dell’edificio<br />

della Ka’ba la pietra nera, un meteorite, oggetto di culto popolare, che era stato<br />

rimosso a causa di una provvisoria demolizione del tempio. Secondo la tradizione<br />

Abramo aveva collocato il meteorite in quel posto della Ka’ba per fissare il punto di<br />

partenza delle processioni rituali. Da quel momento in poi Maometto si ritirò per<br />

alcuni giorni all’anno nella solitudine delle pendici del monte Hira, a meditare:<br />

riflette sul legame tra giudizio divino e mancanze umane.<br />

In una notte del 610 Maometto ebbe appunto in sogno la suddetta visione, nella quale<br />

Gabriele gli porge in mano un rotolo di stoffa con dei segni, recante i primi contenuti<br />

della rivelazione di Allah. L’Arcangelo lo avrebbe incitato in questo modo:<br />

“Leggi!”. Maometto risponde: “Non so leggere!”. “Leggi, leggi!” gli grida di nuovo il<br />

messaggero e gli preme la pergamena sul petto. Quando Maometto domanda: “Che cosa<br />

devo leggere?”, l’angelo dice: “Leggi! Noi lo facemmo scendere (il Corano) nella Notte del<br />

Decreto. E ti farà conoscere cos’è la Notte del Decreto. La Notte del Decreto vale più di<br />

4


mille mesi. In essa gli angeli e lo Spirito, al comando del loro Signore, discenderanno con il<br />

divino Decreto che riguarda ogni cosa” (Sura 97,2-5).<br />

Dopo questa visione (e dopo averne parlato con la moglie che è la prima a credere<br />

alla sua missione) Maometto si isolò sul monte Hira, in una grotta, alla ricerca di una<br />

pace che sembrava non arrivare mai: proprio in quel luogo Gabriele gli sarebbe<br />

apparso una seconda volta con queste parole:<br />

Il tuo Signore non ti ha abbandonato, né è adirato con te. Sicuramente la condizione futura<br />

sarà migliore di quella attuale e il tuo Signore presto ti colmerà di beni, e tu sarai<br />

soddisfatto. Non ti ha forse trovato orfano e non ti ha preso sotto le sue cure? (Sura 93,4-7).<br />

Lì Gabriele gli avrebbe dettato il Corano, il Libro sacro di Dio. Maometto avrebbe<br />

scritto il Corano sotto dettatura, senza nessuna modifica: quindi il libro sarebbe<br />

“copia terrena del Libro celeste di Allah”, cioè la parola esatta di Dio.<br />

Nel 610 quindi Maometto iniziò la sua predicazione a La Mecca, inizialmente molto<br />

semplice e facilmente comprensibile alle masse: egli presentava Allah come unico<br />

Dio e prevedeva un giudizio finale con la salvezza o la dannazione per gli uomini, ai<br />

quali era chiesto di vivere con generosità e accoglienza nei confronti dei poveri.<br />

Maometto ha una nuova rivelazione tra il 612 e il 613, nella quale si copre il capo col<br />

mantello e riceve queste istruzioni:<br />

Colui il quale farà una buona azione sarà ricompensato con dieci volte tanto; ma colui il<br />

quale commette una cattiva azione, ne riceverà l’equivalente e non gli sarà fatta ingiustizia.<br />

Di’: “il mio Signore mi ha guidato sulla retta via, la retta religione, la religione di Abramo il<br />

giusto. Ed egli non era di quelli che associano altri dei ad Allah”. Di’: “la mia preghiera e il<br />

mio sacrificio e la mia vita e la mia morte sono tutte per Allah, il Signore dei mondi; Egli<br />

non ha compagni. Così mi viene comandato, e io per primo mi assoggetto”. Di’: “cercherò<br />

io un Signore diverso da Allah, mentre Egli è il Signore di tutte le cose?” E ogni anima è<br />

responsabile delle proprie azioni; né alcuno che porti un peso, porterà il peso di un altro. Ed<br />

alla fine ritornerete al vostro Signore, ed Egli vi illuminerà su tutto quanto non eravate<br />

d’accordo. Egli è colui che vi ha creato per essere luogotenenti sulla terra, e ha elevato<br />

alcuni di voi sugli altri per gradi, allo scopo di provarvi in ciò che Egli vi ha dato. In verità il<br />

tuo Signore è veloce nel perseguire; ma certamente Egli è il Sommamente Misericordioso,<br />

Clemente. (Sura 6)<br />

5


La novità del messaggio è proprio nella scelta del monoteismo: Allah, infinitamente<br />

buono e potente, chiede a tutti di riconoscerlo come Dio e di sottomettersi a lui. Da<br />

qui deriva il termina “Islam” che significa proprio “sottomissione”.<br />

La predicazione di Maometto raggiunge gli strati più bassi della società, accendendo<br />

le speranze di pastori, artigiani, schiavi. Si forma intorno a lui una prima comunità<br />

subito ostacolata dai ricchi mercanti che vedevano nel politeismo una fonte di<br />

guadagno per i numerosi pellegrinaggi a La Mecca e quindi nel monoteismo un<br />

pericolo da evitare.<br />

Per questo motivo la persecuzione portò Maometto e un gruppo di seguaci ad<br />

andarsene da La Mecca per rifugiarsi a Yathrib, che verrà chiamata Medina (= “città<br />

del profeta”). Siamo nel 622 e l’episodio passò alla storia con il termina di Egira, che<br />

in arabo significa “emigrazione”. La data diventerà l’anno di inizio dell’era<br />

musulmana, il primo giorno del calendario.<br />

Nel decennio che segue Maometto diffuse la predicazione e aumentò il numero dei<br />

suoi seguaci.<br />

Nel 629 poi decise di ritornare a La Mecca: organizzò un esercito di 10.000 uomini<br />

ma non fu necessario prendere la città con la forza: l’11 gennaio 630 La Mecca gli<br />

aprì le porte e lo accolse come un trionfatore. Le tribù accettarono la nuova religione<br />

e il vecchio santuario con i simboli delle vecchie divinità fu distrutto, mentre venne<br />

costruito un nuovo tempio che accoglieva al suo interno soltanto la pietra nera.<br />

Poi Maometto rientrò a Medina, dove si ammalò e morì l’8 giugno del 632.<br />

Le conquiste<br />

La morte di Maometto nel 632 gettò nella disperazione il popolo arabo. Venne eletto<br />

un successore, il califfo, e lo Stato in questo modo si mantenne unito. D’altro canto<br />

iniziarono le guerre di conquista, la cosiddetta “guerra santa”.<br />

Ecco come viene teorizzata la guerra santa nel Corano:<br />

E combattete per la causa di Allah contro coloro che combattono contro di voi, ma non<br />

trasgredite. Allah non ama i trasgressori. E uccidete tali trasgressori ovunque li incontriate; e<br />

cacciateli da ogni luogo onde vi abbiano cacciati; poiché la persecuzione è peggiore<br />

6


dell’assassinio. Ma non lottate contro di loro dentro o vicino alla Sacra Moschea, a meno<br />

che non vi provochino. Ma se essi vi aggrediscono, allora combatteteli. Così gli infedeli<br />

avranno ciò che loro spetta. Ma se si arrendono allora Allah è davvero colui che<br />

sommamente perdona, il misericordioso. (Sura 2)<br />

Il mondo si sarebbe presto radicalmente trasformato in maniera definitiva, forse<br />

anche in modo più decisivo di quanto aveva potuto fare l’Impero romano.<br />

In 100 anni, tra il 633 e il 750, gli Arabi crearono il più grande impero della storia.<br />

Nel 633 le armate islamiche uscirono dai loro confini e in 3 anni raggiunsero<br />

Damasco per poi dirigersi a Gerusalemme. Conquistarono poi Siria, Egitto e<br />

Armenia. In seguito occuparono quello che era stato l’Impero Persiano, e poi anche<br />

Afghanistan e parte dell’India, prima di rivolgersi, dopo una breve pausa, verso<br />

l’Occidente.<br />

Nel 711, dopo aver conquistato tutta la costa del Nord-Africa, invasero la Spagna e<br />

nel 732 avevano già varcato i Pirenei e si erano spinti fino alle rive della Loira, dove<br />

vennero fermati da Carlo Martello nella famosa battaglia di Poitiers.<br />

In un secolo quindi gli arabi hanno disseminato la loro presenza in varie zone<br />

dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa, e la loro avanzata non si ferma: nell’850 circa<br />

infatti è la volta della conquista della Sicilia.<br />

Quali sono i motivi di un successo così rapido e totale? Possiamo tentare di<br />

individuarne alcuni:<br />

Principio della religione era il dovere di portare la guerra contro i non credenti:<br />

l’entusiasmo religioso spinse così i combattenti arabi a disprezzare la morte e<br />

talvolta a cercarla;<br />

Il mondo arabo era molto povero e conquistare nuove terre significava aprire<br />

nuovi mercati e quindi risollevare la condizione misera della popolazione;<br />

L’abitudine alla vita frugale propria dei popoli nomadi rese gli Arabi più<br />

capaci a sopportare le avversità, la sete e la fame, e quindi a mostrarsi sempre<br />

superiori di fronte agli avversari (che da parte loro, versavano in condizioni di<br />

debolezza cronica);<br />

7


L’attacco fu sferrato in regioni a clima caldo, dove gli Arabi erano abituati a<br />

combattere e – in generale - a vivere.<br />

In questo modo si costruì a poco a poco un impero, dove i conquistatori non imposero<br />

la propria religione ai popoli sottomessi, ai quali chiesero obbedienza, lealtà e<br />

pagamento dei tributi. Al vertice dello stato arabo stava il Califfo (“successore” del<br />

Profeta) che veniva circondato da una serie di consiglieri; a capo di ogni provincia<br />

stava invece l’Emiro, con poteri assoluti nella sua zona.<br />

Le conquiste spinsero gli Arabi a spostare la capitale da Medina (dove rimase fino al<br />

661) a Damasco (fino al 750) e poi a Baghdad.<br />

Le scuole e le correnti<br />

La forma più antica dell’Islam risale ai tempi di Maometto e dei suoi primi seguaci.<br />

Tuttavia però già nel V<strong>II</strong> sec. d.C. si verifica una grande scissione causata dalle<br />

tensioni dovute alla questione della successione al profeta nella guida religiosa e<br />

politica della comunità musulmana. Oggi possiamo distinguere nell’Islam tre grandi<br />

correnti: i Sunniti, gli Sciiti, gli scismatici.<br />

i Sunniti. I Musulmani che si mantengono fedeli alla Sunna (“la tradizione”)<br />

costituiscono attualmente più dell’80% di tutti i Musulmani. Per loro la carica<br />

di califfo doveva andare al parente più prossimo del profeta, discendente in<br />

linea maschile della stirpe dei Qurays. All’interno di questa cerchia si doveva<br />

procedere per libera elezione da parte della comunità. Per il problema della<br />

successione sono in netto contrasto con gli Sciiti. I Sunniti, che si considerano<br />

Musulmani ortodossi, ritengono veri e propri errori tutte le modifiche (non<br />

previste nella Sunna) apportate alla dottrina e alle regole. All’interno dell’area<br />

dei Sunniti sono sorte quattro scuole giuridiche: 1) gli Hanafiti (che<br />

attribuiscono maggiore importanza alla logica e al ragionamento analogico e<br />

costituiscono la scuola più numerosa comprendendo i Musulmani indiani e i<br />

sudditi degli Ottomani); 2) i Malikiti (che seguono la tradizione di Medina e<br />

sono diffusi nell’Africa settentrionale e centrale); 3) gli Sciafiiti (che si<br />

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diffondono in Siria, Basso Egitto, Arabia Occidentale e Meridionale, Africa<br />

Orientale, Indonesia e Caucaso e cercano di coordinare Corano e Sunna<br />

fondando anche la cosiddetta shari’a, cioè la “legge”); 4) gli Hanbaliti (che<br />

riconoscono come fondanti solo la Sunna e il Corano e si diffondono in Arabia<br />

Centrale).<br />

gli Sciiti. Sono quelli che si riconoscono nel solo insegnamento di Alì (602-<br />

661), cugino e genero di Maometto, califfo dal 656, e che riconoscono come<br />

successore del profeta soltanto lui e la discendenza che ha con la figlia di<br />

Maometto, Fatima. Considerano come degli usurpatori i primi tre califfi<br />

riconosciuti dai Sunniti, mentre tengono in alta considerazione Alì e i suoi<br />

seguaci. Secondo l’insegnamento degli Sciiti Maometto prima di morire<br />

avrebbe iniziato ai più profondi segreti dell’Islam il cugino Alì, che avrebbe<br />

poi trasmesso alla sua famiglia questa sorta di “sapere esoterico”. I suoi diretti<br />

discendenti sono perciò considerati imam, cioè “guide” e “custodi” di questa<br />

sapienza segreta. Gli Sciiti aggiungono ai cinque pilastri dell’Islam un sesto,<br />

l’autorità incontestabile dell’imam. Intorno alla questione della vera<br />

discendenza del profeta si sono formate le varie correnti sciite. Attualmente<br />

non esiste alcun imam vivente. L’ultimo imam in realtà è nascosto e tornerà<br />

soltanto per fondare un regno di giustizia in un tempo stabilito. In sua assenza<br />

sono i mullah a formulare le sentenze del diritto. Gli Sciiti corrispondono a<br />

circa il 15% di tutti i Musulmani.<br />

le correnti scismatiche sono costituite in primo luogo dai Kharijiti, dai Drusi<br />

(staccatisi dagli Sciiti) e dagli Ahmadiya (dai Sunniti). I Kharijiti sono<br />

sostenitori di rigide norme etiche e predicano l’integrità dell’uomo. I Drusi<br />

prendono il via dopo l’anno 1000 e credono che la divinità si incarni per gradi<br />

e credono nella trasmigrazione delle anime. Gli Ahmadiya nascono a metà<br />

dell’Ottocento in India e oggi ha il suo centro in Pakistan: il loro fondatore<br />

pensava di essere il madhi (l’imam che torna alla fine dei tempi), o Gesù Cristo<br />

redivivo, oppure addirittura la reincarnazione di Krsna.<br />

9


Il Sufismo e la mistica araba<br />

Spesso si parla di analogie tra cultura araba e altre culture, orientali e occidentali. Ci<br />

ispirano in tal senso le parole del catalano Raimondo Lullo, vissuto tra X<strong>II</strong>I e XIV<br />

secolo, eremita e francescano, filosofo, teologo, mistico, predicatore e poeta (e<br />

studioso della lingua e della cultura araba). Quando parla del suo Libro dell’Amico e<br />

l’Amato egli afferma di “averlo composto alla maniera dei sufi”, rivelando in questo<br />

modo una provenienza culturale comune che lega la mistica di religioni vicine (anche<br />

geograficamente) ma profondamente distinte tra loro.<br />

Ecco alcuni stralci del suo poema:<br />

Chiesero all’Amico dov’era il suo Amato.<br />

Rispose:<br />

Lo troverete nella dimora più nobile tra tutte le cose nobili create; lo troverete nel mio amore, nei miei<br />

desideri e nei miei pianti.<br />

Chiesero all’Amico quali erano le tenebre più profonde.<br />

Rispose:<br />

L’assenza dell’Amato.<br />

Gli chiesero qual era la luce più splendente, e disse:<br />

La presenza dell’Amato…<br />

Diceva l’Amico:<br />

- Oh, amatori! Se volete fuoco venite nel mio cuore ad accendere le vostre lampade; se volete acqua, venite<br />

nei miei occhi, che traboccano di lacrime; se volete pensieri d’amore, venite a prenderli nel mio meditare…<br />

La poesia araba delle origini era legata all’ambiente del deserto e allo stile di vita del<br />

nomade. Erano testi in cui il poeta narrava i valori della tribù di appartenenza ed era<br />

ispirato nel farlo dall’intervento dei ginn.<br />

Nella cultura dell’Islam si è partiti da un atteggiamento iniziale di diffidenza verso<br />

chi era in grado di verseggiare abilmente per poi apprezzare in maniera a volte anche<br />

esagerata tale capacità, soprattutto nella letteratura che si forma e si sviluppa<br />

nell’ambito del Sufismo.<br />

Il Sufismo è il nome attribuito al misticismo islamico, i cui esponenti sono chiamati<br />

sufi. Come la shari’a sviluppa l’insegnamento di Maometto del periodo medinese, la<br />

10


corrente mistica dell’Islam si riconduce alla pietà religiosa coltivata dal profeta a La<br />

Mecca. Il significato del termine deriva dal vocabolo suf (=stoffa di lana grezza)<br />

materiale utilizzato per le vesti di quegli asceti e mistici dai quali prende avvio il<br />

movimento.<br />

Inizialmente il Sufismo viene avversato da tutte le correnti teologiche, per<br />

l’esaltazione della virtù dell’amore, messa in primo piano rispetto all’obbedienza. Nel<br />

IX secolo si sviluppa notevolmente in Iraq, Persia e Egitto. Il desiderio iniziale è<br />

quello di un distacco e di una rinuncia del mondo, a cui si associa ben presto la<br />

contemplazione dell’amore mistico.<br />

Il Sufismo si presenta in forme molto diverse nel corso dei secoli. Una di queste<br />

espressioni è quella che prende piede nel X<strong>II</strong>I secolo, quando gruppi di asceti, riuniti<br />

in confraternite simili agli ordini religiosi, iniziarono a diffondersi, e furono chiamati<br />

in Occidente dal XV<strong>II</strong> secolo col termine di Dervisci (dal termine persiano che<br />

significa “mendicanti”). Le varie confraternite poi si differenziano per il tipo di abiti<br />

indossati, per il giorno settimanale consacrato ad Allah e per il tipo di esercizi<br />

religiosi praticati.<br />

Caratteristiche del Sufismo sono infatti l’ascesi (zuhad) e la pratica per il<br />

raggiungimento dell’estasi (dhikr). Il dhikr è una pratica di glorificazione di Allah<br />

che prevede la ripetizione in serie di invocazioni a voce alta, secondo un ordine<br />

stabilito, o sottovoce, con particolari forme di respirazione e di movimenti del corpo.<br />

I Sufi, per il raggiungimento dell’estasi, devono quindi rifarsi a dei metodi che se<br />

praticati correttamente portano all’unione mistica con Allah, ma se usati in maniera<br />

erronea possono condurre all’annientamento dell’io. Per questo vengono praticati<br />

esercizi spirituali e liturgici, individuali e in collettività, che consistono il più delle<br />

volte in abluzioni, musiche e danze. Per questo motivo spesso nelle rappresentazioni<br />

iconografiche i Sufi (i Dervisci) in particolare sono rappresentati in un contesto<br />

musicale o coreutico.<br />

Alcuni simboli principali del Sufismo sono:<br />

- la montagna cosmica, simbolo della barriera che separa l’uomo da Dio;<br />

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- la ciotola dell’elemosina;<br />

- l’albero cosmico, che, nel suo significato di albero della conoscenza,<br />

rappresenta i progressi nel campo della meditazione e della saggezza.<br />

I Sufi vivono riuniti in monasteri, luoghi che danno loro lo spazio e il tempo<br />

necessari per lo studio, per la preghiera e per le pratiche ascetiche. Sono sottoposti al<br />

capo del proprio ordine e vivono dei proventi delle proprietà donate alle confraternite.<br />

Bisogna ammettere che il Sufismo ha contribuito parecchio alla diffusione dell’Islam,<br />

per i suoi caratteri di solidarietà e di attenzione.<br />

Una pratica che rispecchia la mistica araba e che ne rappresenta una delle massime<br />

espressioni è la poesia.<br />

Secondo il persiano Nezami di Ganjè, letterato di enorme cultura e con tendenze<br />

mistiche del dodicesimo secolo, noto per i suoi poemi narrativi, la poesia ha infatti un<br />

valore così elevato che “il Poeta viene subito dopo il Profeta”.<br />

Quali sono le indicazioni che possiamo trarre da questa poesia mistica?<br />

Innanzitutto il primo aspetto è quello che accomuna la mistica in generale: il rapporto<br />

di intimità con il Soprannaturale viene spesso vissuto come una questione affettiva,<br />

come un intimo rapporto di amore, dove importanza dominante ed esaustiva è data<br />

all’Amato.<br />

Rabi’a, la più importante figura femminile della mistica islamica, vissuta a Bassora<br />

(in Iraq) tra l’ottavo e il nono secolo, quarta figlia di una famiglia povera, venduta<br />

inizialmente come schiava, poi affrancata dal suo stesso padrone, è la prima che<br />

attribuisce a Dio il titolo di “Amante” e si rivolge a lui dicendo:<br />

Mio Dio, tutti i beni di questo mondo che mi sono destinati donali ai tuoi nemici, tutto quello che mi è<br />

riservato in paradiso, dallo ai tuoi amici; perché io cerco soltanto Te.<br />

Mio Dio, se Ti servo per timore dell’inferno, condannami a bruciare nel suo fuoco, se Ti servo con la<br />

speranza di arrivare al paradiso, impediscimi di entrarvi; ma se Ti servo soltanto per Te stesso, non<br />

rifiutarmi la contemplazione del Tuo Volto.<br />

Tra le personalità più interessanti di questa mistica ricordiamo Ibn al-Arabi, vissuto<br />

tra dodicesimo e tredicesimo secolo e formatosi nella cultura dell’Andalusia. Anche<br />

per lui come per gli altri mistici la meta finale è l’unione dell’amante con l’amato.<br />

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Nel suo poema che contiene l’invito all’amore, viene ripreso il lessico profano e<br />

riadattato ad un contesto sacro.<br />

È il Sommo Amato a parlare:<br />

Per te le mie delizie superano<br />

tutte le altre delizie,<br />

e il piacere che ti procuro supera<br />

tutti gli altri piaceri.<br />

Per te sono preferibile<br />

a tutti gli altri beni.<br />

Io sono la bellezza,<br />

io sono la grazia.<br />

O mio diletto, amami!<br />

Ama me solo, amami d’amore!<br />

Nessuno ti è più intimo di me!...<br />

O mio diletto,<br />

Io sono più vicino a te di te stesso,<br />

della tua anima, del tuo respiro.<br />

andiamo verso l’unione…<br />

andiamo con la mano nella mano.<br />

Potrebbero essere ricordati molti altri scrittori. Ad esempio potremmo ricordare<br />

Yunus Emre, vissuto tra X<strong>II</strong>I e XIV secolo, di provenienza turca, che scrive:<br />

O Amico, nell’oceano del Tuo amore<br />

voglio gettarmi, e lì annegarmi, e passar oltre;<br />

un luogo di feste voglio fare dei due mondi:<br />

voglio percorrerli, e mi ci voglio rallegrare, e passar oltre…<br />

Del tuo amore Yunus è folle, o Signore,<br />

è il più umile degli incurabili…<br />

E il mio solo rimedio è in TE.<br />

Oppure possiamo menzionare Sidi Abu Madyan, una delle più importanti figure del<br />

Sufismo in Nord Africa, che scrive:<br />

Della mia ragione vi siete impadronito, e della mia vista, del mio udito,<br />

della mia mente, del mio cuore, di tutto me stesso.<br />

Nella vostra bellezza straordinaria mi sono smarrito.<br />

Non so più dov’è il mio posto nell’oceano della passione.<br />

Mi avete consigliato di nascondere il mio segreto;<br />

ma il traboccare delle mie lacrime ha svelato tutto.<br />

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Ma è nei versi di un certo al-Hallaj, nato in Iran nell’857, viaggiatore e predicatore<br />

dell’unione con Dio, che si realizza attraverso l’amore, accusato come eretico e<br />

condannato a morte nel 922, che la poesia Sufi raggiunge gli apici di espressione:<br />

O Dio, non sorge né tramonta il sole,<br />

senza che l’amor Tuo s’unisca ai miei respiri.<br />

Se con qualcuno mi isolo a parlare,<br />

solo di Te finisce che discorro.<br />

E quando triste o allegro ti menziono,<br />

sei Tu l’ossessione del mio cuore.<br />

L’acqua non posso bere quando ho sete,<br />

se nella coppa non vedo il Tuo sembiante.<br />

Se mai mi permettesse di raggiungerTi,<br />

camminerei sul viso o sulla testa.<br />

Il tuo Spirito s’è impastato col mio,<br />

come l’ambra col muschio odoroso.<br />

Se qualcosa Ti tocca, mi tocca:<br />

non c’è più differenza, perché Tu sei me.<br />

O tu che vuoi saper la nostra storia,<br />

se ci vedessi non ci distingueresti.<br />

Io son Colui che amo e Colui che amo è me,<br />

siamo due spiriti che dimorano in un corpo.<br />

Da quando siamo in stretta intimità,<br />

la gente ci cita come esempio.<br />

Se dunque vedi me, vedi Lui,<br />

e se vedi Lui, vedi noi.<br />

Se volessimo riassumere le caratteristiche principali di questa mistica sufi potremmo<br />

definire questi pochi punti:<br />

1) atteggiamento di profonda intimità che richiama il rapporto d’amore;<br />

2) profonda commistione tra i due poli dell’esperienza mistica, l’Amante e<br />

l’Amato, due spiriti che dimorano in un corpo;<br />

3) connessione con i sensi, col vedere e con l’udire, e con vari tipi di sensazioni,<br />

chiaramente piacevoli;<br />

4) predominanza della passione, spesso accostata all’immagine caotica<br />

dell’acqua, o dell’oceano, e in corrispondenza con la perdita di razionalità: il<br />

14


tutto in vista di un destino segnato, che spesso è quello della follia, della<br />

perdita di raziocinio, o più semplicemente di una ubriachezza che permette di<br />

perdere i sensi anche se per poco tempo (un’esperienza che provoca il pianto);<br />

5) questa stretta relazione è come un segreto da nascondere, un qualcosa di<br />

incomprensibile per le persone comuni, quasi un messaggio cifrato che non<br />

può essere capito normalmente e indistintamente da tutti.<br />

Islam e occidente<br />

Alcune questioni di particolare interesse al termine di questa rapida presentazione<br />

dell’Islam riguardano il rapporto tra questa religione e l’Occidente, in particolare<br />

l’Europa, antica e moderna, ma anche la relazione tra Islam e altre religioni in<br />

generale.<br />

Per affrontare queste problematiche, ma anche per una riflessione personale,<br />

suggerisco questi testi:<br />

- Bernard Lewis, L’Europa e l’Islam, Laterza, 2005 (1990).<br />

- Magdi Cristiano Allam, Grazie Gesù, Mondadori, 2008.<br />

- Shafique Keshavjee, Il Re, il Saggio e il Buffone, Einaudi, 1998.<br />

Alcune citazioni del primo di questi testi ci aiuteranno a porre alcune questioni di<br />

fondo su cui dibattere per discutere del rapporto dell’Islam con le altre religioni e con<br />

le altre culture.<br />

Lewis afferma che Cristianesimo e Islam sono in un certo senso molto simili e che<br />

rappresentano in ordine cronologico il secondo e il terzo tentativo di creare una<br />

religione mondiale. Il primo sarebbe stato quello del buddismo, nel VI secolo a.C.:<br />

Cristianesimo e Islam avevano in comune un’idea nuova, anzi quasi inaudita: quella di essere gli unici<br />

possessori della verità divina nella sua interezza. Inoltre si dividevano, o meglio si contendevano, un<br />

territorio comune: la regione sudoccidentale dell’Asia, il Nordafrica e l’Europa mediterranea. […]<br />

Musulmani e cristiani erano entrambi convinti che quella che possedevano fosse non soltanto l’intera verità<br />

divina, ma anche nella sua espressione definitiva. Pertanto, qualsiasi fede successiva era necessariamente<br />

falsa e dannosa e non poteva essere tollerata. […]<br />

15


I teologi musulmani avevano problemi con dottrine cristiane come quella della trinità o quella della natura<br />

del Cristo, sia figlio dell’uomo che Dio, le quali ai loro occhi erano assurdità blasfeme che il Corano (5:75-<br />

76 e 112:1-4) respingeva esplicitamente. Ma in generale, essi erano disposti ad accordare alle religioni<br />

precedenti la tolleranza prescritta dalla legge coranica, nonostante quelle che consideravano come<br />

aberrazioni. […]<br />

Per i musulmani il cristianesimo era una religione abrogata che i suoi seguaci insistevano assurdamente a<br />

osservare, anziché accettare la parola definitiva di Dio. Potevano essere tollerati purché si sottomettessero.<br />

[…]<br />

Il termine religioso più comunemente usato da ciascuno per riferirsi all’altro era comunque “infedele” e<br />

proprio scambiandosi questo insulto realizzavano la più piena e perfetta comprensione reciproca.<br />

E quando parla di gihad, Lewis afferma:<br />

A est e a sud del mondo islamico, in Asia e in Africa, vi erano pagani e idolatri, barbari dirozzabili che, non<br />

avendo per sé una religione degna di questo nome, erano considerati come naturale oggetto di conversione<br />

alla fede e al regno dell’Islam. Soltanto in una regione, quella del cristianesimo, l’Islam incontrò una<br />

resistenza sostenuta da parte di un’autentica fede rivale, incarnata per qualche tempo in un sistema politico<br />

rivale. Ciò impresse al gihad contro il cristianesimo un carattere particolare, perché fu in quelle terre che i<br />

musulmani scorsero, a seconda delle epoche, i pericoli maggiori e le più allettanti opportunità.<br />

Altrettanto interessante è il commento che a metà del 1500 Ogier Ghiselin de<br />

Busbecq, ambasciatore dell’impero alla corte di Solimano il Magnifico, scrive in una<br />

delle sue lettere a proposito di Musulmani e Cristiani, descrivendo i due gruppi in<br />

maniera molto significativa:<br />

Dalla loro parte vi sono le risorse di un impero possente, una forza inalterata, esperienza e pratica di<br />

combattimento, soldati rotti ad ogni tenzone, l’abitudine alla vittoria, la sopportazione della fatica, l’unità,<br />

la disciplina, la frugalità e la vigilanza. Dalla nostra parte vi sono la miseria pubblica e il lusso privato, una<br />

forza menomata, uno spirito domo, scarsa sopportazione e addestramento insufficiente; i soldati sono<br />

insubordinati, gli ufficiali avidi; vi è disprezzo per la disciplina; licenza, sventatezza, ubriachezza e lussuria<br />

imperversano; ma la cosa peggiore di tutte è che il nemico è abituato alla vittoria, noi alla disfatta. Come<br />

dubitare di quale sarà il risultato? Solo la Persia intercede in nostro favore; talché il nemico, mentre si<br />

affretta ad attaccare, non deve perdere di vista il pericolo che lo minaccia alle spalle.<br />

L’Europa cristiana appare debole e frammentata di fronte alla potenza dello stato<br />

ottomano, unito e forte.<br />

Ed ecco come Magdi Allam polemizza in tre punti con la sua religione di origine:<br />

1) l’Islam come religione di pace<br />

Uno dei luoghi comuni diffusi a livello mondiale è che l’islam sarebbe una religione di pace e che sarebbero<br />

gli estremisti e i terroristi a diffamarla interpretando arbitrariamente i dettami del Corano. Ebbene, io<br />

16


contesto questa tesi e considero che l’incitazione all’odio e l’istigazione alla violenza siano parte integrante<br />

dell’islam dal momento che sono espressamente teorizzate nel Corano.<br />

2) Maometto uomo di pace<br />

Un classico luogo comune imposto dal “politicamente corretto” è che Maometto sarebbe stato un uomo di<br />

pace. Ebbene, è nella stessa Sira, la biografia ufficiale di Maometto di Ibn Ishaq, che costituisce la terza<br />

fonte di elaborazione della shari’a dopo il Corano e la Sunna, che lo si rappresenta come un uomo violento<br />

che ha personalmente decapitato gli ebrei, ucciso i suoi nemici e ordinato il massacro di coloro che non si<br />

sottomettevano al suo potere.<br />

3) diffusione dell’islam in maniera pacifica<br />

Un altro luogo comune è che la diffusione e l’affermazione dell’islam nel mondo avvenne pacificamente.<br />

Sono i fatti storici ad attestare l’esatto contrario. La storia dell’islam è piena di orrori e di massacri<br />

perpetrati da musulmani principalmente ai danni degli stessi musulmani. Cominciando dall’assassinio di<br />

ben tre dei quattro successori di Maometto, i cosiddetti “califfi ben guidati”, per mano di altri musulmani.<br />

17


Testo 1:<br />

ISLAM - TESTI<br />

Anche riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ecco, io lo benedico e lo renderò fecondo<br />

e molto, molto numeroso. Dodici principi egli genererà e di lui farò una grande<br />

nazione. (Gen. 17,20)<br />

Testo 2:<br />

“Leggi!”. Maometto risponde: “Non so leggere!”. “Leggi, leggi!” gli grida di nuovo il<br />

messaggero e gli preme la pergamena sul petto. Quando Maometto domanda: “Che<br />

cosa devo leggere?”, l’angelo dice: “Leggi! Noi lo facemmo scendere (il Corano)<br />

nella Notte del Decreto. E ti farà conoscere cos’è la Notte del Decreto. La Notte del<br />

Decreto vale più di mille mesi. In essa gli angeli e lo Spirito, al comando del loro<br />

Signore, discenderanno con il divino Decreto che riguarda ogni cosa” (Sura 97,2-5).<br />

Testo 3:<br />

Il tuo Signore non ti ha abbandonato, né è adirato con te. Sicuramente la condizione<br />

futura sarà migliore di quella attuale e il tuo Signore presto ti colmerà di beni, e tu<br />

sarai soddisfatto. Non ti ha forse trovato orfano e non ti ha preso sotto le sue cure?<br />

(Sura 93,4-7).<br />

Testo 4:<br />

Colui il quale farà una buona azione sarà ricompensato con dieci volte tanto; ma colui<br />

il quale commette una cattiva azione, ne riceverà l’equivalente e non gli sarà fatta<br />

ingiustizia. Di’: “il mio Signore mi ha guidato sulla retta via, la retta religione, la<br />

religione di Abramo il giusto. Ed egli non era di quelli che associano altri dei ad<br />

Allah”. Di’: “la mia preghiera e il mio sacrificio e la mia vita e la mia morte sono<br />

tutte per Allah, il Signore dei mondi; Egli non ha compagni. Così mi viene<br />

comandato, e io per primo mi assoggetto”. Di’: “cercherò io un Signore diverso da<br />

Allah, mentre Egli è il Signore di tutte le cose?” E ogni anima è responsabile delle<br />

18


proprie azioni; né alcuno che porti un peso, porterà il peso di un altro. Ed alla fine<br />

ritornerete al vostro Signore, ed Egli vi illuminerà su tutto quanto non eravate<br />

d’accordo. Egli è colui che vi ha creato per essere luogotenenti sulla terra, e ha<br />

elevato alcuni di voi sugli altri per gradi, allo scopo di provarvi in ciò che Egli vi ha<br />

dato. In verità il tuo Signore è veloce nel perseguire; ma certamente Egli è il<br />

Sommamente Misericordioso, Clemente. (Sura 6)<br />

Testo 5:<br />

E combattete per la causa di Allah contro coloro che combattono contro di voi, ma<br />

non trasgredite. Allah non ama i trasgressori. E uccidete tali trasgressori ovunque li<br />

incontriate; e cacciateli da ogni luogo onde vi abbiano cacciati; poiché la<br />

persecuzione è peggiore dell’assassinio. Ma non lottate contro di loro dentro o vicino<br />

alla Sacra Moschea, a meno che non vi provochino. Ma se essi vi aggrediscono,<br />

allora combatteteli. Così gli infedeli avranno ciò che loro spetta. Ma se si arrendono<br />

allora Allah è davvero colui che sommamente perdona, il misericordioso. (Sura 2)<br />

19


Testi del Corano<br />

(Traduzione italiana di Cherubino Mario Guzzetti, da Il Corano, Elledici, 2008)<br />

SURA 1: AL-FÂTIHA (La sura “che apre” il Libro)<br />

Nel nome di Dio, clemente, misericordioso! Lode a Dio, Signore dell’Universo.<br />

Clemente, misericordioso, re del giorno del giudizio! Te solo adoriamo, te solo<br />

invochiamo in aiuto.<br />

Guidaci sul retto sentiero: il sentiero di coloro che hai colmato dei tuoi favori, contro<br />

i quali non sei adirato, e che non vagano nell’errore.<br />

SURA 112: AL-IKLÂS (Il culto sincero)<br />

Nel nome di Dio, clemente, misericordioso!<br />

Di’: “Egli, Dio, è uno! Dio, l’Eterno! Non generò né fu generato, e nessuno gli è<br />

pari!”.<br />

SURA 38: SÂD (La lettera sâd)<br />

[…]<br />

Quando il tuo Signore disse agli angeli: “Ecco, io sto per creare un uomo di argilla, e<br />

quando l’avrò plasmato e gli avrò infuso parte del mio spirito, gettatevi a terra<br />

prostràti davanti a lui!”, gli angeli si prostrarono tutti insieme, eccetto Iblis che si<br />

gonfiò d’orgoglio e fu miscredente. Gli disse Dio: “O Iblis, che cosa ti ha impedito di<br />

prostrarti davanti a quel che ho creato con le mie mani? Ti sei gonfiato d’orgoglio o<br />

sei davvero tra i più alti in dignità?”. Rispose Iblis: “Sono migliore di lui: hai creato<br />

me di fuoco e lui di argilla”. “Via di qui” ordinò Dio, “perché sei maledetto! Su te<br />

graverà la mia maledizione fino al giorno del giudizio!”. Disse allora Iblis: “Mio<br />

Signore, concedimi una dilazione fino al giorno in cui gli uomini saranno<br />

risuscitati!”. “Ebbene”, rispose Dio, “sarai fra quelli cui è concessa una dilazione fino<br />

al giorno stabilito”. Disse Iblis: “Per la tua potenza! Li sedurrò tutti quanti, eccetto<br />

quelli di loro che sono tuoi servi sinceri!”. Disse Dio: “È la verità! E io dico la verità:<br />

riempirò la gehenna di te e di quelli di loro che ti seguiranno, tutti insieme!”. […]<br />

SURA 33: AL-AHZÂB (Le fazioni alleate)<br />

[…]<br />

Quando Dio e il suo Messaggero han deciso una cosa, nessun credente e nessuna<br />

credente han diritto di discuterne liberamente per proprio conto. Chi disobbedisce a<br />

Dio e al suo Messaggero commette un evidente errore. […] Il Profeta non pecca<br />

facendo ciò che Dio gli ha imposto; questo è il modo di agire di Dio con quelli vissuti<br />

prima del Profeta (e l’ordine di Dio è decreto assoluto), i quali trasmettevano i<br />

20


messaggi di Dio, lo temevano e non temevano altri all’infuori di lui. Basta Dio a<br />

calcolare ogni cosa!<br />

Maometto non è padre di nessuno dei vostri uomini: è invece messaggero di Dio e<br />

sigillo dei profeti, e Dio sa ogni cosa! O voi che credete! Ricordatevi spesso di Dio!<br />

Glorificatelo all’alba e al tramonto! È lui che, insieme ai suoi angeli, prega per voi<br />

per farvi uscire dalle tenebre alla luce, e con i credenti egli è misericordioso. […]<br />

SURA 32: AS-SAJDA (La prostrazione)<br />

Di’ loro: “Verrà a prendervi l’angelo della morte vostro custode, poi sarete ricondotti<br />

al vostro Signore”. Oh, se tu vedessi quando i malvagi chineranno il capo davanti al<br />

loro Signore e diranno: “Signore nostro! Abbiamo visto, abbiamo udito. Lasciaci<br />

tornare in terra a fare del bene, perché ora siamo convinti della verità!”. “Se avessimo<br />

voluto, avremmo indicato a tutti la giusta direzione, ma deve avverarsi la mia parola:<br />

“Riempirò la gehenna di ginn e di uomini, tutti insieme!”. Gustatene dunque il<br />

supplizio! Come voi avete dimenticato che andavate incontro a questo vostro giorno,<br />

così anche noi abbiamo dimenticato voi. Gustate dunque il supplizio eterno, in pena<br />

di ciò che avete fatto!”. […]<br />

Quelli che credono e fanno opere buone avranno giardini di soggiorno beato in<br />

premio di ciò che han fatto; quelli invece che sono stati perversi avranno per dimora<br />

il fuoco. Ogni volta che cercheranno di uscirne vi saranno ricacciati dentro e verrà<br />

loro detto: “Gustate dunque il supplizio del fuoco, che credevate menzogna!”. Oltre<br />

al castigo maggiore, faremo loro gustare anche il castigo minore, nella speranza che<br />

si convertano. Chi è più iniquo di colui che, quando gli vengono ricordate le<br />

rivelazioni del suo Signore, non se ne cura? In verità, dei malvagi sapremo<br />

vendicarci! […]<br />

SURA 81: AT-TAKWIR (L’avvolgimento)<br />

Nel nome di Dio, clemente, misericordioso!<br />

Quando sarà avvolto il sole, e quando precipiterai le stelle, e quando saran spostati i<br />

monti, e quando le cammelle gravide di dieci mesi saranno abbandonate, e quando le<br />

belve s’aduneranno in branchi, e quando i mari ribolliranno, e quando le anime<br />

saranno ricongiunte ai corpi, e quando la bambina sepolta viva sarà interrogata per<br />

quale colpa sia stata uccisa, e quando le pagine [delle azioni umane] saranno<br />

dispiegate, e quando il cielo sarà scorticato, e quando il fuoco dell’inferno sarà<br />

attizzato, e quando il giardino del paradiso sarà avvicinato, allora ogni anima saprà<br />

quel che avrà fatto.<br />

Giuro per i pianeti che sorgono e che tramontano, e per la notte quando imbruna e per<br />

l’aurora quando soffia via le tenebre: questa è parola di nobile messaggero, potente<br />

presso il Signor del trono, saldo, obbedito e fedele! Il vostro concittadino non è<br />

pazzo. Egli vide il messaggero sul limpido orizzonte, non è geloso del segreto divino<br />

né segue parole di un demone lapidato. Ma dunque, dove andate?<br />

21


In verità, questo non è che un monito per l’universo, per chi di voi vuol essere retto.<br />

Ma non lo vorrete se non lo vorrà Dio, Signor dell’universo!<br />

SURA 82: AL-INFITAR (La spaccatura)<br />

Nel nome di Dio, clemente, misericordioso!<br />

Quando il cielo si spaccherà, e quando si disperderan le stelle, e quando<br />

traboccheranno i mari, e quando si sconvolgeran le tombe, ogni anima saprà allora<br />

quel che ha fatto e quel che non ha fatto. O uomo, che cosa ti ha sedotto contro il tuo<br />

generoso Signore, che ti ha creato, formato e armoniosamente plasmato e nella forma<br />

che gli piacque ti ha forgiato?<br />

Macché! Voi tacciate di menzogna il giorno del giudizio: ebbene, vi sorvegliano<br />

guardiani nobilissimi che tutto scrivono, che sanno ciò che fate.<br />

In verità, i giusti vivran fra le delizie, e gli iniqui nel fuoco dell’inferno, condannati<br />

nel giorno del giudizio ad arrostir là dentro, né potranno sfuggirgli. Ma come potrai<br />

comprendere cos’è il giorno del giudizio? Sì: come potrai comprendere cos’è il<br />

giorno del giudizio? È il giorno in cui un’anima nulla potrà per un’altra anima: il<br />

potere, in quel giorno, sarà di Dio!<br />

SURA 52: AT-TUR (Il monte Sinai)<br />

[…] Ma i timorati di Dio staranno in giardini e fra delizie, lieti di quello che han<br />

ricevuto dal loro Signore, e lieti perché il loro Signore li ha preservati dal supplizio<br />

del fuoco della gehenna. “Mangiate e bevete in pace, in premio di ciò che avete<br />

fatto!”. Saranno adagiati su divani ben allineati, e li sposeremo a fanciulle dai grandi<br />

occhi neri. Quelli che han creduto e sono stati seguiti nella fede dai loro discendenti li<br />

riuniremo a questi discendenti e non li defrauderemo in nulla del merito delle loro<br />

azioni. Ogni uomo sarà un pegno di ciò che avrà fatto. E forniremo loro la frutta e la<br />

carne che vorranno. Si passeranno di mano in mano un calice che non li ecciterà a<br />

parole vane o a peccati. E per servirli circoleranno fra loro fanciulli simili a perle<br />

nascoste. Alcuni dei credenti si avvicineranno ad altri interrogandosi a vicenda e<br />

diranno: “In passato, fra la nostra gente, eravamo in ansia per la nostra sorte; ma Dio<br />

è stato buono con noi e ci ha preservati dal supplizio del vento avvelenato. E noi in<br />

passato l’invocavamo, perché egli è il Benefico, il Misericordioso”. […]<br />

22


IL PECCATO<br />

- deve essere evitato:<br />

Sura 6,120: Evitate il peccato esteriore e interiore, perché quelli che commettono<br />

peccati saranno retribuiti secondo ciò che han guadagnato.<br />

- Dio perdona chi è pentito:<br />

Sura 39,53-54: Di’: “O miei servi che avete prevaricato contro voi stessi, non<br />

disperate della misericordia di Dio, perché Dio perdona tutte le colpe”. In verità, egli<br />

è l’Indulgente, il Misericordioso! Volgetevi pentiti e sottomettetevi al vostro Signore,<br />

prima che vi sopraggiunga il castigo: dopo non sarete più soccorsi.<br />

- alcuni peccati non sono perdonati:<br />

Sura 4,18: Non c’è invece perdono per quelli che commettono azioni malvagie<br />

finché, quando uno di loro vede sopraggiungere la morte, dice: “Ecco, adesso mi<br />

pento!”, né per quelli che muoiono da miscredenti: per questi abbiam preparato un<br />

castigo doloroso.<br />

Sura 4,48: In verità, Dio non perdona che gli vengano associati altri dei. Perdona<br />

ogni altro peccato a chi vuole, ma chi gli associa altri dei commette enorme iniquità.<br />

- come ottenere perdono e misericordia di Dio:<br />

Sura 2,160: Quelli invece che a me si volgono pentiti, si correggono e proclamano la<br />

verità, vedranno che ad essi mi volgerò benigno, perché io sono il Benigno, il<br />

Misericordioso. (Sura 3,135-136)<br />

- il pentimento perfetto si accompagna alle opere buone e Dio cambia in buone le<br />

opere cattive di chi si pente:<br />

Sura 25,70-71: Non così chi si pente, crede e compie opere buone: Dio infatti<br />

cambierà in buone le sue opere cattive, perché Dio è indulgente e misericordioso; e<br />

chi si pente e fa il bene si volge a Dio con pentimento perfetto.<br />

23


LA PACE<br />

- Dio è pace:<br />

Sura 59,23: È lui Dio! Non c’è divinità all’infuori di lui, il Re, il Santo, la Pace, il<br />

Fedele, il Custode, il Potente, il Dominatore, il Supremo! Gloria a Dio! Egli ben è<br />

superiore agli idoli che gli associano!<br />

- Pace del cuore:<br />

Sura 13,28: […] e guida a sé quelli che credono e godono la pace del cuore pensando<br />

a Dio: e non è forse pensando a Dio che si gode la pace del cuore?<br />

- L’unica parola udita in Paradiso:<br />

Sura 19,62: […] Là non udranno parole vane ma solo: “Pace!”, e riceveranno il loro<br />

nutrimento mattino e sera.<br />

Sura 56,25-26: […] Là non udranno discorsi frivoli o eccitanti al male, ma solo una<br />

parola: “Pace! Pace!”.<br />

- Pace tra i credenti:<br />

Sura 49,9-10: […] I credenti sono tutti fratelli: mettete dunque la pace tra i vostri<br />

fratelli e temete Dio, se volete ch’egli vi usi misericordia.<br />

- La pace col nemico:<br />

Sura 4,90-91: […] Ne troverete altri che desiderano vivere in pace con voi e con la<br />

loro gente, ma ogni volta che sono incitati alla rivolta ci ricascano in pieno. Se<br />

costoro non vi lasciano tranquilli, se non vi offrono la pace e non si astengono dal<br />

combattervi, prendeteli e uccideteli ovunque li troviate: contro di loro vi diamo pieni<br />

poteri.<br />

Sura 4,94: O voi che credete! Quando andate a combattere per la causa di Dio, state<br />

bene attenti, e a chi vi offre il saluto di pace non dite: “Tu non sei credente!”, per<br />

desiderio dei beni di questa vita terrena.<br />

- Con gli idolatri:<br />

Sura 25,63: Servi del Clemente son quelli che camminano con modestia sulla terra e,<br />

quando gli idolatri rivolgon loro la parola, rispondono: “Pace!”<br />

- La cosa migliore:<br />

Sura 4,128: Se una donna teme che il marito la maltratti o l’abbandoni, non sarà male<br />

che giungano ad un accordo tra di loro, in pace, poiché la pace è la cosa migliore. Gli<br />

animi son portati all’avidità, ma se agite con bontà e temete Dio, sappiate che Dio è<br />

ben informato di ciò che fate.<br />

24


1) Raimondo Lullo<br />

Chiesero all’Amico dov’era il suo Amato.<br />

Rispose:<br />

TESTI SUFI<br />

Lo troverete nella dimora più nobile tra tutte le cose nobili create; lo troverete nel mio<br />

amore, nei miei desideri e nei miei pianti.<br />

Chiesero all’Amico quali erano le tenebre più profonde.<br />

Rispose:<br />

L’assenza dell’Amato.<br />

Gli chiesero qual era la luce più splendente, e disse:<br />

La presenza dell’Amato…<br />

Diceva l’Amico:<br />

- Oh, amatori! Se volete fuoco venite nel mio cuore ad accendere le vostre lampade; se<br />

volete acqua, venite nei miei occhi, che traboccano di lacrime; se volete pensieri d’amore,<br />

venite a prenderli nel mio meditare…<br />

2) Rabi’a<br />

Mio Dio, tutti i beni di questo mondo che mi sono destinati donali ai tuoi nemici, tutto<br />

quello che mi è riservato in paradiso, dallo ai tuoi amici; perché io cerco soltanto Te.<br />

Mio Dio, se Ti servo per timore dell’inferno, condannami a bruciare nel suo fuoco, se Ti<br />

servo con la speranza di arrivare al paradiso, impediscimi di entrarvi; ma se Ti servo<br />

soltanto per Te stesso, non rifiutarmi la contemplazione del Tuo Volto.<br />

3) Ibn al-Arabi<br />

Per te le mie delizie superano<br />

tutte le altre delizie,<br />

e il piacere che ti procuro supera<br />

tutti gli altri piaceri.<br />

Per te sono preferibile<br />

a tutti gli altri beni.<br />

25


Io sono la bellezza,<br />

io sono la grazia.<br />

O mio diletto, amami!<br />

Ama me solo, amami d’amore!<br />

Nessuno ti è più intimo di me!...<br />

Io sono più vicino a te di te stesso,<br />

della tua anima, del tuo respiro.<br />

O mio diletto,<br />

andiamo verso l’unione…<br />

andiamo con la mano nella mano.<br />

4) Yunus Emre<br />

O Amico, nell’oceano del Tuo amore<br />

voglio gettarmi, e lì annegarmi, e passar oltre;<br />

un luogo di feste voglio fare dei due mondi:<br />

voglio percorrerli, e mi ci voglio rallegrare, e passar oltre…<br />

Del tuo amore Yunus è folle, o Signore,<br />

è il più umile degli incurabili…<br />

E il mio solo rimedio è in TE.<br />

5) Sidi Abu Madyan<br />

Della mia ragione vi siete impadronito, e della mia vista, del mio udito,<br />

della mia mente, del mio cuore, di tutto me stesso.<br />

Nella vostra bellezza straordinaria mi sono smarrito.<br />

Non so più dov’è il mio posto nell’oceano della passione.<br />

Mi avete consigliato di nascondere il mio segreto;<br />

ma il traboccare delle mie lacrime ha svelato tutto.<br />

26


6) al-Hallaj<br />

O Dio, non sorge né tramonta il sole,<br />

senza che l’amor Tuo s’unisca ai miei respiri.<br />

Se con qualcuno mi isolo a parlare,<br />

solo di Te finisce che discorro.<br />

E quando triste o allegro ti menziono,<br />

sei Tu l’ossessione del mio cuore.<br />

L’acqua non posso bere quando ho sete,<br />

se nella coppa non vedo il Tuo sembiante.<br />

Se mai mi permettesse di raggiungerTi,<br />

camminerei sul viso o sulla testa.<br />

Il tuo Spirito s’è impastato col mio,<br />

come l’ambra col muschio odoroso.<br />

Se qualcosa Ti tocca, mi tocca:<br />

non c’è più differenza, perché Tu sei me.<br />

O tu che vuoi saper la nostra storia,<br />

se ci vedessi non ci distingueresti.<br />

Io son Colui che amo e Colui che amo è me,<br />

siamo due spiriti che dimorano in un corpo.<br />

Da quando siamo in stretta intimità,<br />

la gente ci cita come esempio.<br />

Se dunque vedi me, vedi Lui,<br />

e se vedi Lui, vedi noi.<br />

27


1)<br />

ISLAM e OCCIDENTE<br />

(citazioni dal testo di Lewis, L’Europa e l’Islam, Laterza, 2005)<br />

Cristianesimo e Islam avevano in comune un’idea nuova, anzi quasi inaudita: quella di<br />

essere gli unici possessori della verità divina nella sua interezza. Inoltre si dividevano, o<br />

meglio si contendevano, un territorio comune: la regione sudoccidentale dell’Asia, il<br />

Nordafrica e l’Europa mediterranea. […]<br />

Musulmani e cristiani erano entrambi convinti che quella che possedevano fosse non<br />

soltanto l’intera verità divina, ma anche nella sua espressione definitiva. Pertanto, qualsiasi<br />

fede successiva era necessariamente falsa e dannosa e non poteva essere tollerata. […]<br />

I teologi musulmani avevano problemi con dottrine cristiane come quella della trinità o<br />

quella della natura del Cristo, sia figlio dell’uomo che Dio, le quali ai loro occhi erano<br />

assurdità blasfeme che il Corano (5:75-76 e 112:1-4) respingeva esplicitamente. Ma in<br />

generale, essi erano disposti ad accordare alle religioni precedenti la tolleranza prescritta<br />

dalla legge coranica, nonostante quelle che consideravano come aberrazioni. […]<br />

Per i musulmani il cristianesimo era una religione abrogata che i suoi seguaci insistevano<br />

assurdamente a osservare, anziché accettare la parola definitiva di Dio. Potevano essere<br />

tollerati purché si sottomettessero. […]<br />

Il termine religioso più comunemente usato da ciascuno per riferirsi all’altro era comunque<br />

“infedele” e proprio scambiandosi questo insulto realizzavano la più piena e perfetta<br />

comprensione reciproca.<br />

2)<br />

A est e a sud del mondo islamico, in Asia e in Africa, vi erano pagani e idolatri, barbari<br />

dirozzabili che, non avendo per sé una religione degna di questo nome, erano considerati<br />

come naturale oggetto di conversione alla fede e al regno dell’Islam. Soltanto in una<br />

regione, quella del cristianesimo, l’Islam incontrò una resistenza sostenuta da parte di<br />

un’autentica fede rivale, incarnata per qualche tempo in un sistema politico rivale. Ciò<br />

impresse al gihad contro il cristianesimo un carattere particolare, perché fu in quelle terre<br />

che i musulmani scorsero, a seconda delle epoche, i pericoli maggiori e le più allettanti<br />

opportunità.<br />

28


3)<br />

Dalla loro parte vi sono le risorse di un impero possente, una forza inalterata, esperienza e<br />

pratica di combattimento, soldati rotti ad ogni tenzone, l’abitudine alla vittoria, la<br />

sopportazione della fatica, l’unità, la disciplina, la frugalità e la vigilanza. Dalla nostra parte<br />

vi sono la miseria pubblica e il lusso privato, una forza menomata, uno spirito domo, scarsa<br />

sopportazione e addestramento insufficiente; i soldati sono insubordinati, gli ufficiali avidi;<br />

vi è disprezzo per la disciplina; licenza, sventatezza, ubriachezza e lussuria imperversano;<br />

ma la cosa peggiore di tutte è che il nemico è abituato alla vittoria, noi alla disfatta. Come<br />

dubitare di quale sarà il risultato? Solo la Persia intercede in nostro favore; talché il nemico,<br />

mentre si affretta ad attaccare, non deve perdere di vista il pericolo che lo minaccia alle<br />

spalle.<br />

4)<br />

Uno dei luoghi comuni diffusi a livello mondiale è che l’islam sarebbe una religione di pace<br />

e che sarebbero gli estremisti e i terroristi a diffamarla interpretando arbitrariamente i<br />

dettami del Corano. Ebbene, io contesto questa tesi e considero che l’incitazione all’odio e<br />

l’istigazione alla violenza siano parte integrante dell’islam dal momento che sono<br />

espressamente teorizzate nel Corano.<br />

5)<br />

Un classico luogo comune imposto dal “politicamente corretto” è che Maometto sarebbe<br />

stato un uomo di pace. Ebbene, è nella stessa Sira, la biografia ufficiale di Maometto di Ibn<br />

Ishaq, che costituisce la terza fonte di elaborazione della shari’a dopo il Corano e la Sunna,<br />

che lo si rappresenta come un uomo violento che ha personalmente decapitato gli ebrei,<br />

ucciso i suoi nemici e ordinato il massacro di coloro che non si sottomettevano al suo<br />

potere.<br />

6)<br />

Un altro luogo comune è che la diffusione e l’affermazione dell’islam nel mondo avvenne<br />

pacificamente. Sono i fatti storici ad attestare l’esatto contrario. La storia dell’islam è piena<br />

di orrori e di massacri perpetrati da musulmani principalmente ai danni degli stessi<br />

musulmani. Cominciando dall’assassinio di ben tre dei quattro successori di Maometto, i<br />

cosiddetti “califfi ben guidati”, per mano di altri musulmani.<br />

29


HINDUISMO<br />

L’India non ha una sola religione, ma nel territorio indiano convivono diversi culti,<br />

che, nati dal culto originario dei Veda, hanno poi preso varie direzioni, pur<br />

continuando a convivere pacificamente e a condividere territorio e cultura.<br />

Con il termine Hinduismo si indica la terza ed ultima fase di sviluppo nella storia<br />

delle religioni dell’India, dopo il Vedismo e il Brahmanesimo. È una tripartizione che<br />

però non soddisfa pienamente il sentimento religioso dei fedeli, ma rispecchia più che<br />

altro una necessità occidentale di schematizzazione.<br />

Lo Hinduismo è diffuso in circa un’ottantina di Paesi, a conseguenza delle<br />

emigrazioni dei suoi adepti. Ne troviamo alcuni esempi anche in Europa, soprattutto<br />

con il diffondersi dei nuovi movimenti religiosi e di dottrine recenti.<br />

Lo Hinduismo manca di un fondatore, quindi risulta difficile datarne con precisione il<br />

momento della nascita. Sappiamo però che le prime elaborazioni filosofiche risalgono<br />

alla prima metà del I millennio a.C.: il sistema religioso e culturale definito con il<br />

termine Hinduismo si è sviluppato nel subcontinente indiano e soltanto di rado si è<br />

spinto oltre i suoi confini.<br />

Proviamo ad arrivare ad affrontare il discorso su questa religione partendo da alcune<br />

immagini significative che ci permettono di mettere in evidenza alcuni simboli cari al<br />

mondo religioso induista:<br />

hinduismo – khanda – ruota del dharma – fiore di loto<br />

1) la stella a sei punte: che cosa rappresenta? È un simbolo che conosciamo presente<br />

nell’Ebraismo ma dobbiamo estenderlo anche ad altri contesti culturali. La stella è<br />

formata da due triangoli sovrapposti. L’interpretazione vi vede un triangolo<br />

“acquoso” (femminile) e uno “focoso” (maschile), a rappresentare insieme un<br />

universo dualistico. Quindi inizialmente la stella è il simbolo di Salomone (usata<br />

secondo la tradizione da Salomone fino alla morte per gestire spiriti e demoni).<br />

30


Se consideriamo le riflessioni cosmologiche che vogliono prendere in considerazione<br />

quattro elementi e non solo due dovremmo anche considerare un segno di “aria”<br />

(triangolo e trasversale verso l’alto) e un segno di terra (verso il basso). In questo<br />

modo la stella a sei punte rappresenta il mondo intero con i suoi quattro elementi. In<br />

tal senso la stella compare nelle varie culture orientali e anche nell’Induismo.<br />

2) il cerchio: rappresenta in un certo senso il cosmo intero sotto il diretto controllo di<br />

Dio, quindi in quanto forma perfetta (già nella filosofia classica, perché tende<br />

all’infinito) rappresenta Dio e il cielo. Spesso al suo interno sono inscritte altre figure<br />

come lo yin e lo yang nel Buddismo zen, dove la dualità è inscritta nel cerchio.<br />

3) la ruota: ha il significato simbolico dell’ordine cosmico, al quale si sono spesso<br />

ispirati i costruttori delle città. Siccome la ruota gira diventa anche simbolo<br />

dell’intero universo e del suo eterno dinamismo. Racchiude quindi il significato del<br />

cerchio, ma lo perfezione in una visione di questo tipo. La ruota rappresenta nelle<br />

culture orientali anche il ciclo della vita, e delle rinascite. Nel Buddismo compare<br />

come ruota della legge, che libera l’esistenza dalle pene terrene.<br />

4) il fiore di loto: intanto il loto è quasi una categoria nella quale vengono<br />

raggruppate una serie di piante a volte diverse. In India il fiore di loto è importante a<br />

livello cultuale perché nella mitologia indù il creatore del mondo, Brahma, si genera<br />

da un fiore di loto cresciuto dall’ombelico di Vishnu dormiente sull’acqua. Nel<br />

buddismo diventa simbolo della compassione ma anche simbolo della conoscenza. Lo<br />

strumento attraverso cui si può accedere alla comprensione della realtà.<br />

5) il khanda è un simbolo Sikh. È rappresentato da una spada a doppio taglio centrale<br />

che è appunto il khanda e da un cerchio dietro di essa e due sciabole laterali. Quella<br />

di sinistra rappresenta la verità (potere spirituale), mentre quella di destra rappresenta<br />

la disponibilità a combattere per la vera religione (potere temporale). Il cerchio<br />

rappresenta la divinità, unica, senza inizio e senza fine, e la spada centrale la<br />

conoscenza di Dio.<br />

31


STORIA<br />

La storia dello Hinduismo si lascia convenzionalmente dividere in tre periodi, che<br />

possiamo sintetizzare secondo lo schema seguente.<br />

1) Il periodo vedico<br />

I Veda (dal termine sanscrito vid che significa conoscere) sono raccolte di inni<br />

risalenti a circa 1500 anni prima di Cristo.<br />

Il periodo vedico infatti si fonda per lo più su questi testi poetici, portatori di una<br />

saggezza profonda e popolare, base delle speculazioni successive. Costituiscono il<br />

primo codice poetico e religioso indiano e furono composti dai rishi, i saggi<br />

dell’antica India e poi tramandati oralmente dai guru, i maestri.<br />

Le raccolte dei Veda sono quattro:<br />

- Rigveda (più antico)<br />

- Atharva-veda (più recente, 1000 a.C.)<br />

Alcuni inni vedici contengono solo melodie o formule sacrificali, mentre altri ci<br />

rivelano aspetti importanti del politeismo degli Indo-ariani (aria è un termine che<br />

singifica “nobile” e che indica l’aristocrazia guerriera nell’Iran orientale,<br />

nell’Afghanistan e nel Pakistan), i quali probabilmente nel XV secolo a.C. invasero la<br />

penisola indiana e ne divennero i conquistatori. L’India seguiva fino a quel momento<br />

una religione di tipo animista, in cui la popolazione cercava di placare gli spiriti con<br />

le proprie offerte e con pratiche magiche. Gli Indo-ariani invece avevano una<br />

concezione più complessa del culto, basata sui sacrifici e sulla preghiera, e con un<br />

pantheon già abbastanza definito. Gli dei si onorano e propiziano mediante sacrifici,<br />

offerti non da sacerdoti, ma da capifamiglia.<br />

Nel periodo vedico non si parla ancora di trasmigrazione delle anime e di karma.<br />

La nozione di vedismo quindi si basa sostanzialmente su un corpus di testi.<br />

Se prendiamo ad esempio il più antico, il Rigveda, possiamo notare che al suo interno<br />

c’è una quantità enorme di materiale destinato ad essere appreso e utilizzato dal<br />

sacerdote, materiale organizzato in diversi “cerchi” (i cosiddetti mandala), detti per<br />

32


convenzione “libri”, che contengono inni facenti capo a diverse famiglie. All’interno<br />

di ogni libro gli inni sono organizzati a seconda delle figure divine che vi compaiono,<br />

come ad esempio Agni, il fuoco sacrificale, o Indra, il capo guerriero, signore del<br />

fulmine.<br />

La seconda raccolta (il Samaveda) è ugualmente destinata al sacerdote, ma si<br />

caratterizza per l’uso “liturgico” che potrebbe essere fatto degli inni in essa contenuti<br />

in ambito sacrificale. Melodie che prevedono talora l’uso di strumenti musicali, come<br />

la vina, uno strumento a corde simile al liuto.<br />

La terza raccolta (Yajurveda) comprende inni utilizzati in occasione di riti specifici,<br />

destinati al sacerdote che aveva il compito di allestire il luogo adatto al culto.<br />

La raccolta più recente (Atharvaveda) sembra essere destinata al sacerdote “signore<br />

della fiamma”, cui compete l’esecuzione di riti minori funzionali all’ottenimento di<br />

fini mondani: un uso medico, un uso apotropaico, un uso amatorio, uno propiziatorio<br />

per l’opulenza o per la concordia, e così via.<br />

Come appaiono mondo umano e mondo divino all’interno di questi testi?<br />

Il mondo umano ci si mostra organizzato in unità etnico-politiche simili alle gentes<br />

latine (i JANA), in clan che si rifugiano intorno ad un centro fortificato e tentano di<br />

sopravvivere alle incursioni esterne. La famiglia è un cardine di questa società e nella<br />

dimora della famiglia si trova tutto ciò che è puro: il concetto di purezza sembra<br />

essere alla base della condotta di questi gruppi: uno stato di purezza costante<br />

garantito dai riti e dalle pratiche. Accanto alla purezza particolarmente significativo è<br />

lo sforzo di vivere una vita retta, semplice e innocua. Questo vale soprattutto per i<br />

brahmani, specialisti del sacro.<br />

La nozione di Dio nei Veda si definisce innanzitutto in opposizione alla normale<br />

condizione umana. A differenza degli uomini gli dei hanno ottenuto l’immortalità e<br />

non hanno bisogno di dormire e neppure di battere le palpebre, sono invisibili, amano<br />

ciò che è segreto, indiretto, misterioso, la loro identità è soggetta ad una molteplicità<br />

di manifestazioni. Sono per eccellenza polimorfi e possono presentarsi sotto spoglie<br />

umane e ferine. Sono privi di contorni precisi e facilmente possono essere confusi e<br />

33


identificati gli uni con gli altri. Spesso le divinità si presentano come la mera<br />

rappresentazione di un epiteto che indica la loro funzione.<br />

Una strofa del Rigveda afferma:<br />

Indra, Mitra, Varuna, Agni l’hanno chiamato; è altresì il divino Garutmat dalle belle<br />

ali: un unico Ente/Realtà [lett: Essente] i vati molteplicemente enunciano […]<br />

Questo è un primo esempio di testo che contiene l’affermazione che in effetti vi è un<br />

Unico Essere divino.<br />

2) Il Brahmanesimo<br />

È la dottrina filosofica e religiosa trattata nelle Upanishad, trattati in prosa e versi che<br />

costituiscono la parte finale dei Veda e la cui composizione è collocabile tra 800 e<br />

600 a.C.; infatti tra 1000 e 800 a.C. la casta dei bramini era riuscita a imporsi sulle<br />

altre caste indiane sostenendo che la salvezza si può ottenere solo attraverso sacrifici<br />

compiuti dai bramini. In particolare intorno al 700/600 a.C. nella piana del Gange<br />

penetrano diversi “clan” degli Arya, che permettono il sorgere di prime città e di<br />

forme di organizzazione statuale.<br />

Il brahmanesimo è la religione delle parti in prosa, anziché dei testi in poesia. Nelle<br />

raccolte vediche ci sono già delle parti in prosa, in brahmana, che culminano nelle<br />

speculazioni delle cosiddette Upanisad, nelle quali si nota una raffinatezza<br />

speculativa maggiore rispetto a quella dei Veda.<br />

Oggi il termine tende ad essere abbandonato, ma non possiamo dimenticare che è in<br />

questi testi che vengono poste le basi di una delle teorie fondanti dell’Induismo,<br />

quella secondo qui esiste un Assoluto impersonale che forma la base del succedersi<br />

delle cose (il Brahman) e un io personale (l’Atman) al quale l’Assoluto<br />

coinciderebbe, in modo da stabilire una consapevolezza di identità tra individuale e<br />

universale.<br />

34


3) Lo Hinduismo<br />

Poiché l’Induismo manca della figura di un fondatore, non è possibile datarne con<br />

precisione il momento della nascita. Sappiamo comunque che le prime elaborazioni<br />

filosofiche risalgono alla prima metà del I millennio a.C. e che il sistema religioso e<br />

culturale che noi definiamo come Hinduismo si è sviluppato nel subcontinente<br />

indiano e solo raramente è uscito dai suoi confini.<br />

Lo Hinduismo comprende sei sistemi filosofici classici, ciascuno dei quali è il<br />

risultato di una elaborazione, con relativa vasta letteratura.<br />

1) il sistema Samkhya (in sanscrito “enumerazione”): consiste nella indagine delle<br />

categorie dei fenomeni del mondo attraverso l’enumerazione dei suoi molteplici<br />

aspetti. Il suo caposcuola è il saggio e mistico Kapila, considerato in epoche<br />

posteriori come una reincarnazione di Agni, di Krisna o di Visnu. La sua dottrina<br />

viene trasmessa fino ad essere fissata per iscritto nel IV o V secolo d.C.; la visione<br />

del Samkhya è dualistica e comprende la prakrti, il principio attivo ma privo di<br />

coscienza, causa prima dell’universo, e il purusa, il principio intelligente e dotato di<br />

coscienza ma passivo. È questa opposizione tra divenire e essere ad essere<br />

fondamento di tutto l’universo. La materia primordiale si compone di tre elementi che<br />

sono in equilibrio. Quando questo equilibrio viene turbato, allora si generano i<br />

processi dinamici dell’universo, che portano allo sviluppo della materia e dei cinque<br />

elementi.<br />

2) la Mimamsa (“indagine”, “esegesi”) è un’altra scuola che si propone l’obiettivo di<br />

trattare sistematicamente i testi e i rituali che stanno alla base dei culti sacrificali<br />

vedici. La scuola viene fondata dal saggio Jaimini (circa 200 d.C.) e in seguito<br />

elaborata da Kumarila (690-750 d.C.), che difese l’autorità dei Veda di fronte al<br />

Buddismo e diede impulso al Brahmanesimo.<br />

3) Vedanta (“completamento dei Veda”) è la scuola che si basa sui testi noti col<br />

nome di Upanisad, la parte esegetica dei Veda. Poi viene a designare il complesso di<br />

dottrine che si fondano sulle scritture vediche. Il caposcuola è un certo Sankara (788-<br />

820) membro di una famiglia di Brahmani dell’India meridionale, il più celebre<br />

35


filosofo e riformatore dell’Induismo. Egli predica la dottrina dell’identità e della non<br />

dualità: insegna un rigido monismo, cioè l’unione profonda tra atman e brahman. La<br />

dualità e la molteplicità sono soltanto delle illusioni che sviano dalla vera dottrina e<br />

dalla verità. La liberazione vera per l’uomo appartiene a chi ha raggiunto una<br />

conoscenza più alta, quella appunto dell’assoluta unità e identità di anima universale<br />

e di anima individuale. Più tardi altre scuole teorizzarono un monismo relativo,<br />

secondo cui anima dell’uomo e divinità sono legati da un rapporto di somiglianza,<br />

non di identità. Quindi per fluire nel tutto la coscienza dell’individuo non perde la<br />

propria identità.<br />

4) un’altra scuola filosofica è quella elaborata sul sistema Yoga classico esposto negli<br />

Yoga sutra (sutra= aforismi) da Patanjali (V secolo d.C.). lo yoga è il metodo con cui<br />

ottenere il controllo delle forze spirituali e con cui si riesce a guidarle nella direzione<br />

desiderata: la meta è il raggiungimento della pace interiore, della conoscenza<br />

suprema, e della liberazione dai legami del mondo e della materia. Lo yoga si divide<br />

in due parti: A) lo hatha yoga, cioè il controllo totale del corpo e delle energie<br />

attraverso una rigorosa pratica di esercizi fisici (passando per cinque livelli: 1)<br />

autocontrollo; 2) osservanza della purezza dell’ascesi della recitazione; 3) posizione;<br />

4) controllo del respiro; 5) annullamento delle funzioni dei sensi); B) il raja yoga,<br />

cioè la più alta forma di yoga, caratterizzata da percezioni sovrasensibili e<br />

dall’intuizione suprema dell’unità del tutto (riguarda gli ultimi tre livelli dello yoga:<br />

6) contemplazione eliminando qualsiasi pensiero; 7) meditazione in sfere<br />

trascendentali; 8) immersione o illuminazione in cui si realizza la coincidenza tra<br />

pensiero e oggetto del pensiero). L’ultimo è il livello dell’estasi mistica, in cui lo<br />

spirito (purusa) è disgiunto dalla materia (prakrti).<br />

5) il Vaseisika è la scuola che ha come scopo principale la definizione delle categorie<br />

in cui può dividersi il mondo delle apparenze. Gli atomi sono controllati dall’Essere<br />

Supremo.<br />

6) la sesta scuola ortodossa è denominata Nyaya (“analisi logica”) e la sua<br />

fondazione viene fatta risalire al brahmano Gautama (<strong>II</strong> secolo). La scuola ha un<br />

36


carattere logico-dialettico con il quale poter conoscere per bene la realtà e quindi può<br />

essere fonte di liberazione dalla sofferenza. La conoscenza è uno strumento di<br />

liberazione, e il dubbio e il ricordo sono i suoi peggiori nemici.<br />

GLI DEI – LA TRIMURTI<br />

Le tre principali divinità del Pantheon induista compongono la Trimurti e sono:<br />

1) Brahma: è la personificazione maschile del brahman. Il principio universale<br />

dell’assoluto diventa cioè una divinità creatrice, e Brahma è il creatore dei mondi,<br />

una sorta di demiurgo. Inoltre egli è anche colui che regola e domina la legge del<br />

karma. Spesso viene rappresentato con quattro teste e otto mani, seduto su un’oca<br />

selvatica o su un cigno. I suoi attributi sono il cucchiaio, la brocca, il rosario e i Veda<br />

(di cui Brahma è custode perché tutore della rivelazione divina). A volte tiene in<br />

mano anche il fiore di loto. Il culto di Brahma, non particolarmente diffuso, ha il suo<br />

centro nel santuario di Puskar, nel Rajasthan. Accanto a Brahma è interessante<br />

ricordare la sua seconda moglie Sarasvati, dea della scienza e dell’arte, della retorica<br />

e della letteratura.<br />

2) Visnu è l’Essere Supremo conservatore del mondo. Si trova spesso in coppia con<br />

Siva, ma è una divinità più positiva. È una figura mite e benevola, difensore del<br />

diritto e della verità, dio della salvezza, <strong>dispensa</strong>tore di grazia infinita. Nei periodi di<br />

decadenza Visnu si manifesta con l’incarnazione (avatara) per ristabilire l’ordine del<br />

mondo: ci sarebbero dieci avatara del Dio, di cui nove sono già avvenute nelle epoche<br />

passate, mentre la decima si verificherà alla fine dell’epoca attuale. Le varie<br />

incarnazioni sono curiose perché mostrano come il dio si possa manifestare in forme<br />

totalmente diverse a seconda delle circostanze. Una delle incarnazioni di Visnu è in<br />

Krisna, che la tradizione colloca all’inzio del 3000 a.C., uno dei personaggi che<br />

illustrano la dottrina agli uomini nei testi principali della religione. La nona<br />

incarnazione di Visnu è nel Budda, che cerca di liberare il mondo dal dolore. In<br />

questo concetto c’è il tentativo dell’Induismo di riassorbire al suo interno il<br />

Buddismo molto diffuso. La decima manifestazione di Visnu sarà quella di cavaliere<br />

37


dell’apocalisse: comparirà su un cavallo bianco, con in mano una spada<br />

fiammeggiante con cui far trionfare la legge del diritto e della giustizia.<br />

3) Siva è la personificazione dell’assoluto, al tempo stesso principio distruttore del<br />

mondo e rigeneratore, <strong>dispensa</strong>tore di morte e rinascita. Nella religione vedica è<br />

spesso identificato con il dio della tempesta. Secondo il Rigveda è il dio terrificante<br />

che dimora sulle montagne e che può inviare le piogge per preservare i raccolti. Nel<br />

mondo materiale Siva assume diverse forme, caratteristiche e nomi. Le<br />

manifestazioni di Siva si possono riassumere in quattro gruppi principali: a) il primo<br />

gruppo è quello che lo presenta nel suo aspetto benevolo, come creatore e signore<br />

dell’Universo; b) il secondo gruppo è costituito dalle manifestazioni di Siva come<br />

asceta esemplare. Spesso è rappresentato come un asceta seminudo. Tra gli oggetti<br />

più cari vi sono le campane, il tamburello e il rosario; c) il gruppo di Shiva distruttore<br />

comprende tutti gli epiteti che contengono il termine kala (“nero”) e spesso viene<br />

raffigurato con armi; d) nei templi Siva è signore della danza, che simboleggia il<br />

continuo rinnovarsi del mondo: è proprio danzando che Siva avrebbe creato il cosmo,<br />

dando al mondo il ritmo vitale attraverso il tamburello che tiene nella mano destra<br />

levata. Nello stesso tempo però in cui crea Siva lancia anche la scintilla della<br />

distruzione, simboleggiata dalla lingua di fuoco nella mano sinistra. Nei templi<br />

dedicati a Siva la sua forza creatrice viene rappresentata dal suo toro Nandin o da<br />

simboli fallici, simboli di fertilità e di energia. Attraverso l’unione di elemento<br />

maschile e femminile ogni dualismo viene annullato e riunificato.<br />

38


TESTI (I PARTE)<br />

HINDUISMO (2 parte)<br />

Una prima parte di testi è quella composta dalle Upanishad e dai testi vedici.<br />

Ho preso a caso un testo da poter leggere e commentare:<br />

Om! In verità la testa del cavallo sacrificale è l’aurora, l’occhio è il sole, il respiro è il<br />

vento, la bocca spalancata è il fuoco universale, il corpo è l’anno. Il dorso del cavallo<br />

sacrificale è il cielo, il ventre è l’atmosfera, l’inguine è la terra, i fianchi sono i punti<br />

cardinali, i lombi sono i punti intermedi, le membra sono le stagioni, le articolazioni<br />

sono i mesi e le quindicine, i piedi sono i giorni e le notti, le ossa sono le<br />

costellazioni, le carni sono le nubi. Il cibo che si trova nello stomaco è la sabbia, gli<br />

intestini sono i fiumi, il fegato e i polmoni sono le montagne, i peli sono le erbe e gli<br />

alberi, la parte anteriore è il sole oriente, la parte posteriore è il sole all’occaso.<br />

Quando spalanca la bocca si ha il lampo, quando s’agita si ha il tuono, quando orina<br />

piove, il suo nitrito è la parola.<br />

Tutto l’universo era un tempo indifferenziato. Fu poi reso distinto secondo il nome e<br />

la forma con le parole: “Questi si chiama così, costui ha questa determinata forma”.<br />

Ancor oggi tutto [l’esistente] si distingue secondo il nome e la forma e infatti si dice:<br />

“Questi si chiama così, costui ha questa determinata forma”. Ed egli (l’Atman) vi è<br />

penetrato fino alla punta delle unghie. Come un rasoio nascosto nel fodero, come la<br />

termite nel suo termitaio, egli non si vede. Soltanto parziale è [la sua apparizione]:<br />

quando respira si chiama respiro, quando parla, voce, quando vede, occhio, quando<br />

ode, orecchio, quando pensa, mente. Ma queste sono soltanto denominazioni per le<br />

[sue] attività. Colui che lo venera in una singola apparizione non lo conosce<br />

veramente: soltanto parzialmente infatti egli compare nelle sue singole<br />

[manifestazioni].<br />

39


I testi sacri post-vedici prendono il nome di Smirti (ciò che si ricorda, la tradizione), e<br />

sono scritti in sanscrito classico. Sono assimilabili ad una letteratura popolare più<br />

facilmente accessibile. Fanno parte degli Smirti alcuni testi di base come il<br />

Mahabharata e la Bhagavad-gita e i Libri delle leggi (Dharmashastra)<br />

PRINCIPI<br />

Non è facile riassumere in poco tempo la molteplice complessità della religione<br />

indiana. Ecco perché mi limiterò a sintetizzare alcuni punti che mi sembrano più<br />

importanti e fondamentali per stabilire anche un eventuale confronto con le religioni<br />

occidentali.<br />

1) ATMAN – BRAHMAN<br />

L’atman è come la ruah del mondo ebraico: l’idea dello spirituale, dello spirito che<br />

abbraccia tutto l’universo. È un principio universale che abbraccia tutta la realtà:<br />

l’atman dà il senso della spiritualità assoluta mentre il brahman è l’essere dell’essere,<br />

è l’unica realtà. Le altre cose sono tutte passeggere. L’unica realtà è il brahman,<br />

l’essere dell’essere.<br />

Chi riesce a comprendere che l’atman è uguale al brahman ha capito tutto della vita<br />

ed è già salvo. Chi capisce con anni di meditazione capisce che la realtà è una sola:<br />

l’unica grande realtà è il divino e quello siamo noi.<br />

In ciascuna parte c’è il tutto: c’è attrazione tra tutte le cose perché tutte fanno parte di<br />

una stessa realtà totale.<br />

Il senso religioso si sviluppa quindi a partire da una comprensione globale del reale:<br />

solitamente le scienze e il mondo analitico ci spingono a dividere, parcellizzare,<br />

spezzettare, invece qui ci viene chiesto di unire, perché la specificità smentisce la<br />

totalità del senso religioso. Scopo diventa quindi anche sconfiggere l’io per capire<br />

questa realtà e di fatto l’io si rivela come un concetto antireligioso, una costruzione<br />

che ci impedisce di immedesimarci nella realtà, di lasciare che la nostra identità si<br />

perda.<br />

40


Avere una coscienza cosmica è quello che alla fine ci può salvare.<br />

2) SAMSARA<br />

Il samsara è il ciclo delle rinascite. L’anima dell’uomo è destinata a seguire il ciclo<br />

continuo delle rinascite (samsara) con il quale l’uomo entra a far parte della natura<br />

vivente come pianta o animale. Quando l’anima si diparte dal corpo al momento della<br />

morte, sosta per tre epoche prima di trasmigrare nel corpo di un altro essere vivente:<br />

la forma della rinascita dipenderà, secondo la legge del karma (Azione, opera) dalle<br />

qualità delle azioni compiute nel passato.<br />

Il karma risponde quindi a una legge di causalità: ogni azione avrà quindi un peso<br />

nelle vite e nelle rinascite future. Gli Induisti hanno elaborato anche una sorta di<br />

graduatoria degli eventi che possono condizionare positivamente o negativamente il<br />

karma: la somma felicità coincide con la salvezza, come liberazione dal ciclo delle<br />

rinascite.<br />

Il karma serve anche per spiegare il sistema delle caste della società indiana.<br />

3) MICROCOSMO//MACROCOSMO<br />

C’è corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo perché l’uomo è l’universo intero:<br />

tutto il mondo può essere visto come un fatto di corrispondenze. Ognuno ha il dovere<br />

di rispecchiare l’ordine cosmico, ecco perché chi non è in armonia risente di problemi<br />

psico-spirituali. Ogni parte del corpo corrisponde ad un elemento della natura:<br />

l’occhio al sole, il respiro al vento, ecc… e anche lo yoga si sviluppa su questa idea, e<br />

sul fatto che questione di fondo è la ricerca dell’armonia: l’uomo cioè deve essere<br />

specchio dell’universo, deve riflettere il mondo intero<br />

4) DHARMA<br />

Il concetto di dharma lo possiamo accostare a quello di legge, o meglio di “verità,<br />

ordine, visione interiore, consapevolezza”: è l’ordine dell’uomo, quello che lui deve<br />

fare nella sua vita. È chiaramente collegato col concetto di ordine del mondo,<br />

41


cosmico, universale. SVa-dharma è invece ciò che ciascuno di noi è tenuto a fare per<br />

mantenere l’ordine universale. Da qui si collega anche il discorso delle caste come<br />

ordine dell’universo. Infatti i componenti delle caste sono vincolati a delle norme<br />

sociali rigide: contrarre un solo matrimonio e con un membro della propria casta;<br />

consumare i pasti soltanto con i membri del proprio gruppo sociale.<br />

Ma il dharma è anche di ordine spirituale: è anche cioè l’essenza delle cose, e in<br />

questo significato la religione indù diventa il sanatana–dharma, il dharma eterno,<br />

l’ordine che segue tutte le cose e che tutte le cose seguono.<br />

5) I 4 STADI<br />

L’appartenente al contesto indù deve passare attraverso questi quattro stadi:<br />

a) Brahmacharin:<br />

È colui che entra come iniziato, viene istruito, va a scuola fino quando a 10-12 anni si<br />

sottopone a un cerimoniale di introduzione: periodo di sottomissione, di penitenza, di<br />

sofferenza.<br />

b) grhastha:<br />

È lo stato di vita familiare: è importante avviarsi alla scoperta della vita e quindi fare<br />

esperienza di vita attraverso la famiglia, e mettere al mondo figli che poi avranno<br />

bisogno di ulteriore redenzione.<br />

c) vanaprastha:<br />

Quando nasce il primo nipote le persone sono invitate a lasciare tutto e a fare vita<br />

solitaria nella foresta, nei boschi, per capire che le esperienze di vita e di godimento<br />

sono passeggere e vanno trascese. È un periodo dedicato alla meditazione delle<br />

scritture sacre, praticando la meditazione e il digiuno.<br />

d) sannyasim:<br />

Questa è la figura per eccellenza di colui che – ormai anziano – ha rinunciato a tutto e<br />

non ha più niente, soltanto una tunica e una tazza per provvedere a raccogliere<br />

qualcosa da mangiare: l’uomo ha raggiunto il distacco e può anche tornare tra i suoi.<br />

A questo distacco tutti sono chiamati ad arrivare.<br />

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6) I 4 FINI:<br />

a) kama<br />

KAMA vuol dire desideri, passioni, tutto quello che attira nella vita: ogni persona<br />

deve fare delle esperienze per non avere rimpianti (il kamasutra è scritto da un<br />

monaco buddista)<br />

b) artha<br />

Questo scopo corrisponde al vivere lavorando e cercando di avere ricchezze per il<br />

sostentamento: non c’è un rifiuto totale del mondo, ma anzi c’è il desiderio di avere<br />

dei beni.<br />

c) dharma<br />

Significa avere il senso della brevità delle cose, dell’essenza profonda delle cose<br />

d) maksa<br />

è mirare alla liberazione, al distacco dalle cose, permettendo di raggiungere già in<br />

questo modo lo stato del beato.<br />

PRATICHE<br />

All’interno della giornata dell’induista vi sono varie pratiche legate al culto e alla<br />

religione:<br />

La venerazione di un’immagine della divinità, solitamente con unguenti, stoffe,<br />

lavaggi, offerta di cibi (riso, orzo, latte ecc.), processione girando in senso<br />

orario intorno ad essa, inginocchiandosi, pregando e offrendo fiori (i sacrifici<br />

di animali sono riservati solitamente alla dea KAli)<br />

Riti di purificazione: sussiste sempre il pericolo di impurità che può essere<br />

trasmessa da chiunque: nel caso di impurità non gravi, queste possono essere<br />

risolte ed eliminate grazie a cerimonie di purificazione. Nel caso di impurità<br />

gravi, come l’assassinio di un brahmano o l’uccisione di una vacca, le<br />

cerimonie di espiazione sono stabilite da un collegio di brahmani. Forme di<br />

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purificazione inoltre vanno fatte prima dei riti. Una forma di purificazione è il<br />

digiuno.<br />

Il rituale giornaliero comprende anche il ricorso a posizione simboliche delle<br />

mani e a formule sacre (mantra) la più famosa delle quali è la sillaba om,<br />

formata dal suono a-u-m emesso nella respirazione: questa formula viene<br />

impiegata in quasi tutte le pratiche religiose. Diversi mantra sono associati alle<br />

posizioni dello yoga.<br />

IL SISTEMA DELLE CASTE<br />

La società indù è organizzata in quattro caste principali (varna) e diverse sottocaste<br />

che si sono sviluppate nel corso dei secoli:<br />

1) La principale casta è quella dei brahmani, che incarnano i poteri spirituali e il cui<br />

compito è celebrare i sacrifici e mediare tra la dottrina e il popolo. La posizione delle<br />

altre caste è determinata e definita dal suo rapporto con quella dei brahmani. Godono<br />

di privilegi ma hanno anche obblighi più pesanti e punizioni più a severe. Devono<br />

rispettare il principio della non violenza e non possono mangiare né carne né uova.<br />

La vita dei brahmani è scandita in quattro fasi: allievo, padre di famiglia, eremita,<br />

asceta.<br />

2) La seconda casta è quella degli ksatriya, la casta dei re, dei nobili, dei guerrieri:<br />

sono le braccia della nazione.<br />

3) I vaisya sono la terza categoria, composta da commercianti e artigiani, considerati<br />

le gambe della nazione.<br />

4) Seguono i sudra, la massa dei lavoratori comuni.<br />

I paria, cioè gli intoccabili, occupano il gradino più basso della scala sociale. La<br />

nozione di intoccabile è collegata al concetto di impurità: sono quelle professioni che<br />

hanno a che fare con la nascita e con la morte o che vengono a contatto con la<br />

sporcizia. Possono contaminare uno delle quattro classi anche solo con lo sguardo<br />

quindi devono attenersi a norme ferree, che mantengono il loro isolamento all’interno<br />

della comunità. Vivono fuori del villaggio e non possono utilizzare strade pubbliche,<br />

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né cucinare per i membri delle classi alte, non possono leggere i Veda, né entrare in<br />

numerosi templi.<br />

Numerosi miglioramenti in questa situazione li ottenne l’azione di Gandhi (1869-<br />

1948) che ottenne per loro la parità di fronte alla legge, la possibilità di entrare nei<br />

templi, il titolo di figli di Dio. Attualmente la costituzione moderna abolisce le regole<br />

del sistema castale, che continuano a essere radicate nella vita di molti indiani,<br />

specialmente di quelli delle campagne.<br />

TESTI (<strong>II</strong> PARTE)<br />

Testo che forse è il più famoso è la Bhagavad-gita, che letteralmente vuol dire “Canto<br />

del beato (del maestro)” da gita (Canto) e bhagavad (maestro).<br />

È una piccola parte del grande poema indù che è il Mahabharata (che è uno dei grandi<br />

poemi religiosi, come per l’Occidente l’Iliade e l’Odissea).<br />

Il Signore del poema in questo caso è Vishnu, che oggi è una delle grandi divinità<br />

indiane. Nel Canto si incarna come Krishna (avatara di Vishnu, una incarnazione): il<br />

Canto è un grande dialogo tra il condottiero Arjuna e Krishna.<br />

Arjuna deve andare in guerra a combattere, ma ad un certo punto cade in un senso di<br />

profonda depressione: gli appare Krishna che gli dice cosa deve fare e gli presenta<br />

anche la filosofia Yoga. Krishna gli dice che deve compiere il suo dharma e gli<br />

presenta le tre virtù di salvezza:<br />

1) jnana-marga: via della conoscenza, che ripropone il tema delle Upanishad, quello<br />

dell’atman e brahman;<br />

2) karma-marga: chi compie azioni in onore del dio Krishna ha la possibilità di non<br />

accumulare più karma e di salvarsi (vicinanza col Cristianesimo?);<br />

3) bhakti-marga: amore, legame, devozione a Dio: amare Dio significa essere salvi.<br />

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CAP. X<br />

HINDUISMO - TESTI<br />

BHAGAVADGITA<br />

Il Beato Signore disse:<br />

1. O guerriero dalle grandi braccia, ascolta, una volta ancora, da me la parola suprema che io<br />

dirò a te, a te che in essa ti compiaci e ritieni il bene desiderabile.<br />

2. Né le schiere degli dei né i grandi veggenti conoscono la mia origine poiché sono io ad<br />

essere, sotto tutti gli aspetti, l’origine degli dei e dei grandi veggenti.<br />

3. Colui che mi conosce come non nato e non avente principio, come il grande Signore<br />

dell’universo, quegli, fra tutti i mortali, libero da ogni smarrimento, è sbarazzato da tutti i suoi<br />

errori.<br />

4-5. Giudizio, conoscenza, sapere esente da coinvolgimento, pazienza, verità, padronanza di sé,<br />

piacere e dolore, esistenza e inesistenza, timore e sicurezza, non-nocività, equanimità,<br />

contentamento, austerità, liberalità, onore e disonore, tutti questi modi di essere, nella loro<br />

diversità come nella loro particolarità, vengono da me.<br />

[…]<br />

8. Io sono il principio di tutte le cose; è da me che tutto procede. Coloro che con tale<br />

convinzione mi adorano sono saggi e dotati di un pensiero profondo.<br />

9. Con la mente fissa in me, il loro soffio vitale fuso in me, illuminandosi reciprocamente,<br />

raccontando di me senza sosta, sono soddisfatti e beati.<br />

10. È a tali uomini costantemente unificati, miei devoti adoratori, che io comunico quella<br />

disciplina del giudizio che li farà giungere fino a me.<br />

11. Per manifestare la mia compassione verso di loro, io che risiedo nel loro stesso essere,<br />

scaccio, con la fiaccola della conoscenza, le tenebre nate dall’ignoranza.<br />

Arjuna disse:<br />

12-13. Tu sei il Brahman supremo, la sede suprema, il purificatore supremo. Spirito divino ed<br />

eterno, primo degli dei, non-nato, onnipresente! [Così] ti designano tutti i veggenti [antichi]<br />

come pure il veggente divino Narada, il nero Devala e Vyasa; tu stesso me lo dici.<br />

[…]<br />

15. Tu solo, Spirito Supremo, conosci te stesso attraverso te stesso; produttore degli esseri,<br />

Signore degli esseri, dio degli dei, Padrone del mondo.<br />

[…]<br />

Il Beato Signore disse:<br />

19. Orsù! Io ti esporrò le mie divine manifestazioni, limitandomi all’essenziale, o migliore dei<br />

Kuru! Perché la mia espansione è illimitata.<br />

20. O Gudakesa! Io sono il Sé che risiede nel cuore di tutti gli esseri; io sono l’inizio, la metà e<br />

la fine degli esseri.<br />

[…]<br />

31. Io sono il vento fra i purificatori, Rama fra i portatori di armi, il coccodrillo fra i pesci, la<br />

Jahnavi fra i fiumi.<br />

32. Delle creature io sono l’inizio, la fine e il mezzo, o Arjuna, la scienza del Sé fra le scienze,<br />

fra le dottrine colui che enuncia la giusta dottrina.<br />

33. Delle lettere io sono la a; del genere “vocabolo composto” il composto copulativo; io solo<br />

sono il tempo imperituro, io il fondatore che ha ogni volto.<br />

46


34. Io sono la morte che tutto porta via, la sorgente delle cose future. Fra gli esseri femminili<br />

sono la fama, la fortuna, la parola, la memoria, l’intelligenza, la fermezza, la pazienza.<br />

[…]<br />

39. E quale che sia la forma di qualunque essere, lui io sono, o Arjuna. Non vi è essere, mobile<br />

o immobile, che esista al di fuori di me.<br />

[…]<br />

Le manifestazioni di Krishna:<br />

1) il Sé che risiede nei cuori<br />

2) Vishnu<br />

3) Sole raggiante<br />

4) il vento<br />

5) la Luna<br />

6) la sensibilità<br />

7) l’oceano<br />

8) la sillaba unica<br />

9) l’Himalaya<br />

10) il fico sacro<br />

11) Kapila<br />

12) il fulmine<br />

13) la Vacca dell’abbondanza<br />

14) il serpente<br />

15) Varuna tra gli esseri acquatici<br />

16) il leone<br />

17) un uccello<br />

18) il coccodrillo<br />

19) il fiume<br />

20) la lettera a<br />

21) il tempo imperituro<br />

22) la morte<br />

23) la sorgente delle cose future<br />

24) la fama<br />

25) la fortuna<br />

26) la parola<br />

27) la memoria<br />

28) l’intelligenza<br />

29) la fermezza<br />

30) la pazienza<br />

31) il brhatsaman tra le melodie sacre<br />

32) la primavera fra le stagioni<br />

33) il gioco dei dadi<br />

34) la vittoria<br />

35) la decisione<br />

36) la virtù dei virtuosi<br />

37) lo scettro<br />

38) l’arte politica<br />

39) il silenzio dei segreti<br />

47


40) la conoscenza dei conoscenti<br />

1)<br />

In realtà, non si conosce in questo mondo un mezzo di purificazione che sia simile alla<br />

conoscenza; colui che ha raggiunto la perfezione dello yoga la trova spontaneamente, col<br />

tempo, nel suo proprio essere…<br />

Ma chi non ha sapienza, chi non ha fede, chi ha il dubbio nell’animo, perisce; non c’è né<br />

questo mondo, né l’altro, né felicità per chi ha l’animo in preda al dubbio.<br />

2)<br />

… Non essere una persona attaccata al vantaggio derivante dalle azioni; ma non ci sia<br />

neppure, in te, adesione al non agire… mentre gli ignoranti agiscono con attaccamento alle<br />

azioni, l’uomo saggio – al contrario – agisca senza attaccamento, con l’intenzione di operare<br />

per il bene del mondo.<br />

3)<br />

Non per mezzo della scienza sacra né tramite l’ascesi, non per mezzo del dono né del<br />

sacrificio io posso essere veduto (faccia a faccia)… ma con la devozione a me solo rivolta io<br />

posso direttamente essere veduto, conosciuto e raggiunto nella mia vera natura…<br />

Quelli che mi venerano con devozione, essi sono in me – ed io sono in loro… Sappi con<br />

certezza, o Arjuna, che chi mi è devoto non si perde.<br />

Volgi a me la tua mente, sii a me devoto, a me offra l’oblazione, a me rendi omaggio. A me<br />

così tu verrai: in verità te lo prometto, perché tu mi sei caro.<br />

Manikka Vasahar (IX secolo)<br />

Tutto il mio intimo si scioglie<br />

in questo desiderio violento.<br />

Io desidero;<br />

la corrente dell’amore supera gli argini.<br />

Tutto il mio desiderio<br />

non è diretto che verso di Lui,<br />

e io grido: “Signore”!<br />

Tremando in tutto il corpo,<br />

balbettando quando parlo, adorandolo<br />

io afferro la sua mano<br />

e il cuore si apre come un fiore.<br />

Gli occhi risplendono di gioia<br />

e le lacrime scorrono;<br />

l’amore che non ha tregua<br />

né giorno né notte,<br />

dura ininterrottamente.<br />

Come la cera si strugge al fuoco,<br />

così si strugge la mia anima.<br />

Con questa anima io lo adoro,<br />

48


io piango, mi inchino, danzo,<br />

grido ad alta voce e prego.<br />

Gitagovinda<br />

Il flauto incantato che risuona in toni soavi nettare fluente dalle sue labbra,<br />

gli orecchini che dondolano alle guance, il capo che oscilla, gli sguardi mobili furtivi,<br />

nella danza d’amore Hari qui ricorda il mio pensiero,<br />

che folleggia armonioso e scherzando sorride.<br />

Perché Hari non si affretta all’incontro con me?<br />

dice continuamente all’amica:<br />

signore Hari, Radha languisce nell’asilo della sua dimora.<br />

Nella dimora d’amore sul giaciglio dentro la pergola amena,<br />

trastullati, il volto ridente per l’impeto del piacere:<br />

entra, Radha, avvicinati a Madhava.<br />

Dimmi parole abbandonate dome ambrosia stillante dalla luna del tuo volto;<br />

come la separazione, io ti tolgo dal petto la veste fine che racchiude il seno…<br />

Versa sul mio petto il calice dei tuoi seni, difficile da conquistare, turgido<br />

come fremente nell’impeto dell’abbraccio all’amato; spegni la pena ardente dell’amore:<br />

subito, Radhika, segui Narayana che ora ti è fedele.<br />

Dimmi, o amica direttissima, come posso fare?<br />

Soffro come se fossi lacerata,<br />

un aculeo s’è infitto nel mio cuore.<br />

Fiumi di lacrime scorrono dai miei occhi,<br />

e il corpo brucia dentro il fuoco.<br />

Assieme a Lui, il sonno è fuggito dai miei occhi,<br />

e le mie orecchie corrono sulla strada al Suo richiamo…<br />

Ha rubato la mia vita.<br />

La blandirono, le amiche, e la guidarono<br />

fin sulla soglia della stanza del Suo letto:<br />

colmo di gioia, l’Amato<br />

tra le mani la strinse: ella, il suo cuore…<br />

Il corpo abbandonò, Occhi di Cerbiatta,<br />

nelle mani di Hari,<br />

mentre ad altro luogo muoveva il corteo delle compagne…<br />

Il tocco delizioso di Krishna,<br />

la Sua gentile voce,<br />

ogni luogo tolsero alla verecondia.<br />

Sul dilettevole talamo, quindi,<br />

i due cortesi amanti<br />

sedettero, pronti alla novella voluttà.<br />

Ovunque, su di lei, Egli impresse i suoi baci,<br />

49


gioioso nell’empito di passione,<br />

mentre ella per lunghi brividi fremeva.<br />

LUMEN GENTIUM<br />

16. Infine, quanto a quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, anch'essi in vari modi sono<br />

ordinati al popolo di Dio. In primo luogo quel popolo al quale furono dati i testamenti e le promesse<br />

e dal quale Cristo è nato secondo la carne (cfr. Rm 9,4-5), popolo molto amato in ragione della<br />

elezione, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (cfr. Rm 11,28-29).<br />

Ma il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in<br />

particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio<br />

unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale. Dio non è neppure lontano<br />

dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle ombre e sotto le immagini, poiché egli dà a tutti la<br />

vita e il respiro e ogni cosa (cfr At 1,7,25-26), e come Salvatore vuole che tutti gli uomini si<br />

salvino (cfr. 1 Tm 2,4). Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua<br />

Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll'aiuto della grazia si sforzano di<br />

compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza,<br />

possono conseguire la salvezza eterna. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla<br />

salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si<br />

sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di<br />

vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo e come<br />

dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita. Ma molto spesso gli<br />

uomini, ingannati dal maligno, hanno errato nei loro ragionamenti e hanno scambiato la verità<br />

divina con la menzogna, servendo la creatura piuttosto che il Creatore (cfr. Rm 1,21 e 25), oppure,<br />

vivendo e morendo senza Dio in questo mondo, sono esposti alla disperazione finale. Perciò la<br />

Chiesa per promuovere la gloria di Dio e la salute di tutti costoro, memore del comando del Signore<br />

che dice: « Predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15), mette ogni cura nell'incoraggiare e<br />

sostenere le missioni.<br />

Posizioni del Cristianesimo<br />

Nostra Aetate<br />

Il documento Nostra Aetate, occupandosi della relazione tra Cristianesimo e altre religioni, descrive<br />

induismo e buddismo come vie "per superare l'inquietudine del cuore umano". Più precisamente, si<br />

apprezza nel buddismo la ricerca della suprema illuminazione liberandosi dalla realtà terrena, e<br />

nell'induismo la ricerca dell'Assoluto attraverso la vita ascetica, la meditazione, e il rifugio in Dio<br />

con amore e confidenza.<br />

Si puntualizza che "La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni",<br />

pur ribadendo le molte differenze con quanto essa crede e propone; si esplicita quindi il pieno<br />

rispetto verso tali religioni.<br />

Introduzione<br />

1. Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce<br />

l'interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue<br />

relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo dovere di promuovere l'unità e la carità tra gli<br />

uomini, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in<br />

comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino.<br />

I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha<br />

fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra (1) hanno anche un solo fine ultimo,<br />

Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti (2)<br />

50


finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti<br />

cammineranno nella sua luce (3).<br />

Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana,<br />

che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell'uomo: la natura dell'uomo, il senso e il fine<br />

della nostra vita, il bene e il peccato, l'origine e lo scopo del dolore, la via per raggiungere la vera<br />

felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l'ultimo e ineffabile mistero che<br />

circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo.<br />

Le diverse religioni<br />

2. Dai tempi più antichi fino ad oggi presso i vari popoli si trova una certa sensibilità a quella forza<br />

arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, ed anzi talvolta vi<br />

riconosce la Divinità suprema o il Padre. Questa sensibilità e questa conoscenza compenetrano la<br />

vita in un intimo senso religioso.<br />

Quanto alle religioni legate al progresso della cultura, esse si sforzano di rispondere alle stesse<br />

questioni con nozioni più raffinate e con un linguaggio più elaborato. Così, nell'induismo gli uomini<br />

scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti<br />

tentativi della filosofia; cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso<br />

forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e<br />

confidenza. Nel buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza<br />

di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e<br />

confidente, siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di<br />

illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi o con l'aiuto venuto dall'alto. Ugualmente anche<br />

le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l'inquietudine<br />

del cuore umano proponendo delle vie, cioè dottrine, precetti di vita e riti sacri.<br />

La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con<br />

sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in<br />

molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un<br />

raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.<br />

Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è « via, verità e vita » (Gv 14,6), in<br />

cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se<br />

stesso tutte le cose (4).<br />

Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della<br />

collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla<br />

vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socioculturali<br />

che si trovano in essi.<br />

La religione musulmana<br />

3. La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente,<br />

misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra (5), che ha parlato agli uomini. Essi<br />

cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso<br />

anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come<br />

Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la<br />

invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli<br />

uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la<br />

preghiera, le elemosine e il digiuno.<br />

Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro<br />

Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione,<br />

nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la<br />

pace e la libertà.<br />

La religione ebraica<br />

51


4. Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo<br />

Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.<br />

La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già,<br />

secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti.<br />

Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede (6), sono inclusi nella<br />

vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell'esodo<br />

del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la<br />

rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile<br />

misericordia, si è degnato di stringere l'Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice<br />

dell'ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico che sono i gentili (7). La<br />

Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i gentili per mezzo della sua<br />

croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso (8). Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi<br />

le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua razza: « ai quali appartiene l'adozione a<br />

figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e<br />

dai quali è nato Cristo secondo la carne» (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine.<br />

Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della<br />

Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo.<br />

Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata (9);<br />

gli Ebrei in gran parte non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua<br />

diffusione (10). Tuttavia secondo l'Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora<br />

carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento (11). Con i profeti e con lo<br />

stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce, in cui tutti i popoli acclameranno<br />

il Signore con una sola voce e « lo serviranno sotto uno stesso giogo » (Sof 3,9) (12).<br />

Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro<br />

Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono<br />

soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo.<br />

E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo (13), tuttavia<br />

quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti<br />

gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo.<br />

E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati<br />

come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino<br />

pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che<br />

non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo.<br />

La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio<br />

che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità<br />

evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro<br />

gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque. In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e<br />

sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte<br />

a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere<br />

della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno<br />

dell'amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia.<br />

Fraternità universale<br />

5. Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da<br />

fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio. L'atteggiamento dell'uomo<br />

verso Dio Padre e quello dell'uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la<br />

Scrittura dice: « Chi non ama, non conosce Dio » (1 Gv 4,8).<br />

Viene dunque tolto il fondamento a ogni teoria o prassi che introduca tra uomo e uomo, tra popolo e<br />

popolo, discriminazioni in ciò che riguarda la dignità umana e i diritti che ne promanano.<br />

In conseguenza la Chiesa esecra, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra<br />

gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di<br />

52


eligione. E quindi il sacro Concilio, seguendo le tracce dei santi apostoli Pietro e Paolo,<br />

ardentemente scongiura i cristiani che, « mantenendo tra le genti una condotta impeccabile » (1 Pt<br />

2,12), se è possibile, per quanto da loro dipende, stiano in pace con tutti gli uomini (14), affinché<br />

siano realmente figli del Padre che è nei cieli (15).<br />

Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto, sono piaciute ai Padri del Sacro Concilio. E Noi,<br />

in virtù della potestà Apostolica conferitaci da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito<br />

Santo le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto stato così sinodalmente deciso,<br />

comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio<br />

« Venendo ai popoli dell’Asia – proprio come tutti coloro che prima di me, nei diversi periodi della<br />

storia, annunziarono qui Gesù Cristo - io incontro oggi, allo stesso modo, l'eredità locale e le antiche<br />

culture che contengono encomiabili elementi di crescita spirituale, indicanti modelli di vita e di condotta<br />

spesso tanto vicini a quelli che si ritrovano nel Vangelo di Cristo. [...] L'induismo si serve della filosofia<br />

per rispondere all'uomo, e gli indù praticano l'ascetismo e la meditazione nella loro ascesa verso Dio.<br />

[...] La Chiesa cattolica accetta gli elementi di verità e di bontà che si ritrovano in queste religioni, e vi<br />

scorge dei riflessi della verità di Cristo da essa proclamato come "via, verità e vita". Essa desidera fare<br />

tutto il possibile per cooperare, con gli altri credenti, a preservare tutti gli elementi sani delle loro<br />

religioni e culture, sottolineando quanto si ha in comune, ed aiutando tutti a vivere come fratelli e<br />

sorelle. »<br />

Dal discorso di Giovanni Paolo <strong>II</strong> dall'auditorium di "Radio Veritas" Asia, 21 febbraio 1981<br />

Cristo e le altre religioni<br />

Michael L. Fitzgerald<br />

L'Induismo<br />

Gli Induisti che hanno sentito parlare di Gesù Cristo dai missionari cristiani, hanno reagito in vari<br />

modi. Alcuni hanno ammirato Gesù senza lasciarsi coinvolgere da lui. Altri lo hanno conosciuto e<br />

amato e si sono raccomandati a lui, pur rimanendo ancorati all'Induismo. Solo alcuni di essi hanno<br />

reagito nei confronti di Cristo cercando il battesimo ed entrando a far parte della Chiesa.<br />

Mahatma Gandhi è un esempio di induista che ha profondamente ammirato gli insegnamenti di<br />

Cristo, ma che, come egli stesso ha detto, non era interessato alla figura storica del Maestro. Gandhi<br />

è stato particolarmente colpito dal Discorso della Montagna. Per lui Gesù, attraverso il suo<br />

messaggio, è divenuto un simbolo etico.<br />

Molti Induisti non hanno difficoltà nell'accettare la divinità di Gesù. Ciò che essi invece<br />

comprendono difficilmente, è il mistero cristiano dell'Incarnazione. Gesù, spesso, è visto come<br />

l'esempio della piena realizzazione di se stesso, il punto di arrivo dell'Hindu dharma. Egli viene<br />

considerato come il simbolo del progresso umano. Per alcuni egli rappresenta più un ideale che una<br />

figura storica. Secondo la tradizione Induista, la storia dà spesso una conoscenza imperfetta della<br />

realtà. In un tale contesto, identificare il mistero di Gesù Cristo con la storia, significa ridurre Dio<br />

all'imperfezione.<br />

53


BUDDHISMO<br />

Il termine Buddhismo deriva dal titolo onorifico del Buddha (= il risvegliato)<br />

attribuito al principe SIddharta Gautama (563-483 a.C. circa) originario della regione<br />

himalayana. Il Buddhismo nasce in India in alternativa al Brahmanesimo divenendo<br />

poi una delle più grandi religioni in ambito mondiale. È la religione più numerosa<br />

dopo Cristiani, Islamici e Induisti.<br />

Il Buddhismo si caratterizza nei confronti delle altre religioni perché nasce come una<br />

dottrina che vuole essere una prassi. Quindi non troviamo dogmi di particolare<br />

importanza, ma soltanto l’adesione ad una condotta di vita basata sull’idea immediata<br />

che constatiamo nel mondo, e cioè che il mondo è immerso nella sofferenza. Scopo<br />

del Buddhismo è quindi individuare la prassi per vincere questa sofferenza. Per<br />

vincere questa sofferenza secondo il Buddhismo non bisogna pensare all’Atman,<br />

perché altrimenti si rischia di andare fuori strada, avviandoci in un discorso<br />

metafisico. La questione va affrontata nella concretezza. La sofferenza deve essere<br />

vinta.<br />

LA VITA DEL BUDDHA<br />

Buddha nasce intorno al 560 a.C., nell’India nord-occidentale, da una famiglia di<br />

nobili. Quindi vive in un castello, protetto dalle sofferenze del mondo. Il suo nome è<br />

Siddharta Gautama. Gautama è il patronimico (descrive un discendente della stirpe<br />

dei Sakya, clan di casta guerriera, da cui anche l’appellativo di Sakyamuni). La<br />

madre è Maya (Illusione) e muore sette giorni dopo averlo dato alla luce. Siddharta<br />

significa “colui che ha tutte le perfezioni” e “colui che ha raggiunto il suo scopo”.<br />

Verrà chiamato anche con altri nomi: Tathagata (il perfetto), o Bhagavan (“il beato”).<br />

Dopo l’illuminazione sarà chiamato Buddha.<br />

Siddharta conduce una vita abbastanza regolare: si sposa, ha un figlio (Rahula=<br />

“legame”) ed è sereno, fino ai 20 anni circa, quando uscendo dal castello per vedere il<br />

mondo, si rende conto della situazione di dolore che esiste intorno a lui.<br />

54


Su questo viaggio, che diventa anche un viaggio interiore quindi, ruotano diverse<br />

leggende.<br />

Si narra nei testi sacri che egli abbia incontrato quattro figure che determinano il<br />

senso della sua meditazione:<br />

1) un malato febbricitante<br />

2) un vecchio gravato dagli anni<br />

3) un carro funebre<br />

4) un monaco mendicante.<br />

Siddharta torna a casa ma, oppresso dall’inquietudine, non riesce più a stare<br />

tranquillo nel suo castello e non riesce più a darsi pace, finché una notte fugge e se ne<br />

va nella foresta, dove assieme ad altri monaci erranti incomincia la sua meditazione.<br />

All’inizio di questa avventura Siddharta ha 29 anni. Questo percorso interiore dura<br />

sette anni, e si compone anche di penitenze corporali che gli fiaccano il corpo. Questo<br />

cammino però non lo conduce a nulla. Allora decide di passare per un'altra strada,<br />

quella fatta di silenzio e di meditazione. Alla fine, sotto l’albero di fico, detto della<br />

Bodhi (illuminazione), ha l’illuminazione.<br />

L’illuminazione lo porta ad avere una nuova visione del mondo. Non c’è una vera e<br />

propria rivelazione, ma il messaggio appare molto simile a una rivelazione. Non si<br />

tratta di pensare in modo nuovo ma di guardare il mondo con altri occhi: ci troviamo<br />

quindi di fronte ad una conversione radicale con cui affrontare la realtà, il mondo, gli<br />

uomini.<br />

L’illuminazione si realizza attraverso tre visioni: nella prima rivede le sue nascite<br />

precedenti e comprende che il ciclo delle rinascite è infinito; nella seconda vede la<br />

condizione attuale del mondo, le continue trasmigrazioni di tutti gli esseri, e<br />

comprende che la condizione attuale di ognuno è il risultato delle sue vite precedenti;<br />

nella terza comprende che il dolore deriva da questa concatenazione di causa ed<br />

effetto. È in questo modo che Siddharta diventa il Buddha, l’illuminato, lo “sveglio”.<br />

Di fronte a questa luce interiore che lo cattura Buddha è preso da una difficoltà: dire<br />

o non dire? È un momento di lotta interiore perché Buddha rivede tutte le sue 1000<br />

55


vite precedenti ed è tentato dal demonio a tenersi tutto per sé. Alla fine decide di<br />

rivelare il tutto per salvare anche gli altri dall’oceano del dolore e pronuncia il<br />

discorso di Benares con le cosiddette quattro grandi e nobili verità.<br />

Comincia a predicare e ben presto intorno a lui nasce una vera e propria comunità di<br />

monaci, che dopo tre mesi sono già una sessantina e vengono mandati dal Buddha a<br />

diffondere la nuova dottrina. Tra i seguaci laici sono numerose anche le donne.<br />

In questa opera di predicazione però il Buddha ha anche dei nemici, per primi i<br />

brahmani e gli asceti. Spesso deve sfuggire agli attentati di un cugino che tenta di<br />

togliergli la vita.<br />

Buddha spende quarantacinque anni della propria vita a predicare la sua dottrina in<br />

lungo e in largo attraverso l’India Occidentale.<br />

Dopo aver trascorso gli ultimi anni di vita in un monastero, ormai ottantenne,<br />

convoca i suoi monaci prima di intraprendere un viaggio, nel quale si ammala e si<br />

congeda dai discepoli. È al momento della morte che Buddha ripercorre gli stadi della<br />

liberazione fino a raggiungere la sfera suprema. In quell’istante la terra prende a<br />

tremare e in cielo si scatenano i tuoni.<br />

IL DISCORSO DI BENARES<br />

In un parco nei pressi di Benares Buddha pronuncia il suo primo sermone<br />

individuando le 4 nobili e sante verità.<br />

I nobile e santa verità: diagnosi del dolore.<br />

“Questa o monaci è la prima e santa verità circa il dolore: la nascita è dolore, la<br />

malattia è dolore, la vecchiaia è dolore, la morte è dolore, il vivere con quelli che non<br />

si amano è dolore, il lasciare quelli che si amano è dolore, desiderare quello che non<br />

si può avere è dolore. I cinque skhanda dell’esistenza umana sono dolore.”<br />

L’idea di base quindi è che ci sia un dolore fisiologico nell’essere umano. Anche tutto<br />

ciò che riguarda l’amore produce dolore. Anche le questioni metafisiche e<br />

antropologiche sono dolore. Perché questa idea? Perché tutto nel Buddhismo è<br />

transeunte, e tutto ciò che è transeunte non è altro che dolore.<br />

56


Sono cinque i componenti della persona umana (skhanda):<br />

1) nama – rupa: il nome e la forma<br />

2) vedana: sensazione (siamo delle sensazioni, sentiamo…)<br />

3) samjna: idee (abbiamo delle percezioni)<br />

4) samskara: impressioni ed emozioni (impulsi della volontà)<br />

5) jnana: coscienza (non spirituale, ma materiale)<br />

Per il Buddha l’uomo non è unità ma semplicemente insieme di parti, di componenti.<br />

Di volta in volta siamo una di queste parti e ci comportiamo in determinati modi. Non<br />

siamo mai identici a noi stessi, ma siamo una serie di percezioni parziali e piccole.<br />

L’uomo non è più nessuno, e vive nella miseria più assoluta. C’è in questo quasi una<br />

visione metafisica del nulla dell’esistenza umana.<br />

Tutto passa, tutto diviene, tutto è transeunte. Siamo nel dolore proprio per questo<br />

motivo, perché tutto è diveniente e provvisorio.<br />

La fragilità della persona umana diventa quindi il messaggio portante di questa prima<br />

grande verità.<br />

In questo c’è una grossa differenza con l’Occidente in cui la persona è sempre quasi<br />

posta al centro dell’universo. Alla nostra versione del mondo e delle cose che<br />

fondamentalmente è antropocentrica si contrappone il pensiero orientale, per cui si<br />

afferma un principio di indeterminazione: tra natura e uomo che la osserva non c’è in<br />

fondo una grossa distinzione: l’uomo ritorna ad essere parte piena della natura (anche<br />

in campo scientifico).<br />

<strong>II</strong> nobile e santa verità: verità dell’origine del dolore.<br />

All’origine del dolore fondamentalmente c’è un desiderio (trsna = sete).<br />

L’uomo fondamentalmente è fatto di desideri e proprio per questo soffre, non<br />

riuscendo a soddisfare tutte le proprie voglie. Se non desiderasse molto<br />

probabilmente – anzi, certamente – non soffrirebbe.<br />

L’uomo è sottoposto ad una serie di desideri:<br />

a) kama trsna: sete di piacere (sono gli appetiti che rendono schiavo l’uomo)<br />

b) bhava trsna: sete di vivere a ogni costo<br />

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c) vibbhava trsna: sete di estinzione, desiderio di morire.<br />

Siccome il desiderio è la causa ultima di tutti i nostri dolori per il Buddhismo antico<br />

non si dovrebbe avere nessun desiderio, nemmeno quello di morire. Ogni desiderio<br />

soddisfatto in realtà non risolve il problema, ma crea un desiderio ancora più grande.<br />

In ciò risiede la miseria dell’uomo.<br />

Il desiderio nasce per il Buddha da una sorta di peccato originale che è l’ignoranza.<br />

Attraverso una serie di passaggi questa ignoranza assume una consapevolezza sempre<br />

maggiore (teoria delle dodici cause concatenate):<br />

1) ignoranza<br />

2) impulsi della volontà<br />

3) attraverso gli atti della volontà formiamo un io<br />

4) costituzione di nome e forma<br />

5) organi sensori<br />

6) contatto tra organi e oggetti del mondo esterno<br />

7) sensazione di piacere e soddisfazione<br />

8) la sete ne è la conseguenza<br />

9) attaccamento alla vita che chiede di essere di esistere, con conseguente aumento<br />

del karma<br />

10) ci si impossessa dell’esistenza sottomessa al divenire, alla transitorietà<br />

11) l’io diventa più solido: nascita<br />

12) ad ogni nascita è congiunta la vecchiaia e la morte.<br />

<strong>II</strong>I nobile e santa verità: l’estinzione del dolore<br />

Con questa verità incomincia la parte terapeutica, con cui ci cerca appunto la salvezza<br />

per l’uomo. Il bisogno a cui il Buddhismo vuole rispondere è quello di salvarsi<br />

necessariamente da questo mondo.<br />

“Questa è la verità circa lo spegnimento del dolore: è spegnere il desiderio”.<br />

Questa è per Buddha la via che occorre per arrivare alla liberazione, che consiste di<br />

fatto nel raggiungimento del Nirvana. Il Nirvana è l’assoluto escatologico del<br />

58


Buddhismo: come tendere al Nirvana è in un certo senso il percorso da compiere. Che<br />

cos’è il Nirvana? È il non-nato, il non-formato, il non-dipendente, cioè tutto ciò che è<br />

contrario a quello che vediamo in questo mondo. Nel nostro mondo tutto è legato a<br />

qualche altra cosa, mentre lì è tutto l’opposto. Il Nirvana non dipende da niente ed è<br />

la negazione del “finito”: non siamo ancora nel Nirvana perché tutto il mondo è nel<br />

dolore in quanto è sempre dipendente da qualche cosa.<br />

Il Nirvana per il Buddhismo non è tanto una cosa in cui credere o un principio da<br />

seguire, quanto piuttosto il fine ultimo verso il quale bisogna incamminarsi; percorso<br />

di cui ognuno è responsabile e artefice, grazie all’azione e all’intenzione. Per il<br />

Buddhismo tutto è condizionato e transeunte, tranne il Nirvana, che è l’assoluto<br />

escatologico, l’infinito, un’altra cosa rispetto al reale. Letteralmente il termine<br />

significa “spegnimento”, “estinzione” e corrisponde allo spegnimento dei desideri,<br />

con il quale si può accedere alla realtà suprema – che è assolutamente indicibile.<br />

La realtà del Nirvana si capisce meglio se la confrontiamo con le tre grandi note che<br />

contraddistinguono il mondo:<br />

1) la duhkha (il dolore)<br />

2) la anitya (l’impermanenza di tutte le cose)<br />

3) l’anatman (il non-atman)<br />

Secondo il Buddhismo quindi non esiste un Dio, un Sé, un Atman, perché tutto è<br />

impermalente: in questo alcuni hanno visto un segnale di una religione atea per cui<br />

quest’idea di trascendenza totale però non si identifica con una presenza, ma con<br />

l’assenza (di Atman). Per il Buddhismo il senso religioso profondo deve pensare alla<br />

salvezza e quindi la prassi deve essere prioritaria di fronte ad ogni forma di<br />

riflessione metafisica. Per questo non siamo in grado di affermare se il Nirvana sia<br />

una sorta di città celeste, o –come alcune scuole hanno sostenuto – l’estinzione di<br />

tutto.<br />

Questo punto crea alcune questioni aperte:<br />

1) Se l’uomo è niente e non ha un Sé come può nel Nirvana essere qualcosa o<br />

qualcuno se non perdendosi nella totalità?<br />

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2) Se uno rinasce con quale io rinasce se non ha un io?<br />

3) Se non c’è un io cosa nasce?<br />

Il raggiungimento del Nirvana secondo il Buddhismo può essere ottenuto anche in<br />

questa vita: per questo il Buddhismo distingue tra un Nirvana con residuo (colui che<br />

resta ancora legato ad alcune istanze biologiche) e Nirvana senza residuo (liberato<br />

anche dalla biologia e dal corpo).<br />

Il Nirvana si raggiunge attraverso il distacco dai desideri.<br />

IV nobile e santa verità: cosa si deve fare per raggiungere il Nirvana? Percorrere<br />

l’ottuplice sentiero, che corrisponde ad una vera prassi, ad un retto modo di<br />

comportamento:<br />

1) retta fede: Viene dato un “codice” da seguire perché il Buddhismo non è questione<br />

di affidamento, ma semplicemente di comprensione di quello che viene detto e<br />

applicazione conseguente.<br />

2) retta decisione: comprende il giuramento di chi entra nel gruppo religioso e compie<br />

una grande operazione di rinuncia.<br />

(questi primi due aspetti sviluppano l’intuizione)<br />

3) retta azione: uno non deve far del male agli altri, neppure agli insetti, perché tutto<br />

ciò che è vivente è importante. Non deve dire il falso e deve esercitare la virtù della<br />

compassione universale: tutto gli esseri vivono nella sofferenza e al Buddhista è<br />

richiesta la compassione, cioè la condivisione del sentimento del dolore<br />

4) retta parola: il monaco deve parlare poco, non dire falsità: la parola disperde,<br />

distrae ed è un momento di attaccamento alla terra.<br />

5) retta vita: libera, distaccata, senza egoismi: i monaci mangiano una volta al giorno<br />

e vivono con una sola tunica e vanno mendicando il cibo. Anche la professione deve<br />

essere considerata, perché certe professioni comportano violazioni al principio della<br />

non sofferenza.<br />

(tre fattori che si riferiscono alla condotta etica)<br />

6) retto sforzo: è quello impiegato per osservare queste norme fondamentali.<br />

7) retto ricordo: bisogna sempre ricordare le quattro nobili verità del Buddha.<br />

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8) retta meditazione: concentrazione: il monaco deve soprattutto meditare perché la<br />

meditazione può sconfiggere il desiderio, l’egocentrismo. Sviluppo delle tecniche<br />

yoga è fondamentale in questa parte.<br />

(questi ultimi tre fattori favoriscono la concentrazione mentale)<br />

Il Buddhismo prevede due tipi di meditazione:<br />

1) quella per cui chi medita sprofonda in se stesso e dentro di sé vede come sono fatte<br />

le cose, maturando quella che viene definita una intelligenza profonda;<br />

2) la visualizzazione: ci si mette davanti ad un oggetto (un teschio, un albero, un<br />

fiore) e si cerca di meditare attraverso visualizzazioni, cioè immagini che si legano a<br />

quell’oggetto simbolicamente.<br />

61


Canone buddhista<br />

BUDDHISMO (<strong>II</strong> parte)<br />

Il canone buddhista è chiamato Tripitaka perché i rotoli manoscritti venivano posti in<br />

tre ceste distinte secondo le tre grandi divisioni delle scritture. È un insieme di testi<br />

scritti in lingua pali, che è un dialetto del sanscrito, e si compone di tre parti:<br />

1) Sutra-pitaka (cesta dei detti testuali) = sono gli aforismi (letteralmente vuol dire<br />

“canestro”): sono i canestri dove erano avvolti gli aforismi, raccolti poi in tempi più<br />

tardi, attribuiti al Buddha.<br />

2) Vinaya-pitaka (cesta della disciplina) = sono le regole che regolano la vita dei<br />

monaci e che indicano alle persone come comportarsi: sono le trattazioni della teoria<br />

e disciplina della vita monastica.<br />

3) Abhidharma-pitaka (cesta del Riferimento alla Legge) = riguarda il Buddhismo più<br />

antico: si tratta di una sorta di metafisica. Raccoglie i trattati di approfondimento<br />

dottrinale in funzione del progresso interiore.<br />

Il canone è immenso e tra tutte le cose forse interessante è sottolineare qualcosa sulle<br />

regole dei monaci, perché in questo modo possiamo descrivere un aspetto molto<br />

significativo del Buddhismo che è l’aspetto comunitario.<br />

Le regole fondamentali sono non dire il falso, non uccidere, non usare il sesso, non<br />

rubare.<br />

I monaci vivevano da soli e dovevano portare un vestito giallo. Vivevano insieme<br />

solo nel periodo delle piogge e avevano invece un tenore di vita molto ascetico.<br />

Anche uccidere un animaletto è un grande peccato.<br />

Devono esercitare soprattutto le virtù, tra le quali la più grande è il Karma, che è la<br />

compassione, la misericordia: essere sapienti significa anche essere compassionevoli,<br />

perché tutti gli esseri che vivono soffrono per lo stesso fatto che vivono. Per questo<br />

bisogna riconoscere nell’altro uno che soffre e quindi avere compassione.<br />

62


Cenni storici<br />

Alla morte del Buddha si formano 18 scuole diverse, che si differenziano per singoli<br />

aspetti, uno dei quali ad esempio è il ruolo della donna. Quasi subito infatti si<br />

formano anche monasteri femminili.<br />

Quelle che seguono sono le fasi principali della diffusione di questa religione:<br />

I fase (500 a.C. circa): Hinayana (del Piccolo Veicolo) è la scuola che verrà definita<br />

in questo modo dagli appartenenti al Grande Veicolo, e che è più legata alla<br />

tradizione antica. Il monaco percorre un cammino di santità fino a rinunciare a tutto e<br />

a diventare arhat, santo: in realtà è un santo diverso dalle nostre concezioni di santità<br />

perché non pensa agli altri: per mirare alla salvezza bisogna estraniarsi un po’ dal<br />

mondo e pensare a se stessi. Di fatto il santo è così concentrato che non può pensare<br />

agli altri. Una delle maggiori discussioni di questa prima fase riguarda la questione<br />

del tempo: che cosa nasce se non c’è Dio?<br />

<strong>II</strong> fase (verso l’era cristiana): Mahayana (il Grande Veicolo) è la scuola più liberale,<br />

aperta agli influssi di altre dottrine, che si riconosce nella predicazione di Nagarjuna,<br />

che fonda la cosiddetta scuola della via di mezzo, per la quale tutto è illusione e non<br />

possiamo dire che c’è il brahman, ma possiamo solo parlare del sunyam che è il<br />

vuoto. L’assoluto diventa così ineffabile, indicibile e incomprensibile che diventa<br />

vuoto. Nel mondo tutto è sottoposto alla logica della causa-effetto e quindi è<br />

provvisorio: non possiamo quindi concepire Dio come sottoposto a questa<br />

concatenazione perché significherebbe pensarlo con le nostre categorie, mentre<br />

l’assoluto deve essere sciolto da ogni vincolo. L’altra scuola importante di questo<br />

periodo è la Yogacara, che si basa completamente sulla mente e la misura di tutte le<br />

cose diventa lo Spirito: gli oggetti esterni in questo modo sono solo prodotti mentali<br />

mentre la realtà assoluta è soltanto il pensiero. Una figura che diventerà emblematica<br />

è quella del Bodhisattra: colui che è disposto a reincarnarsi sempre, di nuovo, per<br />

predicare la dottrina del Buddha anche agli altri. A volte diventano delle vere e<br />

proprie divinità, avvicinando in questo senso il Buddhismo all’Induismo.<br />

63


<strong>II</strong>I fase (dal 500 d.C. in poi): caratterizzata dal Buddhismo che si sviluppa nel mondo<br />

tibetano assumendo delle connotazioni nuove. Si sviluppa in questo periodo una<br />

nuova figura di santo, il siddha, colui che ha tutte le perfezioni (qualità, capacità). È<br />

questo il periodo in cui il Buddhismo inizia a mettere in gioco maggiormente anche il<br />

corpo, e nascono le concezioni di midra, mandala, yantra, chakra: figure che servono<br />

al corpo e alla sua ascesi, perché il corpo deve essere sublimato. I chakra ad esempio<br />

sono i centri di energia, sui quali si sviluppa una dottrina immensa, in relazione al<br />

rapporto tra Shiva e Shakti, dove Shakti è l’energia cosmica, universale.<br />

Per mandala invece si intendono quei tappeti a forma rotonda in cui tutto è orientato<br />

verso il centro: servono alla concentrazione, a condurre l’universo verso l’unità. Sono<br />

quindi degli oggetti finalizzati alla visualizzazione per entrare in unione armonica con<br />

l’universo.<br />

La medicina ayurvedica nasce da una grande visione buddhista legata al discorso<br />

delle energie: le nostre malattie dipendono dalla nostra mente, dato che per il<br />

Buddhismo tibetano le cose derivano da attaccamento/passione, odio e ignoranza.<br />

Sono queste le tre cause che possono determinare disarmonia psichica e anche<br />

malattie organiche. Per questo il buddhismo tibetano si concentra molto sulla<br />

funzione terapeutica della religione.<br />

IV fase (dal 1000 d.C. soprattutto in Giappone col Buddhismo Zen): deriva da un<br />

termine che significa “meditazione”. Per arrivare al Nirvana l’unica cosa è imparare a<br />

stare seduti. Il punto di identifica con la meditazione. In questo processo si tolgono<br />

tutti i pensieri, tutti gli stati di coscienza: bisogna arrivare a non pensare perché il<br />

pensiero è già errore. Arrivare quindi ad uno stato in cui il significato della vita è la<br />

vita stessa, e perciò è importante spogliarsi di tutto il resto, per sentirsi<br />

semplicemente vivi.<br />

Il Buddhismo in sostanza si qualifica come una grande visione gnostica del mondo:<br />

parte dal conoscere, dal meditare, dal sentire. Chi fa meditazione è ben esercitato e<br />

non si fa sviare e comprende che tutte le cose della vita parlano di morte, e solo<br />

quando si estingue questa sete di vitalità a tutti i costi si può entrare nel Nirvana.<br />

64


I precetti<br />

Per tutti i credenti buddhisti valgono come codice di comportamento i cosiddetti<br />

cinque precetti, recitati dai devoti in templi e monasteri:<br />

1) Osservo il precetto di non uccidere nessun essere vivente;<br />

2) Osservo il precetto di non rubare;<br />

3) osservo il precetto di non abbandonarmi alla lussuria;<br />

4) osservo il precetto di non mentire o ingannare il prossimo;<br />

5) osservo il precetto di non far uso di sostanze inebrianti.<br />

In questi precetti troviamo qualcosa del nobile ottuplice sentiero tra cui l’assoluta non<br />

violenza, principio dell’etica buddhista.<br />

Vi sono poi altri due livelli più impegnativi sulla via del perfezionamento. Dopo i<br />

cinque precetti c’è un altro livello che ne aggiunge altri tre, la cui osservanza<br />

(facoltativa per i laici) è obbligatoria per i monaci. Essi sono:<br />

6) osservo il precetto di non mangiare cibi fuori stagione;<br />

7) osservo il precetto di non partecipare a eventi mondani – balli, canti o feste – e non<br />

fare uso di ghirlande di fiori, profumi, spezie, cosmetici, unguenti e gioielli;<br />

8) osservo il precetto di non dormire su letti sontuosi.<br />

I laici si astengono dai comportamenti sconsigliati in questi tre precetti solo in alcuni<br />

giorni particolari, quelli di digiuno, cioè l’ottavo, il quattordicesimo, e quindicesimo<br />

di ogni mese.<br />

Vengono aggiunti altre due prescrizioni, ancora una volta obbligatori per i monaci:<br />

9) osservo il precetto di astenermi da onori e cariche;<br />

10) osservo il precetto di non possedere oro e argento.<br />

Gli appartenenti agli ordini monastici devono inoltre rispettare i voti di castità e<br />

povertà.<br />

Per tutti vale l’applicazione delle quattro virtù altruiste:<br />

1) benevolenza e amore universale. Il Buddhismo non riconosce differenze di<br />

religione, razza o sesso e tutti gli uomini sono accomunati da una fratellanza<br />

universale. Qui c’è una differenza con l’Induismo che invece punta molto sulla<br />

65


divisione in caste. Amore verso il prossimo è riconoscimento del proprio dolore in<br />

quello degli altri, in un dolore universale che accomuna tutti: per questo diventa<br />

importante portare aiuto a tutti, a tutte le forme di vita (umane o animali).<br />

2) l’altra virtù fondamentale è perciò la grande compassione (o grande pietà), la<br />

solidarietà che lega sulla terra tutti quelli che sono accomunati da un medesimo<br />

dolore.<br />

3) gioia simpatetica per il bene altrui.<br />

4) equanimità di fronte a tutti e a tutto.<br />

La vita religiosa<br />

Il Buddhismo si presenta soprattutto come una religione monacale. I suoi monaci,<br />

chiamati bonzi nel Buddhismo giapponese mentre sono i lama del Buddhismo<br />

tibetano, abbandonano il mondo per cercare la liberazione finale. Sono i seguaci del<br />

Buddha e la sua immagine per i laici, cioè per quelli che decidono di accettare gli<br />

insegnamenti di Buddha ma di continuare a vivere la propria normale esistenza.<br />

Sono molte le motivazioni per entrare nella vita religiosa: molti sono quelli che vi<br />

cercano una educazione e una promozione sociale, che serviranno soprattutto quando<br />

abbandoneranno il saio per ritornare nel mondo. Per essere ordinati bonzi non serve<br />

nessuna preparazione intellettuale: si può studiare direttamente dopo l’ordinazione.<br />

I membri degli ordini monastici devono costituire agli occhi dei laici l’esempio più<br />

alto dell’etica buddhista: predicare la dottrina e confortare i sofferenti.<br />

Il calendario delle festività buddhiste segue l’anno lunare e non l’anno solare con la<br />

conseguenza che i giorni festivi sono variabili.<br />

Si celebrano festività che riguardano la vita del Buddha e anche feste delle grandi<br />

figure del buddhismo, anniversari delle morti dei “santi” della religione.<br />

La pratica più frequente in comunità è quella della meditazione, concentrazione<br />

assoluta della mente, che acquista poteri occulti e conoscenze trascendentali perché è<br />

all’apice della beatitudine. Secondo lo Hinayana ci sono quattro stadi:<br />

66


a) riflessione razionale su un oggetto religioso e profonda compenetrazione nel<br />

suo significato;<br />

b) cessa ogni attività, come quella del pensiero, e si passa alla contemplazione;<br />

c) perdono forma tutti i sentimenti, di gioia e di dolore;<br />

d) imperturbabilità assoluta: non presenza e non assenza del mondo empirico,<br />

delle passioni e della conoscenza di sé.<br />

La scuola Zen precisa le tre condizioni fondamentali della meditazione:<br />

1) Star seduti correttamente;<br />

2) Respirare correttamente;<br />

3) corretta disposizione.<br />

La donna nel Buddhismo<br />

C’è un passo dei detti del Buddha che ci sembra ostile alle donne:<br />

“L’atto sessuale e il parto: è di questo che muore la femmina, senza provarne<br />

vergogna”<br />

Probabilmente questa è una aggiunta a posteriori, riflesso della volontà dei monaci di<br />

escludere le donne dall’ordine, facendo anche notare che lo stesso Gautama<br />

temporeggiò parecchio prima di accogliere le donne, considerate in un certo senso<br />

incapaci di attenersi alle regole scolastiche, continuamente tentate dalla carne e dal<br />

desiderio di maternità e di gioia terrena. Il concetto fondamentale comunque è che in<br />

realtà Buddha non fa distinzioni fra caste, ceti sociali, religioni, razze e quindi<br />

nemmeno tra sessi.<br />

Mistica buddhista<br />

Anche nel Buddhismo c’è una sorta di predilezione per il maestro, che a volte è più<br />

importante del Buddha stesso. La liberazione cioè viene raggiunta attraverso uno<br />

stretto rapporto di fiducia e di empatia con il guru, nel caso specifico con il lama,<br />

dato che questo aspetto si manifesta molto marcatamente nel Buddhismo tibetano.<br />

67


Un personaggio significativo del Buddhismo è un monaco tibetano, Milarepa (1040-<br />

1123). Ecco come nella sua vita si parla del suo incontro con il guru Marpa:<br />

L’avevo appena scorto che mi sentii pieno di una indicibile gioia e di<br />

un’inconcepibile felicità. Per un attimo, rapito da questa visione, rimasi immobile …<br />

Allora mi prosternai e posai il suo piede sulla mia testa: “Lama prezioso, sono stato<br />

un grande peccatore… ti offro il mio corpo, la mia parola e il mio cuore… Voglia tu<br />

insegnarmi la via che fin da questa vita conduce alla perfezione.<br />

In un testo sul Guru (Le cinquanta strofe del Guru) si conclude in questo modo:<br />

47. Buddha Vajradhara stesso ha detto che tutte le realizzazioni, ordinarie e ultime,<br />

derivano dal recare soddisfazione al proprio Guru; sapendo questo, si deve cercare di<br />

esaudire il suo desiderio in ogni modo possibile.<br />

48. Se un discepolo manifesta una pura disposizione spirituale, in primo luogo gli si<br />

deve far prendere rifugio nei Tre Gioielli, poi spiegare questo testo sulla devozione e<br />

sulla fede verso il Guru; lo si deve anche far recitare, in modo che sia assimilato<br />

perfettamente.<br />

49. Trasformato in questo modo in un ricettacolo appropriato, si può quindi<br />

impartirgli l’insegnamento dei Tantra. In primo luogo si dovrà conferire l’iniziazione,<br />

poi spiegare le quattordici trasgressioni da evitare, farle leggere e imparare a<br />

memoria.<br />

Nel mandala delle offerte si dice poi:<br />

Poi, nell’offrire il cerchio delle offerte, immagina che la parte centrale (ovvero la<br />

spina dorsale) del tuo corpo sia il Monte Meru, i quattro arti principali siano i quattro<br />

continenti, le membra minori i sottocontinenti, la testa sia il mondo dei Deva (esseri<br />

celesti), i due occhi siano il sole e la luna, e che i cinque organi interni costituiscano<br />

tutti oggetti di ricchezza e di godimento tra dei e uomini.<br />

68


Gli dei nel Buddhismo<br />

Non è che il Buddhismo non abbia divinità. La cosa è più complessa. Teoricamente è<br />

l’uomo che rimane sempre al centro. Ma per la gente ordinaria le divinità occupano<br />

sempre un posto importante.<br />

Nelle scritture buddhiste il pantheon è lo stesso della religione dell’India.<br />

Il termine divinità per Buddha è dato a quegli esseri insigni o ad esseri che hanno<br />

raggiunto un grado spirituale e una esistenza superiore attraverso la purificazione, o<br />

la rinascita nei cieli.<br />

Tutte le divinità classiche sono considerate come dipendenti dalla legge di causa-<br />

effetto. Le divinità sono prese come supporto per comprendere il cammino spirituale<br />

dell’uomo. Le loro dimore corrispondono alle diverse tappe dell’avanzamento<br />

spirituale dell’uomo, che si effettua tramite la meditazione.<br />

Pertanto le cosmogonie non occupano un posto di primo piano: sono presentate con<br />

spirito polemico o con l’intento di reinterpretarle. Si tratta di opinioni sbagliate che<br />

bisogna correggere e abbandonare. Le cosmologie invece hanno uno spazio più<br />

importante perché sono un mezzo didattico per comprendere la legge interna della<br />

retribuzione e il cammino spirituale dell’uomo.<br />

69


SITI UTILI<br />

(per reperire materiali sulle nuove religioni)<br />

http://www.watchtower.org/i/bibbia/index.htm<br />

http://scriptures.lds.org/it/bm/contents<br />

http://lds.org/scriptures/bofm?lang=ita<br />

http://www.evangelo.org/bibbia.asp?page=1<br />

http://www.gideons.it/<br />

http://digilander.libero.it/catholica/htm/tdg/pagina1_tdg.htm<br />

http://www.cesnur.org/2003/vat_na_it.htm<br />

http://www.cesnur.org/2004/comunicato.htm<br />

70


Che cos’è il New Age<br />

71<br />

di Massimo Introvigne (1993)<br />

Papa Giovanni Paolo <strong>II</strong>, parlando il 28 maggio 1993 a un gruppo di vescovi americani, ha<br />

richiamato l’attenzione sulla particolare pericolosità del fenomeno del New Age, non soltanto per le<br />

sue caratteristiche intrinseche di punta aggressiva della nuova religiosità contemporanea, ma anche<br />

per la sua particolare attitudine a infiltrare, passando quasi inosservato, la mentalità e la stessa<br />

pastorale cattolica con idee, tendenze e tecniche (1). La nota pastorale del Segretariato per<br />

l’Ecumenismo e il Dialogo della Conferenza Episcopale Italiana L’impegno pastorale della Chiesa<br />

di fronte ai nuovi movimenti religiosi e alle sette, del 30 maggio 1993, ha segnalato - come<br />

fenomeni nei confronti dei quali va esercitata, in Italia, una particolare vigilanza - il movimento dei<br />

testimoni di Geova e il New Age, il primo per la sua particolare rilevanza quantitativa, il secondo<br />

per le sue caratteristiche qualitative di realtà fluida, sfuggente e, quindi, atta a infiltrarsi anche negli<br />

ambienti cattolici (2). Come il documento non manca di precisare, i testimoni di Geova e il New<br />

Age costituiscono fenomeni essenzialmente diversi. I testimoni di Geova sono un movimento, con<br />

genealogia, capi, indirizzi, sedi e dottrine definite da un’autorità che tutti gli adepti del gruppo<br />

riconoscono e che, quindi, possono essere ricostruite senza eccessive difficoltà. Invece il New Age<br />

è un fenomeno che appare quasi inafferrabile, che elude le definizioni e che - secondo i suoi stessi<br />

portavoce - avrebbe come caratteristica principale proprio quella di non poter essere definito, in<br />

quanto non avrebbe né dottrine né princìpi comuni, ma costituirebbe soltanto un "ambiente", uno<br />

"stile di vita" o una "metafora" (3). Si può dire che, per alcuni anni, gli stessi specialisti della nuova<br />

religiosità contemporanea si siano, per così dire, lasciati intimorire da questo "divieto di fare<br />

domande" sulla natura del New Age evitando di avventurarsi sul terreno scivoloso di una sua<br />

ipotetica definizione. Tuttavia, negli anni 1990 la riflessione scientifica sul New Age - presentata<br />

anche in forma di bilancio, in un momento in cui il fenomeno iniziava a manifestare negli Stati<br />

Uniti qualche segno di declino - ha prodotto una serie di risultati finalmente convincenti,<br />

dall’enciclopedia New Age Almanac, del 1991 (4), fino all’importante collezione di saggi<br />

Perspectives on the New Age, curata da James R. Lewis e J. Gordon Melton alla fine del 1992 (5).<br />

Lo stesso Magistero cattolico ha avviato una valutazione globale del fenomeno a partire dalla lettera<br />

pastorale Le Christ ou le Verseau, dell’arcivescovo di Malines-Bruxelles, il card. Godfried<br />

Danneels, pubblicata in occasione del Natale 1990 (6). A distanza di oltre trent’anni dalle sue prime<br />

origini diventa anche possibile tentare di scrivere una storia del New Age (7).<br />

Che cos’è il New Age (8)? Nonostante la presunta impossibilità di descrivere il fenomeno - su cui<br />

insistono, non senza una punta di civetteria, i suoi portavoce - gli studi in materia sono ormai<br />

sufficientemente articolati per proporne quattro definizioni - o, se si preferisce, descrizioni - non<br />

alternative, ma piuttosto complementari, "finestre" diverse che permettono - nel loro insieme - di<br />

farsene un’idea non esaustiva, ma comunque abbastanza precisa. Le quattro descrizioni che mi<br />

sembrano emergere dal più recente dibattito sul tema sono, rispettivamente, di natura psicologica,<br />

storica, sociologica e dottrinale.<br />

1. Descrizione psicologica<br />

Il New Age può essere anzitutto descritto in chiave psicologica come uno stato d’animo: come la<br />

sensazione - prima ancora della convinzione - condivisa da un numero socialmente significativo di<br />

persone di essere entrati - o di stare per entrare - in un’epoca nuova, che è contrassegnata da<br />

cambiamenti radicali e qualitativi non in uno solo, ma in tutti i settori della vita dell’uomo. I<br />

cambiamenti scientifici - reali o mitici - dovrebbero, per una sorta di "effetto domino", provocare<br />

una catena inarrestabile di cambiamenti globali a cui nessun campo di attività dell’uomo dovrebbe<br />

sfuggire: cambiamenti politici, artistici, culturali, filosofici e religiosi. Da dove e quando nasce


questa sensazione socialmente diffusa? I portavoce del New Age - soprattutto Marilyn Ferguson,<br />

autrice nel 1980 di una delle opere che più ha contribuito a diffondere l’idea del New Age nel<br />

mondo (9) - vorrebbero far credere che tutto origina dai progressi della scienza e dalla teoria delle<br />

"rivoluzioni scientifiche" proposta da Thomas S. Kuhn in un’opera del 1962, in cui sosteneva che<br />

quando non sono più soltanto singole "teorie" ma interi "paradigmi" a cambiare si determina nella<br />

scienza una "rivoluzione" (10). È vero che la data del 1962 è significativa - ma da altri punti di vista<br />

- per la nascita del New Age, e che l’idea del "cambiamento dei paradigmi" vi è diventata<br />

estremamente popolare. Tuttavia Thomas S. Kuhn con la sua teoria delle rivoluzioni scientifiche<br />

non aveva in mente "rivoluzioni" che andassero al di là dell’ambito delle scienze, e la scoperta delle<br />

sue teorie da parte del New Age è avvenuta oltre un decennio dopo la pubblicazione della sua opera<br />

principale.<br />

Le radici del New Age, come stato d’animo che annuncia un cambiamento globale, sono invece di<br />

natura astrologica e politica. Dal punto di vista astrologico l’idea del New Age si fonda sulla teoria<br />

della precessione degli equinozi, secondo cui il sole cambierebbe di segno zodiacale ogni 2160 anni<br />

circa. La teoria è molto antica - se ne trovano tracce già in ambiente pitagorico - ma la sua versione<br />

moderna risale a un’opera del 1937, L’Ère du Verseau. Le secret du Zodiac, le proche avenir de<br />

l’humanité, dell’esoterista francese Paul Le Cour, nato nel 1871 e morto nel 1954 (11). Secondo<br />

Paul Le Cour l’Età dei Pesci, iniziata verso l’anno 1 dopo Cristo, dovrebbe cedere il passo all’Età<br />

dell’Acquario verso l’anno 2160. La coincidenza cronologica e l’identificazione del simbolo<br />

astrologico dei Pesci con il pesce come simbolo cristiano rendevano facile l’associazione fra l’Età<br />

dei Pesci e l’età del cristianesimo, e rispettivamente fra l’Età dell’Acquario e l’età in cui apparirà<br />

qualche cosa di nuovo rispetto al cristianesimo attuale. Trasferiti in ambiente anglosassone i calcoli<br />

di Paul Le Cour sono stati variamente contestati e rivisti, e l’ingresso nell’Età dell’Acquario è stato<br />

fissato a un gran numero di date variabili fra il 1920 e il 2300. Il tema dell’Età dell’Acquario come<br />

"evo nuovo" - New Age, appunto - all’origine ristretto a circoli astrologici, è diventato popolare<br />

negli Stati Uniti negli anni 1960 ed è stato fatto conoscere ai giovani di tutto il mondo nel 1968<br />

dalla commedia musicale Hair, le cui canzoni inneggiavano all’Età dell’Acquario. La data del 1968<br />

non è casuale e ci porta all’altra radice psicologica del New Age: i postumi delle rivolte<br />

studentesche del 1968, che - per quanto, come oggi si sa, si sia trattato in gran parte di fenomeni<br />

non spontanei ma sapientemente organizzati e pilotati - promettevano un futuro di cambiamenti<br />

radicali e globali, non soltanto politici, ed erano destinati a condurre molti giovani, dopo le<br />

inevitabili delusioni, verso la riscoperta del misticismo orientale o dell’occultismo, quando non<br />

verso la droga come tragica scorciatoia verso un mondo totalmente "altro". Il 1968 di Hair e il 1968<br />

della contestazione studentesca - meno lontani fra loro di quanto potrebbe sembrare a prima vista,<br />

come dimostrano i successivi itinerari di molti ex "sessantottini" nel mondo della nuova religiosità -<br />

si situano così insieme alle origini dello stato d’animo del New Age.<br />

2. Descrizione storica<br />

Il New Age, naturalmente, è più di uno stato d’animo. E, in ogni caso, è raro che stati d’animo di<br />

questa rilevanza sociale si diffondano spontaneamente se non trovano agenti e diffusori<br />

consapevoli. Le analisi culturalmente più sofisticate riconducono il New Age alla categoria del<br />

revival, "movimento di risveglio", ben nota agli storici delle religioni soprattutto in ambito angloamericano.<br />

Benché, fra i gruppi cristiani, siano spesso proprio i pentecostali ad attaccare nel modo<br />

più virulento il New Age considerandolo un fenomeno diabolico, non mancano studiosi che<br />

propongono un’analogia fra il New Age e il pentecostalismo. Come - a partire dai primi anni del<br />

secolo XX - il pentecostalismo si presenta come movimento di risveglio di un mondo protestante<br />

ampiamente inaridito e sclerotizzato, così il New Age si pone come movimento di risveglio,<br />

nell’area culturale di lingua inglese, non più del mondo cristiano ma del mondo laico se non laicista.<br />

Anche questo ambiente - la cui organizzazione culturale era largamente affidata alle logge<br />

72


massoniche e alla più discreta, ma non meno importante, influenza della Società Teosofica - si<br />

trovava, a partire dagli anni intorno alla Seconda guerra mondiale, in uno di quegli stati di freddezza<br />

e di aridità che producono così spesso nella storia i fenomeni di revival. Gli ambienti massonici e<br />

teosofici, in particolare, denunciavano una preoccupante incapacità di interpretare i tempi e di<br />

svolgere il consueto ruolo di organizzazione culturale, pur non avendo, naturalmente, perduto le<br />

loro diverse capacità di influenza sociale e politica. Nel mondo teosofico il disagio si era tradotto in<br />

una serie di scismi, il più rilevante dei quali - almeno nel mondo di lingua inglese - era stato<br />

promosso da Alice Bailey, nata nel 1880 e scomparsa nel 1949. Proprio Alice Bailey - che aveva<br />

soggiornato ad Ascona, presso quel luogo di incubazione di molte idee del New Age<br />

contemporaneo che era stato il Monte Verità - aveva cominciato negli anni 1920 a utilizzare<br />

l’espressione "New Age" nel senso attuale; quest’uso era diventato corrente fra i suoi discepoli<br />

negli anni 1940 (12). Alice Bailey era morta nel 1949 senza vedere l’"evo nuovo" che aveva<br />

enigmaticamente annunciato. Mentre negli Stati Uniti i suoi discepoli - come spesso accade - si<br />

frammentavano in un’interminabile querelle di divisioni e di scismi, alcuni dei suoi allievi più<br />

brillanti in Inghilterra decidevano di non aderire ad alcuna organizzazione e iniziavano a riunirsi<br />

privatamente in attesa di tempi migliori. Alcuni di questi baileyani inglesi coltivavano la "doppia<br />

appartenenza" anche ad altre organizzazioni esoteriche, e molti vantavano capacità medianiche. Nel<br />

1956 le figure più rappresentative di questo gruppo, Peter Caddy, la sua seconda moglie Eileen<br />

Combe e Dorothy Maclean, riuscirono a farsi assumere come animatori di un albergo turistico, il<br />

Cluny Hill Hotel di Forres, in Scozia, che trasformarono in centro teosofico. Dopo qualche anno le<br />

loro attività li posero in conflitto con i proprietari, che nel 1962 li trasferirono dapprima in un altro<br />

albergo nei pressi di Glasgow e quindi li licenziarono. I tre decisero allora di andare a vivere in una<br />

roulotte nella landa desolata di Findhorn, sempre in Scozia, che acquistarono per pochi soldi e dove<br />

iniziarono a coltivare un giardino seguendo i messaggi che Dorothy Maclean asseriva di ricevere<br />

dai deva, "spiriti della natura" associati alle piante. La fama del giardino di Findhorn crebbe<br />

rapidamente: iniziarono ad affluire seguaci e vennero costruite strutture permanenti. Dagli Stati<br />

Uniti - dove nello stesso anno 1962 era stato fondato, in California, Esalen, un centro di incontri e<br />

di seminari ispirato a princìpi simili - venne più tardi a Findhorn David Spangler, che negli anni<br />

1970 avrebbe pubblicato alcuni dei più influenti manifesti del New Age, facendo conoscere il<br />

movimento anglo-scozzese negli Stati Uniti. Nel 1982 - a vent’anni dalla fondazione - Findhorn era<br />

diventato una sorta di mecca del New Age, un luogo dove affluivano "pellegrini" da tutto il mondo.<br />

È raro che una diffusione di idee così rapida e internazionale possa essere conseguita senza il<br />

concorso di rilevanti somme di denaro. In effetti il successo mondiale di Findhorn si deve in gran<br />

parte al generoso appoggio di due mecenati inglesi disponibili a sostenere forme diverse di<br />

spiritualità "alternativa" e di esoterismo: Sir George Trevelyan, fondatore del Wrekin Trust, e Sir<br />

Anthony Brooke, l’ultimo "rajah bianco" di Sarawak che, dopo avere perso il suo trono - ma con un<br />

sostanzioso compenso in denaro - nel 1946, si era dato alla nuova religiosità e nel 1967 aveva<br />

aderito a Universal Link, un movimento fondato in Inghilterra dagli spiritisti Richard Grave e<br />

Liebie Pugh (13).<br />

Dal punto di vista storico come altri fenomeni erroneamente considerati "americani" - dagli amish<br />

in realtà di origine alsaziana al fondamentalismo protestante di origine inglese - il New Age è nato<br />

in Europa, e si è diffuso negli Stati Uniti d’America - e dagli Stati Uniti d’America in tutto il mondo<br />

- grazie al finanziamento di mecenati europei. Se lo si considera un movimento di risveglio<br />

all’interno dell’ambiente laico - e in particolare dell’ambiente teosofico - la sua data di nascita più<br />

convincente è il 1962, l’anno della fondazione di Findhorn, anche se questa storia è preceduta da<br />

una preistoria, che risale al 1920, l’anno dello scisma di Alice Bailey, a sua volta difficilmente<br />

comprensibile senza il legame con l’ambiente di Monte Verità, le cui origini rimontano al 1900.<br />

3. Descrizione sociologica<br />

73


Il New Age ha sempre costituito un problema di difficile soluzione per i sociologi. Non si presta a<br />

essere inquadrato facilmente - anzi, non può essere inquadrato affatto - in nessuna delle categorie<br />

normalmente utilizzate per i fenomeni della nuova religiosità contemporanea: nuove religioni, nuovi<br />

movimenti religiosi e nuovi movimenti magici. Infatti, il New Age non è - in nessun senso del<br />

termine - un movimento: non ha capi riconosciuti - ha al massimo "portavoce", non ha sedi, organi<br />

ufficiali, strutture, non è un gruppo a cui si "aderisce" o a cui ci si "iscrive". Può essere descritto<br />

soltanto facendo riferimento a una categoria - il cui studio è stato sviluppato dai sociologi della<br />

religione proprio in riferimento al New Age - che è alternativa rispetto a quella di "movimento": il<br />

network, "struttura a rete": ma il termine viene di rado tradotto dall’inglese in altre lingue. Il<br />

network è in effetti una "rete" di gruppi informali che hanno interessi e idee in comune, ma che non<br />

si riconoscono vincolati da gerarchie e da strutture, anzi spesso cercano tematicamente di evitarli.<br />

Anche se non ha la consistenza dei movimenti, il network non è una pura finzione dei sociologi, ma<br />

esiste realmente perché i gruppi che lo costituiscono - pur rimanendo autonomi e diversi - hanno in<br />

comune tempi - per esempio raduni, feste, fiere - e spazi - centri che diventano punti di riferimento<br />

o mete di "pellegrinaggi" - che acquistano la pregnanza di simboli e di miti e che hanno<br />

precisamente la funzione di conferire al network un minimo di unità. È istruttivo, nell’ambito stesso<br />

della nuova religiosità, paragonare un tipico movimento - rigido, gerarchico, strutturato - come i<br />

testimoni di Geova e un network come, per esempio, quello degli appassionati di astrologia<br />

moderna. A differenza dei testimoni di Geova, gli appassionati di astrologia non sono parte di un<br />

movimento unitario e non ubbidiscono a capi riconosciuti; tuttavia hanno un minimo di<br />

organizzazione: molti di loro partecipano a gruppi che si riuniscono più o meno regolarmente e in<br />

Inghilterra - ma eventi simili esistono in numerosi paesi del mondo - si ritrovano in un festival<br />

annuale a Londra, Mind Body Spirit, e visitano periodicamente spazi di incontro come le librerie<br />

astrologiche specializzate, che non si limitano a vendere libri ma organizzano momenti di<br />

discussione e prestano servizi di consulenza. Il network che chiamiamo New Age è, naturalmente,<br />

molto più complesso del network degli appassionati di astrologia. Costituisce un esempio di<br />

metanetwork: un network di network, o meglio il luogo in cui network diversi si incontrano e<br />

interagiscono. Si può partecipare al network degli appassionati di astrologia disinteressandosi<br />

completamente dell’ecologia profonda e dei "diritti degli animali"; viceversa, può accadere che un<br />

accanito militante ecologico e "animalista" non abbia nessun interesse per l’astrologia. Tuttavia<br />

esiste oggi una serie di spazi e di tempi in cui i partecipanti a network così diversi come il network<br />

dell’astrologia e il network dell’ecologia profonda e dell’animalismo si incontrano fra loro e<br />

scoprono di avere qualche cosa in comune; questo insieme di tempi e di spazi è appunto il<br />

metanetwork che, in senso sociologico, costituisce il New Age. L’astrologia e l’ecologia profonda<br />

costituiscono semplicemente due esempi di network che confluiscono nel metanetwork che<br />

chiamiamo New Age; in realtà questi network sono molto più numerosi. Benché se ne possano<br />

proporre tipologie molto articolate (14), semplificando un quadro molto più complesso si può<br />

parlare di tre network principali il cui punto di incontro è il New Age: le spiritualità alternative, le<br />

terapie alternative e le politiche alternative.<br />

Il network delle spiritualità alternative comprende tutti coloro che hanno un interesse per il sacro,<br />

ma che sono alla ricerca di qualche cosa di diverso dalla tradizione cristiana che - piaccia o no - ha<br />

caratterizzato per secoli la vita religiosa dell’Occidente. Le direzioni in cui questa ricerca si esercita<br />

sono le più varie: le religioni non cristiane tradizionali - le religioni dell’Oriente ma anche quelle<br />

pre-colombiane, degli Indiani d’America, celtiche -; l’idealismo filosofico e le sue trascrizioni<br />

religiose nel mondo ottocentesco del "nuovo pensiero", New Thought, americano; lo spiritismo che<br />

- rivestito di panni "scientifici" - il New Age ripropone con il nome di channeling; le molteplici<br />

correnti dell’occultismo e dell’esoterismo; l’interesse per messaggi religiosi che verrebbero<br />

trasmessi dai dischi volanti; le credenze - diffusissime, anche se formulate in modi diversi - nella<br />

reincarnazione e nell’astrologia moderna. Chi coltiva uno di questi interessi - ma molti ne<br />

coltiveranno insieme più di uno - potrà, naturalmente, finire per aderire a un nuovo movimento<br />

74


eligioso o magico; ma potrà anche rifiutare la scelta - sempre a suo modo impegnativa -<br />

dell’adesione a un movimento rimanendo semplicemente in un network o spostandosi<br />

nomadicamente da un gruppo all’altro. Se non confinerà il suo interesse alle spiritualità alternative<br />

ma sarà disposto a momenti di incontro con chi partecipa ad altri network di carattere terapeutico o<br />

politico arriverà fino allo spazio comune denominato New Age.<br />

Il secondo grande network è costituito dalle persone interessate alle terapie alternative, a forme di<br />

ricerca della guarigione e del benessere psico-fisico diverse sia dalla medicina ufficiale sia dalla<br />

"preghiera di guarigione" praticata da numerosi gruppi cristiani, particolarmente pentecostali. Le<br />

porte per accedere a questo network sono innumerevoli: dalle numerosissime medicine "olistiche",<br />

che vorrebbero curare insieme il corpo e lo spirito o che gettano un ponte fra Oriente e Occidente<br />

come il reiki, Il reiki, fondato nel 1922 (sulla base di un'esperienza spirituale del 1914) da un<br />

maestro buddhista giapponese di scuola "tendai", Mikao Usui (1865-1926), successivamente<br />

influenzato dal "nuovo pensiero" americano, agli stili di vita vegetariani o vegani - questi ultimi<br />

rifiutano tutti i prodotti di origine animale, latte, uova e formaggi compresi -, ai movimenti di<br />

recovery, che estendono lo schema dei "dodici passi" - originariamente sviluppato dagli Alcolisti<br />

Anonimi - al tentativo di liberarsi da "dipendenze" così diverse fra loro come la dipendenza dalla<br />

droga, la dipendenza da un familiare autoritario e la dipendenza dall’abitudine a contrarre debiti<br />

(15). È importante notare che gli Alcolisti Anonimi - nati nell’ambito protestante del Movimento di<br />

Oxford, e successivamente riorganizzati in modo non confessionale - hanno preso le distanze<br />

dall’esplosione della recovery iniziata negli anni 1950 e dichiarano di volersi occupare<br />

esclusivamente di alcolismo. La sequenza più importante per comprendere questo network attiene<br />

alle psicoterapie alternative e alla sequenza di scismi nella psicoanalisi che portano da Sigmund<br />

Freud a Carl Gustav Jung (16), e da Carl Gustav Jung a Roberto Assagioli e alla psicologia<br />

transpersonale. Il New Age è normalmente critico nei confronti della teoria dell’inconscio di<br />

Sigmund Freud (1856-1939), che considera eccessivamente materialistica, ma venera invece come<br />

proprio precursore Carl Gustav Jung (1875-1961), lo psicoanalista svizzero che ruppe<br />

definitivamente con Sigmund Freud nel 1913 proprio muovendo dal suo interesse per i simboli -<br />

compresi quelli esoterici e occulti - e per i fenomeni parapsicologici. Il passaggio da Sigmund Freud<br />

a Carl Gustav Jung è soprattutto il passaggio dall’inconscio individuale presente in ogni uomo<br />

all’idea junghiana di un inconscio non più individuale ma collettivo in cui vivono immagini e<br />

"archetipi" comuni a tutta l’umanità. Lo psicoanalista italiano Roberto Assagioli (1888-1974) -<br />

allievo prima di Sigmund Freud e poi di Carl Gustav Jung, ebreo veneziano segnato dalla tradizione<br />

mistico-esoterica della Cabala, membro della Società Teosofica e amico e collaboratore di Alice<br />

Bailey - si stacca a sua volta dalla scuola junghiana nel 1915, con l’ulteriore passaggio - attraverso<br />

un metodo chiamato psicosintesi - dall’inconscio collettivo a una sorta di "inconscio universale",<br />

fondo oscuro dell’essere e del cosmo che coincide in senso panteistico con Dio. Roberto Assagioli,<br />

morto nel 1974, ha fatto in tempo a partecipare negli anni 1960 alla fondazione della cosiddetta<br />

psicologia transpersonale che, attraverso una grande varietà di tecniche diverse, vorrebbe pervenire<br />

a contenuti psichici che vanno al di là della stessa esperienza umana, individuale o collettiva, fino<br />

ad accedere a una sorta di principio divino (17).<br />

Ma la via della discesa nell’inconscio - dall’inconscio individuale all’inconscio collettivo, e da<br />

quest’ultimo all’inconscio universale - non è l’unica per accedere al fondo "divino" dell’essere e<br />

dell’uomo. A questa via interiore si affianca una via esteriore che parte dall’ecologia profonda e da<br />

un impegno politico inteso soprattutto come militanza ecologica.<br />

Il terzo network, che fa da porta d’accesso al New Age, è costituito dalle politiche alternative, tutte<br />

variamente derivate dalle teorie ecologiche elaborate a partire dal 1972 dal filosofo norvegese Arne<br />

Naëss, il fondatore dell’"ecologia profonda", che ha ispirato popolari scienziati del New Age come<br />

Fritjof Capra e insieme tutta la "nuova politica" che si è espressa - soprattutto negli Stati Uniti e in<br />

75


Messico - nel cosiddetto "movimento dell’arcobaleno". Arne Naëss distingue fra ecologia di<br />

superficie ed ecologia profonda. L’ecologia di superficie è quella che si interessa di singoli<br />

interventi, per esempio per salvare le foreste o certe specie animali in via di estinzione. Secondo il<br />

filosofo norvegese queste modeste riforme ambientalistiche non vanno all’autentica sostanza dei<br />

problemi. Il vero avversario, secondo Arne Naëss, è l’antropocentrismo, una visione che risale alla<br />

Bibbia, vede l’uomo come il centro del mondo e lo considera qualitativamente superiore alle altre<br />

forme della natura. Mentre l’uomo, in realtà, non sarebbe affatto il centro della natura ma soltanto<br />

una delle tante forme della realtà vivente, senza un valore intrinseco particolare superiore - per<br />

esempio - a quello degli animali; a queste tesi si sono alimentati i vari movimenti "animalisti" nati<br />

negli anni 1970 e 1980. La natura, peraltro, secondo Arne Naëss non deve essere intesa in senso<br />

statico ma dinamico, come manifestazione di un’Energia cosmica in continuo divenire che anima<br />

anche l’uomo. Attraverso una capacità di percepire le forme viventi nella loro interconnessione -<br />

che il filosofo norvegese chiama apperceptive Gestalt - l’uomo potrebbe entrare in contatto con<br />

quel Sé universale che le religioni hanno chiamato Dio. Più recentemente, e in questa stessa chiave,<br />

l’ecologo australiano Warwick Fox ha proposto un perfezionamento delle teorie di Arne Naëss<br />

attraverso l’incontro fra ecologia profonda e psicologia transpersonale che dovrebbe generare una<br />

"ecologia transpersonale" (18).<br />

Ancora una volta è opportuno ripetere che chi si interessa di spiritualità alternative oppure di terapie<br />

alternative oppure di politiche alternative si mette davanti soltanto a una porta di ingresso, all’inizio<br />

di un itinerario che conduce al New Age. La porta non sarà necessariamente attraversata, né<br />

l’itinerario obbligatoriamente percorso: solo chi accetterà di passare dal network al metanetwork, di<br />

interessarsi contemporaneamente - globalmente - di spiritualità, di terapia e di politica approderà a<br />

quella che propriamente può essere definita la visione del mondo del New Age.<br />

4. Descrizione dottrinale<br />

Nel parlare di una "visione del mondo" del New Age vi è, naturalmente, qualche cosa di<br />

provocatorio. Come abbiamo visto i portavoce del New Age insistono nel dichiarare che lo<br />

specifico della loro corrente consiste, precisamente, nel non avere nessuna visione del mondo e<br />

nessuna dottrina, ma nel predicare la libertà più assoluta da tutte le visioni del mondo e da tutte le<br />

dottrine. Ancora una volta queste affermazioni non devono essere prese alla lettera. Il New Age non<br />

potrebbe avere nessuna unità - neppure il tipo di unità fluida e instabile che caratterizza il network e<br />

lo differenzia dal movimento - se le opinioni diverse che vi si manifestano non coesistessero su una<br />

trama di fondo che presenta una serie di elementi comuni. A grandi linee si possono individuare sei<br />

temi principali che percorrono tutto il New Age.<br />

a. La questione della verità<br />

La premessa necessaria per qualunque visione del mondo del New Age è di carattere<br />

epistemologico: non esistono verità assolute. Espressa in questi termini, la premessa sarebbe<br />

tutt’altro che nuova: il relativismo è antico come la filosofia, se non come l’umanità decaduta.<br />

Tuttavia esistono diverse forme di relativismo, e il relativismo del New Age si specifica per il suo<br />

carattere volontarista. Ciascuno può, letteralmente, creare il proprio mondo, e ciascun mondo<br />

soggettivamente creato avrà la sua verità, non meno "vera" - e non meno "falsa" - rispetto a quella<br />

del mondo creato da un altro. Fino a quali limiti questa premessa epistemologica possa essere spinta<br />

è mostrato dalla popolarità di cui gode nel New Age la tecnica della "visualizzazione creativa"<br />

secondo cui, con uno sforzo adeguato di concentrazione, sarebbe possibile "visualizzare" qualunque<br />

realtà desiderabile - la guarigione, la prosperità economica o perfino un marito ideale - e costringere<br />

nel giro di qualche giorno o di qualche mese la realtà ad adeguarsi alla nostra "visualizzazione",<br />

producendo e mettendoci davanti l’oggetto che abbiamo "visualizzato".<br />

76


. La religione<br />

Un secondo elemento comune alle varie correnti del New Age è una diffidenza nei confronti<br />

dell’idea di "religione" - che sarebbe legata a tesi razionalmente articolate, a definizioni e a dogmi -<br />

sostituita dalla più vaga "spiritualità". Dal punto di vista intellettuale il principale punto di<br />

riferimento del New Age è lo studioso americano di mitologia comparata Joseph Campbell (1904-<br />

1987), un ex cattolico - oggetto di una sapiente opera di promozione internazionale negli ultimi anni<br />

della sua vita - secondo il quale tutte le religioni sono espressioni degli stessi miti e archetipi -<br />

junghiani - e devono quindi essere considerate di uguale valore, con la precisazione che il<br />

cristianesimo è semmai una religione meno uguale delle altre, in quanto avrebbe corrotto la purezza<br />

naturalistica dei miti originali. La conclusione pratica a cui il New Age perviene è un nuovo elogio<br />

del sincretismo. Un recente manifesto del New Age riassume la posizione del movimento sulla<br />

spiritualità in questo epigramma: "D.: Che cosa chiede un monaco Zen a un banco dove si vendono<br />

hot dog? R.: "Fammene uno ripieno di tutto"" (19). L’esempio dell’hot dog mostra bene quello che,<br />

forse con poca riverenza, si potrebbe chiamare l’"insaccato misto" del New Age: un nutrimento fast<br />

food "ripieno di tutto" costruito all’insegna dell’eclettismo e del sincretismo.<br />

c. Dio<br />

Il New Age parla volentieri di Dio, ma non si tratta di un Dio personale: è piuttosto il sottofondo<br />

cosmico a cui arrivano - per vie diverse e parallele - la psicologia transpersonale e l’ecologia<br />

profonda -quando non si combinano nell’ecologia transpersonale -, è l’energia cosmica immanente<br />

che si manifesta negli esseri viventi, nella Terra - a sua volta considerata un grande essere vivente,<br />

Gaia - e nell’universo. Il Dio del New Age è un Dio essenzialmente panteista.<br />

d. L’uomo<br />

La visione dell’uomo del New Age si riassume nel noto slogan dell’attrice Shirley MacLaine - che<br />

da anni svolge il ruolo di missionaria internazionale del New Age attraverso libri, film e programmi<br />

televisivi -: "Noi siamo Dio". Più esattamente al fondo di ognuno di noi si trova una scintilla divina,<br />

che è la stessa energia cosmica universale in una delle sue molteplici manifestazioni, fra cui -<br />

peraltro - non possono essere istituite gerarchie. L’uomo-Dio del New Age è da una parte<br />

onnipotente, come dimostrano le straordinarie possibilità della "visualizzazione creativa"; ma<br />

questa onnipotenza si rivela, da un altro punto di vista, come onnidipendenza, se si considera il<br />

ruolo preminente che hanno nel New Age la reincarnazione e l’astrologia. Quest’uomo, che è dio e<br />

che può tutto, è sottoposto continuamente al potere tirannico del karma - il peso delle vite passate,<br />

che continuamente lo schiaccia - e alla tirannia non meno rigida degli astri a cui lo assoggetta il<br />

determinismo - solo apparentemente moderato dai suoi riferimenti "transpersonali" alla psicologia -<br />

dell’astrologia moderna che il New Age predilige.<br />

e. "Il Cristo"<br />

Il New Age parla anche volentieri di una realtà che chiama "il Cristo" ma - seguendo tutta una<br />

tradizione esoterica e gnostica - ha cura di distinguere "il Cristo" da Gesù di Nazareth come<br />

personaggio storico. Gesù non era "il Cristo", o almeno non lo era in modo diverso da Buddha o da<br />

chiunque sia in grado di entrare in contatto con la scintilla divina che porta dentro di sé. È questa<br />

scintilla, propriamente, che costituisce "il Cristo" come principio divino all’interno dell’uomo. Gesù<br />

di Nazareth - come Buddha e altri maestri - merita certamente rispetto perché è riuscito a entrare in<br />

contatto con il suo "Cristo" interiore in modo evidente e convincente per i suoi discepoli. Ma<br />

chiunque di noi può entrare in contatto con il "Cristo" che ciascuno porta - e quindi diventare "il<br />

77


Cristo" - attraverso gli stati alterati di coscienza e la molteplicità di tecniche che il New Age<br />

insegna.<br />

f. La morale<br />

Il sesto tema unificante del New Age è il rifiuto della nozione di peccato - considerata<br />

insuperabilmente dogmatica e in ogni caso tipica della superata Età dei Pesci - e la sua sostituzione<br />

con la nozione di malattia. Il New Age non nega che esistano nel mondo comportamenti inadeguati<br />

- è sufficiente considerare l’orrore che gli ispirano i comportamenti anti-ecologici -, ma li ascrive a<br />

limitazioni fisiche o psichiche che possono essere assimilate alla malattia o a forme di "dipendenza"<br />

che è possibile superare tramite le numerose forme di terapie e di recovery così largamente<br />

disponibili nell’ambiente del New Age. Anche i mali sociali possono essere superati con un<br />

generale cambiamento di coscienza, che risolverà automaticamente i problemi del mondo, e in<br />

questo consiste il nucleo della politica del New Age.<br />

Oltre questa trama generale non è possibile, credo, andare: su tutti i temi particolari - dalla<br />

meditazione alla politica - le diverse scuole o correnti del New Age si dividono immediatamente fra<br />

loro. I sei elementi che ho evocato costituiscono tuttavia almeno lo scheletro di una visione del<br />

mondo e permettono una valutazione e un discernimento dal punto di vista della dottrina cattolica.<br />

L’aspetto sorridente e a suo modo simpatico con cui si presentano molti portavoce del New Age -<br />

tipico di chi proclama di non annunciare nessuna verità, e certo lontano dall’intolleranza aggressiva<br />

di movimenti religiosi come i testimoni di Geova - induce spesso i cattolici a uno sforzo di buona<br />

volontà per cercare nel New Age eventuali elementi "positivi". Certamente nel New Age - come in<br />

ogni corrente che si manifesta nel processo rivoluzionario di allontanamento dalla verità cattolica -<br />

si può trovare qualche cosa di positivo: la critica delle altre correnti dello stesso processo. Così il<br />

New Age ha certamente ragione quando denuncia il materialismo della moderna società dei<br />

consumi, la chiusura nei confronti della spiritualità della cultura laica, il rigido positivismo di una<br />

medicina che considera il corpo soltanto una macchina e della psicoanalisi legata agli schemi di<br />

Sigmund Freud. Se questa pars destruens contiene talora osservazioni accettabili, il rimedio<br />

proposto si rivela tuttavia peggiore del male. La vaga "spiritualità" che il New Age propone come<br />

alternativa al materialismo è infatti un cocktail, nelle loro forme più insidiose, del relativismo e del<br />

sincretismo che costituiscono i tratti dominanti della nuova religiosità moderna. Come il Magistero<br />

in tema di nuova religiosità non ha mancato di rilevare, la pastorale cattolica e la nuova<br />

evangelizzazione si trovano oggi di fronte a ostacoli diversi da quelli che qualcuno poteva<br />

prevedere soltanto una decina di anni fa. Si immaginava un uomo materialista e ci si trova invece<br />

davanti a un uomo a suo modo "religioso", ma religioso in modo sincretistico, panteistico e spesso<br />

tendenzialmente gnostico (20). Se il sincretismo spiritualista - e non più il materialismo - è oggi il<br />

principale ostacolo all’evangelizzazione cattolica, il New Age - che critica il materialismo ma<br />

promuove aggressivamente il sincretismo - non è, da nessun punto di vista, un potenziale alleato,<br />

ma è un avversario particolarmente insidioso. Tanto più insidioso - si deve aggiungere, riprendendo<br />

i rilievi di Papa Giovanni Paolo <strong>II</strong> da cui siamo partiti - in quanto, proprio per il suo carattere antimaterialista,<br />

si infiltra fra gli stessi cattolici attraverso tecniche come l’enneagramma, terapie come<br />

la psicologia transpersonale, perfino nuove teologie come la "spiritualità della creazione" del<br />

teologo americano Matthew Fox, escluso dall’ordine domenicano e sospeso dalle sue funzioni<br />

sacerdotali nel marzo del 1993. Se si considera tuttavia che le opere di Matthew Fox - puntuale<br />

trascrizione dei temi del New Age, benché il teologo americano non ami questa etichetta, in termini<br />

almeno nominalmente cristiani - sono, sembra, le opere teologiche in lingua inglese che hanno<br />

ottenuto il maggiore successo di vendita negli ultimi anni nel mondo, si comprende come la sfida -<br />

anche all’interno della Chiesa cattolica - non sia più soltanto teorica, e come i richiami alla<br />

78


vigilanza che vengono dal Magistero pontificio ed episcopale non derivino da improvvidi<br />

allarmismi ma denuncino pericoli assolutamente reali e concreti.<br />

Note<br />

(1) Cfr. Giovanni Paolo <strong>II</strong>, Discorso ai vescovi statunitensi dell’Iowa, del Kansas, del Missouri e<br />

del Nebraska in visita ad limina Apostolorum, del 28-5-1993, n. 2, in L’Osservatore Romano, 29-5-<br />

1993.<br />

(2) Cfr. Conferenza Episcopale Italiana. Segretariato per l’Ecumenismo e il Dialogo, Nota pastorale<br />

L’impegno pastorale della Chiesa di fronte ai nuovi movimenti religiosi e alle sette, del 30-5-1993,<br />

n. 38.<br />

(3) Cfr. David Spangler, Defining the New Age, in The New Age Catalogue. Access to Information<br />

and Sources, Island Publishing Company-Doubleday, New York 1988, p. XI.<br />

(4) Cfr. J. Gordon Melton, Jerome Clark e Aidan A. Kelly (a cura di), New Age Almanac, Visible<br />

Ink Press, Detroit 1991.<br />

(5) James R. Lewis e J. Gordon Melton (a cura di), Perspectives on the New Age, State University<br />

of New York Press, Albany (New York) 1992.<br />

(6) Card. Godfried Danneels, arcivescovo di Malines-Bruxelles, Lettera pastorale Le Christ ou le<br />

Verseau, del Natale 1990, in La documentation catholique, anno 73°, n. 2021, 3-2-1991, pp. 117-<br />

129; trad. it., Cristo o l’Aquario, in il regno-documenti, anno XXXVI, n. 864, 1-7-1991, pp. 415-<br />

424.<br />

(7) Cfr. il mio Storia del New Age. 1962-1992, Cristianità, Piacenza 1993. Per un inquadramento<br />

del New Age nel panorama della nuova religiosità contemporanea, cfr. il mio La questione della<br />

nuova religiosità. In appendice la relazione generale al Sinodo Straordinario del 1991 di S. Em. il<br />

card. Francis Arinze, Cristianità, Piacenza 1993.<br />

(8) Per un buon accostamento di carattere divulgativo, cfr. Jean Vernette, Che cos’è il New Age,<br />

trad. it., SugarCo, Milano 1993.<br />

(9) Cfr. Marilyn Ferguson, The Aquarian Conspiracy. Personal and Social Transformation in the<br />

1980s, J. P. Tarcher, Los Angeles 1980 (2ª ed. riveduta: J. P. Tarcher, Los Angeles 1987).<br />

(10) Cfr. Thomas S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, trad. it., 9a ristampa, Einaudi,<br />

Torino 1986.<br />

(11) Cfr. Paul Le Cour, L’Ère du Verseau. Le secret du Zodiac, le proche avenir de l’humanité,<br />

Atlantis, Parigi 1937.<br />

(12) Cfr. Alice Bailey, Spiritual Leadership, due fascicoli, s.e., New York 1921 e 1922;<br />

Discipleship in the New Age, 2 voll., Lucis Publishing Company, New York 1944 e 1955;<br />

Education in the New Age, Lucis Publishing Company, New York 1954.<br />

(13) Sir Anthony Brooke era nipote del primo "rajah bianco" di Sarawak, James Brooke, noto a<br />

generazioni di italiani come implacabile avversario del pirata della Malesia Sandokan nella saga<br />

romanzesca creata da Emilio Salgari. James Brooke è pertanto un personaggio storico realmente<br />

79


esistito, e la fortuna inizialmente da lui accumulata è stata in larga parte utilizzata - dal nipote - per<br />

diffondere nel mondo l’idea del New Age.<br />

(14) Cfr. il mio Storia del New Age 1962-1992, cit.<br />

(15) Si calcola che nei soli Stati Uniti d’America ogni settimana 45 milioni di persone si riuniscano<br />

in un gruppo di recovery (cfr. Alice Dowd, Making Room for the Recovery Boom, in Library<br />

Journal, 1° maggio 1992, p. 49).<br />

(16) Cfr., con riferimento alla nuova religiosità, Ermanno Pavesi, Maghi da legare? Psichiatria,<br />

psicologia del profondo ed esoterismo, in CESNUR. Centro Studi sulle Nuove Religioni, Il ritorno<br />

della magia. Una sfida per la società e per la Chiesa, a cura di M. Introvigne, Effedieffe, Milano<br />

1992, pp. 71-103.<br />

(17) Questo passaggio non è puramente psicologico, ma ha importanti radici filosofiche e<br />

conseguenze politiche, sviluppate in genere nella nuova religiosità e nel pensiero magico del nostro<br />

secolo: cfr. Giovanni Cantoni, Dopo Marx i maghi? La riscoperta del pensiero magico in una<br />

cultura postmarxista, in CESNUR. Centro Studi sulle Nuove Religioni, Il ritorno della Magia. Una<br />

sfida per società e per la Chiesa, cit., pp. 35-70; e Idem, Introduzione, in M. Introvigne, Il ritorno<br />

dello gnosticismo, SugarCo, Milano 1993, pp. I-X.<br />

(18) Cfr. Warwick Fox, Toward a Transpersonal Ecology: Developing New Foundations for<br />

Environmentalism, Shambhala, Boston-Londra 1990.<br />

(19) R. S. Miller and the Editors of New Age Journal, As Above So Below. Paths to Spiritual<br />

Renewal in Daily Life, J. P. Tarcher, Los Angeles 1992, p. 5.<br />

(20) Cfr. Conferenza Episcopale Italiana. Segretariato per l’Ecumenismo e il Dialogo, Nota<br />

pastorale L’impegno pastorale della Chiesa di fronte ai nuovi movimenti religiosi e alle sette, cit.,<br />

n. 3.<br />

80


Omicidi satanici e professionisti dell'anti-satanismo<br />

Comunicato del CESNUR<br />

I crimini di cui si è reso responsabile nel Varesotto un gruppo di balordi auto-denominatosi “Bestie<br />

di Satana” suscitano comprensibilmente stupore e indignazione, oltre alla doverosa pietà per le<br />

povere vittime. Offrono però anche occasione a professionisti dell’anti-satanismo di diffondere<br />

notizie allarmistiche, che talora rischiano di generare un panico morale quasi altrettanto pericoloso<br />

dei mali che pretende di denunciare. Il CESNUR, attivo da oltre quindici anni nella ricerca in<br />

materia di satanismo e anti-satanismo, temi su cui ha collaborato con organi di polizia di numerosi<br />

paesi, sente il dovere di proporre al pubblico, alle autorità e ai mezzi di comunicazione alcune<br />

semplici precisazioni.<br />

1. In ogni campo, e tanto più in questo, vale il principio secondo cui l’onere di provare un fatto<br />

contestato incombe su chi lo afferma. Se qualcuno sostiene che in Italia esistono cinquecentomila<br />

satanisti, che in una certa città italiana ci sono una dozzina di sette sataniche, che migliaia di<br />

persone ogni anno sono uccise dai satanisti, deve dare la prova piena, puntuale e rigorosa delle sue<br />

affermazioni. Non può rovesciare l’onore della prova e chiedere a chi rimane scettico di provare che<br />

queste affermazioni non sono vere.<br />

2. Il peso delle prove deve essere proporzionato alla gravità delle accuse. Lettere e telefonate di<br />

persone che chiedono di rimanere anonime, confessioni – anche a sacerdoti rispettati e rispettabili –<br />

di chi si presenta come ex-satanista ma dichiara di volere mantenere l’anonimato, documenti o<br />

fotocopie di dubbia provenienza, vanterie degli stessi satanisti non sono in nessun modo prove<br />

valide di fatti che, se veri, sarebbero gravissimi. Il CESNUR riceve regolarmente lettere e telefonate<br />

di mitomani o provocatori che accusano gruppi e personalità della politica, dello spettacolo o della<br />

religione di essere satanisti o membri di sette pericolosissime, o denunciano vasti complotti<br />

internazionali. Non ci siamo mai pentiti della buona abitudine di cestinare le segnalazioni anonime<br />

e ignorare quelle non suffragate da prove concrete, per quanto chi le propone – come del resto è<br />

tipico dei mitomani – sappia dare una falsa impressione di sincerità.<br />

3. Il nostro esame della situazione italiana ci porta a concludere che esistono nel nostro paese meno<br />

di dieci movimenti satanisti organizzati con testi, dirigenti e riferimenti a una dottrina e a una<br />

tradizione, con meno di duecento membri complessivi. Naturalmente, non si devono confondere<br />

con il satanismo – definito come l’adorazione del personaggio chiamato nella Bibbia Satana o<br />

Demonio - realtà diverse quali lo spiritismo, la magia cerimoniale, la neo-stregoneria o il neopaganesimo.<br />

Chi vuole contestare queste cifre non può limitarsi a elencare nomi di gruppi più o<br />

meno altisonanti o fantasiosi, ma deve fornire elementi che provino che effettivamente esistono nel<br />

mondo della realtà empirica, al di fuori delle voci, dei rumori e delle leggende urbane.<br />

4. Da questo primo quadrante del satanismo italiano ne va distinto un secondo, composto da bande<br />

di balordi – in genere, ma non sempre, giovani –, quasi sempre in contatto con il mondo della droga,<br />

che ricavando confusamente informazioni dalla stampa, da Internet e da una certa musica (di cui<br />

circolano in modo clandestino versioni, assai peggiori di quelle più note, dove si inneggia non solo<br />

al Diavolo ma alla violenza e allo stupro) si costruiscono un “satanismo fai da te”. Questi gruppi<br />

non sono organizzati, non hanno pubblicazioni, sedi, gerarchie nazionali e in genere si rendono noti<br />

solo attraverso la commissione di reati di vario genere. Dal numero di reati identificati si può<br />

ipotizzare che qualche migliaio di persone – ma non decine né centinaia di migliaia – siano<br />

coinvolte in queste attività. I reati commessi sono in genere relativamente minori: profanazioni di<br />

cimiteri e di chiese, sacrifici di animali. Anche se raramente, la voglia di trasgressione anticattolica<br />

81


che anima questi ambienti porta al furto e alla profanazione di ostie consacrate. Le esperienze<br />

straniere – soprattutto quella americana, da anni studiata e monitorata dall’FBI e da altre agenzie,<br />

con cui il CESNUR ha avuto occasione di collaborare – mostrano che, su migliaia di giovani<br />

coinvolti, una percentuale minima ma non inesistente arriva a commettere reati gravissimi, omicidi<br />

plurimi compresi. Le autorità americane rilevano la presenza in media di una banda all’anno che<br />

arriva fino all’omicidio (talora, a omicidi che coinvolgono una pluralità di vittime anche ampia).<br />

Considerata la diffusione del fenomeno anche in Italia, era ed è purtroppo prevedibile che prima o<br />

poi anche da noi dai piccoli reati una fra le tante bande di balordi “satanici” passasse al reato<br />

gravissimo. Ma è anche prevedibile che questi reati rimangano statisticamente circoscritti.<br />

5. L’unica relazione dei gruppi del secondo quadrante con quelli del primo è l’occasionale lettura da<br />

parte dei satanisti “fai da te” di pubblicazioni di satanisti “ufficiali”. In oltre trent’anni di satanismo<br />

moderno, in nessun paese del mondo sono mai emersi contatti organizzati e sistematici fra i due<br />

ambienti. Il satanismo “fai da te” è per definizione disorganizzato, non è coordinabile, non<br />

obbedisce a “grandi vecchi” né a “terzi livelli”, si auto-recluta e non è reclutato dal satanismo<br />

“ufficiale”.<br />

6. Il mito della Torino satanica è nato nell’Ottocento per ragioni politiche collegate sia<br />

all’accoglienza da parte di governi anticlericali di forme religiose “alternative” e anti-cattoliche di<br />

ogni tipo, sia a una reazione cattolica che etichettava come “satanica” ogni forma di occultismo e di<br />

magismo. Non vi è nessun collegamento fra movimenti presenti a Torino nel XIX secolo e le<br />

“Chiese di Satana” nate nel capoluogo piemontese alla fine degli anni 1960 sulla scia di esperienze<br />

americane, e oggi ridotte a poche decine di membri. Oggi non ci sono più satanisti a Torino di<br />

quanti ve ne siano in altre grandi metropoli europee o americane. Non ci sono né ci sono mai stati<br />

“Papi di Satana” a Torino, anche se un defunto pittore lasciò correre qualche voce di questo genere<br />

sul proprio conto, principalmente allo scopo di promuovere i propri quadri. La cifra di quarantamila<br />

satanisti presenti a Torino deriva da un vecchio e ben riuscito scherzo, ormai pacificamente noto<br />

come tale, giocato molti anni fa dalla sempre attiva goliardia torinese a un quotidiano locale.<br />

7. Se non si può escludere che i satanisti “fai da te” varesotti abbiano zii, parenti o compagni di<br />

merende in una qualunque altra città italiana, il riferimento a Torino in questo contesto è<br />

immediatamente sospetto, proprio a causa della diffusione nazionale di leggende urbane sulla<br />

Torino satanica. La storia e il modus operandi delle “tradizionali” Chiese di Satana torinesi induce<br />

comunque a ritenere del tutto inverosimile un qualunque loro collegamento con i balordi del<br />

Varesotto.<br />

8. Per completezza si possono menzionare altri due quadranti del satanismo italiano. Un terzo è<br />

composto da pervertiti sessuali che, senza credere né a Dio né al Diavolo, si servono di pretesti e<br />

mascherate “sataniche” per attirare giovani ingenui alle loro attività. Dopo tutto, se qualcuno si<br />

apposta fuori da un liceo e propone alle ragazzine di andare a casa sua dove saranno drogate e<br />

violentate è difficile che qualcuna lo segua. Se invece si presenta come “reverendo” di una qualche<br />

Chiesa satanista e propone un rito satanico, su centinaia di studentesse non è escluso che ne trovi<br />

una o due interessate, come è successo in fatti di cronaca di qualche anno fa. Ci sono anche<br />

pervertiti feticisti che entrano in contatto con criminali per ottenere ossa trafugate in cimiteri e, nei<br />

casi più gravi, parti del corpo di persone assassinate. La letteratura internazionale conferma che casi<br />

di questo genere sia esistono, sia sono molto rari. Talora i pervertiti sessuali del terzo quadrante<br />

cercano di entrare in contatto con le bande di balordi del secondo quadrante – ammesso che<br />

riescano a identificarle – perché lì trovano persone disposte a lasciarsi coinvolgere nelle loro<br />

attività. Ma questi pervertiti non vanno confusi con i satanisti organizzati del primo quadrante, che<br />

considerano il satanismo una vera e propria religione, né sono a loro volta in grado di “coordinare”<br />

o organizzare le bande del secondo livello.<br />

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9. Il quarto quadrante, infine, si riferisce al folklore di ambienti della malavita organizzata che<br />

celebrano riti magici, talora con incantamenti o filastrocche dove si menziona il Demonio, come<br />

scongiuri in funzione propiziatoria per il successo delle loro imprese criminali. In questi riti entra<br />

talora l’uso di parti del corpo di nemici uccisi, e di sangue. Episodi di questo genere si sono<br />

verificati soprattutto nell’ambiente della criminalità organizzata latino-americana, ma qualche<br />

sospetto è corso occasionalmente anche in Italia, senza che sia stato possibile giungere a<br />

conclusioni sicure.<br />

10. Allo stato delle informazioni disponibili l’episodio del Varesotto è ascrivibile a una tipica banda<br />

di balordi del secondo quadrante, dove si sono mescolate in un cocktail perverso musica satanica<br />

del tipo più violento, devianza, emarginazione e droga. Sempre allo stato delle informazioni,<br />

l’episodio sembra circoscritto in tale secondo quadrante, senza collegamenti con fenomeni di altra<br />

natura.<br />

11. Al di là delle responsabilità penali personali che saranno accertate dalla magistratura, la<br />

presenza di qualche migliaio di balordi del “satanismo fai da te” appartiene alla fenomenologia di<br />

un disagio giovanile, non necessariamente legato a problemi di povertà intesa in senso economico,<br />

che si manifesta di volta in volta nelle droghe, nell’estremismo politico, nel satanismo, nel lancio di<br />

sassi dei cavalcavia (un’attività iniziata negli Stati Uniti da giovani che si dicevano anche satanisti),<br />

e talora in tutte queste cose insieme. Il satanismo classico e organizzato, che pure non ha contatti<br />

organizzativi con le bande dei balordi, non è immune dalle responsabilità ideologiche tipiche dei<br />

cattivi maestri. La musica che circola clandestinamente e che inneggia a bambini sventrati, giovani<br />

stuprati ed ebrei gasati (il nazi-satanismo è infatti un tema tipico di questo genere musicale)<br />

costituisce un fenomeno di tipo pericoloso e illegale, e la sua repressione, per quanto difficile,<br />

costituisce una misura di prevenzione legittima e auspicabile. Non si deve peraltro confondere<br />

questa musica clandestina con quella di personaggi controversi dei normali circuiti della musica<br />

apprezzata dei giovani che, per quanto discutibili, non possono essere messi sullo stesso piano,<br />

rischiando di fare di ogni erba un fascio e di suscitare negli stessi giovani reazioni di fastidio verso<br />

adulti facilmente accusati di “non capire la nostra musica”. La musica di chi inneggia al crimine<br />

deve essere vietata; quella di altri che creano atmosfere dark o “gotiche” costituisce un problema<br />

culturale, da discutere con i nostri figli e da affrontare su un piano che non può essere di semplice<br />

repressione. Più in generale, la subcultura “satanica” fa parte di un più complesso problema di<br />

disagio e di crisi di valori che non può essere semplicemente affidato alla risposta penale ma<br />

coinvolge le istituzioni educative, culturali, religiose. Assumersi le proprie responsabilità risulterà<br />

meno difficile in un clima non inquinato da panici ingiustificati e da sopravvalutazioni quantitative<br />

e qualitative del satanismo, che rischiano tra l’altro di renderlo seducente agli occhi di quegli stessi<br />

giovani che si afferma di volere proteggere.<br />

Torino, 10 giugno 2004.<br />

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