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maggio-giugno - Carte Bollate

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Anno 1 n. 4 / 2006<br />

<strong>maggio</strong> - <strong>giugno</strong><br />

GLI SPIONI DEL MINISTERO<br />

Una squadra speciale del Dap per<br />

controllare detenuti, agenti penitenziari,<br />

volontari e personale<br />

carcerario. Disposizioni inquietanti<br />

che bisogna bloccare subito.<br />

APOLIDE? COS’E’?<br />

Un nostro detenuto da tre anni<br />

combatte contro la burocrazia per<br />

avere un documento. Il guaio di<br />

avere padre bosniaco, madre serba<br />

e di essere nato nella ex Yugoslavia.<br />

INTERVISTA / ARTICOLO 21<br />

Sono 60 i detenuti che usufruiscono<br />

dell’articolo 21 e alla fi ne dell’anno<br />

saranno 100. Ne parliamo<br />

con il responsabile del quinto reparto,<br />

Michele Scarano.<br />

“IO, VIOLENTATORE”<br />

Un detenuto del sesto reparto si<br />

racconta. Fra ricordi, fantasmi del<br />

passato e voglia di riscatto.<br />

CARCERE = SOCIETÀ<br />

In carcere si riproducono le stesse<br />

miserie e ipocrisie del mondo libero.<br />

Rifl essioni sui comportamenti<br />

di alcuni detenuti che parlano della<br />

“loro” dignità.<br />

I TATUAGGI OGGI SONO DI MODA.<br />

IN CARCERE LO SONO SEMPRE STATI<br />

Tatuarsi perché? Un’arte antichissima oggi diventata di moda che prima<br />

era appannaggio solo dei detenuti. Un segno per distinguersi, di sfi da,<br />

spesso per sconfi ggere la noia. I pericoli sanitari di farlo in carcere con<br />

strumenti non adeguati. Una guida su cosa non si deve fare e perché non<br />

si deve fare. Le testimonianze di alcuni detenuti di <strong>Bollate</strong>.


Un intoccabile in galera (per poco)<br />

Quando le porte delle carceri si richiudono dietro un nuovo giunto, non<br />

ci fa fa piacere. piacere. Chiunque Chiunque esso esso sia. Non ci fa piacere perché crediamo che il car- carcarcere sia sia una una delle delle cose cose più più devastanti devastanti che che esistono. Non abbiamo, quindi, gioito<br />

quando abbiamo abbiamo appreso appreso che un potente, un un uomo uomo molto molto potente, potente, si è presen-<br />

tato a a Rebibbia Rebibbia a a seguito seguito della della sua condanna definitiva. Ma nello stesso tempo<br />

dobbiamo dire dire con con molta molta franchezza franchezza che non ci sono neppure piaciute tutte le<br />

dichiarazioni retoriche, pelose, falsamente umanitarie da parte di politici del<br />

suo schieramento e da altri che per semplificare chiamiamo bipartisan bipartisan.<br />

In galera, i i potenti, potenti, in in genere genere non non durano durano molto. molto. Si Si trova trova sempre sempre la scapscap- patoia per non fargliela fare. In questo caso, grazie alla ex Cirielli, l'età di Cesare Cesare<br />

Previti ha ha contato molto per i domiciliari con due ore di permesso giornaliero<br />

per uscire. uscire. Le Le galere galere sono sono piene piene di persone che scontano pene per reati meno<br />

gravi di di quello di di Previti, Previti, eppure eppure i<br />

i bipartisan non se se ne ne interessano. interessano. In galera<br />

galera<br />

restano anche anche persone persone che che sono incompatibili con con il il regìme regìme penitenziario penitenziario e ci<br />

restano perché perché non non contano contano nulla, nulla, sono sono dei dei poveracci, poveracci, dei dei poveri cristi, non<br />

hanno amici potenti, non sono sono depositari depositari di di molti molti segreti, segreti, non hanno favorito<br />

acquisti di ville, ville, né né hanno hanno partecipato partecipato alla alla ”battaglia ”battaglia di Segrate” per annettersi<br />

la Mondadori.<br />

A Pisa è internato un detenuto che pesa 270 chili. Non può sdraiarsi<br />

e dorme seduto, costretto costretto a a defecare defecare sul pavimento. Quando cade per terra,<br />

devono chiamare chiamare i i pompieri. pompieri. Deve Deve scontare scontare 11 11 anni anni e e 4 4 mesi mesi per per lesioni personali<br />

e e reati reati legati agli stupefacenti. Ha avuto quattro infarti al miocardio ed<br />

un'embolia polmonare, polmonare, è è invalido al al 90%. 90%. Eppure Eppure ci ci sono problemi a conce-<br />

dergli i domiciliari. Tutto Tutto questo questo nella nella nostra nostra civilissima civilissima Italia. Nei confronti di<br />

questo detenuto detenuto non non ho ho letto letto commenti<br />

commenti bipartisan bipartisan, , l'ex presidente del Senato,<br />

Marcello Pera Pera non non si si è è affrettato ad ad andare andare a Pisa Pisa né né l'ex l'ex guardasigilli guardasigilli Roberto<br />

Roberto<br />

Castelli, uno uno dei dei ministri ministri più più inutili, inutili, ma ma anche anche più più pericolosi, ha proferito<br />

verbo. Per Previti, invece, Castelli dopo aver espresso solidarietà ha affermato:<br />

” È cominciata la dittatura della sinistra ”. Inutile fare commenti!<br />

Con Cesare Previti in galera e Silvio Berlusconi disarcionato sembra<br />

finire un'epoca. Ma Ma non non è è così così semplice. semplice. Previti Previti è è quello quello che che appena diventato<br />

ministro dichiarava<br />

“ Non faremo prigionieri prigionieri” prigionieri ” e la sua baldanza proveniva dalla<br />

certezza di di essere essere un intoccabile. Non Non solo. solo. Era Era (ed (ed è) anche il il depositario depositario di<br />

di<br />

mille segreti, segreti, l'uomo che che per per almeno almeno tre tre decenni decenni ha ha indicato indicato a a Berlusconi Berlusconi quelquel-<br />

lo che doveva fare fare in campo economico e legislativo cominciando dall'acquisto<br />

della villa S. S. Martino Martino di di Arcore Arcore per per pochi pochi milioni. milioni. Un'eminenza Un'eminenza grigia, grigia, l'uomo<br />

l'uomo<br />

che consiglia Berlusconi Berlusconi di di ”<br />

” ”scendere scendere in campo campo” campo ” così da arginare i suoi debiti e<br />

risolvere i i problemi problemi della giustizia. giustizia. Col Col tempo tempo avremo la legge sulle sulle rogatorie,<br />

rogatorie,<br />

falso in bilancio, legge legge Cirami, lodo lodo Schifani, Schifani, legge ex Cirielli ecc. Padrone e<br />

socio sono sono così così tranquilli tranquilli e e quest'ultimo, quest'ultimo, il il socio, socio, va va ripagato ripagato piegando il potere<br />

legislativo agli agli interessi interessi del padrone, padrone, costruendo costruendo a a colpi colpi di <strong>maggio</strong>ranza un'in- un'in- un'intera<br />

legislazione legislazione a favore favore dell'amico e e sodale Cesare.<br />

Qualcosa, però, però, non non ha ha funzionato funzionato e e Cesarone Cesarone è è definitivamente definitivamente concon- dannato. Lui, Lui, Silvio, Silvio, invece invece se se l'è l'è cavata. cavata. Ma Ma non c'è da preoccuparsi troppo.<br />

Cesare Previti Previti non parlerà, non chiarirà nulla della ricchezza ricchezza di Berlusconi, di<br />

come ha fatto fatto i i soldi, soldi, delle delle sue sue spericolate avventure finanziarie. Né racconterà<br />

come mai la Mondadori, con una sentenza discutibile, fu data a Berlusconi e<br />

come mai il giudice di quella sentenza si dimise e andò a lavorare nello studio<br />

di Cesare Previti. Previti. Altro Altro che che i ”pizzini” di Provenzano. Non c'è bisogno di mes- mes- mes-<br />

saggi. Fra i due c'è c'è troppa troppa complicità e gli scheletri scheletri resteranno resteranno negli negli armadi.<br />

armadi.<br />

È stata l'epoca l'epoca del del berlusconismo. berlusconismo. Il Il nuovo nuovo governo governo dovrà dovrà lavorare lavorare molto,<br />

molto,<br />

e in profondità, per rompere quest'esperienza, cominciando a fare una vera<br />

legge sul sul conflitto d'interesse e interessandosi anche dei detenuti che non concon-contano nulla. Anche di quello che pesa 270 chili.<br />

Adriano Todaro<br />

EDITORIALE


Sommario<br />

Editoriale<br />

Un intoccabile in galera (per poco) pag.3<br />

Lettere in redazione pag.4<br />

Gli spioni del ministero pag.5<br />

Cos’è apolide? Un piatto tipico? pag.7<br />

Emergency / La forza della solidarietà pag.8<br />

Reclami & Reclami pag.10<br />

Sport / Verso la seconda categoria pag.11<br />

Droga / Le tabelle Fini-Giovanardi pag.12<br />

Salviamo la Costituzione pag.13<br />

Sillabe storte e secche come un ramo pag.14<br />

Dibattito / La precarietà del lavoro pag.14<br />

Raccontarsi / Io, violentatore... pag.15<br />

Pagina rosa pag.16<br />

Il carcere come specchio della società pag.17<br />

Vivicittà a <strong>Bollate</strong> / Una bella giornata di sport pag.18<br />

Inserto / Tatuaggi pag.19<br />

Amnistia e indulto pag.24<br />

Convegno sul carcere. Il nostro giornale aderisce pag.25<br />

Art. 21 / Entro l’anno 100 detenuti al lavoro esterno pag.26<br />

Volontariato / Dalla cronaca nera all’amicizia pag.28<br />

Incontro con un monaco di Bose pag.29<br />

Pensieri liberi, pensieri ristretti pag.30<br />

Amnesty / 20 mila i detenuti nel braccio della morte pag.32<br />

Sindacato di polizia peniteniaria / Carceri al collasso pag.33<br />

Nelle carceri italiane, 450 anziani pag.33<br />

L’isola dei famosi pag.34<br />

Spigolature carcerarie pag.36<br />

Morire di carcere pag.37<br />

Quello che non si dice pag. 38<br />

I numeri pag. 38<br />

cartebollate@libero.it<br />

Questo numero di carte<strong>Bollate</strong><br />

è stato chiuso in redazione<br />

alle ore 18,30 di lunedì<br />

12 <strong>giugno</strong> 2006<br />

in proprio<br />

Il disegno di copertina è di<br />

Santi Sindoni<br />

Quello a pag. 4 è di<br />

Gabriele Galati e Moreno Mele<br />

Quello a pag. 32 è di<br />

Dario Valentini<br />

I guai peggiori di questo mondo,<br />

non li provoca colui<br />

che racconta quello che sa,<br />

ma colui che racconta<br />

più di quello che sa<br />

redazione<br />

Il nuovo<br />

carte<strong>Bollate</strong><br />

via c. belgioioso, 120<br />

20157 milano<br />

direttore responsabile<br />

adriano todaro<br />

impaginazione e grafica<br />

alessandro de luca<br />

vincenzo mennuni<br />

paola pandiani<br />

revisione testi<br />

daniela tarini<br />

hanno collaborato, a vario titolo,<br />

a questo numero:<br />

ananke<br />

mauro brambilla<br />

lucia castellano<br />

antonio cirianni<br />

davide ditail<br />

fabio fossati<br />

andreas fulde<br />

testimoni di geova<br />

francesco giordano<br />

gellért hegedus<br />

francesco ironico<br />

biagio cerbone liberti<br />

mujo mujic<br />

franco palazzesi<br />

livio peppino<br />

francesco ribezzo<br />

teresa<br />

tina<br />

simone turetta<br />

libero vanutelli<br />

responsabile tecnico<br />

mario curtone<br />

stampa<br />

Questo periodico è stato realizzato<br />

grazie al contributo della<br />

cooperativa Articolo 3<br />

Registrazione Tribunale di Milano<br />

n. 862 del 16 novembre 2005


Cari lettori,<br />

”ospiti” dell'Istituto di <strong>Bollate</strong>, mi<br />

rivolgo a voi per riflettere su alcuni problemi<br />

che ritengo si possano risolvere<br />

al più presto, consentendo a tutti una<br />

convivenza e un miglioramento della vita<br />

all'interno della casa di reclusione. Occupandomi<br />

della manutenzione ordinaria<br />

dei fabbricati (Mof), ho la possibilità di<br />

muovermi in tutto l'istituto. Pertanto,<br />

ho potuto constatare che vengono, continuamente,<br />

commessi tanti piccoli atti<br />

vandalici, contro beni comuni. Non solo,<br />

ma si spreca abbondantemente acqua e<br />

energia elettrica che, come tutti sanno,<br />

scarseggiano.<br />

Questa mia critica non è fine a se<br />

stessa, ma nasce dall'esigenza di preservare<br />

quanto ci permette di condurre<br />

una vita dignitosa. A tal fine invito tutti<br />

quanti ad assumere un comportamento<br />

più responsabile, per non danneggiare<br />

l'intera comunità carceraria.<br />

A mio parere, basterebbero solo piccoli<br />

accorgimenti e avere un po' di buona<br />

volontà, per fare funzionare tutto nel<br />

migliore dei modi.<br />

Si sa, ormai, da tempo, che l'acqua è<br />

un bene prezioso e che in molti Paesi la<br />

LETTERE IN REDAZIONE<br />

Contro il vandalismo<br />

nel nostro carcere<br />

gente muore a causa della sua scarsità.<br />

Perché sprecarla, dunque? Dovremmo<br />

soltanto chiudere i rubinetti dopo<br />

averla utilizzata, evitandone l'inutile<br />

sciupìo.<br />

Anche l'energia elettrica potrebbe<br />

essere risparmiata se non si lasciassero<br />

luci e televisori accesi nelle celle vuote.<br />

Per non intasare le tubature, non si<br />

dovrebbe lasciare incautamente cadere<br />

alcun oggetto nelle docce o nei lavandini.<br />

Che dire, poi, delle prese di corrente<br />

staccate dai muri, dei cavi dell'impianto<br />

elettrico divelti, cioè strappati dalla loro<br />

sede, quella dell'impianto dello stesso<br />

fabbricato?<br />

Forse qualcuno crede di sfogare la<br />

propria rabbia su queste cose, pensando<br />

di nuocere alle istituzioni. Secondo me<br />

si sbaglia proprio, perché siamo solo noi<br />

a rimetterci!<br />

Al contrario, sarebbe più proficuo<br />

preservare e avere cura di ciò che ci<br />

serve. Sono convinto che l'educazione e<br />

il rispetto di noi stessi e degli altri potrebbero<br />

permetterci di condurre un'esistenza,<br />

quantomeno, accettabile.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 4<br />

L'Istituto di <strong>Bollate</strong> ci sta offrendo<br />

tanta disponibilità per migliorare la qualità<br />

della vita carceraria. Non sarebbe<br />

saggio cogliere queste opportunità per<br />

vivere meglio?<br />

Davide Ditail<br />

Detenuto premiato<br />

dal ministro<br />

Un nostro compagno detenuto,<br />

Claudio Marongio, del terzo reparto,<br />

ha vinto un premio prestigioso da<br />

parte del ministero dell'Ambiente. Si<br />

tratta di un progetto di pannelli solari<br />

da applicare nel carcere. Dopo la consegna<br />

del premio, avvenuta a Roma,<br />

il ministro dell'Ambiente in carica,<br />

Matteoli, ha avuto parole di incoraggiamento<br />

per il lavoro del nostro<br />

compagno.<br />

Il progetto si basa su uno studio<br />

dell’acqua consumata in carcere<br />

soprattutto per le docce e la soluzione,<br />

per risparmiare, attraverso un sistema<br />

di pannelli solari.<br />

Sul prossimo numero del giornale<br />

cercheremo di approfondire i risultati<br />

che hanno portato il nostro compagno<br />

a ricevere il prestigioso premio “Sviluppo<br />

e Ambiente”.


GLI SPIONI DEL MINISTERO / Denuncia de il manifesto<br />

SQUADRA SPECIALE PER CONTROLLARE<br />

DETENUTI, AGENTI, VOLONTARI E<br />

PERSONALE CARCERARIO?<br />

Disposizioni inquietanti del Dap immediatamente da bloccare<br />

Tra la fine del governo Berlusconi e<br />

l'inizio di quello di Romano Prodi, in<br />

quei giorni d'interregno, il capo del Dap<br />

(Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria),<br />

Giovanni Tinebra ha inviato<br />

una serie di ordini di servizio tesi a creare<br />

una rete di intelligence interna alle carceri<br />

per controllare e monitorare in modo<br />

“continuativo e centralizzato” tutte le attività<br />

che avvengono nelle carceri italiane, i<br />

collegamenti con il mondo esterno, le attività<br />

del personale e degli agenti di polizia<br />

penitenziaria.<br />

Questo è quanto risulta da un'interrogazione<br />

della deputata del Prc, Graziella<br />

Mascia al ministro della Giustizia Clemente<br />

Mastella. Si tratterebbe di 250 poliziotti<br />

a livello regionale e per singolo carcere,<br />

distratti dai loro compiti istituzionali e<br />

scelti personalmente dal capo dell'Ufficio<br />

ispettivo Salvatore Leopardi, preposte a<br />

non meglio indicate attività informative e<br />

operanti “nell'assoluta riservatezza degli atti<br />

compiuti”.<br />

Il tutto parte dall'ordine di servizio<br />

n. 2 del 2006, firmato il 9 <strong>maggio</strong> scorso<br />

dallo stesso Leopardi, quando governo e<br />

presidente della Repubblica non si erano<br />

ancora insediati. Dall'ordine di servizio si<br />

viene a sapere che le strutture periferiche<br />

possono operare solo dietro “espressa richiesta”<br />

del capo e che devono trasmettere a<br />

Leopardi “prontamente e tempestivamente”,<br />

“ogni dato o notizia anche parziale ritenuta<br />

significativa”.<br />

Le attività d'intelligence non si limiterebbero<br />

alle indagini sui detenuti in<br />

41bis (come affermato il 26 <strong>maggio</strong> dopo<br />

l'interrogazione di Mascia), ma si allargherebbero<br />

ai detenuti ordinari e perfino,<br />

come parrebbe dalla circolare preparatoria<br />

firmata da Giovanni Tinebra, a chiunque<br />

operi nelle carceri.<br />

Il 7 febbraio 2006, Tinebra getta le<br />

basi per l'opera di Leopardi comunicando<br />

a tutti i provveditori regionali che “l'ufficio<br />

per l'attività ispettiva e di controllo, con la<br />

collaborazione di articolazioni periferiche di<br />

prossima istituzione sul territorio”, avrebbe<br />

provveduto sia ad una attività centralizzata<br />

di gestione e controllo di dati già acquisiti,<br />

sia ad attività d'intelligence e investigazione<br />

vere e proprie. Scrive testualmente Tinebra<br />

che le future articolazioni si occuperanno<br />

di: 1) acquisizione, analisi e monitoraggio,<br />

continuativi e centralizzati, di elemen-<br />

La direzione: “A <strong>Bollate</strong> nessun controllo”<br />

Di questa incredibile e inquietante vicenda, abbiamo chiesto alla direzione<br />

del nostro carcere di fugare qualsiasi dubbio in proposito. Ecco quanto ci ha<br />

dichiarato la vice direttrice Cosima Buccoliero: “Per quanto mi consta, lo scopo<br />

dell’attività nonché la sua organizzazione della quale si parla nell’articolo,<br />

risponderebbe ad altri scopi e, comunque, è tutto in fase di progettazione.<br />

Comunque posso affermare con certezza che nell’istituto di <strong>Bollate</strong> non esiste<br />

un controllo del genere”.<br />

ti documentali e dei dati informativi di<br />

natura fiduciaria riguardanti ciascuna delle<br />

persone sottoposte al 41bis;<br />

2) esame comparato, sempre continuativo<br />

e centralizzato, di tutti gli elementi e<br />

dei dati acquisiti;<br />

3) acquisizione, analisi e monitoraggio,<br />

continuativi e centralizzati, di tutti i possibili<br />

canali di collegamento, intramurario<br />

ed extramurario;<br />

4) approfondimento informativo degli<br />

eventuali canali di collegamento, anche<br />

extramurario;<br />

carte<strong>Bollate</strong> 5<br />

Chi è il capo del<br />

Dap<br />

Giovanni Tinebra<br />

Nato il 15 <strong>giugno</strong> 1941 ad Enna,<br />

è stato Procuratore della Repubblica<br />

di Nicosia dal 1983 sino al 1992<br />

quando è stsato nominato Procuratore<br />

della Repubblica del Tribunale di<br />

Caltanissetta, incarico che manterrà<br />

sino al 2001 quando passerà al Dap.<br />

Ha gestito importanti indagini<br />

fra cui quelli relativi agli omicidi<br />

di Giangiacomo Ciaccio Montalto,<br />

Antonio Saetta e Rosario Livatino,<br />

ma ha anche indagato sulle stragi di<br />

Pizzolungo, Chinnici, Capaci e via<br />

D’Amelio. Personaggio, dunque,<br />

molto importante, capace e impegnato<br />

che spesso, nei pubblici dibattiti,<br />

ha preso posizioni, che potremmo<br />

definire democratiche, sulle carceri e<br />

contro la mafia (“senza dubbio una<br />

organizzazione criminale, ma, per certi<br />

versi, è anche un modo di pensare molto<br />

diffuso...”).<br />

Proprio per questo si fatica a<br />

comprendere questa circolare e proprio<br />

per questo è necessario fare subito<br />

chiarezza. Abbiamo detto personaggio<br />

importante e come tale con paga<br />

adeguata. Il suo stipendio annuo è<br />

attorno a 180 mila euro. Il capo del Dap,<br />

però, proprio perché responsabile della<br />

Polizia penitenziaria, ha un’indennità<br />

aggiuntiva - contrattata con il governo<br />

di volta in volta - che supera le 200<br />

mila euro l’anno. Quindi, in totale,<br />

Tinebra porta a casa ogni anno attorno<br />

ai 400 mila euro che contano anche a<br />

fini pensionistici.<br />

5) eventuali sviluppi di indagini preliminari<br />

all'esito dell'approfondimento<br />

informatico qualora questo evidenzi ipo-


tesi di reato (come richiesto dalla Dnaantimafia).<br />

L'ordine per Leopardi è di avviare<br />

“tempestivamente” i “contatti preliminari”.<br />

E Leopardi si muove. A marzo, con l'aiuto<br />

del direttore del carcere di Sulmona, Giacinto<br />

Siciliano, inizia a costruire la sua rete,<br />

convocando a Roma i vari provveditori. A<br />

voce indica i punti su cui dovrebbe operare<br />

l'intelligence: la criminalità organizzata, il<br />

terrorismo internazionale, il terrorismo<br />

interno e le attività anarco-insurrezionaliste.<br />

Come si vede, maglie molto larghe<br />

dove ci potrebbe stare dentro di tutto, da<br />

un direttore di carcere non allineato, agli<br />

agenti troppo morbidi, passando per chi in<br />

carcere opera come volontario con l'ausilio,<br />

si suppone, di meccanismi tecnologici<br />

per intercettazioni ambientali, telefoniche<br />

e della corrispondenza.<br />

Sono disposizioni inquietanti che pensavamo<br />

residui del passato. Il capo del<br />

Dap, Giovanni Tinebra, è stato nominato<br />

poco tempo addietro procuratore generale<br />

di Catania. Speriamo che con lui si dissolvino<br />

anche queste idee pericolose, per non<br />

far ripiombare l'Italia nei dossier personali.<br />

Il nuovo governo ha il dovere di bloccare<br />

sul nascere queste deviazioni istituzionali.<br />

Sindacati<br />

di polizia e politici:<br />

“Fare chiarezza”<br />

Nessuna smentita è venuta dal Dap di<br />

largo Daga. Si sono fatti sentire, invece,<br />

attraverso un lungo comunicato i <strong>maggio</strong>ri<br />

sindacati di Polizia penitenziaria<br />

(Fp-Cgil, Fp-Cisl, Uil, Pa, Osapp, Uspp<br />

e Siappe) preoccupati dell’ipotesi di una<br />

rete di spionaggio parallela e illegale nelle<br />

carceri italiane.<br />

I sindacati chiedono ai nuovi responsabili<br />

del ministero un confronto “anche<br />

a tutela del personale” che ricordano essere<br />

“agenti di polizia come tutti gli altri e già da<br />

tempo svolgiamo funzioni di polizia giudiziaria<br />

sotto il coordinamento della magistratura”.<br />

Se non si fa chiarezza, continua il<br />

comunicato dei sindacati “c’è il rischio che<br />

i cittadini maturino un’idea sbagliata del<br />

compito gravosissimo che svolgiamo”.<br />

Secondo i sindacati c’è grande malessere<br />

fra i 44 mila agenti italiani per la ristrettezza<br />

delle risorse e “le voci ricorrenti su un<br />

clima interno ai vertici saturo di sospetti”.<br />

A conferma di ciò, i sindacati citano l’au-<br />

Alessandro Margara: “L’ufficio ispettivo<br />

non può avere compiti di spionaggio”<br />

Alessandro Margara, storico magistrato di sorveglianza, è stato a capo del Dap<br />

dal 1997 al 1999. Da sempre alfiere di una visione “critica” e “non custodialista”<br />

del carcere, afferma che “Dietro iniziative come quella che il manifesto ha reso noto,<br />

mi pare ci sia una vecchia idea di fondo: che il carcere tutto sommato è un ambiente<br />

che può sempre servire ad operazioni di polizia. Ora, questa non è un’idea nuova, già<br />

durante gli ‘anni di piombo’ le carceri speciali erano state usate come una fonte di<br />

informazioni più che un luogo di nascita per eventuali collaborazioni, anche perché in<br />

quel contesto non è che ne nascevano molte. Ma all’epoca almeno il discorso si limitava<br />

ad un’area di detenuti ben specifica, come oggi potrebbero essere quelli sottoposti al 41<br />

bis”. Ma procedure come quelle denunciate, sono legali? Il giudizio di Margara è<br />

netto: “Assolutamente no. Ci sono sempre stati forti sospetti, se non timori, che controlli<br />

e intercettazioni di qualche genere si estendessero a tutto l’ambito penitenziario,<br />

compresa l’alta sorveglianza dove ci sono molti reclusi per reati mafiosi. Ma il controllo<br />

dei detenuti o di determinati ambienti già oggi è possibile con strumenti che possono<br />

ben prescindere da quelli descritti negli ordini di servizio da voi resi noti. E comunque<br />

usare strumenti tecnologici di tipo “americano”, ha bisogno di una giustificazione che<br />

venga da fonti ben più alte di quella di un particolare dirigente di un determinato<br />

ufficio. Serve comunque il controllo della magistratura: che tutto nasca così, quasi con<br />

naturalezza, attraverso disposizioni impartite neanche dal direttore del Dipartimento<br />

ma da un semplice dirigente mi pare molto grave”.<br />

Quello ispettivo, che ufficio è? Secondo Margara è molto strano che controlli<br />

simili siano demandati a questo ufficio. “L’ispettivo – sottolinea l’ex capo del<br />

Dap – per definizione, interviene solo di fronte a precise difficoltà, con posizioni e<br />

responsabilità ben determinate. Avergli dato compiti di intelligence è come averlo messo<br />

in tenuta permanente effettiva, sempre sul piede di guerra. Se fosse così, sembrerebbe<br />

una sorta di Ufficio per il controllo democratico che rievoca memorie davvero infelici...<br />

Quello che sconcerta è che il carcere diventi un settore di polizia: la nostra Costituzione<br />

dice ben altro... Via Arenula (sede del ministero-ndr) non può stabilire un vero<br />

cordone ombelicare con tipici interventi di polizia”.<br />

mento dei carichi di lavoro e il blocco del<br />

turn over, elementi che impediscono un<br />

lavoro sereno. Con i tagli al comparto -<br />

continua il comunicato - mancano perfino<br />

i soldi per la benzina, tanto che spesso i<br />

servizi di scorta operano al di sotto delle<br />

norme di sicurezza.<br />

Tutto questo in presenza del giro di vite<br />

previsto dalla Cirielli, gli effetti perversi<br />

della Bossi-Fini e della nuova legge sulle<br />

droghe. Il Dap ha comunicato, proprio<br />

alcuni giorni fa, che nei 207 penitenziari<br />

italiani è stato raggiunto ad aprile il numero<br />

record di 61.392 reclusi: il picco più<br />

alto da 15 anni a questa parte. In pochi<br />

mesi la sola Cirielli ha portato dietro le<br />

sbarre 3 mila persone in più, mentre i<br />

detenuti extracomunitari sono ormai il<br />

40% del totale.<br />

Prese di posizioni, su questa vicenda,<br />

anche da parte dell’associazione Antigone<br />

e di alcuni politici.<br />

Per Patrizio Gonnella, presidente di<br />

Antigone “l’avvicendamento ai vertici del<br />

carte<strong>Bollate</strong> 6<br />

Dap è un’occasione che non può andare<br />

sprecata. Per il carcere quelli passati sono<br />

stati anni di scarsa trasparenza, mentre è<br />

ineludibile garantire al meglio la funzione<br />

rieducativa della pena, con la quale non c’entrano<br />

nulla meccanismi di controllo diffusi e<br />

illegali”.<br />

Dello stesso avviso Giuseppe di Lello,<br />

magistrato e neosenatore di Riforndazione<br />

comunista. Secondo Di Lello “Fra i compiti<br />

istituzionali della Polizia penitenziaria<br />

non c’è quello di svolgere attività di intelligence.<br />

Le uniche intercettazioni legali sono<br />

quelle disposte dalla magistratura per ipotesi<br />

di reato specifiche”.<br />

Angelo Bonelli, capogruppo dei Verdi<br />

alla Camera, chiede, invece, di aprire subito<br />

un’indagine: “Se le notizie fossero confermate<br />

saremmo di fronte a fatti inquietanti e<br />

intollerabili per un Paese civile. Un servizio<br />

segreto autonomo, creato all’insaputa dei<br />

ministri competenti e in assenza di governo<br />

è un fatto di una gravità inaudita. Bisogna<br />

fare piena luce”.


“COS’È APOLIDE? UN PIATTO TIPICO?”<br />

La testimonianza di un nostro detenuto alle prese con<br />

l’ordinaria burocrazia, guerra e smembramenti delle nazioni<br />

Mi chiamo Mujo Mujic, quello che<br />

sto raccontando potrebbe sembrare<br />

un racconto d'appendice, invece, è quello<br />

che sto subendo.<br />

Sono nato ventisette anni fa in Croazia<br />

(ex Yugoslavia) da una famiglia di etnia<br />

diversa, padre bosniaco, madre serba.<br />

Ho trascorso la mia vita nella speranza di<br />

poter aiutare in qualche modo sia la mia<br />

famiglia che me stesso.<br />

Purtroppo, fin dall'età di sette anni<br />

la mancanza di scelte e mezzi mi hanno<br />

portato a frequentare il sottobosco della<br />

malavita; dovevo cavarmela da solo, non<br />

perché i miei genitori non volessero aiutarmi,<br />

ma per il sistema. Perciò, iniziai a<br />

fare dei piccoli furti per poter vivere, poi<br />

con l'età che avanzava, il piccolo furto si<br />

trasformò in rapina<br />

Nel 1990, in Yugoslavia, scoppiò la<br />

guerra civile. Avevo dieci anni ed ero più<br />

solo che mai, abbandonato al mio destino.<br />

Se oggi qualcuno mi chiedesse come<br />

riuscii a sopravvivere a tre anni di bombardamenti,<br />

non saprei cosa rispondere,<br />

anche perché ho cercato di cancellare il<br />

ricordo di quei momenti.<br />

Vista la situazione, decisi di passare<br />

clandestinamente in Italia, sognando di<br />

trovare la mia America. Su questo mi ero<br />

sbagliato. Il mio sogno finì dopo solo un<br />

mese, quando fui arrestato e portato nel<br />

carcere minorile.<br />

In carcere conobbi una brava educatrice<br />

che prese a cuore il mio caso e<br />

riuscì a farmi capire che, oltre ai furti e le<br />

rapine, esisteva un altro modo per vivere.<br />

Ne fui convinto.<br />

Decisi di cambiare la mia esistenza e<br />

di iniziare un percorso di vita corretto,<br />

all'insegna dell'onestà e del lavoro. Ero<br />

molto giovane ed ero certo che questo<br />

cambiamento mi avrebbe dato molte<br />

soddisfazioni e la possibilità, un domani,<br />

di crearmi una famiglia tutta mia.<br />

Per fare questo dovevo avere dei documenti.<br />

Il ministero dell'Interno chiamò<br />

la Croazia per potermi identificare. La<br />

Croazia rispose che Mujo Mujic, in quel<br />

Paese, esisteva solo come schedato per<br />

vari reati contro il patrimonio, non come<br />

membro della popolazione croata. Mi<br />

chiesi come era possibile questa cosa,<br />

visto che ero nato all'ospedale di Zagabria.<br />

Purtroppo, prima della guerra civile<br />

nessuna legge prevedeva l'obbligo di registrazione<br />

dei nascituri sul libro anagrafe<br />

dell'ospedale.<br />

Così non fui registrato, praticamente<br />

io non esistevo. Lo Stato croato, dopo<br />

la guerra, ottenne la sua indipendenza e<br />

vennero così cambiate tutte le leggi. Feci<br />

molti tentativi per avere dei documenti<br />

croati, ma loro mi negarono la cittadinanza.<br />

Non mi persi d'animo. Mio padre era<br />

bosniaco, pertanto, come figlio potevo<br />

chiedere la cittadinanza bosniaca.<br />

Fu un'altra delusione. Il consolato<br />

mi rispose che, essendo nato in Croazia,<br />

nazione con cui avevano avuto un<br />

sanguinoso conflitto, non intendevano<br />

accettarmi. Continuai il mio percorso alla<br />

ricerca di una nazionalità e provai con la<br />

Serbia, dato che mia madre apparteneva<br />

a quella etnia. La risposta fu la stessa della<br />

Bosnia.<br />

Non sapevo più dove rivolgermi,<br />

vedevo tutta la mia buona volontà di<br />

rifarmi una vita sgretolarsi come un muro<br />

di sabbia.<br />

Nel 1994 il tribunale dei minori di<br />

Milano decise in merito al mio affidamento<br />

e al conseguente permesso di soggiorno<br />

che mi fu concesso per un anno,<br />

anche se non avevo i documenti.<br />

Ripresi quella speranza che era venuta<br />

a mancare e cominciai a sentire il desiderio<br />

di avere una famiglia.<br />

Iniziai la mia nuova vita, lavorando<br />

come aiuto cuoco, visti i risultati positivi,<br />

il tribunale decise di continuare con<br />

l'affidamento fino al ventunesimo anno<br />

di età.<br />

Dal 1997 al 1999 la mia vita aveva<br />

preso la svolta desiderata. Finalmente<br />

potevo essere un “Signor qualcuno” in<br />

seno alla società. Poi tutto questo improvvisamente<br />

terminò e io mi ritrovai ancora<br />

una volta senza lavoro in mezzo alla strada.<br />

Cercai un lavoro in nero, cosa non<br />

facile. La gente aveva timore di tenere un<br />

extracomunitario, per lo più con precedenti<br />

penali. Solo alcuni spregiudicati mi<br />

carte<strong>Bollate</strong> 7<br />

avrebbero dato lavoro in nero con uno<br />

stipendio da fame, praticamente erano<br />

degli sfruttatori.<br />

Passarono i giorni, la fame e il freddo<br />

cominciarono a farsi sentire. Perciò,<br />

ripresi a rubare e fui arrestato.<br />

Tradotto a S. Vittore conobbi, ancora<br />

una volta, una volontaria che prese a<br />

cuore la mia situazione al punto che, pur<br />

trovando molti ostacoli nel percorrere<br />

l'iter burocratico, riuscì a farmi attribuire,<br />

dal tribunale civile di Milano, lo status<br />

d'apolide (cittadino del mondo).<br />

Nonostante abbia ottenuto codesto<br />

riconoscimento, sono circa tre anni che<br />

combatto per avere un documento. Ho<br />

chiesto anche agli educatori del carcere.<br />

Purtroppo, non per colpa loro, sembra<br />

che ottenere un documento in Italia sia<br />

un' impresa molto ardua.<br />

In Italia la legge per gli apolidi esiste<br />

solo fino alla sua attribuzione. Dopo di<br />

che c'è solo un vuoto incolmabile. Nessun<br />

ufficio è informato sul da farsi, nel<br />

caso in cui un apolide avesse bisogno di<br />

un documento d'identità.<br />

Dopo vari tentativi, ebbi un incontro<br />

con un responsabile del comune il quale,<br />

dopo aver ascoltato le mie richieste, mi<br />

chiese il certificato di nascita.<br />

Mi sembrò veramente che si rasentasse<br />

l'assurdo, forse avevo capito male e<br />

con gentilezza gli ripetei che ero apolide.<br />

Questo signore, che ricopriva un posto<br />

importante all'interno del comune, mi<br />

disse: “Ma cos'è un apolide? Un piatto tipico<br />

slavo?” Non intendo esternare cosa ho<br />

provato in quel momento dentro di me.<br />

Purtroppo, sono ancora nelle stesse<br />

condizioni di prima, pur avendo una<br />

certificazione di apolide. A cosa serve<br />

tutto questo, se poi la burocrazia non mi<br />

permette uno status regolare?<br />

Vorrei che questa mia storia vissuta<br />

fosse di monito ai lettori. Non sempre<br />

si sceglie la strada sbagliata nella vita. A<br />

volte, sono proprio quelli che ti giudicano<br />

ad importi quella strada. Mujo Mujic<br />

(testimonianza raccolta da<br />

Mario Curtone)


EMERGENCY: EMERGENCY LA FORZA DELLA SOLIDARIETÀ<br />

ATTIVA FRA I DETENUTI DI BOLLATE<br />

Uno stand all’Idroscalo gestito dal nostro carcere<br />

Nata a Milano nel 1994, Emergercy<br />

ha lo scopo di fornire assistenza<br />

medico-chirurgica alle vittime delle<br />

guerre e, soprattutto, delle mine<br />

antiuomo, costruendo e gestendo ospedali<br />

nelle zone <strong>maggio</strong>rmente colpite.<br />

L’associazione decide i suoi interventi<br />

basandosi su due criteri di selezione:<br />

l'effettivo bisogno di assistenza medico<br />

chirurgica specializzata da parte della<br />

popolazione e la scarsità o la mancanza<br />

di altri interventi umanitari analoghi<br />

nel Paese.<br />

Parallelamente alle attività mediche<br />

di assistenza alle vittime della guerra,<br />

in Italia Emergency promuove iniziative<br />

e campagne di solidarietà, di<br />

sensibilizzazione e di diffusione di una<br />

cultura di pace.<br />

Per questo motivo, Gino Strada,<br />

medico chirurgo e fondatore dell'associazione,<br />

è venuto qui da noi a <strong>Bollate</strong>.<br />

Nel teatro, gremito, ci ha raccontato<br />

quello che fa la sua associazione non<br />

governativa e non lucrativa.<br />

Con un look da sessantottino<br />

impenitente e la competenza professionale<br />

dettata dalla profonda conoscenza<br />

dei problemi delle zone disastrate, si è<br />

dimostrato un personaggio eccezionale;<br />

con enfasi ed il piglio di chi crede<br />

fermamente in quello che fa, si è ben<br />

districato nel raccontarci della confusione<br />

e la scarsa informazione che vi<br />

è nel ginepraio dei conflitti mondiali;<br />

guerre dimenticate, altre non interessanti<br />

a livello mediatico, altre nascoste<br />

e taciute con il menefreghismo e<br />

la complicità delle agenzie di stampa<br />

mondiali. Emergency fa quello che<br />

può, lo sa far bene e fa tanto: ospedali<br />

da campo, centri chirurgici, protesi,<br />

il tutto per le vittime civili dei conflitti<br />

che sono il 90% nel mondo; dal<br />

1994 sono oltre 1.800.000 i pazienti<br />

curati gratuitamente, e numerosi sono<br />

i programmi in corso per costruire<br />

nuovi centri chirurgici, ricostruzioni<br />

di villaggi, assistenza alle vedove, centri<br />

pediatrici, centri di riabilitazione e<br />

produzione protesi, forniture di molti<br />

strumentari chirurgici.<br />

L ' a s s i s t e n z a<br />

sanitaria ai prigionieri<br />

è una delle<br />

altre attività che<br />

fa l'associazione,<br />

argomento che ci<br />

tocca direttamente<br />

e ci coinvolge<br />

perché anche<br />

noi lo siamo.<br />

Gino Strada ci ha<br />

spiegato quanto<br />

fanno nelle prigionidimenticate<br />

nel mondo,<br />

completamente<br />

assenti anche di<br />

una parvenza di servizio sanitario e<br />

di assistenza; senza di loro i detenuti<br />

sarebbero alla mercè di malattie e<br />

decessi.<br />

Sull'argomento Strada ci ha informato<br />

che hanno fatto anche dei tentativi<br />

per entrare con la loro équipe<br />

sanitaria in un paio di carceri america-<br />

“Dal 1994, oltre<br />

1.800.000 pazienti sono<br />

stati curati gratuitamen-<br />

te in ospedali, cliniche<br />

e centri di riabilitazione<br />

gestiti da Emergency”<br />

ni come, Guantanamo e un altro, e gli<br />

sono state negate le autorizzazioni perché<br />

carceri in regime di massima sicurezza.<br />

Su questo diniego si è dilungato<br />

in un discorso antiamericano che io<br />

non condivido perché non mi sembra<br />

che tutti i guai di questo mondo sono<br />

causati solo dagli americani.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 8<br />

Basta vedere cosa succede in Cina<br />

dove i diritti civili sono all’ultimo<br />

posto e dove esiste ancora la pena di<br />

morte.<br />

In questo Paese, altre organizzazioni<br />

non governative come Amnesty<br />

International e Reporter sans frontiere<br />

stanno lavorando per migliorare le<br />

condizioni di vita di questo popolo e<br />

credo che l’appoggio di Emergency sia<br />

fondamentale.<br />

Altri interessanti incontri con<br />

l'équipe di Emergency sono stati fatti<br />

all'area trattamentale ed altri ci saranno,<br />

andando più nel dettaglio con spiegazioni<br />

e filmati delle singole guerre.<br />

Nel mese di <strong>maggio</strong> c’è stato anche un<br />

mercatino all'Idroscalo di Milano dove<br />

l'associazione ha venduto dei prodotti<br />

per auto finanziarsi; presente anche<br />

uno stand del nostro carcere dove un<br />

paio di detenuti in articolo 21 hanno<br />

venduto i prodotti donati dagli stessi.<br />

La già conosciuta generosità dei<br />

detenuti di <strong>Bollate</strong> non si è smentita<br />

nemmeno questa volta, e tutti ci siamo<br />

impegnati per il successo dello stand.<br />

Presso la biblioteca centrale vi è anche<br />

la possibilità di iscriversi all'associazione<br />

versando un contributo in base alle<br />

proprie possibilità.<br />

Franco Palazzesi


Ecco cosa fa<br />

Emergency<br />

Chirurgia<br />

Chirurgia di guerra, Chirurgia d’urgenza<br />

e traumatologica, Chirurgia generale<br />

e ricostruttiva.<br />

Medicina<br />

Medicina interna, Ostetricia e ginecologia,<br />

Pediatria, Pronto soccorso,<br />

Medicina di base, Assistenza sanitaria ai<br />

prigionieri.<br />

Riabilitazione<br />

Fisioterapia, Produzione di protesi e<br />

ortosi, Cooperative per disabili, Assistenza<br />

agli organi e alle vedove.<br />

Programmi completati<br />

Ruanda (1994), Reparto di chirurgia<br />

e reparto di ostetricia e ginecologia,<br />

Kigali.<br />

Eritrea (2000), Chirurgia di guerra.<br />

Ospedale Mekane Hiwet, Asmara.<br />

Cambogia (1999-2002), Quattro<br />

posti di pronto soccorso, Distretto di<br />

Samlot.<br />

Algeria (2003-2004), Centro di riabilitazione<br />

e produzione protesi, Medea.<br />

Angola (2003-2004), Centri sanitari,<br />

Provincia di Benguela.<br />

Iraq (1995-2005), Due Centri chirurgici<br />

per vittime di guerra a Sulaimaniya<br />

e Erbil - Due Centri di riabilitazione<br />

a Diana e Dohok, 22 posti di pronto<br />

soccorso.<br />

Programmi in corso<br />

Afganistan, Centro chirurgico per vittime<br />

di guerra, Kabul - Centro Medicochirurgico,<br />

Anabah - Centro chirurgico<br />

per vittime di guerra, Lashkargah - Centro<br />

di maternità, Anabah - 26 posti di pronto<br />

soccorso e centri sanitari - Assistenza alle<br />

vedove e agli orfani - Assistenza sanitaria<br />

ai prigionieri.<br />

Cambogia, Centro chirurgico per vittime<br />

di guerra, Battambang - 1 posto di<br />

pronto soccorso, O’Tatiek - 2 Cliniche<br />

mobili.<br />

Iraq, Centro di riabilitazione e produzione<br />

protesi, Sulaimaniya - Formazione<br />

professionale e cooperative per disabili.<br />

Nicaragua, Sostegno sanitario alla<br />

Casa de la Mujer, Granada - Centro<br />

“Nei conflitti contemporanei, il 90% delle vittime sono civili.<br />

“Dal 1994, anno<br />

della fondazione, fino<br />

al 2004, le spese soste-<br />

nute sono state di 84,7<br />

milioni di euro con<br />

un’incidenza dei costi di<br />

gestione pari<br />

al 5,11 per cento”<br />

pediatrico, Managua (in costruzione).<br />

Sierra Leone, Centro chirurgico e<br />

pediatrico, Goderich.<br />

Sri Lanka, Ricostruzione del villaggio<br />

Punochchimunai - Fornitura di strumentario<br />

chirurgico all’ospedale di Nagoda.<br />

Sudan, Reparto di chirurgia, Al Fashir,<br />

Darfur - Centro pediatrico, campo profughi<br />

Mayo (Khartoum) - Centro regionale<br />

di Cardiochirurgia Salam, Khartoum (in<br />

costruzione).<br />

Ogni anno la guerra distrugge la vita di milioni di persone nel mondo.<br />

Emergency fornisce assistenza medico-chirurgica gratuita e di elevata qualità<br />

nelle zone di guerra.<br />

Promuove una cultura di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani”<br />

I detenuti di <strong>Bollate</strong> per<br />

Lo striscione donato dalla redazione di carte<strong>Bollate</strong> ad EMERGENCY<br />

carte<strong>Bollate</strong> 9


Gentilissima dottoressa Lucia Castellano,<br />

con la presente desidererei sottoporle<br />

un piccolo problema.<br />

Come lei ben saprà, nel momento<br />

in cui nelle nostre celle si devono sostituire<br />

le lampade usurate, le stesse sono<br />

sostituite con delle lampade da 60 watt,<br />

che producono una luce molto bassa per<br />

la superficie che devono illuminare con<br />

la conseguenza che si fatica non poco,<br />

soprattutto a leggere in particolar modo<br />

per le persone di una certa età.<br />

Capisco molto bene la necessità di<br />

tenere sotto controllo la spesa dell'energia<br />

elettrica, tuttavia esistono in commercio<br />

delle lampade a basso consumo che con<br />

un voltaggio di 100 watt hanno un consumo<br />

inferiore alle lampade attualmente<br />

in uso.<br />

Naturalmente non si pretende che sia<br />

l'Amministrazione penitenziaria a fornircele.<br />

Le chiediamo soltanto di dare la<br />

possibilità, a chi lo desidera, di acquistarle<br />

tramite extra vitto.<br />

Certo della sua sensibilità, la ringrazio<br />

anticipatamente.<br />

Antonio Cirianni 1° Reparto<br />

Gentilissima dottoressa,<br />

l’organizzazione dei colloqui continua<br />

ad essere una spina nel fi anco sia dei detenuti<br />

che dei familiari. Più volte è stato<br />

promesso che il servizio sarebbe migliorato<br />

ma anche sabato 22/04/06 i familiari<br />

sono stati in attesa per diverse ore prima<br />

di fruire dell’istituto del colloquio.<br />

Abbiamo ritenuto doveroso chiedere<br />

spiegazioni agli agenti di servizio i quali<br />

purtroppo hanno lamentato che con noi<br />

del primo reparto fruiscono del colloquio<br />

anche l’infermeria, il secondo reparto,<br />

l’articolo ventuno, il sesto reparto e i lavoratori<br />

dell’azienda W.S.C. oltre alla carenza<br />

di personale operativo. Molte volte<br />

abbiamo sollevato il problema di staccare<br />

la domenica dal sabato per dar modo ai<br />

familiari che durante la settimana sono<br />

impegnati con il lavoro, di consumare un<br />

colloquio in più nei giorni di riposo, anche<br />

questa richiesta è caduta nel dimenticatoio,<br />

facendoci perdere un prezioso<br />

colloquio mensile.<br />

RECLAMI & RECLAMI<br />

Quello che non riusciamo a capire e<br />

perché uno spostamento così facile possa<br />

dare problemi. Se non viene assegnata la<br />

domenica al primo reparto viene assegnato<br />

al terzo e viceversa.<br />

Che sia così<br />

diffi cile calcolare<br />

un giorno a giro<br />

per donare un’ora<br />

con i familiari al<br />

detenuto?<br />

Mancata presenza<br />

della signora<br />

direttrice con delle<br />

riunioni mensili<br />

di reparto.<br />

Alla staccata<br />

e al terzo reparto<br />

lei è presente<br />

ogni mese con il<br />

tempismo di un<br />

orologio svizzero,<br />

informandosi dell’andamento del reparto<br />

e di cosa non va, mentre al primo reparto<br />

i detenuti sono abbandonati a se stessi.<br />

Non ci risulta nessun pericolo di virus<br />

contagioso al primo reparto.Come mai<br />

questa disparità di trattamento?<br />

Il campo sportivo: sono due anni che<br />

il campo sportivo è solo una chimera.<br />

Non si riesce a capire perché un carcere<br />

all’avanguardia, come dovrebbe essere<br />

questo, è penalizzato anche nelle cose<br />

più semplici. Noi pensiamo che il campo<br />

sportivo non deve necessariamente essere<br />

in uso solo della squadra di calcio. Il campo<br />

è nato per dar modo a tutti i detenuti<br />

di trascorrere due ore nel verde e non solo<br />

a pochi privilegiati come gli appartenenti<br />

alla squadra di pallone.<br />

Altro reclamo importante riguarda<br />

le sezioni del reparto: abbiamo accettato<br />

silenziosamente la chiusura delle sezioni,<br />

anche se ci sono state addossate colpe non<br />

nostre ma che riguardavano solo un paio<br />

di zelanti personaggi che lungi da loro il<br />

coraggio di farsi avanti assumendosi le<br />

proprie responsabilità, hanno permesso<br />

che tutto il reparto fosse penalizzato.<br />

È inaccettabile però che nelle sezio-<br />

ni non ci sia mai l’agente di servizio. La<br />

<strong>maggio</strong>r parte di chi lavora, oppure frequenta<br />

la scuola, deve sgolarsi a chiamare<br />

l’agente il quale pur sentendo e vedendo<br />

che chi sale appartiene alla sezione a lui<br />

carte<strong>Bollate</strong> 10<br />

assegnata, lascia il mal capitato ad aspettare<br />

a volte anche più di trenta minuti.<br />

Noi le chiediamo: se un detenuto<br />

sta male, oppure ha un attacco cardiaco<br />

che necessita urgentemente<br />

delle<br />

cure di un sanitario,<br />

come può<br />

salvarsi? Quando<br />

l’agente stanco di<br />

sentire gridare si<br />

decide fi nalmente<br />

a salire al piano, il<br />

detenuto può essere<br />

morto oppure<br />

aver subito lesioni<br />

irreversibili.<br />

A questo probabilmente<br />

non ci<br />

si pensa.<br />

Speriamo che<br />

questo nostro pensiero<br />

non sia premonitore. Noi speriamo<br />

che non debba mai succedere.<br />

Nel ringraziarla per l’attenzione, attendiamo<br />

fi duciosi una sua esauriente<br />

risposta.<br />

Cordiali saluti.<br />

I detenuti del primo reparto<br />

(seguono 106 fi rme)<br />

RISPONDE LA DIRETTRICE<br />

LUCIA CASTELLANO<br />

LAMPADINE DA LETTURA<br />

Le lampadine da 60 watt sono utilizzate<br />

per evitare eccessivo consumo di energia.<br />

M'informerò se è possibile, con lo stesso consumo,<br />

aumentare il voltaggio, come sostiene<br />

il signor Cirianni.<br />

COLLOQUI<br />

L'organizzazione del settore è stata<br />

recentemente rivisitata e abbiamo provveduto<br />

a distribuire, nell'arco del mese, i colloqui<br />

spettanti a ciascun reaparto il sabato<br />

e la domenica. Inoltre, abbiamo provveduto<br />

a chiamare il detenuto a colloquio<br />

appena i familiari entrano al block house,<br />

in modo da evitare le attese dei familiari<br />

nelle salette. È inoltre possibile fruire del


l'area verde, vista la stagione estiva. Spero<br />

che questi accorgimenti siano sufficienti a<br />

migliorare l'organizzazione. Alla fine del<br />

mese di <strong>giugno</strong> chiederò agli operatori un<br />

feed back sul nuovo assetto organizzativo.<br />

Saranno gradite proposte e suggerimenti da<br />

parte dell'utenza.<br />

RIUNIONI DI REPARTO CON IL<br />

DIRETTORE<br />

Purtroppo, non sempre riesco a mantenere<br />

l'impegno di una riunione mensile con<br />

ogni reparto. Non c'è discriminazione tra<br />

un reparto e l'altro, cerco di dare la priorità<br />

alle situazioni che mi sembrano più urgenti.<br />

Il primo reparto, che lamenta la mia<br />

assenza, è ben supportato da un buon gruppo<br />

di polizia penitenziaria, un educatore e<br />

un agente di rete a tempo pieno. Definirsi<br />

“abbandonati a se stessi” mi sembra un po’<br />

eccessivo.<br />

CAMPO SPORTIVO<br />

La fruizione del campo sportivo, a<br />

turno, per i vari piani di ogni reparto, è<br />

stata eliminata, per mancanza di personale.<br />

Per ora è appannaggio della sola squadra<br />

di calcio, anche perché uno dei due campi<br />

SPORT / Calcio<br />

I DETENUTI VERSO LA<br />

SECONDA CATEGORIA<br />

La squadra del nostro carcere, ha battuto<br />

l’Aldini bariviera di Milano per 3-0<br />

(goal di Emanuele Palmieri e doppietta di<br />

El Faiz Abdluahet, “Raul”).<br />

L’ultima partita che si disputerà domenica<br />

11 <strong>giugno</strong> sarà la decisiva per la<br />

seconda categoria. Ricordiamo ai lettori<br />

che il progetto ideato dalla direzione della<br />

II casa di reclusione di Milano, ha riscosso<br />

successo grazie alla preziosa disponibilità<br />

del presidente della squadra, Cosima<br />

Buccoliero (vice direttore del carcere) e<br />

alla capace collaborazione di Nazzareno<br />

Prenna, allenatore, nonché insegnante di<br />

educazione fisica del Ctp di Limbiate.<br />

La squadra del carcere, formata in<br />

prevalenza da stranieri, è nata per merito<br />

dei giocatori che si sono distinti nelle varie<br />

partite di campionato interno, disputate<br />

tra detenuti dei vari reparti.<br />

Poi, per continuare questo progetto<br />

sportivo e formare un team che potesse<br />

misurarsi anche con dei club esterni, venne<br />

chiamato Nazzareno Prenna.<br />

Nazzareno, dopo avere convocato tutti<br />

i giocatori delle varie sezioni, ha scelto una<br />

rosa di atleti che, impegnandosi con determinazione<br />

e volontà, hanno dato vita a un<br />

gruppo competitivo di calciatori.<br />

La squadra , così creata, che per motivi<br />

burocratici prende il nome di "II casa di<br />

reclusione", è stata iscritta al campionato<br />

Uisp (Unione italiana sport popolari), dove<br />

si è distinta vincendo la Coppa disciplina.<br />

Successivamente, terminata questa<br />

esperienza positiva, venne iscritta al campionato<br />

di terza categoria.<br />

Il nostro mister ha dovuto affrontare,<br />

malgrado l'ottimo lavoro, numerose diffi-<br />

coltà nel corso del campionato. Tra queste,<br />

soprattutto, le varie sostituzioni dei giocatori<br />

, dovute sia all'uscita dal carcere, sia al<br />

fine pena, ma anche per le varie espulsioni<br />

dal territorio italiano verso il loro Paese<br />

d'origine.<br />

Perciò, altri hanno dovuto, improvvisamente,<br />

subentrare ed essere allenati sul<br />

campo in breve tempo. Questo non ha<br />

impedito al nostro Nazzareno di lavorare<br />

carte<strong>Bollate</strong> 11<br />

è stato sacrificato al cantiere recentemente<br />

aperto per la costruzione di due nuovi padiglioni.<br />

Ne riparleremo dopo la pausa estiva,<br />

cercando di estendere la fruizione del campo<br />

a tutti i detenuti che lo desiderino.<br />

PRESENZA DELL'AGENTE SUL<br />

PIANO<br />

Succede che durante la pausa pranzo dei<br />

colleghi, un agente debba far servizio su due<br />

piani. È sempre conseguenza della carenza<br />

di personale che affligge questo Istituto. Mi<br />

risulta però che, in caso di urgenze, non ci<br />

sia mai stato alcun ritardo nel soccorso.<br />

con quella grande determinazione che lo<br />

distingue, riuscendo a formare i nuovi<br />

giocatori, nei tempi previsti, per la disputa<br />

delle successive partite.<br />

La squadra del carcere, per ovvi motivi,<br />

è stata costretta a disputare tutte le partite<br />

sul proprio terreno di gioco.<br />

Se conquisterà la categoria superiore,<br />

dovrà avere la possibilità di poter accedere<br />

ai campi esterni. Altrimenti, a che sarebbe<br />

servita la fatica e la volontà di reinserimento<br />

dimostrata?<br />

Fra gli spettatori anche il telecronista<br />

Bruno Pizzul a cui abbiamo chiesto un<br />

parere sulla bufera che coinvolge il calcio<br />

italiano. Secondo il telecronista “anche gli<br />

arbitri sono uomini e come tutti gli uomini<br />

possono commettere degli sbagli voluti o<br />

non. Quando si entra nel giro di persone<br />

poco scrupolose, non è facile poi ritornare<br />

sui propri passi. Comunque, non bisogna<br />

fare conclusioni affrettate perché i mezzi di<br />

comunicazione a volte esagerano. È meglio<br />

aspettare che la giutizia sportiva faccia il<br />

proprio corso”.<br />

Ma Lippi avrebbe dovuto dimettersi<br />

dopo lo scandalo che coinvolgeva la Gea e<br />

di riflesso il figlio?<br />

Anche se è stato coinvolto il figlio<br />

– continua Pizzul – non doveva dimettersi.<br />

“Lamento solo – soggiunge il telecronista<br />

– la mancata convocazione di Panucci che<br />

per una incompatibilità di carattere ha privato<br />

la nazionale di un ottimo elemento”.<br />

Bruno Pizzul da tempo è impegnato<br />

nel sociale con un rapporto molto intenso<br />

con le carceri. Secondo il suo parere, “lo<br />

sport ha un ruolo molto importante ai fini<br />

del resinserimento del detenuto se è fatto,<br />

praticato e concepito nella giusta maniera a<br />

tutti i livelli”.<br />

Mario Curtone


Le tabelle Fini-Giovanardi sulle droghe<br />

UN PASTICCIO PERICOLOSO CHE CI<br />

TRASFORMA IN DELINQUENTI VIRTUALI<br />

Cancellare al più presto questo obbrobrio giuridico<br />

“Quindici Quindici o venti spinelli, cinque strisce<br />

di coca, coca, dieci iniezioni iniezioni di eroina, cinque<br />

compresse di ecstasy o anfetamine: queste le<br />

quantità massime massime consentite per il consumo<br />

personale, il cui superamento introduce una<br />

presunzione di spaccio e apre la porta a una<br />

condanna da sei a venti anni di carcere”.<br />

Il messaggio che ha accompagnato la<br />

diffusione delle tabelle predisposte dalla<br />

Commissione chiamata a precisare la<br />

disciplina introdotta con la legge 2 febbraio<br />

2006 n. 49, è chiaro e univoco, pur<br />

se resta tutta da verificare la sua resistenza<br />

di fronte alla complessità del reale.<br />

I pilastri della svolta repressiva in atto in<br />

tema di stupefacenti e tossicodipendenze<br />

sono noti: l’assimilazione delle droghe<br />

leggere a quelle pesanti, l’aumento<br />

abnorme delle pene per la detenzione<br />

ai fini diversi dal consumo personale<br />

(elevate nel minimo a 6 anni), la drastica<br />

diminuzione delle ipotesi di applicabilità<br />

dell’attenuante della lieve entità del fatto<br />

(esclusa dalla legge n. 251/2005 nel caso<br />

di reato commesso da un recidivo), l’aumento<br />

– qualitativo e quantitativo – delle<br />

sanzioni amministrative, comunque previste<br />

per l’uso di qualunque stupefacente<br />

in qualunque quantità.<br />

È in questo contesto che mutano mutano il<br />

di Livio Pepino*<br />

Con la responsabilità<br />

tabellare il sospetto si<br />

trasforma in prova:<br />

la storia insegna che dal<br />

sospetto spacciatore si può<br />

passare al sospetto<br />

terrorista, al sospetto<br />

criminale, all’untore<br />

ruolo e la funzione delle tabelle previste<br />

dal testo unico n. 309/1990: da indicatore<br />

delle sostanze vietate a improprio sostituto<br />

del giudice nell’accertamento della<br />

finalità della detenzione.<br />

Il nuovo comma 1 bis del testo unico<br />

sugli stupefacenti prevede, infatti, la pena<br />

di reclusione da sei a venti anni e la<br />

multa da 26.000 a 260.000 euro per<br />

chi “importa, mporta, esporta, acquista, riceve a<br />

qualsiasi titolo o comunque illecitamente<br />

detiene sostanze stupefacenti o psicotrope<br />

che per quantità, in particolare se superiore<br />

ai limiti massimi indicati con decreto del<br />

ministro della Salute, emanato di concerto<br />

con il ministro della Giustizia sentita<br />

PROSPETTO RIEPIGOLATIVO PER LE PRINCIPALI SOSTANZE STUPEFACENTI<br />

SOSTANZA DOSE MEDIA<br />

SINGOLA (IN MG) (1)<br />

MOLTIPLICATORE<br />

VARIABILE (2)<br />

QUANTITÀ<br />

QUANTIT À MASSIMA<br />

DETENIBILE (IN MG<br />

DI PRINCIPIO ATTIVO)<br />

la presidenza del Consiglio dei ministri<br />

- Dipartimento nazionale per le politiche<br />

antidroga, ovvero per modalità di presentazione,<br />

avuto riguardo al peso lordo complessivo<br />

o al confezionamento frazionato,<br />

ovvero per altre circostanze dell’azione,<br />

appaiono destinate a un uso non esclusivamente<br />

personale”.<br />

E in due mesi di lavoro la solerte<br />

commissione ministeriale ha stabilito,<br />

per ciascuna sostanza, la “dose media<br />

singola” (corrispondente alla “quantità<br />

di princìpio attivo per singola assunzione<br />

idonea a produrre in un soggetto tollerante<br />

e dipendente un effetto stupefacente o<br />

psicotropo”), il “moltiplicatore variabile”<br />

(“individuato in base alle caratteristiche<br />

di ciascuna classe di sostanze e con particolare<br />

riguardo al potere di indurre alterazioni<br />

comportamentali e scadimento<br />

delle capacità psicomotorie”) e, infine, la<br />

“quantità massima detenibile” (determinata<br />

dal prodotto della dose singola e del<br />

moltiplicatore).<br />

Inutile dire che questa individuazione<br />

preventiva dello spacciatore virtuale è<br />

priva di ogni attendibilità fattuale e stravolge<br />

i princìpi fondamentali dell’equità,<br />

della logica e del diritto. Bastino alcuni<br />

flash.<br />

SOSTANZA LORDA<br />

IN GRAMMI<br />

N. DI COMPRESSE (3)<br />

Eroina 25 10 250 1,7 (15%) 10 ass.<br />

Cocaina 150 5 750 1,6 (45%) 5 ass.<br />

Cannabis<br />

(marijuana e hashish)<br />

NUMERO DI DOSI/<br />

ASSUNZIONI (3)<br />

25 20 500 5 (10%) 15 – 20 ass.<br />

Mdma (ecstasy) 150 5 750 5 compr. 5 ass.<br />

Amfetamina 100 5 500 5 compr. 5 ass.<br />

Lsd 0,05 3 0,150 3 francobolli 3 ass.<br />

(1) “Quantità di principio attivo per singola assunzione idonea a produrre in un soggetto tollerante e dipendente un eff etto stupefacente o spicotropo”.<br />

(2) “Individuato in base alle caratteristiche di ciascuna classe di sostanze e con particolare riguardo al potere di indurre alterazioni comportamentali e scadimento della<br />

capacità psicomotoria”.<br />

(3) Questo dato, pur essendo fornito dal governo, ha solo valore orientativo.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 12


Primo. Moltiplicare per un numero<br />

determinato la “dose media singola”<br />

(anche a ritenere tale concetto dotato di<br />

una qualche dignità scientifica) può indicare,<br />

in ipotesi, il margine di pericolosità<br />

di assunzioni ravvicinate nel tempo, ma è<br />

strutturalmente inidoneo a dire alcunché<br />

sulla finalità della relativa detenzione:<br />

definire spacciatore per legge chi detiene<br />

16 anziché 15 spinelli è del tutto irrazionale<br />

e privo di riscontri nelle più comuni<br />

massime di esperienza.<br />

Secondo. La civiltà dei moderni ha<br />

abbandonato il sistema delle prove legali:<br />

nessuno può essere ritenuto colpevole in<br />

base alla direzione del volo degli uccelli,<br />

o al numero delle testimonianze d’accusa,<br />

o alla status dell’accusatore. La condanna<br />

esige, in ogni caso, un giudizio in concreto<br />

sorretto dal vaglio critico delle prove<br />

acquisite: cioè esattamente ciò che viene<br />

escluso dal sistema delle tabelle.<br />

Terzo. Per rendere praticabile questo<br />

distorto meccanismo, la legge ha costruito<br />

un inedito diritto penale dell’apparen-<br />

za: secondo il comma 1 bis dell’art. 73<br />

del testo unico n. 309 si è colpevoli non<br />

se si spaccia, ma se le sostanze detenute<br />

“appaiono destinate a un uso non esclu-<br />

sivamente personale” (sic!). sic!). sic! La domanda<br />

al novello Giustiniano è d’obbligo: cosa<br />

accade se la detenzione (data la quantità)<br />

sembra destinata allo spaccio, ma in concreto<br />

si accerta al di là di ogni ragionevole<br />

dubbio che così non è?<br />

Quarto. La responsabilità tabellare<br />

realizza, a ben guardare, l’introduzione<br />

nel sistema “del tipo d’autore” o, in altri<br />

termini, la trasformazione del sospetto<br />

in prova: la storia insegna, peraltro, che<br />

dal “sospetto spacciatore” è agevole passare<br />

al “sospetto terrorista”, al “sospetto<br />

delinquente” o all’untore untore di manzoniana<br />

memoria.<br />

C’è quanto basta per drastici interventi<br />

demolitori della Corte costituzionale e<br />

prima ancora, nei limiti della sua competenza,<br />

della magistratura. Sperando che<br />

non ce ne sia bisogno, avendo la nuova<br />

<strong>maggio</strong>ranza parlamentare la possibilità<br />

di cancellare subito, con un tratto di<br />

penna, questo scempio etico e giuridico.<br />

*Sostituto procuratore generale di Torino.<br />

da Fuoriluogo n. 4<br />

Pena di reclusione da 6 a 20 anni e la multa da 26.000<br />

a 260.000 euro per chi “importa, esporta, acquista,<br />

riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene<br />

sostanze stupefacenti o psicotrope se superiore ai limiti<br />

massimi indicati...”<br />

SALVIAMO LA COSTITUZIONE. VOTIAMO NO*<br />

Il 25 e 26 <strong>giugno</strong> il popolo italiano<br />

si recherà alle urne per il referendum<br />

sulla Costituzione. È un voto, quello del<br />

referendum, importantissimo. La Costituzione<br />

italiana non è soltanto la legge<br />

fondamentale del Paese; è il patto con cui<br />

si stipula la condivisione di un insieme di<br />

valori, di princìpi, di regole essenziali che<br />

tutti devono osservare ed impegnarsi a<br />

realizzare, quale che sia il programma delle<br />

forze che – assumendolo come cornice e<br />

punto di riferimento della propria attività<br />

politica – si confrontano e si scontrano<br />

democraticamente per chiedere e ottenere<br />

il consenso dei cittadini. Con la modifica<br />

di oltre 50 articoli della Costituzione, il<br />

precedente governo ha introdotto un falso<br />

federalismo, mettendo in pericolo l’unità<br />

nazionale, colpendo elementari diritti dei<br />

cittadini, delle lavoratrici e dei lavoratori,<br />

indebolendo i poteri di importanti<br />

organi costituzionale. Per queste ragioni<br />

chiediamo, a tutti coloro che lo possono<br />

esercitare, di votare NO al referendum del<br />

25 e 26 <strong>giugno</strong>.<br />

Se fosse una partita di calcio,<br />

ecco le formazioni in campo<br />

La squadra del 1948<br />

De Gasperi, Moro, La Pira,<br />

Dossetti, Lazzati, Croce,<br />

Einaudi, Valiani, Calamandrei,<br />

Parri, Nitti, Saragat, Pertini,<br />

Nenni, Togliatti, Amendola,<br />

Terracini.<br />

La squadra del 2005<br />

Berlusconi, Previti, Dell’Utri,<br />

Tremonti, Berruti, Bondi,<br />

Schifani, Sgarbi, Bossi,<br />

Borghezio, Calderoli, Castelli,<br />

La Russa, Fini, Nania.<br />

Buona parte dei nomi della prima squadra sono nelle enciclopedie,<br />

non solo in quelle italiane. Buona parte dei nomi della<br />

seconda sono negli elenchi degli indagati, dei patteggiati, dei<br />

condannati. In un Paese normale i giocatori della prima squadra<br />

sarebbero custoditi nelle memoria e nella stima di ogni cittadino.<br />

In un Paese normale molti dei giocatori della seconda squadra<br />

sarebbero custoditi da guardie o da infermieri professionali.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 13<br />

*da www.beppegrillo.it


SILLABE STORTE E SECCHE<br />

COME UN RAMO<br />

di don Fabio Fossati<br />

Con quest'articolo comincio una<br />

collaborazione continuativa con<br />

carte<strong>Bollate</strong>.<br />

Inizio male: sono in clamoroso ritardo<br />

sulla consegna del pezzo, mi sono seduto<br />

alla scrivania col tempo contato e tra pochi<br />

minuti devo rientrare in istituto per consegnare<br />

l'articolo! Sono abituato a scrivere<br />

articoli – ormai lo faccio da tanti anni<br />

– ma di solito scrivo su giornali “confessionali”,<br />

sui bollettini parrocchiali dove posso<br />

dire di essere a casa mia e dove l'ascolto da<br />

parte del “pubblico” è garantito (se non<br />

altro per la passione inveterata dei parrocchiani<br />

al pettegolezzo e alla critica del<br />

malcapitato prete di turno).<br />

Qui, invece, mi trovo “in trasferta” e<br />

mi domando come vincere le inevitabili<br />

diffidenze che possono sorgere, leggendo<br />

le parole del cappellano che non è mai<br />

una figura neutra. Scrivere per carte<strong>Bollate</strong><br />

significa, infatti, scrivere per diversissime<br />

categorie di persone: per credenti e non<br />

credenti, per agnostici o indifferenti, per<br />

credenti cristiani e credenti non cristiani<br />

(musulmani o altro), per cattolici o protestanti,<br />

per gente di sinistra o di destra<br />

(o di centrosinistra o centrodestra, non<br />

vorrei urtare la suscettibilità di qualcuno),<br />

per giustizialisti o garantisti… e l'elenco<br />

potrebbe andare avanti ancora per molto.<br />

Allora, per onestà, è giusto dichiarare<br />

all'inizio i propri criteri personali di giudizio<br />

e le proprie appartenenze, così da dare<br />

a tutti delle chiavi di lettura appropriate<br />

circa i miei futuri articoli.<br />

Dichiaro due semplici criteri del mio<br />

modo di considerare la realtà.<br />

Il primo, fa riferimento ad un'indimenticabile<br />

poesia di Montale, mia grande<br />

passione affettiva e intellettuale. Ve la<br />

riporto tale e quale, pensando che non<br />

abbia bisogno di alcuna spiegazione ulteriore:<br />

”Non chiederci la parola che squadri<br />

da ogni lato / l'animo nostro informe, e<br />

a lettere di fuoco / lo dichiari e risplenda<br />

come un croco / perduto in mezzo a un<br />

polveroso prato. / Ah l'uomo che se ne<br />

va sicuro / agli altri ed a se stesso amico<br />

/ e l'ombra sua non cura che la canicola<br />

/ stampa sopra uno scalcinato muro. /<br />

Non domandarci la formula che mondi<br />

possa aprirti / sì qualche storta sillaba e<br />

LA PRECARIETÀ DEL LAVORO<br />

AL CENTRO DI UN DIBATTITO<br />

Il tema del lavoro è stato al centro di un dibattito<br />

– organizzato dalla nostra redazione – il 4 <strong>maggio</strong> scorso<br />

cui hanno partecipato<br />

una quarantina di detenuti,<br />

rappresentanti delle<br />

istituzioni, professori della<br />

scuola. L’idea di un dibattito<br />

del genere dove poter<br />

discutere della precarietà<br />

del lavoro, della festa del<br />

primo <strong>maggio</strong>, di come la<br />

società si stia globalizzando<br />

nel mondo lavorativo, è<br />

partita da un gruppo di<br />

giovani che, dall’11 marzo<br />

scorso, sono detenuti in<br />

questo istituto per aver<br />

cercato di impedire una<br />

manifestazione fascista.<br />

Un tema, quello del<br />

carte<strong>Bollate</strong> 14<br />

secca come un ramo. / Codesto solo oggi<br />

possiamo dirti / ciò che non siamo, ciò che<br />

non vogliamo”.<br />

Sono un credente, ma dichiaro anche<br />

la mia ricerca. So bene cosa non voglio,<br />

fatico di più a capire cosa voglio e in quale<br />

direzione camminare. Cerco compagni di<br />

strada che mi accompagnino, qualunque<br />

sia la loro cultura o la loro religione. Il carcere<br />

è un interessante luogo di confronto e<br />

di discussione, soprattutto per l'incessante<br />

possibilità che mi dà di dialogare con<br />

uomini concreti, con le loro storie, le loro<br />

sconfitte e le loro straordinarie vittorie.<br />

Il secondo fa riferimento a quattro<br />

brevissimi scritti che hanno cambiato la<br />

mia vita e quella di tante donne e tanti<br />

uomini. Si tratta dei vangeli che riportano<br />

la vicenda umana di Gesù di Nazareth.<br />

Lì trovo criteri di giudizio, passioni<br />

umane ed intellettuali capaci di orientare<br />

una vita, modelli di umanità e di ricerca<br />

appassionanti. Le parole di quel povero<br />

di Nazareth diventano gli occhiali con cui<br />

interpretare la realtà, le sue degenerazioni<br />

e le sue inesauribili potenzialità.<br />

Con l'onestà disarmata suggerita da<br />

Montale e con la passione forte del Vangelo<br />

vorrei cimentarmi in questa avventura<br />

di dire sempre quello che penso a proposito<br />

del carcere e di coloro che lo abitano.<br />

Spero di poterlo fare dal prossimo<br />

numero, accompagnato dall'ascolto critico<br />

e benevolo di ciascuno di voi.<br />

lavoro, esiziale per tanti giovani che la precarietà confina<br />

in una zona grigia senza prospettive. Il dibattito ha visto<br />

numerosi interventi e,<br />

com’è naturale, alcune<br />

polemiche che si sono<br />

trascinate anche dopo<br />

il dibattito, nei giorni a<br />

venire.<br />

D’altronde, lo scopo<br />

dell’iniziativa era proprio<br />

questo: suscitare la<br />

curiosità, l’interesse di<br />

tutti, stimolare la mente,<br />

il pensiero in un settore<br />

spesso trascurato. A<br />

questo seguiranno altri<br />

dibattiti su altri temi e<br />

speriamo di fare meglio<br />

organizzativamente.<br />

Lib. Van.


IL CORAGGIO DI RACCONTARSI<br />

“IO, VIOLENTATORE. FRA FANTASMI<br />

DEL PASSATO E RICORDO DELLE VITTIME”<br />

Detenuto nel sesto reparto di questo<br />

carcere, mi è stato chiesto – da<br />

un detenuto-redattore di carte<strong>Bollate</strong> – di<br />

scrivere sul progetto al quale ho aderito<br />

assieme ad altri 18 compagni con reati<br />

simili ai miei.<br />

Ebbene, eccomi qui davanti ad un<br />

foglio bianco con una penna in mano a<br />

fare i conti con la mia vergogna ed i miei<br />

sensi di colpa (ho abusato di due donne<br />

durante altrettante rapine) e a dover sintetizzare<br />

sette mesi di lavoro di gruppo<br />

nei quali, oltre a toccare particolari molto<br />

intimi e a prendere coscienza del male<br />

fatto, si è anche lavorato sulle cause di un<br />

tale odioso e disgustoso reato.<br />

Purtroppo mi trovo tra l'incudine e il<br />

martello perché da una parte ci sono le<br />

regole scritte e sottoscritte dall'équipe e<br />

da noi che ci vietano di parlare di ciò che<br />

emerge dal nostro lavoro nei gruppi e, dall'altra<br />

parte, mi trovo di fronte la morale<br />

delle altre persone che giudicano il mio<br />

reato come schifoso e meschino.<br />

Certo, non sarò io a far cambiare l'opinione<br />

di chi ci disprezza e non è nemmeno<br />

mio compito farlo, però posso almeno<br />

spezzare una lancia a nostro favore iniziando<br />

col dire che se ora ci troviamo a <strong>Bollate</strong><br />

è innanzitutto perché abbiamo capito di<br />

aver fatto qualcosa di orribile e, in secondo<br />

luogo, per evitare in futuro di reiterare il<br />

reato, acquisendo strumenti buoni e atti<br />

al riconoscimento dei sintomi e delle emozioni<br />

che provavamo al momento del reato<br />

e quindi ad avere un campanello di allarme<br />

per “fermarci prima”.<br />

Nel lavoro che facciamo con l'équipe,<br />

ci viene insegnato a controllare l'aggressività<br />

riconoscendo in anticipo i pensieri<br />

che ci portano ad avere un atteggiamento<br />

violento e di conseguenza un comportamento<br />

aggressivo; ci insegnano ad esorcizzare<br />

i nostri fantasmi delle vite passate o,<br />

quantomeno, a conviverci pacificamente<br />

sapendo che in noi portiamo ricordi e<br />

vissuti spesso sconvolgenti ed incredibili<br />

per il rancore e l'odio che hanno gettato<br />

nelle nostre vite quando ancora, forse,<br />

non sapevamo nemmeno cosa fossero tali<br />

emozioni.<br />

Non voglio trovare scusanti o arrampicarmi<br />

sui vetri come potrà sembrare a<br />

molti. Voglio solo, con chiarezza, parlare<br />

per me stesso, perché non me la sento<br />

di parlare anche a nome di altri. Porto<br />

dentro di me un mondo di brutte cose ed<br />

esperienze negative che spesso mi è difficile<br />

somatizzare e che<br />

per troppo tempo<br />

ho tenuto chiuso<br />

dietro a porte<br />

impossibili da<br />

aprire per le mie<br />

braccia corte se<br />

non con l'aiuto<br />

degli specialisti.<br />

Il problema vero<br />

è che quando ero<br />

fuori, non vedevo<br />

la necessità di<br />

andare da uno specialista<br />

e anzi mi<br />

sarei vergognato di<br />

farlo. Oggi, dopo<br />

varie analisi e test<br />

che per me sono<br />

stati richiesti dal<br />

tribunale, e dopo<br />

essere stato dichiarato<br />

seminfermo<br />

di mente, mi viene<br />

da pensare che<br />

forse andare da<br />

uno psichiatra mi<br />

avrebbe evitato di fare del male e portarmi<br />

addosso tutti questi sensi di colpa che<br />

spesso la notte mi attanagliano il cuore e<br />

mi bloccano il respiro.<br />

Voglio anche fare un paragone, se mi è<br />

concesso, tra il carcere di San Vittore dove<br />

mi trovavo sino a sette mesi fa e dove il<br />

mio reato conviveva con me, cristallizzato<br />

in quella parte della memoria dove non si<br />

guarda mai e qui a <strong>Bollate</strong> dove, invece, mi<br />

trovo a farci quotidianamente i conti per il<br />

lavoro con l'équipe in cui volente o nolente<br />

ne devo parlare per forza perché è alle vittime<br />

che si deve pensare ed ai problemi che<br />

gli ho causato più che a me stesso.<br />

Qui a <strong>Bollate</strong> la parola “rieducazione”<br />

ha un senso e per me è già molto. Voglio<br />

carte<strong>Bollate</strong> 15<br />

dire inoltre che per noi 19, che abbiamo<br />

preso parte al progetto, non sono previsti<br />

benefici diversi da quelli di un comune<br />

detenuto e quindi se siamo qui è per una<br />

scelta ponderata e dettata dalle nostre<br />

coscienze. Per quello che mi riguarda, penso<br />

che il poter assicurare alle mie vittime che<br />

non ci sarà un'altra<br />

volta, sia già qualcosa<br />

dal momento che le<br />

scuse probabilmente<br />

servirebbero a poco e<br />

per me, sapere di aver<br />

vicino degli specialisti<br />

disposti ad aiutarmi<br />

anche quando uscirò,<br />

è un arma vincente.<br />

Forse è difficile<br />

per qualcuno capire<br />

ciò che affermo, ma,<br />

per ciò che mi riguarda,<br />

gli abusi sessuali<br />

commessi, fuoriescono<br />

e sono del tutto<br />

estranei al mero desiderio<br />

sessuale, ma<br />

sono spinti da qualcosa<br />

di più profondo<br />

che ho scoperto qui<br />

col lavoro che compio<br />

e con i contatti con<br />

uno psichiatra. Non<br />

voglio dire che da qui<br />

uscirò un angelo puro<br />

e casto, ma per la prima volta vedo una via<br />

d'uscita a quei problemi che mi trascino<br />

dietro da troppo tempo.<br />

Concludo per coloro i quali non vogliono<br />

sentir parlare di reati come il mio, con<br />

una citazione dello scrittore Daniel Pennac<br />

che dice: “Uno dei diritti del lettore è quello<br />

di non leggere”.<br />

Ringrazio la direzione del carcere di<br />

<strong>Bollate</strong>, in particolar modo la direttrice,<br />

per l'occasione che ci ha offerto, l'équipe<br />

coordinata dal dottor Giulini per il progetto<br />

e per la loro disponibilità ed infine<br />

la redazione del giornale carte<strong>Bollate</strong> per lo<br />

spazio che dà anche alle nostre idee ed ai<br />

nostri pensieri.<br />

Simone Turetta


Quando avevo quindici anni, insieme<br />

alla mia mamma e a mia sorella, ci<br />

siamo dovute spostare dal mio paese natale<br />

al nord Italia. Arrivando qui sapevo che<br />

tutto sarebbe cambiato. Non c'erano più<br />

le feste del paese, le bancarelle ricche di<br />

dolciumi, i nostri giochi da bambini, le<br />

passeggiate insieme agli amici. Qui le strade<br />

erano larghe, piene di traffico, palazzi<br />

alti e tanta afa. In un paese che non era il<br />

mio, l'unica cosa di cui ero contenta era<br />

rivedere il mio papà. Lui era alto, biondo,<br />

occhi azzurri, aveva uno stile simile a quello<br />

di Cary Grant e con i suoi bambini era<br />

la persona più dolce del mondo.<br />

Nonostante le parole di mia madre, che<br />

era il maresciallo di famiglia, lui ci amava<br />

tantissimo e ci difendeva sempre quando<br />

eravamo poco ubbidienti e facevamo tutto<br />

al contrario.<br />

Io, come tante altre ragazze di quell'età,<br />

tenevo tanto alla mia silhouette e allora<br />

erano le volte che me la dovevo vedere con<br />

il sosia di Cary Grant.<br />

Veniva dal lavoro e, se era molto stanco<br />

e un po' arrabbiato, per farmi mangiare<br />

metteva sul tavolo la sua cintura. Questa<br />

era la cosa che mi spaventava di più. Ma<br />

più spesso mi faceva vedere 10 lire e allora<br />

avevo più appetito.<br />

Adesso io ho sessant'anni e, trovandomi<br />

qui, questi ricordi mi rallegrano molto.<br />

Mi fanno pensare alla mia infanzia difficile,<br />

ma bellissima. Sì, non si può tornare<br />

indietro! E anche quando si hanno degli<br />

scheletri nell'armadio, ognuno di noi però<br />

ha dei ricordi che fanno ringiovanire per<br />

un attimo.<br />

Teresa<br />

Tante domande<br />

sul dopo<br />

In genere tutti noi abbiamo esempi da<br />

seguire; per lo più sono persone irreprensibili,<br />

mai cadute.<br />

Perché, invece, non prendiamo ad<br />

esempio chi, dopo essere caduto nell'errore,<br />

trova la forza di rialzarsi? Chi ha voglia<br />

LA PAGINA ROSA<br />

Questa “Pagina rosa” è aperta alla collaborazione delle donne<br />

detenute delle varie carceri italiane che vogliono far conoscere i loro pensieri.<br />

di lottare per cause giuste? Chi ha<br />

coraggio di vivere gioie e dolori,<br />

vittorie e sconfitte, con lo stesso<br />

ardore?<br />

E chi non ha i mezzi e desidera<br />

rialzarsi, come viene aiutato?<br />

Cosa fare di chi, uscendo<br />

dal carcere, dopo essersi assunto<br />

le proprie responsabilità per gli<br />

errori commessi, lotta per sentirsi<br />

utile e vuole avere un controllo<br />

<strong>maggio</strong>re della propria vita?<br />

Come pilotare il corso della<br />

vita futura, in direzioni precise,<br />

se vengono a mancare le necessità<br />

primarie?<br />

È vero che chi è responsabile<br />

è motivato a lottare e forse<br />

a sopportare prevaricazioni, per<br />

ottenere rispetto di sé. Ma credo<br />

che in certe situazioni sia molto<br />

difficile perseguire questo scopo.<br />

Si dice che all'uscita uno<br />

stuolo di assistenti sociali sarà lì<br />

pronto in attesa del detenuto per<br />

supportarlo nelle varie difficoltà<br />

e far sì che rientri tra le persone<br />

per bene ed irreprensibili, quelli presi<br />

come esempio da seguire. Questo è quanto<br />

si dice e si legge nel Codice di procedura<br />

penale.<br />

Ma poi la realtà è ben diversa!<br />

Quante e quali sono le proposte che<br />

provengono dallo Stato per il reinserimento<br />

del reo nella società? Come fa una società<br />

come la nostra, che si ritiene tanto civile,<br />

a permettere che una volta scarcerata la<br />

persona non si ritrovi in situazioni peggiori<br />

di quando era entrata? Quanti si ritrovano<br />

senza un tetto sotto cui dormire, senza un<br />

lavoro, senza nessuno che si curi di loro?<br />

È questo il modo corretto di reintegrare<br />

un “reo”, lasciandolo solo senza possibilità<br />

di crearsi una nuova vita, in un mondo di<br />

pescecani dove il pesce solo, spesso non ha<br />

scampo? Alle domande “quando esco dove<br />

andrò? Che farò?” pochi sanno rispondere<br />

e, all'avvicinarsi dell'uscita, nessuno<br />

risponde. Eppure all'uscita dal carcere,<br />

spesso si sentono queste domande. Anche<br />

per i più duri arriva il momento di queste<br />

carte<strong>Bollate</strong> 16<br />

SOFFOCO<br />

Soffoco. Sprofondo nel buio.<br />

Cerco un appiglio ma non lo vedo.<br />

Chiusa in un recinto<br />

di ferro e cemento<br />

dove l'aria è pesante da respirare<br />

dove tutto si ripete all'infinito<br />

niente cambia<br />

è un tormento.<br />

Ecco…<br />

Uno spiraglio di luce.<br />

Cerco di aggrapparmi<br />

di tenere ferma quell'immagine<br />

dentro la mia mente<br />

perché nella realtà<br />

è solo un abbaglio.<br />

Tina<br />

domande. Chi affitterà una casa a chi<br />

come referenza porterà il carcere? Nessuna<br />

associazione o organizzazione umanitaria è<br />

sorta per cercare di risolvere questo problema.<br />

Meglio aiutare i cani randagi, ampliare<br />

i canili. C'è un numero verde a cui rivolgersi<br />

se vedi un cane abbandonato, e se<br />

vedi un uomo abbandonato, a chi telefoni?<br />

Forse ai carabinieri, perché potrebbe essere<br />

un malintenzionato.<br />

Chi abbandona i cani viene punito, e<br />

noi non siamo abbandonati all'uscita dal<br />

carcere? Chi dobbiamo punire?<br />

Il Comune aiuta chi non ha soldi per<br />

l'affitto, e chi è in carcere e non può pagarsi<br />

l'affitto, come viene aiutato affinché non<br />

finisca nella schiera dei clochards alla fine<br />

del suo calvario?<br />

Eppure, un folto gruppo di persone<br />

entra in carcere per dare supporto a chi<br />

è detenuto. Dobbiamo convincerci che le<br />

parole aiutano, ma poi, come i piccioni che<br />

ci circondano, volano via.<br />

Ananke


IL CARCERE COME SPECCHIO DELLA SOCIETÀ / Riflessioni<br />

LE STESSE MISERIE E IPOCRISIE,<br />

MA SENZA INGANNI E ALIBI<br />

Superare certi atteggiamenti per una <strong>maggio</strong>re dignità<br />

Caro amico detenuto, un giorno affermasti<br />

che nel caso avessero messo<br />

un sex offender vicino a te, avresti anche<br />

potuto commettere qualche sciocchezza,<br />

allungandoti magari la pena in nome<br />

della tua dignità. Sono certo che neanche<br />

tu eri convinto di quello che dicevi.<br />

Il progetto d'inserimento dei sex<br />

offender è senza dubbio un tasto delicato<br />

che coinvolge tutti sul piano emotivo e,<br />

data la sua specificità, le legittime differenze<br />

d'opinione appaiono ampiamente<br />

controverse, ma non è questo il punto in<br />

discussione.<br />

Comunque sia, non voglio entrare<br />

in merito ad un giudizio morale, non<br />

spetta a me e, in ogni caso, rispetto il tuo<br />

pensiero.<br />

In discussione è il valore che ciascuno<br />

di noi dà alla dignità. Ti chiedo quindi<br />

quello che ti chiesi allora: non pensi a<br />

loro? A tua moglie e ai tuoi figli? Che ne<br />

sarà di tua moglie condannata ad essere<br />

una “vedova bianca”? Condannata a<br />

portarti i vestiti puliti tutte le settimane<br />

per anni? Che ne sarà dei tuoi figli che<br />

cresceranno senza l'affetto di un padre?<br />

Come cresceranno? Credi che saranno<br />

orgogliosi di te, del gesto compiuto in<br />

nome della tua dignità?<br />

Quale dignità quando una madre<br />

ottantenne è perquisita prima di incontrare<br />

un figlio in galera, quando una<br />

moglie porta un dolce preparato con le<br />

sue mani e lo vede quasi smembrato per<br />

essere ispezionato, quando i figli sono<br />

costretti a festeggiare il Natale in un carcere,<br />

pur di trascorrerlo con il loro papà?<br />

No caro amico, non è questa la dignità<br />

che intendo io.<br />

Troppe volte qui tra le mura del carcere<br />

sento compagni che parlano di dignità<br />

e in nome di questa giustificano parole e<br />

comportamenti che sono l'esatto contrario<br />

della dignità.<br />

Io per dignità non parlo con gli “sbirri”,<br />

io per dignità non vado alla casermetta<br />

a lavorare per i miei “carcerieri”, io per<br />

dignità non cambio il mio modo d'essere,<br />

io per dignità...<br />

Se è questa la concezione della dignità,<br />

non sono d'accordo. Non esiste dignità<br />

senza libertà.<br />

È vero, il carcere abbruttisce e, invece,<br />

dovrebbe riabilitare; ma non dobbiamo<br />

addebitare le responsabilità solo<br />

alle istituzioni. Troppo comodo scaricare<br />

sugli altri le proprie responsabilità; è da<br />

vigliacchi.<br />

Quando sento detenuti che ricordano<br />

con nostalgia i propri trascorsi in “vere<br />

galere”, quando li sento vantarsi delle<br />

prodezze compiute, ostentando lo stesso<br />

orgoglio del neo dottore che si è laureato<br />

con centodieci e lode, come se avessero<br />

compiuto chissà quali mirabili imprese,<br />

allora pongo solo due domande a queste<br />

persone: 1) delle prodezze compiute, di<br />

cui andate tanto fieri, cosa è rimasto? 2)<br />

le vostre coraggiose epiche battaglie, dove<br />

vi hanno portato?<br />

Vi trovate male a <strong>Bollate</strong> perchè non<br />

lo considerate un “carcere vero”, affermate<br />

di preferire le celle chiuse perché,<br />

almeno, ci sono meno tarantelle, meno<br />

biciclette, in pratica affermate che un carcere<br />

meno duro e più umano fa male.<br />

Mi raccontano che anni fa, a San<br />

Vittore, era permesso l'ingresso di diversi<br />

generi, dall'abbigliamento all'alimentare.<br />

Poi scoprirono che assieme a questi,<br />

entrava di tutto e, di conseguenza, si<br />

arrivò addirittura alla perquisizione dei<br />

neonati, perchè anche nei pannoloni era<br />

nascosta la droga; queste cose me le avete<br />

raccontate voi.<br />

Conseguenza di ciò, tanti generi merceologici<br />

sin allora permessi, furono vietati.<br />

Ecco allora che il carcere anziché<br />

aprirsi, renderlo più vivibile… è diventato<br />

più rigido.<br />

Non avete riflettuto che, probabilmente,<br />

i mali causati dalla troppa libertà,<br />

non dipendono dalla stessa, ma dall'incapacità<br />

dei singoli di viverla ed apprezzarla.<br />

Quanto poi a certi codici comportamentali<br />

dettati dai “tradizionali carcerati”<br />

che dimentichi dell'evoluzione<br />

continua del genere umano, insistono nel<br />

carte<strong>Bollate</strong> 17<br />

tramandare ai nuovi giunti, confermo ciò<br />

che ho più volte ripetuto: evidentemente<br />

c'è una buona dose di “masochismo”,<br />

perché è pura follia inventare regole per<br />

stare peggio in galera.<br />

Invece di instaurare un corretto rapporto<br />

solidale tra detenuti, senza ipocrisie<br />

e contraddizioni, ecco formarsi una sorta<br />

di “onorata cupola” per cui il più forte<br />

deve avere sopravvento sul debole. E da<br />

qui tutta una sorta d'inutili, quanto fatue<br />

regole, dettate più sul riconoscimento<br />

gerarchico, peraltro fondato sul nulla, che<br />

non sulla ragionevolezza e il buon senso.<br />

Giustappunto per stare peggio.<br />

Fa niente, poi, se accanto al letto<br />

esponete immagini sacre e la foto di<br />

padre Pio e la domenica andate a messa.<br />

È questa l'apoteosi dell'ipocrisia più becera.<br />

Vi domando ancora: è questo il codice<br />

dei vostri valori?<br />

Ho avuto più occasioni per esprimere<br />

la mia opinione su questi argomenti e mi<br />

sono sempre sentito dire: per forza sei un<br />

“regolare”, che ne sai tu di galera? Hai la<br />

presunzione di volere cambiare, ma qui<br />

siamo in galera e le cose funzionano così.<br />

È questa mentalità che si deve cambiare.<br />

Certo avete ragione, avete più esperienza<br />

di me in fatto di galera, ma<br />

non stiamo discutendo del mio vissuto<br />

carcerario, stiamo parlando della dignità.<br />

Anni passati dietro le sbarre, non è vita.<br />

Non ci vedo dignità; vedo più semplicemente<br />

un'esistenza disperata.<br />

Senza dignità non esiste neanche il<br />

rispetto di se stessi. Quando sei arrestato<br />

e ti mettono le manette ai polsi, quando<br />

ci troviamo incatenati insieme ad altri<br />

disperati e percorriamo i corridoi di un<br />

tribunale con addosso gli occhi di tanti,<br />

ammanettati e tirati al “guinzaglio” come<br />

cani, quando ci troviamo “ingabbiati”<br />

come animali allo zoo, preferirei sprofondare<br />

nel nulla tanta è la vergogna che<br />

provo, mi sento un verme, la mia dignità<br />

violentata. E senza dignità non vivo.<br />

Non esiste dignità senza libertà.<br />

Mauro Brambilla


VIVICITTÀ A BOLLATE:<br />

una bella giornata di sport<br />

Lo sport fa bene al corpo e aiuta a liberare le tensioni che<br />

ognuno di noi accumula durante il giorno, inducendo un<br />

comportamento più corretto e privo di pregiudizi o rivalità di<br />

ogni sorta.<br />

La gara podistica di domenica 30 aprile, all'interno del carcere<br />

di <strong>Bollate</strong>, ne è stata la dimostrazione. Infatti, i 135 iscritti,<br />

provenienti da tutti i reparti, impegnandosi con entusiasmo in<br />

questa gara, hanno dato vita ad una sana manifestazione sportiva.<br />

Il vincitore Michele Reddavide ha percorso gli 11,700 km in 56<br />

minuti, seguito da Edoardo Vega Morales e da Zaharia. Gli altri<br />

concorrenti si sono difesi con onore, terminando la gara stremati,<br />

ma soddisfatti. La premiazione, alla presenza del presidente Uisp,<br />

è stata effettuata dalla dottoressa Cosima Buccoliero che ha pure<br />

consegnato il premio disciplina alla squadra di calcio del carcere<br />

che gioca in terza categoria. Infine, è stato offerto un rinfresco<br />

servito dalla cooperativa di catering.<br />

Anch'io ho partecipato con piacere alla manifestazione in<br />

quanto, distogliendoci dalla solita ”routine” del carcere, ci ha<br />

consentito di trascorrere una giornata serenamente. Alla fine, ci<br />

siamo sentiti anche noi stanchi, ma soddisfatti.<br />

Pertanto, ci auguriamo tutti che queste manifestazioni si<br />

ripetano ancora.<br />

Leghisti<br />

senza storia<br />

Sembra incredibile con tutti i<br />

problemi che abbiamo, eppure i<br />

consiglieri regionali della Lega Nord<br />

hanno presentato un progetto-legge<br />

per sostituire l'attuale bandiera della<br />

Regione Lombardia, inserire nelle<br />

targhe automobilistiche lombarde il<br />

simbolo di San Giorgio e istituire un<br />

inno ufficiale lombardo.<br />

Attualmente il simbolo lombardo<br />

sulla bandiera è la rosa Camuna che<br />

i leghisti vogliono sostituire con l'effigie<br />

di San Giorgio probabilmente<br />

ritenuta più “lumbard” della rosa.<br />

E, come sempre, dimostrano di non<br />

conoscere per nulla quelle tradizioni<br />

e quella storia che dicono di voler<br />

difendere.<br />

Il popolo dei Camuni era presente<br />

in Valle Canonica fin dall'età del<br />

ferro e forse ancora prima. Le 350<br />

mila incisioni rupestri, tra le quali la<br />

rosa Camuna, sono un bene prezio-<br />

Libero Vanutelli<br />

so, tutelato dall'Unesco come patrimonio<br />

dell'umanità. Il simbolo fu<br />

scelto dopo un approfondito studio<br />

nel momento della formazione della<br />

Regione Lombardia.<br />

Forse ai leghisti dà fastidio che<br />

in Mesopotamia, ancora prima del<br />

primo millennio avanti Cristo, sia<br />

esistita una civiltà con simboli praticamente<br />

uguali a quelli dei Camuni.<br />

Gli studiosi ritengono molto probabile<br />

un contatto e uno scambio di<br />

conoscenze tra quei popoli scuri di<br />

carnagione e i nostri avi lombardi,<br />

fin dall'età preistorica, avvenuto nel<br />

bacino del Danubio.<br />

D'altra parte è molto chiaro che<br />

tutte le grandi civiltà nascano tra<br />

il Tigri e l'Eufrate ed hanno poi<br />

gradatamente contaminato tutto il<br />

mondo. Non solo.<br />

I primi uomini comparsi sulla<br />

faccia della terra, erano africani. Se<br />

ne facciano, quindi, una ragione i<br />

leghisti.<br />

Quando difendono la “tradizione”,<br />

le “nostre radici”, essi non fanno<br />

carte<strong>Bollate</strong> 18<br />

altro che difendere quei popoli del<br />

passato di pelle nera.<br />

Gli eccessi del<br />

ministro<br />

Avevano detto che con la nuova legge<br />

sugli stupefacenti solo gli spacciatori<br />

sarebbero andati in galera. Infatti, lunedì 15<br />

<strong>maggio</strong>, due ragazzi di 21 e 19 anni, sono<br />

stati arrestati dai carabinieri di Catanzaro<br />

perché trovati in possesso di uno spinello e<br />

3 grammi e mezzo di hascisc.<br />

Sarebbero questi gli spacciatori? Solo<br />

la pochezza, l’insulsaggine, la distanza<br />

siderale con i problemi dei giovani, con<br />

la realtà, poteva far partorire questo<br />

mostro giuridico che risponde al nome di<br />

Giovanardi-Fini.<br />

L’ormai ex ministro Giovanardi ha<br />

affermato che l’arresto è stato “un eccesso<br />

di zelo da parte di due militari”. Lui, il<br />

ministro, non ha eccessi. L’unico eccesso è<br />

l’essere diventato ministro.


TATUARSI IN CARCERE PERCHÉ?<br />

Testimonianze dal nostro carcere<br />

e informazioni sul corretto uso del tattoo<br />

Perché questo<br />

inserto<br />

Diciamo subito, per una questione di<br />

correttezza, che l’idea di interessarci<br />

dei tatuaggi in carcere, non è nostra.<br />

Qualche tempo addietro, abbiamo<br />

ricevuto dalla Giunta regionale della<br />

Regione del Veneto alcuni importanti e<br />

preziosi libretti che parlavano, appunto,<br />

di tatuaggi in carcere.<br />

Ne abbiamo parlato in redazione e, a<br />

poco a poco, l’idea è stata fatta propria e<br />

abbiamo cominciato a lavorare su questo<br />

tema.<br />

Come si legge da questi libretti “Una<br />

parte importante del lavoro dell’Unità<br />

Operativa Riduzione del Danno si svolge<br />

all’interno degli Istituti Carcerari Veneziani.<br />

Gli operatori conducono un laboratorio<br />

per i detenuti sul tatuaggio e sui<br />

rischi connessi alla sua pratica senza gli<br />

accorgimenti igienici/preventivi necessari,<br />

col fine di evitare la trasmissione di infezioni<br />

e malattie trasmissibili attraverso<br />

l’uso comune di strumenti e materiali non<br />

sterili. Parlare di tatuaggi (la cui pratica<br />

continua ad essere diffusissima all’interno<br />

delle carceri) offre la possibilità di parlare<br />

anche in termini più estesi di prevenzione<br />

secondaria; attraverso il tatuaggio si<br />

affrontano argomenti legati al materiale<br />

usato (inchiostro, filo, macchinette artigianali<br />

e soprattutto aghi)...”.<br />

Siamo partiti dunque da qui, dal<br />

problema della prevenzione e abbiamo<br />

interrogato chi si è tatuato, abbiamo<br />

cercato di capire le motivazioni di coloro<br />

che scelgono di tatuarsi e come hanno<br />

fatto. E abbiamo offerto loro delle schede<br />

pratiche per la salvaguardia della loro<br />

salute.<br />

Tatuarsi oggi a <strong>Bollate</strong>. Perché?<br />

Ringraziamo l’Attività Riduzione del<br />

Danno del Comune di Venezia, che<br />

tiene un laboratorio del tatuaggio nel<br />

carcere di Venezia, che con i loro materiali<br />

ha permesso la pubblicazione di<br />

questo inserto.<br />

Cenni storici, origini e<br />

diffusione del tatuaggio<br />

Ripercorrere la storia del tatuaggio è ripercorrere la storia dell'uomo. Dai documenti<br />

e dai reperti storici giunti fino a noi è certo che il tatuaggio veniva praticato<br />

fin dai tempi della preistoria presso un gran numero di popolazioni.<br />

La civiltà che per prima sviluppò la pratica e la tecnica del tatuaggio, portandolo<br />

ad un livello molto vicino a quello da noi conosciuto, fu quella egizia. E sempre gli<br />

egiziani, grazie ai loro numerosi contatti commerciali e culturali con altre popolazioni,<br />

contribuirono a diffondere la pratica del tatuaggio in altre culture ed in altre<br />

zone del mondo. In questo modo, partendo dall'Egitto (2800-2600 a.C.), il tatuaggio<br />

raggiunse l'isola di Creta, la Grecia, la Persia e l'Arabia. In seguito, la Cina, la<br />

Birmania e il Giappone.<br />

Dopo il 1100 a.C. il tatuaggio interessò le isole del Pacifico e la Nuova Zelanda,<br />

dove le popolazioni polinesiane, attraverso una particolare tecnica detta Moko,<br />

svilupparono una cultura ed una pratica del tatuaggio che tanto affascinò i primi<br />

marinai che sbarcarono in quelle isole verso la fine del XVII secolo.<br />

Il tatuaggio approdò anche in Europa, ma la sua diffusione fu progressivamente<br />

disincentivata dall'avvento del Cristianesimo, che ne vietava esplicitamente la pratica,<br />

fino ad essere quasi completamente dimenticato.<br />

Fu verso la fine del '600 che il tatuaggio venne riscoperto in Europa grazie al<br />

ritorno in patria di quei marinai che avevano viaggiato nei mari del Sud e che erano<br />

venuti a contatto con la cultura e la popolazione polinesiana. Anche il termine inglese<br />

tattoo, da cui l'italiano tatuaggio, il francese tatuage e il tedesco tatowirung, ha<br />

un'origine polinesiana (in polinesiano tattaw significa “battere” e richiama il suono<br />

prodotto dalle bacchette durante la realizzazione di un tatuaggio).<br />

Dalla fine del '700, il tatuaggio suscitò l'interesse anche delle famiglie nobili ed<br />

aristocratiche. Tatuatori cominciarono a lavorare a bordo delle navi, nei porti, nei<br />

circhi itineranti. Verso la metà del XIX secolo esistevano già tatuatori professionisti.<br />

Il primo fu Martin Hildebrant, il quale operava nell'America del Nord e la pratica<br />

fu rivoluzionata da Samuel O'Reilly, il quale nel 1880 inventò la macchinetta elettrica.<br />

Questa invenzione, oltre ad una <strong>maggio</strong>r rapidità d'esecuzione ed ad un minor<br />

dolore, favorì lo sviluppo del tatuaggio e divenne una vera e propria mania.<br />

Dal '900 in poi si diffuse soprattutto fra i militari, i quali insieme ai simboli<br />

patriottici associavano o preferivano motivi erotici e volgari.<br />

Questo fu uno dei motivi, ma ovviamente non il solo, che portò l'opinione<br />

pubblica a considerare il tatuaggio come una pratica immorale e ad associarla a<br />

delinquenti, prostitute e persone di bassa estrazione sociale.<br />

Il giudizio sul tatuaggio cominciò così ad oscillare tra forma d'arte ed espressione<br />

di “devianza”, tra opera dalla valenza artistica e atto illegale.<br />

Negli anni Sessanta nuovo grande boom del tatuaggio sull'onda dei movimenti<br />

della controcultura (hippes, rochers, bikers…) e anche grazie alla figura carismatica<br />

di attori e cantanti. Oggi la cultura e la pratica del tatuaggio è un vero fenomeno di<br />

moda e di massa: si tatuano la casalinga e il bancario, il ragazzino e la rockstar e lo si<br />

può fare dal parrucchiere o negli studi specializzati. I veri alternativi sembrano essere<br />

quelli che non hanno ceduto alla tentazione di tatuarsi o, quantomeno, non hanno<br />

dimenticato il valore antico, magico, rituale, spirituale e culturale che forse guidò il<br />

primo uomo ad incidere la propria pelle con un segno indelebile.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 19


TATUAGGI<br />

Una cultura solo carceraria?<br />

A <strong>Bollate</strong> sono in tanti ad averli,<br />

ma pochi disposti a parlarne<br />

Quando ci siamo posti in redazione<br />

come parlare dei tatuaggi<br />

a <strong>Bollate</strong>, qualche redattore ha sottolineato<br />

subito che coloro che hanno i<br />

tatuaggi, difficilmente vogliono parlarne.<br />

Eppure percorrendo i corridoi<br />

di questo carcere, vediamo tantissimi<br />

detenuti con tatuaggi più o<br />

meno evidenti sulle parti scoperte<br />

del corpo.<br />

<strong>Bollate</strong>, quindi, non fa eccezione<br />

(e come potrebbe!) dal resto delle<br />

carceri italiane. E poi, perché carceri?<br />

Ormai il tatuaggio è di moda,<br />

anche fuori dal carcere.<br />

Una moda che non accenna a<br />

diminuire, anzi è sempre più in<br />

aumento; i tatuaggi, nell'ambiente<br />

carcerario dove i più se li fanno per<br />

la prima volta, è un vero e proprio<br />

”culto”, un modo per distinguersi<br />

dagli altri, una moda, e, qualche<br />

volta il segno distintivo di un'appartenenza<br />

religiosa. Da una parte<br />

c'è chi ritiene che il tatuaggio sia<br />

qualcosa di fossile, di antiquato,<br />

di volgare, di cui ”al giorno d'oggi”<br />

nessuna persona ragionevole può<br />

più occuparsi; all'estremo opposto<br />

c'è chi sostiene che il tatuaggio sia<br />

COSA NON SI<br />

DEVE MAI FARE<br />

Non si deve mai usare lo stesso ago per<br />

tatuare persone diverse.<br />

Non si devono mai usare aghi non<br />

sterilizzati in maniera non corretta.<br />

l'espressione di un'identificazione,<br />

un’icona, una rappresentazione dell'Io,<br />

l'imprimere il ricordo di un<br />

amore, di un fatto importante della<br />

vita, di qualcosa che ha lasciato una<br />

traccia e così si continua ad ornare il<br />

proprio corpo.<br />

È noto che ogni uomo possiede<br />

una propria mitologia ed eleva al<br />

rango di simboli, persone reali o<br />

mitiche. Questa è una delle ragioni<br />

per cui si diffondono i tatuaggi.<br />

Però in carcere i tatuaggi vengono<br />

fatti con strumenti improvvisati e<br />

non sterilizzati, correndo ogni tipo<br />

di rischi e favorendo il diffondersi<br />

RIGUARDO ALL’AGO<br />

PERSONE SIEROPOSITIVE<br />

COSA NON SI<br />

DEVE MAI FARE<br />

Per le persone sieropositive è<br />

assolutamente sconsigliato farsi tatuare<br />

da persone non professioniste e/o in<br />

luoghi non idonei a questo tipo di<br />

pratica.<br />

PERCHÉ NON SI<br />

DEVE FARE<br />

Venendo a contatto con il sangue<br />

l’ago può essere veicolo di contagio di<br />

malattie trasmissibili con il sangue o<br />

altri liquidi organici come l’epatite C<br />

(HCV), B (HBV) o l’HIV (AIDS o<br />

SIDA); inoltre, dopo un primo utilizzo,<br />

l’ago può rovinarsi o spuntarsi e quindi<br />

è inutilizzabile per un nuovo lavoro.<br />

Un ago non sterilizzato può trasmettere<br />

infezioni e altre malattie anche gravi.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 20<br />

di molte malattie infettive ed è una<br />

delle cause di diffusione di malattie<br />

trasmissibili ed infezioni all'interno<br />

degli Istituti penitenziari.<br />

Se in carcere non c'è alcuna possibilità<br />

di avere strumenti sterilizzati<br />

(il regolamento non permette la pratica<br />

del tatuaggio), sembra altrettanto<br />

difficile ottenere informazioni e<br />

indicazioni pratiche sui principali<br />

comportamenti a rischio per la salute.<br />

La pratica del tatuaggio in carcere<br />

è punita disciplinarmente (come<br />

avviene anche per il piercing, l'autolesionismo<br />

e il tentato suicidio)<br />

in base all'art. 77 del regolamento<br />

penitenziario. Oltre alle possibili<br />

sanzioni disposte dal Consiglio di<br />

disciplina (richiamo, ammonizione,<br />

esclusione dalle attività, isolamento,<br />

ecc.), l'infrazione disciplinare può<br />

comportare la perdita dello sconto di<br />

pena per buona condotta (liberazione<br />

anticipata, detrazione di 45 giorni<br />

PERCHÉ NON SI<br />

DEVE FARE<br />

Per una persona sieropositiva,<br />

le infezioni, anche le più banali,<br />

conseguenti ad un tatuaggio possono<br />

essere pericolose; pertanto il tatuaggio<br />

dovrebbe essere sconsigliato.<br />

per ogni semestre di pena espiata).<br />

Ma, allora, cos'è che spinge a<br />

tatuarsi nonostante i rischi?<br />

Di certo c'è che oggi assistiamo<br />

alla pratica del tatuaggio tra persone<br />

e in contesti assai diversi tra<br />

loro. La diffusione del fenomeno<br />

ha certamente contribuito a renderlo<br />

più complesso anche all'interno<br />

del carcere. In passato il tatuaggio<br />

era parte integrante della cultura<br />

carceraria e, contemporaneamente,<br />

dello stereotipo del ”galeotto” o della<br />

persona ”deviante”. Attualmente il<br />

tatuaggio in carcere può assumere<br />

significati diversi. Pur rimanendo<br />

simbolo di contrapposizione e di<br />

”sfida” (e quindi anche segno di<br />

riconoscimento ed appartenenza ad


un gruppo), può esprimere contemporaneamente<br />

significati legati alla<br />

cultura del corpo maturata nella<br />

società (bellezza, moda, mania, arte,<br />

imitazione ecc.).<br />

In altre parole, il tatuaggio in<br />

carcere, così come tutti i comportamenti<br />

a rischio per la salute, oggi più<br />

che in passato, è collegato al ”fuori”<br />

e <strong>maggio</strong>rmente condizionato nei<br />

suoi significati dalle differenze culturali<br />

e religiose, dall'appartenenza di<br />

genere, dal singolo contesto penitenziario.<br />

Questo perché, come è ovvio,<br />

con il passare del tempo non sono<br />

cambiate solo le pratiche del tatuaggio<br />

e la società, ma anche il carcere e<br />

la sua popolazione.<br />

Quello che è più importante è<br />

l'aspetto dei rischi che si corrono<br />

riguardo alla salute. Tutti quelli che<br />

si fanno il tatuaggio sono a conoscenza<br />

del regolamento penitenziario.<br />

Nonostante questo, ci si tatua<br />

ugualmente. È chiaro che una percezione<br />

del rischio sommaria, basata<br />

su informazioni insufficienti e per di<br />

più all'interno di un'istituzione tota-<br />

COSA NON SI<br />

DEVE MAI FARE<br />

Quando si fa un tatuaggio non bisogna<br />

mai agire con l’ago sopra un neo presente<br />

sulla pelle o sua altre lesioni cutanee.<br />

È altamente sconsigliato tatuare parti<br />

della pelle che presentino cicatrici o altre<br />

lesioni patologiche come la psoriasi.<br />

NEI E CICATRICI<br />

RIGUARDO AL COLORE<br />

COSA NON SI<br />

DEVE MAI FARE<br />

Non si deve mai prelevare con l’ago il<br />

colore direttamente dal suo contenitore<br />

originale.<br />

Non si deve mai usare il colore per<br />

tatuare diverse persone, oppure la<br />

stessa persona in momenti diversi,<br />

prelevandolo dallo stesso contenitore.<br />

Non si devono mai utilizzare colori<br />

non idonei al tutaggio come colori e<br />

coloranti adatti ad altri impieghi (ad<br />

esempio il Ducotone) oppure ottenuti<br />

in modo “improvvisato” (es. il nero<br />

fumo, che col tempo diventa bluastro).<br />

le, difficilmente permette di adottare<br />

comportamenti sicuri a tutela della<br />

propria salute e di quella altrui anche<br />

se di fronte ad un carcere meno<br />

PERCHÉ NON SI<br />

DEVE FARE<br />

Agire con l’ago sopra un neo è molto<br />

pericoloso in quanto potrebbe innescare<br />

un processo di trasformazione dello<br />

stesso neo da lesione benigna a maligna.<br />

Inoltre usare il tatuaggio per nascondere<br />

un neo può ritardare la diagnosi in caso<br />

di trasformazione malanomatosa.<br />

Tatuare una zona di pelle che presenti<br />

cicatrici, magari con l’intento di<br />

coprirle, è sconsigliato per l’inestetismo<br />

ancora <strong>maggio</strong>re che causerebbe; infatti<br />

sulla pelle normale il colore potrebbe<br />

mostrarsi opaco e ben disteso mentre<br />

sopra le cicatrici potrebbe apparire<br />

lucido e grinzoso.<br />

Inoltre la possibile presenza di sacche<br />

d’aria sottocutanee, riempiendosi di<br />

colore, potrebbe causare delle macchie<br />

impreviste che rovinerebbero il<br />

disegno.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 21<br />

PERCHÉ NON SI<br />

DEVE FARE<br />

Anche il colore può essere infettato<br />

dall’ago e diventare veicolo di malattie,<br />

quali ad esempio l’epatite.<br />

Nel tatuaggio permanente il colore viene<br />

depositato dall’ago al di sotto della<br />

pelle, pertanto l’utilizzo di colori non<br />

idonei a questo tipo d’impiego, può<br />

causare allergie, infezioni, intossicazioni<br />

e avvelenamenti.<br />

oppressivo il tatuaggio perde il suo<br />

”fascino”, sia come comportamento<br />

di sfida, sia come pratica per passare<br />

il tempo e la noia. Ciò significa che<br />

il regìme più o meno oppressivo di<br />

un istituto carcerario, può contribuire,<br />

tra le altre cose, ad incentivare<br />

o scoraggiare (come qui a <strong>Bollate</strong>),<br />

i comportamenti a rischio per la<br />

salute.<br />

Ma è possibile promuovere la salute<br />

in un contesto che produce sofferenza<br />

e malattia?<br />

Abbiamo voluto sentire alcune<br />

testimonianze di detenuti di <strong>Bollate</strong><br />

che hanno praticato il tatuaggio.<br />

Le testimonianze<br />

MOMO tatuatore semiprofessionista.<br />

Ha tatuaggi in tutto il corpo.<br />

Perché il tatuaggio?<br />

È un abbellimento del corpo fatto<br />

in situazioni particolari della mia<br />

vita. Da chi te lo sei fatto fare?<br />

Uno in Germania, uno in Indonesia<br />

e gli altri in carcere, da solo o<br />

tramite compagni su mio disegno.<br />

Qual è per te il suo significato?<br />

Un ricordo, un soggetto che mi<br />

piaceva.


Conosci i rischi del tatuaggio<br />

collegati alla salute?<br />

Certo, ma io li ho fatti in sicurezza<br />

anche quelli in carcere sterilizzando il<br />

materiale.<br />

Sai che è una pratica non consentita<br />

dal regolamento?<br />

Si, ma li ho fatti di nascosto, qualche<br />

volta mi hanno visto ed ho preso<br />

un richiamo.<br />

MASSIMO ha un tatuaggio sulla<br />

parte destra della testa, e afferma:<br />

“Nelle carceri è molto facile convincersi<br />

con un riconoscimento tramite<br />

un tatuaggio. Questo, almeno nel<br />

mio caso, accaduto durante il primo<br />

periodo detentivo in istituto minorile.<br />

Quando affermo che lo si fa per un<br />

riconoscimento personale, lo faccio<br />

indicando solo uno dei motivi che<br />

possono portare a tatuarsi. In realtà i<br />

motivi sono molti e i più disparati.<br />

Allo stesso tempo si deve anche<br />

considerare il fatto che, in istituti<br />

di detenzione, il tatuaggio non è<br />

consentito. Questo divieto è imposto<br />

per differenti motivazioni, vado ad<br />

elencare alcune di queste: in primis si<br />

vuol evitare ‘il marchio di fabbrica’,<br />

ma questo è solo una facciata del reale<br />

motivo, poiché, almeno in passato,<br />

molti tatuaggi avevano un significato<br />

di appartenenza, di identificazione<br />

con un gruppo.<br />

Mentre un'altra cosa sono le trasmissioni<br />

di malattie del tipo ‘epatite’<br />

che possono essere trasmesse perché<br />

non ci sono i dovuti controlli sanitari,<br />

perché non consentiti all'interno dell'istituto<br />

detentivo.<br />

Tuttavia io stesso, ho tatuaggi fatti<br />

in passato e, devo comunque affermare<br />

che, se potessi tornare indietro (sognare<br />

è consentito), non farei più delle<br />

CANCELLARE UN TATUAGGIO<br />

COSA NON SI<br />

DEVE MAI FARE<br />

Se si è deciso di rimuovere un vecchio<br />

tatuaggio di cui ci si è pentiti o non<br />

si è più soddisfatti, è assolutamente<br />

sconsigliata la pratica del “fai da te”.<br />

CHI NON PUO TATUARSI<br />

COSA NON SI<br />

DEVE MAI FARE<br />

Non tutti possono essere tatuati! Il<br />

tatuaggio è assolutamente sconsigliato<br />

nei:<br />

• diabetici<br />

• emofiliaci<br />

• epilettici<br />

• portatori di pace-maker<br />

• persone allergiche ai metalli<br />

• portatori di malattie cutanee (psoriasi<br />

ecc.).<br />

N.B. In tutti i casi i portatori di patologie<br />

di qualsiasi tipo devono consultare un<br />

medico di fiducia prima di sottoporsi<br />

ad un tatuaggio.<br />

stupidaggini del genere, riconoscendo<br />

che una persona, non ha alcun bisogno<br />

di farsi conoscere tramite dei segni sull'epidermide.<br />

Basta solo essere se stessi<br />

nel comportamento”.<br />

WINNY un ragazzo giovane con<br />

diversi tatuaggi.<br />

Perché hai fatto i tatuaggi?<br />

PERCHÉ NON SI<br />

DEVE FARE<br />

Pratiche improvvisate di rimozione di<br />

un vecchio tatuaggio risulterebbero<br />

totalmente inutili e rischierebbero di<br />

provocare gravi ed irreversibili danni alla<br />

pelle peggiorando la situazione estetica.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 22<br />

PERCHÉ NON SI<br />

DEVE FARE<br />

Può essere nocivo per un diabetico<br />

per eventuali complicanze infettive o<br />

metaboliche.<br />

Per un emofiliaco, data la scarsa capacità<br />

di coagulazione del sangue, le ferite<br />

provocate dall’ago potrebbero causare<br />

emorragie.<br />

Sottoporre un epilettico all’azione<br />

dell’ago potrebbe essere la causa di una<br />

crisi epilettica.<br />

Il campo elettromagnetico della<br />

macchinetta in funzione potrebbe<br />

interferire sul regolare funzionamento<br />

del pace-maker.<br />

Per persone allergiche ai metalli o ad<br />

altre sostanze, il tatuaggio potrebbe<br />

essere pericoloso e causare patologie<br />

allergiche anche di grave entità.<br />

Nei portatori di patologie cutanee,<br />

potrebbe aggravarsi la malattia di base<br />

(esempio la psoriasi). Patologie cutanee<br />

possono innescare isomorfismo reattivo<br />

sul tatuguaggio.<br />

Li ho fatti da ragazzo seguendo la<br />

moda del momento.<br />

Li rifaresti?<br />

No, e con l’esperienza di adesso non li<br />

avrei fatti, avrei riflettuto di più.<br />

Cosa rappresenta il tatuaggio?<br />

Ma.. non lo so, avevo 14 anni quando<br />

li ho fatti.<br />

Conosci i rischi collegati alla salute?<br />

Sì e conosco alcuni miei compagni<br />

che hanno preso malattie, la pelle li ha<br />

rigettati, non si vede più il colore e sono<br />

rimasti dei segni bruttissimi. Alcuni se li<br />

sono tolti raschiandoseli con un chiodo<br />

incandescente, con tutti i rischi del caso.<br />

Sai che è una pratica non consentita?<br />

Sì, ma li ho fatti ugualmente, comunque<br />

i più li ho fatti fuori, per noia, per<br />

provare, per imparare; tutti in carcere si<br />

cerca di praticare qualcosa, poi quando<br />

siamo fuori ci si pente.


PROTEGGERE UN TATUAGGIO<br />

COSA NON SI<br />

DEVE MAI FARE<br />

Non si deve mai lasciare scoperto un<br />

tatuaggio appena terminato o non<br />

ancora completamente guarito.<br />

Anche la crema usata per proteggere il<br />

tatuaggio appena finito, o durante la sua<br />

guarigione, non deve mai essere usata<br />

da diverse persone e/o prelevata sempre<br />

dallo stesso contenitore.<br />

La crema non va mai stesa sul tauaggio a<br />

mani nude e senza guanti di protezione<br />

monouso.<br />

PABLO sudamericano, da molti anni<br />

in Italia con molti tatuaggi.<br />

Perché hai fatto i tatuaggi?<br />

Ho iniziato a farli quando ero agli<br />

arresti domiciliari e poi ho continuato a<br />

farli in carcere, li ho fatti perché hanno<br />

caratterizzato dei fatti importanti della<br />

mia vita.<br />

Qual è il significato?<br />

Dipende dal disegno, ognuno mi<br />

ricorda qualcosa, l’arresto, la condanna,<br />

il ritorno in carcere...<br />

Conosci i rischi del tatuaggio collegati<br />

alla salute?<br />

Si, ho cercato però di sterilizzare in<br />

qualche maniera gli attrezzi.<br />

Sai che è una pratica non consentita?<br />

Si ma non ci si pensa molto, i rischi,<br />

nella sofferenza del carcere, fanno parte<br />

del vivere quotidiano.<br />

Ti sei pentito di averli fatti?<br />

Solo alcuni, gli altri li rifarei.<br />

Cosa pensi dei nuovi tatuaggi, quelli<br />

non collegati al vissuto carcerario<br />

come i tribali?<br />

Penso che i tribali sono solo una<br />

moda, in realtà non rappresentano niente,<br />

invece il vero tatuaggio deve avere una<br />

propria storia, deve parlare.<br />

a cura di Franco Palazzesi<br />

(le schede e altre notizie sui tatuaggi, sono<br />

tratte dai materiali prodotti dall’Unità operativa<br />

Riduzione del danno delle carceri<br />

veneziane)<br />

PERCHÉ NON SI<br />

DEVE FARE<br />

Un tatuaggio appena terminato è come<br />

una ferita aperta che se non viene curata<br />

e protetta può essere causa di infezioni.<br />

Anche la crema può diventare veicolo<br />

di contagio, soprattutto se usata da<br />

più persone e prelevata dallo stesso<br />

contenitore.<br />

Per fasciare il tatuaggio non si devono<br />

usare garze e tessuti perché le loro<br />

fibre potrebbero inserirsi nella ferita<br />

compromettendone la cicatrizzazione.<br />

COPRIRE UN TATUAGGIO<br />

COSA NON SI<br />

DEVE MAI FARE<br />

Anche in questo caso è sconsigliato<br />

rifarsi al “fai da te” o rivolgersi a tatuatori<br />

non competenti e professionali.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 23<br />

Cosa pensi dei tatuati?<br />

Credo sia un’attrazione, però è da<br />

stupidi farli in carcere, in ogni caso è<br />

una pratica che non finirà mai; credo che<br />

sarebbe giusto regolamentarla rendendola<br />

lecita.<br />

Come credi che sia cambiata la<br />

pratica del tatuaggio rispetto agli anni<br />

passati?<br />

Una volta si facevano dei tatuaggi<br />

assurdi: la pistola, la scritta “mamma<br />

perdonami”, la scritta “sono stanco” in<br />

un piede e nell’altro “anch’io”, spada<br />

con serpente, una lacrima tatuata vicino<br />

all’occhio, i tre o cinque puntini sulla<br />

mano ecc. tutti con un significato collegato<br />

alla malavita.<br />

Oggi si usa fare i tribali, scritte celtiche,<br />

cinesi, dragoni, non collegati all’ambiente<br />

carcerario però sempre fatti grossolanamente<br />

e con colori non giusti.<br />

PERCHÉ NON SI<br />

DEVE FARE<br />

Per coprire un tatuaggio è necessario<br />

studiare in modo molto attento, accurato<br />

e professionale il nuovo disegno da<br />

sovrapporre a quello vecchio, sia per<br />

quanto riguarda forma e dimensioni, sia<br />

per quanto riguarda la colorazione.<br />

Rivolgersi ad un tatuatore non<br />

competente per effettuare una copertura<br />

rischierebbe di creare un danno ancora<br />

<strong>maggio</strong>re di quello che si voleva<br />

cancellare.


AMNISTIA E INDULTO<br />

SI RICOMINCIA CON IL<br />

BALLETTO PARLAMENTARE<br />

In 56 anni, 47 mila detenuti graziati<br />

Le amnistie nell’Italia repubblicana<br />

sono state venti. La più celebre, firmata il 22<br />

<strong>giugno</strong> 1946, è quella che prende il nome<br />

dall’allora Guardasigilli Palmiro Togliatti<br />

che liberò 11.800 detenuti politici<br />

L’ultima fu firmata il 10 aprile 1990 da<br />

Francesco Cossiga e furono così cancellati<br />

soprattutto i reati non finanziari, puniti con<br />

una pena non superiore ai quattro anni. Ne<br />

beneficiarono circa 13 mila detenuti. Nelle<br />

carceri italiane, allora, erano detenuti circa<br />

la metà di quanti sono diventati oggi.<br />

Sono oltre 47 mila, invece, le grazie<br />

concesse negli ultimi 56 anni; tra il<br />

1948 e il 1991 tra i beneficiari ci sono<br />

280 ergastolani. Il <strong>maggio</strong>r numero di<br />

provvedimenti di clemenza (2.777) si è<br />

avuto nel 1953, con Luigi Einaudi capo<br />

dello Stato, che complessivamente nel suo<br />

settennato ha “perdonato” 9.000 detenuti.<br />

Ma in assoluto il presidente che ha concesso<br />

più grazie è stato Giovanni Gronchi: oltre<br />

13 mila tra il 1964 e il 1971. Picchi ci sono<br />

stati anche con Giuseppe Saragat (più di<br />

ottomila nel suo settennato) e Giovanni<br />

Leone (oltre settemila).<br />

E nella storia repubblicana c'è anche<br />

un caso di grazia concessa senza domanda<br />

del condannato o di suoi parenti e senza<br />

proposta del Guardasigilli. Risale al<br />

1965, con Giuseppe Saragat presidente.<br />

A beneficiarne fu un cittadino jugoslavo,<br />

che da 18 anni scontava una condanna<br />

all'ergastolo. La grazia istruita d'ufficio,<br />

insieme a quella in favore di altri tre<br />

jugoslavi, che però ne avevano fatto<br />

domanda, venne concessa nell'ambito di un<br />

accordo che garantiva un pari trattamento a<br />

italiani detenuti in Jugoslavia. Negli ultimi<br />

anni c'è stato un calo nella concessione<br />

delle grazie.<br />

Amnistia<br />

L'ex presidente Carlo Azeglio Ciampi<br />

ne ha firmate 11: l'ultimo a beneficiarne è<br />

stato nello scorso mese di aprile Alessandro<br />

Del Cecato, condannato a 30 anni di<br />

reclusione. L'uomo aveva già scontato<br />

12 anni di carcere duro in Thailandia,<br />

prima di essere estradato in Italia. Tra<br />

i provvedimenti di grazia più clamorosi<br />

assunti da Ciampi quello a favore di Alì<br />

Agca, l'attentatore del Papa. Ciampi ha<br />

firmato il provvedimento di clemenza il 13<br />

<strong>giugno</strong> del 2002.<br />

Era da tempo che il lupo grigio aveva<br />

chiesto il perdono dello Stato: lo aveva già<br />

fatto nel 1987 e nel 1994, ma in quelle<br />

occasioni le sue domande erano state<br />

respinte. Destinatari dei provvedimenti<br />

di grazia sono stati anche condannati per<br />

reati di terrorismo. E in alcuni casi non<br />

Il provvedimento di amnistia può essere generale cioè applicabile a tutti i delitti<br />

punibili con una pena non superiore a una certa misura - in genere 3 o 4 anni<br />

di reclusione - ma può essere anche particolare, applicabile quindi a determinate<br />

categorie di di reato. Con l’amnistia si estingue il reato<br />

sono mancate le polemiche: come quando<br />

nel 1985 Sandro Pertini concesse la grazia,<br />

dopo la sua dissociazione dal terrorismo<br />

a Fiora Pirri Ardizzone, condannata per<br />

associazione sovversiva, e figlia della<br />

seconda moglie di Emanuele Macaluso;<br />

era stato proprio l'esponente politico<br />

a segnalare il suo caso al presidente e<br />

Giuseppe Tatarella arrivò a denunciare a<br />

una procura l'allora segretario generale del<br />

Quirinale Antonio Maccanico.<br />

Tra i terroristi graziati c'è Marco Pisetta,<br />

considerato il primo “pentito” della storia<br />

Indulto<br />

dell' eversione di sinistra, ed ex brigatisti,<br />

come Annunziata Francola, condannata<br />

nel processo Moro quater a 24 anni, Paolo<br />

Baschieri, Claudio Cerica, Paolo Maturi,<br />

Manuela Villimburgo e Marinella Ventura.<br />

Anche Ciampi ha graziato un ex terrorista:<br />

l'ex senatore socialista Domenico Pittella,<br />

condannato con sentenza definitiva, nel<br />

1993, a 12 anni e un mese di reclusione<br />

per reati legati all' attività delle Brigate<br />

rosse. A beneficiare di provvedimenti di<br />

clemenza sono stati, anche nel 1996, 24 ex<br />

terroristi altoatesini ritenuti responsabili<br />

di reati non di sangue e due anni dopo<br />

quattro persone condannate per attività<br />

eversiva e azioni anti italiane compiute in<br />

Alto Adige all'inizio degli anni Sessanta.<br />

E ancora: tra i graziati ci sono anche<br />

l'ex esponente di Avanguardia Nazionale<br />

Giovanni Di Lellio e l'ex terrorista dei Nap<br />

Giorgio Panizzari. Non solo ex terroristi:<br />

a ottenere la grazia sono stati anche<br />

protagonisti di casi clamorosi di cronaca:<br />

come Luciano Lutring, noto alle cronache<br />

degli anni '60 con il nome di “solista del<br />

mitra”, perché era solito nascondere la sua<br />

arma preferita dentro la custodia di un<br />

violino, che fu “perdonato” nel 1976 da<br />

Giovanni Leone.<br />

Nel 1986 fu, invece, Francesco Cossiga<br />

a graziare l'ergastolano Renzo Ferrari, detto<br />

“il veterinario del bitter”, in carcere dal<br />

1962 per aver ucciso con una bottiglia di<br />

bitter misto a stricnina, il marito della sua<br />

amante. Sempre alla presidenza di Cossiga<br />

risale la grazia ad Elisa Spinelli, una zingara<br />

che, come Sofia Loren nel film “Ieri,oggi<br />

e domani”, aveva messo al mondo 11<br />

dei suoi 14 figli, pur di non scontare un<br />

residuo di pena di 14 mesi per rapina. Fu<br />

Sandro Pertini nel 1984 a mettere fine alla<br />

detenzione dell'ergastolano Raoul Ghiani,<br />

accusato di aver ucciso nel 1958 Maria<br />

Martirano, moglie di Giovanni Fenaroli.<br />

Mentre è stato Scalfaro nel 1993 a graziare<br />

Massimo Carlotto, lo studente padovano<br />

(oggi scrittore di successo) accusato e<br />

condannato per l'omicidio di Margherita<br />

Magello nel gennaio 1976 e da allora<br />

proclamatosi sempre innocente.<br />

L’indulto è un provvedimento di clemenza a carattere generale che a differenza<br />

dell’amnistia non estingue il reato, ma cancella in tutto o in parte la pena inflitta con<br />

una sentenza definitiva.<br />

Sia indulto che amnistia devono essere approvati dal Parlamento, con una<br />

<strong>maggio</strong>ranza dei due terzi di ciascuna Camera<br />

carte<strong>Bollate</strong> 24


CONVEGNO NAZIONALE SUL CARCERE / Padova<br />

L’APPELLO AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA<br />

SOTTOSCRITTO DAL NOSTRO GIORNALE<br />

L'assemblea dei detenuti, operatori,<br />

magistrati, lavoratori in ambito<br />

carcerario, volontari, cappellani e giornalisti,<br />

che si è tenuta nel carcere di Padova il<br />

26 <strong>maggio</strong> 2006, sui temi del carcere e dell'informazione,<br />

sottopone al ministro della<br />

Giustizia, on. Clemente Mastella, alcune<br />

osservazioni propositive in ordine ai tanti,<br />

gravi e annosi problemi che affliggono le<br />

condizioni di vita e di lavoro dentro gli<br />

istituti penitenziari e nell'area penale esterna.<br />

Esiste una proposta organica di riforma<br />

strutturale dell'ordinamento penitenziario,<br />

elaborata da Alessandro Margara, già a<br />

capo dell'Amministrazione penitenziaria e<br />

presidente del tribunale di sorveglianza di<br />

Firenze, e da Francesco Maisto, sostituto<br />

procuratore generale della Repubblica di<br />

Milano, e già presidente del tribunale<br />

di sorveglianza di Milano. Tale riforma,<br />

oltre che l'organicità, ha il pregio di non<br />

comportare costi aggiuntivi a carico dell'Amministrazione.<br />

In molte sue parti,<br />

inoltre, potrebbe divenire operativa senza<br />

necessità di percorsi parlamentari. Quindi,<br />

fondamentalmente, potrebbe trovare<br />

avvio semplicemente a partire dalla volontà<br />

e responsabilità politica, in tempi brevi<br />

e dunque adeguati alle necessità.<br />

Tra le urgenze, ormai drammatiche,<br />

che vivono le carceri perdura quella del<br />

gravissimo sovraffollamento, che mortifica<br />

le condizioni di vita dei detenuti e<br />

umilia la dignità professionale di operatori,<br />

assistenti sociali, educatori, agenti<br />

di polizia penitenziaria, direttori e anche<br />

dei volontari. Per affrontare concretamente<br />

tale problema si impongono decisioni<br />

legislative e parlamentari, in ordine a<br />

provvedimenti deflativi. Ma una misura<br />

di rafforzamento, ampliamento e rispetto<br />

delle piante organiche del personale, nelle<br />

sue varie funzioni e articolazioni, potrebbe,<br />

nel frattempo, contribuire a migliorare la<br />

situazione. Così pure vanno ampliate e rese<br />

più celeri le possibilità di misure alternative<br />

alla detenzione, rafforzando gli organici<br />

dell'area penale esterna. Lo stesso vale per<br />

una <strong>maggio</strong>re e migliore destinazione di<br />

risorse finalizzate alle attività trattamentali,<br />

a quelle formative e culturali, al lavoro<br />

penitenziario.<br />

Il miglioramento, possibile in tempi<br />

immediati, delle condizioni di detenzione<br />

passa anche attraverso l'applicazione in<br />

tutte le sue previsioni del Regolamento<br />

penitenziario, varato nel 2000. Importanza<br />

particolare va attribuita a misure e<br />

strutture che garantiscano l'affettività delle<br />

persone recluse e dei loro congiunti, come<br />

già si sperimenta positivamente in alcuni,<br />

rari, istituti.<br />

Drammatica è la questione della salute<br />

in carcere. La carenza di fondi e la riforma<br />

“inceppata” hanno determinato una grave<br />

situazione, tale per cui mancano a volte gli<br />

stessi farmaci salvavita e la copertura del<br />

personale sanitario, sia a livello medico,<br />

sia a livello infermieristico. A tale situazione<br />

occorre porre mano con decisione,<br />

per garantire un diritto costituzionalmente<br />

rilevante, considerando anche il grande<br />

numero di persone tossicodipendenti,<br />

alcoliste o portatrici di disagio psichico<br />

ristrette.<br />

Sul piano legislativo crediamo vadano<br />

radicalmente riviste le leggi sulle droghe,<br />

sulla recidiva (“ex Cirielli”) e sull'immigrazione.<br />

Sono proprio queste le normative<br />

responsabili da sole della <strong>maggio</strong>r parte<br />

degli ingressi nel sistema penitenziario,<br />

spesso per reati di poco conto (sugli 89.887<br />

ingressi nel corso del 2005, ben 9.619<br />

hanno riguardato cittadini stranieri, ristretti<br />

in carcere senza aver commesso reati che<br />

non siano la violazione delle norme sull'immigrazione).<br />

Viceversa, nuove leggi<br />

vanno introdotte, a partire dall'istituzione<br />

del Garante nazionale dei diritti delle persone<br />

private della libertà. Naturalmente, se<br />

queste sono le priorità, molti altri sono i<br />

provvedimenti legislativi che auspichiamo<br />

il nuovo Parlamento vorrà affrontare nel<br />

corso della legislatura, a partire dal varo del<br />

nuovo Codice penale.<br />

Infine, vi sono leggi approvate nella<br />

penultima legislatura, proposte dall'allora<br />

governo di centrosinistra, che vanno finalmente<br />

e integralmente applicate (legge<br />

“Smuraglia", legge “Finocchiaro", legge di<br />

riforma della sanità in carcere ecc.).<br />

Se queste sono solo alcune delle neces-<br />

carte<strong>Bollate</strong> 25<br />

sità e delle urgenze (molte altre, infatti,<br />

si potrebbero enumerare), non di meno<br />

appare centrale e rilevante che la, o le, figure<br />

che verranno a breve nominate ai vertici<br />

del Dipartimento dell'Amministrazione<br />

Penitenziaria, abbiano caratteristiche, professionali<br />

e umane, di attenzione, sensibilità,<br />

competenza, che ci facciano sentire<br />

garantiti riguardo i punti su esposti.<br />

Nel rispetto delle prerogative, ci pare<br />

dunque necessario rivolgerLe anche questa<br />

esortazione: che al vertice del Dap vengano<br />

insediate figure che abbiamo queste caratteristiche.<br />

Le chiediamo, in questa occasione, la<br />

disponibilità a incontrare una delegazione<br />

che meglio, con <strong>maggio</strong>re organicità e nel<br />

dettaglio, possa esporLe le nostre proposte<br />

e osservazioni, che proprio nell'occasione<br />

di questa partecipata assemblea abbiamo<br />

potuto raccogliere, definire e condividere.<br />

In Iraq si continua<br />

a morire e a<br />

spendere soldi<br />

Ancora morti in Iraq. Ogni giorno civili<br />

iracheni sono uccisi in un Paese ormai<br />

completamente distrutto, con città senza<br />

acqua, senza cure mediche, senza nessun<br />

tipo di assistenza, affamati. Ora, dopo i 19<br />

morti di Nassiriya, un altro morto italiano,<br />

Alessandro Pibiri, e altri feriti, alcuni gravissimi.<br />

Altro che “missione di pace”! Lì,<br />

come in Afganistan si continua a morire.<br />

Inoltre la guerra irachena costa a noi<br />

tutti una cifra enorme che potrebbe essere<br />

meglio utilizzata nel nostro Paese. La missione,<br />

sino ad oggi, è costata circa 1.534<br />

milioni di euro pari a circa 3.000 miliardi<br />

di lire, mentre gli aiuti alla popolazione<br />

locale si aggirerebbero attorno ai 16<br />

milioni di euro. In pratica, oltre il 90%<br />

delle risorse stanziate dal Parlamento, sono<br />

andate a coprire i costi delle operazioni<br />

militari.<br />

E hanno ancora il coraggio di chiamarla<br />

“missione di pace”?


TRATTAMENTO VERSO LA LIBERTÀ / Il quinto reparto<br />

ENTRO LA FINE DELL’ANNO, 100 I DETENUTI<br />

CHE USCIRANNO PER LAVORARE<br />

A colloquio con il responsabile Michele Scarano<br />

Nei primi anni di vita di questo istituto<br />

(dalla fine del 2000 alla fine del<br />

2004) i detenuti ammessi ad usufruire<br />

dell'articolo 21 dell'Ordinamento penitenziario<br />

quello che prevede la possibilità di<br />

uscire dal carcere per lavorare e fare ritorno<br />

alla sera, sono 41.<br />

Sembra un numero esiguo,<br />

eppure è un numero che col tempo<br />

cambia velocemente anche perché<br />

la direttrice Lucia Castellano si<br />

pone l'obbiettivo di incrementare<br />

il numero dei ristretti che potranno<br />

usufruire di questo beneficio per il<br />

trattamento, il recupero e l'inserimento<br />

sociale. Se nel 2005 i beneficiari<br />

di questo trattamento sono<br />

stati 60, alla fine del 2006 dovrebbero<br />

arrivare a 100 detenuti.<br />

Un intero reparto è stato destinato<br />

a questi detenuti, il quinto.<br />

Arrivare a 100 detenuti in articolo<br />

21 è certamente un progetto ambizioso,<br />

ma nello stesso tempo, lo stesso, è<br />

diventato un po' uno dei numerosi fiori<br />

all'occhiello di questo istituto. Lo si è capito<br />

molto bene quando nello scorso aprile,<br />

la direttrice – con quattro educatori e la<br />

segreteria tecnica – ha incontrato i detenuti<br />

del quinto reparto. Un incontro cordiale,<br />

soddisfacente per tutti, soprattutto per i<br />

detenuti che hanno colto nelle risposte<br />

della direzione la volontà di continuare<br />

questo importante esperimento.<br />

Ma in cosa consiste l'articolo 21 e<br />

come è gestito questo reparto? Lo abbiamo<br />

chiesto al responsabile del reparto Michele<br />

Scarano da 23 anni nella Polizia penitenziaria.<br />

Pugliese, 41 anni, due figli, Scarano<br />

ha, per 17 anni, prestato il suo servizio in<br />

qualità di ”matricolista” nella casa circondariale<br />

di S. Vittore. Nel 2000, in occasione<br />

dell'apertura del carcere di <strong>Bollate</strong>, ha<br />

avuto il compito di creare e organizzare<br />

l'Ufficio matricola con la mansione di vice<br />

capo ufficio e, dopo un apposito corso<br />

di specializzazione, diventare capo matricola,<br />

uno dei settori più importanti del<br />

carcere, un po' il cuore che fa funzionare<br />

tutto l'istituto. A lui, quindi, rivolgiamo<br />

alcune domande. Michele Scarano ci accoglie<br />

senza divisa, in borghese, dinoccolato<br />

come un personaggio da film western, ma<br />

nello stesso tempo con molta disponibilità.<br />

Signor Scarano, ci racconti brevemente<br />

come è arrivato al quinto reparto?<br />

Nel <strong>maggio</strong> 2005, la direttrice, d'accordo<br />

con il comandante, mi chiese di allestire,<br />

organizzare e coordinare, quella che<br />

sarebbe poi divenuta la sezione adibita ai<br />

detenuti ammessi all'articolo 21. Intuendo<br />

il progetto della dottoressa Castellano di<br />

potenziare il percorso trattamentale dei<br />

detenuti in questa direzione, mi sono sentito<br />

ben disposto ad una nuova esperienza<br />

di lavoro che tuttora trovo viva ed interessante,<br />

ma non prima di aver superato l'iniziale<br />

titubanza nel lasciare un incarico che<br />

mi aveva pur sempre motivato e gratificato<br />

per circa 21 anni.<br />

Vuol spiegare cos'è l'articolo 21 e in<br />

che cosa consiste?<br />

È la possibilità, concessa al detenuto,<br />

di svolgere un'attività lavorativa all'esterno<br />

dell'istituto in cui è ristretto o internato.<br />

L'art. 21 dell'Ordinamento penitenziario,<br />

può essere concesso a tutte le tipologie di<br />

detenuti e con qualsiasi posizione giuridica,<br />

ad eccezione di alcune categorie di<br />

carte<strong>Bollate</strong> 26<br />

detenuti di particolare spessore criminale,<br />

per cui la legge pone delle limitazioni<br />

all’accesso del beneficio, se non addirittura<br />

uno sbarramento completo (ad esempio<br />

detenuti appartenenti alla criminalità<br />

organizzata che non collaborano con la<br />

giustizia) e solo a seguito di accertata<br />

adeguatezza allo svolgimento di<br />

lavoro esterno, mediante stilatura di<br />

relazione di sintesi a cura dell'apposita<br />

équipe. In un secondo momento,<br />

e solo in seguito a richieste da parte<br />

di attività esterna, la direzione redige<br />

un apposito Programma di trattamento<br />

da inoltrare al magistrato di<br />

Sorveglianza o autorità competente<br />

per una eventuale approvazione.<br />

Nel Programma di trattamento,<br />

saranno indicate le tassative prescrizioni<br />

cui il detenuto dovrà attenersi,<br />

come l'orario di uscita/rientro<br />

dall'istituto, il percorso da seguire<br />

nei tempi e con i mezzi stabiliti per<br />

il raggiungimento del posto di lavoro e<br />

viceversa ecc.<br />

Quali le funzioni e i compiti del<br />

corpo di Polizia penitenziaria che opera<br />

nel quinto reparto?<br />

Non differisce da quello svolto da colleghi<br />

assegnati agli altri reparti, salvo per<br />

i momenti in cui questi svolgono servizio<br />

di controllo esterno; vengono effettuati<br />

interventi a campione, volti ad accertare il<br />

rispetto, da parte dei detenuti, di quanto<br />

previsto dal Programma di trattamento,<br />

verificando, tra l'altro, la loro presenza sul<br />

luogo di lavoro, e che questo si svolga nel<br />

pieno rispetto dei diritti e della dignità.<br />

L'agente preposto a svolgere il servizio<br />

esterno, ha delle specializzazioni?<br />

Non sono richieste particolari specializzazioni,<br />

se non la predisposizione<br />

soggettiva a svolgere con debita cura ed<br />

acutezza, gli interventi di volta in volta<br />

attribuiti.<br />

Lei partecipa con l'équipe, alla chiu


sura ed all'aggiornamento della sintesi?<br />

Su questo sono chiamato istituzionalmente<br />

ad intervenire,<br />

poiché è<br />

mio preciso compito<br />

fornire elementi<br />

utili sui ristretti del<br />

mio reparto ed il<br />

loro comportamento,<br />

sia all'interno<br />

della struttura che<br />

all'esterno, al fine di<br />

eventuali aggiornamenti<br />

delle cosiddette<br />

”sintesi”. È<br />

questo un compito<br />

che mi permette di<br />

accrescere ulteriormente<br />

le mie esperienze<br />

professionali.<br />

Com'è il rapporto<br />

con le persone<br />

detenute al<br />

quinto reparto?<br />

Credo di poter<br />

dire, in tutta onestà, che è buono. Vedete,<br />

io credo che nei confronti di un detenuto<br />

appena conosciuto, non si debbano alzare<br />

subito barriere, che con il tempo si rileve-<br />

Tutela della<br />

salute in carcere<br />

In altra parte del giornale parliamo della<br />

serie di incontri che il dottor Giorgio<br />

Oriani (ex detenuto) ha promosso per<br />

sensibilizzare <strong>maggio</strong>rmente i detenuti<br />

sul problema della salute in carcere.<br />

Non voglio quindi parlare di questi<br />

importanti incontri quanto, piuttosto,<br />

sottolineare come la carenza dei fondi<br />

per la sanità carceraria sia la vera malattia<br />

cronica nel nostro Paese. Per questa ragione<br />

è importantissimo seguire questi incontri<br />

così da imparare come comportarsi con il<br />

nostro organismo ed evitare problemi che<br />

sarebbe difficile eliminare nel tempo.<br />

In Italia con oltre il 60% dei casi, sono<br />

sempre in agguato le malattie infettive,<br />

virali, alimentari e dermatologiche.<br />

Seguono gli infortuni provocati da attività<br />

sportive di vario genere.<br />

Imparare come tutelare la propria<br />

salute in carcere è, quindi, di vitale<br />

importanza. Dobbiamo preservare la<br />

rebbero sicuramente difficili da abbattere,<br />

ma ritengo si debba seguire la linea di un<br />

civile dialogo.<br />

Ogni reparto o<br />

istituto è diverso<br />

dall'altro, e<br />

questo è noto<br />

anche al detenuto<br />

stesso,<br />

quindi ciò che<br />

<strong>maggio</strong>rmente<br />

mi preme,<br />

al momento<br />

dell'arrivo di<br />

questi nel mio<br />

settore, è informarlo<br />

circa<br />

l'organizzazione<br />

del reparto<br />

stesso.<br />

Tramite<br />

colloquio<br />

informativo gli<br />

saranno fornite<br />

indicazioni<br />

su disposizioni<br />

interne e quant'altro, con l'intento da<br />

parte mia, di cercare, per quanto di mia<br />

competenza, di conciliare eventuali esigenze<br />

e problematiche da risolvere. Con<br />

nostra salute e sperare di capitare, nel<br />

caso di una malattia, nelle mani di un<br />

medico coscienzioso perché come ristretti<br />

non abbiamo molta scelta. Approfittiamo<br />

della disponibilità e della professionalità<br />

di Giorgio Oriani per preservare la<br />

nostra salute, il bene più grande che<br />

possediamo.<br />

Cerchiamo di fare di tutto per uscire<br />

dal carcere sani come siamo entrati, non<br />

malati.<br />

Antonio Cirianni<br />

Costerà di più<br />

scrivere a casa<br />

Prima di togliere il disturbo, il governo<br />

Berlusconi ha voluto farci un regalo. La<br />

corrispondenza normale non costerà più<br />

45 centesimi, ma 60 con un bell’aumento<br />

del 33%.<br />

Dopo aver trasformato gli sportelli<br />

delle Poste in banche (in esclusiva<br />

nazionale e senza gara di appalto abbinate<br />

alla banca Mediolanum di proprietà dello<br />

carte<strong>Bollate</strong> 27<br />

questo semplice modus-operandi, e non<br />

avendo dovuto scontrarmi, fino ad ora,<br />

con significative problematiche gestionali<br />

ed interpersonali (tra me, il personale di<br />

Polizia penitenziaria ed i detenuti), posso<br />

dire in linea generale di avere un buon<br />

rapporto con tutti.<br />

Quali considerazioni si sente di fare<br />

per il futuro?<br />

Personalmente reputo l'articolo 21<br />

molto importante per il percorso riabilitativo<br />

del detenuto.<br />

Ho sempre dato importanza all'esperienza<br />

accumulata col passare del tempo,<br />

convinto che questa giovi al miglioramento<br />

dei progetti che andranno via<br />

via attuati, forte anche del fatto che la<br />

direttrice Lucia Castellano, crede fortemente<br />

all'ampliamento del reparto e<br />

conta di portare a cento, il numero dei<br />

detenuti beneficiari di tale trattamento,<br />

entro l'anno.<br />

La mia volontà a migliorare l'organizzazione<br />

del servizio e la vivibilità delle<br />

persone ristrette al quinto reparto è garantita.<br />

Mario Curtone<br />

Francesco Ironico<br />

stesso ex presidente del Consiglio) ora c’è<br />

questa bella novità.<br />

Per i detenuti, quindi, scrivere a<br />

casa costerà di più. L’aumento sembra<br />

cosa da poco, ma se pensiamo che ci<br />

sono 70 milioni di missive affrancate<br />

ordinariamente, si capisce subito quanto<br />

guadagneranno.


VOLONTARIATO IN CARCERE<br />

DA UN EPISODIO DI<br />

CRONACA NERA ALL’AMICIZIA<br />

CON I DETENUTI<br />

Q uesta è la storia di una perso-<br />

Qna Qdopo<br />

Qdopo Q un po’ po’ speciale, in quanto,<br />

un episodio di cronaca nera,<br />

invece di condannare l'autore di un<br />

grave reato, come avrebbero fatto i<br />

media e la <strong>maggio</strong>r parte delle persone,<br />

ha cercato di capirlo e aiutarlo.<br />

Si tratta di Stefania Maggioni, 34<br />

anni, milanese, (mamma ungherese<br />

e padre milanese), che lavora per<br />

un'agenzia di pubblicità a Milano.<br />

Stefania, figlia unica, ha vissuto<br />

in una famiglia serena, amata dai<br />

genitori che, sempre attenti ai suoi<br />

bisogni, le hanno dedicato mille<br />

attenzioni. A 19 anni, per cominciare<br />

ad essere indipendente e mettersi<br />

alla prova, va a vivere a<br />

Pavia dove frequenta l'Università,<br />

laureandosi in economia<br />

e commercio.<br />

Purtroppo, nel 2003<br />

avviene una sparatoria a<br />

Rozzano, ad opera di un<br />

tossicodipendente, in cui<br />

sono coinvolti anche alcuni<br />

passanti, compresa una<br />

bambina in tenera età.<br />

Da quel momento avviene<br />

una svolta. Stefania cambia il<br />

modo di considerare le persone<br />

e i suoi valori fondamentali.<br />

Confronta tutta la sua vita e le<br />

opportunità che le sono state offerte,<br />

con quelle dell'autore dei misfatti di<br />

Rozzano cresciuto, invece, in una<br />

periferia degradata e senza sbocchi,<br />

dove le persone spesso e purtroppo<br />

vengono “bruciate” dalla droga e<br />

dall'emarginazione.<br />

Un amico a cui confida questa<br />

riflessione, le fa conoscere la madre,<br />

già volontaria nel carcere di Opera<br />

presso la “Sesta Opera “che la introduce<br />

nel volontariato carcerario.<br />

Stefania incomincia a frequentare<br />

un corso di tre mesi per volontari,<br />

presso la “Sesta Opera” a San Fedele,<br />

dove incontra assistenti sociali, psi-<br />

cologi, criminologi. Ognuno di loro<br />

spiega il carcere dal proprio punto<br />

di vista.<br />

Al termine di ogni lezione, i lavori<br />

di gruppo consentono l'interazione<br />

tra partecipanti e relatori.<br />

Stefania, dopo l'attestato di qualifica,<br />

deve scegliere fra il volontariato<br />

extra-murario, oppure quello intramurario.<br />

Lei vuole lavorare all'interno<br />

delle carceri, per interagire con i<br />

detenuti dal punto di vista umano. Va<br />

a prestare la sua opera di volontariato<br />

a <strong>Bollate</strong> perché, per nostra fortuna,<br />

agli incontri di formazione ha conosciuto<br />

anche la direttrice del carcere<br />

di <strong>Bollate</strong>, Lucia Castellano, dalla<br />

quale rimane piacevolmente colpita<br />

per il suo modo di porsi, la determinazione<br />

e quel giusto compromesso<br />

tra istituzioni e detenuti.<br />

Nel <strong>maggio</strong> 2004 arriva, per la<br />

prima volta, a <strong>Bollate</strong> e inizia il suo<br />

percorso, distribuendo nei reparti, a<br />

chi ne ha bisogno, vestiario e scarpe.<br />

Viene, così, a contatto con la realtà<br />

carceraria e le necessità dei ristretti.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 28<br />

Per lei non è facile misurare la sua<br />

personalità estroversa nel luogo in<br />

cui si trova, perciò deve affrontare<br />

un'altra sfida.<br />

Io ho conosciuto Stefania e la<br />

considero proprio una bella persona,<br />

una ragazza che quando è qui<br />

con noi, si impegna a infondere<br />

coraggio, una persona che mette a<br />

proprio agio, che ti fa venire voglia<br />

di confidarti e un'ottima ascoltatrice<br />

con un senso critico molto spiccato.<br />

Il detenuto è da lei considerato e<br />

trattato come “amico”.<br />

Il piacere di fare del bene, le consente<br />

di integrarsi, perfettamente,<br />

nell'universo carcerario di <strong>Bollate</strong>.<br />

Non dorme sugli allori, è sempre in<br />

evoluzione, continua a studiare e a<br />

documentarsi sulle carceri.<br />

Mi confida di aver sempre nutrito<br />

una forte “attrazione” verso i luoghi<br />

chiusi e misteriosi: conventi, monasteri<br />

di clausura …<br />

Dedica quello che le rimane del<br />

suo tempo libero, lavora anche dieci-<br />

dodici ore al giorno, ai suoi affetti,<br />

ai suoi tanti e “veri” amici, ma<br />

afferma che le piace stare anche<br />

in solitudine.<br />

L'esperienza carceraria continua<br />

a farla riflettere sull'egoismo,<br />

non sopporta più<br />

le lamentele senza motivo e<br />

la gente che si crea problemi<br />

inesistenti.<br />

Mi racconta che, tra le<br />

varie attività che svolge all'interno<br />

del carcere, una volta, ha<br />

partecipato alla preparazione di un<br />

rinfresco organizzato dalla cooperativa<br />

“abc la sapienza in tavola” della<br />

staccata.<br />

L'aspetto che più l'ha favorevolmente<br />

impressionata di questa<br />

esperienza, è stato il rapporto di<br />

solidarietà che si è creato tra agenti<br />

e detenuti.<br />

In verità, questo tipo di relazione<br />

nasce quotidianamente, non solo<br />

nelle occasioni speciali.<br />

Il “progetto <strong>Bollate</strong>”, infatti, realizzando<br />

un carcere in un regìme<br />

”attenuato” dà la possibilità di creare<br />

dei rapporti di fiducia tra le persone,<br />

molto diversi da quelli ancora esistenti<br />

nei vecchi sistemi carcerari.<br />

F. P. P


Incontro con un monaco di Bose<br />

PENA ALTERNATIVA?<br />

PERCHÈ NON PROVIAMO IN<br />

MONASTERO?<br />

Nell'indifferenza in cui spesso viviamo,<br />

fa piacere ed è rassicurante sapere che<br />

la comunità che popola il monastero di<br />

Bose, vicino ad Ivrea, accoglie chiunque<br />

abbia bisogno di essere aiutato. I monaci<br />

che vi abitano offrono il loro sostegno e<br />

disponibilità non solo a chi è in difficoltà,<br />

ma anche a coloro che hanno bisogno di<br />

“fermarsi”, di sostare in silenzio, riflettere<br />

e, naturalmente, pregare.<br />

Abbiamo scoperto questo piccolo,<br />

grande mondo, grazie a un incontro, nel<br />

carcere di <strong>Bollate</strong>, con Guido, un monaco<br />

della comunità di Bose.<br />

Guido è stato invitato da don Fabio<br />

Fossati, il nostro cappellano, su richiesta<br />

di alcuni detenuti che frequentano la<br />

catechesi.<br />

Perciò, sabato 25 marzo l'abbiamo<br />

incontrato nell'area trattamentale.<br />

Era la sua prima visita in un<br />

carcere. Si tratta di una persona<br />

colta, raffinata e dai<br />

modi garbati; non certo la<br />

classica figura di monaco<br />

che di solito ci immaginiamo.<br />

Guido ci ha raccontato<br />

la vita che conduce<br />

nel monastero di Bose<br />

dove vivono ottanta<br />

persone circa, uomini<br />

e donne che hanno<br />

abbandonato tutto per<br />

tentare di vivere radicalmente<br />

l'evangelo, nel<br />

celibato.<br />

La comunità di Bose, è<br />

nata nel 1965 quando il fondatore,<br />

Enzo Bianchi, decise di<br />

iniziare a vivere, solo, in una casa<br />

affittata presso alcune cascine. I primi<br />

“fratelli” sono arrivati tre anni dopo.<br />

Lo scopo dei monaci di Bose è quello<br />

di aiutare le persone in difficoltà, anche<br />

chi non riesce a tirare la fine del mese.<br />

Molti sono stati ospitati da loro<br />

anche per lunghi periodi. A mio parere,<br />

questi monaci sono delle persone che<br />

fanno veramente del gran bene, seppure<br />

occupandosi sempre della loro comunità.<br />

Ho chiesto a Guido se fosse possibile<br />

“ospitare” presso la loro comunità detenuti<br />

in pena alternativa, e lui mi è sembrato<br />

molto favorevole anche se, per il<br />

momento, non sono ancora attrezzati per<br />

i tossicodipendenti.<br />

Poi, Guido ci ha spiegato come funziona<br />

il monastero, come si vive all'interno di<br />

esso ed ha risposto alle numerose domande<br />

che gli intervenuti gli hanno posto.<br />

“Il monastero nel quale opero come<br />

economo – dice Guido – si è adeguato alle<br />

nuove esigenze e alle più moderne tecnologie”.<br />

Sottolinea anche che i ritmi della giornata,<br />

sono ancora scanditi dalle antiche<br />

regole monastiche di ora et labora e che si<br />

tratta di una vita semplice, tendente all'essenziale:<br />

sveglia alle quattro e mezza per<br />

carte<strong>Bollate</strong> 29<br />

iniziare le preghiere del mattino e dopo<br />

l'udienza dal Priore, lo smistamento dei<br />

compiti della giornata.<br />

“Tutti lavorano, guadagnandosi da vivere<br />

con le proprie mani”, continua il monaco,<br />

elencando le varie attività che, finora,<br />

hanno permesso alla comunità di vivere in<br />

completa autonomia.<br />

I monaci coltivano un orto e un frutteto.<br />

Lavorano in un atelier di ceramica,<br />

in uno di icone, nella falegnameria, in una<br />

casa editrice e nella tipografia. Inoltre, si<br />

occupano della ricerca biblica e catechetica.<br />

Studiano la scrittura e la tradizione<br />

monastica.<br />

Guido asserisce che hanno creato,<br />

persino, un sito internet e usufruiscono<br />

di mezzi moderni come le macchinette<br />

self-service per il caffè e le bevande. Non<br />

vedono la televisione, per non essere sottoposti<br />

a condizionamenti.<br />

Possiedono, invece, una libreria aggiornatissima<br />

con testi moderni ed antichi,<br />

alcuni tradotti da loro e venduti al pubblico<br />

nel loro negozio-spaccio, dove il<br />

visitatore può acquistare i loro lavori,<br />

lasciando un’offerta libera in un apposito<br />

contenitore.<br />

Questo vale anche per il ristorante<br />

sempre super prenotato,<br />

perché si mangia molto bene.<br />

Guido sottolinea che è<br />

stata percorsa molta strada<br />

e come la comunità<br />

sia ora proprietaria<br />

di numerose cascine,<br />

acquistate con i proventi<br />

del lavoro.<br />

Secondo Guido,<br />

è necessario essere<br />

ben convinti della<br />

scelta della vita<br />

monastica, perché è<br />

faticosa e viene vissuta<br />

lontano dalla<br />

famighia d'origine che<br />

si vede solo una volta<br />

all'anno. Lui si ricorda<br />

ancora di quanto fosse contraria<br />

la sua famiglia, quando<br />

prese la decisione di diventare<br />

monaco.<br />

Chissà, forse questa potrebbe essere<br />

una splendida misura alternativa per chi<br />

crede; il prega e lavora disintossicherebbe<br />

l'anima anche ai più incalliti personaggi<br />

che popolano il carcere.<br />

Franco Palazzesi


PENSIERI LIBERI<br />

PENSIERI RISTRETTI<br />

di Francesco Giordano<br />

Chi giudica chi<br />

(detenuti giudici)<br />

Il carcere è un brutto posto, davvero brutto,<br />

dove quotidianamente perlopiù si<br />

evidenziano i lati nascosti delle persone, e<br />

non sono spesso belli da vedere e sentire.<br />

L'imputato è sempre pronto ad esigere<br />

di utilizzare tutti i gradi di giudizio: primo<br />

grado, appello e cassazione, anche nelle fasi<br />

precedenti giustamente pretende che vi sia<br />

correttezza da parte della pubblica accusa.<br />

L'imputato però quando si trova in<br />

carcere e si trasforma in detenuto, spesso,<br />

troppo spesso si converte in giudice,<br />

pronto a giudicare i nuovi arrestati sempre<br />

condannandoli in base agli articoli della<br />

stampa o della televisione, pur sapendo<br />

sulla propria pelle che questi sono sempre<br />

superficiali, mai imparziali, continuamente<br />

sbagliati.<br />

Come mai succede questo? Serve, forse,<br />

a nascondere i propri sensi di colpa verso<br />

chi si è lasciato fuori? Chissà….<br />

Un'altra caratteristica che emerge in<br />

carcere è l'individualismo.<br />

Spesso ci si fa largo a gomitate per<br />

andare verso la Gozzini o il lavoro, o tutto<br />

quello che diventa privilegio, che sappiamo,<br />

all'interno del carcere fa la differenza.<br />

Ancora si evidenzia la voglia di apparire,<br />

di protagonismo e quindi a fronte di forti<br />

eventi tragici che avvengono all'esterno,<br />

immediatamente il detenuto (non la persona<br />

libera o l'imputato) diventa buono,<br />

emerge con grandi offerte, mai sottovoce,<br />

sempre appariscente.<br />

Sì, il carcere è un brutto posto, e forse,<br />

in attesa della sua abolizione, bisognerebbe<br />

pensarci un tot in più prima di trovarsi a<br />

commettere un reato di qualsiasi natura.<br />

Da dove arrivano le madri<br />

di Plaza de Mayo<br />

“Da quanto tempo sono con gli occhi<br />

bendati? Cos'è quest'assordante rumore? Un<br />

aereo, un elicottero, un trapano che sta per<br />

bucarmi la testa?”.<br />

Questo pensava Manuel, solo 22 anni,<br />

ammanettato e con gli occhi coperti da<br />

una lurida benda oramai sporca di sangue,<br />

trascinato dai due gorilla in uniforme della<br />

marina argentina.<br />

Lo tengono sotto le ascelle e ridendo<br />

lo accompagnano sopra l'elicottero che sta<br />

aspettando da circa un quarto d'ora.<br />

Ora, mentre il velivolo si stacca dalla<br />

terra intuisce dove si trova.<br />

Si domanda dove lo porteranno, ma<br />

non prova neanche a chiederlo, tanto non<br />

gli dicono nulla da giorni.<br />

Dopo lunghi interrogatori per avere<br />

notizie, per conoscere nomi degli appartenenti<br />

all'opposizione non vogliono dare<br />

nessuna spiegazione, niente.<br />

Li sente ridere e la puzza d'alcool riempie<br />

presto il piccolo abitacolo.<br />

Manuel, sempre bendato, non vede<br />

dove si stanno dirigendo, ma sente fortemente<br />

come delle urla nella testa che una<br />

meta c'è, e la sente avvicinarsi sempre di<br />

più, lo intuisce perché le grida diminuiscono<br />

man mano che il tempo passa.<br />

Quasi, Manuel, spera non finiscano<br />

mai, per quanto tremende esse siano!<br />

Sente che quel silenzio prefigura qualcosa<br />

di orribile.<br />

Ora pur sapendo di non essere sentito,<br />

né di ricevere risposta chiede: “Dove mi<br />

portate? Dove mi portate?”<br />

L'elicottero non va più avanti, da qualche<br />

minuto gira attorno ad un punto,<br />

Manuel si stupisce che non scende o non<br />

va oltre.<br />

Di colpo silenzio, smettono di parlare<br />

fra loro e dopo pochi secondi si sente<br />

la voce di uno che comunica alla radio:<br />

“Pronto, Generale, siamo sull'obiettivo”.<br />

Dall'altra parte risponde una voce secca<br />

senza anima né onore: “Proseguite”. Finita<br />

carte<strong>Bollate</strong> 30<br />

la breve comunicazione torna il silenzio e<br />

il rumore dello sportello che si apre lo si<br />

avverte in maniera inequivocabile.<br />

L'aria fredda e salmastra colpisce in<br />

pieno il volto di Manuel e da questo<br />

percepisce di trovarsi in mezzo al mare, e<br />

solo da questo lo capisce, non può vedere<br />

che si tratta di una splendida serata, le<br />

luccicanti stelle sono particolarmente lì a<br />

portata di mano, sembrano aspettare quella<br />

di Manuel per portarselo via, ma lui non<br />

vede e non sente questa sera.<br />

I bruti lo afferrano ancora da sotto le<br />

ascelle ed avvicinato di più allo sportello<br />

aperto, viene scaraventato fuori, contemporaneamente<br />

si accorge che continua a<br />

non vedere, ad avere le mani legate dietro<br />

la schiena.<br />

Solo le gambe precipitando si aprono<br />

in un estremo tentativo di fermare quella<br />

mortale caduta. Non sente altro perché<br />

il contatto con l'acqua del mare è crudo,<br />

brutale, violento, inumano.<br />

Il freddo viene come assorbito dalla<br />

paura per quella morte e dal desiderio di<br />

risorgere, magari nelle sembianze della propria<br />

madre, della propria nonna o sorella,<br />

del proprio fratello o figlio, comunque per<br />

continuare a combattere contro la Giunta<br />

dei generali, assassini ed argentini.<br />

Pelle diversa,<br />

occhi uguali<br />

La notizia dell'uccisione del piccolo<br />

Tommaso ha fatto scatenare la solita<br />

canea giustizialista e buonista che mette<br />

tutti assieme l'Italia dei buoni sentimenti.<br />

Facile, chi riesce a scrivere qualcosa di<br />

diverso a fronte di un delitto così atroce?<br />

Eppure, eppure qualcosa bisogna provare<br />

a dire, non ci si può accostare ai<br />

moralisti a pagamento che scorazzano su


tutti, quasi tutti, i giornali. Cosa mai potrà<br />

dire di buono e sensato un Michele Serra<br />

sulla Repubblica?<br />

Leggendo i vari commenti mi pongo<br />

una domanda: come si può pensare che<br />

uno dei nostri bambini può avere più<br />

diritto a vivere di un bambino africano,<br />

brasiliano o palestinese?<br />

Nondimeno, a fronte dei numerosi<br />

crimini per fame o per occupazione della<br />

terra, gli stessi editorialisti, con la morale<br />

applicata all'occhiello, se ne stanno zitti<br />

e buoni.<br />

Certo, quello della Repubblica non è il<br />

solo, anzi è in buona compagnia, persino<br />

il giornale che fu di Gramsci, scrisse che<br />

il macellaio Sharon è diventato “uomo di<br />

pace”. Figuriamoci!<br />

Figuriamoci che bell'esempio di moralità<br />

possono dare gli editorialisti di questi<br />

giornali ai cittadini italiani per crescere con<br />

buoni e sani principi. E sto parlando di<br />

giornali certo non tra i peggiori: Se questi<br />

sono i nostri esempi quale presente possia-<br />

200 morti + 1<br />

Venerdì 12 <strong>maggio</strong> è un giorno come<br />

tanti. I quotidiani hanno titoli su<br />

D'Alema, le intercettazioni calcistiche, la<br />

debolezza del dollaro, il vertice fra Morales<br />

e Chavez.<br />

In quel venerdì, però ci sono altri<br />

due episodi simili e differenti. A Senago,<br />

alle porte di Milano, la città della moda<br />

e dell’opulenza, un rumeno di 27 anni,<br />

clandestino, senza fissa dimora, nel<br />

tentativo di impossessarsi di un paio di<br />

pantaloni lunghi da un cassonetto, è<br />

rimasto incastrato da un meccanismo che<br />

gli ha rotto l’osso del collo.<br />

Il ragazzo, al momento della morte,<br />

indossava dei bermuda e forse aveva<br />

bisogno anche di un paio di scarpe.<br />

A tantissimi chilometri di distanza, in<br />

un altro Paese, in Nigeria, 200 persone<br />

sono morte carbonizzate. Avevano<br />

tentato d’impossessarsi del petrolio<br />

bucando l’oleodotto. Improvvisamente<br />

una fiammata, il botto e 200 morti,<br />

irriconoscibili.<br />

Per una popolazione che vive con meno<br />

di un dollaro al giorno, la sottrazione<br />

artiginale del petrolio è spesso l’unica forma<br />

di sussistenza, anche se molto pericolosa.<br />

Il cassonetto dove è morto il romeno<br />

mo pretendere e quale futuro potrà esserci<br />

per le nuove generazioni?<br />

Voglio proprio sottolineare che se tutti<br />

i giorni, sui giornali, nelle televisioni,<br />

alla radio ci dicono e fanno vedere che<br />

la giustizia non esiste, che hanno ragione<br />

solo i furbi o chi è forte e ricco, perché<br />

i cittadini devono credere e crescere con<br />

buoni princìpi?<br />

Una cosa è certa, che senza una giustizia<br />

vera non ci potrà mai essere pace, né nel<br />

mondo e neanche nel nostro quotidiano, e<br />

qui dentro vivono quanti ogni tanto emergono<br />

come mostri.<br />

La gente “normale” ci dice che le persone<br />

coinvolte erano persone “normali”, a<br />

me vien da dire: manco per niente!!!<br />

Normale è chi di fronte ai crimini della<br />

guerra o delle occupazioni, dove crescono<br />

muri, si indignano e scendono in piazza<br />

per protestare, e magari bruciano anche le<br />

bandiere di quei Paesi responsabili di quei<br />

crimini, non chi si gira sempre dalla parte<br />

opposta per non vedere. La differenza c'è,<br />

è di una società che si chiama “Volontà<br />

di vivere”. Chissà come si chiama<br />

l’oleodotto.<br />

Riceviamo e<br />

pubblichiamo<br />

”Nessuno può costringere un altro essere<br />

umano a emendarsi. Il cambiamento deve<br />

avvenire nell'intimo dell'individuo ed essere<br />

voluto”. Sono parole di Vivien Stern e<br />

vorremmo iniziare questa nostra breve<br />

considerazione con la parte finale della<br />

solita favola a lieto fine: ”E vissero tutti e due<br />

sposati, felici e contenti”. Questo, almeno, è<br />

quanto sta accadendo realmente nella vita<br />

di un ex detenuto del carcere di <strong>Bollate</strong>.<br />

Purtroppo, solo in pochi possono dire di<br />

vivere questa situazione. Spesso i cancelli<br />

delle prigioni sono diventate simili a porte<br />

girevoli eppure le biografie dei Testimoni<br />

di Geova stanno a dimostrare come si<br />

possa operare nell'intimo dell'individuo e<br />

portarlo a volere il cambiamento.<br />

Un esempio è quello di Frank Mannino,<br />

amico e compaesano, nonché sodale, del<br />

bandito Giuliano. Mannino partecipò<br />

ad una ventina di rapimenti di persona,<br />

pur non avendo mai ucciso nessuno. Fu<br />

carte<strong>Bollate</strong> 31<br />

eccome, altro che persone normali.<br />

La politica dovrebbe avere più coraggio<br />

per cercare soluzioni per un vero e reale<br />

cambiamento, per un mondo di vera giustizia,<br />

per un quotidiano dove vi siano sane<br />

ragioni per vivere e crescere.<br />

Prendete l'esempio del criminale vigile<br />

di Como, che dopo aver sparato nella testa<br />

di un ragazzo di 18 anni, gira serenamente<br />

per la strada, vive tranquillamente nella<br />

sua casa, non ha fatto un solo giorno di<br />

carcere.<br />

Guardando questa cosa come si fa a<br />

credere nella giustizia? Come mai i moralisti<br />

della Repubblica, del giornale di Gramsci<br />

o di Libero non hanno scritto della loro<br />

angoscia?<br />

Forse che Rumesh non avesse diritto<br />

a vivere serenamente la sua giovane vita?<br />

Forse che i bambini palestinesi hanno<br />

commesso delitti inconfessabili? E quelli<br />

africani sono colpevoli perché hanno la<br />

pelle diversa dalla nostra, ma gli occhi<br />

uguali?<br />

arrestato nel marzo 1950 e condannato nel<br />

1952 a due ergastoli e a 302 anni di carcere<br />

con l'unica prospettiva di uscire da morto.<br />

Battezzato, nel 1958, come Testimone<br />

di Geova, Mannino ha dovuto superare<br />

diverse vicissitudini e ingiustizie che<br />

avrebbero potuto influire negativamente<br />

su lui. Nel 1976 ha presentato istanza per<br />

ottenere la libertà. Poco tempo dopo le<br />

autorità del carcere dell'isola di Procida,<br />

dove era detenuto, chiesero la grazia. Il<br />

magistrato di sorveglianza ha scritto che<br />

”rispetto al giovane sanguinario esecutore<br />

degli ordini del bandito Giuliano, è un altro<br />

uomo: del tutto irriconoscibile”.<br />

La grazia è stata concessa il 28 dicembre<br />

1978 dopo 28 anni di carcere e così ha<br />

potuto ritornare a vivere reinserendosi nella<br />

società. Questo recupero è stato possibile<br />

grazie alla Parola di Dio e all'insegnamento<br />

biblico che porta alla nostra attenzione il<br />

secondo dei due più grandi comandamenti:<br />

”Devi amare il tuo prossimo come te stesso”.<br />

Il tipo d'amore menzionato è quello basato<br />

sul principio che significa ”amare ciò che<br />

non è amabile”.<br />

Quando questo comandamento sarà<br />

applicato da ognuno di noi, anche il<br />

percorso di chi ha sbagliato e cerca un<br />

recupero, non sarà difficoltoso come ora.<br />

Testimoni di Geova


Sono 20mila i detenuti nei bracci della<br />

morte nel mondo, nel 2005 sono<br />

state 2.148 le esecuzioni in 22 Paesi e<br />

sono state emesse 5.186 condanne a<br />

morte in 53 Paesi.<br />

Sono i dati di un rapporto redatto da<br />

Amnesty International sull'applicazione<br />

della pena di morte nel mondo nel<br />

quale viene evidenziato che il 94% delle<br />

esecuzioni ha avuto luogo in Cina, Iran,<br />

Arabia Saudita e Usa.<br />

Secondo le informazioni di Amnesty<br />

in Cina vi sarebbero state circa 1.770<br />

esecuzioni, anche se il numero effettivo<br />

potrebbe essere molto più alto: a quanto<br />

riferito da un esperto legale cinese,<br />

sarebbero circa 8.000 i prigionieri messi<br />

a morte nel Paese ogni anno.<br />

Nel corso del 2005 in Iran sono stati<br />

messi a morte almeno 94 prigionieri, in<br />

Arabia Saudita almeno 86. In entrambi<br />

i Paesi, i dati reali potrebbero essere<br />

più alti. Sono invece 60 le esecuzioni<br />

registrate in Usa, più di 1.000 dal 1976,<br />

anno della reintroduzione della pena<br />

capitale. Tuttavia, i dati resi pubblici oggi<br />

sono approssimativi a causa del segreto<br />

che circonda l'applicazione della pena<br />

di morte. Molti governi, come quello<br />

cinese, rifiutano di pubblicare statistiche<br />

ufficiali sulle esecuzioni.<br />

”I dati sulla pena di morte sono davvero<br />

inquietanti: almeno 20.000 persone<br />

stanno contando i giorni che li separano<br />

dal momento in cui lo Stato toglierà loro<br />

la vita – ha dichiarato Irene Khan, segretaria<br />

generale di Amnesty International<br />

– La pena di morte rappresenta l'estrema,<br />

irreversibile negazione dei diritti umani,<br />

poiché è contraria all'essenza stessa dei<br />

valori fondamentali. Spesso è applicata in<br />

modo discriminatorio, a seguito di processi<br />

iniqui o per ragioni politiche. Quando è<br />

frutto di un'ingiustizia può rappresentare<br />

un errore fatale”.<br />

Per fortuna, negli ultimi 20 anni il<br />

numero degli Stati che eseguono condanne<br />

a morte si è dimezzato e nel 2005<br />

è risultato in calo per il quarto anno<br />

consecutivo. Due esempi recenti sono il<br />

Messico e la Liberia dove lo scorso anno<br />

Secondo Amnesty International<br />

SONO 20 MILA I DETENUTI,<br />

NEL BRACCIO DELLA MORTE<br />

la pena capitale è stata abolita per tutti i<br />

crimini.<br />

La Cina da sola totalizza l'80% delle<br />

esecuzioni e si può essere messi a morte<br />

per 68 reati, anche per atti che non<br />

comportano l'uso della violenza, come<br />

la frode fiscale, l'appropriazione indebita<br />

e i crimini legati al traffico di droga.<br />

L'Iran è l'unico Paese che nel 2005 ha<br />

messo a morte minorenni all'epoca del<br />

reato, almeno otto, due dei quali avevano<br />

meno di 18 anni al momento dell'esecuzione.<br />

Gli Usa, in precedenza leader<br />

mondiali in questo campo, hanno messo<br />

al bando le esecuzioni nei confronti dei<br />

minorenni nel marzo 2005.<br />

In Arabia Saudita, prigionieri sono<br />

stati prelevati dalle loro celle e uccisi,<br />

senza che nessuno li avesse informati<br />

della loro condanna<br />

a morte;<br />

altri detenuti,<br />

stranieri o<br />

appartenenti<br />

a minoranze<br />

etniche, sono<br />

stati giudicati<br />

colpevoli e<br />

condannati al<br />

termine di processi<br />

celebrati in<br />

una lingua sconosciuta,<br />

senza<br />

che fosse stato<br />

fornito loro un<br />

interprete.<br />

Negli Usa,<br />

durante il 2005,<br />

due persone<br />

sono state rilasciate<br />

dal braccio<br />

della morte<br />

dopo che era<br />

stata provata la<br />

loro innocenza.<br />

In Bielorussia<br />

e in Uzbekistan,<br />

le autorità<br />

non informano<br />

i prigionieri né<br />

i loro familiari<br />

carte<strong>Bollate</strong> 32<br />

sulla data di esecuzione, negando così la<br />

possibilità di un ultimo saluto. I corpi<br />

dei prigionieri non vengono restituiti ai<br />

parenti e nascosto il luogo di sepoltura.<br />

Il rapporto di Amnesty mette in luce,<br />

inoltre, le conseguenze mortali dei processi<br />

iniqui.<br />

In Giappone, diverse persone sono<br />

state condannate a morte dopo essere<br />

state sottoposte a maltrattamenti, costrette<br />

a confessare crimini mai commessi. In<br />

Paesi come la Bielorussia e l'Uzbekistan<br />

un sistema penale pieno di falle e minato<br />

dalla corruzione, crea terreno fertile<br />

per errori giudiziari. Le esecuzioni in<br />

Uzbekistan avvengono spesso dopo processi<br />

iniqui, a seguito di maltrattamenti<br />

e torture con lo scopo di estorcere confessioni.


Sindacato di polizia penitenziaria (Sappe)<br />

“CARCERI AL COLLASSO.<br />

NON ESISTE SOLO PREVITI”<br />

Sono quasi 62mila i detenuti presenti<br />

nelle carceri italiane, il numero più<br />

alto mai registratosi nella storia della<br />

Repubblica. E oggi sembra che l’unica<br />

attenzione che merita il carcere non è<br />

in relazione alle problematiche di chi vi<br />

lavora 24 ore su 24, ma la condizione di<br />

detenuti eccellenti come Cesare Previti.<br />

”Il sistema penitenziario italiano –<br />

denuncia la segreteria generale del Sindacato<br />

Autonomo di Polizia Penitenziaria<br />

Sappe, il più rappresentativo della<br />

categoria con oltre 12 mila iscritti – è<br />

votato inevitabilmente all’implosione. Ed è<br />

allora prioritario, una volta compiuti tutti<br />

gli adempimenti istituzionali e insediatosi<br />

il governo Prodi, che l’emergenza carceri<br />

venga posta tra le priorità d’intervento del<br />

nuovo esecutivo e del Parlamento”.<br />

Il sindacato ha già scritto al presidente<br />

del Senato, Marini, ed a quello<br />

della Camera Bertinotti per denunciare<br />

la precarietà del sistema carcerario e le<br />

gravi condizioni in cui sono costretti ad<br />

Nelle carceri<br />

450 anziani<br />

L ’associazione Articolo 21 è decisamente<br />

intervenuta sulla vicenda Previti<br />

sottolineando che nelle carceri italiane, ci<br />

sono 450 anziani.<br />

Per loro non ci sono sezioni speciali,<br />

né attenzioni particolari. Un problema,<br />

quello degli anziani in carcere, molto volte<br />

sollevato da chi lavora dietro le sbarre, ma<br />

non recepito dal Parlamento. Almeno<br />

fino all'anno scorso, quando le Camere<br />

hanno approvato la legge “Modifiche al<br />

codice penale e alla legge 26 luglio 1975,<br />

n. 354”, meglio nota come ”ex Cirielli”.<br />

”La pena della reclusione per qualunque<br />

reato (ad eccezione di quelli più gravi) può<br />

essere espiata nella propria abitazione o in<br />

altro luogo pubblico di cura, assistenza e<br />

accoglienza, quando trattasi di persona che,<br />

al momento dell'esecuzione della pena, o<br />

operare gli uomini e le donne del corpo<br />

di Polizia penitenziaria, gravemente sotto<br />

organico.<br />

“Le carceri del nostro Paese – afferma il<br />

Sappe – sono sovraffollate anche a causa di<br />

una miope politica della sicurezza fatta dal<br />

precedente governo che si è solo preoccupato<br />

di ‘sbattere’ in carcere più persone possibili,<br />

senza chiedersi se il carcere era in condizione<br />

di recepirle e di avviare un percorso di<br />

recupero sociale che sia adeguato ai tempi.<br />

“In particolare negli ultimi anni – sottolinea<br />

il sindacato – abbiamo registrato<br />

un notevole incremento di detenuti stranieri,<br />

(circa il 30% del totale della popolazione<br />

detenuta, con punte del 50-60% nel Centro<br />

Nord). Come sostengono alcuni autorevoli<br />

studiosi, al Sud del nostro Paese si sta sostituendo<br />

il Sud del Pianeta, significando con<br />

ciò che masse di diseredati si riversano nel<br />

nostro continente ed in particolare in Italia,<br />

senza alcuna prospettiva futura e con il solo<br />

rischio di finire prima o poi in carcere”.<br />

Secondo il Sappe, l’unico strumento<br />

dopo l'inizio della stessa, abbia compiuto<br />

i settanta anni di età purché non sia stato<br />

dichiarato delinquente abituale, professionale<br />

o per tendenza né sia stato mai condannato<br />

con l'aggravante di cui all'articolo 99<br />

del codice penale”.<br />

Così stabilisce la legge. E così è accaduto<br />

per Previti. Antonino P., 86 anni,<br />

detenuto anche lui a Rebibbia da diversi<br />

anni, resterà invece in carcere. Così come<br />

Luigi G. condannato a 54 anni di detenzione<br />

(ridotti a 30 che è il massimo della<br />

pena prevista in Italia) per una lunga serie<br />

di assegni falsi.<br />

E così la legge ”ex Cirielli” diventa<br />

un ulteriore presa in giro. In un luogo<br />

di privazione come il carcere – continua<br />

l’associazione – i privilegi pesano ancora<br />

di più.<br />

Ed è un privilegio avere una cella singola,<br />

dove non devi condividere il poco<br />

spazio a disposizione con altre persone.<br />

E per il detenuto Previti, rinchiuso nella<br />

sezione transito, cioè di passaggio in attesa<br />

di altra destinazione, l'ambita cella singola<br />

carte<strong>Bollate</strong> 33<br />

di contenimento della penalità nel nostro<br />

Paese, è stato, negli ultimi 100 anni,<br />

quello contemplato dagli atti di clemenza<br />

(amnistia e/o indulto). Inoltre non c’è<br />

stata una politica del passato governo<br />

attenta per quanto riguarda la Polizia<br />

penitenziaria con “un ministro che ha<br />

totalmente abbandonato le carceri e il corpo<br />

di Polizia penitenziaria”. Alla fine dello<br />

scorso dicembre, 500 agenti ausiliari sono<br />

stati congedati dopo un anno di servizio<br />

creando così problemi di personale, contrariamente<br />

a quanto fatto per altri corpi<br />

di polizia.<br />

Per ultimo, il sindacato di polizia<br />

Sappe ha chiesto che si “proceda ad una<br />

seria politica di ammodernamento delle<br />

strutture penitenziarie secondo i migliori<br />

standard europei e in linea con il regolamento<br />

di esecuzione della Legge 354/75, come<br />

modificato nel 2000, al fine di migliorare le<br />

qualità della vita negli Istituti penitenziari,<br />

sia per i detenuti, sia per gli operatori.<br />

“Non possiamo non evidenziare – conclude<br />

il comunicato Sappe – la seria necessità<br />

di mettere in cantiere un progetto di<br />

riorganizzazione complessiva del Dipartimento<br />

dell’Amministrazione penitenziaria,<br />

che tenga in seria considerazione il Corpo di<br />

polizia penitenziaria, dopo 5 anni di totale<br />

abbandono”.<br />

è saltata fuori. E la rabbia di chi aspetta da<br />

anni di avere uno spazio tutto suo, dove<br />

trascorrere le ore e i giorni, cresce.<br />

Così come cresce il malcontento tra<br />

i familiari, in attesa per ore di fare il colloquio.<br />

In quei giorni il via vai di onorevoli<br />

e senatori diretti tutti dall'ex collega<br />

ha ingolfato il carcere. Alcuni familiari<br />

hanno aspettato anche cinque ore fuori<br />

dai cancelli per stare un'ora col proprio<br />

caro.<br />

Magari dopo un viaggio in pullman<br />

iniziato alle 4 del mattino. Per rivederlo<br />

dovranno aspettare un'altra settimana,<br />

come vuole il regolamento: sei colloqui<br />

al mese di un'ora l'uno oppure quattro<br />

telefonate di dieci minuti, a carico del<br />

detenuto.<br />

Gli onorevoli invece possono entrare<br />

tutti i giorni e il detenuto eccellente non<br />

è mai rimasto solo.<br />

Gli altri amici li ha rivisti a casa. I<br />

riflettori accesi sul carcere si sono spenti<br />

di nuovo. Antonino e gli altri anziani continueranno<br />

a scontare la pena in carcere.


L’ISOLA DEI FAMOSI<br />

Brescia: tossicodipendente evade da<br />

domiciliari e chiede il carcere<br />

Si è consegnato alla polizia, dopo essere evaso dai domiciliari,<br />

chiedendo di essere portato in carcere. Ma la sua richiesta non è<br />

stata accolta e così è stato costretto a tornare nella sua abitazione.<br />

Protagonista un 34enne di Coccaglio (Brescia) che stava<br />

scontando agli arresti domiciliari una condanna a sei mesi di<br />

carcere per droga. La scorsa notte ha lasciato la propria abitazione<br />

ed è andato a Brescia. Lì, secondo quanto ha poi dichiarato alla<br />

polizia, si sarebbe iniettato una dose di eroina. Subito dopo ha<br />

deciso di costituirsi chiedendo alla polizia di poter andare in<br />

carcere. La Procura ha però disposto nei suoi confronti gli arresti<br />

domiciliari.<br />

Ansa, 30 marzo 2006<br />

Napoli: agli arresti domiciliari,<br />

scippa anziana che poi muore<br />

È stato identificato il presunto autore dello scippo di 10 euro<br />

a Luisa Scafora, un'anziana donna di Cercola, morta per le ferite<br />

riportate nell'aggressione avvenuta all'inizio di marzo. L'uomo<br />

è un pregiudicato di Volla, Ciro Esposito, di 20 anni, al quale<br />

l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di<br />

Nola è stata notificata in carcere, dove è stato intanto rinchiuso<br />

per altri reati. È stato anche accertato che il 3 marzo Esposito<br />

era sottoposto al regime degli arresti domiciliari, sempre per<br />

un'accusa di rapina.<br />

Ansa, 14 aprile 2006<br />

Roma: non risponde al figlio,<br />

condannata ad un mese di carcere<br />

La madre non richiama il figlio quindicenne che l'aveva<br />

cercata sul telefono cellulare ed il tribunale di Roma la condanna<br />

ad un mese di reclusione per violazione degli obblighi di assistenza<br />

familiare.<br />

Protagonista della storia, secondo quanto riferito dall' avvocato<br />

Giacinto Canzona, è una sua assistita, G.D.P., quarantaseienne,<br />

romana, separata con un figlio minorenne affidato al padre. Il<br />

processo ha preso spunto da una querela-denuncia presentata<br />

nel 2000 dall'ex marito contro la ex moglie, accusata di essere<br />

venuta meno agli obblighi di assistenza morale e materiale nei<br />

confronti del figlio. In sostanza l'uomo accusava l'ex consorte di<br />

non aver richiamato il figlio, nonostante le ripetute telefonate di<br />

quest'ultimo.<br />

Il processo, incardinato davanti alla quinta sezione del Tribunale<br />

carte<strong>Bollate</strong> 34<br />

penale di Roma, si è concluso con la sentenza di condanna: “Lui<br />

telefonava – è detto nelle motivazioni – alla madre e lei non<br />

richiamava al telefonino. Diceva che avrebbe telefonato, ma non<br />

lo faceva mai”. L'avvocato Canzona ha annunciato che impugnerà<br />

la sentenza.<br />

Ansa, 14 aprile 2006<br />

Ragusa: per detenuto violento una<br />

condanna a tre mesi<br />

A due mesi e quindici giorni di reclusione è stato condannato<br />

ieri mattina in tribunale (giudice monocratico Andrea Reale,<br />

pubblico ministero Giovanni Scarso) l'algerino Haili Faad, 36<br />

anni, ritenuto responsabile di oltraggio e di tentate lesioni,<br />

durante un suo periodo di detenzione al carcere di contrada<br />

Pendente, nei confronti di un ispettore della polizia penitenziaria.<br />

Durante l'ora di aria il detenuto algerino aveva dato del “razzista”<br />

all'esponente della polizia penitenziaria e quindi aveva tentato di<br />

ferirlo al volto con una lametta per la barba.<br />

I fatti si sono verificati il 17 <strong>maggio</strong> del 2003. Il pubblico<br />

ministero per l'imputato (che era difeso dall'avv. Aida Failla) aveva<br />

chiesto la condanna a tre mesi di reclusione.<br />

La Sicilia, 9 <strong>maggio</strong> 2006<br />

Milano: pena lieve per gioielliere<br />

che uccise un ladro in fuga<br />

Ha sparato e ucciso un rapinatore che fuggiva dalla sua<br />

gioielleria: Rocco Maiocchi, orefice milanese, è stato condannato<br />

a un anno e sei mesi di reclusione. Reclusione che non dovrà<br />

neppure scontare perché i giudici gli hanno accordato la<br />

sospensione condizionale della pena. Il padre Giuseppe accusato<br />

di lesioni personali colpose, è stato condannato a un mese di<br />

reclusione. È una sentenza destinata a far discutere quella dei<br />

magistrati della Corte d'assise di Milano chiamata a giudicare i<br />

due gioiellieri, padre e figlio, accusati di aver ucciso un giovane<br />

ladro montenegrino che aveva rubato nella loro gioielleria. Non a<br />

caso la prima reazione a caldo arriva proprio dall'ex Guardasigilli,<br />

Roberto Castelli, che plaude “una sentenza recepita come giusta<br />

dal sentimento popolare”.<br />

Contrariamente a quanto si riteneva in un primo momento,<br />

nel caso dei gioiellieri milanesi non è stata applicata la nuova legge<br />

che disciplina la legittima difesa e che ammette la possibilità, per<br />

chi è aggredito in casa propria o nel proprio luogo di lavoro, di<br />

difendersi sparando. Giuseppe Maiocchi ha comunque voluto<br />

ringraziare “chi ha fatto questa legge perché per la prima volta<br />

riconosce che il cittadino che viene aggredito non è uguale a<br />

colui che ha aggredito”. Delusa e incredula, invece, la madre del<br />

ragazzo ucciso: “È terribile: vale così poco la vita di un ragazzo di<br />

21 anni?”. Giuseppe Maiocchi, d'altra parte, si è detto “orgoglioso<br />

di mio figlio”.<br />

Il gioielliere ha spiegato: “Se la perizia balistica non avesse<br />

dimostrato che il colpo decisivo era stato sparato da lui, sarei<br />

arrivato ad assumermi la responsabilità di tutto”. Il 13 aprile<br />

2004 Giuseppe e Rocco Maiocchi, orefici di via Ripamonti


– periferia sud di Milano – avevano reagito alla rapina nel loro<br />

negozio sparando contro i due giovani malviventi in fuga. Questi<br />

si stavano allontanando dopo aver tentato di sfondare la vetrina<br />

della gioielleria con l'auto. Il tentativo era andato a vuoto e i<br />

due erano fuggiti senza neppure la refurtiva. Mihailo Markovic,<br />

ventunenne originario del Montenegro, fu colpito a morte da<br />

Rocco Maiocchi, mentre il suo complice era riuscito a fuggire.<br />

Nei giorni successivi alla rapina l'intero quartiere Vigentino, dove<br />

ha sede la gioielleria, si era schierato a favore dei due orefici. I<br />

negozianti si dichiararono esasperati dal clima di paura innescato<br />

da ripetuti atti di violenza dei quali, la rapina all'oreficeria dei<br />

Maiocchi, era solo l'ultimo.<br />

La Repubblica, 26 <strong>maggio</strong> 2006<br />

Milano: lo scrittore Pap Khouma<br />

aggredito da dipendenti Atm<br />

Il noto intellettuale e scrittore Pap Khouma è stato aggredito<br />

da due dipendenti in divisa dell'Azienda Tramviaria Milanese<br />

(Atm). Ricostruire lo svolgimento del controllo è utile perché<br />

ancora una volta ci dimostra a quanta arbitrarietà e illegittimità, i<br />

cittadini sono costretti.<br />

Il controllo è stato effettuato quando lo scrittore era già sceso<br />

dal tram da diversi minuti e di conseguenza non rientrava nei<br />

compiti dei controllori di Atm, che invece al grido di “sei a casa<br />

nostra e devi seguire le nostre regole” hanno deciso di effettuarlo<br />

comunque a calci e pugni.<br />

È davvero questa la società in cui vogliamo vivere? La violenza<br />

e il razzismo che sottostanno in maniera evidente a questo tipo<br />

di comportamenti e, in maniera meno evidente ma non meno<br />

grave, a tutta una serie di episodi a cui i cittadini immigrati sono<br />

quotidianamente sottoposti, fotografano una società debole,<br />

spaventata e ottusa, che di fronte alle sue 'incertezza sociali<br />

e culturali si sente legittimata a reagire liberamente con le<br />

aggressioni e gli insulti. Pap Khouma è cittadino italiano, ma<br />

il colore della sua pelle è nero e questo è motivo sufficiente per<br />

scatenare un'aggressività incontrollata da parte di chi le famose<br />

“regole” dovrebbe farle rispettare. No, non è questa la società in<br />

cui vogliamo vivere!<br />

Nel rapporto di Amnesty 2006, l'Italia è uscita ancora<br />

una volta sconfitta, con un livello di rispetto dei diritti umani<br />

giudicato troppo basso per un paese che si definisce civile e<br />

democratico. Il rispetto dei diritti umani non è un concetto<br />

astratto e non può essere accompagnato da deboli giustificazioni:<br />

o siamo pronti, oggi, adesso! a impegnarci perché sia pienamente<br />

realizzato oppure dimentichiamo Pap Khouma e tutti gli episodi<br />

di razzismo e discriminazione che avvengono nei posti di lavoro,<br />

nelle strade, negli uffici pubblici, nelle metropolitane.<br />

E speriamo di non trovarci mai di fronte un controllore<br />

aggressivo, o, in un futuro non troppo lontano, di non essere per<br />

qualche motivo “diversi” dall'ambiente circostante: di non avere<br />

i capelli troppo ricci o un cappellino stravagante, un simbolo<br />

religioso non conforme o un accento troppo strano perché<br />

potremmo venire aggrediti a nostra volta senza che nessuno lo<br />

trovi strano.<br />

Comunicato stampa,<br />

Naga, Arci, Todo Cambia, Sincobas<br />

26 <strong>maggio</strong> 2006<br />

carte<strong>Bollate</strong> 35<br />

Napoli: parenti non possono assistere<br />

un detenuto in fin di vita<br />

Burocrazia e ritardi organizzativi della Polizia penitenziaria<br />

non avrebbero permesso ai parenti di un detenuto ricoverato<br />

nell'ortotraumatologia del Cardarelli di stargli vicino nelle ultime<br />

ore di vita.<br />

Una storia amara che racconta il suo difensore, l'avvocato<br />

Carlo Fabozzo: “Il mio assistito, Ermete Angelillo di 65 anni, era<br />

piantonato in ospedale da dieci giorni. Aveva partecipato a una<br />

rissa ed era stato colpito da un proiettile alla spalla destra. Ma<br />

i sanitari hanno rinviato di alcun giorni l'intervento chirurgico<br />

perché aveva una glicemia altissima”.<br />

Il primo intoppo venerdì, quando il detenuto è stato operato.<br />

Dalla Procura il Pm Parascandolo ha autorizzato la figlia Concetta<br />

a trascorrere tre ore affianco al padre. “Era stato già operato alla<br />

spalla. Ma quando nel pomeriggio sono arrivata in ospedale, il<br />

piantone non mi ha fatto entrare spiegandomi che dovevo essere<br />

prima identificata nel carcere di Poggioreale. Operazione che<br />

non si poteva fare a quell'ora”, spiega la figlia. Annullata la visita,<br />

Concetta Angelillo è tornata a casa. Ieri, a ora di pranzo, è tornata<br />

nel Cardarelli e solo allora ha saputo che il padre, trasferito in<br />

rianimazione, era deceduto alle 9.30. “Papà in mattinata aveva<br />

chiesto a una signora che nella stessa stanza assiste il proprio<br />

figlio di telefonarmi – racconta la figlia del detenuto – ma la<br />

Polizia penitenziaria gliel'ha impedito minacciando perfino di<br />

sequestrarle il cellulare”.<br />

Il Mattino, 28 <strong>maggio</strong> 2006<br />

Usa: molesta una bambina,<br />

ma è troppo basso ed evita il carcere<br />

La mancanza di statura lo ha salvato dal carcere. Condannato a<br />

dieci anni di reclusione per aver molestato una bambina, Richard<br />

Thompson non andrà in cella perché è alto un metro e mezzo.<br />

Secondo il giudice americano Kristine Cecava “è troppo basso per<br />

sopravvivere in una prigione statale”.<br />

L'uomo sconterà la condanna con la condizionale, dovrà<br />

indossare un bracciale elettronico e non potrà restare solo nella<br />

stessa stanza con minori di 18 anni. La singolare sentenza emessa<br />

dal giudice della contea di Cheyenne, in Nebraska, ha destato<br />

sorpresa nel mondo della giustizia.<br />

”È strano – ha commentato la portavoce della Coalizione<br />

Contro la Violenza Domestica – che il giudice mostri più interesse<br />

per la incolumità del molestatore in prigione che per la vittima”.<br />

Stupito anche Steve King, secondino del carcere del Nebraska che<br />

il criminale ha appena evitato: “Abbiamo nelle nostre celle detenuti<br />

ancora più bassi di lui – ha osservato la guardia carceraria –. Alcuni<br />

di loro sono duri come l'acciaio”.<br />

La decisione ha però ricevuto il plauso della Organizzazione<br />

Nazionale degli Adulti Bassi di Statura.<br />

Tg Com, 28 <strong>maggio</strong> 2006


Oriani: medico ed<br />

ex bravo ragazzo<br />

della Staccata<br />

ritornato tra noi Giorgio Oriani, ex<br />

È detenuto della staccata ed insigne primario,<br />

coinvolto suo malgrado, nel triste<br />

episodio dell'ospedale ”Galeazzi” di Milano,<br />

dove s'incendiò la camera iperbarica e<br />

morirono diverse persone.<br />

Oriani, in qualità di responsabile<br />

sanitario dell'ospedale, dopo essere stato<br />

condannato, ha scontato un periodo di<br />

carcerazione in staccata e, adesso, avendo<br />

fruito dei benefici della legge sull'affidamento,<br />

è ritornato qui da noi a <strong>Bollate</strong><br />

per tenere un ciclo di conferenze sulla<br />

tutela della salute e la prevenzione delle<br />

malattie in carcere.<br />

Con l'aiuto di medici esperti, Oriani<br />

ha programmato di spiegare la prevenzione<br />

e le diverse patologie nelle varie<br />

discipline specialistiche.<br />

Il primo incontro è avvenuto il 28<br />

aprile scorso ed è stato un successo, sia<br />

per l'argomento trattato, utile e interessante,<br />

sia per com'è stato proposto.<br />

Con un linguaggio chiaro, infatti, è<br />

riuscito a spiegarci un tema complesso. In<br />

altre parole, cos'è il corpo umano, la sua<br />

composizione, le funzioni e le patologie.<br />

Del resto, chi meglio di Giorgio Oriani<br />

conosce i problemi sanitari nel carcere?<br />

Lui stesso li ha vissuti e metabolizzati,<br />

aiutando sempre tutti con consigli da<br />

esperto nella materia.<br />

SPIGOLATURE CARCERARIE<br />

di d Franco Palazzesi<br />

Sono state due ore ininterrotte che<br />

hanno affascinato tutti, tanto è vero che<br />

nessuno ha chiesto la famosa ”pausa sigaretta”.<br />

Invece, gli sono state rivolte molte<br />

domande pertinenti.<br />

Chissà cosa ha provato, tornando tra<br />

noi a distanza di circa un anno e quali<br />

sono stati i suoi sentimenti nel rientrare<br />

dalla porta carraia come uomo ”quasi<br />

libero”. Sentire gli odori e vedere le sbarre,<br />

gli indumenti appesi, i visi in parte<br />

noti, i parenti che entrano o escono dai<br />

colloqui e le divise. Io me lo ricordo,<br />

quando era in carcere. Era diverso, non<br />

aveva la sicurezza di adesso. Il suo sguardo<br />

era incerto e, nonostante fosse già in<br />

articolo 21, il suo pensiero si soffermava<br />

sull'assurdità del carcere. Insomma, una<br />

scelta coraggiosa, una sfida e, soprattutto,<br />

un'opera socialmente utile.<br />

Mi piacerebbe sapere cosa induce<br />

queste persone a ritornare in carcere per<br />

aiutare quelli che sono rimasti, anziché<br />

cercare di dimenticare un luogo di sofferenza,<br />

come, del resto, fa la <strong>maggio</strong>r parte<br />

della gente che esce da qui. Secondo me<br />

queste persone sono veramente eccezionali.<br />

Un concerto di<br />

qualità<br />

Guardando la televisione, spesso<br />

assistiamo inerti a spettacoli senza<br />

significato e privi di qualsiasi approfondimento<br />

culturale. Invece, qui il 5<br />

<strong>maggio</strong>, il gruppo musicale della staccata,<br />

”Espressione sonora” ha tenuto, presso il<br />

teatro del nostro carcere, un bel concerto,<br />

replicato il giorno dopo. I componenti<br />

del complesso – Gabriele Galati, cantante-chitarrista,<br />

Moreno Mele, bassista<br />

e Roberto Fantinato, batterista – si sono<br />

esibiti in uno spettacolo di un'ora e<br />

mezzo circa, senza mai prendere fiato.<br />

Per l'occasione sono intervenuti, oltre<br />

alla direttrice Lucia Castellano, i professori<br />

della scuola superiore, simpatizzanti<br />

esterni, gli studenti interni e numerosi<br />

detenuti, provenienti dai vari reparti.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 36<br />

Le musiche, tratte da un album del<br />

'91 dei ”Timoria”, sono state arrangiate<br />

da Galati che si è avvalso anche di diapositive,<br />

create da lui stesso e da Mele,<br />

per illustrare e raccontare un viaggio<br />

metaforico verso Oriente, ossia un percorso<br />

di crescita interiore. Non si è<br />

trattato, quindi, delle solite musiche che<br />

siamo abituati a sentire alla radio, o delle<br />

classiche ”canzonette”, ma di un vero e<br />

proprio spettacolo di qualità, interessante<br />

sia sotto un profilo musicale che contenutistico.<br />

Probabilmente, un po' troppo<br />

impegnativo per chi si aspettava di ascoltare<br />

musica ”orecchiabile”. Qualche problema<br />

all'acustica ha reso un po' difficile<br />

l'ascolto. È stata, tuttavia, una rappresentazione<br />

completa anche se inusuale,<br />

che la band ha ben gestito con grande<br />

affiatamento e professionalità musicale,<br />

sperimentando nuove vie, musicali e non,<br />

Il fine anno<br />

scolastico...<br />

A nche questo anno scolastico fi nisce, il<br />

Atempo Ado<br />

è “volato” come succede quanle<br />

iniziative sono interessanti, è andato<br />

tutto abbastanza bene anche se un bilancio<br />

vero e proprio si potrà fare a metà <strong>giugno</strong><br />

quando la scuola fi nirà uffi cialmente<br />

ed anche la festa organizzata dai professori<br />

e gli studenti sarà stata svolta. I ringraziamenti<br />

sono comunque doverosi per tutti<br />

i professori che con la loro umanità e la<br />

pazienza ci tengono collegati con la vita<br />

reale, fatta di gente come noi. E poi tutte<br />

le persone, e sono tante, che si sono prodigate<br />

perché la scuola funzioni anche se a<br />

costo di molto impegno. L’anno prossimo<br />

verrà formata la classe quinta e quindi ci<br />

sarà il vero lavoro con i primi diplomati<br />

di questo carcere; i problemi organizzativi<br />

ci sono, e per questo è stato convocato<br />

dalla coordinatrice della scuola, professoressa<br />

Fernanda Tucci, un consiglio di classe<br />

dove si cercherà di dipanare la matassa<br />

riguardo al prossimo anno, compreso con<br />

molta probabilità, l’iscrizione alla scuola<br />

dei detenuti del sesto reparto.


XXX NOME E COGNOME<br />

Pasquale Morrone<br />

Cosimo Cirfeta<br />

Raffaele Montella<br />

Giancarlo Bescapè<br />

Santo Tiscione<br />

Detenuto rumeno<br />

Francesco Lombardo<br />

Detenuto italiano<br />

Pierpaolo Capri<br />

Fioravante Langella<br />

Leonardo Marasco<br />

Kamelger Hartwig<br />

“MORIRE DI CARCERE”<br />

DOSSIER MARZO - APRILE 2006 *<br />

ETÀ<br />

53 anni<br />

45 anni<br />

41 anni<br />

45 anni<br />

45 anni<br />

32 anni<br />

42 anni<br />

60 anni<br />

43 anni<br />

44 anni<br />

47 anni<br />

39 anni<br />

DATA MORTE<br />

2 marzo<br />

17 marzo<br />

18 marzo<br />

20 marzo<br />

21 marzo<br />

22 marzo<br />

23 marzo<br />

1 aprile<br />

7 aprile<br />

9 aprile<br />

12 aprile<br />

18 aprile<br />

* da Ristretti Orizzonti, giornale dei detenuti di Padova<br />

CAUSA MORTE<br />

Malattia<br />

Suicidio<br />

Suicidio<br />

Suicidio<br />

Suicidio<br />

Suicidio<br />

Malattia<br />

Suicidio<br />

Malattia<br />

Suicidio<br />

Malattia<br />

Suicidio<br />

ISTITUTO<br />

Poggioreale (NA)<br />

Busto Arsizio (VA)<br />

Viterbo<br />

Lodi<br />

Solliciano (FI)<br />

Secondigliano (NA)<br />

Solliciano (FI)<br />

Modena<br />

Bari<br />

Salerno<br />

Torino<br />

Rovereto (TN)<br />

LA REDAZIONE DI CARTEBOLLATE RICEVE LA<br />

VISITA DELL'UNIVERSITÁ Á DELLA TERZA ET ETÁ<br />

È ormai la seconda volta che il corso di giornalismo giornalismo dell'Università della Terza Età di Cesano Maderno visita la redazione di<br />

carte<strong>Bollate</strong>.<br />

Un incontro era avvenuto il 28 <strong>maggio</strong> del 2005 e, quest'anno, il 13 <strong>maggio</strong>, altri corsisti hanno incontrato i redattori del nostro giornale.<br />

Circa trenta persone – accompagnati con molta professionalità e discrezione dall’agente Nicola Frigione – si sono prima recati in biblioteca<br />

dove Roberto Bertoldi ha illustrato come funziona questo importante settore e poi nella saletta cinema, dove Gellért Hegedeus e Mariano<br />

Di Lauro hanno illustrato la parte informatica della biblioteca con i collegamenti on-line con le altre biblioteche del territorio. Un incontro<br />

è avvenuto anche con Santi Sindoni e i suoi quadri, particolarmente apprezzati dai corsisti.<br />

Infine, dopo aver visitato la “stanza dell'affettività”, alla staccata, l'incontro con la redazione.<br />

Qua hanno passato alcune ore ponendo ai redattori domande specifiche sulla fattura del nostro giornale e sul carcere in genere. Alla fine,<br />

i redattori di carte<strong>Bollate</strong> hanno voluto offrire ai corsisti un rinfresco.<br />

Questi incontri rappresentano un momento per aprire concretamente il carcere al territorio, far conoscere all'esterno persone e attività<br />

che si fanno all'interno del carcere, abbattere i luoghi comuni e valorizzare il lavoro di coloro che nel carcere lavorano o scontano la pena.<br />

carte<strong>Bollate</strong> 37


SUOR LETIZIA E FRÀ ONORIO<br />

Quello che non si dice di A.T.<br />

Quest’anno mi sono buttato a sinistra e ho partecipato a due manifestazioni, quella del 25 Aprile e quella<br />

del 1° Maggio, convinto, soprattutto, dalla notizia che alle due manifestazioni sarebbe stata presente Letizia<br />

Moratti, candidata sindaca a Milano ed ex ministra. È stato un piacere vederla sfilare, tutta ben pettinata,<br />

ma con qualche ruga che sui manifesti elettorali invece non si vede. I metri che ha fatto sono stati pochi, ma<br />

d’altronde dobbiamo anche dire che un personaggio del genere è sempre molto occupato. Ci sono le assemblee,<br />

le visite negli ospizi, lo shopping in via della Spiga, i fine settimana al mare. E poi le cene con il caro<br />

Silvio che ha una cucina molto sofisticata che appesantisce. Ecco perché Letizia ha profonde occhiaie. È per<br />

il grande dispendio di energie, per il suo impegno, perché si dedica a tutti noi, soprattutto agli insegnanti e<br />

lavora, lavora, lavora...<br />

I soliti esagitati l’hanno fischiata. Erano fischi prezzolati. Gli gridavano, pensate, Vergogna! Ma vergogna di<br />

cosa? L’hanno accusata di essere la prima volta che partecipava alla manifestazione e lo faceva per accapparrarsi<br />

i voti. Anche il 1° Maggio fischi e grida. Ma qua era stata invitata dal segretario della Camera del Lavoro di Milano, Onorio Rosati, un<br />

tipetto che vedo bene e che penso farà carriera. A questa manifestazione c’erano anche gli insegnanti precari, i licenziati, i senza cattedra,<br />

i genitori che sono costretti a portare a scuola non solo le matite per far disegnare il figlio, ma anche la carta igienica.<br />

A me sembra, questo, un modo per favorire la partecipazione. Tu porti a scuola la carta per pulire il culo al bambino, lo Stato risparmia<br />

soldi che può investire, ad esempio, in Iraq. Un signore vicino a me lamentava il fatto che la Moratti aveva assunto, senza concorso,<br />

migliaia di insegnanti di religione. E allora? Sempre a lamentarsi che mancano i posti di lavoro. Lady Letizia ha creato, così, migliaia di<br />

posti di lavoro.<br />

Chi, invece, non lavorerà più è Luigi Sanfilippo, 71 anni, di Saronno. Mentre lavorava, il 26 aprile, in un cantiere di Caronno Pertusella<br />

è caduto da un carro ponte ed è morto. Era imprenditore di se stesso, ditta individuale. Era lui la ditta e lui l’unico operaio. A me<br />

così piacciono i lavoratori. Mi piacciono liberi di lavorare anche a 71 anni, flessibili, che fanno risparmiare sui costi inutili come i sistemi<br />

di messa in sicurezza sul lavoro, che non fanno scioperi e quando muoiono non rompono le balle con vertenze, sindacati, tribunali,<br />

avvocati. E poi non sempre i sindacalisti hanno tempo per fare le vertenze. Qualche volta sono costretti a manifestare a fianco di Suor<br />

Letizia e frate Onorio.<br />

P.S. - Suor Letizia ha speso 10 milioni di euro per la campagna elettorale e, al grido di “Meno rughe per tutti”, ce l’ha fatta.<br />

Non avete voluto votare Ferrante e adesso, per almeno 5 anni, ve la cuccate. A me che me frega! Io non sono neppure di Milano.<br />

I NUMERI<br />

I bambini<br />

poveri nel mondo<br />

(e i cani)<br />

Non sempre i numeri<br />

sono freddi e aridi.<br />

Spesso danno il senso<br />

compiuto delle cose<br />

su cui ragioniamo.<br />

Con questa rubrica<br />

vogliamo comunicare<br />

anche con i numeri e<br />

questa volta<br />

lo facciamo interessandoci<br />

dei bambini poveri esistenti<br />

nel mondo (e dei cani)<br />

600 milioni<br />

i bambini che vivono in famiglie<br />

che sopravvivono con meno di 1<br />

dollaro al giorno<br />

100 milioni di minori, di<br />

cui due terzi bambine, non<br />

vanno a scuola<br />

Peggio dell’Italia, solo gli USA<br />

con lo 0,12% del PIL<br />

10 milioni di bambini muoiono<br />

ogni anno per malattie facilmente<br />

curabili<br />

150 milioni di bambini<br />

e bambine soffrono di<br />

malnutrizione<br />

0,17% del PIL è quello che<br />

il governo italiano destina alla lotta<br />

alla povertà<br />

Per mantenere un cane, gli italiani spendono, in media,<br />

732,66 euro l’anno. Nelle case degli italiani ci sono più di<br />

9 milioni di cani<br />

carte<strong>Bollate</strong> 38

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