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che il loro intelletto non e assolutamente altra cosa che l fintermediario dei motivi per la loro volonta. Se, in un dato momento, non vi sono motivi da cogliere, allora la volonta si riposa e l fintelletto resta inerte, perche la prima, non meglio del secondo, non puo entrare in attivita di suo proprio impulso; il risultato e uno spaventevole stagnamento di tutte le forze nell findividuo intero . la noia. Per combatterla si suggerisce piano piano alla volonta dei motivi piccoli, provvisori, scelti indistintamente, allo scopo di stimolarla, e di metter con cio in attivita anche l fintelletto che deve coglierli: questi motivi sono dunque in rapporto ai motivi reali e naturali cio che la carta-moneta e in rapporto al danaro, perche il loro valore non e che convenzionale. Tali motivi sono i giuochi di carte ed altri, inventati precisamente allo scopo che abbiamo indicato. In loro mancanza l fuomo povero di se si mettera a stamburare sui vetri, od a dar colpi con tutto quanto gli cade sotto mano. Anche il sigaro porge facilmente di che supplire ai pensieri. Si e per questo che in tutti i paesi i giuochi di carte sono arrivati ad essere l foccupazione principale d fogni societa; cosa che fornisce la misura di cio che valgono queste riunioni e che costituisce la bancarotta dichiarata d fogni pensiero. Non avendo idee da scambiare, si scambiano carte cercando di sottrarsi vicendevolmente alquanti fiorini. O razza miserabile! Tuttavia, per non esser ingiusto nemmeno qui, non voglio ommettere l fargomento che si puo invocare in giustificazione del giuoco delle carte: si puo dire che esso e una preparazione alla vita del mondo e degli affari, nel senso che vi si impara a profittare con saggezza da circostanze immutabili, essendo stabilite le carte dalla sorte, per trarne tutto il partito possibile; a tal fine si apprende a serbare un contegno corretto facendo buon viso a cattivo giuoco. Ma, d faltra parte, per questo stesso fatto, i giuochi di carte esercitano un finfluenza demoralizzatrice. In fatti lo spirito del giuoco consiste nel sottrarre ad altri cio che possiede, non importa con quale gherminella o con quale astuzia. Ma l fabitudine di procedere cosi, contratta al giuoco, prende radici, fa invasione nella vita privata, e il giocatore arriva quindi insensibilmente a proceder nella stessa guisa quando si tratta del tuo e del mio, ed a considerare come lecito ogni vantaggio che si ha in mano al momento, poiche lo si puo fare legalmente. La vita ordinaria ne fornisce prove ogni giorno.
Giacche gli agi sono, come dicemmo, il fiore o piuttosto il frutto dell fesistenza di ciascuno, perciocche solamente essi lo mettono al possesso del suo proprio io, noi dobbiamo stimare felici coloro che, guadagnando se stessi, guadagnano cosa che ha prezzo, mentre gli agi non apportano alla maggior parte degli uomini che uno scioccone di cui non sanno che fare, uno scioccone che s fannoia a morte, e che e di peso a se stesso. Congratuliamoci dunque o fratelli d fesser figli non di schiave, ma di madri libere (Paolo, Ep. ai Galati, 4, 31). 4 Prendo qui ed in altri punti la parola agi nel senso di ozi, vale a dire per l fopportunita di poter disporre come meglio aggrada del proprio tempo. In francese avremmo loisirs, parola che esprime magnificamente il concetto. (Nota del Trad.). 18 Inoltre come e piu felice quel paese che ha meno bisogno o non ha affatto bisogno d fimportazione, cosi e felice l fuomo a cui basta la ricchezza interna, e che pei suoi divertimenti non domanda che poco, od anche nulla, al mondo esterno, attesoche una tale importazione e costosa, obbligante, pericolosa; essa espone a disgusti, e, in conclusione, e sempre un cattivo succedaneo alle produzioni del proprio suolo. Perocche non dobbiamo, a nessun titolo, aspettarci gran cosa dagli altri, e in generale dal di fuori. Cio che un individuo puo essere per un altro e molto strettamente limitato; ciascuno finisce col restar solo, e chi e solo? diventa allora la grande questione. Goethe ha detto in proposito, parlando in modo generale, che in ogni cosa ciascuno, in conclusione, e ridotto a se stesso (Poesia e verita, vol. III). Oliviero Goldsmith dice egualmente: Intanto da per tutto, ridotti a noi stessi, siamo noi che facciamo o troviamo la nostra propria felicita (Il Viaggiatore, v. 431 e seg.). Ognuno deve adunque essere e fornire a se stesso cio che v fha di migliore e di piu importante. Quanto piu succedera cosi, tanto piu per conseguenza l findividuo trovera in se stesso le sorgenti dei suoi piaceri, e tanto piu sara felice. Si e quindi con ragione che Aristotele ha detto: La felicita appartiene a chi basta a se stesso (Mor. ad Eudemo, VII, 2). Infatti tutte le sorgenti esterne della felicita e del piacere sono di lor natura eminentemente incerte, equivoche, fuggevoli, aleatorie, quindi soggette ad arrestarsi facilmente pur anche
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Giacche gli agi sono, come dicemmo, il fiore o piuttosto il frutto dell fesistenza di<br />
ciascuno, perciocche solamente essi lo mettono al possesso del suo proprio io, noi<br />
dobbiamo stimare felici coloro che, guadagnando se stessi, guadagnano cosa che ha prezzo,<br />
mentre gli agi non apportano alla maggior parte degli uomini che uno scioccone di cui non<br />
sanno che fare, uno scioccone che s fannoia a morte, e che e di peso a se stesso.<br />
Congratuliamoci dunque o fratelli d fesser figli non di schiave, ma di madri libere (Paolo,<br />
Ep. ai Galati, 4, 31).<br />
4 Prendo qui ed in altri punti la parola agi nel senso di ozi, vale a dire per l fopportunita di poter disporre<br />
come meglio aggrada del proprio tempo. In francese avremmo loisirs, parola che esprime magnificamente il<br />
concetto. (Nota del Trad.).<br />
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Inoltre come e piu felice quel paese che ha meno bisogno o non ha affatto bisogno<br />
d fimportazione, cosi e felice l fuomo a cui basta la ricchezza interna, e che pei suoi<br />
divertimenti non domanda che poco, od anche nulla, al mondo esterno, attesoche una tale<br />
importazione e costosa, obbligante, pericolosa; essa espone a disgusti, e, in conclusione, e<br />
sempre un cattivo succedaneo alle produzioni del proprio suolo. Perocche non dobbiamo, a<br />
nessun titolo, aspettarci gran cosa dagli altri, e in generale dal di fuori. Cio che un individuo<br />
puo essere per un altro e molto strettamente limitato; ciascuno finisce col restar solo, e chi e<br />
solo? diventa allora la grande questione. Goethe ha detto in proposito, parlando in modo<br />
generale, che in ogni cosa ciascuno, in conclusione, e ridotto a se stesso (Poesia e verita,<br />
vol. III). Oliviero Goldsmith dice egualmente: Intanto da per tutto, ridotti a noi stessi,<br />
siamo noi che facciamo o troviamo la nostra propria felicita (Il Viaggiatore, v. 431 e seg.).<br />
Ognuno deve adunque essere e fornire a se stesso cio che v fha di migliore e di piu<br />
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stesso le sorgenti dei suoi piaceri, e tanto piu sara felice. Si e quindi con ragione che<br />
Aristotele ha detto: La felicita appartiene a chi basta a se stesso (Mor. ad Eudemo, VII, 2).<br />
Infatti tutte le sorgenti esterne della felicita e del piacere sono di lor natura eminentemente<br />
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