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e Vattagamam, poi più volte rimaneggiati nei secoli successivi, fino alla revisione in<br />

concomitanza con il<br />

Concilio tenutosi in Birmania tra il 1868 e il 1871, sotto il re Mindonmin. Dove il confronto<br />

con le<br />

corrispondenti parti dei Canoni d'altre ""sette"", come i Mahisasaka e i Sarvastivadin, è<br />

possibile, questo<br />

lavoro di alterazione emerge limpidamente, come hanno dimostrato in particolare le ricerche<br />

di André<br />

Bareau. Il fondo comune ai diversi Canoni comprendeva sia testi orali direttamente risalenti<br />

alla comunità<br />

attorno a Gautama, sia pie leggende, talora adattate da altra fonte, che dovevano specialmente<br />

esser diffuse<br />

5<br />

nei centri, meta di pellegrinaggio, ricollegati all'una o all'altra tappa importante della carriera<br />

del Buddha:<br />

l'illuminazione, a Gaya, la prima predicazione, a Varanasi (Benares), la morte, a Kuginagara...<br />

In origine<br />

dovette trattarsi di passi brevi o brevissimi, concatenati soltanto in seguito dalla paziente<br />

fatica dei<br />

diascheuasti."<br />

"Il secondo testo che figura nella nostra scelta è appunto un saggio di quella che poté essere<br />

tale primitiva<br />

consistenza delle testimonianze confluite poi nei grandi sutra. Si tratta delle parole<br />

""profferite"" dal Buddha<br />

(Udana), in forma poetica e spesso oscura, in occasione di determinate circostanze. L'asceta<br />

Gautama, negli<br />

altri testi solitamente impassibile e impersonale, privo di qualsiasi profilo individuale<br />

plausibile (a differenza<br />

della sua cerchia, in cui il carattere dei vari discepoli è spesso lumeggiato in modo verisimile -<br />

e coerente -<br />

dal punto di vista delle loro diverse reazioni agli incidenti narrati), qui invece effonde,<br />

trasportato<br />

dall'emozione, l'animo suo e ci appare molto più umano e vicino alla ""storicità"" dei<br />

personaggi<br />

dell'agiografia occidentale. Non mancano, invero, nelle ottantadue brevissime porzioni del<br />

testo, strutturate<br />

come altrettanti sutra, elementi mirabili e apparizioni ultraterrene, che danno ai ""fioretti""<br />

del Buddha un<br />

profumo affine a quello dei racconti francescani che c'incantano nelle nostre pagine<br />

trecentesche. La<br />

sistemazione semicronologica dei passi, così come l'uso di epiteti invalsi relativamente tardi,<br />

quali quello di<br />

Tathagata (""Colui ch'è in tal guisa pervenuto""), mostrano, beninteso, che anche qui è<br />

intervenuto un certo<br />

lavoro d'adattamento, ma la natura stessa dei materiali depone a favore della loro sostanziale<br />

antichità."<br />

Il terzo testo, che con le sue parti in versi sembra riecheggiare le strutture espositive del<br />

precedente, è un<br />

compendio di norme per l'uomo che vive nel mondo,

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