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essere acquistata soltanto da noi stessi, e non potrebbe in alcuna guisa esserci insegnata. Ne deriva che il nostro valore intellettuale, proprio come il morale, non entra in noi dal di fuori, ma sorte dal nostro proprio essere, e che tutta la scienza pedagogica d fun Pestalozzi non arrivera mai a fare un pensatore di un uomo nato imbecille: no! mille volte no! chi e nato imbecille, imbecille deve morire. Tale comprensione contemplativa del mondo esterno esposto di recente alla nostra vista, spiega anche perche tutto quello che si e veduto ed appreso in giovinezza s fimprima cosi fortemente nella memoria. In fatti vi ci siamo occupati esclusivamente, niente ci ha distratti, ed abbiamo considerate le cose che vedevamo come uniche della loro specie, anzi come le sole esistenti. Piu tardi il numero considerevole di cose conosciute ci toglie il coraggio e la pazienza. Se si vorra ricordar cio che ho esposto nel secondo volume della mia opera principale (p. 372 [423 della 3a ediz.]), cioe che l fesistenza oggettiva di tutte le cose, vale a dire nella rappresentazione pura, e sempre gradevole, mentre la loro esistenza soggettiva, che sta nel volere, e unita in buona dose a dispiaceri e dolori, allora si ammettera facilmente, come espressione riassuntiva del fatto, la proposizione seguente: Tutte le cose sono belle a vedersi e orribili nel loro essere (alle Dinge sind herrlich zu sehn, also schrecklich zu seyn). Da quanto precede risulta che, durante l finfanzia, gli oggetti ci sono ben piu noti dal lato della vista, della rappresentazione cioe, dell foggettivita, che non dal lato dell fessere, che e nello stesso tempo quello della volonta. Siccome il primo e il lato gradevole, e che il soggettivo ed orribile ci resta ancora ignoto, il giovane intelletto prende tutte le immagini che la realta e l farte gli presentano per altrettante cose eccellenti: egli s fimmagina che come sono belle a vedersi, cosi ed anche di piu, lo sieno nel loro essere. Percio la vita gli appare come un eden: e questa quell farcadia in cui noi tutti siamo nati. Ne deriva un po f piu tardi la sete della vita reale, il bisogno urgente di agire e di soffrire che ci caccia irresistibilmente nel tumulto del mondo. Quivi impariamo a conoscere l faltra faccia delle cose, quella dell fessere, vale a dire della volonta, che tutto viene ad attraversare ad ogni passo. Allora a poco a poco s favvicina il grande disinganno; quando e giunto si dice: áL feta delle illusioni e passata â, e pure il disinganno si fa sempre piu grande e diventa sempre piu completo. Sicche possiamo dire che
nell finfanzia la vita si presenta come una decorazione da teatro veduta da lontano, nella vecchiaia come la stessa decorazione veduta da vicino. Ecco pure un sentimento che contribuisce alla felicita dell finfanzia: come nei primi giorni di primavera qualunque fogliame ha lo stesso colore e quasi la stessa forma, cosi nella prima giovinezza ci rassomigliamo tutti, e andiamo d faccordo perfettamente. Non e che colla puberta che comincia la divergenza, la quale va sempre aumentando, pari a quella dei raggi d fun cerchio. 106 Cio che turba, cio che rende infelici gli anni di giovinezza, il rimanente di questa prima meta della vita tanto preferibile alla seconda, si e la caccia alla felicita intrapresa nel fermo convincimento che la si possa trovare nell fesistenza. Ecco la fonte della speranza sempre delusa, che genera a sua volta lo scontento. Le immagini ingannatrici d fun vago sogno di felicita volano davanti gli occhi nostri sotto forme capricciosamente scelte, e noi cerchiamo invano il loro tipo originale. Percio siamo durante la giovinezza quasi sempre mal soddisfatti del nostro stato e del nostro ambiente qualunque si siano, perocche ad essi attribuiamo cio che dovremmo sempre riferire alla inanita od alla miseria della vita umana, colle quali allora facciamo conoscenza per la prima volta, dopo esserci aspettati ben altra cosa. Si guadagnerebbe molto nel toglier di buon fora, con adatti insegnamenti, questa illusione, propria alla gioventu, che vi siano grandi cose da trovare nel mondo. Ma succede invece che la vita si fa conoscere a noi per mezzo della poesia prima di rivelarsi colla realta. All faurora della nostra giovinezza le scene che l farte ci dipinge si spiegano brillanti sotto i nostri occhi, ed eccoci tormentati dal desiderio di vederle realizzate, di afferrare l farco baleno. Il giovane si aspetta la vita sotto la forma d fun romanzo interessante. Cosi nasce quell fillusione che ho descritta nel secondo volume della mia opera gia citata (p. 374 [428 della 3a ediz.]). Perocche cio che presta il loro incanto a tutte queste immagini si e il fatto che esse sono precisamente immagini e non realta, e che contemplandole noi ci troviamo nello stato di calma e di soddisfazione perfetta della conoscenza pura. Realizzarle vuol dire essere occupato dalla volonta, e questa porta con se infallibilmente il dolore. Qui pure devo
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ma sorte dal nostro proprio essere, e che tutta la scienza pedagogica d fun Pestalozzi non<br />
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imbecille, imbecille deve morire. Tale comprensione contemplativa del mondo esterno<br />
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vedevamo come uniche della loro specie, anzi come le sole esistenti. Piu tardi il numero<br />
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cioe che l fesistenza oggettiva di tutte le cose, vale a dire nella rappresentazione pura, e<br />
sempre gradevole, mentre la loro esistenza soggettiva, che sta nel volere, e unita in buona<br />
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fatto, la proposizione seguente: Tutte le cose sono belle a vedersi e orribili nel loro essere<br />
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durante l finfanzia, gli oggetti ci sono ben piu noti dal lato della vista, della rappresentazione<br />
cioe, dell foggettivita, che non dal lato dell fessere, che e nello stesso tempo quello della<br />
volonta. Siccome il primo e il lato gradevole, e che il soggettivo ed orribile ci resta ancora<br />
ignoto, il giovane intelletto prende tutte le immagini che la realta e l farte gli presentano per<br />
altrettante cose eccellenti: egli s fimmagina che come sono belle a vedersi, cosi ed anche di<br />
piu, lo sieno nel loro essere. Percio la vita gli appare come un eden: e questa quell farcadia<br />
in cui noi tutti siamo nati. Ne deriva un po f piu tardi la sete della vita reale, il bisogno<br />
urgente di agire e di soffrire che ci caccia irresistibilmente nel tumulto del mondo. Quivi<br />
impariamo a conoscere l faltra faccia delle cose, quella dell fessere, vale a dire della volonta,<br />
che tutto viene ad attraversare ad ogni passo. Allora a poco a poco s favvicina il grande<br />
disinganno; quando e giunto si dice: áL feta delle illusioni e passata â, e pure il disinganno si<br />
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