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Arthur Schopenhauer Aforismi sulla saggezza nella vita ARTURO SCHOPENHAUER AFORISMI SULLA SAGGEZZA NELLA VITA (dall fopera PARERGA UND PARALIPOMENA) TRADUZIONE OSCAR D. CHILESOTTI MILANO FRATELLI DUMOLARD 1885 4 AL LETTORE ______ Q. HOHATII FLACCI. Odarum, Liber III, Ode I Non per giovarti o per darti piacere, lettore, non per averne lode o guadagno (che di tutto cio non mi cale) tradussi questo libro, ma cosi feci perche cosi mi piacque fare. Vale. DOTT. OSCAR CHILESOTTI. 5 INDICE
- Page 2 and 3: INTRODUZIONE la felicita non e faci
- Page 4 and 5: felicita o sull finfelicita sara pi
- Page 6 and 7: La meta oggettiva dell fattualita e
- Page 8 and 9: che non puo esserci tolta. In quest
- Page 10 and 11: Cosi l fessenziale per la felicita
- Page 12 and 13: continuamente, e piu o meno, in ogn
- Page 14 and 15: prosperare, hanno bisogno d fesser
- Page 16 and 17: prospettiva ridente ad ogni cosa. N
- Page 18 and 19: miseria. Nessuna cosa mette in guar
- Page 20 and 21: che il loro intelletto non e assolu
- Page 22 and 23: nelle circostanze piu favorevoli, e
- Page 24 and 25: genitali. Ma piu tardi non restano
- Page 26 and 27: difficile. Tuttavia pur nella speci
- Page 28 and 29: arriva grado a grado ad essere il s
- Page 30 and 31: possede esso gli doventa ben di fre
- Page 32 and 33: passionato che ne e la condizione,
- Page 34 and 35: e limitato ai soli materiali, cerch
- Page 36 and 37: le nostre pretese s finnalza e perm
- Page 38 and 39: dissipazione di coloro che non cono
- Page 40 and 41: che un fannullone spregievole. E ne
- Page 42 and 43: infallibilmente il gatto si mette a
- Page 44 and 45: conoscere per tempo questo fatto co
- Page 46 and 47: una tal rabbia, il lusso non sarebb
- Page 48 and 49: in massima parte e molto di frequen
- Page 50 and 51: ne e tocco l fassenza di ogni quali
Arthur Schopenhauer<br />
Aforismi<br />
sulla<br />
saggezza nella vita<br />
ARTURO SCHOPENHAUER<br />
AFORISMI<br />
SULLA<br />
SAGGEZZA NELLA VITA<br />
(dall fopera PARERGA UND PARALIPOMENA)<br />
TRADUZIONE<br />
OSCAR D. CHILESOTTI<br />
MILANO<br />
FRATELLI DUMOLARD<br />
1885<br />
4<br />
AL LETTORE<br />
______<br />
Q. HOHATII FLACCI. Odarum, Liber III, Ode I<br />
Non per giovarti o per darti piacere,<br />
lettore, non per averne lode o guadagno<br />
(che di tutto cio non mi cale) tradussi questo<br />
libro, ma cosi feci perche cosi mi piacque<br />
fare.<br />
Vale.<br />
DOTT. OSCAR CHILESOTTI.<br />
5<br />
INDICE
INTRODUZIONE<br />
la felicita non e facile a<br />
conquistare; e molto difficile<br />
trovarla in noi . impossibile<br />
altrove.<br />
CHAMFORT.<br />
Prendo qui nel suo significato immanente la nozione di saggezza nella vita, cioe<br />
intendo con cio l farte di rendere la vita quanto meglio e possibile piacevole e felice. Questo<br />
studio potrebbe egualmente chiamarsi l fEudemonologia; sarebbe dunque un trattato sulla<br />
vita felice. Questa potrebbe a sua volta essere definita una esistenza che, considerata dal<br />
punto di vista puramente esteriore, o piuttosto (trattandosi d fun apprezzamento soggettivo)<br />
che dopo fredda e matura riflessione e preferibile alla non-esistenza. La vita felice, cosi<br />
definita, ci attrarrebbe per se stessa, e non solo per il timore della morte; ne risulterebbe<br />
inoltre che noi desidereremmo vederla durare senza fine. Se la vita umana corrisponda, o<br />
possa solamente corrispondere alla nozione d funa tale esistenza, e questione a cui si sa che<br />
ho risposto con una negativa nella mia Filosofia; l feudemonologia invece presuppone una<br />
risposta affermativa. Infatti questa si fonderebbe sopra tale errore innato, errore che ho<br />
combattuto in principio del capitolo XLIX, vol. II, della mia opera principale1. In<br />
conseguenza, per poter nondimeno trattare la questione, dovetti allontanarmi interamente<br />
dal punto di vista elevato, metafisico e morale a cui conduce la mia vera filosofia. Lo<br />
sviluppo che segue e stabilito adunque, in una certa misura, sopra una convenzione, nel<br />
senso che esso si mette sotto il punto di vista usuale ed empirico, e ne conserva l ferrore. Il<br />
suo valore inoltre non puo essere che condizionato, dal momento che la parola<br />
eudemonologia non e che un eufemismo. Di piu esso non ha la minima pretesa di esser<br />
completo, sia perche il tema e inesauribile, sia perche io avrei dovuto ripetere cio che altri<br />
ha gia detto.<br />
Io non ricordo che il libro di Cardano: De utilitate ex adversis capienda (dell futilita<br />
che si puo cavare dalle disgrazie), lavoro degno d fesser letto, che tratti lo stesso argomento
dei presenti aforismi; esso potra servire a completare quanto io qui presento. Aristotele, e<br />
vero, ha intercalato una breve eudemonologia nel capitolo V, libro I, della sua Rettorica, ma<br />
non ha fatto che un fopera assai meschina. Io non ricorsi a questi miei predecessori; che non<br />
e affar mio il compilare; tanto meno lo feci perche in tal modo si perde quell funita di vedute<br />
che e l fanima delle opere di si fatta specie. Insomma, certamente i saggi di tutti i tempi<br />
hanno sempre detto lo stesso, e gli sciocchi, cioe l fincommensurabile maggioranza di tutti i<br />
tempi, hanno sempre fatto lo stesso, ossia l fopposto, e sara sempre cosi. Anche Voltaire<br />
dice; Noi lascieremo questo mondo tanto stupido e tanto cattivo quanto lo abbiamo trovato<br />
venendoci.<br />
1 Schopenhauer intende con cio il suo trattato; Il mondo come volonta e come fenomeno<br />
(rappresentazione). (N. del Trad.).<br />
7<br />
CAPITOLO PRIMO<br />
Divisione fondamentale.<br />
Aristotele (Etica a Nicomaco, I, 8) ha diviso i beni della vita umana in tre classi: beni<br />
esteriori, dell fanima e del corpo. Non conservando che la divisione in tre io dico che cio<br />
che distingue le sorti dei mortali puo essere ridotto a tre condizioni fondamentali. Esse<br />
sono:<br />
1. ‹ Cio che si e: dunque la personalita nel suo senso piu lato. Per conseguenza qui si<br />
comprende la salute, la forza, la bellezza, il temperamento, il carattere morale, l fintelligenza<br />
ed il suo sviluppo.<br />
2. ‹ Cio che si ha: dunque proprieta e ricchezza d fogni natura.<br />
3. ‹ Cio che si rappresenta: e noto che con questa espressione s fintende la maniera<br />
colla quale altri si figura un individuo, quindi cio che questi e nell faltrui rappresentazione.<br />
Tutto cio consiste dunque nell fopinione altrui a suo riguardo, e si divide in onore, grado e<br />
gloria.<br />
Le differenze della prima categoria, di cui abbiamo da occuparci, sono quelle che la<br />
natura stessa ha posto fra gli uomini; d fonde si puo gia inferire che la loro influenza sulla
felicita o sull finfelicita sara piu essenziale e piu penetrante che quella delle differenze che<br />
derivano dalle convenzioni umane e che noi abbiamo ricordato nelle due rubriche seguenti.<br />
I veri vantaggi personali, quali una gran mente o un gran cuore, sono in rapporto ad ogni<br />
vantaggio di grado, di nascita, pur anche regale, di ricchezza, ecc., cio che i re veri sono<br />
rispetto ai re sul teatro. Gia Metrodoro, il primo discepolo d fEpicuro, aveva intitolato un<br />
capitolo; Le cause che vengono da noi contribuiscono alla felicita piu di quelle che<br />
nascono dalle cose.<br />
E, senza dubbio, per la felicita dell findividuo, pur anche in tutto il suo modo di<br />
essere, la cosa principale sara evidentemente quello che si trova o si produce in lui. Infatti e<br />
la che risiede immediatamente il suo benessere o la sua infelicita; insomma e sotto questa<br />
forma che si manifesta da bel principio il risultato della sua sensibilita, della sua volonta,<br />
del suo pensiero; tutto cio che si trova al di fuori non ha che un finfluenza indiretta. Percio<br />
le medesime circostanze, i medesimi avvenimenti esterni impressionano ogni individuo in<br />
modo affatto differente, e, quantunque tutti siano posti nello stesso mezzo, ognuno vive in<br />
un mondo differente. Perche ciascuno non ha direttamente a che fare se non colle sue<br />
proprie sensazioni, e coi movimenti della sua propria volonta: le cose esterne non hanno<br />
influenza su lui che in quanto determinino questi fenomeni interni. Il mondo in cui si vive<br />
dipende dal modo d fintenderlo, che e differente per ogni testa; secondo la natura delle<br />
intelligenze esso sembrera povero, scipito e volgare, o ricco, interessante ed importante.<br />
Mentre un tale, per esempio, invidia un tal altro per le avventure interessanti toccategli<br />
nella sua vita, dovrebbe piuttosto invidiargli il dono di concezione che ha dato a questi<br />
8<br />
avvenimenti l fimportanza che assumono nella sua descrizione, perche il medesimo fatto che<br />
si presenta in un modo cosi interessante nella testa d fun uomo di spirito, non offrirebbe piu,<br />
concepito da un cervello grossolano e triviale, che una scena insipida della vita d fogni<br />
giorno. Cio si manifesta al piu alto grado in molte poesie di Goethe e di Byron, il fondo<br />
delle quali sta evidentemente sopra un dato reale; uno sciocco, leggendole, e capace<br />
d finvidiare al poeta la graziosa avventura in luogo d finvidiargli la potente immaginazione
che d fun avvenimento abbastanza comune, ha saputo fare qualche cosa di cosi grande e di<br />
cosi bello. Egualmente il melanconico vedra una scena di tragedia la dove il sanguigno non<br />
vede che un conflitto interessante, ed il flemmatico un caso insignificante.<br />
Tutto questo proviene dal fatto che ogni realta, cioe ogni attualita compita, si<br />
compone di due meta, il soggetto e l foggetto, ma cosi necessariamente e cosi strettamente<br />
unite come l fossigeno e l fidrogeno nell facqua. Identica la meta oggettiva, e differente la<br />
soggettiva, o viceversa, la realta attuale sara tutt faltra; la piu bella e la migliore meta<br />
oggettiva, quando la soggettiva e grossolana, di trista qualita, non dara mai che una cattiva<br />
realta ed attualita, simile ad un bel sito visto col brutto tempo o riflesso da una camera<br />
oscura difettosa. Per parlare piu volgarmente ognuno e ficcato nella sua coscienza come<br />
nella sua pelle, e non vive immediatamente che in essa; cosi dal di fuori vi sara da portargli<br />
ben poco aiuto. Sulle scene Tizio rappresenta i principi, Caio i magistrati, Sempronio i<br />
lacche, o i soldati, o i generali, e cosi di seguito. Ma queste differenze non esistono che<br />
all festerno; all finterno, come nocciuolo del personaggio, e sepolto in tutti lo stesso essere,<br />
vale a dire un povero commediante colle sue miserie e coi suoi affanni.<br />
Nella vita succede lo stesso. Le differenze di grado e di ricchezza danno a ciascuno la<br />
parte da rappresentare, a cui non corrisponde affatto una differenza interna di felicita e di<br />
benessere; anche qui e posto in ciascheduno lo stesso povero bietolone colle sue miserie e<br />
coi suoi fastidi che possono differire presso i singoli individui quanto al fondo, ma che<br />
quanto alla forma, cioe in rapporto all fessere proprio, sono presso a poco gli stessi per tutti;<br />
havvi certo differenza nel grado, ma questa non dipende minimamente dalla condizione o<br />
dalla ricchezza, vale a dire dalla parte da rappresentare.<br />
Come tutto cio che succede, tutto cio che esiste per l fuomo, non succede e non esiste<br />
immediatamente che nella sua coscienza, evidentemente la qualita della coscienza sara<br />
l fessenziale prossimo, e nella maggior parte dei casi tutto dipendera da questa meglio che<br />
dalle imagini che vi si presentano. Tutti gli splendori, tutte le gioie son povere, riflesse dalla<br />
coscienza appannata d fun imbecille, rispetto alla coscienza d fun Cervantes che in una<br />
squallida prigione scrive il Don Chisciotte.
La meta oggettiva dell fattualita e della realta e fra le mani della sorte e quindi<br />
mutabile; la meta soggettiva la siamo noi stessi, in conseguenza essa e immutabile nella sua<br />
parte essenziale. Cosi malgrado tutti i cambiamenti esterni la vita d fogni uomo porta da un<br />
capo all faltro lo stesso carattere; la si puo paragonare ad un seguito di variazioni sul<br />
medesimo tema. Nessuno puo sortire dalla propria individualita. Per l fuomo avviene come<br />
per l fanimale; questo, qualunque siano le condizioni in cui lo si mette, resta confinato nel<br />
piccolo cerchio che la natura ha irrevocabilmente tracciato intorno al suo essere, cio che<br />
spiega perche, per esempio, tutti i nostri sforzi per la felicita dell fanimale che amiamo,<br />
devono mantenersi per forza fra confini assai ristretti, precisamente in causa di questa<br />
limitazione del suo essere e della sua coscienza; del pari l findividualita dell fuomo si trova<br />
fissata anticipatamente la misura della sua possibile felicita. Sono in special modo i confini<br />
delle facolta intellettuali che determinano una volta per sempre l fattitudine alle gioie<br />
d fordine superiore.<br />
Se tali facolta sono limitate, tutti gli sforzi esterni, tutto quanto gli uomini o la fortuna<br />
facessero in suo favore, tutto sara impotente a trasportare l findividualita oltre la misura<br />
della felicita e del benessere ordinario, mezzo animale; essa dovra contentarsi dei piaceri<br />
sensuali, d funa vita intima ed allegra in famiglia, d funa societa di bassa lega o di<br />
9<br />
passatempi volgari. L fistruzione stessa, quantunque abbia una certa azione, non saprebbe<br />
insomma allargare di molto questo cerchio, perche i piaceri piu elevati, piu varii e piu<br />
durabili sono quelli dello spirito, per quanto falsa possa essere in gioventu la nostra<br />
opinione su tale argomento; e questi piaceri dipendono sopratutto dalla forza intellettuale. E<br />
dunque facile veder chiaramente quanto la nostra felicita dipenda da cio che siamo, dalla<br />
nostra individualita, mentre non si tiene conto il piu delle volte che di cio che abbiamo o di<br />
cio che rappresentiamo. La sorte pero puo migliorarsi, inoltre chi possiede la ricchezza<br />
interna non le domandera gran cosa; ma lo sciocco restera sciocco, lo scimunito sara<br />
scimunito fino alla fine, foss fanche in paradiso fra mezzo le Uri. Goethe dice: Popolo, e<br />
lacche, e conquistatori in ogni tempo riconoscono che il bene supremo dei figli della terra
e solamente la personalita. (W. O. Divan).<br />
Che il soggettivo sia incomparabilmente piu essenziale alla nostra felicita ed alle<br />
nostre gioie dell foggettivo ci viene provato in tutto, dalla fame che e la miglior cucina, dal<br />
vegliardo che guarda con indifferenza la deita che il giovine idolatra, fino all festremo<br />
vertice ove troviamo la vita dell fuomo di genio e del santo. La salute sopratutto prevale<br />
talmente sui beni esteriori che in verita un mendicante sano e piu felice di un re malato. Un<br />
temperamento calmo e giocondo, proveniente da una salute perfetta e da una eccellente<br />
organizzazione, una mente lucida, viva, acuta e giusta, una volonta moderata e dolce, e<br />
come risultato una buona coscienza, ecco i vantaggi che nessun grado, nessuna ricchezza<br />
saprebbero surrogare. Cio che un uomo e per se stesso, cio che l faccompagna nella<br />
solitudine, e cio che nessuno saprebbe dargli o togliergli, e evidentemente piu essenziale<br />
per lui che tutto quello ch fegli puo possedere o che puo essere per gli occhi altrui. Un uomo<br />
di spirito, nella solitudine la piu assoluta, trova nei suoi pensieri e nella sua fantasia di che<br />
spassarsi dilettevolmente, mentre l findividuo povero di spirito potra variare all finfinito le<br />
feste, gli spettacoli, i passeggi e i divertimenti senza riuscire a scacciar la noia che lo<br />
tortura. Un buon carattere, moderato e dolce, potra esser contento nell findigenza mentre<br />
tutte le ricchezze del mondo non saprebbero soddisfare un carattere avido, invidioso e<br />
malvagio. In quanto all fuomo dotato in permanenza d funa individualita straordinaria,<br />
intellettualmente superiore, puo far senza della maggior parte di quei piaceri a cui<br />
generalmente aspira la gente; anzi questi non sono per lui che un disturbo ed un peso.<br />
Orazio dice parlando di se; V fe chi possede gemme, marmi, avorj, statuette etrusche,<br />
quadri, argento, vesti tinte di porpora di Getulia; v fe chi non si cura d faverne (Ep. II, L. II,<br />
v. 180 e seg.).<br />
E Socrate alla vista d foggetti di lusso esposti per la vendita diceva: Quante cose vi<br />
sono di cui non ho bisogno!<br />
Cosi la condizione prima e piu essenziale per la felicita della vita e cio che noi siamo,<br />
la personalita; a spiegarlo basterebbe il fatto che essa agisce costantemente ed in ogni<br />
circostanza, che inoltre non e soggetta a peripezie come i beni delle altre due categorie, e
che non puo esserci tolta. In questo senso il suo valore puo esser considerato come assoluto,<br />
in opposizione al valore solamente relativo degli altri beni. Ne risulta che l fuomo e molto<br />
meno suscettibile d fesser modificato dal mondo esterno di quello che non si sarebbe<br />
disposti a crederlo. Solo il tempo, nel suo potere sovrano, esercita egualmente anche qui i<br />
suoi diritti; le facolta fisiche ed intellettuali s finfiacchiscono sotto i suoi colpi: il carattere<br />
morale solo rimane inattaccabile.<br />
Sotto questo rapporto i beni delle due ultime categorie avrebbero un vantaggio sui<br />
beni della prima, siccome quelli che il tempo non toglie direttamente. Un altro vantaggio<br />
sarebbe che, essendo posti fuori di noi, sono accessibili di loro natura, e che ciascuno ha per<br />
lo meno la possibilita di acquistarseli, mentre cio che e in noi, il soggettivo, e sottratto al<br />
nostro potere; stabilito per diritto divino, esso si conserva invariabile per tutta la vita. Cosi<br />
l fidea seguente contiene una inesorabile verita:<br />
10<br />
áCome nel giorno che t fha dato al mondo, il sole era la per salutare i pianeti, tu<br />
sei cresciuto senza interruzione secondo la legge con cui cominciasti. Tale e il tuo<br />
destino; tu non puoi sfuggire a te stesso; cosi parlavano gia le Sibille, cosi i Profeti;<br />
ne tempo, ne potenza alcuna spezza l fimpronta che si sviluppa nel corso della vita. â<br />
áGOETHE. â<br />
Quanto possiamo fare in questo riguardo si e d fimpiegare la personalita,<br />
quale ci fu data, al nostro maggior profitto; in conseguenza non coltivare che le<br />
aspirazioni che le si confanno, non cercare che lo sviluppo che le e appropriato<br />
evitandone qualunque altro, non sceglier quindi che lo stato, l foccupazione, il genere di vita<br />
che le convengono.<br />
Un uomo erculeo, dotato d funa forza muscolare straordinaria, costretto dalle<br />
circostanze esterne a darsi ad un foccupazione sedentaria, ad un lavoro manuale, paziente e<br />
penoso, o peggio ancora allo studio ed a lavori di mente, occupazioni che reclamano forze<br />
differenti, non sviluppate in lui, e che lasciano precisamente senza impiego le forze che gli<br />
sono caratteristiche, un tal uomo sara infelice tutta la vita; sara anche molto piu infelice
colui nel quale le facolta intellettuali prevalgono di molto, e che e obbligato a lasciarle<br />
senza sviluppo e senza impiego per occuparsi di faccende volgari che non domanda,<br />
oppure, e sopratutto, d fun lavoro corporale per cui la sua forza fisica non e sufficiente.<br />
Tuttavia, nel caso, bisogna anche evitare, specialmente nell feta giovane, lo scoglio della<br />
presunzione e non attribuirsi un eccesso di forze che non si abbia.<br />
Dalla preponderanza bene stabilita della nostra prima categoria sulle altre due, risulta<br />
ancora che e piu saggio adoprarsi per conservare la salute e per sviluppare le proprie facolta<br />
che non per acquistare ricchezze, cio che non bisogna pero interpretare nel senso che<br />
occorra trascurare l facquisto delle cose necessarie e convenienti. Ma la ricchezza<br />
propriamente detta, vale a dire un grande superfluo, contribuisce poco alla nostra felicita;<br />
per questo molti ricchi si sentono infelici perche sono sprovveduti di una vera coltura dello<br />
spirito, di cognizioni e quindi di ogni interesse oggettivo che potrebbe renderli atti ad<br />
un foccupazione intellettuale. Perocche quanto la ricchezza puo fornire al di la della<br />
soddisfazione dei bisogni reali e naturali ha un finfluenza piccolissima sul nostro vero<br />
benessere; questo e piuttosto turbato dalle numerose ed inevitabili cure che porta con se la<br />
conservazione d funa grande fortuna. Tuttavia gli uomini sono mille volte piu occupati ad<br />
acquistar la ricchezza che la coltura intellettuale, quantunque cio che si e contribuisca di<br />
certo alla nostra felicita piu di cio che si ha.<br />
Quante persone non vediamo noi diligenti come formiche ed occupate da mattina a<br />
sera ad accrescere una ricchezza gia acquistata! Essi non conoscono nulla al di fuori del<br />
ristretto orizzonte che racchiude i mezzi di riuscire al loro scopo; il loro spirito e vuoto, e<br />
quindi inaccessibile a tutt faltra occupazione. I piaceri i piu elevati, i diletti intellettuali sono<br />
per costoro impossibili; invano essi cercano di sostituirli con divertimenti fugaci, sensuali,<br />
facili ma costosi, che si permettono di tempo in tempo. Al termine della loro vita essi<br />
trovansi davanti come risultato, quando la sorte fu loro propizia, un gran monte d foro, di<br />
cui lasciano allora agli eredi la cura di aumentare oppure di dissipare. Una tale esistenza,<br />
benche condotta con apparenza seriissima ed importantissima, e dunque tanto insensata<br />
come un faltra che inalberasse apertamente per insegna la mazza della follia2.
Cosi l fessenziale per la felicita della vita e cio che si ha in se stessi. E unicamente<br />
perche la dose ne e d fordinario cosi piccola che la maggior parte di coloro che sono gia<br />
sortiti vittoriosi dalla lotta contro il bisogno, si sentono in fondo tanto infelici come chi si<br />
trova ancora nella mischia. La vacuita del loro interno, la scipitezza della loro intelligenza,<br />
la poverta del loro spirito, li spingono a cercare la compagnia, ma una compagnia composta<br />
2 Narrenkolbe (mazza da pazzo) in tedesco, Marotte in francese, in italiano non v fha parola<br />
corrispondente. (Nota del Trad.).<br />
11<br />
di persone a loro simili, perche similis simile gaudet. Allora comincia in comune la caccia<br />
ai passatempi ed ai divertimenti, ch fessi cercano da principio nei godimenti sensuali, nei<br />
piaceri d fogni specie, ed alla fine nelle orgie. La sorgente di questa funesta dissipazione, la<br />
quale in un tempo incredibilmente breve fa disperdere grosse eredita a tanti figli di famiglia<br />
entrati ricchi nella vita, non e altra davvero che la noia risultante da questa poverta e da<br />
questo vuoto dello spirito che abbiamo or ora descritto. Un giovane lanciato cosi nel<br />
mondo, ricco al di fuori ma povero al di dentro, si sforza inutilmente di supplire al difetto<br />
della ricchezza interna coll festerna; ei vuole ricever tutto dal di fuori, simile a quei vecchi<br />
che cercano d fattinger nuove forze nel fiato delle giovinette. In tal modo la poverta interna<br />
ha finito col produrre anche la poverta esterna.<br />
Non credo occorra metter in rilievo l fimportanza delle due altre categorie dei beni<br />
della vita umana, perche le ricchezze sono oggidi troppo universalmente in pregio per aver<br />
bisogno d fesser raccomandate. La terza categoria e di una natura molto eterea a confronto<br />
della seconda, visto che essa non consiste che nell fopinione altrui. Tuttavia e ammesso che<br />
ciascuno possa aspirare all fonore, cioe ad un buon nome; ad un grado puo aspirare<br />
unicamente chi serve lo Stato, e in quanto concerne la gloria non ve n fha che infinitamente<br />
pochi che possano pretendervi. L fonore e considerato come un bene inapprezzabile, e la<br />
gloria come la cosa piu eccellente che l fuomo possa acquistare; essa e il toson d foro degli<br />
eletti; invece solo gli sciocchi preferiranno il grado alle ricchezze. La seconda e la terza<br />
categoria hanno inoltre una sull faltra cio che si dice un fazione reciproca; quindi l fadagio di
Petronio; áHabes, haberis â3 e vero, e, in senso inverso, la buona opinione altrui, sotto tutte<br />
le forme, ci aiuta soventi volte ad acquistar la ricchezza.<br />
_____<br />
3 Altre traduzioni riportano gHabes, habeberis h. [Nota per l fedizione elettronica Manuzio]<br />
12<br />
CAPITOLO II<br />
___<br />
Di cio che si e.<br />
Noi abbiamo gia conosciuto in modo generale che cio che si e contribuisce alla nostra<br />
felicita piu di cio che si ha o di cio che si rappresenta. La cosa principale e sempre cio che<br />
un uomo e, in conseguenza cio che possede in lui stesso, perocche la sua individualita<br />
l faccompagna dappertutto e dovunque, e colora di sua tinta tutti gli avvenimenti della vita.<br />
In ogni cosa, ed in ogni occasione quello che a bella prima gli fa impressione e lui stesso.<br />
Questo e gia vero per i piaceri materiali, e, a piu forte ragione, per quelli dell fanima. Cosi<br />
l fespressione inglese: To enjoy one fs self e molto ben trovata; non si dice mica in inglese:<br />
Parigi gli piace, si dice invece: egli si piace a Parigi (He enjoys himself at Paris).<br />
1. La salute dello spirito e del corpo.<br />
Ma se l findividualita e di qualita cattiva, tutte le gioie saranno come un vino squisito<br />
in una bocca impregnata di fiele. Cosi dunque, nella buona come nella cattiva fortuna, e<br />
salvo il caso di qualche grande disgrazia, cio che tocca ad un uomo nella sua vita e<br />
d fimportanza piu piccola che la maniera con cui egli lo sente, vale a dire la natura ed il<br />
grado della sua sensibilita sotto tutti i rapporti. Cio che abbiamo in noi stessi e da noi stessi,<br />
in una parola la personalita ed il suo valore, ecco il solo fattore immediato della nostra<br />
felicita e del nostro benessere. Tutti gli altri agiscono indirettamente; la loro azione quindi<br />
puo essere annullata, ma quella della personalita mai.<br />
Di qui viene che l finvidia piu irreconciliabile e nello stesso tempo nascosta colla<br />
massima cura e quella che ha per oggetto i vantaggi personali. Inoltre la qualita della<br />
coscienza e la sola cosa permanente e persistente; l findividualita agisce costantemente,
continuamente, e piu o meno, in ogni momento; tutte le altre condizioni non hanno che<br />
un finfluenza temporanea, passaggera, d foccasione, e possono anche cangiare o sparire.<br />
Aristotele dice: La natura e eterna, non le cose (Mor. a Eudemo, VII, 2). E per questo che<br />
noi sopportiamo con piu rassegnazione la sventura la cui causa e tutta esterna, piuttosto che<br />
quella che ci colpisce per nostra colpa; perche la sorte puo cangiare, ma la nostra propria<br />
qualita e immutabile. Quindi i beni soggettivi, quali un carattere nobile, una testa possente,<br />
un umore gaio, un corpo bene organizzato ed in perfetta salute, o, in generale, mens sana in<br />
corpore sano (Giovenale sat. X, 355), sono beni supremi, ed importantissimi alla nostra<br />
felicita; percio dovremmo attendere molto piu al loro sviluppo ed alla loro conservazione<br />
che non al possesso dei beni esterni e dell fonore esterno.<br />
Ma cio che sopra tutto contribuisce piu direttamente alla nostra felicita e un umore<br />
allegro, perocche questa buona qualita trova subito la ricompensa in se stessa. Infatti chi e<br />
gaio ha sempre motivo d fesserlo per la stessa ragione ch fegli lo e. Niente puo sostituire cosi<br />
13<br />
completamente tutti gli altri beni come questa qualita, mentre essa stessa non puo esser<br />
surrogata da cosa alcuna. Che un uomo sia giovane, bello, ricco e stimato, per poter<br />
giudicare sulla sua felicita sara questione di sapere se, oltre a cio, egli sia gaio; in cambio<br />
s fegli e gaio, poco importa che sia giovane o vecchio, ben fatto o gobbo, povero o ricco;<br />
egli e felice. Nella mia prima giovinezza ho letto un giorno in un vecchio libro la frase; Chi<br />
ride molto e felice, chi piange molto e infelice; l fosservazione e molto sciocca, ma a causa<br />
della sua verita cosi semplice non ho potuto dimenticarla, quantunque essa sia il superlativo<br />
d fun truism (in inglese verita triviale). Cosi dobbiamo, ogni volta che si presenta, aprire<br />
alla gaiezza porte e fenestre, giacche essa non giunge mai di contrattempo, e non esitare a<br />
riceverla, come facciamo di sovente, volendo prima renderci conto se abbiamo bene in ogni<br />
riguardo motivo d fesser contenti, od anche per paura che essa non ci distragga da serie<br />
meditazioni o da gravi cure quando e molto incerto che queste possano migliorare la nostra<br />
condizione, mentre la gaiezza, e un beneficio immediato. Essa sola e, per cosi dire, il<br />
danaro contante della felicita; tutto il resto non ne e che il biglietto di banca; perocche essa
sola puo darci la felicita in un presente immediato; cosi e la gaiezza il supremo bene per<br />
esseri la cui realta ha la forma di un fattualita indivisibile tra due tempi infiniti. Noi<br />
dovremmo dunque aspirare anzitutto ad acquistare ed a conservare questo bene. E certo<br />
d faltronde che niente contribuisce alla gaiezza meno della ricchezza, e che niente vi<br />
contribuisce meglio della salute: si e nelle classi inferiori, fra i lavoranti e particolarmente<br />
fra i contadini che troviamo i visi allegri e contenti; nei ricchi e nei grandi dominano le<br />
sembianze melanconiche. Dovremmo percio applicarci sopratutto a conservare questo stato<br />
perfetto di salute di cui la gaiezza appare come fioritura. Per ottener questo si sa che<br />
bisogna fuggire ogni eccesso ed ogni disordine, evitare ogni emozione violenta e penosa,<br />
come pure ogni applicazione dello spirito soverchia o troppo prolungata; bisogna ancora<br />
prendere ogni giorno due ore d fesercizio rapido all faria libera, bagni frequenti d facqua<br />
fredda, ed altre misure dietetiche dello stesso genere. Non v fe salute se non ci si da ogni<br />
giorno abbastanza movimento; tutte le funzioni della vita per compiersi regolarmente<br />
esigono il movimento degli organi per cui si compiono, e dell finsieme del corpo.<br />
Aristotele ha detto con ragione: la vita e nel movimento. Infatti la vita consiste<br />
essenzialmente nel movimento. All finterno d fogni organismo regna un movimento<br />
incessante e rapido: il cuore nel suo doppio movimento di sistole e diastole, batte<br />
impetuoso ed instancabile; 28 pulsazioni gli bastano per mandare la massa intiera del<br />
sangue nel torrente della grande e della piccola circolazione; il polmone aspira senza mai<br />
smettere come una macchina a vapore; gl fintestini si contraggono senza posa d fun<br />
movimento peristaltico; tutte le glandule assorbono e danno secrezioni incessantemente; il<br />
cervello stesso ha un doppio movimento per ogni battito del cuore e per ogni aspirazione<br />
del polmone. Se, come succede nel genere di vita interamente sedentario di tante persone, il<br />
movimento esterno manca quasi totalmente, ne risulta una sproporzione innaturale e<br />
dannosa tra il riposo esterno ed il tumulto interno. Perche questo perpetuo moto all finterno<br />
richiede anche d fesser aiutato qualche poco dal moto all festerno; tale stato sproporzionato e<br />
analogo a quello che nascerebbe quando fossimo tenuti a non lasciar scorgere al di fuori<br />
segno visibile di un femozione che ci fa bollire il sangue internamente. Gli alberi stessi, per
prosperare, hanno bisogno d fesser agitati dal vento. E questa una regola assoluta che si puo<br />
esprimere nel modo piu conciso in latino: Omnis motus, quo celerior, eo magis motus<br />
(quanto piu celere, tanto piu ogni movimento e movimento).<br />
Per meglio renderci conto quanto la nostra felicita dipenda da una disposizione<br />
all fallegria, e questa dallo stato di salute, non abbiamo che a confrontare l fimpressione che<br />
producono su noi le stesse circostanze esterne o gli stessi avvenimenti, nei giorni di salute e<br />
di forza con quella che e prodotta, quando uno stato di malattia ci dispone ad esser di<br />
cattivo umore ed inquieti. Non e gia cio che sono oggettivamente ed in realta le cose, ma<br />
cio che esse sono per noi, nella nostra percezione, che ci rende felici o infelici. E quanto<br />
14<br />
esprime assai bene questa sentenza d fEpitteto: Cio che commuove gli uomini non son le<br />
cose, ma l fopinione sulle cose. In tesi generale i nove decimi della nostra felicita riposano<br />
esclusivamente sulla salute. Con essa tutto doventa sorgente di piacere; senza di essa invece<br />
noi non sapremmo gustare un bene esterno di qual si sia natura; pur anche gli altri beni<br />
soggettivi, come le qualita dell fintelligenza, del cuore, del carattere, sono diminuite e<br />
guastate dallo stato di malattia. Cosi non e senza ragione che noi prendiamo notizia<br />
scambievolmente sullo stato della nostra salute e che ci desideriamo reciprocamente di star<br />
bene, perche proprio in cio v fha quanto e piu essenzialmente importante per la felicita<br />
umana. Ne segue adunque che e insigne pazzia sacrificare la propria salute a checchessia,<br />
ricchezza, carriera, studii, gloria e sopra tutto alla volutta, ed ai piaceri fuggittivi. Al<br />
contrario tutto deve cedere il passo alla salute.<br />
Per quanto grande sia l finfluenza della salute su questa gaiezza cosi essenziale alla<br />
nostra felicita, non di meno questa non dipende unicamente dalla prima, perche con una<br />
salute perfetta si puo avere un temperamento melanconico ed una disposizione<br />
predominante alla tristezza. Ne risiede certamente la causa nella costituzione originaria,<br />
quindi immutabile, dell forganismo e piu specialmente nel rapporto piu o meno normale<br />
della sensibilita con l firritabilita e con la riproduttivita. Una preponderanza anormale della<br />
sensibilita produrra l fineguaglianza d fumore, una gaiezza periodicamente esagerata ed un
predominio della melanconia. Siccome il genio e determinato da un eccesso della forza<br />
nervosa, vale a dire della sensibilita, Aristotele ha osservato con ragione che tutti gli uomini<br />
illustri ed eminenti sono melanconici: Tutti gli uomini che sono nati o alla filosofia, o alla<br />
politica, o alla poesia o alle arti si mostrano melanconici (Prob. 30, 1). Cicerone ebbe<br />
senza dubbio in vista questo passaggio nella relazione tanto citata: Aristotele disse tutti gli<br />
uomini d fingegno esser melanconici (Tusc. I, 33). Shakespeare ha dipinto molto<br />
piacevolmente questa grande diversita del temperamento generale; La natura si diverte<br />
qualche volta a formare esseri curiosi. V fha chi si da a fare continuamente gli occhietti<br />
piccoli e che si mette a ridere come un pappagallo davanti un semplice suonator di<br />
cornamusa, e v fha chi tiene una tale fisonomia d faceto che non scoprirebbe i suoi denti,<br />
pur per sorridere, quand fanche il grave Nestore giurasse ch fei ha udito or ora uno scherzo<br />
dei piu ameni. (Il Mercante di Venezia, scena I).<br />
E questa stessa diversita che Platone disegna colle parole ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÍ. (d fumore<br />
difficile), ed ƒÃƒÒƒÈƒÍƒÉƒÍ. (d fumore facile). Essa puo esser ridotta alla suscettibilita, molto<br />
diversa nei diversi individui, per le impressioni piacevoli o disaggradevoli, in conseguenza<br />
della quale Tizio ride ancora di cio che mette Cajo in disperazione. E di piu la suscettibilita<br />
per le impressioni piacevoli e d fordinario tanto piu piccola quanto quella per le impressioni<br />
disaggradevoli e piu forte, e viceversa. A probabilita eguali di buono o cattivo esito in un<br />
affare, il ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÍ. si stizzera o si affliggera dell finsuccesso, e non si rallegrera per la<br />
riuscita; l fƒÃƒÒƒÈƒÍƒÉƒÍ. invece non sara ne stizzito ne afflitto per il cattivo esito, e sara contento<br />
per il buon successo. Se, nove volte su dieci, il ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÍ. riesce ne f suoi progetti, ei non si<br />
rallegrera per le nove volte riescite a bene, ma sara triste per il cattivo esito della decima;<br />
nel caso inverso l fƒÃƒÒƒÈƒÍƒÉƒÍ. sara consolato e contento per l funico successo felice. Pero non e<br />
facile trovare un male che non abbia alcun compenso; cosi succede che i ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÍ., cioe i<br />
caratteri cupi ed inquieti, avranno, e vero, a sopportare alla fin fine piu disgrazie e dolori<br />
immaginari che non i caratteri allegri e spensierati, ma in cambio incontreranno meno<br />
sventure effettive, perche chi vede tutto nero, chi teme sempre il peggio e prende le sue<br />
misure in conseguenza, non avra delusioni cosi frequenti come colui che da colore e
prospettiva ridente ad ogni cosa. Nondimeno quando un faffezione morbosa del sistema<br />
nervoso o dell fapparecchio digestivo viene a dar forza ad una ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÇƒ¿ innata, allora<br />
questa puo giungere a quell falto grado in cui un malessere permanente produce il disgusto<br />
della vita, d fonde proviene l finclinazione al suicidio. Il quale puo allora esser provocato<br />
dalle piu piccole contrarieta; ad un grado molto elevato del male non havvi nemmeno<br />
15<br />
bisogno di motivo, per risolvervisi basta la sola permanenza del malessere. Il suicidio si<br />
compie allora con si fredda riflessione e con si inflessibile risoluzione che a questo stadio il<br />
malato, posto d fordinario sotto custodia, profitta, lo spirito costantemente fisso su questa<br />
idea, del primo momento in cui la sorveglianza sia rilassata per ricorrere senza esitazione,<br />
senza lotta e senza paura, a questo mezzo di sollievo per lui cosi naturale in questo<br />
momento, e cosi ben venuto. Esquirol ha descritto molto a lungo tale stato nel suo Trattato<br />
delle malattie mentali. E certo che l fuomo il piu sano, e fors fanco il piu gaio, potra,<br />
capitando il caso, determinarsi al suicidio; cio succedera quando l fintensita dei dolori o<br />
d funa sventura prossima ed inevitabile sara piu forte dei terrori della morte. Non v fe<br />
differenza che nella potenza piu o meno grande del motivo determinante, potenza che e in<br />
rapporto inverso colla ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÇƒ¿. Quanto piu questa e grande, tanto piu il motivo potra esser<br />
piccolo; al contrario piu l fƒÃƒÒƒÈƒÍƒÉƒÇƒ¿, come pure la salute che ne e la base, e grande, piu grave<br />
dovra essere motivo. Vi saranno dunque gradi innumerevoli tra questi due casi estremi di<br />
suicidio, tra quello cioe provocato puramente da una recrudescenza morbosa della ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÇƒ¿<br />
innata, e quello dell fuomo sano ed allegro, proveniente da cause affatto oggettive.<br />
2. La bellezza.<br />
La bellezza e analoga in parte alla salute. Questa qualita soggettiva, benche non<br />
contribuisca che indirettamente alla felicita coll fimpressione che produce sugli altri, ha<br />
nondimeno una grande importanza anche per il sesso mascolino. La bellezza e una lettera<br />
aperta di raccomandazione che ci guadagna i cuori anticipatamente; specie ad essa<br />
s fapplicano i versi di Omero; Non bisogna sdegnare i doni gloriosi degli immortali che soli<br />
possono dare e che nessuno puo accettare o rifiutare a suo piacere.
3. Il dolore, e la noia. L fintelligenza.<br />
Un semplice colpo d focchio ci fa scoprire due nemici della felicita umana; il dolore e<br />
la noia. Inoltre possiamo osservare che a misura che riusciamo ad allontanarci dall funo, ci<br />
avviciniamo al secondo, e reciprocamente; di maniera che la nostra vita rappresenta in<br />
realta una oscillazione piu o meno forte tra i due. Cio deriva dal doppio antagonismo in cui<br />
ciascuno di essi si trova verso l faltro, antagonismo esterno od oggettivo, ed antagonismo<br />
interno o soggettivo. Infatti esteriormente il bisogno e la privazione generano il dolore; per<br />
contraccambio, gli agi e l fabbondanza fanno nascere la noia. Si e per questo che vediamo la<br />
classe inferiore del popolo lottare incessantemente contro il bisogno, dunque contro il<br />
dolore, ed al contrario, la classe ricca ed altolocata alle prese permanentemente, spesso<br />
disperatamente, contro la noia.<br />
Internamente, o soggettivamente, l fantagonismo si fonda sul fatto che in ogni<br />
individuo la facilita ad esser impressionato da uno di questi mali e in rapporto inverso colla<br />
facilita ad esser impressionato dall faltro; perocche tale suscettibilita e determinata dalla<br />
misura delle forze intellettuali. Infatti una mente ottusa e sempre accompagnata da<br />
impressioni grossolane e da una certa mancanza d firritabilita, cio che rende l findividuo<br />
poco accessibile ai dolori ed ai dispiaceri d fogni specie e d fogni grado; ma questa stessa<br />
qualita ottusa dell fintelligenza produce d faltronde quel vuoto interno che e stampato su<br />
tanti visi e che si lascia scorgere per un fattenzione sempre svegliata su tutti gli avvenimenti,<br />
anche piu insignificanti, del mondo esterno; questo vuoto e appunto la vera sorgente della<br />
noia, e chi ne soffre aspira con avidita ad eccitamenti esterni, allo scopo di mettere in<br />
movimento lo spirito ed il cuore non importa con qual mezzo. Cosi egli non e difficile nella<br />
16<br />
scelta dei mezzi; lo si vede abbastanza alla miserabile meschinita di svaghi a cui si<br />
abbandonano gli uomini, al genere di societa e di conversazioni che cercano, non meno che<br />
al numero immenso di fannulloni e di balordi che vanno pel mondo. E principalmente<br />
questo vuoto interno che li spinge alla ricerca d fogni specie di riunioni, di divertimenti, di<br />
piaceri e di lusso, ricerca che conduce tanta gente alla dissipazione e finalmente alla
miseria.<br />
Nessuna cosa mette in guardia contro tali traviamenti piu sicuramente della ricchezza<br />
interna, la ricchezza dello spirito, perche questo lascia tanto meno posto alla noia quanto<br />
piu avvicina alla superiorita. L fattivita incessante dei pensieri, il loro continuo avvicendarsi<br />
in presenza delle diverse manifestazioni del mondo interno ed esterno, la potenza e la<br />
capacita di combinazioni sempre variate mettono una testa eminente, salvo nei momenti di<br />
fatica, fuori affatto dall fattacco della noia. Ma d faltronde un fintelligenza superiore ha per<br />
condizione immediata una sensibilita piu viva, e per radice un piu grande impeto della<br />
volonta e per conseguenza della passione; dall funione di queste due condizioni deriva una<br />
intensita piu considerevole di ogni emozione ed una sensibilita esagerata per i dolori morali<br />
ed eziandio pei fisici, come pure una grande intolleranza di faccia al minimo ostacolo, od<br />
anche al minimo sconcerto.<br />
Cio che contribuisce altresi potentemente a questi effetti si e la vivacita prodotta dalla<br />
forza dell fimmaginazione. Quanto dicemmo si applica, mantenuta ogni proporzione, a tutti<br />
i gradi intermediari che dividono il vasto intervallo compreso tra l fimbecillita la piu ottusa<br />
ed il piu gran genio. In conseguenza, oggettivamente come pure soggettivamente, ogni<br />
individuo si trova tanto piu vicino ad una delle sorgenti delle umane sventure quanto piu e<br />
lontano dall faltra. La sua inclinazione naturale lo portera dunque, sotto questo rapporto, ad<br />
accomodare quanto meglio possibile l foggettivo col soggettivo, vale a dire a premunirsi<br />
come meglio potra contro quella sorgente di dolori che lo attacca piu facilmente. L fuomo<br />
intelligente aspirera prima d fogni altra cosa a fuggire qualunque dolore, qualunque contesa,<br />
ed a trovare riposo ed agi; cerchera dunque una vita tranquilla, modesta, riparata per quanto<br />
e possibile contro gl fimportuni; dopo aver mantenuto per qualche tempo relazioni con cio<br />
che si chiama gli uomini, ei preferira una esistenza ritirata, e, se sara uno spirito<br />
assolutamente superiore, scegliera la solitudine. Perocche piu un uomo possiede in se<br />
stesso, meno ha bisogno del mondo esterno, e meno gli altri possono essergli utili. Cosi la<br />
superiorita dell fintelligenza conduce all finsociabilita. Ah! se la qualita della societa potesse<br />
esser surrogata dalla quantita, varrebbe la pena di vivere pur anche nel gran mondo; ma, pur
troppo, cento pazzi messi in mucchio non fanno un uomo ragionevole. L findividuo<br />
collocato all festremo opposto, non appena il bisogno gli da tempo di riprendere fiato,<br />
cerchera ad ogni prezzo passatempi e societa; e s faccomodera con tutto, non fuggendo che<br />
se stesso. Si e nella solitudine, la dove ciascuno e ridotto alle sue sole risorse, che si scorge<br />
quanto si ha per se stessi; la l fimbecille, sotto la porpora, sospira schiacciato dal peso della<br />
sua miserabile individualita, mentre l fuomo altamente dotato, popola ed anima co f suoi<br />
pensieri la contrada la piu deserta. Seneca (Ep. 9) disse con ragione: La stupidita da fastidio<br />
a se stessa, come pure Gesu figlio di Sirach; La vita dello stolto e peggior della morte. Cosi<br />
in conclusione si vede che ogni individuo e tanto piu socievole quanto e piu povero di<br />
spirito ed in generale piu volgare. Perocche nel mondo non si ha guari la scelta che tra<br />
l fisolamento e la societa. Si pretende che i negri sieno di tutti gli uomini i piu socievoli,<br />
come sono senza dubbio i piu limitati nelle facolta intellettuali; rapporti mandati<br />
dall fAmerica del Nord, e pubblicati da giornali francesi (Le Commerce, 19 oct. 1837)<br />
raccontano che i negri, senza distinzione fra liberi e schiavi, si uniscono in gran numero nel<br />
locale piu ristretto, perche non saprebbero vedere mai abbastanza spesso ripetute le loro<br />
faccie nere e camuse.<br />
17<br />
Nello stesso modo che il cervello ci sembra esser in certo qual modo il parassita od il<br />
dozzinante dell fintero organismo, cosi gli agi4 acquistati da chicchessia, dandogli il libero<br />
godimento della sua coscienza e della sua individualita, sono a questo titolo il frutto e la<br />
rendita di tutta la sua esistenza, la quale, per il resto, non e che pena e fatica. Ma vediamo<br />
un po f cosa producono gli agi della maggior parte degli umani!: noia e sgarbatezza, ogni<br />
qual volta l fuomo non trova da occuparsi in piaceri sensuali od in balordaggini. Cio che<br />
dimostra abbastanza che tali agi non hanno alcun valore si e il modo con cui sono<br />
impiegati; essi non sono letteralmente che<br />
Ozio lungo d fuomini ignoranti<br />
di cui parla l fAriosto. L fuomo volgare non si preoccupa che di passare il tempo, l fuomo di<br />
talento che d fimpiegarlo. La ragione per cui le teste povere sono tanto esposte alla noia, si e
che il loro intelletto non e assolutamente altra cosa che l fintermediario dei motivi per la loro<br />
volonta. Se, in un dato momento, non vi sono motivi da cogliere, allora la volonta si riposa<br />
e l fintelletto resta inerte, perche la prima, non meglio del secondo, non puo entrare in<br />
attivita di suo proprio impulso; il risultato e uno spaventevole stagnamento di tutte le forze<br />
nell findividuo intero . la noia. Per combatterla si suggerisce piano piano alla volonta dei<br />
motivi piccoli, provvisori, scelti indistintamente, allo scopo di stimolarla, e di metter con<br />
cio in attivita anche l fintelletto che deve coglierli: questi motivi sono dunque in rapporto ai<br />
motivi reali e naturali cio che la carta-moneta e in rapporto al danaro, perche il loro valore<br />
non e che convenzionale. Tali motivi sono i giuochi di carte ed altri, inventati precisamente<br />
allo scopo che abbiamo indicato. In loro mancanza l fuomo povero di se si mettera a<br />
stamburare sui vetri, od a dar colpi con tutto quanto gli cade sotto mano. Anche il sigaro<br />
porge facilmente di che supplire ai pensieri.<br />
Si e per questo che in tutti i paesi i giuochi di carte sono arrivati ad essere<br />
l foccupazione principale d fogni societa; cosa che fornisce la misura di cio che valgono<br />
queste riunioni e che costituisce la bancarotta dichiarata d fogni pensiero. Non avendo idee<br />
da scambiare, si scambiano carte cercando di sottrarsi vicendevolmente alquanti fiorini. O<br />
razza miserabile! Tuttavia, per non esser ingiusto nemmeno qui, non voglio ommettere<br />
l fargomento che si puo invocare in giustificazione del giuoco delle carte: si puo dire che<br />
esso e una preparazione alla vita del mondo e degli affari, nel senso che vi si impara a<br />
profittare con saggezza da circostanze immutabili, essendo stabilite le carte dalla sorte, per<br />
trarne tutto il partito possibile; a tal fine si apprende a serbare un contegno corretto facendo<br />
buon viso a cattivo giuoco. Ma, d faltra parte, per questo stesso fatto, i giuochi di carte<br />
esercitano un finfluenza demoralizzatrice. In fatti lo spirito del giuoco consiste nel sottrarre<br />
ad altri cio che possiede, non importa con quale gherminella o con quale astuzia. Ma<br />
l fabitudine di procedere cosi, contratta al giuoco, prende radici, fa invasione nella vita<br />
privata, e il giocatore arriva quindi insensibilmente a proceder nella stessa guisa quando si<br />
tratta del tuo e del mio, ed a considerare come lecito ogni vantaggio che si ha in mano al<br />
momento, poiche lo si puo fare legalmente. La vita ordinaria ne fornisce prove ogni giorno.
Giacche gli agi sono, come dicemmo, il fiore o piuttosto il frutto dell fesistenza di<br />
ciascuno, perciocche solamente essi lo mettono al possesso del suo proprio io, noi<br />
dobbiamo stimare felici coloro che, guadagnando se stessi, guadagnano cosa che ha prezzo,<br />
mentre gli agi non apportano alla maggior parte degli uomini che uno scioccone di cui non<br />
sanno che fare, uno scioccone che s fannoia a morte, e che e di peso a se stesso.<br />
Congratuliamoci dunque o fratelli d fesser figli non di schiave, ma di madri libere (Paolo,<br />
Ep. ai Galati, 4, 31).<br />
4 Prendo qui ed in altri punti la parola agi nel senso di ozi, vale a dire per l fopportunita di poter disporre<br />
come meglio aggrada del proprio tempo. In francese avremmo loisirs, parola che esprime magnificamente il<br />
concetto. (Nota del Trad.).<br />
18<br />
Inoltre come e piu felice quel paese che ha meno bisogno o non ha affatto bisogno<br />
d fimportazione, cosi e felice l fuomo a cui basta la ricchezza interna, e che pei suoi<br />
divertimenti non domanda che poco, od anche nulla, al mondo esterno, attesoche una tale<br />
importazione e costosa, obbligante, pericolosa; essa espone a disgusti, e, in conclusione, e<br />
sempre un cattivo succedaneo alle produzioni del proprio suolo. Perocche non dobbiamo, a<br />
nessun titolo, aspettarci gran cosa dagli altri, e in generale dal di fuori. Cio che un individuo<br />
puo essere per un altro e molto strettamente limitato; ciascuno finisce col restar solo, e chi e<br />
solo? diventa allora la grande questione. Goethe ha detto in proposito, parlando in modo<br />
generale, che in ogni cosa ciascuno, in conclusione, e ridotto a se stesso (Poesia e verita,<br />
vol. III). Oliviero Goldsmith dice egualmente: Intanto da per tutto, ridotti a noi stessi,<br />
siamo noi che facciamo o troviamo la nostra propria felicita (Il Viaggiatore, v. 431 e seg.).<br />
Ognuno deve adunque essere e fornire a se stesso cio che v fha di migliore e di piu<br />
importante. Quanto piu succedera cosi, tanto piu per conseguenza l findividuo trovera in se<br />
stesso le sorgenti dei suoi piaceri, e tanto piu sara felice. Si e quindi con ragione che<br />
Aristotele ha detto: La felicita appartiene a chi basta a se stesso (Mor. ad Eudemo, VII, 2).<br />
Infatti tutte le sorgenti esterne della felicita e del piacere sono di lor natura eminentemente<br />
incerte, equivoche, fuggevoli, aleatorie, quindi soggette ad arrestarsi facilmente pur anche
nelle circostanze piu favorevoli, e questo e pure inevitabile, attesocche noi non possiamo<br />
averle sempre alla mano. Anzi, con l feta, quasi tutte fatalmente si esauriscono; perche<br />
allora amore, voglia di divertirsi, passione pei viaggi e per cavalcare, attitudine a far figura<br />
nel mondo, tutto questo ci abbandona; la morte ci toglie perfino amici e parenti. A questo<br />
momento, piu che mai, e importante sapere cio che si ha da se stessi. Non v fha che questo,<br />
infatti, che resistera piu lungamente. Intanto in ogni eta, senza differenza, cio e e resta la<br />
sorgente vera, e sola permanente della felicita. Perocche non vi e molto da guadagnare a<br />
questo mondo: la miseria ed il dolore lo empiono, e per quelli che hanno sfuggiti questi<br />
mali, la noia e la che li insidia da ogni banda. Inoltre d fordinario e la perversita che regna, e<br />
la stoltezza che parla piu forte. Il destino e crudele, e gli uomini sono miserabili. In un<br />
mondo siffatto colui che ha molto in se stesso e simile ad una camera dell falbero di Natale,<br />
illuminata, calda, gaia, in mezzo alle nevi ed ai ghiacci d funa notte di dicembre. Per<br />
conseguenza, aver un findividualita ricca e superiore, e sopratutto molta intelligenza<br />
costituisce senza dubbio la sorte piu felice sulla terra, per quanto cio possa esser differente<br />
dalla sorte la piu brillante. Sicche quanta saggezza nell fopinione emessa su Descartes dalla<br />
regina Cristina di Svezia in eta di appena diciannov fanni: Il signor Descartes e il piu felice<br />
di tutti i mortali, e la sua condizione mi sembra degna d finvidia (Vie de Descartes par<br />
Baillet, l. VII, c. 10). Descartes a quell fepoca viveva da vent fanni in Olanda nella piu<br />
profonda solitudine, e la regina lo conosceva solamente per quanto le era stato raccontato e<br />
per aver letto una delle sue opere. Bisogna solo, e ne era precisamente il caso in Descartes,<br />
che le circostanze esterne sieno abbastanza favorevoli per permettere di possedersi, e<br />
d fesser contenti di se stessi; per questo l fEcclesiaste diceva gia: La saggezza e buona con<br />
un patrimonio e ci aiuta a rallegrarci alla vista del sole (7, 12).<br />
L fuomo cui, per un favore della natura o della fortuna, questa sorte e stata accordata,<br />
stara attento con cura gelosa perche questa sorgente interna di felicita gli resti sempre<br />
accessibile; per cio occorrono indipendenza ed agi.<br />
Li acquistera dunque ben volentieri colla moderazione e col risparmio, e tanto piu<br />
facilmente perche egli non e ridotto, come gli altri uomini, alle sole sorgenti esterne dei
piaceri. Ed e per questo che la prospettiva delle cariche, dell foro, dei favori regali, e<br />
l fapprovazione del mondo non lo indurranno a rinunziare a se stesso per adattarsi alle<br />
vedute meschine od al cattivo gusto degli uomini. Al caso, ei fara come Orazio nella<br />
epistola a Mecenate (L. 1, ep. 7). E una gran pazzia perdere all finterno per guadagnare<br />
all festerno, in altri termini abbandonare, in tutto o in parte, il proprio riposo, gli agi e<br />
19<br />
l findipendenza per il fasto, il grado, le pompe, i titoli, gli onori. Goethe pero l fha fatto. In<br />
quanto a me, il mio genio mi ha tratto energicamente nella via opposta.<br />
La verita, qui esaminata, che la sorgente principale della felicita vien dall finterno, si<br />
trova confermata da una giusta osservazione di Aristotele nella Morale a Nicomaco (I, 7; e<br />
VII, 13, 14); egli dice che ogni piacere suppone un fattivita, quindi l fimpiego di una forza, e<br />
che non puo esistere senza di questa. Tale dottrina aristotelica di far consistere la felicita<br />
dell fuomo nel libero esercizio delle sue facolta saglienti e riprodotta egualmente da Stobeo<br />
nell fEsposizione della morale peripatetica (Eclogoe ethicoe, II, c. 7); eccone un passo: La<br />
felicita consiste nell fesercitare le proprie facolta (ƒ¿ƒÏƒÃƒÑƒÅƒË) in lavori capaci di risultato; egli<br />
spiega pure che ƒ¿ƒÏƒÃƒÑƒÅ indica ogni facolta non comune. Ora la destinazione primitiva delle<br />
forze di cui la natura ha dotato l fuomo, e la lotta contro la necessita che l fopprime da per<br />
tutto. Quando la lotta lascia un momento di tregua, le forze senza impiego divengono un<br />
peso per lui; ei deve allora giuocare con esse, cioe impiegarle senza uno scopo, altrimenti si<br />
espone all faltra sorgente dell fumana infelicita, alla noia. Sicche e la noia che tortura i<br />
grandi ed i ricchi piu che gli altri, e Lucrezio ha fatto della loro miseria un quadro, di cui si<br />
ha ogni giorno nelle grandi citta l foccasione di riconoscere la meravigliosa verita: Questi<br />
sorte spesso dal ricco palazzo, ove si annoia, ma vi fa ritorno un momento dopo non<br />
trovandosi piu felice altrove; un altro corre a briglia sciolta in villa, quasicche dovesse<br />
portare aiuto a spegnerne l fincendio; appena toccata la soglia e colpito dalla noia, e si<br />
abbandona gravemente al sonno e cerca di dimenticar se stesso, oppure d fimprovviso<br />
desidera di nuovo la citta e vi ritorna (L. III, v. 1073 e seg.).<br />
Presso questi signori, finche sono giovani, devono far le spese le forze muscolari e
genitali. Ma piu tardi non restano piu che le forze intellettuali; in loro mancanza, od in<br />
difetto di sviluppo o di materiali per servire alla loro attivita, la miseria e grande. La<br />
volonta essendo la sola forza inesauribile, si cerca allora di stimolarla coll feccitare le<br />
passioni; si ricorre, per esempio, ai giuochi d fazzardo in grande, a questo vizio in vero<br />
degradante. Del resto ogni individuo sfaccendato scegliera, secondo la natura delle forze in<br />
lui predominanti, un divertimento che le impieghi, come il giuoco delle palle o degli<br />
scacchi, la caccia o la pittura, le corse di cavalli o la musica, i giuochi di carte o la poesia,<br />
l faraldica o la filosofia, ecc.<br />
Possiamo anche trattare questa materia con metodo, riportandoci alla radice delle tre<br />
forze fisiologiche fondamentali: abbiamo dunque da studiarle qui nel loro esercitarsi senza<br />
scopo; esse ci si presentano allora come sorgenti di tre specie di piaceri possibili, fra le<br />
quali ciascuno scegliera quelle che gli sono proporzionate secondo che l funa o l faltra di<br />
queste forze predominano in lui.<br />
Cosi troviamo anzi tutto le gioie della forza riproduttiva: esse consistono nel<br />
mangiare, nel bere, nella digestione, nel riposo e nel sonno. Vi sono intere popolazioni a cui<br />
si attribuisce di fare gloriosamente di tali gioie uno spasso nazionale. In secondo luogo i<br />
piaceri dell firritabilita; essi sono i viaggi, la lotta, il salto, la danza, la scherma, il cavalcare<br />
ed i giuochi atletici d fogni specie, come pure la caccia, e veramente anche i combattimenti<br />
e la guerra. In terzo luogo i piaceri della sensibilita, quali contemplare, pensare, sentire,<br />
creare nella poesia o nell farte plastica, far musica, studiare, leggere, meditare, inventare,<br />
filosofare, ecc. Vi sarebbero da fare molte osservazioni sul valore, sull faltezza e sulla<br />
durata di queste differenti specie di piaceri; noi ne lasciamo la cura al lettore. Ma ciascuno<br />
comprendera che il piacere nostro, motivato costantemente dall fimpiego delle nostre<br />
proprie forze, come pure la nostra felicita, risultato del frequente rinnovarsi di questo<br />
piacere, saranno tanto piu grandi quanto piu la forza produttrice sara di nobile specie.<br />
Nessuno potra inoltre negare che il primo posto, sotto questo rapporto, tocchi alla<br />
sensibilita il cui predominio deciso stabilisce la distinzione tra l fuomo e le altre specie<br />
animali; le due altre forze fisiologiche fondamentali, che esistono presso l fanimale nello
stesso grado, od in un grado anche piu alto che presso l fuomo, non vengono che in seconda<br />
20<br />
linea. Alla sensibilita appartengono le nostre forze intellettuali; ed e per cio che il suo<br />
predominio ci rende atti a gustare i piaceri che hanno sede nell fintelletto, i piaceri dello<br />
spirito; piaceri che sono tanto piu grandi quanto il predominio della sensibilita e piu<br />
accentuato5. L fuomo normale, l fuomo ordinario non puo prendere vivo interesse ad una<br />
cosa se questa non eccita la sua volonta, se non gli presenta un interesse personale. Ora<br />
ogni eccitamento persistente della volonta e, per lo meno, di natura mista, quindi combinato<br />
col dolore. I giuochi di carte, occupazione abituale della buona societa di ogni paese6, sono<br />
un mezzo per eccitare intenzionalmente la volonta, e cio mediante interessi tanto minimi<br />
che non possono che occasionare dolori momentanei e leggeri, non gia dolori permanenti e<br />
seri: cosicche si puo considerarli come un semplice solletico della volonta. L fuomo dotato<br />
di forze intellettuali predominanti, invece e capace d finteressarsi vivamente alle cose per<br />
via dell fintelligenza pura, senza immistione alcuna del volere; ne prova anzi il bisogno.<br />
Tale interesse lo trasporta allora in una regione in cui il dolore e essenzialmente straniero,<br />
nell fatmosfera per cosi dire, degli dei dalla vita facile, ƒ¦ƒÃ.ƒË ƒÏƒÃ.ƒ¿ ƒÄƒÖ.ƒËƒÑƒÖƒË. Mentre<br />
l fesistenza del resto degli uomini passa cosi nel torpore, e che i sogni e le aspirazioni di essi<br />
sono dirette verso i meschini interessi del benessere personale colle loro miserie d fogni<br />
sorte; mentre una noia insopportabile li coglie appena non sono piu occupati a coltivare tali<br />
progetti, e che restano ridotti a se stessi; mentre l fardore selvaggio della passione puo solo<br />
scuotere questa massa inerte, l fuomo dotato di facolta intellettuali preponderanti possiede<br />
un fesistenza ricca di pensieri, sempre animata, e sempre importante; oggetti degni ed<br />
5 La natura va elevandosi costantemente dall fazione meccanica e chimica del regno inorganico fino al<br />
regno vegetale nella sua tacita soddisfazione di se stessa; di qui al regno animale con cui si mostra l faurora<br />
dell fintelligenza e della coscienza; poi, partendo da questi deboli principi, sale di grado in grado sempre<br />
piu<br />
alto per arrivare finalmente con un ultimo e supremo sforzo all fuomo, nel cui intelletto raggiunge il punto<br />
culminante e lo scopo delle sue creazioni, dando cosi quanto essa puo produrre di piu perfetto e di piu
difficile. Tuttavia pur nella specie umana, l fintelletto presenta ancora delle graduazioni numerose e<br />
sensibili, e<br />
molto di raro arriva fino al grado piu elevato, sino all fintelligenza effettivamente superiore. Questa<br />
dunque,<br />
nel senso piu ristretto e piu rigoroso, e il prodotto piu difficile, il prodotto supremo della natura; e quindi<br />
essa<br />
e cio che il mondo puo offrire di piu raro e di piu prezioso, si e in una tale intelligenza che appare la<br />
conoscenza piu lucida e che il mondo si riflette quindi piu chiaramente e piu completamente che altrove.<br />
Sicche l fessere che ne e dotato possede cio che v fha di piu nobile e di piu squisito sulla terra, una<br />
sorgente di<br />
piacere al cui confronto tutte le altre sono meschinissime, talmente che egli non avra a chiedere al mondo<br />
esterno se non agi per godere del suo bene senza molestie, e per finire la sfaccettatura del suo diamante.<br />
Perocche tutti gli altri piaceri, non intellettuali, sono di natura volgare; essi tutti hanno in vista movimenti<br />
della volonta, quali desideri, speranze, timori, aspirazioni realizzate, qualunque ne sia la natura; tutto<br />
questo<br />
non puo compiersi senza dolori, ed inoltre, una volta raggiunto lo scopo, s fincontrano d fordinario<br />
disinganni<br />
in maggior o minor numero secondo il caso; mentre nelle gioje intellettuali la verita si presenta sempre piu<br />
chiara. Nel dominio dell fintelligenza non regna alcun dolore! tutto e cognizione. Ma i piaceri intellettuali<br />
non<br />
sono accessibili all fuomo che per la via e nella misura dell fintelligenza. Perche átutto lo spirito che v fha<br />
al<br />
mondo e inutile a chi non ne possede. â Tuttavia uno svantaggio non manca mai d faccompagnare questo<br />
privilegio ed e che in tutta la natura, la facilita ad esser impressionato dal dolore aumenta nel tempo stesso<br />
che<br />
si alza il grado dell fintelligenza, e che in conseguenza essa arrivera al suo massimo nell fintelligenza piu<br />
elevata. (Nota di Schopenhauer).<br />
6 La volgarita consiste in sostanza nel fatto che il volere la vince totalmente, nella coscienza,<br />
sull fintelletto, per cui le cose arrivano ad un tal punto che l fintelletto non appare piu che per il servizio<br />
della<br />
volonta: quando questo servizio non reclama intelligenza, quando non esistono motivi ne piccoli, ne grandi,<br />
l fintelletto cessa completamente, e sopraggiunge una vacuita assoluta di pensieri. Ora il volere sprovvisto
d fintelletto e cio che v fha di piu basso; ogni tronco lo possede e lo manifesta, non foss faltro quando<br />
cade. Si e<br />
dunque un tale stato che costituisce la volgarita. In essa gli organi dei sensi ed una minima attivita<br />
intellettuale, necessari a fermare i loro dati, rimangono soli in azione; ne risulta che l fuomo volgare resta<br />
sempre aperto a tutte le impressioni, e percepisce istantaneamente tutto quanto succede intorno a lui, al<br />
punto<br />
che il suono piu leggero per esempio, o qualunque circostanza per quanto insignificante, sveglia tosto la sua<br />
attenzione, proprio come succede negli animali. Tutto cio apparisce dal suo viso e dal suo esteriore, ed e da<br />
cio che proviene l fapparenza volgare, apparenza la cui impressione e tanto piu ributtante in quanto che,<br />
come<br />
succede molto spesso, la volonta, la quale allora occupa tutta la coscienza, e bassa, egoista e cattiva. (Nota<br />
di<br />
Schopenhauer).<br />
21<br />
interessanti lo occupano non appena ha l fagio di darsi a loro, ed ei porta con se una<br />
sorgente di gioie le piu nobili. L fimpulso esterno gli e fornito dalle opere della natura e<br />
dall faspetto dell fattivita umana, ed inoltre dalle produzioni cosi svariate delle menti piu<br />
elevate di tutti i tempi e paesi, produzioni che egli solo puo realmente gustare per intero,<br />
perche egli solo e capace di comprenderli e di sentirli interamente. Si e dunque per lui, in<br />
realta, che costoro hanno vissuto; si e dunque a lui, in fatto, che essi hanno indirizzato le<br />
loro parole, mentre gli altri, come uditori d foccasione, non comprendono che qualche poco<br />
qua e la, e solamente a mezzo, E certo che appunto per questo l fuomo superiore acquista un<br />
bisogno di piu che gli altri uomini, il bisogno d fimparare, di vedere, di studiare, di<br />
meditare, di applicarsi; il bisogno quindi di aver tempo disponibile. Ora, come Voltaire ha<br />
giustamente osservato, non essendovi veri piaceri se non in seguito a veri bisogni, questo<br />
bisogno dell fuomo intelligente e precisamente la condizione che mette alla sua portata<br />
piaceri il cui accesso resta interdetto per sempre agli altri; per costoro le bellezze della<br />
natura e dell farte, le opere dell fintelletto d fogni specie, anche quando se ne circondano, non<br />
sono in fondo se non cio che le cortigiane sono per un vecchio. Un ente cosi privilegiato, a<br />
lato della sua vita personale, vive d funa seconda esistenza, d funa esistenza intellettuale che
arriva grado a grado ad essere il suo vero scopo, l faltra non essendo piu considerata che<br />
come mezzo; per il resto degli uomini si e la loro stessa esistenza, insipida, vuota e desolata<br />
che deve loro servire di scopo. La vita intellettuale sara l foccupazione principale dell fuomo<br />
superiore; aumentando senza mai cessare il suo tesoro di senno e di scienza, essa cosi<br />
acquista costantemente una connessione ed una gradazione, una unita ed una perfezione<br />
sempre piu spiccate, come un fopera d farte in via di formazione. In cambio che penoso<br />
contrasto fa con questa la vita degli altri, puramente pratica, diretta solo al benessere<br />
personale, vita che non ha aumento possibile se non in lunghezza senza poter guadagnare in<br />
profondita, e destinata nondimeno a servir loro di scopo per se stessa, mentre per l faltro<br />
essa e un semplice mezzo!<br />
La nostra vita pratica, reale, dal momento che le passioni non la tengono in<br />
agitazione, e noiosa e scipita; quando esse la turbano diventa ben presto dolorosa; si e per<br />
questo che sono felici solamente coloro cui e toccato in sorte una somma d fintelletto<br />
eccedente quella misura che il servizio della loro volonta reclama. Cosi a lato della vita<br />
effettiva essi possono vivere d funa vita intellettuale che li occupa e li ricrea senza dolore, e<br />
tuttavia con vivacita. Il semplice agio, vale a dire un intelletto non occupato al servizio<br />
della volonta, non basta, abbisogna per cio un eccedente positivo di forza che solo ci rende<br />
atti ad un foccupazione puramente spirituale e non legata al servizio della volonta. Per lo<br />
contrario l fozio senza lo studio e morte e sepolcro dell fuomo vivo (Seneca, Ep. 82). Nella<br />
misura di questo eccedente, la vita intellettuale esistente a lato della vita reale presentera<br />
gradazioni innumerevoli, dai lavori del raccoglitore che descrive insetti, uccelli, minerali,<br />
monete, ecc., fino alle piu alte produzioni della poesia e della filosofia.<br />
Una tal vita intellettuale protegge non soltanto contro la noia, ma anche contro le sue<br />
perniciose conseguenze. Essa infatti ripara dalla cattiva compagnia e dai molti pericoli,<br />
disgrazie, perdite, e dissipazioni a cui si espone chi cerca interamente la sua felicita nella<br />
vita reale. Volendo parlare di me, per esempio, diro che la mia filosofia non m fha fruttato,<br />
ma mi ha risparmiato molto.<br />
L fuomo normale invece o limitato, nei piaceri della vita, alle cose esterne, quali le
icchezze, il grado, la famiglia, gli amici, la societa, ecc.; su esse egli stabilisce la felicita<br />
della sua vita, cosicche tale felicita crolla, quando le perde, o quando incontra qualche<br />
disinganno. Per disegnare questo stato dell findividuo possiamo dire che il suo centro di<br />
gravita cade fuori di lui. Si e per cio che le sue voglie ed i suoi capricci sono sempre<br />
variabili: quando i suoi mezzi glielo permettono ei comprera talora una villa, talora dei<br />
cavalli, oppure dara feste, poi intraprendera dei viaggi, ma sopra tutto condurra una vita<br />
fastosa, e tutto cio precisamente perche cerca, non importa dove, una soddisfazione che<br />
22<br />
venga dal di fuori; cosi un uomo consumato spera trovare nel brodetto e nelle droghe di<br />
farmacia la salute ed il vigore la cui vera fonte e la forza vitale propria. Per non passare<br />
immediatamente all festremo opposto, prendiamo ora un uomo dotato di una potenza<br />
intellettuale che senza esser eminente, oltrepassi tuttavia la misura ordinaria e strettamente<br />
sufficente. Vedremo quest fuomo, quando le sorgenti esterne dei piaceri venissero a<br />
mancare o piu non lo soddisfacessero, coltivare da dilettante qualche ramo delle belle arti,<br />
oppure qualche scienza, come la botanica, la mineralogia, la fisica, l fastronomia, la storia,<br />
ecc., e trovarvi un gran fondo di piacere e di ricreazione. A questo titolo possiamo dire che<br />
il suo centro di gravita cade gia in parte dentro di lui. Ma il semplice dilettantismo<br />
nell farte e ancora ben lontano dalla facolta creatrice; d faltra parte le scienze non<br />
oltrepassano i rapporti dei fenomeni tra loro, esse non possono assorbire l fuomo tutto<br />
intero, colmare tutto il suo essere, ne per conseguenza intrecciarsi cosi strettamente nel<br />
tessuto della sua esistenza da renderlo incapace di prender interesse a tutto il resto. Cio<br />
resta riservato esclusivamente alla suprema altezza intellettuale, a quell faltezza che si<br />
chiama comunemente genio; essa sola puo prender per tema, interamente ed assolutamente,<br />
l fesistenza e l fessenza delle cose; dopo di che tende, secondo la sua direzione individuale,<br />
ad esprimere i suoi profondi concetti coll farte, colla poesia o colla filosofia.<br />
Non e che per un uomo di tal tempra che l foccupazione permanente con se stesso, coi<br />
suoi pensieri e colle sue opere riesce un bisogno irresistibile; per lui la solitudine e la ben<br />
venuta, gli agi sono il bene supremo; in quanto al resto egli puo farne senza, e quando lo
possede esso gli doventa ben di frequente un peso. Di quest fuomo possiamo dire che il suo<br />
centro di gravita cade tutto intero dentro di lui. Questo ci spiega nello stesso tempo come<br />
succede che tali uomini d funa specie cosi rara non portano ai loro amici, alla loro famiglia,<br />
al bene pubblico, l finteresse intimo ed illimitato di cui molti fra gli altri sono capaci,<br />
perocche alla fin fine essi possono farne a meno possedendo se stessi. Esiste adunque di piu<br />
in essi un elemento isolante, la cui azione e tanto piu energica in quanto che gli altri uomini<br />
non possono soddisfarli pienamente; cosi essi non saprebbero vedere affatto negli altri degli<br />
eguali, ed anzi, sentendo continuamente la dissomiglianza della loro natura in tutto e da per<br />
tutto, si abituano adagio adagio ad essere fra gli umani come individui di una specie<br />
differente, ed a servirsi, quando le loro riflessioni si portano su di essi, della terza persona<br />
plurale in luogo della prima.<br />
Considerato sotto un tal punto di vista l fuomo il piu felice sara dunque colui che la<br />
natura ha riccamente dotato dal lato intellettuale, tanto cio che e in noi ha piu importanza di<br />
cio che e al di fuori; questo, vale a dire l foggettivo, in qualunque modo agisca, non agisce<br />
mai se non per l fintermediario dell faltro, vale a dire del soggettivo; l fazione dell foggettivo<br />
e quindi secondaria. E quanto espresse in bei versi Luciano: La ricchezza dell fanima e la<br />
sola vera ricchezza; tutti gli altri beni sono fecondi di dolori (Ant. I, 67).<br />
Un uomo ricco siffattamente all finterno non domanda al mondo esteriore che un dono<br />
negativo, cioe gli agi per poter perfezionare e sviluppare le facolta del suo spirito, e per<br />
poter godere delle sue ricchezze interne; ei reclama dunque unicamente la liberta di potere,<br />
per tutta la sua vita esser se stesso ogni giorno, ed ogni ora. Per l fuomo destinato ad<br />
imprimere la traccia del suo spirito sull fumanita intera, non esistono che una sola felicita ed<br />
una sola infelicita, e sono di poter perfezionare il suo ingegno e completar le sue opere,<br />
oppure esserne impedito. Tutto il resto per lui non ha importanza. Ed e per questo che<br />
vediamo le grandi menti d fogni epoca attribuire il prezzo piu alto agli agi, perocche tanto<br />
vale l fuomo, tanto valgono i suoi agi. Credo invero che la felicita stia negli agi (ozii), dice<br />
Aristotele (Mor. a Nic. X, 7). Anche Diogene Laerzio riporta che Socrate vantava gli agi<br />
come la piu bella ricchezza (II, 5, 31). Si e sempre cio che intende Aristotele (Mor. a Nic.
X, 7, 8, 9), quando dichiara che la piu bella vita e quella del filosofo. Egli dice egualmente<br />
nella Politica (IV, 11): Esercitare liberamente il proprio genio, ecco la vera felicita. E<br />
23<br />
Goethe nel Wilhelm Meister; Chi e nato con un genio, per un genio, trova in esso la sua<br />
piu bella esistenza.<br />
Ma posseder agi non e solo fuori della sorte ordinaria, ma anche fuori della natura<br />
ordinaria dell fuomo, perocche sua destinazione naturale si e d fimpiegare il suo tempo ad<br />
acquistare il necessario per la esistenza sua e per quella della famiglia. Egli e figlio della<br />
miseria, non un fintelligenza libera. Cosi gli ozi riescono ben presto ad essere di peso, poi si<br />
fanno tortura per l fuomo ordinario dal momento che egli non puo occuparli con mezzi<br />
artificiali e fittizi d fogni specie, coi giuochi, con passatempi, e con bagattelle d fogni forma.<br />
Anzi per questo gli ozi gli procurano anche dei danni, perocche si e detto con ragione:<br />
ádifficilis in otio quies â e difficile esser tranquilli nell fozio. D faltra parte pero una<br />
intelligenza che oltrepassi di molto la misura normale e parimenti un fenomeno<br />
straordinario, quindi contro natura. Tuttavia, quando essa e data, l fuomo che ne e fornito,<br />
per trovare la felicita, ha precisamente bisogno di quegli agi che per gli altri sono qualche<br />
volta importuni e qualche volta funesti; in quanto a lui, senza agi sara un Pegaso sotto il<br />
giogo; in una parola sara infelice. Nondimeno se queste due anomalie, l funa esterna e l faltra<br />
interna, si trovano riunite, la loro unione produce un caso di suprema felicita, perocche<br />
l fuomo cosi favorito condurra allora una vita d fun ordine superiore, la vita d fun essere<br />
sottratto alle due sorgenti opposte dei dolori umani; il bisogno e la noia; che egli e del pari<br />
sollevato e dalla cura penosa di affaccendarsi per provvedere alla sua esistenza e<br />
dall fincapacita di sopportare gli ozi (vale a dire l fesistenza libera propriamente detta);<br />
altrimenti un uomo non puo scappare da questi due mali se non se per il fatto che essi si<br />
neutralizzino e si annullino reciprocamente.<br />
Di fronte a tutto cio che precede, bisogna considerare d faltra parte che, in seguito ad<br />
un fattivita preponderante dei nervi, le grandi facolta intellettuali producono un aumento<br />
eccessivo dell fattitudine a sentire il dolore sotto tutte le forme; che inoltre il temperamento
passionato che ne e la condizione, come pure la vivacita e la perfezione piu grande di ogni<br />
percezione, che ne sono inseparabili, danno alle emozioni cosi prodotte una violenza senza<br />
confronto piu forte; ora si sa che le emozioni dolorose sono molto piu frequenti che le<br />
piacevoli; finalmente bisogna anche ricordare che le alte facolta intellettuali fanno di chi le<br />
possiede un uomo straniero agli altri uomini ed alle loro agitazioni, visto che piu questi<br />
possede in se stesso, meno puo trovare in altrui. Mille oggetti per i quali costoro prendono<br />
un piacere infinito, a lui sembrano insipidi e ripugnanti. Forse in tal maniera la legge di<br />
compensazione che regna dovunque, domina egualmente qui pure. Non si e forse preteso<br />
bene spesso e non senza qualche apparenza di ragione, che in fondo l fuomo piu povero di<br />
spirito e il piu felice? Comunque si sia, nessuno gl finvidiera questa felicita. Io non voglio<br />
antecipare sul lettore per la soluzione definitiva di tale questione, tanto piu perche Sofocle<br />
stesso ha espresso su cio giudizi diametralmente opposti: Il sapere e di molto la porzione<br />
piu considerevole della felicita (Antigone). Un faltra volta disse: La vita del saggio non e la<br />
piu piacevole (Ajace). I filosofi dell fAntico Testamento non vanno meglio d faccordo tra<br />
loro; Gesu, figlio di Sirac, ha detto: La vita dello stolto e peggior della morte (22, 12);<br />
l fEcclesiaste invece (1, 18): Dove molta sapienza, ivi molto dolore.<br />
Frattanto ci tengo a ricordar qui che cio che si disegna piu particolarmente con una<br />
parola propria esclusivamente della lingua tedesca, Philister (borghese, droghiere, filisteo),<br />
si e precisamente l fuomo che, in seguito alla misura limitata e strettamente sufficente delle<br />
sue forze intellettuali, non ha bisogni spirituali; tale espressione appartiene alla vita da<br />
studenti, ed e stata messa in uso piu tardi in un rispetto piu elevato, ma analogo ancora al<br />
suo senso primitivo, per qualificare colui che e l fopposto d fun figlio delle Muse, vale a dire<br />
un uomo affatto prosaico. Costui infatti e e resta l fƒ¿ƒÊƒÍƒÒƒÐƒÍ. ƒ¿ƒËƒÅƒÏ (l fuomo non iniziato alle<br />
Muse). Ponendomi ad un punto di vista piu alto ancora vorrei definire i filistei dicendo che<br />
sono gente costantemente occupata, e cio colla piu gran serieta del mondo, d funa realta che<br />
non e realta. Ma questa definizione, gia d funa natura trascendentale, non sarebbe in<br />
24<br />
armonia col punto di vista popolare a cui mi son messo in questa dissertazione; potrebbe
quindi non esser compresa da tutti i lettori. La prima invece ammette piu facilmente un<br />
commento specifico, e disegna abbastanza l fessenza e la radice delle proprieta<br />
caratteristiche tutte del filisteo. Costui e dunque, come dicemmo, un uomo senza bisogni<br />
spirituali.<br />
Da cio derivano molte conseguenze: la prima, in rapporto a lui stesso, si e che non<br />
avra mai gioje spirituali, secondo la massima gia citata che non vi sono veri piaceri se non<br />
con veri bisogni. Nessuna aspirazione ad acquistar conoscenze e giudizi nuovi per le cose in<br />
se stesse anima la sua esistenza: e nessuna aspirazione ai piaceri estetici, perocche queste<br />
due aspirazioni sono strettamente legate assieme. Quando la moda o qualche altro stimolo<br />
gl fimpone tali piaceri ei se ne sbriga nel modo piu breve possibile, come un galeotto si<br />
sbriga del suo lavoro forzato. Soli piaceri per lui sono i sensuali, su di essi egli prende il suo<br />
compenso. Mangiar ostriche, bever vino di Champagne, ecco per lui l fapice dell fesistenza;<br />
procurarsi tutto quanto contribuisce al benessere materiale, ecco lo scopo della sua vita.<br />
Troppo felice quando tale scopo lo occupa abbastanza! Perocche se questi beni gli sono<br />
stati gia concessi antecipatamente, ei diventa preda della noia; per cacciarla prova tutto cio<br />
che si puo immaginare; balli, teatri, societa, giuochi di carte, giuochi d fazzardo, cavalli,<br />
donne, ebbrezza, viaggi, ecc. E nullameno tutto questo non basta quando l fassenza di<br />
bisogni intellettuali rende impossibili i piaceri dello spirito. Cosi una serieta fosca e secca,<br />
molto simile a quella dell fanimale, e propria del filisteo e lo caratterizza. Niente lo diverte,<br />
niente lo scuote, niente risveglia il suo interesse. I piaceri materiali sono presto esauriti; la<br />
societa, composta di filistei suoi pari, gli viene ben tosto a noia; il giuoco delle carte finisce<br />
collo stancarlo. Gli restano rigorosamente parlando le soddisfazioni della vanita alla sua<br />
maniera: esse consisteranno a sorpassare gli altri nelle ricchezze, nel grado, nell finfluenza o<br />
nel potere, cio che allora gli vale la loro stima; oppure anche ei cerchera di potersi almeno<br />
fregare intorno a coloro che brillano per tali vantaggi, e di riscaldarsi ai riflessi del loro<br />
splendore (in inglese questo si chiama snob).<br />
La seconda conseguenza che risulterebbe dalla proprieta fondamentale che abbiamo<br />
riscontrata nel filisteo, si e che in rapporto agli altri, siccome e privo di bisogni intellettuali,
e limitato ai soli materiali, cerchera gli uomini che potranno soddisfare questi ultimi, e non<br />
coloro che potrebbero provvedere ai primi. Sicche non sono certamente le alte qualita<br />
intellettuali che chiede loro; che anzi quando le incontra eccitano la sua antipatia, e<br />
fors fanche il suo odio, perocche ei non prova in loro presenza se non un sentimento<br />
importuno d finferiorita ed un finvidia sorda, secreta, che nasconde colla piu gran cura, che<br />
cerca di dissimulare a se stesso, ma che giusto per questo cresce talora fino ad una rabbia<br />
muta. Non e mica sulle facolta dello spirito che costui pensera mai a misurare la sua stima o<br />
la sua considerazione; ei le riservera esclusivamente al grado ed alla ricchezza, al potere ed<br />
all finfluenza, cose che passano a f suoi occhi come le sole qualita vere, le sole in cui puo<br />
aspirare di eccellere. E tutto cio perche il filisteo e un uomo privo di bisogni intellettuali. Il<br />
suo estremo soffrire deriva dal fatto che le idealita non gli portano alcun divertimento, e<br />
che, per sfuggire la noia, ei deve sempre ricorrere alle realta. Ora queste da una parte sono<br />
ben presto esaurite, ed allora in luogo di far piacere, stancano; e dall faltra portano con se<br />
sciagure d fogni fatta, mentre le idealita sono inesauribili e per se stesse innocue.<br />
In tutta questa dissertazione sulle condizioni personali che contribuiscono alla nostra<br />
felicita, ebbi in vista le qualita fisiche, e principalmente le qualita intellettuali. Si e nella<br />
mia memoria sul Fondamento della morale ( ˜ 22) che ho esposto come la perfezione<br />
morale, a sua volta, influisca direttamente sulla felicita: a quest fopera invito il lettore.<br />
_____<br />
25<br />
CAPITOLO III.<br />
___<br />
Di cio che si ha.<br />
Epicuro, il grande maestro di felicita, ha mirabilmente e giudiziosamente diviso i<br />
bisogni umani in tre classi. Primo, i bisogni naturali e necessari: quelli che non soddisfatti<br />
producono dolore; essi dunque non comprendono che il victus e l famictus (cibo e vesti).<br />
Sono facili da soddisfare. . Secondo, i bisogni naturali, ma non necessari: cioe il bisogno<br />
di soddisfazione sessuale, quantunque Epicuro non lo dica nell fopera di Diogene Laerzio
(del resto riproduco qui, in generale, tutta questa dottrina leggermente modificata e<br />
corretta). Tale bisogno e gia piu difficile da soddisfare. . Terzo, quelli che non sono ne<br />
naturali, ne necessari: e sarebbero i bisogni del lusso, dell fabbondanza, del fasto e della<br />
splendidezza; il loro numero e infinito, e la loro soddisfazione molto difficile (Vedi<br />
Diogene Laerzio L. X, c. 27, ˜ 149 e 127; . Cicerone, De fin. I, 13).<br />
Il limite dei nostri desideri ragionevoli riferendosi ai beni di fortuna, e difficile, se<br />
non impossibile, determinarlo. Perocche la soddisfazione di ciascuno a tale riguardo si<br />
fonda non sopra una quantita assoluta, ma sopra una quantita relativa, vale a dire sul<br />
rapporto tra le sue brame e le sue ricchezze; cosi queste ultime, considerate in se stesse,<br />
sono tanto prive di significato quanto il numeratore di una frazione senza denominatore. La<br />
mancanza di beni a cui un uomo non ha mai sognato d faspirare, non puo affatto privarlo di<br />
qualche cosa; ei sara perfettamente pago senza di essi, mentre un altro che possede cento<br />
volte di piu si sentira infelice perche gli manca il solo oggetto che brama. Ciascuno ha pure,<br />
riguardo i beni a cui gli e permesso aspirare, un orizzonte tutto proprio, e le sue pretese non<br />
vanno oltre i limiti di quest forizzonte. Quando un oggetto, collocato entro questi limiti, gli<br />
si presenta in modo ch fei possa esser certo di raggiungerlo, si trovera felice; al contrario si<br />
sentira infelice se, sopravvenendo ostacoli, tale prospettiva gli e tolta. Cio che e posto al di<br />
la non ha alcuna azione su di lui. Si e per questo che la immensa fortuna del ricco non da<br />
molestia al povero, e per questo pure, d faltra parte, che tutte le ricchezze gia possedute non<br />
consolano il ricco quando e deluso in un faspirazione. (La ricchezza e come l facqua salata:<br />
piu se ne beve, piu cresce la sete; lo stesso succede della gloria).<br />
Il fatto che dopo la perdita della ricchezza o dell fagiatezza, appena vinto il primo<br />
dolore, il nostro umore abituale non sara molto diverso da quello che era per lo avanti, si<br />
spiega riflettendo che, il fattore del nostro avere essendo stato diminuito dalla sorte,<br />
riduciamo subito, da noi stessi, considerevolmente il fattore delle nostre pretese. Ecco dove<br />
sta quanto havvi di veramente doloroso in una disgrazia; una volta compiuta questa<br />
operazione, il dolore si fa sempre meno sensibile, e finisce collo sparire; la piaga si<br />
cicatrizza. Nell fordine inverso, in presenza d fun avvenimento felice, il peso che comprime
le nostre pretese s finnalza e permette loro di dilatarsi: in cio consiste il piacere. Ma questo<br />
pure non dura che il tempo necessario perche l foperazione si compia; noi ci avvezziamo poi<br />
alla scala cosi aumentata delle pretese, e diveniamo indifferenti al possesso corrispondente<br />
della ricchezza. E quanto esprime un passo di Omero (Odissea, XVIII, 130-137) di cui<br />
presentiamo gli ultimi versi: Tale invero e lo spirito degli uomini terrestri, simile ai giorni<br />
mutevoli che adduce il padre degli uomini e degli dei.<br />
La fonte dei nostri dispiaceri sta negli sforzi da noi sempre rinnovati per elevare il<br />
fattore delle aspirazioni, mentre l faltro fattore colla sua immobilita vi si oppone.<br />
Non bisogna stupirsi di vedere, nella specie umana, povera e piena di bisogni, la<br />
ricchezza piu altamente e piu sinceramente apprezzata, fors fanco piu venerata, di qualunque<br />
26<br />
altra cosa; il potere stesso non e tenuto in conto se non perche conduce alla fortuna; e<br />
neppure bisogna maravigliarsi nel vedere gli uomini metter da parte, o passar sopra a<br />
qualunque considerazione quando si tratta d facquistar ricchezze, nel veder per esempio i<br />
professori di filosofia far buon mercato della loro scienza per guadagnar danaro. Si fa<br />
spesso rimprovero agli uomini di volgere i loro voti specialmente al danaro e di amarlo piu<br />
d fogni altra cosa al mondo. Pure e ben naturale, quasi inevitabile, di amare cio che, simile<br />
ad un Proteo instancabile, e pronto ad assumere in ogni momento la forma dell foggetto<br />
attuale delle nostre voglie si mobili, o dei nostri bisogni si diversi. Ogni altro bene, infatti,<br />
non puo soddisfare che un solo desiderio, che un solo bisogno: le vivande hanno valore<br />
solamente per chi ha fame, il vino per chi sta bene, i medicamenti per chi e malato, una<br />
pelliccia durante l finverno, le donne per la gioventu, ecc. Tutte queste cose non sono<br />
dunque che ƒ¿ƒÁƒ¿ƒÆƒ¿ ƒÎƒÏƒÍ. ƒÑƒÇ, vale a dire relativamente buone. Il solo danaro e il bene<br />
assoluto, perche esso non provvede unicamente ad un solo bisogno áin concreto, â ma al<br />
bisogno in generale áin abstracto. â<br />
I beni di fortuna di cui si puo disporre devono dunque esser considerati come un<br />
riparo contro il gran numero di mali e di disgrazie possibili, e non come un permesso, e<br />
meno ancora come un obbligo di aversi da procurare i piaceri del mondo. Le persone che,
senza aver un patrimonio, giungono col loro ingegno, qualunque esso sia, al punto di<br />
guadagnare molto danaro, cadono quasi sempre nell fillusione di credere che il loro ingegno<br />
sia un capitale stabile, e che il danaro che frutta loro l fingegno sia per conseguenza<br />
l finteresse del detto capitale. Cosi non mettono da canto alcun poco di cio che guadagnano<br />
per farsene una rendita certa, ma spendono nella stessa misura che prendono. Ne segue che<br />
d fordinario essi cadono in miseria quando i loro guadagni ristanno o cessano<br />
completamente; infatti il loro talento stesso, passaggero di sua natura, come lo e per<br />
esempio il genio per quasi tutte le belle arti, si esaurisce, oppure le circostanze speciali o le<br />
occasioni che lo rendevano produttivo spariscono. Gli artigiani possono a tutto rigore<br />
menar una tal vita, perche la capacita richiesta per il loro mestiere non si perde facilmente,<br />
o puo esser surrogata dal lavoro dei loro operai; inoltre i loro prodotti sono oggetti di<br />
necessita il cui smercio e sempre assicurato; un proverbio tedesco dice con ragione: áEin<br />
Handwerk hat einen goldenen Boden7 â vale a dire un buon mestiere vale molto oro.<br />
Cosi non avviene degli artisti e dei virtuosi d fogni specie. Ed e giusto per questo che<br />
sieno pagati a prezzi cosi alti; ma anche per la stessa ragione dovrebbero essi capitalizzare<br />
il danaro che guadagnano; nella loro presunzione lo considerano invece come se non fosse<br />
che l finteresse e vanno incontro cosi alla loro rovina.<br />
In cambio la gente che possiede un patrimonio sa molto bene fin da principio<br />
distinguere tra capitale ed interessi. Sicche la maggior parte cerchera d finvestire il suo<br />
capitale nel modo piu sicuro, ne lo rosicchiera in alcun caso, anzi riservera, possibilmente,<br />
sugl finteressi l fottava parte almeno per prevenire ad una crisi eventuale. Costoro si<br />
mantengono cosi soventi volte nell fagiatezza. Niente di quanto diciamo si applica ai<br />
commercianti; per essi il danaro e per se stesso l fistromento del guadagno, l futensile di<br />
professione per cosi dire: d fonde segue che anche quando lo hanno acquistato col loro<br />
lavoro, cercheranno nel suo impiego i mezzi di conservarlo e di aumentarlo. Cosi la<br />
ricchezza e abituale in questa classe piu che in qualunque altra.<br />
In generale, si trovera che ordinariamente quelli che hanno gia lottato colla vera<br />
miseria e col bisogno, li temono incomparabilmente meno, e sono piu portati alla
dissipazione di coloro che non conoscono questi mali se non per averne sentito parlare. Alla<br />
prima categoria appartengono tutti coloro che; non importa per qual colpo della sorte, o per<br />
qualunque talento speciale, sono passati rapidamente dalla poverta all fagiatezza; alla<br />
seconda quelli che, nati con beni di fortuna, li hanno conservati. Costoro stanno in<br />
apprensione per l favvenire piu dei primi e sono piu economi. Se ne potrebbe dedurre che il<br />
7 Letterale: Un mestiere ha un fondo d foro.<br />
27<br />
bisogno non e cosa tanto brutta come sembrerebbe visto da lontano. Pero la ragione vera<br />
dev fessere piuttosto la seguente: all fuomo nato con un patrimonio, la ricchezza appare<br />
come qualche cosa d findispensabile, come l felemento della sola esistenza possibile, allo<br />
stesso titolo dell faria; cosi ei ne avra cura come della sua vita istessa, e sara, in generale,<br />
ordinato, previdente ed economo. Al contrario a colui che fin dalla nascita visse in poverta,<br />
si e questa che sembrera la condizione naturale; le ricchezze che gli potranno toccare piu<br />
tardi, non importa come, gli pareranno un superfluo, buono solo per goderne e farne<br />
baldoria; egli dira a se stesso che quando saranno nuovamente sparite, sapra cavarsela senza<br />
di esse come per lo avanti, e che, per per di piu, sara sollevato da un fastidio. E proprio il<br />
caso di dire con Shakespeare: Bisogna che il proverbio si verifichi: il mendicante a cavallo<br />
fa galoppare la bestia fino alla morte (Enrico VI, P. 3, A. 1).<br />
Aggiungiamo ancora che questa gente possede, non tanto nella testa quanto nel cuore,<br />
una ferma ed eccessiva confidenza da una parte nella sua buona fortuna e dall faltra nelle<br />
sue proprie risorse, che le hanno di gia dato aiuto per cavarsi dalle strettezze e<br />
dall findigenza; questa gente non considera la miseria, come fanno i ricchi di nascita, quale<br />
un abisso senza fine, ma la crede un basso-fondo che basta battere col piede per rimontarne<br />
alla superficie. Con questa stessa particolarita umana si puo spiegare perche le donne,<br />
povere prima del loro matrimonio, sieno molto spesso piu esigenti e piu prodighe di quelle<br />
che hanno portato con se una grossa dote; infatti, quasi sempre, le ragazze ricche non<br />
possedono solamente beni di fortuna, ma anche uno zelo, o, per cosi dire, un certo istinto<br />
ereditario di conservarli che fa difetto alle povere. Tuttavia coloro che volessero sostenere
la tesi opposta troveranno autorita nella satira prima dell fAriosto; in cambio il dottor<br />
Johnson si mette dalla parte mia: áUna donna ricca, essendo abituata a maneggiar monete,<br />
le spende con giudizio; ma quella che per il suo matrimonio si trova per la prima volta in<br />
possesso della ricchezza, trova tanto gusto nello spendere che getta il danaro con grande<br />
profusione. â (Vedi Boswell, life of Johnson, vol. III, pag. 199, ediz. del 1821). Io<br />
consiglierei per ogni evento, a chi sposa una ragazza povera, di affidarle non gia un<br />
capitale, ma una semplice rendita, e sopratutto di vegliare perche il patrimonio dei figli non<br />
cada nelle sue mani.<br />
Non credo proprio far cosa indegna della mia penna raccomandando qui la cura di<br />
conservar la propria fortuna, guadagnata od avuta in eredita; perocche e un vantaggio<br />
inapprezzabile il possedere tutta fatta una sostanza quand fanche essa non bastasse a<br />
lasciarci vivere agiatamente solo e senza famiglia, in una vera indipendenza, vale a dire<br />
senza aver bisogno di lavorare; ecco cio che costituisce il privilegio che affranca dalle<br />
miserie e dai tormenti propri della vita umana; ecco l femancipazione della servitu generale<br />
che e il destino dei figli della terra. Non e che con questo favore della sorte che siamo<br />
veramente uomini nati liberi; a questa sola condizione si e realmente sui juris, padroni del<br />
proprio tempo e delle proprie forze, e si potra dire ogni mattina: La giornata m fappartiene.<br />
Sicche tra chi ha una rendita di mille scudi e chi ne ha una di centomila la differenza e<br />
infinitamente piu piccola che tra il primo e chi non ha nulla. Ma la fortuna patrimoniale<br />
arriva al suo piu alto valore quando tocca a colui che, dotato di forze intellettuali superiori,<br />
intende ad uno scopo la cui realizzazione non mira ad un lavoro per vivere; messo in tali<br />
condizioni quest fuomo e doppiamente dotato dalla sorte; ei puo ora vivere a suo genio, e<br />
paghera al centuplo il suo debito all fumanita producendo cio che nessun altro potrebbe<br />
produrre, e creando cose che formeranno il bene e nello stesso tempo l fonore della<br />
comunita umana. Un altro, posto in una situazione altrettanto favorevole, sara benemerito<br />
dell fumanita per le sue opere filantropiche. Quanto a chi possedendo un patrimonio, non<br />
produce alcunche di simile, in qualunque misura si sia, fosse pure a titolo di saggio, o che<br />
con studi seri non si crea almeno la possibilita di far progredire una scienza, costui non e
che un fannullone spregievole. E nemmeno questi sara felice perche il fatto d fesser liberato<br />
dal bisogno lo trasporta all faltro polo della miseria umana, alla noia, che lo tortura in tal<br />
28<br />
maniera ch fei sarebbe assai piu contento se il bisogno gli avesse imposto un foccupazione.<br />
La noia lo fara cadere piu facilmente in quelle stravaganze che gli toglieranno la fortuna di<br />
cui non e degno. In realta una folla di persone non e nell findigenza se non per aver speso il<br />
suo danaro, finche ne aveva, a fine di procurarsi un sollievo momentaneo alla noia che la<br />
opprimeva.<br />
Le cose succedono in tutt faltro modo quando lo scopo a cui si tende e quello di<br />
elevarsi altamente nel servizio dello Stato; quando si tratta, per conseguenza, d facquistare<br />
favore, amici, relazioni per mezzo dei quali potersi alzare di grado in grado e giungere forse<br />
un giorno ai posti piu eminenti: in tal caso val meglio, in sostanza, esser venuto al mondo<br />
affatto senza beni di fortuna. Per un individuo sopratutto che non e della nobilta, e che ha<br />
qualche talento, essere un povero cialtrone costituisce un vantaggio reale ed una<br />
raccomandazione. Perocche cio che ognuno cerca ed ama anzitutto, non solo nella semplice<br />
conversazione, ma anche a fortiori nel servizio pubblico, si e l finferiorita degli altri. Ora<br />
non v fha che un pitocco che sia convinto e penetrato della sua profonda, intera,<br />
indiscutibile, onnilaterale 8 inferiorita, della sua totale dappocaggine e della sua nullita al<br />
punto voluto dalla circostanza. Un pitocco solamente si china abbastanza spesso ed<br />
abbastanza a lungo, e sa piegare la schiena a riverenze di 90 gradi ben contati; egli solo<br />
soffre tutto col sorriso sulle labbra; egli solo riconosce che i meriti non hanno alcun valore;<br />
egli solo vanta pubblicamente, ad alta voce od a grosso carattere, come capolavori le inezie<br />
letterarie dei suoi superiori, od in generale degli uomini influenti; egli solo sa l farte di<br />
mendicare; per conseguenza egli solo puo esser iniziato a tempo, vale a dire fin dalla prima<br />
giovinezza, a quella verita nascosta che Goethe ci ha svelato in questi termini: Che nessuno<br />
si lagni della bassezza, perche essa e la potenza, checche se ne dica (W. O. Divan).<br />
Chi invece ebbe dai genitori una fortuna sufficiente per vivere sara d fordinario<br />
recalcitrante; egli e uso a camminare colla testa alta; egli non ha imparato tutti questi
giuochi di flessibilita; fors fanche egli pensa di giovarsi di quel certo talento che possede e<br />
di cui dovrebbe piuttosto comprendere l finsufficienza in faccia a cio che succede con il<br />
mediocre e lo strisciante 9; egli e pure capace di notare l finferiorita di coloro che sono posti<br />
al di sopra di lui, e finalmente, quando le cose toccano l findegnita, egli doventa restio ed<br />
ombroso. Non si va avanti nel mondo cosi; alla fine potra accadergli di dire con Voltaire,<br />
quell fimpudente: Non abbiamo che due giorni da vivere, non vale la pena di passarli<br />
strisciando davanti spregevoli bricconi. Disgraziatamente, sia detto strada facendo,<br />
spregevole briccone e un attributo per il quale esiste in questo mondo un numero<br />
maledettamente grande di soggetti. Possiamo dunque vedere che cio che dice Giovenale<br />
(Sat. II, v. 164): Non facilmente emergono coloro al cui merito pone ostacolo la poverta, si<br />
applica piuttosto alla carriera delle persone eminenti che a quella degli uomini di mondo.<br />
Tra le cose che si possede non ho annoverato moglie e figli perche si e piuttosto<br />
posseduti da loro. Si potrebbe piu ragionevolmente comprendervi gli amici, ma qui pure il<br />
proprietario deve nella stessa misura essere anche proprieta dell faltro.<br />
_____<br />
8 Mi si permetta il neologismo. (Nota del Trad.).<br />
9 Mediocre et rampant nell foriginale. (N. del Trad.).<br />
29<br />
CAPITOLO IV<br />
___<br />
Di cio che si rappresenta.<br />
1. Dell fopinione altrui.<br />
Cio che rappresentiamo, o, in altri termini, la nostra esistenza nell fopinione altrui e<br />
generalmente, in conseguenza di una debolezza particolare della nostra natura, troppo<br />
apprezzata, benche la piu piccola riflessione possa insegnarci che tutto questo per se stesso<br />
non ha importanza alcuna per la nostra felicita. Sicche si dura fatica a spiegarsi la grande<br />
soddisfazione interna che prova un uomo quando s faccorge d funa prova di stima datagli<br />
dagli altri, e quando viene lusingata la sua vanita, non ne importa il come. Tanto
infallibilmente il gatto si mette a ronfare quando gli si carezza il dorso, altrettanto<br />
sicuramente si vede una dolce estasi dipingersi sulla figura dell fuomo che vien lodato,<br />
sopratutto quando la lode tocca il dominio delle sue pretese, e quand fanche essa fosse una<br />
menzogna palpabile. I segni dell fapprovazione altrui lo consolano spesso d funa sventura<br />
reale o della parsimonia colla quale stillano per lui le due fonti principali di felicita, di cui<br />
abbiamo trattato finora. Dall faltro lato fa stupore il vedere quanto egli sia infallantemente<br />
angosciato e molte volte dolorosamente ferito da ogni lesione alla sua ambizione, in<br />
qualunque senso, a qualunque grado, o sotto qualunque rapporto si sia, da ogni sdegno, da<br />
ogni trascuranza, dalla piu piccola mancanza di riguardi. Servendo di base al sentimento<br />
dell fonore, questa proprieta puo avere un finfluenza salutare sulla buona condotta di<br />
moltissime persone, a guisa di succedaneo della loro moralita; ma in quanto alla sua azione<br />
sulla felicita reale dell fuomo, e sopratutto sulla quiete dell fanimo e sull findipendenza, le<br />
due condizioni si necessarie alla felicita, essa e piuttosto perturbatrice e dannosa che<br />
favorevole. Si e per questo, che, dal nostro punto di vista, e prudente metterle un limite e,<br />
con saggie riflessioni e con un giusto apprezzamento del valore dei beni, moderare questa<br />
grande sensibilita riguardo l fopinione altrui tanto nel caso che carezzi quanto nel caso che<br />
ferisca, perocche in tutti e due pende dal medesimo filo. Altrimenti restiamo schiavi<br />
dell fopinione e del sentimento degli altri:<br />
Sic leve, sic parvum est, animum quod laudis avarum<br />
Subruit ac reficit.<br />
(Talmente tenue, talmente piccolo e cio che perturba e riconforta un fanima avida di<br />
lode).<br />
Per conseguenza un giusto apprezzamento del valore di cio che si e in se stesso e per<br />
se stesso confrontato con cio che si e solamente agli occhi altrui contribuira molto alla<br />
nostra felicita. Il primo termine del confronto comprende quanto riempie il tempo della<br />
nostra esistenza, il contenuto intimo di questa, e quindi tutti i beni che abbiamo esaminati<br />
nei capitoli intitolati Di cio che si e e Di cio che si ha. Perocche il luogo dove si trova la<br />
sfera d fazione di tutto questo e proprio la coscienza dell fuomo. Invece il luogo di tutto cio
che siamo per gli altri e la coscienza altrui; e la figura sotto la quale noi vi appariamo,<br />
come pure le nozioni che vi si riferiscono 10. Ora queste sono cose che, direttamente, non<br />
10 Le classi piu eminenti nel loro lustro, splendore e fasto, nella loro magnificenza ed ostentazione d fogni<br />
natura possono dire a se stesse: La nostra felicita e posta interamente fuori di noi; il suo luogo e nella testa<br />
30<br />
esistono affatto per noi; tutto cio non esiste che indirettamente, vale a dire se non in quanto<br />
stabilisce la condotta degli altri verso di noi. Ed anche questo non entra realmente in<br />
considerazione che in quanto influisce su cio che potrebbe modificare quello che siamo in<br />
noi e per noi stessi. Cio posto, quanto succede in una coscienza straniera ci e, a tal titolo,<br />
perfettamente indifferente, e, a nostra volta, noi vi diverremo indifferenti a misura che<br />
conosceremo abbastanza la superficialita e la futilita dei pensieri, i ristretti limiti delle<br />
nozioni, la piccolezza dei sentimenti, l fassurdita delle opinioni e il numero considerevole di<br />
errori che s fincontra nella maggior parte dei cervelli umani . a misura che impareremo per<br />
esperienza con qual disprezzo si parla, all foccasione, di ciascuno di noi quando non si teme<br />
o non si crede che lo sapremo . ma sopratutto allorquando avremo inteso una sol volta con<br />
qual disdegno una dozzina d fimbecilli parla dell fuomo il piu degno di stima.<br />
Comprenderemo allora che attribuire un alto valore all fopinione degli uomini e far loro<br />
troppo onore.<br />
In ogni caso, e proprio esser ridotti ad una meschina risorsa il non trovare la felicita<br />
nelle due classi di beni di cui abbiamo gia parlato, ed il doverla cercare in questa terza, o,<br />
con altre parole, in cio che si e non realmente, ma nell fimmaginazione altrui. In tesi<br />
generale e la nostra natura animale che costituisce la base del nostro essere, e per<br />
conseguenza anche della nostra felicita.<br />
L fessenziale per il benessere e dunque la salute, e poi i mezzi necessari al nostro<br />
mantenimento, e per conseguenza una vita libera da cure moleste. L fonore, il fasto, la<br />
grandezza, la gloria, qualunque valore si attribuisca loro, non possono entrar in concorrenza<br />
con questi beni essenziali, ne surrogarli; ben altrimenti, toccando il caso, non si esiterebbe<br />
un momento solo a cangiarli con gli altri. Sara dunque molto utile per la nostra felicita il
conoscere per tempo questo fatto cosi semplice che ognuno vive anzitutto ed effettivamente<br />
nella sua propria pelle e non nell fopinione degli altri, e che allora naturalmente la nostra<br />
condizione reale e personale, quale la determinano la salute, il temperamento, le facolta<br />
intellettuali, le rendite, la moglie, i figli, l fabitazione, ecc., e cento volte piu importante per<br />
la nostra felicita di cio che piace agli altri fare di noi. L fillusione contraria rende infelice.<br />
Esclamare con enfasi: áL fonore vale piu della vita â e dire realmente: áLa vita e la salute<br />
sono niente; cio che gli altri pensano di noi, ecco l fimportante â. Tutt fal piu questa massima<br />
puo esser considerata come una iperbole in fondo alla quale si trova la prosaica verita che<br />
per mantenersi e per andar avanti fra gli nomini, l fonore, vale a dire la loro opinione a<br />
nostro riguardo, e spesso d fun futilita indispensabile: ritornero piu avanti su tale questione.<br />
Quando si vede invece come quasi tutto cio che gli uomini cercano durante l fintera loro<br />
vita, a prezzo di sforzi incessanti, di mille pericoli e di mille amarezze, ha per iscopo finale<br />
di elevarli nell fopinione altrui, perocche non solo le cariche, i titoli e le onorificenze, ma la<br />
ricchezza ancora, o pur anche la scienza11 e le arti sono, in sostanza, ricercate<br />
principalmente a questo fine, quando si vede che il risultato definitivo a cui si tende e di<br />
ottenere piu rispetto da parte degli altri, tutto cio non prova, ahime! se non la grandezza<br />
dell fumana follia.<br />
Annettere troppo valore all fopinione altrui e una superstizione universalmente<br />
dominante; che essa abbia le sue radici nella nostra stessa natura, o che abbia seguito la<br />
nascita della societa e della civilta, egli e certo che esercita in ogni caso sulla nostra<br />
condotta un finfluenza smisurata ed ostile alla nostra felicita. Possiamo seguire tale<br />
influenza dal punto in cui si mostra sotto la forma d funa deferenza ansiosa e servile per il<br />
che se ne dira? fino al punto in cui pianta il pugnale di Virginio in petto alla figlia, oppure<br />
in cui trascina l fuomo a sacrificare alla gloria postuma il suo riposo, la sua fortuna, la sua<br />
salute e perfino la sua vita. Questo pregiudizio offre, e vero, a chi e chiamato a regnare<br />
degli altri. (Nota di Schopenhauer).<br />
11 Scire tuum nihil est, nisi te scire hoc sciat alter (Che tu sappi e niente, se non sai che gli altri lo sanno).<br />
(Nota di Schopenhauer).
31<br />
sugli uomini od, in generale, a dirigerli, una risorsa comodissima; sicche il precetto d faver<br />
da tenere svegliato o stimolato il sentimento dell fonore occupa il posto principale in ogni<br />
ramo dell farte dell feducazione; ma riguardo alla felicita dell findividuo, ed e questo che qui<br />
ci occupa, succede tutt faltra cosa, e noi dobbiamo dunque dissuaderci dall fattribuire un<br />
valore troppo alto all fopinione altrui. Se nondimeno, come ce lo insegna l fesperienza, il<br />
fatto si presenta ogni giorno; se cio che la maggior parte degli uomini stima di piu si e<br />
precisamente l fopinione altrui a loro riguardo, e se essi se ne preoccupano piu che di<br />
quanto, succedendo nella loro propria coscienza, esiste immediatamente per loro; se<br />
dunque, per un rovesciamento dell fordine naturale, si e l fopinione altrui che sembra loro<br />
esser la parte reale dell fesistenza, l faltra non apparendo esserne che la parte ideale; se fanno<br />
di cio che e derivato e secondario l foggetto principale, e se l fimmagine del loro essere nella<br />
testa degli altri sta loro piu a cuore che il loro essere stesso; tale apprezzamento diretto di<br />
cio che direttamente non esiste per alcuno costituisce quella follia a cui si e dato il nome di<br />
vanita, ávanitas â per indicare con questa parola il vuoto ed il chimerico di tale tendenza. Si<br />
puo facilmente comprendere anche, per quanto dicemmo piu indietro, che essa appartiene<br />
alla categoria di quegli errori che consistono nell fobliare lo scopo per i mezzi, come<br />
l favarizia.<br />
In fatti il prezzo che noi annettiamo all fopinione altrui e la nostra costante<br />
preoccupazione a questo riguardo passano quasi ogni limite ragionevole, talmente che tale<br />
preoccupazione puo esser considerata come una specie di mania generalmente diffusa, o<br />
piuttosto innata. In tutto cio che facciamo, come in tutto cio che ci asteniamo di fare, noi<br />
prendiamo in considerazione l fopinione altrui quasi prima d fogni altra cosa, e si e da una tal<br />
cura che in seguito ad un esame profondo vedremo nascere la meta circa dei tormenti e<br />
delle angoscie che abbiamo provato. Perocche e davvero questa preoccupazione che<br />
troviamo in fondo di ogni nostro amor proprio, cosi spesso offeso perche e cosi<br />
morbosamente sensibile, al fondo di ogni nostra vanita e di ogni nostra pretesa, come pure<br />
al fondo del nostro fasto e della nostra ostentazione. Senza una tale preoccupazione, senza
una tal rabbia, il lusso non sarebbe il decimo di cio che e. Su essa e stabilito tutto il nostro<br />
orgoglio, punto d fonore e puntiglio12, di qualunque specie si sia ed a qualunque sfera<br />
appartenga, . e quante vittime non fa di frequente! Essa si mostra gia nel fanciullo poi in<br />
ogni stadio della vita, ma raggiunge tutta la sua forza nell feta avanzata, perche allora,<br />
l fattitudine ai piaceri sensuali essendo esaurita, vanita ed orgoglio non hanno piu a divider<br />
l fimpero che con l favarizia. Un tale furore si osserva piu chiaramente nei Francesi presso i<br />
quali essa regna endemicamente e si manifesta spesso per mezzo dell fambizione la piu<br />
sciocca, della vanita nazionale la piu ridicola, e della millanteria la piu spudorata; ma le<br />
loro pretese per cio stesso si annullano perche li espongono al riso delle altre nazioni, ed<br />
hanno fatto un nomignolo grottesco del titolo di grande nation.<br />
Per spiegare piu chiaramente tutto cio che abbiamo esposto fin qui sulla stoltezza di<br />
preoccuparsi fuor di misura dell fopinione altrui voglio ricordare un esempio davvero<br />
maraviglioso di questa follia radicata nella natura umana; questo esempio e favorito da un<br />
effetto di luce che deriva da circostanze speciali e d fun carattere appropriato; ciocche ci<br />
permettera di ben valutare la forza di questo bizzarro motore delle azioni umane. Ecco un<br />
brano del rapporto dettagliato pubblicato dal Times del 31 marzo 1846 sulla recente<br />
esecuzione di un certo Thomas Wix, operaio che aveva assassinato il suo padrone per<br />
vendetta: áNella mattina del giorno fissato per l fesecuzione, il reverendo cappellano delle<br />
carceri si porto presso di lui. Ma Wix, quantunque assai calmo, non ascoltava le esortazioni<br />
del ministro di Dio; sua sola preoccupazione era quella di far mostra d fun coraggio estremo<br />
in presenza della folla che stava per assistere alla sua brutta fine. E vi e riuscito. Arrivato<br />
nel cortile che doveva traversare per giungere al patibolo, innalzato di contro alla prigione,<br />
esclamo: áEbbene, come diceva il dottor Dodd, conoscero fra poco il gran mistero! â<br />
12 Point d fhonneur und puntiglio nel testo. (Nota del Trad.).<br />
32<br />
Quantunque avesse le braccia legate, sali senza aiuto la scala della forca; giunto alla cima,<br />
fece a dritta e a manca saluti agli spettatori, e la moltitudine assembrata vi corrispose, in<br />
ricompensa, con formidabili acclamazioni, ecc. â
Aver davanti gli occhi la morte, sotto la forma piu spaventosa, coll feternita dopo di<br />
essa, e non preoccuparsi se non dell feffetto che si produrra su quella massa di balordi<br />
accorsi e dell fopinione che si lasciera dopo morte nelle loro teste, non e forse un saggio<br />
unico d fambizione? Lecomte che, lo stesso anno, fu ghigliottinato a Parigi per tentato<br />
regicidio, si rammaricava principalmente, durante il processo, di non potersi presentare<br />
davanti la Camera dei pari, vestito convenientemente, ed anche al momento dell fesecuzione<br />
era suo gran dolore che non gli si avesse permesso di radersi la barba prima di salire il<br />
patibolo.<br />
Lo stesso succedeva per lo passato, cio che potremo vedere nell fintroduzione<br />
(declaracion) da cui Mateo Aleman fa precedere il suo celebre romanzo Guzman<br />
d fAlfarache; in essa e detto che molti delinquenti dal cervello sconcertato tolgono le loro<br />
ultime ore alle cure della salute eterna, a cui dovrebbero impiegarle esclusivamente, per<br />
terminare ed imparare a mente un piccolo discorso che vorrebbero recitare dall falto della<br />
forca.<br />
Possiamo trovare la nostra propria immagine in simili tratti; perocche sono gli esempi<br />
di taglia colossale che forniscono le spiegazioni piu evidenti in ogni materia. Per noi tutti,<br />
ben di sovente, le nostre preoccupazioni, i nostri affanni, le cure angosciose, le nostre<br />
collere, le nostre inquietudini, i nostri sforzi, ecc., hanno in vista quasi interamente<br />
l fopinione altrui e sono tanto assurde quanto quelle dei poveri diavolacci ricordati piu<br />
indietro. L finvidia e l fodio partono egualmente, in gran parte, dalla stessa radice.<br />
Nessuna cosa evidentemente contribuirebbe meglio alla nostra felicita, composta<br />
principalmente di calma dello spirito e di soddisfazione, del limitare la potenza di un tale<br />
motore, e dell fabbassarla a un grado che la ragione potesse giustificare (a 1/50 per esempio)<br />
estraendo cosi dalle nostre carni questa spina che le strazia. Ma la cosa e molto difficile;<br />
abbiamo a che fare con una bizzarria naturale ed innata: Anche i saggi si spogliano per<br />
ultimo dalla passion della gloria, dice Tacito (Hist. IV, 6). Il solo mezzo di liberarci da<br />
questa follia universale sarebbe di riconoscerla distintamente per una follia, e, a tale scopo,<br />
renderci conto ben chiaramente fino a qual punto le opinioni, nelle teste degli uomini, sieno
in massima parte e molto di frequente false, storte, erronee ed assurde; quanto l fopinione<br />
altrui abbia poca influenza reale su noi nella maggior parte dei casi e delle cose; quanto in<br />
generale essa sia cattiva, talmenteche non vi sarebbe chi non si ammalerebbe dalla collera<br />
se sentisse in che tono si parla e cosa si dice di lui; quanto infine l fonore istesso non abbia,<br />
propriamente parlando, che un valore indiretto e non immediato, ecc. Se potremo riuscire<br />
ad ottenere la guarigione di questa pazzia generale, guadagneremo infinitamente in calma di<br />
spirito ed in soddisfazione, ed acquisteremo nel tempo stesso un contegno piu fermo e piu<br />
sicuro, e un portamento molto piu sciolto e piu naturale. L finfluenza affatto benefica d funa<br />
vita ritirata sulla nostra tranquillita d fanimo e sulla nostra soddisfazione proviene in gran<br />
parte perche essa ci sottrae all fobbligo di vivere costantemente sotto lo sguardo altrui e, per<br />
conseguenza, ci toglie la preoccupazione incessante sulla loro possibile opinione: cio che ha<br />
per effetto di renderci a noi stessi. In tal maniera sfuggiremo egualmente a molti mali<br />
effettivi la cui causa unica e questa aspirazione puramente ideale, o, per dire piu<br />
correttamente, questa deplorabile demenza; ci restera pure la facolta di prestare maggior<br />
cura ai beni reali, che potremo allora gustare senza essere disturbati. Ma ჴƒ¿ƒÉƒÃƒÎƒ¿ ƒÑƒ¿ ƒÈƒ¿ƒÉƒ¿ â<br />
(moleste le cose buone) lo abbiamo gia detto.<br />
Dalla follia della natura umana or ora descritta, germogliano tre rampolli principali:<br />
l fambizione, la vanita e l forgoglio. Tra i due ultimi la differenza consiste in cio che<br />
l forgoglio e la convinzione gia fermamente acquistata del nostro alto valore sotto ogni<br />
rapporto; la vanita invece e il desiderio di far nascere questa convinzione negli altri e,<br />
33<br />
d fordinario, colla secreta speranza di poter in seguito appropriarsela. Cosi l forgoglio e l falta<br />
stima di se, procedente dall finterno, dunque diretta; la vanita invece e la tendenza ad<br />
acquistarla dal di fuori, dunque indirettamente. Per cio la vanita rende loquaci, l forgoglio<br />
taciturni. Ma il vanitoso dovrebbe sapere che l falta opinione degli altri, a cui aspira, si<br />
ottiene molto piu presto e piu sicuramente serbando un continuo silenzio che parlando,<br />
quand fanche s favesse da dire le piu belle cose del mondo. Non e orgoglioso chiunque lo<br />
voglia; tutt fal piu puo affettare orgoglio chiunque lo voglia; ma quest fultimo si tradira ben
presto nella parte che vuol rappresentare, siccome in ogni parte presa a prestito. Perocche<br />
cio che rende realmente orgoglioso si e la ferma, l fintima, l fincrollabile convinzione di<br />
meriti eminenti e d fun valore straordinario. Tale convinzione puo essere erronea, oppure<br />
basarsi su meriti semplicemente esterni e convenzionali . cio poco importa all forgoglio,<br />
purche essa sia reale e sincera. Poiche l forgoglio ha le sue radici nella convinzione, sara,<br />
come ogni idea, al di fuori della nostra libera volonta. Il suo peggior nemico, voglio dire il<br />
suo maggior ostacolo, e la vanita che briga l fapprovazione altrui per fondar poi su questa la<br />
propria alta stima di se stessa, mentre l forgoglio suppone un fopinione gia fermamente<br />
stabilita.<br />
Quantunque l forgoglio sia generalmente biasimato ed infamato, nondimeno sono<br />
tentato di credere che cio venga principalmente da coloro che non hanno di che<br />
insuperbirsi. Vista l fimpudenza, e la stupida arroganza della maggior parte degli uomini,<br />
ogni persona che possede meriti di qualsivoglia specie fara molto bene a metterli in chiara<br />
luce da se stesso, allo scopo di non lasciarli cadere in un completo oblio; perocche colui che<br />
benevolmente, non cerca di approfittarsene e si conduce con la gente come se fosse affatto<br />
suo simile, non tardera ad esser considerato da essa in tutta sincerita come un suo pari.<br />
Vorrei raccomandare di condursi in siffatta guisa a coloro sopratutto i cui meriti sono<br />
dell fordine il piu elevato, meriti reali, in conseguenza puramente personali, attesoche essi<br />
non possono esser richiamati ad ogni momento alla memoria, come le decorazioni e i titoli,<br />
da una impressione dei sensi; altrimenti facendo, vedranno realizzarsi troppo spesso il sus<br />
Minervam (il maiale che ammonisce Minerva).<br />
Un eccellente proverbio arabo dice: Scherza collo schiavo, ed ei ti mostrera ben tosto<br />
il deretano. Anche la massima di Orazio: Sume superbiam quaesitam meritis (Assumi la<br />
superbia richiesta dai meriti) non e da disdegnare. La modestia e proprio una virtu inventata<br />
principalmente per uso e consumo dei mariuoli, perocche esige che ciascuno parli di se<br />
come se fosse un mariuolo: ciocche stabilisce un feguaglianza di livello ammirabile e<br />
produce la stessa apparenza come se non vi fosse in generale che della canaglia.<br />
Intanto l forgoglio a piu buon mercato e l forgoglio nazionale. Esso tradisce presso chi
ne e tocco l fassenza di ogni qualita individuale di cui potesse andar fiero, perocche, se cosi<br />
non fosse, questi non sarebbe ricorso ad una qualita che divide con tanti milioni d findividui.<br />
Chiunque possede meriti personali distinti riconoscera invece piu chiaramente i difetti della<br />
sua nazione, poiche l fha sempre sotto gli occhi. Ma ogni miserabile imbecille, che non ha al<br />
mondo cosa di cui possa andar superbo, si getta su quest fultima risorsa, d fesser fiero cioe<br />
della nazione alla quale si trova appartenere per azzardo; si e con cio che vuol rifarsi, e,<br />
nella sua gratitudine, e pronto a difendere ƒÎƒËƒÇƒÌ ƒÈƒ¿ƒÇ ƒÉƒ¿ƒÌ (a pugni ed a calci) tutti i difetti e<br />
tutte le sciocchezze proprio alla sua nazione.<br />
Cosi, su cinquanta inglesi, per esempio, se ne trovera appena uno solo che levera la<br />
voce per approvarvi quando parlerete con giusto disprezzo del bigottismo stupido e<br />
degradante della sua nazione; ma questo solo individuo sara certamente una buona testa. I<br />
Tedeschi non hanno orgoglio nazionale e provano cosi quell fonesta di cui hanno la fama;<br />
invece provano tutto il contrario coloro fra i Tedeschi che professano ed affettano in modo<br />
ridicolo tale orgoglio, come fanno principalmente i deutschen Bruder (fratelli tedeschi) ed i<br />
democratici che adulano il popolo allo scopo di sedurlo. Si pretende bene che i Tedeschi<br />
abbiano inventato la polvere, ma io non sono di quest fopinione. Lichtenberg presenta la<br />
34<br />
seguente questione: áPerche un uomo che non e tedesco si fa molto di rado passare per<br />
tale? e perche quando vuol farsi passare per qualche cosa, si dira ordinariamente francese o<br />
inglese? â13. Del resto l findividualita, in ogni persona, e cosa ben altrimenti importante della<br />
nazionalita, e merita mille volte piu di questa d fesser presa in considerazione. Onestamente<br />
non si potra mai dire gran bene d fun carattere nazionale, poiche nazionale significa che<br />
appartiene al volgo. Si e piuttosto la meschinita dello spirito, la demenza e la perversita<br />
della specie umana che sole spiccano in ogni paese sotto forma differente, ed e questo che<br />
si chiama carattere nazionale. Stomacati di uno, ne lodiamo un altro, fino a che anche<br />
questo c fispira lo stesso sentimento. Una nazione si ride dell faltra, e tutte hanno ragione.<br />
La materia di questo capitolo puo esser classificata, come dicemmo, in onore, grado e<br />
gloria.
2. Il grado.<br />
In quanto al grado, per importante che sembri agli occhi del volgo e dei filistei, e per<br />
grande che possa essere la sua utilita come roteamento nella macchina dello Stato, avremo<br />
finito con esso in poche parole per raggiungere il nostro scopo. Si tratta d fun valore di<br />
convenzione, o, piu correttamente, d fun valore di simulazione; la sua azione ha per risultato<br />
una stima simulata, e il tutto e una commedia per la folla. Le decorazioni sono cambiali<br />
tirate sull fopinione pubblica; il loro valore si basa sul credito del traente. Intanto, senza<br />
parlare del danaro non indifferente che risparmiano allo Stato sostituendo le ricompense<br />
pecuniarie, esse sono nondimeno un fistituzione delle piu felici, dato che la loro<br />
distribuzione sia fatta con discernimento ed equita. Infatti la folla ha occhi ed orecchie, ma<br />
nient faltro; sopratutto il senno le e infinitamente scarso, e corta pure la memoria. Certi<br />
meriti sono affatto fuori della portata del suo comprendimento; e ve n fha di quelli che essa<br />
comprende ed acclama al loro apparire, ma che ben presto dimentica. Cio essendo, trovo<br />
convenientissimo di gridare, ovunque e sempre, alla folla coll forgano d funa croce o d funa<br />
stella: áL fuomo che vedete non e vostro pari, egli ha dei meriti! â Per altro con una<br />
distribuzione ingiusta, non ragionevole od eccessiva, le decorazioni perdono il loro prezzo;<br />
sicche un principe dovrebbe mettervi tanta circospezione ad accordarle, quanta un<br />
commerciante a segnar cambiali. L fiscrizione áAl merito â sopra una croce e un pleonasmo;<br />
ogni decorazione dovrebbe essere ápour le merite, ca va sans dire â14.<br />
3. L fonore.<br />
La discussione sull fonore sara molto piu difficile e molto piu lunga di quella sul<br />
grado. Prima di tutto dovremo definirlo. Se a tal uopo dicessi: áL fonore e la coscienza<br />
esterna, e la coscienza e l fonore interno â, la definizione potrebbe forse piacere a qualcuno,<br />
ma avremmo una spiegazione piuttosto brillante che netta e ben fondata. Sicche direi:<br />
13 Vedemmo cosa dice lo Schopenhauer dei Francesi, degli Inglesi e dei Tedeschi; vediamo ora come parla<br />
degli Italiani: áQualita dominante nel carattere nazionale degli Italiani si e un fimpudenza assoluta che<br />
proviene da cio che eglino si considerano come se non fossero ne al di sopra ne al di sotto di chicchessia,<br />
vale
a dire che sono a vicenda arroganti e sfrontati, oppure vili ed abbietti. Chiunque, invece, ha pudore e per<br />
certe<br />
cose troppo timido, per altre troppo fiero. L fitaliano non e ne l funo ne l faltro, ma secondo le circostanze<br />
poltrone od insolente. â Dei Tedeschi scrisse pure: áIn previsione della mia morte faccio questa<br />
confessione:<br />
che disprezzo la nazione tedesca a causa della sua infinita stupidezza, e che arrossisco di appartenerle. â Si<br />
veda in proposito: A. SCHOPENHAUER. Von ihm. Ueber ihn, von Lindner; Memorabilien, von Frauenstaedt<br />
(Berlino, 1863). (Nota del Trad.).<br />
14 In francese nell foriginale.<br />
35<br />
áL fonore e, oggettivamente, l fopinione che hanno gli altri del nostro valore, e,<br />
soggettivamente, il timore che c fispira tale opinione. â In quest fultima qualita esso ha di<br />
sovente un fazione molto benefica, quantunque in morale pura niente affatto fondata,<br />
sull fuomo d fonore.<br />
La radice e l forigine del sentimento dell fonore e della vergogna, inerente ad ogni<br />
uomo che ancora non sia interamente corrotto, ed il motivo dell falto prezzo attribuito<br />
all fonore, saranno messi in mostra colle considerazioni seguenti. L fuomo non puo, da se<br />
solo, che assai poca cosa: egli e un Robinson abbandonato; unicamente in societa cogli altri<br />
e, e puo molto. Ei si rende conto di questa condizione fino dall fistante in cui la sua<br />
coscienza comincia a svilupparsi un po f, che subito si sveglia in lui il desiderio di esser<br />
annoverato come un membro utile della societa, capace di concorrere ápro parte virili â<br />
all fazione comune, con diritto cosi di partecipare ai vantaggi della comunita umana. Vi<br />
riesce soddisfacendo da prima a cio che si esige e si aspetta da qualunque uomo in<br />
qualunque posizione, e poi a cio che si esige e si aspetta da lui nella posizione speciale che<br />
occupa. Ma egli conosce ben presto che cio che importa non e d fesser un uomo di tal<br />
tempra nella sua propria opinione, ma bensi in quella degli altri. Ecco l forigine dell fardore<br />
con cui egli briga favorevole l fopinione altrui, e dell falto prezzo che vi annette.<br />
Queste due tendenze si manifestano colla spontaneita d fun sentimento innato che si<br />
chiama sentimento dell fonore e, in certe circostanze, sentimento del pudore (verecundia).
Ecco cio che caccia il sangue sulle guancie all fuomo non appena ei si crede minacciato di<br />
perdere nell fopinione altrui, benche si sappia innocente, od ancorche il fallo svelato non sia<br />
che un finfrazione relativa, vale a dire non concerni che un obbligo assunto gentilmente.<br />
D faltra parte nessuna cosa fortifica in lui il coraggio di vivere meglio della certezza<br />
acquistata o rinnovellata della buona opinione degli altri, perocche essa gli assicura la<br />
protezione ed il soccorso delle forze riunite dell finsieme, ciocche costituisce un riparo<br />
contro i mali della vita infinitamente piu gagliardo delle sue sole forze.<br />
Dalle diverse relazioni in cui un uomo puo trovarsi con altri individui e che mettono<br />
costoro nel caso di accordargli fiducia, in conseguenza di avere, come si dice, buona<br />
opinione di lui, nascono diverse specie di onore. Di esse le principali sono il mio ed il tuo, i<br />
doveri a cui si ha preso impegno, e in fine il rapporto sessuale; vi corrispondono l fonore<br />
borghese, l fonore dell fofficio e l fonore sessuale, ciascuno dei quali presenta ancora delle<br />
suddivisioni.<br />
L fonore borghese occupa la sfera la piu estesa: consiste nella presupposizione che noi<br />
rispetteremo assolutamente i diritti di ciascuno e che, per conseguenza, non impiegheremo<br />
mai a nostro vantaggio mezzi ingiusti od illeciti. Esso e la condizione richiesta per<br />
partecipare al commercio pacifico cogli uomini. Basta, per perderlo, una sola azione che gli<br />
sia fortemente e manifestamente contraria; come conseguenza ogni pena criminale ce lo<br />
toglie egualmente, a condizione pero che la pena sia giusta. Tuttavia l fonore si basa sempre,<br />
in ultima analisi, sulla convinzione dell fimmutabilita del carattere morale, in virtu della<br />
quale una sola cattiva azione garantisce una qualita identica di senso morale in tutte le<br />
azioni ulteriori, non appena si presenteranno ancora circostanze simili; cio che indica pure<br />
l fespressione inglese ácharacter â che vuoi dire stima, riputazione, onore. Ed ecco perche la<br />
perdita dell fonore e irreparabile, a meno che non sia dovuta alla calunnia od a false<br />
apparenze. Percio v fhanno leggi contro la calunnia, i libelli, e di piu contro le ingiurie;<br />
perocche l fingiuria, l finsulto semplice, e una calunnia sommaria, senza indicazione di<br />
motivi: in greco si potrebbe esprimere questo pensiero cosi: áƒÃƒÐƒÑƒÇ . ƒÉƒÍƒÇƒÂƒÍƒÏƒÇƒ¿ ƒÂƒÇƒ¿ƒÀƒÍƒÉƒÅ<br />
ƒÐƒÒƒËƒÑƒÍƒÊƒÍ. â (L fingiuria e la calunnia abbreviata); tuttavia questa massima non si trova
espressa in alcun luogo.<br />
E un fatto che chi ingiuria non ha niente di reale ne di vero da produrre contro l faltro,<br />
altrimenti lo esprimerebbe come premessa e lascierebbe tranquillamente a chi ascolta la<br />
cura di tirare la conclusione; ma invece da la conclusione e resta in debito della premessa<br />
36<br />
contando sulla presupposizione nello spirito degli uditori ch fegli proceda in siffatta guisa<br />
solamente per brevita.<br />
L fonore borghese prende, e vero, il nome dalla classe borghese; ma la sua autorita si<br />
estende sopra tutte le classi indistintamente, senza eccezione pure per le piu alte; nessuno<br />
puo farne senza; si e proprio un affare dei piu serj, e bisogna guardarsi dal prenderlo alla<br />
leggera. Chiunque viola la fede e la legge rimane per sempre uomo senza fede e senza<br />
legge, checche faccia e checche possa essere; i frutti amari che porta con se la perdita<br />
dell fonore non tarderanno a mostrarsi.<br />
L fonore ha, in un certo senso, carattere negativo, in opposizione alla gloria il cui<br />
carattere e positivo, perche l fonore non e quell fopinione che si riferisce a qualita speciali,<br />
appartenenti ad un solo individuo, ma e l fopinione che si riferisce a qualita d fordinario<br />
presupposte, e che l findividuo e tenuto di possedere egualmente agli altri. L fonore dunque<br />
si accontenta di far testimonianza che questo soggetto non fa eccezione, mentre la gloria<br />
afferma che esso e un feccezione. La gloria deve quindi esser acquistata; l fonore al contrario<br />
non abbisogna che di non esser perduto. Per conseguenza la mancanza di gloria e l foscurita,<br />
una negazione; la mancanza d fonore e l fonta, una positivita. Non bisogna pero confondere<br />
questa condizione negativa con la passivita; tutto all fopposto l fonore ha un carattere<br />
interamente attivo. Infatti esso procede unicamente dal suo soggetto; esso e fondato sulla<br />
condotta propria di questi e non sulle azioni d faltri, o su fatti esterni; esso e dunque áƒÑƒÖƒË<br />
ƒÅƒÊƒÇ ƒË â (una qualita interna). Vedremo bentosto che questo e il marchio distintivo fra il<br />
vero onore, e l fonore cavalleresco o falso onore. Dal di fuori non v fha attacco possibile<br />
contro l fonore che colla calunnia; il solo mezzo di difesa ne e il respingerla colla pubblicita<br />
necessaria per smascherare il calunniatore.
Il rispetto che si accorda all feta sembra fondarsi sul fatto che l fonore dei giovani,<br />
quantunque accordato per supposizione, non e ancora stato messo alla prova e per<br />
conseguenza non esiste, propriamente parlando, che a credito, mentre per gli uomini maturi<br />
si e potuto constatare nel corso della vita se colla loro condotta hanno saputo serbarlo.<br />
Perocche ne gli anni per se stessi . gli animali raggiungendo essi pure un feta avanzata e<br />
forse piu avanzata che l fuomo . ne l fesperienza quale semplice conoscenza piu intima<br />
dell fandamento delle cose umane giustificherebbero abbastanza il rispetto dei giovani per<br />
chi conta maggior numero d fanni, rispetto che tuttavia si esige universalmente; la pura<br />
fiacchezza senile darebbe diritto ai riguardi piuttosto che alla considerazione. Nondimeno e<br />
da notare che vi e nell fuomo un certo rispetto innato, realmente istintivo, per i capelli<br />
bianchi. Le grinze, segno ben piu certo di vecchiezza, non lo ispirano minimamente. Non si<br />
e mai fatto menzione di grinze rispettabili, si e sempre detto: i venerabili capelli bianchi.<br />
L fonore non ha che un valor indiretto. Perocche, come spiegai al principio del<br />
capitolo, l fopinione degli altri a nostro riguardo non puo aver valore per noi che in quanto<br />
determini o possa determinare eventualmente la loro condotta verso di noi. E vero che cio<br />
succede sempre per quanto a lungo si viva cogli uomini o fra essi. Infatti, siccome nello<br />
stato di civilta dobbiamo solo alla societa la nostra sicurezza e il nostro avere, siccome<br />
inoltre in ogni impresa abbiamo bisogno degli altri e ci occorre avere la loro confidenza<br />
perche essi entrino in relazione con noi, l fopinione loro avra un alto prezzo agli occhi<br />
nostri; ma questo prezzo sara sempre indiretto, ed io non saprei ammettere che essa potesse<br />
avere un valore diretto. Tale e pure il parere di Cicerone (Fin., III, 17): Della buona fama<br />
poi Crisippo e Diogene invero dicevano che, messa da parte l futilita, per essa certo non<br />
sarebbe da muovere un dito; cio che io pure affermo altamente. Anche Elvezio nel suo<br />
capolavoro Dello spirito (Disc. III, cap. 13), sviluppa a lungo questa verita, e giunge alla<br />
conclusione: Noi non amiamo la stima per se stessa, ma, unicamente per i vantaggi che<br />
procura. Ora il mezzo non potendo valere piu del fine, la massima pomposa: Prima della<br />
vita l fonore, non sara mai, come gia dicemmo, che un fiperbole.<br />
Ecco quanto sull fonore borghese.
37<br />
L fonore dell fofficio e l fopinione generale che un uomo investito d fun impiego<br />
posseda effettivamente tutte le qualita richieste, e adempia appuntino ed in ogni circostanza<br />
agli obblighi della sua carica. Quanto piu nello Stato la sfera d fazione di un uomo e<br />
importante ed estesa, quanto piu il posto ch fegli occupa e elevato e potente, tanto piu<br />
grande deve essere l fopinione che si ha delle qualita intellettuali e morali che ne lo rendono<br />
degno; per conseguenza dovra alzarsi il grado dell fonore che gli si accorda e che si<br />
manifesta coi titoli, colle decorazioni, ecc., e l fumilta nella condotta degli altri a suo<br />
riguardo s faccentuera progressivamente. Si e la posizione di un uomo che, misurata sulla<br />
stessa scala, determina costantemente il grado particolare dell fonore che gli e dovuto;<br />
questo grado tuttavia puo esser modificato dalla facilita piu o meno grande delle masse a<br />
comprendere l fimportanza della posizione. Ma si concedera sempre maggior onore a chi<br />
avra obblighi affatto speciali da disimpegnare, come quelli d fun officio, per esempio, che al<br />
semplice borghese, il di cui onore e stabilito principalmente su qualita negative.<br />
L fonore dell fofficio esige inoltre che colui che tiene una carica, la faccia rispettare a<br />
causa dei suoi colleghi e dei suoi successori; per riuscirvi deve, come dicemmo, soddisfare<br />
puntualmente a f suoi doveri, ma di piu non deve lasciare impunito nessun attacco contro il<br />
posto o contro lui stesso, come funzionario: non permettera dunque giammai che si dica<br />
ch fegli non disimpegna scrupolosamente ai doveri del suo officio, o che questo non e di<br />
alcuna utilita per il paese, dovra invece, facendo punire il colpevole dai Tribunali, provare<br />
che tali attacchi erano ingiusti.<br />
Come sotto-ordini di questo onore troviamo quelli dell fimpiegato, del medico,<br />
dell favvocato, di ogni pubblico professore, e pur anco di ogni graduato, in poche parole, di<br />
chiunque in virtu d funa dichiarazione officiale e stato proclamato capace di un qualche<br />
lavoro intellettuale, e per cio si e impegnato ad eseguirlo; l fonore finalmente in quella<br />
qualita che si puo comprendere sotto la designazione di obbligati pubblici. In tale categoria<br />
bisogna dunque mettere anche il vero onore militare, che consiste nell fopinione che<br />
chiunque si e impegnato a difender la patria comune, possede realmente le qualita volute,
fra le quali e prima d fogni altra il coraggio, il valore e la forza, e che costui e pronto a<br />
difenderla risolutamente fino alla morte, ed a non abbandonare per nessun prezzo la<br />
bandiera a cui ha prestato giuramento. Ho dato all fonore dell fofficio un significato molto<br />
largo, perocche ordinariamente quest fespressione significa il rispetto dovuto dai cittadini<br />
all fofficio stesso.<br />
Mi pare che l fonore sessuale richiegga d fesser esaminato piu da vicino, e che i suoi<br />
principi debbano esser rintracciati fino nella radice; cio che verra a confermare nel tempo<br />
stesso che ogni onore si fonda, alla fin fine, sopra considerazioni di utilita. Considerato<br />
nella sua natura l fonore sessuale si divide in onore delle donne ed in onore degli uomini, e<br />
costituisce d fambe le parti uno spirito di corpo bene inteso. Dei due il primo e molto piu<br />
importante perche nella vita della donna il rapporto sessuale e l faffare principale. Cosi<br />
dunque l fonore femminile e, quando si parla di una ragazza, l fopinione generale che ella<br />
non si sia data all fuomo, e, per la donna maritata, che ella si sia data a quello solo a cui e<br />
unita in matrimonio. L fimportanza di questa opinione si fonda sulle considerazioni<br />
seguenti. Il sesso femminile invoca e si aspetta dal sesso mascolino assolutamente tutto;<br />
tutto cio che desidera e tutto cio che gli e necessario; il sesso mascolino non domanda<br />
all faltro, prima di tutto e direttamente, che un funica cosa. Si dovette quindi acconciarsi in<br />
maniera tale, che il sesso mascolino non potesse ottenere questa unica cosa se non a<br />
condizione di prendersi cura di tutto, e per soprammercato dei nascituri; su tale<br />
disposizione di cose e basato il benessere di tutto il sesso femminile. Perche la disposizione<br />
possa eseguirsi conviene necessariamente che tutte le donne tengano fermo insieme, e che<br />
mostrino uno spirito di corpo. Esse si presentano allora come un solo tutto, a schiere<br />
38<br />
serrate, dinanzi la massa intera del sesso mascolino, come contro un nemico comune che,<br />
avendo dalla natura ed in virtu della preponderanza delle forze fisiche ed intellettuali, il<br />
possesso di tutti i beni terrestri, deve esser vinto e conquistato allo scopo di giungere,<br />
essendone padrone, a godere nello stesso tempo dei beni terrestri. A tal fine la massima<br />
d fonore di tutto il sesso femminile, si e che la vita in comune fuori del matrimonio sara
assolutamente interdetta agli uomini, affinche ognuno di essi sia costretto al matrimonio<br />
come ad una specie di capitolazione, e che cosi siano provvedute tutte le donne. Tale<br />
risultato non puo essere ottenuto per intero che coll fosservanza vigorosa della massima or<br />
ora esposta; sicche il sesso femminile tutto intero veglia con vero spirito di corpo a che tutti<br />
i suoi membri l feseguiscano fedelmente. Per conseguenza ogni ragazza che col concubinato<br />
si rende colpevole di tradimento verso il suo sesso, e scacciata dal corpo intero e notata<br />
d finfamia, perocche il benessere della comunita correrebbe pericolo se questo modo di<br />
procedere si generalizzasse; allora si dice: Ella ha perduto il suo onore. Nessuna donna deve<br />
piu frequentarla; la si sfugge come un fappestata. La stessa sorte tocca alla donna adultera,<br />
perche essa ha violato la capitolazione consentita dal marito, e tale esempio distoglie gli<br />
uomini dal conchiudere si fatte convenzioni, mentre ne dipende la salute di tutte le donne.<br />
Ed inoltre, siccome una tale azione comprende una frode ed un volgare mancamento di<br />
parola, la donna adultera perde non solo l fonore sessuale, ma anche l fonore borghese. Per<br />
cio si puo dire, come per scusarla: áuna ragazza e caduta â; non si dira mai: áuna donna e<br />
caduta â; il seduttore puo rendere l fonore alla prima col matrimonio, ma giammai l fadultero<br />
alla sua complice, in seguito a divorzio. Dopo una esposizione cosi chiara si riconoscera<br />
che la base del principio dell fonor femminile e uno spirito di corpo salutare, necessario<br />
anzi, ma tuttavia calcolato giustamente e fondato sull finteresse; si potra bene attribuirgli la<br />
piu alta importanza nella vita della donna, si potra accordargli un grande valore relativo, ma<br />
non mai un valore assoluto che oltrepassi quello della vita colle sue sorti; ne si ammettera<br />
in alcun caso che questo valore arrivi al punto d fesser pagato a prezzo dell fesistenza stessa.<br />
Non si potra dunque approvare Lucrezia, ne Virginio nel loro esaltamento degenerante in<br />
una buffonata tragica. La peripezia nel dramma Emilia Galotti (di W. Lessing), per la stessa<br />
ragione ha qualche cosa talmente ributtante, che si sorte dallo spettacolo affatto mal<br />
disposti. In cambio ed a dispetto dell fonor sessuale non si puo astenersi dal simpatizzare<br />
colla Clarchen dell fEgmont. Tale maniera di spingere agli estremi il principio dell fonore<br />
femminile appartiene, come tante altre, all foblio del fine per i mezzi; si attribuisce, con tali<br />
esagerazioni, all fonore sessuale un valore assoluto, quando, non altrimenti d fogni altro
onore, non ha che un valore relativo; fors fanche si potrebbe esser condotti a dire che questo<br />
valore e puramente convenzionale, quando si legga áThomasius, De concubinato â; si<br />
scorge in quest fopera che, fino alla riforma di Lutero, in quasi tutti i paesi e in ogni tempo,<br />
il concubinato fu uno stato di cose permesso e riconosciuto dalla legge e che la concubina<br />
non cessava d fesser onorevole: senza parlare di Militta Babilonese (vedi Erodoto, I, 199),<br />
ecc. Vi hanno pure convenienze sociali che rendono impossibile la formalita esterna del<br />
matrimonio, sopratutto nei paesi cattolici ove non e ammesso il divorzio; ma in ogni paese<br />
tale ostacolo esiste per i sovrani; a mio avviso, intanto, aver un famante e da parte loro<br />
un fazione molto piu morale di un matrimonio morganatico; i figli nati da simili unioni<br />
possono levar pretese nel caso in cui la discendenza legittima venisse ad estinguersi, d fonde<br />
risulterebbe la possibilita, benche assai lontana, d funa guerra civile. Di piu il matrimonio<br />
morganatico, concluso cioe a dispetto di ogni convenienza esterna, e alla fin fine una<br />
concessione fatta alle donne ed ai preti, due classi di persone a cui si deve guardarsi, per<br />
quanto si puo, dal concedere qualche cosa. Consideriamo ancora che ciascuno, nel suo<br />
paese, puo sposare la donna da lui desiderata; ve n fha uno solo a cui questo diritto naturale<br />
e tolto: questo pover fuomo e il sovrano. La sua mano appartiene al paese; non la si accorda<br />
che in vista di una ragione di Stato, vale a dire dell finteresse del paese. E tuttavia questo<br />
principe e un uomo che, come gli altri, vorrebbe una volta seguire l finclinazione del suo<br />
39<br />
cuore. E ingiustizia ed ingratitudine, quanto volgarita borghese, il proibire o il rimproverare<br />
al sovrano di vivere colla sua amante, bene inteso pero quando ei non le accordi influenza<br />
alcuna sugli affari del paese. Dal suo lato pure quest famante, in rapporto all fonore sessuale,<br />
e per cosi dire una donna eccezionale, fuori della regola comune, ella non si e data che ad<br />
un sol uomo, lo ama e ne e amata, ed egli non potra mai prenderla per moglie. Cio che<br />
prova sopratutto che il principio dell fonore femminile non ha un forigine puramente naturale<br />
si e il gran numero di sacrifizi sanguinosi che gli vengono fatti dall finfanticidio e dal<br />
suicidio delle madri. Una ragazza che si da fuori della legge viola, e vero, la fede verso il<br />
suo sesso; ma da lei questa fede e stata solo tacitamente accettata, non giurata. E siccome
nella maggior parte dei casi e precisamente il suo stesso interesse che ne soffre nel modo<br />
piu diretto, la sua follia e infinitamente piu grande della sua depravazione.<br />
L fonore sessuale degli uomini e provocato da quello delle donne a titolo di spirito di<br />
corpo opposto; ogni uomo che si adatta al matrimonio, vale a dire ad una capitolazione cosi<br />
vantaggiosa per la parte avversaria, contrae l fobbligo di vegliare ormai a che si rispetti la<br />
capitolazione, affinche un tal patto non venga a perdere della sua saldezza se si prendesse<br />
l fabitudine di non osservarlo che assai negligentemente; non bisogna che gli uomini, dopo<br />
aver accordato tutto, giungano al punto di non esser nemmeno sicuri della sola cosa che<br />
hanno stipulato d faver in cambio, cioe del possesso esclusivo della sposa. L fonore del<br />
marito esige che questi vendichi l fadulterio della moglie, e lo punisca almeno colla<br />
separazione. Se egli lo tollera quando ne sia a conoscenza, la comunita mascolina lo copre<br />
di vergogna; ma questa non e, presso a poco, cosi profonda come quella della donna che ha<br />
perduto l fonore sessuale. Essa e tutt fal piu una levioris notae macula (una macchia di lieve<br />
impronta), perocche le relazioni sessuali sono per l fuomo un affare secondario, vista la<br />
moltiplicita e l fimportanza delle altre sue relazioni. I due grandi poeti drammatici dei tempi<br />
moderni hanno preso, ciascuno due volte, per soggetto l fonore maschile: Shakespeare<br />
nell fOtello e nel Racconto d funa notte d finverno, e Calderon in El medico de su honra (Il<br />
medico del suo onore) e in A secreto agravio secreta venganza (Ad oltraggio secreto,<br />
secreta vendetta). Del resto questo onore non chiede che il castigo della donna, e non quello<br />
dell famante; la punizione di quest fultimo non e che opus superogationis (affare di<br />
soprammercato), cio che conferma molto bene che la sua origine sta nello spirito di corpo<br />
dei mariti.<br />
L fonore, quale lo considerai fin qui nelle varie specie e nei suoi principi, lo si trova<br />
regnare in generale presso tutti i popoli ed in tutte le epoche, quantunque si possa scoprire<br />
qualche modificazione locale o temporanea sui principi dell fonor femminile. Ma esiste pure<br />
un genere di onore interamente diverso da quello che ha corso generalmente e dovunque, un<br />
genere di onore di cui ne i Greci ne i Romani avevano la menoma idea, come non l fhanno<br />
pure fino ad oggi ne i Chinesi, ne gl fIndiani, ne i Maomettani. In fatti esso e nato nel medio
evo, e non si e climatizzato che nell fEuropa cristiana; qui pure non e penetrato che in una<br />
frazione minima della popolazione, cioe fra le classi superiori della societa e fra gli emuli di<br />
esse. Il suo nome e onore cavalleresco, o punto d fonore. La base di esso e totalmente<br />
diversa da quella dell fonore di cui abbiamo trattato finora; su alcuni punti ne e anzi<br />
l fopposto, poiche l funo fa l fuomo onorevole, e l faltro invece l fuomo d fonore. Vengo<br />
dunque ora ad esporne separatamente i principi sotto forma di codice o specchio<br />
cavalleresco.<br />
1. ‹ L fonore non consiste nell fopinione altrui sul nostro merito, ma unicamente nelle<br />
manifestazioni di quest fopinione; poco importa che l fopinione manifestata esista realmente,<br />
o non esista, e meno che sia o non sia fondata. Per conseguenza il mondo puo avere la piu<br />
cattiva opinione sul nostro conto a causa della nostra condotta; esso puo disprezzarci<br />
quanto gli accomoda; tutto cio non nuoce per niente al nostro onore fino a che qualcuno<br />
non si permette di dirlo ad alta voce. Ma viceversa se pure le nostre qualita e le nostre<br />
40<br />
azioni forzassero l funiverso mondo a stimarci altamente (perocche cio non dipende dal<br />
libero arbitro di esso), bastera che un solo individuo, fosse pure il piu cattivo od il piu<br />
stupido, dimostri disprezzo a nostro riguardo, ed ecco d fun tratto leso, fors fanche perduto<br />
per sempre il nostro onore se noi non lo ripariamo. Un fatto che mostra esuberantemente<br />
non trattarsi minimamente dell fopinione per se stessa, ma solo della sua manifestazione<br />
esterna, si e che le parole offensive possono esser ritirate, che al caso si puo domandarne<br />
perdono, e che allora avviene come se non fossero state pronunziate; la questione di sapere<br />
se l fopinione che le aveva provocate cangio nel tempo istesso e perche si e cangiata, non ha<br />
a che fare; non si annulla che la manifestazione, ed allora tutto e in regola. Il risultato che si<br />
ha in vista non e dunque di meritare il rispetto, ma di estorcerlo.<br />
2. ‹ L fonore di un uomo non dipende da cio che egli fa, ma da cio che gli vien fatto, da<br />
cio che gli succede. Abbiamo studiato piu sopra l fonore che regna da per tutto; i suoi<br />
principi ci hanno dimostrato che esso dipende esclusivamente da cio che un uomo fa o dice;<br />
invece l fonore cavalleresco risulta da cio che un altro dice o fa. Esso e dunque posto nella
mano, o semplicemente attaccato all festremita della lingua del primo venuto: per poco che<br />
questi vi accenni l fonore e ad ogni istante in pericolo di perdersi per sempre, a meno che<br />
l foffeso non se lo riprenda colla forza. Parleremo fra poco delle formalita da compiere per<br />
rimetterlo a posto. Per altro questa procedura non puo esser seguita che con pericolo della<br />
vita, della liberta, della fortuna e della quiete dello spirito. La condotta di un uomo, fosse<br />
pure la piu onorevole e la piu nobile, la sua anima la piu pura e la sua testa la piu eminente,<br />
tutto cio non impedira che il suo onore non possa esser perduto non appena piacera ad un<br />
individuo qualunque d fingiuriarlo; e, sotto la sola riserva di non aver ancora violato i<br />
precetti dell fonore in questione, questo individuo potra essere il piu vile briccone, il bruto<br />
piu stupido, uno scioperato, un giocatore, un uomo ingolfato nei debiti, in poche parole un<br />
cialtrone nemmeno degno che l faltro lo guardi. E ordinariamente sara ad una creatura di<br />
siffatta specie che piacera insultare, perocche come Seneca ha giustamente osservato (De<br />
Constantia, 11), quanto piu un uomo e dispregiato e schernito, tanto piu ha la lingua<br />
sciolta, ed e contro l fuomo eminente di cui parlammo or ora che un vile briccone, si<br />
scagliera di preferenza, perche caratteri opposti si odiano e perche la vista di qualita<br />
superiori risveglia di solito una rabbia sorda nell fanima dei tristi; per questo dice Goethe:<br />
(W. O. Divan) Perche lagnarti de f tuoi nemici? Potrebbero mai esser tuoi amici, uomini<br />
pei quali una natura come la tua e secretamele un eterno rimprovero?<br />
Si vede bene quanta riconoscenza tale genia deve al principio dell fonore, principio<br />
che la solleva allo stesso livello di coloro i quali le sono infinitamente superiori sotto ogni<br />
aspetto. Che un individuo siffatto scagli un fingiuria, vale a dire attribuisca ad un altro<br />
qualche brutta qualita; se questi non lava tosto nel sangue l finsulto, questo passera<br />
provvisoriamente per un giudizio oggettivamente vero e fondato, per un decreto avente<br />
forza di legge; l faffermazione potra anche restare per sempre vera e valevole. In altri<br />
termini l finsulto rimane (agli occhi di tutti gli áuomini d fonore â) come l finsultatore (fosse<br />
pur l fultimo degli uomini) lo ha detto, perche l finsultato ingoio l faffronto (e questo il<br />
áterminus technicus â). Da allora gli áuomini d fonore â lo sprezzeranno profondamente, lo<br />
fuggiranno come se avesse la peste; rifiuteranno, per esempio, altamente e pubblicamente
di andare in una societa ove lo si riceve, ecc. Credo poter con certezza far risalire al medio<br />
evo l forigine di questo lodevolissimo sentimento. Infatti C. W. de Wachter (Contributo alla<br />
storia tedesca particolarmente sul diritto penale, 1845) c finsegna che fino al XV secolo nei<br />
processi criminali non spettava al denunciatore provare la reita, ma che toccava all faccusato<br />
provare la sua innocenza. Questa prova poteva darsi col giuramento di purgazione, per il<br />
quale occorrevano all faccusato i consacramentales che giurassero esser convinti ch fegli<br />
fosse incapace d funo spergiuro. Se l faccusato non poteva trovare garanti, o se l faccusatore<br />
li ricusava, interveniva il giudizio di Dio che consisteva ordinariamente nel duello.<br />
Perocche ál faccusato â diveniva allora un áinsultato â e doveva purgarsi dall finsulto. Ecco<br />
41<br />
dunque l forigine della nozione dell f áinsulto â e di tutta quella procedura che viene praticata,<br />
salvo il giuramento, anche oggigiorno fra gli áuomini d fonore. â<br />
Tutto questo ci spiega anche la profonda indignazione d fobbligo che commuove gli<br />
áuomini d fonore â quando si sentono accusar di menzogna, e cosi pure la sanguinosa<br />
vendetta che ne tirano; cio che pare tanto piu strano in quanto che la menzogna e cosa<br />
d fogni giorno. In Inghilterra sopra tutto la faccenda si leva all faltezza d funa superstizione<br />
fortemente radicata (chiunque minaccia di morte colui che lo accusa di menzogna<br />
dovrebbe, in realta, non aver mai mentito in tutta la sua vita). Nei processi criminali del<br />
medio evo v fera una procedura ancor piu sommaria, e consisteva nel replicare dell faccusato<br />
all faccusatore: áTu hai mentito â, dopo di che si faceva appello immediatamente al giudizio<br />
di Dio; da cio deriva nel codice dell fonor cavalleresco l fobbligo di ricorrere senza ritardo<br />
alle armi quando si abbia ricevuto l faccusa d faver mentito. Ecco quanto concerne l fingiuria.<br />
Ma esiste qualche cosa molto peggiore dell fingiuria, qualche cosa talmente orribile che<br />
devo domandar perdono agli áuomini d fonore â d fosare unicamente ricordarla in questo<br />
codice dell fonor cavalleresco; non ignoro che solo a pensarvi essi ne avranno i brividi e che<br />
i capelli si drizzeranno loro sulla testa, perocche questa cosa e il summum malum, di tutti i<br />
mali della terra il piu grande, piu spaventevole della morte e dell feterna dannazione. Puo<br />
succedere infatti, horribile dictu, puo succedere che un individuo dia uno schiaffo od una
percossa ad un altro individuo: con cio una spaventevole catastrofe! La morte dell fonore e<br />
allora cosi completa che, se si puo guarire con un semplice salasso ogni altra lesione<br />
dell fonore, questa per la radicale guarigione esige che si debba uccidere completamente.<br />
3. ‹ L fonore non si da pensiero di cio che possa esser l fuomo in se e per se, e<br />
nemmeno della questione di sapere se la condizione morale d fun individuo possa<br />
modificarsi coll fandar del tempo o d faltre simili pedanterie da scolaretti. Quando l fonore e<br />
stato per un momento intaccato o perduto, esso puo esser prontamente ed interamente<br />
ristabilito, ma alla condizione che vi si provveda al piu presto: la panacea ne e il duello. Se<br />
pero l fautore dell faffronto non appartiene alle classi che professano il codice dell fonor<br />
cavalleresco, o s fegli lo ha violato in qualche occasione, havvi, sopratutto quando l faffronto<br />
e stato prodotto da vie di fatto, ma pur anco quando lo fu solamente da parole, havvi,<br />
diciamo, un foperazione infallibile da intraprendere, ed e, se si ha un farma addosso, di<br />
passargliela immediatamente od anche, a rigore, un fora dopo, attraverso il corpo; in tal<br />
maniera l fonore e riparato. Ma qualche volta si vuole evitare quest foperazione perche si<br />
teme gl fimpicci che ne potrebbero derivare; allora se non si e ben sicuri che l foffensore si<br />
sottometta alle leggi dell fonore cavalleresco, si ricorre ad un rimedio palliativo che si<br />
chiama pigliar l favvantaggio. Consiste questo, quando l favversario e stato villano,<br />
nell fesser notabilmente piu villano di lui; se per cio le ingiurie non bastano si viene alle<br />
percosse: e qui pure v fha un climax, una gradazione nella cura dell fonore: gli schiaffi sono<br />
guariti colle bastonate, queste colle scudisciate; per le scudisciate poi v fe qualcuno che<br />
raccomanda, come rimedio d fefficacia garantita, lo sputare nel viso. Ma nel caso in cui non<br />
si arrivi a tempo con questi rimedi, bisogna senza fallo ricorrere alle operazioni sanguinose.<br />
Un tal metodo di cura palliativa e basato in sostanza sulla massima seguente:<br />
4. ‹ Nella stessa maniera che esser insultato e un fonta, insultare e un onore. Cosi, che<br />
la verita, il diritto e la ragione sieno pure dalla parte del mio avversario, e che io lo ingiuri,<br />
sull fistante egli non ha che da andare al diavolo con tutti i suoi meriti: il diritto e l fonore<br />
sono dalla mia parte, ed egli al contrario ha provvisoriamente perduto l fonore fino a che<br />
non lo ristabilisca . col diritto e colla ragione, direte voi? niente affatto!: colla pistola o
colla spada. Dunque dal punto di vista dell fonore la rozzezza e una qualita che supplisce o<br />
domina tutte le altre: il piu villano ha sempre ragione: quid multa? Qualunque sciocchezza,<br />
qualunque sconvenienza, qualunque infamia si abbia potuto commettere, una villania<br />
grossolana toglie loro questo carattere, e le legittima seduta stante. Che in una discussione,<br />
od in una semplice conversazione una persona mostri una conoscenza piu esatta della<br />
42<br />
questione, un amore piu severo della verita, una mente piu vasta, un raziocinio piu giusto,<br />
in una parola ch fegli metta in luce tali meriti intellettuali che facciano cader nell fombra i<br />
nostri, nondimeno noi potremo d fun sol colpo annullare tutte queste superiorita, nascondere<br />
la nostra pochezza di mente, ed esser superiori a nostra volta divenendo villani ed offensivi.<br />
Perocche una villania volgare atterra qualunque argomento ed eclissa qualunque grande<br />
ingegno. Se dunque il nostro avversario non vuol entrare in partita, e non replica con una<br />
villania ancora piu grande, nel qual caso verremo a nobile tenzone per pigliar<br />
l favvantaggio, saremo noi i vincitori e l fonore restera dal nostro lato: verita, istruzione,<br />
raziocinio, intelligenza, ingegno, tutto cio deve far fagotto, e fuggire davanti l farte divina<br />
dello svillaneggiare. Cosi gli áuomini d fonore â, non appena qualcuno manda fuori una<br />
opinione differente dalla loro, o fa mostra di ragioni migliori di quelle che essi possono<br />
mettere in campo, faranno vista immediatamente d finforcar gli arcioni di un tal cavallo da<br />
guerra; quando in una controversia mancano di argomenti da opporre, essi cercheranno<br />
qualche insulto grossolano, cio che fa lo stesso officio ed e piu facile a trovare: dopo di che<br />
se ne andranno tutti trionfanti. Dopo quanto abbiamo esposto, non si ha forse ragione di<br />
dire che il principio dell fonore nobilita il tono della societa?<br />
La massima di cui ci siamo or ora occupati e fondata a sua volta sulla seguente, che e,<br />
a dir vero, il fondamento e l fanima del presente codice.<br />
5. ‹ La corte suprema di giustizia, quella davanti a cui, in ogni contesa concernente<br />
l fonore, si puo appellarsi di qualunque altro giudizio, si e la forza fisica, vale a dire<br />
l fanimalita. Perocche qualunque villania e, propriamente parlando, un appello all fanimalita<br />
nel senso che essa dichiara l fincompetenza della lotta delle forze intellettuali o del diritto
morale e la surroga con quella delle forze fisiche; nella specie uomo, che Franklin definisce<br />
a toolmaking animal (un animale che fabbrica degli arnesi), questa lotta si effettua col<br />
duello, per mezzo di arme costruite espressamente allo scopo, e porta una decisione senza<br />
appello. Questa massima fondamentale e disegnata, come si sa, coll fespressione diritto<br />
della forza, espressione che implica un fironia come in tedesco la parola Aberwitz (delirio,<br />
demenza), che indica una specie di áWitz â (spirito) che e ben lungi dall fessere del áWitz â;<br />
nello stesso ordine d fidee l fonore cavalleresco dovrebbe chiamarsi l fonore della forza.<br />
6. ‹ Trattando dell fonore borghese, lo abbiamo trovato molto scrupoloso circa i<br />
capitoli del tuo e del mio, degli obblighi contratti e della parola data, invece il codice in<br />
questione professa su tutti questi punti i principi piu nobilmente liberali. Infatti v fha una<br />
sola parola a cui non si deve mancare: ála parola d fonore â vale a dire la parola dopo la<br />
quale si ha detto: ásul mio onore â, donde risulta la presunzione che si puo mancare ad ogni<br />
altra parola. Ma anche nel caso in cui si avesse violato la parola d fonore, l fonore, a un<br />
bisogno, puo esser salvato per mezzo della nota panacea, il duello: siamo tenuti a batterci<br />
con chi sostenesse che abbiamo data la nostra parola d fonore. Inoltre non esiste che un solo<br />
debito che occorra pagare immancabilmente: il debito di giuoco, che, per questo motivo, si<br />
chiama ádebito di onore â. In quanto agli altri debiti si rubi pure ad Ebrei ed a Cristiani, che<br />
cio non nuoce minimamente all fonore cavalleresco15.<br />
15 Nei manoscritti di Schopenhauer Adversaria, cominciati nel marzo del 1828 a Berlino, nei quali si<br />
contiene la prima idea di un trattato dal titolo: Schizzo d funa dissertazione sull fonore, si legge: Ecco<br />
dunque<br />
questo codice! Ed ecco l feffetto strano e grottesco che producono, quando sono stabiliti su nozioni<br />
precise ed<br />
enunciati chiaramente, questi principi, a cui obbediscono ancora oggidi nell fEuropa cristiana tutti coloro<br />
che<br />
appartengono alla cosi detta buona societa od al cosi detto bon ton. Vi sono pure molte persone, fra coloro<br />
a<br />
cui questi principi sono stati inoculati fin dalla prima gioventu colla parola e coll fesempio, che credono in<br />
essi
piu fermamente che nel loro catechismo; che portano loro la venerazione piu profonda e piu sincera; che<br />
sono<br />
pronti in ogni momento a sacrificar loro felicita, riposo, salute e vita; che sono convinti che la loro radice<br />
stia<br />
nella natura umana, che sieno innati, che esistano a priori e che sieno posti al di sopra di qualunque esame.<br />
Io<br />
sono ben lontano dal voler portar colpi al loro cuore, ma devo dichiarare che tutto cio non fa testimonianza<br />
in<br />
favore della loro intelligenza. Di piu questi principi dovrebbero convenire meno che a tutt faltra, a quella<br />
classe sociale destinata a rappresentare l fintelligenza, a diventare il sale della terra, e che per conseguenza<br />
si<br />
43<br />
Qualunque mente di buona fede riconoscera a prima vista che un tal codice strano,<br />
barbaro e ridicolo dell fonore non puo aver la sua origine nell fessenza della natura umana o<br />
in una maniera sensata di considerare i rapporti degli uomini fra loro. E questo e quanto<br />
conferma pure il dominio molto ristretto della sua autorita: tale dominio, che ebbe principio<br />
solamente nel medio evo, e limitato all fEuropa, ed anche qui non comprende che la nobilta,<br />
la classe militare ed i loro emuli16. Perocche ne i Greci, ne i Romani, ne le popolazioni<br />
eminentemente civilizzate dell fAsia, non meglio nell fantichita che nei tempi moderni,<br />
hanno saputo e sanno una parola di un siffatto onore e dei suoi principi. Tutti questi popoli<br />
non conoscono che cio che noi abbiamo chiamato l fonore borghese. Presso di loro l fuomo<br />
non ha altro valore che quello conferitogli dalla sua intera condotta, e non quello fattogli<br />
dalle parole che una mala lingua si diverte a proferire sul suo conto. Presso tutti questi<br />
popoli cio che dice o fa un individuo puo benissimo annientare il suo proprio onore, ma<br />
non mai quello di un altro. Una percossa, presso tutti questi popoli, non e altra cosa che una<br />
percossa, eguale e forse meno pericolosa del calcio che puo tirare un cavallo od un asino:<br />
una percossa potra, al caso, suscitar la collera o spingere immediatamente alla vendetta, ma<br />
non ha niente di comune coll fonore. Queste nazioni non tengono registri ove notare a conto<br />
le percosse o le ingiurie, oppure le soddisfazioni che si ebbe cura, o si trascuro di ottenere.<br />
Per bravura, e per disprezzo della vita esse non la cedono affatto affatto17 all fEuropa
cristiana. I Greci ed i Romani erano certo eroi perfetti, ma ignoravano completamente il<br />
ápunto d fonore â. Il duello, presso di loro, non era privilegio delle classi nobili, ma affare di<br />
vili gladiatori, di schiavi abbandonati, di rei condannati che erano eccitati a battersi,<br />
alternativamente colle bestie feroci, per divertimento del pubblico. Col Cristianesimo i<br />
giuochi dei gladiatori furono aboliti, ma al loro posto, e regnando sovrana la religione di<br />
Cristo, si istitui il duello, coll fintermedio del giudizio di Dio. Se i primi erano un sacrifizio<br />
crudele offerto alla pubblica curiosita, il duello e un sacrifizio non meno crudele al<br />
pregiudizio generale, sacrifizio in cui non sono immolati colpevoli, schiavi o prigionieri,<br />
ma uomini liberi e nobili.<br />
Moltissimi tratti che la storia ci ha conservato provano che gli antichi ignoravano<br />
assolutamente questo pregiudizio. Quando, per esempio, un capo teutono invito Mario ad<br />
un duello, l feroe gli fece rispondere che áse era stanco della vita non aveva che da<br />
appiccarsi per la gola â, proponendogli tuttavia un gladiatore dei piu valenti con cui<br />
potrebbe combattere a suo piacere (Freinsheim, Supplementi a Tito Livio, 1. LXVIII, c.<br />
12). Leggiamo in Plutarco (Temistocle, 11) che Euribiade, comandante della flotta, in una<br />
discussione con Temistocle, avrebbe alzato il bastone per batterlo; non si scorge mica che<br />
questi abbia snudata la spada, ma che disse: áBatti, ma ascolta â. Quale indegnazione il<br />
lettore áuomo di onore â deve provare non trovando menzione in Plutarco che il corpo degli<br />
prepara a quest falta missione: intendo parlare della gioventu accademica, la quale in Germania, ohime!<br />
obbedisce a questi precetti piu che qualunque altra classe di persone. Qui io non vengo a richiamare<br />
l fattenzione dei giovani studenti sulle conseguenze funeste od immorali di tali massime; lo si deve aver<br />
fatto<br />
ben di sovente. Mi limitero dunque a dir loro cio che segue: Voi, la cui gioventu e stata nutrita colla lingua e<br />
colla saggezza dell fEllade e del Lazio, voi, per cui si ebbe la cura inapprezzabile d filluminare di buon fora<br />
la<br />
giovane intelligenza coi raggi splendidi emanati dalle menti nobili e saggie del bel tempo antico, come mai<br />
volete voi esordire nella vita prendendo per regola di condotta questo codice della demenza e della<br />
brutalita?<br />
Vedetelo, questo codice, quando, come ho fatto io, lo si stabilisce su nozioni chiare, come e spiegato, la,
davanti i vostri occhi, nella sua miserabile nullita; fatene la pietra di paragone non del vostro cuore, ma<br />
della<br />
vostra ragione. Se questa non lo respinge, allora la vostra mente non e atta a coltivare un campo per cui<br />
qualita indispensabili sono una forza energica di raziocinio che spezzi facilmente i legami del pregiudizio, ed<br />
una ragione chiaroveggente che sappia distinguere nettamente il vero dal falso anche la dove la differenza<br />
e<br />
profondamente nascosta, e non solamente dove, come qui, e palpabile; se cosi fosse, miei buoni amici,<br />
cercate<br />
qualche altro mezzo onesto per tirar avanti nel mondo: fatevi soldati, o imparate qualche mestiere, che una<br />
buona arte e sempre un podere d foro. (Nota dell feditore tedesco).<br />
16 Cioe chi vuole scimiottare i nobili ed i militari. (Nota del Trad.).<br />
17 gaffatto h ripetuto nel testo. (Nota dell fedizione elettronica Manuzio)<br />
44<br />
ufficiali ateniesi non abbia immediatamente dichiarato di non voler piu servire sotto<br />
Temistocle! Percio uno scrittore francese dei nostri giorni dice con ragione: áSe qualcuno<br />
s fimmaginasse di dire che Demostene fu un uomo d fonore si riderebbe per compassione.....<br />
Neppur Cicerone era uomo d fonore. â (Soirees litteraires, par C. Durand; Rouen, 1828, vol.<br />
II, pag. 300). Inoltre il passo di Platone (De leg., IX, le sei ultime pagine e XI, pag. 131,<br />
ediz. Bipont) sopra le ƒ¿ƒÇƒÈƒÇƒ¿, vale a dire sulle ingiurie con vie di fatto, prova abbastanza che<br />
in quest fargomento gli antichi non supponevano nemmeno tale sentimento del punto<br />
d fonore cavalleresco. Socrate, in seguito alle sue numerose controversie, si espose molte<br />
volte alle percosse, che sopportava con tutta calma; un giorno, avendo ricevuto un calcio,<br />
non ne fece caso e disse a qualcuno che si maravigliava di cio: áSe me lo avesse dato un<br />
asino ne porterei querela? â (Diogene Laerzio, II, 21). Un faltra volta, siccome qualcuno gli<br />
diceva: áQuest fuomo vi biasima; non vi ingiuria forse? â rispose: áNo, perche cio che dice<br />
non si riferisce a me â (Ibid. 36). . Stobeo (Florilegium, ediz. Gaisford, vol. I, pag. 327-<br />
330) ci ha conservato un lungo brano di Musonio, brano che ci lascia scorgere la maniera<br />
con cui gli antichi consideravano le ingiurie: essi non conoscevano altra soddisfazione che<br />
quella da ottenersi per mezzo dei magistrati, e i saggi disdegnavano pur questa. Si puo
vedere nel Gorgia di Platone (pag. 86, ediz. Bipont) che in fatti cosi aveva luogo l funica<br />
riparazione che si potesse pretendere per uno schiaffo; noi vi troviamo anche (pag. 133)<br />
riportata l fopinione di Socrate in proposito. E cio spicca pure da quanto racconta Aulo<br />
Gellio (XX, 1) di un certo Lucio Verazio il quale si divertiva, per malizia e senza motivo<br />
alcuno, a dare uno schiaffo ai cittadini romani che incontrava per istrada; allo scopo di<br />
evitare lunghe formalita egli si faceva accompagnare da uno schiavo che portava un sacco<br />
di moneta di bronzo e che era incaricato di pagare immediatamente al passeggiero stupito<br />
l fammenda legale di 25 assi. Crate, il celebre cinico, avendo ricevuto dal musicista<br />
Nicodromo uno schiaffo cosi forte che il viso gli si era gonfiato con larga echimosi, si<br />
attacco alla fronte una tavoletta coll fiscrizione: Nicodromo fece, cio che coperse di<br />
vergogna il suonatore di flauto che si era lasciato trasportare ad una tale brutalita (Diogene<br />
Laerzio, VI, 89) contro un uomo che tutta Atene riveriva al pari d fun Dio Lare (Apulejo,<br />
Flor. pag. 126, ediz. Bipont). Abbiamo in argomento una epistola di Diogene di Sinope a<br />
Melesippo nella quale, dopo avergli detto d fesser stato battuto da alcuni Ateniesi ubbriachi,<br />
aggiunge che di cio non gli cale (Nota Casaub. ad Diog. Laert., VI, 33). Seneca nel libro De<br />
constantia sapientis, dal capitolo X fino alla fine, tratta in dettaglio de contumelia per<br />
stabilire che il savio la sprezza. Al capitolo XIV dice: áMa il saggio percosso da uno<br />
schiaffo che fara? Cio che fece Catone, il quale percosso nel viso non si adiro, non vendico<br />
l fingiuria e neppure la perdono, ma nego che gli fosse stata fatta â.<br />
áSta bene, esclamerete, ma erano savi! â<br />
E voi altri, siete pazzi voi altri? . Ve lo accordo.<br />
Noi vediamo dunque che ogni principio d fonore cavalleresco era ignoto agli antichi<br />
precisamente perche consideravano, sotto ogni punto di vista, le cose nel loro aspetto<br />
naturale senza prevenzioni e senza lasciarsi raggirare da ciance empie o funeste. Sicche in<br />
uno schiaffo non vedevano altra cosa se non cio che e in realta, un piccolo danno fisico,<br />
mentre per i moderni esso e una catastrofe ed un tema da tragedia, come per esempio nel<br />
Cid di Corneille ed in un dramma tedesco piu recente intitolato La forza delle circostanze,<br />
ma che dovrebbe piuttosto chiamarsi La forza del pregiudizio. Se un di fosse dato uno
schiaffo nell fAssemblea nazionale a Parigi, l fEuropa intera ne rimbomberebbe. Le<br />
reminiscenze classiche, e gli esempi dell fantichita or ora ricordati devono aver mal disposto<br />
gli áuomini d fonore â; noi raccomandiamo loro come antidoto di leggere in Jacques le<br />
fataliste, capolavoro di Diderot, la storia di Monsieur Desglands18; vi troveranno un tipo<br />
18 Nel gia ricordato áSchizzo di una dissertazione sull fonore â Schopenhauer cosi racconta questa storia:<br />
Due uomini d fonore, l funo dei quali si chiamava Desglands, corteggiano la stessa donna: essi sono seduti<br />
a<br />
tavola vicini, e dirimpetto alla dama, di cui Desglands cerca fissar l fattenzione con discorsi vivaci; ma cio<br />
45<br />
nobilmente straordinario dell fonore cavalleresco moderno che potra dilettarli e nel tempo<br />
stesso edificarli a maraviglia.<br />
Da quanto precede resta provato abbastanza che il principio dell fonore cavalleresco<br />
non e un principio primitivo, basato sulla natura stessa dell fuomo; invece esso e artificiale,<br />
e la sua origine e facile a scoprire. L fonore cavalleresco e il figlio di quei secoli in cui i<br />
pugni erano esercitati piu che le teste, ed in cui i preti tenevano incatenata la ragione, del<br />
medio evo insomma, del medio evo tanto vantato, e della sua cavalleria. Allora infatti il<br />
buon Dio non aveva la sola missione di vegliare su noi, ei doveva anche giudicare per noi.<br />
Percio le cause giudiziarie d findole delicata si decidevano per mezzo delle Ordalie o giudizi<br />
di Dio, che consistevano, meno qualche piccola eccezione, in combattimenti singolari, non<br />
solamente tra cavalieri, ma anche tra borghesi come viene provato da un bel passo<br />
dell fEnrico VI di Shakespeare (2a parte, atto 2 ‹, scena 3a). Il combattimento singolare o<br />
giudizio di Dio era un fistanza suprema a cui si poteva appellarsi contro ogni sentenza<br />
giudiziaria. In tal modo, invece della ragione, si era la forza e la destrezza fisica, altramente<br />
detta la natura animale, che si erigeva a tribunale, e non era mica cio che un uomo aveva<br />
fatto, ma cio che gli era accaduto che decideva se egli aveva torto o ragione, precisamente<br />
come procede il principio dell fonore cavalleresco oggigiorno in vigore. Se qualcuno<br />
conservasse ancora dei dubbi su tale origine del duello e delle sue formalita non avrebbe,<br />
per levarseli intieramente, che a leggere l feccellente opera di J. G. Mellingen, The history of
duelling, 1849. Ai nostri giorni ancora, fra le persone che regolano la loro vita su questi<br />
precetti, . gia si sa che ordinariamente non sono ne le piu istruite, ne le piu ragionevoli .<br />
ve n fha di quelle per le quali l fesito del duello rappresenta effettivamente la sentenza divina<br />
nelle conseguenze che ha portato il combattimento; opinione nata evidentemente da una<br />
lunga trasmissione ereditaria e tradizionale.<br />
Fatta astrazione dalla sua origine, il principio dell fonore cavalleresco ha per iscopo<br />
immediato di farsi accordare, colla minaccia della forza fisica, le testimonianze esterne di<br />
quella stima che si crede troppo difficile, o superfluo d facquistare realmente. Presso a poco<br />
e la stessa cosa come se qualcuno scaldasse colla mano il bulbo d fun termometro e volesse<br />
provare, perche la colonna di mercurio sale, che la sua camera e bene riscaldata. Volendo<br />
considerare la cosa piu da vicino, eccone il principio: nello stesso modo che l fonore<br />
borghese, avendo in vista i rapporti pacifici degli uomini tra loro, consiste nell fopinione che<br />
noi meritiamo piena fiducia perche rispettiamo scrupolosamente i diritti altrui, del pari<br />
l fonore cavalleresco consiste nell fopinione che noi siamo da temere perche decisi a<br />
difendere ad oltranza i nostri diritti. La massima che val meglio ispirar timore che fiducia<br />
non sarebbe cosi falsa, visto il pochissimo conto che si puo fare sulla giustizia degli uomini,<br />
se vivessimo nello stato di natura in cui ciascuno deve da se stesso difendere la sua persona<br />
e i suoi diritti. Ma essa non trova applicazione nella nostra epoca di civilta, in cui lo Stato si<br />
e preso l fincarico di proteggere persone e proprieta; essa non esiste piu che come quei<br />
castelli e quei torrioni dell fepoca del diritto feudale, inutili ed abbandonati, frammezzo<br />
campi ben coltivati, quartieri animati, e fors fanche strade ferrate. L fonore cavalleresco, per<br />
la ragione stessa che professa la massima precedente, e andato a ficcarsi necessariamente in<br />
tutte quelle offese alla persona che lo Stato non punisce che leggermente, o non punisce<br />
durante, gli occhi della persona amata carezzano costantemente il rivale di Desglands, ed ella non presta a<br />
quest fultimo che un orecchio distratto. La gelosia provoca in Desglands, che tiene in mano un uovo a bere,<br />
una contrazione spasmodica; l fuovo scoppia, e il suo contenuto salta sul viso del rivale. Questi fa un gesto<br />
colla mano, ma Desglands gliela afferra e gli dice nell forecchio: áLo tengo per dato â. Si fa un profondo
silenzio. L findomani comparisce Desglands colla guancia destra coperta da un gran tondo di taffeta nero.<br />
Ha<br />
luogo il duello e il rivale di Desglands riceve una ferita grave, ma non mortale. Desglands diminuisce allora<br />
di<br />
alcune linee il suo taffeta. Alla guarigione del rivale, secondo duello; Desglands gli cava sangue nuovamente<br />
e impiccolisce ancora il noto circoletto. E cosi per cinque o sei volte di seguito: dopo ogni duello Desglands<br />
riduce sempre piu stretta la circonferenza dell fimpiastro, che finalmente fa sparire alla morte<br />
dell favversario.<br />
(Nota dell feditore tedesco).<br />
46<br />
affatto in virtu del principio: De minimis lex non curat, tali delitti non producendo che un<br />
danno insignificante, e non essendo il piu delle volte che semplici puntigli. Per mantenere il<br />
suo dominio in una sfera molto elevata, esso ha attribuito alla persona un valore la cui<br />
esagerazione e affatto sproporzionata con la natura, la condizione ed il destino dell fuomo;<br />
spinge questo valore fino al punto di fare qualche cosa di sacro dell findividuo, e, trovando<br />
del tutto insufficienti le pene pronunziate dallo Stato contro le piccole offese alla persona, si<br />
prende la briga di punirle esso stesso con punizioni sempre corporali, ed anche colla morte<br />
dell foffensore. Havvi evidentemente, in sostanza, l forgoglio piu smisurato e l foltracotanza<br />
piu ributtante nell fobbliare la natura reale dell fuomo e nel pretendere di rivestirlo d funa<br />
inviolabilita e d funa irreprensibilita assolute. Ma ogni uomo che e deciso a mantenere simili<br />
principi colla violenza, e che professa la massima: chi m finsulta o mi tocca deve morire,<br />
merita per cio solo d fessere espulso dal paese19. E vero che si mette avanti ogni sorta di<br />
pretesti per inorpellare questo orgoglio smisurato. Di due uomini intrepidi, si dice, nessuno<br />
cedera; nella piu leggera collisione essi verranno subito alle ingiurie, poi alle percosse e<br />
finalmente all fomicidio: e dunque preferibile, in riguardo alle convenienze, di sorpassare i<br />
gradi intermedi, e ricorrere immediatamente alle armi. I dettagli della procedura sono stati<br />
allora formulati in un sistema di rigido pedantismo, sistema che ha le sue leggi e le sue<br />
regole, e che e davvero la buffonata piu lugubre del mondo; vi si puo scorgere, nessuno lo<br />
neghi, il Panteon glorioso della follia. Ma il punto di partenza istesso e falso; nelle cose
d fimportanza minima (gli affari gravi restano sempre deferiti alla decisione dei tribunali) di<br />
due uomini intrepidi ve n fha sempre uno, il piu saggio, che cede: quando non si tratta che di<br />
opinioni non si vorra nemmeno occuparsene. Ne troviamo la prova nel popolo, o, per<br />
meglio dire, in tutte quelle numerose classi sociali che non ammettono il principio<br />
dell fonore cavalleresco; quivi le contese seguono il loro corso naturale e tuttavia l fomicidio<br />
vi e cento volte meno frequente che nella frazione minima, l/1000 appena, che lo accetta;<br />
anche le risse vi sono rare. Si pretende inoltre che questo principio, coi suoi duelli, sia la<br />
pietra angolare che mantiene il bon ton e le belle maniere nella societa, che sia un baluardo<br />
che mette al riparo dall furto della brutalita e della rozzezza. Per altro in Atene, a Corinto, a<br />
Roma c fera della buona ed anche della buonissima societa, delle maniere eleganti, del bon<br />
ton, senza che vi fosse bisogno d fimpiantarvi l fonore cavalleresco a guisa di spauracchio. E<br />
19 L fonore cavalleresco e figlio dell forgoglio e della follia (la verita opposta a questi precetti si trova<br />
nettamente espressa nella commedia El Principe constante colle parole: Esa es la herencia de Adan, gli<br />
affanni sono il retaggio dei figli di Adamo). (*)<br />
Reca stupore che questo orgoglio estremo non s fincontri che in seno di quella religione che impone ai suoi<br />
aderenti l fumilta estrema; ne le epoche anteriori, ne le altre parti del mondo conoscono tale principio<br />
dell fonore cavalleresco. Tuttavia non e alla religione che bisogna attribuirne la causa, ma al regime<br />
feudale<br />
durante il quale ogni nobile si considerava come un piccolo sovrano; egli non riconosceva fra gli uomini<br />
alcun<br />
giudice che fosse messo al di sopra di lui; imparava cosi ad attribuire alla sua persona una inviolabilita ed<br />
una<br />
santita assolute; ed e per questo che qualunque attentato contro la sua persona, una percossa, una<br />
ingiuria, gli<br />
sembrava un delitto meritevole di morte. Per cio il principio dell fonore ed il duello non erano in origine<br />
che<br />
un affare concernente i nobili; essi si estesero piu tardi agli officiali, a cui si unirono poi qualche volta, ma<br />
giammai d fun modo costante, le altre classi piu eminenti, nello scopo di non perdere in considerazione. Le<br />
ordalie, quantunque abbiano fatto nascere il duello, non sono l forigine del principio dell fonore<br />
cavalleresco;
esse non ne sono che la conseguenza e l fapplicazione: chiunque non riconosce in altro uomo il diritto di<br />
giudicarlo ricorre al giudice divino. . Le ordalie stesse non appartengono esclusivamente al Cristianesimo; le<br />
troviamo spesso nel Brahmanismo, benche piu di sovente nelle epoche piu antiche; ne esistono pero vestigi<br />
anche oggigiorno. (Nota dell fAutore).<br />
(*) Le parole sopra citate fra parentesi, si leggono cosi nel Principe costante (Jorn. III, Esc. 8, ed.<br />
Hartzenbusch).<br />
(Don Giovanni entra con un pane)<br />
Don Giovanni Per portarti questo pane io fui inseguito dai Mori e le loro spade mi ferirono; arrivo or ora<br />
fieramente minacciato.<br />
Fernando La miseria (gli affanni) e il retaggio d fAdamo (dei figli d fAdamo).<br />
(Nota dell feditore tedesco).<br />
47<br />
giusto pero il dire che le donne non regnavano nella societa antica come presso di noi. Oltre<br />
il carattere frivolo e puerile che assume con esse la conversazione, poiche se ne bandisce<br />
qualunque soggetto serio ed ampliamento trattato, la presenza delle donne nella nostra<br />
societa contribuisce di certo per una gran parte ad accordare al coraggio personale il<br />
primato su ogni altra qualita, mentre in realta esso non e che un merito molto subordinato,<br />
una semplice virtu da sotto-tenente nella quale gli animali stessi ci sono superiori; infatti<br />
non si dice forse: ácoraggioso come un leone? â Ma v fha di piu: all fopposto dell fasserzione<br />
precedentemente riportata, il principio dell fonore cavalleresco e di sovente il rifugio sicuro<br />
della disonesta e della scelleratezza negli affari gravi, e nello stesso tempo l fasilo<br />
dell finsolenza, della sfacciataggine e della rozzezza nelle cose di lieve momento, per la<br />
semplicissima ragione che nessuno si vuol prender la briga di castigare queste brutte qualita<br />
a rischio della vita. In prova vediamo il duello rigogliosamente in fiore, e praticato colla piu<br />
sanguinaria serieta, precisamente presso quella nazione la quale, nelle sue relazioni<br />
politiche e finanziarie, ha mostrato mancanza di vera onesta: a chi ne ha fatto la prova<br />
bisognerebbe domandare di che natura sieno le relazioni private cogli individui di quella<br />
nazione; in quanto poi alle loro maniere civili ed alla loro coltura sociale, sono cose che da
lunga data hanno grande celebrita come modelli negativi.<br />
Tutti questi motivi che vengono allegati sono adunque privi di fondamento. Si<br />
potrebbe affermare con piu ragione che, come il cane brontola quando lo si irrita e fa vezzi<br />
quando lo si carezza, nello stesso modo e proprio della natura dell fuomo il rendere ostilita<br />
per ostilita e l fessere esacerbato ed irritato per le manifestazioni dello sprezzo o dell fodio.<br />
Cicerone l fha gia detto: áL fingiuria ha un certo aculeo che gli stessi uomini saggi e<br />
prudenti difficilmente possono tollerare â, ed infatti in nessuna parte del mondo (fatta<br />
eccezione di alcune sette divote) si sopportano con calma le ingiurie, o, a piu forte ragione,<br />
le percosse. Ma la natura c finsegna di non andar al di la d funa rappresaglia equivalente<br />
all foffesa, non ci dice mica di punir colla morte colui che ci accusasse di menzogna, di<br />
stupidita, o di codardia. L fantica massima tedesca: áAd uno schiaffo con uno stile â e un<br />
pregiudizio cavalleresco che muove a sdegno. In qualunque caso si e alla collera che tocca<br />
rendere o vendicare le offese, e non all fonore od al dovere, ai quali il principio dell fonore<br />
cavalleresco ne impone l fobbligo. E certo d faltronde che un rimprovero non offende che<br />
nella misura con cui ci colpisce; cio che lo prova si e che la piu piccola allusione, che batta<br />
giusto, ferisce molto piu profondamente di un faccusa assai piu grave ma che non sia<br />
fondata. Per conseguenza chiunque ha la coscienza sicura di non aver meritato un<br />
rimprovero, puo disdegnarlo e non gliene calera. Il principio dell fonore invece gli impone<br />
di mostrare una irritazione che non prova e di vendicare col sangue offese che non lo hanno<br />
colpito. Eppure e veramente aver pochissima opinione del proprio valore il cercar di<br />
soffocare ogni parola che mostrasse di metterlo in dubbio! La vera stima di se stesso dara la<br />
calma ed il disprezzo reale delle ingiurie; in mancanza di essa, la prudenza e la buona<br />
educazione ci comandano di salvare l fapparenza e di dissimulare la nostra collera. Se<br />
inoltre noi giungessimo a spogliarci dal pregiudizio del principio cavalleresco; se nessuno<br />
piu ammettesse che un insulto fosse capace di togliere o di restituire checchessia all fonore;<br />
se si fosse convinti che un torto, una brutalita, una villania non possono essere giustificati<br />
all fistante colla sollecitudine che si vorra mettere a darne soddisfazione, cioe a battersi,<br />
allora ognuno arriverebbe a comprendere che quando si tratta d finvettive e d fingiurie, si e il
vinto che sorte vincitore dal combattimento, e che, come dice Vincenzo Monti, delle<br />
ingiurie avviene lo stesso come delle processioni sacre, le quali ritornano sempre al loro<br />
punto di partenza. Allora non basterebbe piu, come attualmente, spacciare una insolenza per<br />
mettere il diritto dalla nostra parte; allora il senno e la ragione avrebbero ben altra autorita,<br />
mentre oggidi devono, prima di parlare, vedere se non urtano in checchessia l fopinione<br />
delle menti meschine e degli imbecilli che irrita ed allarma gia la loro sola apparizione, che<br />
altrimenti l fintelligenza puo trovarsi nel caso di giuocare in un colpo di dadi, la testa ove<br />
48<br />
risiede contro il cervello grossolano ove e alloggiata la stupidita. Allora la superiorita<br />
intellettuale occuperebbe realmente nella societa il primo posto che gli e dovuto e che si da<br />
oggi, benche in modo mascherato, alla superiorita fisica ed al coraggio alla ussara; di piu<br />
allora vi sarebbe, per gli uomini eminenti, un motivo di meno per fuggire la societa, cio che<br />
fanno attualmente. Un mutamento tanto radicale farebbe nascere il vero bon ton e<br />
fonderebbe la vera buona societa nella forma in cui, senza dubbio, ha esistito a Roma, a<br />
Corinto ed in Atene. A chi volesse averne saggio raccomando di leggere il Banchetto di<br />
Senofonte.<br />
L fultimo argomento in difesa del codice cavalleresco sara senza dubbio concepito<br />
cosi: áAndiamo dunque! ma allora un uomo potrebbe, Dio ce ne guardi, percuotere un<br />
altro! â A cio potrei rispondere, senza frasi reboanti, che il caso si e presentato ben di<br />
frequente in quei 999/1000 della societa presso i quali tale codice non e ammesso, senza che<br />
un solo individuo ne sia morto, mentre che presso coloro che ne seguono i precetti, ogni<br />
percossa, per regola, diventa una faccenda mortale.<br />
Ma voglio esaminare la questione piu in dettaglio. Io mi sono molto di sovente affaticato<br />
la mente per trovare nella natura animale od intellettuale dell fuomo una qualche ragione<br />
valida od anche solamente plausibile, fondata non su semplici modi di dire, ma su nozioni<br />
distinte, una qualche ragione, ripeto, che possa giustificare la convinzione, profondamente<br />
radicata in una parte della specie umana, che una percossa e una orribile cosa: tutte le mie<br />
ricerche riescirono vane. Una percossa non e e non sara mai che un piccolo male fisico che
ogni uomo puo cagionare ad un altro, senza provare con cio altra cosa se non che egli e piu<br />
forte o piu destro, oppure che l faltro non stava in guardia. Dall fanalisi di piu non abbiamo.<br />
Inoltre io vedo questo stesso cavaliere per il quale, una percossa ricevuta dalla mano di un<br />
uomo sembra il piu grande di tutti i mali, ricevere un colpo dieci volte piu forte dal suo<br />
cavallo ed assicurare, trascinando la gamba e dissimulando il dolore, che non e niente.<br />
Allora ho supposto che cio dipendesse dalla mano dell fuomo. Vedo pero il nostro cavaliere<br />
in un combattimento, ricever dalla mano di un uomo colpi di punta e di taglio ed assicurare<br />
ancora che sono bagattelle di cui non vale la pena di parlare. Imparo inoltre che i colpi di<br />
lama piatta non sono a un dipresso tanto terribili come i colpi di bastone, sicche molto di<br />
recente gli allievi delle scuole militari erano ancora passibili dei primi, e giammai degli<br />
altri. Ma v fha di piu: nella iniziazione di un cavaliere il colpo col piatto della lama e un<br />
grandissimo onore. Ed ecco esauriti tutti i miei motivi psicologici e morali; ora non mi resta<br />
piu che a considerare la cosa come un fantica superstizione, profondamente radicata, come<br />
un nuovo esempio, a lato di tanti altri, di quanto si puo dare ad intendere agli uomini. Cio<br />
che e provato anche dal fatto ben noto che in China i colpi di bastone sono una punizione<br />
civile impiegata assai frequentemente anche riguardo a funzionari d fogni grado; la qual<br />
cosa dimostra che cola la natura umana, pur anco fra le persone piu civili, non parla come<br />
da noi20.<br />
Inoltre un esame imparziale della natura umana c finsegna che il battere e tanto<br />
naturale all fuomo quanto il mordere agli animali carnivori e il dar colpi di testa alle bestie<br />
cornute; l fuomo e, propriamente parlando, un animale percuotitore. Per questo siamo mossi<br />
a sdegno quando sentiamo che un uomo ha morsicato un altro uomo: dare o ricever colpi<br />
invece e per esso un effetto tanto naturale quanto frequente. Si comprende facilmente come<br />
le persone d funa educazione finita cerchino di sottrarsi a tali effetti dominando<br />
reciprocamente la loro naturale inclinazione. Ma havvi invero della crudelta nel voler far<br />
credere ad una intera nazione, od anche solo ad una classe d findividui, che ricevere una<br />
percossa sia una disgrazia spaventevole, che dev fessere seguita dall fomicidio. Ci sono<br />
troppi veri mali a questo mondo perche sia permesso d faumentarne il numero e crearne
20 Venti o trenta colpi di canna sulle natiche sono, per cosi dire, il pane quotidiano dei Chinesi. E questa<br />
una correzione paterna del mandarino, correzione che non ha niente d finfamante, e che viene ricevuta<br />
con vivi<br />
ringraziamenti (Lettres edifiantes et curieuses, ediz. del 1819, voi XI, pag. 454). (Citazione dell fAutore).<br />
49<br />
d fimmaginari che ne portano pur troppo di reali seco loro, cio che fa tuttavia questo sciocco<br />
e scellerato pregiudizio. Come conseguenza io non potrei che disapprovare quei governi e<br />
quei corpi legislativi che gli vengono in aiuto affaticandosi con ardore per far abolire, tanto<br />
nel codice civile che nel militare, le punizioni corporali. Cosi facendo essi credono di agire<br />
nell finteresse dell fumanita, quando, al contrario, lavorano cosi a consolidare questo<br />
traviamento snaturato e funesto a cui sono gia state sacrificate tante vittime. Per ogni colpa,<br />
salvo le piu gravi, infliggere alcune bastonate e la punizione che nell fuomo si presenta per<br />
prima alla mente; dunque e la piu naturale; chi non si sottomette alla ragione, si<br />
sottomettera ai colpi. Punire con una leggera bastonatura colui che non puo esser colpito<br />
nelle ricchezze quando non ne ha, e che non puo esser privato della liberta, quando si ha<br />
bisogno de f suoi servigi, e un atto tanto giusto quanto naturale. Percio non viene presentata<br />
alcuna buona ragione contro questo principio; gli oppositori si contentano d finvocare la<br />
dignita dell fuomo, maniera di parlare che non si appoggia sopra una nozione veramente<br />
chiara, ma ancora e sempre sul fatale pregiudizio di cui abbiamo parlato piu in alto. Un<br />
fatto recente dei piu comici viene a confermare tale stato di cose: molti Stati hanno or ora<br />
sostituito nell farmata le stangate alle bastonate; le stangate come ogni altro colpo,<br />
producono senza dubbio un dolore fisico, e nondimeno sono tenute per non infamanti, ne<br />
disonoranti.<br />
Stimolando cosi il pregiudizio che ci tien servi, s fincoraggia nello stesso tempo il<br />
principio dell fonore cavalleresco e quindi del duello, mentre d faltra parte si fanno sforzi, o<br />
piuttosto si pretende di sforzarsi per abolire colle leggi il duello21. Cosi vediamo questo<br />
frammento del diritto del piu forte, trasportato attraverso il tempo dal medio-evo al XIX<br />
secolo, fare oggi ancora scandalosa mostra di se in pieno giorno; e tempo alla fin fine di
cacciarlo vergognosamente. Oggidi, quando e proibito di addestrare con metodo cani e galli<br />
a battersi gli uni contro gli altri (in Inghilterra almeno questi combattimenti sono puniti), ci<br />
e dato veder creature umane eccitate loro malgrado a lotte mortali: si e da questo ridicolo<br />
pregiudizio, da questo principio assurdo dell fonore cavalleresco, si e da questi stupidi<br />
rappresentanti e da questi campioni che, per la prima bagattella insorta, viene imposto agli<br />
uomini l fobbligo di battersi fra loro come gladiatori. Propongo ai nostri puristi tedeschi di<br />
rimpiazzare la parola duell, derivata probabilmente non dal latino duellum, ma dallo<br />
spagnuolo duelo (danno, querela, pena), colla parola Ritterhetze (lotta di cavalieri, come si<br />
dice lotta di galli o di bull-dogs). Si ha certamente amplio soggetto al riso nel vedere le<br />
formalita pedanti con cui si compiono tutte queste follie. Non si e per cio meno mossi a<br />
sdegno, riflettendo che questo principio, col suo codice assurdo, costituisce nello Stato uno<br />
Stato che, non riconoscendo altro diritto se non quello del piu forte, tiranneggia le classi<br />
sociali che sono sotto il suo dominio collo stabilire un tribunale permanente della Santa-<br />
Vehme; ognuno puo esser citato da chichessia a comparirvi; i motivi della citazione, facili a<br />
trovare, fanno l fofficio di sbirri del tribunale, e la sentenza pronunzia la pena di morte<br />
contro le due parti. E questo naturalmente il rifugio dal fondo del quale l findividuo piu<br />
spregevole, alla sola condizione di appartenere alle classi soggette alle leggi dell fonore<br />
21 Ecco, secondo me, qual fe il vero motivo per cui i governi non si sforzano che in apparenza a proscrivere<br />
i duelli, cosa ben facile, sopra tutto nelle Universita, e d fonde viene che essi pretendano non potervi<br />
riuscire;<br />
lo Stato non e in grado di pagare con danaro i servigi dei suoi officiali e dei suoi impiegati civili al loro giusto<br />
valore; percio fa consistere l faltra meta dei loro emolumenti in onore, rappresentato dai titoli, dalle<br />
uniformi e<br />
dalle decorazioni. Per mantenere tale prezzo ideale dei loro servigi ad un corso elevato, bisogna, con ogni<br />
mezzo, sostenere, avvivare ed anche esaltare un po f il sentimento dell fonore; siccome a tal uopo<br />
l fonore<br />
borghese non basta per la semplice ragione che e proprieta comune di tutti, si chiama in aiuto l fonore<br />
cavalleresco che si stimola, come abbiamo gia dimostrato. In Inghilterra, ove il soldo dei militari e degli<br />
impiegati civili e molto maggiore che sul continente, non si ha bisogno d fun tale espediente; sicche, da<br />
una
ventina d fanni specialmente, il duello vi e quasi affatto caduto in disuso; e nelle rare occasioni in cui vi si<br />
ricorre ancora, il pubblico ne ride come d funa pazzia. E certo che la grande Anti-duelling Society, che conta<br />
fra i suoi membri una folla di lord, d fammiragli e di generali, ha contribuito assai a questo risultato, e il<br />
Moloch deve cosi far a meno di vittime. (Nota dell fAutore).<br />
50<br />
cavalleresco, potra minacciare, od anche uccidere gli uomini piu nobili e migliori, che sono<br />
precisamente quelli che odia di necessita. Poiche al giorno d foggi la giustizia e la polizia<br />
hanno guadagnato presso a poco abbastanza autorita perche un briccone non possa piu<br />
arrestarci per la strada gridandoci: la borsa o la vita!, sarebbe tempo che il buon senso<br />
assumesse altrettanta autorita affinche la prima canaglia venuta non possa piu venirci a<br />
turbare nel bel mezzo della nostra esistenza piu pacifica esclamando: l fonore o la vita!<br />
Bisogna finalmente liberare le classi superiori dal peso che le opprime, bisogna affrancarci<br />
tutti dall fangoscia di sapere che possiamo ad ogni momento essere chiamati a pagare colla<br />
nostra vita la brutalita, la rozzezza, la balordaggine o la cattiveria di tale individuo cui avra<br />
piaciuto scaricarla contro di noi. E ingiusto, e vergognoso che due giovani inesperti e senza<br />
cervello sieno tenuti ad espiare col loro sangue la piu piccola contesa. Ecco un fatto che<br />
prova a quale altezza si sia levata la tirannia di questo Stato nello Stato, ed a qual punto sia<br />
arrivato il potere di questo pregiudizio: si e visto spesso persone uccidersi per la<br />
disperazione di non aver potuto ristabilire il loro onore cavalleresco offeso, sia perche<br />
l foffensore era di troppo alta o di troppo bassa condizione, sia per tutt faltra causa di<br />
disproporzione che rendeva il duello impossibile; una tal morte non e proprio tragicomica?<br />
Tutto quanto e falso ed assurdo si rivela alla fine per cio che, giunto al suo sviluppo<br />
perfetto, porta come fiore una contraddizione; egualmente nel caso nostro la contraddizione<br />
sboccia sotto la forma della piu ingiusta antinomia; infatti il duello e proibito all fufficiale, e<br />
nondimeno questi e punito colla destituzione se, dandosene il caso, si rifiutasse di battersi.<br />
Poiche ci sono, voglio andare ancora piu avanti col mio parlar franco. Esaminata con<br />
cura e senza prevenzioni, la grande differenza, che si fa risuonare tanto forte, tra l fuccidere<br />
il proprio avversario in una lotta alla piena luce del sole e ad armi eguali oppure in un
agguato, e fondata semplicemente su quanto abbiamo gia detto che cioe questo Stato nello<br />
Stato non riconosce altro diritto che quello del piu forte e ne fa la base del suo codice dopo<br />
averlo elevato all faltezza di un giudizio di Dio. Infatti, cio che si chiama un combattimento<br />
leale non prova altra cosa se non che si e o il piu forte o il piu abile. La giustificazione che<br />
si cerca colla pubblicita del duello presuppone dunque che il diritto del piu forte sia<br />
realmente un diritto. Ma la circostanza che il mio avversario sa difendersi male mi da<br />
effettivamente la possibilita, e non il diritto di ucciderlo; questo diritto, altrimenti detto la<br />
mia giustificazione morale, non puo derivare che dai motivi che io ho di togliergli la vita.<br />
Ammettiamo ora che questi motivi esistino e che sieno soddisfacenti; allora non v fha piu<br />
alcuna ragione di cercar prima chi di noi due maneggia meglio la pistola o la spada, allora e<br />
indifferente che io lo uccida in tale o tal faltra maniera, per davanti o per di dietro. Perocche,<br />
moralmente parlando, il diritto del piu forte non ha piu peso del diritto del piu scaltro, ed e<br />
di quest fultimo che si fa uso quando si ammazza a tradimento: qui il diritto del pugno vale<br />
esattamente il diritto della testa. Osserviamo inoltre che anche nel duello sono messi in<br />
pratica i due diritti, perche ogni finta nella scherma e un inganno. Se io mi credo<br />
moralmente autorizzato a toglier la vita ad un uomo, farei una sciocchezza col rimettermi<br />
alla sorte s fegli sapesse maneggiare le armi meglio di me, perocche in questo caso sara lui<br />
che dopo avermi offeso mi uccidera per soprammercato. Rousseau e d favviso che bisogna<br />
vendicar un foffesa non col duello, ma coll fassassinio; egli presenta tale sua opinione con<br />
molte precauzioni nella 21.a nota, concepita in termini cosi misteriosi, del IV libro<br />
dell fEmilio22. Ma egli e ancora cosi fortemente imbevuto dal pregiudizio cavalleresco che<br />
22 Ecco la famosa nota: Ma se altri cercasse di altercare con lui, come dovra egli comportarsi? Rispondo<br />
ch fegli non avra mai alterchi, se non si prestera abbastanza per averne. Ma infine, si seguitera a chiedere,<br />
chi<br />
sara salvo da uno schiaffo o da una smentita da parte d fun brutale, d fun ubbriaco, o d fun bravaccio<br />
briccone<br />
che per avere il piacere di uccidere un uomo comincia col disonorarlo? Allora e un faltra cosa: e necessario<br />
che l fonore dei cittadini e la loro vita non sieno in balia d fun brutale, d fun ubbriaco o d fun bravaccio
iccone, e non si puo preservarsi da un tale accidente meglio che dalla caduta di una tegola. Uno schiaffo<br />
ed<br />
una smentita ricevuti e sofferti hanno effetti civili che nessuna saggezza puo prevenire, e di cui nessun<br />
tribunale puo vendicare l foffeso. L finsufficienza della legge gli rende dunque in cio l findipendenza; egli e<br />
51<br />
considera il rimprovero d funa menzogna come giustificazione dell fassassinio, mentre<br />
dovrebbe sapere che ogni uomo ha meritato questo rimprovero innumerevoli volte, egli<br />
stesso per primo ed al piu alto grado. E evidente che il pregiudizio che autorizza ad<br />
uccidere l foffensore a condizione che il combattimento succeda di pieno giorno e ad armi<br />
eguali, considera il diritto della forza come se fosse realmente un diritto, e il duello come<br />
un giudizio di Dio. Almeno l fitaliano che bollente di collera assalta senza complimenti, a<br />
colpi di coltello, l fuomo che lo ha offeso, agisce in modo logico e naturale: egli e piu<br />
scaltro, ma non piu cattivo del duellista. Se si volesse oppormi che cio che mi giustifica<br />
dell fuccisione del mio avversano in duello si e che da parte sua egli cerca di fare altrettanto,<br />
risponderei che provocandolo l fho messo nel caso di legittima difesa. Mettersi cosi<br />
mutuamente e con intenzione nel caso di legittima difesa non significa altro, in conclusione,<br />
se non cercare un pretesto plausibile per l fomicidio. Si potrebbe meglio trovare una<br />
giustificazione nella massima: áVolenti non fit injuria â (Non si fa torto a chi v facconsente),<br />
poiche si e di comune accordo che si rischia la vita; ma a cio si potrebbe replicare che<br />
volens non e parola esatta, perocche la tirannia del principio dell fonore cavalleresco e del<br />
suo codice assurdo e l falguazilo che ha trascinato i due campioni, o per lo meno uno di essi,<br />
davanti questo tribunale sanguinario della Santa-Vehme.<br />
Mi sono fermato a lungo sull fonore cavalleresco, ma lo feci con una buona intenzione<br />
e perche la filosofia e l fErcole che solo puo combattere sulla terra le mostruosita morali ed<br />
intellettuali. Due cose principalmente distinguono lo stato della societa moderna da quello<br />
della societa antica, e cio a detrimento della prima a cui danno una tinta seria, tetra, sinistra<br />
da cui non era velata l fantichita, cio che la fa apparir candida e serena come il mattino della<br />
vita. Queste due cose sono: il principio dell fonor cavalleresco e la sifilide, par nobile
fratrum. A loro due hanno avvelenato ƒËƒÃ.ƒÈƒÍ. ƒÈƒ¿ƒÇ ƒÇƒÉ.ƒ¿ della vita (i contrasti e le amicizie<br />
della vita). Infatti l finfluenza della sifilide e molto piu estesa che non sembri a prima vista<br />
per cio che tale influenza non e solamente fisica ma anche morale. Dappoiche la faretra<br />
d famore porta anche freccie avvelenate s fe introdotto nelle mutue relazioni dei sessi un<br />
elemento eterogeneo, ostile, direi quasi diabolico, il quale fa che esse sieno pregne d funa<br />
tetra e paurosa diffidenza: gli effetti indiretti d funa tale alterazione nel fondamento d fogni<br />
comunita umana si fanno sentire egualmente, a gradi diversi, in tutte le altre relazioni<br />
sociali; ma la loro analisi dettagliata mi trarrebbe troppo lungi. Analoga, benche di tutt faltra<br />
natura, e l finfluenza del principio d fonore cavalleresco, questa forza di grave conseguenza<br />
che rende la moderna societa rigida, cupa ed inquieta poiche ogni parola fuggitiva vi e<br />
scrutata e discussa. Ma non e tutto. Questo principio e un Minotauro universale a cui<br />
bisogna sacrificare ogni anno un gran numero di figli di famiglie nobili, presi non in un<br />
solo Stato, come per il mostro antico, ma in tutti i paesi d fEuropa. Sicche e tempo alla fine<br />
d fattaccare coraggiosamente corpo a corpo la chimera, come ho fatto or ora. Possa il XIX<br />
secolo sterminare questi due mostri dei tempi moderni! Noi non disperiamo di vedere i<br />
medici riuscirvi circa uno di essi col mezzo della profilassia. Ma appartiene alla filosofia<br />
l fannientar la chimera raddrizzando le idee; i governi non hanno potuto aver buon esito<br />
colle leggi, che il solo ragionamento filosofico puo attaccare il male nella radice. Fino a che<br />
questo avvenga, se i governi vogliono seriamente abolire il duello, e se il piccolissimo<br />
successo dei loro sforzi non dipende che dalla loro impotenza, io vengo a proporre loro una<br />
legge di cui garantisco l fefficacia e che non reclama operazioni sanguinose, ne patiboli, ne<br />
allora il solo magistrato, il solo giudice tra l foffensore e se stesso: egli e il solo interprete e il solo ministro<br />
della legge naturale, egli si deve giustizia e solo puo rendersela e non v fha sulla terra governo tanto<br />
insensato<br />
per punirlo di essersela fatta in caso tale. Non dico che debba andare a battersi, sarebbe una stravaganza;<br />
dico<br />
ch fegli si deve giustizia e che ne e il solo esecutore. Senza tanti vani editti contro il duello, se io fossi<br />
sovrano,<br />
garantisco che non sarebbero mai dati schiaffi ne smentite nel mio regno, e cio con un mezzo molto<br />
semplice,
con cui i tribunali non avrebbero a che fare. Checche ne sia Emilio conosce la giustizia che in tal caso deve a<br />
se stesso, e l fesempio che deve alle persone d fonore. Non dipende dall fuomo il piu risoluto l fimpedire<br />
che lo<br />
si insulti; ma dipende da lui l fimpedire che si possa vantarsi a lungo di averlo insultato. (N. del Trad.).<br />
52<br />
forche, ne prigioni perpetue. Si tratta invece di un piccolo, di un piccolissimo rimedio<br />
omeopatico dei piu facili; eccolo: áChiunque mandera o accettera una sfida ricevera alla<br />
chinese, di pieno giorno, davanti il corpo di guardia dodici colpi di bastone per mano del<br />
caporale; chi porto la sfida, e cosi pure i testimoni ne riceveranno sei cadauno23. Per le<br />
conseguenze eventuali del duello succeduto si seguira la procedura criminale ordinaria â.<br />
Qualche cavaliere mi porra forse l fobiezione che dopo aver subito un tale castigo molti<br />
áuomini d fonore â saranno capaci di bruciarsi le cervella; a cio rispondo: Val meglio che un<br />
pazzo uccida se stesso, piuttosto che un altro uomo. Ma so molto bene che in sostanza i<br />
governi non cercano seriamente l fabolizione dei duelli. Gli stipendi degli impiegati civili,<br />
ma sopra tutto quelli degli ufficiali (salvo nei gradi elevati) sono molto inferiori al valore di<br />
cio che producono. Quindi si paga loro la differenza in onore. Questo e rappresentato dai<br />
titoli e dalle decorazioni, e, sotto un punto di vista piu largo e piu generale, dall fonore della<br />
funzione. Ora per tale onore il duello e un eccellente cavallo da maneggio il cui<br />
ammaestramento comincia gia nelle Universita. Si e col loro sangue che le vittime pagano il<br />
deficit dello stipendio.<br />
Per non fare alcuna ommissione ricordiamo qui ancora l fonore nazionale. E desso<br />
l fonore di tutto un popolo considerato come membro della comunita dei popoli. Questa<br />
comunita non riconoscendo altro foro che quello della forza, e ciascun membro avendo per<br />
conseguenza da difendere da se stesso i suoi diritti, l fonore di una nazione non consiste solo<br />
nell fopinione fermamente stabilita che essa merita fiducia (il credito), ma di piu che essa e<br />
abbastanza forte perche la si tema; percio una nazione non dovrebbe lasciar impunita la piu<br />
piccola offesa ai suoi diritti. L fonore nazionale combina dunque il punto d fonore borghese<br />
col punto d fonore cavalleresco.
4. La gloria.<br />
In cio che si rappresenta ci resta da esaminare per ultimo la gloria. Onore e gloria<br />
sono gemelli, ma alla maniera dei Dioscuri di cui uno, Polluce, era immortale e l faltro,<br />
Castore, mortale: l fonore e il fratello mortale della gloria immortale. E evidente che cio non<br />
si deve intendere che della gloria la piu alta, della gloria vera e di buona lega, perocche<br />
v fhanno pure molte specie effimere di gloria. Inoltre l fonore non si applica che a qualita<br />
che il mondo esige da tutti coloro i quali si trovano in condizioni simili, la gloria invece si<br />
applica a qualita che non si possono pretendere da alcuno; l fonore si riferisce a meriti che<br />
ciascuno puo attribuirsi pubblicamente, la gloria a meriti che nessuno puo attribuirsi da se<br />
stesso. Mentre l fonore non va oltre i limiti in cui siamo personalmente conosciuti, la gloria,<br />
tutto all fopposto, precede nel suo volo la conoscenza dell findividuo e se la porta dietro<br />
tanto lontano quanto arrivera ella stessa. Ognuno puo pretendere all fonore; alla gloria le<br />
sole eccezioni, perocche non la si acquista che con produzioni eccezionali. Tali produzioni<br />
possono essere atti od opere: da cio due strade per giungere alla gloria. Un animo grande<br />
sovra ogn faltra cosa ci apre la via degli atti; una mente grande ci rende capaci di seguir<br />
quella delle opere. Ciascuna delle due ha vantaggi ed inconvenienti suoi propri. La<br />
differenza capitale si e che le azioni passano, e le opere rimangono. L fazione la piu nobile<br />
ha sempre un finfluenza solamente temporanea, l fopera del genio invece sussiste ed agisce,<br />
benefica e nobilitante, a traverso i tempi. Delle azioni non resta che la memoria che diventa<br />
sempre grado a grado piu piccola, svisata e indifferente; essa e pur anco destinata a sparire<br />
affatto se la storia non la raccoglie per trasmetterla, pietrificata, alla posterita. Le opere in<br />
cambio sono immortali da per se stesse, e le opere scritte sopra tutto possono vivere in ogni<br />
tempo. Il nome e la memoria di Alessandro il Grande sono soli viventi oggidi; ma Platone,<br />
23 E il medico che assiste al duello, come andrebbe trattato? (domanda il traduttore).<br />
53<br />
Aristotele, Omero ed Orazio sono presenti essi stessi, vivono ed agiscono direttamente. I<br />
Veda, colle loro Upanishadi sono la, davanti a noi; ma di tutte le azioni compite nel loro<br />
tempo, non la piu piccola nozione e giunta fino a noi24 W. Un altro svantaggio delle azioni
si e che esse dipendono dalla occasione che, prima di ogn faltra cosa, deve dar loro la<br />
possibilita di prodursi: d fonde risulta che la grandezza della loro gloria non e regolata<br />
unicamente dal loro valore intrinseco, ma anche dalle circostanze che danno loro<br />
importanza e splendore. La gloria delle azioni deriva inoltre, quando queste sono puramente<br />
personali, come in guerra, dalla relazione d fun piccolo numero di testimoni oculari; ora puo<br />
succedere che non vi sieno stati testimoni, o che questi sieno ingiusti o mal prevenuti.<br />
D faltra parte le azioni, essendo qualche cosa di pratico, hanno il vantaggio d fesser alla<br />
portata delle facolta che intendono e giudicano presso tutti gli uomini; percio si rende loro<br />
immediatamente giustizia non appena i dati sono esattamente prodotti, a meno che tuttavia i<br />
motivi non ne possano esser nettamente conosciuti o giustamente apprezzati che piu tardi,<br />
perocche, per ben comprendere un fazione, bisogna conoscerne il motivo.<br />
Per le opere la cosa e affatto diversa; la loro produzione non dipende dall foccasione,<br />
ma unicamente dal loro autore, ed esse restano quello che sono in se stesse e da per se<br />
stesse per quanto a lungo durino. Qui, in cambio, la difficolta consiste nella facolta di<br />
giudicarle, e la difficolta e tanto piu grande quanto piu le opere sono di qualita eminente; di<br />
sovente mancano giudici competenti; di sovente pure mancano giudici imparziali ed onesti.<br />
Di piu non e un tribunale solo che decide della loro gloria, havvi sempre luogo ad appello.<br />
Infatti se, come abbiamo detto, la memoria delle azioni giunge alla posterita sola, e quale i<br />
contemporanei l fhanno trasmessa, le opere al contrario vanno ai posteri da per se stesse, e<br />
quali sono, salvo i frammenti perduti: qui dunque non v fha la possibilita di snaturare i dati,<br />
e se al loro apparire l fambiente ha potuto esercitare qualche influenza dannosa, questa piu<br />
tardi sparisce. Anzi, per meglio dire, si e il tempo che produce, uno ad uno, il piccolo<br />
numero di giudici veramente competenti, chiamati, come esseri eccezionali quali sono, a<br />
giudicarne di piu eccezionali ancora: eglino depongono successivamente nell furna i loro<br />
voti significativi, e con cio si stabilisce, qualche volta dopo secoli, un giudizio pienamente<br />
fondato e che il progredire del tempo non puo invalidare. Si vede quindi che la gloria delle<br />
opere e assicurata, infallibile. Occorre un concorso di circostanze esterne ed un azzardo<br />
perche l fautore arrivi alla gloria durante la vita; il caso sara tanto piu raro quanto piu il
genere delle sue opere sara difficile ed elevato. Percio Seneca ha detto (Ep. 79), in un<br />
linguaggio incomparabile, che la gloria segue tanto infallantemente il merito quanto<br />
l fombra il corpo, benche essa cammini, come l fombra, ora davanti ed ora di dietro. Dopo<br />
aver sviluppato questa idea egli aggiunge: áAncorche l finvidia imponesse silenzio su di te<br />
a tutti i viventi verra chi giudichera senza odio, senza amore; â questo passo ci mostra nel<br />
tempo stesso che l farte di soffocare malignamente i meriti col silenzio e con una finta<br />
ignoranza, allo scopo di nascondere al pubblico cio che e buono a profitto di cio che e<br />
cattivo, e stata gia messa in pratica dalla canaglia fin dall fepoca di Seneca, come lo si fa<br />
dalla canaglia ai nostri giorni, e che all funa e all faltra e l finvidia che chiude la bocca.<br />
24 Percio si fa un brutto complimento quando, come e di moda oggidi, credendo render onore ad opere, le<br />
si chiama atti. E cio perche le opere sono, per la loro essenza, d funa specie superiore. Un atto e sempre<br />
un fazione basata sopra un motivo, per conseguenza, qualche cosa d fisolato, di transitorio, ed<br />
appartenente<br />
all felemento generale e primitivo del mondo, alla volonta. Una grande e bella opera e cosa durevole,<br />
perocche<br />
la sua importanza e universale, ed ella stessa procede dall fintelligenza, da quell fintelligenza innocente e<br />
pura<br />
che si leva come un profumo al di sopra del basso mondo della volonta.<br />
Fra i vantaggi della gloria delle azioni v fha pur quello di prodursi ordinariamente d fimprovviso con<br />
grande<br />
splendore, cosi grande che talvolta l fEuropa intera ne e abbarbagliata, mentre la gloria delle opere non<br />
giunge<br />
che con lentezza od insensibilmente debole da bel principio, poi cresce piu e piu, e di sovente non arriva a<br />
tutta la sua potenza che dopo un secolo; ma allora rimane cosi per migliaia d fanni, perche anche le opere<br />
rimangono. L faltra gloria, passata la prima esplosione, s findebolisce gradatamente, e sempre meno<br />
conosciuta, e finisce col non esister piu che nella storia allo stato di fantasma. (Nota dell fAutore).<br />
54<br />
D fordinario la gloria e tanto piu tardiva quanto piu sara durevole, perocche tutto cio<br />
che e squisito matura adagio. La gloria chiamata ad esser eterna e pari alla quercia che<br />
cresce lentamente dal seme; la gloria facile, effimera somiglia alle piante annuali, rapide a
crescere; in quanto poi alla gloria falsa essa e come quelle cattive erbaccie che nascono a<br />
vista d focchio e che si cerca in tutta fretta di estirpare. E questo perche quanto piu un uomo<br />
appartiene alla posterita, o con altre parole all fumanita intiera in generale, tanto piu e<br />
straniero alla sua epoca; perocche cio che egli crea non e destinato specialmente a questa<br />
come tale, ma come parte dell fumanita collettiva; percio queste opere non essendo tinte del<br />
color locale del loro tempo, succede ben di sovente che i contemporanei le lascino passare<br />
inosservate. Cio che costoro apprezzano sono piuttosto le opere che trattano delle cose<br />
fuggevoli del giorno, o che servono al capriccio del momento; queste appartengono loro<br />
completamente, vivono e muoiono con essi. Cosi la storia dell farte e della letteratura<br />
c finsegna generalmente che le piu alte produzioni della mente umana sono state accolte, di<br />
regola, con disfavore e sono rimaste in abbandono disdegnate fino al giorno in cui spiriti<br />
elevati, attratti da esse, hanno riconosciuto il loro valore ed hanno assegnato loro una<br />
considerazione che da quel momento conservarono costantemente. In ultima analisi tutto<br />
questo ha fondamento sul fatto che ciascuno non puo realmente comprendere ed apprezzare<br />
se non quanto gli e omogeneo. Ora l fomogeneo per l fuomo d fingegno limitato si e cio che e<br />
limitato; per l fuomo triviale cio che e triviale; per una mente vasta cio che e vasto, e per<br />
l finsensato l fassurdo; quello che ciascuno preferisce e l fopera sua propria, essendo cosa<br />
della stessa natura.<br />
Gia il vecchio Epicarmo, il poeta favoloso, cantava cosi: áNon e cosa ammirabile<br />
ch fio parli cosi, e che un simile piaccia al suo simile, e gli sembri esser nato bello;<br />
imperocche il cane par cosa bellissima al cane, ed il bue al bue, l fasino all fasino sembra una<br />
maraviglia, il porco al porco â. Val bene la pena di tradurre questi versi, affinche quanto<br />
esprimono non sia perduto per nessuno25.<br />
Lo stesso braccio piu vigoroso quando lancia un corpo leggero, non puo comunicargli<br />
abbastanza moto perche vadi lontano e colpisca fortemente; il corpo cadra inerte da vicino<br />
perche, mancando di massa materiale propria, non puo ricevere forza dall festerno; tale sara<br />
la sorte dei pensieri grandi e belli, dei capolavori del genio, quando, per esser compresi, non<br />
incontrano che cervelli piccoli, teste deboli o balzane. Ecco quanto i saggi di tutti i tempi
hanno ad una voce e senza posa deplorato. Gesu, figlio di Sirach, per esempio dice: áChi<br />
parla ad uno stolto parla ad un addormentato; quando ha finito di parlare l faltro<br />
domanda: che hai? â . In Amleto: áUn discorso sagace dorme nell forecchio di uno<br />
sciocco â. . Goethe a sua volta: áLa parola piu felice perde il suo valore quando chi<br />
l fascolta ha l forecchio di traverso â. Ed anche: áTu non puoi agire, tutto sta inerte (ottuso);<br />
non te ne affliggere! Il sasso gettato nella palude non fa cerchi â.<br />
Ecco Lichtenberg: áQuando una testa ed un libro urtandosi danno un suono fesso,<br />
dipende cio sempre dal libro? â Lo stesso autore disse altrove: áTali opere sono specchi;<br />
quando vi si mira una scimmia non possono riflettere le sembianze d fun apostolo â.<br />
Riportiamo pure il bello e toccante lamento del vecchio papa Gellert, che ben lo<br />
merita: áQuante volte le migliori qualita trovano scarsi ammiratori, e quante volte la<br />
maggior parte degli uomini prende il cattivo per buono! E questo un male che si vede ogni<br />
giorno. Ma come evitare tale pestilenza? Dubito che questa calamita possa esser bandita dal<br />
mondo. Non vi sarebbe a tal uopo che un solo mezzo sulla terra, ma e infinitamente<br />
difficile: che cioe i matti diventassero savi. Ma che! Cio non sara mai. Essi non conoscono<br />
il valore delle cose, giudicano cogli occhi, non colla ragione. Lodano costantemente cio che<br />
e vile perche non hanno mai conosciuto il buono. â<br />
25 Per ben comprendere il senso delle parole di Schopenhauer bisogna sapere che il grande pessimista, non<br />
traduce mai le citazioni latine, e che delle greche da solamente, e non sempre, la traduzione in latino. Per<br />
Epicarmo fa un feccezione in favore degl fignoranti sempre da lui profondamente dispregiati. (Nota del<br />
Trad.).<br />
55<br />
A questa incapacita intellettuale degli uomini la quale fa che, come disse Goethe, sia<br />
meno raro veder nascere un fopera eminente che non di vederla conosciuta ed apprezzata,<br />
viene ad aggiungersi ancora la loro perversita morale che si manifesta coll finvidia.<br />
Perocche colla gloria che si acquista, havvi un uomo di piu che si leva sopra gli altri della<br />
sua specie; costoro sono dunque abbassati altrettanto, di modo che ogni merito straordinario<br />
ottiene la sua gloria a spese di coloro che non hanno meriti: áQuando noi rendiamo onore
agli altri dobbiamo abbassar noi stessi â, scrive Goethe (W. O. Divan).<br />
Ecco cio che spiega perche, non appena appare un fopera superiore, di qual genere<br />
non importa, tutte le innumerevoli mediocrita fanno alleanza, e congiurano per impedirle<br />
che sia conosciuta e per soffocarla se e possibile. Loro tacita parola d fordine si e: áabbasso<br />
il merito â. Coloro stessi che hanno meriti e che sono gia al possesso della lor parte di<br />
gloria, non vedono volentieri sorgere una gloria novella di cui lo splendore diminuira<br />
d faltrettanto lo splendore della gloria loro. Goethe stesso ha detto: áSe per nascere avessi<br />
atteso che mi si dasse la vita, non sarei ancora di questo mondo; potete ben comprenderlo<br />
vedendo come si arrabattano coloro che, pur di parer qualche cosa, mi rinnegherebbero<br />
volentieri â.<br />
Sicche, mentre l fonore trova molto di sovente giudici retti, mentre l finvidia non lo<br />
attacca e lo si accorda anzi ad ognuno per antecipazione od a credenza, la gloria, tutto al<br />
contrario, deve esser conquistata con seria lotta, a dispetto dell finvidia, ed e un tribunale di<br />
giudici decisamente sfavorevoli che decreta la palma. Possiamo e vogliamo divider l fonore<br />
con tutti, ma la gloria acquistata da un altro diminuisce la nostra o ce ne rende la conquista<br />
piu penosa. Inoltre la difficolta d farrivare alla gloria colle opere e in ragione inversa del<br />
numero d findividui di cui si compone il pubblico dedicatosi ad esse, e cio per motivi facili<br />
a comprendere. Sicche la fatica e piu grande per le opere che hanno per iscopo l fistruire che<br />
non per quelle che son fatte solo per dilettare. Per i lavori di filosofia la difficolta e ancora<br />
piu grande perche l finsegnamento che promettono, dubbio da una parte, senza profitto<br />
materiale dall faltra, s findirizza, fin da bel principio, ad un pubblico di concorrenti.<br />
Da quanto dicemmo sulle difficolta di giungere alla gloria deriva che il mondo<br />
vedrebbe nascere molto poche opere immortali, od anche nessuna, se coloro che possono<br />
produrne non lo facessero per amore stesso di queste opere, per loro propria soddisfazione,<br />
e se avessero bisogno dello stimolante della gloria. Anzi, chiunque puo produrre il buono<br />
ed il vero, e fuggire il male, sfidera l fopinione delle masse e dei loro organi, dunque li<br />
disprezzera. Percio si e fatto giustamente osservare, da Osorio fra gli altri (De gloria), che<br />
la gloria fugge davanti coloro che la cercano e segue coloro che non se ne curano, perche i
primi si piegano al gusto dei loro contemporanei, mentre gli altri lo affrontano.<br />
Tanto e difficile acquistar la gloria quanto e poi facile conservarla. Anche su cio essa<br />
e in opposizione coll fonore. Questo e accordato a tutti, anche a credito, e basta saperlo<br />
conservare. Ma l faffare e arduo perche una sola azione vituperevole lo fa perdere<br />
irrevocabilmente. Al contrario la gloria non puo realmente esser mai perduta, perocche<br />
l fazione o l fopera che l fha data resta sempre compita, e la gloria ne va sempre all fautore<br />
quand fanche questi non aggiungesse nuovi meriti a quelli gia acquistati. Se nondimeno essa<br />
si estingue, se l fautore le sopravvive, vuol dire che si trattava di gloria falsa, vale a dire non<br />
meritata; essa proveniva da una valutazione esagerata e momentanea del merito; era una<br />
gloria del genere di quella di Hegel, di quella gloria che Lichtenberg descrive, dicendo che<br />
era stata áproclamata a suono di tromba da una brigata di amici e di discepoli e ripercossa<br />
dall feco dei cervelli vuoti; ma come devono ridere i posteri quando un giorno, battendo<br />
alla porta di questi castelli di parole smaglianti, di questi avanzi incantevoli d funa moda<br />
svanita, di queste stanze di convenzioni finite, troveranno tutto, assolutamente tutto vuoto, e<br />
non un pensiero che risponda con fiducia: ENTRATE â.<br />
In conclusione, la gloria e fondata su cio che un uomo e in confronto degli altri. E<br />
dunque in essenza qualche cosa di relativo, e non puo quindi avere che un valore relativo.<br />
56<br />
Essa sparirebbe totalmente se gli altri divenissero cio che e gia l fuomo celebre. Una cosa<br />
non puo avere un valore assoluto se non se conservando il suo prezzo in ogni circostanza;<br />
nel caso presente cio che avra un valore assoluto sara dunque cio che un uomo e per se<br />
stesso direttamente: ecco per conseguenza la cosa che costituira necessariamente il valore e<br />
la felicita d fun gran cuore e d funa gran mente. Cio che v fha di prezioso invero non e la<br />
gloria, ma il meritarsela. Le condizioni che ne rendono degni sono, per cosi dire, la<br />
sostanza; la gloria non e che l faccidente; questa agisce sull fuomo celebre come sintomo<br />
esterno che viene a confermare a f suoi occhi l falta stima ch fegli ha di se stesso; si potrebbe<br />
dire che, simile alla luce che non diviene visibile se non riflessa da un corpo, ogni mente<br />
superiore non acquista la piena coscienza di se che colla gloria. Ma il sintomo istesso non e
infallibile, visto che esiste pure gloria senza merito, e merito senza gloria. Su questo<br />
argomento disse Lessing in modo graziosissimo: áVi sono uomini celebri, ve ne sono che<br />
meriterebbero di esserlo â. Sarebbe invero un fesistenza ben miserabile quella il cui valore o<br />
svilimento dipendesse da cio che essa appare agli occhi altrui, e tale sarebbe la vita<br />
dell feroe e dell fuomo di genio se il prezzo della loro esistenza consistesse nella gloria, vale<br />
a dire nell fapprovazione altrui. Ogni individuo vive ed esiste prima di tutto per suo proprio<br />
conto, di conseguenza principalmente in se e per se stesso. Quello che un uomo e, non ne<br />
importa il come, lo e a bella prima e sopra tutto in se stesso; se, cosi considerato, il valore<br />
ne e minimo vuol dire che esso e pure minimo considerato in generale. L fimmagine invece<br />
del nostro essere, quale si riflette nella testa degli altri uomini, e qualche cosa di secondario,<br />
di derivato, di eventuale, non riferendosi che molto indirettamente all foriginale. Inoltre le<br />
teste delle masse sono un locale troppo miserabile perche la vera felicita vi possa trovare il<br />
suo posto. Non vi si puo trovare che una felicita chimerica. Quale ibrida societa non si vede<br />
riunita in questo tempio della gloria universale! Capitani, ministri, ciarlatani, espilatori,<br />
ballerini, cantanti, milionari ed ebrei: precisamente cosi; i meriti di questa gente sono molto<br />
piu sinceramente apprezzati, trovano molto maggior sentita stima che non i meriti<br />
intellettuali, sopra tutto quelli d fordine superiore, che non ottengono dalla grande<br />
maggioranza che una stima sulla parola. Dal punto di vista eudemonologico la gloria non e<br />
che il boccone piu raro e piu squisito presentato al nostro orgoglio ed alla nostra vanita. Ma<br />
si trova una straordinaria soprabbondanza d forgoglio e di vanita presso la maggior parte<br />
degli uomini benche queste due condizioni sieno dissimulate; e fors fanco le s fincontra in<br />
piu alto grado presso coloro che possedono, non importa a qual titolo, diritti alla gloria, e<br />
che piu di sovente devono portare ben a lungo nell fanimo la coscienza incerta del loro alto<br />
valore, prima d faver occasione di metterlo alla prova e di farlo poi conoscere; fino allora<br />
essi hanno il sentimento di subire una secreta ingiustizia26. In generale, e come dicemmo in<br />
principio del capitolo, il prezzo annesso all fopinione e del tutto sproporzionato e fuor di<br />
ragione, a tal punto che Hobbes ha potuto dire in termini molto energici ma giustissimi:<br />
áOgni piacere dell fanimo, ogni soddisfazione viene dal poter avere, mettendosi a confronto
cogli altri, un falta opinione di se stesso. (De Cive, I, 5) â. Cosi si spiega il prezzo<br />
grandissimo che si annette alla gloria, e i sacrifizi che si fa nella sola speranza di arrivarvi<br />
un giorno: áLa fama e lo sprone che spinge le menti superiori (ultima debolezza delle<br />
anime nobili) a sdegnare i piaceri ed a consacrare la loro vita al lavoro â.<br />
Come anche:<br />
áQuanto e faticoso l farrampicarsi su quelle cime ove brilla il tempio della fama â.<br />
Percio la piu vanitosa di tutte le nazioni ha sempre in bocca la parola ágloria â e la<br />
considera come il motore delle grandi azioni e delle grandi opere. Solo, siccome la gloria<br />
non e incontestabilmente che il semplice eco, l fimmagine, l fombra, il sintomo del merito, e<br />
26 Siccome il nostro maggior piacere consiste nell fammirazione degli altri verso di noi, ma siccome<br />
d faltra<br />
parte gli altri non consentono che assai difficilmente ad ammirarci anche quando l fammirazione sarebbe<br />
giustificata appieno, ne risulta che piu felice e colui che e giunto, non importa come, ad ammirare<br />
sinceramente se stesso. Solamente ei non deve lasciarsi sviare dagli altri. (Nota dell fAutore).<br />
57<br />
siccome in ogni caso cio che si ammira deve valere piu dell fammirazione, ne segue che<br />
quello che rende veramente felice non sta nella gloria ma in cio che ce la procura, nel<br />
merito stesso, o, per parlare piu esattamente nel carattere e nelle facolta che fondano il<br />
merito sia nell fordine morale, sia nell fordine intellettuale. Perocche cio che un uomo puo<br />
essere di piu eccellente, e necessariamente per lui stesso che deve esserlo; quanto del suo<br />
avere si riflette nella testa degli altri, quanto egli vale nella loro opinione non e per lui che<br />
accessorio e d fun interesse subordinato. Per conseguenza colui che non fa che meritare la<br />
gloria, quand fanche non la ottenga, possede ampiamente la cosa principale ed ha di che<br />
consolarsi se gli manca l faccessorio, vale a dire la gloria stessa. Cio che rende l fuomo<br />
degno d finvidia non e l fesser tenuto per grande da quel pubblico cosi incapace di giudicare<br />
e di sovente cosi cieco, ma e l fesser grande; e neppur si e felicita suprema vedere il proprio<br />
nome passar alla posterita, bensi produrre pensieri che meritino di esser raccolti e meditati<br />
in ogni epoca. Ecco quanto non puo esser tolto áƒÑƒÖƒË . ƒÅƒÊ.ƒË â; il resto e áƒÑƒÍƒË ƒÍ.ƒÈ .
ƒÅƒÊ.ƒË â.<br />
Quando invece l fammirazione stessa e l foggetto principale, si e il soggetto che non ne<br />
e degno. Tale infatti e il caso della falsa gloria, vale a dire della gloria non meritata. Chi la<br />
possede deve contentarsene per ogni suo pasto, poiche ei non ha quelle qualita di cui questa<br />
gloria non dovrebbe esser che il sintomo, il semplice riflesso. Ma tal gloria gli verra molto<br />
di sovente a noia: giunge finalmente il momento in cui a dispetto dell fillusione sul proprio<br />
conto che la vanita gli procura, ei sara preso dalle vertigini su quelle altezze per cui non e<br />
fatto, od anche si risvegliera in lui un vago sospetto di non essere che di bronzo dorato;<br />
allora e preso dal timore di essere conosciuto ed umiliato come lo merita, sopratutto quando<br />
gia puo legger sulla fronte dei saggi il giudizio dei posteri. Ei rassomiglia ad un uomo che<br />
possede una eredita in virtu d fun testamento falso.<br />
Il rimbombo della gloria vera, di quella gloria che vivra a traverso i tempi che<br />
verranno, non arriva mai alle orecchie di chi ne e l foggetto, e nondimeno lo si vede felice.<br />
Egli e che sono le facolta eminenti a cui deve la gloria, l fagio di poterle svolgere, cioe di<br />
agire in conformita della propria natura, il poter occuparsi degli oggetti che ama o che lo<br />
dilettano, egli e tutto cio che lo rende felice; e solo in tali condizioni sono create le opere<br />
che condurranno alla gloria. Si e dunque la sua anima grande, si e la ricchezza della sua<br />
intelligenza, l fimpronta della quale nelle sue opere costringera all fammirazione le eta<br />
future, sono queste cose che formano la base della sua felicita; vi si aggiungono ancora i<br />
suoi pensieri la cui meditazione sara soggetto di studio e sorgente di delizia ai piu nobili<br />
spiriti attraverso secoli innumerevoli. Aver meritato la gloria, ecco cio che ne costituisce il<br />
valore e nel tempo istesso la propria ricompensa. Che lavori chiamati a gloria immortale<br />
l fabbiano qualche volta gia ottenuta dai contemporanei, e tal fatto dovuto a circostanze<br />
fortuite e che non ha grande importanza. Perocche gli uomini mancano ordinariamente di<br />
giudizio proprio, e sopra tutto non hanno le facolta volute per apprezzare le produzioni di<br />
un ordine superiore e difficile; percio essi seguono sempre su queste materie l fautorita<br />
altrui, e la gloria suprema e accordata di pura fiducia da novantanove ammiratori su cento.<br />
Per questo l fapprovazione dei contemporanei, per quanto numerose sieno le voci loro, ha un
prezzo assai basso per il pensatore; questi vi distingue solo l feco di qualche voce che non e<br />
ella stessa che un effetto del momento. Un virtuoso si sentirebbe molto lusingato dal plauso<br />
approvatore del pubblico se sapesse che, salvo uno o due individui, l fuditorio e composto<br />
affatto da sordi, i quali per dissimulare scambievolmente la loro infermita, applaudiscono a<br />
tutta forza non appena vedono muover le mani la sola persona che ha le orecchie sane? Che<br />
sarebbe dunque s fegli sapesse pure che i capi della claque sono stati spesso comprati per<br />
procurare il piu splendido successo al piu infelice raschiatore di violino! Questo ci spiega<br />
perche la gloria contemporanea subisca cosi di rado la metamorfosi in gloria immortale:<br />
d fAlembert espone la stessa idea nella sua magnifica descrizione del tempio della gloria<br />
letteraria: áL finterno del tempio non e abitato che dai morti che non vi erano mentre<br />
58<br />
vivevano, e da pochi viventi che sono messi alla porta, nella maggior parte, non appena<br />
hanno cessato di vivere â.<br />
Strada facendo possiam dire che elevare un monumento ad un uomo ancora in vita e<br />
lo stesso che dichiarare che su quanto lo concerne non si ha fidanza nella posterita. Quando<br />
ad onta di tutto un uomo arriva durante la vita ad una gloria che le generazioni future<br />
confermeranno, cio non succedera mai se non in eta avanzata; v fha bene qualche eccezione<br />
a questa regola in favore degli artisti e dei poeti, ma molto di rado per i filosofi. I ritratti di<br />
uomini celebri per le loro opere, fatti generalmente in un fepoca in cui la loro celebrita era<br />
gia stabilita, confermano la regola precedente; essi ce li presentano ordinariamente vecchi e<br />
canuti, sopratutto i filosofi. Tuttavia dal punto di vista eudemonologico la cosa e<br />
perfettamente giustificata. Aver gloria e gioventu in una volta sarebbe troppo per un<br />
mortale; la nostra esistenza e cosi povera che i suoi beni devono essere ripartiti con piu<br />
risparmio. La gioventu possede abbastanza ricchezze sue proprie; essa puo tenersene paga.<br />
Si e nella vecchiezza, quando i piaceri e le gioie sono morte, come gli alberi durante la<br />
fredda stagione, che l falbero della gloria viene a germogliare molto a proposito, come<br />
verdura d finverno; si puo anche paragonare la gloria a quelle pere tardive che si sviluppano<br />
nell festate, ma che non sono mangiate che d finverno. Non havvi piu bella consolazione per
il vegliardo che di vedere tutta la forza de f suoi giovani anni incorporarsi in opere che non<br />
invecchieranno come la sua gioventu.<br />
Esaminiamo ora piu davvicino la strada che conduce alla gloria colle scienze, essendo<br />
queste maggiormente a nostra portata; a loro riguardo potremo stabilire la regola seguente.<br />
La superiorita intellettuale di cui fa testimonianza la gloria scientifica si manifesta sempre<br />
per una combinazione nuova di certi dati. Questi possono essere di specie assai differenti,<br />
ma la gloria annessa alla loro combinazione sara tanto piu grande e piu estesa quanto piu<br />
essi stessi saranno piu generalmente conosciuti e piu accessibili a tutti. Se questi dati sono,<br />
per esempio, cifre, linee curve, questioni speciali di fisica, di zoologia, di botanica o di<br />
anatomia, passi corrotti di antichi autori, iscrizioni quasi cancellate o di cui ci manca<br />
l falfabeto, o punti oscuri della storia, in tutti questi casi la gloria che si acquistera nel<br />
combinarli giudiziosamente non si estendera piu lontano della conoscenza stessa di tali dati<br />
e per conseguenza non oltrepassera il cerchio d fun piccolo numero di uomini che<br />
d fordinario vivono ritirati, e che sono gelosi della gloria nella loro speciale professione. Se<br />
invece i dati sono di tale specie che tutto il mondo conosce, per esempio sulle facolta<br />
essenziali ed universali della mente o del cuore umano, oppure sulle forze naturali la cui<br />
azione succede costantemente sotto i nostri occhi, od anche sull fandamento, noto a tutti,<br />
della natura in generale, allora la gloria di averli messi maggiormente in luce con una<br />
combinazione nuova, importante ed evidente, si spargera col tempo quasi da per tutto fra<br />
l fumanita civilizzata. Perocche se i dati sono accessibili a tutti, lo sara pure in generale la<br />
loro combinazione. Nondimeno la gloria stara sempre in rapporto colle difficolta che<br />
saranno da superare per conquistarla. Infatti quanto piu gli uomini, a cui i dati sono<br />
famigliari, saranno numerosi, tanto piu sara difficile combinare questi dati in modo nuovo e<br />
giusto ad un tempo, poiche una infinita di menti vi si saranno gia provate ed avranno<br />
esaurito ogni possibile risultato. In cambio i dati inaccessibili al pubblico volgare, la<br />
conoscenza dei quali non si acquista che con lunghe e faticose ricerche, ammetteranno<br />
ancora ben di sovente una nuova combinazione; studiandoli con mente fredda e con sano<br />
criterio, si puo con facilita aver la sorte di arrivare a cose inaspettate e tuttavia razionali. Ma
la gloria cosi ottenuta avra, presso a poco, per limite il cerchio stesso della conoscenza di<br />
questi dati. Perocche la soluzione dei problemi di siffatta natura esige per verita molto<br />
lavoro e molto studio; d faltra parte i dati per i problemi della prima specie, con cui si puo<br />
acquistare precisamente la gloria piu alta e piu vasta, sono da tutto il mondo conosciuti<br />
senza sforzo; ma se basta poca fatica per conoscerli, occorrera tanto piu talento e fors fanche<br />
59<br />
il genio per combinarli. Ora non v fha lavoro che, per valore proprio o per quello che gli si<br />
attribuisce, possa sostenere il confronto col talento o col genio.<br />
Da tutto cio risulta che coloro i quali si sanno dotati di una ragione solida e di un<br />
raziocinio giusto, senza aver pertanto il sentimento di possedere un fintelligenza fuori<br />
dell fordinario, non devono indietreggiare di fronte a lunghi studi ed a faticose ricerche; essi<br />
potranno con cio levarsi sopra quegli uomini alla cui portata stanno i dati universalmente<br />
noti, e raggiungere quelle regioni discoste, che sono accessibili solamente all fattivita del<br />
dotto. Imperocche quivi il numero dei concorrenti e infinitamente piu piccolo, ed una mente<br />
un po f superiore trovera ben presto l foccasione di una combinazione nuova e razionale; il<br />
merito della sua scoperta potra pure aver per base la difficolta di giungere alla conoscenza<br />
dei dati. Ma la moltitudine sentira solamente da lontano lo strepito degli applausi che questi<br />
lavori procureranno all fautore da parte de f suoi confratelli di scienza, soli conoscitori nella<br />
materia. Seguitando fino alla fine la strada qui indicata, si puo anche determinare il punto in<br />
cui i dati, per l festrema difficolta di acquistarli, bastano a se stessi, senza bisogno di<br />
combinazione, per stabilire una gloria. Tali sono i viaggi in paesi molto lontani e poco<br />
visitati: cosi si diviene celebri per quello che si e veduto, non per quello che si e pensato.<br />
Questo sistema ha pure un grande vantaggio, il poter cioe comunicare agli altri piu<br />
facilmente le cose vedute che non quelle pensate, mentre il pubblico stesso comprende le<br />
prime meglio delle seconde; si trova pure in tal modo un numero piu grande di lettori.<br />
Perocche, come disse gia Asmus: áDopo un lungo viaggio si hanno molte cose da<br />
raccontare â.<br />
Ma ne risulta pure che quando si fa conoscenza personale cogli uomini celebri per
siffatte gesta, si ricorda spesso l fosservazione di Orazio:<br />
Coelum, non animum, mutant qui trans mare corrunt<br />
(Cangiano cielo, ma non cangiano l fanimo coloro che vanno al di la dei mari).<br />
(Ep. I, 11, v. 27).<br />
Su quanto concerne l fuomo dotato di alte facolta, diro che solamente chi puo osare di<br />
darsi alla soluzione di quei grandi e difficili problemi che trattano di cose generali ed<br />
universali, fara bene da una parte di allargare quanto piu sia possibile il proprio orizzonte,<br />
ma d faltra parte dovra estenderlo egualmente in tutte le direzioni, senza abbandonarsi<br />
troppo addentro in qualcuna di quelle regioni speciali note solo a pochi; in altre parole, non<br />
andar troppo avanti nei dettagli speciali d funa sola scienza, e molto meno ancora far della<br />
micrologia in qualsivoglia ramo della scienza. Perche non occorre che egli si dedichi a cose<br />
difficilmente accessibili per innalzarsi sopra la folla dei concorrenti; cio che e alla portata di<br />
tutti gli fornira precisamente materia a risultati nuovi, importanti e veri. Ma anzi per questo<br />
il suo merito potra esser apprezzato da tutti coloro che conoscono i dati, vale a dire dalla<br />
maggior parte del genere umano. Ecco la ragione dell fimmensa differenza tra la gloria<br />
serbata ai poeti ed ai filosofi e quella accessibile agli eruditi in fisica, chimica, anatomia,<br />
geologia, zoologia, filologia, storia ed altre scienze.<br />
________________<br />
60<br />
CAPITOLO V.<br />
Parenesi e massime.<br />
Qui meno che altrove ho la pretesa d fesser completo, che altrimenti dovrei ripetere le<br />
numerose ed in parte eccellenti regole per la vita date dai pensatori di tutte le epoche da<br />
Teognide e dal pseudo-Salomone27 fino a La Rochefoucault, e non potrei evitare di ripetere<br />
molte cose volgari, notissime, gia ampiamente trattate. Ho pure rinunziato quasi<br />
interamente a qualunque ordine sistematico. Che il lettore se ne consoli, perocche in<br />
materie siffatte un trattato completo e ordinato rigorosamente sarebbe riuscito senza dubbio<br />
noiosissimo. Ho messo giu quello che mi e venuto in mente alla bella prima, quello che mi
parve degno d fesser comunicato, e quello che, per quanto me ne ricordava, non era ancora<br />
stato detto, od almeno non era stato detto cosi completamente, e sotto questa forma; non<br />
faccio dunque che spigolare nel vasto campo ove altri ha gia mietuto.<br />
Tuttavia per mettere un po f d fordine nella grande varieta d fopinioni e di consigli<br />
relativi al mio soggetto, li classifichero in massime generali ed in massime concernenti la<br />
nostra condotta verso noi stessi da prima, poi verso gli altri e finalmente di faccia<br />
all fandamento delle cose ed alla sorte in questo mondo.<br />
27 L fEcclesiaste.<br />
61<br />
1. Massime generali.<br />
1. ‹ Considero regola suprema d fogni saggezza nella vita la proposizione espressa da<br />
Aristotele nella Morale a Nicomaco (VII, 12): á. ƒÏƒÍƒËƒÇƒÊƒÍ. ƒÑƒÍ ƒ¿ƒÉƒÒƒÎƒÍƒË ƒÂƒÇƒÖƒÈƒÃƒÇ, ƒÍƒÒ ƒÑƒÍ<br />
.ƒÂƒÒ, â cio che si puo tradurre: Il saggio cerca l fassenza del dolore, non il piacere. La verita<br />
di tale sentenza e basata sul fatto che ogni piacere ed ogni felicita sono negativi per natura,<br />
mentre e positivo il dolore. Ho svolta e provata questa tesi nella mia opera principale, vol I,<br />
˜ 58. Voglio nondimeno spiegarla ancora con un fatto d fosservazione giornaliera. Quando<br />
il nostro corpo tutto intero e sano ed intatto, salvo una piccola parte ferita o dolorosa, la<br />
coscienza cessa dal sentire la salute del tutto; l fattenzione si dirige interamente sul dolore<br />
della parte lesa, ed il piacere, determinato dal sentimento totale dell fesistenza, sparisce.<br />
Similmente quando tutti i nostri affari vanno a gonfie vele, salvo uno solo che riesce a<br />
male, si e proprio questo, fosse pure di minima importanza, che ci gira continuamente per il<br />
cervello, si e su questo che si portano sempre i nostri pensieri, e di rado su altre cose di<br />
maggior rilievo che vanno a seconda dei nostri desideri. In ambo i casi e lesa la volonta, la<br />
prima volta come si oggettiva nell forganismo, la seconda negli sforzi dell fuomo; noi<br />
vediamo nei due casi che il suo soddisfacimento e sempre negativo, e che per conseguenza<br />
non e provato direttamente dall findividuo intero; tutto al piu arrivera alla coscienza per<br />
riflessione. Cio che v fha di positivo invece si e l fimpedimento della volonta, il quale si<br />
manifesta pure direttamente. Ogni piacere consiste nel sopprimere tale impedimento, nel
liberarsene, e non puo esser quindi che di breve durata.<br />
Ecco dunque ov fe basata l feccellente regola d fAristotele or ora citata, d faver cioe da<br />
dirigere la nostra attenzione non sulle gioie e sui divertimenti della vita, ma sui mezzi di<br />
sfuggire per quanto e possibile ai mali innumerevoli di cui e seminata. Se questa via non<br />
fosse la vera, l faforismo di Voltaire: áLa felicita non e che un sogno e il dolore e reale â<br />
sarebbe cosi falso come e giusto in realta. Pero quando si vuole far il bilancio della propria<br />
esistenza dal punto di vista eudemonologico bisogna stabilire le partite non sui piaceri<br />
gustati, ma sui mali a cui si pote sottrarsi. Inoltre l feudemonologia, vale a dire un trattato<br />
sulla vita felice, deve cominciare dall finsegnarci che il suo nome stesso e un eufemismo, e<br />
che per ávita felice â bisogna intender solo una ávita meno infelice â, in poche parole<br />
un fesistenza sopportabile. E infatti havvi la vita non perche se ne goda, ma perche la si<br />
subisca, perche si soddisfi ai doveri che impone; cio che indicano molto bene le<br />
espressioni: ádegere vitam, vitam defungi â in latino; ási scampa cosi28 â in italiano; áman<br />
muss suchen durchzukommen â, áer wird schon durch die Welt kommen â in tedesco, ed altre<br />
simili. Si! e una consolazione per la tarda eta l faver dietro di se una vita laboriosa. L fuomo<br />
piu felice e dunque colui che conduce un fesistenza senza dolori troppo forti sia nel morale,<br />
sia nel fisico, e non colui che ebbe per sua parte le gioie piu vive ed i piaceri piu grandi.<br />
Voler misurare su questi la felicita di un fesistenza si e ricorrere ad una scala falsa. Perocche<br />
i piaceri sono e rimangono negativi: credere che essi rendano felici e una illusione che<br />
l finvidia tien viva e colla quale punisce se stessa. I dolori invece sono sentiti positivamente,<br />
ed e la loro assenza che forma la scala della felicita nella vita. Se ad uno stato libero dal<br />
dolore viene ad aggiungersi ancora l fassenza della noia, allora si raggiunge sulla terra la<br />
felicita in cio che v fha di essenziale, perocche il resto non e piu che una chimera. Ne segue<br />
che non bisogna mai procurarsi piaceri a prezzo di dolori, anzi nemmeno a prezzo della loro<br />
sola minaccia, visto che sarebbe pagare cose negative e chimeriche con cose positive e<br />
reali. In cambio havvi vantaggio nel sacrificare i piaceri allo scopo di evitare dolori.<br />
28 Qual modo di dire ha voluto citare Schopenhauer con queste parole? Forse il campar la vita? (Nota del<br />
Trad.).
62<br />
Nell funo e nell faltro caso e indifferente che i dolori seguano o precedano i piaceri. Non<br />
v fha davvero maggior follia del voler trasformare questo teatro di miserie in un luogo di<br />
delizie, e dell f andar cercando gioie e piaceri in luogo di procurar di sfuggire alla maggior<br />
somma possibile di dolori. Quanta gente per altro non cade in tale follia! L ferrore e<br />
infinitamente piu piccolo presso colui che, con occhio troppo triste, considera questo<br />
mondo come una specie d finferno e non si occupa se non di procurarsi una stanza a prova<br />
di fuoco. Il pazzo corre dietro ai piaceri della vita e non trova che disinganni; il saggio evita<br />
i mali. Se ad onta de f suoi sforzi non raggiunge lo scopo, la colpa e del destino, non della<br />
sua follia. Ma per poco che vi riesca non avra mai delusioni perche i mali a cui sara<br />
sfuggito sono sempre reali. Nel caso stesso in cui avesse fatto per evitarli un giro troppo<br />
grande, od avesse sacrificato inutilmente qualche piacere, egli in realta nulla ha perduto<br />
perocche i piaceri sono chimerici, e desolarsi per la perdita di essi sarebbe una meschinita o<br />
piuttosto una ridicolaggine.<br />
Disconoscendo tale verita in favore dell fottimismo, la sorgente di molte calamita e<br />
aperta. Infatti, nei momenti in cui siamo liberi da dolori, inquiete brame fanno brillare a f<br />
nostri occhi le chimere d funa felicita che non ha esistenza reale, e c finducono ad andarne in<br />
cerca; con cio ci procuriamo il dolore che e incontestabilmente reale. Allora rimpiangiamo<br />
quello stato franco da dolori che abbiamo perduto e che si trova ormai dietro di noi come un<br />
paradiso che abbiamo lasciato scappare, e vorremmo inutilmente che non fosse accaduto<br />
quanto noi stessi abbiamo fatto succedere. Pare cosi che un cattivo demonio sia<br />
costantemente occupato a toglierci coi miraggi ingannatori dei nostri desideri, da quello<br />
stato senza dolore, che e vera e suprema felicita. Il giovane s fimmagina che quel mondo<br />
ch fegli non ha ancora veduto esista perche lo si goda, che sia la sede d funa felicita positiva<br />
la quale sfugge solo a coloro che non hanno l fabilita di saperla afferrare. Lo fortificano<br />
nella sua credenza i romanzi e le poesie, e quell fipocrisia che governa il mondo, sempre e<br />
dovunque, colle apparenze esterne. Ritornero fra breve su tale argomento. D fora innanzi la<br />
sua vita sara una caccia alla felicita positiva, caccia condotta piu o meno prudentemente; e
questa felicita positiva e calcolata, ad un tal titolo, esser composta di piaceri positivi. In<br />
quanto ai pericoli a cui si rischia di esporsi, ebbene, che fare? bisogna bene adattarvisi!<br />
Questa caccia trascina in cerca di selvaggina che non esiste in alcun modo, e finisce<br />
d fordinario col condurre ad una infelicita troppo reale e positiva. Dolori, sofferenze,<br />
malattie, perdite, passioni, affanni, poverta, disonore e mille altre pene, ecco sotto quali<br />
forme si presenta il risultato di essa. Il disinganno giunge sempre troppo tardi. Se invece si<br />
obbedisce alla regola da noi qui riportata, se si stabilisce il piano della propria vita in modo<br />
da evitare i dolori, vale a dire di allontanare il bisogno, le malattie ed ogni altro affanno,<br />
allora lo scopo e reale; si potra cosi ottener qualche cosa, e tanto piu facilmente perche il<br />
piano sara stato meno disturbato dalla ricerca di quella chimera che e la felicita positiva.<br />
Cio si accorda con quello che Goethe, nelle affinita elettive, fa dire a Mittler il quale e<br />
sempre occupato della felicita degli altri: áChi vuole liberarsi da un male sa sempre cosa<br />
vuole: invece chi cerca quello che non ha e cieco come colui che e affetto da cateratta â.<br />
Queste parole ricordano il bell fadagio: áil meglio e nemico del bene â Da tutto cio si puo<br />
anche dedurre l fidea fondamentale del cinismo, come l fho esposta nella mia grande opera,<br />
tomo II, capitolo 16 ‹. Cosa e infatti che portava i cinici a respingere tutti i piaceri, se non il<br />
pensiero dei dolori che tosto o tardi li accompagnano? Evitare questi sembrava loro molto<br />
piu importante che non procurarsi i primi. Profondamente penetrati e convinti della<br />
condizione negativa di ogni piacere e positiva di ogni dolore, essi dirigevano ogni loro<br />
sforzo allo scopo di sfuggire ai mali, e per cio giudicavano necessario di respingere<br />
interamente ed intenzionalmente i piaceri che consideravano insidie tese per mettere l fuomo<br />
in balia del dolore.<br />
Certamente noi nasciamo tutti in Arcadia, come dice Schiller, vale a dire cominciamo<br />
la nostra vita pieni di aspirazioni alla felicita, al piacere, e coltiviamo la folle speranza di<br />
63<br />
giungervi. Ma, regola generale, arriva ben presto il destino il quale ci afferra rozzamente e<br />
c finsegna che niente e nostro, che tutto e suo, nel senso che egli ha diritto incontestabile<br />
non solamente su quanto possediamo ed acquistiamo, sopra moglie e figli, ma anche sopra
le nostre braccia e le nostre gambe, sopra i nostri occhi e le nostre orecchie, e perfino sopra<br />
quel naso che portiamo in mezzo alla faccia. In qualunque caso non passa gran tempo che<br />
l fesperienza verra a farci comprendere che felicita e piacere sono una áfata morgana â la<br />
quale, visibile solo da lontano, sparisce quando la si avvicina, ma che in cambio pena e<br />
dolore hanno una realta, e che si presentano immediatamente e per se stessi senza prestarsi<br />
ad illusioni o ad aspettazioni lusinghiere. Se la lezione porta i suoi frutti, allora cessiamo<br />
dal correr dietro alla felicita ed al piacere, e ci mettiamo piuttosto a chiudere, per quanto e<br />
possibile, ogni accesso al dolore ed agli affanni. Conosciamo cosi che cio che il mondo puo<br />
offrirci di migliore si e un fesistenza senza pene, tranquilla, sopportabile e ad una tal vita<br />
limiteremo le nostre esigenze allo scopo di poterne godere piu sicuramente. Perocche per<br />
non diventare infelicissimi, il mezzo piu certo si e di non domandare d fesser felicissimo. E<br />
quanto riconobbe Merck, l famico di giovinezza di Goethe, quando scrisse: áQuesta brutta<br />
pretesa alla felicita, sopra tutto nella misura in cui la sogniamo, rovina tutto in questo<br />
basso mondo. Chi puo liberarsene non domandando che cio che ha davanti a se, potra farsi<br />
strada nella mischia â (Corrispondenza di Merck). E dunque cosa prudente abbassare ad<br />
una misura assai modesta le proprie pretese ai piaceri, alle ricchezze, al grado, agli onori,<br />
ecc., perocche le disgrazie piu grandi sono attirate su di noi precisamente da essi, da questa<br />
lotta per la felicita, per lo splendore e per il piacere. Ma una tale condotta e gia saggia ed<br />
accorta per cio solo che e molto facile essere estremamente infelice, e che e invece, non<br />
difficile, ma affatto impossibile essere molto felice. Il cantore della saggezza ha detto con<br />
ragione: áColui che ama un faurea mediocrita, sta lontano, sagace, dal tetto frusto per<br />
sordidezza, sta lontano, prudente, dai palazzi che destano invidia. Piu forte e scosso dai<br />
venti il pino gigante: e le alte torri cadono con piu fragore: le folgori poi colpiscono le<br />
cime piu elevate â (Orazio, Libro II, ode 10).<br />
Colui il quale essendosi imbevuto degli insegnamenti della mia filosofia, sa che la<br />
nostra esistenza e una cosa che dovrebbe meglio non essere e che la suprema saggezza<br />
consiste nel negarla, e nel francarsene, costui non fondera mai grandi speranze sopra<br />
soggetto, ne situazione alcuna, non agognera con passione ad una cosa qualunque in questo
mondo, e non alzera grandi lamenti in seguito a qualche delusione, ma conoscera la verita<br />
di cio che disse Platone (Rep. X, 604): áNessuna cosa umana e degna di considerazione â, e<br />
l faltra verita enunciata dal poeta persiano: áHai tu perduto l fimperio del mondo? Non te ne<br />
affliggere; che non e niente. Hai tu acquistato l fimperio del mondo? Non te ne rallegrare;<br />
che non e niente. Dolore e felicita, tutto passa, passa nel mondo (nel tempo) e non e niente â<br />
(Anwari Soheili). (Si veda il motto del Gulistan di Saadi, trad. ted. di Graf.).<br />
Cio che aumenta particolarmente la difficolta di assimilare idee tanto saggie, si e<br />
quell fipocrisia di cui ho parlato piu sopra, e nessuna cosa sarebbe piu utile che lo svelarla<br />
per tempo alla gioventu. La magnificenza e quasi sempre cosa di pura apparenza, come le<br />
decorazioni dei teatri; le manca l fessenza. Cosi e i vascelli ornati a festa, e i colpi di<br />
cannone, e le illuminazioni, e le musiche, e i gridi d fallegrezza, ecc., tutto cio e l finsegna, la<br />
mostra, il geroglifico della gioia; ma il piu delle volte la gioia non c fe: essa sola ha mancato<br />
d fintervenire alla festa. Laddove e presente in realta, la gioia arriva e non si fa invitare, ne<br />
annunciare, viene da se senza cerimonie, introducendosi in silenzio, spesso per motivi i piu<br />
insignificanti e i piu futili, nelle occasioni piu comuni, qualche volta anche in circostanze<br />
che sono tutt faltro che brillanti o gloriose. Come l foro in Australia, essa si trova<br />
sparpagliata qua e la secondo il capriccio del caso, senza regola e senza legge, piu di<br />
sovente in fina polvere, molto di raro in grandi masse. Ma pure, di tutto le manifestazioni di<br />
cui abbiamo or ora parlato, solo scopo si e il far credere agli altri che nella festa c fe la gioia,<br />
e solo intento il produrre l fillusione nel cervello altrui.<br />
64<br />
Come della gioia, cosi della tristezza. Con quale andamento melanconico s favanza<br />
questo lungo e lento convoglio! La fila delle vetture e interminabile. Ma guardate un po f<br />
nell finterno: esse sono tutte vuote, e il defunto non e realmente condotto al cimitero che dai<br />
cocchieri della citta. O immagine parlante dell famicizia e della considerazione a questo<br />
mondo! Ecco quello che io chiamo falsita, vanita ed ipocrisia dell fumana condotta. Noi<br />
abbiamo anche un esempio nei ricevimenti solenni con numerosi invitati in abito da festa;<br />
questi sono l finsegna della nobile e dell falta societa: ma in luogo suo si avra malessere,
affettazione, riservatezza, noia: perocche ove son molti convitati v fha sempre della<br />
canaglia, fossero pure tutti i petti coperti da decorazioni. Infatti la vera buona societa e, da<br />
per tutto e necessariamente, assai ristretta. In generale le feste, le solennita portano sempre<br />
con se qualche cosa che da un suono vuoto, o per dir meglio un suono falso, precisamente<br />
perche contrastano colla miseria e colla poverta della nostra esistenza e perche ogni<br />
confronto fa meglio spiccare la verita. Ma visto dal di fuori tutto cio produce bell feffetto, e<br />
cosi e raggiunto lo scopo. Chamfort dice in modo graziosissimo: áLa societa, i circoli, i<br />
saloni, cio che si chiama il mondo, sono una meschina commedia, un povero melodramma<br />
senza interesse che si sostiene un momento per i meccanismi, i costumi, e le decorazioni. â<br />
Le accademie e le cattedre di filosofia sono egualmente l finsegna, il simulacro esterno della<br />
saggezza; ma il piu delle volte essa non e della festa, e, a cercarla, la si troverebbe in ben<br />
altri luoghi. Lo sbatacchiare delle campane, i vestimenti sacerdotali, il contegno pietoso, le<br />
smorfie da bacchettone, sono la mostra, la falsa apparenza della devozione, e cosi di<br />
seguito. Ed e per cio che a questo mondo tutte le cose possono esser dette nocciuole vuote;<br />
la mandorla e rara per se stessa, e piu raramente ancora e posta nel suo guscio. Occorre<br />
cercarla in tutt faltra parte, e d fordinario non la si trova che per caso.<br />
2. ‹ Quando si volesse valutare la condizione di un uomo dal punto di vista della sua<br />
felicita, bisognerebbe prender notizie non su cio che lo diverte, ma su cio che lo attrista,<br />
perocche quanto piu saranno insignificanti per se stesse le cose che lo affliggono, tanto piu<br />
l fuomo sara felice; occorre un certo stato di benessere per divenir sensibile a bagattelle che<br />
nella sventura non si sentirebbero affatto.<br />
3. ‹ Bisogna guardarsi dallo stabilire il benessere della propria vita sopra una base<br />
larga coll felevare alte pretese alla felicita: posto sopra un tale fondamento esso crolla piu<br />
facilmente, perocche in allora fa nascere senza fallo molte sventure. L fedificio della felicita<br />
si comporta dunque sotto tale rapporto alla rovescia degli altri che sono tanto piu solidi<br />
quanto piu la loro base e grande. Tenere le pretese il piu basso possibile in proporzione<br />
colle proprie risorse d fogni specie, ecco la via piu sicura per evitare grandi guai.<br />
In generale e una follia delle piu grandi e delle piu diffuse il prendere, in qualunque
maniera si sia, vaste disposizioni per la propria esistenza. Perocche prima di tutto, per farlo,<br />
si conta sopra una durata della vita piena ed intera, a cui invece arrivano molto pochi.<br />
Inoltre quand fanche si vivesse tanto a lungo, l fesistenza sarebbe sempre troppo corta in<br />
relazione ai piani prestabiliti; la loro esecuzione reclama sempre piu tempo che non si<br />
avesse supposto; essi sono talmente soggetti, come tutte le cose umane, alle vicende della<br />
sorte e ad ostacoli d fogni natura, che si puo ben di rado condurli a compimento. Finalmente<br />
anche allora che si e riusciti a conseguire tutto quello che si desiderava, si scorge che si e<br />
trascurato di tener conto delle modificazioni che il tempo produce in noi stessi; non si e<br />
riflettuto che, ne per creare ne per godere, le nostre facolta non restano invariabili<br />
nell fintera vita. Ne risulta che lavoriamo sovente per acquistare cose che, una volta<br />
ottenute, non si trovano piu adatte alla nostra taglia; succede pure che nei lavori preparatori<br />
di un fopera impieghiamo anni che nel frattempo ci tolgono le forze necessarie per arrivare a<br />
buon fine. Medesimamente le ricchezze acquistate a prezzo di lunghe fatiche e di numerosi<br />
pericoli non possono piu esserci utili, e troviamo di aver lavorato per gli altri; ed avviene<br />
ancora che non siamo piu in caso di occupare un posto ottenuto finalmente dopo avervi<br />
aspirato ed ambito per lunghi anni. Le cose sono giunte troppo tardi per noi, o, viceversa,<br />
65<br />
siamo noi giunti troppo tardi per esse, sopratutto allorche si tratta di opere o di produzioni;<br />
il gusto dell fepoca ha cangiato; si e maturata una nuova generazione che non prende alcun<br />
interesse a queste materie; oppure altri ci ha preceduto per strade piu corte, e cosi di<br />
seguito. Quanto abbiamo esposto in questo terzo paragrafo era gia stato compendiato da<br />
Orazio nei versi:<br />
Quid aeternis minorem<br />
Consiliis animum fatigas?<br />
(L. II, O. 11, v. 11 e 12).<br />
(Perche stanchi una mente debole con eterni progetti?)<br />
Tale errore cosi comune e determinato dall finevitabile illusione ottica degli occhi<br />
dello spirito, illusione che ci fa apparire la vita come senza fine, o come troppo corta
secondo che la vediamo dall fingresso o dal termine della nostra carriera. Essa pero ha il suo<br />
buon lato: senza di lei produrremmo difficilmente qualche cosa di grande.<br />
Ma in generale ci succede nella vita cio che succede al viaggiatore: a misura che egli<br />
avanza, gli oggetti prendono forme differenti da quelle che mostravano da lungi e si<br />
modificano per cosi dire di mano in mano che va loro vicino. Cosi avviene dei nostri<br />
desideri. Troviamo spesso ben altra cosa, qualche volta anche meglio che non cerchiamo; di<br />
sovente pure incontriamo quanto desideriamo per tutt faltra via di quella inutilmente<br />
percorsa fino allora. Certe volte laddove crediamo trovare un piacere, una gioia, una<br />
soddisfazione, in loro luogo ci si presenta un ammaestramento, una spiegazione, una<br />
cognizione, vale a dire un bene duraturo e reale che si offre a noi invece di un bene<br />
passaggero e fallace. Si e un tale pensiero che corre, come base fondamentale, a traverso<br />
tutto il Wilhelm Meister, romanzo intellettuale, superiore precisamente per cio a tutti gli<br />
altri, anche a quelli di Walter Scott, che sono tutti solamente opere morali, ossia che non<br />
osservano la natura umana che dal lato della volonta! Nel Flauto magico, geroglifico<br />
grottesco, ma espressivo e molto significante, ci si presenta egualmente questo stesso<br />
pensiero fondamentale simbolizzato a grandi e larghi tratti come quelli delle decorazioni<br />
teatrali; il simbolo sarebbe anzi perfetto se nello scioglimento Tamino, invece d fessere<br />
spronato dal desio di posseder Tamina, non domandasse e non ottenesse che l finiziazione<br />
nel tempio della Saggezza; in cambio Papageno, l fopposto necessario di Tamino, otterrebbe<br />
la sua Papagena. Gli uomini superiori e veramente nobili assimilano subito questo<br />
ammaestramento del destino e vi si adattano con sommessione e con riconoscenza:<br />
comprendono che a questo mondo si puo bene trovare istruzione, ma non felicita; si<br />
abituano a cambiare le speranze colle cognizioni; ne vanno contenti e dicono alla fin fine<br />
col Petrarca<br />
Altro diletto che fmparar non provo.<br />
Possono anche arrivare al punto di non dar seguito ai loro desideri ed alle loro aspirazioni<br />
che in apparenza per cosi dire, e per ischerzo, mentre in realta e nella serieta del loro<br />
interno non attendono che all fistruzione; cio che li adorna di una tinta pensosa, geniale e
nobile. In questo senso si puo dire che succede di noi come degli alchimisti, i quali mentre<br />
non cercavano che oro, hanno trovato la polvere da fuoco, la porcellana, le medicine e<br />
perfino molte leggi naturali.<br />
66<br />
2. Circa la nostra condotta verso noi stessi.<br />
4. ‹ Il manovale che aiuta a fabbricare un edifizio, non ne conosce il progetto, o non<br />
l fha sempre sotto gli occhi; tale e pure la posizione dell fuomo mentre e occupato a dividere<br />
uno per uno i giorni e le ore della sua esistenza in rapporto all finsieme della sua vita ed al<br />
carattere fondamentale di essa. Quanto piu questo carattere sara nobile, considerevole,<br />
espressivo e individuale, tanto piu sara necessario e benefico per l findividuo il gettare di<br />
tempo in tempo uno sguardo sul piano prestabilito della propria vita. E vero che per cio ei<br />
deve aver fatto gia un primo passo col áconosci te stesso â: deve dunque sapere cio che<br />
vuole realmente, principalmente e prima d fogni altra cosa; deve conoscere quello che e<br />
essenziale alla sua felicita, e quello che viene solo in seconda o terza linea; deve rendersi<br />
conto sommariamente della sua vocazione, della parte che ha da rappresentare nel mondo, e<br />
de f suoi rapporti colla gente. Se tutto cio sara importante ed elevato, allora l faspetto del<br />
piano prestabilito della sua vita gli dara forza, lo sosterra, lo innalzera piu che qualunque<br />
altra cosa; questo esame lo incoraggiera al lavoro e lo terra lontano da quei sentieri che<br />
potrebbero fargli smarrire la dritta via.<br />
Solamente quando arriva sopra un faltura il viaggiatore abbraccia a colpo d focchio e<br />
riconosce l finsieme del cammino percorso, colle sue svolte e co f suoi giri; cosi pure non e<br />
che al termine d fun periodo della nostra esistenza, e qualche volta sul finir della vita, che<br />
conosciamo il vero nesso delle nostre azioni, dei nostri lavori, e delle nostre produzioni, il<br />
loro preciso legame, il loro concatenamento e il loro valore. Infatti fino a che siamo<br />
immersi nella nostra attivita noi operiamo solo secondo le proprieta inconcusse del nostro<br />
carattere, sotto l finfluenza dei motivi e nella misura delle nostre facolta, vale a dire per<br />
assoluta necessita; noi non facciamo in un dato momento che quello che in quel momento<br />
ci sembra giusto e conveniente. Solamente in seguito ci sara permesso d fapprezzare il
isultato, e lo sguardo gettato sulle cose passate ci dara contezza del come e del perche. Per<br />
questo quando compiamo le piu grandi azioni, o quando diamo al mondo opere immortali,<br />
non abbiamo coscienza della loro vera natura: esse non ci sembrano che quello che v fha di<br />
piu appropriato al nostro scopo d fallora, e di meglio corrispondente alle nostre intenzioni;<br />
non riceviamo altra impressione se non quella d faver fatto precisamente cio che bisognava<br />
fare in quel momento; non e che piu tardi che il nostro carattere e le nostre facolta spiccano<br />
in piena luce da quell finsieme e dal suo concatenamento; per mezzo dei dettagli vediamo<br />
allora come abbiamo preso la sola vera fra tante strade false quasi per ispirazione e guidati<br />
dal nostro genio. Tutto quanto abbiamo detto or ora e vero e in teoria e in pratica, e si<br />
applica egualmente ai fatti inversi, vale a dire al male ed alla falsita.<br />
5. ‹ Un punto di molta importanza per la saggezza nella vita si e la proporzione con<br />
cui dobbiamo dividere la nostra attenzione tra il presente e l favvenire affinche l funo non<br />
porti nocumento all faltro. V fhanno molte persone che vivono troppo nel presente: le<br />
frivole; altre troppo nell favvenire: le timorose e le inquiete. Di rado si conserva la giusta<br />
misura. Quegli uomini che, mossi dai loro desideri o dalle loro speranze, vivono<br />
unicamente nell favvenire, gli occhi sempre diretti in avanti, che corrono con impazienza<br />
incontro al futuro, perocche, pensano, questo e per portar loro fra breve la vera felicita,<br />
mentre intanto lasciano passare il presente, che non curano, senza goderlo: costoro<br />
somigliano a quegli asini a cui in Italia si fa sollecitare il passo per mezzo d fun fascetto di<br />
fieno attaccato ad un bastone davanti la testa: essi vedono il fieno davanti e sempre vicino<br />
ed hanno ognora la speranza d farrivarvi. Tali persone infatti s fingannano da se stesse per<br />
tutta la loro esistenza non vivendo perpetuamente che ad interim fino alla morte. Percio<br />
invece di occuparci incessantemente ed esclusivamente di piani e di progetti per l favvenire,<br />
o, viceversa, abbandonarci a rimpiangere il passato, dovremmo non dimenticar mai che il<br />
presente solo e reale e certo, e che l favvenire, al contrario, si presenta quasi sempre ben<br />
diverso da quello che pensavamo, come pure fu del passato; cio che in conclusione fa che<br />
67<br />
avvenire e passato hanno molto minor importanza che non sembri. Perocche la lontananza
che impiccolisce gli oggetti per l focchio, li ingrandisce per il pensiero. Il presente solo e<br />
vero ed effettivo; esso e il tempo realmente impiegato, e su di esso esclusivamente e<br />
fondata la nostra esistenza. Percio deve meritar sempre agli occhi nostri benevole<br />
accoglienza; noi dovremmo gustare, con la piena coscienza del suo valore, ogni ora<br />
sopportabile e libera da affanni e da dolori attuali, vale a dire non turbarla col viso<br />
rattristato dalle speranze cadute per lo passato o dalle apprensioni per l favvenire. Si puo<br />
dare stoltezza piu grande del respingere una buona ora presente o di guastarla malamente<br />
coll finquietudine dell favvenire o coi dispiaceri del passato? Diamo il tempo dovuto alle<br />
cure, se non al pentimento; ma poi, in quanto ai fatti compiuti, bisogna dirsi:<br />
áAbbandoniamo, benche a malincuore, tutto cio che e passato all fobblio; e necessario<br />
soffocar l fira nel nostro seno. â E in quanto all favvenire: áTutto cio sta sulle ginocchia<br />
degli dei â29. In cambio circa il presente e bene pensare come Seneca: Singulas dies,<br />
singulas vitas puta (Considera ciascun giorno come una vita separata), e rendersi questo<br />
solo tempo reale tanto gradevole quanto meglio e possibile.<br />
I soli mali futuri che devono con ragione preoccuparci sono quelli il cui arrivo ed il<br />
cui momento di arrivo sono certi. Ma v fha ben poca gente che si trovi in questo caso,<br />
perocche i mali sono o semplicemente possibili o tutt fal piu verosimili, oppure sono certi,<br />
ma e incerto il tempo del loro arrivo. Ad allarmarsi per queste due specie di mali non si<br />
avrebbe un solo istante di riposo. In conseguenza, allo scopo di non perdere la tranquillita<br />
della nostra vita per mali la cui esistenza o la cui epoca sono ignote, conviene abituarci a<br />
riguardare gli uni come se non dovessero mai arrivare, e gli altri come se non dovessero di<br />
certo arrivare in un tempo vicino.<br />
Ma quanto piu la paura ci lascia in riposo, tanto piu siamo agitati da desideri, da<br />
voglie sfrenate e da strane pretese. La canzone, cosi nota, di Goethe: áIo ho collocato le mie<br />
brame nel nulla â significa, in fondo, che solo quando si sara liberato da tutte le sue pretese<br />
e si sara ridotto all fesistenza tale quale e realmente nuda e spoglia, l fuomo potra acquistare<br />
quella calma di spirito che e la base dell fumana felicita, perocche tale calma e<br />
indispensabile per godere del presente della vita, e dell favvenire. A tal uopo dovremmo
pure ricordarci che il giorno d foggi non viene che una sola volta, e piu mai. Ma invece noi<br />
c fimmaginiamo che ritornera domani: pero domani e un altro giorno che anch fesso non<br />
viene che una volta. Dimentichiamo che ciascun giorno e una porzione integrante, dunque<br />
irreparabile, della vita, e lo consideriamo come contenuto nella vita, nello stesso modo che<br />
gl findividui sono contenuti nella nozione dell finsieme. Di piu apprezzeremmo e<br />
gusteremmo molto meglio il presente se nei giorni di benessere e di salute conoscessimo a<br />
qual punto, durante la malattia o l fafflizione, il ricordo ci presenta come infinitamente<br />
invidiabile ogni ora libera da dolori o da privazioni; che questa ci appare quale un paradiso<br />
perduto, od un amico disconosciuto. Ma al contrario noi viviamo i nostri bei giorni senza<br />
prestar loro alcuna attenzione, e solamente quando arrivano i cattivi vorremmo richiamare<br />
gli altri. Lasciamo passare da canto, senza goderne e senza accordar loro un sorriso, mille<br />
ore serene e piacevoli, e piu tardi nel tempo triste, portiamo verso di esse le nostre vane<br />
aspirazioni. In luogo di condurci cosi, dovremmo rendere omaggio a quelle attualita<br />
sopportabili, fossero pure le piu comuni, che lasciamo fuggire con tanta indifferenza, che<br />
fors fanche respingiamo con impazienza; dovremmo ricordarci sempre che questo presente<br />
precipita ad ogni momento in quell fapoteosi del passato in cui ormai, risplendente della<br />
luce delle cose non periture, e conservato dalla memoria, per ripresentarsi agli occhi nostri<br />
come l foggetto della nostra piu ardente aspirazione allorquando, sopratutto nelle ore<br />
d faffanno, il ricordo viene ad alzare il velo dinanzi le cose che furono.<br />
6. ‹ Il limitarsi rende felici. Quanto piu il nostro cerchio di visione, di azione e di<br />
contatto e ristretto, tanto piu siamo felici; e piu esso e vasto, piu ci troviamo tormentati ed<br />
29 Da Omero.<br />
68<br />
inquieti. Perocche insieme ad esso aumentano e si moltiplicano le pene, i desideri e le<br />
apprensioni. Ed e per tale motivo che i ciechi non sono tanto infelici come potremmo<br />
crederlo a priori; e facile convincersene all faspetto della calma dolce, quasi allegra, delle<br />
loro sembianze. Questa regola ci spiega anche in parte perche la seconda meta della nostra<br />
vita sia piu triste della prima. Infatti nel corso dell fesistenza, l forizzonte delle nostre vedute
e delle nostre relazioni va allargandosi. Nell finfanzia esso e limitato ai dintorni piu prossimi<br />
ed alle relazioni piu strette; nell fadolescenza si estende in modo considerevole; nell feta<br />
virile abbraccia tutto il corso della nostra vita ed arriva anche a relazioni lontanissime,<br />
perfino con Stati e con popoli diversi; nella vecchiezza comprende le generazioni future.<br />
Ogni limitazione invece, anche nelle cose dello spirito, giova alla nostra felicita. Perocche<br />
quanto meno sara eccitata la volonta, tanto meno vi saranno dolori, e noi sappiamo che il<br />
dolore e positivo e la felicita semplicemente negativa. Il limitare il cerchio d fazione toglie<br />
alla volonta le occasioni esterne d feccitamento; il limitare lo spirito, le occasioni interne.<br />
Quest fultimo ha solo l finconveniente di aprir l faccesso alla noia che diviene sorgente<br />
indiretta d finnumerevoli patimenti perche si ricorre a qualunque mezzo per scacciarla; si<br />
mette a prova infatti e riunioni, e divertimenti, e il giuoco, e il lusso, e la crapula, e mille<br />
altre cose; da cio danni, rovine e disgrazie d fogni specie. Difficilis in otio quies (e difficile<br />
la pace nell fozio). In cambio, per dimostrare quanto il limitarsi esternamente giovi alla<br />
felicita umana, per quello, bene inteso, che puo giovare una cosa qualunque, non abbiamo<br />
che da ricordarci come il solo genere di poesia che intende a dipingere le genti felici,<br />
l fidillio, le rappresenti sempre poste essenzialmente in una condizione ed in un ambiente<br />
dei piu ristretti. Questo stesso sentimento produce pure il piacere che troviamo in cio che si<br />
chiama quadri di genere. Per conseguenza avremo felicita nella maggior possibile<br />
semplicita delle nostre relazioni ed anche nella uniformita del genere di vita fino a che una<br />
tale uniformita non ci dia in braccio alla noia: a questa condizione sopporteremo piu<br />
facilmente la vita ed il suo peso inseparabile; l fesistenza scorrera, come un ruscello, senza<br />
tempeste e senza vortici.<br />
7. ‹ Quello che importa, in ultima analisi, per la nostra felicita o per la nostra infelicita<br />
si e cio che riempie ed occupa la coscienza. Ogni lavoro puramente intellettuale apportera<br />
in totalita alla mente capace di dedicarvisi risorse maggiori che non le apporterebbe la vita<br />
reale colle sue alternative costanti di buono e cattivo esito, colle sue scosse e co f suoi<br />
tormenti. E vero d faltronde che cio esige disposizioni di spirito non comuni. Conviene<br />
inoltre osservare che da una parte l fattivita esterna della vita ci distrae e ci allontana dallo
studio, e toglie allo spirito la tranquillita ed il raccoglimento all fuopo necessari, e che<br />
d faltra parte l foccupazione continua dello spirito ci rende piu o meno incapaci di star in<br />
mezzo all fandamento ed al tumulto della vita reale; e dunque saggia cosa sospendere una<br />
tale occupazione quando una circostanza qualunque necessita un fattivita pratica ed<br />
energica.<br />
8. ‹ Per vivere con prudenza perfetta e per trarre dalla propria esperienza tutti<br />
gl finsegnamenti ch fessa contiene, e necessario portarsi spesso indietro col pensiero e<br />
ricapitolare cio che nella vita si e veduto, fatto, appreso e sentito nello stesso tempo;<br />
bisogna pure confrontare il proprio giudizio d faltre volte colle idee, progetti ed aspirazioni<br />
attuali, col loro risultato, e colla soddisfazione dataci da tale risultato. L fesperienza ci serve<br />
cosi da maestro speciale che viene a darci lezione privatamente. La si puo anche<br />
considerare come il testo, costituendone il commento le cognizioni e il raziocinio. Molto<br />
raziocinio e copiose cognizioni somiglierebbero a quei libri le cui pagine presentano due<br />
linee di testo e quaranta di chiose. Molta esperienza accompagnata da poco raziocinio e da<br />
scarso sapere ricorda quelle edizioni di Deux-Ponts che non hanno annotazioni e che<br />
lasciano cosi molti passi del testo inintelligibili.<br />
Si e a tali precetti che si riferisce la massima di Pitagora, di passare in rivista cioe, la<br />
sera, prima di addormentarsi, quanto si ha fatto nella giornata. L fuomo che se ne va nel<br />
69<br />
tumulto degli affari e dei piaceri senza mai rinvangare il suo passato, e che si contenta di<br />
aggomitolare la matassa della vita, perde ogni ragione chiara delle cose; il suo spirito<br />
diventa un caos, e ne f suoi pensieri s finfiltra una certa confusione di cui fa testimonianza il<br />
suo modo di conversare sconnesso, a scatti, a frammenti, e, per cosi dire, sottilmente<br />
sminuzzato. Tale stato sara messo tanto piu in rilievo quanto piu sara grande l fagitazione<br />
esterna, la somma delle impressioni, e quanto piu sara piccola l fattivita interna dello spirito.<br />
Qui osserviamo pure come dopo un certo periodo di tempo da che le relazioni e le<br />
circostanze che agirono su noi sono sparite, non possiamo piu far ritornare e rivivere la<br />
disposizione e la sensazione prodotte gia in noi; ma cio che possiamo benissimo ricordarci
si e le nostre manifestazioni in quell foccasione. Ora queste sono il risultato, l fespressione e<br />
la misura delle sensazioni e dello stato che esse produssero in noi. La memoria quindi, o la<br />
carta dovrebbero conservare con ogni cura le traccie delle epoche importanti della nostra<br />
vita. Percio tener un giornale sara cosa molto utile.<br />
9. ‹ Bastare a se stesso, esser per se stesso tutto in tutto, e poter dire: áOmnia mea<br />
mecum porto â (porto con me tutte le cose mie), ecco certamente la condizione piu<br />
favorevole per la nostra felicita; percio non si sapra mai ripeter abbastanza la massima di<br />
Aristotele: áLa felicita e per coloro che bastano a se stessi â (Mor. ad Eud. 7, 2). (In fondo<br />
e lo stesso pensiero, presentato in modo graziosissimo, che esprime la sentenza di Chamfort<br />
messa per epigrafe a questo trattato: áLa felicita non e cosa facile a conquistare: e difficile<br />
trovarla in noi, affatto impossibile poi trovarla altrove â). Perocche da una parte non si puo<br />
contare con sicurezza che sopra se stessi; e d faltra parte le fatiche e gl finconvenienti, i<br />
pericoli e gli affanni che la societa porta seco, sono innumerevoli ed inevitabili.<br />
Non v fha strada che piu ci allontani dalla felicita della vita alla grande, della vita dei<br />
conviti e dei festini, di quella vita che gl finglesi chiamano high life, perocche cercando di<br />
trasformare la nostra miserabile esistenza in una successione continua di gioie, di piaceri e<br />
di divertimenti, non si puo mancare d fincontrar il disinganno, senza tener conto delle<br />
menzogne reciproche di cui si fa scambio in quel mondo e che ne sono l faccompagnamento<br />
obbligato30.<br />
Ed anzitutto qualunque societa esige necessariamente un adattamento reciproco, un<br />
temperamento: quindi quanto piu sara numerosa, tanto piu diverra scipita. Non si puo esser<br />
veramente se stesso, se non quando si e solo; dunque chi non ama la solitudine non ama la<br />
liberta, perche non si e liberi che essendo soli. Ogni societa ha per compagna inseparabile la<br />
riservatezza e reclama sacrifizi che costano tanto piu cari quanto piu la propria individualita<br />
e spiccata. Per conseguenza ognuno fuggira, sopportera o cerchera la solitudine in<br />
proporzione esatta del valore del suo io. Perocche e proprio qui che il povero sente tutta la<br />
sua poverta, ed una gran mente tutta la sua grandezza; in breve, ciascuno vi si pesa al suo<br />
giusto valore. Inoltre un uomo e tanto piu essenzialmente e necessariamente isolato quanto
piu alto e il posto che occupa nel libro genealogico della natura. Allora per un tal uomo si e<br />
una vera gioia che l fisolamento fisico sia in rapporto col suo isolamento intellettuale: se cio<br />
non puo essere il frequente avvicinarglisi di persone eterogenee turba, gli diviene<br />
fors fanche funesto, perocche gli toglie il suo io, e non ha niente da offrirgli in compenso.<br />
Di piu mentre la natura ha messo la piu grande dissomiglianza, nel morale come<br />
nell fintelletto, fra gli uomini, la societa non ne tiene alcun conto, li fa tutti eguali, o<br />
piuttosto alla diversita naturale sostituisce distinzioni e gradi artificiali di condizione e di<br />
rango, che stanno sempre diametralmente in opposizione con quell fordine scalare stabilito<br />
dalla natura. Coloro che la natura ha posto in basso, si trovano molto bene vantaggiati da un<br />
tale accomodamento sociale, ma il piccolo numero degli individui che stanno in alto non ci<br />
30 Come il nostro corpo e avvolto nei vestiti, cosi il nostro spirito e inviluppato di menzogne. Le nostre<br />
parole, le nostre azioni, tutto il nostro essere sono bugiardi, e non e che a traverso questo intonaco che si<br />
puo<br />
qualche volta intravvedere il nostro vero pensiero, come a traverso i vestiti le forme del corpo. (Nota<br />
dell fAutore).<br />
70<br />
ha il suo tornaconto; percio costoro si tolgono ordinariamente dalla societa: d fonde risulta<br />
che non appena questa diventa numerosa vi predomina la volgarita. Cio che agli animi<br />
grandi fa venir a noia la societa si e l fuguaglianza dei diritti e delle pretese che ne deriva, di<br />
fronte alla disparita delle facolta e delle produzioni (sociali) degli altri. La cosi detta buona<br />
societa apprezza i meriti di qualsivoglia specie, salvo i meriti intellettuali; questi anzi non<br />
vi entrano che di contrabbando. Essa impone l fobbligo di dimostrare una pazienza senza<br />
limiti per ogni sciocchezza, per ogni follia, per ogni assurdita, per ogni stupidezza; i meriti<br />
personali invece devono mendicare il loro perdono o nascondersi, perche la superiorita<br />
intellettuale, senza concorso della volonta, offende colla sua sola esistenza. Inoltre, questa<br />
pretesa buona societa non ha solo l finconveniente di metterci in contatto con gente che non<br />
possiamo approvare ne amare, ma di piu non ci permette d fesser noi stessi, d fesser quali<br />
conviene alla nostra natura; essa ci obbliga piuttosto, allo scopo di metterci allo stesso
diapason degli altri, a raggrinzarci per cosi dire, se non a difformarci addirittura. Discorsi<br />
sanamente spiritosi o motti arguti non convengono che ad una societa di persone d fingegno;<br />
nella societa ordinaria essi sono cordialmente detestati, perocche per piacere alle persone<br />
che la compongono bisogna essere assolutamente triviali e dappoco. In tali riunioni si deve,<br />
con penosa annegazione di se stessi, abbandonare tre quarti della propria personalita per<br />
assomigliarsi agli altri. E vero che in cambio si guadagna tutti costoro, ma quanto piu si ha<br />
di valore in se tanto piu si scorgera che il guadagno non copre la perdita e che il contratto<br />
finisce a nostro danno, perocche le persone generalmente sono insolvibili, vale a dire non<br />
hanno cosa alcuna nel loro magazzino che possa indennizzarci delle noie, delle fatiche e dei<br />
fastidi che esse procurano, e del sacrificio di se che impongono; d fonde risulta che quasi<br />
tutta la societa e di tale qualita che chi la baratta colla solitudine fa un affare eccellente. A<br />
cio si aggiunge che la societa, allo scopo di supplire alla superiorita vera, vale a dire<br />
all fintellettuale, che essa non vuol sopportare e che e rara, ha adottato senza motivo una<br />
superiorita falsa, convenzionale, fondata su leggi arbitrarie, una superiorita che si propaga<br />
per tradizione fra le classi alte, e che nello stesso tempo si cambia come una parola<br />
d fordine: vogliam dire il bon ton áfashionableness â. Tuttavia quando succede che siffatta<br />
specie di superiorita entra in collisione colla superiorita genuina, la meschinita di essa non<br />
tarda a mostrarsi. Inoltre áquand le bon ton arrive, le bon sens se ritire â31.<br />
In tesi generale non si puo essere in perfetto unisono che con se stessi; non si puo<br />
esserlo coll famico, non si puo esserlo con la donna amata, perche le differenze<br />
dell findividualita e dell fumore producono sempre una dissonanza, sia pur piccolissima.<br />
Cosi la pace del cuore vera e profonda, e la perfetta tranquillita dello spirito, beni supremi<br />
sulla terra dopo la salute, non si trovano che nella solitudine, e non saranno permanenti se<br />
non nell fisolamento assoluto. Allora, quando l fio e grande e ricco, si gusta la condizione<br />
piu felice che sia possibile trovare in questo povero mondo. Si! diciamolo apertamente: per<br />
quanto strettamente l famicizia, l famore e il matrimonio uniscano gli umani, non si vuol<br />
bene, interamente e di buona fede, che a se stessi, o tutt fal piu al proprio figlio. Meno si<br />
avra bisogno, in seguito a condizioni oggettive e soggettive, di mettersi a contatto cogli
uomini, meglio ci troveremo. La solitudine, l fisolamento permettono d fabbracciare d fun<br />
solo sguardo tutti i propri mali, od anche di non provarli in un colpo solo; la societa invece<br />
e insidiosa; essa nasconde mali immensi, di sovente irreparabili, dietro un fapparenza di<br />
passatempi, di conversazioni, di divertimenti di societa, e d faltre simili cose. Sarebbe per<br />
gli uomini uno studio importante l fimparar di buon fora a sopportare la solitudine, questa<br />
sorgente di felicita e di quiete intellettuale.<br />
Da quanto abbiamo esposto deriva che ha una parte molto migliore colui che non<br />
conta che su se stesso e che puo in tutto esser tutto a se stesso. Cicerone ha detto áColui che<br />
basta a se stesso e che mette in se solo tutte le cose sue non puo non esser felicissimo â<br />
(Paradox. II). Inoltre piu un uomo ha in se, meno gli altri possono essergli qualche cosa. Si<br />
31 In francese nell foriginale. (Nota del Trad.).<br />
71<br />
e un tal sentimento, di poter esser sufficiente a se stesso, che impedisce all fuomo di vaglia e<br />
ricco all finterno, di fare alla vita comune quei grandi sacrifizi che essa esige, e molto meno<br />
ancora di ricercarla a prezzo d funa notevole annegazione di se stesso. Si e il sentimento<br />
opposto che rende gli uomini ordinari cosi socievoli e cosi trattabili: infatti e loro piu facile<br />
sopportar gli altri che se stessi. Notiamo pure che cio che ha un valore reale non e<br />
apprezzato nel mondo, e che cio che e apprezzato non ha valore. Ne troviamo la prova e la<br />
conseguenza nella vita ritirata d fogni persona di merito e di distinzione. Ne segue che sara<br />
per l fuomo eminente far atto positivo di saggezza il limitare, se occorre, i bisogni, non fosse<br />
altro per poter conservare ed estendere la propria liberta, e il contentarsi del meno possibile<br />
per la propria persona quando il contatto cogli altri individui fosse inevitabile.<br />
Cio che d faltra parte rende gli uomini sociabili si e che essi sono incapaci di<br />
sopportare la solitudine e di sopportare se stessi quando sono soli. Ed e dal loro vuoto<br />
interno e dalla stanchezza di se stessi che sono spinti a cercare la societa, a correre paesi<br />
stranieri e ad intraprendere viaggi continuamente. Il loro spirito, mancando della forza<br />
necessaria per comunicarsi un movimento proprio, cerca di accrescersela col vino, e molti<br />
cosi finiscono col divenire ubbriaconi. A questo scopo essi hanno pure bisogno
dell feccitamento continuo che viene dal di fuori e specialmente di quello prodotto da<br />
individui della loro specie, che e il piu energico fra tutti. In mancanza di tale irritazione<br />
esterna il loro spirito si accascia sotto il proprio peso e cade in grave letargia32. Si potrebbe<br />
dire egualmente che ciascuno di essi non e che una piccola frazione dell fidea dell fumanita,<br />
e che ha quindi bisogno di essere addizionato con molti de f suoi simili per costituire in<br />
certo modo una coscienza umana intera; invece l fuomo completo, l fuomo per eccellenza,<br />
non e una frazione, ma rappresenta una unita intera e di conseguenza basta a se stesso. Si<br />
puo, in questo senso, paragonare la societa ordinaria a quell forchestra russa composta<br />
esclusivamente di corni, nella quale ogni stromento non da che una nota; non e che colla<br />
loro coincidenza precisa che si produce l farmonia musicale. Infatti lo spirito della maggior<br />
parte delle persone e monotono come quel corno che non produce che un suono solo:<br />
costoro sembrano in realta non aver mai che un solo e medesimo soggetto nella mente, ed<br />
essere incapaci di contenerne un altro. Cio spiega dunque in una volta come succeda che<br />
essi siano tanto nojosi e tanto sociabili, e perche vadino ben volentieri in gregge: áThe<br />
gregariousness of mankind â. La monotonia della loro propria natura e insopportabile a<br />
ciascuno di essi: áOmnis stultitia laborat fastidio sui â. (Qualunque stupidezza opprime<br />
colla nausea di se stessa). Non e che uniti e colla loro riunione che essi sono qualche cosa<br />
precisamente come i sonatori di corno russo. L fuomo intelligente invece puo esser<br />
paragonato ad un virtuoso che eseguisce da se solo il suo concerto, oppure anche ad un<br />
pianoforte. Simile a questo, che e da per se una piccola orchestra, egli e un piccolo mondo,<br />
e cio che gli altri non sono che nell fazione dell finsieme, ei lo presenta nell funita d funa sola<br />
coscienza. Come il pianoforte, ei non e una parte della sinfonia, ma e fatto per l fa solo e per<br />
la solitudine; quando deve prender parte al concerto cogli altri cio non puo essere che come<br />
voce principale con accompagnamento, ancora come il pianoforte, o per dare il tono nella<br />
32 Tutti sanno che i mali si sentono meno sopportandoli in comune: pare che fra questi mali gli uomini<br />
contino la noja, ed e per questo che si riuniscono allo scopo di annojarsi insieme. Nello stesso modo che<br />
l famore della vita non e alla fin fine che la paura della morte, cosi l fistinto sociale degli uomini non e un<br />
sentimento diretto, vale a dire non e fondato sull famore della societa, ma sulla paura della solitudine,
perocche non e in verita la benefica presenza degli altri che si cerca, ma si fugge piuttosto l faridita e la<br />
desolazione dell fisolamento, e cosi pure la monotonia della propria coscienza; per togliersi alla solitudine<br />
ogni compagnia e buona, anche la cattiva, e ciascuno si sottomette volontieri alla fatica ed alla riservatezza<br />
forzata che qualunque societa porta necessariamente con se. . Ma quando il disgusto di tuttocio ha preso il<br />
sopravvento, quando, come conseguenza, la solitudine si ha caparrata la nostra simpatia e noi abbiamo<br />
vinto<br />
quella prima impressione che essa produce, in modo da non provar quegli effetti che piu in alto abbiamo<br />
descritti, allora si puo a bell fagio restar sempre soli; non si rimpiangera di certo il mondo, perche non si<br />
avra<br />
bisogno diretto di esso, e perche ormai si sara avvezzi alle conseguenze benefiche dell fisolamento. (Nota<br />
dell fAutore).<br />
72<br />
musica vocale, sempre come il pianoforte. Chi ama andar di tempo in tempo nel mondo<br />
potra cavare dalla comparazione precedente la regola che cio che manca in qualita alle<br />
persone con cui si e in relazione deve esser supplito fino ad un certo punto dalla quantita.<br />
La societa di un solo uomo intelligente potra bastargli, ma se non trova che mercanzia di<br />
qualita ordinaria sara buona cosa averne in abbondanza, perche la varieta e l fazione<br />
combinate producano qualche effetto, in analogia coll forchestra dei corni russi, gia<br />
ricordata: e che il cielo gli accordi la pazienza di cui avra bisogno!<br />
Egli e ancora a questo vuoto interno ed a questa nullita della gente che si deve<br />
attribuire il fatto che quando gli uomini di miglior stoffa si uniscono in vista di qualche<br />
scopo nobile ed ideale, il risultato sara quasi sempre il seguente: si trovera qualche membro<br />
di quella plebe dell fumanita che, simile agl finsetti schifosi, pullula ed invade ogni cosa in<br />
ogni luogo, sempre pronta ad impadronirsi di tutto indistintamente per alleviare la propria<br />
noja, o qualche volta la propria miseria, . si trovera, dico, qualcuno che s finsinuera<br />
nell fassemblea, o vi entrera a forza di molestie, ed allora o distruggera ben presto tutta<br />
l fopera, oppure la modifichera al punto che l fesito ne verra presso a poco all festremo<br />
opposto dello scopo prefisso.<br />
Si puo ancora considerare la sociabilita presso gli uomini come un mezzo per
scaldarsi reciprocamente lo spirito, analogo al modo con cui si riscaldano scambievolmente<br />
il corpo quando, nei grandi freddi, si ammucchiano e si serrano gli uni contro gli altri. Ma<br />
chi possede in se molto calorico intellettuale non ha bisogno di tali accumulamenti. Si<br />
trovera nel 2 ‹ vol. di questa raccolta33, nel capitolo finale, un apologo immaginato da me su<br />
questo soggetto. Conseguenza di tutto cio si e che la sociabilita di ciascuno e in ragione<br />
inversa del valore intellettuale; dire di qualcuno: áEgli e ámolto insociabile â significa<br />
press fa poco: áCostui e un uomo dotato di facolta eminenti â.<br />
La solitudine offre all fuomo altolocato intellettualmente due vantaggi: il primo<br />
d fesser con se, il secondo di non esser con gli altri. Si apprezzera grandemente quest fultimo<br />
riflettendo a tutto cio che il commercio col mondo porta seco in fatto di riservatezza<br />
forzata, di tormenti, ed anche di pericoli. áOgni nostro male deriva dal non poter esser<br />
soli â ha detto La Bruyere. La sociabilita appartiene ai caratteri pericolosi e perniciosi,<br />
perocche ci mette in contatto con individui i quali in grande maggioranza sono moralmente<br />
cattivi ed intellettualmente limitati o pervertiti. L fuomo insociabile e colui che non ha<br />
bisogno di siffatta gente. Aver abbastanza in se per poter fare a meno della societa e gia una<br />
grande felicita, per cio stesso che quasi tutti i nostri mali derivano dal mondo, e perche la<br />
tranquillita dello spirito, che dopo la salute forma l felemento piu essenziale del nostro<br />
benessere, vi e messa in pericolo e non puo esistere senza lunghi periodi di solitudine. I<br />
filosofi cinici rinunziarono ai beni d fogni specie per godere la felicita che procura la quiete<br />
intellettuale: rinunziare alla societa allo scopo, di arrivare allo stesso risultato, si e scegliere<br />
il mezzo piu saggio. Bernardin de Saint-Pierre dice con ragione ed in modo graziosissimo:<br />
áLa dieta degli alimenti ci da la salute del corpo, e quella degli uomini la tranquillita<br />
33 Gli aforismi sulla saggezza nella vita fanno parte di una raccolta di scritti pubblicata da Schopenhauer<br />
sotto il titolo di Parerga und Paralipomena. Ecco l fapologo di cui l fautore parla nel testo: áIn una rigida<br />
giornata d finverno una truppa di porcospini si era messa in mucchio serrato per salvarsi scambievolmente<br />
dal<br />
freddo col loro proprio calore. Ma subito sentirono le offese delle loro punte, cio che li fece allontanare gli<br />
uni<br />
dagli altri. Quando il bisogno di riscaldarsi li avvicino di nuovo, si rinnovo lo stesso inconveniente,
dimodoche essi furono ballonzolati di qua e di la tra i due patimenti fino a che non ebbero trovato una<br />
distanza media che rese loro sopportabile la situazione. Cosi il bisogno di societa, nato dalla vacuita o dalla<br />
monotonia del loro interno, spinge gli uomini gli uni verso gli altri; ma le numerose loro qualita ributtanti e i<br />
loro insopportabili difetti li disperdono nuovamente. La distanza media che essi finiscono collo scoprire, e<br />
nella quale la vita in comune diventa possibile, si e la pulitezza e le belle maniere. In Inghilterra si grida a chi<br />
non mantiene la dovuta distanza: Keep your distance! . Con questo mezzo il bisogno di mutuo<br />
riscaldamento<br />
non e invero soddisfatto che a meta, ma in cambio non si sente la puntura delle spine. . Chi pero possede<br />
molto calorico suo proprio preferisce rimanere fuori della societa per non provare ne cagionare<br />
sofferenze. â<br />
(Nota del Trad.).<br />
73<br />
dell fanima â. Percio colui che si e assuefatto di buon fora alla solitudine, e che vi ha preso<br />
gusto, possiede una miniera d foro. Ma questo non e dato a tutti. Perocche nella stessa guisa<br />
che la miseria, da prima, avvicina gli uomini, cosi, piu tardi allontanato il bisogno, vi e la<br />
noja che li raccoglie. Senza questi due motivi, ciascheduno resterebbe probabilmente in<br />
disparte, non foss faltro perche solo nell fisolamento l fambiente che ci circonda corrisponde<br />
a quell fimportanza esclusiva che ognuno possede a f suoi occhi, ma che l fandazzo<br />
tumultuoso del mondo riduce a niente, visto che ad ogni passo riceve una dolorosa<br />
smentita. In questo senso la solitudine e anzi lo stato naturale a ciascuno; essa lo rimette,<br />
novello Adamo, nella condizione primitiva di felicita, nella condizione appropriata alla sua<br />
natura.<br />
Si! ma Adamo non aveva padre ne madre! Ed e per questo, d faltra parte, che la<br />
solitudine non e naturale all fuomo, poiche al suo arrivo nel mondo ei non si trova solo, ma<br />
in mezzo a parenti, a fratelli, a sorelle, con altre parole in seno d funa vita in comune.<br />
Per conseguenza l famore della solitudine non puo esistere come inclinazione<br />
primitiva; esso deve nascere come risultato dell fesperienza e della riflessione, e prodursi<br />
sempre in rapporto collo sviluppo della forza intellettuale ed in proporzione col progredire<br />
degli anni: ne segue che alla fin fine l fistinto sociale d fogni individuo sara in rapporto
inverso dell feta sua. Il bambino strilla dalla paura e si lamenta non appena e lasciato solo,<br />
fosse pure per qualche momento. Per i fanciulli il dover starsene soli e un severo castigo. I<br />
giovani si uniscono volentieri fra loro; non v fhanno che quelli dotati d funa natura piu<br />
nobile e d funo spirito piu elevato che cercano gia qualche volta la solitudine; nondimeno<br />
passar soli tutta la giornata e loro ancora difficile. Per l fuomo fatto la cosa e facile; ei puo<br />
rimanere a lungo isolato, e tanto piu a lungo quanto piu progredisce nella vita. Al vecchio<br />
poi, unico sopravvivente delle generazioni sparite, morto da una parte alle gioje della vita, e<br />
dall faltra ormai al di sopra di esse, la solitudine e il vero suo elemento. Ma, in ogni<br />
individuo considerato separatamente, i progressi dell finclinazione al ritiro ed all fisolamento<br />
saranno sempre in ragione diretta del valore intellettuale. Perocche, come gia dicemmo, non<br />
e questa un finclinazione puramente naturale, provocata in modo diretto dalla necessita, e<br />
piuttosto solamente l feffetto dell fesperienza acquistata e meditata; vi si arriva soprattutto<br />
dopo essersi bene convinti della miserabile condizione morale ed intellettuale della maggior<br />
parte degli uomini, e cio che v fha di peggio in tale condizione si e che le imperfezioni<br />
morali dell findividuo cospirano colle imperfezioni intellettuali e si ajutano a vicenda; si<br />
producono allora i fenomeni piu schifosi che rendono ripugnante, e fors fanco<br />
insopportabile, il commercio colla grande maggioranza degli uomini. Ecco perche, sebbene<br />
vi siano tante brutte cose a questo mondo, la societa e ancora piu brutta: lo stesso Voltaire,<br />
francese sociabile, si spinse fino a dire: áLa terra e coperta da gente tale che non<br />
meriterebbe nemmeno che le si rivolgesse la parola â. Il tenero Petrarca, che ha cosi<br />
vivamente e con tanta costanza amato la solitudine, ce ne spiega egualmente il perche:<br />
Cercato ho sempre solitaria vita<br />
(Le rive il sanno, e le campagne, e i boschi),<br />
Per fuggir quest fingegni storti e loschi<br />
Che la strada del ciel hanno smarrita.<br />
Ei ci presenta gli stessi motivi nel suo bel libro De vita solitaria, che sembra aver<br />
servito di modello a Zimmermann per la celebre opera Della solitudine. Chamfort, co f suoi<br />
modi sarcastici, esprime precisamente questa origine secondaria e indiretta
dell finsociabilita quando scrive: áSi dice qualche volta di un uomo che vive solo: Ei non<br />
ama la societa. Spesso e la stessa cosa come se si dicesse d fun uomo che egli non ama il<br />
passeggiare perche non va a spasso volentieri la sera nella foresta di Bondy â. Saadi nel<br />
Gulistan parla nel medesimo senso: áDa questo momento, prendendo congedo dal mondo,<br />
noi abbiamo seguito la via dell fisolamento, perocche la sicurezza sta nella solitudine â.<br />
74<br />
Angelo Silesius, anima dolce e cristiana, dice la stessa cosa nel suo linguaggio speciale e<br />
affatto mistico: áErode e un nemico, Giuseppe e la ragione a cui Dio rivela in sogno (in<br />
ispirito) il pericolo. Il mondo e Betleme, l fEgitto la solitudine: fuggi, anima mia! fuggi, o tu<br />
muori di dolore â. Egualmente Giordano Bruno: áTanti uomini che in terra hanno voluto<br />
gustare vita celeste, dissero ad una voce: ecce elongevi fugiens et mansi in solitudine â<br />
(ecco, m fallontanai fuggendo, e rimasi nella solitudine). Saadi, il persiano, parlando di se<br />
nel Gulistan dice anche: áStanco degli amici a Damasco mi ritirai nel deserto vicino a<br />
Gerusalemme per cercare la societa degli animali â. In poche parole tutti coloro che<br />
Prometeo ha fabbricato colla migliore argilla si sono espressi nello stesso senso. Quali<br />
piaceri infatti possono provare questi esseri privilegiati nel commercio con creature colle<br />
quali non possono aver relazioni per stabilire una vita in comune se non per mezzo della<br />
parte piu bassa e piu vile della loro natura, vale a dire di tutto cio che v fha in essa di<br />
volgare, di triviale, d fignobile? Tali individui ordinari non potendosi levare all faltezza dei<br />
primi, non hanno altra risorsa, come non si prenderanno altro compito, se non quello di<br />
abbassarli al loro livello. Da questo punto di vista si e davvero un sentimento aristocratico<br />
quello che alimenta l finclinazione all fisolamento ed alla solitudine. Tutti i cialtroni sono<br />
tanto sociali da far pieta: in cambio, a cio solo si vede che un uomo e di qualita piu nobile,<br />
quando non trova alcun piacere cogli altri, quando alla loro societa preferisce ognor piu la<br />
solitudine, acquistando insensibilmente coll feta la convinzione che salvo rare eccezioni non<br />
v fha scelta nel mondo tra l fisolamento e la volgarita. Per quanto dura sembri, questa<br />
massima e stata espressa da Angelo Silesius stesso, ad onta di tutta la sua carita e tenerezza<br />
cristiana: áLa solitudine e penosa: pero non esser volgare, e tu potrai isolarti in qualunque
luogo â.<br />
Specialmente in quanto concerne gli spiriti eminenti, e ben naturale che questi veri<br />
educatori del genere umano provino anche tanta poca inclinazione a mettersi di frequente in<br />
rapporto cogli altri, quanta ne puo sentire il pedagogo ad unirsi ai giochi rumorosi della<br />
schiera di fanciulli che lo contorna. Perocche, nati per guidare gli altri uomini sull fOceano<br />
dei loro errori verso la verita, per trarli dall fabisso della loro rozzezza e della loro volgarita,<br />
per innalzarli verso la luce della civilizzazione e del progresso, essi devono, e vero, vivere<br />
in mezzo a gente siffatta, ma senza pero appartenerle realmente; si sentono quindi fino dalla<br />
giovinezza creature sensibilmente differenti; ma in questo riguardo la convinzione ben<br />
chiara non giunge loro che insensibilmente a misura che vanno avanti cogli anni; allora<br />
hanno cura di aggiungere la distanza fisica alla distanza intellettuale che li separa dal resto<br />
degli uomini, e vegliano perche nessuno, a meno che non sia piu o meno affrancato dalla<br />
volgarita generale, li accosti troppo da vicino.<br />
Da tutto cio si deduce che l famore della solitudine non apparisce direttamente ed allo<br />
stato d fistinto primitivo, ma che si sviluppa indirettamente e progressivamente specie negli<br />
spiriti eminenti, non senza dover vincere l finclinazione naturale alla socialita, ed anche<br />
combattere all foccasione qualche suggerimento mefistofelico: áCessa dal giocare col tuo<br />
cordoglio che, pari ad un avoltojo, ti rode la vita: la piu vile compagnia ti fa sentire che sei<br />
uomo con gli uomini. â<br />
La solitudine e il retaggio delle menti superiori; qualche volta succedera loro che se<br />
ne rammarichino, ma la sceglieranno sempre come il minore dei mali. Col progresso<br />
dell feta nondimeno il sapere aude doventa in questo riguardo sempre piu facile ed<br />
omogeneo; verso la sessantena l finclinazione alla solitudine arriva ad essere affatto<br />
naturale, e quasi istintiva. Infatti tutto si unisce allora per favorirla. Le forze che spingono<br />
piu gagliardamente alla socialita, cioe l famor delle donne e l fistinto sessuale, non agiscono<br />
piu a quel momento; anzi lo sparire del sesso fa nascere nel vecchio una certa capacita di<br />
bastare a se stesso, che a poco a poco assorbe totalmente l finclinazione alla societa. Si e<br />
ormai ritornati in se da mille illusioni e da mille stoltezze; d fordinario la vita d fazione e
cessata; non si ha piu cosa alcuna da aspettare, nessun piano o progetto da concepire; la<br />
75<br />
generazione a cui si appartiene realmente non esiste piu; attorniati da una razza straniera si<br />
e di gia oggettivamente ed essenzialmente isolati. Con tutto cio il cammino del tempo si e<br />
accelerato, e lo si vorrebbe inoltre impiegare per l fintelletto. Perocche a quell fora, ammesso<br />
che la testa abbia conservato tutte le sue forze, gli studi d fogni sorta sono resi piu che mai<br />
facili ed interessanti dalla grande somma di esperienza e di conoscenze acquistate, dalla<br />
meditazione progressivamente piu approfondita di qualunque pensiero, come pure dalla<br />
maggior attitudine all fesercizio di tutte le facolta intellettuali. Si vede chiaro in molte cose<br />
che altra volta erano in certo modo avviluppate da densa nebbia, si ottiene eccellenti<br />
risultati, e si sente interamente la propria superiorita. In seguito alla lunga esperienza si ha<br />
cessato dall faspettarsi gran cosa dagli uomini, poiche, tutto considerato, essi non<br />
guadagnano ad esser conosciuti piu da vicino; si sa piuttosto che, eccettuata qualche rara<br />
probabilita favorevole, non s fincontreranno nella natura umana se non esemplari molto<br />
difettosi che e meglio non toccare. Non si e piu esposti alle illusioni ordinarie, si vede a<br />
colpo d focchio cio che un uomo vale, e non si provera che molto di rado la voglia di entrare<br />
in piu intimi rapporti con lui. Infine, quando nella vita solitaria si riconosce un famica<br />
d finfanzia, l fabitudine dell fisolamento e del commercio con se stesso prende piede, e<br />
diventa una seconda natura. Percio l famor della solitudine, qualita che fino a quel punto<br />
bisognava conquistare con la lotta contro l fistinto della socialita; e ormai semplice e<br />
naturale; si sta perfettamente bene da soli come il pesce nell facqua. Ogni uomo superiore,<br />
quindi, che ha un findividualita non somigliante all faltrui, e che per conseguenza occupa un<br />
posto a parte, si sentira beato da vecchio in tale posizione interamente isolata, benche abbia<br />
potuto trovarsene infastidito durante la sua gioventu.<br />
Certamente ciascuno non possedera la sua parte di questo privilegio reale dell feta se<br />
non nella misura delle sue forze intellettuali; si e dunque lo spirito eminente che lo<br />
acquistera prima d fogni altro, ma ad un grado minore tutti vi arriveranno. Non v fha che le<br />
nature le piu povere e le piu volgari che saranno nella vecchia eta cosi socievoli come per lo
innanzi: esse stanno allora a carico di quella societa a cui non sono piu adatte; ma tutt fal piu<br />
arriveranno a farsi tollerare, e non saranno mai cercate come altre volte.<br />
Si puo ancora trovare un lato teleologico in questo rapporto inverso di cui or ora<br />
tenemmo parola, tra il numero degli anni e il grado di socialita. Quanto piu l fuomo e<br />
giovane tanto piu ha da imparare ancora in tutte le direzioni; ora la natura non gli ha<br />
riservato che quel mutuo insegnamento che ciascheduno riceve dalle relazioni co f suoi<br />
simili, quell finsegnamento reciproco per cui la societa umana potrebbe chiamarsi una<br />
grande casa d feducazione Bell-Lancasteriana, visto che i libri e le scuole sono istituzioni<br />
artificiose, ben lontane dal piano della natura. E molto utile all fuomo il frequentare l fistituto<br />
naturale di educazione tanto piu assiduamente quanto piu e giovane.<br />
áNihil est ab omni parte beatum â<br />
non v fha in questa vita beatitudine perfetta, dice Orazio, e áNessun loto senza stelo â ripete<br />
un proverbio indiano; similmente la solitudine a lato di tanti vantaggi ha pure i suoi leggeri<br />
inconvenienti e i suoi piccoli fastidi, che pero sono minimi riguardo a quelli della societa, a<br />
tal punto che colui il quale ha un valore proprio, trovera sempre cosa piu facile far senza<br />
degli uomini, piuttostoche mantenersi in relazione con essi. Fra gl finconvenienti ve n fha<br />
uno del quale non si puo facilmente rendersi conto come degli altri; ed e il seguente: nello<br />
stesso modo che a forza di starsene continuamente in una camera il nostro corpo diventa<br />
cosi sensibile ad ogni impressione esterna che la piu piccola corrente d faria lo colpisce<br />
morbosamente, cosi il nostro umore si fa talmente sensibile nella solitudine e<br />
nell fisolamento prolungato che ci sentiamo inquieti, afflitti od offesi dai fatti piu<br />
insignificanti, da una parola, fors fanco dalla semplice apparenza, mentre chi e<br />
costantemente in mezzo al tumulto del mondo non presta affatto attenzione a tali bagattelle.<br />
76<br />
Potrebbe darsi che un uomo, specialmente in gioventu, e ad onta che la giusta<br />
avversione per i suoi simili l fabbia gia fatto fuggire di sovente nell fisolamento, non sappia<br />
a lungo andare sopportarne il vuoto; io gli consiglio di abituarsi a portar seco nella societa<br />
una parte della sua solitudine; apprenda cosi ad esser solo, fino ad un certo punto, anche fra
la gente, per conseguenza non comunichi subito agli altri cio che pensa, d faltra parte non<br />
annetta troppo valore a cio che dice il mondo, e meglio ancora non si aspetti da esso gran<br />
cosa, sia dal lato morale sia dall fintellettuale, e quindi attenda a fortificare in se questa<br />
indifferenza riguardo all fopinione altrui, mezzo sicurissimo per praticare costantemente una<br />
lodevole tolleranza. In siffatta guisa, benche in mezzo agli uomini, ei non sara interamente<br />
nella loro societa, ed avra riguardo ad essi un fattitudine piu puramente oggettiva, cio che lo<br />
proteggera contro un contatto troppo intimo colla gente, e quindi contro ogni<br />
contaminazione, e meglio ancora contro ogni offesa. Esiste una descrizione drammatica<br />
degna di nota d funa tale societa attorniata da barriere e da trinceramenti, nella commedia<br />
áEl cafe, o sea la comedia nueva â di Moratin; la si trovera nel personaggio di Don Pedro,<br />
sopratutto nelle scene 2a e 3a del primo atto.<br />
In quest fordine d fidee possiamo paragonare la societa ad un fuoco innanzi a cui il<br />
saggio si riscalda senza pero toccarlo come fa il pazzo il quale, dopo essersi scottato, fugge<br />
nella fredda solitudine e si lamenta perche il fuoco brucia.<br />
10 ‹ L finvidia e naturale all fuomo, e tuttavia costituisce in un tempo stesso un vizio ed<br />
un finfelicita34. Dobbiamo dunque considerarla come un nemico della nostra felicita, e<br />
cercar di soffocarla come un cattivo demone. Seneca ce lo comanda con queste belle parole:<br />
áLe cose nostre ci dilettano senza confronto: non sara mai felice quegli a cui dara<br />
angoscia il desio di maggior bene â (De ira, III, 30). Ed altrove: áQuando poni mente a<br />
quanta gente ti precede, pensa pure a quanta gente sta dietro di te â (Ep. 15); bisogna<br />
dunque considerare piuttosto coloro la cui condizione e peggiore della nostra che non quelli<br />
che ci pare stieno meglio di noi. Quando ci colpiscono disgrazie reali, la consolazione piu<br />
efficace, quantunque derivata dalla stessa sorgente dell finvidia, sara la vista di mali piu<br />
grandi dei nostri, ed a lato di cio il frequentare persone che si trovino nello stesso caso<br />
nostro, i nostri compagni di sventura.<br />
Ecco quanto sul lato attivo dell finvidia. Circa il lato passivo havvi da osservare che<br />
nessun odio e cosi implacabile come l finvidia; percio invece d fesser incessantemente<br />
occupati ad eccitarla, faremmo assai meglio di rifiutarci, come molti altri, anche questo
piacere, viste le sue funeste conseguenze.<br />
Si danno tre aristocrazie: la quella della nascita e del rango; 2a quella del danaro; 3a<br />
quella dello spirito. Quest fultima e realmente la piu nobile, e si fa anche conoscere per tale<br />
dato che gliene si lasci il tempo: lo stesso Federico il Grande non ha detto: áLe anime<br />
privilegiate stanno al medesimo livello dei sovrani â? Egli indirizzava queste parole al suo<br />
maresciallo di Corte, il quale si trovava offeso perche Voltaire era chiamato a prender posto<br />
in una tavola riservata unicamente ai sovrani ed ai principi della famiglia, mentre i ministri<br />
ed i generali pranzavano a parte con lui. Ognuna di queste aristocrazie e attorniata da<br />
un farmata speciale d finvidiosi, segretamente stizziti contro ciascuno de f suoi membri, ed<br />
occupati, quando credono non aver da temere, a fargli capire in tutti i modi: áTu non sei<br />
niente piu di noi â. Ma tali sforzi tradiscono precisamente la loro convinzione del contrario.<br />
La linea di condotta che devono scegliere gl finvidiati consiste nel tenere a distanza tutti<br />
coloro che compongono tali bande, e nell fevitare qualunque contatto con essi in modo da<br />
restarne separati da un largo abisso; quando la cosa non e fattibile devono tollerare colla<br />
maggior calma possibile gli sforzi dell finvidia, la cui sorgente si trovera cosi esaurita.<br />
Questo e quanto vediamo succedere ogni giorno. In cambio, i membri di una delle<br />
aristocrazie nominate s fintenderanno ordinariamente molto bene e senza provar invidia<br />
34 L finvidia, negli uomini, dimostra quanto si sentono infelici, e la continua attenzione che portano a tutto<br />
cio che fanno o non fanno gli altri, prova quanto si annojano. (Nota dell fAutore).<br />
77<br />
colle persone che fanno parte d fognuna delle altre due, e questo perche ciascheduno mette<br />
nella bilancia il proprio merito come equivalente a quello degli altri.<br />
11 ‹ E necessario meditare maturatamente ed a molte riprese un progetto avanti di<br />
metterlo in esecuzione, e, dopo averlo pesato scrupolosamente, bisogna pure calcolare la<br />
parte debole per l finsufficienza di ogni sapere umano; visti i limiti delle nostre cognizioni,<br />
possono sempre esservi circostanze che e stato impossibile scrutare o prevedere, e che<br />
potrebbero venir ad alterare il risultato di tutte le nostre speculazioni. Tale riflessione<br />
mettera sempre un peso nel piatto negativo della bilancia, e ci portera negli affari importanti
a non muover cosa senza necessita: áQuieta non movere. â Ma, una volta presa la decisione<br />
e messo mano all fopera, quando ogni cosa puo seguire il suo corso, e quando noi non<br />
abbiamo piu che da aspettare il risultato, non bisogna ormai tormentarsi con replicate<br />
considerazioni su cio che e fatto, e con sempre nuove inquietudini sui possibili pericoli; e<br />
necessario invece scaricarsi completamente lo spirito da tale affare, chiudere affatto questo<br />
scompartimento del pensiero, e rimaner tranquilli nella convinzione d faver tutto pesato<br />
maturamente a suo tempo. Cio e quanto consiglia pure di fare il proverbio italiano: áLegala<br />
bene e poi lasciala andare35 â. Se, ad onta di tutto, l fesito non corrisponde, si e perche tutte<br />
le cose umane sono soggette alla sorte ed all ferrore. Socrate, il piu saggio degli uomini,<br />
aveva bisogno d fun demone tutelare per discernere il vero, od almeno per evitare il falso<br />
ne f suoi affari personali; non e questa una prova che la ragione umana non vi basta? Percio<br />
questa sentenza, attribuita ad un papa, che siamo noi stessi, almeno in parte, colpevoli delle<br />
disgrazie che ci colpiscono, non e vera, ne sempre, ne senza riserve, quantunque lo sia nella<br />
maggior parte dei casi. Si e un tal sentimento che sembra condurre gli uomini a nascondere<br />
per quanto e possibile i loro mali, ed a cercare, come meglio possono riuscirvi, di<br />
aggiustarsi un aspetto soddisfatto. Essi temono che la sventura sia attribuita alla colpa.<br />
12. ‹ In faccia d fun avvenimento funesto, gia compito, che per conseguenza non si<br />
puo piu modificare, bisogna non abbandonarsi nemmeno all fidea che forse avrebbe potuto<br />
succedere altrimenti, e meno ancora riflettere a quanto avrebbe avuto la possibilita di<br />
stornarlo; perocche si e questo precisamente che porta la gradazione del dolore fino al<br />
punto in cui diviene insopportabile, e fa dell fuomo un á.ƒ¿ƒÒƒÑƒÍƒËƒÑƒÇƒÊƒÍ ƒÏƒÍƒÒƒÊƒÃƒËƒÍ. â.<br />
Facciamo piuttosto come il re Davide, che assediava incessantemente Jehova con preghiere<br />
e suppliche durante la malattia di suo figlio, e che, non appena questi fu morto, fece<br />
scoppiettare le dita e non vi penso piu oltre. Colui che non ha un carattere abbastanza<br />
leggero per condursi nello stesso modo, deve rifugiarsi sul terreno del fatalismo, e<br />
convincersi pienamente di quest falta verita che tutto quello che succede, succede<br />
necessariamente, dunque e inevitabile.<br />
Tuttavia questa regola non ha valore che in un solo senso. Essa giova a consolarci ed
a calmarci immediatamente in caso di sventura; ma quando, come avviene piu di sovente,<br />
devesi attribuire la colpa, almeno in parte, alla nostra negligenza od alla nostra temerita,<br />
allora la meditazione ripetuta e dolorosa dei mezzi che avrebbero potuto prevenire il<br />
funesto avvenimento e una mortificazione salutare, propria a servirci di lezione e di<br />
ammendamento per l favvenire. Sopratutto non bisogna cercar di scusare, colorire o<br />
impiccolire ai propri occhi i falli di cui si e colpevoli evidentemente; e necessario<br />
confessarseli e presentarseli in tutta la loro estensione, allo scopo di poter prendere la ferma<br />
decisione di evitarli in seguito. E vero pero che cosi si viene a procurarsi il dolorosissimo<br />
sentimento della scontentezza di se, ma ál fuomo impunito non s finstruisce. â<br />
13. ‹ In tutto cio che concerne la nostra felicita o la nostra miseria bisogna imbrigliare<br />
la fantasia: quindi, anzitutto non fabbricare castelli in aria: essi ci costano troppo cari,<br />
perocche ci e forza, subito dopo, demolirli con molti sospiri. Ma dobbiamo guardarci ben di<br />
piu dal darci angoscia rappresentandoci vivacemente mali che sono solamente possibili.<br />
35 In italiano nell foriginale.<br />
78<br />
Che se essi poi fossero completamente immaginari od anche possibili solo in una<br />
eventualita molto lontana, sapremmo immediatamente al nostro svegliarci da tal sogno, che<br />
tutto questo non era che illusione; in conseguenza ci sentiremmo assai piu contenti della<br />
realta che si trova esser migliore, e ne trarremmo forse avvertimento per accidenti lontani,<br />
quantunque possibili. Ma la nostra fantasia non gioca facilmente con simili immagini; essa<br />
non fabbrica mai per puro divertimento se non prospettive ridenti. La stoffa de f suoi sogni<br />
foschi e fornita dai mali che, quantunque lontani, ci minacciano effettivamente in una certa<br />
misura; ecco gli oggetti che essa ingrandisce, ecco gli oggetti di cui avvicina la possibilita<br />
alla verita e che dipinge coi colori piu terribili. Allo svegliarci, non possiamo scuotere un<br />
tal sogno come facciamo delle visioni ridenti, perche queste sono smentite senza indugio<br />
dalla realta, e non lasciano dietro di se che una debole speme di realizzazione. In cambio,<br />
quando ci abbandoniano ad idee nere (blue devils), avviciniamo immagini che non si<br />
staccano da noi tanto facilmente, perocche la possibilita dell favvenimento, in generale, e
vera, e noi non siamo sempre in istato di misurarne con esattezza il grado; essa allora si<br />
trasforma ben presto in probabilita ed eccoci cosi in preda all finquietudine. Si e per questo<br />
che dobbiamo considerare cio che interessa il nostro bene o la nostra infelicita coi soli occhi<br />
della ragione e del raziocinio; bisogna riflettere prima seccamente e freddamente, e poi non<br />
operare che su nozioni ed in abstracto. L fimmaginazione non deve entrar in giuoco, perche<br />
non sa giudicare; essa non puo che presentare agli occhi immagini che commuovono<br />
l fanima senza vero motivo, e spesso molto dolorosamente. Si e alla sera che questa regola<br />
dovrebbe essere piu strettamente osservata. Perocche se l foscurita ci rende paurosi e ci fa<br />
veder da per tutto figure spaventevoli, l findecisione delle idee, che le e analoga, produce lo<br />
stesso risultato; infatti l fincertezza genera la mancanza di sicurezza: percio gli oggetti della<br />
nostra meditazione, quando riguardano i nostri interessi, prendono facilmente di sera<br />
un fapparenza minacciosa e diventano spauracchi; a quell fora la fatica ha rivestito lo spirito<br />
ed il raziocinio d foscurita soggettiva, l fintelletto e accasciato e áƒÆƒÍƒÏƒÒƒÀƒÍƒÒƒÊƒÃƒËƒÍ. â (turbato), e<br />
non e capace d fun esame profondo. Questo succede piu di sovente la notte, a letto; lo spirito<br />
essendo interamente allentato, il raziocinio non ha piu la sua piena potenza d fazione,<br />
mentre la fantasia e ancora attiva. La notte allora copre ogni essere ed ogni cosa della sua<br />
tinta fosca. Quindi i nostri pensieri, nel momento d faddormentarci o se ci svegliamo<br />
durante la notte, ci fanno apparire gli oggetti sfigurati ed inverosimili come in sogno; li<br />
vedremo cosi tanto piu neri e terribili quanto piu riguardano davvicino circostanze<br />
personali. Al mattino tali spauracchi svaniscono, proprio come i sogni: e quanto significa il<br />
proverbio spagnuolo: Noche tinta, blanco ed dia (La notte e colorata, bianco il giorno). Ma<br />
di sera, non appena e acceso il lume, la ragione, del pari dell focchio, vede meno<br />
chiaramente che nel giorno; percio quell fora non e favorevole a meditazioni su soggetti<br />
seri, e specialmente su soggetti spiacevoli. Si e il mattino favorevole a cio, come in<br />
generale, senza eccezione, ad ogni lavoro: lavoro dell fintelletto o lavoro manuale. Perche il<br />
mattino e la giovinezza del giorno: tutto e gaio, fresco e facile al mattino e noi ci sentiamo<br />
vigorosi in quell fora, e possiamo disporre di tutte le nostre facolta. Non bisogna abbreviarlo<br />
levandosi tardi, ne sprecarlo in occupazioni od in discorsi volgari; ma invece e necessario
considerarlo come la quintessenza della vita e, per cosi dire, come qualche cosa di sacro. In<br />
cambio la sera e la vecchiezza del giorno: noi siamo abbattuti, ciarlieri e storditi. Ciascun<br />
giorno e una piccola vita, lo svegliarsi e l falzarsi una piccola nascita, ogni fresco mattino<br />
una piccola giovinezza, e il coricarsi colla sua notte di sonno una piccola morte.<br />
Ma, generalmente parlando, lo stata di salute, il sonno, il cibo, la temperatura, il<br />
tempo, l fambiente, e mille altre condizioni esterne influiscono considerevolmente sulla<br />
nostra disposizione, e questa, a sua volta, sui nostri pensieri. Ne viene che il nostro modo di<br />
considerar le cose, come pure l fattitudine a produrre qualche opera, sono fino ad un certo<br />
punto subordinate al tempo ed anche al luogo. Goethe ha detto: áAfferrate la buona<br />
disposizione perocche essa viene di rado â. Non e solo per le concezioni oggettive e per i<br />
79<br />
pensieri originali che ci e necessario attendere se e quando piaccia loro di venir a noi, ma<br />
anche la meditazione profonda d funa faccenda personale non riesce mai nell fora fissata<br />
precedentemente e nel momento in cui vogliamo dedicarvici; essa pure sceglie da se il suo<br />
tempo, e lo fa quando una conveniente figliazione delle idee si sviluppa spontanea, e<br />
quando possiamo seguirla con intera efficacia.<br />
Per meglio tener in freno la fantasia, come noi lo raccomandiamo, occorre non<br />
permetterle di ricordare e di colorire vivamente i torti, i danni, le perdite, le offese, le<br />
umiliazioni, le vessazioni, ecc., subite per lo passato, perocche con questo agitiamo<br />
nuovamente l findegnazione, la collera, e tante altre odiose passioni assopite da lungo<br />
tempo, passioni che tornano ad imbrattare l fanima nostra. Secondo un bel confronto del<br />
neoplatonico Proclo, come in ogni citta a lato dei nobili e della gente civile s fincontra la<br />
plebaglia d fogni specie (ƒÍƒÔƒÉƒÍ.), cosi in qualunque uomo, fosse pure il piu nobile ed il piu<br />
eminente, si trova l felemento basso e volgare della natura umana, anzi qualche volta si<br />
potrebbe dire della natura bestiale. Questa plebaglia non deve esser eccitata al tumulto; ne<br />
bisogna permetterle di mostrarsi alla finestra, perche la vista ne e molto brutta. Ora quelle<br />
produzioni della fantasia, di cui parlammo adesso, sono i demagoghi del popolaccio.<br />
Aggiungiamo che la piu piccola contrarieta, provenga pure dagli uomini o dalle cose, se ci
occuperemo costantemente a ruminarla ed a dipingerla sotto colori vistosi ed a grossa scala,<br />
puo ingrandirsi fino a diventare un mostro che ci faccia perdere il senno. E necessario<br />
invece accogliere molto prosaicamente e molto freddamente tutto cio che e dispiacevole<br />
allo scopo di affliggersene il meno possibile.<br />
Nella stessa guisa che gli oggetti piccoli tenuti troppo da presso all focchio<br />
diminuiscono il campo della visione e nascondono il mondo, cosi gli uomini e le cose che<br />
ci contornano piu da vicino, quand fanche fossero dappoco ed indifferenti al piu alto grado,<br />
occuperanno spesso la nostra attenzione ed i nostri pensieri al di la d fogni convenienza, e<br />
svieranno idee ed affari d falta importanza. Conviene reagire contro una tale tendenza.<br />
14. ‹ Alla vista di beni che noi non possediamo, ci diciamo molto volentieri: áAh! se<br />
questa cosa fosse mia! â ed un tal pensiero ce ne rende sensibile la privazione. Invece<br />
dovremmo spesso domandarci: áChe succederebbe se questa cosa non mi appartenesse? â<br />
Con cio intendo che dovremmo qualche volta sforzarci d fimmaginare i beni che<br />
possediamo come ci apparirebbero dopo averli perduti; e parlo dei beni d fogni specie:<br />
ricchezze, salute, amico, amante, sposa, figlio, cavallo e cane, perocche il piu di sovente si<br />
e la perdita delle cose che ce ne insegna il valore. Al contrario il metodo che<br />
raccomandiamo avra per primo risultato di fare che il loro possesso ci rendera<br />
immediatamente piu felice che per lo avanti, ed in secondo luogo c findurra a premunirci<br />
con tutti i mezzi contro la loro perdita; sicche non rischieremo i nostri averi, non irriteremo<br />
gli amici, non esporremo alla tentazione la fedelta della moglie, avremo la massima cura<br />
della salute dei figli, e cosi di seguito. Noi cerchiamo spesso di rallegrare la tinta smorta del<br />
presente con speculazioni sulla possibilita di buona fortuna, ed immaginiamo ogni sorta di<br />
speranze chimeriche ciascuna delle quali e piena di delusioni; percio queste non mancano di<br />
arrivare non appena le speranze vengono a rompersi contro la dura realta. Bisognerebbe<br />
piuttosto sceglier per tema delle nostre speculazioni la cattiva sorte; cio che ci porterebbe a<br />
prendere disposizioni allo scopo di allontanarla, e ci procurerebbe talora gradite sorprese<br />
quando essa non si realizza. Non si e forse piu allegri dopo sortiti da qualche angoscia? E<br />
anche salutare rappresentarci in mente certe grandi sventure che potrebbero eventualmente
venire a colpirci; questo giovera a farci sopportare piu facilmente mali meno gravi quando<br />
in fatto siano su di noi, perocche allora ci consoliamo ritornando col pensiero su quelle<br />
disgrazie ben piu terribili che non si sono realizzate. Ma praticando questa regola bisogna<br />
aver cura di non trascurare la precedente.<br />
15. ‹ Gli avvenimenti e gli affari che ci risguardano si producono e si succedono<br />
isolatamente, senza ordine, e senza mutuo rapporto, in sorprendente contrasto gli uni cogli<br />
80<br />
altri, e senza altro legame che quello di riferirsi a noi; ne risulta che i pensieri e le cure<br />
necessarie dovrebbero essere altrettanto nettamente distinte, al fine di corrispondere agli<br />
interessi che le hanno provocate. In conseguenza quando intraprendiamo una cosa, bisogna<br />
condurla a termine facendo astrazione da qualunque altro affare, allo scopo di compiere,<br />
gustare o subire ogni cosa a suo tempo senza cure moleste di tutto il resto; dobbiamo avere<br />
nei nostri pensieri, per cosi dire, degli scompartimenti per non aprirne che un solo mentre<br />
gli altri resteranno chiusi. Vi troveremo il vantaggio di non guastare ogni piccolo piacere<br />
attuale e di non perdere il riposo per la preoccupazione di qualche grande affanno;<br />
guadagneremo ancora perche un pensiero non ne cacciera un altro, e perche la cura d fun<br />
affare importante non ce ne fara dimenticare molti di piccoli, ecc. Ma sopratutto l fuomo<br />
capace di pensieri nobili ed elevati non deve lasciare che il suo spirito sia assorbito dagli<br />
affari personali e preoccupato da basse cure al punto che sia chiuso l faccesso alle piu alte<br />
meditazioni, perocche sarebbe veramente ápropter vitam, vivendi perdere causas â (per la<br />
vita perdere le cause del vivere). E indubitato che per far eseguire al nostro spirito tutte<br />
queste manovre e contromanovre ci abbisogna, come in molte altre circostanze, esercitare<br />
una violenza su noi stessi; tuttavia dovremmo attingerne la forza nella riflessione che<br />
l fuomo subisce dal mondo esterno numerose e potenti tirannie alle quali nessuna esistenza<br />
puo sottrarsi, ma che un piccolo sforzo esercitato su se stessi ed applicato a tempo e luogo<br />
opportuno, puo ovviare sovente ad una grande pressione esterna; allo stesso modo nel<br />
cerchio un piccolo taglio vicino al centro corrisponde ad un fapertura talvolta centupla alla<br />
periferia. Nessuna cosa ci sottrae alla tirannia del di fuori meglio della nostra soggezione a
noi stessi: ecco il significato della sentenza di Seneca: áSe vuoi che le cose tutte sieno a te<br />
sottomesse, sottometti te stesso alla ragione â (Ep. 37). Inoltre una tale soggezione a noi<br />
stessi e sempre in nostro potere, e in un caso estremo, o quando essa posasse sovra il punto<br />
piu sensibile, noi abbiamo la facolta di rallentarla un poco, mentre la pressione esterna non<br />
ci risparmia mai, ed e per noi senza riguardi e senza pieta. Per cio e cosa saggia prevenir<br />
questa con quella.<br />
16. ‹ Limitare i propri desideri, frenare le brame, domare la collera, ricordandoci<br />
incessantemente che ogni individuo non puo conseguir mai se non una parte infinitamente<br />
piccola di cio che e desiderabile, e che in cambio mali senza fine devono colpire tutti gli<br />
umani; in una parola ჿƒÎƒÃƒÔƒÃƒÇƒË ƒÈƒ¿ƒÇ ƒ¿ƒËƒÃƒÔƒÃƒÇƒË, abstinere et sustinere â (contenersi e<br />
sostenersi),<br />
ecco la regola senza l fosservanza della quale ne ricchezza ne potere potranno impedirci di<br />
sentire la nostra miserabile condizione. Orazio disse in proposito: áIn ogni cosa leggi ed<br />
interroga i dotti; in tal modo cerca di condur vita felice, affinche non ti agiti e non ti strazi<br />
la cupidigia sempre povera, oppure il timore e la speranza di cose invero mediocremente<br />
utili â. (Ep. I, 18, 96-99).<br />
17. ‹ ƒ ƒÀƒÇƒÍ. .ƒË ƒÑƒÅ ƒÈƒÇƒËƒÅƒÐƒÃƒÇ .ƒÐƒÑƒÇ, la vita sta nel movimento, ha detto con ragione<br />
Aristotele: come la nostra vita fisica consiste unicamente nel movimento, cosi la nostra vita<br />
interna, intellettuale, richiede un foccupazione costante, un foccupazione in qualunque cosa,<br />
sia per mezzo dell fazione, sia per mezzo del pensiero; ecco quanto prova quella mania che<br />
ha la gente oziosa di mettersi a stamburare colle dita o col primo oggetto che cade loro sotto<br />
mano. L fagitazione infatti e l fessenza della nostra vita; una inazione completa diviene ben<br />
presto insopportabile perocche genera la noia piu orribile. E regolando tale istinto si puo<br />
soddisfarlo metodicamente e con piu frutto. L fattivita e indispensabile per esser felici; e<br />
necessario che l fuomo agisca, che compia, se cio gli e possibile, qualche lavoro, od almeno<br />
che impari qualche cosa; le sue forze domandano il loro impiego ed egli stesso non chiede<br />
che di vederle produrre un risultato qualsiasi. In questo rapporto la sua soddisfazione piu<br />
grande consiste nel lavorare a qualche cosa, paniere o libro; ma cio che gli apporta una
felicita immediata si e il vedere, giorno per giorno, crescere l fopera propria sotto le mani<br />
facendosi grado a grado piu perfetta. Una creazione artistica, uno scritto od anche un<br />
semplice lavoro manuale producono interamente questo effetto; bene inteso che quanto piu<br />
81<br />
la natura dell fopera e nobile tanto piu il piacere e elevato. A questo riguardo i piu felici<br />
sono gli uomini altamente dotati che si sentono capaci di produrre le opere piu importanti,<br />
piu grandiose e piu fortemente ragionate. Cio sparge su tutta la loro esistenza un interesse<br />
d fordine superiore e le comunica un sapere che fa difetto negli altri uomini; ne viene che la<br />
vita di questi ultimi e insipida in confronto dell faltra. Infatti per le persone eminenti la vita<br />
ed il mondo, a lato dell finteresse comune, materiale, ne hanno un altro piu elevato e<br />
formale, che e quello di contenere la stoffa delle loro opere; si e quindi a raccoglier questi<br />
materiali che esse attivamente si occupano durante il corso del viver loro, non appena la<br />
loro parte di miserie terrestri le lascia un momento in riposo. Il loro intelletto e anche, fino<br />
ad un certo punto, doppio: una parte giova per gli affari ordinari (oggetti della volonta) e<br />
somiglia a quella comune a tutti; l faltra invece serve per la concezione puramente oggettiva<br />
delle cose. Questi uomini vivono cosi d funa vita doppia, spettatori ed attori in una volta,<br />
mentre gli altri non sono che attori. Bisogna tuttavia che ciascheduno si occupi in qualche<br />
cosa, nella misura delle sue facolta. Si puo constatare l finfluenza perniciosa dell fassenza<br />
d fattivita regolare, d fun lavoro qualsiasi, durante i lunghi viaggi di piacere, quando di<br />
tempo in tempo ci sentiamo infelici per la sola ragione che, privati di qualunque<br />
occupazione reale, ci troviamo, per cosi dire, strappati dal nostro elemento naturale.<br />
Faticare e lottare contro le resistenze e un bisogno per l fuomo, come per la talpa scavar<br />
buchi. L fimmobilita che sarebbe prodotta dalla soddisfazione completa d fun godere<br />
continuo gli riescirebbe insopportabile. Vincere gli ostacoli costituisce il colmo del piacere<br />
nell fesistenza umana, sieno gli ostacoli di natura materiale come nell fazione e<br />
nell fesercizio, oppure si riferiscano allo spirito come nello studio e nelle ricerche: si e la<br />
lotta e la vittoria che rendono l fuomo felice. Se l foccasione gli manca, ei se la crea come<br />
puo: secondo lo comporta la sua individualita andra a caccia o giuochera alla trottola,
oppure, spinto dall finclinazione inconscia della sua natura, suscitera contese, ordira intrighi,<br />
macchinera inganni o non importa quale altra disonesta, al solo scopo di mettere un termine<br />
allo stato d fimmobilita che non puo sopportare. áDifficilis in otio quies â (E difficile la<br />
calma nell fozio).<br />
18. ‹ Non sono le immagini della fantasia, ma nozioni nettamente concette che<br />
bisogna prendere per guida nei propri lavori. Il contrario succede molto di frequente. Bene<br />
esaminando, si scorge che cio che nelle nostre determinazioni viene in ultima istanza a<br />
render decisiva la sentenza, non sono ordinariamente le nozioni ed i giudici, ma lo e bensi<br />
un fimmagine della fantasia che le rappresenta e le sostituisce. Non so piu in quale romanzo<br />
di Voltaire o di Diderot la virtu appare sempre all feroe, posto come Ercole adolescente al<br />
bivio della vita, sotto l faspetto del suo vecchio ajo che moralizza tenendo la tabacchiera<br />
nella mano sinistra ed una presa di tabacco nella destra; il vizio invece colle sembianze<br />
della cameriera di sua madre. Si e particolarmente durante la giovinezza che lo scopo della<br />
nostra felicita si fissa sotto la forma di certe immagini che volteggiano davanti noi e che<br />
persistono spesso durante la meta, e qualche volta durante tutto il corso della vita. Sono<br />
esse veri folletti che ci tormentano, perche appena raggiunte svaniscono e l fesperienza<br />
viene ad insegnarci che non mantengono affatto cio che promettevano. Di questo genere<br />
sono le scene speciali della vita domestica, civile, sociale o rurale, le idee sull fabitazione e<br />
sulla nostra societa, le decorazioni cavalleresche, le testimonianze di rispetto, ecc., ecc.;<br />
áchaque fou a sa marotte â36 (ogni pazzo ha la sua impresa); anche l fimmagine<br />
dell finnamorata ne e una. E ben naturale che sia cosi, perocche cio che si vede, essendo<br />
l fimmediato, agisce sulla nostra volonta piu facilmente della nozione, il pensiero astratto,<br />
che non da che il generale senza il particolare; ora e proprio quest fultimo che contiene il<br />
reale: la nozione non puo dunque agire sulla volonta se non mediatamente. E tuttavia non<br />
v fha che la nozione che mantenga quanto promette: e quindi prova di coltura intellettuale<br />
36 In francese nell foriginale. Si veda a proposito di questo motto la nota a pag. 10. (Nota del Trad.) . (Nota<br />
2 nella presente edizione elettronica Manuzio)<br />
82
porre in essa sola tutta la propria fede. Di tratto in tratto si fara certamente sentire il bisogno<br />
di dare una spiegazione o di fare una parafrasi col mezzo di qualche immagine, ma soltanto<br />
ácum grano salis. â<br />
19. ‹ La regola precedente fa parte di quest faltra massima piu generale che bisogna<br />
sempre saper dominare l fimpressione di tutto cio che e presente e visibile. Questo in<br />
riguardo al semplice pensiero, alla conoscenza pura, e incomparabilmente piu forte, non in<br />
virtu della materia e del valore, che sono spesso insignificanti, ma in virtu della forma, vale<br />
a dire della visibilita e dell fattualita diretta le quali penetrando nello spirito ne turbano il<br />
riposo o ne rendono incerte le risoluzioni. Infatti ciocche e presente, ciocche e visibile,<br />
potendo facilmente esser abbracciato d funo sguardo, agisce sempre d fun colpo solo, e con<br />
tutta la sua potenza; invece i pensieri e le ragioni, dovendo esser meditate pezzo per pezzo,<br />
richiedono e tempo e tranquillita, e non possono essere ad ogni momento ed interamente<br />
presenti allo spirito. Si e per questo che una cosa gradevole a cui la riflessione ci ha fatto<br />
rinunziare ci alletta ancora colla sua vista; cosi pure una opinione di cui conosciamo<br />
l fassoluta incompetenza tuttavia ci offende; un oltraggio ci irrita benche sappiamo che esso<br />
non merita se non disprezzo, nello stesso modo dieci ragioni contro l fesistenza d fun<br />
pericolo, sono vinte dalla falsa apparenza della sua comparsa, ecc. In tutte queste<br />
circostanze prevale la irragionevolezza originale del nostro essere. Le donne sono ben di<br />
frequente soggette a tali impressioni, e pochi uomini hanno una ragione abbastanza<br />
preponderante per non aver a soffrire dai loro effetti. Quando non possiamo dominarle<br />
interamente col solo pensiero, cio che di meglio possiamo fare si e di neutralizzare<br />
un fimpressione coll fimpressione contraria: per esempio l fimpressione di un foffesa con<br />
visite alle persone che ci stimano, l fimpressione di un pericolo che ci minaccia colla vista<br />
reale dei mezzi propri ad allontanarlo. Un italiano, di cui Leibnitz ci racconta la storia,<br />
(Saggi critici, L. I, c. II, ˜ 11), riesci perfino a resistere ai dolori della tortura: a cio, con<br />
ferma risoluzione presa prima, impose alla sua immaginazione di non perdere di vista un<br />
solo istante la figura della forca a cui lo avrebbe senza dubbio condannato qualunque sua<br />
confessione; sicche ei gridava di tratto in tratto: áTi vedo â, parole che, come spiego piu
tardi, si riferivano al patibolo. Per la stessa ragione quando tutti intorno a noi sono<br />
d fun fopinione differente della nostra e si conducono conseguentemente ad essa, e difficile<br />
non lasciarsi smuovere dalle nostre idee quand fanche si fosse convinti che gli altri sono<br />
nell ferrore. Per un re fuggitivo, inseguito e che viaggia seriamente incognito, il cerimoniale<br />
di ossequio che il suo compagno e confidente osservera quando sono a quattr focchi deve<br />
essere un cordiale quasi indispensabile perche lo sventurato non giunga a dubitare della sua<br />
stessa esistenza.<br />
20. ‹ Dopo aver fatto spiccare fino dal secondo capitolo l falto valore della salute come<br />
condizione prima, ed importantissima fra tutte, della nostra felicita, voglio indicare alcune<br />
regole di condotta molto generali per conservarla e fortificarla.<br />
Per farsi robusti e necessario, finche si e in buona salute, sottoporre il corpo nel suo<br />
insieme, come pure in ciascuna delle sue parti, a sforzi ed a fatiche, e abituarsi a resistere a<br />
tutto quello che puo male impressionarlo, per quanto bruscamente cio possa succedere. Non<br />
appena, invece, si manifesta uno stato morboso sia del tutto, sia d funa parte, si dovra<br />
ricorrere immediatamente al procedimento contrario, vale a dire risparmiare e curare in<br />
ogni maniera il corpo o la parte malata: perocche chi e sofferente o snervato non e<br />
suscettibile di esser aspramente invigorito.<br />
I muscoli si fortificano; al contrario i nervi s findeboliscono per un forte uso.<br />
Conviene dunque esercitare i primi con tutti gli sforzi convenienti e risparmiare invece<br />
qualunque sforzo ai secondi; in conseguenza difendiamo gli occhi dalla luce troppo viva<br />
specialmente quando e riflessa, dalla fatica della semioscurita e del guardare a lungo oggetti<br />
troppo piccoli; preserviamo egualmente le orecchie dagli strepiti troppo forti, ma sopratutto<br />
evitiamo al cervello qualunque applicazione forzata, sostenuta troppo a lungo od<br />
83<br />
intempestiva; lo si lasci quindi riposare durante la digestione perocche allora quella stessa<br />
forza vitale che, nella testa, forma i pensieri, lavora con tutti i suoi sforzi nello stomaco e<br />
negli intestini a preparare il chimo ed il chilo; esso deve egualmente riposare durante e<br />
dopo un lavoro muscolare considerevole. Perocche per i nervi motori come per i nervi
sensitivi le cose procedono nello stesso modo, e, come il dolore provato in un membro leso<br />
ha la vera sua sede nel cervello, cosi non sono le braccia e le gambe che faticano e<br />
camminano, ma il cervello, cioe quella parte di esso che, per mezzo della midolla allungata<br />
e della midolla spinale, eccita i nervi di questi membri e li fa muovere. Percio la fatica che<br />
proviamo alle gambe od alle braccia ha la sua sede reale nel cervello; ed e per questo che le<br />
membra il cui movimento e sottomesso alla volonta, ossia ha impulso dal cervello, sono i<br />
soli che si stancano, mentre quelli il cui lavoro e involontario, come per esempio, il cuore,<br />
sono instancabili. Evidentemente adunque sara nuocere al cervello l fesiger da esso<br />
un fattivita muscolare energica e una grande tensione dello spirito, sia simultaneamente, sia<br />
soltanto dopo un intervallo di tempo troppo corto. Cio non e per nulla in contraddizione col<br />
fatto che al termine d funa passeggiata od in generale dopo un breve cammino si prova un<br />
aumento nell fattivita dello spirito, perocche in questo caso non v fha per anco fatica delle<br />
parti respettive del cervello, e d faltra parte una leggera attivita muscolare, accelerando la<br />
respirazione, favorisce il salire del sangue arterioso, per di piu meglio ossigenato, al<br />
cervello. Ma bisogna sopratutto dare ad esso la piena misura del sonno necessario al suo<br />
ristoro, perche il sonno e per la macchina umana cio che il caricamento della molla e per<br />
l foriuolo. (Si veda Il mondo come volonta e come fenomeno II, 217. . 3a ed. II, 240). Tale<br />
misura dovra esser tanto piu grande quanto piu il cervello sara sviluppato ed attivo; pero<br />
oltrepassarla sarebbe semplicemente uno sprecare il tempo, perocche allora il sonno perde<br />
in intensita cio che guadagna in estensione. (Si veda Il mondo come volonta e come<br />
fenomeno II, 247. . 3a ed. II, 275).37 In generale persuadiamoci bene del fatto che il nostro<br />
pensare non e altro che la funzione organica del cervello, e che quindi esso si conduce, in<br />
quanto riguarda la fatica e il riposo, in modo analogo a quello di qualunque altra attivita<br />
organica. Uno sforzo eccessivo stanca il cervello come stanca gli occhi. Si e detto con<br />
ragione: Il cervello pensa come lo stomaco digerisce. L fidea di un fanima immateriale,<br />
semplice, essenzialmente e costantemente pensante, quindi instancabile, che sarebbe come<br />
allogata a pigione nel cervello, e che non avrebbe bisogno di cosa alcuna al mondo, una tale<br />
idea ha certamente spinto piu di qualcheduno ad una condotta insensata, condotta che ha
intuzzato le sue forze intellettuali; Federico il Grande, per esempio, non ha tentato una<br />
volta di disavvezzarsi totalmente dal sonno? I professori di filosofia dovrebbero bene non<br />
incoraggiare simili illusioni, dannose anche in pratica, col loro sistema ortodosso di<br />
filosofia da connocchia (Katechismusgerechtseynwollende Rocken-Philosophie). Bisogna<br />
apprendere a considerare le forze intellettuali quali funzioni fisiologiche allo scopo di<br />
saperle usare, risparmiare od affaticare a proposito; si deve ricordarsi che ogni dolore, ogni<br />
disagio, ogni disordine in una parte qualunque del corpo, impressiona lo spirito. Per<br />
convincersi pienamente di tale verita bisogna leggere: Cabanis, I rapporti del fisico e del<br />
morale nell fuomo.<br />
Si e per aver trascurato di seguire questo consiglio che molte menti sublimi e molti<br />
grandi scienziati, sono caduti da vecchi nell fimbecillita, nell finfanzia e insino nella follia.<br />
Se, per esempio, celebri poeti inglesi del nostro secolo, quali Walter Scott, Wordsworth,<br />
Southey, e vari altri, giunti a tarda eta, e pur anche fino dalla sessantina, sono divenuti<br />
37 Il sonno e una piccola porzione di morte che noi prendiamo a prestito anticipando (*) e col cui mezzo<br />
riguadagniamo e rinnovelliamo la vita consumata nello spazio di un giorno. Le sommeil est un emprunt fait<br />
a<br />
la mort. Il sonno prende a prestito dalla morte per mantenere la vita. Oppure esso e l finteresse pagato<br />
provvisoriamente alla morte, che rappresenta il pagamento completo del capitale. Il rimborso totale e<br />
chiesto<br />
con un ritardo tanto piu lungo quanto piu l finteresse e alto e pagato regolarmente. (Nota di<br />
Schopenhauer).<br />
(*) In italiano nel testo originale. (Nota del Trad.).<br />
84<br />
intellettualmente ottusi ed inetti, e talvolta imbecilli, senza dubbio bisogna attribuirlo al<br />
fatto che sedotti da stipendi elevati, hanno tutti esercitato la letteratura come un mestiere<br />
scrivendo per del danaro. Un tal mestiere conduce ad una fatica contro natura: chiunque<br />
sottomette il proprio Pegaso al giogo e spinge avanti la Musa colla frusta dovra espiarne la<br />
colpa nella stessa maniera di colui che ha reso un culto forzato a Venere. Io credo che lo<br />
stesso Kant, in eta avanzata, gia divenuto celebre, si sia dato ad un lavoro eccessivo ed
abbia provocato cosi quella seconda infanzia in cui passo i suoi ultimi quattro anni di vita.<br />
Ogni mese dell fanno ha un finfluenza speciale e diretta, vale a dire indipendente dalle<br />
condizioni meteorologiche, sulla nostra salute, sullo stato generale del nostro corpo, ed<br />
insino sullo stato del nostro spirito.<br />
3. Circa la nostra condotta verso gli altri.<br />
21. ‹ Per mettersi fra la gente e utile portar seco una buona provvista di circospezione<br />
e d findulgenza; la prima ci garantira dai danni e dalle perdite, l faltra dalle contese e dagli<br />
alterchi.<br />
Chi e chiamato a vivere fra gli uomini non deve respingere in modo assoluto alcuna<br />
individualita dal momento che essa e gia determinata e data dalla natura, fosse pure<br />
l findividualita la piu malvagia, la piu miserabile o la piu ridicola. Ei deve piuttosto<br />
accettarla come una immutabilita che, in virtu d fun principio eterno e metafisico, deve<br />
essere quale e; e nel peggior dei casi dira a se stesso: áBisogna bene che vi sia pure<br />
qualcuno di questa specie. â Che se prendesse la cosa altrimenti, commetterebbe<br />
un fingiustizia e provocherebbe l faltro ad una lotta di vita e morte. Perocche non v fha uomo<br />
che possa modificare la propria individualita, vale a dire il carattere morale, le facolta<br />
intellettuali, il temperamento, la fisonomia, ecc. Se dunque condanniamo senza eccezione il<br />
suo essere, non gli restera che a combattere in noi un nemico mortale dal momento che noi<br />
non vogliamo riconoscergli il diritto di esistere se non alla condizione di diventare altra<br />
cosa da cio che e immutabilmente. Ed e per questo che, quando si vuol stare fra gli uomini,<br />
bisogna lasciar vivere ciascheduno ed accettarlo coll findividualita, qualunque essa sia, che<br />
gli e toccata in sorte, occupandosi unicamente di utilizzarla in quanto la sua qualita e la sua<br />
organizzazione lo permettono, ma senza sperare di modificarla e senza condannarla<br />
puramente e semplicemente cosi come e. Ecco il vero significato del detto: áVivere e<br />
lasciar vivere, â Tuttavia il compito non e cosi facile come e giusto; si chiami felice colui al<br />
quale e dato di poter evitare per sempre certe individualita. Intanto, per imparar a<br />
sopportare gli uomini, e buona cosa esercitare la pazienza sugli oggetti inanimati che, in<br />
virtu d funa necessita meccanica o di qualunque altra necessita fisica, contrariano
ostinatamente la nostra azione; a cio fare abbiamo occasione ogni giorno. Si apprende poi a<br />
trasportare sugli uomini la pazienza cosi acquistata, e si finisce coll favvezzarsi all fidea che<br />
anch fessi, tutte le volte che ci sono di ostacolo, lo sono per forza maggiore, in virtu d funa<br />
necessita naturale cosi rigorosa come quella per cui agiscono le cose inanimate: che per<br />
conseguenza e cosa tanto insensata sdegnarsi della loro condotta quanto stizzirsi contro la<br />
pietra che viene a rotolare sui nostri passi. Riguardo molte persone sara piu saggio dirsi:<br />
áNon le cambierei, dunque voglio utilizzarle â.<br />
22. ‹ E sorprendente il vedere a qual punto si manifesti nella conversazione<br />
l fomogeneita o l feterogeneita di spirito e di carattere fra gli uomini; esse divengono<br />
sensibili alla piu piccola occasione. Tra due persone, di natura essenzialmente diversa, che<br />
discorreranno sopra soggetti i piu indifferenti, i piu strani, ogni frase dell funa dispiacera piu<br />
o meno all faltra, e forse un solo detto la fara montare in collera. Quando esse invece si<br />
rassomiglino, sentono immediatamente ed in ogni cosa un certo accordo che, quando<br />
l fomogeneita e molto spiccata, si fonde in un farmonia perfetta, e puo giungere insino<br />
all funissono. Con cio si spiega in primo luogo perche gl findividui molto triviali sono tanto<br />
85<br />
sociabili e trovano cosi facilmente dappertutto quell feccellente compagnia che chiamano<br />
ábuona e brava gente amabilissima â. Succede precisamente il contrario agli uomini che non<br />
sono volgari, ed essi saranno tanto meno sociabili quanto piu sono eminenti, talmente che<br />
qualche volta nel loro isolamento potranno provare un vero piacere nello scoprire presso<br />
un faltra persona una fibra qualunque, fosse pur piccolissima, della loro stessa natura.<br />
Perocche ogni uomo non puo essere per un altro se non cio che questi stesso e per lui.<br />
Come l faquila, gli spiriti realmente superiori vagano per le altezze, solitari. Cio spiega, in<br />
secondo luogo, come gli uomini che hanno le stesse inclinazioni si trovino cosi presto<br />
riuniti assieme, come si attirino magneticamente: le anime sorelle si salutano da lontano. Si<br />
potra osservar questo piu di frequente presso gl findividui di sentimenti bassi o di scarsa<br />
intelligenza; ma e unicamente perche costoro si chiamano legione, mentre gli animi buoni e<br />
nobili sono e si chiamano esseri d falta rarita. Sicche succedera, per esempio, che in qualche
vasta associazione fondata in vista di risultati effettivi, due bricconi matricolati si<br />
riconosceranno scambievolmente tanto presto come se portassero una coccarda, e si<br />
avvicineranno subito per immaginare qualche abuso o qualche tradimento. Medesimamente<br />
supponiamo, per impossibile38, una societa numerosa composta affatto da uomini<br />
intelligenti e di spirito, ma della quale facessero parte pure due imbecilli; questi ultimi si<br />
sentirebbero attratti simpaticamente l funo verso l faltro, e ben presto ciascuno di loro<br />
sarebbe contento nel suo cuore d faver finalmente trovato almeno una persona ragionevole.<br />
E in verita degno di nota il vedere coi propri occhi come due esseri, principalmente fra<br />
coloro che stanno ad un basso livello dal lato morale ed intellettuale, si conoscono a prima<br />
vista, tendono ardentemente ad avvicinarsi, si salutano con amore e con gioia, e corrono<br />
uno incontro all faltro siccome vecchie conoscenze; tutto questo e tanto maraviglioso che si<br />
e tentati d fammettere, secondo la dottrina buddistica della metempsicosi, che costoro si<br />
erano gia legati d famicizia in una vita anteriore.<br />
V fha pero un fatto che, anche nel caso della massima armonia, mantiene gli uomini<br />
lontani gli uni dagli altri e che giunge fino a creare tra loro una dissonanza transitoria:<br />
sarebbe esso la differenza della disposizione del momento, disposizione che e quasi sempre<br />
diversa per ogni persona secondo la sua situazione momentanea, l foccupazione, l fambiente,<br />
lo stato del corpo, il corso attuale dei pensieri, ecc. Ecco quanto produce dissonanze fra<br />
individualita che pure vanno d faccordo magnificamente bene. Sforzarsi continuamente a<br />
correggere cio che fa nascere questi dissensi ed a stabilire l feguaglianza della temperatura<br />
ambiente, sarebbe l feffetto di una suprema coltura intellettuale. Si avra la misura di cio che<br />
puo produrre per la societa l feguaglianza dei sentimenti dal fatto che i membri d funa<br />
riunione, anche molto numerosa, saranno portati a comunicarsi reciprocamente lo loro idee,<br />
a prender parte sinceramente all finteresse ed al sentimento generale, non appena qualche<br />
causa esterna, un pericolo, una speranza, una notizia, la vista d funa cosa straordinaria, uno<br />
spettacolo, un trattenimento musicale, o non importa quale altra cosa, viene ad<br />
impressionarli tutti nel medesimo istante e nella stessa maniera. Perocche questi motivi<br />
soggiogano qualunque interesse particolare e creano in cotal guisa l funita perfetta di
disposizione. In mancanza d funa tale influenza oggettiva si ricorre d fordinario a qualche<br />
espediente soggettivo, ed allora si e la bottiglia che viene chiamata abitualmente a<br />
procurare una disposizione comune alla compagnia. Il te ed il caffe sono del pari impiegati<br />
a tale effetto. Ma quello stesso disaccordo che la diversita d fumore introduce cosi<br />
facilmente in ogni societa, porge anche la spiegazione parziale del fatto che ciascuno<br />
apparisce come idealizzato, qualche volta anzi trasfigurato nel ricordo, quando questo non e<br />
piu sotto l fimpero dell finfluenza momentaneamente perturbatrice di cui tenemmo parola, o<br />
di qualunque altra consimile. La memoria agisce nello stesso modo della lente convergente<br />
nella camera oscura: essa riduce tutte le dimensioni, e produce cosi un fimmagine molto piu<br />
bella dell foriginale. Ogni assenza ci procura parzialmente il vantaggio d fesser veduti sotto<br />
38 Cosi nell foriginale. (Nota del Trad.).<br />
86<br />
un tale aspetto. Perocche sebbene il ricordo idealizzatore richieda un tempo considerevole,<br />
nondimeno il suo lavoro comincia immediatamente. Per questo sara buona e saggia cosa<br />
non mostrarsi ai propri conoscenti ed amici che a lunghi intervalli; si osservera, nel<br />
rivedersi, che il ricordo ha gia lavorato.<br />
23. ‹ Nessuno puo vedere al di la di se stesso. Voglio dire con cio che non si puo<br />
scorgere in altri piu di quello che si e in se stessi, perocche ciascuno capisce e comprende<br />
un altro solamente nella misura della sua propria intelligenza. Se questa e della specie piu<br />
bassa, tutti i doni intellettuali piu eminenti non lo impressioneranno affatto, ed egli non<br />
vedra nell fuomo cosi altamente dotato se non cio che v fha di piu basso nell findividualita,<br />
cioe tutte le debolezze e tutti i difetti di temperamento e di carattere. Ecco di che il<br />
grand fuomo sara composto agli occhi suoi. Le alte facolta intellettuali dell funo esistono<br />
cosi poco per l faltro come i colori per i ciechi. E cio viene perche qualunque genio resta<br />
invisibile per chi ne e privo; e perche qualunque valutazione rappresenta il prodotto del<br />
valore dello stimato per la sfera d fapprezzamento dello stimatore. Ne segue che quando si<br />
discorre con qualcuno si va a mettersi sempre al suo livello, poiche tutto cio che si ha al di<br />
sopra sparisce, e di piu il sacrifizio di se stesso che esige un tale aggiustamento rimane
perfettamente disconosciuto. Se dunque si riflettera quanto la maggior parte degli uomini<br />
abbia sentimenti e facolta di bassa lega, in una parola quanto essi sieno triviali, si vedra che<br />
e cosa impossibile parlare con loro senza diventare a sua volta triviale durante questo<br />
intervallo (in analogia colla distribuzione dell felettricita); si comprendera allora il<br />
significato effettivo e la verita dell fespressione tedesca ásich gemein machen â (rendersi<br />
famigliare), e si cerchera di evitare qualunque compagnia colla quale non si possa<br />
comunicare se non mediante la partie honteuse (la parte piu brutta) della propria natura. Si<br />
capira egualmente che in presenza di imbecilli o di pazzi non v fha che una sola maniera di<br />
mostrare che si e forniti di ragione: cioe non parlare con essi. Ma e pur vero che allora, in<br />
societa, piu di qualcheduno potrebbe trovarsi nella situazione di un ballerino che entrasse in<br />
un ballo ove non ci fossero che degli attrappiti: con chi danzerebbe egli?<br />
24. ‹ Io accordo tutta la mia stima, come ad un eletto fra cento individui, a colui che<br />
essendo disoccupato, perche aspetta, non si mette immediatamente a dar colpi od a battere<br />
il tempo con tutto cio che gli viene in mano, bastone, coltello, forchetta od altro oggetto<br />
qualunque. E probabile che quest fuomo pensi a qualche cosa. Si conosce alla cera della<br />
maggior parte degli uomini che presso di essi la vista surroga interamente il pensiero;<br />
costoro cercano di accertarsi della loro esistenza facendo strepito, a meno che non abbiano<br />
in bocca un sigaro, cio che rende loro lo stesso servizio. Si e per la medesima ragione che<br />
essi stanno costantemente cogli occhi e colle orecchie tese per attendere a tutto quello che<br />
succede loro d fintorno.<br />
25. ‹ La Rochefoucauld ha molto giustamente osservato che e difficile nello stesso<br />
tempo stimare ed amare assai un uomo. Avremo dunque la scelta di brigare l famore o la<br />
stima della gente. L famore e sempre interessato, benche a titoli diversi. Di piu le condizioni<br />
con cui lo si acquista non sono sempre tali da rendercene fieri. E prima di tutto ci faremo<br />
amare nella misura a cui abbasseremo le nostre pretese di trovare spirito e cuore presso gli<br />
altri, ma cio seriamente, senza finzioni, e non in virtu di quell findulgenza che ha la sorgente<br />
nel disprezzo. Per completare le premesse che ajuteranno a tirar la conclusione, ricordiamo<br />
anche la sentenza cosi vera di Helvetius: áIl grado di spirito necessario per piacerci e una
misura assai precisa del grado di spirito che abbiamo noi stessi â. Succede tutto il contrario<br />
quando si tratta della stima degli uomini: non la si puo ottenere che loro malgrado, quasi<br />
strappandola; essi la tengono anche il piu delle volte nascosta. Ed e per tale ragione che<br />
questa ci procura una soddisfazione interna molto piu grande; essa e in proporzione col<br />
nostro valore, cio che non e vero direttamente dell famore della gente, perocche l famore e<br />
soggettivo, mentre e oggettiva la stima. Ma il primo ci e di certo piu utile.<br />
87<br />
26. ‹ Gli uomini, nella maggior parte, sono talmente personali che, in sostanza,<br />
nessuna cosa ha interesse agli occhi loro se non essi stessi, e cio affatto esclusivamente. Ne<br />
risulta che, qualunque sia l fargomento di cui si parla, essi pensano tosto a se stessi, e che<br />
tutto quello che, per azzardo e pur lontanamente, si riferisce a cosa che li riguardi, attira e si<br />
cattiva tanto completamente la loro attenzione che essi non hanno piu la liberta di capire la<br />
parte oggettiva del discorso; medesimamente non v fhanno per loro ragioni valevoli dal<br />
momento che queste contrariano il loro interesse o la loro vanita. Percio sono costoro cosi<br />
facilmente distratti, cosi facilmente feriti, offesi ed afflitti che, quando pure si parlasse con<br />
essi dal punto di vista soggettivo, non importa su cosa, non si sapra mai guardarsi<br />
abbastanza da tutto cio che potrebbe nel discorso aver un rapporto possibile, forse ingrato,<br />
col prezioso e delicato io che si ha davanti; niente fuori di questo io, li interessa, e mentre<br />
non hanno sensi ne sentimento per quanto v fha di vero e di notevole, o di bello, di fine, di<br />
spiritoso nelle parole altrui, possedono la piu squisita sensibilita per tutto cio che, pur da<br />
lontano ed in modo indiretto, puo toccare la loro meschina vanita o riferirsi<br />
svantaggiosamente, in qualsivoglia modo, al loro inapprezzabile io. Somigliano davvero,<br />
nella loro suscettibilita, a quei botoli sulle cui zampe e cosi facile camminare per<br />
inavvertenza e di cui bisogna poi sopportare il guaire, od anche ad un malato coperto di<br />
piaghe e di lividure che si deve con ogni cura evitar di toccare. Ve n fha di quelli presso i<br />
quali la cosa arriva ad un tal punto che sentono precisamente come un foffesa lo spirito ed il<br />
senno che si mostra o che non si nasconde abbastanza nel parlar con loro; non lo danno a<br />
vedere, e vero, al momento, ma in seguito colui che non ha abbastanza esperienza riflettera
e si lambicchera inutilmente il cervello per sapere con che si abbia potuto attirare il rancore<br />
e l fodio loro. Pero e altrettanto facile carezzarli e guadagnarseli. La loro sentenza quindi e<br />
d fordinario comperata: essa non e che un decreto in favore del loro partito o della loro<br />
classe, e non un giudizio oggettivo ed imparziale. Cio viene perche presso di essi la volonta<br />
sorpassa di molto l fintelligenza, e perche il loro debole intelletto e affatto sommesso al<br />
servigio della volonta da cui non puo francarsi un solo istante.<br />
Tale miserabile soggettivita degli uomini che li fa riferire tutto a se stessi, e ritornare<br />
immediatamente e in dritta linea da qualunque punto di partenza alla loro persona, e provata<br />
sovrabbondantemente dall fastrologia, che rapporta il cammino dei grandi corpi<br />
dell funiverso al vilissimo io e che trova una certa relazione tra le comete in cielo e le<br />
contese e le miserie sulla terra. Ma cosi fu sempre, anche nei tempi piu antichi (si veda per<br />
esempio Stobeo, Egloghe, L. I, c. 22, 9, pag. 478).<br />
27. ‹ Non bisogna disperare ad ogni assurdita che si dice in pubblico o in societa, che<br />
si stampa nei libri e che e bene accolta od almeno che non e confutata; e nemmeno bisogna<br />
credere che essa rimarra accettata per sempre. Si sappia, a propria consolazione, che piu<br />
tardi e insensibilmente la cosa sara ruminata, lucidata, meditata, pesata, discussa, e il piu<br />
delle volte finalmente giudicata, di modo che, dopo uno spazio di tempo variabile in<br />
ragione della difficolta della materia, la gente quasi tutta finira col capire cio che una mente<br />
chiara aveva scorto a prima vista. E certo che nell fintervallo bisogna pazientare. Perocche<br />
l fuomo di senno fra persone che sono nell ferrore somiglia a colui che avesse l forologio<br />
perfettamente giusto in una citta in cui tutti gli orologi fossero mal regolati. Ei solo conosce<br />
l fora precisa, ma che giova? Tutti prenderanno sempre norma dai pubblici quadranti che<br />
indicano un fora falsa: tutti, anche colui che sapesse per caso come solamente l forologio del<br />
primo segni l fora vera.<br />
28. ‹ Gli uomini somigliano ai fanciulli che prendono brutte maniere quando sono<br />
viziati; non si deve quindi esser troppo indulgenti o troppo amabili verso alcuno. Come<br />
ordinariamente non si perdera un amico per avergli rifiutato un prestito, ma piuttosto per<br />
averglielo accordato, cosi non lo si perdera per un atteggiamento altero e per un po f di
negligenza, ma piuttosto per un eccesso d famabilita e di cortesia: con cio ei diviene<br />
arrogante, insopportabile, e la rottura non tarda a predarsi. E sopratutto l fidea che si ha<br />
88<br />
bisogno di loro che gli uomini non possono assolutamente sopportare; essa e sempre<br />
seguita inevitabilmente da arroganza e da presunzione. Presso alcuni tale idea nasce gia per<br />
questo solo che una persona e in relazione e discorre di sovente e famigliarmente con loro:<br />
s fimmaginano tosto che bisogna mostrarsi condiscendenti, e cercheranno di estendere i<br />
limiti della gentilezza. Per questo havvi cosi scarsa gente da poter frequentare con un po f<br />
d fintimita; sopratutto poi si deve guardarsi da qualunque domestichezza con esseri di basso<br />
grado. Che se per disgrazia un individuo di questa specie s fimmagina che io abbia bisogno<br />
di lui assai piu che egli non ne abbia di me, provera immediatamente un sentimento quale<br />
se io gli avessi rubato qualche cosa: allora cerchera di vendicarsi e di riacquistare la sua<br />
proprieta. Non aver mai ed in alcun modo bisogno degli altri e farlo veder loro, ecco<br />
assolutamente la sola maniera di mantenere la propria superiorita nelle relazioni. Per<br />
conseguenza e cosa saggia far sentire a tutti, uomini e donne, che si puo benissimo star<br />
senza di loro; cio fortifica l famicizia: e anche utile di lasciar qualche volta introdursi un<br />
granellino di disdegno nel nostro atteggiamento verso la maggior parte degli amici; essi non<br />
faranno che valutare a piu alto prezzo la nostra amicizia. áChi non istima vien stimato â39<br />
dice finemente un proverbio italiano. Ma se qualcuno avesse realmente un gran valore ai<br />
nostri occhi bisognerebbe dissimularglielo come un delitto. Cio che davvero non e proprio<br />
piacevole, ma in cambio e verissimo. A mala pena i cani sopportano una grande<br />
benevolenza; ben altrimenti gli uomini.<br />
29. ‹ Le persone della specie piu nobile e dotate delle piu alte facolta tradiscono,<br />
specialmente in gioventu, una mancanza sorprendente di conoscenza degli uomini e di<br />
saper fare; si lasciano anche facilmente ingannare o traviare, mentre esseri inferiori sanno<br />
molto meglio e molto piu prontamente vivere nel mondo; cio succede perche, in mancanza<br />
d fesperienza, si deve giudicare a priori e perche in generale nessuna esperienza vale l fa<br />
priori. Alla gente di calibro ordinario questo a priori e fornito dal loro stesso io, mentre non
lo e a coloro che hanno una nobile e degna natura, perocche e precisamente in questo che<br />
costoro differiscono dagli altri. Valutando quindi i pensieri e gli atti degli uomini ordinari<br />
secondo i loro propri, il conto non torna.<br />
Ma anche quando un tal uomo avra finalmente imparato a posteriori, vale a dire dalle<br />
lezioni altrui e dalla propria esperienza, cio che deve aspettarsi dagli uomini; anche quando<br />
avra compreso che i cinque sesti di essi, tanto dal lato morale quanto dal lato intellettuale,<br />
sono fatti in modo che chi non e forzato dalle circostanze ad entrar in relazione con loro,<br />
fara cosa molto buona evitandoli fin da bel principio e tenendosi per quanto e possibile<br />
lontano dal loro contatto, anche allora quest fuomo non potra, ad onta di tutto, avere una<br />
conoscenza sufficiente della loro piccolezza e della loro meschinita; egli avra per tutta la<br />
vita da estendere e da completare questa nozione, ma fino allora fara pur sempre calcoli<br />
falsi a suo svantaggio. Inoltre, benche imbevuto degli insegnamenti ricevuti, gli succedera<br />
qualche volta ancora, trovandosi in una societa di persone che non conosce, di sentirsi<br />
meravigliato nello scorgere che tutti paiono ragionevoli, leali, sinceri, onesti e virtuosi, e<br />
fors fanco intelligenti e spiritosi. Ma che cio non lo tragga dalla buona strada, perche deriva<br />
semplicemente dal fatto che la natura non procede come i cattivi poeti i quali, quando<br />
devono presentare un briccone od un pazzo, lo fanno cosi goffamente e con un fintenzione<br />
cosi accentuata che si vede spuntare, per cosi dire, dietro ognuno di questi personaggi<br />
l fautore a sconfessarne costantemente il carattere e i discorsi, ed a gridar forte in modo<br />
d favvertimento: ácostui e una canaglia, quest faltro e un matto; non prestate fede a quello<br />
che dicono â. La natura invece agisce alla maniera di Shakespeare e di Goethe: nelle opere<br />
di costoro, ogni personaggio, fosse pure il diavolo stesso, per tutto il tempo in cui sta sulla<br />
scena, parla come ragione vuole che parli; esso e concepito in modo cosi oggettivamente<br />
reale che ci attrae e ci costringe a prender parte a f suoi interessi; simile alle creazioni della<br />
natura, e lo sviluppo di un principio interno in virtu del quale i suoi discorsi e i suoi atti<br />
39 In italiano nel testo. (Nota del Trad.).<br />
89<br />
appariscono come naturali e per conseguenza necessari. Colui che crede che nel mondo i
diavoli non vadano mai senza corna e i pazzi senza sonagli sara sempre loro preda o loro<br />
zimbello. Aggiungiamo ancora a tutto questo che nelle loro relazioni, gli umani fanno come<br />
la luna ed i gobbi, non ci mostrano, cioe, che una sola faccia; essi hanno un talento innato<br />
per trasformare con abile mimica il viso in una maschera che rappresenta molto esattamente<br />
cio che dovrebbero essere in realta; questa maschera tagliata esclusivamente sulla misura<br />
della loro individualita, si adatta e conviene cosi perfettamente bene ad essi che l fillusione e<br />
completa. Ciascuno se l fapplica ogni qual volta gli possa giovare per insinuarsi con arti<br />
lusinghiere. Non bisogna fidarsi di essa piu che d funa maschera di tela cerata ricordando<br />
quell feccellente proverbio italiano: áNon e si tristo cane che non meni la coda â.40<br />
Guardiamoci bene, in ogni caso, dal formarci un fopinione molto favorevole di un<br />
uomo appena fattane la conoscenza; saremmo d fordinario disingannati a nostra confusione<br />
e forse pure a nostro danno. Ancora una osservazione degna di nota: si e precisamente nelle<br />
piccole cose, nelle quali non pensa a badare al proprio contegno, che l fuomo svela il suo<br />
carattere; si e nelle azioni insignificanti, qualche volta nelle semplici maniere, che si puo<br />
facilmente osservare quell fegoismo illimitato, senza riguardo per alcuno, che non si<br />
smentira mai in seguito nelle cose grandi, ma che solamente sara dissimulato. Che<br />
occasioni simili non sieno perdute per noi! Quando un individuo si conduce senza<br />
discrezione alcuna nei piccoli incidenti giornalieri, nei piccoli affari della vita, ai quali si<br />
applica il motto: áDe minimis lex non curat â (La legge non si occupa di piccolezze),<br />
quando ei non cerca nelle occasioni che il suo interesse o i suoi comodi a danno degli altri,<br />
o si appropria cio che deve servire a tutti, ecc., questo individuo, siatene pur certi, non ha in<br />
cuore il sentimento del giusto; ei sara un furfante anche nelle grandi circostanze ogni qual<br />
volta la legge o la forza non gli legheranno le braccia; non permettete a quest fuomo di<br />
passare la soglia di casa vostra. Si, lo affermo, colui che viola senza scrupolo le regole del<br />
suo club, violera egualmente le leggi dello Stato non appena potra farlo senza pericolo.41<br />
Quando un uomo col quale siamo in rapporti piu o meno stretti ci fa qualche cosa che<br />
ci dispiace o ci sdegna, noi non abbiamo che da chiederci se egli ha o se non ha agli occhi<br />
nostri abbastanza valore perche accettiamo da parte sua una seconda volta ed a riprese
sempre piu frequenti un trattamento simile, e fors fanco piu accentuato (perdonare o<br />
dimenticare significano gettare dalla finestra l fesperienza acquistata a caro prezzo). Nel<br />
caso affermativo, tutto e detto; perocche semplicemente parlare non servirebbe a nulla:<br />
bisogna allora lasciar passare la cosa con o senza ammonizione; ma dobbiamo ricordarci<br />
che in tal modo ce ne attireremo benevolmente la ripetizione. Nella seconda alternativa e<br />
necessario, immediatamente e per sempre, rompere ogni relazione col caro amico, o, se si<br />
tratta d fun servo, congedarlo. Imperciocche ei fara, rinnovandosi il caso, inevitabilmente ed<br />
esattamente la stessa cosa, o qualche cosa affatto analoga, quand fanche al momento ci<br />
giurasse ben altamente e sinceramente il contrario. Si puo tutto dimenticare, tutto, eccetto<br />
se stessi, eccetto il proprio essere. Infatti il carattere e assolutamente incorreggibile, perche<br />
tutte le azioni umane partono da un principio intimo, in virtu del quale un uomo deve<br />
sempre agire nella stessa guisa trovandosi nelle stesse circostanze, e non puo condursi<br />
altrimenti. Leggete la mia memoria, premiata, sulla pretesa liberta della volonta e cacciate<br />
ogni illusione. Riconciliarsi con un amico col quale si aveva rotta l famicizia e dunque una<br />
debolezza che si dovra espiare quando, alla prima occasione, questi ricominciera a fare<br />
precisamente cio che aveva determinato la rottura, e lo fara per di piu con maggior<br />
sicurezza, perche ha la coscienza secreta di esserci indispensabile. Tutto questo si applica<br />
40 In italiano nel testo originale. (Nota del Trad.).<br />
41 Se negli uomini, tali quali sono nella maggior parte, il lato buono superasse il cattivo, sarebbe cosa<br />
saggia fidarsi alla loro giustizia, alla loro equita, alla loro fedelta, alla loro affezione od alla loro carita<br />
piuttosto che al loro timore; ma siccome succede affatto il contrario, fare il contrario sara piu saggio. (Nota<br />
dell fAutore).<br />
90<br />
egualmente ai domestici congedati che riprendiamo al nostro servizio. Dobbiamo ancor<br />
meno, e per gli stessi motivi, aspettarci di veder che un uomo si comporti nello stesso modo<br />
della volta precedente quando le circostanze sono cangiate. Che invece la disposizione e la<br />
condotta degli uomini cangiano altrettanto presto quanto il loro interesse: le intenzioni che<br />
li muovono tirano le loro lettere di cambio a vista cosi corta che bisognerebbe veder corto
en di piu per non lasciarle protestare.<br />
Supponiamo ora che volessimo sapere come si condurra una persona in una<br />
situazione in cui abbiamo intenzione di metterla; per cio non bisognera contare sulle sue<br />
promesse e sulle sue asserzioni. Perocche anche ammettendo che ne parli sinceramente,<br />
essa parla pur sempre di una cosa che ignora. Si e dunque dall fapprezzamento delle<br />
circostanze in cui sara per trovarsi, e del conflitto di queste col suo carattere, che noi<br />
potremo renderci conto del suo agire futuro.<br />
In tesi generale per acquistare la comprensione netta, profonda e cosi necessaria della<br />
vera e triste condizione degli uomini, e eminentemente istruttivo l fimpiegare, qual<br />
commentario della condotta e dei raggiri loro sul terreno della vita pratica, la condotta ed i<br />
raggiri loro nel dominio della letteratura e viceversa. Cio e molto utile per non cadere in<br />
errore su se stessi, ne su loro. Ma nel corso di tale studio qualunque tratto di grande infamia<br />
o stoltezza che potessimo incontrare sia nella vita, sia in letteratura, non dovra prestarci<br />
soggetto per affliggerci o per metterci in collera; esso dovra servire unicamente alla nostra<br />
istruzione offrendoci un lato complementare del carattere della specie umana, che sara<br />
buona cosa non dimenticare. In tal maniera osserveremo la faccenda come il mineralogista<br />
esamina un saggio bene caratterizzato d fun minerale cadutogli sotto la mano. V fha delle<br />
eccezioni, ve n fha pure di incomprensibilmente grandi, e le differenze tra le individualita<br />
sono immense; ma, preso in massa, lo si e detto da lungo tempo, il mondo e cattivo; i<br />
selvaggi si mangiano tra loro, e i popoli civili s fingannano a vicenda, e questo si chiama<br />
l fandamento delle umane cose. Gli Stati, coi loro ingegnosi meccanismi diretti contro il di<br />
fuori e il di dentro, e coi loro mezzi di coazione, cosa sono dunque se non misure stabilite<br />
per mettere un limite alla illimitata perversita degli uomini? Non vediamo forse in ogni<br />
storia, ciascun re, non appena e solidamente assiso sul trono e non appena il suo paese gode<br />
di qualche prosperita, profittarne per piombare colla sua armata, come una banda di<br />
briganti, sugli Stati vicini? Tutte le guerre non sono forse in sostanza atti di brigantaggio?<br />
Nella remota antichita e cosi pure durante una parte del medio evo, i vinti diventavano<br />
schiavi dei vincitori, cio che, alla fin fine, vuol dire che quelli dovevano lavorare per questi;
ma coloro che pagano contribuzioni di guerra devono fare altrettanto, ossia dare il prodotto<br />
del lavoro gia fatto: In tutte le guerre non si tratta che di rubare, scrisse Voltaire, e che i<br />
Tedeschi se lo tengano per detto.<br />
30. ‹ Nessun carattere e tale che si possa abbandonarlo a se stesso e lasciarlo andare<br />
liberamente; esso ha bisogno di esser guidato con nozioni e massime. Che se, spingendo la<br />
cosa all festremo, si volesse fare del carattere non il risultato della natura innata, ma<br />
unicamente il prodotto d funa deliberazione ragionata, per conseguenza un carattere del tutto<br />
acquisito ed artificiale, si vedrebbe tosto verificarsi la sentenza latina:<br />
Naturam expelles furca, tamen usque recurret.<br />
(Caccia a forza la natura, nullameno essa ritornera sempre di volo).<br />
Infatti si potra molto bene vedere od anche scoprire e formulare perfettamente una regola di<br />
condotta verso gli altri, e nondimeno nella vita reale si pecchera fin dal bel principio contro<br />
di essa. Tuttavia non si deve per cio perdere coraggio e credere che sia impossibile il<br />
dirigere la propria condotta nella vita sociale secondo regole e massime astratte, e che<br />
quindi valga meglio lasciarsi andare alla buona. Perocche di queste succede come di tutte le<br />
91<br />
istruzioni e direzioni pratiche; comprendere la regola e una cosa, e saperla applicare<br />
un faltra. La prima si acquista ad un tratto per mezzo dell fintelligenza, la seconda a poco a<br />
poco per mezzo dell fesercizio. All fallievo si son fatti vedere i tasti dell fistromento, le parate<br />
e i colpi di fioretto; ma in pratica egli s finganna immediatamente malgrado la piu buona<br />
volonta e s fimmagina allora che ricordarsi queste lezioni nella rapidita della lettura<br />
musicale o nell fardore d fun assalto sia cosa quasi impossibile. E tuttavia un po f per volta, a<br />
forza d finciampare, di cadere e di rialzarsi, l fesercizio finisce coll finsegnargliele; lo stesso<br />
succede per le regole della grammatica quando si apprende a leggere ed a scrivere in latino.<br />
Non e altrimenti che un mascalzone diviene cortigiano; una testa calda, un personaggio<br />
eminente; l fuomo aperto, abbottonato; il nobile, sarcastico. Tuttavia questa educazione di<br />
se, ottenuta siffattamente con lunga abitudine, agira sempre come uno sforzo venuto dal di<br />
fuori, cui la natura non cessera mai dall fopporsi, e ad onta del quale finira qualche volta
coll firrompere da un varco inaspettato. Perocche qualunque condotta che abbia per motore<br />
massime astratte si riferisce ad una condotta decisa dalla inclinazione primitiva ed innata,<br />
come un meccanismo alla mano dell fuomo: per esempio un orologio, ove la forma e il<br />
movimento sono imposti ad una materia che e estranea ad essi, si riferisce ad un organismo<br />
vivente in cui forma e materia si compenetrano scambievolmente e non formano che una<br />
cosa sola. Tale rapporto tra il carattere acquisito e il carattere naturale conferma il pensiero<br />
espresso dall fimperatore Napoleone: áTutto cio che non e naturale e imperfetto. â Questo e<br />
vero in tutto e per tutti, sia nel fisico che nel morale; e la sola eccezione che io ricordi alla<br />
regola si e la venturina naturale che non vale l fartificiale.<br />
Guardiamoci quindi da qualunque affettazione. Essa provoca sempre il disprezzo:<br />
prima di tutto e un inganno e come tale una vigliaccheria, perche si fonda sulla paura; e in<br />
secondo luogo implica condanna di se stesso per mezzo di se stesso, imperocche si vuol<br />
parere cio che non si e, e si crede questo esser migliore di cio che si e. Il fatto d faffettare<br />
una qualita, di vantarsene, e confessare di non possederla. Quanta gente si gloria, di<br />
coraggio o di dottrina, d fintelligenza o di spirito, di successi colle donne o di ricchezze o di<br />
nobilta o d faltro, e si potra invece concludere che e precisamente su tale capitolo che manca<br />
loro qualche cosa! Perocche colui che possede realmente e completamente una qualita non<br />
si pensa di farne mostra e di affettarla; egli e perfettamente tranquillo su tale rapporto. E<br />
questo che vuol dire il proverbio spagnuolo: áHerradura que chacolotea clavo le falta â (A<br />
ferratura crocchiante manca un chiodo). Non si deve certo, l fabbiamo gia detto,<br />
abbandonare affatto le redini e mostrarsi interamente quali si e; perche la parte cattiva e<br />
bestiale della nostra natura e considerevole ed ha bisogno d fesser velata; ma cio non<br />
legittima che l fatto negativo, la dissimulazione, e niente affattissimo il positivo, la<br />
simulazione. Bisogna pure sapere che si scopre l faffettazione in un individuo prima ancora<br />
di capir chiaro cio ch fegli voglia precisamente affettare. Infine la cosa non puo durare a<br />
lungo, e la maschera un giorno finira col cadere: áNessuno puo portare per lungo tempo la<br />
maschera; le cose finte ben presto ritornano alla propria natura â (Seneca, De clementia,<br />
L. I, c. 1).
31. ‹ Nella stessa guisa che si porta il peso del proprio corpo senza avvertirlo mentre<br />
si sentirebbe il peso di qualunque oggetto estraneo che si volesse muovere, cosi non si<br />
scorgono che i difetti e i vizi degli altri e non i propri. In cambio pero ciascuno possede in<br />
altrui uno specchio nel quale puo vedere distintamente i suoi propri vizi, i suoi difetti, e le<br />
sue maniere grossolane e antipatiche. Ma d fordinario si fa come il cane che abbaja contro lo<br />
specchio perche non sa esser se stesso ch fei vede e s fimmagina invece d faver davanti un<br />
altro cane. Chi critica gli altri lavora alla correzione di se medesimo. Coloro dunque che<br />
hanno una tendenza abituale a sottoporre tacitamente nel loro foro interno ad una critica<br />
attenta e severa le maniere degli uomini, ed in generale tutto cio che questi fanno o non<br />
fanno, costoro intendono a correggere ed a perfezionare se stessi: perocche avranno<br />
abbastanza equita od almeno abbastanza orgoglio e vanita per evitare cio che hanno tante<br />
92<br />
volte e cosi rigorosamente biasimato in altrui. L fopposto succede per i tolleranti, cioe:<br />
áHanc veniam damus petimusque vicissim. â (Concediamo il perdono e lo chiediamo a<br />
nostra volta). Il vangelo moralizza mirabilmente bene su coloro che scorgono la pagliuzza<br />
nell focchio del vicino, e che non vedono la trave nel proprio; ma la natura dell focchio non<br />
gli permette di guardare che al di fuori ed esso non puo quindi veder se medesimo; per<br />
questo, notare e biasimare i difetti degli altri e un mezzo opportunissimo per farci sentire i<br />
nostri. Ci occorre uno specchio per correggerci. Questa regola e buona ugualmente quando<br />
si tratta dello stile e del modo di scrivere; chi in tali materie ammira qualunque nuova<br />
pazzia, anziche biasimarla, finira col farsene imitatore. Percio in Germania siffatto genere<br />
di follia si diffonde tanto presto. I Tedeschi sono tolleranti: lo si scorge benissimo. Hanc<br />
veniam damus petimusque vicissim, ecco la loro impresa.<br />
32. ‹ L fuomo di specie nobile, in gioventu, crede che le relazioni essenziali e decisive,<br />
che creano veri legami tra gli uomini, sieno quelle di natura ideale, vale a dire quelle<br />
fondate sulla conformita del carattere, della piega dello spirito, del gusto, dell fintelligenza,<br />
ecc.; ma si avvede piu tardi che sono invece le reali, cioe quelle che sono stabilite su<br />
qualche interesse materiale. Sono esse che formano la base di tutti i rapporti, e la
maggioranza degli uomini ignora che ve ne sieno d faltra specie. Per conseguenza ciascuno<br />
e scelto in ragione del suo ufficio, della sua professione, del suo paese o della sua famiglia,<br />
in generale dunque secondo la posizione e la parte attribuitagli dalla convenzione; si e con<br />
tale concetto che viene scompartita e classificata, come articoli di fabbrica, la gente. Invece<br />
cio che un individuo e in se e per se, come uomo, in virtu delle qualita sue, non e preso in<br />
considerazione se non a piacimento, per eccezione; ciascuno mette queste cose da un lato<br />
non appena gli convien meglio, e le dimentica. Quanto piu un uomo avra un valore<br />
personale, tanto meno potra convenirgli una tale classificazione; cerchera quindi di<br />
sottrarvisi. Osserviamo tuttavia che tale maniera di trattare e fondata sul fatto che nel<br />
mondo, in cui regnano la miseria e l findigenza, i mezzi che servono a tenerle lontane sono<br />
la cosa essenziale e necessariamente predominante.<br />
33. ‹ Come la carta monetata circola sul mercato in luogo del danaro, cosi invece della<br />
stima e dell famicizia genuine sono la loro dimostrazione esterna ed il loro atteggiamento<br />
imitati quanto piu naturalmente e possibile, che hanno corso nel mondo. Si potrebbe, e<br />
vero, domandarsi se havvi proprio gente che meriti stima ed amicizia. Checche ne sia ho<br />
piu fiducia in un bravo cane quando dimena la coda che in tutte queste dimostrazioni e<br />
cerimonie. La vera, la sincera amicizia presuppone che, fra amici, l funo prenda una parte<br />
vivissima, puramente oggettiva ed affatto disinteressata, alla felicita ed alle disgrazie<br />
dell faltro, e tale associazione suppone a sua volta un reale identificarsi con l famico.<br />
L fegoismo della natura umana e talmente opposto a questo sentimento che l famicizia vera<br />
fa parte di quelle cose circa le quali s fignora, come per il gran serpente di mare, se<br />
appartengano al regno delle favole o se esistano in qualche luogo. Tuttavia si danno qualche<br />
volta fra gli uomini certe relazioni le quali, benche fondate in essenza su motivi<br />
segretamente egoistici di molteplice natura, sono condite nullameno d fun grano di amicizia<br />
genuina e sincera, cio che basta a dar loro una tale impronta di nobilta che possono, in<br />
questo mondo delle imperfezioni, portare con qualche diritto il nome d famicizia. Tali<br />
relazioni si levano altamente sopra gli avvicinamenti d fogni giorno; questi sono di tale<br />
natura che noi non rivolgeremmo piu mai la parola alla maggior parte delle nostre buone
conoscenze se intendessimo cio che esse dicono di noi in nostra assenza.<br />
A lato dei casi nei quali si ha bisogno di seri soccorsi e di sacrifizi considerevoli, la<br />
migliore occasione per mettere alla prova la sincerita d fun amico si e il momento in cui gli<br />
annunciate una disgrazia che vi ha improvvisamente colpito. Vedrete allora dipingersi sul<br />
suo viso un fafflizione vera, profonda e schietta, od al contrario colla sua calma<br />
imperturbabile, con uno sberleffo d fun istante confermera la massima di La Rochefoucauld:<br />
93<br />
áNelle sventure dei nostri migliori amici troviamo sempre qualche cosa che non ci<br />
dispiace. â Coloro che sono detti abitualmente amici possono appena, in tali occasioni,<br />
reprimere il piccolo fremito, il leggero sorriso di soddisfazione. V fhanno poche cose che<br />
mettano la gente cosi indubitatamente di buon umore come il racconto di qualche calamita<br />
che ci ha colpito recentemente od anche la confessione sincera che si fa loro di qualche<br />
debolezza personale. E cosa invero caratteristica.<br />
La lontananza e la lunga assenza portano danno a qualunque amicizia, sebbene non lo<br />
si confessi volentieri. Le persone che non vediamo piu, fossero pure nostri carissimi amici,<br />
insensibilmente col passar del tempo svaniscono fino allo stato di nozioni astratte, cio che<br />
fa che il nostro interesse per loro diventi sempre piu un semplice affare di ragionamento,<br />
anzi di tradizione; il sentimento vivo e profondo resta serbato per coloro che abbiamo<br />
davanti gli occhi, quand fanche non fossero che gli animali prediletti. Siffattamente la natura<br />
umana e guidata dai sensi. Qui ancora Goethe ha ragione di dire: Il presente e una divinita<br />
grandissima (Tasso, atto IV, scena IV).<br />
Gli amici di casa sono d fordinario ben chiamati con questo nome, perche sono piu<br />
attaccati alla casa che al padrone di essa; costoro somigliano ai gatti piuttosto che ai cani.<br />
Gli amici si dicono sinceri: solamente i nemici sono sinceri; percio si dovrebbe, per<br />
imparare a conoscere se stesso, approffittarsi del loro biasimo come d funa medicina amara.<br />
Sono rari gli amici nel bisogno? Al contrario! Appena si e fatto amicizia con un<br />
uomo, ecco che questi e tosto in bisogno e che vi chiede a prestito denaro.<br />
34. ‹ Come bisogna esser novizi per credere che il far mostra di spirito e di senno sia
un mezzo per riescire ben visti in societa! Che, ben al contrario, cio suscita presso la<br />
maggior parte della gente un sentimento di odio e di rancore tanto piu amaro in quanto che<br />
chi lo prova non e autorizzato a dichiararne il motivo; anzi lo dissimula pure a se stesso.<br />
Ecco dettagliamente come succede la faccenda: fra due interlocutori non appena uno<br />
osserva e sente una grande superiorita nell faltro, ne conchiude tacitamente e senza averne la<br />
coscienza ben chiara che costui pure osserva e sente nel medesimo grado l finferiorita e lo<br />
spirito limitato di chi gli sta davanti. Tale contrasto eccita al piu alto grado il suo odio, il<br />
suo rancore, la sua rabbia.42 Percio Graciano dice con ragione: áIl solo mezzo che valga per<br />
rimaner tranquilli si e il vestire la pelle del piu semplice fra gli animali43 â. Mettere in luce<br />
spirito e senno e un modo indiretto di rimproverare agli altri l fincapacita e la stupidezza.<br />
Una natura volgare s firrita all faspetto della natura opposta; motore secreto dello stizzirsi e<br />
l finvidia. Perocche soddisfare alla propria vanita e, come lo si puo scorgere ogni momento,<br />
un piacere che presso gli uomini passa avanti ogni altro, ma che pero non e possibile se non<br />
in virtu d fun confronto fra se stessi e gli altri. E non si danno meriti di cui gli uomini sieno<br />
piu fieri che di quelli dell fintelligenza, visto che su di essi e fondata la loro superiorita<br />
riguardo gli animali. E dunque una grandissima temerita il mostrar loro una spiccata<br />
superiorita intellettuale, sopratutto davanti testimoni. Cio provoca la loro vendetta, e<br />
d fordinario essi cercheranno d fesercitarla colle ingiurie, perocche passano cosi dal dominio<br />
dell fintelligenza a quello della volonta nel quale siamo tutti eguali. Se dunque la posizione<br />
e le ricchezze possono sempre contare in societa sulla considerazione, le qualita intellettuali<br />
non devono aspettarsela; cio che puo loro toccare di meglio si e che non si faccia loro<br />
attenzione; che altrimenti saranno considerate come una specie d fimpertinenza o come un<br />
bene che e stato acquistato per vie illecite e di cui il proprietario ha l faudacia di gloriarsi;<br />
per questo ciascuno si propone tacitamente di infliggergli in appresso qualche umiliazione<br />
su tale proposito, e allo scopo non attende che l foccasione favorevole. Appena con<br />
umilissimo atteggiamento si riescira a strappare, come una elemosina, il perdono della<br />
propria superiorita intellettuale. Dice Saadi nel Gulistan: áSappiate che si trova presso<br />
l fuomo irragionevole cento volte piu d favversione per il ragionevole di quello che questi
42 Cfr. nell fop. Il mondo come volonta e come rappresentazione, 3a ed., vol. II, p. 256 le toccanti parole<br />
del<br />
D. Johnson e di Merk, l famico di gioventu di Goethe.<br />
43 Vedi Oraculo manual y arte de prudencia, 240 (Obras, Amberes 1702, P. II, p. 287).<br />
94<br />
non ne provi per il primo. â L finferiorita intellettuale invece equivale ad un vero titolo di<br />
raccomandazione. Perocche il sentimento benefico della superiorita e per lo spirito cio che<br />
il calore e per il corpo; ciascuno s favvicina all findividuo che gli procura tale sensazione per<br />
lo stesso istinto che lo spinge ad avvicinarsi alla stufa o ad andarsi a mettere sotto i raggi<br />
del sole. Ora a cio non v fha che l findividuo assolutamente inferiore, nelle facolta<br />
intellettuali per gli uomini, in bellezza per le donne. Conviene confessare che per lasciar<br />
scorgere, in presenza di certa gente, una inferiorita non simulata bisogna possederne una<br />
buona dose. In cambio vedete con quale amabile cordialita una ragazza mediocremente<br />
bella va incontro ad una essenzialmente brutta. Il sesso maschile non annette grande valore<br />
ai vantaggi fisici, benche si preferisca meglio trovarsi a lato d funa persona piu piccola<br />
piuttosto che di una piu grande di se stessi. Per conseguenza fra gli uomini sono gli sciocchi<br />
e gl fignoranti che riescono graditi e cercati dovunque, fra le donne le brutte; si fa loro<br />
immediatamente la riputazione d faver un cuore eccellente, visto che ciascheduno ha<br />
bisogno d fun pretesto per giustificare le proprie simpatie agli occhi di se stesso e degli altri.<br />
Per la medesima ragione qualunque superiorita di spirito ha la proprieta d fisolare: la si<br />
fugge, la si odia e per aver un pretesto a cio si prestano a chi la possede difetti d fogni<br />
sorta44. La bellezza produce esattamente lo stesso effetto tra le donne; le ragazze, quando<br />
sono molto belle, non trovano amiche e nemmeno compagne. Che esse non s fimmaginino<br />
di cercare in qualche parte un posto di damigella di compagnia; non appena si<br />
presenteranno, il viso della dama presso la quale sperano entrare si fara scuro; perocche, sia<br />
per suo conto, sia per le sue figlie, essa non ha affatto bisogno del risalto d funa bella figura.<br />
Avviene invece ben altrimenti quando si tratta dei vantaggi del grado, perche questi non<br />
agiscono, come i meriti personali, per effetto del contrasto e del rilievo, ma per riverbero,
come i colori circonvicini quando si riflettono sul viso.<br />
35. ‹ La pigrizia, l fegoismo e la vanita hanno molto spesso la parte piu grande nella<br />
confidenza che noi concediamo ad altri: la pigrizia, quando per non esaminare, curare,<br />
operare da noi stessi, preferiamo confidarci ad un faltra persona; l fegoismo, quando il<br />
bisogno di parlare degli affari nostri ci porta a fare qualche confidenza ad alcuno; la vanita<br />
quando questi affari sono tali da rendercene gloriosi. Ma ad onta di cio non pretendiamo<br />
meno che si apprezzi la nostra confidenza. Noi al contrario non dovremmo mai essere<br />
irritati per la diffidenza, perche essa racchiude un complimento all findirizzo della probita<br />
ed e la confessione sincera della sua estrema scarsezza la quale fa si che essa appartenga a<br />
quelle cose di cui si mette in dubbio l fesistenza.<br />
36. ‹ Ho presentato nella mia Morale, p. 201 (2a ed. 198). una delle basi della<br />
compitezza, virtu cardinale presso i Chinesi; l faltra e la seguente. La compitezza e stabilita<br />
sopra una convenzione tacita di non osservare gli uni presso gli altri la miseria morale ed<br />
intellettuale della condizione umana e di non rinfacciarsela reciprocamente; d fonde risulta<br />
che essa appare meno facilmente con vantaggio d fambo le parti.<br />
Compitezza e prudenza; scortesia dunque e balordaggine; farsi dei nemici senza<br />
necessita e senza motivo colla rozzezza e follia: la stessa cosa come se si dasse fuoco alla<br />
propria casa. Perocche la cortesia e, come i gettoni, moneta notoriamente falsa: risparmiarla<br />
e prova di demenza, usarne con liberalita, di senno. Tutte le nazioni terminano le lettere<br />
colla formola: áVotre tres-humble serviteur, Your most obedient servant, Suo devotissimo<br />
44 Per tirar avanti nel mondo amicizie e camerate sono, fra tutti, il mezzo piu potente. Ma le grandi<br />
capacita danno fierezza; si e allora disadatti per adulare coloro che ne sono privi e davanti ai quali,<br />
precisamente a causa di questo, si devono dissimulare le proprie qualita eminenti. La coscienza di non<br />
avere<br />
che mezzi limitati agisce in senso opposto; essa si accorda perfettamente coll fumilta, l faffabilita, la<br />
condiscendenza ed il rispetto per cio che e cattivo; giova quindi per farsi amici e protettori.<br />
Tutto questo non si applica solamente alle funzioni dello Stato, ma pure alle cariche onorifiche, alla<br />
dignita, ed anche alla gloria nel mondo della scienza; cio che produce, per esempio, che nelle accademie la
uona e brava mediocrita occupa sempre il primo posto e che la gente di merito non vi entra che tardi o<br />
forse<br />
mai: lo stesso succede da per tutto. (Nota dell fAutore).<br />
95<br />
servo â; solo i Tedeschi sopprimono il áDiener â (servo), perche non e vero, dicono. Chi<br />
invece spinge la compitezza fino al sacrifizio d finteressi reali, somiglia all fuomo che desse<br />
monete d foro per gettoni. Nella stessa guisa che la cera dura e fragile per sua natura,<br />
diviene per mezzo d fun po f di calore cosi malleabile da prendere quella forma qualunque<br />
che piacera darle, cosi pure si puo, con un granellino di cortesia e di amabilita, render<br />
pieghevoli e compiacenti perfino uomini burberi ed ostili. La compitezza e dunque per<br />
l fuomo cio che il calore e per la cera. Pero davvero e questo un grave compito, nel senso<br />
che c fimpone testimonianze di stima per tutti, quando la maggior parte della gente non ne<br />
merita punto; esige inoltre che abbiamo da fingere il piu vivo interesse, quando dovremmo<br />
invece starcene beati di non sentirne affatto. Mettere insieme la politezza e la dignita e un<br />
colpo da maestro.<br />
Le offese, consistendo sempre alla fin fine in manifestazioni di mancanza di<br />
considerazione, non ci metterebbero cosi facilmente fuori di noi se, da una parte, non<br />
nutrissimo una opinione molto esagerata del nostro alto valore e della nostra dignita, cio<br />
che e proprio d fun orgoglio smisurato, e se, d faltra parte, ci rendessimo conto di quello che<br />
ordinariamente ognuno, in fondo al cuore, crede e pensa riguardo gli altri. Quale stonante<br />
contrasto pertanto tra la suscettibilita della maggior parte degli uomini per la piu leggera<br />
allusione critica diretta contro di loro, e cio che i medesimi dovrebbero udire se potessero<br />
sorprendere quanto dicono di essi le loro conoscenze! Faremmo ottima cosa ricordandoci<br />
sempre che la compitezza non e che una maschera beffarda; in tal modo non ci metteremmo<br />
a strillare come pavoni ogni volta che la maschera si sposta un po f, o che viene smessa per<br />
un momento. Quando un individuo diventa apertamente villano e la stessa cosa come se si<br />
spogliasse delle sue vesti e si mostrasse in puris naturalibus. Certamente apparirebbe molto<br />
brutto, come la maggior parte della gente in tale stato.
37. ‹ Non bisogna modellarsi sopra un altro per quello che si vuol fare o non fare,<br />
perche le situazioni, le circostanze, le relazioni non sono mai le stesse e perche anche la<br />
differenza di carattere da tutt faltra tinta all fazione; per questo áduo cum faciunt idem, non<br />
est idem â (quando due persone fanno la stessa cosa, questa tuttavia non risulta la stessa).<br />
Occorre, dopo matura riflessione, dopo seria meditazione, agire conformemente al proprio<br />
carattere. L foriginalita e dunque indispensabile anche nella vita pratica; senza di essa cio<br />
che si fa non s faccorda con cio che si e.<br />
38. ‹ Non combattete l fopinione altrui; pensate che se si volesse correggere la gente di<br />
tutte le assurdita a cui crede non si avrebbe finito quand fanche si vivesse gli anni di<br />
Matusalem.<br />
Asteniamoci inoltre nel conversare da qualunque osservazione critica, quando pure<br />
questa fosse fatta nella migliore intenzione, perciocche offendere gli uomini e cosa facile,<br />
difficile invece, se non impossibile, correggerli.<br />
Quando in una conversazione le assurdita che sentiamo cominciano a metterci in<br />
collera, dobbiamo immaginare d fassistere ad una scena di commedia tra due pazzi:<br />
áProbatum est. â L fuomo nato per istruire il mondo sugli argomenti piu importanti e piu<br />
seri puo chiamarsi fortunato quando se ne tira sano e salvo.<br />
39. ‹ Chi vuole che la sua opinione trovi credito deve enunciarla freddamente e<br />
spassionatamente. Perocche qualunque impeto procede dalla volonta; e dunque a questa,<br />
non alla ragione, che e fredda di sua natura, che sarebbero attribuiti i giudizi espressi. Infatti<br />
essendo la volonta nell fuomo il principio radicale, ed essendo la ragione solo secondaria e<br />
venuta accessoriamente, si considerera il raziocinio come nato dalla volonta eccitata,<br />
piuttosto che l feccitazione della volonta come prodotta dal raziocinio.<br />
40. ‹ Non si deve abbandonarsi a lodare se stessi, quand fanche se ne avesse tutto il<br />
diritto. Imperocche la vanita e cosa tanto comune, e il merito tanto raro, che ogni qual volta<br />
sembrera che ci lodiamo, per quanto indirettamente cio avvenga, ciascuno scommettera<br />
cento contro uno che per mezzo della nostra bocca ha parlato solo la vanita, perche essa non<br />
96
ha abbastanza buon senso per capire la ridicolaggine della millanteria. Nondimeno Bacone<br />
da Verulamio potrebbe non affatto aver torto quando pretende che il ásemper aliquid<br />
haeret â (ne resta sempre qualche cosa) non sia vero solamente della calunnia, ma anche<br />
della lode di se, e quando raccomanda quest fultima a dosi moderate45.<br />
41. ‹ Quando sospettate qualcuno di menzogna, fingete credulita; allora ei diverra<br />
sfrontato, mentira piu spudoratamente, e sara smascherato. Se invece scorgete che una<br />
verita che vorrebbe dissimulare, gli sfugge in parte, fate l fincredulo affinche, provocato<br />
dalla contraddizione, ei metta fuori tutta la riserva.<br />
42. ‹ Consideriamo tutti i nostri affari personali quali secreti; al di la di cio che i nostri<br />
buoni conoscenti veggono coi propri occhi, conviene restar loro del tutto ignoti.<br />
Imperciocche quello che essi saprebbero circa le cose le piu innocenti puo, a tempo ed a<br />
luogo, esserci funesto. In generale val meglio manifestare il proprio senno con cio che si<br />
tace piuttosto che con cio che si dice. Effetto di prudenza nel primo caso, di vanita nel<br />
secondo. Le occasioni di tacersi e quelle di parlare si presentano in numero eguale, ma noi<br />
preferiamo spesso la momentanea soddisfazione che procurano le ultime al profitto durabile<br />
che ricaviamo dalle prime. Si dovrebbe rifiutarsi perfino quel sollievo che si prova parlando<br />
qualche volta ad alta voce con se stessi, cio che tocca facilmente alle persone di gajo<br />
umore, per non prenderne l fabitudine; perocche con questo il pensiero diventa l fanima ed il<br />
fratello della parola a tal punto che insensibilmente arriviamo a parlare anche cogli altri<br />
come se pensassimo ad alta voce, mentre la prudenza raccomanda di mantenere un largo<br />
fosso sempre aperto tra il pensiero e la parola.<br />
Ci sembra talora che gli altri non possano assolutamente credere ad una cosa che ci<br />
riguarda, mentre invece non pensano minimamente a dubitarne; se pero ci avviene di<br />
risvegliare in essi un tal dubbio, allora infatti non potranno piu prestarvi fede. Ma noi ci<br />
tradiamo unicamente coll fidea che e impossibile che non lo si noti; ci precipitiamo cosi da<br />
noi stessi da un faltezza per effetto del capogiro vale a dire del pensiero che non sia<br />
possibile di restare solidamente a quel posto e che l fangoscia di esser la sia cosi straziante<br />
che valga meglio abbreviarla: tale illusione si chiama vertigine.
D faltra parte bisogna tener a mente che tutti, anche coloro che altrove non fanno<br />
mostra di perspicacia, sono eccellenti algebristi quando si tratta degli affari personali altrui;<br />
su quest fargomento, data una sola quantita, essi sciolgono i piu complicati problemi. Se,<br />
per esempio, si racconta loro una storia passata sopprimendo i nomi e tutte le altre<br />
indicazioni sulle persone, bisogna guardarsi bene dall fintrodurre nella narrazione il piu<br />
piccolo dettaglio positivo e speciale, come la localita, o la data, o il nome d fun personaggio<br />
secondario, o qualunque cosa che avesse connessione anche lontanissima coll faffare,<br />
perocche essi troverebbero subito una grandezza stabilita positivamente, per mezzo della<br />
quale il loro talento algebrico dedurrebbe tutto il resto. L fesaltamento della curiosita in<br />
questo caso e tale che col suo ajuto la volonta mette gli sproni sui fianchi dell fintelletto, il<br />
quale, spinto in siffatta guisa, giunge ai risultati piu lontani. Perciocche tanto gli uomini<br />
45 Bacone da Verulamio dice cosi: áNon e piccola prerogativa di prudenza se alcuno con una certa arte e<br />
grazia possa presso gli altri far mostra di se, col millantare opportunamente le sue virtu, i meriti ed anche la<br />
fortuna (quando cio possa esser fatto senza arroganza o fastidio), e all fopposto coll foccultare<br />
artificiosamente<br />
i vizi, i difetti, gl finfortuni e i disonori; in quelle trattenendosi e volgendole come contro a luce, in questi<br />
cercando sotterfugi o purgandoli coll finterpretarli destramente, e altre cose di simil fatta. Cosi Tacito<br />
intorno a<br />
Muziano, uomo della sua eta prudentissimo e ad operare prontissimo, disse: Di tutte le cose che aveva<br />
dette e<br />
fatte, con una certa arte vantatore. Questa cosa abbisogna senza dubbio di un qualche artifizio, onde non<br />
generi noja o spregio: cosicche, nondimeno, una certa millanteria, benche fino al primo grado della vanita,<br />
sia<br />
piuttosto vizio in Etica che in Politica. Imperciocche siccome suol dirsi della calunnia, arditamente<br />
calunniando sempre qualche cosa rimane affissa (semper aliquid haeret), cosi possa dirsi della jattanza (se<br />
pur<br />
non sia stata brutta e ridicola) con audacia va gloriando te stesso, che sempre qualche cosa resta attaccata<br />
(semper aliquid haeret). Stara impressa di certo presso il popolo, abbenche i piu savi sorridano. Dunque la<br />
stima ottenuta appresso i piu compensera in gran copia il fastidio dei pochi â. (De augmentis scientiarum,<br />
Lugd. Batav. 1645. L. VIII, C. 2, p.644 e seg.). (Nota dell fEditore tedesco)
97<br />
hanno scarsa attitudine e curiosita per le verita generali, quanto sono avidi delle verita<br />
individuali.<br />
Ecco perche il silenzio e stato cosi istantemente raccomandato da tutti i maestri di<br />
saggezza cogli argomenti piu svariati in appoggio. Non occorre quindi che io insista piu a<br />
lungo; mi limitero a riportare alcune massime arabe molto efficaci e poco note: áNon dire<br />
all famico cio che non deve sapere il nemico â. . áE necessario che io custodisca il mio<br />
secreto, esso e mio prigioniero; non appena me lo lascio sfuggire, divento io suo<br />
prigioniero â. . áDall falbero del silenzio pende per frutto la tranquillita â.<br />
43. ‹ Non v fha danaro meglio impiegato di quello che ci siamo lasciato rubare,<br />
imperciocche esso ci ha servito immediatamente a comperare della prudenza.<br />
44. ‹ Non conserviamo, per quanto sia possibile, animosita contro alcuno;<br />
contentiamoci di notar con cura il áprocedere â di chi ci avvicina, e ricordiamocene per<br />
stabilire con cio il valore di ciascheduno almeno su quanto ci riguarda, e per regolare in<br />
conseguenza il nostro atteggiamento e la nostra condotta verso la gente; si sia sempre ben<br />
convinti che il carattere non cangia mai: dimenticare un tratto villano e un gettare dalla<br />
finestra danaro guadagnato penosamente. Ma seguendo la mia raccomandazione si sara<br />
protetti contro la pazza confidenza, e contro la pazza amicizia.<br />
áNon aver amore ne odio â compendia meta della piu alta saviezza; ánon dir verbo e<br />
non credere in cosa alcuna â, ecco l faltra meta. Davvero che si voltera ben volentieri la<br />
schiena ad un mondo che rende necessarie regole come queste e come le seguenti.<br />
45. ‹ Mostrar odio o collera nelle parole o nelle fattezze e inutile, e dannoso,<br />
imprudente, ridicolo, volgare. Non si deve palesare odio o collera che cogli atti. In questa<br />
seconda maniera si otterra un effetto tanto piu sicuro quanto meglio si seppe guardarsi dalla<br />
prima. Gli animali a sangue freddo soli sono velenosi.<br />
46. ‹ áParler sans accent â: questa vecchia regola della gente di mondo insegna che si<br />
deve lasciare all fintelligenza altrui la cura di decifrare cio che si e detto; la facolta di<br />
comprendere e lenta, e, prima che si sia svolta interamente, voi siete lontani. Invece áparler
avec accent â significa indirizzarsi al sentimento, e allora tutto e rovesciato. Havvi tal gente<br />
a cui, con gesto cortese ed in tuono amichevole, si puo dire in realta delle sciocchezze senza<br />
pericolo immediato.<br />
4. Circa la nostra condotta<br />
di faccia all fandamento del mondo ed alla sorte.<br />
47. ‹ Qualunque aspetto presenti l fumana esistenza, gli elementi ne sono sempre<br />
eguali; percio l fessenza rimane la stessa si viva pure in una capanna od alla Corte, in<br />
convento o nell farmata. Ad onta della loro varieta gli avvenimenti, le avventure, i casi lieti<br />
o tristi della vita somigliano agli articoli del confettiere; le figure sono svariate e numerose,<br />
ve n fha di circolari o di screziate, ma tutto esce dalla stessa pasta, e gli accidenti toccati ad<br />
una persona sono molto piu simili a quelli avvenuti ad un faltra che questa sentendone il<br />
racconto non pensi. I casi della nostra vita hanno anche simiglianza colle figure del<br />
caleidoscopio: ad ogni giro vediamo qualche combinazione nuova mentre in realta abbiamo<br />
sotto gli occhi sempre la stessa cosa.<br />
48. ‹ Tre potenze dominano il mondo, dice molto acutamente un antico: áƒÐƒÒƒËƒÃƒÐƒÇ.,<br />
ƒÈƒÏƒ¿ƒÑƒÍ., ƒÈƒ¿ƒÇ ƒÑ.ƒÔƒÅ, â prudenza, fortezza e fortuna. Io credo che quest fultima sia la maggiore.<br />
Imperciocche il cammino della vita possa esser paragonato al corso di un bastimento. La<br />
sorte, la ƒÑ.ƒÔƒÅ, la secunda aut adversa fortuna, fa la parte del vento che rapidamente spinge<br />
da lontano, avanti o indietro, mentre contro di essa poco valgono i nostri sforzi e le nostre<br />
98<br />
cure. Si e ufficio di queste il servire da remi; quando, dopo molte ore di lungo lavoro ci<br />
hanno portato in avanti d fun tratto di via, ecco che un colpo improvviso di vento ci respinge<br />
indietro d faltrettanto. Se all fincontro il vento e favorevole, ci manda avanti cosi bene che<br />
possiamo fare a meno di remo. Un proverbio spagnuolo esprime con energia incomparabile<br />
questa potenza della sorte: áDa ventura a tu hijo, y echa lo en el mar â (da fortuna al<br />
figliuolo tuo e buttalo in mare).<br />
Ma il caso e una malvagia potenza, cui dobbiamo fidarci il meno possibile. Eppure<br />
qual fe, fra tutti i dispensatori di beni, il solo che quando ci da, ci dimostra nel tempo stesso
chiaramente che non abbiamo diritto ai doni suoi e che non ne dobbiamo render grazie al<br />
nostro merito, ma alla sua bonta ed al suo favore, e che in conseguenza ci e permesso di<br />
nutrire la gioconda speranza di ottenere in seguito, umilmente sottomessi, nuovi regali,<br />
altrettanto poco meritati? E il caso: il caso che sa l farte sovrana di far comprendere<br />
luminosamente che di faccia al suo favore ed alla sua grazia qualunque merito e privo di<br />
forza e di valore.<br />
Quando si getta indietro uno sguardo sul cammino della vita, e quando, abbracciando<br />
nell finsieme il suo corso tortuoso e perfido come un laberinto, si scorge la felicita tante<br />
volte fallita, la sventura tante volte tirataci addosso, allora si sara facilmente condotti a<br />
passar la misura dei rimproveri verso se stessi. Perocche il corso della nostra esistenza non<br />
e unicamente semplice opera nostra; bensi il prodotto di due fattori, cioe la serie degli<br />
avvenimenti e la serie delle nostre decisioni, che si compenetrano e si modificano<br />
scambievolmente. Di piu avviene che in ambedue questi fattori il nostro orizzonte e sempre<br />
assai circoscritto, non potendo noi di lontano predire le nostre decisioni, ne ancor meno<br />
prevedere gli avvenimenti, ma solo di questi e di quelle conoscere veramente cio che e<br />
presente al momento. Ne segue che non possiamo, finche la meta e lontana, nemmeno una<br />
volta dirigere diritto su essa il nostro timone; ma solo in via approssimativa e dietro<br />
congetture volgere per quel verso la nostra direzione; spesso dunque ci conviene<br />
bordeggiare. Infatti tutto quello che ci e dato di poter fare si e di deciderci ogni volta<br />
secondo le circostanze presenti, nella speranza di coglier abbastanza giusto per raggiungere<br />
lo scopo principale. In questo senso gli avvenimenti e le nostre risoluzioni piu importanti<br />
sono ordinariamente da paragonare a due forze che agiscono in direzioni differenti e di cui<br />
la diagonale rappresenta il corso della vita nostra. Terenzio ha detto: áSuccede della vita<br />
degli uomini come di una partita di dadi: se non si ottiene il punto di cui si ha bisogno, e<br />
necessario saper tirar partito da quello che la sorte ha dato â; Terenzio in questo punto<br />
deve aver avuto in vista una specie di tric-trac. Piu brevemente possiamo dire: la sorte<br />
distribuisce le carte e noi giuochiamo. Ma l fesempio che segue e il piu adatto a spiegare la<br />
presente mia osservazione. Nella vita le cose passano come nel giuoco degli scacchi; noi ci
facciamo un piano: questo pero rimane subordinato a quanto piacera fare nella partita<br />
all favversario, e nella vita al destino. Le modificazioni che il nostro piano subisce sono,<br />
molto spesso, cosi grandi che nell fesecuzione esso e appena riconoscibile da qualche linea<br />
fondamentale.<br />
Del resto nel corso della nostra vita havvi qualche cosa ancora che sta sopra a tutto<br />
cio. E infatti una verita volgare e troppo sovente confermata che noi siamo spesso piu pazzi<br />
che non si creda; in cambio l fessere piu savi che non si supponga e tale scoperta che solo<br />
possono fare, e per di piu ben tardi, coloro che si sono trovati in questo caso. Qualche cosa<br />
c fe in noi di piu accorto della testa. Vale a dire che nei grandi momenti, nei passi piu<br />
importanti della nostra vita noi operiamo non tanto secondo la nozione chiara del giusto<br />
quanto in virtu di un impulso interno, impulso che potremmo chiamare istinto proveniente<br />
dalle profondita intime dell fesser nostro: dopo di che il nostro operare viene alterato da un<br />
concetto delle cose chiaro bensi, ma meschino, anzi accattato da regole generali, da esempi<br />
altrui, e cosi di seguito, senza che sia ponderato il detto: áquello che giova ad uno non<br />
giova a tutti â; in siffatta guisa diveniamo facilmente ingiusti verso noi medesimi. Alla fine<br />
99<br />
si conosce chi ha avuto ragione, e solo la vecchiaia raggiunta felicemente e soggettivamente<br />
ed oggettivamente in condizione di giudicare la quistione.<br />
Forse cotesto impulso interno e diretto, senza che noi ce ne avvediamo, da sogni<br />
profetici, dimenticati allo svegliarci, sogni che appunto cosi danno alla nostra vita<br />
quell fintonazione armonica e quell funita drammatica che non le potrebbe procurare la<br />
coscienza cerebrale cosi spesso vacillante e fallace, e cosi facilmente variabile; per cio forse<br />
avviene, per esempio, che l fuomo chiamato a produrre grandi opere in un ramo speciale, ne<br />
ha, fino dalla giovinezza, il sentimento intimo e secreto, e lavora in vista di tale risultato<br />
come l fape alla costruzione del suo alveare. Ma per ogni uomo, cio che lo spinge si e quella<br />
forza che Baldassare Graciano chiama ála grande sinderesi â, vale a dire la cura istintiva ed<br />
energica di se stesso, senza di cui l fessere va a rovina. Agire secondo principi astratti e<br />
cosa malagevole, e non riesce che dopo lunga pratica, e non sempre; spesso anche tali
principi sono insufficienti. All fincontro ognuno possede certi principi innati e concreti, che<br />
sono per lui sangue e vita, perche risultato di tutto il suo pensare, del suo sentire e del suo<br />
volere. Il piu delle volte non li conosce in abstracto; solamente portando lo sguardo sulla<br />
sua vita passata, scorge che ha sempre obbedito loro, e che fu da essi guidato come da un<br />
filo invisibile. Secondo le loro qualita, essi lo condurranno al bene suo, od al suo male.<br />
49. ‹ Bisognerebbe aver sempre davanti gli occhi l fazione del tempo e la mutabilita<br />
delle cose; per conseguenza in tutto quello che accade attualmente, poter immaginare<br />
l fopposto: rappresentare dunque a se con vivi colori nella sventura la felicita, nell famicizia<br />
la nimista, nel tempo sereno la cattiva stagione, nell famore l fodio, nella fiducia e<br />
nell fespansione il tradimento e il pentimento, e viceversa. Troveremmo cosi una fonte<br />
perenne di vera filosofia pratica su questa terra, perocche saremo sempre cautamente<br />
avveduti, ne cosi facilmente soggetti ad inganni. Del resto nei casi piu frequenti non<br />
avremo con cio che anticipato sull fazione del tempo. Ma forse per nessun faltra conoscenza<br />
umana e tanto necessaria l fesperienza quanto per il giusto apprezzamento dell finstabilita e<br />
del mutare delle cose. Siccome ogni situazione, nel tempo della sua durata, esiste<br />
necessariamente e quindi di pieno diritto, sembra che ogni anno, ogni mese ed ogni giornata<br />
varranno finalmente a conservarci un tale diritto per l feternita. Ma nessuna cosa dura, la<br />
mutabilita sola e veramente esistente e positiva. Saggio e colui che non e ingannato<br />
dall fapparente stabilita delle cose, e che inoltre sa prevedere il nuovo indirizzo che sara<br />
preso nel prossimo cambiamento46. Che gli uomini in via ordinaria tengano come<br />
permanente lo stato momentaneo delle cose o la direzione del loro corso, deriva da cio, che<br />
essi pure avendo sotto gli occhi l feffetto non ne comprendono le cause; eppure sono queste<br />
che racchiudono in se il germe dei mutamenti futuri, mentre gli effetti, che soli esistono per<br />
costoro, non contengono nulla di simile. Si tengono al risultato nella presupposizione che le<br />
cause ignote che ebbero il potere di produrlo, saranno pure in condizione di mantenerlo.<br />
Hanno in questo il vantaggio, quando sbagliano, di sbagliare all funisono; ne segue dunque<br />
che la sventura, da cui sono colpiti in conseguenza dell ferrore, e sempre generale, mentre il<br />
pensatore, quando s finganna, si trova per di piu isolato. Incidentalmente diro come si abbia
in questo una conferma della mia massima che l ferrore procede sempre da una conclusione<br />
di effetto a causa. (Si veda Il mondo come volonta e come rappresentazione, v. I, p. 90).<br />
Tuttavia solo in via teoretica, e prevedendo la sua azione, dobbiamo anticipare sul<br />
tempo: non in via pratica; ciocche vuol dire che non si deve commettere usurpazioni<br />
sull favvenire domandando prima del tempo quello che solamente col tempo ci puo esser<br />
46 Il caso ha in ogni cosa umana un campo d fazione cosi vasto che se noi cerchiamo subito di prevenire<br />
per<br />
mezzo di sacrifici un pericolo che ci minaccia di lontano, spesso questo pericolo per un nuovo indirizzo<br />
impreveduto degli avvenimenti scompare, ed ecco che non solo vanno perduti i sacrifici fatti, ma ancora i<br />
cambiamenti che da questi risultarono, riescono, per la mutata condizione delle cose, a dirittura di<br />
pregiudizio.<br />
Non dobbiamo quindi, prendendo le nostre misure, andar troppo avanti nell fabbracciare l favvenire,<br />
bensi<br />
calcolare anche sul caso ed audacemente affrontare qualche pericolo, sperando che esso, come tante nere<br />
nuvole di temporale, passi oltre. (Nota di Schopenhauer).<br />
100<br />
dato. Chiunque agisce cosi, esperimentera presto che non v fha davvero peggior usuraio, ne<br />
piu irremissibile del tempo; e che esso, se costretto ad imprestiti, esige interessi piu gravi<br />
che forse non farebbe un ebreo. Si puo, ad esempio, con calce viva e calore spingere la<br />
vegetazione d fun albero per modo che nel termine di pochi giorni metta foglie, fiori e<br />
frutta; ma poi esso muore. Se il giovinetto vuole esercitare, anche solo per pochi giorni, la<br />
potenza virile dell fuomo, e fare a dicianov fanni cio che gli sarebbe facile a trenta, il tempo<br />
gliene concedera bene il prestito, ma una parte della forza degli anni avvenire, forse una<br />
parte della sua stessa vita, servira d finteresse. Vi sono malattie dalle quali radicalmente non<br />
si guarisce se non lasciando ad esse il loro corso naturale; dopo di che spariscono da se<br />
medesime senza lasciar traccia. Ma se si esige pronta guarigione, proprio sul momento<br />
preciso, anche in questo caso il tempo dovra dare a prestito; la malattia sara vinta, ma il<br />
frutto da pagare sara costituito da debolezza e da mali cronici per tutta la vita. Allorche in<br />
tempo di guerra o di agitazioni popolari, si vuole valersi di danaro, e subito, proprio nel
momento stesso, si e costretti a vendere per il terzo del loro valore, e forse per meno<br />
ancora, i beni immobili o le carte dello Stato, di cui si avrebbe l fintero prezzo se si lasciasse<br />
tempo al tempo, ossia se si volesse aspettare qualche anno; ma invece si costringe il tempo<br />
ad un imprestito. Ovvero si abbisogna di una somma per un viaggio lontano: in capo ad uno<br />
o due anni si potrebbe avere il danaro necessario risparmiando sulle proprie rendite. Ma non<br />
si vuole aspettare: si cerchera dunque quanto occorre a credenza, o lo si togliera dal<br />
capitale; in altre parole ecco il tempo costretto ad un nuovo prestito. Qui l finteresse sara un<br />
disordine di cassa sempre maggiore, un deficit permanente e crescente da cui non ci<br />
libereremo mai. Tale l fusura del tempo; tutti coloro che non sanno aspettare saranno sue<br />
vittime. Non havvi impresa piu arrischiata del voler affrettare il corso misurato del tempo.<br />
Guardiamoci dunque dall fessergli debitori d finteressi.<br />
50. ‹ Tra i cervelli ordinari ed i sensati havvi una differenza caratteristica che si<br />
produce assai spesso nella vita privata, ed e che i primi quando riflettono sopra un pericolo<br />
possibile di cui vogliono apprezzare la grandezza, non cercano e non considerano se non<br />
cio che puo gia esser avvenuto di simile; mentre gli altri pensano da se stessi cio che puo<br />
accadere, ricordandosi del proverbio spagnuolo che dice: áQuello che non succede nel<br />
termine di un anno, succede in capo a pochi momenti â. Del resto la differenza di cui parlo e<br />
affatto naturale, perocche per abbracciare collo sguardo quanto puo accadere, si richiede<br />
l fintelletto, e per vedere quello che e successo bastano i sensi.<br />
Sia nostra massima: Sacrifichiamo agli spiriti maligni! Il che significa che non<br />
dobbiamo indietreggiare di fronte ad un certo consumo di cure, di tempo, d fincomodi, di<br />
difficolta, di danaro o di privazioni, quando si puo cosi chiudere l faccesso alla eventualita<br />
d funa disgrazia e fare che quanto piu il pericolo e grave tanto piu la possibilita ne divenga<br />
piccola, lontana ed inverosimile. La dimostrazione piu evidente di questa regola e il premio<br />
d fassicurazione. Esso e un sacrifizio pubblico e generale sull faltare degli spiriti cattivi.<br />
51. ‹ Nessun avvenimento deve farci prorompere in grida esagerate d fallegrezza o di<br />
lamento, in parte a cagione della mutabilita delle cose che puo ad ogni momento cangiarne<br />
l faspetto, e in parte a cagione della fallacia dei nostri giudizi su cio che per noi puo riescire
di vantaggio o di pregiudizio; cosi succede a tutti, almeno una volta in vita, di gemere per<br />
cio che piu tardi fu provato essere loro vero e maggior bene, ovvero di rallegrarsi di cio che<br />
divenne poi per essi fonte di immensi guai. Il sentimento raccomandato or ora o presentato<br />
da Shakespeare nella bella espressione: áHo provato tante scosse di gioja e di dolore che<br />
mai, al primo aspetto di essi, mi lascio trasportare qual femminuccia verso l funo o l faltro â<br />
(Tutto e bene.... atto 3 ‹, scena 2a).<br />
In generale colui che rimane serenamente tranquillo dinanzi ad ogni sventura, mostra<br />
di conoscere quanto colossali e moltiformi sieno i mali possibili della vita, per cui<br />
considera la disgrazia sopraggiuntagli come una piccolissima parte di cio che potrebbe<br />
accadergli: e questo il sentimento stoico conformemente al quale l fuomo non deve esser<br />
101<br />
mai conditionis humanae oblitus (dimentico della condizione umana), ma invece aver<br />
sempre in mente quanto sia triste e deplorevole il destino dell fumana vita, quanto<br />
innumerevoli i guai a cui e esposta. A tener vivo tale sentimento basta gettare dovunque<br />
uno sguardo solo intorno a se; e da per tutto si avra tosto sotto gli occhi lotte, angoscie,<br />
crucci per un fesistenza misera, nuda, insignificante. Allora s fimparera a moderare le<br />
proprie esigenze, allora si sapra adattarsi all fimperfezione di tutte le cose e di ogni stato, ed<br />
aspettare le disgrazie per poterle scansare o sopportarne il peso. Perocche le sventure,<br />
grandi e piccole, sono l felemento della nostra vita. Ecco cio che dovremmo sempre aver<br />
presente allo spirito senza per questo, da veri ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÍ. (uomini difficili), lamentarsi e<br />
andar in convulsioni con Beresford in causa delle miseries of human life, e meno ancora in<br />
pulicis morsu Deum invocare (invocar Dio per la puntura d funa pulce); bensi, da ƒÃƒÒƒÉƒ¿ƒÀƒÅ.,<br />
(uomini circospetti) spingere tanto oltre la prudenza nel prevenire o nel metter argine alle<br />
sventure, sia che vengano dalle persone sia dalle cose, e perfezionarsi siffattamente in<br />
quest farte, che si possa, quali volpi astute, scansare gentilmente qualunque piccolo o grande<br />
accidente (che ordinariamente non e che un finettitudine mascherata).<br />
La ragione principale per cui un avvenimento doloroso ci riesce meno grave a<br />
sopportare quando lo abbiamo gia considerato come possibile, e che, come si dice, vi ci
siamo preparati, deve esser la seguente: quando pensiamo con calma ad una disgrazia prima<br />
che ci colga, come ad una semplice possibilita, ne abbracciamo l festensione chiaramente e<br />
da ogni lato, e cosi la riconosciamo circoscritta e definibile; di maniera che, quando essa<br />
succede, non potra esercitare i suoi effetti oltre la sua vera ed intrinseca gravita. Se<br />
all fincontro non abbiamo preso queste precauzioni, se saremo colti all fimpensata, allora lo<br />
spirito turbato non puo, al primo momento, misurare esattamente la grandezza della<br />
disgrazia, e siccome non la vede a colpo d focchio, se la rappresenta immensurabile, od<br />
almeno molto maggiore che in fatto non sia. Nella stessa guisa l foscurita e l fincertezza<br />
ingrandiscono ogni pericolo. Naturalmente a cio si aggiunge che noi, prevedendo come<br />
possibile una sventura, abbiamo nel tempo stesso considerato i motivi di conforto ed i<br />
rimedi, o per lo meno ci siamo abituati all fimmagine di essa.<br />
Ma nulla vale a renderci meglio atti a sopportare tranquilli e dignitosi i casi tristi che<br />
ci colgono, quanto il convincimento di quella verita che ho fermamente stabilito, e svolta<br />
fino ne f suoi primi principi, nella mia opera premiata sopra Il libero arbitrio, dove dissi a<br />
pag. 62 (60 della 2a ed.): áTutto quello che accade, dalle piu grandi alle piu piccole cose,<br />
accade necessariamente â. Perocche nell finevitabile necessita l fuomo sa raccapezzarsi<br />
presto, e la conoscenza della nozione or ora esposta fa si che egli consideri tutti gli<br />
avvenimenti, anche quelli prodotti dai casi piu strani, come altrettanto necessari quanto<br />
quelli che derivano da leggi notissime e che si conformano alle piu esatte previsioni.<br />
Rimando dunque il lettore a cio che ho detto (si veda Il mondo come volonta e come<br />
rappresentazione. V. I, pag. 345 e 346 [361 della 3a ed.]) sull finfluenza calmante che<br />
esercita la nozione dell finevitabile e del necessario. Chiunque se ne sara ben penetrato fara<br />
da prima tutto cio che puo fare, soffrira poi coraggiosamente cio che deve soffrire.<br />
Le piccole traversie che ad ogni ora ci molestano, si possono considerare come<br />
destinate a tenerci in esercizio perche la forza necessaria a sopportare le grandi sventure<br />
non abbia da infiacchirsi nei giorni felici. Contro gl fimpicci quotidiani, i disgusti leggeri<br />
del commercio cogli uomini, le difficolta insignificanti, le sconvenienze sgarbate, le<br />
chiacchere e simili cose ancora, si deve essere invulnerabili, vale a dire non solamente non
curarsene e non macchinarci sopra, ma nemmeno avvertirli; non lasciamoci toccare da essi,<br />
cacciamoli col piede come i sassi della strada, e non ammettiamoli in nessun modo<br />
nell fintimo secreto delle nostre riflessioni e deliberazioni.<br />
52. ‹ D fordinario sono semplicemente le loro stesse stupidaggini che la gente chiama<br />
destino. Dunque non si potra mai prendere abbastanza in seria considerazione il bel passo di<br />
Omero (Iliade, XXIII, v. 313 e seg.), la dove ei raccomanda la ƒÊƒÅƒÑƒÇ., cioe la circospezione.<br />
102<br />
Perocche se anche le malvagita nostre venissero espiate soltanto nell faltro mondo, si e<br />
proprio in questo che si paga il fio delle balordaggini, benche di tempo in tempo possa<br />
accadere che ci venga fatta grazia in luogo di giustizia.<br />
Non e il carattere violento, ma la prudenza che fa apparire terribili e minacciosi; tanto<br />
il cervello dell fuomo e arma piu formidabile dell fartiglio del leone.<br />
L fuomo di mondo piu perfetto sarebbe colui che non rimanesse mai paralizzato<br />
nell findecisione, ne mai si lasciasse vincere dalla precipitazione.<br />
53. ‹ Il coraggio e, dopo la prudenza, una condizione essenziale per la felicita nostra.<br />
Certamente non si puo dare a se medesimi ne l funa ne l faltra di queste qualita, che si eredita<br />
la prima dal padre, e la seconda dalla madre; tuttavia con proponimenti fermamente presi e<br />
coll fesercizio si arriva ad aumentare quella parte che gia si possede. In questo mondo in cui<br />
Cadon qual ferro della sorte i dadi,<br />
e necessario un carattere di ferro, corazzato contro il destino ed armato contro gli uomini.<br />
Perche tutta la vita e lotta, ogni passo ci viene disputato, e Voltaire dice con ragione: áA<br />
questo mondo non si va avanti che colla punta della spada, e si muore coll farma in mano â.<br />
E quindi anima codarda quella che al primo accavallarsi di nuvole, od anche solo al loro<br />
presentarsi sull forizzonte, si ripiega sopra di se, sbigottisce, e si querela. Sia piuttosto<br />
nostra impresa:<br />
Tu ne cede malis, sed contra audentior ito.<br />
(Non ceder all favversita, ma va arditamente contro di essa).<br />
Finche l fesito di una cosa pericolosa e ancora dubbio, finche rimane la possibilita
d fun risultato favorevole, non vi disanimate, ma pensate alla resistenza, nello stesso modo<br />
che non si deve disperare del bel tempo fino a che resta ancora un lembo azzurro nel cielo.<br />
Occorre saper dire:<br />
Si fractus illabatur orbis,<br />
Impavidum ferient ruinae.<br />
(Se il mondo crollasse infranto, le sue ruine (mi) colpirebbero impavido).<br />
Ne l fintera vita istessa, ne con piu ragione, i suoi beni, meritano alla fin fine tanto<br />
codardo timore e tante angoscie:<br />
Quocirca vivite fortes,<br />
Fortiaque adversis opponite pectora rebus,<br />
(Per la qual cosa vivete da forti, ed opponete gagliardo il petto all favversita).<br />
Eppure anche qui l feccedere e possibile: il coraggio puo degenerare in temerita. Pero<br />
il timore, in una certa misura, e necessario alla conservazione della nostra esistenza sulla<br />
terra; la codardia non e che l fesagerazione di esso. Cio ha espresso acutamente Bacone da<br />
Verulamio nella sua spiegazione etimologica del terror panicus, spiegazione che si lascia<br />
molto addietro l faltra piu antica dovuta a Plutarco (De Iside et Osir., c. 14). Bacone fa<br />
derivare il terror panicus da Pane, come dalla natura personificata, ed aggiunge: áLa<br />
103<br />
natura ha messo il sentimento della paura e del terrore in tutto cio che e vivo per<br />
conservare la vita e la sua essenza, e per evitare ed allontanare i pericoli. Pero questa<br />
stessa natura non sa conservare la misura: ma confonde sempre le paure salutari colle<br />
vane ed inutili, talmente che troveremmo (se ci fosse dato di vederne l finterno) tutti gli<br />
esseri, e specialmente le creature umane, invasi sempre da timori panici â (De sapientia<br />
veterum, VI). Del resto cio che caratterizza il timor panico si e che esso non e chiaramente<br />
consapevole della sua causa; la presuppone piu che non la conosca, e, occorrendo, fa valere<br />
la paura stessa come fondamento alla paura.<br />
_________<br />
104
=============================================================<br />
CAPITOLO VI.<br />
___<br />
Sulla differenza delle eta della vita.<br />
Voltaire ha detto mirabilmente bene:<br />
Qui n fa pas l fesprit de son age<br />
De son age a tout le malheur.<br />
Converra dunque che, per chiudere queste considerazioni eudemonologiche, gettiamo<br />
uno sguardo sulle modificazioni che l feta porta in noi.<br />
In tutto il corso della nostra vita, possediamo soltanto il presente, e niente di piu, colla<br />
sola differenza che, in primo luogo, da principio vediamo un lungo avvenire dinanzi a noi e<br />
verso la fine un lungo passato dietro di noi; e che, in secondo luogo, il nostro<br />
temperamento, mai il carattere, percorre una serie di modificazioni conosciute, ciascuna<br />
delle quali da al presente una tinta differente.<br />
Ho esposto nella mia opera principale (V. II, C. 31, p. 394 [451 della 3a ediz.]) come<br />
e perche nell finfanzia siamo assai piu portati verso la conoscenza che non verso la volonta.<br />
Precisamente su cio e stabilita quella felicita del primo quarto della vita la quale lo fa<br />
apparire piu tardi dietro di noi come un paradiso perduto. Noi non abbiamo, durante<br />
l finfanzia, che relazioni poco numerose e bisogni limitati, quindi scarsa eccitazione della<br />
volonta: la parte maggiore del nostro essere e impiegata a conoscere. L fintelletto, come il<br />
cervello, che a sette anni raggiunge tutta la sua grandezza, si sviluppa di buon fora, benche<br />
non diventi maturo che piu tardi, e studia questa esistenza ancora nuova in cui tutto,<br />
assolutamente tutto, e rivestito della brillante vernice che gli e data dall fincanto della<br />
novita. Per questo i nostri anni d finfanzia sono poesia non interrotta. Perocche l fessenza<br />
della poesia, e cosi di tutte le arti, consiste nello scorgere in ogni cosa isolata l fidea<br />
platonica, vale a dire l fessenziale, cio che e comune a tutta la specie; ciascun oggetto ci<br />
appare cosi come il rappresentante di tutto il suo genere, e un caso ne vale mille.<br />
Quantunque sembri che nelle scene della nostra giovane eta noi non siamo occupati se non
dell foggetto o dell favvenimento attuale, e cio anche solamente perche la nostra volonta del<br />
momento vi si e interessata, in sostanza non e cosi. Infatti la vita, con tutta la sua<br />
importanza, si offre a noi ancora cosi nuova, cosi fresca, con impressioni cosi poco<br />
affievolite da un frequente rinnovarsi, che, con tutto il nostro fare infantile, ci occupiamo,<br />
in silenzio e senza marcata intenzione, a scoprire nelle scene e negli avvenimenti isolati,<br />
l fessenza stessa della vita, i tipi fondamentali delle sue forme e delle sue immagini. Noi<br />
vediamo, come lo esprime Spinoza, gli oggetti e le persone sub specie aternitatis. Quanto<br />
piu siamo giovani, tanto piu ogni cosa isolata rappresenta per noi il suo genere tutto intero.<br />
Tale effetto va diminuendo gradatamente di anno in anno; ed e per questo che si determina<br />
quella differenza cosi considerevole fra l fimpressione che e prodotta su noi dagli oggetti<br />
nell finfanzia e quella che ne riceviamo nell feta avanzata. Le esperienze e le cognizioni<br />
105<br />
acquistate durante l finfanzia e la prima gioventu divengono poi i tipi costanti e le rubriche<br />
di tutte le esperienze e cognizioni ulteriori, le categorie, per cosi dire, alle quali<br />
aggiungiamo, senza averne sempre coscienza precisa, tutto cio che incontriamo piu tardi.<br />
Cosi si forma, fino dai primi anni di vita la base solida del nostro modo, superficiale o<br />
profondo, di concepire il mondo; in seguito si sviluppa e si completa, ma non cangia piu ne f<br />
suoi punti principali. In virtu dunque di questa maniera di veder le cose, puramente<br />
oggettiva, per conseguenza poetica, essenziale all finfanzia, in cui e mantenuta dal fatto che<br />
la volonta e ancora ben lontana dal manifestarsi con tutta la sua energia, il fanciullo si<br />
occupa molto piu a conoscere che a volere. Da cio quello sguardo serio, contemplativo, di<br />
certi ragazzi, dal quale Raffaello ha tratto partito cosi felicemente per i suoi angeli, sopra<br />
tutto nella Madonna della Cappella Sistina. Per cio egualmente gli anni d finfanzia sono<br />
tanto felici che il loro ricordo va sempre unito ad un doloroso rimpianto. Mentre da una<br />
parte noi ci consacriamo cosi, con tutta serieta, alla conoscenza intuitiva delle cose,<br />
dall faltra parte l feducazione si occupa a procurarci nozioni. Ma le nozioni non ci danno<br />
l fessenza stessa delle cose; questa, che costituisce il fondo e il vero contenuto di tutte le<br />
nostre cognizioni, e stabilita sulla comprensione intuitiva del mondo. La quale pero puo
essere acquistata soltanto da noi stessi, e non potrebbe in alcuna guisa esserci insegnata. Ne<br />
deriva che il nostro valore intellettuale, proprio come il morale, non entra in noi dal di fuori,<br />
ma sorte dal nostro proprio essere, e che tutta la scienza pedagogica d fun Pestalozzi non<br />
arrivera mai a fare un pensatore di un uomo nato imbecille: no! mille volte no! chi e nato<br />
imbecille, imbecille deve morire. Tale comprensione contemplativa del mondo esterno<br />
esposto di recente alla nostra vista, spiega anche perche tutto quello che si e veduto ed<br />
appreso in giovinezza s fimprima cosi fortemente nella memoria. In fatti vi ci siamo<br />
occupati esclusivamente, niente ci ha distratti, ed abbiamo considerate le cose che<br />
vedevamo come uniche della loro specie, anzi come le sole esistenti. Piu tardi il numero<br />
considerevole di cose conosciute ci toglie il coraggio e la pazienza. Se si vorra ricordar cio<br />
che ho esposto nel secondo volume della mia opera principale (p. 372 [423 della 3a ediz.]),<br />
cioe che l fesistenza oggettiva di tutte le cose, vale a dire nella rappresentazione pura, e<br />
sempre gradevole, mentre la loro esistenza soggettiva, che sta nel volere, e unita in buona<br />
dose a dispiaceri e dolori, allora si ammettera facilmente, come espressione riassuntiva del<br />
fatto, la proposizione seguente: Tutte le cose sono belle a vedersi e orribili nel loro essere<br />
(alle Dinge sind herrlich zu sehn, also schrecklich zu seyn). Da quanto precede risulta che,<br />
durante l finfanzia, gli oggetti ci sono ben piu noti dal lato della vista, della rappresentazione<br />
cioe, dell foggettivita, che non dal lato dell fessere, che e nello stesso tempo quello della<br />
volonta. Siccome il primo e il lato gradevole, e che il soggettivo ed orribile ci resta ancora<br />
ignoto, il giovane intelletto prende tutte le immagini che la realta e l farte gli presentano per<br />
altrettante cose eccellenti: egli s fimmagina che come sono belle a vedersi, cosi ed anche di<br />
piu, lo sieno nel loro essere. Percio la vita gli appare come un eden: e questa quell farcadia<br />
in cui noi tutti siamo nati. Ne deriva un po f piu tardi la sete della vita reale, il bisogno<br />
urgente di agire e di soffrire che ci caccia irresistibilmente nel tumulto del mondo. Quivi<br />
impariamo a conoscere l faltra faccia delle cose, quella dell fessere, vale a dire della volonta,<br />
che tutto viene ad attraversare ad ogni passo. Allora a poco a poco s favvicina il grande<br />
disinganno; quando e giunto si dice: áL feta delle illusioni e passata â, e pure il disinganno si<br />
fa sempre piu grande e diventa sempre piu completo. Sicche possiamo dire che
nell finfanzia la vita si presenta come una decorazione da teatro veduta da lontano, nella<br />
vecchiaia come la stessa decorazione veduta da vicino.<br />
Ecco pure un sentimento che contribuisce alla felicita dell finfanzia: come nei primi<br />
giorni di primavera qualunque fogliame ha lo stesso colore e quasi la stessa forma, cosi<br />
nella prima giovinezza ci rassomigliamo tutti, e andiamo d faccordo perfettamente. Non e<br />
che colla puberta che comincia la divergenza, la quale va sempre aumentando, pari a quella<br />
dei raggi d fun cerchio.<br />
106<br />
Cio che turba, cio che rende infelici gli anni di giovinezza, il rimanente di questa<br />
prima meta della vita tanto preferibile alla seconda, si e la caccia alla felicita intrapresa nel<br />
fermo convincimento che la si possa trovare nell fesistenza. Ecco la fonte della speranza<br />
sempre delusa, che genera a sua volta lo scontento. Le immagini ingannatrici d fun vago<br />
sogno di felicita volano davanti gli occhi nostri sotto forme capricciosamente scelte, e noi<br />
cerchiamo invano il loro tipo originale. Percio siamo durante la giovinezza quasi sempre<br />
mal soddisfatti del nostro stato e del nostro ambiente qualunque si siano, perocche ad essi<br />
attribuiamo cio che dovremmo sempre riferire alla inanita od alla miseria della vita umana,<br />
colle quali allora facciamo conoscenza per la prima volta, dopo esserci aspettati ben altra<br />
cosa. Si guadagnerebbe molto nel toglier di buon fora, con adatti insegnamenti, questa<br />
illusione, propria alla gioventu, che vi siano grandi cose da trovare nel mondo. Ma succede<br />
invece che la vita si fa conoscere a noi per mezzo della poesia prima di rivelarsi colla realta.<br />
All faurora della nostra giovinezza le scene che l farte ci dipinge si spiegano brillanti sotto i<br />
nostri occhi, ed eccoci tormentati dal desiderio di vederle realizzate, di afferrare l farco<br />
baleno. Il giovane si aspetta la vita sotto la forma d fun romanzo interessante. Cosi nasce<br />
quell fillusione che ho descritta nel secondo volume della mia opera gia citata (p. 374 [428<br />
della 3a ediz.]). Perocche cio che presta il loro incanto a tutte queste immagini si e il fatto<br />
che esse sono precisamente immagini e non realta, e che contemplandole noi ci troviamo<br />
nello stato di calma e di soddisfazione perfetta della conoscenza pura. Realizzarle vuol dire<br />
essere occupato dalla volonta, e questa porta con se infallibilmente il dolore. Qui pure devo
imandar il lettore, cui l fargomento interessa, al secondo volume del mio libro (p. 427 [488<br />
della 3a ediz.]).<br />
Se dunque carattere della prima meta della vita e un faspirazione insaziata alla felicita,<br />
carattere dell faltra meta e il timore della sventura. Perocche a quell fora si ha conosciuto piu<br />
o meno nettamente che ogni bene e chimerico, ogni dolore, invece, reale. Allora gli uomini,<br />
quelli almeno il cui giudizio e sensato, in luogo d faspirare al piacere non cercano piu che<br />
uno stato franco da dolori e da inquietudini47. Quando nei miei anni di gioventu sentiva<br />
battere alla mia porta, io era tutto allegro perche mi dicevo: áAh! finalmente! â Piu tardi,<br />
nella medesima situazione, ne ricevevo un fimpressione piuttosto vicina al terrore, e<br />
pensavo: áAhime ! di gia! â Gli esseri eminenti e largamente dotati, coloro che, per cio<br />
stesso, non appartengono del tutto al resto degli uomini e si trovano piu o meno isolati in<br />
proporzione dei loro meriti, provano pure riguardo la societa umana questi due sentimenti<br />
opposti: in giovinezza spesso quello di esserne abbandonati, nell feta matura quello<br />
d fesserne liberati. Il primo, che e penoso, deriva dalla loro ignoranza: il secondo,<br />
gradevole, dalla conoscenza del mondo. Ne segue che la seconda meta della vita, come la<br />
seconda parte d fun periodo musicale, ha meno foga e piu quiete della prima: e succede cosi<br />
perche la gioventu s fimmagina meraviglie immense circa la felicita ed i piaceri che si<br />
possono incontrare sulla terra e crede che la difficolta stia solo nel raggiungerli, mentre la<br />
vecchiezza sa che non v fha cosa alcuna da cercare; tranquilla su tale proposito, essa gusta<br />
qualunque attualita sopportabile, e prende piacere perfino alle cose piu piccole.<br />
L fuomo maturo coll fesperienza della vita ha guadagnato anzitutto l fassenza di<br />
prevenzioni, per cui vede il mondo in una maniera diversa dall fadolescente e dal giovane.<br />
Egli, per la prima volta, comincia a veder le cose semplicemente ed a prenderle per quello<br />
che sono, mentre agli occhi di lui giovane e fanciullo un fillusione formata da<br />
vaneggiamenti creati da se stessi, da pregiudizi ereditati, e da strane fantasticherie, velava o<br />
deformava il mondo reale. Primo lavoro che l fesperienza trova da compiere si e quello di<br />
liberarci dalle chimere e dalle false nozioni accumulate durante la giovinezza. Garantirne i<br />
giovani sarebbe certamente la migliore educazione che si potesse dar loro, benche essa sia
semplicemente negativa; ma e questo un affare assai difficile. Occorrerebbe a questo scopo<br />
cominciare col mantener l forizzonte del fanciullo ristretto quanto piu e possibile, non<br />
47 Nell feta matura si sa meglio guardarsi dall finfelicita, in giovinezza a sopportarla. (Nota dell fAutore).<br />
107<br />
procurargli in questo limite che nozioni chiare e giuste, e non allargarglielo che<br />
gradatamente quando egli avesse la conoscenza esattissima di tutto quello che vi e<br />
compreso, avendo cura che non vi resti all foscuro, o che non sia intesa incompletamente o<br />
falsamente cosa alcuna. Ne risulterebbe che le sue nozioni sulle faccende e sulle relazioni<br />
umane, benche ancora ristrette e semplicissime, sarebbero tuttavia distinte e vere in modo<br />
da richiedere ormai solamente estensione e non indirizzo; si continuerebbe cosi fino a che il<br />
fanciullo non si fosse fatto uomo. Questo metodo esige sopra tutto che non si permetta la<br />
lettura di romanzi; vi saranno sostituite biografie scelte con giusti criteri, come per esempio<br />
la vita di Franklin, o la storia di Antonio Reiser di Moritz, ed altri simili libri.<br />
Finche siamo giovani c fimmaginiamo che avvenimenti e personaggi importanti<br />
appariranno nella nostra esistenza coi tamburi e colle trombe; nell feta matura uno sguardo<br />
al passato ci fa scorgere che essi vi sono entrati senza strepito, per la porta secreta, e quasi<br />
inavvertiti.<br />
Si puo anche, sotto il punto di vista che ci occupa, paragonare l fesistenza ad un<br />
drappo ricamato di cui ciascuno vedrebbe, nella prima meta della vita, il solo diritto, e,<br />
nella seconda, il solo rovescio; questo lato e meno bello, ma piu istruttivo perche permette<br />
di conoscere l fintreccio dei fili.<br />
La superiorita intellettuale, anche la piu grande, non fara valere pienamente la sua<br />
autorita nel conversare che dopo il quarantesimo anno. Perocche la maturita propria dell feta<br />
ed i frutti dell fesperienza possono essere benissimo sorpassati di molto, ma giammai<br />
surrogati dall fintelligenza; queste condizioni forniscono, anco all fuomo piu volgare, un<br />
contrappeso da opporre alla forza della mente piu grande, fino a che questa e giovane. Parlo<br />
qui solamente della personalita, non delle opere.<br />
Nessun uomo un po f superiore, nessuno di coloro che non appartengono alla
maggioranza dei 5/6 degli umani cosi scarsamente dotati dalla natura, potra andar franco da<br />
una certa tinta di melanconia quando avra passato la quarantina. Perocche, come era<br />
naturale, egli aveva giudicato gli altri secondo se stesso, ed e ora uscito d finganno; ha<br />
compreso che essi sono ben indietro rapporto a lui sia per il cervello, sia per il cuore, molto<br />
spesso anzi per l funo e l faltro, e che non potranno mai equilibrare il conto; evitera quindi<br />
ogni commercio con essi, come del resto qualunque uomo amera oppure odiera la<br />
solitudine, vale a dire la societa, in proporzione del suo valore intellettuale. Kant tratta pure<br />
di questo genere di misantropia nella sua Critica della ragione verso la fine della nota<br />
generale al ˜ 29 della prima parte.<br />
E un brutto sintomo, cosi dal lato morale come dall fintellettuale, per un giovane il<br />
raccapezzarsi facilmente in mezzo alla confusione delle vicende umane, il trovarvisi bene, e<br />
il mettervisi dentro quasi vi fosse stato preparato anticipatamente; cio indica volgarita.<br />
Invece un fattitudine confusa, esitante, imbarazzata e a controsenso e in tale circostanza<br />
indizio di nobile specie.<br />
La serenita e il coraggio in cui si rimane vivendo durante la gioventu dipendono<br />
anche in parte dal fatto che salendo il monte non possiamo scorgere la morte, la quale sta ai<br />
piedi dell faltro versante. Una volta passata la cima, la vediamo coi nostri occhi, mentre fino<br />
allora non la conoscevamo che per bocca altrui, e, siccome in quel momento le forze vitali<br />
cominciano a declinare, il nostro coraggio s finfiacchisce nel tempo stesso; una serieta<br />
pensosa scaccia allora la petulanza giovanile, e s fimprime sulle nostre sembianze. Finche<br />
siamo giovani crediamo senza fine la vita, checche ce ne venga detto, ed usiamo del tempo<br />
in conseguenza. Quanto piu invecchiamo, tanto piu facciamo economia di esso. Perocche,<br />
in eta avanzata ogni giorno che vola via, produce in noi quel sentimento che prova un<br />
condannato ad ogni passo che lo avvicina al patibolo.<br />
Considerata dal punto di vista della gioventu l fesistenza e un avvenire infinitamente<br />
lungo: da quello della vecchiezza un passato assai corto, cosicche essa si offre ai nostri<br />
sguardi, sul principio come le cose guardate dalla parte dell fobbiettivo d fun cannocchiale<br />
108
da teatro, e sul finire come quando sono viste dall foculare. Occorre esser vecchi, vale a dire<br />
aver vissuto lungamente, per conoscere come la vita sia corta. Quanto piu si va avanti<br />
coll feta, tanto piu le cose umane, qualunque si siano, ci appariscono piccole; la vita, che<br />
durante la gioventu era la, davanti a noi, ferma e quasi immobile, ci sembra ora una rapida<br />
fuga d fapparizioni effimere, e ci diventa manifesta la nullita d fogni cosa su questa terra. Il<br />
tempo stesso, nella giovinezza, cammina d fun passo piu lento; sicche il primo quarto della<br />
vita e non solamente il piu felice, ma anche il piu lungo; esso lascia dunque molti piu<br />
ricordi, e ciascuno potrebbe all foccasione raccontare di questo primo quarto maggiori<br />
avvenimenti che non degli altri due. Nella primavera della vita come nella primavera<br />
dell fannata i giorni finiscono talvolta col divenire d funa lunghezza molesta. Nell fautunno<br />
della vita, come nell fautunno dell fannata, i giorni sono corti, ma sereni e piu costanti.<br />
Perche mai in vecchiaja la vita che si ha dietro di se, pare cosi breve? Si e perche noi<br />
la stimiamo cosi corta come il ricordo che ne conserviamo. Infatti tutto cio che in essa vi fu<br />
d finsignificante ed una gran parte di cio che vi fu di penoso, sfuggirono dalla nostra<br />
memoria; vi e dunque rimasto ben poca cosa. Perocche nella stessa guisa che la nostra<br />
mente e in generale molto imperfetta, cosi succede pure della nostra memoria: bisogna che<br />
teniamo in esercizio le nostre cognizioni e che rinvanghiamo il nostro passato, senza di che<br />
tutto cio sparira nell fabisso dell foblio. Ma noi non ritorniamo volentieri col pensiero sulle<br />
cose insignificanti, ne, ordinariamente, sulle sgradevoli, cio che tuttavia sarebbe<br />
indispensabile per conservarle nella memoria. Ora le cose insignificanti divengono sempre<br />
piu numerose, perche molti fatti che a prima vista ci sembrano importanti perdono<br />
qualunque interesse ripetendosi; il ripetersi, da principio, non e frequente, ma in seguito<br />
succede spessissimo. Per questo ricordiamo i nostri giovani anni meglio di quelli che<br />
vennero poi. Quanto piu lungamente viviamo, tanto meno si danno avvenimenti che ci<br />
sembrino abbastanza gravi od abbastanza significanti per meritare d fessere ripassati col<br />
pensiero, ciocche e l funico mezzo per conservarne il ricordo; appena trascorsi, li<br />
dimentichiamo. Ed ecco perche il tempo fugge lasciando di meno in meno traccia dietro di<br />
se.
Ma neppure ritorniamo volentieri sulle cose sgradite, sopra tutto quando esse<br />
feriscono la nostra vanita; ed e questo il caso piu frequente, perocche pochi disgusti ci<br />
toccano senza nostra colpa. Noi dimentichiamo dunque egualmente molte cose penose. Si e<br />
coll feliminazione di queste due categorie d favvenimenti che la nostra memoria diviene cosi<br />
corta, e lo diviene, in proporzione, quanto piu la stoffa e lunga. Come gli oggetti situati<br />
sulla riva si fanno sempre piu piccoli, indeterminati e indistinti a misura che la nostra barca<br />
se ne allontana, cosi svaniscono gli anni passati, colle nostre avventure e colle nostre azioni.<br />
Succede inoltre che la memoria e l fimmaginazione ci presentino talora una scena della<br />
nostra vita, obliata da lungo tempo, con tanta vivacita che ci sembri avvenuta il giorno<br />
prima, e ci apparisca affatto vicina. E cio perche ci e impossibile rappresentarci in una volta<br />
il lungo spazio di tempo che e scorso tra il passato e il presente, ed abbracciarlo collo<br />
sguardo in un solo quadro; di piu gli avvenimenti compiti in questo intervallo sono in gran<br />
parte dimenticati, e non ce ne resta piu che un fidea generale, in abstracto, una semplice<br />
nozione e non un fimmagine. Allora questo passato lontano ed isolato si presenta tanto<br />
vicino da parer successo jeri; il tempo intermedio e sparito, e la nostra intera esistenza ci<br />
sembra d funa brevita incomprensibile. Qualche volta pure, nella vecchiaja, il lungo passato<br />
che abbiamo dietro di noi puo ad un certo momento parerci favoloso; cio che viene<br />
principalmente perche vediamo sempre davanti a noi lo stesso presente immobile. In<br />
sostanza tutti questi fenomeni interni sono fondati non su cio che e il nostro essere per se<br />
stesso, ma sulla sua immagine visibile, che esiste sotto la forma del tempo, e sul fatto che il<br />
presente e il punto di contatto tra il mondo esterno e noi, tra l foggetto e il soggetto.<br />
Si puo ancora domandarsi perche, in gioventu, la vita sembri estendersi davanti noi a<br />
perdita d focchio. Cio dipende da prima perche ci occorre il posto da mettere le speranze<br />
109<br />
illimitate di cui la popoliamo, e per la cui realizzazione Matusalem sarebbe morto troppo<br />
giovane; poi perche prendiamo per scala della sua misura il piccolo numero d fanni che<br />
abbiamo gia dietro a noi; ma il ricordo di essi e ricco in materiali, e per conseguenza lungo,<br />
perche la novita ha dato importanza a tutti gli avvenimenti che vi si compierono; percio vi
itorniamo volentieri col pensiero, li richiamiamo spesso in mente, e finiamo col fissarveli.<br />
Ci sembra qualche volta di desiderare ardentemente di trovarci in un luogo lontano,<br />
mentre in realta non facciamo che rimpiangere il tempo che vi abbiamo passato quando<br />
eravamo piu giovani e piu freschi. Ecco in qual maniera il tempo ci trae in inganno sotto la<br />
maschera dello spazio. Portiamoci sul luogo tanto bramato e ci renderemo conto<br />
dell fillusione.<br />
Vi sono due vie per arrivare ad un feta avanzata, a condizione sine qua non tuttavia di<br />
possedere una costituzione senza difetto; per spiegarci, prendiamo l fesempio di due<br />
lampade che ardono: una bruciera a lungo perche, con poco olio, ha lo stoppino assai<br />
sottile; l faltra perche anche avendo un lucignolo molto grosso ha pure molto olio: l folio e la<br />
forza vitale, lo stoppino ne e l fimpiego applicato a qualsivoglia uso.<br />
Sotto il rapporto della forza vitale possiamo paragonarci, fino al nostro<br />
trentesimosesto anno, a coloro che vivono coll finteresse d fun capitale; cio che si spende<br />
oggi, si trova rimesso l findomani. A partire di qui, somigliamo ad un capitalista che<br />
comincia a toccare il suo capitale. In sul principio la cosa non e sensibile; la piu gran parte<br />
della spesa viene ancora a supplire a se stessa, e il piccolissimo deficit che ne risulta passa<br />
inosservato. Ma a poco a poco esso ingrandisce, diviene apparente e il suo stesso<br />
accrescimento cresce ogni giorno, e c finvade di continuo in grado maggiore; l foggi e<br />
sempre piu povero del giorno che lo precedette, e non v fha speranza che la faccenda si<br />
arresti. Come la caduta dei corpi, la perdita si accelerera velocemente fino alla scomparsa<br />
totale. Il caso piu triste e quello in cui tutte e due, forza vitale e ricchezza, questa non come<br />
termine di confronto, ma in realta, sono in via di sparire simultaneamente; per questo<br />
l famore al danaro aumenta coll feta. In cambio nei nostri primi anni fino alla eta maggiore,<br />
ed anche un po f al di la, noi siamo, sotto il rapporto della forza vitale, simili a coloro che<br />
sugl finteressi aggiungono ancora qualche cosa al capitale: non solo cio che si spende si<br />
rimette da se, ma il capitale stesso aumenta. Questo succede qualche volta anche per il<br />
danaro in grazia delle cure previdenti d fun tutore galantuomo. O gioventu fortunata! O<br />
triste vecchiaja! Bisogna, ad onta di tutto cio, risparmiare le forze della gioventu. Aristotele
osserva (Politica, Libro ultimo, Cap. 5) che fra i lottatori ai giuochi Olimpici, non se ne<br />
sono trovati che due o tre i quali, vincitori una volta da giovani, abbiano trionfato anche<br />
come uomini, perche gli sforzi prematuri che esigono gli esercizi preparatori, esauriscono<br />
talmente le forze che piu tardi, nell feta virile, esse fanno difetto. Se cio e vero per la forza<br />
muscolare lo e assai maggiormente per la forza nervosa, manifestazione della quale sono<br />
tutte le produzioni intellettuali: ecco perche gli ingenia praecocia, i fanciulli-prodigio,<br />
questi frutti d fun allevamento di serra calda, che fanno stupire nella loro prima eta,<br />
diventano . in seguito . teste perfettamente volgari. E anche possibilissimo che un<br />
eccesso d fapplicazione precoce e forzata nello studio delle lingue antiche sia la causa che<br />
ha fatto cadere piu tardi tanti eruditi in uno stato di paralisia e d finfanzia intellettuale.<br />
Ho notato che presso la maggior parte degli uomini il carattere sembra essere piu<br />
particolarmente adattato ad una delle eta della vita, di modo che in tale eta essi presentansi<br />
sotto la luce piu favorevole. Gli uni sono giovanotti amabili, e poi e finito; altri nella loro<br />
maturita si mostrano uomini energici ed attivi, ma in tarda eta perderanno ogni valore; e<br />
altri infine appariscono piu vantaggiosamente in vecchiaja, durante la quale sono piu cari<br />
perche hanno maggior esperienza e maggior calma: e questo il caso piu frequente presso i<br />
Francesi. Cosi deve avvenire perche il carattere ha per se stesso un certo che di giovanile, di<br />
virile o di senile in armonia coll feta corrispondente, o corretto da essa.<br />
110<br />
Nella stessa guisa che sopra una nave non ci rendiamo conto del suo cammino se non<br />
perche vediamo gli oggetti situati sulla riva allontanarsi e quindi farsi piu piccoli, cosi non<br />
ci avvediamo di divenir vecchi, sempre piu vecchi, se non per il fatto che persone d funa eta<br />
ognora piu avanzata ci sembrano giovani.<br />
Abbiamo gia esaminato piu indietro come e perche, a misura che si entra nella<br />
vecchiaja, tutto cio che si ha veduto, e tutte le azioni e tutti gli avvenimenti della vita<br />
lascino nello spirito traccie sempre meno numerose. Cosi considerata la giovinezza e la sola<br />
eta in cui si viva con intera coscienza; la vecchiezza non ha che una mezza coscienza della<br />
vita. Col progredire dell feta tale coscienza diminuisce gradatamente; gli oggetti passano
apidamente davanti a noi senza farci impressione, simili a quelle produzioni artistiche che<br />
non ci colpiscono piu quando le abbiamo viste parecchie volte; si fa cio che si aveva da<br />
fare, e non si sa poi nemmeno d faverlo fatto. Mentre la vita diviene sempre piu automatica,<br />
mentre cammina a gran passi verso l fincoscienza completa, per questo stesso fatto la fuga<br />
del tempo si accelera. Durante l finfanzia la novita delle cose e degli avvenimenti fa si che<br />
tutto s fimprima nella nostra coscienza; percio i giorni sono d funa lunghezza immensa. Per<br />
la medesima ragione lo stesso ci succede in viaggio, che un mese ci pare piu lungo di<br />
quattro passati a casa nostra. Malgrado la novita, il tempo, che ci sembra piu lungo<br />
nell finfanzia ed in viaggio, molto spesso ci diviene anche in fatto piu lungo che non nella<br />
tarda eta o nel nostro paese. Ma a poco a poco l fintelletto s fintorpidisce talmente colla<br />
lunga abitudine delle stesse percezioni che di grado in grado tutto finisce col passare sopra<br />
di esso senza lasciarvi impressione; ne viene che i giorni diventano sempre piu<br />
insignificanti e per conseguenza sempre piu corti; le ore del fanciullo sono piu lunghe delle<br />
giornate del vecchio. Vediamo adunque che il tempo della vita possede un movimento<br />
accelerato come quello d funa sfera che rotola sopra un piano inclinato; e, nella stessa guisa<br />
che sopra un cerchio girante un punto qualunque corre tanto piu veloce quanto piu e lontano<br />
dal centro, cosi per ogni uomo il tempo passa piu presto e sempre piu presto nella<br />
proporzione della sua distanza dal principio dell fesistenza. Si puo dunque ammettere che la<br />
lunghezza di un anno, quale e valutata dalla nostra disposizione del momento, sia in<br />
rapporto inverso del quoziente di esso per l feta; quando per esempio l fanno e la quinta parte<br />
dell feta, ci sembrera dieci volte piu lungo di quando non ne sia che la cinquantesima. Tale<br />
differenza nella rapidita del tempo ha un finfluenza assai decisiva su tutto il nostro modo di<br />
essere in ogni eta della vita. Prima d fogni altra cosa per essa l finfanzia, quantunque non<br />
comprenda che quindici anni appena, e il periodo piu lungo dell fesistenza, e<br />
conseguentemente anche il piu ricco di memorie; per essa poi noi siamo soggetti in tutto il<br />
corso della vita alla noja nel rapporto inverso dell feta. I fanciulli hanno sempre bisogno di<br />
passare il tempo sia nel gioco, sia nel lavoro; se l foccupazione manca, essi sono tosto<br />
assaliti da immensa noja. Gli adolescenti vi sono pure fortemente esposti, e temono assai le
ore d fozio. Nell feta virile la noja sparisce ognora piu: e per i vecchi il tempo e sempre<br />
troppo breve e i giorni volano colla rapidita d funa freccia. Bene inteso che io parlo di<br />
uomini e non di bruti invecchiati. L faccelerarsi del cammino del tempo sopprime dunque il<br />
piu delle volte la noja nell feta avanzata; d faltra parte le passioni coi loro tormenti<br />
cominciano a tacersi; ne viene che in sostanza, dato che la salute sia in buono stato, il peso<br />
della vita e realmente piu leggero che durante la gioventu: per questo l fintervallo che<br />
precede l fapparizione della debolezza e delle infermita proprie alla vecchiaja e chiamato gli<br />
anni migliori. E forse lo e in fatto dal punto di vista del nostro contento; ma in cambio gli<br />
anni di giovinezza, quando tutto fa impressione, quando ogni cosa entra nella coscienza,<br />
hanno il vantaggio d fessere la stagione fertilizzante dello spirito, la primavera che fa<br />
spuntare i germogli. Infatti le verita profonde si acquistano per intuizione e non colla<br />
speculazione, vale a dire che la loro prima percezione e immediata e provocata<br />
dall fimpressione momentanea: essa non puo dunque prodursi che fino a quando<br />
l fimpressione e forte, viva e profonda. Tutto dunque dipende, sotto tale rapporto,<br />
111<br />
dall fimpiego dei giovani anni. Piu tardi possiamo agire meglio sugli altri, fors fanco sul<br />
mondo intero, perocche noi stessi siamo finiti e completi, e non apparteniamo piu<br />
all fimpressione; ma il mondo agisce meno su noi. Questi anni sono dunque l fepoca<br />
dell fazione e della produzione: i primi invece quelli della comprensione e della conoscenza<br />
intuitiva.<br />
In gioventu domina la contemplazione, e nell feta matura la riflessione; l funa e il<br />
tempo della poesia, l faltra piuttosto quello della filosofia. In pratica egualmente si e per<br />
mezzo della percezione e della sua impressione che ci determiniamo a qualunque cosa<br />
durante la giovinezza; piu tardi invece per mezzo della riflessione. Cio succede in parte<br />
perche nell feta matura le immagini si sono presentate e riunite intorno a nozioni abbastanza<br />
numerose per dar loro importanza, peso e valore e cosi pure per moderare nello stesso<br />
tempo coll fabitudine l fimpressione delle percezioni. Al contrario l fimpressione di tutto cio<br />
che e visibile, dunque del lato esterno delle cose, e talmente preponderante in gioventu,
specialmente nelle menti vivaci e ricche d fimmaginazione, che i giovani considerano il<br />
mondo come un quadro; e si preoccupano della figura e dell feffetto che vi fanno piuttosto<br />
che della disposizione interna che esso risveglia in loro. Lo si scorge dalla vanita della loro<br />
persona, e dal loro civettare.<br />
La piu grande energia e la piu alta tensione delle forze intellettuali si manifestano<br />
senza dubbio durante la gioventu e fino al trentacinquesimo anno alla piu lunga: poi<br />
decrescono, quantunque insensibilmente. Nondimeno l feta virile ed anche la vecchiezza<br />
non sono senza compensi intellettuali. Allora l fesperienza e l fistruzione hanno acquistato<br />
tutta la loro ricchezza: allora si e avuto il tempo e l foccasione di considerare le cose sotto<br />
tutti gli aspetti e di meditarvi sopra; avendole avvicinate le une alle altre si e scoperto i<br />
punti in cui si toccano, le parti in cui si uniscono; allora, per conseguenza, si puo<br />
comprenderle bene e nel loro concatenamento completo. Tutto si mette in piena luce. Per<br />
questo si conoscono piu a fondo quelle stesse cose che erano mal note quando si era<br />
giovani, perche si ha per ogni nozione maggior numero di dati. Ciocche si credeva sapere<br />
durante la giovinezza, si comprende realmente nell feta matura; inoltre si sa effettivamente<br />
di piu, e si possedono conoscenze ragionate in tutte le direzioni, e per cio stesso<br />
solidamente concatenate, mentre in gioventu la nostra scienza e difettosa e frammentata.<br />
L fuomo che e giunto ad una eta molto avanzata avra solo un fidea completa e giusta della<br />
vita, perche l fabbraccia collo sguardo nel suo insieme e nel suo corso naturale, e sopratutto<br />
perche non la vede piu, come gli altri, unicamente dalla parte dell fingresso, ma anche dalla<br />
parte dell fuscita; cosi collocato ei ne comprende pienamente la nullita, mentre gli altri sono<br />
ancora il trastullo dell fillusione costante che áe proprio adesso che sta per succedere quanto<br />
v fha di veramente buono â. In cambio nell feta giovanile e maggiore la facolta di concepire;<br />
ne segue che si e in caso di produrre di piu col poco che si sa; piu tardi v fha maggior dose<br />
di raziocinio, di penetrazione e di fondo. Durante la giovinezza si raccolgono i materiali<br />
delle proprie nozioni, delle proprie vedute originali e fondamentali, vale a dire di tutto cio<br />
che uno spirito privilegiato deve per destino dare in dono al mondo; ma non e che dopo<br />
molti anni che esso diviene padrone del suo soggetto. Si trovera che il piu delle volte i piu
grandi scrittori non hanno creato i loro capolavori che verso il cinquantesimo anno. Ma non<br />
per questo la gioventu non resta pur sempre la radice dell falbero della conoscenza, benche<br />
sia la corona dell falbero che porta i frutti. Ma nella stessa guisa che ogni epoca, anche la<br />
piu miserabile, si crede piu saggia di tutte quelle che la precedettero, cosi l fuomo in ogni<br />
eta si crede superiore a quello che era per lo avanti; tutti e due sono spesso in errore.<br />
Durante gli anni di crescimento fisico, quando noi aumentiamo egualmente le forze<br />
intellettuali e le cognizioni, l foggi per costume guarda con disprezzo l fieri. Tale abitudine<br />
prende radice, e persiste anche quando e cominciata la decadenza delle forze mentali,<br />
allorche l foggi dovrebbe piuttosto guardare l fieri con rispetto: a quell fora sono troppo<br />
disprezzate le produzioni e i giudizi degli anni giovanili.<br />
112<br />
Conviene osservare sopra tutto che quantunque la testa e l fintelletto siano, circa le<br />
loro proprieta fondamentali, altrettanto innati quanto il cuore o il carattere, nondimeno<br />
l fintelligenza, non resta cosi invariabile come il carattere: essa, e soggetta a molte<br />
modificazioni le quali, alla grossa, si producono pur anche regolarmente, perocche derivano<br />
dal fatto che da una parte la base dell fintelligenza e fisica, e che dall faltra la sua stoffa e<br />
empirica. Cio essendo, la sua forza propria cresce continuamente fino al punto culminante,<br />
e diminuisce poi di grado in grado fino all fimbecillita. Ma d faltronde la stoffa su cui si<br />
esercita tutta questa forza e che la mantiene in attivita, vale a dire il contenuto dei pensieri e<br />
del sapere, l fesperienza, le cognizioni, l fesercizio del raziocinio e la perfezione che ne<br />
deriva, tutta questa materia e una quantita che aumenta costantemente fino al momento in<br />
cui, sopravvenendo la fiacchezza definitiva, l fintelletto lascia scappare ogni cosa. Tale<br />
condizione dell fuomo d fesser composto d funa parte assolutamente immutabile (il carattere)<br />
e d fun faltra che varia regolarmente e in due direzioni opposte (l fintelletto), spiega la<br />
diversita d faspetto sotto cui egli si manifesta, e la differenza del suo valore nelle varie eta<br />
della vita.<br />
In un senso piu largo si puo anche dire che i quaranta primi anni di vita danno il testo,<br />
e i trenta seguenti il commento, che solo ce ne fa ben comprendere il vero senso, e la
connessione, unitamente alla morale con tutte le sue sottigliezze.<br />
Ma particolarmente verso la sua fine la vita somiglia ad un ballo mascherato, quando<br />
sono tolte le maschere. A quell fora si vede cosa erano in realta coloro con cui si ebbe<br />
contatto durante la vita. In fatti i caratteri si sono messi in piena luce, le azioni hanno<br />
portato i loro frutti, le opere hanno trovato il loro giusto apprezzamento, e tutte le<br />
fantasmagorie sono svanite. Perocche ci abbia voluto il tempo a cio. Ma quello che v fha di<br />
piu strano si e che non si comprende bene e se stesso, e il proprio scopo, e le proprie<br />
aspirazioni, sopra tutto in cio che riguarda i rapporti col mondo e cogli uomini, se non verso<br />
il finire dell fesistenza. Spesso, non sempre pero, si dovra classificarsi piu basso che non si<br />
credesse per lo avanti, ma qualche volta si accordera a se stesso un posto superiore: il qual<br />
ultimo caso succede perche non si aveva una conoscenza sufficente della bassezza del<br />
mondo, e perche lo scopo della vita si trovava in tal modo collocato troppo in alto.<br />
S fimpara a conoscere, presso a poco, cio che valga ciascuno.<br />
Si usa chiamar la giovinezza il tempo beato, e la vecchiaja il tempo triste della vita.<br />
Cio sarebbe vero se le passioni rendessero felici. Ma sono esse che tengono trabalzata la<br />
gioventu con poca gioja e molto dolore. Non agitano invece la fredda eta, la quale assume<br />
tosto una tinta contemplativa: perocche la conoscenza diviene libera ed ha il sopravvento.<br />
Ora la conoscenza e da per se stessa esente da dolori; per conseguenza quanto piu<br />
predominera nella coscienza, tanto piu questa sara felice. Non si ha che da riflettere che<br />
ogni gioja e negativa di sua natura, mentre e positivo il dolore, per comprendere che le<br />
passioni non saprebbero rendere felici e che la tarda eta non e da compiangere perche alcuni<br />
piaceri le sono vietati; qualunque piacere non e che la soddisfazione d fun bisogno, e non si<br />
e piu disgraziati perdendo il piacere nello stesso tempo del bisogno, di quello che non lo si<br />
sia per non poter piu mangiare dopo aver pranzato, o dormire dopo una notte di sonno<br />
profondo. Platone (nell fintroduzione alla Repubblica) ha ben ragione di stimar felice la<br />
vecchiaja perche e liberata dall fistinto sessuale che per lo innanzi turbava l fuomo senza<br />
tregua. Si potrebbe quasi sostenere che le fantasie diverse ed incessanti generate dall fistinto<br />
sessuale, e cosi pure le emozioni che ne derivano, mantengono nell fuomo una pazzia
enigna e costante per tutto quel tempo in cui egli e sotto l finfluenza di questo incentivo, o<br />
di questo diavolo da cui e continuamente invasato, al punto da non essere affatto<br />
ragionevole se non dopo essersene liberato. Tuttavia e cosa positiva che, in generale e senza<br />
tener conto delle circostanze tutte e delle condizioni individuali, un faria di melanconia e di<br />
tristezza e propria della gioventu, ed una certa serenita della vecchiaja; e cio perche il<br />
giovane e ancora sotto la potesta, o piuttosto sotto la tirannia di questo demonio che<br />
113<br />
difficilmente gli accorda un fora di liberta e che e anzi l fautore, diretto od indiretto, di quasi<br />
tutti i mali che colpiscono o minacciano l fuomo. L feta matura ha la serenita di colui che,<br />
liberato da catene portate lungamente, gode ormai della liberta de f suoi movimenti. D faltra<br />
parte pero si potrebbe dire che una volta estinte le voglie sessuali, il vero midollo<br />
dell fesistenza e consumato, e che non ne resta piu che l finvolucro, oppure che la vita<br />
somiglia ad una commedia, la rappresentazione della quale, cominciata da uomini vivi,<br />
sarebbe finita da automi rivestiti dei medesimi costumi.<br />
Checche ne sia, la giovinezza e il momento dell fagitazione, l feta matura quello del<br />
riposo: cio basta per giudicare dei loro rispettivi piaceri. Il bambino tende avidamente le<br />
mani nello spazio dietro quegli oggetti, cosi screziati e cosi vari, che si vede davanti gli<br />
occhi; tutto questo lo eccita perocche il suo sensorio e ancora tanto fresco e tanto nuovo. Lo<br />
stesso avviene, ma con maggior energia, per il giovane. Il mondo dai colori smaglianti, e<br />
dalle figure moltiformi lo eccita del pari, ed anzi egli ben presto nella sua immaginazione vi<br />
annette piu valore che esso non abbia. Per questo la gioventu e piena di esigenze e di<br />
aspirazioni a cose vaghe, ciocche le toglie quel riposo senza di cui non v fha felicita.<br />
Coll feta tutto si calma, sia perche il sangue si e raffreddato e perche l feccitabilita del<br />
sensorio e diminuita, sia perche l fesperienza, illuminandoci sul valore delle cose e<br />
sull fessenza dei piaceri, ci ha francati a poco a poco dalle illusioni, dalle chimere e dai<br />
pregiudizi che velavano o deformavano fino allora l faspetto libero e netto delle cose, che<br />
ormai sono conosciute tutte piu giustamente e piu chiaramente; a quell fora noi le prendiamo<br />
per quello che sono, ed acquistiamo in maggior o minor grado, la convinzione della nullita
d fogni cosa sulla terra. Da cio quasi tutti i vecchi, anche coloro d fun fintelligenza assai<br />
volgare, ricevono una certa tinta di saggezza che li distingue dalle persone piu giovani. Ma<br />
tutto questo produce principalmente la calma intellettuale che e l felemento importante, direi<br />
anzi la condizione e l fessenza della felicita. Mentre l fuomo giovane crede di poter<br />
conquistare in questo mondo immense meraviglie se solamente sapesse ove trovarle, il<br />
vecchio e penetrato dalla massima dell fEcclesiaste: áTutto e vanita â, e sa bene che le noci<br />
sono vuote quantunque dorate.<br />
Solo in un feta avanzata l fuomo arriva interamente al nil admirari di Orazio, vale a<br />
dire alla convinzione diretta, sincera e ferma della vanita d fogni cosa quaggiu, e della<br />
inanita di qualunque pompa: le chimere sono svanite. Ei non si pasce piu dell fillusione che<br />
in qualche parte, palazzo o capanna, risieda una felicita speciale piu grande di quella di cui<br />
gode egli stesso dovunque, quando e per l fappunto libero da ogni dolore fisico e morale. A f<br />
suoi occhi non v fha piu distinzione tra le cose grandi e le piccole, tra le nobili e le vili,<br />
misurate sulla scala del nostro mondo. Cio da al vecchio una calma di spirito affatto<br />
particolare, la quale gli permette di guardare sorridendo il vano prestigio di quaggiu. Egli e<br />
completamente disingannato; sa che la vita umana, checche si faccia per adornarla e<br />
metterla in arnese, non tarda a mostrarsi in tutta la sua miseria a traverso i suoi orpelli da<br />
fiera; sa che, qualunque sforzo si faccia per dipingerla ed abbellirla, essa e in sostanza<br />
sempre la stessa cosa, vale a dire un fesistenza di cui bisogna stimare il valore effettivo<br />
sull fassenza del dolore e non sulla presenza del piacere, e meno ancora del fasto (Orazio,<br />
Epist., L. I, 12, v. 1-4). Carattere fondamentale della vecchiaja e il disinganno; in essa non<br />
piu di quelle illusioni che davano alla vita una bellezza incantevole ed all fattivita uno<br />
stimolo; si ha conosciuto la nullita e la vanita in questo basso mondo di qualunque<br />
magnificenza, specialmente della pompa, dello splendore e d fogni apparenza di grandezza:<br />
si ha avuto prova dell finfimita di cio che sta in fondo di quasi tutte queste cose che destano<br />
cosi vivo il desiderio, e di questi piaceri a cui si aspira con tanto ardore; e cosi a poco a<br />
poco si e giunti a convincersi della poverta e della vacuita dell fesistenza. Soltanto nel<br />
settantesimo anno di vita sono ben compresi i primi versi dell fEcclesiaste. Ma e anche
questo che da alla vecchiaja una certa tinta di tristezza.<br />
114<br />
Si crede comunemente che infermita e noja sieno la condizione dell feta. La prima non<br />
le e essenziale, particolarmente quando si ha la prospettiva di arrivare ad una vecchiaja<br />
molto avanzata, perocche crescente vita, crescit sanitas et morbus. E in quanto alla noja ho<br />
dimostrato piu indietro come la vecchiezza abbia a temerla meno della gioventu: e neppure<br />
la noja e la compagna necessaria della solitudine, verso la quale infatti ci spinge l feta per<br />
motivi facili a comprendere; essa non segue che coloro i quali hanno conosciuto solamente<br />
le gioje dei sensi ed i piaceri della societa e che non hanno avuto cura di arricchire il loro<br />
spirito, e di sviluppare le loro facolta. E vero che in un feta avanzata anche le forze<br />
intellettuali s fintorpidiscono; ma laddove furono potentemente copiose, ne restera sempre<br />
abbastanza per combattere la noja. Inoltre, come abbiamo dimostrato, la ragione guadagna<br />
forza coll fesperienza, colle cognizioni, coll fesercizio e colla riflessione; la mente diviene<br />
piu acuta, e il concatenamento delle idee piu chiaro; in ogni materia si acquista, in grado<br />
sempre maggiore, vedute d finsieme sulle cose: le combinazioni poi sempre variate delle<br />
cognizioni che gia si possedono, i nuovi acquisti che vengono ad aggiungervisi, favoriscono<br />
il progresso continuo in tutte le direzioni del nostro sviluppo intellettuale, in cui lo spirito<br />
trova in una volta la sua occupazione, il suo soddisfacimento e la sua mercede. Tutto questo<br />
compensa fino ad un certo punto l findebolimento delle facolta mentali di cui abbiamo<br />
parlato. Sappiamo inoltre che nella vecchiezza il tempo corre piu rapidamente; cosi e<br />
neutralizzata la noja. In quanto poi allo infiacchirsi delle forze fisiche, cio non e un danno,<br />
salvo il caso in cui si avesse bisogno di esse per la professione che si esercita. La poverta in<br />
vecchiaja e una immensa disgrazia. Se si ha saputo tenerla lontana e se si ha conservato la<br />
salute, la tarda eta puo essere una parte sopportabilissima della vita. L fagiatezza e la<br />
sicurezza sono i suoi principali bisogni: per questo si ama allora piu che mai il danaro<br />
perocche esso supplisce alle forze che mancano. Abbandonati da Venere, si cerchera<br />
volentieri di confortarsi con Bacco. Il bisogno di vedere, di viaggiare, d fapprendere e<br />
sostituito dal bisogno di insegnare e di parlare. E una felicita per il vecchio l faver
conservato l famore dello studio, o della musica, o del teatro, e in generale la facolta di<br />
essere impressionato fino ad un certo grado dalle cose esterne: questo succede per qualcuno<br />
fino all feta piu avanzata. Cio che l fuomo ha da per se stesso non gli profitta mai meglio che<br />
nella vecchiaja. Ma e vero d faltronde che nella maggior parte le persone essendo state in<br />
ogni tempo ottuse di mente, diventano ognora piu automi avanzando in eta: pensano,<br />
dicono e fanno sempre nella stessa guisa, e nessuna impressione esterna puo cangiare il<br />
corso delle loro idee, o far loro produrre qualche cosa di nuovo. Parlare a vecchi siffatti si e<br />
scrivere sulla sabbia: l fimpressione si cancella quasi istantaneamente. Una vecchiaja di tale<br />
natura non e piu, senza dubbio, che il caput mortuum della vita. Pare che la natura abbia<br />
voluto simbolizzare la venuta di tale nuova infanzia con quella terza dentizione, che si<br />
dichiara in qualche raro caso nei vecchi. L findebolimento progressivo di tutte le forze a<br />
misura che s finvecchia e certamente una cosa tristissima, ma necessaria ed anche benefica:<br />
altrimenti la morte, di cui e il preludio, sarebbe troppo penosa. Percio il principale<br />
vantaggio che procura un feta avanzata e l feutanasia, vale a dire la morte eminentemente<br />
facile, senza malattia che la preceda, senza convulsioni che l faccompagnino, una morte per<br />
la quale non si sente di morire. Ne ho dato una descrizione nel secondo volume della mia<br />
opera, al capitolo 41, pag. 470 (536 della 3a ed.)48. Perocche per quanto a lungo si viva non<br />
48 La vita umana, propriamente parlando, non puo esser detta lunga ne corta, perocche, in sostanza, e la<br />
scala su cui misuriamo tutte le altre lunghezze di tempo. Le Upanishadi dei Veda (Oupnekhat, Vol. II, p. 53)<br />
danno 100 anni per durata naturale della vita, e con ragione, a mio credere; perocche ho notato che coloro<br />
solamente che passano i 90 anni finiscono coll feutanasia, cioe muojono senza malattia, senza apoplessia,<br />
senza convulsioni, senza rantolo, qualche volta anche senza pallore, il piu di sovente seduti, specialmente<br />
dopo aver preso cibo: sarebbe piu esatto dire non che muojono, ma che cessano soltanto di vivere. In<br />
qualunque altra eta anteriore a questa non si muore che di malattia, dunque prematuramente. . Nel<br />
Vecchio<br />
Testamento (Salmo 90, 10) la durata della vita umana e valutata di 70 anni, tutto al piu di 80; e, cosa piu<br />
importante, Erodoto (I, 32 e III, 22) dice lo stesso. Ma cio non e vero, e non e che il risultato di una maniera<br />
115
si possede niente al di la del presente indivisibile; ma anzi la memoria perde ogni giorno<br />
coll fobblio piu che non si arrichisca per l faggiungervisi di cose nuove.<br />
La differenza fondamentale tra la gioventu e la vecchiaja rimane sempre questa: la<br />
prima ha in prospettiva la vita, la seconda la morte; per conseguenza una possede un<br />
passato corto ed un lungo avvenire, e l faltra l fopposto. Senza dubbio il vecchio non ha piu<br />
che la morte davanti a se, quando il giovane ha la vita; ora si tratta di sapere quale delle due<br />
prospettive offra maggiori inconvenienti, e se, tutto calcolato, sia preferibile aver la vita<br />
dietro di se o davanti; non ha gia detto l fEcclesiaste: áIl giorno della morte val meglio che<br />
fl giorno della nascita â (7, 1)? In qualunque caso domandare di vivere lungamente e un<br />
desiderio temerario. Perocche áquien larga vida vive mucho mal vide â (chi vive a lungo<br />
vive molto male) dice un proverbio spagnuolo.<br />
Non e, come pretendeva l fastrologia, la esistenza individuale, ma bensi l fandamento<br />
della vita umana in generale che si trova scritto nei pianeti, nel senso che, nel loro ordine,<br />
ognuno corrisponde ad un feta, e che quindi la vita e governata successivamente da ciascuno<br />
di essi. . MERCURIO regge il decimo anno. Come questo pianeta, l fuomo si muove con<br />
rapidita e facilita in un forbita molto limitata; la piu piccola bagattella e per lui causa di<br />
perturbazione; ma egli apprende molto e facilmente, sotto la direzione del dio dell fastuzia e<br />
dell feloquenza. . Col ventesimo anno comincia il regno di VENERE: l famore e le donne<br />
possedono interamente l fuomo. . Nel trentesimo anno domina MARTE: a quell feta l fuomo<br />
e violento, forte, audace, bellicoso e fiero. . A quarantanni governano i quattro piccoli<br />
pianeti: il campo della vita aumenta: e frugi, cioe consacrato all futile per virtu di CERERE;<br />
ha il suo focolare domestico da VESTA; sa cio che deve sapere per influenza di PALLADE, e,<br />
simile a GIUNONE, presso di esso regna sovrana la sposa49. . Nel cinquantesimo anno<br />
domina GIOVE: l fuomo e gia sopravvissuto alla maggior parte de f suoi contemporanei, e si<br />
sente superiore alla generazione attuale. Mentre possede il pieno godimento delle sue forze,<br />
e ricco di esperienza e di cognizioni: ha pure (nella misura della sua individualita o della<br />
sua posizione) un fautorita su coloro che lo avvicinano. Non intende piu di lasciarsi<br />
ordinare: vuole comandare a sua volta. Si e proprio adesso che nella sua sfera egli e
maggiormente atto ad esser guida e dominatore. Cosi culmina GIOVE e, come lui, l fuomo di<br />
cinquant fanni. . Ma dopo, nel sessantesimo anno, giunge SATURNO e con lui la<br />
pesantezza, la lentezza e la tenacita del PIOMBO: áMa molti vecchi hanno l faria d fesser gia<br />
morti; essi sono pallidi, lenti, pesanti ed inerti come il piombo â (Shakespeare, Romeo e<br />
Giulietta, Atto 2 ‹, Scena 5a). . Finalmente viene URANO: e il momento di volare in cielo,<br />
come si dice. . Non voglio tener conto di NETTUNO (cosi pur troppo lo si e chiamato con<br />
grave spensieratezza) dal momento che non posso dargli il suo vero nome, che sarebbe<br />
EROS. Se cosi non fosse avrei voluto dimostrare come il principio si lega colla fine, e in<br />
qual maniera Eros sia misteriosamente in connessione colla Morte, connessione in virtu<br />
della quale l fORCO, o l fAMENTI degli Egiziani (secondo Plutarco, De Iside et Osir., C. 29),<br />
e il áƒÉƒ¿ƒÊƒÀƒ¿ƒËƒÖƒË ƒÈƒ¿ƒÇ ƒÂƒÇƒÂƒÍƒÒ. â, per conseguenza non solo áColui che prende â ma anche<br />
áColui che da â e la MORTE il grande reservoire (serbatojo) della vita. Da li, dunque, da li,<br />
grossolana e superficiale d finterpretare l fesperienza giornaliera. Perche, se la durata naturale della vita<br />
fosse<br />
di 70-80 anni, gli uomini tra 70 e 80 anni dovrebbero morire di vecchiaja; ciocche non succede: essi<br />
muojono<br />
di malattia, come i loro cadetti; ora la malattia, essendo essenzialmente una cosa anormale, non costituisce<br />
la<br />
fine naturale. Non e che tra 90 e 100 anni che diventa normale morir di vecchiaja, senza malattia, senza<br />
lotte,<br />
senza rantolo, senza convulsioni, qualche volta senza impallidire, in una parola di eutanasia. . Anche sopra<br />
questo punto le Upanishadi hanno dunque ragione fissando a 100 anni la durata naturale della vita. (Nota<br />
di<br />
Schopenhauer).<br />
49 Circa 62 nuovi pianeti sono stati scoperti ancora, ma e questa una innovazione di cui non voglio sentir<br />
parlare. Cosi tratto con essi come i professori di filosofia hanno trattato a mio riguardo; non ne voglio<br />
sapere,<br />
perocche cio discrediterebbe la mercanzia che ho in negozio. (Nota dell fAutore).<br />
116<br />
dall fORCO viene ogni cosa, e li e stato tutto cio che adesso ha vita: . se solamente fossimo
capaci di comprendere il giuoco50 con cui succede la faccenda, allora tutto sarebbe chiaro.<br />
FINE.<br />
50 Taschenspielerstreich, colpo di giuocatore di bussolotti. (Nota dei Trad.).<br />
1<br />
AFORISMI E DISCORSI DEL BUDDHA<br />
2<br />
AFORISMI E DISCORSI DEL BUDDHA<br />
PREFAZIONE E SCELTA A CURA DI MARIO PIANTELLI<br />
TRADUZIONI DI EUGENIO FROLA E PIO FILIPPANI-RONCONI<br />
EDIZIONI TEA<br />
Canone Buddhista appartenenti alla Collezione dei Classici delle religioni sezione I ""Le<br />
religioni orientali""<br />
diretta da Oscar Botto 1988 Editori Associati S.p.A., Milano "<br />
per la Prefazione<br />
Prima edizione TEA ottobre 1988<br />
Stampa: Officine Grafiche Stianti, Sancasciano-Firenze<br />
PREFAZIONE<br />
"La scelta di testi buddhistici che il lettore si trova fra le mani è un po' diversa da quelle<br />
correnti, in cui<br />
all'esigenza di presentazione dottrinale si sovrappongono variamente preoccupazioni<br />
apologetiche, tentativi<br />
di ricostruzione ""biografica"" della vicenda terrena del Buddha, pregiudizi in sintonia con la<br />
""demitizzazione""<br />
caratteristica dell'orizzonte culturale d'Occidente negli ultimi due secoli. In sé<br />
rispettabilissime e non prive d'interesse, siffatte antologie tendono tuttavia ad ingenerare nei<br />
non ""addetti ai<br />
lavori"" un duplice equivoco. Da un lato, infatti, i passi - pervenutici attraverso un secolare<br />
lavoro di<br />
correzioni e messe a punto più o meno standardizzate secondo l'ottica dell'una o dell'altra<br />
scuola - sono<br />
suscettibili d'esser recepiti dal lettore non avvertito come veridica testimonianza del pensiero<br />
stesso<br />
dell'antico asceta sulle cui labbra son posti gli insegnamenti ch'essi trasmettono, che - tutti -<br />
saranno così<br />
ritenuti in sostanza esenti da alterazioni ed elaborazioni. Dall'altro lato, il contenuto di tali<br />
insegnamenti,<br />
ridotto all'osso e spogliato di tutta la variopinta ricchezza della visione del mondo indiana che<br />
fa da sfondo<br />
alla predicazione buddhistica, appare, nella sua stringatezza e nella sua tecnicità, al tempo<br />
stesso<br />
singolarmente ""moderno"" e insopportabilmente arido ciò che in realtà non è. Ci siamo<br />
sforzati, attingendo<br />
alle versioni già portate a termine da Eugenio Frola e Pio Filippani-Ronconi, di mettere a<br />
disposizione di chi
nutra qualche interesse per il Buddhismo antico una immagine di esso abbastanza fedele da<br />
evitare letture<br />
ingenuamente ""fondamentaliste"" e da mostrarne insieme la complessità e l'articolazione<br />
mitica. La nostra<br />
cura di rispettare l'integrità dei materiali, forniti senza tagli né adattamenti (al di fuori delle<br />
ripetizioni<br />
espunte già nei testi dell'edizione in lingua pali, in base ad ovvie esigenze editoriali!), ha in<br />
qualche misura<br />
limitato la vastità della selezione di ""aforismi e discorsi del Buddha"" che proponiamo in<br />
questo volume,<br />
ma restano sufficienti elementi al quadro per alimentare questa ambizione."<br />
"Colui che sarebbe stato in futuro oggetto come Buddha, del culto di milioni di uomini,<br />
Gautama l'asceta<br />
(muni, ""silenzioso"", o sramana, ""sforzantesi"" in vista della purificazione e del<br />
conseguimento della<br />
liberazione dal ciclo delle rinascite) trascorse la sua esistenza, elemosinando il vitto<br />
quotidiano e predicando<br />
i suoi precetti, nella piana gangetica orientale qualche tempo prima dell'invasione da parte<br />
d'Alessandro il<br />
Macedone della provincia del Sindh (327-325 a.C.) La sua datazione è oggetto di controversie<br />
e dipende<br />
dalla correlazione che s'intende stabilire con la consacrazione dell'imperatore Asoka della<br />
dinastia dei<br />
3<br />
Maurya, la quale sembra aver avuto luogo verso il 270 a. Cristo. Fonti indiane, a noi pervenute<br />
anche in<br />
versione tibetana e cinese, pongono la morte del fondatore del Buddhismo un secolo innanzi<br />
tale data mentre<br />
la tradizione singalese la spinge a duecentodiciott'anni prima di essa. Altre testimonianze, che<br />
parlano di<br />
centosedici anni tra i due eventi, o pongono Gautama verso la metà del VI secolo a.C., godono<br />
di minor<br />
considerazione. I fatti di cui possiamo esser sicuri - o quasi quanto a lui e al suo entourage<br />
sono<br />
relativamente esigui: nei decenni della sua vita itinerante (si sarebbe spento verso<br />
l'ottantina), egli ottenne un<br />
certo prestigio presso la ""borghesia"" urbana ed esponenti dell'aristocrazia dei regni locali,<br />
tra cui<br />
primeggiavano quello dei Magadha, allora retto da Bimbisara della dinastia Haryanka, deposto<br />
e fatto<br />
uccidere dal figlio Ajatasatru, e quello dei Kosala governato da Prasenajit, a sua volta<br />
detronizzato dal figlio<br />
Virudhaka. La politica espansionistica di quest'ultimo finì per assoggettare, ancor vivo<br />
Gautama, la piccola<br />
repubblica aristocratica degli Sakya, nella terra dei Kosala settentrionali (Uttarakosala), oggi a<br />
cavallo del<br />
confine indonepalese. Gautama stesso era probabilmente originario di quella zona, come<br />
attesta il suo epiteto<br />
di Sakyamuni (""Asceta degli Sakya""). Il nome simbolico di Siddhartha (""Che ha raggiunto il<br />
suo
scopo""), la nascita in una famiglia principesca o addirittura regale, i nomi dei genitori<br />
(Suddhodana e<br />
Mayadevi), la conquista della bellissima sposa Yasodhara, l'abbandono del palazzo paterno a<br />
seguito del<br />
turbamento insorto dall'incontro traumatizzante con la realtà del male nel mondo,<br />
esemplificato in un<br />
vegliardo, un infermo e un morto, sono tratti d'una leggenda atemporale che si sovrappone ad<br />
una biografia<br />
certo meno nota nei suoi inizi che nel suo esito, esattamente come avverrà per Gesù nei<br />
racconti evangelici.<br />
Invero la qualità del meraviglioso che circonda il Buddha ricorda sotto alcuni rispetti, quella<br />
che in tali<br />
racconti ci è familiare. Lo vediamo misurarsi con il Maligno (Mara, ""l'uccisore"", divino e<br />
demoniaco<br />
principe del mondo dominato dal desiderio) in una serie di tentazioni simboleggianti le<br />
possibili deviazioni<br />
dalla sua vocazione di maestro spirituale - la sfida a tramutare una montagna in oro l'offerta<br />
della regalità e<br />
del dominio sul mondo... e, più insinuante di tutte, la tentazione ad abbandonare subito la vita<br />
e le sue pene,<br />
senza giungere ai fastigi dell'insegnamento e ai suoi mille scacchi e delusioni. Lo vediamo<br />
camminare sulle<br />
acque, discendere dal cielo su una scala d'oro e di gemme con ai fianchi gli dei Brahma ed<br />
Indra, dichiarare<br />
solennemente ""chi vede me, vede il Dharma"", la legge universale che, nella visione<br />
buddhista, prende in<br />
qualche modo il posto di Dio... Insomma, si direbbe che una sorta di archetipo comune sia<br />
sotteso alle<br />
narrazioni indiane e a quelle fiorite sulle rive del Mediterraneo. Le prime sono probabilmente<br />
più antiche, e<br />
meglio inquadrate - nei loro elementi straordinari - di quelle che circondano il Cristo. Così la<br />
nascita del<br />
Buddha dal fianco materno, senza passare per la via umiliante dei comuni mortali, riprende il<br />
mito della<br />
nascita del dio Indra, già noto fin dall'epoca dei Veda, mentre il docetismo occidentale<br />
riproduce con minor<br />
convinzione - e minor successo - il discorso sul corpo ultraterreno (lokottara) del Buddha,<br />
destinato a<br />
divenire, con i maestri del ""Grande Veicolo"" (Mahayana), un corpo fantasmatico<br />
(Nirmanakaya) proiettato<br />
dall'eterna Realtà che fa tutt'uno con il Dharma (Dharmakaya) e destituito d'ogni funzione al<br />
di là<br />
dell'impartir la dottrina agli esseri umani prigionieri dell'illusione cosmica. Ben più concreti<br />
sono i tratti<br />
relativi alla morte, avvenuta (dopo aver consumato un indigesto piatto di ""delizie porcine"",<br />
offerto a<br />
Gautama dal fabbro Cunda) nel parco presso Kuginagara, a qualche distanza dall'attuale<br />
Patna. Altrettanto<br />
attendibili sembrano i dati relativi ai parenti di cui Gautama si circondava (la zia Gautami, che<br />
lo avrebbe
allevato, posta, non senza resistenze e perplessità, a capo d'una comunità di ascete; i cugini di<br />
Ananda e<br />
Devadatta, il quale ultimo avrebbe tentato di alienargli una parte dei discepoli e addirittura<br />
d'assassinarlo; il<br />
figlio Rahula), così come ad altri personaggi di varie condizioni sociali che gli erano<br />
specialmente vicini, dal<br />
barbiere Vaisalin ai due brahmani rispettivamente designati col matronimico Sariputra e con<br />
l'appellativo del<br />
gotra o clan brahmanico d'appartenenza, Kasyapa. Il caso di quest'ultimo, succeduto al<br />
fondatore come capo<br />
della comunità (sangha), è identico a quello dello stesso Gautama, il cui nome è quello d'un<br />
gotra originato<br />
dal saggio Gotama, veggente di alcuni inni del Rgveda. Ciò sembrerebbe indicare che il Buddha<br />
fosse in<br />
realtà anch'egli un brahmano, i tentativi di conciliare la tradizione, che lo fa invece<br />
appartenere alla stirpe<br />
guerriera degli ksatriya, con questo fatto sono poco convincenti. Che i nobili Sakya si<br />
fregiassero di un<br />
epiteto derivato dal loro guru familiare Kapila, il quale era un Gautama, è una notizia che non<br />
pare trovare<br />
4<br />
conferme al di là del testo del poema Saundarananda di Agvaghosa (che - a corroborare la sua<br />
asserzione -<br />
ascrive erroneamente all'eroe divino Krsna l'appartenenza a un gotra diverso da quello del<br />
fratello<br />
Balarama!). Siamo intorno al I secolo d.C.: in quest'epoca i tratti biografici leggendari sono già<br />
definitivamente consolidati. La ricerca dell'appoggio delle dinastie regnanti nel subcontinente<br />
indiano, molto<br />
spesso d'origine ksatriya, e la polemica sempre più accesa con i brahmani - e la loro eredità<br />
culturale -<br />
possono aver giocato nella confezione di tali tratti."<br />
"Il primo testo che si propone qui al lettore, il Mahapadanasuttanta, registra puntualmente la<br />
versione in<br />
discorso; ma il suo interesse sta piuttosto nella grandiosa cornice che fornisce alla vicenda,<br />
ormai fissata<br />
canonicamente del principe Siddhartha. Questa vi viene toccata, in effetti, soltanto per sommi<br />
capi, mentre si<br />
narra il suo archetipo eternamente ripetentesi, esemplificato dalla biografia d'un Buddha del<br />
remoto passato,<br />
chiamato Vipascit (in pali Vipassi ""L'intelligente"")."<br />
"In un mondo destinato a ripresentare periodicamente le stesse situazioni, salvo dettagli<br />
accidentali di minore<br />
importanza, Gautama perde la sua unicità: la trama del suo destino si scopre costituire<br />
semplicemente un<br />
momento dell'avvicendarsi delle età cosmiche, ciascuna con il suo uomo-Dio (questo è il senso<br />
abituale<br />
dell'epiteto Bhagavat, ""Possessore di maestà divina"", piuttosto che ""Beato"", come<br />
tradizionalmente si<br />
traduce nelle lingue occidentali). Vengono sottolineate discrepanze e concordanze fra i vari<br />
Buddha, ma le
seconde contano, evidentemente, ben più delle prime: esse obbediscono ad una legge eterna<br />
che il pio<br />
buddhista è invitato a contemplare con rapita meraviglia."<br />
"Sempre gli stessi sono i momenti della nascita, gl'incontri che scatenano l'angoscia del futuro<br />
Buddha,<br />
""Colui la cui mente è naturata di comprensione"" (Bodhisattva, in pali Bodhisatta), sempre gli<br />
stessi sono i<br />
trentadue segni prodigiosi che contraddistinguono il suo corpo impareggiabile, soprattutto<br />
sempre la stessa è<br />
la verità ch'egli giunge ad esperire al culmine della sua meditazione, nel ""risveglio"" che ne fa,<br />
a pieno<br />
titolo, il ""Desto"" (Buddha) della sua epoca. Tutto ciò, nella storia di Vipascit, si svolge su uno<br />
sfondo che<br />
ripete, ingigantendoli, i caratteri del mondo indiano contemporaneo ai redattori del testo: in<br />
questa preistoria<br />
- in cui il fatale declino delle cose ancora non incide nel tessuto stesso dell'esistere umano - si<br />
vive<br />
ottantamila anni, i discepoli sono contati a milioni, le regge hanno la bellezza e il fasto d'una<br />
fiaba. Occorre<br />
tenere presente come una siffatta visione sia solidale con i dati della biografia di Siddharta, ed<br />
anzi tragga,<br />
alla stessa stregua, la sua legittimazione da un discorso posto sulle labbra del Buddha in<br />
persona, come è<br />
uniformemente il caso dei diversi sutra (""fili"" onde si dipana l'insegnamento) contenuti nei<br />
Canoni delle<br />
varie scuole buddhistiche. Quello da cui i nostri testi son tratti, unico a sopravvivere nella sua<br />
intera<br />
estensione e in redazione ""popolare"" (nella lingua pali, basata sulla parlata stessa dei tempi<br />
del Buddha,<br />
anziché nel sanscrito - più o meno artificialmente regolarizzato - adottato per tempo dagli<br />
altri indirizzi<br />
dottrinali), appartiene alla ""setta"" affermatasi come ortodossia di stato nell'isola di Ceylon a<br />
metà del XII<br />
secolo d.C., quella che faceva capo al ""Gran cenobio"" (Mahavihara), affermatasi in un<br />
definitivo trionfo<br />
contro le rivali grazie al favore del re Parakkama Bahu I. Essa, che reclama per sé l'antico<br />
titolo di ""Dottrina<br />
degli Anziani"" (Theravada) - già portato dal partito conservatore nato con lo scisma della<br />
comunità<br />
buddhista consumatosi in occasione del Concilio di Pataliputra, tenutosi sotto Agoka -,<br />
fornisce oggi una<br />
guida spirituale ai popoli di tutta l'Indocina, là dove la repressione non ne ha indebolito la<br />
presa, ed è la sola<br />
sopravvissuta tra le numerose consorelle della più antica stagione del Buddhismo indiano.<br />
Nella loro<br />
struttura attuale, i diversi testi che compongono il Canone in lingua pali furono messi per<br />
iscritto all'epoca di<br />
Gesù, in occasione d'un Concilio tenutosi nella capitale di Ceylon, Anuradhapura, dominato<br />
dalla figura del
e Vattagamam, poi più volte rimaneggiati nei secoli successivi, fino alla revisione in<br />
concomitanza con il<br />
Concilio tenutosi in Birmania tra il 1868 e il 1871, sotto il re Mindonmin. Dove il confronto<br />
con le<br />
corrispondenti parti dei Canoni d'altre ""sette"", come i Mahisasaka e i Sarvastivadin, è<br />
possibile, questo<br />
lavoro di alterazione emerge limpidamente, come hanno dimostrato in particolare le ricerche<br />
di André<br />
Bareau. Il fondo comune ai diversi Canoni comprendeva sia testi orali direttamente risalenti<br />
alla comunità<br />
attorno a Gautama, sia pie leggende, talora adattate da altra fonte, che dovevano specialmente<br />
esser diffuse<br />
5<br />
nei centri, meta di pellegrinaggio, ricollegati all'una o all'altra tappa importante della carriera<br />
del Buddha:<br />
l'illuminazione, a Gaya, la prima predicazione, a Varanasi (Benares), la morte, a Kuginagara...<br />
In origine<br />
dovette trattarsi di passi brevi o brevissimi, concatenati soltanto in seguito dalla paziente<br />
fatica dei<br />
diascheuasti."<br />
"Il secondo testo che figura nella nostra scelta è appunto un saggio di quella che poté essere<br />
tale primitiva<br />
consistenza delle testimonianze confluite poi nei grandi sutra. Si tratta delle parole<br />
""profferite"" dal Buddha<br />
(Udana), in forma poetica e spesso oscura, in occasione di determinate circostanze. L'asceta<br />
Gautama, negli<br />
altri testi solitamente impassibile e impersonale, privo di qualsiasi profilo individuale<br />
plausibile (a differenza<br />
della sua cerchia, in cui il carattere dei vari discepoli è spesso lumeggiato in modo verisimile -<br />
e coerente -<br />
dal punto di vista delle loro diverse reazioni agli incidenti narrati), qui invece effonde,<br />
trasportato<br />
dall'emozione, l'animo suo e ci appare molto più umano e vicino alla ""storicità"" dei<br />
personaggi<br />
dell'agiografia occidentale. Non mancano, invero, nelle ottantadue brevissime porzioni del<br />
testo, strutturate<br />
come altrettanti sutra, elementi mirabili e apparizioni ultraterrene, che danno ai ""fioretti""<br />
del Buddha un<br />
profumo affine a quello dei racconti francescani che c'incantano nelle nostre pagine<br />
trecentesche. La<br />
sistemazione semicronologica dei passi, così come l'uso di epiteti invalsi relativamente tardi,<br />
quali quello di<br />
Tathagata (""Colui ch'è in tal guisa pervenuto""), mostrano, beninteso, che anche qui è<br />
intervenuto un certo<br />
lavoro d'adattamento, ma la natura stessa dei materiali depone a favore della loro sostanziale<br />
antichità."<br />
Il terzo testo, che con le sue parti in versi sembra riecheggiare le strutture espositive del<br />
precedente, è un<br />
compendio di norme per l'uomo che vive nel mondo,
"dettate al giovane Sirigalaka, da cui il suo titolo (Singalovadasuttanta). Esso apre una serie<br />
d'insegnamenti<br />
che segnaliamo qui in quanto si presentano come non strettamente indirizzati agli asceti. Tali<br />
materiali<br />
costituiscono un aspetto del Buddhismo antico generalmente poco valutato: accade persino di<br />
leggere che le<br />
scuole del cosiddetto ""Grande Veicolo"" (Mahayana) avrebbero esse sole volto ai ""laici"" un<br />
interesse che<br />
era prima interamente concentrato sulla prassi dei ""monaci"". La rivalutazione della figura<br />
del Bodhisattva<br />
rispetto a quella dell'Arhat (Il ""rispettabile"" asceta che ha raggiunto la perfetta<br />
comprensione della dottrina<br />
ed è certo di aver messo fine al meccanismo delle rinascite), centrale nel Buddhismo antico,<br />
starebbe a<br />
testimoniare tale evoluzione. In realtà non soltanto ritroviamo nei testi canonici tutta una<br />
precettistica<br />
indirizzata ai ""laici"" in quanto privati, ma anche una teoria della regalità e dei suoi compiti<br />
specifici. Le è<br />
sottesa una visione della storia del mondo, dell'umanità e del viver sociale che appare<br />
saldamente radicata<br />
nella visione indiana del tempo ciclico, con il suo progressivo degenerare, da epoche auree di<br />
rispetto del<br />
Dharma e di paradisiaca pace universale, fino alla dura realtà quotidiana del matsyanyaya, la<br />
sinistra legge<br />
del pesce grande che divora il pesce piccolo, fondamento della politica e legittimazione del<br />
contratto sociale<br />
che affida al monarca la gestione esclusiva della violenza (danda, ""il bastone"") che<br />
accompagna il potere."<br />
"Il quarto testo, l'Agannasuttanta, si occupa appunto di tale tematica, con un'esposizione di<br />
notevole interesse<br />
diretta a due brahmani, del gotra Vasistha e del gotra Bharadvaja rispettivamente. Le<br />
caratteristiche dei<br />
quattro grandi gruppi sociali indiani, ksatriya (che, significativamente, sono posti innanzi a<br />
tutti gli altri!),<br />
brahmani, vaisya (""quelli del popolo"", produttori di ricchezze) e sudra (""servitori"") sono<br />
passate in<br />
rivista, in quanto suscettibili di biasimo o di lode, senza far distinzione tra le tradizionali<br />
incombenze e i<br />
corrispondenti profili deontologici, che tanta parte prendono nella letteratura non<br />
buddhistica, mentre si<br />
censura espressamente la dottrina del primato dei brahmani, fondamento della prospettiva<br />
ortodossa<br />
dell'ordinamento castale. L'origine di quest'ultimo è poi rintracciata, assieme a quella della<br />
società nel suo<br />
complesso, in una catena d'eventi che inizia con un vero e proprio mito del peccato originale,<br />
posto come<br />
causa di ogni tipo di differenziazione, a cominciare dall'apparire del tempo segnato dalle<br />
evoluzioni dei corpi<br />
celesti. Nutrizione, rapporti sessuali e proprietà compaiono via via, progressivamente<br />
inquinando l'originaria
purezza di esseri tutti eguali tra loro, fino a render necessaria l'espropriazione della libertà<br />
individuale con la<br />
6<br />
scelta di un detentore della regalità. Quasi a far da contraltare a questo culmine negativo, ecco<br />
sorgere la<br />
prassi ascetica, fondata su un'esigenza di recupero della primitiva condizione beata,<br />
superando ogni<br />
differenziazione in una sorta di ""regressione all'utero"" pre-sociale. L'alternarsi dei cicli<br />
cosmici provvede,<br />
ovviamente, una alternativa a questa fuga all'indietro individuale, garantendo la fine dei mali<br />
del mondo<br />
attuale, allorché esso avrà toccato l'estremo della sua parabola d'abbiezione e di sofferenza,<br />
con il ritorno<br />
automatico all'età dell'oro."<br />
"È quanto si discute nel quinto testo della nostra scelta, il Cakkavattisihanadasuttanta, che<br />
prende nome dal<br />
""ruggito leonino dell'Imperatore"". La figura di questi è designata con l'epiteto di a Colui che<br />
fa girare la<br />
ruota"" (Cakravartin), ma anche il Buddha (che - potenzialmente - era destinato al ruolo di<br />
monarca<br />
universale, ove non avesse perseguito la via della conoscenza liberatrice) è ""Quegli che mette<br />
in moto la<br />
ruota"" del Dharma! In effetti, l'ideologia del dominio imperiale propria della dinastia dei<br />
Maurya, in cui il<br />
simbolismo della ruota è centralissimo, pervade ancora la prima parte di questa analisi del<br />
declino della<br />
società e della qualità della vita, in concomitanza con l'eclissarsi via via della funzione regale.<br />
Si direbbe<br />
quasi che il disagio conseguente al crollo dei Maurya e alla frammentazione del quadro<br />
politico indiano nei<br />
secoli immediatamente precedenti l'era cristiana pesi sulla visione espressa nella narrazione,<br />
qui diretta ad<br />
un'assemblea di discepoli. Invece di assistere ad un brusco rivolgimento, come avviene nella<br />
dottrina non<br />
buddhistica delle età cosmiche, il lettore si trova innanzi, una volta giunto al punto di assoluta<br />
negatività<br />
sociale, ad un lento ritorno ai valori già abbandonati e al conseguente miglioramento della<br />
qualità della vita,<br />
che ripercorre, con una sorta di moto pendolare, l'arco del declino dianzi tratteggiato. Ciò che<br />
l'asceta, con il<br />
suo deciso e coerente invertire la tendenza negativa, compie nello spazio d'una sola esistenza,<br />
la società<br />
attinge con una lenta e faticosa riforma dei costumi fino al ritorno all'assoluta positività delle<br />
origini. Alla<br />
figura messianica di Kalkin, il futuro avatara del dio Visnu, che con il suo bianco destriero e la<br />
sua spada<br />
invincibile riporterà, per l'ortodossia brahmanica, il secolo aureo, subentra qui la promessa<br />
del Buddha<br />
futuro, Maitreya (""Il compassionevole""), destinato a venire quando i tempi saranno maturi,<br />
piuttosto che a
provocarne egli stesso, drammaticamente, la fine. Scomparso il ruolo divino di direzione della<br />
vicenda del<br />
mondo, il suo dipanarsi resta affidato alle leggi impersonali del divenire. Ad esse non sfuggono<br />
gli stessi dèi,<br />
a cominciare da Brahma, che la tradizione non buddhista vuole manifestatore delle cose tutte.<br />
Costui, che ha<br />
larga parte nei miti accentrati nella carriera del Buddha, viene spogliato della sua funzione<br />
cosmogonica e<br />
ricondotto nel novero degli esseri soggetti al ciclo delle rinascite."<br />
"Il sesto testo documenta, tra l'altro, gli esiti di questo processo. Brahma, venuto in esistenza<br />
per un processo<br />
spontaneo e legato soltanto al consumarsi del deposito di meriti accumulati in un precedente<br />
ciclo cosmico,<br />
ignora la propria origine ed identità, è convinto, in buona fede, d'essere il Signore e l'Origine<br />
degli esseri. La<br />
sua posizione ci rammenta irresistibilmente quella dello Yhwh veterotestamentario nella<br />
rilettura operata<br />
dagli gnostici: demiurgo all'oscuro delle più profonde realtà che, atemporalmente, lo<br />
precedono, costui<br />
dichiara con le parole di Isaia (XLV, 5): ""Io sono il Signore e non c'è alcun altro; fuori di me<br />
non c'è dio"",<br />
esattamente come qui, nel Patikasuttanta, Brahma proclama: ""Io sono Brahma, il Gran<br />
Brahma,<br />
l'onnipotente, il padrone, il fattore, il creatore, l'altissimo, l'ordinatore, il possente padre di ciò<br />
che fu e<br />
sarà!"" Si tratta di un passo abbastanza rilevante, da venir riprodotto in più versioni: la più<br />
nota è nel<br />
lunghissimo Brahmajalasutta (II, 3, 5)."<br />
"Invero il Buddhismo antico ha molti tratti in comune con le scuole della gnosi mediterranea:<br />
ciò vale<br />
specialmente per la valutazione sostanzialmente negativa dell'esistenza mondana in sé,<br />
dominata da forze<br />
ciecamente protese al suo perpetuarsi (ipostatizzate nel sinistro Mara), contrapposta ad una<br />
Realtà<br />
assolutamente altra, trascendente e ineffabile (che qui è, naturalmente, rappresentata dal<br />
concetto-limite del<br />
Nirvana). Non sappiamo se vi sia stata una effettiva connessione tra le due gnosi, ma molto<br />
porta a supporlo:<br />
così apprendiamo da un'iscrizione di Asoka ch'egli aveva spedito missionari a diversi sovrani<br />
ellenistici,<br />
mentre Clemente Alessandrino mostra di conoscere l'esistenza del Buddha e il nome di sua<br />
madre, Maya,<br />
7<br />
sembra figurare nelle aretalogie isiache. In ogni caso, la nozione dell'ignoranza del presunto<br />
manifestatore<br />
del mondo s'inserisce chiaramente nel disegno della vicenda spirituale indiana: vi si allude in<br />
forma<br />
enigmatica già nella chiusa del famoso Nasavyasukta del Rgveda (X, 129, 6-7): ""Chi davvero<br />
sa, chi qui
potrebbe enunciare dond'è stata generata, dond'è questa manifestazione?... Se invero la stabilì<br />
o se invero no,<br />
Colui ch'è di questo mondo l'eccelso Supervisore, nel sublime spazio celeste, Costui soltanto lo<br />
sa, se pure<br />
non l'ignora!"", mentre nella Brhadaranyakopanisad (I, 4) troviamo uno sviluppo del tema<br />
come fondamento<br />
del timore, oscuro e ingiustificato, provato dal Sé (Atman) venuto in esistenza al principio dei<br />
tempi. Al<br />
contrario, nelle cosmogonie mediterranee degli antecedenti significativi alla dottrina in<br />
discorso non sono<br />
facilmente reperibili! Il Patikasuttanta ha anche altri motivi d'interesse: le rivalità fra gli<br />
antichi asceti, a colpi<br />
di prodigi e di straordinarie operazione di potenza, vi appare vividamente, e porta con sé un<br />
meraviglioso<br />
tutto indiano. Non manca neppure la favola con animali per protagonisti, un genere accolto<br />
largamente nei<br />
racconti delle vite anteriori del Buddha (Jataka), e diffusosi nei secoli in tutto l'antico Oriente,<br />
dove se ne<br />
constata l'impiego per ammaestramento e per diletto come nei racconti d'Esopo e Fedro che ci<br />
sono<br />
familiari."<br />
"Il settimo testo apre il discorso sugl'insegnamenti centrali del Buddhismo antico, orientati a<br />
guidare la prassi<br />
ascetica e a fornire ad essa le basi teoretiche indispensabili all'attingimento dei suoi frutti più<br />
elevati.<br />
Appunto da tali frutti prende nome il Samannaphalasutta, che introduce quale interlocutore<br />
del Buddha il<br />
possente e sinistro monarca dei Maghada, Ajatasatru ("" Colui il cui nemico scilicet capace di<br />
vincerlo - non<br />
è ancora nato""), designato col matronimico Vaidehiputra (""Figlio di [Cellana, principessa]<br />
dei Videha"").<br />
Ancorché la narrazione non vi faccia esplicitamente riferimento, gravano sullo sfondo del<br />
dialogo cupe<br />
vicende, che ne coinvolgono entrambi i protagonisti. Su consiglio del malvagio cugino di<br />
Gautama,<br />
Devadatta, Ajatasatru avrebbe organizzato una congiura contro l'anziano genitore e, una volta<br />
ottenutane<br />
l'abdicazione, l'avrebbe messo a morte - otto anni prima della estinzione del Nirvana di<br />
Gautama stesso.<br />
Quando si consideri che il defunto re, Bimbisara, era ritenuto assai favorevole al Buddha, e<br />
che, sempre per<br />
istigazione di Devadatta, Ajatasatru avrebbe consentito a un attentato contro il maestro<br />
(lasciando libero sulla<br />
sua strada il feroce elefante da battaglia Dhanapala), l'impeccabile cortesia con cui questi già<br />
si rivolge<br />
permetterà d'apprezzarne vieppiù il distacco dal mondo e l'equanimità. L'autocrate ci appare<br />
- secondo un<br />
modello ideale di regalità attenta alle speculazioni più sottili dei maitres-à-penser<br />
contemporanei
testimoniato da numerosi testi dell'India antica, a cominciare dalle famose a Domande di re<br />
Menandro""<br />
(Milindapanha) - curioso degl'insegnamenti eterodossi rispetto alla tradizione brahmanica e<br />
ne riassume<br />
concisamente i principali. Si tratta di un prezioso repertorio di notizie sulla predicazione di<br />
guide spirituali<br />
contemporanee a Gautama, che consente di cogliere lo sfondo su cui egli viene a situarsi,<br />
sebbene la<br />
presentazione delle dottrine rivali sia - qua e là - deformata quasi ai limiti della caricatura.<br />
Così, se è ancora<br />
possibile riconoscere i tratti del severo fatalismo di Gopala ""il Bardo"" (Maskarin), fondatore<br />
della ""setta""<br />
degli Allvika, la complessa etica del Tainismo, fondata quanto quella buddhistica - e più di<br />
essa! - sulla nonviolenza<br />
(ahimsa), non emerge affatto dalle parole riportate del suo iniziatore, Vardhamana ""il<br />
Vincitore""<br />
(Jina, epiteto dello stesso Gautama), a il Grande Eroe"" (Mahavira), ""il Facitore del guado""<br />
dell'oceano<br />
delle rinascite (Tirthamkara). Designato con l'epiteto di a Libero da nodi"" (Nirgrantha) e col<br />
patronimico<br />
Nayaputra (""Figlio del [principe Siddhartha della schiatta dei] Naya""), questi è presentato da<br />
Ajatasatru<br />
che era suo parente! - discettante sulla figura dell'asceta in oscuri rapporti con le ""acque""<br />
(vari), forse<br />
metafora del flusso di materia entro la coscienza - in concomitanza con la condotta<br />
egoisticamente motivata -<br />
(asrava), o allusione alla rappresentazione mentale dell'alluvione destinata a spazzar via le<br />
contaminazioni<br />
mentali (varunidharana), importante momento dello yoga jainistico. In contrasto con<br />
l'inconcludente caos<br />
delle esposizioni a suo tempo ascoltate da Ajatasatru, il Buddha gli spiega con persuasiva<br />
eloquenza l'ascesi<br />
e i suoi frutti. Dapprima egli lo conduce ad ammettere - in un linguaggio sorprendentemente<br />
""democratico""! - la promozione di status goduta nella società indiana da ogni asceta,<br />
prescindendo dalla<br />
sua prassi e dalle dottrine ad essa soggiacenti, poi traccia, sullo sfondo quasi picaresco dei<br />
costumi poco<br />
8<br />
dignitosi o troppo liberi della massa degli yogin itineranti dei suoi tempi, un quadro delle<br />
regole di vita per i<br />
propri seguaci, in termini prevalentemente negativi. Segue la precettistica positiva, che vien<br />
dipanando, in<br />
termini standardizzati costantemente ripresi nel Canone pali, il percorso meditativo seguito<br />
dall'asceta<br />
buddhista, gradino per gradino. Gli stati di consapevolezza via via attinti sono descritti e<br />
illustrati con<br />
attraenti similitudini, ma Ajatasatru, pur favorevolmente impressionato dalla lunga serie<br />
d'istruzioni, si limita<br />
ad una professione di rifugio nel Buddha ed alla confessione del proprio parricidio, senza<br />
deporre le insegne
egali per la veste ocra del rinunciatario. Gautama commenta che la macchia contratta col<br />
parricidio stesso<br />
gli ha precluso la comprensione ultima del Dharma così pazientemente insegnatogli."<br />
Ancora una volta si respira il meraviglioso nell'ottavo testo, il Kevaddhasutta, dove una<br />
classificazione delle<br />
varie capacità paranormali attingibili mediante l'ascesi è seguita dalla narrazione dei viaggi<br />
celesti di un<br />
praticante, che riprende un tema caro alla letteratura apocalittica in Occidente. La ricerca d'un<br />
substrato<br />
unitario dei quattro elementi che formano il mondo, mentre spinge alla sua ascesa in reami<br />
paradisiaci<br />
l'asceta, animato da un astratto spirito d'indagine intellettualistica, offre il destro al redattore<br />
della narrazione<br />
per porre in rilievo al solito la nescienza di Brahma. Essa sbocca in ultimo nella scoperta del<br />
fine, ben più<br />
esistenzialmente significativo, del Nirvana. Su questo sfondo s'inserisce nuovamente la<br />
presentazione<br />
standardizzata dell'iter ascetico del perfetto discepolo del Buddha.<br />
"La pratica meditativa, fondata sull'esercizio continuato dell'attenzione non coinvolta portata<br />
sui diversi<br />
momenti della vita psicofisiologica, è, anzitutto, resa attraente, nell'esposizione diretta ai<br />
""laici"", attraverso<br />
l'elenco dei suoi sottoprodotti, appartenenti alla sfera del folklore yogico, mentre agli<br />
""addetti ai lavori""<br />
essa interessa come via di superamento delle false identificazioni dell'""io"" con l'uno o l'altro<br />
settore<br />
dell'esistenza esteriore Si tratta di utilizzare la consapevolezza (vyjana, lett. ""conoscenza<br />
comprensiva""),<br />
momento culminante del processo di percezione dell'universo oggettuale e ubi consistam del<br />
senso d'identità<br />
personale, come strumento di indebolimento e poi di negazione di questa stessa identità,<br />
identificata dal<br />
pensiero buddistico (ma non sappiamo se dallo stesso Gautama!) con l'Atman del lessico<br />
brahmanico, il Sé<br />
imperituro ed atemporale che funge, appunto, da testimone della vita dei sensi e della mente.<br />
""Questo non<br />
sono io, questo non è il mio Atman"", ripete il meditante buddhista, prendendo in<br />
considerazione i vari strati<br />
della propria struttura corporea e dei propri flussi e riflussi sensoriali e psichici, sistemati in<br />
cinque skandha<br />
(""complessi"", ""aggregati"") via via più intimi. La conclusione è che non vi è da nessuna<br />
parte un Atman<br />
suscettibile d'essere scoperto. Fino a qui l'indagine buddhistica riproduce, mutatis mutandis,<br />
quella vedantica,<br />
fondata negli antichi insegnamenti delle Upanisad. Ma mentre quest'ultima sbocca nella presa<br />
di coscienza di<br />
un Atman ch'è il puro soggetto immanente nell'indagatore, irriducibile al mondo oggettuale su<br />
cui la ricerca<br />
s'era esercitata fino a quel momento, il procedere buddhistico s'arresta alla disidentificazione<br />
e proclama che
l'Atman stesso è uno pseudo-concetto. Questa comprensione liberatrice è possibile soltanto<br />
quando<br />
gl'""ingorghi"" impuri della vita mentale (asrava) sono stati vinti dalla paziente fatica di<br />
riorientamento di<br />
essa, cui la prassi ascetica in primissimo luogo mira."<br />
"Il nono testo, fondamentale per la comprensione di tale prassi, è chiamato<br />
Mahasatipatthanasuttanta, dai<br />
quattro ""pilastri dell'attenzione/memoria"" (smrtyupasthana) su cui esso particolarmente<br />
indugia. Di<br />
notevole rilievo vi è la presentazione delle quattro Nobili Verità (Aryasatya) legate alla<br />
predicazione<br />
buddhistica fin dalle origini, che ripropongono la scoperta del disagio esistenziale (duhkha; il<br />
termine non<br />
designa soltanto il dolore e la sofferenza, ma più in generale ogni forma di esperienza negativa<br />
e<br />
traumatizzante) seguendo il formalismo dell'antica medicina indiana: a) individuazione della<br />
presenza del<br />
morbo in base alla constatata presenza dei sintomi di esso; b) ricerca dell'eziologia del morbo;<br />
c)<br />
accertamento dell'efficacia della rimozione delle cause del morbo, in quanto producente la<br />
scomparsa dei<br />
sintomi; d) prescrizione della cura vera e propria. Questa consiste nell'Ottuplice Sentiero<br />
(Astangamarga),<br />
probabilmente la più antica sistematizzazione dell'iter ascetico buddhistico, le cui tappe sono<br />
qui chiaramente<br />
9<br />
descritte. Il nesso tra disagio esistenziale e coinvolgimento involontario nel rapporto con<br />
l'oggetto, sentito<br />
come sete (trsna) nei confronti dell'oggetto medesimo, è il punto forte della struttura delle<br />
Nobili Verità, e la<br />
sua scoperta è tutt'uno con il ""risveglio"" che fa di Gautama il Buddha della sua epoca. Tale<br />
nesso viene<br />
esplicitato per tempo - in stretta associazione con una teoria del ciclo delle rinascite che si<br />
sforza di fare a<br />
meno della nozione di un Atman trasmigrante di corpo in corpo - attraverso l'analisi del<br />
processo del<br />
pratityasamutpada (""sorgere in concomitanza con il verificarsi di condizioni date""). Si tratta<br />
del momento<br />
teoretico sentito come di maggiore importanza nel Buddhismo antico, rivalutato poi anche<br />
dalle scuole del<br />
""Grande Veicolo"", in ispecie da quella che fa capo al maestro Nagarjuna (II secolo d.C.), che<br />
fonda in esso<br />
la sua dottrina della vacuità (sunyata) di tutti i momenti del divenire, in quanto destituiti di<br />
autonomia<br />
ontologica."<br />
"Ad esso è dedicato il decimo testo, che prende il nome di Mahanidanasuttanta dalle tappe del<br />
processo in<br />
discorso, presentate come altrettante cause/condizioni (nidana) nei confronti delle tappe<br />
immediatamente
successive. Vi si trova anche una critica articolata delle teorie relative all'Atman (reso con<br />
""anima"" dal<br />
Frola) che mostra ancora una volta l'attenzione degli ambienti buddhistici alle componenti del<br />
pensiero<br />
indiano diverse dal loro indirizzo. Giova ricordarlo, il Buddhismo è anche una ""filosofia""!<br />
Segnaliamo<br />
altresì la corrispondenza stabilita tra i diversi stati di meditazione ed una serie di condizioni<br />
paradisiache<br />
sempre più elevate. Si tratta di una nota caratteristica della riflessione indiana sullo yoga fin<br />
dall'epoca preclassica,<br />
che ritroviamo tanto in testi tecnici come il commento agli Yogasutra ascritto a Vyasa, quanto<br />
nelle<br />
dominanti sillogi puraniche ed agamiche che ispirano la più matura visione induistica. Del<br />
resto, la tradizione<br />
assegna una visione siffatta già ai maestri di Gautama, che l'avrebbero guidato<br />
rispettivamente<br />
all'attingimento del settimo ed ottavo stato sopracosciente: Arada Kalama di Vaisall, nel<br />
territorio della<br />
repubblica aristocratica di Vrjji, e il meno caratterizzato Udraka Ramaputra di Rajagrha,<br />
l'antica capitale dei<br />
Magadha. Di fatto, la capacità di accedere via via a queste stazioni sempre più rarefatte di<br />
esercizio<br />
dell'attenzione, fino ai gradi di attenzione vuota in cui la pratica culmina, sono condizione<br />
necessaria, ma non<br />
sufficiente alla esperienza terminale del Nirvana. Allorché il Buddha stesso si spegne, tale<br />
esperienza è detta<br />
comportare dapprima l'ascesa fino alla condizione più elevata, quella in cui non v'è più<br />
presenza né assenza<br />
d'attenzione (naivasamjnanasamjnayatana), indi la ridiscesa graduale allo stato di<br />
consapevolezza empirico.<br />
Come un pendolo che abbia descritta in tal modo interamente la propria curva, acquistando<br />
movimento ed<br />
energia, la coscienza del movente riparte poi verso gli stati più elevati fino a raggiungere la<br />
quarta<br />
esperienza. Qui, a metà tra il mondo delle forme (rupadhatu) e quello dell'informe<br />
(arupyadhatu), quasi<br />
aprendosi uno spazio interstiziale per uscire definitivamente dal cosmo, il Buddha si estingue<br />
(Mahaparinibbanasuttanta, VI, 8-9). A parte il ricorso al motivo ""pendolare"", che già<br />
avevamo notato a<br />
proposito delle età cosmiche, questo passo (in cui concordano sostanzialmente le varianti<br />
della narrazione<br />
appartenenti ai diversi Canoni in lingua diversa dalla pali sopravvissuti fino a noi,<br />
mostrandone l'antichità!)<br />
rivela l'importanza tutta particolare della ""via di mezzo"" fra affermazione e negazione, tanto<br />
spesso<br />
reperibile nelle fonti buddhistiche. Val la pena di segnalare che, appunto in corrispondenza<br />
della divisione<br />
fra i due mondi accennati, i maestri del ""Grande Veicolo"" pongono il ""corpo fruitivo"" del<br />
Buddha
(Sambhogakaya), sempre risplendente innanzi alla visione trascendente dei bodhisattva.<br />
L'estinzione<br />
dell'asceta Gautama viene così a configurarsi come una sorta di riassorbimento nella sua<br />
realtà archetipale..."<br />
L'undicesimo testo ci trasporta ancora una volta nei mondi divini, con maggior vividezza del<br />
consueto e una<br />
certa rivalutazione del ruolo di Brahma (o almeno di un Brahma!). La narrazione della entità<br />
celestiale dalla<br />
quale trae nome il Janavasabhasuttanta, ancorché destinata, ancora una volta, a servir da<br />
quadro ad<br />
un'esposizione di temi dottrinali, folgora di luci trascendenti e anticipa le vivaci visioni dei<br />
sutra mahayanici.<br />
"Terminata la visitazione di questi materiali, si spera che il lettore, ormai edotto dei contenuti<br />
e del tono<br />
degl'insegnamenti buddhistici, sia in grado di apprezzare e gustare la gemma<br />
dell'apoftegmatica in lingua<br />
10<br />
pali, che chiude la scelta propostagli: Il dodicesimo testo è, infatti il famoso Dhammapada<br />
(""Impronta del<br />
Dharma""), raccolta di 423 strofe, molte delle quali reperibili, con le circostanze in cui furono<br />
pronunciate, in<br />
altre porzioni del Canone. L'elevatezza dei precetti, la sobria dignità dell'espressione, l'uso<br />
sapiente delle<br />
similitudini, la vigorosa impostazione stilistica, là dove le ripetizioni veicolano l'appassionata<br />
convinzione<br />
del poeta-maestro, fanno di questa breve eppur grande opera un classico degno di figurare<br />
nella biblioteca<br />
spirituale dell'umanità."<br />
MARIO PIANTELLI<br />
NOTA BIBLIOGRAFICA<br />
Nella presente edizione, si sono conservate le annotazioni dei curatori, P. Filippani-Ronconi ed<br />
E. Frola,<br />
contenute nella più vasta edizione del Canone Buddhista (2 Voll., UTET, Torino 1967-68) cui il<br />
lettore è<br />
rimandato per approfondimenti e per una sommaria bibliografia ragionata.<br />
"Più vasta è la bibliografia che correda il bel saggio di 0. BOTTO, Buddha, Esperienze, Fossano<br />
1974, PP.<br />
209-221 (ristampato per i tipi di Mondadori nella collana ""Uomini e religioni"", 1984) e<br />
quella in appendice<br />
alla Storia del Buddhismo, di A. PEZZALI (EMI, Bologna 1983, PP.391-433). Vale la pena di<br />
ricordare,<br />
comparsi più di recente, Der buddhistische Kanon: eine Bibliographie, di G. GRONBOLD<br />
(Harassowitz,<br />
Wiesbaden, 1984), di speciale interesse per rendersi conto dell'imponente letteratura che fa<br />
da sfondo ai testi<br />
qui presentati, e En suivant Bouddha, di A. BAREAU (Lebaud, Paris 1985), con una vasta scelta<br />
dai Canoni<br />
delle diverse ""sette"" del Buddhismo antico, ordinata biograficamente e colma di preziose<br />
annotazioni.
Degna di nota è anche la bibliografia sparsa nelle note del Buddhismo e Cristianesimo in<br />
dialogo, di M.<br />
ZAGO (Città nuova, Roma 1985), che contiene più di quanto non prometta il titolo. Recente è<br />
la traduzione<br />
italiana del saggio di H.W. SCHUMANN, Der Histortsche Buddha, Diederichs, Koln 1982 (trad.<br />
it., Il<br />
Buddha storico, Salerno, Roma 1986), con una bibliografia circostanziata, cosa come La<br />
spiritualità<br />
buddhista, ancora di M. ZAGO (Studium, Roma 1986), con piccola bibliografia alle pp. 7579 e<br />
scelta di testi<br />
in appendice. Da ultimo, si possono segnalare le traduzioni italiane dei classici The Central<br />
Philosophy of<br />
Buddhismo, di T.V.R. MURTI (Allen & Unwin, London 1955; it., La filosofia centrale del<br />
Buddhismo,<br />
Ubaldini, Roma 1983), Buddhism Thought in India, di E. CONZE (Allen 8, Unwin, London 1962;<br />
trad. it., il<br />
pensiero del Buddhismo indiano, Ed. Mediterranee, Roma 1988) e Buddhist Philosophy in<br />
Theory and<br />
Practice, di H. GUEETHER (Shambala, Berkeley 1971; trad. it., La filosofia buddhista nella<br />
teoria e nella<br />
pratica, Ubaldini, Roma 1975), che aiuteranno il lettore ad orientarsi nei labirinti delle diverse<br />
scuole di<br />
pensiero buddhistiche."<br />
M.P.<br />
Aforismi e discorsi del Buddha<br />
11<br />
MAHAPADANASUTTANTA<br />
(LA GRANDE LEGGENDA)<br />
PRIMA PARTE<br />
Così ho sentito:<br />
"1. Un tempo il Sublime dimorava a Savatthi nel Jetavana, il parco di Anathapindika, in una<br />
piccola capanna<br />
di Rosa Muschiata. Allora a molti monaci, tornati dal giro di elemosina, dopo il pasto, nel<br />
rotondo padiglione<br />
di Rosa Muschiata, insieme seduti, insieme riuniti, sorse una conversazione sui tempi passati:<br />
""Così erano i<br />
tempi passati, così erano i tempi passati""."<br />
2. Udì il Sublime col divino orecchio purificato, sorpassante la condizione umana, la<br />
conversazione di quei<br />
monaci. Allora il Sublime, sorto da sedere, si diresse al rotondo padiglione di Rosa Muschiata<br />
ed entratovi si<br />
sedé su di un apprestato sedile. Sedutosi il Sublime si rivolse ai monaci:<br />
Ajatasatru Per quale conversazione, o monaci, siete ora insieme seduti, quale era il mutuo<br />
discorso ora<br />
interrotto? .<br />
"Così essendo stato detto, un monaco disse al Sublime così: ""Ecco, o signore, a noi, tornati dal<br />
giro di<br />
elemosina, dopo il pasto, nel rotondo padiglione di Rosa Muschiah, insieme seduti, insieme<br />
riuniti, sorse una
conversazione sui tempi passati: "" così erano i tempi passati, così erano i tempi passati"".<br />
Questa la mutua<br />
conversazione interrotta allorquando comparve il Sublime ""."<br />
"3. ""Non desiderereste voi, o monaci, udire un discorso sui tempi passati ? ""."<br />
Di ciò è tempo , o sublime, di ciò è tempo, o Benvenuto, ciò che il sublime vorrà dire sui tempi<br />
passati i<br />
monaci, udendo dal Sublime, lo ricorderanno.<br />
Pertanto udite , o monaco, o ponete ben mente: io parlerò<br />
Sì, o signore, assentirono i monaci al Sublime.<br />
Il Sublime così disse:<br />
"4. ""Fu nel 9l° evo, o monaci, che Vipassi il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />
sorse nel<br />
mondo; fu nel 31° evo, o monaci, che Sikhi il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />
sorse nel<br />
mondo; fu nel medesimo 31° evo che Vessabhu il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato, sorse nel<br />
mondo. Fu nel nostro felice evo, o monaci, che Kakusandha il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato sorse nel mondo. E fu nel nostro felice evo che Konagamana il Sublime Santo,<br />
Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato sorse nel mondo. E fu nel nostro felice evo che Kassapa il Sublime<br />
Santo, Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato, sorse nel mondo. E fu nel nostro felice evo, o monaci, che io attuale<br />
Santo, Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato, son sorto nel mondo."<br />
5. Vipassi, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita nobile,<br />
sorse nella<br />
classe dei nobili. Sikhi, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di<br />
nascita nobile,<br />
sorse nella classe dei nobili. Vessabhu, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato, fu di<br />
nascita nobile, sorse nella classe dei nobili. Kakusandha, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, fu di nascita brahmano, sorse nella classe dei brahmani. Konagamana, o monaci, il<br />
Sublime,<br />
12<br />
Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita brahmano, sorse nella classe dei<br />
brahmani. Kassapa, o<br />
monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita brahmano, sorse<br />
nella classe dei<br />
brahmani. Io, o monaci, attuale Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, sono di nascita<br />
nobile, sorsi nella<br />
classe dei nobili.<br />
6. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia<br />
Kondanna. Sikhi, o<br />
monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kondanfia.<br />
Vessabhu, o monaci,<br />
il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kondanna. Kakusandha, o<br />
monaci, il
Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kassapa. Konagamana, o<br />
monaci, il Sublime<br />
Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kassapa. Kassapa, o monaci, il Sublime<br />
Santo,<br />
Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kassapa. Io, o monaci, attuale Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, sono di famiglia Gotama.<br />
7. Di Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata della vita<br />
fu di 80.000<br />
anni. Di Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata della vita<br />
fu di 70.000<br />
anni. Di Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata<br />
della vita fu di<br />
60.000 anni. Di Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la<br />
durata della<br />
vita fu di 40.000 anni. Di Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato, la<br />
durata della vita fu di 30.000 anni. Di Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, la durata della vita fu di 20.000 anni. A me, o monaci, attuale Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, è un breve insignificante tempo di vita, facilmente danneggiabile, colui che ora vive<br />
a lungo vive<br />
cent'anni o poco più.<br />
8. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse<br />
l'illuminazione al tronco<br />
di una bignonia. Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse<br />
l'illuminazione al tronco di un loto bianco. Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto.<br />
perfettamente<br />
Svegliato, raggiunse l'illuminazione al tronco di un albero di sala. Kakusandha, o monaci, il<br />
Sublime Santo,<br />
Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse l'illuminazione al tronco di una acacia.<br />
Konagamana, o monaci,<br />
il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse l'illuminazione al tronco di una<br />
ficus<br />
glomerulata. Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse<br />
l'illuminazione al tronco di una ficus indica. Io, o monaci, attuale Santo, Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato,<br />
raggiunsi l'illuminazione al tronco di una ficus religiosa.<br />
9. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di<br />
discepoli di<br />
nome Kanda e Tissa, eccelsa nobile coppia. A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, fu una coppia di discepoli di nome Abhibhu e Sambhava, eccelsa nobile coppia. A<br />
Vessabha, o<br />
monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di discepoli di nome<br />
Son e Uttara,<br />
eccelsa nobile coppia. A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato, fu una
coppia di discepoli di nome Vidhura e Sarijiva, eccelsa nobile coppia. A Konagamana, o<br />
monaci, il Sublime<br />
Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di discepoli di nome Bhiyyos e Uttara,<br />
eccelsa nobile<br />
coppia. A Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato fu una coppia<br />
di discepoli<br />
di nome Tissa e Bharadvaja, eccelsa nobile coppia. A me, o monaci, è ora una coppia di<br />
discepoli di nome<br />
Sariputta e Moggallana, eccelsa nobile coppia.<br />
10. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, furono tre classi di<br />
discepoli.<br />
Una di queste classi fu di 6.800.000 monaci, una di queste classi fu di 100.000 monaci, una di<br />
queste classi<br />
fu di 80.000 monaci. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, le<br />
tre classi<br />
furono di discepoli tutti liberi dagli asava.<br />
A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, furono tre classi di<br />
discepoli. Una di<br />
queste classi fu di 100.000 monaci, una di queste classi fu di 80.000 monaci, una di queste<br />
classi fu di 70.000<br />
monaci. A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, le tre classi<br />
furono di<br />
discepoli tutti liberi dagli asava.<br />
A Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, furono tre classi di<br />
discepoli.<br />
13<br />
Una di queste classi fu di 80.000 monaci, una di queste classi fu di 70.000 monaci, una di<br />
queste classi fu di<br />
60.000 monaci. A Vessabha o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, le<br />
tre classi<br />
furono di discepoli tutti liberi dagli asava.<br />
A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una sola classe<br />
di discepoli,<br />
di 40.000 monaci. A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato, questa<br />
classe fu di discepoli tutti liberi dagli asava.<br />
A Konagamana, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una sola classe di<br />
discepoli di 30.000<br />
monaci. A Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, questa<br />
classe fu di<br />
discepoli tutti liberi dagli asava.<br />
A Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una sola classe di<br />
discepoli di<br />
20.000 monaci. A Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />
questa classe fu di<br />
discepoli tutti liberi dagli asava.<br />
A me, o monaci, attualmente è una sola classe di discepoli di 1350 monaci. A me, o monaci,<br />
questa classe è<br />
di discepoli tutti liberi dagli asava.
I l. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu personale<br />
attendente, nobile<br />
personale attendente, un monaco di nome Asoka. A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di<br />
nome<br />
Khemankara. A Vessabhu o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu<br />
personale<br />
attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Upasannaka A Kakusandha, o<br />
monaci, il<br />
Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu personale attendente, nobile personale<br />
attendente, un<br />
monaco di nome Buddhija. A Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato, fu<br />
personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Sotthija. Kassapa, o<br />
monaci, il<br />
Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu personale attendente, nobile personale<br />
attendente, un<br />
monaco di nome Sabbamitta. A me, o monaci, è ora personale attendente, nobile personale<br />
attendente, il<br />
monaco Ananda.<br />
12. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il re di<br />
nome<br />
Bandhuma, la divina Bandhumati fu madre e genitrice. La città di nome Bandhumati fu<br />
capitale del re<br />
Bandhuma.<br />
A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il re di nome<br />
Aruna, la<br />
divina Pabhavati fu madre e genitrice. La città di nome Arunavati fu capitale del re Aruna.<br />
A Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il re di<br />
nome Suppatita,<br />
la divina Yasavati fu madre e genitrice. La città di nome Anopama fu capitale del re Suppatita.<br />
A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il<br />
brahmano di nome<br />
Aggidatta, la brahmana Visakha fu madre e genitrice. In quel tempo, o monaci, era re Khema.<br />
La città<br />
Khemavati era la capitale del re Khema.<br />
A Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il<br />
brahmano<br />
Yannadatta, la brahmana Uttara fu madre e genitrice. In quel tempo, o monaci, era re Sobha.<br />
La città di nome<br />
Sobhavati era la capitale del re Sobha.<br />
A Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il brahmano<br />
Brahmadata,<br />
la brahmana Dhanavati fu madre e genitrice. In quel tempo, o monaci, fu re Kiki. La città di<br />
nome Baranasi<br />
(1) fu la capitale del re Kiki.<br />
"A me, o monaci, è padre il re Suddhodana, la divina Maya fu madre e genitrice. Capitale la<br />
città di<br />
Kapilavatthu""."<br />
Così parlò il Sublime. Così avendo parlato, il Benvenuto sorse da sedere e rientrò nella dimora.
13. Allora, ai monaci, dopo la dipartita del Sublime, sorse questa conversazione:<br />
"È meraviglioso, o amici, è straordinario, o amici, la grande potenza, la grande maestà del<br />
Compiuto. Infatti<br />
certamente il Compiuto ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno superato gli<br />
impedimenti,<br />
interrotto l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel<br />
nome, li ricorda<br />
14<br />
nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda<br />
nelle classi di<br />
discepoli: così furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i<br />
comportamenti,<br />
queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio così furono<br />
questi<br />
Sublimi"". E che, o amici? Al Compiuto non è forse presente una suprema forza, tale che<br />
essendo a lui ben<br />
presente questa suprema forza, il Compiuto ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che<br />
hanno superato<br />
gli impedimenti, interrotto l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella<br />
stirpe, li ricorda nel<br />
nome, li ricorda nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nelle classi di<br />
discepoli, li ricorda<br />
nei principali discepoli: "" così furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le<br />
famiglie, questi i<br />
comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni.<br />
Proprio così furono<br />
questi Sublimi""""."<br />
Questa era la mutua conversazione dei monaci.<br />
14. Allora il Sublime, fattasi sera, uscito dalla meditazione, si diresse al rotondo padiglione di<br />
Rosa<br />
Muschiata. Entrato sedé sull'apprestato sedile, sedutosi così il Sublime si rivolse ai monaci:<br />
Per quale conversazione, o monaci, siete assieme seduti, quale era la mutua conversazione ora<br />
interrotta?.<br />
Così essendo stato detto, i monaci dissero al Sublime così:<br />
" Ecco, o signore, a noi, dopo la dipartita del Sublime, sorse questa conversazione: è<br />
meravigliosa, o amici,<br />
è straordinaria, o amici, la grande potenza, la grande maestà del Compiuto. Infatti certamente<br />
il Compiuto<br />
ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno superato gli impedimenti, interrotto<br />
l'andare, esausto<br />
il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella<br />
famiglia, li ricorda<br />
nella durata della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda nelle classi di discepoli: '<br />
così furono<br />
durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste<br />
le dottrine,<br />
questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio così furono questi Sublimi'. E<br />
che, o amici? Al<br />
Compiuto non è forse presente una suprema forza, tale che essendo a lui ben presente questa<br />
suprema forza,
il Compiuto ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno superato gli<br />
impedimenti, interrotto<br />
l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li<br />
ricorda nella<br />
famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nelle classi di discepoli, li ricorda nei<br />
principali<br />
discepoli: ' così furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i<br />
comportamenti,<br />
queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio così furono<br />
questi Sublimi '.<br />
Forse che gli dèi diedero al Sublime questa possibilità con cui il Compiuto ricorda gli antichi<br />
Buddha,<br />
totalmente estinti, che hanno superato gli impedimenti, interrotto l'andare, esausto il circolo,<br />
spenta<br />
l'agitazione, li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella famiglia, li ricorda nella<br />
durata della<br />
vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda nelle classi di discepoli: ' così furono durante<br />
la vita quei<br />
Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste le dottrine, questi i<br />
saperi, queste le<br />
dimore, queste le liberazioni Proprio così furono questi Sublimi'?"". Questa era la mutua<br />
conversazione<br />
interrotta allorquando comparve il Sublime""."<br />
"15. o Proprio, o monaci, così è dal Compiuto ben conosciuta una regola universale per la<br />
conoscenza della<br />
quale il Compiuto, ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno troncato gli<br />
impedimenti,<br />
interrotto l'andare, esausto il circolo, spinta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel<br />
nome, li ricorda<br />
nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda<br />
nelle classi di<br />
discepoli: "" così furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i<br />
comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni"".<br />
Proprio così<br />
furono questi Sublimi. Gli dèi (2) diedero questa possibilità al Sublime, colla quale il Sublime<br />
ricorda gli<br />
antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno troncato gli impedimenti, interrotto l'andare,<br />
esausto il circolo,<br />
spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella famiglia, li<br />
ricorda nella durata<br />
della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda nelle classi di discepoli: "" così furono<br />
durante la vita<br />
quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste le dottrine,<br />
questi i saperi,<br />
queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio così furono questi Sublimi"". Non desidereste<br />
voi, o monaci,<br />
15<br />
udire un altro discorso sui tempi passati? ""."<br />
Di ciò è tempo, o Sublime, di ciò è tempo, o Benvenuto. Quell'ulteriore discorso sui tempi<br />
passati, che il
Sublime ci farà, i monaci avendolo udito lo ricorderanno .<br />
Pertanto udite, o monaci, e ponete ben mente: io parlerò .<br />
Sì, o signore, assentirono i monaci al Sublime.<br />
Il Sublime così disse:<br />
"16. ""Fu proprio, o monaci, il 91° evo quello in cui Vipassi il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, sorse nel mondo. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato, fu di<br />
nascita nobile, sorse nella classe dei nobili. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, fu di famiglia Kondanna. Di Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, la durata della vita fu di 80.000 anni. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, raggiunse l'illuminazione, al tronco di una bignonia. A Virassi, o monaci, il Sublime<br />
Santo,<br />
Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di discepoli, di nome Khanda e Tissa, eccelsa<br />
nobile coppia.<br />
A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, furono tre classi di<br />
discepoli. Una<br />
di queste classi fu di 6.800.000 monaci, una di queste classi fu di 100.000 monaci, una di<br />
queste classi fu di<br />
80.000 monaci. A Virassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, le tre<br />
classi furono<br />
di discepoli tutti liberi dagli asava. A Virassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato,<br />
fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Asoka. A Vipassi, o<br />
monaci, il<br />
Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il re di nome Bandhuma, la divina<br />
Bandhumati fu<br />
madre e genitrice, la città di nome Bandhumati fu capitale del re Bandhuma."<br />
"17. Ecco o monaci, il Bodhisatta (3) Vipassi, trapassando dal coro degli dèi Tubista (4) entrò<br />
consapevole,<br />
cosciente nel grembo della madre. E questa è una regola. E vi è, o monaci, questa regola:<br />
allorquando il<br />
Bodhisatta, trapassando dalla classe degli dèi Tubista, entra nel grembo della madre, allora<br />
nel mondo, coi<br />
suoi dèi, colle sue schiere di Mara, colle sue schiere di Brahma, coi suoi asceti e brahmani,<br />
colle sue<br />
generazioni di dèi e di uomini, un immenso eccelso splendore si manifesta, sorpassante il<br />
divino splendore<br />
degli dèi. Ed anche nei mondi intermedi, infelici, disordinati, bui, oscuri, nei quali questo sole e<br />
questa luna,<br />
così potenti, così magnifici, non penetrano colla loro luce, anche là si manifesta un immenso,<br />
eccelso<br />
splendore sorpassante la divina magnificenza degli dèi. E gli esseri, colà sorti, per quello<br />
splendore<br />
mutuamente si riconoscono: "" Vi sono certo altri esseri qui sorti "". E questo universo di<br />
10.000 mondi
freme, trema, si muove. Un immenso, eccelso splendore si manifesta nel mondo sorpassante la<br />
divina<br />
magnificenza degli dèi. Questa è una regola. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il<br />
Bodhisatta è<br />
entrato nel grembo della madre, allora quattro figli di dèi sopravvengono dalle quattro regioni<br />
per protezione:<br />
"" Non il Bodhisatta, non la madre del Bodhisatta, o uomo, o non uomo, o chicchessia<br />
offenda"". Questa è<br />
una regola."<br />
18. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta è sceso nel grembo della madre,<br />
la madre<br />
rimane naturalmente (5) osservante le regole di comportamento: si astiene dall'uccidere, si<br />
astiene dal non<br />
dato, si astiene da [cattivo stato per] brama, si astiene da menzogna, si astiene da vino,<br />
liquore, bevande<br />
eccitanti. Questa è una regola.<br />
19. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta è scese nel grembo della madre,<br />
nella madre<br />
del Bodhisatta non sorge più pensiero di desiderio vincolante nei riguardi di uomini e, senza<br />
pensiero<br />
pungente, la madre del Bodhisatta non è con mente passionale verso alcun uomo (6). Questa è<br />
una regola.<br />
20. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta è sceso nel grembo della madre,<br />
la madre del<br />
Bodhisatta, pur nel possesso dei cinque tronchi del desiderio, pur dotata e provvista dei<br />
cinque tronchi del<br />
desiderio, li domina. Questa è una regola.<br />
"21. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta è sceso nel grembo della madre,<br />
alla madre<br />
del Bodhisatta non sorge alcuna tristezza. Beata è la madre del Bodhisatta, sana di corpo. La<br />
madre del<br />
Bodhisatta vede il Bodhisatta nella parte sinistra dell'utero, con ogni, anche pur minimo,<br />
organo. Come, o<br />
monaci, vi fosse un gioiello prezioso, puro, eccellente, a otto facce, ben tagliato, trasparente,<br />
chiaro,<br />
16<br />
provvisto di ogni qualità, ed in questo vi fosse infilato un filo azzurro, o giallo, o rosso, o<br />
bianco, e vi fosse<br />
un uomo di buona vista che avendolo preso in mano lo guardasse: ""questo è un gioiello<br />
prezioso, puro,<br />
eccellente, a otto facce, ben tagliato, chiaro, trasparente, provvisto di ogni qualità, in cui è<br />
infilato un filo<br />
azzurro, o giallo, o rosso, o bianco (7)"". Proprio così, o monaci, quando il Bodhisatta è sceso<br />
nel grembo<br />
della madre, alla madre del Bodhisatta non sorge alcuna tristezza. Beata è la madre del<br />
Bodhisatta, sana di<br />
corpo. La madre del Bodhisatta vede il Bodhisatta nella parte sinistra dell'utero con ogni pur<br />
minimo organo.<br />
Questa è una regola."
22. E vi è, o monaci, questa regola: sette giorni dopo la nascita del Bodhisatta, la madre del<br />
Bodhisatta<br />
compie il suo tempo, e risorge nel coro degli dèi Tubista. Questa è una regola.<br />
"23. E vi è, o monaci, questa regola: mentre le altre donne partoriscono dopo aver portato nel<br />
loro ventre<br />
nove o dieci mesi, non così la madre del Bodhisatta partorisce il Bodhisatta; infatti la madre<br />
del Bodhisatta<br />
porta nel suo ventre il Bodhisatta dieci mesi. Questa è una regola (8)."<br />
"24. E vi è, o monaci, questa regola: mentre le altre donne partoriscono sedute o giacenti, non<br />
così la madre<br />
del Bodhisatta partorisce il Bodhisatta; in piedi la madre del Bodhisatta partorisce il<br />
Bodhisatta. Questa è una<br />
regola."<br />
25. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre per<br />
primi lo<br />
accolgono gli dèi, posai gli uomini. E questa è una regola.<br />
"26. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre<br />
non tocca la terra<br />
e quattro figli di dèi si pongono, sorreggendolo, di fronte alla madre: "" Sii felice, o divina, un<br />
figlio molto<br />
potente ti è nato "". Questa è una regola."<br />
27. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre,<br />
esce mondo,<br />
immacolato di siero, immacolato di muco, immacolato di sangue, immacolato di ogni impurità,<br />
deterso,<br />
puro. Come, o monaci, ponendo una gemma preziosa su una stoffa di Casi la gemma preziosa<br />
non macchia la<br />
stoffa di Casi, né la stoffa di Casi macchia la gemma preziosa, perché l'una e l'altra sono pure,<br />
proprio così, o<br />
monaci, allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre esce mondo, immacolato di<br />
siero,<br />
immacolato di muco, immacolato di sangue, immacolato di ogni impurità, deterso, puro.<br />
Questa è una regola.<br />
28. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre, due<br />
sorgenti<br />
d'acqua, sgorganti dal cielo, una di fredda, l'altra di calda acqua, sono lavacri al Bodhisatta ed<br />
alla madre.<br />
Questa è una regola.<br />
"29. E vi è, o monaci, questa regola: appena nato il Bodhisatta, rizzandosi su entrambi i piedi,<br />
girandosi<br />
verso settentrione, compie sette passi, riparato da un bianco ombrello, scruta tutti i punti<br />
cardinali e con voce<br />
di toro dice: "" Il primo io sono del mondo, il supremo io sono del mondo, l'eccelso io sono del<br />
mondo,<br />
questa è l'ultima nascita, non vi sarà più per me ripetersi di vita "". Questa è una regola."<br />
"30. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre,<br />
allora nel<br />
mondo coi suoi dèi, colle sue schiere di Mara, colle sue schiere di Brahma, coi suoi asceti e<br />
brahmani, colle
sue generazioni di dèi e di uomini, un immenso, eccelso splendore si manifesta sorpassante il<br />
divino<br />
splendore degli dèi. Ed anche nei mondi intermedi, infelici, disordinati, bui, oscuri, nei quali<br />
questo sole e<br />
questa luna, così potenti, così magnifici, non penetrano colla loro luce, anche là sì manifesta un<br />
immenso,<br />
eccelso splendore sorpassante la divina magnificenza degli dèi. E gli esseri, colà sorti, per<br />
quello splendore<br />
mutuamente si riconoscono: "" Vi sono certo altri esseri qui sorti "". E questo universo di<br />
10.000 mondi<br />
freme, trema, si muove. Un immenso, eccelso splendore si manifesta nel mondo sorpassante la<br />
divina<br />
magnificenza degli dèi. Questa è una regola."<br />
"31. Essendo, o monaci, nato il fanciullo Vipassi, fu annunciato al re Bandhuma: ""Un fanciullo,<br />
o divino, ti<br />
è nato, guardalo, o divino"". Il re Bandhuma, o monaci, visto il fanciullo Vipassi, fatti chiamare i<br />
brahmani<br />
astrologi, disse: "" Guardino, o signori, i brahmani astrologi questo fanciullo "". E guardarono,<br />
o monaci, i<br />
brahmani astrologi il fanciullo Vipassi, indi dissero così al re Bandhuma: "" Felice tu sei, o<br />
divino, un molto<br />
potente figlio ti è nato. Un gran tesoro tu hai, o gran re, una buona fortuna tu hai, o gran re, se<br />
nella tua<br />
famiglia un tale figlio è nato. Questo fanciullo, o divino, è provvisto dei trentadue segni di<br />
grande uomo, ed a<br />
17<br />
colui che è provvisto dei trentadue segni di grande uomo due destini sono possibili: se rimane<br />
nella casa è un<br />
re giratore della ruota, giusto legittimo re, conquistatore delle quattro regioni, stabilizzatore<br />
della sicurezza<br />
del regno, possessore dei sette reali tesori. I sette reali tesori sono: il tesoro della ruota, il<br />
tesoro dell'elefante,<br />
il tesoro del cavallo, il tesoro del gioiello, il tesoro della donna, il tesoro del ministro di<br />
palazzo, il tesoro<br />
della guida. Questi sette. Inoltre egli avrà mille figli valorosi, di bell'aspetto, vincitori dei<br />
nemici. Egli la<br />
terra, sino al confine dell'oceano, senza mazza, senza spada conquistata, colla legge governerà.<br />
Se invece<br />
abbandona la casa per l'anacoretismo, diventa un Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato e<br />
per lui il mondo è<br />
libero da ogni velame."<br />
32. E di quali, o divino, trentadue segni (9) questo fanciullo è provvisto, ed a chi è così<br />
provvisto, due destini<br />
sono possibili, se rimane nella casa è un re giratore della ruota, giusto legittimo re,<br />
conquistatore delle<br />
quattro regioni, stabilizzatore della sicurezza del regno, possessore dei sette reali tesori ? I<br />
sette reali tesori<br />
sono: il tesoro della ruota, il tesoro dell'elefante, il tesoro del cavallo, il tesoro del gioiello, il<br />
tesoro della
donna, il tesoro del ministro di palazzo, il tesoro della guida. Questi sette. Inoltre egli avrà<br />
mille figli<br />
valorosi, di bell'aspetto, vincitori dei nemici. Egli la terra, sino al confine dell'oceano, senza<br />
mazza, senza<br />
spada conquistata, colla legge governerà. Se invece abbandona la casa per l'anacoretismo,<br />
diventa un Santo,<br />
Perfetto, perfettamente Svegliato e per lui il mondo è libero da ogni velame.<br />
Questo giovane, o divino, ha piedi ben fatti, e che il fanciullo, o divino, abbia i piedi ben fatti ciò<br />
ad un<br />
grande uomo e proprio segno di grande uomo.<br />
A questo fanciullo, o divino, sono tracciate sotto le piante dei piedi delle ruote con mille raggi,<br />
col loro<br />
cerchio, col loro mozzo, complete in ogni particolare, e che al fanciullo, o divino, siano<br />
tracciate sotto le<br />
piante dei piedi delle ruote, con mille raggi, col loro cerchio, col loro mozzo, complete in ogni<br />
particolare ciò<br />
ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha snello il calcagno e che il fanciullo, o divino, abbia snello il<br />
calcagno ciò ad un<br />
grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha lunghe dita e che il fanciullo, o divino, abbia lunghe dita ciò ad un<br />
grande<br />
uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha morbidi e snelli mani e piedi e che il fanciullo, o divino, abbia<br />
morbidi e snelli<br />
mani e piedi ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha netti e proporzionati mani e piedi e che il fanciullo, o divino,<br />
abbia netti e<br />
proporzionati mani e piedi ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha le caviglie centrate sui piedi e che il fanciullo, o divino, abbia le<br />
caviglie<br />
centrate sui piedi ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, è muscoloso come un'antilope e che il fanciullo, o divino, sia<br />
muscoloso come<br />
una antilope ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ritto, senza flettersi, tocca e ricopre con ambo le mani le ginocchia e<br />
che il<br />
fanciullo, o divino, ritto, senza flettersi, tocchi e ricopra con ambo le mani le ginocchia ciò ad<br />
un grande<br />
uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha il pene interamente coperto dalla sua guaina e che il fanciullo, o<br />
divino, abbia<br />
il pene interamente coperto dalla sua guaina ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande<br />
uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha la pelle coloro dell'oro che il fanciullo, o divino, abbia la pelle<br />
coloro dell'oro<br />
ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha la pelle liscia, e per la levigatezza della pelle la polvere e la<br />
sozzura non gli
attaccano e che il fanciullo, o divino, abbia la pelle liscia, per la levigatezza della pelle la<br />
polvere e la sozzura<br />
non gli si attacchino ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha peli solitari, ciascun pelo nasce da ciascun poro e che il fanciullo,<br />
o divini,<br />
abbia peli solitari, ciascun pelo nasca da ciascun poro ciò ad un grande uomo è proprio segno<br />
di grande<br />
uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha i peli ricci, un pelo ricci nasce da ogni poro e che il fanciullo, o<br />
divino, abbia i<br />
18<br />
peli ricci, un pelo riccio nasca da ogni poro ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande<br />
uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha peli neri, di colora scuro, avvolti su sé stessi, rivolti verso destra<br />
e che il<br />
fanciullo, o divino, abbia peli neri, di colora scuro, avvolti su sé stessi, rivolti verso destra ciò<br />
ad un grande<br />
uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha nelle membra la schiettezza di Brahma e che il fanciullo, o divino,<br />
abbia nelle<br />
membra la schiettezza di Brahma ciò ad un grande uomo è proprio segni di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha sette bozze e che il fanciullo, o divino, abbia sette bozze ciò ad un<br />
grande<br />
uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha il corpo simile a quello di vecchio leone e che il fanciullo, o<br />
divino, abbia il<br />
corpo simile a quello di vecchio leone ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha ampie le spalle e che il fanciullo, o divino, abbia ampie le spalle<br />
ciò ad un<br />
grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha le proporzioni del fico bagnano: quale di lui l'altezza tale<br />
l'apertura delle<br />
braccia, quale di lui l'apertura delle braccia tale l'altezza e che il fanciullo, o divino, abbia le<br />
proporzioni del<br />
fico bagnano: quale di lui l'altezza tale l'apertura delle braccia, quale di lui l'apertura delle<br />
braccia tale<br />
l'altezza ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha rotonde le spalle e che il fanciullo, o divino, abbia rotonde le<br />
spalle ciò ad un<br />
grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha sensi assai acuti e che il fanciullo, o divino, abbia sensi assai acuti<br />
ciò ad un<br />
grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha la mascella leonina e che il fanciullo, o divino, abbia la mascella<br />
leonina ciò ad<br />
un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha 40 denti e che il fanciullo, o divino, abbia 40 denti ciò ad un<br />
grande uomo è<br />
proprio segno di grande uomo.
Questo fanciullo, o divino, ha i denti piani e che il fanciullo, o divino, abbia i denti piani ciò ad<br />
un grande<br />
uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha i denti intatti e che il fanciullo, o divino, abbia i denti intatti ciò<br />
ad un grande<br />
uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha i denti bianchi e che il fanciullo, o divino, abbia i denti bianchi ciò<br />
ad un<br />
grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha lunga la lingua e che il fanciullo, o divino, abbia lunga la lingua<br />
ciò ad un<br />
grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha la voce di Brahma e che il fanciullo, o divino, abbia la voce di<br />
Brahma ciò ad<br />
un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha soave la voce quale di cucolo e che il fanciullo, o divino, abbia<br />
soave la voce<br />
quale di cucolo ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha nerissimi gli occhi e che il fanciullo, o divino, abbia nerissimi gli<br />
occhi ciò ad<br />
un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha gli occhi bovini e che il fanciullo, o divino, abbia gli occhi bovini<br />
ciò ad un<br />
grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha tra le vellose sopraciglia un bianco ciuffo di morbidi peli, e che al<br />
fanciullo, o<br />
divino, sia tra le vellose sopraciglie un bianco ciuffo di morbidi peli ciò ad un grande uomo è<br />
proprio segno<br />
di grande uomo.<br />
Questo fanciullo, o divino, ha il capo pari ad un turbante, e che al fanciullo, o divino, il capo sia<br />
pari ad un<br />
turbante ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />
"33. Proprio di questi trentadue segni di grande uomo è provvisto, o divino, questo fanciullo,<br />
ed a colui che è<br />
provvisto dei trentadue segni di grande uomo due destini sono possibili: se rimane nella casa<br />
è un re giratore<br />
della ruota, giusto, legittimo re, conquistatore delle quattro regioni, stabilizzatore della<br />
sicurezza del regno,<br />
19<br />
possessore dei sette reali tesori. I sette reali tesori sono: il tesoro della ruota, il tesoro<br />
dell'elefante, il tesoro<br />
del cavallo, il tesoro del gioiello, il tesoro della donna, il tesoro del ministro di palazzo, il<br />
tesoro della guida.<br />
Questi sette. Inoltre egli avrà mille figli valorosi, di bell'aspetto, vincitori dei nemici. Egli la<br />
terra, sino al<br />
confine dell'oceano, senza mazza, senza spada conquistata, colla legge governerà. Se invece<br />
abbandona la<br />
casa per l'anacoretismo, diventa un Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato e per lui il mondo<br />
è libero da<br />
ogni velame""."
Allora, o monaci, il re Bandhuma, fatti rivestire i brahmani astrologi di nuove vesti li soddisfò<br />
di tutti i loro<br />
desideri.<br />
"34. Allora o monaci, il re Bandhuma al fanciullo Vipassi procurò una nutrice. Alcuni lo<br />
dissetavano, alcuni<br />
lo lavavano, altri lo portavano, altri ancora lo curavano nelle sue membra. Dalla nascita, o<br />
monaci, sul<br />
fanciullo Vipassi fu steso giorno e notte un candido ombrello. "" Non il freddo, né il caldo, né la<br />
polvere, né<br />
l'impurità, né la rugiada gli siano di noia'. Appena nato, o monaci, il fanciullo Vipassi fu caro e<br />
gradito a<br />
molte persone. Come, o monaci, il loto azzurro, od il loto rosso, od il loto bianco sono cari e<br />
graditi a molte<br />
persone, proprio così, o monaci, il fanciullo Vipassi fu caro e gradito a molte persone. Così egli<br />
era portato di<br />
grembo in grembo."<br />
35. Appena nato, o monaci, il fanciullo Vipassi, era piacevolissimo, amabilissimo, dolcissimo,<br />
bellissimo.<br />
Come, o monaci, sul monte Himavant vi è l'uccello di nome Kararika il cui canto è<br />
piacevolissimo,<br />
amabilissimo, dolcissimo, bellissimo, proprio così, o monaci, il fanciullo Vipassi appena nato<br />
era<br />
piacevolissimo, amabilissimo, dolcissimo, bellissimo. Così egli era portato di grembo in<br />
grembo.<br />
36. Appena nato, o monaci, al fanciullo Vipassi, in conseguenza delle sue [precedenti] azioni si<br />
rese<br />
manifesto l'occhio divino col quale vedeva giorno e notte per un intero yojana.<br />
"37. Appena nato, o monaci, il fanciullo Vipassi attento vedeva come vedono i trentatré dèi. ""<br />
Desto il<br />
fanciullo vede "", o monaci,"" Vipassi, Vipassi, Vipassi (10), così sorse questo nome al fanciullo.<br />
Allora, o<br />
monaci, il re Bandhuma quando sedeva in giudizio, preso sulle ginocchia il fanciullo Vipassi lo<br />
istruiva nel<br />
diritto. Dunque, o monaci, il fanciullo Vipassi, seduto sulle ginocchia del padre, osservando,<br />
riosservando,<br />
progredì con metodo nel diritto: "" osservando, riosservando il fanciullo progredisce con<br />
metodo nel diritto<br />
"". E dunque, o monaci, al fanciullo Vipassi, essendo stato molte volte detto "" Vipassi, Vipassi<br />
"", così sorse<br />
il nome."<br />
38. Allora, o monaci, il re Bandhuma al fanciullo Vipassi fece costruire tre palazzi. Uno per la<br />
stagione delle<br />
piogge, uno per l'inverno, uno per l'estate, e lo soddisfò nei cinque tronchi del desiderio.<br />
Allora proprio, o<br />
monaci, il fanciullo Vipassi, nel palazzo per la stagione delle piogge, rimaneva i quattro mesi<br />
della pioggia,<br />
circondato da donne e da strumenti musicali, né mai scendeva a terra dal suo palazzo.<br />
SEZIONE DELLA NASCITA<br />
FINE<br />
SECONDA PARTE
l. Dunque, o monaci, il giovane Vipassi, passati molti anni, molte centinaia di anni, molte<br />
migliaia di anni, si<br />
rivolse al maestro di scuderia:<br />
Appresta, caro maestro di scuderia, un ben domo equipaggio, andremo attraverso il parco per<br />
vederne il<br />
territorio .<br />
" Sì, o divino ed il maestro di scuderia, o monaci, obbedendo al giovane Vipassi, fatto<br />
apprestare un ben<br />
domo equipaggio, annunciò al giovane Vipassi: ""È pronto, o divino, il ben domo equipaggio, e<br />
pertanto è<br />
20<br />
tempo ""."<br />
Allora, o monaci, il giovane Vipassi, montato sul domo equipaggio, fu portato attraverso il<br />
territorio del<br />
parco.<br />
"2. Vide, o monaci, il giovane Vipassi, mentre era portato attraverso il parco, un uomo<br />
decrepito, chino come<br />
la trave di un tetto, appoggiato al bastone, tremulo, che andava malfermo per la tarda età;<br />
allora si rivolse al<br />
maestro di scuderia:"<br />
Com'è, caro maestro di scuderia, quest'uomo: i suoi capelli non sono come quelli degli altri, il<br />
suo corpo non<br />
è come quello degli altri?.<br />
Quest'uomo, o divino, è vecchio .<br />
E perché, caro maestro di scuderia, costui è vecchio.<br />
Egli, o divino, è vecchio perché ormai non gli resta più lunga vita .<br />
E che forse, caro maestro di scuderia, sono io stesso soggetto all'invecchiare, incontrerò io<br />
stesso la<br />
vecchiaia?.<br />
Tu, o divino, ed io, tutti noi siamo soggetti ad invecchiare, ad incontrare la vecchiaia.<br />
Pertanto, caro maestro di scuderia, sùbito riportami dal territorio del parco al palazzo reale.<br />
" Sì, o divino . Così, o monaci, il maestro di scuderia, ubbidendo al giovane Vipassi, lo<br />
ricondusse al palazzo<br />
reale. Allora, o monaci, il giovane Vipassi, rientrato al palazzo reale, addolorato, triste, meditò:<br />
""Ecco è ora<br />
ben nota la nascita: certamente in conseguenza della nascita si sperimenta la vecchiaia""."<br />
3. Allora, o monaci, il re Bandhuma, fatto chiamare il maestro di scuderia, così disse:<br />
Si è, caro maestro di scuderia, divertito il giovane nel territorio del parco, è stato felice, caro<br />
maestro di<br />
scuderia, il giovane nel territorio del parco?.<br />
Di certo, o divino, il giovane non si è divertito nel territorio del parco, di certo, o divino, il<br />
giovane non è<br />
stato felice nel territorio del parco.<br />
E che vide, caro maestro di scuderia, il giovane mentre era portato attraverso il territorio del<br />
parco? .<br />
"Vide, o divino, il giovane, mentre era portato-attraverso il territorio del parco, un uomo<br />
decrepito, curvo<br />
come la trave di un tetto, appoggiato al bastone, tremulo, che andava malfermo per la tarda<br />
età; allora così mi
disse: ' com'è, caro maestro di scuderia, quest'uomo: i suoi capelli non sono come quelli degli<br />
altri, il suo<br />
corpo non è come quello degli altri ? '. ' Quest'uomo, o divino, è vecchio '. ' E perché, caro<br />
maestro di<br />
scuderia, costui è vecchio?'. 'Egli, o divino, è vecchio perché ormai non gli resta più lunga vita'.<br />
' E che forse,<br />
caro maestro di scuderia, sono io stesso soggetto ad invecchiare, incontrerò io stesso la<br />
vecchiaia? '. ' Tu, o<br />
divino, ed io, tutti noi siamo soggetti ad invecchiare, ad incontrare la vecchiaia '. ' Pertanto,<br />
caro maestro di<br />
scuderia, sùbito riportami dal territorio del parco al palazzo reale '. ' Sì, o divino'. Così, o<br />
divino, ubbidendo<br />
al giovane Vipassi lo ricondussi al palazzo reale. Allora, o divino, il giovane Vipassi, rientrato al<br />
palazzo<br />
reale, addolorato, triste, meditò: ' ecco è ora ben nota la nascita: certamente in conseguenza<br />
della nascita si<br />
sperimenta la vecchiaia ' ."<br />
"4. Allora, o monaci, al re Bandhuma così fu: "" Che il giovane Vipassi per questo non<br />
abbandoni il regno,<br />
che per questo non esca dalla casa per l'anacoretismo, che non si avveri la parola dei<br />
brahmani astrologi ! ""."<br />
Allora, o monaci, il re Bandhuma procurò con molta abbondanza al giovane Vipassi<br />
soddisfazioni nei cinque<br />
tronchi del desiderio, affinché il giovane Vipassi avesse da assumere il regno, affinché il<br />
giovane Vipassi<br />
non uscisse di casa per l'anacoretismo, affinché non si avverasse la parola dei brahmani<br />
astrologi. Quindi, o<br />
monaci, il giovane Vipassi, nel possesso e nel godimento dei cinque tronchi del desiderio, si<br />
dilettò.<br />
5. Dunque, o monaci, il giovane Vipassi, passati molti anni, molte centinaia di anni, molte<br />
migliaia di anni, si<br />
rivolse al maestro di scuderia:<br />
Appresta, caro maestro di scuderia, un ben domo equipaggio, andremo attraverso il parco per<br />
vederne il<br />
territorio .<br />
" Sì, o divino ed il maestro di scuderia, o monaci, obbedendo al giovane Vipassi, fatto<br />
apprestare un ben<br />
domo equipaggio, annunciò al giovane Vipassi: ""È pronto, o divino, il ben domo equipaggio, e<br />
pertanto è<br />
tempo""."<br />
21<br />
Allora, o monaci, il giovane Vipassi, montato sul domo equipaggio, fu portato attraverso il<br />
territorio del<br />
parco.<br />
"6. Vide, o monaci, il giovane Vipassi, mentre era portato attraverso il parco, un uomo afflitto,<br />
dolente,<br />
gravemente infermo, giacente sui suoi escrementi, in condizioni di dover esser mosso da altri,<br />
portato da<br />
altri; allora si rivolse al maestro di scuderia:"
Come è, caro maestro di scuderia, quest'uomo: i suoi occhi non sono come quelli degli altri, il<br />
suo aspetto<br />
non è come quello degli altri ? .<br />
Quest'uomo, o divino, è ammalato .<br />
E perché, caro maestro di scuderia, costui è ammalato ? .<br />
Egli, o divino, per le sue afflizioni è divenuto ammalato .<br />
E che forse, caro maestro di scuderia, sono io stesso soggetto all'ammalarmi, incontrerò io<br />
stesso la<br />
malattia?.<br />
Tu, o divino, ed io, tutti noi siamo soggetti ad ammalarci, ad incontrare la malattia.<br />
Pertanto, caro maestro di scuderia, sùbito riportami dal territorio del parco al palazzo reale.<br />
" Sì, o divino . Così, o monaci, il maestro di scuderia, ubbidendo al giovane Vipassi, lo<br />
ricondusse al palazzo<br />
reale. Allora, o monaci, il giovane Vipassi, rientrato al palazzo reale, addolorato, triste, meditò:<br />
""Ecco è ora<br />
ben nota la nascita: certamente in conseguenza della nascita si sperimenta la vecchiaia, si<br />
sperimenta la<br />
malattia ""."<br />
7. Allora, o monaci, il re Bandhuma, fatto chiamare il maestro di scuderia, così disse:<br />
Si è, caro maestro di scuderia, divertito il giovane nel territorio del parco, è stato felice, caro<br />
maestro di<br />
scuderia, il giovane nel territorio del parco? .<br />
Di certo, o divino, il giovane non si è divertito nel territorio del parco, di certo, o divino, il<br />
giovane non è<br />
stato felice nel territorio del parco.<br />
E che vide, caro maestro di scuderia, il giovane mentre era portato attraverso il territorio del<br />
parco?.<br />
" Vide, o divino, il giovane, mentre era portato attraverso il parco, un uomo afflitto, dolente,<br />
gravemente<br />
infermo, giacente sui suoi escrementi, in condizioni di dover essere mosso da altri, portato da<br />
altri; allora<br />
così mi disse: ' Com'è, caro maestro di scuderia, quest'uomo: i suoi occhi non sono come quelli<br />
degli altri, il<br />
suo aspetto non è come quello degli altri ? '. ' Quest'uomo, o divino, è ammalato '. ' E perché,<br />
caro maestro di<br />
scuderia, costui è ammalato? '. ' Egli, o divino, per le sue afflizioni è divenuto ammalato '. ' E<br />
che forse, caro<br />
maestro di scuderia, sono io stesso soggetto ad ammalarmi, incontrerò io stesso la malattia? '.<br />
' Tu, o divino,<br />
ed io, tutti noi siamo soggetti ad ammalarci, ad incontrare la malattia'. ' Pertanto, caro maestro<br />
di scuderia,<br />
sùbito riportami dal territorio del parco al palazzo reale '. ' Sì, o divino '."<br />
"Così, o divino, ubbidendo al giovane Vipassi lo ricondussi al palazzo reale. Allora, o divino, il<br />
giovane<br />
Vipassi, rientrato al palazzo reale, addolorato, triste, meditò: ' ecco è ora ben nota la nascita:<br />
certamente in<br />
conseguenza della nascita si sperimenta la vecchiaia, si sperimenta la malattia ' ""."<br />
"8. Allora, o monaci, al re Bandhuma così fu: "" Che il giovane Vipassi per questo non<br />
abbandoni il regno,
che per questo non esca dalla casa per l'anacoretismo, che non si avveri la parola dei<br />
brahmani astrologi!""."<br />
Allora, o monaci, il re Bandhuma procurò con molta abbondanza al giovane Vipassi<br />
soddisfazioni nei cinque<br />
tronchi del desiderio, affinché il giovane Vipassi avesse da assumere il regno, affinché il<br />
giovane Vipassi<br />
non uscisse di casa per l'anacoretismo, affinché non si avverasse la parola dei brahmani<br />
astrologi. Quindi, o<br />
monaci, il giovane Vipassi, nel possesso e nel godimento dei cinque tronchi del desiderio, si<br />
dilettò.<br />
9. Dunque, o monaci, il giovane Vipassi, passati molti anni, molte centinaia di anni, molte<br />
migliaia di anni, si<br />
rivolse al maestro di scuderia:<br />
Appresta, caro maestro di scuderia, un ben domo equipaggio, andremo attraverso il parco per<br />
vederne il<br />
territorio .<br />
"Si, o divino ed il maestro di scuderia, o monaci, obbedendo al giovane Vipassi, fatto<br />
apprestare un ben<br />
domo equipaggio, annunciò al giovane Vipassi: "" È pronto, o divino, il ben domo equipaggio, e<br />
pertanto è<br />
tempo""."<br />
22<br />
Allora, o monaci, il giovane Vipassi, montato sul domo equipaggio, fu portato attraverso il<br />
territorio del<br />
parco.<br />
"10. Vide o monaci, il giovane Vipassi, mentre era portato attraverso il parco, una moltitudine<br />
di uomini<br />
riuniti, dai molti aspetti, che portava un uomo di pelle oscura, flaccido; allora si rivolse al<br />
maestro di<br />
scuderia: ""Chi è, caro maestro di scuderia, colui che quella moltitudine di uomini riuniti, dai<br />
molti aspetti,<br />
porta, di pelle oscura, flaccido? ""."<br />
Costui, o divino, è uno che ha compiuto il suo tempo .<br />
Verso costui, che ha compiuto il suo tempo, caro maestro di scuderia, dirigi il cocchio .<br />
Sì, o divino . E, o monaci, il maestro di scuderia, obbedendo al giovane Vipassi, diresse il<br />
cocchio verso<br />
colui che aveva compiuto il suo tempo. Vide così, o monaci, il giovane Vipassi il morto che<br />
aveva compiuto<br />
il suo tempo. Allora disse al maestro di scuderia:<br />
E come, caro maestro di scuderia, costui ha compiuto il suo tempo? .<br />
Egli ha compiuto il suo tempo, né più lo vedranno la madre ed il padre, né gli altri parenti, né<br />
più egli vedrà<br />
la madre ed il padre, né gli altri parenti.<br />
" E che forse, caro maestro di scuderia, anche io sono soggetto alla morte, incontrerò la morte,<br />
e più me non<br />
vedranno il divino, la divina, né gli altri parenti; né io più vedrò il divino, la divina, né gli altri<br />
parenti? ."<br />
" Tu, o divino, ed io, tutti noi siamo soggetti alla morte, incontreremo la morte, te più non<br />
vedranno il divino,<br />
la divina, né gli altri parenti; tu più non vedrai il divino, la divina, né gli altri parenti."
Pertanto, caro maestro di scuderia, sùbito riportami dal territorio del parco al palazzo reale.<br />
" Sì, o divino . Così, o monaci, il maestro di scuderia, obbedendo al giovane Vipassi, lo condusse<br />
al palazzo<br />
reale. Allora, o monaci, il giovane Vipassi, rientrato nel palazzo reale, addolorato, triste,<br />
meditò: "" Ecco ora<br />
ben nota è la nascita: certamente in conseguenza della nascita si sperimenta la vecchiaia, si<br />
sperimenta la<br />
malattia, si sperimenta la morte""."<br />
I l. Allora, o monaci, il re Bandhuma, fatto chiamare il maestro di scuderia, così disse:<br />
Si è, o caro maestro di scuderia, divertito il giovane nel territorio del parco, è stato felice, caro<br />
maestro di<br />
scuderia, il giovane nel territorio del parco? .<br />
Di certo, o divino, il giovane non si è divertito nel territorio del parco, di certo, o divino, il<br />
giovane non è<br />
stato felice nel territorio del parco.<br />
E che vide, caro maestro di scuderia, il giovane mentre era portato attraverso il territorio del<br />
parco? .<br />
" Vide, o divino, il giovane, mentre era portato attraverso il parco, una moltitudine di uomini,<br />
riuniti, dai<br />
molti aspetti, che portavano un uomo di pelle oscura, flaccido; allora mi disse: ' Chi è, caro<br />
maestro di<br />
scuderia, colui che quella moltitudine di uomini riuniti, dai molti aspetti, porta, di pelle oscura,<br />
flaccido? '. '<br />
Costui, o divino, è uno che ha compiuto il suo tempo '. ' Verso costui, che ha compiuto il suo<br />
tempo, caro<br />
maestro di scuderia, dirigi il cocchio '. ' Sì, o divino' ed io, o divino, obbedendo al giovane<br />
Vipassi, diressi il<br />
cocchio verso colui che aveva compiuto il suo tempo. Vide così, o divino, il giovane il morto<br />
che aveva<br />
compiuto il suo tempo. Allora mi disse: ' E come, caro maestro di scuderia, costui ha compiuto<br />
il suo tempo?<br />
'. ' Egli ha compiuto il suo tempo, né più lo vedranno la madre ed il padre, né gli altri parenti,<br />
né più egli<br />
vedrà la madre ed il padre, né gli altri parenti '. ' E che forse, o caro maestro di scuderia, anche<br />
io sono<br />
soggetto alla morte, incontrerò la morte, e più me non vedranno il divino, la divina, né gli altri<br />
parenti, né io<br />
più vedrò il divino, la divina, né gli altri parenti ? '. ' Tu, o divino, ed io, tutti noi siamo soggetti<br />
alla morte,<br />
incontreremo la morte te più non vedranno il divino, la divina, né gli altri parenti; tu più non<br />
vedrai il divino,<br />
la divina, né gli altri parenti '. ' Pertanto, caro maestro di scuderia, sùbito riportami dal<br />
territorio del parco al<br />
palazzo reale '. ' Sì, o divino '."<br />
"Così, o divino, obbedendo al giovane Vipassi lo condussi al palazzo reale. Allora, o divino, il<br />
giovane<br />
Vipassi, rientrato nel palazzo reale, addolorato, triste, meditò: ' Ecco ora ben nota è la nascita:<br />
certamente in<br />
conseguenza della nascita, si sperimenta la vecchiaia, si sperimenta la malattia, si sperimenta<br />
la morte'""."
"12. Allora, o monaci, al re Bandhuma così fu: "" Che il giovane Vipassi per questo non<br />
abbandoni il regno,<br />
che per questo non esca dalla casa per l'anacoretismo, che non si ; avveri la parola dei<br />
brahmani<br />
23<br />
astrologi!""."<br />
Allora, o monaci, il re Bandhuma procurò con molta abbondanza al giovane Vipassi<br />
soddisfazioni nei cinque<br />
tronchi del desiderio, affinché il giovane Vipassi avesse da assumere il regno, affinché il<br />
giovane Vipassi<br />
non uscisse di casa per l'anacoretismo, affinché non si verificasse la parola dei brahmani<br />
astrologi. Quindi, o<br />
monaci, il giovane Vipassi, nel possesso e nel godimento dei cinque tronchi del desiderio, si<br />
dilettò.<br />
13. Dunque, o monaci, il giovane Vipassi, passati molti anni, molte centinaia di anni, molte<br />
migliaia di anni,<br />
si rivolse al maestro di scuderia:<br />
Appresta, caro maestro di scuderia, un ben domo equipaggio, andremo attraverso il parco per<br />
vederne il<br />
territorio .<br />
" Sì, o divino , ed il maestro di scuderia, o monaci, obbedendo al giovane Vipassi, fatto<br />
apprestare un ben<br />
domo equipaggio, annunciò al giovane Vipassi: "" È pronto, o divino, il ben domo equipaggio, e<br />
pertanto è<br />
tempo""."<br />
Allora, o monaci, il giovane Vipassi, montato sul domo equipaggio, fu portato attraverso il<br />
territorio del<br />
parco.<br />
"14. Vide, o monaci, il giovane Vipassi, mentre era portato attraverso il parco, un uomo raso il<br />
capo, errante,<br />
vestito di giallo; allora si rivolse al maestro di scuderia:"<br />
Com'è, caro maestro di scuderia, quest'uomo: la sua testa non è come quella degli altri, le sue<br />
vesti non sono<br />
come quelle degli altri?.<br />
Quest'uomo, o divino, è uno che ha abbandonato .<br />
E perché, caro maestro di scuderia, costui è uno che ha abbandonato ? .<br />
Egli, o divino, è uno che ha abbandonato, virtuoso per aver realizzata la dottrina, virtuoso per<br />
aver realizzata<br />
la calma, virtuoso per aver realizzati gli elementi salutari, virtuoso per aver realizzate azioni<br />
propiziatrici,<br />
virtuoso per mancanza di astio, virtuoso per la compassione verso gli esseri .<br />
Virtuoso è certo colui che ha abbandonato, caro maestro di scuderia, virtuoso per avere<br />
realizzata la dottrina,<br />
virtuoso per avere realizzata la calma, virtuoso per avere realizzati gli elementi salutari,<br />
virtuoso per avere<br />
realizzate azioni propiziatrici, virtuoso per mancanza di astio, virtuoso per la compassione<br />
verso gli esseri.<br />
Pertanto verso questo anacoreta, caro maestro di scuderia, dirigi il cocchio.<br />
Sì, o divino , così, o monaci, il maestro di scuderia, obbedendo al giovane Vipassi, diresse il<br />
cocchio verso
l'anacoreta. Allora, o monaci, il giovane Vipassi disse all'anacoreta:<br />
Tu, o caro, chi sei, il tuo capo non è come quello degli altri, le tue vesti non sono come quelle<br />
degli altri? .<br />
Io, o divino, sono un anacoreta .<br />
E come, o caro, tu sei un anacoreta? .<br />
Io sono, o divino, un anacoreta, virtuoso per aver realizzata una dottrina, virtuoso per aver<br />
realizzata la<br />
calma, virtuoso per aver realizzati gli elementi salutari, virtuoso per aver realizzate azioni<br />
propiziatrici,<br />
virtuoso per mancanza di astio, virtuoso per la compassione verso gli esseri .<br />
15. Allora, o monaci, il giovane Vipassi disse al maestro di scuderia:<br />
Pertanto, caro maestro di scuderia, ritorna con il cocchio al palazzo reale, io invece rasi capelli<br />
e barba,<br />
indossato l'abito giallo, abbandonerò la casa per l'anacoretismo.<br />
Sì, o divino .<br />
E così il maestro di scuderia, obbedendo al giovane Vipassi, ritornò col cocchio al palazzo<br />
reale. Invece il<br />
giovane Vipassi, proprio, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, abbandonò la casa per<br />
l'anacoretismo.<br />
"16. Allora, o monaci, nella capitale Bandhumati una grande moltitudine, 84.000 uomini, udì:<br />
"" certo il<br />
giovane Vipassi, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, ha lasciata la casa per<br />
l'anacoretismo"" ed a<br />
coloro che udivano così fu: ""o certo allora la dottrina e la regola non sono l'ultima cosa,<br />
l'abbandonare la<br />
casa non è l'ultima cosa, se il giovane Vipassi, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, ha<br />
lasciata la casa<br />
per l'anacoretismo. E se il giovane Vipassi, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, ha<br />
lasciato la casa per<br />
l'anacoretismo, perché non lo faremo anche noi ? ""."<br />
Allora, o monaci, quella grande moltitudine, 84.000 uomini, rasi capelli e barba, indossato<br />
l'abito giallo,<br />
24<br />
seguirono il Bodhisatta Vipassi, che aveva lasciato la casa per l'anacoretismo. Allora<br />
circondato da quella<br />
schiera, il Bodhisatta Vipassi percorse elemosinando i villaggi, la campagna e la capitale del<br />
regno.<br />
"17. Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, mentre rimaneva appartato in solitudine, sorse<br />
nella mente<br />
questa considerazione: ""proprio così, in questo mondo io vivo in un ambiente troppo<br />
affollato, forse io<br />
dovrei vivere da solo, separato dalla schiera""."<br />
Allora, o monaci, il Bodhisatta Vipassi dopo qualche tempo visse solo, separato dalla schiera. E<br />
da una parte<br />
andarono gli 84.000 pellegrini, dall'altra il Bodhisatta Vipassi.<br />
"18. Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che si era ritirato in una casa, appartato in<br />
solitudine, sorse nella<br />
mente questo pensiero: "" Miseramente, certo, è costruito questo mondo: sorge, declina,<br />
muore, trapassa e
isorge. Né invero si conosce uno scampo al dolore, alla vecchiaia ed alla morte. Ma non potrà<br />
essere trovato<br />
lo scampo al dolore, alla vecchiaia ed alla morte? "". Ed, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu:<br />
"" dove<br />
risiede il perdurare della vecchiaia e della morte, dove il fondamento della vecchiaia e della<br />
morte?"". Allora,<br />
o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante certezza:<br />
"" nella nascita è il perdurare della vecchiaia e della morte, la nascita è il fondamento della<br />
vecchiaia e della<br />
morte""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il perdurare della nascita, quale è il<br />
fondamento<br />
della nascita ? ""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante<br />
certezza: "" nell'esistenza è il perdurare della nascita, l'esistenza è il fondamento della<br />
nascita""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il perdurare dell'esistenza, quale è il<br />
fondamento<br />
dell'esistenza ? ""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante<br />
certezza: "" nell'attaccamento è il perdurare dell'esistenza, attaccamento, è fondamento<br />
dell'esistenza""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il perdurare dell'attaccamento, quale<br />
è il<br />
fondamento dell'attaccamento? ""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante<br />
certezza: "" nella sete è il perdurare dell'attaccamento, la sete è il fondamento<br />
dell'attaccamento""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il perdurare della sete, quale è il<br />
fondamento della<br />
sete ? ""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante<br />
certezza: "" nella sensazione è il perdurare della sete, la sensazione è il fondamento della<br />
sete""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il perdurare della sensazione, quale è<br />
il<br />
fondamento della sensazione? ""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante,<br />
certezza: "" nel contatto è il perdurare della sensazione, il contatto è il fondamento della<br />
sensazione""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: ""dove è il perdurare del contatto, quale è il<br />
fondamento del<br />
contatto ? ""."
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò con centrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante<br />
certezza: "" nei sei organi del senso è il perdurare del contatto, i sei organi del senso sono il<br />
fondamento del<br />
contatto""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: ""dove è il perdurare dei sei organi del senso,<br />
quale è il<br />
fondamento dei sei organi del senso?""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante<br />
certezza: "" in nome e forma è il perdurare dei sei organi del senso, nome e forma sono il<br />
fondamento dei sei<br />
organi del senso ""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così su: "" dove è il perdurare di nome e forma, quale è<br />
il<br />
fondamento di nome e forma?""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò con centrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante<br />
25<br />
certezza: "" in vinnana è il perdurare di nome e forma, vinnana è il fondamento di nome e<br />
forma""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il perdurare di vinnana quale è il<br />
fondamento di<br />
vinnana ? ""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante<br />
certezza: "" in nome e forma è il perdurare di vinnana, nome e forma è il fondamento di<br />
vinnana''."<br />
"19. Allora al Bodhisatta Vipassi così fu: ""da nome e forma si ritorna a vinnana e avanti non si<br />
va. Proprio<br />
per questo si sorge, si declina, si muore, si trapassa, si risorge: nome e forma è fondamento a<br />
vinnana,<br />
vinnana è fondamento a nome e forma: nome e forma è fondamento ai sei organi del senso, i<br />
sei organi del<br />
senso sono fondamento a contatto, contatto è fondamento a sensazione, sensazione è<br />
fondamento a sete, sete<br />
è fondamento ad attaccamento, attaccamento è fondamento ad esistenza, esistenza è<br />
fondamento a nascita,<br />
nascita è fondamento a vecchiaia e morte, vecchiaia, morte, angoscia, lamento, dolore,<br />
sofferenza, agitazione<br />
si perpetuano, così è l'origine dell'intero complesso del dolore ""."<br />
Origine, origine, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, in questi non prima uditi elementi, sorse<br />
l'occhio, sorse la<br />
certezza, sorse la chiarezza, sorse il sapere, sorse la visione.<br />
"20. Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il non perdurare di vecchiaia e<br />
morte, con la<br />
fine di che è la fine di vecchiaia e morte? ""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante
certezza: "" per la nascita non vi è il non perdurare di vecchiaia e morte. Colla fine della<br />
nascita è la fine di<br />
vecchiaia e morte""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il non perdurare di nascita, con la fine<br />
di che è la<br />
fine di nascita?"". Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua<br />
attenzione, sorse<br />
chiara, realizzante certezza: "" per l'esistenza non vi è il non perdurare della nascita, colla fine<br />
dell'esistenza<br />
vi è la fine della nascita ""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il non perdurare di esistenza, con la<br />
fine di che è<br />
la fine di esistenza?"". Allora o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua<br />
attenzione, sorse<br />
chiara, realizzante certezza "" per attaccamento non vi è il non perdurare di esistenza, con la<br />
fine di<br />
attaccamento vi è la fine di esistenza ""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu "" dove è il non perdurare di attaccamento, con<br />
la fine di che<br />
è la fine di attaccamento ? "". Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la<br />
sua<br />
attenzione, sorse chiara, realizzante certezza: "" per la sete non vi è il non perdurare di<br />
attaccamento, con la<br />
fine della sete vi è la fine dell'attaccamento ""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: ""do è il non perdurare di sete, con la fine di<br />
che è la fine di<br />
sete?"". Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse<br />
chiara,<br />
realizzante certezza: "" per la sensazione non vi è il non perdurare di sete, con la fine di<br />
sensazione vi è la<br />
fine di sete""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: ""dove è il non perdurare di sensazione, con la<br />
fine di che è<br />
la fine di sensazione?""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante<br />
certezza: i' per il contatto non vi è il perdurare di sensazione, con la fine del contatto vi è la<br />
fine di sensazione<br />
""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: ""dov'è il non perdurare di contatto, con la fine<br />
di che è la<br />
fin di contatto? "". Allora o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua<br />
attenzione, sorse<br />
chiara, realizzante certezza: "" per i sei organi del senso non vi è il non perdurare di contatto,<br />
con la fine dei<br />
sei organi del senso vi è la fine del contatto""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il non perdurare dei sei organi del<br />
senso, con la<br />
fine di che è la fine dei sei organi del senso?"". Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su<br />
ciò
concentrava la sua attenzione, sorse chiara, realizzante certezza: "" per nome e forma non vi è<br />
il non<br />
perdurare dei sei organi del senso, con la fine di nome e forma vi è la fine dei sei organi del<br />
senso""."<br />
26<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, così fu: "" dove è il non perdurare di nome e forma,<br />
con la fine di<br />
che è la fine di nome e forma?""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante<br />
certezza: "" per vinnana non vi è il non perdurare di nome e forma, con la fine di vinnana vi è<br />
la fine di nome<br />
e forma""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: ""dove è il non perdurare di vinnana, con la<br />
fine di che è la<br />
fine di vinnana?""."<br />
"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />
realizzante<br />
certezza: "" per nome e forma non vi è il non perdurare di vinnana, colla fine di nome e forma<br />
vi è la fine di<br />
vinnana""."<br />
"21. Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" raggiunta è da me una interiore via per<br />
l'illuminazione; per essa dalla fine di nome e forma è fine a vinnana, dalla fine di vinnana è<br />
fine a nome e<br />
forma, dalla fine di nome e forma è fine ai sei organi del senso, dalla fine dei sei organi del<br />
senso è fine al<br />
contatto, dalla fine del contatto è fine a sensazione, dalla fine della sensazione è fine a sete,<br />
dalla fine della<br />
sete è fine ad attaccamento, dalla fine dell'attaccamento è fine ad esistenza, dalla fine<br />
dell'esistenza è fine a<br />
nascita, dalla fine della nascita sono finiti vecchiaia, morte, angoscia, lamento, sofferenza,<br />
agitazione, e<br />
proprio così è la fine dell'intero complesso del dolore""."<br />
Fine, fine , o monaci, al Bodhisatta Vipassi in questi non prima uditi elementi, sorse l'occhio,<br />
sorse la<br />
certezza, sorse la chiarezza, sorse il sapere, sorse la visione.<br />
"22. Allora, o monaci, il Bodhisatta Vipassi dimorò sperimentando (12) il sorgere e lo sparire<br />
del quintuplo<br />
complesso dell'attaccamento "" questa è la forma, questo il sorgere della forma, questo lo<br />
sparire della forma;<br />
questa la sensazione, questo il sorgere della sensazione, questo lo sparire della sensazione,<br />
questa la<br />
coscienza, questo il sorgere della coscienza, questo lo sparire della coscienza; questi i<br />
sankhara, questo il<br />
sorgere dei sankhara, questo lo sparire dei sankhara; questo vinnana, questo il sorgere di<br />
vinnana, questo lo<br />
sparire di vinnana."<br />
E dimorando nell'osservazione del quintuplo complesso dell'attaccamento, dopo non molto<br />
con la liberazione<br />
da ogni asava emancipò la mente.
SECONDA PARTE<br />
FINE<br />
TERZA PARTE<br />
"1. Allora, o monaci, a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, così fu: "" e<br />
se io ora<br />
esponessi la Dottrina? ""."<br />
"Allora, o monaci, a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, così fu: ""<br />
raggiunta fu da<br />
me una dottrina profonda, ardua a conoscersi, ardua a comprendersi, sottile, percepibile dai<br />
saggi. Attaccate<br />
al piacere invece sono le genti, intente al piacere, dilettantisi di piacere; ora dalle genti<br />
attaccate al piacere,<br />
intente al piacere, dilettantisi di piacere, ardua a realizzare è una posizione come quella del<br />
fondamento e<br />
dell'origine del risorgere, pure ardua a realizzare è la posizione per cui cessa ogni sankhara, la<br />
posizione di<br />
distacco da ogni attaccamento, di esaurimento della sete, di compimento, di fine, di estinzione.<br />
E se io<br />
esponessi queste dottrine, e non fossi compreso, ciò per me sarebbe una fatica, ciò per me<br />
sarebbe una<br />
noia""."<br />
27<br />
2. Allora, o monaci, a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, vennero<br />
naturalmente in<br />
mente questi versi mai prima sentiti:<br />
Con difficoltà certo esporrei ciò che raggiunsi.<br />
Gli immersi nella passione e nella ripulsione da questa dottrina non sono ben illuminabili.<br />
Ciò che va contro corrente (13), sottile, profondo, nascosto,<br />
Gli infocati dalla passione, gli avvolti dall'elemento della<br />
[tenebra, non vedono.<br />
"Così, o monaci, la mente di Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />
propendeva alla<br />
inazione, non all'esposizione della Dottrina. Allora, o monaci, ad un Maha Brahma fu nota<br />
questa riflessione<br />
della mente di Vi. passi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato: "" perirà certo il<br />
mondo, perirà<br />
certo il mondo se la mente; di Vipassi propende all'inazione, non all'esposizione della Dottrina<br />
""."<br />
3. Allora, o monaci, il Maha Brahma, come un uomo forte distende un braccio piegato, o piega<br />
un braccio<br />
disteso,: proprio così scomparendo dal mondo di Brahma, apparve innanzi a Vipassi, il<br />
Sublime Santo,<br />
Perfetto, perfettamente Svegliato. Allora, o monaci, il Maha Brahma, toccando il mantello sulla<br />
spalla destra,<br />
umiliando a terra le ginocchia innanzi a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato, giunte<br />
le mani così parlò a Vipassi il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato:<br />
Esponga, o signore, il Sublime la Dottrina, esponga i Benvenuto la Dottrina: vi sono degli<br />
esseri che sono di
natura poco passionale, che, non applicati alla Dottrina, potranno perdersi: essi diverranno<br />
conoscitori della<br />
Dottrina .<br />
4. Così essendo stato detto, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, disse<br />
al Maha<br />
Brahma così:<br />
" A me o Brahma così fu: ' e se io esponessi la Dottrina ' e allora, o Brahma, a me così fu: '<br />
Raggiunta fu da<br />
me una dottrina profonda, ardua a conoscersi, ardua a comprendersi, sottile, percepibile dai<br />
saggi. Attaccate<br />
al piacere invece sono le genti, intente al piacere, dilettantisi di piacere; ora dalle genti<br />
attaccate al piacere,<br />
intente al piacere, dilettantisi al piacere, ardua a realizzare è una posizione come quella del<br />
fondamento e<br />
dell'origine del risorgere, pure ardua a realizzare è la posizione per cui cessa ogni sankhara, la<br />
posizione di<br />
distacco da ogni attaccamento, di esaurimento della sete, di compimento, di fine, di estinzione.<br />
E se io<br />
esponessi queste dottrine, e non fossi compreso, ciò per me sarebbe una fatica, ciò per me<br />
sarebbe una noia'.<br />
Allora, o Brahma, mi vennero naturalmente in mente questi versi mai prima sentiti:"<br />
Con difficoltà certo esporrei ciò che raggiunsi.<br />
Gli immersi nella passione e nella ripulsione da questa dottrina non sono ben illuminabili. Ciò<br />
che va contro<br />
corrente, sottile, profondo, nascosto,<br />
Gli infocati dalla passione, gli avvolti dall'elemento della tenebra, non vedono.<br />
"Così, o Brahma, la mia mente propende all'inazione, non all'esposizione della Dottrina""."<br />
5. Per la seconda volta, o monaci, il Maha Brahma così disse a Vipassi, il Sublime Santo,<br />
Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato:<br />
"Esponga, o signore, il Sublime la Dottrina, esponga il Benvenuto la Dottrina; vi sono degli<br />
esseri che sono<br />
di natura poco passionale, che, non applicati alla Dottrina, potranno perdersi: essi diverranno<br />
conoscitori<br />
della Dottrina ."<br />
6. Per la terza volta, o monaci, il Maha Brahma così disse a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato:<br />
"Esponga, o signore, il Sublime la Dottrina, esponga il Benvenuto la Dottrina; vi sono degli<br />
esseri che sono<br />
di natura poco passionale, che, non applicati alla Dottrina, potranno perdersi: essi diverranno<br />
conoscitori<br />
della Dottrina ."<br />
28<br />
"Allora, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, sentita la<br />
richiesta del<br />
Brahma, mosso da compassione per gli esseri, osservò con l'occhio rischiarato il mondo. E<br />
vide, o monaci,<br />
Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, osservando il mondo con occhio<br />
rischiarato,
esseri poco passionali, esseri molto passionali, di facoltà acute, di facoltà ottuse, con buoni<br />
attributi, con<br />
cattivi attributi, di buona coscienza, di cattiva coscienza, e di alcuni si accorse che erano<br />
timorosi di essere<br />
privati dell'altro mondo. Come in un lago con loti azzurri, o rossi, o bianchi, alcuni loti azzurri,<br />
o rossi, o<br />
bianchi, nati nell'acqua, sviluppati nell'acqua, sono immersi nell'acqua e dentro immersi si<br />
nutrono; altri loti<br />
azzurri, o rossi, o bianchi, nati nell'acqua, sviluppati nell'acqua stanno a fior d'acqua; ed altri<br />
loti azzurri, o<br />
rossi, o bianchi, nati nell'acqua, sviluppati nell'acqua emergono dall'acqua, non bagnati<br />
dall'acqua, proprio<br />
così, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, osservando il<br />
mondo con<br />
l'occhio rischiarato, vide esseri poco passionali, esseri molto passionali, di facoltà acute, di<br />
facoltà ottuse,<br />
con buoni attributi, con cattivi attributi, di buona coscienza, di cattiva coscienza e di alcuni si<br />
accorse che<br />
erano timorosi di essere privati dell'altro mondo."<br />
7. Allora, o monaci, il Maha Brahma, osservati questi pensieri nella mente di Vipassi, il Sublime<br />
Santo,<br />
Perfetto, perfettamente Svegliato, si rivolse a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato,<br />
coi versi:<br />
Come chi dall'asceso picco, dalla cima del monte le genti intorno guarda,<br />
così, o saggio, dall'ascesa vetta della Dottrina, occhio onniveggente,<br />
tu che non ardi, le infocate genti, soggette al nascere e all'invecchiare, osserva,<br />
e nel mondo, eroe vittorioso, opera, e, guida immacolata,<br />
conduci.<br />
Esponga il Sublime la Dottrina, vi sarà chi ben la impara.<br />
Allora, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, rispose al Maha<br />
Brahma con i<br />
versi:<br />
Aperta è a costoro la porta del non più morire.<br />
La varchino coloro che vogliono rettamente sapere. Conscio della repulsione delle umane<br />
genti<br />
prima non volli enunciare la verace, profonda Dottrina, o Brahma.<br />
"Allora, o monaci, il Maha Brahma disse: "" mi diede la promessa Vipassi, il Sublime Santo,<br />
Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato, di esporre la Dottrina "". E salutato Vipassi, il Sublime Santo,<br />
Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato, girato sulla destra di là disparve."<br />
"8. Allora, o monaci, a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, così fu: ""a<br />
chi io<br />
dunque per primo esporrò la Dottrina, chi facilmente imparerà la Dottrina ? ""."<br />
"Allora, monaci, a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, così fu: ""<br />
Khanda, figlio di<br />
re, Tissa, figlio del brahmano di corte, abitano a Bandhumati; la capitale, colti, pieni<br />
d'esperienza,
intelligenti, maturi, di natura poco passionale. E se io esponessi la Dottrina per primi a Khanda<br />
figlio di re e a<br />
Tissa figlio del brahmano di corte, questi rapidamente imparerebbero la Dottrina""."<br />
Allora, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, come un uomo<br />
forte distende<br />
un braccio piegato o piega un braccio disteso, proprio così, sparendo dal tronco dell'albero<br />
dell'illuminazione, apparve presso la capitale Bandhumati, in Khema, nel parco delle Antilopi.<br />
9. Allora, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, si rivolse al<br />
guardiano del<br />
parco:<br />
Ehi tu caro guardiano del parco, va nella capitale Bandhumati e a Khanda, figlio di re, a Tissa,<br />
figlio del<br />
brahmano di corte, così parla: Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o<br />
signori, venuto<br />
nella capitale Bandhumati, dimora in Khema, nel parco delle Antilopi. Egli desidera vedervi.<br />
Sì, o signore e, o monaci, il guardiano del parco, obbedendo a Vipassi, il Sublime Santo,<br />
Perfetto,<br />
29<br />
perfettamente Svegliato, si recò nella capitale Bandhumati, ed a Khanda, figlio di re, a Tissa,<br />
figlio del<br />
brahmano di corte, così disse:<br />
Vipassi, o signori, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, venuto nella capitale<br />
Bandhumati,<br />
dimora in Khema, nel parco delle Antilopi. Egli desidera vedervi .<br />
10. Allora, o monaci, Khanda, figlio di re, e Tissa, figlio del brahmano di corte, fatto apprestare<br />
un ben domo<br />
equipaggio, saliti sul ben domo equipaggio, si mossero dalla capitale Bandhumati e andarono<br />
per il parco<br />
delle Antilopi, col ben domo equipaggio, sin dove il terreno era carrozzabile, indi, scesi dal<br />
cocchio,<br />
proseguendo a piedi, si diressero là dove era Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato,<br />
salutatolo si sedettero accanto.<br />
"11. Ad essi Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, tenne un regolare<br />
discorso, cioè un<br />
discorso sull'elemosina, un discorso sulla condotta, un discorso sulla trascendenza e lo<br />
svantaggio, la vanità,<br />
il decadere, la rinunzia dei desideri profittevolmente loro illustrò. Ed il Sublime fece loro nota<br />
la mente<br />
chiara, la mente duttile, la mente impregiudicante, la mente beata, la mente serena, ed illustrò<br />
in breve la<br />
Dottrina insegnata dai Buddha: il dolore, l'origine, la fine, la via. E come una chiara veste,<br />
rimossa l'oscurità,<br />
il suo giusto colore riceve, proprio così a Khanda, figlio di re, a Tissa, figlio del brahmano di<br />
corte, mentre là<br />
erano seduti, sorse limpido e chiaro l'occhio della Dottrina: ""questa è proprio la Dottrina<br />
dell'origine, questa<br />
è la Dottrina della totale estinzione ""."<br />
12. Ed essi, osservata nell'insegnamento del maestro la Dottrina, accettata la Dottrina,<br />
imparata la Dottrina,
penetrati nella Dottrina, superata l'incertezza, superato il dubbio,<br />
raggiunta l'autosufficienza, liberi da ogni dipendenza, così dissero a Vipassi, il Sublime Santo,<br />
Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato:<br />
"È meraviglioso, o signore, è meraviglioso, o signore! Come, o signore, si raddrizzasse ciò che<br />
era<br />
rovesciato, si scoprisse ciò che era coperto, ad uno smarrito di mostrasse la strada, si portasse<br />
una lampada<br />
nell'oscurità: chi ha gli occhi vedrà le forme; così con più di un argomento fu dal Sublime<br />
esposta la<br />
Dottrina, e noi, o signore, prendiamo rifugio nel Sublime e nella Dottrina. Forse potremo<br />
ottenere presso il<br />
Sublime l'ordinazione, potremo ottenere l'ammissione ."<br />
I3. E, o monaci, Khanda, figlio di re, e Tissa, figlio del brahmano di corte, ottennero presso<br />
Vipassi il<br />
Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, l'ordinazione, ottennero l'ammissione. E<br />
Vipassi, il<br />
Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, con discorsi sulla Dottrina li istruì, incitò,<br />
rallegrò,<br />
rasserenò e lo svantaggio, la vanità, il decadere, la rinunzia dei desideri profittevolmente loro<br />
illustrò. Ed a<br />
costoro, da Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, con discorsi sulla<br />
Dottrina, istruiti,<br />
incitati, rallegrati e rasserenati, dopo non molto fu libera la mente.<br />
"14. Allora, o monaci, nella capitale Bandhumati una grande folla di circa 84.000 uomini udì:<br />
""Vipassi,<br />
certo, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, è apparso nella capitale Bandhumati<br />
e dimora in<br />
Khema, nel parco delle Antilopi. Khanda, figlio di re, e Tissa, figlio del brahmano di corte, al<br />
séguito di<br />
Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, rasi capelli e barba indossato il<br />
giallo mantello,<br />
hanno lasciata la casa per l'anacoretismo"". A coloro che udivano così fu: "" questa non è una<br />
inferiore<br />
dottrina e regola, non è un'inferiore ordinazione, se Khanda, figlio di re, e Tissa, figlio del<br />
brahmano di corte,<br />
rasi capelli e barba, indossato il giallo mantello, hanno lasciata la casa per l'anacoretismo. E se<br />
Khanda, figlio<br />
di re, e Tissa, figlio del brahmano di corte, al séguito di Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, rasi capelli e barba, indossato il giallo mantello, hanno lasciata la casa per<br />
l'anacoretismo, perché<br />
non sarà anche per noi così ? ""."<br />
Allora, o monaci, una grande folla di circa 84.000 uomini uscita dalla capitale Bandhumati si<br />
diresse a<br />
Khema, al parco delle Antilopi, la dove era Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato, ed<br />
avvicinatasi a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, si sedette accanto.<br />
"15. A costoro Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, tenne un regolare<br />
discorso, cioè
un discorso sull'elemosina, un discorso sulla condotta, un discorso sulla trascendenza, e lo<br />
svantaggio, la<br />
vanità, il decadere, la rinunzia dei desideri profittevolmente illustrò. Ed il Sublime fece loro<br />
nota la mente<br />
30<br />
chiara, la mente duttile, la mente impregiudicante, la mente beata, la mente serena, ed illustrò<br />
in breve la<br />
Dottrina segnata dai Buddha; il dolore, l'origine, la fine, la via. E come una chiara veste,<br />
rimossa l'oscurità, il<br />
suo giusto colore riceve, proprio così a questi 84.000 uomini, mentre là s'erano seduti, sorse<br />
limpido e chiaro<br />
l'occhio della Dottrina : "" questa è proprio la Dottrina dell'origine, questa; è la Dottrina della<br />
totale<br />
estinzione""."<br />
"l6. E costoro, osservata nell'insegnamento del maestro la Dottrina, accettata la Dottrina,<br />
imparata la<br />
Dottrina, penetrati nella Dottrina, superata l'incertezza, superato il dubbio, raggiunta<br />
l'autosufficenza, liberi<br />
da ogni dipendenza, così a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato dissero:<br />
""È<br />
meraviglioso, o signore, è meraviglioso, o signore! Come, o signore, si raddrizzasse ciò che era<br />
rovesciato, si<br />
scoprisse ciò che era coperto, ad uno smarrito si mostrasse la strada, si portasse una lampada<br />
nell'oscurità:<br />
chi ha gli occhi vedrà le forme; così con più di un argomento fu dal Sublime esposta la<br />
Dottrina, e noi, o<br />
signore, prendiamo rifugio nel Sublime e nella Dottrina. Forse potremo ottenere presso il<br />
Sublime<br />
l'ordinazione, potremo ottenere l'ammissione ""."<br />
"17. E, o monaci, gli 84.000 uomini ottenne."" presso Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, l'ordinazione, ottennero l'ammissione. E Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, con discorsi sulla Dottrina, li istruì, incitò, rallegrò, rasserenò e lo svantaggio, la<br />
vanità, il<br />
decadere, la rinunzia dei desideri profittevolmente loro illustrò. Ed a costoro, da Vipassi, il<br />
Sublime Santo,<br />
Perfetto, perfettamente Svegliato, con discorsi sulla Dottrina, istruiti, mutati, rallegrati,<br />
rasserenati, dopo non<br />
molto fu loro libera la mente."<br />
"18. Udirono i primi 84.000 pellegrini 14: "" certo Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, apparso nella capitale Bandhumati, dimora in Khema nel parco delle Antilopi ed<br />
espone la<br />
Dottrina "". Allora, o monaci, gli 84.000 pellegrini si diressero alla capitale Bandhumati, in<br />
Khema, nel<br />
parco delle Antilopi, là dove era Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, si<br />
sedettero<br />
accanto."
"19. Ad essi Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, tenne un regolare<br />
discorso, cioè un<br />
discorso sulla elemosina, un discorso sulla condotta, un discorso sulla trascendenza e lo<br />
svantaggio, la vanità,<br />
il decadere, la rinunzia dei desideri profittevolmente illustrò. Ed il Sublime fece loro nota la<br />
mente chiara, la<br />
mente duttile, la mente impregiudicante, la mente beata, la mente serena, ed illustrò in breve<br />
la Dottrina<br />
insegnata dai Buddha: il dolore, l'origine, la fine, la via. E come una chiara veste, rimossa<br />
l'oscurità, il suo<br />
giusto colore riceve, proprio così agli 84.000 pellegrini, mentre là erano seduti, sorse limpido<br />
e chiaro<br />
l'occhio della Dottrina: "" questa è proprio la Dottrina dell'origine, questa è la Dottrina della<br />
totale estinzione<br />
""."<br />
"20. Ed essi, osservata nell'insegnamento del maestro la Dottrina, accettata la Dottrina,<br />
impara la Dottrina,<br />
penetrati nella Dottrina, superata l'incertezza, superato il dubbio, raggiunta l'autosufficenza,<br />
liberi da ogni<br />
dipendenza, così a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, dissero: ""È<br />
meraviglioso, o<br />
signore, è meraviglioso, o signore! Come, o signore, si raddrizzasse ciò che era rovesciato, si<br />
scoprisse ciò<br />
che era coperto, ad uno smarrito si mostrasse la strada, si portasse una lampada nell'oscurità:<br />
chi ha gli occhi<br />
vedrà le forme; così con più di un argomento fu dal Sublime esposta la Dottrina, e noi, o<br />
signore, prendiamo<br />
rifugio nel Sublime e nella Dottrina. Forse potremo ottenere presso il Sublime l'ordinazione,<br />
potremo<br />
ottenere l'ammissione ""."<br />
21. E, o monaci, questi 84.000 pellegrini, ottennero presso Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, l'ordinazione, ottennero l'ammissione. E Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, con discorsi sulla Dottrina istruì, incitò, rallegrò, rasserenò e lo svantaggio, la vanità,<br />
il decadere,<br />
la rinunzia dei desideri profittevolmente loro illustrò. Ed a costoro, da Vipassi, il Sublime<br />
Santo, Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato, con discorsi sulla dottrina, istruiti, mutati, rallegrati, rasserenati,<br />
dopo non molto fu<br />
loro libera la mente.<br />
"22. Dunque così in quel tempo, o monaci, nella capitale Bandhumati venne a trovarsi una<br />
grande schiera di<br />
monaci, 6.800.000 monaci. Allora, o monaci, a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato,<br />
31<br />
ritirato in solitudine, sorse questo pensiero: ""ora nella capitale Bandhumati si trova una<br />
grande schiera di<br />
monaci, 6.800.000 monaci, e se io prescrivessi ai monaci: ' aggiratevi, o monaci, a propiziare il<br />
vantaggio di
molti, la gioia di molti, per la compassione del mondo, per il vantaggio, la gioia degli dèi e degli<br />
uomini.<br />
Non da soli, ma in due andate, esponete la Dottrina, letificante nel principio, letificante nel<br />
mezzo, letificante<br />
nella fine, nella lettera e nello spirito, la completa totalmente perfetta condizione di purezza.<br />
Vi sono degli<br />
esseri, di natura poco passionale, che, privi della Dottrina, perirebbero, essi saranno dei buoni<br />
discepoli della<br />
Dottrina. Così dopo sei anni ritornate nella capitale Bandhumati per esporre il patimokkha<br />
(15)'""."<br />
23. Allora, o monaci, ad un Maha Brahma fu nota questa riflessione della mente di Vipassi, il<br />
Sublime Santo,<br />
Perfetto, perfettamente Svegliato. E come un uomo forte distende un braccio piegato, o piega<br />
un braccio<br />
disteso, proprio così, scomparendo dal mondo di Brahma, apparve innanzi a Vipassi, il<br />
Sublime Santo,<br />
Perfetto, perfettamente Svegliato. Allora, o monaci, il Maha Brahma, denudando dal mantello<br />
la spalla<br />
destra, umiliando a terra le ginocchia, giunte le mani, così parlò a Vipassi, il Sublime Santo,<br />
Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato:<br />
Proprio così, o Sublime, proprio così, o Benvenuto. Una grande, o signore, schiera di monaci si<br />
trova nella<br />
capitale Bandhumati, 6.800.000 monaci. Annunci, o signore, il Sublime ai monaci: ' aggiratevi,<br />
o monaci, a<br />
propiziare il vantaggio di molti, la gioia di molti, per la compassione del mondo, per il<br />
vantaggio, la gioia<br />
degli dèi e degli uomini. Non da soli, ma in due andate, esponete la Dottrina, letificante nel<br />
principio,<br />
letificante nel mezzo, letificante nella fine, nella lettera e nello spirito, la completa totalmente<br />
perfetta<br />
condizione di purezza. Vi sono degli esseri, di natura poco passionale, che, privi della Dottrina,<br />
perirebbero,<br />
essi saranno dei buoni discepoli della Dottrina. Così dopo ogni sei anni ritornate nella capitale<br />
Bandhumati<br />
per esporre il patimokkha.<br />
Così disse il Maha Buddha. E così avendo detto, salutato Vipassi il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, girando sulla destra di là sparì.<br />
24. Allora, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, sul far della<br />
sera, uscito<br />
dal ritiro, si muove ai monaci:<br />
Proprio a me, ritirato in solitudine, sorse questo pensiero: 'ora nella capitale Bandhumati si<br />
trova una grande<br />
schiera di monaci, 6.800.000 monaci, e se io prescrivessi ai monaci: aggiratevi o monaci, a<br />
propiziare il<br />
vantaggio di molti, la gioia di molti, per la compassione del mondo, per il vantaggio, la gioia<br />
degli dèi e degli<br />
uomini. Non da soli, ma in due andate, esponete la Dottrina, letificante nel principio, letificante<br />
nel mezzo,
letificante nella fine, nella lettera e nello spirito, la completa totalmente perfetta condizione di<br />
purezza. Vi<br />
sono degli esseri, di natura poco passionale, che, privi della Dottrina, perirebbero, essi<br />
saranno dei buoni<br />
discepoli della Dottrina. Così dopo sei anni ritornate nella capitale Bandhumati per esporre il<br />
patimokkha.<br />
25. Allora, o monaci, ad un Maha Brahma fu nota questa riflessione della mia mente. E come<br />
un uomo forte<br />
distende un braccio piegato, o piega un braccio disteso, proprio così, scomparendo dal mondo<br />
di Brahma, mi<br />
apparve innanzi. Allora, o monaci, il Maha Brahma, denudando dal mantello la spalla destra,<br />
umiliando a<br />
terra le ginocchia innanzi a me, giunte le mani così mi parlò: ' Proprio così, o Sublime, proprio<br />
così, o<br />
Benvenuto. Una grande, o signore, schiera di monaci si trova nella capitale Bandhumati,<br />
6.800.000 monaci.<br />
Annunci, o signore, il Sublime ai monaci: aggiratevi o monaci, a propiziare il vantaggio di<br />
molti, la gioia di<br />
molti per la compassione del mondo, per il vantaggio, la gioia degli dèi e degli uomini. Non da<br />
soli, ma in<br />
due andate, esponete` la Dottrina, letificante nel principio, letificante nel mezzo, letificante<br />
nella fine, nella<br />
lettera e nello spirito, la completa totalmente perfetta condizione di purezza. Vi sono degli<br />
esseri, di natura<br />
poco passionale, che, privi della Dottrina, perirebbero, essi saranno dei buoni discepoli della<br />
Dottrina. Così<br />
dopo sei anni ritornate nella capitale Bandhumati per esporre il patimokkha'. Così disse il<br />
Maha Brahma. E<br />
così avendo detto, salutatomi, girando sulla destra di là sparì.<br />
26. Ed io annuncio, o monaci: ' aggiratevi, o monaci, a propiziare il vantaggio di molti, la gioia<br />
di molti, per<br />
la compassione del mondo, per il vantaggio, la gioia degli dèi e degli uomini. Non da soli, ma in<br />
due andate,<br />
esponete la Dottrina letificante nel principio, letificante nel mezzo, letificante nel fine, nella<br />
lettera e nello<br />
spirito, la completa totalmente perfetta condizione di purezza. Vi sono degli esseri, ,li natura<br />
poco<br />
32<br />
passionale, che, privi della Dottrina, perirebbero, essi saranno dei buoni discepoli della<br />
Dottrina. Così dopo<br />
sei anni ritornate nella capitale Bandhumati per esporre " il patimokkha'""."<br />
Così, o monaci, i monaci proprio da quel giorno andarono in giro per il paese.<br />
"27. In quel tempo, o monaci, vi erano 84.000 dimore (per i monaci) nel Jambudipa (16). E<br />
come finì la<br />
prima stagione delle piogge gli dèi fecero udire una voce: finita, o venerabili, la prima stagione<br />
delle piogge.<br />
Ora rimangono cinque stagioni delle piogge, dopo la quinta stagione delle piogge dovrete<br />
dirigervi alla<br />
capitale Bandhumati per esporre il patimokkha""."
"Ed essendo finita la seconda stagione delle piogge, gli dèi fecero udire una voce: ""È finita, o<br />
venerabili, la<br />
seconda stagione delle piogge. Ora rimangono quattro stagioni delle piogge, dopo la quarta<br />
stagione delle<br />
piogge dovrete dirigervi alla capitale Bandhumati per esporre il patimokkha""."<br />
" Ed essendo finita la terza stagione delle piogge, gli dèi fecero udire una voce: ""È finita, o<br />
venerabili, la<br />
terza stagione delle piogge. Ora rimangono tre stagioni delle piogge, dopo la terza stagione<br />
delle piogge<br />
dovrete dirigervi alla capitale Bandhumah per scoprire il patimokkha""`"<br />
" Ed essendo finita la quarta stagione delle piogge, gli dèi fecero udire una voce: ""È finita, o<br />
venerabili, la<br />
quarta stagione delle piogge. Ora rimangono due stagioni delle piogge, dopo la seconda<br />
stagione delle piogge<br />
dovrete dirigervi alla capitale Bandhumati per esporre il patimokkha"""<br />
"Ed essendo finita la quinta stagione delle piogge, gli dèi fecero udire una voce: ""È finita, o<br />
venerabili, la<br />
quinta stagione delle piogge. Ora rimane una sola stagione delle piogge."<br />
Dopo la prima stagione delle piogge dovrete dirigervi alla capitale Bandhumati per esporre il<br />
patimokkha<br />
"Ed essendo finita la sesta stagione delle piogge, gli dèi fecero udire una voce: "" È finita, o<br />
venerabili, la<br />
sesta stagione delle piogge. Ora è tempo che ritorniate, dirigendovi alla capitale Bandhumati,<br />
per esporre il<br />
patimokkha""."<br />
Allora, o monaci, i monaci e per i poteri soprannaturali di ciascuno, e per i poteri<br />
soprannaturali degli dèi,<br />
dirigendosi alla capitale Bandhumati, in un solo giorno quivi convennero.<br />
"28. Dunque, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, espose<br />
innanzi alla<br />
schiera dei monaci il patimokkha"":"<br />
"Sopportazione, autocontrollo e perseveranza, estinzione supremamente insegnano i Buddha;<br />
colui che è<br />
uscito nessuno ingiurii;"<br />
l'asceta non sia ad alcuno ostile.<br />
Non esser causa di alcun male, ma origine di cose salutari, purificare la mente, questo è il<br />
messaggio dei<br />
Buddha.<br />
Non essere insolenti, non ingiurianti, ma dal patimokkha essere moderati e soli nel cibo e nel<br />
riposo, frenati,<br />
frenati alla concentrazione della mente, questo è il messaggio dei Buddha.<br />
"29. Io stesso, o monaci, un tempo dimoravo ad Ukkatthaya, nel bosco di Subhaga, al tronco di<br />
un albero di<br />
sala. Allora, o monaci, mentre ero ritirato in meditazione sorse questo pensiero nella mia<br />
mente: "" la dimora<br />
degli dèi Suddhavasa (17) non fu da me precedentemente abitata e da lungo tempo lo è solo<br />
dagli dèi<br />
Suddhavasa e se io ora mi dirigessi verso gli dèi Suddhavasa?""."<br />
Allora, o monaci, come un uomo forte distende un braccio piegato, o piega un braccio disteso,<br />
proprio così
da Ukkatthaya, dal bosco di Subhaga, dal tronco di un albero di sala sparito comparvi agli dèi<br />
Aviha. Qui<br />
un'assemblea di dèi, alcune migliaia di dèi si diresse verso di me, ed essendosi avvicinata,<br />
salutatomi si<br />
sedette accanto. Accanto seduti, o monaci, gli dèi mi dissero:<br />
Fu nel 91° evo, o Venerabile, che Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />
sorse nel<br />
mondo Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, fu di nascita<br />
nobile, sorse<br />
nella classe dei nobili. Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o<br />
Venerabile, fu di<br />
famiglia Kondanna. Di Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o<br />
Venerabile, la durata<br />
della vita fu di 80.000 anni. Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o<br />
Venerabile,<br />
raggiunse l'illuminazione al tronco di una bignonia. A Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
33<br />
Svegliato, o Venerabile, fu una coppia di discepoli di nome Khanda e Tissa, eccelsa nobile<br />
coppia. A<br />
Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, furono tre classi di<br />
discepoli. Una<br />
di queste classi fu di 6.800.000 monaci, una di queste classi fu di 100.000 monaci, una di<br />
queste classi fu di<br />
80.000 monaci. A Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, le<br />
tre classi<br />
furono di discepoli tutti liberi dagli asava. A Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato, o<br />
Venerabile, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Asoka.<br />
A Vipassi, il<br />
Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, fu padre il re di nome<br />
Bandhuma, la divina<br />
Bandhumati fu madre e genitrice. La città di nome Bandhumati fu capitale del re Bandhuma.<br />
Così, o<br />
Venerabile, fu la rinuncia di Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, così<br />
l'uscita, così la<br />
concentrazione, così la suprema illuminazione, così la messa in moto della ruota della dottrina<br />
E noi, o<br />
signore, avendo realizzata la condizione di purezza, ed essendoci liberati dai desideri di<br />
attaccamento<br />
sensoriali, presso Vipassi il Sublime qui siamo risorti.<br />
30. E qui, o monaci, un'assemblea di dèi, di alcune migliaia di dèi, di alcune centinaia di dèi si<br />
diresse verso<br />
di me, ed essendosi avvicinata, ed avendomi salutato, si sedette accanto. Accanto seduti, o<br />
monaci, gli dèi mi<br />
dissero:<br />
"In questo felice evo, o Venerabile, l'attuale Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato è<br />
apparso nel<br />
mondo. Il Sublime, o Venerabile, è di nascita nobile, sorto nella classe dei nobili. Il Sublime, o<br />
Venerabile, è
di famiglia Gotama. Al Sublime, o Venerabile, è un breve, insignificante tempo di vita,<br />
facilmente<br />
danneggiabile; colui che ora vive a lungo vive cent'anni o poco più. Il Sublime, o Venerabile,<br />
raggiunse<br />
l'illuminazione al tronco di una ficus religiosa. Al Sublime, o Venerabile, è una coppia di<br />
discepoli di nome<br />
Sariputta e Moggallana, eccelsa nobile coppia. Al Sublime, o Venerabile, è una sola classe di<br />
discepoli di<br />
1350 monaci. Al Sublime, o Venerabile, questa classe è di discepoli tutti liberi dagli asava. Al<br />
Sublime, o<br />
Venerabile, è ora attendente personale, nobile personale attendente, il monaco Ananda. Al<br />
Sublime, o<br />
Venerabile, è padre il re Suddhodana, la divina Maya fu madre e genitrice. Capitale la città<br />
Kapilavatthu.<br />
Così, o Venerabile, fu la rinuncia del Sublime, così l'uscita, così la concentrazione, così la<br />
suprema<br />
illuminazione, così la messa in moto della ruota della Dottrina. E noi, o signore, avendo<br />
realizzato la<br />
condizione di purezza, ed essendoci liberati dai desideri di attaccamento sensoriale, presso il<br />
Sublime qui<br />
siamo risorti."<br />
3l. Allora, o monaci, cogli dèi Aviha mi diressi verso gli dèi Atappa, poi cogli dèi Atappa e cogli<br />
dèi Aviha<br />
mi diressi verso gli dèi Sudassa. Poi cogli dèi Sudassa, cogli dèi Atappa, cogli dèi Aviha mi<br />
diressi verso gli<br />
dèi Sudassa. Poi cogli dèi Sudassi, cogli dèi Sudassa, cogli dèi Atappa, cogli dèi Aviha mi diressi<br />
dagli dèi<br />
Akanittha. Quivi, o monaci, un'assemblea di dèi, alcune migliaia di dèi si diressero verso di me,<br />
ed essendosi<br />
avvicinata, e salutatomi si sedettero accanto. Accanto seduti, o monaci, gli dèi mi dissero:<br />
Fu nel 9l° evo, o Venerabile, che Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />
sorse nel<br />
mondo.<br />
Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, fu di nascita nobile,<br />
sorse nella<br />
classe dei nobili.<br />
Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, fu di famiglia<br />
Kondanna. Di<br />
Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, la durata della vita fu<br />
di 80.000<br />
anni. Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, raggiunse<br />
l'illuminazione al<br />
tronco di una bignonia. A Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o<br />
Venerabile, fu una<br />
coppia di discepoli di nome Khanda e Tissa, eccelsa nobile coppia. A Vipassi, il Sublime Santo,<br />
Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato, o Venerabile, furono tre classi di discepoli.<br />
"Una di queste classi fu di 6.800.000 monaci, una di queste classi fu di 100.000 monaci, una di<br />
queste classi
fu di 80.000 monaci. A Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o<br />
Venerabile, le tre<br />
classi furono di discepoli tutti liberi dagli asava. A Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato, o Venerabile, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di<br />
nome Asoka. A<br />
Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, fu padre il re di<br />
nome Bandhuma,<br />
34<br />
la divina Bandhumati fu madre e genitrice. La città di nome Bandhumati fu capitale del re<br />
Bandhuma. Così,<br />
o Venerabile, fu la rinuncia di Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, così<br />
l'uscita, così<br />
la concentrazione, così la suprema illuminazione, così la messa in moto della ruota della<br />
Dottrina. E noi, o<br />
signore, avendo realizzata la condizione di purezza, ed essendoci liberati dai desideri di<br />
attaccamento<br />
sensoriali, presso Vipassi il Sublime qui siamo risorti""."<br />
32. Quivi, o monaci, un'assemblea di dèi, alcune migliaia di dèi, alcune centinaia di dèi si<br />
diressero verso di<br />
me ed avendomi avvicinato, ed avendomi salutato si sedettero accanto.<br />
Accanto seduti gli dèi così mi dissero:<br />
" In questo felice evo, o Venerabile, l'attuale Sublime, Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato, è<br />
apparso nel mondo. Il Sublime, o Venerabile, è di nascita nobile, sorto nella classe dei nobili. Il<br />
Sublime, o<br />
Venerabile, è di famiglia Gotama. Al Sublime, o Venerabile, è un breve, insignificante tempo di<br />
vita,<br />
facilmente danneggiabile; colui che ora vive a lungo vive cent'anni o poco più. Il Sublime, o<br />
Venerabile,<br />
raggiunse l'illuminazione al tronco di una ficus religiosa. Al Sublime, o Venerabile, è una<br />
coppia di discepoli<br />
di nome Sariputta e Moggalana, eccelsa nobile coppia. Al Sublime, o Venerabile, è una sola<br />
classe di<br />
discepoli di 1350 monaci. Al Sublime, o Venerabile, questa classe è di discepoli tutti liberi<br />
dagli asava. Al<br />
Sublime, o Venerabile, è ora attendente personale, nobile personale attendente, il monaco<br />
Ananda. Al<br />
Sublime, o Venerabile, è padre il re Suddhodana, la divina Maya fu madre e genitrice. Capitale<br />
la città<br />
Kapilavatthu. Così, o Venerabile, fu la rinuncia del Sublime, così l'uscita, così la<br />
concentrazione, così la<br />
suprema illuminazione, così la messa in moto della ruota della Dottrina. E noi, o signore,<br />
avendo realizzato<br />
la condizione di purezza, ed essendoci liberati dai desideri di attaccamento sensoriale, presso<br />
il Sublime qui<br />
siamo risorti ."<br />
"33. Così, o monaci, questa regola universale è ben nota al Sublime. Il Compiuto per la<br />
conoscenza di questa
egola universale ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno troncato gli<br />
impedimenti,<br />
interrotto l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel<br />
nome, li ricorda<br />
nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda<br />
nelle classi di<br />
discepoli: "" così furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i<br />
comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni.<br />
Proprio così furono<br />
questi Sublimi """"."<br />
Così disse il Sublime. Contenti i monaci si rallegrarono alla parola del Sublime.<br />
MAHAPADANA SUTTANTA<br />
FINE<br />
NOTE<br />
1) Benares<br />
"2) Il Sublime non può penetrare la mente degli antichi Svegliati perché totalmente estinti; è<br />
solo attraverso<br />
agli dei del mondo di Brahma, che, nella loro lunghissima esistenza, furono contemporanei<br />
degli antichi<br />
Svegliati, che il Sublime viene a sapere ogni cosa su costoro."<br />
3) Colui che possiede l'elemento Bodhi od illuminazione. Nome che compete coloro che<br />
stanno per diventare<br />
Buddha.<br />
4) Una classe di dèi inferiori al mondo di Brahma.<br />
5) Diviene cioè consustanziale al retto comportamento che necessariamente ti realizza in lei.<br />
6) Anche qui la castità è necessaria ed assoluta conseguenza del portare nel ventre il<br />
Bodhisatta.<br />
7) La madre del Bodhisatta raggiunge nei riguardi del proprio corpo e di quello del Bodhisatta<br />
la lucida<br />
chiarezza che si realizza colla pratica dei quattro jhana.<br />
8) Anche le dee della Grecia avevano le loro gravidanza di 10 mesi.<br />
35<br />
9) Sulle mani, sui piedi, sulle spalle, e sulla schiena.<br />
10) Vipassi = Vi + passi = buon veggente.<br />
11) Intesa come possibilità quasi necessità di esistere.<br />
12) Sperimentando, realizzando su piano ontologico. Cioè non solo riconoscendo la logicità,<br />
veridicità<br />
dell'asserzione, ma vivendola in tutti i piani che tanti mano gli si andavano schiudendo.<br />
13) La corrente del Samsara.<br />
14) I primi che avevano seguìto Vipassi, prima della sua illuminazione.<br />
15) Pubblico esame cui ciascun monaco sottopone il suo comportamento.<br />
16) L'Isola del Melograno, l'India propriamente detta.<br />
17) Una classe di dèi del mondo di Brahma comprendenti più cori.<br />
UDANA(1)<br />
(DETTI ISPIRATI O VERSI DI ESALTAZIONE)<br />
CAPITOLO I<br />
BODHI<br />
(IL RISVEGLIO)<br />
"Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava, sulla riva del fiume<br />
Neranjara, ai piedi
dell'albero della Bodhi, avendo proprio allora conseguito la perfetta illuminazione. Ora, in<br />
quella occasione,<br />
il Beato rimase assiso per sette giorni (2) in una particolare posizione (3) sperimentando la<br />
beatitudine della<br />
Liberazione. Quindi il Beato, trascorsi quei sette giorni, durante la prima vigilia della notte,<br />
riprendendosi da<br />
quell'estasi meditativa (samadhi), volse attentamente il pensiero alla nascita delle cause l'un<br />
l'altra<br />
condizionate (paticca-samuppdda), secondo l'ordine diretto, così: ""in questa [condizione di]<br />
essere, ciò si<br />
verifica; per il fatto che ciò nasce, quest'altro nasce, cioè: condizionati dall'ignoranza (avijja),<br />
gli elementi<br />
dell'esistenza (sankhara); condizionato dagli elementi dell'esistenza, [lo stato di] coscienza<br />
(vinnana);<br />
condizionati dallo stato di coscienza, nome-e-forma (nama-rupa); condizionate da nome-eforma,<br />
le sei sfere<br />
d'azione sensoria (salayatana = i cinque sensi più il mentale), condizionata dalle sei sfere di<br />
azione sensoria<br />
la percezione (phassa); condizionata dalla percezione, la sensazione (vedana); condizionata<br />
dalla sensazione,<br />
la sete [di esistenza] (tanha); condizionato dalla sete [di esistenza] il legame [verso una<br />
particolare vita]<br />
(upadana); condizionata dal legame, l'esistenza (bhava); condizionata dall'esistenza, la nascita<br />
(jati);<br />
condizionati dalla nascita, vengono ad esistere vecchiaia-e-morte (jara-marana), dolore,<br />
lamento, sofferenza,<br />
tormento e disperazione. Così avviene la nascita di tutto questo insieme di Male""."<br />
Quindi il Beato, avendo intuito il significato di ciò, proferì in quel momento questo verso<br />
ispirato:<br />
Quando, invero, si rivelano gli elementi della realtà (dhamma)<br />
"al brahmana ardente di ascesi, meditante, allora svaniscono i suoi dubbi, dacché egli già<br />
conosce la<br />
contingente realtà e le sue cause""."<br />
2. Così da me è stato udito. In una certa occasione.....<br />
(ecc., come sopra) "Quindi il Beato, sorgendo da quell'estasi meditativa, durante la vigilia di<br />
mezzo della<br />
notte, volse attentamente il pensiero alla nascita condizionata delle cause in senso inverso,<br />
così: ""non<br />
essendovi questa [condizione di] essere, ciò non si verifica: per il fatto che ciò cessa,<br />
[quest'altro] cessa di<br />
essere, e cioè: cessando l'ignoranza, si ha la cessazione degli elementi dell'esistenza: cessando<br />
gli elementi<br />
dell'esistenza, cessa [lo stato di] coscienza: cessando lo stato di coscienza, cessano nome-eforma:<br />
cessando<br />
nome-e forma, cessano le sei sfere di azione sensoria: cessando le sei sfere di azione sensoria,<br />
cessa la<br />
percezione: cessando la percezione, cessa la sensazione: cessando la sensazione, cessa la sete:<br />
cessando la<br />
36
sete, cessa il legame: cessando il legame, cessa l'esistenza: cessando l'esistenza, cessa la<br />
nascita; cessando la<br />
nascita, cessano vecchiaia-e-morte, dolore, lamento, sofferenza, tormento e disperazione. Così<br />
avviene la<br />
cessazione di tutto questo insieme di Male"". Quindi il Beato, avendo intuìto il significato di ciò<br />
profferì in<br />
quel momento questo verso ispirato:"<br />
Quando, invero, si rivelano gli elementi della realtà al brahmana che, ardente di ascesi, medita,<br />
allora<br />
svaniscono tutti i suoi dubbi, dacché egli ha conosciuto il dileguarsi delle cause.<br />
3. Così da me è stato udito. In una certa occasione, il Beato (ecc., come sopra) ....Quindi il<br />
Beato,<br />
riprendendosi da quell'estasi meditativa, durante l'ultima vigilia della notte, considerò<br />
attentamente la nascita<br />
condizionata delle concause in entrambo i sensi, quello diretto e quello indiretto, così: "<br />
""Quando c'è questo,<br />
si verifica questo. Quando questo non c'è, questo altro non c'è; quando questo cessa,<br />
quest'altro cessa, e cioè:<br />
condizionato dalla Ignoranza" "(ecc., come nel precedente paragrafo)...Così viene ad esistere<br />
tutto questo<br />
insieme di Male. Quando, invece, si dilegua e cessa senza residui l'Ignoranza, si ha la<br />
cessazione degli<br />
elementi dell'esistenza (ecc., come nel precedente paragrafo) In tale modo si ha la cessazione<br />
di tutto questo<br />
complesso di Male""."<br />
Perciò il Beato, avendo intuito il significato di tutto ciò, in quel momento proferì questo verso<br />
ispirato:<br />
Allorché, invero, si rivelano gli elementi della realtà al brahmana ardente di ascesi, meditante,<br />
allora egli si<br />
erge, avendo messo in rotta l'esercito di Mara, come il sole quando irraggia nel cielo.<br />
4. Così da me è stato udito. In una certa occasione, il Beato dimorava ad Uruvela, sulla sponda<br />
del fiume<br />
Neranjara, ai piedi dell'albero della bodhi, avendo proprio allora conseguito l'Illuminazione.<br />
Ora, in<br />
quell'occasione, il Beato rimase assiso per sette giorni in quella particolare posizione,<br />
sperimentando la<br />
beatitudine della Liberazione. Indi il Beato, trascorso il periodo di sette giorni, si riprese da<br />
quell'estasi<br />
meditativa.<br />
"Avvenne che un certo brahmana della Huhumka-jajati venne dove si trovava il Beato e,<br />
avvicinandosi a lui,<br />
lo salutò amichevolmente, e, dopo che i due si furono scambiati saluti e convenevoli, si pose<br />
accanto a lui.<br />
Stando in piedi [in segno di rispetto] presso di lui, quel brahmana interpellò il Beato, dicendo:<br />
"" Ti prego,<br />
caro (5) Gotama, in che misura [si può dire che] uno è brahmana e, inoltre, quali sono gli<br />
elementi che<br />
costituiscono un brahmana?"". Allora il Beato, avendo intuito il significato di ciò, profferì in<br />
quel momento<br />
questo verso ispirato:"
Quel brahmana che ha fugato da sé i cattivi elementi non dice<br />
" "" huhum""(4 a), "<br />
[ma] è privo di impurità e si controlla, è versato nei Veda (6) e<br />
vive una vita da brahmana (casta), un siffatto brahmana può<br />
"parlare del Brahman giustamente, proprio lui, nel quale non vi sono escrescenze (7) verso<br />
questo<br />
mondo!""."<br />
5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, nel<br />
boschetto Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. In quella circostanza i venerabili Sariputta, 1 Mogallana il Grande,<br />
Kassapa il<br />
Grande, Kaccayana il Grande ed inoltre i venerabili Anuruddha, Revata, Devadatta ed Ananda<br />
vennero là<br />
dove si trovava il Beato. E quando il Beato<br />
"vide quei venerabili da lontano, mentre si avvicinavano, alla loro vista disse ai monaci:<br />
""Monaci, costoro<br />
sono dei brahmana che vengono, sono brahmana, costoro che vengono!"""<br />
"A queste parole un certo monaco, brahmana di nascita, disse al Beato: ""O Signore, in che<br />
misura [si può<br />
dire che] uno sia brahmana, e, inoltre, quali sono gli elementi che costituiscono un<br />
brahmana?"". Allora il<br />
Beato, intendendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:"<br />
37<br />
Avendo fugato da sé i cattivi elementi, coloro che procedono sempre consapevolmente,<br />
"i Risvegliati che hanno distrutto i legami, costoro sono certamente nel mondo i brahmana!""."<br />
"6. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato dimorava presso Rajagaha nel<br />
Bosco dei Bambù<br />
(Veluvana), nella Radura ove si nutrono gli Scoiattoli (Kalandakanivapa). Ora, in<br />
quell'occasione, il<br />
venerabile Maha-Kassapa stava nella Grotta del Fico (Pipphala-guha), malato, afflitto e colpito<br />
da dura<br />
sofferenza. Più tardi, essendosi sollevato da quella malattia, il venerabile Maha-Kassapa disse:<br />
"" Che<br />
sarebbe se io andassi a Rajagaha per elemosinare?"". In quello stesso momento più di<br />
cinquecento dèi si<br />
occuparono intensamente per provvedere al cibo che Maha-Kassapa voleva questuare. Ma il<br />
venerabile<br />
Maha-Kassapa rifiutò i servizi di quei cinquecento dèi e, apprestandosi all'uscita mattutina,<br />
indossata la veste<br />
e presa la ciotola, entrò in Rajagaha per la questua, attraverso le strade ove abitavano i poveri<br />
ed i bisognosi,<br />
nel quartiere dei tessitori. Allora il Beato, intendendo il senso di ciò, profferì in quel momento<br />
questo verso<br />
ispirato:"<br />
Chi non deve nutrire altri, che è ignorato, domo, ben stabilito nell'essenza [delle cose],<br />
"la cui adesione [al mondo] è distrutta, i cui difetti sono espulsi, costui io chiamo un<br />
brahmana"""<br />
7. Così da me è stato udito. In una certa occasione, il<br />
"Beato si trovava a Patali, presso il tempio di Ajakatapa, dimora dello yakkha (8) Ajakalapa.<br />
Ora, in quella
occasione, il Beato se ne stava seduto all'aria aperta in una notte scurissima e il dio del cielo<br />
gli faceva<br />
piovere addosso goccia a goccia. Allora lo yakkha Ajakalapa, volendo ispirare al Beato paura,<br />
costernazione<br />
ed orrore, avvicinatosi al Beato per ben tre volte gli urlò vicino il suo ululato, dicendo: ""Vi è<br />
un lemure per<br />
te, monaco!"". Però il Beato, avendo intuito il significato di ciò, profferì in quel momento<br />
questo verso<br />
ispirato:"<br />
quando ha superato tutti gli elementi della realtà che è in lui<br />
stesso,<br />
"il brahmana è di là da questo lemure, con tutto il suo frastuono!""."<br />
"8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. In quella circostanza il venerabile Sangamaji (9) era venuto a Savatthi<br />
per vedere il<br />
Beato. Ora, colei che precedentemente era stata la moglie di Sangamaji, senti che si diceva: ""Il<br />
nobile<br />
Sangamaji è venuto a Savatthi"". Allora prese il suo bambino e se ne andò al bosco Jeta. Ora, in<br />
quella<br />
occasione, il venerabile Sahgamaji se ne stava assiso sulla radice di un certo albero per il<br />
riposo meridiano.<br />
Allora colei che era stata in precedenza la moglie del venerabile Sahgamaji gli andò incontro,<br />
gli si avvicinò<br />
e gli disse questo: ""O monaco, nutri questo piccolo bimbo e me del pari""."<br />
"A queste parole il venerabile Sahgamaji rimase silenzioso. Così, ancora una seconda volta<br />
colei che era<br />
stata in precedenza la moglie del venerabile Sahgamaji ripeté: ""O monaco. nutri questo<br />
piccolo bimbo e me<br />
del pari !""."<br />
A queste parole il venerabile Sahgamaji rimase silenzioso<br />
ed essa ripeté una terza volta la stessa domanda "ed il venerabile Sangamaji rimase silenzioso.<br />
Allora lei<br />
pose il bimbo di fronte al venerabile Sangamaji e se ne andò dicendo: ""Questo è tuo figlio, o<br />
monaco,<br />
nutrilo!"", ma il venerabile Sangamaji né lo guardò né gli disse verbo. E lei, che si era di poco<br />
allontanata,<br />
voltatasi, vide che il venerabile Sangamaji né guardava il bambino né gli parlava. Vedendo ciò<br />
essa pensò:<br />
""Questo monaco non ha neppure bisogno del suo bambino"". Allora tornò indietro, prese il<br />
bambino e se ne<br />
andò via."<br />
Ora il Beato, col suo occhio divino, purificato tanto più di quello che è proprio agli esseri<br />
umani,<br />
contemplando una tale improprietà, come quella compiuta da colei che era stata in<br />
precedenza la moglie di<br />
Sangamaji (10), ed intuendo il significato di ciò, in quel momento profferì questo verso<br />
ispirato:<br />
38<br />
Non si rallegra quando essa arriva né soffre quando se ne
"va via. Sangamaji lo svincolato, questi io chiamo un brahmana"" ."<br />
"9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Gaya, al Capo di<br />
Gaya. In<br />
quella circostanza un gran numero di asceti con la crocchia(11), nelle fredde notti d'inverno<br />
fra gli ottavi<br />
[giorni prima e dopo il plenilunio] (12) all'epoca in cui cade la neve, s'immergevano ed<br />
emergevano dalle<br />
acque del Gaya, aspergendosi reciprocamente, e versavano l'oblazione sul fuoco sacrificale,<br />
[intendendo:]<br />
""per questo mezzo si ottiene la purità"". Ora il Beato, vedendo un tale numero di asceti che<br />
agiva così e, allo<br />
stesso tempo, intuendo il significato di ciò, profferì questo verso ispirato:"<br />
Non per l'acqua si diventa puri, anche se tanta gente ivi si bagna.<br />
"Colui nel quale è Verità e Buona Legge, costui è puro, costui un brahmana"" ."<br />
"l0. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al<br />
bosco Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. In questa stessa epoca Bahiya, dalla Veste di Scorza (? - Daruclriyo),<br />
risiedeva a<br />
Supparaka (13) in riva al mare, dove era stimato, onorato, considerato, venerato e trattato con<br />
deferenza, per<br />
cui aveva ricevuto grande quantità di vesti, cibo, giacigli e seggi, conforti e medicamenti per<br />
malattie. Ora,<br />
nella mente di Bahiya dalla Veste di Scorza, sorse questa considerazione: ""Chissà che io sia<br />
uno di coloro<br />
che in questo mondo sono Arhat, oppure che abbia conseguito la via degli Arhat?"". Allora una<br />
devota(14),<br />
che in una sua esistenza precedente era stata un consanguineo di Bahiya dalla Veste di Scorza,<br />
presa da<br />
compassione e dal desiderio di beneficarlo, venne ove egli si trovava e disse a Bahiya dalla<br />
Veste di Scorza:<br />
""Bahiya, tu non sei un Arhat, né hai raggiunto la via degli Arhat. Questa non è la strada per la<br />
quale puoi<br />
divenire Arhat oppure raggiungere la via degli Arhat""."<br />
Ma allora - disse Baniya - a chi sono coloro che, nel mondo con i suoi deva, sono Arhat oppure<br />
hanno<br />
raggiunto la via degli Arhat?.<br />
"(""Vi è una città, Bahiya, nelle regioni settentrionali, detta Savatthi. Ivi risiede quel Beato che<br />
è un Arhat,<br />
un vero Risvegliato (samma-sambuddha). Egli è davvero, o Bahiya, un Arhat e insegna la<br />
Legge che<br />
permette di raggiungere la condizione di Arhat""."<br />
"Allora Bahiya dalla Veste di Scorza, incitato da quella devata, lasciò Supparaka e, fermandosi<br />
una sola<br />
notte [in ogni posto - ?] durante il viaggio (15), giunse dove il Beato si trovava, presso<br />
Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco di Anathapindika. Ora, in quella occasione, un gran numero di monaci<br />
passeggiava all'aria<br />
aperta. Quando Bahiya dalla Veste di Scorza fu giunto presso quei monaci, chiese loro: ""Di<br />
grazia, Signori,
dove si trova ora il Beato, che è un Arhat, che è il vero Risvegliato ? Noi desideriamo vedere<br />
questo Arhat<br />
che è un Vero Risvegliato!"". ""Il Beato, o Bahiya, è andato per le case a fare la questua di<br />
cibo"". Allora<br />
Bahiya dalla Veste di Scorza si voltò in fretta, lasciò il bosco Jeta ed entrò in Savatthi, dove vide<br />
il Beato che<br />
questuava: egli era pieno di grazia, piacevole a guardarsi, con i sensi calmati, tranquillo di<br />
spirito, pieno di<br />
compostezza per il controllo su se medesimo, simile ad un elefante domo, attento e<br />
perfettamente addestrato.<br />
Appena vide il Beato gli si avvicinò, cadde [toccandogli] i piedi con la testa e gli disse: ""O<br />
Signore, possa il<br />
Beato insegnarmi la Buona Legge! Possa Colui che è Bene Andato (Sugata) insegnarmi la<br />
Buona Legge, di<br />
modo che ne abbia beneficio e felicità per lungo tempo!""."<br />
"A queste parole il Beato disse a Bahiya dalla Veste di Scorza: ""Sei venuto fuori tempo,<br />
Bahiya. Io sono ora<br />
entrato [in questa città] per la questua"". Indi una seconda volta Bahiya dalla Veste di Scorza<br />
[si rivolse] al<br />
Beato [e] gli disse: ""Questa cosa (= il Phamma) è difficile a conoscersi e pericolo di vita (=<br />
morte) sovrasta<br />
il Beato e me" "Possa il Beato insegnarmi la Buona Legge! Possa il Bene Andato insegnarmi la<br />
Buona<br />
Legge, di modo che ne riceva beneficio e felicità per lungo tempo!"". Allora, per la seconda<br />
volta, il Beato<br />
disse: ""Sei venuto fuori tempo, Bahiya. Io sono entrato ora per la questua""."<br />
"Ancora una terza volta Bahiya dalla Veste di Scorza disse al Beato: ""Questa cosa, o Signore, è<br />
difficile a<br />
39<br />
conoscersi, e pericolo di vita sovrasta il Beato e me. Possa il Beato insegnarmi la Buona Legge!<br />
Possa il<br />
Bene Andato insegnarmi la Buona Legge, di modo che riceva beneficio e felicità per lungo<br />
tempo!"".<br />
""Allora, Bahiya, tu devi esercitarti: in ciò che vedi ci deve essere solo ciò che [da te] è stato<br />
visto, in ciò che<br />
odi solo Ciò che è stato udito, in ciò che pensi solo ciò che è stato pensato in ciò che conosci<br />
solo ciò che è<br />
stato conosciuto (16). Così invero Bahiya, tu ti devi esercitare."<br />
"Quando, Bahiya, in ciò che hai visto ci sarà soltanto ciò che è stato visto, in ciò che hai udito ci<br />
sarà soltanto<br />
ciò che hai udito, in ciò che hai pensato ci sarà soltanto ciò che hai pensato in ciò che hai<br />
conosciuto ci sarà<br />
soltanto ciò che hai conosciuto allora, o Bahiya, poiché non esisterà per te un quindi"" non ci<br />
sarà neppure un<br />
""perciò"". E quando O Bahiya, tu non avrai più un ""perciò"", ne deriva che per te non ci sarà<br />
né un "" qui<br />
"" né un "" di là "" e neppure un"" di mezzo ad entrambo "". Questa sarà la fine del Male""."<br />
Quindi Bahiya dalla Veste di Scorza in seguito a questo insegnamento conciso della Buona<br />
Legge del Beato,
mediante l'atto di non aderire (16a) sciolse la mente dai vincoli. Così il Beato, dopo aver<br />
ammonito Bahiya<br />
con il suo insegnamento conciso, se ne andò via.<br />
"Ora avvenne che, non molto tempo dopo la partenza del Beato, un vitello assalì Bahiya dalla<br />
Veste di<br />
Scorza, privandolo della vita. Il Beato dopo aver girato per Savatthi in cerca di cibo, ritornato<br />
dalla sua<br />
questua ed avendo mangiato mentre lasciava la città con un grande seguito di monaci, vide<br />
che Bahiya dalla<br />
Veste di Scorza era giunto al termine della sua vita. Vedendolo, disse ai monaci: ""Monaci,<br />
raccogliete il<br />
corpo di Bahiya dalla Veste di Scorza. Portate una barella, portatelo via, bruciatelo e innalzate<br />
[sulle sue<br />
ceneri] un thupa (17), poiché uno che ha Compiuto la brahmanica disciplina assieme a voi è<br />
giunto al<br />
termine dei suoi dì""."<br />
"Sì Signore, risposero i monaci al Beato. Raccolsero il corpo, chiamarono per una barella, ve lo<br />
caricarono<br />
sopra e lo bruciarono e, quando ebbero innalzato un jthupa, vennero dal Beato, lo salutarono e<br />
si sedettero da<br />
una parte. Seduti che furono quei monaci da parte dissero al Beato: ""Signore il corpo di<br />
Bahiya dalla Veste<br />
di Scorza è stato arso ed un thupa è stato innalzato. Quale è la sua sorte, quale è il suo<br />
destino?""."<br />
"Un saggio o monaci fu Bahiya dalla Veste di Scorza;"<br />
"egli praticava il Dhamma inferiore in vista del Dhamma e non mi ha assillato per quanto<br />
intimamente<br />
riguarda l'insegnamento del Dhamma. Ha raggiunto il Nibbana, O monaci Bahiya dalla Veste di<br />
Scorza""."<br />
Allora il Beato, intuendo il senso di ciò, proferì in quel particolare momento questo verso<br />
ispirato:<br />
Laddove acqua, terra, fuoco ed aria non hanno fondamenti dove non risplendono le stelle né<br />
rifulge il sole,<br />
ivi non brilla la luna ivi non si conosce tenebra.<br />
Allorché l'asceta, il brahmana, mediante [La scienza di] se stesso<br />
" e mediante il silenzio ha saputo, allora si libera da forma e non-forma da piacere e dolore!""."<br />
CAPITOLO II<br />
MUCALINDA (18)<br />
"Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Uruvela, sulla riva<br />
del fiume<br />
Nerarijara, assiso sulla radice di un [albero] mucalinda (18), avendo proprio allora col seguito<br />
il Perfetto<br />
Risveglio. Ora, in quell'occasione, il Beato rimase assiso per sette giorni in una particolare<br />
posizione,<br />
sperimentando la beatitudine conseguentemente alla Liberazione. Ora, in quella circostanza,<br />
scoppiò una<br />
tempesta di pioggia fuori stagione, sicché per sette giorni vi fu pioggia, venti freddi e cattivo<br />
tempo. Allora<br />
Mucalinda, re dei Naga, uscendo dalla sua tana, si ravvolse sette volte attorno al corpo del<br />
Beato con le sue
spire e rimase a coprire col suo grande cappuccio il capo del Beato, [ pensando]: ""Non<br />
disturbino il Beato<br />
calore, freddo, contatto di mosche, zanzare ed esseri striscianti!"". Quindi, trascorsi sette<br />
giorni, il Beato si<br />
riprese da quell'estasi meditativa e Mucalinda, re dei Naga, vedendo che il cielo era terso e<br />
libero da nuvole,<br />
sciolse le sue spire dal corpo del Beato, [indi,] ritirando la sua propria forma, assunse la forma<br />
di un giovane,<br />
40<br />
che si pose dinanzi al Beato rendendogli omaggio con le mani giunte (19)."<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, proferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
a Felice la solitudine di colui che si rallegra, avendo appreso la Buona Legge ed avendo<br />
acquistato la<br />
Visione!<br />
Felice la libertà dalla sofferenza nel mondo ed il ritegno [dal danneggiare] le creature!<br />
Felice la libertà dalle passioni in questo mondo, ed il superamento dei desideri!<br />
"Che ci si sciolga dalla vanità dell""' ego "", questa è la suprema felicità""."<br />
"2. Così da me è stato udito. In una certa occasiona, il Beato se ne stava presso Savatthi, al<br />
bosco Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, fra un gran numero di monaci che, dopo il<br />
pasto, erano<br />
tornati dalla questua e si erano riuniti e seduti assieme nella sala di servizio, si venne<br />
casualmente a parlare<br />
[di questo argomento]: ""Quale, o fratelli, di questi due re, il re di Magadha Seniya Bimbisarà e<br />
Pasenadi di<br />
Kosala (20), è il più ricco, ha le più grandi proprietà, ha i maggiori tesori, ha le maggiori<br />
province, ha<br />
maggior numero di carri, è il più forte, il più potente, il più autorevole?"". Questo discorso<br />
casuale non era<br />
ancora finito quando il Beato, alzandosi dal suo ritiro, verso sera se ne venne a quella sala di<br />
servizio e,<br />
entrato, sedette su un sedile che gli era stato apprestato. Una volta seduto il Beato domandò ai<br />
monaci:<br />
""Ditemi, o monaci, in quale conversazione vi stavate intrattenendo, qui seduti e radunati, e<br />
quale è il vostro<br />
discorso casualmente incompiuto?"". ""Qui, o Signore, dopo il pasto, ritornati dalla questua" Si<br />
è venuti<br />
casualmente a parlare quale dei due re fosse il più ricco,<br />
il più potente, eccetera Questo è il discorso casuale restato<br />
"incompiuto allorché giunse il Beato"". ""O monaci, non è"<br />
degno, per voi, o figli di famiglia (21), che con fede avete lasciato la casa per una vita senza<br />
casa, di<br />
impegnarvi in simili<br />
chiacchiere. Allorché sediamo qui tutti assieme, bisogna compiere una delle due azioni, o<br />
parlare riguardo la<br />
Buona Legge,<br />
o praticare il Silenzio Ario (22).<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
La beatitudine [del soddisfacimento] dei piaceri e la beatitudine<br />
del mondo celeste non valgon la sedicesima parte (23) della beatitudine conseguente alla
"distruzione della brama!""."<br />
3. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato risiedeva a Savatthi, al bosco Jeta,<br />
nel parco di<br />
Anathapindika. Ora, in quella circostanza, un gran numero di giovani stavano tormentando un<br />
serpente con<br />
un bastone, fra Savatthi ed il bosco Jeta. Il Beato, di buon mattino, indossata la veste e presa la<br />
ciotola, entrò<br />
in Savatthi per la questua, quando vide fra Savatthi ed il bosco Jeta quella turba di giovani che<br />
stavano<br />
tormentando il serpente col bastone. Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in<br />
quel momento<br />
il verso ispirato:<br />
Chi col bastone tormenta [creature] che cercano felicità, costui<br />
non trova la felicità, una volta che sia morto.<br />
Chi non tormenta col bastone creature che bramano felicità, mentre cerca la propria felicità,<br />
costui la<br />
conquista una volta che<br />
"sia morto!""."<br />
4. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. In quell'epoca il Beato era stimato, onorato, considerato, venerato e trattato<br />
con deferenza,<br />
per cui aveva ricevuto grande quantità di vesti, cibo, giacigli e seggi, conforti e medicamenti<br />
per malattie.<br />
41<br />
Così pure l'Ordine dei monaci era stimato mentre asceti Erranti (24) di vedute diverse<br />
non erano stimati né avevano ricevuto grande quantità di<br />
vesti, cibo<br />
"In tal modo [avvenne che] gli asceti Erranti di diverse vedute, incapaci di sopportare la<br />
considerazione<br />
tributata al Beato ed all'Ordine dei monaci, quando scorgevano i monaci nel villaggio o nella<br />
foresta, li<br />
coprivano di improperi, sarcasmi ed ingiurie, li provocavano e li tormentavano. Allora un gran<br />
numero di<br />
monaci venne dal Beato e, dopo averlo salutato, sedette in un canto. Una volta sedutisi, questi<br />
monaci dissero<br />
al Beato: ""Signore, proprio ora che il Beato è stimato, onorato, considerato e venerato"<br />
mentre quegli<br />
Asceti Erranti di altre vedute non sono stimati [avviene<br />
che essi,] incapaci di sopportare le attenzioni tributate al<br />
Beato, sia nel villaggio che nella foresta, appena scorgono i<br />
"monaci... li provocano e li tormentano""."<br />
A quel punto il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento il verso ispirato:<br />
Nel villaggio e nella foresta, se siete toccati dalla buona o dall'avversa sorte, non attribuite<br />
[ciò] a voi stessi o<br />
agli altri: i contatti si verificano perché esiste un substrato corporeo all'esistenza (25):<br />
" come potrebbe avvenire con chi è privo di substrato esistenziale?""."<br />
"5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, presso
il parco di Anathapindika. In quella circostanza un devoto laico (upasaka) di Icchanangala era<br />
venuto a<br />
Savatthi per qualche affare... Indi il devoto, avendo finito il suo affare a Savatthi, venne a<br />
visitare il Beato.<br />
Venuto che fu da lui, lo salutò e sedette in un canto. Quando si fu seduto, il Beato gli disse: ""È<br />
lungo tempo,<br />
upasaka, che non hai colto l'occasione di venire da queste parti"". ""Per lungo tempo, o<br />
Signore, ho<br />
desiderato venire a visitare il Beato, ma, attratto da questo o da quell'affare, che dovevo<br />
compiere, non sono<br />
potuto venire"". Allora il Beato,"<br />
intuendo il significato di questo, profferì in quel momento seguente verso ispirato:<br />
Per chi ha ben soppesato la Buona Legge, per chi ha molto appreso,<br />
"non v'è [alcun pensiero del genere:] ""ah, come sarebbe bene"<br />
[per me] ! .<br />
Guarda come è tormentato colui che ha qualche cosa!<br />
"Gli uomini sono l'un l'altro ben stretti da legami!""."<br />
"Così è stato da me udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. Ora avvenne che in quel tempo la giovane moglie brahmana di un Errante<br />
era incinta e sul<br />
punto di partorire. La donna quindi disse al marito asceta: ""Vai, brahmana, procurami olio di<br />
tila che mi<br />
serva per il parto"". Al che l'Errante rispose: ""Ma dove potrò trovare olio per Vossignoria? "".<br />
Una seconda<br />
volta lei fece la medesima richiesta e ne ebbe la stessa risposta. Ed ancora una terza volta<br />
rivolse al marito la<br />
stessa domanda....."<br />
"Ora avvenne che in quel tempo, nel magazzino del Re Pasenadi di Kosala, si distribuiva ad<br />
ogni monaco o<br />
brahmana altrettanto burro fuso (sarpis) ed olio quanto ne poteva bere e non portare via con<br />
sé. Allora<br />
quell'Errante disse [ a se stesso]: ""Nel magazzino del Re Pasenadi di Kosala si distribuisce"<br />
"Ora io andrò al<br />
magazzino del Re Pasenadi di Kosala e berrò tanto olio quanto possa, indi ritornerò a casa, e lo<br />
vomiterò in<br />
modo che possa averlo costei per il parto""."<br />
[Con questa intenzione] l'Errante andò nel magazzino del Re Pasenadi di Kosala, bevve quanto<br />
olio poté e,<br />
ritornato a casa, non gli riuscì né di vomitarlo in su né di digerirlo in giù. Assalito da dolori<br />
acuti, aspri e<br />
taglienti, si rotolava qua e là. In quel tempo il Beato, apprestatosi per l'uscita mattutina,<br />
indossata la veste e<br />
presa la ciotola, entrò a Savatthi per la questua. Ivi vide l'Errante assalito da dolori acuti, aspri<br />
e taglienti, che<br />
si rotolava qua e là.<br />
42<br />
Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, proferì in quel momento il verso ispirato:<br />
"Beati coloro che nulla hanno; conoscitori dei Veda (26) sono invero"<br />
coloro che non posseggon nulla.
Guarda come è torturato colui che ha qualcosa (27)! Gli uomini<br />
"sono l'un l'altro stretti da legami!""."<br />
7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. Ora in quel tempo l'unico figlio, caro e grazioso, di un devoto laico, era<br />
venuto a morire.<br />
Ed un gran numero di devoti laici con le vesti ed i capelli ancora bagnati<br />
" [per il lavacro rituale] andò a visitare il Beato. Venuti che furono da lui, lo salutarono e<br />
sedettero in un<br />
canto. Quando essi si furono seduti il Beato disse a quegli upasaka: ""come mai, o upasada,<br />
siete venuti qui<br />
in un momento così importuno (28)?"". Quand'ebbe detto così, il devoto gli rispose ""Mi è<br />
morto, o Signore,<br />
l'unico figlio mio, caro e grazioso."<br />
Questa è la ragione per la quale noi veniamo da te con i<br />
"capelli e le vesti bagnati, in un'ora inopportuna""."<br />
" Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso di<br />
Esaltazione:<br />
""Aderendo a ciò che è caro e grazioso, molti dèi, molti uomini, peccatori e dominati dalla<br />
decadenza, vanno<br />
in dominio al Re della Morte."<br />
Ma coloro che giorno e notte, pieni di vigile attenzione, pongono<br />
" in disparte ciò che è caro e grazioso, costoro svellono la radice stessa del peccato, la<br />
tentazione della Morte<br />
così difficile da superare!""."<br />
8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a Kundiya (29), nel bosco<br />
Kundadhana.<br />
Ora, a quel tempo, Suppavasa, figlia del re dei Koliya, [che] per ben sette anni era stata incinta,<br />
si trovava in<br />
travaglio di parto da sette giorni. Essa, nonostante che fosse assalita da dolori<br />
"acuti, aspri e pungenti, mantenne il suo spirito fisso su tre pensieri: ""Rettamente Risvegliato<br />
è il Beato che<br />
insegna la Buona Legge per l'abbandono del dolore, come questo [mio];"<br />
"Rettamente Procedente sulla Via è invero l'Ordine dei discepoli del Beato, che avanza per<br />
l'abbandono del<br />
dolore, come questo [mio]; Retta Beatitudine è quella del Nibbana, ove è estinto il dolore,<br />
come questo<br />
[mio]."<br />
"Allora Suppavasa, figlia del re dei Koliya, così disse al suo signore: ""Va', o nobile signore,<br />
presso il Beato<br />
e, venerandolo in nome mio, col tuo capo ai piedi del Beato, chiedigli come sta di salute e<br />
benessere, vigore<br />
fisico, forza e comodità nel vivere, indi digli: "" Signore, Suppavasa, figlia del re dei Koliya,<br />
presenta i suoi<br />
omaggi ponendo la testa ai piedi del Beato e gli domanda come stia di salute e benessere,<br />
vigore fisico, forza<br />
e comodità nel vivere "", indi aggiungi: "" Signore, Suppavasa, figlia del re dei Koliya, è stata<br />
incinta per<br />
sette anni ed oggi si trova nel settimo giorno del travaglio del parto. Essa, nonostante che sia<br />
assalita da
dolori acuti, aspri e pungenti, mantiene il suo spirito fisso su tre pensieri""""."<br />
" Molto bene , rispose quell'uomo dei Koliya a Suppavasa, e se ne andò a visitare il Beato.<br />
Entrato dal Beato<br />
lo salutò e sedette in un canto. Così sedutosi, ripeté le parole di sua moglie... E il Beato disse:<br />
""che stia<br />
bene Suppavasa, figlia del re dei Koliya. Possa in buona salute partorire un robusto figliolo!"""<br />
Appena il Beato ebbe detto ciò Suppavasa, figlia del re dei Koliya, si sentì bene e, in buona<br />
salute, partorì un<br />
figlio robusto.<br />
"Così sia! , disse il Koliya, tutto contento alle parole del Beato, e, ringraziandolo, si alzò in<br />
piedi, salutò il<br />
Beato girandogli attorno verso destra (30) e se ne ripartì per la sua casa. Ivi il Koliya vide<br />
Suppavasa, figlia<br />
del re dei Koliya, bene ed in buona salute, avendo partorito un figlio robusto. Vedendo ciò egli<br />
pensò :u<br />
Questo è proprio meraviglioso! Questo è proprio un miracolo! Grande è il potere magico,<br />
grande la potenza<br />
43<br />
del Tathagata, dacché Suppavasa, alle solo parole del Beato, è ritornata in buona salute ed ha<br />
partorito un<br />
figlio robusto"". Perciò egli era contento e felice, pieno di gioia e di letizia."<br />
"Allora Suppavasa, figlia del re dei Koliya, disse al suo signore: ""Vieni tu, o mio signore, vai da<br />
quel Beato<br />
e, dopo avergli espresso venerazione in nome mio, ponendogli il capo sui piedi, digli:<br />
""Signore, Suppavasa,<br />
la figlia del re dei Koliya, è stata incinta per sette anni ed ha avuto un travaglio durato sette<br />
giorni. Ma ora<br />
essa sta bene, e, in buona salute, ha partorito un figlio robusto, Lei ora invita l'Ordine dei<br />
monaci a mangiare<br />
da noi per sette giorni. O Signore, possa il Beato accettare il cibo per sette giorni da<br />
Suppavasa, figlia del re<br />
dei Koliya, assieme all'Ordine dei monaci! """"."<br />
Molto bene, rispose l'uomo Koliya a Suppavasa, e si recò dal Beato (al quale ripeté il<br />
messaggio dalla<br />
moglie).....<br />
"Ora in quel periodo l'Ordine dei monaci, con a capo il Buddha, era stato invitato per il pranzo<br />
di quel giorno<br />
da un certo devoto laico e quel devoto era al servizio del venerabile Maha-Mogallana. Pertanto<br />
il Beato<br />
chiamò a sé Maha-Mogallana [e gli disse]: ""Vieni qui, Mogallana! Recati da quel tale devoto e<br />
digli: "" Mio<br />
caro Signore, Suppavasa, la figlia del re dei Koliya è stata incinta per sette anni e per sette<br />
giorni è stata in<br />
travaglio di parto (ripete tutta la storia). Ora essa ha invitato l'Ordine dei monaci, con a"<br />
capo il Buddha, a prendere cibo da lei per sette giorni. Permetti a Suppavasa di donare cibo<br />
per sette giorni<br />
all'Ordine<br />
"e successivamente tu offrirai il tuo""""."<br />
Signore, se il nobile Maha-Mogallana può garantirmi tre cose: ricchezza, vita e fede, allora<br />
Suppavasa, la
figlia del re dei Koliya, conviti pure per sette giorni i monaci e poi io darò loro il mio cibo.<br />
Amico, per due delle tre cose posso esserti garante, ma, per quanto riguarda la fede, tu<br />
soltanto puoi essere<br />
garante a te stesso.<br />
Bene, Signore, se per due cose, cioè per la ricchezza e per la vita, il mio signore Maha-<br />
Mogallana si fa<br />
garante a me, allora inviti pure Suppavasa per sette giorni i monaci, e poi io darò loro il mio<br />
cibo.<br />
"Quindi il venerabile Maha-Mogallana convinse quel suo devoto laico ed andò dal Beato.<br />
Giunto che fu, gli<br />
disse: ""Signore, quel devoto è stato convinto da me. Dia pure Suppavasa, figlia del re dei<br />
Koliya, il suo cibo<br />
per sette giorni. Egli darà il suo dopo""."<br />
"Perciò Suppavasa, la figlia del re dei Koliya, per sette giorni servì l'Ordine dei monaci, con a<br />
capo il<br />
Buddha, di cibo scelto, vitale, sia solido che tenero, con le proprie mani soddisfacendoli fino a<br />
quando<br />
dissero: ""Grazie, basta!"". E fece anche riverire dal bambino il Beato e turno l'Ordine dei<br />
monaci. Allora il<br />
venerabile Sariputta disse a quel bambino: ""Ti trovi forse a tuo agio? Hai abbastanza da<br />
mangiare? Soffri di<br />
qualche dolore ?"". Al che il bimbo rispose: "" Come potrei, Sariputta, stare a mio agio? Come<br />
potrei avere<br />
abbastanza cibo? Io, che ho trascorso ben sette anni in una giara di sangue! (31)."<br />
"A questo punto Suppavasa, la figlia del re dei Koliya, [pensò]: "" Mio figlio sta conversando<br />
con il duce<br />
dell'esercito della Buona Legge (32)"". A questo [pensiero] essa si sentì compiaciuta, contenta,<br />
piena di gioia<br />
e di soddisfazione."<br />
"A questo punto il Beato disse a Suppavasa, la figlia del re dei Koliya: "" Ti piacerebbe, o<br />
Suppavasa, avere<br />
un altro simile figlio?"". [Lei rispose:] ""O Beato, mi piacerebbe aver sette altri simili figli! ""."<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, proferì in quella circostanza questo verso ispirato:<br />
"L'inessenziale sotto forma di essenziale, ciò che è spiacevole sotto forma di ciò che è<br />
piacevole, il dolore<br />
sotto forma di gioia travolgono colui che non è attento"" (33-33 a)"<br />
"9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava nei pressi di Savatthi, al<br />
parco<br />
orientale, nel palazzo a molti piani della Madre di Migara (34). In quello stesso tempo Visakha,<br />
la Madre di<br />
Migara, aveva a che fare con Pasenadi, il re del Kosala. Il re Pasenadi del Kosala, però, non<br />
condusse a<br />
conclusione quel tale affare secondo le intenzioni [di Visakha], così costei se ne venne ad<br />
un'ora importuna a<br />
fare visita al Beato, e, venendo da lui, lo salutò e si sedette in un canto. Una volta che si fu<br />
seduta, il Beato le<br />
disse: ""Ebbene, Visakha, come mai sei venuta ad un'ora fuori di tempo?"". ""Signore, avevo un<br />
affare con<br />
44<br />
Pasenadi, il re del Kosala, ma il re non ha condotto questo affare ad una conclusione""."
A questo punto il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso<br />
ispirato:<br />
Doloroso è essere soggetto all'altrui volontà, piacevole è ogni dominio [su se stesso].<br />
"Nell'aver [affari] in comune gli uomini si tormentano: è difficile sfuggire ai legami!""."<br />
"10. Così da me è stato udito. In una certa occasione, il Beato si trovava ad Anupiya, nella<br />
foresta degli<br />
alberi amba (mango). In quello stesso tempo il venerabile Bhaddiya, figlio dei Kaligodhas (35),<br />
usava<br />
rifugiarsi nella foresta, sedendosi su radici di alberi in luoghi solitari, ove di tanto in tanto<br />
profferiva questa<br />
esclamazione: ""Oh, la felicità! Oh, la felicità!""."<br />
Ora un gran numero di monaci aveva udito i versi di esaltazione frequentemente ripetuti dal<br />
venerabile<br />
Bhaddiya, che usava rifugiarsi nelle foreste "Udendo ciò, a loro venne di pensare: ""Non v'è<br />
dubbio che<br />
Bhaddiya, il figlio dei Kali godhas, pratica l'ascesi malcontento, ricordando come<br />
precedentemente godeva<br />
della beatitudine della regalità, vivendo nel suo palazzo. Quando gli capita di pensare a ciò,<br />
usando [ora]<br />
raccogliersi nei selvosi eremi, proferisce l'esclamazione:"<br />
" "" Oh, la felicità, oh, la felicità ! """". Così un gran numero di"<br />
monaci andò dal Beato e, giunti che essi furono, lo salutarono<br />
e sedettero in un canto. Una volta che furono seduti dissero:<br />
" ""O Beato, il venerabile Bhaddiya, figlio dei Kaligodhas....."<br />
" (eccetera) ""."<br />
"Allora il Beato chiamò un certo monaco: "" Vieni qui, monaco, convoca in nome mio<br />
Bhaddiya, il monaco,<br />
dicendogli: "" Signore, il Maestro desidera parlarti "" "". "" Così farò, Signore"", rispose il<br />
monaco al Beato,<br />
e si recò là dove si trovava il venerabile Bhaddiya, e, come fu giunto, gli disse: ""Signore, il<br />
Maestro<br />
desidera parlarti "". ""Molto bene, Signore"", disse Bhaddiya in risposta a quel monaco: andò<br />
dal Beato e,<br />
avvicinandoglisi, lo salutò, indi sedette in un canto."<br />
Quando si fu seduto, il Beato gli disse Ë vero che tu,<br />
o Bhaddiya, usando raccoglierti nella foresta esclami di<br />
" tanto in tanto "" Oh, la felicità, oh, la felicità! "" ?"". ""È vero,"<br />
" o Signore !""."<br />
Ma, Bhaddiya, per quale motivo, tu, che hai l'abitudine<br />
di rifugiarti in selvoso eremo "esclami così ? "". ""Una volta,"<br />
o Signore, quando godevo del benessere della regalità, nella<br />
condizione di padre di famiglia (36) erano poste guardie entro<br />
il mio palazzo, ed erano poste guardie fuori del mio palazzo.<br />
Così, o Signore, nonostante che fossi sorvegliato e protetto,<br />
io vi dimoravo timoroso, ansioso, tremante e pieno di paura.<br />
"Ma ora, o Signore, quando mi rifugio nella foresta, [siedo] sulle radici degli alberi in luoghi<br />
deserti,<br />
nonostante che io sia solo, sono senza paura, sicuro, fiducioso e non spaventato. Vivo a mio<br />
agio, senza
soprassalti, di quello che gli altri mi danno, con lo spirito allo stato [naturale] come quello di<br />
qualche<br />
animale selvaggio. Questo è, o Signore, il motivo che mi induceva ad esclamare: "" Oh, la<br />
felicità, Oh, la<br />
felicità! "" ""."<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì, in quel momento, questo [verso di]<br />
Esaltazione:<br />
Colui nel quale non albergano moti di collera, che ha superato il divenire così e il nondivenire-così,<br />
costui, che ha sormontato ogni paura, felice, senza dolore, neppure gli dèi riescono a scorgerlo<br />
(= ad averlo<br />
in loro potere)!<br />
45<br />
CAPITOLO III<br />
NANDA<br />
l. Così da me è stato udito. In una certa occasione, il Beato se ne stava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. In quella particolare circostanza un monaco se ne stava seduto a<br />
breve distanza dal<br />
Beato, con le gambe incrociate (37) col corpo eretto, sopportando un dolore che era il frutto di<br />
una sua<br />
precedente esistenza, un dolore lacerante, tagliente ed amaro: ma egli se ne stava tutto<br />
raccolto in se stesso,<br />
composto e senza lamentarsi. Ed il Beato vide quel<br />
monaco così seduto e così intento sopportando il dolore,<br />
raccolto in sé, composto, senza lamentarsi. Allora il Beato,<br />
intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo<br />
verso ispirato:<br />
Per il monaco che ha lasciato dietro di sé ogni specie di karma, che ha scosso da sé la polvere<br />
precedentemente accumulata,<br />
"che sta saldo senza [ricoprire] "" io ' e "" mio"", per costui non v'è alcun senso a parlare della<br />
gente (=<br />
chiedere aiuto agli altri) ! ""."<br />
"2. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora, in quella occasione, il beato Nanda, germano del Beato, figlio<br />
dalla zia del<br />
Beato, si rivolse ad un gran numero di monaci, dicendo loro: ""Cari Signori, senza alcun<br />
piacere io pratico la<br />
castità. Io non posso sopportare la vita di asceta. Abbandonando la disciplina io ritorno in<br />
basso (= nel<br />
mondo) "". Allora un certo monaco andò dal"<br />
Beato e, quando gli fu seduto al fianco, gli ripeté le parole<br />
del venerabile Nanda.<br />
"Allora il Beato chiamò un monaco e gli disse: ""Vieni, monaco ! Convoca in nome mio il<br />
monaco Nanda,<br />
dicendogli: ""Nanda, caro amico, il Maestro ti convoca"" "". ""Sì, Signore "", rispose il monaco<br />
al Beato, ed<br />
andò (a ripetere il messaggio del Maestro a Nanda). "" Molto bene, caro amico "","<br />
rispose Nanda, e venne dal Beato Quando si fu seduto in
" un canto, il Beato gli disse: "" È vero, come mi hanno narrato, che tu, o Nanda, ti sei rivolto ad<br />
un gran<br />
numero di"<br />
" monaci, dicendo loro: ""Senza alcun piacere io pratico la"<br />
" castità, eccetera "" ? "". ""vero, Signore "". "" Ma come avviene,"<br />
o Nanda, che tu non provi alcun piacere per la vita di asceta,<br />
" che non la puoi sopportare e vuoi ritornare in basso? "". "" Signore, quando lasciai la casa,<br />
una ragazza<br />
dei Sakya, la più"<br />
bella della regione, con i capelli mezzo pettinati, si voltò<br />
" guardandomi in tralice e mi disse: "" Possa tu tornare presto,"<br />
" Giovane Signore!"". Signore, poiché sto sempre pensando a"<br />
questo, non provo alcun diletto per la castità, né posso più<br />
" sopportare la vita di asceta, [perciò] lascerò la disciplina e tornerò in basso"". Allora il Beato,<br />
prendendo<br />
il venerabile"<br />
Nanda per il braccio, proprio [nello stesso tempo in cui] un<br />
uomo forte può stendere il suo braccio piegato o piegarlo se<br />
lo ha disteso, proprio così il Beato sparì dal bosco Jeta e comparve in mezzo ai trentatré dèi<br />
(38).<br />
"Ora, in quel momento apparve un numero di circa cinquecento Apsaras (39) dette ""Pié di<br />
colomba"" per<br />
servire il Sakya, signore degli dèi. Allora il Beato disse al venerabile Nanda: ""Nanda, vedi<br />
queste<br />
46<br />
cinquecento ninfe, dette "" Pié di colomba""?"". "" Sì, Signore "". "" [Dimmi] ora, Nanda, che<br />
pensi ? Chi è<br />
più bello, più degno di essere guardato, più affascinante, la ragazza dei Sakya, la più bella della<br />
regione, o<br />
queste cinquecento Apsaras dette ""Pié di colomba""?"". ""O Signore, proprio come se lei fosse<br />
una scimmia<br />
mutilata, con le orecchie ed il naso mozzi, proprio così, o Signore, la ragazza dei Sakya, vicino a<br />
queste<br />
cinquecento Apsaras dette "" Pié di colomba "", non vale una frazione di loro, non può essere<br />
comparata con<br />
loro. Poiché queste cinquecento Apsaras sono di gran lunga più belle, molto più degne a<br />
vedersi, molto più<br />
affascinanti!""."<br />
"Fatto ciò il Beato, prendendo per il braccio il venerabile Nanda, proprio [nel tempo in cui] un<br />
uomo forte<br />
può stendere un braccio piegato o piegare un braccio disteso, proprio così si dileguò dal<br />
paradiso dei trentatré<br />
Deva e riapparve nel bosco Jeta. E corse la voce fra i monaci: "" Si dice che il venerabile Nanda,<br />
germano<br />
del Beato, il figlio della zia del Beato, conduca vita di austera ascesi per via delle Apsaras. Si<br />
dice che il<br />
Beato gli ha assicurato che potrà provvedersi di cinquecento Apsaras dette "" Pié di colomba<br />
"" "". Al]ora i<br />
monaci che erano compagni di Nanda presero a chiamarlo "" mercenario"" e ""domestico"",<br />
dicendo: ""un
mercenario è certamente il venerabile Nanda. Un domestico è certamente il venerabile Nanda<br />
Egli pratica la<br />
castità in vista delle Apsaras. Si dice che il Beato sia garante al venerabile Nanda per la<br />
conquista di<br />
cinquecento Apsaras dette "" Pié di colomba """". Quindi il venerabile Nanda, sentendosi così<br />
infastidito,<br />
umiliato e di! sprezzato, da quando era stato chiamato ""mercenario"" e ""domestico"" dai<br />
suoi compagni,<br />
essendo andato a vivere solitario, remoto, attento, energico, distaccato, avendo rafforzato, e<br />
stesso, in breve<br />
tempo, pur stando in questo mondo realizzò lui stesso, con piena comprensione, il motivo per<br />
cui il figlio di<br />
nobile famiglia giustamente abbandona la casa per la vita errante, ed anche quell'insuperabile<br />
mèta della vita<br />
di ascesi, così intuendo: ""Distrutta è la nascitas, vissuta è la vita, compiuto è ciò che si doveva<br />
fare, non vi è<br />
più da essere qui"". Così il venerabile Nanda divenne uno degli Arhat."<br />
"Allora una certa devata, quando la notte si stava dileguando, illuminando tutto il bosco Jeta<br />
con splendore<br />
abbagliante, venne a vedere il Beato e, venendo da lui, lo salutò e restò ritta in un canto. Così<br />
stando, quella<br />
devata disse al Beato: ""Signore, il venerabile Nanda, il germano del Beato e figlio di sua zia,<br />
col porre fine<br />
all'attaccamento, egli, Beato, pur [stando] in questo mondo, ma comprendendolo pienamente<br />
così la visione<br />
interiore, ha inverato ed ha conquistato il non-attaccamento, la liberazione dello spirito, la<br />
liberazione che è<br />
propria alla Gnosi, e così si dimora""."<br />
Allora nel Beato apparve la conoscenza [che così era] e quando, alla fine della notte, il<br />
venerabile Nandavenne<br />
al<br />
Beato "e gli disse questo: ""Signore, per quanto riguarda"<br />
"la garanzia datami dal Beato circa la conquista delle cinquecento Apsaras dette "" Pié di<br />
colomba "", io<br />
lascio libero il Beato"<br />
"da tale promessa"". o Io pure, Nanda, afferrando il tuo pensiero col mio proprio, ho visto [che<br />
è così]. In<br />
ogni caso, una"<br />
"devata mi ha informato, dicendo: ""Signore, il venerabile"<br />
Nanda Avendo posto fine all'attaccamento ha conquistato la liberazione dello spirito "e così si<br />
dimora"". Ma<br />
da"<br />
quando, o Nanda, il tuo spirito è libero per il fatto che non<br />
"più si afferra ai vincoli, anche io sono libero dalla promessa"". Al che il Beato, intuendo il<br />
significato di ciò,<br />
profferì in quel momento questo verso ispirato:"<br />
a Colui dal quale è stata attraversato la palude, dal quale è stata distrutta la spina della brama,<br />
"che è giunto all'annientamento dell'illusione, questo monaco non è più scosso da felicità e<br />
dolore!""."
"3. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, un numero di quasi cinquecento monaci,<br />
guidati da<br />
Yasaja (40), era giunto a Savatthi per vedere il Beato. I monaci che stavano arrivando, per il<br />
fatto che<br />
salutavano i monaci là residenti, si informavano di dove potevano alloggiare, consegnavano le<br />
scodelle e le<br />
47<br />
vesti, provocavano un grande rumore e frastuono. Fu così che il Beato chiamò il venerabile<br />
Ananda e gli<br />
disse: ""Che cosa è, o Ananda, tutto questo frastuono e rumore, si direbbe che vi siano<br />
pescatori intenti ad<br />
acchiappare pesce!"". ""Signore, sono questi cinquecento monaci, guidati da Yasoja, proprio<br />
ora arrivati a<br />
Savatthi per vedere il Beato. Sono costoro che, una volta arrivati" "hanno cagionato tanto<br />
rumore e<br />
frastuono"". ""Allora, Ananda, vai tu a nome mio e di' a quei monaci: "" Il Maestro chiama i<br />
Reverendi """".<br />
""Molto"<br />
"bene, Signore"", rispose il venerabile Ananda al Beato (andò"<br />
"e fece così come gli era stato ordinato). "" Molto bene, Signore"", dissero quei monaci al<br />
venerabile<br />
Ananda, andarono"<br />
dal Beato e, ivi giunti, lo salutarono e sedettero da un lato.<br />
Quando si furono seduti, il Beato indirizzò le seguenti parole<br />
"ai monaci: ""Monaci, che cosa significa tutto questo gran rumore e frastuono? Si direbbe che<br />
vi siano<br />
pescatori intenti"<br />
"ad acchiappare pesce !""."<br />
A queste parole il venerabile Yasoja rispose al Beato:<br />
"Signore, questi cinquecento monaci sono giunti proprio ora a Savatthi per vedere il Beato.<br />
Questi nuovi<br />
arrivati, nel salutare i monaci residenti, chiedere dove fosse il loro alloggio e consegnare<br />
scodelle e vesti,<br />
hanno provocato tale rumore e frastuono. ""Andate, monaci, io vi congedo, voi non meritate di<br />
abitare con<br />
me! "" o Così sia, Signore! o, risposero quei monaci al Beato; si alzarono, lo salutarono<br />
girandogli attorno<br />
verso destra, misero in ordine i loro alloggiamenti, presero ciotole e vesti e se ne andarono via<br />
per la questua<br />
presso i Vajji (41). Finita la loro questua sul posto, se ne andarono al fiume Vaggumuda. Sulla<br />
sponda di<br />
questo fiume costruirono capanne di foglie e si disposero a trascorrere la stagione delle<br />
piogge. Or'ecco che il<br />
venerabile Yasoja, iniziata la stagione delle piogge, si rivolse ai monaci in questi termini:<br />
""Venerabili amici,<br />
noi siamo stati congedati dal Beato per il nostro stesso bene, per compassione di noi, perché<br />
egli provò
compassione di noi. Venite dunque, venerabili amici, dimoriamo qui in modo tale che il Beato<br />
si rallegri<br />
della maniera in cui ci comportiamo "". ""Così sarà, venerabile! "", risposero i monaci al<br />
venerabile Yasoja.<br />
Di conseguenza quei monaci, vivendo remoti dalla società, ardenti di ascesi, interiormente<br />
saldi, nello spazio<br />
della stagione delle piogge inverarono tutta la triplice conoscenza (42)."<br />
"Nel frattempo il Beato, dopo essere restato quanto gli piacque in Savatthi, iniziò il suo giro<br />
per Vesali e, più<br />
tardi, durante i propri giri, raggiunse Vesali Quindi il Beato prese dimora a Vesali, nel Grande<br />
Bosco, presso<br />
la Sala dal Tetto a Pinnacolo. Allora il Beato, afferrando col suo pensiero i pensieri di quei<br />
monaci che<br />
vivevano sui banchi in riva al fiume Vaggumuda, prestando attenzione a questo, chiamò il<br />
venerabile<br />
Ananda. a Ananda "", disse, ""quel quadrante del cielo mi sembra sia come illuminato. Tutto<br />
irraggiante mi<br />
sembra, Ananda, quel quadrante del cielo. Mi è gradito andare e pensare a quella zona ove, in<br />
riva al fiume<br />
Vaggumuda, quei monaci risiedono. Ananda, manda un messaggero a quei monaci, dicendo: ""<br />
Il Maestro<br />
chiama i reverendi. Il Maestro è desideroso di vedere le Vostre Signorie"" "". ""Così sia,<br />
signore"", rispose il<br />
venerabile Ananda al Beato: andò da un certo monaco e, giunto che fu presso di lui, gli disse:<br />
""Vieni, caro<br />
amico! Va' dove quei monaci risiedono, sulla riva del fiume Vaggumuda e, giunto che vi sarai,<br />
di' loro: "" Il<br />
Maestro chiama le Vostre Signorie. Il Maestro è desideroso di vedere le Vostre Signorie "" "".<br />
""Così sia,<br />
Signore"", rispose il monaco al venerabile Ananda, e, proprio [nel tempo che impiegherebbe]<br />
un uomo forte<br />
per stendere un braccio piegato o per piegare un braccio disteso, proprio così egli sparì dalla<br />
Sala del Tetto a<br />
Pinnacolo per riapparire di fronte a quei monaci sulla riva del fiume Vaggumuda (" ai quali<br />
trasmise il messaggio "). ""Molto bene, caro amico "", risposero quei monaci, e, dopo aver<br />
rassettato i loro<br />
alloggiamenti,"<br />
prese la ciotola e le vesti, proprio [nel tempo che impiegherebbe] un uomo forte per stendere<br />
un braccio<br />
piegato......<br />
proprio così essi sparirono dalla riva del fiume Vaggumuda<br />
per riapparire al Gran Bosco nella Sala dal Tetto a Pinnacolo,<br />
48<br />
faccia a faccia di fronte al Beato. In quel momento il Beato<br />
era seduto, sprofondato in uno stato di estatica meditazione,<br />
"di là [dal mondo delle forme]. Allora quei monaci considerarono: "" In che condizione si trova<br />
ora a<br />
risiedere il Beato ? ""."<br />
Quindi quei monaci conclusero che il Beato era sprofondato<br />
in estatica meditazione ed essi anche, tutti assieme, sederono
apiti in estatica meditazione.<br />
"Il venerabile Ananda, quando la notte era già scesa e la prima vigilia stava trascorrendo,<br />
rialzata la tunica su<br />
una spalla (43), congiunse le mani in gesto di venerazione e disse al Beato: ""Signore, la notte<br />
è ormai<br />
discesa, la prima vigilia sta trascorrendo. I monaci nuovamente arrivati sono seduti da lungo<br />
tempo. Signore,<br />
può il Beato scambiare i saluti con i monaci nuovamente arrivati?"". A queste parole il Beato<br />
rimase in<br />
silenzio."<br />
Indi, quando la notte era calata ancora di pi¢ e la seconda vigilia stava trascorrendo, il<br />
venerabile Ananda si<br />
alzò dal suo<br />
"sedile e (ripeté le stesse parole, aggiungendo): """ Signore,<br />
"la notte trascorre, la seconda vigilia sta per finire"". E, per la"<br />
seconda volta, il Beato rimase in silenzio.<br />
Indi ancora, quando la notte era tutta trascorsa e la terza vigilia stava finendo, mentre<br />
appariva già l'aurora e<br />
la notte rivestiva il volto di gioia (= dell'alba), il venerabile Ananda,<br />
alzandosi dal suo sedile "disse al Beato: "" Signore, la notte"<br />
è trascorsa, l'ultima vigilia sta finendo, l'aurora si annuncia,<br />
la notte riveste il volto di gioia, i monaci nuovamente arrivati<br />
"sono restati seduti da lungo tempo; voglia il Beato scambiare"<br />
"i saluti con loro "". Allora il Beato si riprese da quella meditazione estatica e disse al<br />
venerabile Ananda: ""<br />
Se tu in verità"<br />
sapessi o Ananda, non ti sarebbe occorso di chiedere tante<br />
volte (44). 0 Ananda, sia io che questi cinquecento monaci<br />
"siamo tutti restati seduti in estatica meditazione "". Quindi il"<br />
Beato, intuendo il significato di ciò, profferì, in quel momento, questo verso ispirato:<br />
Colui nel quale la spina della brama è stata vinta, come anche<br />
ingiuria, ferita e prigionia, che come una montagna sta, imperturbabile, questo monaco non<br />
è scosso da felicità e sventura.<br />
4. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato se ne stava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, il venerabile Sariputta stava seduto a<br />
gambe incrociate<br />
non lungi dal Beato, tenendo il corpo diritto, avendo fissa dinanzi a sé la consapevolezza [di se<br />
stesso] (45).<br />
Il Beato vide il venerabile Sariputta che così faceva e, in quel momento, intuendo il significato<br />
di ciò,<br />
profferì il verso ispirato:<br />
Come una rupe montana si erge, incommovibile, ben fondata, così è il monaco, in cui l'illusione<br />
e stata<br />
annientata: come una<br />
"montagna non si scuote""."<br />
5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. Ora, in quella stessa circostanza il venerabile Maha-Mogallana era assiso,<br />
non lungi dal
Beato, Con le gambe incrociate, tenendo il Corpo eretto. Con la consapevolezza riguardante il<br />
proprio Corpo<br />
46 ben stabilita in. se medesimo. Il Beato vide il venerabile Maha-Mogallana assiso non lungi<br />
da<br />
sé ed allo stesso tempo, intuendo il significato di ciò, profferì questo Verso ispirato:<br />
49<br />
Allorché la consapevolezza riguardante il proprio corpo è ben<br />
"stabilita, ben controllate sono le sei sfere dei sensi (47), sempre ben composto, il monaco<br />
[avrà potuto]<br />
conoscere il proprio nibbana""."<br />
"6. In Una Certa occasione il Beato si trovava presso Rajagaha, nel Bosco di Bambù, nella<br />
Radura ove si<br />
nutrono gli Scoiattoli. Ora, proprio in quel tempo il venerabile Pilindavaccha aveva preso<br />
l'abitudine di<br />
rivolgere ai monaci l'appellativo di ""servi"" (48). Allora un gran numero di monaci....."<br />
venne dal Beato e, dopo averlo salutato, sedé e gli disse:<br />
Signore, il venerabile Pilindavaccha si avvicina ai monaci,<br />
"chiamandoli "" servi """". Al che il Beato chiamò un certo"<br />
"monaco, dicendogli: ""Vieni, monaco! Di' a nome mio al monaco Pilindavaccha: "" Caro<br />
Signore, il<br />
Maestro vi chiama """"."<br />
Così sia, Signore, rispose il monaco al Beato, se ne<br />
andò "e così fece. "" Molto bene, signore "", rispose il venerabile Pilindavaccha a quel monaco,<br />
e si recò dal<br />
Beato. Una"<br />
volta giunto, dopo aver salutato il Beato, sedette in un canto<br />
"e, avendolo salutato, il Beato così gli disse: ""È vero, Vaccha (49), come raccontano, che tu ti<br />
avvicini ai<br />
monaci, chiamandoli ""servi "" ? "". ""Così è, Signore "". Allora il Beato, avendo rivolto la sua<br />
attenzione<br />
alle precedenti esistenze di"<br />
"Pilindavaccha, disse ai monaci: "" Non siate irritati col monaco Vaccha. Non è per un senso<br />
interiore di<br />
disprezzo che"<br />
"Vaccha chiama i monaci "" servi "". Monaci, lungo la successione di cinquecento esistenze,<br />
Vaccha<br />
rinacque in una famiglia di casta brahmana. L'uso del termine "" servi "" gli si"<br />
è radicato per lunga abitudine. Questa è la ragione per cui<br />
"Vaccha dirige ai monaci il termine "" servo"" ""."<br />
Allora il Beato, intuendo il senso di ciò, proferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
Colui nel quale non risiedono né illusione né orgoglio, che ha<br />
distrutto la cupidigia ed ha superato il senso di sé, in cui la collera è setta rigettata, questi è un<br />
asceta, questi è<br />
un<br />
"brahmana, questi è un monaco!""."<br />
"7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Rajagaha, nel<br />
Bosco di Bambù,<br />
nella Radura in cui si nutrono gli Scoiattoli. Ora, in quella circostanza, il venerabile Maha-<br />
Kassapa si era
itirato nella Grotta del Fico, ove, per sette giorni, era rimasto assiso in una particolare<br />
postura. Ivi, raggiunto<br />
un determinato grado di meditazione, gli occorse di pensare: ""Se io adesso entrassi in<br />
Rajagaha per la<br />
questua, in tale occasione qualcosa come cinquecento deità sarebbero intente a raccogliere<br />
cibo elemosinato<br />
per il venerabile Maha-Kassapa "". Quindi il venerabile Maha-Kassapa, apprestatosi per la sua<br />
uscita<br />
mattutina, indossata la veste e presa la ciotola, entrò in Rajagaha per la questua."<br />
"Ora in quel tempo Sakka (50), signore degli dèi, desiderava procurare cibo elemosinato al<br />
venerabile Maha-<br />
Kassapa. Quindi prese l'aspetto di un tessitore che volgeva il filo [sulla rocca], mentre Suja, la<br />
figlia degli<br />
Asura (51), riempiva la spola. Ora il venerabile Maha-Kassapa, mentre andava girando di casa<br />
in casa, venne<br />
all'abitazione di Sakka, il signore degli dèi. E Sakka, il signore degli dèi, scorse da lontano<br />
Maha-Kassapa,<br />
mentre si avvicinava. Alla sua vista venne fuori di casa per incontrarlo, gli tolse di mano la<br />
ciotola, entrò in<br />
casa, prese dalla pentola riso con cui riempì la ciotola, che restituì a Maha-Kassapa. Questo<br />
cibo era condito<br />
50<br />
con diversi sughi, varie salse, misto di diversi intingoli, profumi e condimenti. Allora a Maha-<br />
Kassapa<br />
occorse di pensare: ""Mi immagino chi sia questa persona, che ha un simile potere magico "".<br />
Indi pensò:<br />
""Deve essere Sakka, il signore degli dèi "". Sicuro di ciò disse a Sakka, il signore degli dèi:"<br />
"Questa è una tua azione, Kosiyas (52) ! Non la fare più!""."<br />
"Ma, venerabile Kassapa, anche noi abbiamo bisogno di [compiere] azioni meritevoli, anche<br />
noi dobbiamo<br />
operare meritevolmente! "". Indi Sakka, il signore degli dèi, salutando Maha-Kassapa gli girò<br />
attorno verso<br />
destra e, salendo in cielo, fece risuonare tre volte l'atmosfera con questo verso ispirato: "" Oh,<br />
il sublime dei<br />
doni, il dono è stato ben conferito a Kassapa! "". A questo punto il Beato, mediante il suo udito<br />
divino,<br />
purificato, e che oltrepassa [le possibilità di]"<br />
quello degli uomini, udì le parole di Sakka, signore degli dèi, e quindi, intuendo il significato di<br />
ciò, proferì,<br />
in quel momento, il verso ispirato:<br />
Il monaco che questua il cibo, che sostiene se stesso, che altri non nutre, un siffatto uomo,<br />
interiormente<br />
pacificato e consapevole, anche gli dèi lo invidiano!.<br />
"8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, ai monaci, seduti assieme nell'àmbito<br />
dell'albero kereri,<br />
essendo ritornati dalla questua ed avendo consumato il pasto, capitò di fare questo discorso:<br />
""Cari Signori, il
monaco che gira per la questua, di tanto in tanto, ha l'occasione di vedere forme gradevoli<br />
all'occhio, di udire<br />
suoni gradevoli all'orecchio, di fiutare odori gradevoli al naso, di gustare sapori gradevoli alla<br />
lingua, di<br />
toccare oggetti gradevoli al tatto. Cari Signori, il monaco questuante è riverito, onorato,<br />
considerato,<br />
venerato e rispettato, allorché va in giro questuando cibo. Or dunque, Signori, anche noi<br />
andremo a questuare<br />
cibo, sicché di tempo in tempo ci capiterà l'occasione di vedere forme gradevoli"<br />
all'occhio, di udire , di fiutare , di gustare , di toccare , allorché percepiremo oggetti gradevoli<br />
all'occhio,<br />
all'orecchio, al naso, alla lingua ed al tatto. Anche noi saremo<br />
riveriti, onorati, considerati ", allorché andremo in giro questuando cibo""."<br />
Questa chiacchiera non era ancora finita, quando il Beato,<br />
al tramonto, lasciando il suo ritiro, venne verso il padiglione<br />
"dell'albero kareri e, giuntovi, sedette su un sedile apprestatogli. Nel sedersi chiese ai suoi<br />
monaci: ""Ditemi,<br />
monaci,"<br />
in quale discorso vi stavate intrattenendo mentre eravate seduti assieme, e quale è la<br />
conversazione che non<br />
avete ancora<br />
"finito?"". ""Quando ci siamo seduti assieme, o Signore, ci"<br />
"capitò di fare questo discorso: ""Il monaco questuante, di"<br />
tanto in tanto, ha l'occasione di vedere forme gradevoli all'occhio, di udire suoni gradevoli<br />
all'orecchio egli è<br />
riverito,<br />
Onorato, considerato, venerato e rispettato, allorché va in giro<br />
questuando cibo Anche noi saremo riveriti .allorché andremo attorno questuando cibo . Tale<br />
era, o Signore,<br />
la<br />
conversazione che non avevamo finito, allorché è arrivato il<br />
"Beato "". "" Monaci, non mi sembra degno di voi, che siete"<br />
Figli di Famiglia, che per fede avete abbandonato la vita di<br />
casa per andare errando, di chiacchierare su di un argomento<br />
simile. Monaci, quando sedete qua radunati, una delle due si<br />
"deve fare: ""conversare riguardo alla Buona Legge o praticare"<br />
"il Silenzio Ariol""."<br />
A quel punto il Beato, intuendo il significato di ciò, proferì in quel momento questo verso<br />
ispirato:<br />
51<br />
Il monaco che questua Cibo, che sostiene se stesso, che altri<br />
non nutre, un siffatto uomo gli dèi invidiano, non se questi agisce per lode<br />
"o per fama!""."<br />
9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a Savatthi, al bosco Jeta,<br />
nel parco di<br />
Anathapindika. Ora, in quella occasione, un gran numero di monaci<br />
si erano seduti assieme .(come nella narrazione precedente) "e capitò loro di fare il seguente<br />
discorso:<br />
""Signore,"<br />
chi conosce un'arte? Chi è stato addestrato in un'arte? Quale
"è la migliore fra le arti?"". Qualcuno disse: "" L'arte di [addestrare] elefanti è la migliore delle<br />
arti"". Altri<br />
disse: ""L'arte"<br />
di [addestrare] cavalli ". Altri disse: L'arte di [guidare] carri è la migliore delle arti"". Altri<br />
disse: ""L'arte di"<br />
"tirar d'arco è la migliore delle arti"". Altri disse: ."" La"<br />
"scherma..."". Altri: ""L'arte delle muasra (53)" . Altri disse:<br />
"L'arte del computo . Altri: ""L'arte del calcolo (54)...""."<br />
"Altri: ""L'arte dell'incisione.... Altri: "" L'arte della poesia. Altri: ""L'arte di interpretare le<br />
cause (=<br />
filosofia"<br />
naturale) . Altri invece dissero che la massima fra le arti<br />
è quella dello statista. Tale era la discussione che casualmente<br />
era sorta fra i monaci, che non era giunta a conclusione.<br />
Ora il Beato, abbandonato il suo ritiro, verso sera, giunse<br />
colà e sedette su un sedile che gli era stato preparato. Una<br />
"volta seduto, chiese a quei monaci: ""Vi prego, monaci, su"<br />
quale argomento eravate impegnati a discorrere, qui seduti in<br />
"radunanza, e quale era la conversazione casuale lasciata in sospeso?"". (Ed essi gli narrarono<br />
l'oggetto della<br />
loro conversazione). Allora disse il Beato: "" Monaci, è disdicevole per"<br />
voi impegnarvi in simile conversazione. Monaci, quando sedete qui raduna, una delle due cose<br />
deve essere<br />
compiuta, o<br />
"conversare su argomenti riguardanti la Buona Legge, o praticare il Silenzio Ario ""."<br />
A tale proposito il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quella circostanza le parole<br />
ispirate:<br />
Colui che vive non per la sua arte, celato, intento all'oggetto, coi<br />
sensi domi, in ogni senso liberato, senza casa, senza egoismo, libero da speranza, avendo<br />
ucciso Mara,<br />
"quel monaco procede solo""."<br />
10. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava ad Uruvela, sulle sponde<br />
del fiume<br />
Neranjara, avendo da poco consecutio l'illuminazione Suprema ai piedi dell'albero della<br />
Bodhi. Ora in quella<br />
circostanza il Beato rimase assiso per sette giorni nella medesima posizione, sperimentando<br />
la Beatitudine<br />
conseguente alla Liberazione. Allora il Beato, alla fine di quei sette giorni, uscendo da quello<br />
stato di<br />
meditazione estatica, contemplò il mondo con l'occhio del Risvegliato e scorse quanti esseri<br />
erano torturati<br />
da differenti tormenti e diversamente ardevano per brama, avversione ed ottundimento<br />
mentale. Allora il<br />
Beato, intuendo il significato di tutto ciò, proferì in quel momento le parole ispirate:<br />
Questo mondo, avvampato, mandato in perdizione dal contatto (= dal sentire), innalza il suo<br />
lamento.<br />
Ciò per cui uno si considera, proprio per questo diventa un altro (55).<br />
Diventare altro è iniziare ad esistere e la gente e caduta nel [ciclo dell'esistenza pur si<br />
compiace di esistere!<br />
Per il fatto stesso che vi si compiace, [ivi nasce] timore: e ciò per cui teme, questo è Dolore.
Mediante il totale abbandono del Divenire (= esistere, bhava) 50, si vive nella condizione del<br />
Brahman<br />
(Brahmacariya).<br />
52<br />
Quei monaci, o brahmona, i quali hanno detto che mediante il divenire si giunge alla<br />
liberazione del divenire,<br />
tutti costoro io dichiaroýsono non-liberati dal divenire.<br />
Ma tutti quei monaci, o brahmana, i quali hanno detto che, interrompendo [il flusso del]<br />
divenire, si consegue<br />
un rifugio dal divenire, costoroýio dichiaroýnon sono liberi dal divenire.<br />
"No! È in seguito al substrato (57) che il Male viene ad essere; mediante la distruzione di tutti<br />
gli<br />
attaccamenti (upadana) non vi è più produzione di Dolore."<br />
Contempla questo mondo così vario: rovinati dalla Nescienza gli esseri, che si rallegrano di<br />
esistere, non<br />
raggiungono la Liberazione.<br />
Poiché, invero, tutte le esistenze, quali che siano e comunque siano, tutte le condizioni di<br />
esistenza sono<br />
impermanenti, dolorose e costituite da incessante mutamento.<br />
Colui che ha visto le cose come sono in realtà, mediante la retta conoscenza,<br />
abbandona la sete di esistere: egli si rallegra del fatto che la sete sia stata uccisa.<br />
L'Estinzione, però, è la distruzione di tutte le seti ed è la cessazione senza residui di ogni<br />
passione.<br />
"Per quell'asceta che si sia ""estinto"" non vi è più attaccamento,"<br />
non esiste più rinascita.<br />
Sopraffatto è Mara. Egli (= l'asceta) ha vinto il combattimento.<br />
"Così egli è, avendo abbandonato ogni forma di esistere!""."<br />
CAPITOLO IV<br />
MEGHIYA<br />
"1. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a Calika, sulla collina di<br />
Calika. Ora,<br />
in quella occasione, il venerabile Meghiya (58) si trovava al servizio del Beato. Quindi il<br />
venerabile Meghiya<br />
venne dal Beato e, venuto da Lui, lo salutò e rimase in piedi in un canto. Mentre così stava<br />
chiese al Beato:<br />
""Signore, io desidero andare al villaggio Jantu per la questua "". ""Fa' quello che ti sembra il<br />
tempo adatto<br />
di fare, o Meghiya! "" Pertanto il venerabile Meghiya, apprestatosi alla sua uscita mattutina,<br />
indossato l'abito<br />
e presa la ciotola, entrò nel villaggio Jantu per la questua del cibo. Finita la questua e<br />
consumato il cibo se ne<br />
venne verso la riva del fiume Kimikala e, mentre si sgranchiva le gambe camminando avanti e<br />
indietro, vide<br />
un piacevole e delizioso boschetto di manghi."<br />
"Quella vista lo indusse a pensare: ""Veramente piacevole e delizioso è questo boschetto di<br />
manghi! Per un<br />
Figlio di Famiglia che voglia esercitarsi, questo è proprio adatto ad allenarsi alla<br />
concentrazione. Se il Beato<br />
mi dà licenza verrò in questo boschetto di manghi per esercitarmi "". Quindi il"<br />
venerabile Meghiya andò dal Beato e, sedutosi in un canto,
gli narrò [del luogo che aveva trovato] e gli disse:<br />
Se il Beato me lo permette, andrei a quel boschetto di<br />
"manghi per esercitarmi"". A queste parole, il Beato disse al venerabile Meghiya: ""Attendi un<br />
poco,<br />
Meghiya, io sono solo fintanto che non arrivi un altro monaco "" (59)."<br />
"Più tardi il venerabile Meghiya disse per la seconda volta al Beato: "" Signore, il Beato non ha<br />
da compiere<br />
più nulla che debba essere compiuto, non ha più nulla da aggiungere a ciò che ha già fatto. Ma<br />
per me, o<br />
Signore, vi è ancora di più da compiere di ciò che deve essere compiuto, vi è ancora da<br />
aggiungere a ciò che<br />
ho già fatto. Se il Beato mi dà licenza, andrei a quel bosco di manghi per esercitarmi [alla<br />
concentrazione]"".<br />
Ancora, per seconda volta, il Beato rispose al venerabile Meghiya: "" Aspetta un po', Meghiya.<br />
Io sono solo,<br />
intanto che non arrivi un altro monaco ""."<br />
"Più tardi, per terza volta, il venerabile Meghiya presentò la sua richiesta ed il Beato gli<br />
rispose: "" Bene,<br />
53<br />
Meghiya, che possiamo noi dire ad un Meghiya che ci parla di esercitarsi nella concentrazione.<br />
Fa' ciò che ti<br />
sembra opportuno compiere in questo tempo! "". A queste parole il venerabile Meghiya si alzò<br />
dal luogo ove<br />
era assiso, salutò il Beato girandogli attorno verso destra e se ne andò al bosco di manghi;<br />
giuntovi, vi<br />
penetrò e sedette per il riposo meridiano ai piedi di un certo albero. Ora, mentre il venerabile<br />
Meghiya se ne<br />
stava in quel boschetto di manghi, soverchiarono [la sua mente] tre formo di pensiero cattive<br />
e malefiche,<br />
cioè pensieri concupiscenti, pensieri di odio, pensieri di uccisione. Allora il venerabile<br />
Meghiya così rifletté:<br />
""È strano davvero, è stupefacente davvero che proprio io, che pieno di fede lasciai la casa per<br />
la vita errante,<br />
venga così assalito da tre forme di pensiero, cattive e malefiche, cioè pensieri concupiscenti,<br />
pensieri di odio,<br />
pensieri di uccisione!"". Così, venuta la sera, si alzò dal suo eremo ed andò dal Beato. Giunto<br />
che fu dal<br />
Beato lo salutò e, avendolo salutato, si sedette in un canto e gli disse: ""Signore, mentre me ne<br />
stavo nel<br />
boschetto di manghi sono stato assalito da tre forme di pensiero, cattive e malefiche" Allora, o<br />
Signore, ho<br />
riflettuto: è strano davvero, è stupefacente davvero, che io venga così assalito "!"". ""O<br />
Meghiya, cinque<br />
sono gli elementi che ostacolano la maturazione di un cuore (= dello spirito), allorché questo<br />
non è ancora<br />
maturo!"<br />
"1) Qui, o Meghiya, il monaco è [circondato da] buona amicizia, buona dimestichezza, buona<br />
confidenza.<br />
Questo è il primo elemento che conduce un cuore non ancora maturo alla maturazione. 2)<br />
Oltre a ciò,
Meghiya, il monaco pratica le virtù (sila), dimora raffrenato mediante l'obbedienza ai precetti<br />
(60), è perfetto<br />
nella pratica della giusta condotta, considera temibili le mancanze più lievi, e intraprende ad<br />
allenarsi nelle<br />
diverse forme di ascesi. Quando il cuore non è ancora maturo, o Meghiya, questo è il secondo<br />
elemento che<br />
conduce alla sua maturazione. 3) Inoltre, o Meghiya, il monaco pratica la conversazione con<br />
piacere, senza<br />
pena e senza limite, soltanto in quanto purifica ed è adatta ad aprire il cuore [all'autoanalisi] e<br />
conduce alla<br />
revulsione [degli ostacoli], al distacco, alla calma, alla quiete, alla perfetta intuizione,<br />
all'estinzione, cioè, la<br />
conversazione riguardante l'aver necessità di poco, l'essere contento del proprio stato, lo<br />
stato solitario,<br />
l'essere schivi della società, il porre in atto virile energia. Quando il cuore non è ancora<br />
maturo, questo, o<br />
Meghiya, è il terzo elemento che conduce alla sua maturazione. 4) Inoltre ancora, o Meghiya, il<br />
monaco<br />
permane risoluto nell'operare, nell'abbandonare le cose non benefiche e nell'acquistarsi<br />
quelle benefiche; è<br />
forte e costante nello sforzo e non scarica il fardello quando si tratta [di intraprendere] azioni<br />
meritorie.<br />
Quando il cuore non è ancora maturo, questo, o Meghiya, è il quarto elemento che conduce<br />
alla sua<br />
maturazione. 5) Oltre a ciò, o Meghiya, il monaco possiede la gnosi (61), quella gnosi che gli<br />
permette di<br />
intuire lo sviluppo e la decadenza [degli elementi della realtà], con la penetrazione arya, che fa<br />
discernere la<br />
fine del Male. Quando il cuore non è ancora maturo, o Meghiya, questo è il quinto elemento<br />
che conduce alla<br />
sua maturazione."<br />
Ora, Meghiya, questo deve essere atteso da un monaco che ha buona amicizia, buona<br />
dimestichezza, buona<br />
confidenza - cioè, che egli praticherà virtù, dimorerà raffrenato mediante l'obbedienza ai<br />
precetti, sarà<br />
perfetto nella pratica della giusta condotta, considererà temibili le mancanze più lievi, si<br />
allenerà nelle<br />
diverse forme di ascesi. Questo, o Meghiya, deve essere atteso da un monaco che pratica<br />
virtù......<br />
cioè, che egli praticherà con piacere la conversazione soltanto in quanto purifica ed è adatta<br />
ad aprire il<br />
cuore, a condurre alla revulsione, al distacco, alla calma, alla perfetta<br />
gnosi, all'estinzione Questo, o Meghiya, deve essere atteso<br />
dal monaco che pratica con piacere la conversazione soltanto<br />
in quanto purifica , cioè che permarrà risoluto nell'operare, nell'abbandonare le cose non<br />
benefiche e<br />
nell'acquistarsi<br />
quelle benefiche, che sarà forte e costante nello sforzo e non<br />
scaricherà il fardello quando si tratterà di intraprendere azioni<br />
meritorie (62). Questo, o Meghiya, sarà atteso dal monaco che
permarrà risoluto nell'operare , cioè, che possiederà la gnosi,<br />
quella gnosi che gli permetterà di intuire lo sviluppo e la<br />
decadenza [degli elementi della realtà], con la penetrazione<br />
54<br />
arya che fa discernere la fine del Dolore.<br />
"Inoltre, o Meghiya, il monaco che ha ben stabilito se stesso, in queste cinque condizioni, da<br />
costui altri<br />
quattro elementi devono essere sviluppati: il senso di disgusto deve venir sviluppato per<br />
giungere<br />
all'abbandono della concupiscenza; l'amorevolezza deve venir sviluppata per giungere<br />
all'abbandono<br />
dell'avversione [per il prossimo]; la consapevolezza nell'inspirare e nell'espirare (anapanasati)<br />
deve venir<br />
sviluppata per giungere alla soppressione del pensiero discorsivo (viitakka); la coscienza<br />
dell'impermanenza<br />
deve venire sviluppata per giungere allo sradicamento dell'egoismo. In chi e cosciente<br />
dell'impermanenza, o<br />
Meghiya, si stabilisce la coscienza di ciò che non è il Sé. Chi è cosciente di ciò che non Ë il Sé<br />
conquista<br />
l'annientamento della vanità dell'egoismo (63) in questa stessa vita, cioè conquista<br />
l'Estinzione (nibbana)"",<br />
A questo punto il Beato, intuendo questo significato, profferì in quel momento queste parole<br />
ispirate:"<br />
"Piccoli, sottili pensieri, prendendo forma, rendono il mentale elato (54); coloro che ciò non<br />
sanno, con lo<br />
spirito vagante, errano mentalmente qua e là; coloro che ciò sanno, ardenti di ascesi e<br />
consapevoli, domano il<br />
mentale nel pensiero; superata l'elazione della mente, il Risvegliato abbandona questi<br />
pensieri e nulla più<br />
rimane! ."<br />
2. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Kusinara, ad<br />
Upavattana, nel<br />
bosco di alberi sala. In quella circostanza una turba di monaci abitava in capanne nella foresta,<br />
non lontano<br />
dal Beato, superbi, insolenti, incostanti, maldicenti, ciarloni, privi di controllo, scomposti, dalla<br />
mente non<br />
raccolta, dai sensi non raffrenati.<br />
Ora il Beato, vedendo quei monaci che erano di tale specie,<br />
viventi non lungi da lui, ed intuendo il significato di ciò,<br />
profferì, in quel momento, le parole ispirate:<br />
Col corpo (= mente) non custodito, dedito a false teorie, dominato da indolenza e torpore, si<br />
soccombe al<br />
potere di Mara. Perciò il monaco che agisce seguendo giuste vedute, che ha conosciuto<br />
crescita e decadenza,<br />
superati indolenza e torpore, abbandona tutte le cattive vie!.<br />
3. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato compiva il suo giro in mezzo alle<br />
genti del<br />
Kosala, seguito da gran numero di monaci. In quella occasione il Beato, uscito dalla via<br />
maestra, andò verso<br />
la radice di un certo albero, ove sedette su un sedile che gli era stato preparato.
"Poco dopo un certo vaccaro giunse presso il Beato, lo salutò e sedette [presso di lui] ad un<br />
lato. Una volta<br />
che fu seduto, il Beato istruì, incitò, infiammò e rallegrò quel vaccaro con conversazione<br />
attinente alla Buona<br />
Legge. Ed il vaccaro, così istruito, incitato, infiammato e rallegrato dal Beato, gli disse:<br />
""Signore, voglia il<br />
Beato accettare da me il pasto di domani assieme all'Ordine dei monaci o. Ed il Beato accettò<br />
tacendo.<br />
Quindi il vaccaro, vedendo l'assenso del Beato, si alzò, lo salutò girandogli attorno verso<br />
destra e se ne andò.<br />
Poi, quando fu trascorsa la notte, quel vaccaro preparò nella sua casa una buona quantità di<br />
latte-e-riso con<br />
poca acqua (= sostanzioso) e burro fresco fuso: indi annunciò il tempo al Beato, dicendogli: ""<br />
Signore, il<br />
riso è cotto "". Così il Beato, apprestatosi ad uscire nel mattino, presa la ciotola ed indossata la<br />
veste, andò<br />
con tutto l'Ordine dei monaci alla casa di quel vaccaro, ove, giunto, si sedé in un posto<br />
preparatogli. Allora<br />
quel vaccaro, con le sue stesse mani, soddisfece e nutrì fino alla sazietà l'Ordine dei monaci, a<br />
cominciare dal<br />
Beato, con latte e riso ben sostanzioso e burro fresco fuso. E quel vaccaro, vedendo che il<br />
Beato aveva<br />
mangiato a sazietà ed aveva lavato sia la ciotola che le mani, prendendo un basso sedile gli si<br />
sedette<br />
accanto. Quando si fu seduto così il Beato lo istruì, lo incitò, lo infiammò e lo rallegrò con la<br />
sua<br />
conversazione attinente alla Buona Legge. Indi si alzò ed andò via. Non molto tempo dopo che<br />
il Beato se ne<br />
fu andato un certo uomo uccise il vaccaro nelle vicinanze del villaggio ""(65)."<br />
"Ed i monaci, in gran numero accorsi presso il Beato.... e gli dissero: ""Signore, dicono che il<br />
vaccaro dal<br />
quale l'Ordine dei monaci, con a capo il Beato, è stato proprio oggi soddisfatto e totalmente<br />
nutrito con le sue<br />
stesse mani" è stato<br />
55<br />
"ucciso da un certo uomo nelle vicinanze del villaggio"". Allora il Beato, intuendo il significato<br />
di ciò,<br />
profferì in quel"<br />
momento le parole ispirate:<br />
Qualunque male possa fare un nemico ad un nemico o l'odio<br />
"a chi odia, male molto maggiore viene compiuto dalla mente mal diretta""."<br />
4. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a Rajagaha, nel Bosco di<br />
Bambù,<br />
presso la Radura ove si nutrono gli Scoiattoli. In quella circostanza i venerabili Sariputta e<br />
Maha-Mogallana<br />
vivevano nella Grotta dei Piccioni, ed il venerabile Sariputta, in una notte illuminata dalla luna,<br />
proprio<br />
quando si era rasato i capelli, sedeva [in raccoglimento], avendo conquistato l'accesso ad un<br />
certo grado di<br />
meditazione estatica.
"Proprio allora si trovavano a passare per quelle parti due yakkha (66) amici, i quali<br />
viaggiavano dal nord<br />
verso il sud per qualche cosa che avevano da fare. Alla vista del venerabile Sariputta così<br />
assiso, l'uno disse<br />
all'altro: ""Mi viene in mente di dare a quel monaco un colpo in testa"". A queste parole l'altro<br />
yakkha<br />
rispose: ""Guardatene, amico, un asceta è un essere elevato, di grande potere [magico] e di<br />
grande maestà!<br />
1). Indi il primo yakkha ripeté le medesime parole" e l'amico di nuovo lo dissuase Così pure<br />
una terza volta<br />
allora quello yakkha, non tenendo conto del consiglio dell'altro, diede un colpo in testa al<br />
venerabile<br />
Sariputta. Così<br />
forte fu il colpo, che avrebbe potuto abbattere un elefante alto<br />
da sette a otto cubiti, e spaccato la cima di una montagna.<br />
"Istantaneamente lo yakkha, gridando: ""Brucio, brucio!"","<br />
cadde entro il grande inferno.<br />
"Ora il venerabile Maha-Mogallana, con purificato occhio divino, che di molto supera quello<br />
umano, vide il<br />
colpo che era stato assestato dallo yakkha alla testa di Sariputta. A quella vista, avvicinatosi a<br />
Sariputta, gli<br />
chiese: "" Caro mio Signore, spero che lo abbiate sopportato, spero che lo possiate reggere,<br />
spero che non ne<br />
abbiate avuto male ! "". "" Sì, Mogallana, lo sto sopportando; sì, mio Signore, lo reggo, però<br />
sento soltanto<br />
un piccolo dolore alla testa"". ""È meraviglioso, Sariputta, mio caro Signore! È veramente una<br />
meraviglia il<br />
grande potere magico e la grande maestà del venerabile Sariputta! Perché proprio ora un<br />
certo yakkha vi ha<br />
dato un colpo sulla testa: tanto potente era il colpo che avrebbe potuto abbattere un elefante"<br />
"o spaccare la<br />
cima di un monte: ed il venerabile Sariputta dice: "" Lo sopporto, Mogallana, caro amico"<br />
"però sento un<br />
leggero dolore al capo "" "". [E Sariputta soggiunse:] "" Ma questo è meraviglioso! il<br />
miracoloso, Mogallana,<br />
caro amico, il gran potere e la grande maestà"<br />
del venerabile Mogallana, che egli possa addirittura vedere<br />
uno Yakkha, addirittura! Quanto a me, non riuscirei a vedere<br />
"in questo posto neppure uno spirito folletto (67)! """<br />
Allora il Beato, con purificato orecchio divino, che di molto supera quello umano, udì i due<br />
saggi che in tal<br />
modo conversavano e, intuendo il significato di ciò, proferì in quel momento il verso ispirato:<br />
Colui il cui spirito, simile ad una roccia, sta fermo e non vacilla,<br />
"Libero dalle passioni non si agita per ciò che dovrebbe turbarlo, a questi, il cui spirito è così<br />
[concentrato],<br />
donde potrebbe venirgli male ? "" ."<br />
"5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a Kosambi, nel parco<br />
Ghosita. Ora, in<br />
quel]a circostanza il Beato era infastidito da monaci e monache, devoti laici e devote laiche, re<br />
e ministri
eali, settari e loro seguaci, e viveva In mezzo alla confusione, non a suo agio. Allora il Beato<br />
pensò: ""Io sto<br />
qui vivendo infastidito da"<br />
monaci e monache da settari e da loro seguaci. Io vivo<br />
56<br />
scomodo, non a mio agio. Vivessi romito e solo, lontano dalla<br />
"folla"". Quindi il Beato, rassettatosi di buon mattino, indossa"<br />
la veste, prese la scodella ed entrò in Kosambi per la questua<br />
del cibo: compiuto il suo giro per la questua del cibo ritornò<br />
e se ne nutrì, pose in ordine il suo alloggio ed il suo giaciglio,<br />
prese la scodella e la veste senza informare il monaco che lo<br />
serviva o darne notizia all'Ordine dei monaci, solo e senza seguaci iniziò il suo giro diretto al<br />
villaggio<br />
Parileya, che raggiunse successivamente. Ivi il Beato si fermò a risiedere nella<br />
radura della Fitta Foresta Custodita, presso la radice di un<br />
bell'albero sala. Ora, un certo elefante maschio viveva infastidito dagli elefanti e dalle<br />
elefantesse, dagli<br />
elefantini e dagli<br />
elefanti lattanti, e doveva nutrirsi ove l'erba era stata già raccolta per loro. Essi mangiavano i<br />
fasci di rami<br />
che egli aveva<br />
spezzato. Egli doveva bere l'acqua infangata e, quando attraversava un guado, le elefantesse lo<br />
seguivano<br />
spingendo il suo corpo. Così il grande elefante maschio viveva scomodo, non a<br />
"suo agio. Quindi il grande elefante maschio pensò: "" Qui io"<br />
vivo infastidito da elefanti e da elefantesse, da elefantini e da<br />
elefanti lattanti, debbo nutrirmi laddove l'erba è già stata<br />
raccolta. Gli altri mangiano i fasci di rami che io spezzo, io<br />
devo bere acqua infangata e, quando attraverso un guado, le<br />
elefantesse mi spingono premendo il mio corpo: così vivo<br />
"scomodo, non a mio agio "". Quindi il grande elefante maschio"<br />
abbandonò il branco e partì per il villaggio di Parileya, verso<br />
la radura della Fitta Foresta Custodita, e verso quell'albero<br />
alla cui radice stava assiso il Beato. Quando vi fu giunto, tenne<br />
il luogo, ove il Beato dimorava, pulito da erba, e, con la sua<br />
proboscide, portava acqua per uso del Beato. Così al Beato,<br />
"che viveva in ritiro e meditazione, sorse il pensiero: ""Io"<br />
vivevo prima infastidito da monaci e monache vivevo scomodo, non a mio agio. Ma ora vivo<br />
non infastidito<br />
da monaci<br />
e monache settari e loro seguaci. Non infastidito, vivo<br />
"tranquillo e a mio agio "". Egualmente il grande elefante"<br />
"maschio pensava: "" Prima io vivevo infastidito da elefanti ed"<br />
elefantesse "ora, invece, dimoro tranquillo ed a mio agio ""."<br />
Quindi il Beato, considerando il suo ritiro e con la sua<br />
mente penetrando nel pensiero di quel grande elefante maschio, proferì in quell'occasione il<br />
verso ispirato:<br />
Su questo concordano, mente con mente, il Naga (68) col naga<br />
"dalle zanne a vomere: poiché entrambi si rallegrano della solitudine della foresta! ""."
6. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato se ne stava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, il venerabile Pindolabharadhvaja sedeva<br />
non lungi dal<br />
Beato, con le gambe incrociate, tenendo il corpo eretto, essendo egli un abitatore delle foreste,<br />
un questuante,<br />
uno vestito di panni rappezzati, uno che porta addosso le tre robe (69), che aveva bisogno di<br />
poco, contento<br />
del suo stato, eremita, schivante la società, di ardente energia, che seguiva le pratiche<br />
ascetiche, dedito alle<br />
più alte meditazioni. Ora il Beato, vedendo il venerabile Pindolabharadhvaja così assiso in<br />
quel momento<br />
proferì il verso ispirato:<br />
57<br />
Non ingiuriare, non danneggiare, vivi contenuto dalla disciplina,<br />
prendi poco cibo, dormi e giaci solo. Mantieni la mente dedita alla meditazione suprema:<br />
questo è<br />
"l'insegnamento dei Risvegliati!""."<br />
7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. Ora in quella stessa circostanza il venerabile Sariputta sedeva non lungi dal<br />
Beato, con le<br />
gambe incrociate, tenendo il corpo eretto. Egli era uno di quelli che hanno bisogno di poco,<br />
contento del suo<br />
stato, un monaco, che schiva la società, di ardente energia, dedito alle più alte meditazioni. Ora<br />
il Beato,<br />
vedendo Sariputta così assiso in<br />
quel momento profferì il verso ispirato:<br />
Di alti pensieri, gravemente attento, silente ed allenato nelle<br />
"discipline ascetiche, i dolori non sopravvengono ad uno tale, calmo e sempre attento ""."<br />
8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, nel bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora in quel tempo il Beato era molto stimato, onorato, considerato e<br />
venerato. Lo<br />
trattavano con deferenza e non gli facevano mancare vesti, cibo elemosinato, giaciglio e<br />
alloggio, comodità e<br />
medicine per le malattie, e così pure l'Ordine dei monaci. Ma gli Erranti (70), che sostenevano<br />
altre dottrine, non erano stimati ed onorati non ottenevano<br />
viveri, eccetera Allora quegli Erranti, che sostenevano altre<br />
dottrine, incapaci di sopportare l'onore che veniva reso al<br />
Beato ed all'Ordine dei monaci, andarono da Sundan, donna<br />
"degli Erranti, e le dissero: "" Sorella, tu puoi fare una buona"<br />
"azione ai tuoi confratelli "". "" Che cosa posso io fare, fratelli ? Che cosa mi è possibile fare ?<br />
La mia stessa<br />
vita è offerta"<br />
"in sacrificio per i miei parenti [spirituali] !"". "" Allora, sorella,"<br />
"va' frequentemente al bosco Jeta "". ""Bene, fratelli "", rispose"<br />
"Sundar; a quegli Erranti di altra dottrina, e prese ad andare"<br />
ogni momento al bosco Jeta.
"Allora, quando quegli Erranti di altra dottrina furono sicuri che correva voce che ""Sundari, la<br />
donna-asceta,<br />
era stata chiaramente veduta da molta gente andare ogni momento al bosco Jeta "", allora<br />
l'uccisero e la<br />
seppellirono nel cavo di un fosso, indi si recarono da Pasenadi, dal re del Kosala, e gli<br />
dissero:""Maharaja,<br />
quella Sundari, donna-asceta, non si vede più in nessun luogo "". ""E dove sospettate che possa<br />
trovarsi? "".<br />
"" Nel bosco Jeta, Maharaja "". ""Allora setacciate il bosco Jeta per trovarla "". Così quegli<br />
Erranti di altra<br />
dottrina, dopo aver frugato il bosco Jeta, trassero il corpo dell'uccisa dal fosso dove l'avevano<br />
sepolta, lo<br />
misero su un palanchino e lo portarono a Savatthi, dove lo fecero girare [per tutta la città] di<br />
strada in strada,<br />
di crocicchio in crocicchio e, quando incontravano gente, ne accendevano l'indignazione<br />
dicendo:<br />
""Guardate, fratelli, ciò che hanno fatto i figli del Sakya! Svergognati sono quei monaci! I figli<br />
del Sakya<br />
sono perversi, malvagi, mentitori, non viventi secondo castità ! Essi pretenderanno di vivere<br />
secondo la<br />
Buona Legge, di vivere in pace, di vivere secondo castità, veritieri, virtuosi, uomini di vita<br />
commendevole.<br />
Ma, presso di loro, non vi è monachesimo, non brahmanica condotta. Il loro monachesimo è<br />
perduto, la loro<br />
condotta brahmanica è perduta. Come potrebbero praticare il monachesimo? Come<br />
potrebbero praticare la<br />
brahmanica condotta? Essi hanno abbandonato il monachesimo, essi hanno abbandonato la<br />
brahmanica<br />
condotta. Dico, come può un uomo, dopo aver fatto la parte dell'uomo (= giacendosi con<br />
donna), privare di<br />
vita la donna? ""."<br />
"In quel tempo, pertanto, allorché la gente di Savatthi scorgeva i monaci, li assaliva, li<br />
insultava, li<br />
vilipendeva ed angariava con ingiurie ed improperi, dicendo: ""Svergognati sono"<br />
questi monaci dico, come potrebbe un uomo, dopo aver<br />
58<br />
"fatto la parte dell'uomo, privare di vita la donna? ""."<br />
"Allora un gran numero di monaci, preparatisi per l'uscita mattutina, presa la ciotola ed<br />
indossata la veste,<br />
entrò in Savatthi per la questua e, dopo aver girato per Savatthi ed aver mangiato il cibo<br />
questuato, andò dal<br />
Beato. Quei monaci, presentatisi al Beato, dopo averlo salutato si sedettero in un canto e<br />
dissero ""Ora, a<br />
Savatthi, o Signore, quando la gente vede i monaci, li assale con ingiurie ed improperi,<br />
dicendo:"<br />
" Svergognati sono i monaci (eccetera) "". ""O monaci,"<br />
"questo rumore non durerà a lungo: durerà solo sette giorni;"<br />
alla fine dei sette giorni dileguerà. Pertanto, o monaci, quando<br />
incontrate quelle persone che, alla vista dei monaci, li assale<br />
con ingiurie ed improperi, riprendetele con questo verso:
Chi dice menzogna va all'inferno, così pure chi nega di<br />
"aver fatto ciò che egli compì. Tutti e due, trapassando, diventano uguali, gente d'azione<br />
spregevole,<br />
nell'altro mondo! "" ""."<br />
Quindi quei monaci appresero a memoria quella strofa e,<br />
allorché incontravano la gente che li assaliva con ingiurie ed<br />
improperi, le rispondevano con quella strofa. Allora la<br />
"gente pensò: "" Questi monaci, i figli del Sakya, sono consacrati da giuramento"". Così il<br />
rumore non durò a<br />
lungo: durò"<br />
esattamente sette giorni. Alla fine dei sette giorni esso svanì.<br />
Allora molti monaci si recarono dal Beato e dissero:<br />
Straordinario è, o Signore, meraviglioso è, o Signore, come<br />
"sono state veraci le parole dette dal Beato, e cioè: "" Questo"<br />
rumore, o monaci, non durerà molto. Durerà soltanto sette<br />
"giorni. Alla fine dei sette giorni dileguerà!"""". Allora il"<br />
Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento<br />
questo verso ispirato:<br />
La gente priva di controllo colpisce gli altri (71) con parole, come elefanti in combattimento.<br />
"Udendo proferire crudeli parole. resti il monaco imperturbabile""."<br />
"9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Rajagaha, nel<br />
Bosco di Bambù,<br />
nella Radura ove si nutrono gli Scoiattoli. Ora, in quel medesimo tempo, il venerabile Upasena<br />
(72), figlio di<br />
Vanganta, ""a andato in ritiro spirituale e raccoglimento, per cui gli era occorso di pensare:<br />
""Un acquisto è<br />
questo mio"" un buon guadagno per me che il mio maestro sia il Beato, l'Arhat, il Pienamente<br />
Risvegliato<br />
(samma-sam-buddha)! Che io abbia abbandonato la casa per la vita errante nella ben<br />
proclamata disciplina<br />
della Buona Legge! È un acquisto per me, che i miei compagni nella vita brahmanica siano<br />
virtuosi e di<br />
amabile natura; che io sia uno che ha soddisfatto ai precetti di virtù (sila), che io sia composto,<br />
che sia uno<br />
con la mente concentrata in un punto solo (73), un Arhat che ha distrutto ogni attaccamento;<br />
che io sia uno di<br />
grandi poteri e di grande potenza! Felice è stata la mia vita e felice sarà la mia morte!""."<br />
Ora il Beato, afferrando con la sua mente il pensiero del venerabile Upasena, figlio di<br />
Vahganta, intuendo il<br />
senso di tutto ciò profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
Colui che la vita non arde, lui non cruccia la fine [allorché giunge] la morte.<br />
Se questo Costante ha visto il sentiero, non s'addolora in mezzo al dolore.<br />
Per il monaco che ha troncato la sete di vivere, il cui spirito è placato,<br />
"in cui è annientato l'errare di nascita in nascita, per costui non esiste più altro divenire! ""."<br />
10. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
59<br />
parco di Anathapindika. In quella circostanza il venerabile Sariputta era assiso non lungi dal<br />
Beato, con le
gambe incrociate, col corpo eretto, contemplando il proprio stato di conquistata calma<br />
interiore (upasama).<br />
Ed il Beato, vedendo il venerabile Sariputta così meditante, intuendo il significato di ciò,<br />
profferì in quel<br />
momento questo verso ispirato:<br />
Per il monaco la cui mente è calma, che ha spezzato la serie delle vite,<br />
"è annichilito il flusso delle nascite: egli è libero dal vincolo di Mara!""."<br />
CAPITOLO V<br />
L'ANZIANO (74) SONA<br />
"1. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora, in quella stessa occasione, il re Pasenadi dei Kosala era andato<br />
con la regina<br />
Mallika al piano rialzato del suo palazzo. Allora il re Pasenadi dei Kosala disse a Mallika, la<br />
regina:<br />
""Dimmi, o Mallika, esiste qualcuno che ti sia più caro che il Sé (75)?"". ""Per me, maharaja,<br />
non vi è alcuno<br />
più caro del Sé. Ma per te, o maharaja, vi è alcuno che ti sia più caro del Sé? "". ""Anche per me,<br />
Mallika,<br />
non vi alcuno che mi sia più caro del Sé"". Quindi il re Pasenadi dei Kosala scese dal palazzo e<br />
se ne andò<br />
presso il Beato. Giunto che fu al suo cospetto lo salutò e, avendolo salutato, sedette in un<br />
canto. Così seduto,<br />
il re Pasenadi dei Kosala disse al Beato: "" Signore, sono andato con la regina Mallika al piano<br />
rialzato del<br />
palazzo ed ho detto a Mallika, la regina, quanto segue" "(e narrò della conversazione avuta con<br />
la moglie)<br />
""."<br />
Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel tempo questo verso ispirato:<br />
"Si attraversino con la mente tutte le direzioni dello spazio, nulla si troverà di più caro [a sé]<br />
che il Sé;"<br />
"poiché anche per gli altri ad ognuno il sé è caro, non danneggi altri, chi il sé ha caro! ""."<br />
"2. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora il venerabile Ananda, alzandosi verso sera dal suo eremo, andò<br />
dal Beato:<br />
essendo giunto presso di lui lo salutò e si pose a sedere in un canto. Sedutosi, così il venerabile<br />
Ananda<br />
interpellò il Beato: "" È meraviglioso, o Signore, è straordinario, o Signore, come è vissuta poco<br />
la madre del<br />
Beato! Quando il Beato era nato da appena sette giorni, sua madre pose termine [alla sua vita],<br />
rinascendo<br />
presso gli dèi del Tubista (76) "" proprio così, Ananda, breve è la vita delle madri dei<br />
Boddisattva (77).<br />
Quando i Bodhisattva sono nati da sette giorni, le loro madri pongono fine all'esistenza e<br />
rinascono presso gli<br />
dèi del Tubista ""."<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, proferì in quell'occasione questo verso ispirato:<br />
Che tutte le creature verranno ad essere e che tutte, abbandonando il corpo, se ne<br />
dipartiranno,
"il Bennato, vedendo tutto questo, procederà ardente nella brahmanica ascesi! ""."<br />
"3. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Rajagaha, nel<br />
Bosco dei<br />
Bambù. presso la Radura ove si nutrono gli Scoiattoli. Ora, in quel tempo vi era a Rajahaga un<br />
lebbroso di<br />
nome Suppabuddha, un pover'uomo, una creatura misera e disgraziata; ed avvenne che, in<br />
quell'occasione, il<br />
Beato sedesse in mezzo ad una grande moltitudine, insegnando la Buona Legge. E<br />
Suppabuddha, il lebbroso,<br />
60<br />
avendo visto da lontano tutta quella turba riunita assieme, pensò a tale vista: "" Certamente<br />
laggiù vi sarà da<br />
ricevere cibo, vuoi duro vuoi morbido. Che sia il caso che io vada vicino a quella folla? Potrei<br />
ottenere<br />
qualcosa da mangiare, sia duro sia morbido! "". Fu così che Suppabuddha, il lebbroso, si<br />
avvicinò alla<br />
moltitudine e contemplò il Beato che sedeva in mezzo alla grande folla, insegnando la Buona<br />
Legge e,<br />
vedendolo, pensò: "" No! Qui non si ottiene nulla da mangiare, né di duro né di morbido.<br />
Questi è Gotama,<br />
l'asceta, che insegna la Buona Legge all'assemblea. Che sia il caso che anche io ascolti la Buona<br />
Legge? ""<br />
Così sedette anche lui in un canto, pensando: ""Voglio anche io ascoltare la Buona Legge ""."<br />
"Ora il Beato, afferrando in ispirito i pensieri di tutta quella assemblea, concepì il pensiero:<br />
""Chi dei<br />
presenti è perfettibile sì da conoscere la Buona Legge ? "". E il Beato vide Suppabuddha, il<br />
lebbroso, seduto<br />
in mezzo alla folla e, a tale vista, pensò: "" Questi è uno evoluto sì da comprendere la Buona<br />
Legge "" Così,<br />
proprio tenendo presente Suppabuddha, il lebbroso, iniziò una conversazione riguardante,<br />
nell'ordine dovuto,<br />
i seguenti argomenti: il dono, la virtù morale, il mondo celeste, gli svantaggi, la bassezza e la<br />
corruzione<br />
della sfera dei desideri ed il vantaggio che si consegue rendendosene libero. E, allorché il<br />
Beato riconobbe<br />
che lo spirito di Suppabuddha, il lebbroso, era pronto, docile, privo di inciampi, elevato ed in<br />
istato di grazia,<br />
allora Egli sviluppò quegli insegnamenti sul Dhemma che soltanto i Risvegliati hanno scoperto<br />
da soli, cioè:<br />
il Dolore, il Sorgere, l'Estinzione, la Vita (78)."<br />
"Proprio come una veste bianca, senza macchie, è pronta ad assorbire la tintura, così pure in<br />
Suppabuddha, il<br />
lebbroso, proprio allorché sedette in quel luogo, sorse in lui la pura, immacolata intuizione del<br />
Dhamma, la<br />
conoscenza del fatto che, in tutto ciò che è soggetto al nascere, è implicita la natura<br />
dell'estinguersi. E [così<br />
pure] Suppabuddha, il lebbroso, vide la Buona Legge, comprese la Buona Legge, si immerse<br />
nella Buona<br />
Legge, passò di là da ogni dubbio, fu libero da ogni [necessità di] chiedere, conquistò fiducia e,<br />
non avendo
più bisogno di altro [che della Buona Legge], si alzò dal luogo ove sedeva, avanzò verso il<br />
Beato e,<br />
essendoglisi avvicinato, lo salutò e sedette in un canto. Come si fu così seduto Suppabuddha, il<br />
lebbroso,<br />
disse al Beato: "" Benissimo, Signore! Benissimo, Signore! Proprio come si dovrebbe sollevare<br />
ciò che è<br />
caduto, scoprire ciò che è nascosto, indicare la via a chi è stordito, mostrare una luce nelle<br />
tenebre, dicendo:<br />
"" Ora coloro che hanno occhi per vedere possono vedere le forme"", così pure il Beato ha<br />
spiegato in<br />
diverse maniere la Buona Legge. Così proprio io, o Signore, prendo rifugio nel Beato, nella<br />
Buona Legge e<br />
nell'Ordine (79). Possa il Beato accettarmi come suo seguace (80), come uno che da quest'ora<br />
in avanti, fino<br />
alla fine della sua vita, prende rifugio in lui "". Dopo di ciò Suppabuddha, il lebbroso, istruito<br />
nella Buona<br />
Legge dall'esposizione del Beato, [da Lui] accolto, e reso felice da quanto aveva ascoltato,<br />
rallegrato e<br />
contentato, ringraziò, si sollevò da dove era seduto e salutò il Beato girandogli attorno verso<br />
destra, e se ne<br />
andò via."<br />
[Più tardi] un giovane vitello, assalito Suppabuddha, gli tolse la vita. Allora un gran numero di<br />
monaci venne<br />
dal<br />
Beato, essendo venuto lo salutò, e disse ": ""Signore, quel"<br />
lebbroso chiamato Suppabuddha, dopo essere stato istruito,<br />
accolto, sollevato e reso felice dall'esposizione della Buona<br />
Legge fatta dal Beato, è giunto al termine della sua vita.<br />
Quale sorte gli è toccata [dopo questa vita] ? Quale è la sua<br />
"vita successiva? """<br />
" Monaci, Suppabuddha, il lebbroso, era un saggio (pandita). Egli è vissuto secondo la Buona<br />
Legge. Egli<br />
non mi ha infastidito domandandomi [tante cose] circa la Buona Legge. Suppabuddha, il<br />
lebbroso, o monaci,<br />
avendo spezzato tre vincoli, è ormai uno-che-è-entrato nella corrente (sotapanno), uno che<br />
oramai non è più<br />
destinato a ricadere in basso: egli è ormai destinato a conquistare la Suprema Illuminazione<br />
(abhisambodhi) .<br />
A queste parole un certo monaco disse al Beato: ""Dimmi, o Signore, quale è la ragione, quale è<br />
la causa per<br />
la quale Suppabuddha, il lebbroso, fu un povero, miserabile e disgraziato essere ? "". ""Una<br />
volta, o monaco,<br />
il lebbroso Suppabuddha era [, in una sua vita trascorsa,] il figlio di un ricco, in questo stesso<br />
Rajagaha. Un<br />
giorno, attraversando un giardino, vide Tagara-sikkhi, un Pacceka-buddha (81) che entrava in<br />
città per la<br />
61<br />
questua. Vedendolo, egli pensò: "" Chi è quel lebbroso che va in giro?"". E, sputando e<br />
volgendoglisi a
sinistra (82), se ne andò. In seguito alla maturazione di tale fatto egli soffrì tormento nel<br />
purgatorio per molti<br />
secoli, per molti millenni, per molte centinaia di millenni (83). Ma, per l'ulteriore maturazione<br />
di quell'atto,<br />
egli venne a nascere in questo stesso Rajagaha come una povera, miserabile, inferma creatura.<br />
Ma,<br />
incontratosi con la disciplina della Buona Legge resa nota dal Così-Venuto (Tathagata), egli<br />
accolse in sé la<br />
fede, accolse in sé la virtù, accolse in sé l'insegnamento udito, accolse in sé il distacco, accolse<br />
in sé la<br />
suprema saggezza"<br />
(panna). Così agendo quando il suo corpo fu disfatto, dopo<br />
la morte, egli ha conquistato un buon destino, rinascendo nel<br />
"mondo celeste, in compagnia dei Trentatré Deva. Egli supera in isplendore, colà, gli altri<br />
Deva, in bellezza e<br />
gloria""."<br />
Indi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
Come chi ha occhi, con forza e conoscenza, evita di cadere nei fossi,<br />
"così, in questo mondo, scansi il saggio le cattive azioni! ""."<br />
"4. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora, in quel tempo, gran numero di ragazzi, fra Savatthi ed il bosco<br />
Jeta, [si<br />
divertiva] a tormentare i pesci. Il Beato, [in quella occasione,] apprestatosi per la sua uscita<br />
mattutina,<br />
indossata la veste e presa la ciotola, stava entrando in Savatthi per la questua. Allora il Beato<br />
vide tutti quei<br />
ragazzi che tormentavano i pesci, fra il bosco Jeta e Savatthi. A quella vista Egli andò da loro e<br />
disse:<br />
""avete paura, ragazzi, del male ? Vi è gradito il dolore ? "". "" Proprio così, abbiamo paura del<br />
male, il<br />
dolore ci è sgradito ""."<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento il verso ispirato:<br />
[Se temete il male,] (84) se il dolore vi è sgradito, non compite una mala azione palesemente o<br />
nascostamente:<br />
"se farete il male, o già lo fate, non sfuggirete al male, comunque andiate o tentiate di<br />
sfuggirlo! ""."<br />
"5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, nel<br />
parco orientale,<br />
presso la casa a piani della madre di Migara. Ora, in quel tempo, il Beato se ne stava seduto,<br />
circondato<br />
dall'assemblea dei monaci, in un giorno che era uposatha (85). Il venerabile Ananda, entrata la<br />
notte, quando<br />
la prima vigilia stava trascorrendo, si alzò da dove sedeva e, buttandosi la veste sulla spalla<br />
destra, congiunse<br />
le palme [salutando] il Beato, e gli disse: ""signore, la notte è bene entrata, la prima veglia è<br />
trascorsa."<br />
"L'assemblea dei monaci è stata già seduta a lungo. Signore, voglia il Beato pronunciare i voti<br />
(86) per i<br />
monaci ! ""."
A queste parole il Beato restò silenzioso. Una seconda volta il venerabile Ananda, alla veglia<br />
mediana,<br />
(ripeté la<br />
richiesta) Indi, una terza volta, quando la notte era ormai<br />
alla fine e la terza veglia stava trascorrendo, mentre l'alba<br />
sbiancava la notte rallegrandone il volto, il venerabile Ananda<br />
si alzò da dove era seduto e, buttandosi la veste sulla spalla,<br />
"congiunse le palme di fronte al Beato, dicendogli: ""Signore,"<br />
la notte è trascorsa. L'ultima veglia sta finendo. È giunta<br />
l'alba e la notte mostra il volto dell'allegrezza. L'ordine dei<br />
monaci è restato seduto per lungo tempo. Signore, voglia il<br />
"Beato pronunciare i voti per i monaci ! "". ""Ananda, L'assemblea non è totalmente pura! ""."<br />
"Allora al venerabile Maha-Mogallana occorse di pensare: ""Riguardo quale persona il Beato<br />
ha detto: ""<br />
62<br />
Ananda, l'assemblea non è totalmente pura ! "" ? "" . Perciò il venerabile Maha-Mogallana,<br />
afferrando questo<br />
[detto] con la mente, rivolse la sua attenzione a tutta quell'assemblea di monaci. Ed il<br />
venerabile Maha-<br />
Mogallana si accorse di una persona che era immorale, di perversa natura, che era un impuro,<br />
di condotta<br />
sospetta, di azioni nascoste, che non era un vero monaco, pur pretendendo di esserlo, né<br />
viveva castamente,<br />
pur pretendendo di vivere così, marcio di dentro, pieno di brame, sporco mucchio di<br />
immondizia, ivi sedente<br />
in mezzo all'Ordine dei monaci. Dopo averlo scorto, si alzò dal suo seggio ed andò incontro a<br />
tale persona, e,<br />
essendo giunto, le disse: "" Alzatevi, caro signore! Siete stato visto dal Beato! Non vi è società<br />
per voi, qui,<br />
fra i monaci! "". Ma quella persona se ne ristette silenziosa. Allora una seconda volta ed una<br />
terza il<br />
venerabile Maha-Mogallana ripeté le stesse parole, ed [ancora] quella persona rimase zitta.<br />
Allora il<br />
venerabile MahaMogallana prese quella persona per il braccio, la cacciò fuori dal portone,<br />
attraverso il quale<br />
pose la sbarra, venne dal Beato e disse: ""Signore, quella persona è stata cacciata da me. La<br />
compagnia è<br />
totalmente pura. Signore, si degni il Beato di pronunciare i voti per i monaci!"". "" è strano,<br />
Mogallana, è<br />
meraviglioso, Mogallana, come quell'imbecille abbia dovuto aspettare finché non venne<br />
afferrato per il<br />
braccio! "". Allora il Beato ammonì i monaci, dicendo: "" Da questo giorno in poi, o monaci, io<br />
non<br />
osserverò più l'uposatha, né pronuncerò i voti [per i monaci]. Pronunciateli voi, i voti [ai quali<br />
siete astretti].<br />
È fuor di luogo, o monaci, è inopportuno che il Tathagata debba osservare l'uposatha, debba<br />
pronunciare i<br />
voti, quando l'assemblea non è totalmente pura. Monaci, vi sono le seguenti otto cose nel<br />
grande Oceano,
meravigliose e strane, contemplando le quali gli Asura (87) di volta in volta, si deliziano nel<br />
vasto Oceano:"<br />
I) Monaci, il grande Oceano defluisce, scorre e tende verso il basso gradualmente. Non vi è un<br />
improvviso<br />
precipitare. Questa è, o monaci, la prima circostanza meravigliosa e strana, contemplando la<br />
quale, di tempo<br />
in tempo, gli Asura si rallegrano.<br />
II) Monaci, il grande Oceano è, inoltre, di natura stabile, esso non sorpassa la spiaggia. Questa<br />
è, o monaci,<br />
la seconda circostanza meravigliosa e strana contemplando la quale, di tempo in tempo, gli<br />
Asura si<br />
rallegrano.<br />
"III) Monaci, il grande Oceano, inoltre, non coabita con un corpo morto; poiché, quando nel<br />
grande Oceano<br />
vi è un cadavere, ben presto lo sospinge verso la sponda e lo butta"<br />
sulla spiaggia. Questa è La terza circostanza meravigliosa e<br />
strana<br />
"IV) Monaci, quali che siano i grandi fiumi - cioè la Gariga, Aciravati, Sarabhu e Mahi - tutti<br />
costoro,<br />
allorché raggiungono il grande Oceano, abbandonano gli antichi nomi, le famiglie, ma<br />
procedono avanti col<br />
solo nome di "" grande"<br />
"Oceano "". Questa è, o monaci" La quarta circostanza meravigliosa e strana<br />
V) Monaci, quanti che siano i fiumi che scorrono verso il grande Oceano, e quanta sia la<br />
pioggia che vi cade<br />
dal cielo, non si osserva nel grande Oceano né ritirarsi né trabordare.<br />
Questa è, o monaci La quinta circostanza meravigliosa e<br />
strana<br />
VI) Monaci, il grande Oceano è di un solo sapore, il<br />
sapore salato. Questa è, monaci .La sesta circostanza meravigliosa e strana<br />
VII) Monaci, il grande Oceano, inoltre, contiene molte gemme, differenti gemme, fra le quali se<br />
ne trovano<br />
di queste specie perle, cristalli, berillo, madreperla, quarzo, corallo, argento, pepite d'oro,<br />
rubini, agate<br />
Questa è, o monaci<br />
La settima circostanza meravigliosa e strana.....<br />
"VIII) Monaci, il grande Oceano, inoltre, è sede di grandi creature, fra le quali si annoverano<br />
balene (?),<br />
pescicani (?"" orche (?) (88) asvra, naga (89) gandharva (90). Vi sono, nel grande Oceano,<br />
animali lunghi<br />
uno yojana (91) due, tre quattro, cinque"<br />
yojena. Questa è, o monaci L'ottava circostanza meravigliosa e strana<br />
Così pure, o monaci, in questa disciplina della Buona Legge vi sono anche otto circostanze<br />
meravigliose e<br />
strane, contemplando le quali, di volta in volta, i monaci si deliziano in questa disciplina della<br />
Buona Legge.<br />
63<br />
I) Proprio come, o monaci, il grande Oceano defluisce, scorre e tende verso il basso<br />
gradualmente, e non vi è
un improvviso precipitare, così pure, o monaci, in questa disciplina della Buona Legge<br />
l'allenamento è<br />
graduale, L'azione è graduale, il procedimento è graduale. Questa è, o monaci, la prima<br />
circostanza<br />
meravigliosa e strana, vedendo la quale i monaci, di volta in volta, si rallegrano(92),<br />
II) Proprio come, o monaci, il grande Oceano è di natura stabile e non sorpassa mai la spiaggia,<br />
così pure, o<br />
monaci, i miei discepoli non trasgrediscono mai, dovesse loro costare la vita, L'allenamento a<br />
cui io li<br />
astringo. Questa è la seconda circostanza meravigliosa e strana.....<br />
III) Proprio come, o monaci, il grande Oceano non coabita con un corpo morto, poiché, quando<br />
nel grande<br />
Oceano vi è un cadavere, ben presto esso lo sospinge verso la sponda e lo butta sulla spiaggia,<br />
così pure, o<br />
monaci, qualunque persona che sia immorale, di perversa natura, impura, di condotta<br />
sospetta, di azioni<br />
nascoste, che non sia un vero monaco, pur pretendendo di esserlo, che non viva castamente,<br />
pur pretendendo<br />
di vivere così, marcia di dentro, piena di brame, sporco mucchio di immondizia - con una tale<br />
persona<br />
l'Ordine non convive, ma, allorché si raccoglie, ben presto la butta fuori. Nonostante che essa<br />
sia assisa in<br />
mezzo all'Ordine, essa è ben lontana dall'Ordine. Questa è la terza circostanza meravigliosa e<br />
strana.....<br />
"IV) Proprio come, o monaci, quali che siano i fiumi - cioè la Gariga, Aciravati, Sarabhu e Mahl -<br />
tutti<br />
costoro, allorché raggiungono il grande Oceano, abbandonano gli antichi nomi e le famiglie, e<br />
procedono<br />
avanti col solo nome di ""grande Oceano"", così pure, o monaci, [gli appartenenti al]le quattro<br />
caste: khattiya<br />
(khasatriya), brahmana, vessa (vais'ya) e sudda (sudra) (93), procedendo dalla vita in casa<br />
alla vita errante<br />
nella disciplina della Buona Legge insegnata dal Tathagata, abbandonano i loro nomi e le loro<br />
famiglie e<br />
vanno solo col nome di ""monaci figli del Sakya"". Questa è la quarta circostanza meravigliosa<br />
e strana....."<br />
V) Proprio come, o monaci, quanti siano i fiumi che scorrono verso il grande Oceano, quanta<br />
sia la pioggia<br />
che vi cade dal cielo, non si osserva nel grande Oceano né ritirarsi né trabordare, così pure, o<br />
monaci,<br />
nonostante che molti siamo i monaci che alla fine passano nella condizione del nibbana che<br />
non lascia<br />
residui, non vi è né ritirarsi né trabordare nella condizione di nibbana ivi sperimentata.<br />
Questa è la quinta<br />
circostanza meravigliosa e strana.....<br />
VI) Proprio come, o monaci, il grande Oceano è di un sapore, di sapore salato, così pure, o<br />
monaci, questa<br />
Buona Legge è di un solo sapore, del sapore della Liberazione. Questa è la sesta circostanza<br />
meravigliosa e<br />
strana.....
VII) Proprio come, o monaci, il grande Oceano contiene molte gemme, differenti gemme, fra le<br />
quali se ne<br />
trovano di queste specie: perle, cristalli, berillo, madreperla, quarzo, corallo, argento, pepite<br />
d'oro, rubini,<br />
agate, così pure, in questa Buona Legge, vi sono molte gemme, diverse gemme: in essa vi sono<br />
le quattro<br />
sorgenti di Rammemoramento (satipatthana), i quattro Retti Sforzi (sammappadhana), la<br />
quadruplice Base<br />
per i Poteri [psichici] (iddhipada), le cinque Facoltà (indriyani), le cinque Forze (balani), le<br />
sette membra<br />
dell'Illuminazione (bojjhangant), il Nobile Ottuplice Sentiero (ariyo attangiko, maggo). Questa<br />
è la settima<br />
circostanza meravigliosa e strana.....<br />
VIII) Proprio come, o monaci, il grande Oceano è la sede di grandi creature, fra le quali si<br />
annoverano<br />
balene, pescicani<br />
ed orche, asura, naga e gandhana così pure, o monaci,<br />
"questa disciplina della Buona Legge è la sede di grandi creature. In lei sono queste creature:<br />
Colui che è<br />
Entrato nella Corrente (sotapanno), che procede realizzando i frutti nascenti dal vincere la<br />
Corrente; Quello<br />
che ritorna una sola volta (sakadagamin), il quale procede realizzando i frutti del fatto che<br />
deve ritornare<br />
[ancora] una volta [sola sulla terra]; il Non-ritornante, il quale procede realizzando i frutti del<br />
fatto che non<br />
ritorna [più sulla terra]; il Degno (Arha), che procede in virtù [della sua condizione di Arhat.<br />
Questa è<br />
l'ottava circostanza meravigliosa e strana, o monaci, di questa disciplina della Buona Legge,<br />
contemplando la<br />
quale, di volta in volta, i monaci si rallegrano di questa disciplina della Buona Legge."<br />
"Tutte queste, o monaci, sono le otto meravigliose e strane circostanze in questa disciplina<br />
della Buona<br />
Legge, contemplando le quali, ancora ed ancora, i monaci si deliziano [di praticare] questa<br />
disciplina della<br />
Buona Legge ""."<br />
64<br />
A questo punto il Beato intuendo il significato di ciò,<br />
profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
Piove attraverso il coperto, non piove laddove è aperto (94): quindi aprite il coperto: non vi<br />
pioverà più<br />
attraverso! .<br />
"6. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora, in quel medesimo tempo, il venerabile MahaKaccana stava fra la<br />
gente di<br />
Avanti presso Kururaghara, nel monte [detto] "" Precipite "" (Pavatta), mentre il devoto laico<br />
(upasaka)<br />
Sona, ""dalle orecchie appuntite (kofi-kanna)"", era al suo servizio. Mentre il devoto Sona kotikanna<br />
si
trovava in ritiro e meditazione, gli capitò di pensare: ""Secondo quanto spiega il signore<br />
Maha-Kaccana non<br />
è facile per chi vive in famiglia seguire la disciplina brahmanica (brahmacariya = castità,<br />
meditazione e<br />
studio) in un modo totalmente puro e totalmente levigato. Non sarebbe il caso che mi facessi<br />
radere i peli<br />
della barba, rivestissi l'abito colora zafferano e mutassi la vita casalinga per la vita errante?"".<br />
Di<br />
conseguenza il devoto laico Sona, detto ""dalle orecchie appuntite "", andò dal venerabile<br />
Maha-Kaccana.<br />
Giunto da lui lo salutò e sedette in un canto. Sedutosi, gli disse: ""Signore, quando mi trovavo<br />
in ritiro e<br />
meditazione, mi capitò di pensare" "(gli narra la sua riflessione) e, quindi, voglia il venerabile<br />
Maha-Kaccana<br />
conferirmi gli ordini di monaco! ""."<br />
"A queste parole il venerabile Maha-Kaccana rispose: ""Non è cosa facile praticare la<br />
brahmanica disciplina<br />
per tutto il resto della vita, con la sua unica refezione quotidiana ed il solitario giaciglio. Orsù,<br />
o Sona,<br />
continua a praticare, assolvendo egualmente i tuoi doveri domestici, così ed oltre, gli<br />
insegnamenti del<br />
Buddha, mangiando un pasto una volta sola [al giorno] e giacendo solo "". Così si placò in<br />
Sona, detto ""<br />
dalle orecchie appuntite "", il desiderio di adottare la vita errante."<br />
Ma, in una seconda occasione, mentre Sona si trovava in<br />
ritiro e meditazione, gli venne la medesima idea ed<br />
anche una terza volta fece la medesima richiesta al venerabile<br />
Maha-Kaccana Quindi, allora, il venerabile Maha-Kaccana<br />
conferì gli ordini [provvisori] al devoto laico Sona, detto<br />
"a dalle orecchie appuntite "". In quel tempo, nel distretto di"<br />
Avanti, vi era scarsezza di monaci, di modo che il venerabile Maha-Kaccana, alla fine di tre<br />
stagioni delle<br />
piogge,<br />
riuscì a radunare, con difficoltà e fatica, i dieci monaci [necessari] per il capitolo e diede la<br />
ordinazione<br />
completa a Sona (95).<br />
"Indi, dopo aver trascorso una stagione delle piogge in solitudine e raccoglimento, al<br />
venerabile Sona venne<br />
di pensare: "" Il Beato non è mai stato visto faccia a faccia da me, nonostante che io abbia<br />
sentito che il<br />
Beato è una persona così e così. Se il mio maestro (uspajjhaya) me lo permettesse, andrei a<br />
vedere il Beato,<br />
che è un Arhat rettamente Risvegliato ,)."<br />
"Pertanto il venerabile Sona, alzandosi, al tramonto, dalla sua solitaria meditazione, andò dal<br />
venerabile<br />
Maha-Kaccana. Giunto che fu da lui lo salutò e si sedette in un canto. Una volta seduto, gli riferì<br />
circa il suo<br />
desiderio di vedere il Beato ed aggiunse: "" Se Vostra Beatitudine lo consente vorrei, o signore,<br />
andare a
vedere il Beato, che è un Arhat ed uno rettamente Risvegliato "". "" Molto bene, molto bene!<br />
Vai,"<br />
Sona! Tu vedrai quel Beato, che è sereno e rasserenante,<br />
calmo nelle sue facoltà e calmo nella sua mente: che ha raggiunto la massima pace e controllo<br />
su se stesso:<br />
quell'elefante<br />
(naga) domo, custodito e controllato nei suoi sensi. Quando<br />
Lo vedrai, venera in nome mio, col tuo capo, i piedi (96) del<br />
Beato, interrogalo circa la Sua salute e benessere, circa la Sua<br />
"leggerezza [d'umore], il Suo vigore e le Sue buone condizioni di vita. Ed aggiungi: ""Signore, il<br />
mio<br />
65<br />
maestro, il"<br />
venerabile Maha-Kaccana, venera col suo capo i piedi del<br />
Beato e chiede notizie circa la Sua salute e benessere .<br />
"o Molto bene, Signore "", rispose il venerabile Sona, rallegrandosi alle parole del venerabile<br />
Maha-<br />
Kaccana, e, ringraziandolo, si alzò da dove era seduto, lo salutò girandogli attorno verso<br />
destra, pose in<br />
ordine il suo giaciglio ed il suo"<br />
alloggio, prese la ciotola e la veste, indi iniziò il suo cammino<br />
verso Savatthi. Dopo aver compiuto il viaggio nell'ordine<br />
dovuto, raggiunse il bosco Jeta, nel parco di Anathapindika,<br />
a Savatthi. Indi venne dove si trovava il Beato, lo salutò... e<br />
gli riferì il messaggio del venerabile Maha-Kaccana... Il<br />
"Beato allora gli chiese: ""Dimmi, o monaco, sopporti [la vita"<br />
ascetica] ? Hai da mangiare? Ti ha un po' affaticato il<br />
"viaggio? Sei stanco della questua per il cibo?"". ""Sì, Signore, sopporto [la vita ascetica]. Ho da<br />
mangiare.<br />
Sono"<br />
un po' affaticato del viaggio. Non sono stanco di questuare<br />
"il cibo""."<br />
"Allora il Beato chiamò il venerabile Ananda, dicendo: ""Ananda, fai preparare letto ed<br />
alloggio per questo<br />
monaco giunto or ora!"". Ed il venerabile Ananda pensò: ""Per quanto riguarda l'ordine del<br />
Beato, che io<br />
debba far preparare letto ed alloggio per questo monaco arrivato or ora, il Beato desidera<br />
certamente avere lo<br />
stesso alloggio col venerabile Sona""."<br />
"Quindi egli preparò letto ed alloggio per il venerabile Sona nello stesso luogo ove dimorava il<br />
Beato. Ora il<br />
Beato, dopo aver trascorso gran parte della notte assiso all'aria aperta, si lavò i piedi e rientrò<br />
nel suo<br />
alloggio. Così pure fece il venerabile Sona. Quindi, alzandosi ancora di notte, verso l'alba, il<br />
Beato disse al<br />
venerabile Sona: ""Ti piaccia, o monaco, di recitarmi la dottrina!"". ""Molto bene, Signore"",<br />
disse il<br />
venerabile Sona, e, obbedendo al Beato, recitò a memoria tutte le sedici sezioni delle Ottave<br />
(atthakavaggikani), da capo a fondo. Quando il venerabile Sona ebbe finito di recitare il Beato<br />
lo ringraziò,
dicendo: ""Bene, bene, o monaco! Ben apprese a mente, ben considerate e riflettute, o monaco,<br />
sono queste<br />
sedici sezioni delle Ottave. Tu sei benedetto da una buona favella distintamente e chiaramente<br />
profferita, sì<br />
da rendere chiaro ciò che intendi dire. Quante stagioni di pioggia hai tu trascorso, monaco, [a<br />
studiare] ?"".<br />
""Una soltanto, Signore"". ""Come mai hai rimandato tanto [il pronunciare i voti], o monaco?""<br />
""Da lungo<br />
tempo, Signore, avevo scorto il pericolo insito nelle passioni, ma la vita domestica, con tutti i<br />
suoi vincoli e<br />
le sue necessità, mi aveva trattenuto""."<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, proferì in quel momento il verso ispirato:<br />
Vedendo la sofferenza nel mondo, avendo riconosciuto la Buona Legge come priva di<br />
substrato,<br />
"L'Ario non gode del male, nel male non si rallegra il Puro""."<br />
7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. Ora avvenne che, in quella medesima circostanza, il venerabile Revata il<br />
Dubbioso<br />
(Kankha-Revata) stesse seduto non lungi dal Beato, con le gambe incrociate, il<br />
corpo eretto, contemplando la propria purificazione nel passare di là da dubbio. Ed il Beato,<br />
vedendo lui che<br />
così operava e, allo stesso tempo, intuendo il significato di ciò, profferì questo verso ispirato:<br />
Qualunque siano i dubbi su questo mondo o sull'altro, o siano<br />
dubbi propri o altrui,<br />
i meditanti li abbandonano tutti, ardendo d'ascesi e conducendo<br />
" brahmanica esistenza!""."<br />
66<br />
8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Rajagaha, nel<br />
Bosco di Bambù,<br />
presso<br />
la Radura ove si nutrono gli Scoiattoli. Ora avvenne che, in<br />
quella medesima circostanza, il venerabile Ananda, [pur]<br />
"essendo quello il giorno uposatha (97) (quindi festivo), apprestatosi ad uscire il mattino,<br />
presa la ciotola ed<br />
indossata la veste, entrò in Rajagaha per la questua. E Devadatta (98), vedendo il venerabile<br />
Ananda che così<br />
faceva, gli venne incontro e gli disse: ""Da questo giorno in avanti, Ananda, mio"<br />
caro, indipendentemente dal Beato e indipendentemente dal<br />
"l'Ordine dei Monaci, osserverò [la prescrizione di ogni attività nel]l'uposatha e la Disciplina<br />
dell'Ordine"". Il<br />
venerabile"<br />
Ananda, finito il giro della questua e ritornatone, dopo aver<br />
consumato la sua refezione, andò dal Beato e gli disse:<br />
a Ecco, Signore, apprestatomi questa mattina ad uscire, presa<br />
la ciotola e indossata la veste, entrai in Rajagaha. Devadatta,<br />
che mi aveva visto questuare il cibo in Rajagaha, è venuto da<br />
"me dicendomi: "" Da questo giorno in avanti, Ananda, mio"<br />
"caro, indipendentemente dal Beato e indipendentemente dall'Ordine dei monaci, osserverò<br />
l'uposatha e la
disciplina dell'Ordine "". Oggi, o Signore, Devadatta cagionerà lo scisma"<br />
nell'Ordine ed osserverà [il proprio] uposatha e la disciplina<br />
"dell'Ordine""."<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in<br />
quel momento il seguente verso ispirato:<br />
a Facile per il buono è la buona azione, difficile per il cattivo è la buona azione.<br />
"Facile per il cattivo è la mala azione, difficile per gli Arii è la mala azione"" (99)."<br />
9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato compiva il suo giro presso le genti<br />
di Kosala,<br />
accompagnato da una grande turba di monaci. Ora avvenne che, in tale circostanza, molti<br />
ragazzi, non lungi<br />
dal Beato, si facessero beffe [di loro]. Ed il Beato, vedendoli agire così, ed intuendo il<br />
significato di ciò,<br />
profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
Gli scimuniti, sapienti a chiacchiere, spaziano nel campo delle parole,<br />
"si sgolano quanto vogliono: non conoscono, però, chi li conduce!""(100)."<br />
10. Così da me è stato udito. In una certa occasione il<br />
Beato si trovava presso Savatthi, al bosco Jeta, nel parco di<br />
Anathapindika. Ora, in quella circostanza, accadde che il venerabile Culapanthaka stesse<br />
seduto a gambe<br />
incrociate non lungi dal Beato, mantenendo il corpo eretto e con la consapevolezza ben<br />
stabilita di fronte a sé<br />
(101). E il Beato, vedendo lui che così operava e, allo stesso tempo, intuendo il significato di<br />
ciò, profferì<br />
allora questo verso ispirato:<br />
Col corpo ben stabilito, con la mente ben stabilita, in piedi, seduto o giacente,<br />
quando un monaco risieda nella consapevolezza, ha già conquistato la prima e L'ultima<br />
eccellenza.<br />
"Conquistata la prima e l'ultima eccellenza, proceda invisibilmente per il Re della Morte""."<br />
67<br />
CAPITOLO VI<br />
JACCANDHA (102)<br />
"1. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Vesali, nel<br />
Grande Bosco, al<br />
Palazzo dal Tetto Appuntito. Ora avvenne che il Beato, apprestatosi ad uscire nel mattino,<br />
presa la ciotola e<br />
indossata la veste, entrò in Vesali per la questua del cibo. Ritornato dal suo giro in Vesali e<br />
consumata la<br />
refezione, chiamò il venerabile Ananda, dicendo ""Ananda, prendimi una stuoia; andrò al<br />
santuario (cetsya)<br />
Capala per il riposo del pomeriggio"". ""Benissimo, Signore"", rispose il venerabile Ananda, e,<br />
presa una<br />
stuoia, seguì passo a passo il Beato."<br />
"Quando ebbe raggiunto il santuario Capala, il Beato si sedette sulla stuoia preparatagli. (E il<br />
venerabile<br />
Ananda, salutato il Beato, gli sedette accanto). Una volta sedutosi [anche] il venerabile<br />
Ananda, il Beato gli<br />
disse questo: ""Deliziosa,"<br />
o Anelnda, è Vesali! Piacevoli sono i santuari di Udena, ed il santuario Gotamaka! Gradevole è<br />
il santuario
dei Sette Manghi (Sattamba), il santuario dei Molti Figli (Bahuputta), piacevole quello di<br />
Sarandada!<br />
Gradevole è il santuario Capala! Chiunque, o Ananda, si sia allenato [nella meditazione], si sia<br />
[interiormente] dilatato, si sia fatto un veicolo [della meditazione], si sia fatto una base, si sia<br />
applicato<br />
strenuamente, abbia accresciuto e pienamente intrapreso i quattro fondamenti dei poteri<br />
miracolosi (103),<br />
una tale persona, se lo desiderasse, potrebbe rimanere [sulla terra] tutto un eone (104) o<br />
quanto<br />
ne rimane! Ora, Ananda, il Tathagata si è allenato e così,<br />
se scegliesse [di rimanere], potrebbe restare [sulla terra] un<br />
eone, o quanto ne rimane o. Però, nonostante che un'allusione così fosse stata avanzata dal<br />
Beato, nonostante<br />
che il<br />
suo significato fosse così chiaro e ovvio, Ananda non poté<br />
penetrarne il significato. Così egli non pregò il Beato,<br />
"dicendo: "" Signore, possa il Beato restare per tutto un"<br />
eone. Possa il Beato restare per il resto di un eone, per<br />
il vantaggio di molta gente, per la felicità di molta gente, per<br />
compassione verso il mondo, per il benessere, il profitto e la<br />
"felicità degli dèi e dell'umanità"", tanto la sua mente era"<br />
sviata da Mara.<br />
Indi una seconda volta il Beato disse al venerabile Ananda:<br />
"o Deliziosa, o Ananda, è Vesal;" "(eccetera); chiunque, o"<br />
Ananda, si sia allenato una siffatta persona, se lo desiderasse, potrebbe rimanere [sulla terra]<br />
un eone, o<br />
quanto ne<br />
rimane! Ora il Tathagata si è allenato .e così, se scegliesse, potrebbe restare [sulla terra] un<br />
eone o quanto ne<br />
rimane! l). Ed una seconda volta il venerabile Ananda non<br />
poté penetrare il significato dell'allusione Ancora una terza<br />
volta il Beato ripeté le medesime parole ed una terza volta<br />
Ananda non riuscì a penetrare il significato dell'allusione.....<br />
tanto era stato sviato da Mara.<br />
"Allora il Beato disse al venerabile Ananda: ""Vai pure, Ananda, e fai quello che adesso ti<br />
sembri<br />
opportuno"". ""Così farò, Signore"", rispose il venerabile Ananda al Beato; si alzò da dove<br />
stava seduto e<br />
salutò il Beato girandogli attorno verso destra, e se ne andò via, per sedersi ai piedi di un<br />
albero non molto<br />
distante."<br />
"Poco dopo che Ananda se ne fu andato, Mara, il Malefico, venne dal Beato e, venuto che fu, Gli<br />
disse: ""Si<br />
estingue, ora, il Beato! Si estingue ora Colui che è Bene Andato (sugata)! È già tempo, per il<br />
trapasso del<br />
68<br />
Beato! Così era stato detto, Signore, dal Beato: "" Non mi estinguerò, o Malefico, fintanto che i<br />
miei monaci<br />
non siano discepoli bene esercitati, disciplinati e pieni di fede, che abbiano conquistato la<br />
sicurezza
(yogakkhema), che abbiano udito molto, che conoscano la Buona Legge a memoria, che<br />
procedano secondo<br />
la Buona Legge, che procedano secondo il dovere, che vivano secondo la Buona Legge,<br />
accogliendo ciò che<br />
abbiano appreso dal loro proprio maestro, finché non saranno in condizione di proclamare,<br />
insegnare,<br />
dimostrare ulteriormente, stabilire, rivelare, analizzare e rendere facile [la Buona Legge]: fino<br />
a che non<br />
saranno capaci di confutare ogni errata dottrina che sorga e che possa essere ben confutata<br />
con giusto<br />
ragionamento, finché non insegneranno la Buona Legge, che porta con sé la Liberazione"".<br />
Ora, Signore, i<br />
monaci del Beato sono [ormai tali] discepoli bene esercitati, disciplinati, pieni di fede..... capaci<br />
di<br />
proclamare ed insegnare la Buona Legge, che porta con sé la Liberazione. Quindi ora, o<br />
Signore, si estingua<br />
il Beato! Si estingua Colui che è Bene Andato! Questo è il tempo, Signore, per l'estinzione del<br />
Beato! Perché<br />
fu detto, con la parola stessa del Beato: "" Non mi estinguerò, o Malefico, fintanto che i miei<br />
monaci, devoti<br />
laici, sia maschi"<br />
che femmine (eccetera) . Inoltre, questo fu detto dal<br />
"Beato: "" Io non mi estinguerò totalmente, o Maligno (105), fintanto che questa mia<br />
brahmanica disciplina<br />
non sia potente e prospera, diffusa ed ampiamente nota, resa popolare e proclamata lontano<br />
da dèi e da<br />
uomini"". Ed ora, Signore, questa brahmanica disciplina del Beato è potente e prospera,<br />
diffusa ed<br />
ampiamente nota, resa popolare e proclamata lontano da dèi e da uomini. Pertanto, voglia il<br />
Beato estinguersi<br />
totalmente! Voglia Colui che è Bene Andato estinguersi totalmente! È tempo, ormai, per la<br />
totale estinzione<br />
del Beato!""."<br />
"A queste parole così replicò il Beato a Mara, il Maligno: ""Non ti contristare troppo, tu, o<br />
Maligno! Fra non<br />
molto tempo avverrà la totale estinzione del Tathagata. Alla fine di tre mesi, a partire da oggi,<br />
il Tathagata si<br />
estinguerà totalmente""."<br />
Di conseguenza il Beato, nel santuario di Capala, pieno di consapevolezza e di dominio su se<br />
stesso, rigettò<br />
l'insieme delle strutture vitali (107). E, quando il Beato ebbe rigettato le strutture vitali,<br />
avvenne un grande<br />
terremoto, e si sentì dal cielo un formidabile tuono, tale da far rizzare i capelli. Ed il Beato,<br />
intuendo il<br />
significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
Quanto era venuto ad essere, di misurabile e di non misurabile,<br />
"rigettò l'asceta; raccolto in se stesso, composto, egli spezzò, come una cotta a"<br />
"maglia, ciò che si era connaturato in lui"" (107)."<br />
2. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, nel parco<br />
orientale, nel
palazzo a molti piani della madre di Migara. In quel tempo, verso sera, il Beato, essendosi<br />
alzato dal suo<br />
raccoglimento,<br />
sedeva fuori di casa, sotto il portico. Allora giunse il re Pasenadi, il kosalese, per visitare il<br />
Beato, che lo<br />
salutò e gli si sedette accanto. In quella stessa occasione passarono non lungi dal Beato sette<br />
asceti dai lunghi<br />
capelli, sette Nigantha (Nirgrantha), sette nudi asceti, sette di quelli che portano addosso solo<br />
uno straccio e<br />
sette Erranti (paribbajaka), con le unghie lunghe, le ascelle pelose, portando il fardello in cima<br />
ad un palo,<br />
sulla spalla(105).<br />
"Ora quando il kosalese, il re Pasenadi, vide tutti quei gruppi di sette, si alzò da dove era<br />
seduto e, gettando il<br />
lembo della veste sulla spalla, piegando il ginocchio destro a terra, alzò le palme congiunte<br />
verso quei gruppi<br />
di sette e pronunciò tre volte il suo nome, dicendo così: "" Signori, io sono il re Pasenadi, il<br />
kosalese! "".<br />
Quindi, non molto tempo dopo che erano passati quei sette asceti dai lunghi capelli, i sette<br />
Nigantha, i sette<br />
asceti nudi, i sette asceti vestiti di un cencio solo"<br />
ed i sette erranti il re Pasenadi, il kosalese, tornò dal Beato<br />
e, avendolo nuovamente salutato, gli sedette accanto e gli<br />
"disse: ""Signore, vi è forse qualcuno, fra coloro, che possa"<br />
69<br />
essere annoverato fra quelli che nel mondo sono Arhat o<br />
"hanno raggiunto la via degli Arha?. ""Questa cosa, maharaja, è ben difficile che venga<br />
conosciuta da uno<br />
come te,"<br />
che vive la vita delle passioni, che vive una vita assillata da<br />
moglie e figlio, che gode nell'uso del legno di sandalo di<br />
Benares, coperto di ghirlande ed unguenti, maneggiando oro<br />
"e argento - è difficile per te il dire: "" Costoro sono Arhat"","<br />
"o "" quegli altri hanno raggiunto il sentiero degli Arhat""."<br />
E trattando da vicino un uomo, o maharaja, che se ne conosce<br />
la virtù, e questo anche dopo molto tempo! Non certo da<br />
parte di qualcuno che ci pensi di sfuggita, o non ci pensi<br />
"affatto; da parte di un uomo saggio, non da parte di uno stupido. È vivendoci assieme,<br />
maharaja, che si<br />
conosce l'integrità morale di un uomo" è in tempo di sventure, maharajah, che la sua forza può<br />
essere<br />
conosciuta, è conversando<br />
con lui, maharaja, che si conosce la sua saggezza, e anche<br />
questo dopo lungo tempo, ma non da chi vi dedichi un pensiero fuggitivo, o non ci pensi<br />
affatto: da un<br />
saggio, non da<br />
"uno stupido!"" . È meraviglioso, Signore!: meraviglioso"<br />
"come questo è stato detto bene dal Beato: "" Questo, maharaja, è difficile che venga<br />
conosciuto da te" "[può<br />
venir conosciuto] da un saggio, non da uno stupido "" (109). Tutte queste"
persone sono miei informatori. Essi percorrono ed investigano<br />
una provincia, indi vengono da me. Ciò che essi hanno prima<br />
investigato, giudico io dopo (?). Però ora, o signore, quando<br />
si saranno mondati dalla polvere e dal sudiciume, quando<br />
avranno fatto un bagno, si saranno unti ed avranno raso la<br />
barba, rivestiti di bianchi indumenti, forniti e dotati [come<br />
"sono] dei cinque sensi, si daranno al piacere""."<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento il verso ispirato:<br />
Ci si rafforzi in tutti i sensi, non si sia uomo appartenente ad<br />
un altro.<br />
Non si viva dipendendo da un altro, non si faccia mercato della<br />
"Buona Legge!""."<br />
3. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. Ora, in quella occasione, il Beato se ne stava assiso contemplando tutte le<br />
proprie<br />
condizioni non giovevoli, che egli aveva abbandonato, e tutte le varie condizioni giovevoli, che<br />
egli aveva<br />
portato a compimento, coltivandole pienamente.<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento il verso ispirato:<br />
"Vi era all'inizio, poi non vi fu; non vi era all'inizio, poi vi fu. Non Vi era, non vi sarà e<br />
nemmeno ora<br />
appare! ."<br />
"4. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, una grande folla di monaci e di brahmana,<br />
che erano<br />
degli Erranti, seguaci di varie dottrine, entrò in Savatthi per la questua di cibo. Essi<br />
sostenevano differenti<br />
vedute; erano tolleranti in alcune cose [ad in altre no], favorivano differenti idee ed erano<br />
inclini a credere a<br />
questa o a quella teoria. Alcuni, fra i monaci ed i brahmana, parlavano a favore di una<br />
particolare teoria o<br />
70<br />
affermavano un altro punto di vista, [dicevano, ad esempio,] che il mondo è eterno, che questa<br />
è la verità, e<br />
che ogni altra"<br />
teoria è vana. Altri monaci ed altri brahmana sostenevano<br />
invece che il mondo non è eterno, che questa è la verità, e che<br />
ogni altra teoria è vana. Altri che il mondo è limitato<br />
altri che è illimitato altri affermavano che il principio vivente (jiva) è il corpo, altri che il<br />
principio vivente è<br />
una<br />
cosa, e che il corpo è un'altra cosa Alcuni sostenevano che<br />
il Tathagata è di là dalla morte altri che questo non è di là<br />
dalla morte altri che non è né non è di là dalla morte:<br />
che questa è la verità ed ogni altra teoria è vana.<br />
"Così tutti costoro, già per natura litigiosi, rissosi e disputanti, si ferivano l'un l'altro con le<br />
armi della lingua,<br />
affermando: ""il Dhamma è così e così, non è così e così; esso è,"
"esso non è...."". Ora avvenne che un gran numero di monaci,"<br />
apprestatosi ad uscire di mattina, presa la ciotola ed indossata la veste, entrò a Savatthi per la<br />
questua del<br />
cibo e, dopo<br />
aver compiuto il suo giro e mangiato il cibo mendicato, andò<br />
dal Beato "e Gli disse: ""Signore, si trova attualmente a"<br />
Savatthi una turba di monaci e di brahmana, che sono degli<br />
Erranti, ognuno dei quali sostiene teorie differenti, così congegnate "(si enunciano le teorie di<br />
quegli<br />
asceti)......"". Allora disse il Beato: ""Monaci, gli Erranti che sostengono altre teorie sono ciechi,<br />
non<br />
veggenti. Essi non conoscono ciò che è profittevole, essi non conoscono ciò che non è<br />
profittevole. Essi non<br />
conoscono affatto il Dhamma, essi non conoscono nemmeno ciò che non è il Dhamma. Nella<br />
loro ignoranza<br />
di queste cose [permangono nella] loro natura litigiosa, rissosa e disputante, sostenendo<br />
[tutte queste teorie e<br />
punti di vista]."<br />
..... "Anticamente, o monaci, vi fu in questa stessa Savatthi; un"<br />
"certo re. Dunque, o monaci, il re chiamò un uomo dicendogli: "" Vieni, brav'uomo, va' e<br />
raduna assieme in<br />
un solo luogo tutti i nati ciechi che vi sono in Savatthi ! "". "" Così farò,"<br />
"Sire"", rispose l'uomo, che, obbedendo al re, radunò assieme"<br />
tutti i nati ciechi di Savatthi. Fatto ciò, andò dal re e gli<br />
"disse: "" Sire, tutti i nati ciechi presenti in Savatthi; sono stati"<br />
"riuniti "". "" Allora, brav'uomo, mostra ai ciechi un elefante ""."<br />
Così farò, Sire , disse l'uomo. Fece come gli era stato detto,<br />
"indi disse ai ciechi: "" O ciechi, questo è un elefante! "", e ad"<br />
uno di loro presentò la testa dell'elefante, ad un altro l'orecchia, ad un altro la zanna, ad un<br />
altro la<br />
proboscide, ad un<br />
altro la zampa, ad un altro la schiena, ad un altro la coda e<br />
ad un altro il ciuffo terminale della coda, dicendo ad ognuno<br />
che quello era l'elefante. Ora, o monaci, quell'uomo, dopo<br />
aver presentato l'elefante ai ciechi in tale maniera, venne dal<br />
"re e gli disse: "" Sire, L'elefante è stato presentato ai ciechi."<br />
"Fa' ora quello che ti pare"". Allora, o monaci, quel re andò"<br />
"dai ciechi e disse ad ognuno di loro separatamente "" Bene,"<br />
"cieco, hai ' visto ' L'elefante ? "". "" Sì, Maestà "". "" Allora"<br />
"dimmi, o cieco, che specie di cosa è l'elefante ? "". Allora quello"<br />
"a cui era stata presentata la testa disse: ""Sire, l'elefante è"<br />
"simile ad un orcio"". Quelli che avevano percepito solamente"<br />
"l'orecchio risposero: "" Sire, l'elefante è simile ad un crivello"". Quelli che avevano toccato la<br />
zanna<br />
71<br />
dissero" che<br />
l'elefante è un vomere. Quelli che avevano toccato solo la<br />
proboscide dissero "che l'elefante è un aratro; quelli che I"<br />
"avevano toccato solo il tronco dissero che l'elefante è un granaio; quelli che avevano toccato<br />
la zampa
dissero che è una"<br />
"colonna; quelli che avevano toccato la schiena, che è un mortaio; quelli che avevano toccato<br />
la coda, che è<br />
un pestello; quelli che avevano toccato il ciuffo terminale della coda, che è una scopa. Indi [i<br />
ciechi]<br />
cominciarono a disputare, gridando: "" Sì, è questo!"", "" No, non lo è! "", "" L'elefante non è<br />
quello! "", ""<br />
Ma sì, è proprio questo! "", e così continuarono, finché giunsero a picchiarsi per tale ragione.<br />
Allora, o<br />
monaci, il re si divertì alla scena. Proprio così sono quegli Erranti asceti che sostengono altre<br />
teorie, ciechi,<br />
non vedenti, ignoranti di ciò che è vantaggioso, ignoranti di ciò che è svantaggioso. Essi non<br />
conoscono<br />
affatto il Dhamme. Essi non conoscono che cosa non è il Dhamma. Nella loro ignoranza di<br />
queste cose essi<br />
sono di natura litigiosi, rissosi e disputanti, ognuno sostenendo che le cose stanno così e così""<br />
(111)"<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento il verso ispirato:<br />
Come sono attaccati a queste [teorie] quei diversi monaci e<br />
brahmana!<br />
"Così, immersi [nel loro particolare], litigano gli uomini che vedono un solo lato [della realtà]<br />
!""."<br />
5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato se ne stava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, una grande folla di monaci e di brehmene,<br />
che erano<br />
degli Erranti, seguaci di varie dottrine, entrò in Savatthi per la questua del cibo.....<br />
(eccetera, come nel sutta precedente) Essi sostenevano differenti vedute ad esempio, che il<br />
mondo è eterno e<br />
che<br />
questa è la verità e che ogni diversa teoria è vana. Altri, invece, affermavano che il mondo non<br />
è eterno e che<br />
ogni<br />
diversa teoria è vana (eccetera, come nel precedente sutta).<br />
Allora un gran numero di monaci, recatosi dal Beato riferì<br />
questi discordanti punti di vista al Beato, il quale rispose:<br />
Monaci, quegli asceti Erranti, che sostengono altri punti di<br />
vista, sono ciechi, non vedenti: essi non conoscono ciò che è<br />
vantaggioso, né conoscono ciò che non arreca vantaggio: essi<br />
non conoscono il Dhamma né conoscono ciò che non è il Dhamma. Nella loro ignoranza di<br />
queste cose essi<br />
sono di<br />
"natura litigiosi, rissosi e disputanti, perché affermano in contrasto queste e queste teorie<br />
(eccetera)....""."<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì<br />
questo verso ispirato:<br />
"Oh, come sono attaccati a queste [teorie] quei diversi monaci e brahmana! mezzo [al guado]<br />
sprofondano,<br />
senza avere il piede fermo sulla sponda!"""<br />
6. Come il precedente sutta, eccetto il verso ispirato
finale) "Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì questo verso ispirato: ""Gli<br />
uomini, dediti<br />
all'idea di"<br />
essere agenti (112), vincolati all'idea che anche gli altri uomini<br />
sono agenti, non afferrano il senso di questo, non vedono la<br />
spina. Per colui che attentamente consideri questo come una<br />
72<br />
"spina non esiste più l'idea "" io sono quello che agisce "", "" è"<br />
"l'altro quello che agisce! "" (113)."<br />
Questa gente, guidata dalla vanità, dalla vanità è legata, dalla vanità è vincolata. Protesa ad<br />
affermare le sue<br />
teorie non sorpassa il flusso del samsara!<br />
7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. In quella circostanza il venerabile Subhuti stava seduto non lungi dal Beato,<br />
con le gambe<br />
incrociate, tenendo il corpo eretto, avendo conseguito quello stadio di estasi meditativa<br />
(samadhi) che è privo<br />
di concezioni mentali. Ora il Beato, vedendo il venerabile Subhuti così assiso non lungi da lui,<br />
con le gambe<br />
incrociate, tenendo il corpo eretto, avendo conseguito quello stadio di estasi meditativa che è<br />
privo di<br />
concezioni mentali (114), avendo il Beato intuito il significato di ciò, profferì in quel momento<br />
questo verso<br />
ispirato:<br />
Colui il cui intimo sé ha disperso i pensieri, ben enucleati [da<br />
"sé], senza residui, superato questo attaccamento diventa conscio dell'informale: trasceso il<br />
quadruplice<br />
vincolo egli non più rinasce!""."<br />
8. Così da me è stato udito. In una certa occasione, il Beato si trovava presso Rajagaha, nel<br />
Bosco di Bambù,<br />
presso la Radura ove si nutrono gli Scoiattoli. In quel tempo due bande, in Rajagaha, erano<br />
innamorate,<br />
infatuate di una certa prostituta. Per causa sua si abbassavano a litigi, chiassate ed ingiurie: si<br />
prendevano<br />
reciprocamente a pugni, si attaccavano gettandosi zolle di terra, battendosi con bastoni ed<br />
armi, sicché, per<br />
tale ragione [alcuni] incontrarono la morte, o dolore come la morte.<br />
"Ora un gran numero di monaci, apprestatosi ad uscire il mattino, presa la ciotola ed indossata<br />
la veste, entrò<br />
in Rajagaha per la questua del cibo. Fatti i loro giri in Rajagaha, consumato il cibo mendicato, i<br />
monaci<br />
vennero dal Beato, lo salutarono e, avendolo salutato, sedettero in un canto. Una volta seduti,<br />
dissero al<br />
Beato: ""Signore, in Rajagaha vi sono"<br />
due bande "(eccetera)"", e spiegarono tutto ciò che accadeva."<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, in quel momento profferì il verso ispirato:<br />
Ciò che è stato ottenuto, ciò che si vuole ottenere - entrambe le direzioni sono infette di<br />
passione (115) per<br />
quel malato che è intento a loro, che per loro si affanna.
Coloro che attribuiscono valore al vivere secondo virtù, al seguire la castità - questa è una<br />
direzione.<br />
"Coloro che, invece, dicono: "" non c'è danno nei desideri sensuali "" - questa è una seconda<br />
direzione."<br />
Tutte e due le direzioni fanno crescere i carnai: i carnai, a loro volta, accrescono le teorie.<br />
Non riconoscendo queste due direzioni alcuni soggiacciono, altri<br />
oltrepassano i limiti. .<br />
Quanto a coloro, però, che, pienamente riconoscendo entrambe ` .<br />
" le direzioni, non hanno seguito tale modo di pensare, né se ;"<br />
ne sono vantati, per costoro non vi è bisogno di insegnare il .<br />
" giro [della ruota delle esistenze] "" (116)."<br />
9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. In quella circostanza il Beato se ne stava seduto all'aria aperta, in una notte<br />
assolutamente<br />
buia, per cui erano state accese lampade ad olio. E proprio per questo sciami di insetti alati<br />
cadevano<br />
continuamente in quelle lampade ad olio, e perciò trovavano la loro fine, si distruggevano e<br />
continuavano a<br />
distruggersi. E il Beato vide quegli sciami di insetti alati che così facevano e, in quel momento,<br />
intuendo il<br />
significato di ciò, profferì questo verso ispirato:<br />
73<br />
Si affrettano e passano oltre, ma falliscono a cogliere l'essenza: un vincolo sempre nuovo essi<br />
crescere fanno,<br />
"e cadono come moscerini nella lampada. Così sono intenti alcuni a ciò che odono e vedono!<br />
""."<br />
10. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Avvenne che il venerabile Ananda andò dal<br />
Beato "e gli disse questo: "" Signore, fintanto che i Tathagata non sorgono nel mondo, essi che<br />
sono Arhat<br />
rettamente"<br />
e pienamente risvegliati, gli asceti Erranti che sostengono differenti dottrine sono stimati,<br />
considerati,<br />
venerati, rispettati<br />
e tenuti in grande onore, ricevendo provviste di vesti, cibo<br />
questuato, giacigli e seggi, conforti e medicine in caso di<br />
malattia. Ma, Signore, allorché i Tathagata appaiono nel<br />
mondo, essi che sono Arhat, rettamente e pienamente risvegliati, allora codesti Erranti, che<br />
sostengono altre<br />
dottrine,<br />
non sono più stimati, non più considerati, non più venerati,<br />
non più rispettati e tenuti in considerazione (eccetera).<br />
Così ora, o Signore, il Beato è stimato, considerato e così<br />
"pure l'Ordine dei monaci "". ""è proprio così, Ananda! Fintanto che i Tathagata non sorgono,<br />
nel mondo<br />
[avvengono"<br />
i fatti che hai detto] ma, allorché un Tathagata viene ad
essere quei fatti cessano. Così ora il Beato è stimato, considerato e venerato (eccetera) e così<br />
pure l'Ordine<br />
dei<br />
"monaci""."<br />
A tale proposito il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso<br />
ispirato:<br />
Brilla l'insetto finché non sorge il Portatore di Luce.<br />
Quando lo Splendente è sorto, uccisa è la sua luce, esso più non<br />
brilla.<br />
Tale è la luce dei settari: fintanto che non appaiono nel mondo<br />
"Coloro che sono rettamente e pienamente Risvegliati, i meri speculatori non danno luce e<br />
neppure i loro<br />
seguaci, né quelli dalle false teorie possono liberarsi dal Dolore!""."<br />
CAPITOLO VII<br />
CULA-VAGGA<br />
(IL CAPITOLO BREVE)<br />
l. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. Avvenne che, in quella circostanza, il venerabile Sariputta stesse, in modo<br />
crescente ed in<br />
diverse maniere, erudendo, incitando, rallegrando e deliziando il venerabile Bhaddiya-il-nano<br />
(Lakunthaka-<br />
Bhaddiya), con un discorso riguardante il Dhamma. Allora lo spirito di Lakunthaka-Bhaddiya,<br />
essendo stato<br />
così istruito, incitato, rallegrato e deliziato, ebbe lo spirito liberato da [ogni] attaccamento<br />
senza il minimo<br />
sforzo (an-upadaya). E il Beato vide<br />
il venerabile Lakunthaka-Bhaddiya che era stato così istruito<br />
..... dal venerabile Sariputta con lo spirito liberato da ogni<br />
74<br />
attaccamento senza il minimo sforzo: pertanto, in quel momento, intuendo il significato di ciò,<br />
profferì<br />
questo verso<br />
ispirato:<br />
"In alto, in basso (117), ovunque liberato, non più si riguarda come: io sono questi "";"<br />
"così liberato attraversò la fiumana mai traghettata, per non tornare mai più a rinascere!""."<br />
2. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. Ora proprio in quella circostanza, il venerabile Sariputta stava, in modo<br />
crescente ed in<br />
diverse maniere, istruendo, incitando, rallegrando e deliziando il venerabile Lakunthaka-<br />
Bhaddiya, con un<br />
discorso riguardante il Dhamma, tutto ciò nel modo più serio, perché lo considerava un<br />
allievo. E il Beato<br />
vide il venerabile Sariputta che così faceva ed in quel momento, intuendo il significato di ciò,<br />
profferì questo verso ispirato:<br />
"Spezzato ha il vortice, conquistato il non-desiderio; prosciugata, non più fluisce la fiumana;<br />
infranta, non<br />
gira più la ruota (118) Questa è la fine del Dolore!."
3. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. Ora, in quel tempo, vi erano in Savatthi uomini in gran parte<br />
disordinatamente attaccati ai<br />
desideri, che vivevano gaudenti, bramosi, desiderosi, infatuati, impacciati ed avvelenati dai<br />
desideri. Ed un<br />
gran numero di monaci dopo aver compiuti i giri per la questua, in Savatthi,<br />
venne dal Beato e gli descrisse tali condizioni. Quindi il<br />
Beato, intuendo il significato di ciò, profferì questo verso<br />
spirato:<br />
Vivendo [immersi] nel desiderio, aderendo alle brame, senza percepire errore in questo<br />
legame, così<br />
vincolati ed attaccati, non potranno mai attraversare l'onda così grande e possente!<br />
4. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. Ora, in quel tempo, vi erano in Savatthi<br />
molti uomini disordinatamente attaccati ai desideri, ..(come<br />
nel sutta precedente) avvelenati ed acciecati dai desideri.<br />
Allora il Beato, apprestatosi ad uscire il mattino, indossata<br />
la veste e presa la ciotola, entrò in Savatthi per la questua del<br />
cibo. Ed in Savatthi il Beato contemplò quegli uomini che<br />
vivevano disordinatamente, attaccati ai desideri avvelenati<br />
ed acciecati dai desideri. Allora, intuendo il significato di ciò,<br />
Egli profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
"I ciechi di desiderio sono come presi in una rete, coperti dalla cappa della brama;"<br />
quelli legati col vincolo della distrazione sono come pesci nella<br />
"rete ad imbuto; vanno verso la vecchiaia-e-morte come un vitello da latte verso la"<br />
"madre ""."<br />
"5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel<br />
parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, il venerabile Bhaddiya-il-nano se ne veniva<br />
camminando<br />
dietro ad un gran numero di monaci, per visitare il Beato. Ed il Beato vide il venerabile<br />
Bhaddiya-il-nano<br />
venire seguendo un gran numero di monaci, ancorché da lontano - brutto, sgradevole a<br />
vedersi, gobbo e<br />
75<br />
generalmente disprezzato dai monaci - . Guardando lui, il Beato si rivolse ai monaci, dicendo:<br />
""Monaci,"<br />
vedete voi venire da laggiù quel monaco "che è generalmente disprezzato dai monaci? "". ""Sì,<br />
Signore""<br />
""Ebbene,"<br />
monaci, quel monaco è dotato di grande potere, di grande<br />
energia. Non è certamente facile da conquistare ciò che egli<br />
non aveva precedentemente conquistato, anche ciò per cui i<br />
figli di famiglia giustamente lasciano la casa per la vita errante, anche quel supremo fine della<br />
vita<br />
brahmanica che egli<br />
ha conquistato, nel quale egli dimora sicuro, essendo giunto a<br />
"conoscerlo pienamente per se stesso e ad inverarlo!"""
Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
Dalle membra pure, immacolato, procede il carro con una ruota (119),<br />
"Guardalo, com'egli viene! Senza macchia, avendo tagliato la corrente, svincolato! ""."<br />
6. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di<br />
Anathapindika. Avvenne che, in quella circostanza, il venerabile Anna[ta] Kondariria (120)<br />
stesse seduto a<br />
breve distanza dal Beato, con le gambe incrociate e col tronco eretto, contemplando il proprio<br />
svincolamento<br />
conseguente alla distruzione della brama. E il Beato contemplò il venerabile Arina Kondarir-<br />
La che così<br />
operava e, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento il seguente verso ispirato:<br />
Colui la cui radice non è in terra, non ha foglie: quindi dove le liane?<br />
Quel forte, svincolato da ogni legame, chi è degno di lodarlo?<br />
"Non son soli gli dei a lodarlo: anche da Brahma egli è fondato! ""."<br />
7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, il Beato se ne stava seduto contemplando il<br />
proprio abbandono<br />
delle concezioni e delle idee [concomitanti] allo sviluppo [degli ostacoli] (121), Allora il Beato,<br />
riconoscendo come egli avesse abbandonato le proprie idee e concezioni concomitanti allo<br />
sviluppo [degli<br />
ostacoli], profferì in quel momento il verso spirato:<br />
Colui nel quale sviluppo e permanenza [dell'ostacolo] non esistono, che ha superato vincolo<br />
ed ostruzione,<br />
"questo silenzioso che, privo di brama, procede, lui non conosce il mondo con tutti gli dèi! ""."<br />
8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika Ora, in quella circostanza, non lungi dal Beato stava seduto il venerabile<br />
Maha-Kaccana,<br />
con le gambe incrociate, tenendo il corpo eretto, con la consapevolezza della<br />
sua entità corporea (121) ben stabilita di fronte a se stesso. E il Beato contemplò il venerabile<br />
Kaccana così<br />
operante e, quindi, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso<br />
ispirato:<br />
Colui la cui consapevolezza è in ogni senso e perennemente ben stabilita riguardo al corpo<br />
[mentre pensa]:<br />
" ciò non sia e per me non sarebbe , "" ciò non sarà e per me non avverrà"" (123), così<br />
dimorando di stato in<br />
istato, a suo tempo sarà di là da ogni attaccamento!"""<br />
"9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato, compiendo i suoi giri fra i Malla,<br />
assieme ad<br />
una grande comitiva di monaci, giunse a Thuna, un villaggio brahmana della gente Malla. Ed i<br />
brahmana<br />
capifamiglia udirono la novella: "" Si dice, amici, che Gotama il monaco, uscito dalla stirpe dei<br />
Sakya, stia<br />
compiendo i suoi giri in mezzo ai Malla con una grande comitiva di monaci, ed abbia raggiunto<br />
Thuna "".<br />
76
[Di conseguenza] colmarono il pozzo fino all'orlo con ogni sorta di erbacce e paglia [,<br />
pensando]: "" Non<br />
attingano acqua quei monaci dal capo raso "". Ora il Beato, uscendo dalla strada principale,<br />
andò verso la<br />
radice di un certo albero: giunto colà sedette in un luogo apprestatogli e, una volta assiso, si<br />
rivolse al<br />
venerabile Ananda, dicendogli: ""vieni, Ananda, fammi avere un sorso da questo pozzo ),. A<br />
queste parole il<br />
venerabile Ananda rispose al Beato: "" Proprio adesso, signore, quel pozzo è stato ostruito<br />
fino all'orlo da<br />
erbacce di ogni sorta e paglia da quei brahmana capifamiglia [, col pensiero]: "" non attingano<br />
acqua quei<br />
monaci dal capo raso "" "". Più tardi il Beato ripeté la richiesta una seconda volta ed il<br />
venerabile Ananda<br />
diede la"<br />
"medesima risposta. Una terra volta ancora il Beato ripeté la richiesta e, allora, il venerabile<br />
Ananda rispose:<br />
""Così sia, Signore"", prese la ciotola e si diresse verso il pozzo. Ora, appena il venerabile<br />
Ananda si fu<br />
avvicinato a quel pozzo, esso vomitò tutta quell'erbaccia e paglia, rimanendo pieno fino<br />
all'orlo di acqua<br />
trasparente, limpida e tranquilla, che persino trabordava. A questo fatto il venerabile Ananda<br />
pensò:<br />
""Meraviglioso è questo ! Un vero miracolo è stato operato dal grande potere e dalle grandi<br />
facoltà<br />
sovrannaturali del Beato! Perché mai questo pozzo, appena mi sono avvicinato, ha vomitato<br />
tutte quelle<br />
erbacce e paglia, ed ora rimane pieno fino all'orlo di acqua trasparente, limpida e tranquilla,<br />
che persino<br />
traborda.....? "". Così, empita d'acqua la"<br />
ciotola, se ne tornò al Beato e, giunto che fu da lui, gli disse:<br />
Che meraviglia! Un miracolo invero è stato operato dal<br />
grande potere e dalle grandi facoltà sovrannaturali del<br />
Beato ! Voglia il Beato bere l'acqua! Voglia il Beato bere<br />
"l'acqua ! """<br />
Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
" Perché si dovrebbe costruire un pozzo, se le acque sono ovunque? Una volta troncata la<br />
sete"" alla radice,<br />
cosa si dovrebbe andare"<br />
"a cercare? ""."<br />
10. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a Kosambi, nel parco<br />
Ghosita. Ora, in<br />
quella occasione, il gineceo del re Udena, che era andato al [padiglione] del parco, prese fuoco,<br />
e<br />
cinquecento donne vi incontrarono la morte, prima fra di loro Samavati. Quindi un gran<br />
numero di monaci,<br />
che, al mattino, indossata la veste e presa la ciotola, erano entrati a Kosambi per la questua e,<br />
dopo, avevano consumato la loro refezione vennero dal<br />
Beato e, venuti che furono, lo salutarono, sedettero in un<br />
"canto e gli chiesero "" Qui il gineceo del re Udena" ha
preso fuoco Dicci, Signore, quale è il destino, a quale<br />
"forma di esistenza andranno incontro quelle devote laiche? ""."<br />
Monaci, fra quelle devote alcune sono entrate-in-corrente, altre dovranno ritornare sulla terra<br />
una volta sola,<br />
altre ancora non avranno bisogno di ritornare più. Non è senza frutto, monaci, che quelle<br />
devote laiche<br />
abbiano incontrato la loro fine!<br />
Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
" Legato all'illusione è il mondo, il suo essere appare un [continuo] divenire; lo stolto,<br />
condizionato al<br />
substrato"" (125) dalle tenebre è ravvolto; [il mondo gli] appare come eterno: per chi<br />
veramente guarda"<br />
" esso è nulla! """<br />
CAPITOLO VIII<br />
77<br />
PATALIGAMA (125)<br />
1. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />
Jeta, nel parco<br />
di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, il Beato istruiva, incitava, illuminava e rallegrava i<br />
monaci con<br />
un discorso d'accordo col Dhamma che riguardava il Nibbana. E quei monaci, prestando<br />
intensa attenzione,<br />
tutto afferrando nel loro spirito, stavano ad ascoltare la Buona Legge con orecchie attente.<br />
Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
Vi è, o monaci, quella condizione ove non è ne terra, né acqua,<br />
né fuoco, né aria, ove non è né la sede dello spazio infinito né<br />
quella dell'infinita coscienza, né quella della nullità, né quella<br />
" propria a "" né-coscienza-né-non-coscienza"", ove non è né questo mondo né un mondo di là<br />
da questo,<br />
né entrambo assieme,"<br />
"né luna, né sole. Da là, o monaci, io dichiaro, non si viene a nascere: ivi non si va [In quella<br />
condizione]<br />
non v'è permanenza, non v'è decadenza, non v'è nascita. Non è fissa, non si muove, non è<br />
fondata su cosa<br />
alcuna. Quella è, invero, la fine del Dolore ""."<br />
2 (Ripetizione del precedente sutta, cui segue :)<br />
Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò (= di questa<br />
conversazione), profferì questo verso ispirato:<br />
"Difficile da vedere è il non-sé: non è facile certamente da vedere il Vero;"<br />
"trafitta è la "" sete "" per chi conosce: per chi vede, nulla v'è! ""."<br />
3 (Ripetizione del sutta precedente, cui segue :)<br />
Quindi il Beato profferì questo verso ispirato:<br />
Vi è, o monaci, il non-nato, il non-divenuto, il non-fatto, il non-composto. Monaci, se questo<br />
non-nato, nondivenuto,<br />
non-fatto, non-composto non fossero, non si conoscerebbe modo di sfuggire a questo nato,<br />
divenuto, fatto, composto. Perciò, o<br />
monaci - dato che vi è un non-nato - si conosce rifugio<br />
" da questo nato, divenuto, fatto, composto """<br />
4 (Ripetizione dei primi tre sutta, cui si aggiunge :)<br />
Quindi il Beato profferì questo verso ispirato:
"Per chi dipende [da altro] che sé vi è il vacillare, per chi non dipende non vi è vacillare. Non<br />
esistendo<br />
vacillare vi è calma; essendovi calma non vi è piacere [in cosa diversa da sé]: non essendovi<br />
piacere, non v'è<br />
andare-e-venire; non essendovi andare-e-venire, non v'è decesso e-rinascita; non essendovi<br />
decesso-erinascita<br />
non vi è né qui"" né "" [al di] là "", né alcunché di mezzo ai due. Questa è, invero, la fine del<br />
Dolore """<br />
5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato stava compiendo i suoi giri fra i<br />
Malla, assieme<br />
ad una grande comitiva di monaci, quando giunse a Pava. Ed avvenne che il Beato si allogasse<br />
nel bosco di<br />
manghi di Cunda, il (figlio del) fabbro (kammdra-putta) (126), in Pava. Ora, a Cunda,<br />
"al fabbro capitò di sentire: "" Si dice che il Beato, nel compiere i suoi giri con una grande<br />
comitiva di<br />
monaci, sia giunto a Pava "", [e, aggiunse lui,] a si sia trattenuto nel mio bosco di manghi "".<br />
Quindi Cunda,<br />
il fabbro, andò a visitare il Beato e, giunto che fu, lo salutò e sedette in un canto. Come egli si fu<br />
così seduto,<br />
78<br />
il Beato lo istruì, incitò, illuminò e lo rese felice con un discorso d'accordo con la Buona<br />
Legge."<br />
"Allora Cunda il fabbro, in tale maniera istruito, incitato, illuminato e reso felice, disse questo<br />
al Beato: "" O<br />
Signore, consenta il Beato ad accettare il mio cibo, domani, assieme all'Ordine dei monaci! "" Il<br />
Beato<br />
accettò, rimanendo silenzioso. Allora Cunda, il fabbro, vedendo che il Beato accettava, si alzò<br />
da dove stava<br />
seduto, salutò il Beato girandogli attorno verso destra e se ne andò. Indi Cunda, il fabbro,<br />
passata che fu la<br />
notte, preparò in casa sua del cibo scelto, sia duro che morbido, assieme ad un abbondante<br />
piatto di funghi<br />
porcini (127): indi annunciò al Beato che era giunto il tempo [di mangiare], dicendo: ""<br />
Signore, è preparato<br />
il desinare "". Allora il Beato, apprestatosi all'uscita mattutina, indossata la veste e presa la<br />
ciotola, uscì<br />
assieme all'Ordine dei monaci, diretto alla casa di Cunda, il fabbro, e, giuntovi, sedette in un<br />
posto<br />
apprestatogli. Al momento di sedersi il Beato disse a Cunda il fabbro: "" Cunda, quel piatto di<br />
porcini servilo<br />
a me. Quanto all'altro cibo, sia duro sia morbido, che tu hai preparato, servilo all'Ordine dei<br />
monaci "". ""<br />
Così sarà, signore "", rispose Cunda, il fabbro, al Beato, e fece come gli era stato detto....."<br />
"Più tardi il Beato disse a Cunda, il fabbro: ""Cunda, quanto ai resti del piatto di porcini,<br />
seppelliscili in un<br />
fosso. Poiché io non vedo alcuno, o Cunda, in tutto questo mondo con i suoi deva, i suoi<br />
Brahma, con tutta la<br />
schiera degli asceti e dei brahmana, io non vedo alcuno che, una volta mangiato questo cibo,<br />
possa digerirlo,
altro che il Tethagete "". "" Così sia o, rispose Cunda, il fabbro, prestando orecchio a quanto gli<br />
diceva il<br />
Beato; quindi, dopo aver seppellito in un fosso i resti del piatto di boleti porcini, tornò dal<br />
Beato e, avendolo<br />
salutato, sedette in un canto. Quando si fu seduto il Beato lo istruì, lo incitò, lo illuminò e lo<br />
rese felice con<br />
un discorso d'accordo con la Buona Legge, indi si alzò da dove era seduto e se ne andò.<br />
Avvenne che, dopo<br />
che il Beato ebbe mangiato il pranzo offertogli da Cunda, il fabbro, gli venne una violenta<br />
malattia, con<br />
dolorose sofferenze accompagnate da flusso di sangue, sì da condurre a morte. Tali dolori,<br />
invero, il Beato<br />
sostenne, sempre concentrato e composto, senza venirne angustiato."<br />
"Indi il Beato chiamò Ananda, [dicendo]: ""Ananda, andiamo ! Voglio giungere a Kusinara "". a<br />
Va bene,<br />
Signore"", rispose il venerabile Ananda al Beato."<br />
"(""Quand'ebbe ingerito il cibo di Cunda - così io ho udito - quel Costante patì un duro<br />
malanno, che a<br />
morte lo condusse."<br />
"Poi che ebbe mangiato ""la delizia porcina "", atroce malanno"<br />
" crebbe al Maestro ""."<br />
"Finito è il flusso , disse il Beato, ""io vado, dunque, a Kusinara "")."<br />
"Quindi il Beato, uscendo dalla via maestra, si diresse verso la radice di un certo albero, giunto<br />
al quale<br />
chiamò a sé il venerabile Ananda, dicendogli: "" Vieni, Ananda. Piegami in quattro la roba (=<br />
veste). Sono<br />
stanco, siederò"". ""Sì, Signore "", rispose il venerabile Ananda. E il Beato sedette sul posto<br />
preparatogli.<br />
Dopo essersi seduto, si rivolse al venerabile Ananda, e gli disse "" Vieni, Ananda, vammi a<br />
prendere<br />
dell'acqua; sono assetato, vorrei bere""!"<br />
"A queste parole il venerabile Ananda rispose al Beato: "" Proprio ora, Signore, circa<br />
cinquecento carri sono<br />
passati per qua. L'acqua agitata dalle ruote, essendo poco fonda, scorre torbida e fangosa. Ma<br />
non molto<br />
lontano, Signore, vi è il lume Kukuttha, con acqua spumeggiante e gradevole, fresca e chiara, di<br />
facile<br />
accesso, deliziosa. Ivi il Beato può bere e rinfrescare le Sue membra "". Una seconda volta il<br />
Beato fece la<br />
medesima richiesta e ricevette la stessa risposta" Una terza volta, ancora, il Beato fece la<br />
medesima<br />
"richiesta. Quindi il venerabile Ananda, dicendo: ""Così sia,"<br />
"Signore"", in obbedienza al Beato, prese la ciotola e andò"<br />
verso quel ruscello [vicino]. Il ruscello, agitato dalle ruote<br />
ed essendo poco fondo, scorreva torbido e fangoso. Ma, appena si fu avvicinato il venerabile<br />
Ananda, esso<br />
prese a scorrere chiaro e puro, fresco e trasparente. E il venerabile Ananda<br />
79<br />
"pensò: "" Che meraviglia! Un miracolo, invero, è stato compiuto dal Tathagata! Perché questo<br />
ruscello che,
agitato dalle"<br />
ruote dei carri, essendo poco fondo, scorreva torbido e fangoso, quando mi sono avvicinato si<br />
è messo a<br />
scorrere chiaro<br />
"e puro, fresco e trasparente ? "". Così, presa l'acqua con la ciotola, andò dal Beato e,<br />
avvicinandosi a Lui,<br />
disse: "" Signore,"<br />
è meraviglioso, è un miracolo compiuto dal grande potere e<br />
dalle grandi facoltà del Tathagata! questo ruscello scorre<br />
"ora fresco e puro! Ne beva il Beato l'acqua!"". Ed il Beato"<br />
bevve quell'acqua. Indi il Beato, con una gran comitiva di<br />
monaci, venne al fiume Kukuttha, giunto che fu vi si immerse e, dopo essersi lavato, aver<br />
bevuto ed essere<br />
uscito dall'acqua, andò al boschetto di manghi e si rivolse al venerabile<br />
"Cundaka: "" Vieni, Cundaka! Preparami la mia roba piegata"<br />
"in quattro! Sono stanco, mi siederò"". "" Sì, Signore"", rispose"<br />
il venerabile Cundaka, e, obbedendo al Beato, preparò la<br />
roba piegata in quattro. Indi il Beato giacque sul lato destro,<br />
nella posizione del leone (128), posando un piede sul[la pianta<br />
della altro, consapevole, conoscente, volgendo la mente alla coscienza di energia (? - utthanasannam)<br />
(129).<br />
Tuttavia il venerabile Cundaka sedette allora di fronte al Beato.<br />
Giunto che fu il Beato al lume Kukuttha, dall'acqua tersa, fresca, trasparente,<br />
vi si immerse, ben stanco, il Maestro, quaggiù nel mondo impareggiabile Tathagata.<br />
Lavato e dissetato [che fu], ne venne fuori, il Maestro, in mezzo alla scorta dei monaci.<br />
Il Maestro, Istruttor della Legge, Beato - il Possente Signore andò al bosco di manghi.<br />
"Un monaco chiamò, detto Cundaka: "" Piegami in quattro la veste per giaciglio ""."<br />
Da Quegli-che-ha-se-stesso-conseguito (bhavitattena) così comandato, Cunda presto [obbedì],<br />
stendendo la veste piegata in quattro come giaciglio, sul quale si stese il Maestro affaticato. E<br />
Cunda (130) di<br />
fronte a lui si pose a sedere o).<br />
"Indi il Beato si rivolse al venerabile Ananda, dicendo: ""Può darsi, Ananda, che qualcuno<br />
faccia sorgere<br />
rimorso in"<br />
"Cunda, il fabbro, dicendo: "" è una pecca per te, caro Cunda,"<br />
è una disgrazia per te, caro Cunda, che il Tathagata sia trapassato definitivamente dopo aver<br />
mangiato il suo<br />
ultimo<br />
"cibo, offerto dalle tue mani! "". Tale rimorso per Cunda deve"<br />
"venire impedito, o Ananda, [col dire]: "" È un prodotto per"<br />
te, caro Cunda. È una grazia per te, caro Cunda, che il Beato<br />
sia definitivamente trapassato dopo aver mangiato il suo<br />
ultimo cibo offerto dalle tue mani. Faccia a faccia con Lui,<br />
caro Cunda, io ho udito questo: faccia a faccia con Lui, caro<br />
Cunda, ho accolto questo detto: ' Questi due doni di cibo sono esattamente di eguale merito, di<br />
eguale<br />
risultato, e sono ben più fruttuosi e profittevoli di qualsivoglia altro dono di cibo. Quali due?<br />
Quel dono di<br />
cibo, dopo aver consumato il quale il Tathagata si è risvegliato alla Suprema Illuminazione<br />
(anutaram
sambodhim ) e quel dono di cibo, dopo aver consumato il quale il Tathagata trapassa<br />
finalmente in quella<br />
sfera<br />
di Estinzione (nibbana-dhatu) che è senza residuo. Questi due<br />
doni di cibo sono di merito esattamente eguale, di eguale risultato, e sono ben più profittevoli<br />
di qualsiasi<br />
altro dono di<br />
80<br />
cibo'. Per il venerabile Cunda il fabbro il kamma è stato<br />
accumulato sì da condurlo a vivere una lunga vita .a godere della bellezza ad essere felice al<br />
mondo celeste<br />
ed<br />
alla fama. È stato messo in moto il kamma che porta alla<br />
"supremazia"". Così è, o Ananda, come si deve impedire il"<br />
"rimorso di Cunda il fabbro ""."<br />
Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì il verso ispirato:<br />
Per colui che dà li merito cresce: per chi si raffrena non si<br />
accumula l'ira.<br />
"L'uomo retto abbandona le cattive azioni; avendo distrutto brama,"<br />
"avversione ed ottundimento, egli trapassa nell'Estinzione!""."<br />
"6. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a compiere i suoi giri fra<br />
i Magadhi e,<br />
con una grande comitiva di monaci, arrivò a Pataligama. Ed i devoti laici di Pataligama<br />
udirono novella: ""Il<br />
Beato, invero, assieme ad una grande comitiva di monaci" è giunto<br />
"a Pataligama "". Così quei devoti laici andarono a visitare il"<br />
Beato. Venuti che furono da lui, lo salutarono e sedettero in<br />
"disparte. Così seduti, dissero al Beato: "" Prenda alloggio il"<br />
"Beato nella nostra sala comunale! "". E il Beato accettò mediante il suo silenzio. Quindi quei<br />
devoti laici,<br />
vedendo che"<br />
il Beato acconsentiva, si alzarono dai posti ove erano seduti,<br />
lo salutarono girandogli attorno verso destra e se ne andarono alla sala comunale. Giunti che<br />
furono alla sala<br />
comunale<br />
la apprestarono in ogni modo e in ogni lato, prepararono seggi, collocarono un bacile d'acqua<br />
ed appesero<br />
una lampada ad olio. Indi ritornarono dal Beato, lo salutarono [di nuovo]<br />
..... "e, stando in piedi, gli dissero: "" Signore, la sala del consiglio è pronta in ogni particolare. I<br />
seggi sono<br />
stati preparati, un bacile d'acqua è stato collocato, una lampada a olio"<br />
è stata appesa. Voglia il Beato fare ora ciò che Gli sembri più<br />
"opportuno ""."<br />
Quindi il Beato, apprestatosi ad uscire di mattina, indossata la veste e presa la ciotola, andò<br />
con una grande<br />
comitiva di monaci alla sala comunale: giunto che vi fu ebbe i piedi lavati, entrò nella sala e si<br />
assise<br />
addossato al pilastro centrale, volto ad oriente. L'Ordine dei monaci si lavò pure i piedi, entrò<br />
nella sala
comunale e sedette addossato alla parete occidentale, guardando quindi ad oriente, col Beato<br />
di fronte a tutti.<br />
I seguaci laici di Pataligama si lavarono pure i piedi, entrarono nella sala del consiglio e<br />
sedettero col dorso<br />
appoggiato alla parete orientale, volti quindi ad occidente, ed avendo il Beato di fronte.<br />
"Allora il Beato si diresse ai devoti laici di Pataligama, dicendo: "" Capifamiglia, cinque sono le<br />
cattive<br />
conseguenze (adinava) alle quali va incontro l'uomo immorale, in conseguenza del suo essere<br />
caduto fuori<br />
dalla virtù. Quali sono queste cinque conseguenze?"<br />
1) In questo mondo, o capifamiglia, l'uomo immorale, caduto fuori della virtù, in conseguenza<br />
del suo essere<br />
dedito alla distrazione (131) patisce una grande perdita di ricchezza. Questa è la prima delle<br />
cattive<br />
conseguenze che patisce l'uomo immorale in seguito all'essere caduto fuori del cammino della<br />
virtù.<br />
2) Inoltre, o capifamiglia, per l'uomo immorale, caduto<br />
fuori della via della virtù, nasce una cattiva fama. Questa è la seconda cattiva conseguenza.....<br />
3) Inoltre, o capifamiglia, l'uomo immobile, che è caduto fuori della via della virtù, qualunque<br />
sia la società<br />
nella quale si introduce, sia di guerrieri, di brahmana, di capifamiglia o di asceti, vi si appressa<br />
timido e<br />
vergognoso. Questa è la terza cattiva conseguenza.....<br />
4) Inoltre, o capifamiglia, l'uomo immorale, che è caduto fuori della via della virtù, finisce la<br />
sua vita<br />
81<br />
stralunato, paralizzato (sammulha). Questa è la quarta cattiva conseguenza.....<br />
5) Infine, o capifamiglia, l'uomo immorale, che è caduto fuori della via della virtù, alla<br />
distruzione del corpo,<br />
quando morte sopravviene, procede verso un cattivo destino, cadendo in basso, nel<br />
Purgatorio. Questa è la<br />
quinta cattiva conseguenza e tutte queste sono le cinque cattive conseguenze<br />
che colpiscono l'uomo immorale, che è caduto fuori della<br />
via della virtù.<br />
Queste sono le cinque buone conseguenze, o capifamiglia, che toccano agli uomini virtuosi,<br />
poiché hanno<br />
praticato virtù (132). Quali sono?<br />
I ) In questo mondo, o capifamiglia, l'uomo virtuoso, dotato di virtù, in conseguenza del suo<br />
essere dedito al<br />
l'attenzione consapevole, consegue una grande porzione di ricchezze. E questa è la prima<br />
buona conseguenza<br />
a cui va incontro l'uomo virtuoso, per il fatto che segue la via della virtù.<br />
2) Inoltre, o capifamiglia, attorno all'uomo virtuoso, per il fatto che segue la via della virtù, si<br />
diffonde una<br />
buona fama. Questa è la seconda buona conseguenza.....<br />
3) Ed ancora, o capifamiglia, l'uomo virtuoso, che segue la via della virtù, in qualunque<br />
compagnia egli entri,<br />
sia di guerrieri che di brahmana, o di capifamiglia o di asceti, vi<br />
entra fiducioso in se stesso e non confuso. Questa è la terza buona conseguenza.....
4) Oltre a ciò, o capifamiglia, l'uomo virtuoso, che segue la via della virtù, finisce la propria<br />
vita in piena<br />
coscienza. Questa è la quarta buona conseguenza.<br />
5) Infine, o capifamiglia, l'uomo virtuoso, che segue la via della virtù, alla distruzione del<br />
corpo, quando<br />
morte sopravviene, procede verso un buon destino, rinascendo nel mondo celeste. Questa è la<br />
quinta buona<br />
conseguenza..... e tutte queste sono le cinque buone conseguenze che toccano all'uomo<br />
virtuoso, a cagione<br />
della sua pratica della virt¢<br />
"Così il Beato, dopo aver istruito, incitato, illuminato e rallegrato i devoti laici di Pataligama<br />
con un discorso<br />
consono alla Buona Legge fino a tarda notte, li licenziò dicendo: ""Ora, capifamiglia, la notte è<br />
bene<br />
avanzata, fate adesso ciò che vi sembri bene "". Quindi i devoti laici di Pataligama, rallegrati<br />
dalle parole del<br />
Beato, lo ringraziarono, si alzarono da dove erano seduti, salutarono il Beato girandogli<br />
attorno verso destra<br />
e se ne andarono. Avvenne che il Beato, non molto tempo dopo la partenza dei devoti laici di<br />
Pataligama,<br />
entrò nel suo alloggio (sunnagaram). Circa in quello stesso tempo Sumdha e Vassakara, grandi<br />
ministri del<br />
Magadha, costruivano una città sul sito di Pataligama, allo scopo di contenere i Vajji (133). E,<br />
nello stesso<br />
tempo, un gran numero di devatas (134), in gruppi di un migliaio, si era stabilito nei luoghi<br />
delle costruzioni<br />
in Pataligama. Ora, accade che, quando devatas di grande potere occupano un luogo, esse<br />
rendono inclini le<br />
menti dei re e dei grandi ministri dei re a costruire abitazioni. Quando, invece, devatas di<br />
minore potere<br />
occupano un luogo, esse rendono inclini le menti dei minori governanti e dei loro ministri a<br />
costruire<br />
abitazioni. Il Beato, allora, contemplò con la sua vista divina e sovrumana quelle devatas<br />
schierate per<br />
migliaia che occupavano siti in Pataligama. Egli vide che, ovunque le devatas occupino un sito,<br />
esse rendono<br />
inclini le menti dei re e dei grandi ministri ad edificare"<br />
abitazioni Ed alzandosi, alla fine di quella notte, quando<br />
"l'alba rischiarava il cielo, si rivolse al venerabile Ananda, dicendo: ""Dimmi, Ananda, chi sta<br />
costruendo<br />
una città in"<br />
"Pataligama?"". ""Signore, sono Sunidha e Vassakara, grandi"<br />
"ministri di Magadha, che stanno costruendo una città a Pataligama per tenere lontani i<br />
Vajji""."<br />
Certamente, dopo essersi consultati coi deva dei Trentatré (135) Ananda, si saranno messi a<br />
fabbricare la<br />
città sul sito di Pataligama per tener lontani i Vajji. Io ho visto, Ananda, con lo sguardo celeste,<br />
purificato,<br />
sovrumano, un gran numero di devatas, in schiere di mille, che occupavano luoghi in<br />
Pataligama. In
qualunque luogo devatas di grande potere occupano un sito, esse rendono inclini le menti dei<br />
re e dei grandi<br />
ministri dei re a costruire abitazioni. Quando, invece, devatas, di minore potere, occupano un<br />
luogo, esse<br />
rendono inclini le menti dei minori governanti e dei loro ministri a costruire edifici (ripetuto<br />
tre volte).<br />
O Ananda, per quanto si stende la sede degli Arii, per quanto lungi i mercanti viaggino, questa<br />
sarà la<br />
82<br />
capitale delle città, il luogo ove gli uomini apriranno le balle di mercanzia. Però, Ananda, tre<br />
sventure<br />
colpiranno Pataligama - cioè - a causa di fuoco, a causa di acqua e a causa di discordia (136).<br />
"Ora Sunidha e Vassakara, grandi ministri del Magadha, vennero a visitare il Beato. Venuti che<br />
furono lo<br />
salutarono cortesemente e, dopo lo scambio di saluti e convenevoli, restarono in piedi in un<br />
canto.<br />
Standosene così in piedi, in un canto, i grandi ministri del Magadha, Sumdha e Vassakara,<br />
dissero questo al<br />
Beato: ""Voglia il venerando signore Gotama accettare oggi il nostro invito a pranzo assieme<br />
all'Ordine dei<br />
monaci "". Ed il Beato acconsentì con il silenzio."<br />
Quindi Sunidha e Vassakara, vedendo che il Beato acconsentiva, se ne tornarono a casa e,<br />
giuntivi, fecero<br />
preparare<br />
nella loro magione cibo scelto, sia duro che morbido, indi<br />
annunciarono il tempo [di mangiare] al Beato, dicendo:<br />
il tempo, Signore Gotama, il cibo è stato preparato! . Allora il Beato, apprestandosi all'uscita<br />
mattutina,<br />
indossata la<br />
veste e presa la ciotola, si recò in casa di Sumdha e Vassakara,<br />
i grandi ministri del Magadha. Giunto che vi fu si assise in un<br />
seggio preparatogli. Indi Sumdha e Vassakara servirono e<br />
soddisfecero l'Ordine dei monaci, diretto dal Buddha, con cibo<br />
scelto, vuoi tenero vuoi duro. Poi Sumdha e Vassakara vedendo che il Beato aveva mangiato<br />
quanto gli<br />
soddisfaceva<br />
ed aveva ritirato la mano [destra] dalla ciotola [e lavato entrambe], presero uno sgabello e<br />
sedettero in un<br />
canto. Come<br />
si furono seduti, il Beato espresse loro il suo ringraziamento<br />
con questi versi:<br />
In qualunque regione l'uomo saggio ponga la [sua] dimora, nutra i virtuosi controllati,<br />
praticanti il<br />
brahmacariya,<br />
propizii con l'offerta tutti gli dèi ivi viventi:<br />
così venerati, lo venereranno, così onorati, lo onoreranno.<br />
"Come la madre ha compassione del figlio che essa ha portato, chi delle deità ha compassione<br />
vedrà sempre<br />
la buona fortuna ""."
Così il Beato, dopo aver ringraziato con questi versi Sunidha e Vassakara, grandi ministri del<br />
Magadha, si<br />
alzò dal<br />
suo seggio e se ne andò.<br />
Ora, in quel tempo, Sunidha e Vassakara seguivano i<br />
"passi del Beato, passo a passo, con questa idea: ""Quale sarà"<br />
la porta di città per la quale uscirà Gotama l'asceta, quella<br />
diverrà la porta di Gotama. Quale sarà il guado per il quale<br />
Gotama l'asceta attraverserà il Gange, quello sarà il [Sacro]<br />
Guado (137) di Gotama o. Per questa ragione la porta per la<br />
quale il Beato uscì di città prese il nome di Porta di Gotama. Indi il Beato giunse al fiume<br />
Gange. In quel<br />
tempo il Gange era in piena, giungendo all'altezza dei banchi rivieraschi, in modo tale che<br />
perfino un corvo<br />
vi avrebbe potuto bere. E alcune persone andavano alla ricerca di un'imbarcazione, altre<br />
erano intente a<br />
cercare una zattera, altre ancora legavano assieme fasci di canne, desiderose di giungere<br />
all'opposta sponda.<br />
Ma il Beato, proprio come un uomo forte potrebbe distendere il suo braccio piegato o piegare<br />
il suo braccio<br />
disteso - allo stesso modo sparì da questa sponda del fiume per ritrovarsi, assieme a tutto<br />
l'Ordine dei<br />
monaci, sulla sponda opposta.<br />
E il Beato vide alcune persone che andavano alla ricerca di un'imbarcazione, altre intente a<br />
cercare una<br />
83<br />
zattera, altre ancora che legavano assieme fasci di canne, desiderose di giungere alla sponda<br />
opposta. Quindi<br />
il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />
Hanno L'atto un ponte per attraversare l'oceano e la corrente<br />
"per passare la palude: la gente intreccia una cesta, perfino. I saggi hanno già guadato!""<br />
(138)."<br />
"7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato viaggiava sulla strada maestra nel<br />
territorio dei<br />
Kosali, assieme al venerabile Nagasamala come suo attendente personale. Mentre essi<br />
procedevano, il<br />
venerabile Nagasamala vide una biforcazione e, avendola scorta, disse al Beato: "" O Beato, vi<br />
è un'altra]<br />
strada: andiamo per quella! "". A questo detto il Beato rispose al venerabile Nagasamala: ""<br />
Questa [qui] è la<br />
strada, Nagasamala, andiamo per questa strada! "". Una seconda volta il venerabile<br />
Nagasamala disse al<br />
Beato" "e ancora una terza volta, ed il Beato rispose: ""Questa [qui] è la strada, Nagasamala,<br />
andiamo per<br />
questa strada ! "". A questo punto il venerabile Nagasamala lasciò proprio là per terra la<br />
ciotola e la veste del<br />
Beato, e se ne andò dicendo: ""Eccovi, Beato, la vostra veste e la vostra ciotola ""."<br />
"Ora capitò che, mentre il venerabile Nagasamala se ne andata per quella via secondaria, dei<br />
ladroni lo
sorprendessero: lo picchiarono, lo presero a calci, gli ruppero la ciotola e gli stracciarono la<br />
veste. Allora il<br />
venerabile Nagasamala, con la ciotola spezzata e le vesti stracciate, se ne ritornò dal Beato e,<br />
giunto che fu<br />
presso di Lui, Lo salutò e sedette in un canto. Come si fu così seduto il venerabile Nagasamala<br />
disse al<br />
Beato: ""Signore, mentre andavo per quella strada i ladri mi hanno assalito, picchiato e preso a<br />
calci, mi<br />
hanno rotto la ciotola e stracciato le vesti ""."<br />
A questo punto il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso<br />
ispirato:<br />
Camminando adagio con lo sciocco il saggio perde soltanto<br />
tempo (?).<br />
Quando scopre che è un mariuolo, subito lo abbandona, come un<br />
"airone nutrito con latte abbandona l'acqua (139)""."<br />
"8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, nel<br />
parco orientale,<br />
nella casa a più piani della Madre di Migara. In quel tempo avvenne che l'amata e graziosa<br />
nipote di Visakha,<br />
madre di Migara, venne a morire. Così Visakha, la madre di Migara, con le vesti ed i capelli<br />
ancora umidi<br />
(140) venne a visitare il Beato ad un'ora impropria. Venuta che fu lo salutò e sedette in un<br />
canto. Una volta<br />
che si fu seduta, il Beato disse a Visakha, la madre di Migara: "" Orbene, Visakha, come mai sei<br />
venuta qui,<br />
con gli abiti ed i capelli ancora umidi, in un'ora impropria? ""."<br />
" O Signore, la mia cara e graziosa nipote è morta! Questa è la ragione per la quale sono venuta<br />
qui coi<br />
capelli e le vesti ancora umidi in un'ora impropria . "" Ti piacerebbe, Visakha, aver tanti figli e<br />
tanti nipoti<br />
quanti uomini ci sono a Savatthi? "". "" Desidererei davvero, Signore, aver tanti figli e nipoti<br />
quanti uomini<br />
ci sono a Savatthi! "". "" [Dimmi, allora,] Visakha, quante persone pensi che muoiano<br />
quotidianamente a<br />
Savatthi? "". "" Dieci, Signore, saranno le persone che muoiono quotidianamente a Savatthi, o<br />
forse nove, o"<br />
otto Forse, invece, sette sei, cinque, o quattro o tre,<br />
o due. Forse è una sola persona quella che muore giornalmente in Savatthi, Signore. Savatthi<br />
non è mai priva<br />
di gente<br />
"che muore, Signore "". "" E allora, Visakha, che pensi ? In tal"<br />
caso potresti tu stare qualche volta senza i capelli e le vesti<br />
"bagnate? "". "" No di certo: basta, Signore, con tanti figli e"<br />
"tanti nipoti! "". "" Visakha, coloro i quali hanno cento cose"<br />
care, hanno altrettanti cento dolori. Coloro che hanno novanta cose care hanno altrettanti<br />
novanta dolori.<br />
84<br />
Coloro<br />
che hanno ottanta trenta ..venti dieci cose care,
hanno altrettanti ottanta trenta venti dieci dolori. Chi, però, ha una sola cosa cara, ha un solo<br />
dolore.<br />
E chi nulla ha di caro (141), costui non patisce alcun dolore.<br />
Costoro sono senza dolore e senza passione: essi sono sereni,<br />
"io dichiaro! ""."<br />
Quanti sono i dolori, i lamenti ed i malanni in questo mondo, innumerevoli,<br />
per quello che vi è di caro, questi divengono [tali]: se non vi è ciò che è caro, essi non sono.<br />
Perciò felici, liberi da dolore sono tutti coloro per i quali nulla è caro al mondo.<br />
"Se, quindi, ricerchi il non-dolore e il non-soffrire, non renderti caro nulla in questo<br />
mondo!""."<br />
"9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Rajagaha, nel<br />
Bosco di Bambù,<br />
alla Radura ove si nutrono gli Scoiattoli. Ora, in quella circostanza, il venerabile Dabba (142),<br />
della stirpe dei<br />
Malla, venne a visitare il Beato. Venuto che fu lo salutò e, salutatolo, sedette in un canto.<br />
Quando si fu così<br />
seduto, il venerabile Dabba disse al Beato: ""O Bene-Andato (Su-gattl), è giunto il tempo della<br />
mia Finale<br />
Estinzione (parinibbana) "". "" Fa' pure ciò che ti sembri tempo di fare, Dabba! ?). Allora il<br />
venerabile<br />
Dabba, alzandosi dal suo seggio, salutò il Beato girandogli attorno verso destra, indi si sollevò<br />
in aria e,<br />
seduto a gambe incrociate nell'atmosfera, raggiunse la sfera del calore, superando la quale si<br />
estinse<br />
totalmente (143). Quindi, allorché il venerabile Dabba della gente Malla, sollevatosi"<br />
nell'aria si fu totalmente estinto, il suo corpo fu consumato,<br />
arso fino in fondo, sicché di lui non rimase visibile né un<br />
atomo di cenere né uno di fuliggine. Proprio come quando<br />
burro fuso o olio è consunto ed arso totalmente e non ne<br />
rimane visibile né un atomo di cenere né uno di fuliggine,<br />
così pure, allorché il venerabile Dabba fu sollevato in aria.....<br />
non un atomo di cenere né di fuliggine ne rimase visibile.<br />
Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel<br />
momento questo verso ispirato:<br />
Spezzato è il corpo, estinto l'ideare, arso ogni sentire, disciolti<br />
"i componenti, giunta è la coscienza al suo fine!""."<br />
"10. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al<br />
bosco Jeta, nei<br />
parco di Anathapindika. Ivi il Beato chiamò i monaci, dicendo: ""Monaci! "" ""Sì, Signore,<br />
[eccoci] "",<br />
risposero i monaci al Beato."<br />
"Il Beato disse questo: "" Monaci, allorché Dabba della gente"<br />
Malla si sollevò nell'aria (come nel sutta precedente)<br />
non un atomo di cenere o di fuliggine rimase visibile. Proprio come, per esempio, quando<br />
burro fuso o olio<br />
viene consumato, arso totalmente "così è avvenuto con Dabba dei Malla """<br />
A questo punto il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso<br />
ispirato:<br />
Come un'ardente favilla di fuoco - sprigionata da incudine battuta,
di essa non si conosce il destino, mentre si va estinguendo, così è per quelli rettamente<br />
Liberati, che ha....<br />
della brama che lega [alla vita],<br />
"che sono giunti alla feliciti incommovibile rintracciare la via!"""<br />
(Traduzione di Pio Filippani Ronconi)<br />
85<br />
NOTE<br />
"1) Udana significa propriamente ""elevazione"", ""esaltazione""."<br />
"Nella teoria fisio-psicologica delle Upanisad si denota la principale forma dello spirito vitale<br />
(prana), quella<br />
che esso assume ""ascendendo"" (udana) dal plesso laringeo alla sutura sagittale, o ""foro del<br />
Brahman""<br />
(brahma-randhra), ove si ricongiunge con lo Spirito Universale ."<br />
"2. La permanenza di sette giorni nel luogo dell'illuminazione è un elemento rituale<br />
caratteristico, nell'antica<br />
India, dei sovrani consacrati dal battesimo regale (abhisaka). Il Buddha, infatti, venne<br />
considerato alla<br />
stregua di un Sovrano Universale (cakra-vartin, ""volgitore di ruota"") e, come tale, vennero<br />
tributati onori<br />
funebri regali alla sua salma."<br />
"3) Il testo denota unicamente tale posizione e posa a palanchino (-pallanka, sanscrito -<br />
poryanka), che<br />
probabilmente è la posizione yoghica di ""fiore di loto"", padmasana cioè con le palme dei<br />
piedi volte in su,<br />
piede sinistro su coscia destra, piede destro - al di sopra del malleolo sinistro, posato sulla<br />
coscia opposta,<br />
posizione nella quale si rappresenta il Buddha meditante."<br />
"4-4a) Huhumka-jati, o humhumka-iati, ""della gente che dice hum- hum"" Hum è una<br />
giaculatoria mistica<br />
(mantra), la cui ripetizione meditata è ritenuta aprire il varco verso esperienze superiori. A<br />
parte questo<br />
significato più evidente, il termine hjtiko può significare ""individuo che borbotta è, ""che si dà<br />
arie""' ecc.,<br />
come appare nel verso seguente.."<br />
"5) F. L. WOODWARD, Cfr. bibl., pag. 4, traduce ""Master Gotama, cioè l'espressione bho<br />
Gotama, ciò che<br />
non sembra preciso, poiché bho è un termine familiare adoperato dai bradhmana per parlare<br />
con quelli di<br />
casta inferiore, tanto è vero che nel Canone essi vengono spesso designati come bho-vadin,<br />
gente che dice<br />
[agli altri] "" bho """"."<br />
6) Il verso dimostra, contro coloro che ritengono il Buddha una specie di rivoluzionario<br />
anticastrale, come<br />
egli considerasse naturale e giusta la funzione dei brahmana nella società indiana, purché il<br />
loro rango<br />
corrispondesse ad una qualificazione interiore (v. i versi 363-423 del Dhammapada).<br />
7) Ciò: brama, avversione, torpidità mentale orgoglio e false teorie (raga, dosa, moha, mana,<br />
ditthi).<br />
8) Creatura sovrannaturale (sanscrito yaksa) di carattere demoniaco, ritenuta abitare nei<br />
boschi, generalmente
nemica degli uomini, talvolta invece benevola. Buddha è ritenuto aver convertito alla Buona<br />
Legge alcuni di<br />
questi fauni.<br />
9) Figlio di un setthi, o capo di una corporazione di banchieri, che aveva ottenuto dal Buddha,<br />
il permesso di<br />
farsi monaco sebbene già ammogliato e padre, a condizione che i suoi genitori avessero<br />
acconsentito, il che<br />
era avvenuto.<br />
Insistere, per il ritorno allo stato di padre di famiglia presso uno che aveva lasciato il mondo<br />
costituiva, per<br />
gli Indiani, addirittura una ingiuria.<br />
Jatila, segno distintivo degli asceti ortodossi indiani.<br />
12) Dei mesi Magha e Phalguna, che corrispondono circa ai nostri Gennaio e Febbraio.<br />
"13) Sanscrito Surparak, attualmente Sopara, a nord di Bombay; città successivamente nota ai<br />
mercanti greci<br />
e romani."<br />
14) Secondo lo scol. deità del Brahma-loka, che in epoca precedente era stata e famosi monaci,<br />
cinque dei<br />
quali si reincarnarono all'epoca dei, come preminenti suoi discepoli. Uno di essi è lo stesso<br />
Bahiya.<br />
15) Il testo è anche interpretabile nel senso che Bahiya compì il viaggio - di circa, un migliaio<br />
di chilometri -<br />
nello spazio di un. sola notte.<br />
16-16 a) Il punto è di un'importanza capitali, perché il Buddha vi impartisce l'essenza del suo<br />
insegnamento.<br />
che, nel caso esposto, consiste nell'isolare le percezioni - puramente obbiettive - dalla<br />
risonanza soggettiva<br />
delle sensazioni, il che libera l'uomo dal complesso delle tendenze innata, sankhdra, e dalle<br />
abitudini<br />
contratte, vasana, restituendogli la coscienza della sua primordiale trasparenza.<br />
17) Sanscrito steppa (o cetiva), classico edificio buddhista destinato a raccogliere le reliquie di<br />
qualche santo<br />
neppure oggetti e libri sacri, consistente - nella su forma più elaborata - di un cubo<br />
arrotondato e svasato in<br />
86<br />
alto, posato su una base e sormontato da un cono a sei o dieci gradini (quante sono le<br />
Perfeziona, paramitah).<br />
Però, in questo caso, si intende, naturalmente, un semplice tumulo di sassi sovrapposti.<br />
18) Nome di un albero della specie Asoka (Barringtonia actutangula) e nome del re di quei<br />
genii serpiformi<br />
conosciuti dalla tradizione indiana come Naga (cfr. lat. Anguis).<br />
19) Si tratta del gesto classico (mudrà) delle preghiera o della venerazione, simile a quello<br />
della preghiera<br />
cristiana occidentale. Consiste nel portare davanti al viso, o, meglio, davanti all'intercilio, le<br />
due mani con le<br />
palme unite (anjali), inchinando (namas) contemporaneamente il tronco in segno di<br />
devozione.<br />
30) I due re contemporanei di Buddha.<br />
21) Kuluputta (sanscrito kula-putra), figlio di famiglia, cioè nobile per antonomasia.<br />
22) Ariyo tunihibhavo, il nobile silenzio, cioè la meditazione: così lo scoliaste.
"23) Solesim kalam, per antonomasia la ""sedicesima parte o, indica il giorno di luna nuova, in<br />
cui gli asceti<br />
brahmanici compiono il digiuno completo, raggiungendo quindi lo stato di massima purità<br />
sacrale. Il<br />
termine, pertanto, significa ""la quiescenza"", o la parte migliore""."<br />
24) Paribbajaka (sanscrito parivrajaka), qui non indica i monaci dell'Ordine, altrove anch'essi<br />
denotati con lo<br />
stesso nome, bensì gli asceti loro avversari, probabilmente jaina e saiva seguaci delle varie<br />
discipline<br />
yoghiche.<br />
25) Upalhi, substrato e base per l'aggregazione dei cinque khandha (sanscrito skhandha) che<br />
costituiscono -<br />
secondo il Buddhismo - la base della transeunte personalità umana.<br />
"26) Vada-gu, ""conoscitore dei Veda"", intendendo per ""Veda"", la sapienza in generale.<br />
Nell'espressione<br />
pali è implicita l'armonia verso coloro che conoscevano un sapere puramente rituale e<br />
letterale, ignorando la<br />
sorgente donde questo eternamente sgorga, secondo forme sempre diverse."<br />
"27) A-kincand, ""che non hanno ""qualcosa"", intendendo per "" qualcosa ciò che resta<br />
irrimediabilmente<br />
confinato nella sfera dell'esteriorità, non essendo posseduto realmente dallo spirito."<br />
28) Di regola l'ora della visita ad monaco è immediatamente dopo il patto di mezzogiorno.<br />
29) Città nella regione abitata dai Koliya.<br />
30) Padakkhina (sanscrito pradaksina), circumambulazione a destra che gli Indiani seguono<br />
ritualmente<br />
attorno ad altri templi, luoghi consacrati o personaggi divini.<br />
"31) Lohita-kumbhi: vi è un'allusione ironica all'inferno della ""caldaia di rame"" lollakumbha,<br />
Ove<br />
vengono bolliti i dannati Il fatto di dover [ri]nascere"<br />
è implicitamente concepito come una maledizione.<br />
"32) Il termine militaresco dhamma-sena-pati richiama all'espressione medioironica di<br />
""generale"", ""duce<br />
di esercito"" ispdhbad, attribuita ai capi religiosi ed agli Arcangeli"<br />
"33-33 a) cioè l'invocazione alla suona Legge da parte di Suppavasa ha avuto come scopo la<br />
creazione di un<br />
nuovo anello nella catena delle nascite-morti-rinascite, cioè di qualcosa che è in contrasto col<br />
Dhamma.<br />
Tanto più lo è il desiderio di altri sette figli e l'attaccamento ad una tale previsione. Secondo i<br />
jadaka (1,<br />
407), Suppavasa sarebbe invece stata regina di senares da dove, assieme a suo figlio, Sarebbe<br />
stata cacciata<br />
da ""quelli del Kosala"". Per riprendere la città essa consigliò al figlio di bloccarne i viveri per<br />
sette giorni,<br />
affamando la popolazione come punizione, s., in una vita successiva dove sopportare"<br />
sette anni ed un travaglio di sette giorni<br />
"34) La madre di Migara "" era, in realtà, la nuora di questo potente signore Madre"" o<br />
""Piccola Madre""<br />
(matrkd) si dice, ancor oggi, in India a qualunque donna propria parente, anche se non<br />
sposata con un<br />
sottinteso riferimento religioso alla funzione femminile nel mondo divino."
35) Monaco di nobile stirpe, la cui madre era una principessa (raja-devi) degli Saltya,<br />
contribale, quindi, del<br />
Buddha.<br />
"36) Il secondo stadio della vita dell'Indiano ario, dopo il discepolato (brahma-carya), consiste<br />
nel ""vivere in<br />
casa"" (graha-stha), cioè formarsi una famiglia e far parte della società attiva."<br />
87<br />
37) V. nota 3.<br />
38) Gli dèi (deva) del paradiso vedico, che i Buddhisti considerano come uno dei tanti stadi<br />
transitori di<br />
esistenza.<br />
39) Pali ucchara (sanscr. Apsaras). Ninfa celeste, dispensatrice di piaceri, che la mitologia<br />
indiana considera<br />
generalmente come una tentatrice inviata dagli dèi per distogliere dalla meditazione quei<br />
saggi la cui ascesi<br />
mette in pericolo la supremazia degli dei stessi. Le a. sono le compagne dei Gandharva (v.<br />
Dhammapuda,<br />
nota 34).<br />
"40) Il padre di Yasoja era il capo di ""cinquecento famiglie di pescatori"" (così lo scol.).<br />
L'illusione<br />
successiva ai pescatori non è, quindi, casuale."<br />
41) Sanscrito Vrjji, potente ed irrequieta drya del Magdha, che ebbe notevole peso nelle<br />
vicende politiche<br />
contemporanee.<br />
42) Tisso vijja. La conoscenza della nascita precedenti, la chiaroveggenza e la conoscenza del<br />
fatto che i<br />
legami erano finiti.<br />
Per avere le braccia libere per salutarlo.<br />
44) Ananda, essendosi occupato per tutta la vita delle minute necessità del Beato, non aveva<br />
mai potuto<br />
sviluppare in sé quelle facoltà di chiaroveggenza e di intuito proprie agli Arhae Cosa che gli fu<br />
rimproverata<br />
dopo la morte del Maestro e lo indusse a percorrere immediatamente il cammino interiore<br />
trascurato prima.<br />
"45) Quasi certamente allude ad una fase della meditazione sul respiro (anapenasati), durante<br />
la quale l'asceta<br />
assiste ""dal di fuori"" all'alterno flusso del proprio respiro, sì da concepire che non è lui a<br />
respirare, bensì<br />
""in lui il respiro viene respirato"", e così pure ""in lui viene pensato), ecc. Questa operazione,<br />
che conduce a<br />
pi¢ alte forme di chiaroveggenza, sembra chiaramente espressa dal contesto parimukham<br />
satim upatthapetva,<br />
test.: avendo stabilito la consapevolezza davanti alla propria faccia""."<br />
"46) Kaya-geta-sati (sanscrito keya-gate-smrti), consapevolezza riguardante l'assenza o,<br />
meglio, la nonessenza<br />
del corpo. Uno dei sedici ""rammemoramenti"" di Sasipatthana (V. Dhammapadia, note 6 e<br />
79)."<br />
47) I cinque sensi più il mentale.<br />
48) Vasala (sanscrito vrsala), appartenente alla casta dei servi, gli sudra.<br />
"49) Sanscrito vatsa, ""vitulus"", termine affettivo o nome tribale del monaco."
"Sanscrito Sakra, ""il Potente "", sinonimo di Indra, re dei Trentatrè Dèi. "<br />
Dèi di una classe opposta ai Deva, che nei Veda rivestono frequentemente carattere magico e<br />
malvagio. I<br />
Buddhisti. Però, li accomunano ai Deva al servizio della Buona Legge.<br />
"52) Sanscrito Kausika, ""civetta"", nome totemico o tribale di Indra."<br />
"53) Mudra significa gesto magico, ""sphragís"", la cui corretta esecuzione evoca superiori<br />
potenze dello<br />
spirito e dota l'operatore di magici poteri. A meno che qui si intenda il linguaggio a gesti<br />
praticato ancor oggi<br />
da alcuni mercanti singhalesi di gioielli per non fare ascoltare le contrattazioni (v. ""Journal<br />
Asiatique"",<br />
avril-septembre 1937)."<br />
54) Sankhana è l'arte di calcolare a colpo d'occhio un numero sconosciuto di oggetti radunati<br />
in un luogo il<br />
numero delle foglie di un albero ecc.<br />
"55) L'entrata nel ciclo delle esistenze è concepita come un alterarsi di una primordiale<br />
identità, per il fatto<br />
che ci si identifica a questa o a quella ""persona"" con il suo carico di possibilità, di limitazioni<br />
e di difetti<br />
frutto di una sua adesione"""<br />
(assava, asrava) passionale all'azione.<br />
56) In questo e nei passi seguenti vi è un costante gioco di parole, imperniato<br />
sui vari significati del vocabolo bhava: divenire, esistenza, vivere essere.<br />
57) Upadhi, il quadruplice substrato all'esistere i cinque Khandha, kama, kilesa e kamma.<br />
58) Monaco della stirpe regale dei Sakya.<br />
Evidentemente, essendo il Buddha diventato vecchio i monaci lo servano a turno nelle sue<br />
necessità<br />
quotidiane, eccetto la questua, che compì da solo fino alla fine dei suoi giorni.<br />
88<br />
"Pattimokka. È l'insieme delle regole disciplinari e morali di stretta osservanza; per<br />
estensione del concetto,<br />
p. è venuto a significare il codice dei peccati e delle pene relative e la ""confessione dei<br />
peccati""."<br />
Panna (sanscrito prajna) non è soltanto la conoscenza trascendentale, ma la percezione<br />
dell'operare del vero<br />
Sé entro la compagine umana.<br />
62) Allusione evidente al rifiuto di Meghiya di servire il Buddha, quando gli toccava tale<br />
incombenza.<br />
"63) Asmi-mena-samugghata, lett. ""l'annientamento delle idee io sono """" riferita,<br />
naturalmente, alla<br />
compagine umana. Nella ""non-condizione"" di nirvana non è più questione di ""io sono"" o<br />
""io non<br />
sono""."<br />
64) Allude all'impercettibile depositarsi nelle zone oscure della coscienza dei<br />
"sottili impulsi prodotti dal pensiero discorsivo (vitekka, sanscrito vitarka), i quali, loro volta<br />
risorgono come<br />
abitudini aquisite, ""complessi"" (vasana) sfera istintiva. A queste abitudini l'uomo,<br />
inconsciamente, si<br />
identifica."
65) Secondo il commento, il vaccaro era un certo Nanda, ricco proprietario, e la sua uccisione,<br />
avvenuta per<br />
mano di un cacciatore era stata motivata, da una disputa circa i diritti di abbeverata in una<br />
certa fonte.<br />
66) V. nota 5.<br />
"Pamsu-pisaca, lett. ""lemure del fango"" spirito elementare della terra, alla cui visione si<br />
accade nei primi<br />
gradi della chiaroveggenza."<br />
68) Naga, in pali e sanscrito significa contemporaneamente serpente cobra elefante e Saggio<br />
nonché una<br />
particolare specie di esseri sovrannaturali anguiformi che, nelle viscere della Terra,<br />
custodiscono una<br />
Sapienza primordiale (v. nota 18).<br />
"La veste di panni rappezzati civara, avuta in dono raccolta in un cimitero o nella spazzatura,<br />
in tre pezze, è<br />
l'indumento classico del monaco buddhista. Si noti per incidenza come in ambiente<br />
mussulmano il vestito<br />
rappezzato (hirga sia caratteristico degli appartenerti agli ordini mistici o gnostici, sufi di<br />
Persia e l'abito<br />
formato di tre strisce di tela sia prescritto durante le cerimonie del pellegrinaggio alla Mecca<br />
come simbolo<br />
dell'entrata in ""istato sacro "" (haram)."<br />
Puhhajaka (sanscrito parivrajaka) asceti erranti dediti a varie forme di Yoga, non<br />
appartenenti all'ordine del<br />
Buddha, né qui meglio identificati. Sono comuni anche all'India attuale.<br />
"71) Il Chieders (cfr bibl.) preferisce la lettura sarehi/sayakehi = ""con i dardi""; lo STEINIHAL<br />
(cfr. bibl.)<br />
la lettura parehi = ""[con] gli altri""."<br />
72) Fratello di Sariputta.<br />
"73) Ekaggacitta (sanscrito ekagracitta) è il requisito fondamentale nella meditazione estatica<br />
raccogliere la<br />
mente su ""un punto solo"" (sanscrito eka-agra), fino a raggiungere l'identificazione psichica<br />
con l'oggetto<br />
meditato."<br />
"74) Thera (sanscrito sthavira) è l'appellativo corrente per gli anziani ed i capi di comunità<br />
nel Buddhismo<br />
meridionale. Thera-vada, o ""Dottrina degli Anziani, è la denominazione della Scuola più<br />
importante del<br />
Buddhismo Hinayana."<br />
"75) La teoria del ""Sé"" (atman) che sperimentando se stesso attraverso gli oggetti della<br />
conoscenza ama<br />
questi perché in loro si riconosce, è stata sintetizzata del celebre passo upanisadico (""... Non e<br />
certo per<br />
amore del marito che il marito è caro: è per amore di sè [dello atmaa] che è caro il marito. Non<br />
è certamente<br />
per l'amore della sposa che la sposa è cara; è per l'amore del sé che la sposa è cara. Non è<br />
certamente per<br />
l'amore dei figli che i figli sono cari: è per l'amore del sé che i figli sono cari. Non è certamente<br />
per l'amore
delle ricchezze che le ricchezze sono care: è per l'amore del sé che le ricchezze sono care. Non<br />
è per l'amore<br />
del Brahman che si ama Brahman: è per l'amore del sé che si ama il Brahman... "" Brh.-up., II, 4<br />
5. nostra<br />
traduzione in upanisad Antiche e Medie, vol. Il Torino 1961 pag. 63). È importante osservare<br />
come il<br />
Buddhismo pur affermando l'inessenzialità (anatta) del Sé trasponga proprio in questa<br />
inessenzialità il<br />
significato autocosciente dell'esperienza umana."<br />
"76) (Sanscr. Tubista, o Tusitah, [degli dèi] ""Deliziati"" paradiso ove dimorano i Buddha,<br />
prima di<br />
discendere sulla Terra."<br />
89<br />
"77) ""Coloro la cui essenza (sattva) è illuminazione (bodhi)"". Esseri allo stadio anteriore a<br />
quello della<br />
Buddheità vera e propria."<br />
78) Cioè le Quattro Nobili Verità.<br />
E la formula classica mediante la quale si entra nella Chiesa buddhista.<br />
La leggenda narra che Suppabuddha chiese di entrare come semplice devoto laico (upasaka) e<br />
non come<br />
monaco, probabilmente per giustificare la proibizione successiva che vietava di accogliere<br />
nell'Ordine - quali<br />
monaci - i malati di malattie inguaribili i minorenni ecc.<br />
"81) Sanscrito Pratyeka-buddha, ""Buddha di per sé"", un essere illuminatosi per la propria<br />
salvezza non un<br />
Maestro Universale."<br />
82) In segno di disprezzo. La circumambulazione a destra intendendo imitare il corso del sole<br />
attorno alla<br />
terra è, come si è visto in altri passi, l'espressione di omaggio verso luoghi immagini e<br />
personaggi sacri.<br />
83) Si tratta naturalmente di un tempo interiormente, concepito, non di quello<br />
cronologicamente misurato<br />
sulla terra.<br />
84) Variante generalmente espunta metri causa.<br />
"85) Sanscrito upavasarha; giorno di digiuno astinenza e confessione patimokkha, oltre che di<br />
festa, Della<br />
comunità buddhista. Si celebra nei quattro giorni cardinali del mese lunare: luna piena,<br />
quarto, ottavo e luna<br />
nuova."<br />
"86) Si tratta del patimokhha (sanscrito pratimoksa), già citato nel quale vengono elencati e<br />
rammentati i voti<br />
ai quali i monaci debbono sottostare trasgredendo i quali soggiacciono a varie pene, fino<br />
all'espulsione<br />
dall'Ordine. In tale occasione i monaci compiono collettivamente una specie di "" confessione<br />
dei peccati""."<br />
87) Gli Asura sono dèi primordiali di carattere piuttosto magico che la religione, vedicobrahmanica<br />
considera generalmente nemici dei Deva, gli dèi propriamente detti luminosi e giusti.<br />
"88) Interpretazione incerta di termini favolosi (timi timngalo, timirapingilo), appartenenti<br />
oltre tutto ad una
civiltà ""non marinara""."<br />
89)V. nota 68.<br />
"90) Geni di sostanza iperfisica, che sovraintendono al mondo degli impulsi passionali<br />
specialmente<br />
amorosi. Ritenuti ora musici celesti, ora medici miracolosi ora custode della bevanda<br />
dell'immortalità, i<br />
gandharva sono i compagni delle ninfe apsaras, seduttrici di quei saggi la cui ascesi mette in<br />
pericolo la<br />
sovranità degli dèi. Son detti anche Kinnara (cfr. i "" Centauri "" della mitologia greco-latina)."<br />
91) Misura di circa 8-9 miglia.<br />
"92) Il Buddha precisa qui polemicamente la differenza fra la sua disciplina che si fonda su un<br />
graduale<br />
allenamento, commisurato alle possibilità di un uomo normale e gli esercizi dello Yoga<br />
""violento"" (hathayoga<br />
ecc.), già si suoi tempi seguiti dai vari asceti degli ordini settari."<br />
93) Le quattro caste dell'India tradizionale: guerrieri. sacerdoti agricoltori allevatori-mercanti<br />
e servi<br />
(indigeni non Arii). Come in alcune upanisad antiche, il Buddha pone in primo luogo i<br />
guerrieri, anziché i<br />
sacerdoti forse perché gli stesso come anche Jina ed altri innovatori appartengono a quella<br />
casta.<br />
"94) Cioè là dove si è inverato il nibbana, scompaiono le limitazioni e le reciproche<br />
opposizioni (dolorepiacere<br />
male-bene vincolo-liberazione): non vi è quindi più bisogno di ""coprire"" di un solido tetto la<br />
casa<br />
della mente (v. Dhammapada, 13), onde non vi penetri la pioggia dei pensieri distraenti, ecc."<br />
"95) Pabbajjd (sanscrito pravrajya = dipartita). È una semplice cerimonia per la quale il<br />
devoto presentandosi<br />
all'abate di un monastero assistito dal capitolo di almeno cinque (o dieci) monaci con la veste<br />
di monaco<br />
chiede di venire ordinato. Egli recita quindi il Credo (Saranattaya) ed i Dieci Comandamenti<br />
(Dassasila),<br />
viene raso, rivestito dalla veste, e diventa membro attivo del Sangha, come novizio<br />
(samanera) o diacono. Il<br />
grado superiore è quello di ""anziano "" (thera) (V. nota 74)."<br />
96) In tutte le sette indiane il discepolo usa onorare i piedi del Maestro. Le stesse prime<br />
raffigurazioni del<br />
90<br />
Buddha, puramente simboliche, lo rappresentavano con due piante dei piedi entro le quali era<br />
tracciata lo<br />
svastika, simbolo della Buona Legge.<br />
97) L'uposatha essendo giorno festivo era implicitamente dedicato alle attività religiose come<br />
il sabbath<br />
ebraico. La questua ed il lavoro ne erano esclusi.<br />
98) Il celebre cugino discepolo e poi rivale del Buddha, iniziatore di una setta rigorista .<br />
99) Cioè: per il simile è facile il simile o meglio comunque agisce - anche violando la legge<br />
esteriore - il<br />
Buono resta sulla retta via mentre il cattivo, anche se segue apparentemente la Legge (v. il<br />
caso<br />
dell'uposatha), agisce implicitamente seguendo la propria malvagia natura.
100) Cioè Mara.<br />
V. nota 46.<br />
" Sanscrito Jaty-andha, cieco di nascita "". Vedi la storia 4."<br />
"103) Iddhi-pada (sanscrito rddhi-pddah): sono generalmente dieci, delle quali quattro<br />
principali; attraversare<br />
l'aria in volo, prendere la forma che si vuole, creare e fare apparire ciò che si vuole<br />
(nimmalla)."<br />
104) Kappa (sanscrito kalpa), evo, nel quale, secondo le tradizioni indiana buddhista, un<br />
cosmo viene creato,<br />
mantenuto e distrutto, attraverso un certo numero di periodi (generalmente quattro) detti<br />
yuga, o<br />
arankheyyahappa.<br />
Cioè effettua il cosiddetto parinibbano (sanscrito parinirvana), che consiste nel supplemento<br />
anche<br />
dell'insieme delle azioni che hanno condotto al nibbana.<br />
Per il rigetto delle strutture vitali (oyulonkhoro-osojjano)<br />
"Atta sam-bhavar., ""ciò che era divenuto [di] lui "", cioè la stessa personalità psico-fisica,<br />
come si era<br />
venuta formando in quella particolare esistenza."<br />
"108) In questo brano è raffigurato più o meno il campionario degli asceti fachiri mistici e<br />
lunatici dell'india<br />
di tutti i tempi. L'asceta dal lungo ciuffo (jatila) è probabilmente un sadhu di una scena dedita<br />
alle liturgie<br />
della a ""mano sinistra"" il Nirgrantha, ""svincolato"", è un Jaino, l'asceta nudo è forse<br />
anch'esso un Jaino<br />
ortodosso o, piuttosto, un adepto di qualche culto proto-scivaita. Dei porivrajaka o ""Erranti"",<br />
si è già<br />
accennato."<br />
109) Si osservi la franchezza, da pari a pari con la quale il Buddha tratta Pasenadi dandogli<br />
dello sciocco.<br />
Franchezza dovuta non solo alla superiorità spirituale ma anche al rango regale che il<br />
Gotamide aveva per<br />
nascita.<br />
110) È detto contro gli asceti a metà i quali, per vivere fanno mercato della fiducia loro<br />
tributata dal popolo.<br />
111) L'apologo è molto importante perché illustra una delle caratteristiche fondamentali del<br />
Buddhismo:<br />
l'atteggiamento apofatico di fronte a qualunque questione, ritenendosi che solo L'esperienza<br />
diretta, totale,<br />
ineffabile, di tutta la realtà - che in sé è inessenziale - possa illuminare circa i suoi particolari<br />
aspetti, non già<br />
il pensiero discorsivo che coi suoi risultati si sovrappone alla serie degli eventi, senza peraltro<br />
risolverli.<br />
"112) Ahan-kara, qui non ha il Senso Sankhya di ""organo di individuazione"", bensì quello di<br />
idea per la<br />
quale lo ""io"" (aham) si ritiene ""agente"" (hara). "<br />
"Cioè la insostanzialità di tutti gli elementi dell'esistenza conduce a concepire i ""fatti"" di cui<br />
l'uomo è<br />
protagonista, come meri ""accadimenti"", nei quali egli tesse il karma universale. uno non e<br />
più ""agente o,
ma ""occasionale"" per il verificarsi di un avvenimento, che egli stesso, con una sua<br />
precedente azione si è<br />
meritato."<br />
Avitakka samaddhi lo stato cioè nel quale si realizza l'insostanzialità di tutte le cose, in seguito<br />
allo svanire<br />
delle concezioni mentali per mezzo delle quali esse si presentano alla coscienza.<br />
"115) Rajanukinna può anche significare ""offuscato dalla polvere"", così il WOODWARD, op.<br />
cit., pag. 85,<br />
rajas, rajo significando passione, polvere, agitazione, eccetera."<br />
"116) Con ciò il Buddha allude alla funzione ""mediana"" del suo insegnamento, detto appunto<br />
madhyamapratipad,<br />
""via di mezzo"", non perché stia a metà strada tra ascesi e godimento, bensì perchè rifugge la<br />
91<br />
""mortificazione della carne come fine a sé, e la ricerca del godimento come soluzione al<br />
problema del<br />
dolore."<br />
117) Nel mondo informale (in alto), e in quello delle forme (in basso).<br />
118) Delle nascite e delle morti.<br />
119) Il simbolo del carro, a significare il complesso psico-fisico umano, il proprio anche alle<br />
Upanisad<br />
antiche e medie (v. Katha-up., I, 3, 3, tradotta nelle nostre Upanisad antiche e medie, op. cit.,<br />
vol. 2, pag.<br />
195).<br />
"La ""ruota sola"" Ë indica lo stato di equilibrio di chi si fonda non sulla natura costituzionale,<br />
bensì<br />
sull'energia che lo spinge verso a mèta."<br />
Sanscrito Ajnata-Kaundinya, il primo dei cinque discepoli del Buddha.<br />
"Papanca-sanna-sankhd-pahanam (sanscrito prepanca-samjna-sankhya-apahdnam). Secondo<br />
lo scol.,<br />
papanca, ""sviluppo "", indica i sei ""ostacoli"": ragadosa-moha-ditthi-tanha-mana (passioneavversioneottundimento<br />
dottrina-""sete"" orgoglio)"<br />
122) Ajjhattam (sanscrito adhyatmam) corrisponde chiaramente alla kaya-gata-sati, la<br />
consapevolezza<br />
meditativa del proprio corpo e della sua alterità rispetto alla coscienza che lo pone come<br />
oggetto. È la prima<br />
delle quattro consapevolezze (V. note 45 e 46).<br />
123) Il verso allude alla disidentificazione rispetto ai processi psico-fisici, ottenuta mediante<br />
la<br />
consapevolezza a cui si accennerà nella nota precedente.<br />
"124) Upadhi, il ""substrato"" all'essere apparente dell'esperienza del mondo. Gli upadi sono,<br />
oltre ai cinque<br />
khanda, kama, kilesa e kamma."<br />
125) Nome originario (sanscrito Pataligranna) della città nel Magadha, più tardi nota come<br />
Pataliputta<br />
(sanscrito Pataigranna). V. anche nota 136.<br />
126) Pi¢ che di un fabbro pare che si truccasse di un ricco orefice.<br />
"127) Sukara-maddavam, ""tenerume da cinghiale"". Ritengo da respingersi l'interpretazione<br />
di ""carne di
maiale"", data anche la dieta vegetariana seguita dagli asceti indiani (v. RHYS DAVIDS, Budda.<br />
Sut., 71). I<br />
sintomi del malore che colse il Buddha sembrano, invece, quelli classici di un avvelenamento o<br />
indigestione<br />
di boletus satanas o boletus felleus, che producono una sindrome acre-resinoide, la quale<br />
induce ad emolisi e<br />
altri disturbi gastro-enterici (v. CAVARA F., Funghi e Tartufi, pagg. 30-39, Milano, 1934;<br />
MACCANI A.,<br />
Avvelenamento da funghi, Trento, 1915). I fenomeni colerici (visucika) ai quali, secondo<br />
l'Anguttara-nikaya,<br />
andò soggetto il Buddha, farebbero pensare anche a funghi di diversa natura, che producono<br />
una sindrome<br />
tossica, come l'Amanita Phalloides e l'Amanita Verna (vomito, sete, ecc.)."<br />
128) Simha-asana, consistente nello star sdraiato e disteso sul fianco destro braccio destro<br />
piegato si che la<br />
mano regga la testa, gamba sinistra, distese sulla destra in modo che il piede superiore posi<br />
sulla pianta di<br />
quello inferiore a posizione generalmente adottata dai monaci buddhisti durante il riposo.<br />
La locuzione sembra alludere all'evocazione dell'energia spirituale.<br />
Qui il monaco Cundaka si identifica a Cunda il fabbro come a far risaltare la provvidenzialità<br />
del cibo<br />
avvelenato da lui offerto al Buddha per dischiudergli inconsapevolmente la Suprema<br />
Estinzione. I due<br />
responsabili della morte del R,, Ananda - che non capì l'allusione contenuta nella narrazione<br />
(Cap. VI, I) - e<br />
Cunda, sono qui prescritti negli ultimi momenti del Buddha.<br />
131) Pamada. contrario all'appamoda (v. Dhammapado, nota 6), distrazione, o, meglio,<br />
mancanza di<br />
consapevolezza e di cosciente attenzione per tutto ciò che si pensa, si dice e si compie, il che,<br />
per la<br />
disciplina buddhista, e il peccato capitale, sorgente di tutti gli altri.<br />
132) Si tratta dei dassasjíaní, le dieci virtù, che fanno la pratica dell'Ottuplice Sentiero.<br />
133) Sanscrito Vrjji, stirpe drya del Magadha, dominata dal clan dei Licchavi (v. nota 41).<br />
134) Deità non meglio identificate, del rango dei genii loci, ecc.<br />
135) I Trentatré deva dell'Olimpo vedico.<br />
92<br />
136) La profezia è stata, naturalmente, interpretata come una profezia a posteriori dagli<br />
studiosi occidentali,<br />
inserita nel Canone al tempo dell'imperatore Asoka, allorché Pataliputra (greco oggi Patna)<br />
primeggiava fra<br />
le città indiane.<br />
"137) Titthe (sanscrito tirtha), ""guado"". Considerato sacro in India, come nell'antica Roma, il<br />
ponte è,<br />
pertanto, sinonimo di ""tempio""."<br />
138) Il senso del verso e che, mentre chi non è illuminato si adopera a traversare il flusso del<br />
samsara, colui<br />
che, invece, è illuminato, si trova implicitamente ad avere di già attraversato tale condizione.<br />
Condizione la<br />
quale, nella conoscenza esteriore, corrisponde all'esperienza dello spazio, nascente da un<br />
moto interiore del
quale non si afferrato, comunemente, le dimensioni ideali.<br />
139) La credenza popolare indiana affermava che se un airone, o una gru (kraunca), veniva<br />
nutrito con latte<br />
misto ad acqua, il volatile avrebbe separato i due componenti, bevendo solo il latte.<br />
140) Cioè, il lavacro illustratorio dopo il funerale.<br />
"141) L'aver qualcosa di caro (piyam, sanscrito priyam) significa qui l'identificazione<br />
""dolorosa""<br />
all'oggetto o alla persona amata. Il distacco (vairagya) predicato dal Buddha non contrasta,<br />
quindi, col<br />
precetto dell'Amorevolezza Universale (metta, maitri)."<br />
142) Discepolo del Buddha famoso per la sua affinità meditativa con l'elemento fuoco Si<br />
diceva, infatti, che<br />
nelle notti senza luna illuminasse la strada col suo pollice risplendente (Vin., III, pagg. 76-80,<br />
124).<br />
143) Si tratta invero di un processo yoghico che avviene sul piano del forze causanti spirituali.<br />
La<br />
realizzazione esteriore, fisica, è il simbolo della realtà che interiormente si invera.<br />
SINGALOVADASUTTANTA<br />
(ISTRUZIONE A SINGALAKA)<br />
Così ho sentito:<br />
1. Un tempo il Sublime dimorava a Rajagaha nel bosco . bambù, nel pascolo degli scoiattoli. In<br />
quel tempo<br />
Singalaka, figlio di famiglia, che dimorava a Rajagaha per la stagione delle piogge, mondo nelle<br />
vesti,<br />
mondo nei capelli 1, giunte le mani, onorava tutte le regioni: la regione del levante, la regione<br />
del mezzodì,<br />
la regione del ponente, la regione del settentrione, la regione del nadir, la regione dello zenit.<br />
2. Allora il Sublime, levatosi di buon mattino, presi scodella e mantello, entrò in Rajagaha per<br />
l'elemosina.<br />
Vide allora il Sublime Singalaka, figlio di famiglia, che dimorava a Rajagaha per la stagione<br />
delle piogge,<br />
mondo nelle vesti, mondo nei capelli, giunte le mani, onorare tutte le regioni: la regione del<br />
levante, la<br />
regione del mezzodì, la regione del ponente, la regione del settentrione, la regione del nadir, la<br />
regione dello zenit. Allora disse a Singalaka, figlio di famiglia, così:<br />
Perché tu, o figlio di famiglia, mentre dimori a Rajagaha per la stagione delle piogge, mondo<br />
nelle vesti,<br />
mondo nei capelli, giunte le mani, onori tutte le regioni: la regione del levante, la regione del<br />
mezzodì, la<br />
regione del ponente, la regione del settentrione, la regione del nadir, la regione dello Zenit? .<br />
" Mio padre, o signore, mentre compiva il suo tempo così mi disse: Possa tu, o caro, onorare le<br />
regioni "".<br />
Ed io, o signore, onorando, venerando, stimando, ossequiando la parola del padre, mentre<br />
dimoro a Rajagaha<br />
per la stagione delle piogge, mondo nelle vesti, mondo nei capelli, giunte le mani, onoro tutte<br />
le regioni: la<br />
regione del levante, la regione del mezzodì, la regione del ponente, la regione del settentrione,<br />
la regione del<br />
nadir, la regione dello zenit""."<br />
"a Non così, o figlio di famiglia, nelle regole del nobile si onorano le sei regioni ""."
E come, o signore, nella regola del nobile si onorano le sei regioni? Il Sublime, o signore, mi<br />
esponga quella<br />
dottrina per la quale, nella regola del nobile, si onorano le sei regioni .<br />
93<br />
Pertanto, o figlio di famiglia, odi e poni ben mente, io parlerò .<br />
Sì, o signore assentì Singalaka, il figlio di famiglia, al Sublime. Il Sublime così disse:<br />
"3. "" Pertanto, o figlio di famiglia, un nobile discepolo deve eliminare quattro cattivi elementi,<br />
in quattro<br />
modi non compie azioni dannose, non pratica sei cattive fonti di piacere. Egli così quattordici<br />
cose cattive<br />
rimuove e nelle sei regioni è protetto, ottiene la vittoria in entrambi i mondi, per lui e questo e<br />
l'altro mondo<br />
sono senza pericoli. Colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, felicemente risorge in mondo<br />
beato."<br />
"Quali sono, o figlio di famiglia, i quattro cattivi elementi da eliminare ? La distruzione della<br />
vita, o figlio di<br />
famiglia, è cattivo elemento, il prendere il non dato è cattivo elemento, il non retto<br />
comportamento per brame<br />
è cattivo elemento, il dire menzogna è cattivo elemento. Questi sono i quattro cattivi elementi<br />
da eliminare<br />
""."<br />
Così disse il Sublime.<br />
4. Così avendo detto il Benvenuto, soggiunse il Maestro così:<br />
Distruggere la vita, prendere il non dato, mentire, si dice, l'andar coll'altrui donna, ciò i saggi<br />
non approvano.<br />
"5. In quali quattro modi non si compie azione dannosa? Chi cammina sulla via della passione<br />
compie azione<br />
dannosa, chi cammina sulla via dell'ira compie azione dannosa, chi cammina sulla via del<br />
torpore compie<br />
azione dannosa, chi cammina sulla via della paura compie azione dannosa. In conseguenza, o<br />
figlio di<br />
famiglia, un nobile discepolo non cammina sulla via della passione, non cammina sulla via del<br />
l'ira, non<br />
cammina sulla via del torpore, non cammina sulla via della paura, ed in questi quattro modi<br />
non compie<br />
azione dannosa ""."<br />
Così disse il Sublime.<br />
6. Così avendo detto il Benvenuto, soggiunse il Maestro così:<br />
Per passione, per ira, per torpore e paura colui che trascura la legge<br />
la sua libertà distrugge,<br />
faccia nera della luna.<br />
Per passione, per ira, per torpore e paura colui che non trascura la legge<br />
aumenta la sua gloria,<br />
faccia lucente della luna.<br />
"7. Quali sei cattive fonti di piacere non pratica? Essere abitualmente e supinamente dedito a<br />
bevande<br />
spiritose, eccitanti è, o figlio di famiglia, una cattiva fonte di piacere; l'essere dedito a<br />
frequentare le strade in<br />
tempo non opportuno è una cattiva fonte di piacere; l'essere dedito a frequentare le feste è<br />
una cattiva fonte di
piacere; l'essere abitualmente e supinamente dedito ai giochi è una cattiva fonte di piacere;<br />
essere dedito a<br />
cattive compagnie è una cattiva fonte di piacere; essere dedito alla pigrizia è una cattiva fonte<br />
di piacere."<br />
8. Sei danni, o figlio di famiglia, vi sono nell'essere abitualmente e supinamente dedito a<br />
bevande spiritose,<br />
eccitanti: immediata perdita di denaro, incremento di dispute, occasione di malattie, perdita<br />
di stima,<br />
scostumatezza, indebolimento dell'intelligenza. Questi sono i sei danni, o figlio di famiglia,<br />
nell'essere<br />
abitualmente e supinamente dedito a bevande spiritose, eccitanti.<br />
9. Sei danni, o figlio di famiglia, vi sono nell'essere dediti a frequentare le strade in un tempo<br />
non opportuno:<br />
non si è né sicuri né protetti, non sono né sicuri né protetti la moglie ed i figli, non è sicura né<br />
protetta la<br />
proprietà, ci si trova in spiacevoli situazioni, si provocano non buone dicerie, e si è soggetti a<br />
molti cattivi<br />
elementi. Questi sono i sei danni, o figlio di famiglia, nell'essere dediti a frequentare le strade<br />
in tempo non<br />
opportuno.<br />
10. Sei danni, o figlio di famiglia, vi sono ad essere dediti a frequentare le feste: dove è la<br />
danza? Dove è il<br />
canto? Dove è la musica? Dove è la rappresentazione? Dove è il suono delle mani ? Dove è il<br />
tamburo?<br />
Questi sono i sei danni, o figlio di famiglia, nell'essere dediti a frequentare le feste.<br />
11. Sei danni, o figlio di famiglia, vi sono nell'essere abitualmente e supinamente dediti al<br />
gioco: la vittoria<br />
94<br />
implica la rivincita, il vincitore non si accontenta della sua vittoria, vi è manifesta perdita di<br />
denaro, [del<br />
giocatore] non si ascolta la voce ove intervenga in assemblea, è disprezzato da compagni ed<br />
amici, non è<br />
ricercato tra i possibili sposi, chi ha il vizio del gioco è marito mal gradito alla moglie. Questi<br />
sono i sei<br />
danni, o figlio di famiglia, nell'essere abitualmente e supinamente dediti al gioco.<br />
12. Sei danni, o figlio di famiglia, vi sono nell'essere dediti a cattive compagnie: giocatori,<br />
libertini, bevitori,<br />
fraudolenti, falsi, violenti, tra costoro sono i suoi amici e compagni. Questi sono i sei danni, o<br />
figlio di<br />
famiglia, nell'essere dedito a cattive compagnie.<br />
"13. Sei danni, o figlio di famiglia, vi sono nell'essere dedito alla pigrizia: ""È troppo freddo"", e<br />
non fa ciò<br />
che deve fare. "" ""È troppo caldo"", e non fa ciò che deve fare. ' "" È troppo tardi "", e non fa<br />
ciò che deve<br />
fare. "" È troppo presto "", e non fa ciò che deve fare. "" Ho troppo appetito "", e non fa ciò che<br />
deve fare. ""<br />
Sono troppo sazio "", e non fa"<br />
"ciò che deve fare. Così a costui, che così dimora colmo di ragioni di debito, mai non giunge la<br />
ricchezza.<br />
Questi sono i sei danni, o figlio di famiglia, nell'essere dediti alla pigrizia""."
Così disse il Sublime.<br />
"14. Così avendo detto il Benvenuto, soggiunse il Maestro così: ""vi è il compagno del<br />
bicchiere, e costui è<br />
tutta gentilezza, ma colui che, al momento del bisogno è compagno, costui è amico. Sin dopo<br />
l'alba con<br />
l'altrui donna, pronto al litigio, cattivi affari, cattive amicizie, durezza di cuore, questi sei<br />
rovinano l'uomo.<br />
Cattivo amico, cattivo compagno, non retto comportamento in questo mondo e nell'altro<br />
entrambi rovinano<br />
l'uomo. Gioco, donne, liquori, danza e canto, il giorno dormire, uscire di notte, cattivi<br />
compagni, durezza di<br />
cuore, questi sei rovinano l'uomo. Chi beve liquori è povero e miserabile, assetato frequenta le<br />
osterie. Come<br />
in acqua, così affonda nei debiti, rovina la famiglia, e presto mal finisce. Per l'abitudine di<br />
dormire il giorno,<br />
di veder, la notte, sorgere l'alba, per perpetua intossicante ebrietà non è possibile rimanere in<br />
casa. Troppo<br />
freddo, troppo caldo, troppo tardi, così dice, e vivendo rilassato fugge dal suo vantaggio."<br />
Chi il freddo ed il caldo non valuta più d'un filo d'erba, adempie al suo umano dovere e più la<br />
gioia non lo<br />
abbandona.<br />
15. Quattro, o figlio di famiglia, sono i falsi amici, da riconoscere come nemici. Chi sempre solo<br />
accetta è un<br />
falso amico, da riconoscere come nemico. Chi eccede nelle chiacchiere è un falso amico, da<br />
riconoscere<br />
come nemico. L'adulatore è un falso amico, da riconoscere come nemico. Il compagno in<br />
dissolutezze è un<br />
falso amico, da riconoscere come nemico.<br />
16. In quattro modi, o figlio di famiglia, chi solamente accetta è un falso amico, da riconoscere<br />
come<br />
nemico: solamente accetta, per poco chiede molto, solo per paura compie ciò che deve, fa solo<br />
ciò che gli è<br />
di vantaggio. In questi quattro modi, o figlio di famiglia, chi sempre solo accetta è un falso<br />
amico, da<br />
riconoscere come nemico.<br />
17. In quattro modi, o figlio di famiglia, chi eccede nelle chiacchiere è falso amico, da<br />
riconoscere come<br />
nemico: si professa amico nel passato, si professa amico nel futuro, vano è il suo aiuto, nelle<br />
necessità<br />
presenti è di completo danno. In questi quattro modi, o figlio di famiglia, chi eccede nelle<br />
chiacchiere è falso<br />
amico, da ben riconoscere come nemico.<br />
18. In quattro modi, o figlio di famiglia, l'adulatore è un falso amico, da riconoscere come<br />
nemico: egli<br />
favorisce le cose cattive, non favorisce le buone, di fronte dice cose piacevoli, in assenza dice<br />
cose<br />
spiacevoli. In questi quattro modi, o figlio di famiglia, l'adulatore è un falso amico, da ben<br />
riconoscere come<br />
nemico.
"19. In quattro modi, o figlio di famiglia, il compagno in dissolutezza è un falso amico, da<br />
riconoscere come<br />
nemico: è abitualmente e supinamente dedito a bevande spiritose, eccitanti, è dedito a<br />
frequentare le strade<br />
fuori tempo, è dedito a frequentare le feste, è abitualmente e supinamente dedito al gioco. In<br />
questi quattro<br />
modi, o figlio di famiglia, il compagno in dissolutezza è un falso amico, da ben riconoscere<br />
come nemico<br />
""."<br />
Così disse il Sublime.<br />
95<br />
20. Così avendo detto il Benvenuto, soggiunse il Maestro<br />
ff L'amico che solo accetta, quello che nelle chiacchiere eccelle, quello che con lusinga parla, ed<br />
il compagno<br />
di dissolutezza, questi quattro sono nemici. Così chi è dotto nella regola, da lungi li fugge come<br />
una strada di<br />
spavento.<br />
21. Quattro, o figlio di famiglia, sono gli amici da riconoscere come amici: l'amico servizievole<br />
è da<br />
riconoscere come amico, l'amico sempre uguale nella gioia e nel dolore è da riconoscere come<br />
amico,<br />
l'amico che indica ciò che è profittevole è da riconoscere come amico, l'amico<br />
compassionevole è da<br />
riconoscere come amico.<br />
22. In quattro modi, o figlio di famiglia, l'amico servizievole è da riconoscere come amico: ti<br />
difende quando<br />
sei in pericolo, difende la tua proprietà quando è in pericolo, è rifugio nel timore, in forti<br />
obblighi d'affari ti<br />
appresta doppio aiuto. In questi quattro modi, o figlio di famiglia, l'amico servizievole è da<br />
riconoscere come<br />
amico.<br />
23. In quattro modi, o figlio di famiglia, l'amico, sempre uguale nella gioia e nel dolore, è da<br />
riconoscere<br />
come amico: ti manifesta i suoi segreti, tiene nascosti i tuoi segreti, nella disgrazia non ti<br />
abbandona,<br />
sacrifica la vita al tuo vantaggio. In questi quattro modi, o figlio di famiglia, l'amico, sempre<br />
uguale nella<br />
gioia e nel dolore, è da riconoscere come amico.<br />
24. In quattro modi, o figlio di famiglia, l'amico, che indica ciò che è profittevole, è da<br />
riconoscere come<br />
vero amico indica ciò che è profittevole, ti impedisce il male,<br />
ti favorisce il bene, ti fa udire ciò che non odi, ti indica la via della felicità. In questi quattro<br />
modi, o figlio di<br />
famiglia, l'amico che indica ciò che è profittevole è da riconoscere come amico.<br />
25. In quattro modi, o figlio di famiglia, l'amico compassionevole è da riconoscere come vero<br />
amico: non si<br />
diletto, in ciò che a te non è di diletto, si diletta in ciò che a te è di diletto, confuta chi parla<br />
male di te,<br />
incoraggia chi parla bene di te. In questi quattro modi, o figlio di famiglia,<br />
"l'amico compassionevole è da riconoscere come amico""."
Così disse il Sublime.<br />
26. Così avendo detto il Benvenuto, soggiunse il Maestre così:<br />
L'amico servizievole, chi è amico nella gioia e nel dolore, l'amico che indica il profittevole,<br />
ehi è amico compassionevole, proprio questi quattro amici il dotto nella regola accudisce con<br />
amore, come<br />
madre il proprio figlio. Il dotto che segue la regola<br />
splende come fuoco sull'acqua. A ehi ammassa ricchezze, come sempre volante ape, le<br />
ricchezze vanno al<br />
cumulo, come alle schiere gli armati.<br />
Così, riunendo ricchezze,<br />
il laico è di molto vantaggio alla famiglia. Se in quattro parti divide il suo avere<br />
a sé gli amici lega: con una parte vive, con due prosegue i suoi affari, la quarta risparmia<br />
per eventuali sciagure.<br />
27. E come, o figlio di famiglia, un nobile discepolo onora le sei regioni ? Queste sei regioni, o<br />
figlio di<br />
famiglia, sono così da individuare: la regione del levante è da individuare in madre e padre, la<br />
regione del<br />
mezzodì è da individuare nel Maestro, la regione di ponente è da individuare nei figli e nella<br />
moglie, la<br />
regione di mezzanotte è da individuare negli amici e compagni, la regione del nadir è da<br />
individuare nei seni<br />
ed operai, la regione dello zenit è da individuare negli asceti e brahmani.<br />
"28. In cinque modi, o figlio di famiglia, nella regione del levante un figlio deve onorare madre<br />
e padre: da<br />
loro fui nutrito, ora li nutrirò; li sostituirò nelle loro incombenze; manterrò la tradizione di<br />
famiglia; accudirò<br />
l'eredità; infine offrirò offerte espiatorie agli spiriti dei defunti. Madre e padre, o figlio di<br />
famiglia, onorati<br />
nella regione del levante in questi cinque modi dal figlio, dimostrano la loro gratitudine al<br />
figlio a in cinque<br />
modi: lo difendono dal male, ne favoriscono il bene, lo istruiscono, lo sposano<br />
opportunamente, e a suo<br />
tempo gli lasciano l'eredità. Così madre e padre, onorati nella regione del levante in cinque<br />
modi dal figlio,<br />
96<br />
dimostrano al figlio gratitudine in questi cinque modi. E così a lui nella regione del levante è<br />
sicura<br />
tranquillità, mancanza di timore."<br />
29. In cinque modi, o figlio di famiglia, nella regione di mezzodì un discepolo deve onorare il<br />
Maestro: col<br />
levarsi in piedi, col servirlo, coll'obbedirlo, con l'onorarlo, con accoglierne rispettosamente<br />
l'insegnamento.<br />
Un maestro, o figlio di famiglia, onorato nella regione di mezzodì in questi cinque modi dal<br />
discepolo,<br />
dimostra la sua gratitudine al discepolo in cinque modi: lo educa con buona educazione, gli<br />
procura un buon<br />
sapere, gli comunica tutto ciò che sa, lo mette in buona luce tra gli amici ed i compagni,<br />
provvede a<br />
difenderlo da ogni pericolo. Così un maestro, onorato nella regione di mezzodì in cinque modi<br />
dal discepolo,
dimostra al discepolo gratitudine in questi cinque modi. E così<br />
a lui nella regione di mezzodì è sicura tranquillità, mancanza di timore.<br />
30. In cinque modi, o figlio di famiglia, nella regione di ponente un marito deve onorare la<br />
moglie: colla<br />
stima, colla mancanza di sospetto, col non tradirla, col non concederle autorità, col provvedere<br />
al suo<br />
ornamento. Una moglie, o figlio di famiglia, onorata nella regione di ponente in questi cinque<br />
modi dal<br />
marito, dimostra la sua gratitudine al marito in cinque modi: ben adempie al suo debito, ben<br />
dirige la servitù,<br />
non lo tradisce, ben conserva le provviste, è diligente e sollecita nei suoi doveri. Così una<br />
moglie, onorata<br />
nella regione del ponente in cinque modi dal marito, ! dimostra al marito gratitudine in questi<br />
cinque modi. E<br />
così a lui nella regione di ponente è sicura tranquillità, mancanza di timore.<br />
"31. In cinque modi, o figlio di famiglia, nella regione` di settentrione un figlio di nobile<br />
famiglia deve<br />
onorare gli amici: con doni, con cortesi parole, coll'agire a loro vantaggio, con imparzialità, con<br />
onestà. I<br />
compagni e gli amici, o figlio di famiglia, onorati nella regione di settentrione in questi cinque<br />
modi da un<br />
figlio di nobile famiglia, dimostrano la loro gratitudine al figlio di nobile famiglia in cinque<br />
modi: lo<br />
difendono se è in pericolo, ne difendono la proprietà se è in pericolo, gli sono di rifugio nel<br />
timore, non lo<br />
abbandonano nella sventura, e ne onorano la famiglia. Così compagni ed amici, onorati nella<br />
regione del<br />
settentrione in cinque modi da un figlio di nobile famiglia, dimostrano al figlio di nobile<br />
famiglia gratitudine<br />
in questi cinque modi. E così a lui nella regione di settentrione è sicura tranquillità, mancanza<br />
di timore""."<br />
32. In cinque modi, o figlio di famiglia, nella regione del nadir un nobile signore deve onorare i<br />
servi e gli<br />
operai: col distribuire il lavoro secondo la forza, col distribuire cibo e stipendio, col curarli se<br />
ammalati, col<br />
concedere piaceri straordinari, con lasciare loro, a tempo debito, libertà. Servi ed operai, o<br />
figlio di famiglia,<br />
onorati nella regione del nadir in questi cinque modi da un nobile signore, dimostrano la loro<br />
gratitudine al<br />
nobile signore in cinque modi: si alzano presto, si coricano tardi, prendono solo quanto loro è<br />
dato, fanno<br />
bene il lavoro, e diffondono intorno a lui buona fama. Così servi ed operai, onorati nella<br />
regione del nadir in<br />
cinque modi da un nobile signore, dimostrano al nobile signore gratitudine in questi cinque<br />
modi. E così a lui<br />
nella regione del nadir è sicura tranquillità, mancanza di timore.<br />
"33. In cinque modi, o figlio di famiglia, nella regione dello zenit un figlio di nobile famiglia<br />
deve onorare<br />
asceti e brahmani: con amichevole comportamento nelle opere, con amichevole<br />
comportamento nelle parole,
con amichevole comportamento nei pensieri, col tener loro aperta la porta [della propria<br />
casa], col<br />
provvedere alla loro vita. Asceti e brahmani, o figlio di famiglia, onorati nella regione dello<br />
zenit in questi<br />
cinque modi da un figlio di nobile famiglia, dimostrano la loro gratitudine al figlio di famiglia<br />
in cinque<br />
modi: gli tengono lontano il male, gli propiziano il bene, gli fanno udire ciò che non ha udito,<br />
gli rendono<br />
chiaro ciò che ode, gli indicano la via della beatitudine. Così asceti e brahmani, onorati nella<br />
regione dello<br />
zenit in cinque modi da un figlio di nobile famiglia, dimostrano al figlio di nobile famiglia<br />
gratitudine in<br />
questi cinque modi. E così a lui nella regione dello zenit è sicura tranquillità, mancanza di<br />
timore""."<br />
Così disse il Sublime.<br />
34. Così avendo detto il Benvenuto, soggiunse il Maestro così:<br />
Madre e padre, la regione del levante, il maestro, la regione del mezzodì, figli e moglie, la<br />
regione del<br />
ponente, compagni ed amici, la regione del settentrione, servi ed operai, la regione del nadir, e<br />
lo zenit, asceti<br />
e brahmani.<br />
97<br />
Queste regioni onorando,<br />
il laico ha molto profitto nella famiglia,<br />
dotto, seguace di retta condotta,<br />
gentile ed intelligente,<br />
senza passione, non ostinato<br />
sicuramente diviene così.<br />
Alacre, sano,<br />
senza timore di sciagura,<br />
integro e comprensivo,<br />
sicuramente diviene così.<br />
Cortese, amichevole<br />
generoso, non invidioso,<br />
guida, istruttore, maestro,<br />
sicuramente diviene così.<br />
Munifico e di cortesi parole,<br />
di profittevole comportamento, .<br />
equanime nelle vicende,<br />
proprio così merita lode.<br />
Per il mondo la cortesia<br />
è come l'asse per il giro della ruota.<br />
Se cortesia non vi fosse,<br />
la madre dai suoi figli<br />
non avrebbe rispetto ed onore,<br />
né il padre dai suoi figli.<br />
Quanto più alla cortesia -<br />
è intento il savio,<br />
tanto più ottiene grandezza,<br />
" tanto più è glorificato""."
35. Così essendo stato detto, Singalaka, il figlio di fami<br />
glia, disse al Sublime così: .<br />
È meraviglioso, o signore, è meraviglioso, o signore.<br />
"Come, o signore, si raddrizzasse ciò che era rovesciato, come si scoprisse ciò che era coperto,<br />
come ad uno<br />
smarrito si mostrasse la strada, come nell'oscurità si portasse una lampada: "" Chi ha gli occhi<br />
vedrà le forme<br />
"", proprio così dal Sublime con più di un argomento fu esposta la Dottrina. Ed io, o signore,<br />
prendo rifugio<br />
nel Sublime, nella Dottrina, nell'ordine dei monaci. Devoto seguace il Sublime voglia<br />
accogliermi quale<br />
prendente rifugio da oggi per la vita """<br />
SINGALO VADA SUTTANTA<br />
FINE<br />
(Traduzione di Eugenio Frola)<br />
Così ho sentito:<br />
1. Un tempo il Sublime dimorava a Savatthi nel parco di levante sulla terrazza della madre di<br />
Migara. In quel<br />
tempo Vasettha e Bharadvaja abitavano tra i monaci, ponendo quesiti ai monaci. Allora il<br />
Sublime, sul far<br />
98<br />
della sera, uscito dalla meditazione, disceso dal terrazzo, camminava all'aperto all'ombra del<br />
terrazzo.<br />
2. Vide allora Vasettha il Sublime che, sul far della sera, uscito dalla meditazione, disceso dal<br />
terrazzo,<br />
camminava all'aperto all'ombra del terrazzo. Allora si rivolse a Bharadvaja:<br />
Quegli, o amico Bharadvaja, il Sublime, sul far della sera, uscito dalla meditazione, disceso dal<br />
terrazzo,<br />
cammina all'aperto all'ombra del terrazzo. O amico, noi ci accosteremo al Sublime e così forse<br />
riusciremo ad<br />
udire dal Sublime un discorso sulla dottrina.<br />
Sì, o amico assentì Bharadvaja a Vasettha. Allora Vasettha e Bharadvaja si accostarono al<br />
Sublime, ed<br />
avendolo salutato, camminarono accanto al Sublime che camminava<br />
3. Allora il Sublime si rivolse a Vasettha.<br />
Voi, o Vasettha, siete di nascita brahmani, figli di brahmani, di stirpe brahmana, ed avete<br />
lasciata la casa per<br />
l'anacoretismo. E, o Vasettha, i brahmani non vi rimproverano, non vi criticano?.<br />
Certo, o signore, i brahmani ci rimproverano, ci criticano, con una riprovazione completa,<br />
senza mezzi<br />
termini .<br />
E per qual ragione, o Vasettha, i brahmani vi rimproverano, vi criticano con una riprovazione<br />
completa,<br />
senza mezzi termini ?.<br />
" I brahmani, o signore, così dicono: Eccelsa è la casta brahmana, basse le altre caste; pura è la<br />
casta<br />
brahmana, nere le altre caste. I brahmani ben si purificano, non coloro che non sono<br />
brahmani. I brahmani<br />
sono figli di Brahma, legittimi, nati dalla sua fronte, fatti da Brahma, creati da Brahma,<br />
consustanziali a
Brahma. Voi avete lasciato una casta eccelsa e siete entrati in casta bassa: infatti i tonsurati<br />
asceti solitari<br />
sono impuri, usciti dai piedi di Brahma. Così non è bene, non è bello che voi, abbandonando<br />
una casta<br />
eccelsa, siate entrati in una casta bassa: infatti i tonsurati asceti solitari sono impuri, usciti dai<br />
piedi di<br />
Brahma"". Proprio così i brahmani, o signore, ci rimproverano, ci criticano con una<br />
riprovazione completa,<br />
senza mezzi termini""."<br />
"4. ""Ordunque, o Vasettha, i brahmani pur ignorando le origini, così dicono: ""eccelsa è la<br />
casta brahmana,<br />
basse le altre caste; pura è la casta brahmana, nere le altre caste I brahmani ben si purificano,<br />
non coloro che<br />
non sono brahmani. I brahmani sono figli di Brahma, legittimi, nati dalla sua fronte, fatti da<br />
Brahma, creati<br />
da Brahma, consustanziali a Brahma "". Ma si vedono, o Vasettha, brahmane gestanti e<br />
partorienti, fecondate<br />
e gravide di brahmani, e questi brahmani, pur nati da ventre di donna, così dicono: "" eccelsa è<br />
la casta<br />
brahmana, basse le altre caste; pura è la casta brahmana, nere le altre caste. I brahmani ben si<br />
purificano, non<br />
coloro che non sono brahmani. I brahmani sono figli di Brahma, legittimi, nati dalla sua fronte,<br />
fatti da<br />
Brahma, creati da Brahma, consustanziali a Brahma"". Costoro così bestemmiano Brahma,<br />
dicono menzogne<br />
e producono molto demerito."<br />
5. Quattro, o Vasettha sono le caste: i nobili, i brahmani, i borghesi, i servi. Ecco, o Vasettha, un<br />
nobile è un<br />
uccisore, uno che prende il non dato, che mal si comporta per le brame, un menzognero, un<br />
insolente, un<br />
ciarliero, un avido, è di mente astiosa, di non retta opinione. Allora, o Vasettha, quelli che in<br />
costui sono gli<br />
elementi non salutari sono chiamati (1) non salutari, ciò che è biasimevole, è chiamato<br />
biasimevole, ciò che è<br />
da non seguirsi è chiamato da non seguirsi, ciò che è non nobile è chiamato non nobile, e le<br />
cose oscure<br />
producono frutti oscuri e sono da biasimarsi con intelligenza. Proprio, o Vasettha, alcuni nobili<br />
vivono in tal<br />
modo.<br />
Ecco, o Vasettha, un brahmano è un uccisore, uno che prende il non dato, che mal si comporta<br />
per le brame,<br />
un menzognero, un insolente, un ciarliero, un avido, è di mente astiosa, di non retta opinione.<br />
Allora, o<br />
Vasettha, quelli che in costui sono gli elementi non salutari sono chiamati non salutari, ciò che<br />
è biasimevole<br />
è chiamato biasimevole, ciò che non è da seguirsi è chiamato da non seguirsi, ciò che non è<br />
nobile è<br />
chiamato non nobile, e le cose oscure producono frutti oscuri e sono da biasimarsi con<br />
intelligenza. Proprio,
o Vasettha, alcuni brahmani vivono in tal modo. Ecco, o Vasettha, un borghese è un uccisore,<br />
uno che prende<br />
il non dato, che mal si comporta per le brame, un menzognero, un insolente, un ciarliero, un<br />
avido, è di<br />
mente astiosa, di non retta opinione. Allora, o Vasettha, quelli che in costui sono gli elementi<br />
non salutari<br />
sono chiamati non salutari, ciò che è biasimevole è chiamato biasimevole, ciò che non è da<br />
seguirsi è<br />
99<br />
chiamato da non seguirsi, ciò che non è nobile è chiamato non nobile, e le cose oscure<br />
producono frutti<br />
oscuri e sono da biasimarsi con intelligenza. Proprio, o Vasettha, alcuni borghesi vivono in tal<br />
modo. Ecco, o<br />
Vasettha, un servo è un uccisore, uno che prende il non dato, che mal si comporta per le<br />
brame, un<br />
menzognero, un insolente, un ciarliero, un avido, è di mente astiosa, di non retta opinione.<br />
Allora, o<br />
Vasettha, quelli che in costui sono gli elementi non salutari sono chiamati non salutari, ciò che<br />
è biasimevole<br />
è chiamato biasimevole, ciò che è da non seguirsi è chiamato da non seguirsi, ciò che è non<br />
nobile è<br />
chiamato non nobile, e le cose oscure producono frutti oscuri e sono da biasimarsi con<br />
intelligenza. Proprio,<br />
o Vasettha, alcuni servi vivono in tal modo.<br />
6. Un nobile, o Vasettha si astiene dall'uccidere, si astiene dal prendere il non dato, si astiene<br />
da cattivo<br />
comportamento per le brame, si astiene da menzogna, si astiene da insolenza, si astiene da<br />
ciarla, non è<br />
avido, è di mente non astiosa, di retta opinione. Allora, o Vasettha, quelli che in costui sono gli<br />
elementi<br />
salutari sono chiamati salutari, ciò che è lodevole è chiamato lodevole, ciò che è da seguirsi è<br />
chiamato da<br />
seguirsi, ciò che è nobile è chiamato nobile, gli elementi gioiosi producono frutti gioiosi e sono<br />
da lodarsi<br />
con intelligenza. Proprio, o Vasettha, alcuni nobili vivono in tal modo. Un brahmano, o<br />
Vasettha, si astiene<br />
dall'uccidere, si astiene dal prendere il non dato, si astiene da cattivo comportamento per le<br />
brame, si astiene<br />
da menzogna, si astiene da insolenze.., si astiene da ciarla, non è avido, è di mente non astiosa,<br />
di retta<br />
opinione. Allora, o Vasettha, quelli che in costui sono gli elementi salutari sono chiamati<br />
salutari, ciò che è<br />
lodevole è chiamato lodevole, ciò che è da seguirsi è chiamato da seguirsi, ciò che è nobile è<br />
chiamato<br />
nobile, gli elementi gioiosi producono frutti gioiosi e sono da lodarsi con intelligenza. Proprio,<br />
o Vasettha,<br />
alcuni nobili vivono in tal modo. Un borghese, o Vasettha, si astiene dall'uccidere, si astiene<br />
dal prendere il<br />
non dato, si astiene da cattivo comportamento per le brame, si astiene da menzogna, si astiene<br />
da insolenza,
si astiene da ciarla, non è avido, è di mente non astiosa, di retta opinione. Allora, o Vasettha,<br />
quelli che in<br />
costui sono gli elementi salutari sono chiamati salutari, ciò che è lodevole è chiamato lodevole,<br />
ciò che è da<br />
seguirsi è chiamato da seguirsi, ciò che è nobile è chiamato nobile, gli elementi gioiosi<br />
producono frutti<br />
gioiosi e sono da lodarsi con intelligenza. Proprio, o Vasettha, alcuni borghesi vivono in tal<br />
modo. Un servo,<br />
o Vasettha, si astiene dall'uccidere, si astiene dal prendere il non dato, si astiene da cattivo<br />
comportamento<br />
per le brame, si astiene da menzogna, si astiene da insolenza, si astiene da ciarla, non è avido,<br />
è di mente non<br />
astiosa, di retta opinione. Allora, o Vasettha, quelli che in costui sono gli elementi salutari sono<br />
chiamati<br />
salutari, ciò che è lodevole è chiamato lodevole, ciò che è da seguirsi è chiamato da seguirsi,<br />
ciò che è nobile<br />
è chiamato nobile, gli elementi gioiosi producono frutti gioiosi e sono da lodarsi con<br />
intelligenza. Proprio, o<br />
Vasettha, alcuni servi vivono in tal modo.<br />
"7. Proprio così, o Vasettha, nelle quattro caste l'elemento puro ed impuro, insieme mescolati<br />
sono con<br />
intelligenza da biasimare, o con intelligenza da lodare. Ma che i brahmani dicano: "" eccelsa è<br />
la casta<br />
bramana, basse le altre caste, pura è la casta bramana, nere le altre caste. I brahmani ben si<br />
purificano, non<br />
coloro che non sono brahmani. I brahmani sono figli di Brahma, legittimi, nati dalla sua fronte,<br />
fatti da<br />
Brahma, creati da Brahma, consustanziali a Brahma""; ciò non si deve loro concedere. E quale<br />
di ciò la<br />
ragione? Su queste quattro caste, un monaco santo, che ha esausto gli asava, che ha raggiunta<br />
la perfezione,<br />
che ha compiuto ciò che era da compiersi, che ha deposto il fardello, che ha raggiunto la meta,<br />
che ha<br />
infranto i legami dell'essere, perfettamente libero da alterità, costui giustamente, non<br />
ingiustamente è da<br />
proclamarsi il primo su tutti. La dottrina, o Vasettha, è eccelsa ad ogni essere e in questo<br />
visibile mondo e nel<br />
mondo futuro."<br />
8. Ed è, o Vasettha, per il seguente argomento che si può affermare: la dottrina è eccelsa ad<br />
ogni essere e in<br />
questo visibile mondo e nel mondo futuro.<br />
"Ben sa, o Vasettha, il re Pasenadi del Kosala: "" l'asceta Gotama a nessuno secondo ha lasciato<br />
la stirpe dei<br />
Sakya"". I Sakya, o Vasettha, sono vassalli del re Pasenadi del Kosala. I Sakya, o Vasettha,<br />
prestano aiuto,<br />
rispetto, riverenza, ossequio, omaggio al re Pasenadi del Kosala. E proprio quell'aiuto, quel<br />
rispetto, quella<br />
riverenza, quell'ossequio, quell'omaggio che i Sakya portano al re Pasenadi del Kosala, proprio<br />
lo stesso,
aiuto, lo stesso rispetto, la stessa riverenza, lo stesso ossequio, lo stesso omaggio il re<br />
Pasenadi del Kosala<br />
100<br />
porta al Compiuto: "" forse non è ben nato l'asceta Gotama ?"<br />
"Allora anch'io sono mal nato, non è forte l'asceta Gotama? Allora debole io sono, non amabile<br />
l'asceta<br />
Gotama? Spiacevole io sono, non molto potente è l'asceta Gotama? Poco potente io sono "". E<br />
siccome onora<br />
la dottrina, venera la dottrina, rispetta la dottrina, stima la dottrina, il re Pasenadi del Kosala<br />
porta al<br />
Compiuto aiuto, rispetto, riverenza, ossequio, omaggio. È per questo argomento, o Vasettha,<br />
che si può<br />
affermare: la dottrina è eccelsa ad ogni essere e in questo visibile mondo e nel mondo del<br />
futuro."<br />
"9. Voi ora, o Vasettha, avete lasciato la casa per l'anacoretismo, non siete più della stessa<br />
nascita, dello<br />
stesso nome, della stessa famiglia, della stessa stirpe di prima. "" Chi siete voi?"". Essendo così<br />
interrogato:<br />
""Siamo asceti del figlio dei Sakya "" voi affermerete. E colui che nel Compiuto ha fiducia certa,<br />
radicata,<br />
stabile, solida, non distruggibile, ad un asceta o brahmano, ad un dio, a Mara, od a Brahma, a<br />
chiunque nel<br />
mondo, sempre così deve affermare: "" Io sono figlio del Sublime, legittimo, nato dalla sua<br />
fronte, fatto di<br />
dottrina, creato dalla dottrina, consustanziale alla dottrina "". E perché ciò ? Il Compiuto, o<br />
Vasettha, così<br />
afferma, un corpo accordato colla dottrina è un corpo accordato con Brahma, chi diviene<br />
dottrina, diviene<br />
Brahma."<br />
10. Vi è, o Vasettha, un certo momento, o questo o quello, in cui dopo lungo lasso di tempo il<br />
mondo si<br />
evolve. Evolvendosi il mondo praticamente gli esseri si evolvono come dèi raggianti (2). Essi<br />
allora sono<br />
fatti di pensiero, nutriti di beatitudine, da sé irradiano luce, sono di struttura aerea,<br />
costantemente gloriosi, a<br />
lungo, per lungo tempo, rimangono. Vi è, o Vasettha, un certo momento, questo o quello, in cui,<br />
dopo lungo<br />
lasso di tempo, questo mondo si involve. Nel mondo involutosi gli esseri, trapassando dal coro<br />
degli dèi<br />
raggianti, sorgono. Costoro sono fatti di pensiero, nutriti di beatitudine, da sé irradiano luce,<br />
sono di struttura<br />
aerea, costantemente gloriosi, a lungo, per lungo tempo, rimangono.<br />
11. Una natura acquea, o Vasettha, fu a quel tempo, circondata dal buio, dal buio delle tenebre.<br />
Non erano<br />
apparsi né luna né sole, non apparse le costellazioni, né la luce delle stelle, non apparsi la<br />
notte ed il giorno,<br />
non plenilunio, né novilunio, non il ciclo delle stagioni, non femmina, né maschio. Gli esseri<br />
solo come<br />
esseri erano conosciuti. Allora a questi esseri, dopo lungo spazio di tempo, la terra come<br />
sapore emerse (3)
dalle acque. Come sopra latte bollito e poi raffreddato si forma una pelle, proprio così si<br />
manifestò, e fu<br />
dotata di colore, dotata di odore, dotata di consistenza (4), il suo sapore fu quale di burro<br />
chiarificato, di<br />
burro fresco. Quale il chiaro miele di api tale fu la sua dolce consistenza.<br />
"12. Allora, o Vasettha, un certo essere che viveva in agitazione: "" oh che sarà mai ciò ? ""<br />
saggiò col dito la<br />
terra come sapore. Ecco che la, saggiata col dito (5), terra come sapore ricoprì costui, e la sete<br />
entrò in lui.<br />
Allora altri esseri, o Vasettha, vollero imitare quell'essere e saggiarono col dito la terra come<br />
sapore. E la,<br />
saggiata col dito, terra come sapore ricoprì costoro, e la sete entrò in loro. Allora, o Vasettha,<br />
gli esseri<br />
incominciarono per sostenersi a nutrirsi a piene mani della terra come sapore, e così cessò<br />
loro la facoltà di<br />
emettere luce. Cessata agli esseri la facoltà di emettere luce, ecco apparire il sole e la luna (6).<br />
Apparsi sole e<br />
luna, apparvero le costellazioni e la luce delle stelle. Apparse le costellazioni e la luce delle<br />
stelle, si<br />
conobbero il giorno e la notte, noti giorno e notte, si conobbero il plenilunio ed il novilunio,<br />
noti plenilunio e<br />
novilunio si conobbe il ciclo delle stagioni (7)."<br />
"13. Allora, o Vasettha, gli esseri che si erano nutriti della prima terra, in tale nutrimento, in<br />
tale cibo,<br />
rimasero per lungo lasso di tempo. E man mano che quegli si nutrivano di tale nutrimento, di<br />
tale cibo,<br />
entrava nel loro corpo la: grossolanità e così furono noti il bello ed il brutto. Alcuni esseri, o<br />
Vasettha, erano<br />
belli, ed alcuni esseri erano brutti: gli esseri belli disprezzano gli esseri brutti. "" Noi siamo<br />
più, belli di<br />
costoro, costoro sono più brutti di noi"". Allora, o Vasettha, agli esseri, a causa di coloro che<br />
erano<br />
sprezzanti per alta opinione della loro bellezza, venne a mancare la terra come sapore. E per<br />
la mancanza<br />
della terra come sapore si riunirono, si lamentarono: ""oh il sapore! oh il sapore!"" E così, o<br />
Vasettha, anche<br />
ora gli uomini, quando hanno gustato un buon sapore a loro è: "" oh il sapore ! oh il sapore ! "".<br />
E così<br />
pronunciano un'antica primordiale frase senza conoscerne il significato."<br />
"14. Allora, o Vasettha, agli esseri, cui era venuta a man care la terra come sapore, si manifestò<br />
sulla terra la<br />
capacità di germogliare. E come i funghi si manifestano, proprio così si manifestò. E ciò che<br />
germogliava fu<br />
101<br />
dotato di colore, fu dotato di odore, fu dotato di consistenza. Il suo sapore fu quale di burro<br />
chiarificato, di<br />
burro fresco. Quale il chiaro miele di api tale fu la sua dolce consistenza. Allora gli esseri si<br />
avvicinavano a<br />
ciò che germogliava dalla terra per nutrirsene. E costoro, o Vasettha, in tale nutrimento, in tale<br />
cibo rimasero
per lungo lasso di tempo. E man mano che quegli esseri si nutrivano di tale nutrimento, di tale<br />
cibo, entrava<br />
nel loro corpo la grossolanità: e così furono noti il bello ed il brutto. Alcuni esseri, o Vasettha,<br />
erano belli, ed<br />
alcuni esseri erano brutti: gli esseri belli disprezzarono gli esseri brutti "" Noi siamo più belli<br />
di costoro,<br />
costoro sono più brutti di. noi"". Allora, o Vasettha, agli esseri, a causa di coloro che erano<br />
sprezzanti per<br />
l'alta opinione della loro bellezza, venne a mancare ciò che germogliava dalla terra. Venuto a<br />
mancare ciò<br />
che germogliava dalla terra apparvero le piante rampi canti. E come il bambù, proprio così<br />
apparvero. E<br />
furono dotate di colore, di odore, di consistenza. Ed il loro sapore fu quale di burro<br />
chiarificato, fu quale di<br />
burro fresco. Quale il chiaro miele di api, tale fu la loro dolce consistenza."<br />
"15. Allora, o Vasettha, gli esseri si avvicinarono alle piante rampicanti per nutrirsi. E costoro,<br />
o Vasettha, in<br />
tale nutrimento, in tale cibo, rimasero per lungo lasso di tempo. E man mano che quegli esseri<br />
si nutrivano di<br />
tale nutrimento, di tale cibo, entrava nel loro corpo la grossolanità: e così furono noti il bello<br />
ed il brutto.<br />
Alcuni esseri, o Vasettha, erano belli ed alcuni esseri erano brutti: gli esseri belli<br />
disprezzarono gli esseri<br />
brutti. "" Noi siamo più belli di costoro, costoro sono più brutti di noi "". Allora, o Vasettha, agli<br />
esseri, a<br />
causa di coloro che erano sprezzanti per l'alta opinione della loro bellezza, vennero a mancare<br />
le piante<br />
rampicanti. Essendo venute a mancare le piante rampicanti, gli esseri si radunarono e si<br />
lamentarono: ""a noi<br />
prima erano, ma ora sparirono le piante "". E così, o Vasettha, anche ora gli uomini quando a<br />
loro vien a<br />
mancare qualcosa a loro così è: "" a noi prima era, ma ora sparì ciò "". E così pronunciano<br />
un'antica<br />
primordiale frase senza conoscerne il significato."<br />
"16. Allora, o Vasettha, agli esseri, cui erano venute a mancare le piante rampicanti si<br />
manifestò il riso che<br />
non richiedeva aratura e cottura, libero da polvere, libero da loppa, ben odorante, in grani. E<br />
quanto alla sera<br />
consumavano per il loro pasto serale, altrettanto al mattino rigermogliava pronto. E quanto al<br />
mattino<br />
consumavano per il pasto mattutino altrettanto alla sera rigermogliava pronto. E così non era<br />
noto il pilare. E,<br />
o Vasettha, allora quegli esseri che si cibavano di quel riso che non richiedeva aratura e<br />
cottura, in tale<br />
nutrimento, in tale cibo rimasero per lungo lasso di tempo. E man mano che gli esseri si<br />
cibavano di tale<br />
nutrimento di tale cibo entrava nel loro corpo la grossolanità, e così furono noti il bello ed il<br />
brutto. E nelle<br />
donne apparve la matrice, e negli uomini la verga. E la donna troppo a lungo ammirò l'uomo,<br />
l'uomo troppo a
lungo ammirò la donna. Ed in costoro, che troppo a lungo l'un l'altra si ammiravano, sorse<br />
affatto ed entrò<br />
nei corpi la passione. Costoro a causa della passione indulsero all'elemento sessuale. Ed in<br />
quel tempo si<br />
videro gli esseri che avevano indulto all'elemento sessuale, alcuni cospargersi di polvere, altri<br />
cospargersi di<br />
cenere, altri cospargersi di sterco vaccino: "" scompaia l'impuro, scompaia l'impuro. E che un<br />
essere così può<br />
fare ad un altro essere? "". Ed ora, in certe province, allorquando gli uomini conducono in<br />
sposa una<br />
fanciulla, alcuni si cospargono di polvere, altri si cospargono di cenere, altri si cospargono di<br />
sterco vaccino.<br />
Ed essi così ripetono un antico primordiale gesto, ma non ne conoscono il significato."<br />
"17. In quei tempi, o Vasettha, erano considerate non giuste cose che ora sono considerate<br />
giuste. Gli esseri,<br />
che in quel tempo avevano indulto all'elemento sessuale, per un mese, o per due mesi, non<br />
potevano abitare il<br />
villaggio o la città. E siccome gli esseri in quel tempo compivano molti falli nei rapporti<br />
sessuali, presero<br />
così a costruire delle città, in cui si potessero nascondere i rapporti sessuali. Allora, o<br />
Vasetthai, ad un certo<br />
essere particolarmente debole così fu: "" certo io sono oppresso dal cibarmi di riso ed alla sera<br />
nel pasto<br />
serale, ed alla mattina nel pasto mattutino. E se io ora mangiassi il riso solo una volta, al<br />
mattino, nel pasto<br />
mattutino?"". Allora, o Vasettha, quell'essere mangiò il riso solo una volta (8), al mattino, nel<br />
pasto<br />
mattutino. Allora, o Vasettha, un altro essere si accostò a quell'essere ed essendosi accostato<br />
così gli disse:<br />
""Caro essere, andiamo a mangiare il riso "". "" Orsù, o caro essere, io mangio il riso una sola<br />
volta, al<br />
mattino, al pasto mattutino "". Allora, o Vasettha, quest'essere per emulare quello si cibò di<br />
riso una sola<br />
volta ogni due giorni: "" così certo è bene "". Allora, o Vasettha, un altro essere si accostò a<br />
quest'ultimo, ed<br />
essendosi accostato, così gli disse: "" Caro essere, andiamo a mangiare il riso "". "" Orsù,"<br />
102<br />
"o caro essere, io mangio il riso una sola volta ogni due giorni "". Allora, o Vasettha, quest'altro<br />
essere per<br />
emulare quell'altro si cibò di riso una sola volta ogni quattro giorni: "" così certo è bene "".<br />
Allora, o<br />
Vasettha, un altro essere ancora si accostò a quell'altro, essendosi accostato, così gli disse: ""<br />
Caro essere,<br />
andiamo a mangiare il riso "". "" Orsù, o caro essere, io mangio il riso una sola volta ogni<br />
quattro giorni "".<br />
Allora, o Vasettha, l'ultimo essere per emulare l'altro si cibò di riso una sola volta ogni o""o<br />
giorni. "" Così<br />
certo è bene "". Pertanto, o Vasettha, gli esseri poco alla volta cominciarono a mangiare del<br />
riso i cui grani
erano coperti di polvere, erano coperti di loppe, del riso che, colto, più non rigermogliava. Ed<br />
ecco che si<br />
rese noto il pilare, e rimasero le stoppie."<br />
"18. Allora, o Vasettha, gli esseri si radunarono e così si lamentarono: "" Certo degli elementi<br />
non salutari<br />
sono comparsi tra gli esseri. Una volta eravamo fatti di pensiero, ci nutrivamo di beatitudine,<br />
irradiavamo<br />
luce, eravamo di struttura aerea, costantemente gloriosi, e così restammo per lungo lasso di<br />
tempo. Indi, dopo<br />
un lungo lasso di tempo la terra come sapore apparve sulle acque, ed era dotata di colore, di<br />
odore, di<br />
consistenza. Allora noi cominciammo a prendere a piene mani la terra come sapore per<br />
nutrirci. Ed a noi, che<br />
avevamo cominciato a prendere a piene mani la terra come sapore per nutrirci, sparve la<br />
luminosità. Collo<br />
sparire della nostra luminosità apparvero la luna ed il sole, apparsi la luna ed il sole,<br />
apparvero le<br />
costellazioni e la luce delle stelle. Apparse le costellazioni e la luce delle stelle conoscemmo il<br />
giorno e la<br />
notte. Noti il giorno e la notte, conoscemmo i pleniluni ed i noviluni, noti pleniluni e noviluni,<br />
conoscemmo<br />
il corso delle stagioni. Così ci nutrimmo della terra come sapore e con tal cibo, tal nutrimento,<br />
rimanemmo<br />
per lungo lasso di tempo. Ma comparvero elementi oscuri e non salutari, ed a noi venne a<br />
mancare la terra<br />
come sapore. Venuta a mancare la terra come sapore si manifestò ciò che germogliava sul<br />
suolo. E ciò fu<br />
dotato di colore, di odore e consistenza. E noi cominciammo a nutrirsi di ciò che germogliava"<br />
"sul suolo. Noi dunque ci cibammo di ciò che germogliava sul suolo e con tale cibo, con tale<br />
nutrimento,<br />
dimorammo per lungo lasso di tempo. Ma comparvero elementi oscuri e non salutari, ed a noi<br />
venne a<br />
mancare ciò che germogliava sul suolo. Venuto a mancare ciò che germogliava nel suolo si<br />
manifestarono a<br />
noi le piante rampicanti. Ed erano dotate di colore, di odore, e di consistenza. E noi<br />
incominciammo a<br />
nutrirci delle piante rampicanti. Noi dunque ci cibammo delle piante rampicanti e con tal cibo,<br />
con tal<br />
nutrimento, dimorammo per lungo lasso di tempo. Ma comparvero elementi oscuri e non<br />
salutari, ed a noi<br />
vennero a mancare le piante rampicanti. Venute a mancare le piante rampicanti si manifestò il<br />
riso che non<br />
richiedeva aratura né cottura, libero da polvere, libero da loppa, ben odorante, in grani. E<br />
quanto alla sera<br />
consumavamo per il pasto serale, altrettanto era pronto al mattino. E quanto al mattino<br />
consumavamo per il<br />
pasto mattutino, altrettanto era pronto alla sera. Così noi ci cibammo di quel riso che non<br />
richiedeva aratura<br />
né cottura, e con tal cibo, con tal nutrimento, dimorammo per lungo lasso di tempo. Ma<br />
comparvero elementi
oscuri e non salubri, e si manifestarono a noi i grani di riso coperti di polvere, coperti di loppa,<br />
che colti più<br />
non rigermogliano. Ed ecco che si rende noto il pilare e rimangono le stoppie di riso. E se noi<br />
ora<br />
dividessimo il riso, stabilendo i confini ? ""."<br />
Allora, o Vasettha, gli esseri si divisero il riso stabilendo i confini.<br />
"19. Allora, o Vasettha, un essere per conservare la sua parte mangiò, prendendola, la non<br />
data parte altrui. E<br />
sorpresero costui, e avendolo sorpreso, così gli dissero: "" tu, o caro essere, hai compiuta una<br />
cattiva azione:<br />
infatti per conservare la tua parte hai mangiata, prendendola, la non data parte altrui. Che ciò<br />
più non accada<br />
""."<br />
"Sì assentì, o Vasettha, costui agli altri esseri. Una seconda volta, o Vasettha, un essere per<br />
conservare la sua<br />
parte mangiò, prendendola, la non data parte altrui. E sorpresero costui, e avendolo sorpreso,<br />
così gli dissero:<br />
"" tu, o caro"<br />
"essere, hai compiuta una cattiva azione: infatti per conservare la tua parte hai mangiata,<br />
prendendola, la non<br />
data parte altrui. Che ciò più non accada"". Una terza volta, o Vasettha, un essere per<br />
conservare la sua parte<br />
mangiò, prendendola, la non data parte altrui. E sorpresero costui, e avendolo sorpreso, così<br />
gli dissero: "" tu,<br />
o caro essere, hai compiuta una cattiva azione: infatti per conservare la tua parte hai<br />
mangiata, prendendola,<br />
la non data parte altrui. Che ciò più non accada "". Alcuni colpirono esseri viventi, alcuni<br />
colpirono con<br />
103<br />
ciotoli, alcuni con bastoni. Infine, o Vasettha, si conobbe il furto, si conobbe la rampogna, si<br />
conobbe la<br />
menzogna, si conobbe la percossa."<br />
"20. Allora, o Vasettha, gli esseri si riunirono e si lamentarono: "" cattivi dementi sono apparsi<br />
tra gli esseri,<br />
se si è potuto conoscere il furto, se si è potuta conoscere la rampogna, se si è potuta conoscere<br />
la menzogna,<br />
se si è potuta conoscere la percossa. Se noi ora delegassimo un essere, che possa colpire chi è<br />
giustamente da<br />
colpire, rimproverare chi è giustamente da rimproverare, cacciare chi è giustamente da<br />
cacciare. Noi gli<br />
potremmo cedere una parte del riso ""."<br />
"Allora, o Vasettha, gli esseri si accostarono a quello che tra loro era il più bello, il più mirabile,<br />
il più<br />
piacevole, il più forte, ed accostatisi così gli dissero: "" oh, o essere, colpisci chi è giustamente<br />
da colpire,<br />
rimprovera chi è giustamente da rimproverare, caccia chi è giustamente da cacciare "". ""<br />
Proprio così "", e,<br />
o Vasettha, quell'essere assentendo agli altri esseri, colpì chi giustamente era da colpire,<br />
rimproverò chi
giustamente era da rimproverare, cacciò chi giustamente era da cacciare. E gli esseri diedero a<br />
costui una<br />
parte di riso."<br />
21. Da molta gente onorato, molto onorato, o Vasettha, maha-sammata, questo primo<br />
vocabolo venne usato.<br />
Signore delle terre (khetta), o Vasettha, nobile (khattiya) questo secondo vocabolo venne<br />
usato. Inoltre per la<br />
sua abitudine a dilettarsi (ranjati), o Vasettha, re (raja) questo terzo vocabolo venne usato. E<br />
così, o Vasettha,<br />
queste le antiche origini dei nomi del cerchio dei nobili. E tra gli esseri alcuni furono di<br />
questo cerchio, proprio così, non diversamente. Ma la dottrina, o Vasettha, è eccelsa per ogni<br />
essere sia nel<br />
visibile mondo, sia nel mondo futuro.<br />
"22. Ad alcuni tra gli esseri, o Vasettha, così fu: "" cattivi elementi sono certo comparsi tra gli<br />
esseri: sono<br />
noti il furto, la rampogna, la menzogna, la percossa, l'esilio. E se noi ora tenessimo lontani gli<br />
elementi<br />
cattivi, non salutari ? "". E costoro tennero lontani gli elementi cattivi, non salutari. "" Tengono<br />
lontani<br />
(bahenti) gli elementi cattivi, non salutari "". Quindi, o Vasettha, brahmani, questo primo<br />
vocabolo venne<br />
usato. E costoro abitarono nelle foreste e avendo costruito delle capanne di fronde<br />
meditarono arsero '. Ed<br />
erano senza focolare, senza fumo, senza foglie o legno. Visitarono paesi, città e capitali in cerca<br />
di cibo, al<br />
mattino per il pasto mattutino, alla sera per il pasto serale. Costoro avendo ricevuto il cibo<br />
meditavano<br />
ardevano nella foresta, nelle capanne di fronde. E di essi gli uomini così dicevano: "" costoro<br />
abitano nella<br />
foresta, avendo costruite capanne di fronde, nelle capanne di fronde meditano ardono, e sono<br />
senza focolare,<br />
senza fumo, senza foglie e legna; visitano i paesi, le città e le capitali in cerca di cibo, al mattino<br />
per il pasto<br />
mattutino, alla sera per il pasto serale. E dopo aver ricevuto il cibo, nella foresta, nelle capanne<br />
di fronde,<br />
meditano ardono "". "" Meditano ardono"" (jhayanti). Così, o Vasettha, meditanti ardenti<br />
(jhayaka) e questo<br />
è il secondo vocabolo che venne usato."<br />
"23. Ma, o Vasettha, alcuni tra quelli esseri viventi nella solitudine delle selve, nelle capanne di<br />
fronde pur<br />
non erano abili a raggiungere la meditazione, ma ugualmente, visitarono le vicine città, i vicini<br />
paesi, stettero<br />
scrivendo dei libri. Costoro non meditano ardono: "" costoro ora non meditano ardono "" così,<br />
o Vasettha,<br />
non meditano ardono (ajjhayaka gli studiosi dei Veda e così ajjhayaka questo terzo vocabolo<br />
fu usato. E<br />
quella, o Vasettha, allora era una bassa qualifica,"<br />
ora invece è un'eccelsa qualifica. Questa, o Vasettha, è dunque l'antica origine dei nomi del<br />
cerchio dei
ahmani. E tra gli esseri alcuni furono di questo tipo, proprio così, non diversamente. Ma la<br />
dottrina, o<br />
Vasettha, è eccelsa per ogni essere sia nel visibile mondo, sia nel mondo futuro.<br />
"24. Tra gli esseri, o Vasettha, alcuni assunsero l'elemento sessuale e crearono diverse (vissu)<br />
occupazioni. E<br />
allora, o Vasettha, "" borghesi "" (vessa) questo vocabolo sorse. Questa è dunque l'antica<br />
origine del nome<br />
del cerchio dei borghesi. E degli esseri alcuni furono di questo tipo, proprio così, non<br />
diversamente. Ma la<br />
dottrina, o Vasettha, è eccelsa, per ogni essere sia nel visibile mondo, sia nel mondo futuro."<br />
"25. E, o Vasettha, tra gli esseri, gli altri vissero di caccia. "" Vivono di caccia "" (luddacara). ""<br />
Conducono<br />
bassa esistenza "" (khuddacara). "" Servi "" (sudda) così questo vocabolo venne usato. E<br />
questo è dunque<br />
l'antica origine del nome del cerchio dei servi. Così fu per gli esseri di questo tipo, proprio<br />
così, non<br />
diversamente. Ma la dottrina, o Vasettha, è eccelsa per ogni essere sia nel visibile mondo, sia<br />
nel mondo<br />
104<br />
futuro."<br />
"26. Ma venne, o Vasettha, il tempo, in cui un nobile non contento della sua sorte abbandonò la<br />
casa per<br />
l'anacoretismo: "" sarò un asceta "". Ed anche un brahmano non contento della sua sorte<br />
abbandonò la casa<br />
per l'anacoretismo: "" sarò un asceta"". Ed un borghese non contento della sua sorte<br />
abbandonò la casa per<br />
l'anacoretismo: ""sarò un asceta"". Ed un servo non contento della sua sorte abbandonò la<br />
casa per<br />
l'anacoretismo: "" sarò un asceta "". E così sorse accanto agli altri quattro cerchi il cerchio<br />
degli asceti. Ma la<br />
dottrina, o Vasettha, è eccelsa per ogni essere sia nel visibile mondo, sia nel mondo futuro."<br />
27. Il nobile, o Vasettha, che mal si comporta nelle opere, mal si comporta nelle parole, mal si<br />
comporta nei<br />
pensieri, di non retta opinione, a causa della cattiva opinione e del cattivo comportamento,<br />
colla dissoluzione<br />
del corpo, dopo la morte risorge malamente, su cattivo sentiero, in rovina, in<br />
mondo infernale. Il brahmano, o Vasettha, che mal si comporta nelle opere, mal si comporta<br />
nelle parole,<br />
mal si comporta nei pensieri, di non retta opinione, a causa della cattiva, opinione e del cattivo<br />
comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte risorge malamente, su cattivo<br />
sentiero, in rovina,<br />
in mondo infernale. Il borghese, o Vasettha, che mal si comporta nelle opere, mal si comporta<br />
nelle parole,<br />
mal si comporta nei pensieri, di non retta opinione, a causa della cattiva opinione e del cattivo<br />
comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte risorge malamente, su cattivo<br />
sentiero, in rovina,<br />
in mondo infernale. Il servo, o Vasettha, che mal si comporta nelle opere, mal si comporta<br />
nelle parole, mal<br />
si comporta nei pensieri, di non retta opinione, a causa della cattiva opinione e del cattivo<br />
comportamento,
colla dissoluzione del corpo, dopo la morte risorge malamente, su cattivo sentiero, in rovina,<br />
in mondo<br />
infernale. L'asceta, o Vasettha, che mal si comporta nelle opere, mal si comporta nelle parole,<br />
mal si<br />
comporta nei pensieri, di non retta opinione a causa della cattiva opinione e del cattivo<br />
comportamento, colla<br />
dissoluzione del corpo, dopo la morte, risorge malamente, su cattivo sentiero, in rovina, in<br />
mondo infernale.<br />
28. Il nobile, o Vasettha, che ben si comporta nelle opere, che ben si comporta nelle parole, che<br />
ben si<br />
comporta nei pensieri, di retta opinione a causa della retta opinione e del retto<br />
comportamento, colla<br />
dissoluzione del corpo, dopo la morte risorge beatamente in mondo beato. Il brahmano, o<br />
Vasettha, che ben<br />
si comporta nelle opere, che ben si comporta nelle parole, che ben si comporta nei pensieri, di<br />
retta opinione<br />
a causa della retta opinione e del retto comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la<br />
morte risorge<br />
beatamente in mondo beato. Il borghese, o Vasettha, che ben si comporta nelle opere, che ben<br />
si comporta<br />
nelle parole, che ben si comporta nei pensieri, di retta opinione a causa della retta opinione e<br />
del retto<br />
comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte risorge beatamente in mondo<br />
beato. Il servo, o<br />
Vasettha, che ben si comporta nelle opere, che ben si comporta nelle parole, che ben si<br />
comporta nei<br />
pensieri, di retta opinione a causa della retta opinione e del retto comportamento, colla<br />
dissoluzione del<br />
corpo, dopo la morte risorge beatamente in mondo beato. L'asceta, o Vasettha, che ben si<br />
comporta nelle<br />
opere, che ben si comporta nelle parole, che ben si comporta nei pensieri, di retta opinione, a<br />
causa della retta<br />
opinione e del retto comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, risorge<br />
felicemente, in<br />
mondo beato.<br />
29. Il nobile, o Vasettha, che si comporti nei due modi nelle opere, che si comporti nei due<br />
modi nelle parole,<br />
che si comporti nei due modi nei pensieri, retta e non retta opinione, a causa della retta e non<br />
retta opinione e<br />
del duplice comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, sperimenta gioia e<br />
dolore. Il<br />
brahmano, o Vasettha, che si comporti nei due modi nelle opere, che si comporti nei due modi<br />
nelle parole,<br />
che si comporti nei due modi nei pensieri, retta e non retta opinione, a causa della retta e non<br />
retta opinione e<br />
del duplice comportamento colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, sperimenta gioia e<br />
dolore. Il<br />
borghese, o Vasettha, che si comporti nei due modi nelle opere, che si comporti nei due modi<br />
nelle parole,
che si comporti nei due modi nei pensieri, retta e non retta opinione, a causa della retta e non<br />
retta opinione e<br />
del duplice comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, sperimenta gioia e<br />
dolore. Il servo,<br />
o Vasettha, che si comporti nei due modi nelle opere, che si comporti nei due modi nelle<br />
parole, che si<br />
comporti nei due modi nei pensieri, retta e non retta opinione, a causa della retta e non retta<br />
opinione e del<br />
105<br />
duplice comportamento colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, sperimenta gioia e<br />
dolore. L'asceta, o<br />
Vasettha, che si comporta in due modi nelle opere, che si comporta in due modi nelle parole,<br />
che si comporta<br />
in due modi nei pensieri, di retta e non retta opinione, a causa della retta e non retta opinione<br />
e del duplice<br />
comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, sperimenta gioia e dolore.<br />
30. Il nobile, o Vasettha, controllato nelle azioni, controllato nelle parole, controllato nei<br />
pensieri, che attua e<br />
realizza le sette componenti del risveglio già in questo visibile mondo . | completamente si<br />
estingue. Il<br />
brahmano, o Vasettha, controllato nelle azioni, controllato nelle parole, controllato nei<br />
pensieri, che attua e<br />
realizza le sette componenti del risveglio ` già in questo visibile mondo completamente si<br />
estingue. Il<br />
borghese, o Vasettha, controllato nelle azioni, controllato nelle: parole, controllato nei<br />
pensieri, che attua e<br />
realizza le sette componenti del risveglio già in questo visibile mondo completamente si<br />
estingue. Il servo, o<br />
Vasettha, controllato nelle azioni, controllato nelle parole, controllato nei pensieri, che attua e<br />
realizza le<br />
sette componenti del risveglio già in questo visibile mondo completamente si estingue.<br />
L'asceta, o Vasettha,<br />
controllato nelle azioni, controllato nelle parole, controllato nei pensieri, che attua e realizza<br />
le sette<br />
componenti del risveglio già in questo visibile mondo si estingue.<br />
31. Da qualunque, o Vasettha, di queste quattro caste uscito, un monaco santo, che ha esausto<br />
gli asava, che<br />
ha raggiunta la perfezione, che ha compiuto ciò che era da compiersi, che ha deposto il<br />
fardello, che ha<br />
raggiunta la meta, che ha infranto i legami dell'essere, perfettamente libero da alterità, costui<br />
giustamente,<br />
non ingiustamente, è proclamato il primo su tutti. La dottrina, o Vasettha, è eccelsa per ogni<br />
essere, sia in<br />
questo visibile mondo, sia nel futuro.<br />
32. A Brahma Sanamkumara si cantano questi versi:<br />
Il nobile è alto su ogni essere che si attacchi ad una stirpe, il possessore del cibo della sapienza<br />
è alto sugli<br />
dèi e sugli<br />
"[uomini ""."
Questi versi, o Vasettha, sono ben cantati a Brahma Sanamkumara, non mal cantati, ben detti,<br />
non mal detti,<br />
profittevoli, non mal profittevoli.<br />
Io stesso, o Vasettha, dico:<br />
Il nobile è alto su ogni essere che si attacchi ad una stirpe, il possessore del cibo della sapienza<br />
è eccelso<br />
sugli dèi e sugli<br />
"[uomini""""."<br />
Così disse il Sublime. Contenti Vasettha e Bharadvaja si rallegrarono alle parole del Sublime.<br />
AGGANNA SUTTANTA<br />
FINE<br />
(Traduzione di Eugenio Frola)<br />
CAKKAVATTISIHANADASUTTANTA<br />
(IL GIRATORE DELLA RUOTA)<br />
Così ho sentito:<br />
"l. Un tempo il Sublime dimorava nel Magadha in Matula. Allora il Sublime si rivolse ai monaci:<br />
"" O<br />
106<br />
monaci "". "" Signore "" i monaci assentirono al Sublime così"<br />
disse:<br />
In voi isolati, o monaci, dimorate, null'altro rifugiati, in null'altro rifugiati , nella dottrina<br />
isolati, nella<br />
dottrina rifugiati, in null'altro rifugiati (1).<br />
E come, o monaci, un monaco dimora in sé isolato, in sé rifugiato, in null'altro rifugiato, nella<br />
dottrina<br />
isolato, nella dottrina rifugiato, in null'altro rifugiato?<br />
"Ecco, o monaci, un monaco nel corpo, osservando il corpo, dimora strenuo, attento,<br />
consapevole, lontane<br />
nel mondo la cupidigia e la sofferenza, nella sensazione isolato, nella sensazione rifugiato,<br />
nella mente<br />
isolato, nella mente rifugiato; tra gli elementi osservando gli elementi dimora strenuo, attento,<br />
consapevole,<br />
lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza. Così, o monaci, un monaco in sé isolato dimora,<br />
in sé<br />
rifugiato, in null'altro rifugiato, nella dottrina isolato, nella dottrina rifugiato, in null'altro<br />
rifugiato?"<br />
Secondo le vostre consuetudini, o monaci, vivete. E su voi che vivete, o monaci, secondo le<br />
vostre<br />
consuetudini, Mara non ha presa, Mara non ha aderenza. E così, o monaci,<br />
vi è origine di acquisto di elementi salutari, accrescimento di cose favorevoli.<br />
2. Una volta, o monaci, vi era un re di nome Dalhanemi, giratore della ruota, legittimo, giusto<br />
re, che nelle<br />
quattro direzioni il paese aveva sicuramente conquistato, possessore dei sette tesori. A lui<br />
erano i sette tesori,<br />
cioè: il tesoro della ruota, il tesoro dell'elefante, il tesoro del cavallo, il tesoro del gioiello, il<br />
tesoro della<br />
donna, il tesoro del ministro, il tesoro della guida, questi sette. A lui poi erano più di mille figli<br />
valorosi, di<br />
virile aspetto, vincitori dei nemici. Egli la terra sino ai confini dell'oceano senza mazza, senza<br />
spada, con la
legge conquistata, governava.<br />
3. Allora, o monaci, il re Dalhanemi dopo molti anni, molte centinaia di anni, molte migliaia di<br />
anni si<br />
rivolse ad un certo uomo:<br />
Allorché tu, o caro uomo, vedrai il divino tesoro della ruota tramontare, offuscarsi, allora<br />
avvertimi (2).<br />
Sì, o divino così quell'uomo, o monaci, assentì al re<br />
Dalhanemi.<br />
E quell'uomo, o monaci, vide dopo molti anni, dopo molte centinaia di anni, dopo molte<br />
migliaia di anni<br />
tramontare, I offuscarsi il divino tesoro della ruota. Allora si recò dal re Dalhanemi, ed<br />
accostatolo, così disse<br />
al re Dalhanemi:<br />
Orsù, o divino, sappi che il divino tesoro della ruota<br />
"tramonta, si offusca ""." I<br />
Allora, o monaci, il re Dalhanemi, fatto chiamare il giovane suo figlio primogenito, così disse:<br />
Ecco, o caro giovane, il divino tesoro della ruota per me tramonta, si offusca. Invero io così<br />
udii: ' A quel re,<br />
giratore della ruota, cui tramonta, si offusca il divino tesoro della ruota, non è più lungo tempo<br />
di vita '. Mi<br />
nutrii dei piaceri umani, è tempo ora di cercare piaceri divini. Orsù tu, o caro giovane, governa<br />
la terra sino<br />
ai confini dell'oceano, io invece rasi i capelli e barba, indossato il giallo mantello, lascerò la<br />
casa per<br />
l'anacoretismo.<br />
Allora, o monaci, il re Dalhanemi dopo aver ben istruito il giovane figlio primogenito nell'arte<br />
del regno, rasi<br />
capelli e barba, indossato il giallo mantello, lasciò la casa per l'anacoretismo. E dopo sette<br />
giorni, o monaci,<br />
il divino tesoro della ruota sparì dal vecchio re.<br />
4. Allora, o monaci, un certo uomo si accostò al re guerriero, unto nel capo, ed avendolo<br />
accostato così disse<br />
al re guerriero unto nel capo:<br />
Sai tu, o divino, che il divino tesoro della ruota è sparito ? (3).<br />
Allora, o monaci, il re guerriero unto nel capo per la dipartita del divino tesoro della ruota si<br />
dispiacque,<br />
provò dispiacere. E si diresse dal vecchio re, il vecchio re, avvicinato così gli disse:<br />
Tu, o caro, non essere spiacente per la dipartita del divino tesoro della ruota, non provarne<br />
dispiacere. Il<br />
divino tesoro della ruota non è, o caro, eredità paterna. Orsù, o caro, procedi nella nobile virtù<br />
del giratore<br />
della ruota: si conosce la possibilità che, a chi procede nella nobile virtù di un giratore della<br />
ruota, un dì<br />
festivo, il quindicesimo, compiute le abluzioni, celebrata la festa, salito sull'alta nobile<br />
terrazza, si manifesti<br />
107<br />
sul capo il divino tesoro della ruota, coi suoi mille raggi, col suo mozzo, perfetta in ogni sua<br />
parte .<br />
"5. "" E quale è, o divino, la nobile virtù di un giratore della ruota ? ""."
Pertanto, o caro, vivi secondo la legge, onorando la legge, stimando la legge, venerando la<br />
legge, riverendo<br />
la legge, rispettando la legge, sii il simbolo della legge, lo splendore della legge, il supremo<br />
regolatore della<br />
legge, il legittimo vigile custode e difensore della legge, tutore del singolo e della collettività,<br />
dei nobili<br />
vassalli, dei brahmani, dei padri di famiglia, nelle città e nelle province, degli asceti e<br />
brahmani, dei<br />
quadrupedi e degli uccelli. E mai nel territorio del tuo regno, o caro, non ti voler comportare<br />
secondo<br />
illegittimi desideri. Ed a coloro che nel regno sono privi di beni, tu distribuisci beni. E coloro, o<br />
caro, che nel<br />
regno sono asceti o brahmani, che vigili si astengono dagli eccessi, nella pazienza e tolleranza<br />
sicuri, che da<br />
loro si correggono, che da loro si conoscono, che da loro si emancipano, di tempo in tempo<br />
costoro avvicina,<br />
e così interrogali: ' Questo, o signore, è salutare, questo è non salutare, questo è biasimevole, è<br />
non<br />
biasimevole, è da seguire, è da non seguire, da questa azione me ne verrà per lungo tempo<br />
danno e dolore, od<br />
invece da quest'azione me ne verrà per lungo tempo vantaggio e gioia?'. E avendo da costoro<br />
apprese le cose<br />
non salutari, da queste astienti, e avendo da costoro apprese le cose salutari, queste sempre<br />
pratica ed<br />
esercita. Ecco, o caro, la nobile virtù di un giratore della ruota .<br />
" Sì, o divino ed il re guerriero, unto nel capo, obbedendo al vecchio re praticò la nobile virtù<br />
di un giratore<br />
della ruota. Ed a lui che praticava la nobile virtù di un giratore della ruota, un dì di festa, il<br />
quindicesimo,<br />
dopo aver compiute le abluzioni e dopo aver celebrata la festa, salito sulla nobile alta terrazza<br />
gli si<br />
manifestò sul capo il divino tesoro della ruota, coi suoi mille raggi, col suo mozzo, perfetta in<br />
ogni sua parte:<br />
"" Ora io sono un re giratore della ruota ""."<br />
"6. Allora, o monaci, il re guerriero, unto nel capo, sorse da sedere, aggiustatosi il manto, presa<br />
con la mano<br />
sinistra una coppa, con la mano destra asperse il tesoro della ruota: "" Gira, o tesoro della<br />
ruota, conquista, o<br />
tesoro della ruota "". Allora, o monaci, il tesoro della ruota girò verso la regione di levante ed il<br />
re giratore<br />
della ruota lo seguì con un quadruplice esercito. E quelli, che nella regione del levante erano<br />
gli avversari del<br />
re, si accostarono al re giratore della ruota e così gli dissero:"<br />
" Vieni, o gran re, benvenuto, o gran re; ogni cosa è tua, o gran re; istruiscici, o gran re."<br />
"Il re giratore della ruota così disse: "" il vivo non si uccida, il non dato non si prenda, con<br />
desiderii torbidi<br />
non si viva, menzogna non si dica, bevande inebrianti non si bevano, si mangi secondo il"<br />
"bisogno"". E coloro, che nella regione del levante erano stati avversari del re, divennero<br />
vassalli del re<br />
giratore della ruota."
7. Allora, o monaci, il tesoro della ruota dalla regione del levante, dopo essere giunti sino<br />
all'oceano, ritornò<br />
indietro, e girò verso la regione di mezzodì ed il re giratore della ruota lo seguì con un<br />
quadruplice esercito.<br />
E quelli, che nella regione del mezzodì erano gli avversari del re, si accostarono al re giratore<br />
della ruota e<br />
così gli dissero:<br />
" Vieni, o gran re, benvenuto, o gran re; ogni cosa è tua, o gran re; istruiscici, o gran re."<br />
"Il re giratore della ruota così disse: "" Il vivo non si uccida, il non dato non si prenda, con<br />
desiderii torbidi<br />
non si viva, menzogna non si dica, bevande inebrianti non si bevano, si mangi secondo il<br />
bisogno"". E<br />
coloro, che nella regione del mezzodì erano stati gli avversari del re, divennero vassalli del re<br />
giratore della<br />
ruota. Allora, o monaci, il tesoro della ruota dalla regione di mezzodì, dopo essere giunto sino<br />
all'oceano,<br />
ritornò indietro e girò verso la regione di ponente ed il re giratore della ruota lo seguì con un<br />
quadruplice<br />
esercito. E quelli, che nella regione di ponente erano gli avversari del re, si accostarono al re<br />
giratore della<br />
ruota e così gli dissero:"<br />
" Vieni, o gran re, benvenuto, o gran re; ogni cosa è tua, o gran re; istruiscici, o gran re."<br />
"Il re giratore della ruota così disse: "" Il vivo non si uccida, il non dato non si prenda, con<br />
desiderii torbidi<br />
non si viva, menzogna non si dica, bevande inebrianti non si bevano, si mangi secondo il<br />
bisogno "". E<br />
coloro, che nella regione di ponente erano stati gli avversari del re, divennero vassalli del re<br />
giratore della<br />
ruota. Allora, o monaci, il tesoro della ruota dalla regione di ponente, dopo essere giunto sino"<br />
all'oceano, ritornò indietro e girò verso la regione di mezzanotte ed il re giratore della ruota lo<br />
seguì con un<br />
108<br />
quadruplice esercito. E quelli, che nella regione di mezzanotte erano gli avversari del re, si<br />
accostarono al re<br />
giratore della ruota e così gli dissero:<br />
" Vieni, o gran re, benvenuto, o gran re; ogni cosa è tua, o gran re; istruiscici, o gran re."<br />
"Il re giratore della ruota così disse: "" Il vivo non si uccida, il non dato non si prenda, con<br />
desiderii torbidi<br />
non si viva, menzogna non si dica, bevande inebrianti non si bevano, si mangi secondo il<br />
bisogno"". E<br />
coloro, che nella regione di mezzanotte erano stati gli avversari del re, divennero vassalli del<br />
re giratore della<br />
ruota. Allora, o monaci, il tesoro della ruota, avendo conquistato la terra sino ai confini<br />
dell'oceano, ritornò<br />
nella capitale e sulla porta del reale palazzo, nella corte dei giudizi, si fermò splendendo<br />
bellissima."<br />
8. Il secondo, o monaci, re giratore della ruota...* Il terzo, o monaci, re giratore della ruota...* Il<br />
quarto, o<br />
monaci, re giratore della ruota...* Il quinto, o monaci, re giratore della ruota...* Il settimo, o<br />
monaci, re
giratore della ruota dopo molti anni, molte centinaia d'anni, molte migliaia d'anni si rivolse ad<br />
un certo<br />
uomo:<br />
Allorché tu, o caro uomo, vedrai il divino tesoro della ruota tramontare, offuscarsi, allora<br />
avvertimi.<br />
Sì, o divino così quell'uomo, o monaci, assentì al settimo re giratore della ruota.<br />
E quell'uomo, o monaci, vide, dopo molti anni, dopo molte centinaia di anni, dopo molte<br />
migliaia di anni,<br />
tramontare, offuscarsi il divino tesoro della ruota. Allora si recò dal re giratore della ruota, ed<br />
accostatolo<br />
così disse al re giratore della ruota:<br />
Orsù, o divino, sappi che il divino tesoro della ruota tramonta, si offusca.<br />
Allora, o monaci, il re giratore della ruota fatto chiamare il giovane suo figlio primogenito così<br />
disse:<br />
Ecco, o caro giovane, il divino tesoro della ruota per me tramonta, si offusca. Invero io così<br />
udii: ' A quel re<br />
giratore della ruota, cui tramonta, si offusca il divino tesoro della ruota, non è più lungo tempo<br />
di vita '. Mi<br />
nutrii di piaceri umani, è tempo ora di cercare piaceri divini. Orsù tu, o caro giovane, governa<br />
la terra sino ai<br />
confini dell'oceano, io invece, rasi capelli e barba, indossato il giallo mantello, lascerò la casa<br />
per<br />
l'anacoretismo .<br />
Allora, o monaci, il re giratore della ruota, dopo aver ben istruito il giovane figlio primogenito<br />
nell'arte del<br />
regno, rasi capelli e barba, indossato il giallo mantello, lasciò la casa per l'anacoretismo. E<br />
dopo sette giorni,<br />
o monaci, il divino tesoro della ruota sparì dal vecchio re.<br />
9. Allora, o monaci, un certo uomo si accostò al re guerriero unto nel capo, ed avendolo<br />
accostato così disse<br />
al re guerriero unto nel capo:<br />
Sai tu, o divino, che il divino tesoro della ruota è sparito ? .<br />
"Allora, o monaci, il re guerriero unto nel capo per la dipartita del divino tesoro della ruota si<br />
dispiacque,<br />
provò dispiacere, ma non si diresse dal vecchio re, né lo interrogò sulla virtù di un re giratore<br />
della ruota. Ed<br />
egli, di testa propria, governò il paese; e le città e le province, da lui così governate di testa<br />
propria,<br />
diversamente da quanto accadeva prima, più non prosperarono, non essendo più esercitate le<br />
nobili virtù<br />
degli antichi re giratori della ruota."<br />
Allora, o monaci, gli amici, i consiglieri, i ministri, le guardie reali, che vivevano secondo le<br />
tradizioni,<br />
essendosi riuniti si accostarono al re guerriero unto nel capo, e così gli dissero:<br />
Ora tu, o divino, governi il paese di tua testa, e le province più non prosperano, non essendo<br />
più esercitate le<br />
nobili virtù dei re giratori della ruota. Nel regno gli amici,<br />
"i consiglieri, i ministri, le guardie reali, che vivono secondo le tradizioni sono turbati; ma tutti<br />
noi e molti
altri ancora conserviamo memoria delle nobili virtù dei re giratori della ruota, orsù<br />
interrogaci, o divino, sulle<br />
nobili virtù dei re, giratori della ruota e noi, interrogati, ti esporremo le nobili virtù dei re<br />
giratori della ruota<br />
"". I"<br />
"10. Allora, o monaci, il re guerriero unto nel capo interrogò gli amici, i consiglieri, i ministri, le<br />
guardie<br />
reali, che vivevano secondo le tradizioni, che si erano riuniti, sulle nobili virtù dei re giratori<br />
della ruota. E a<br />
costoro, dopo averli uditi, apprestò giusta protezione e difesa, ma non distribuì ai ricchezze ai<br />
poveri, e, non<br />
avendo distribuito ricchezze ai poveri, la miseria ovunque dilagò. Dilagando ovunque la<br />
miseria, un certo<br />
uomo di soppiatto prese ad altri il non dato. E costui fu preso; ed avendolo preso lo<br />
mostrarono al re<br />
109<br />
guerriero unto nel capo: ""Quest'uomo, o divino, di soppiatto prese ad altri il non dato""."<br />
Così essendogli stato detto, o monaci, il re guerriero unto nel capo disse a quell'uomo così:<br />
È vero, o caro uomo, che tu di soppiatto prendesti ad altri il non dato?.<br />
È vero, o divino .<br />
" ""E perché facesti ciò? ""."<br />
Io, o divino, non ho di che vivere .<br />
"11. Allora, o monaci, il re guerriero unto nel capo diede a quell'uomo del denaro: "" Con<br />
questo denaro, o<br />
caro uomo, vivi, sostieni padre e madre, sostieni figli e moglie, prosegui i tuoi affari ed offri ad<br />
asceti e<br />
brahmani propiziatorie elemosine che ti fruttino celesti gioie""."<br />
Sì, o divino e quell'uomo, o monaci, ubbidì al re guerriero unto nel capo.<br />
"Un altro uomo, o monaci, di soppiatto prese ad altri il non dato. E costui fu preso; ed<br />
avendolo preso, lo<br />
mostrarono al re guerriero unto nel capo: ""Quest'uomo, o divino, di soppiatto prese ad altri il<br />
non dato ""."<br />
Così essendogli stato detto, o monaci, il re guerriero unto nel capo disse a quell'uomo così:<br />
È vero, o caro uomo, che tu di soppiatto prendesti ad altri il non dato?.<br />
È vero, o divino .<br />
E perché facesti ciò? .<br />
Io, o divino, non ho di che vivere<br />
"Allora, o monaci, il re guerriero unto nel capo diede a quell'uomo del denaro: "" Con questo<br />
denaro, o caro<br />
uomo, vivi, sostieni padre e madre, sostieni figli e moglie, prosegui i tuoi affari ed offri ad<br />
asceti e brahmani<br />
propiziatorie elemosine che ti fruttino celesti gioie""."<br />
Sì, o divino e quell'uomo, o monaci, ubbidì al re guerriero unto nel capo.<br />
"12. Allora, o monaci, gli uomini udirono: ""A coloro, che di soppiatto prendono ad altri il non<br />
dato, il re<br />
guerriero unto nel capo offre denaro "". Avendo ciò udito a costoro così fu: "" E se noi ora<br />
prendessimo di<br />
soppiatto ad altri il non dato ? ""."<br />
"Allora, o monaci, un altro uomo di soppiatto prese ad altri il non dato. E costui fu preso, ed<br />
avendolo preso,
lo mostrarono al re guerriero unto nel capo: "" quest'uomo, o divino, di soppiatto prese ad<br />
altri il non dato""."<br />
Così essendogli stato detto, o monaci, il re guerriero unto nel capo disse a quell'uomo così:<br />
È vero, o caro uomo, che tu di soppiatto prendesti ad altri il non dato?.<br />
È vero, o divino .<br />
E perché facesti ciò ? .<br />
Io, o divino, non ho di che vivere .<br />
"Allora, o monaci, al re guerriero unto nel capo così fu: "" Se io all'uno ed all'altro, che di<br />
soppiatto ad altri<br />
prendono il non dato, dò denaro, proprio così aumentano i furti; e se"<br />
"ora invece con un castigo esemplare, punissi quest'uomo, lo togliessi di mezzo, gli facessi<br />
tagliare la<br />
testa?""."<br />
"Allora, o monaci, il re guerriero unto nel capo ordinò ai suoi uomini: "" Pertanto quest'uomo,<br />
da robuste<br />
corde le mani avvinte dietro la schiena, con forti catene legato, completamente rasato, con<br />
aspro suono di<br />
tamburi, strada per strada, piazza per piazza sia condotto, e fatto uscire dalla porta di<br />
mezzogiorno (4), a<br />
mezzogiorno della città con castigo esemplare sia punito, sia tolto di mezzo, gli si tagli la<br />
testa""."<br />
Sì, o divino , ed, o monaci, gli uomini ubbidendo al re guerriero unto nel capo, avvinte con<br />
robuste corde le<br />
mani dietro la schiena a quest'uomo, con forti catene legato, completamente rasato, con aspro<br />
suono di<br />
tamburo, strada per strada, piazza per piazza lo condussero, e fattolo uscire per la porta di<br />
mezzogiorno, a<br />
mezzogiorno della città con un esemplare castigo lo punirono, lo tolsero di mezzo, gli<br />
tagliarono la testa.<br />
"13. Udirono allora, o monaci, gli uomini: "" Coloro, che di soppiatto prendono ad altri il non<br />
dato, il re<br />
guerriero unto nel capo con un esemplare castigo punisce, toglie radicalmente di mezzo, taglia<br />
loro la testa"".<br />
Così avendo udito, a loro così fu: "" e se ora noi, fatte fare acute spade, coloro cui prendiamo<br />
furtivamente il<br />
non dato con un buon colpo colpissimo, togliessimo radicalmente di mezzo, tagliassimo loro la<br />
testa? ""."<br />
E costoro fecero fare acute spade, e fatte fare acute spade, coloro cui prendevano furtivamente<br />
il non dato<br />
110<br />
con un buon colpo colpivano, li toglievano radicalmente di mezzo, tagliavano loro la testa, si<br />
accostavano ai<br />
villaggi per porli a sacco, si accostavano alle città per porle a sacco, si accostavano per<br />
rapinare.<br />
14. Proprio così, o monaci, non essendo stato dato denaro ai poveri, si diffuse una grande<br />
miseria, essendosi<br />
diffusa la miseria, si diffusero i latrocinii, essendosi diffusi i latrocinii, si diffusero le spade,<br />
essendosi<br />
diffuse le spade, si
diffusero gli assassinii, essendosi diffusi gli assassinii si diffuse la menzogna, essendosi diffusa<br />
la menzogna<br />
decadde la durata della vita, decadde la bellezza degli esseri, ed i figli di coloro cui decadde la<br />
durata della<br />
vita, che prima era di 80.000 (5) anni, cui decadde la bellezza, ebbero una durata della vita di<br />
40.000 anni.<br />
"E tra gli uomini, o monaci, la cui durata della vita era di 40.000 anni un certo uomo prese<br />
altrui<br />
furtivamente il non dato, e lo presero, ed avendolo preso, lo portarono dal re guerriero unto<br />
nel capo: ""<br />
Quest'uomo, o divino, prese altrui furtivamente il non dato""."<br />
Così essendo stato detto, o monaci, il re guerriero unto nel capo così disse a quell'uomo:<br />
È vero, o caro uomo, che tu prendesti altrui furtivamente il non dato? .<br />
No, o signore disse e fu deliberata menzogna.<br />
15. Proprio così, o monaci, non essendo stato dato denaro ai poveri, si diffuse una grande<br />
miseria, essendosi<br />
diffusa la miseria si diffusero i latrocinii, essendosi diffusi i latrocinii si diffusero le spade,<br />
essendosi diffuse<br />
le spade si diffusero gli assassinii, essendosi diffusi gli assassinii si diffuse la menzogna,<br />
essendosi diffusa la<br />
menzogna decadde la durata della vita, decadde la bellezza degli esseri, ed i figli di coloro cui<br />
decadde la<br />
durata della vita, che prima era di 40.000 anni, cui decadde la bellezza, ebbero una durata<br />
della vita di 20.000<br />
anni.<br />
"E tra gli uomini, o monaci, la cui durata della vita era di 20.000 anni un certo uomo prese<br />
altrui<br />
furtivamente il non dato. E quell'uomo denunciò al re guerriero unto nel capo: "" L'uomo di tal<br />
nome, o<br />
divino, prese altrui furtivamente il non dato "". E fu una calunnia."<br />
16. E proprio così, o monaci, non essendo stato dato denaro ai poveri si diffuse una grande<br />
miseria, essendosi<br />
diffusa<br />
la miseria si diffusero i latrocinii, essendosi diffusi i latrocinii si diffusero le spade, essendosi<br />
diffuse le spade<br />
si diffusero gli assassinii, essendosi diffusi gli assassinii si diffuse la calunnia, essendosi diffusa<br />
la calunnia<br />
decadde la durata della vita, decadde la bellezza degli esseri, ed i figli di coloro, cui decadde la<br />
durata della<br />
vita, che prima era di 20.000 anni, cui decadde la bellezza, ebbero una durata della vita di<br />
10.000 anni.<br />
E tra gli uomini, o monaci, la cui durata della vita era di 10.000 anni alcuni erano di bello, altri<br />
di brutto<br />
aspetto. Allora gli esseri di brutto aspetto desiderando ardentemente gli esseri di bello<br />
aspetto, si ebbero<br />
contatti colle mogli altrui.<br />
17. E proprio così, o monaci, non essendo stato dato denaro ai poveri, si diffuse una grande<br />
miseria,<br />
essendosi diffusa la miseria si diffusero i latrocinii, essendosi diffusi i latrocinii si diffusero le<br />
spade,
essendosi diffuse le spade si diffusero gli assassinii, essendosi diffusi gli assassinii dilagarono i<br />
cattivi<br />
costumi, ed essendo dilagati i cattivi costumi, decadde la durata della vita, decadde la bellezza<br />
degli esseri,<br />
ed i figli di coloro cui decadde la durata della vita, che prima era di 10.000 anni, cui decadde la<br />
bellezza,<br />
ebbero una durata della vita di 5.000 anni.<br />
E, o monaci, tra gli uomini, la cui durata della vita era di 5.000 anni dilagarono due elementi:<br />
le parole aspre<br />
ed i discorsi frivoli, e per la diffusione di questi due elementi a quegli esseri decadde la durata<br />
della vita,<br />
decadde la bellezza. Ed i figli di coloro, cui decadde la durata della vita, che era di 5.000 anni,<br />
cui decadde la<br />
bellezza, alcuni ebbero la durata della vita di 2.500 anni, altri ebbero la durata della vita di<br />
2.000 anni.<br />
E, o monaci, tra gli uomini, la cui durata della vita era di 2.500 anni, si diffusero la brama e<br />
l'astio, ed<br />
essendosi diffusi brama ed astio, decadde la durata della vita, decadde la bellezza degli esseri.<br />
E i figli di<br />
coloro, cui decadde la durata della vita, che prima era di 2.500 anni, cui decadde la bellezza,<br />
ebbero la durata<br />
della vita di 1.000 anni e, o monaci, tra gli uomini la cui durata della vita era di 1.000 anni si<br />
diffuse la falsa opinione, ed essendosi diffusa la falsa opinione decadde la durata della vita,<br />
decadde la<br />
bellezza di quegli esseri. Ed i figli di coloro, cui decadde la durata della vita, che prima era di<br />
l.000 anni, cui<br />
111<br />
decadde la bellezza, ebbero la durata della vita di 500 anni.<br />
"E, o monaci, tra gli uomini, la cui durata della vita era di 500 anni, si diffusero tre elementi:<br />
non giusta<br />
passione 6, disordinata ingordigia, falsità; ed essendosi diffusi questi tre elementi, decadde la<br />
durata della<br />
vita, decadde la bellezza di quegli esseri. Ed i figli di coloro, cui decadde la durata della vita,<br />
che prima era<br />
di 500 anni, cui decadde la bellezza, alcuni ebbero la durata della vita di 250 anni, altri ebbero<br />
la durata della<br />
vita di 200 anni."<br />
E, o monaci, tra gli uomini, la cui durata della vita era di 250 anni, si diffusero questi elementi:<br />
la mancanza<br />
di rispetto per la madre, la mancanza di rispetto per il padre, la mancanza di rispetto per gli<br />
asceti, la<br />
mancanza di rispetto per i brahmani, la mancanza di rispetto per i capi famiglia (7).<br />
18. Proprio così, o monaci, non essendo stato dato denaro ai poveri, si diffuse la miseria,<br />
essendosi diffusa la<br />
miseria si diffuse il latrocinio, essendosi diffuso il latrocinio si diffusero le spade, essendosi<br />
diffuse le spade<br />
si diffuse l'assassinio, essendosi diffuso l'assassinio si diffuse la menzogna, essendosi diffusa<br />
]a menzogna si<br />
diffuse la calunnia, essendosi diffusa la calunnia si diffuse il cattivo comportamento per<br />
brame, essendosi
diffuso il cattivo comportamento per brame si diffusero due elementi: parole aspre e discorsi<br />
frivoli,<br />
essendosi diffusi questi due elementi si diffusero brama ed astio, essendosi diffusi brama ed<br />
astio, si<br />
diffusero tre elementi: non giusta passione, disordinata ingordigia e falsità, essendosi diffusa<br />
questi tre<br />
elementi si diffusero la mancanza di rispetto per la madre, la mancanza di rispetto per il<br />
padre, la mancanza<br />
di rispetto per gli asceti, la mancanza di rispetto per i<br />
brahmani, la mancanza di rispetto per i capi famiglia, per la diffusione di questi elementi la<br />
durata della vita<br />
decadde, decadde la bellezza degli esseri, ed i figli di quegli uomini, cui decadde la durata della<br />
vita, che<br />
prima era di 250 anni, cui decadde la bellezza, ebbero la durata della vita di 100 anni.<br />
19. E vi sarà, o monaci, un tempo in cui i figli degli uomini avranno la durata della vita di 10<br />
anni, e tra gli<br />
uomini la cui durata della vita sarà di 10 anni, le fanciulle a 5 anni saranno da marito. E, o<br />
monaci, agli<br />
uomini, la cui durata della vita sarà di 10 anni, spariranno questi cibi: il burro chiarificato, il<br />
burro fresco,<br />
l'olio di sesamo, lo zucchero di canna ed il sale (8). E, o monaci, agli uomini, la cui durata della<br />
vita sarà di<br />
10 anni, il principale alimento sarà il kudrusaka (9). Come oggi riso e curry è il principale<br />
alimento, così, o<br />
monaci, agli uomini, la cui durata della vita sarà di 10 anni, il kudrusaka sarà il principale<br />
alimento. E agli<br />
uomini, la cui durata della vita sarà di 10 anni, completamente, totalmente avranno fine i dieci<br />
salutari modi<br />
di agire, e dieci non salutari modi di agire saranno celebrati. E tra gli uomini la cui durata della<br />
vita sarà di<br />
10 anni la parola salutare più non vi sarà. E chi invero sarà ancora seguace delle cose salutari?<br />
Tra gli<br />
uomini, la cui durata della vita sarà di 10 anni, coloro che non onorano la madre, che non<br />
onorano il padre,<br />
che non onorano gli asceti, che non onorano i brahmani, che non onorano i capi famiglia<br />
saranno stimati e<br />
rispettati. E come oggi coloro che onorano la madre, che onorano il padre, che onorano gli<br />
asceti, che<br />
onorano i brahmani, che onorano i capi di famiglia sono stimati e rispettati, proprio così tra gli<br />
uomini, la cui<br />
durata della vita sarà di 10 anni, coloro che non onorano la madre, che non onorano il padre,<br />
che non<br />
onorano gli asceti, che non onorano i brahmani, che non onorano i capi di famiglia saranno<br />
stimati e<br />
rispettati.<br />
20. E tra gli uomini, o monaci, la cui durata della vita sarà di 10 anni non varrà madre, né zia<br />
materna, né zio<br />
materno, non moglie del maestro, né moglie del guru 10 E il mondo cadrà in una promiscuità<br />
come quella
delle capre, dei polli, dei maiali, dei cani, e degli sciacalli. E tra gli uomini, o monaci, la cui<br />
durata della vita<br />
sarà di 10 anni, sarà presente un confuso reciproco astio tra gli esseri, una confusa<br />
malevolenza, una confusa<br />
ostilità, una confusa tendenza all'assassinio: alla madre verso i figli, ai figli verso la madre, al<br />
padre verso i<br />
figli, ai figli verso il padre, al fratello verso il fratello, al fratello verso la sorella, alla sorella<br />
verso il fratello<br />
sarà presente confuso reciproco astio, una confusa malevolenza, una confusa ostilità, una<br />
confusa tendenza<br />
all'assassinio. E come, o monaci, al cacciatore verso la preda è presente un confuso reciproco<br />
astio, una<br />
confusa malevolenza, una confusa ostilità, una confusa tendenza all'assassinio, proprio così<br />
alla madre verso<br />
i figli, ai figli verso la madre, al padre verso i figli, ai figli verso il padre, al fratello verso il<br />
fratello, al<br />
fratello verso la sorella, alla sorella verso il fratello, tra quegli esseri la cui durata della vita<br />
sarà di 10 anni,<br />
112<br />
sarà presente un confuso reciproco astio, una confusa malevolenza, una confusa ostilità, una<br />
confusa<br />
tendenza all'assassinio.<br />
"21 . Agli uomini, o monaci, la cui durata della vita sarà di 10 anni, verrà l'èra della spada, di<br />
sette giorni 11,<br />
e costoro riceveranno coscienza l'un contro l'altro belluina, e sul capo di costoro appariranno<br />
pungenti spade,<br />
e costoro: "" Costui è una belva; costui è una belva "" l'un l'altro toglieranno la vita Allora, o<br />
monaci, ad<br />
alcuni tra questi esseri così sarà: "" Noi non dobbiamo essere in tali condizioni, tale condizione<br />
non deve<br />
essere di noi; e se noi ora, ritirati nella giungla, nella selva, nel bosco, tra inguadabili fiumi, su<br />
impervi monti<br />
ci"<br />
"nutrissimo di radici e frutti selvaggi? "". E costoro rifugiati nella giungla, nella selva, nel<br />
bosco, tra<br />
inguadabili fiumi, su impervi monti si nutriranno di radici e frutti selvaggi. E costoro, per<br />
quell'èra di sette<br />
giorni, dimorando nella giungla, nella foresta, nel bosco, tra inguadabili fiumi, su impervi<br />
monti l'un l'altro<br />
abbracciandosi ove si troveranno, si ripeteranno confortandosi: ""Finalmente, o amico, vivi in<br />
pace.<br />
Finalmente, o amico, vivi in pace"". Allora a questi esseri così sarà:"<br />
Noi a causa dell'attaccamento a cose non salutari abbiamo percorso una lunga via, e se noi ora<br />
compissimo<br />
cose salutari? E che di salutare potremmo compiere? Noi potremo astenerci dall'uccidere, e<br />
procedere con<br />
questo elemento salutare. E costoro si asterranno dall'uccidere, e così con questo elemento<br />
salutare<br />
procederanno. E costoro, a causa della compagnia di questo elemento salutare, aumenteranno<br />
in durata di
vita, aumenteranno in bellezza. Ed i figli di coloro la cui durata della vita sarà stata di 10 anni e<br />
che saranno<br />
stati aumentati in durata di vita, aumentati in bellezza, avranno una durata di vita di 20 anni.<br />
"22. Allora, o monaci, a questi esseri così sarà: "" Noi a causa della compagnia di elementi<br />
salutari<br />
aumentammo in durata della vita, aumentammo in bellezza. E se noi ora compissimo delle<br />
cose ancor più<br />
salutari? E se noi ora vivessimo astenendosi dal non dato, vivessimo astenendoci da cattivi<br />
desideri,<br />
vivessimo astenendoci da menzogne, vivessimo astenendoci da calunnia, vivessimo<br />
astenendoci da parole<br />
aspre, vivessimo astenendoci da parole frivole, vivessimo astenendoci da astio, vivessimo<br />
astenendoci da ira,<br />
vivessimo astenendoci da falsa opinione, vivessimo astenendoci da questi tre elementi: non<br />
giusta passione,<br />
disordinata ingordigia e falsità, se noi ora fossimo rispettosi verso la madre, fossimo rispettosi<br />
verso il padre,<br />
fossimo rispettosi verso gli asceti, fossimo rispettosi verso i brahmani, fossimo rispettosi<br />
verso i capi<br />
famiglia, e procedessimo in compagnia di questi elementi salutari ? ""."<br />
E costoro saranno rispettosi della madre, del padre, degli asceti, dei brahmani, dei capi<br />
famiglia e<br />
procederanno in compagnia di elementi salutari, e aumenteranno in durata della vita,<br />
aumenteranno in<br />
bellezza. Ed i figli di coloro che aumenteranno in durata della vita che allora sarà stata di 20<br />
anni, che<br />
aumenteranno in bellezza, avranno la durata della vita di 40 anni. I figli di coloro, la cui durata<br />
della vita sarà<br />
stata di 40 anni, avranno la durata della vita di 80 anni. E i figli di coloro, la cui durata della<br />
vita sarà di 80<br />
anni avranno la durata della vita di 160 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà<br />
stata di 160 anni,<br />
avranno la durata della vita di 320 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà stata di<br />
320 anni,<br />
avranno la durata della vita di 640 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà di 640<br />
anni, avranno la<br />
durata della vita di 2.000 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà di 2.000 anni,<br />
avranno la durata<br />
della vita di 4.000 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà stata di 4.000 anni,<br />
avranno la durata<br />
della vita di 8.000 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà stata di 8.000 anni,<br />
avranno la durata<br />
della vita di 20.000 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà Stata di 20.000 anni,<br />
avranno la<br />
durata della vita di 40.000 anni E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà stata di 40.000<br />
anni, avranno la<br />
durata della vita di 80.000 anni.<br />
23. Coloro, la cui durata della vita sarà di 80.000 anni, potranno sposarsi al 500° anno. Coloro,<br />
la cui durata
della vita sarà di 80.000 anni, saranno afflitti da tre afflizioni: l'appetito, il desiderio e la<br />
vecchiaia. Agli<br />
uomini, la cui durata della vita sarà di 80.000 anni, l'isola del melograno sarà prospera e ricca:<br />
i paesi, le<br />
città, e la capitale vicini l'un l'altro ad un volo di gallo. Agli uomini, la cui durata della vita sarà<br />
di 80.000<br />
anni, l'isola del melograno sarà piena di gente come Avici (12), come una macchia di canne,<br />
come una<br />
macchia di canne da zucchero. Agli uomini, la cui durata della vita sarà di 80.000 anni, sarà<br />
capitale l'attuale<br />
113<br />
Baranasi, il cui nome sarà Ketumati, prosperosa e ricca, densamente popolata, ben provvista<br />
di cibo. Agli<br />
uomini, la cui durata i della vita sarà di 80.000 anni, nell'isola del melograno saranno 40.000<br />
città, oltre la<br />
capitale Ketumati.<br />
24. Agli uomini, o monaci, la cui durata della vita sarà di 80.000 anni, nella capitale Ketumati<br />
sorgerà un re<br />
di nome Sankha, giratore della ruota, giusto legittimo re, che nelle quattro direzioni il paese<br />
avrà sicuramente<br />
conquistato, possessore dei sette tesori. A lui saranno i sette tesori, cioè: il tesoro della ruota,<br />
il tesoro<br />
dell'elefante, il tesoro del cavallo, il tesoro del gioiello, il tesoro della donna, il tesoro del<br />
ministro, il tesoro<br />
della guida, questi sette. A lui poi saranno più di mille figli valorosi, di virile aspetto, vincitori<br />
dei nemici.<br />
Egli la terra sino ai confini dell'oceano senza mazza, senza spada, con la legge conquistata,<br />
governerà.<br />
25. Tra gli uomini, o monaci, la cui durata della vita sarà di 80.000 anni sorgerà nel mondo il<br />
Sublime di<br />
nome Metteyya Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, possessore del cibo di sapienza,<br />
benvenuto, del<br />
mondo conoscitore, incomparabile guida delle genti umane, maestro degli dèi e degli uomini,<br />
Svegliato,<br />
Sublime, come oggi io son sorto nel mondo Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />
possessore di cibo di<br />
sapienza, benvenuto, del mondo conoscitore, incomparabile guida alle genti umane, maestro<br />
degli dèi e degli<br />
uomini, Svegliato, Sublime. Costui questo mondo coi suoi dèi, con ciò che appartiene a Mara,<br />
con ciò che<br />
appartiene a Brahma, con quanti in lui sorgeranno asceti o brahmani, cogli dèi e cogli uomini,<br />
avendolo da se<br />
stesso appreso, realizzato, renderà noto, proprio come io oggi questo mondo, con suoi dèi, con<br />
quanto<br />
appartiene a Mara, con quanto appartiene a Brahma, con quanti in lui sorgono asceti o<br />
brahmani, cogli dèi e<br />
cogli uomini, avendolo da me stesso appreso, realizzato, rendo noto. Egli esporrà una Dottrina<br />
letificante nel<br />
principio, letificante nel mezzo, letificante nel fine,
nello spirito e nella lettera, soddisfacente nella sua completezza, e farà nota una perfetta<br />
condizione di<br />
purezza, proprio come io ora espongo una dottrina, letificante nel principio, letificante nel<br />
mezzo, letificante<br />
nel fine, nello spirito e nella lettera, soddisfacente nella sua completezza, e faccio nota una<br />
perfetta<br />
condizione di purezza. Egli sarà circondato da una schiera di alcune migliaia di monaci, come<br />
io oggi sono<br />
circondato da una schiera di alcune centinaia di monaci.<br />
26. Allora il re di nome Sankha, là dove il re Maha Panada fece costruire un palazzo, farà<br />
costruire un<br />
palazzo, avendolo abitato, ed essendo stato generoso e munifico in elemosine con asceti,<br />
brahmani, poveri,<br />
mendicanti, bisognosi, alla presenza del Sublime Metteyya Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato, rasi<br />
capelli e barba, indossato l'abito giallo, lascerà la casa per l'anacoretismo. Ed egli, dimorando<br />
solo, isolato, di<br />
poco soddisfatto, zelante, risoluto, non molto tempo dopo la sua uscita, come i figli di nobile<br />
famiglia che<br />
per il loro profitto lasciano la casa per l'anacoretismo, già tra gli elementi visibili<br />
l'incomparabile fine della<br />
condizione di purezza, da sé realizzato, posseduto, raggiunto dimorerà.<br />
27. In voi isolati, o monaci, dimorate, in voi rifugiati, in null'altro rifugiati, nella dottrina<br />
isolati, nella<br />
dottrina rifugiati, in null'altro rifugiati. E come, o monaci, un monaco dimora in sé isolato, in sé<br />
rifugiato, in<br />
null'altro rifugiato, nella dottrina isolato, nella dottrina rifugiato, in null'altro rifugiato? Ecco, o<br />
monaci, un<br />
monaco nel corpo, osservando il corpo, dimora strenuo, attento, consapevole, lontane nel<br />
mondo la cupidigia<br />
e la sofferenza, nella sensazione... nella mente... tra gli elementi, osservando gli elementi,<br />
dimora strenuo,<br />
attento, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza. Così, o monaci, un<br />
monaco in sé isolato<br />
dimora, in sé rifugiato, in null'altro rifugiato, nella dottrina isolato, nella dottrina rifugiato, in<br />
null'altro<br />
rifugiato.<br />
28. Secondo le vostre consuetudini, o monaci, vivete. Coloro, o monaci, che vivono secondo le<br />
loro<br />
consuetudini progrediscono in durata della vita, progrediscono in bellezza,<br />
progrediscono in gioia, progrediscono in ricchezza, progrediscono in forza.<br />
Che è, o monaci, ad un monaco lunga vita? Ecco, o monaci, un monaco è possessore della base<br />
del potere,<br />
del sankhara di ben diretto sforzo di concentrazione, di potente concentrazione... di mentale<br />
concentrazione,<br />
del sankhara di esaminante sforzo di concentrazione. Ed egli, equilibrato, esercitato in queste<br />
quattro basi del<br />
potere, può, se richiesto, rimanere un kalpa o sino alla fine del kalpa. Ecco, o monaci, cos'è ad<br />
un monaco la<br />
lunga vita.
114<br />
E che è, o monaci, ad un monaco la bellezza? Ecco, o monaci, ad un monaco è retto<br />
comportamento, egli<br />
dimora controllato da interiore controllo, è possessore di retto controllo di vita, di ogni sia pur<br />
piccolo fallo<br />
realizza il danno, I seguendo le regole di esercizio, si esercita. Ecco, o monaci,<br />
cosa è ad un monaco la bellezza.<br />
E cosa è, o monaci, ad un monaco la gioia? Ecco, o monaci, un monaco, lungi da brame, lungi da<br />
elementi<br />
non salutari, raggiunta la riflettente ed osservante, nata da distacco, beata gioia, la prima<br />
esperienza dimora.<br />
Riflessione ed osservazione quietate, l'interna tranquillità della mente, l'unità dell'essere, la<br />
non riflettente,<br />
non osservante, beata gioia, la<br />
seconda esperienza raggiunta dimora. Ecco, o monaci, cos'è ad un monaco la gioia.<br />
E cosa è, o monaci, ad un monaco la ricchezza? Ecco, o monaci, un monaco, con mente intonata<br />
ad amicizia<br />
una regione irradiando dimora, così una seconda, così una terza, così la quarta, così in alto, in<br />
basso, di<br />
traverso, totalmente ovunque, interamente il mondo con mente intonata ad amicizia, ampia,<br />
espansa, non<br />
limitata, tranquilla, libera di astio irradiando dimora. Con mente intonata a compassione... con<br />
mente<br />
intonata a distacco... con mente intonata ad equanimità, ampia, espansa, non limitata,<br />
tranquilla, libera da<br />
astio, irraggiando dimora. Ecco cosa è, o monaci, ad un monaco la ricchezza.<br />
E come, o monaci, ad un monaco è forza? Ecco, o monaci, un monaco colla rimozione degli<br />
asava, privo di<br />
ajava, la libertà della mente, la libertà del sapere, già tra questi visibili elementi<br />
sperimentando, avendola da<br />
sé realizzata, dimora. Ecco, o monaci, cosa è ad un monaco la forza.<br />
"Io non vedo, o monaci, che esista anche una sola altra forza capace di soverchiare la forza di<br />
Mara, e<br />
capace, in compagnia di cose salutari, di raggiungere il sapere ""."<br />
Così disse il Sublime. Contenti i monaci si rallegrarono alla parola del Sublime,<br />
CAKKAVATTI SIHANADA .SUTTANTA<br />
(Traduzione di Eugenio Frolla)<br />
PATIKASUTTANTA<br />
(PATIKAPUTTA L'ASCETA D'ALTRA DOTTRINA)<br />
l<br />
PRIMA PARTE<br />
Così ho sentito<br />
"l. Un tempo il Sublime dimorava tra i Malla, in una città di nome Anupya. Allora il Sublime,<br />
levatosi di<br />
buon mattino, presi mantello e scodella, andò ad Anupya per l'elemosina. Ma al Sublime così<br />
fu: ""È troppo<br />
presto per girare per Anupya per l'elemosina, e se io mi dirigessi al parco di Bhaggava-gotta il<br />
pellegrino, mi<br />
accostassi a Bhaggava-gotta il pellegrino, mi accostassi a Bhaggava-gotta il pellegrino? . Allora<br />
il Sublime si
diresse al parco di Bhaggava-gotta il pellegrino, si accostò a Bhaggava-gotta il pellegrino."<br />
2. Allora Bhaggava-gotta il pellegrino disse al Sublime così:<br />
"Venga, o signore, il Sublime; benvenuto, o signore, il Sublime. Da lungo tempo io desidero, o<br />
signore,<br />
115<br />
l'occasione della venuta del Sublime. Si segga, o signore, il Sublime, questo sedile è pronto."<br />
Sedé il Sublime sull'apprestato sedile, Bhaggava-gotta il pellegrino poi, preso un più basso<br />
sedile, gli sedé<br />
accanto. Accanto seduto Bhaggava-gotta il pellegrino disse al Sublime così:<br />
Alcuni giorni or sono, o signore, proprio alcuni giorni or sono, Sunakkhatta, il figlio dei<br />
Licchavi (1), mi si<br />
accostò,<br />
"ed essendosi accostato così mi disse: È stato ora, o Bhaggava-gotta, da me abbandonato il<br />
Sublime, più ora<br />
io non dimoro presso il Sublime"". Cosa vi è, di vero, o signore, in - in ciò che disse<br />
Sunakkhatta, il figlio dei<br />
Licchavi? ""."<br />
a Proprio quello che, o Bhaggava-gotta, disse Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi.<br />
"3. Alcuni giorni or sono, proprio alcuni giorni or sono, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta, il figlio<br />
dei<br />
Licchavi, mi si avvicinò. Avvicinatosi, avendomi salutato, si sedé accanto; accanto seduto, o<br />
Bhaggavagotta,<br />
Sunakkhatta il figlio dei Licchavi così mi disse: ""Ora io abbandono, o signore, il Sublime, non<br />
più<br />
d'ora innanzi io dimorerò presso il Sublime"". "<br />
"Così avendo detto, o Bhaggava-gotta, io dissi a Sunakkhatta, figlio dei Licchavi, così: ""Forse<br />
che io, o<br />
Sunakkhatta, così ti dissi: ' Ehi tu, o Sunakkhatta, dimora presso"<br />
"di me?'""."<br />
No di certo, o signore .<br />
O forse tu mi dicesti: ' Io, o signore, dimorerò presso il Sublime?'.<br />
No di certo, o signore .<br />
Così certo, o Sunakkhatta, io non ti dissi: ' Ehi tu, o Sunakkhatta, dimora presso di me', né tu<br />
certo a me<br />
dicesti: ' Io, o signore, dimorerò presso il Sublime '. E così essendo le cose, o uomo stolto,<br />
proprio così<br />
essendo, che abbandoni ? Vedi, o uomo stolto, quale è il tuo errore .<br />
"4. "" Il Sublime, o signore, con me non usò elementi sovrumani, straordinari poteri ""."<br />
Forse che io, o Sunakkhatta, così ti dissi: 'Ehi tu, ' o Sunakkhatta, dimora presso di me ed io<br />
con te userò<br />
elementi sovrumani, straordinari poteri? '.<br />
No di certo, o signore .<br />
Forse che tu, o Sunakkhatta così mi dicesti: ' Io, o signore, dimorerò presso il Sublime, ed il<br />
Sublime con me<br />
userà elementi sovrumani, straordinari poteri?'.<br />
No di certo, o signore .<br />
Così certo, o Sunakkhatta, io non ti dissi: 'Ehi tu, o Sunakkhatta, dimora presso di me ed io con<br />
te userò<br />
elementi sovrumani, straordinari poteri ', né tu mi dicesti: ' Io, o signore, dimorerò presso il<br />
Sublime, ed il
Sublime con me userà elementi sovrumani, straordinari poteri '. E così essendo le cose, o<br />
uomo stolto,<br />
proprio così essendo, che abbandoni? Che pensi, o Sunakkhatta? Che siano usati elementi<br />
sovrumani,<br />
straordinari poteri, o che non siano usati elementi sovrumani, straordinari poteri, non è da me<br />
forse esposta<br />
una dottrina, menante chi la segue, alla totale distruzione del dolore ? .<br />
Che siano usati elementi sovrumani, straordinari poteri, che non siano usati elementi<br />
sovrumani, straordinari<br />
poteri, è dal Sublime esposta una dottrina, menante chi la segue, alla totale distruzione del<br />
dolore.<br />
Così è certo, o Sunakkhatta, che siano usati elementi sovrumani, straordinari poteri, o che non<br />
siano usati<br />
elementi sovrumani, straordinari poteri, è da me esposta una dottrina, menante chi la segue,<br />
alla totale<br />
distruzione del dolore. Allora, o Sunakkhatta, che importa l'uso di elementi sovrumani,<br />
straordinari poteri?<br />
Vedi, o uomo stolto, quale è il tuo errore .<br />
"5. "" Il Sublime, o signore, non mi annunciò le verità fondamentali ""."<br />
Forse che io, o Sunakkhatta, così ti dissi: 'Ehi tu, o Sunakkhatta, dimora presso di me ed io ti<br />
annuncerò le<br />
verità fondamentali? '.<br />
No di certo, o signore .<br />
Forse che, o Sunakkhatta, così mi dicesti: ' Io, signore, dimorerò presso il Sublime, ed il<br />
Sublime mi<br />
annuncerà le verità fondamentali?'.<br />
No di certo, o signore .<br />
116<br />
Così certo, o Sunakkhatta, io non ti dissi: ' Ehi tu, o Sunakkhatta, dimora presso di me ed io ti<br />
annuncerò le<br />
verità fondamentali ', né tu mi dicesti: ' Io, o signore, dimorerò presso il Sublime, ed il Sublime<br />
mi annuncerà<br />
le verità fondamentali '. E così essendo le cose, o uomo stolto, proprio così essendo, che<br />
abbandoni ? Che<br />
pensi, o Sunakkhatta ? Che siano annunciate le verità fondamentali, o che non siano<br />
annunciate le verità<br />
fondamentali, non è da me forse esposta una dottrina, menante chi la segue, alla totale<br />
distruzione del dolore<br />
? .<br />
Che siano annunciate le verità fondamentali, o che non siano annunciate le verità<br />
fondamentali, è dal<br />
Sublime esposta una dottrina, menante chi la segue, alla totale distruzione del<br />
"dolore "". . "" Così è certo, o Sunakkhatta, che siano annunciate le ' verità fondamentali, o<br />
che non siano annunciate le verità fondamentali, è da me esposta una dottrina, menante chi la<br />
segue, alla<br />
totale distruzione del dolore. Allora, o Sunakkhatta, che importa l'annuncio di verità<br />
fondamentali ? Vedi, o<br />
uomo stolto, quale è il tuo errore""."<br />
"6. "" Con più di un argomento, o Sunakkhatta, ti furono dette nel paese dei Vajji le mie qualità:<br />
Costui è il
Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, possessore del cibo di sapienza, benvenuto,<br />
del mondo<br />
conoscitore, incomparabile guida delle umane genti, maestro degli dèi e degli uomini,<br />
Svegliato, Sublime.<br />
Proprio così, o Sunakkhatta, con più di un argomento ti furono dette nel paese dei Vajji le mie<br />
qualità."<br />
Con più di un argomento, o Sunakkhatta, ti furono dette nel paese dei Vajji le qualità della<br />
dottrina: Ben<br />
esposta fu dal Sublime una dottrina, attuale, immediata, invitante all'introspezione,<br />
conducente all'estinzione,<br />
direttamente realizzabile dagli intelligenti. Proprio così, o Sunakkhatta, con più di un<br />
argomento ti furono<br />
dette nel paese dei Vajji le qualità della dottrina.<br />
Con più di un argomento, o Sunakkhatta, ti furono dette nel paese dei Vajji le qualità<br />
dell'ordine: Ben<br />
regolato fu dal Sublime l'ordine dei discepoli, sapientemente regolato fu dal Sublime l'ordine<br />
dei discepoli,<br />
propriamente regolato fu dal Sublime l'ordine dei discepoli, cioè: quattro assemblee di<br />
uomini ed otto assemblee di spiriti. L'ordine dei discepoli del Sublime è degno di venerazione,<br />
degno di<br />
onore, degno di omaggio, ed è nel mondo incomparabile sorgente di merito. Proprio così, o<br />
Sunakkhatta, con<br />
più di un argomento ti furono dette nel paese dei Vajji le qualità dell'ordine.<br />
"Allora, o Sunakkhatta, io così affermo, o Sunakkhatta, io così concludo: di te si dirà, o<br />
Sunakkhatta, così: '<br />
Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi, non fu capace di dimorare in purezza presso l'asceta<br />
Gotama, non essendo<br />
capace di esercitarsi, evidentemente, ricadde in basso '. Così, o Sunakkhatta, di te si dirà""."<br />
Proprio così, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta figlio dei Licchavi fu da me riconosciuto<br />
immaturo per questa<br />
dottrina e regola, destinato alla rovina, all'inferno.<br />
7. Un tempo, o Bhaggava-gotta, io dimoravo tra i Bumu, in una città dei Bumu di nome<br />
Uttaraka. Allora,<br />
levatomi di buon mattino, o Bhaggava-gotta, presi scodella e mantello, mi recai a Uttaraka per<br />
elemosina con<br />
Sunakkhatta figlio dei Licchavi, aspirante asceta. In quel tempo vi era il penitente<br />
Korakkhattiya, che imitava<br />
il cane (2), rimanendo su quattro gambe, pronto a prendere colla bocca, a mangiare colla<br />
bocca per terra il<br />
cibo.<br />
Vide, o Bhaggavagotta, Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi, il penitente Korakkhattiya, che<br />
imitava il cane,<br />
rimanendo su quattro gambe, pronto a prendere colla bocca, a mangiare colla bocca per terra<br />
il cibo. Allora a<br />
lui così fu<br />
" E degno di rispetto, è un santo asceta chi imita il cane; rimanendo su quattro gambe, pronto<br />
a prendere<br />
colla bocca, a mangiare colla bocca per terra il cibo."<br />
Allora io, o Bhaggava-gotta, assunta con la mente la mente di Sunakkhatta figlio dei Licchavi,<br />
così gli dissi:
Tu, o stolto uomo, stimi il figlio dei Sakya?.<br />
Perché, o signore, ora il Sublime mi dice: ' Tu, o stolto uomo, stimi il figlio dei Sakya?'.<br />
Non forse a te, o Sunakkhatta, nei riguardi del penitente Korakkhattiya, che imita il cane<br />
rimanendo su<br />
quattro gambe, pronto a prendere colla bocca, a mangiare colla bocca per terra il cibo, ora così<br />
fu: È degno<br />
di rispetto, è un santo asceta chi imita il cane, rimanendo su quattro gambe, pronto a prendere<br />
colla bocca, a<br />
mangiare colla bocca per terra il cibo ? ' .<br />
117<br />
Sì, o signore, forse che il Sublime disprezzerebbe un 3 santo ? .<br />
" Non certo io, o uomo stolto, disprezzo un santo. Orsù a questa cattiva opinione sorga in te<br />
rinuncia,<br />
affinché a te non sia per lungo tempo di danno e di dolore. E costui di cui, o Sunakkhatta,<br />
pensi: ' Degno di<br />
rispetto, certo, e santo asceta è il penitente Korakkhattiya ', costui, fra sette giorni, . per<br />
languore compirà il<br />
suo tempo e risorgerà quale asura di nome Kalakanja nel più basso coro asurico (3), ed il suo<br />
corpo sarà<br />
abbandonato in un mucchio d'erbacce in un cimitero. Se i, I tu lo vuoi, va da Korakkhattiya e<br />
così<br />
interrogalo: ' Conosci, o amico Korakkhattiya, la tua sorte?'. Può darsi il caso, o Sunakkhatta,<br />
che il penitente<br />
Korakkhattiya risponda: ' Conosco, o amico Sunakkhatta, la mia sorte: io risorgerò quale .b;<br />
asura di nome<br />
Kalakanja nel più basso coro asurico ' ."<br />
"8. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta figlio dei Licchavi andò dal penitente Korakkhattiya<br />
ed<br />
essendoglisi accostato, disse a costui così: "" Fu detto dall'asceta Gotama, amico<br />
Korakkhattiya: ' Il penitente<br />
Korakkhattiya tra sette giorni, per languore compirà il suo tempo e sorgerà quale asura di<br />
nome Kalakanja<br />
nel più basso coro asurico, ed il suo corpo sarà abbandonato in un mucchio d'erbacce al<br />
cimitero ' pertanto, o<br />
amico Korakkhattiya, nutriti di cibo in quantità sufficiente, bevi in quantità sufficiente delle<br />
bevande, a che<br />
risultino false le parole dell'asceta Gotama"". Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta contò uno<br />
per uno i<br />
giorni di una settimana sperando che fosse smentito il Compiuto. Ma, o Bhaggava-gotta, il<br />
penitente<br />
Korakkhattiya, al settimo giorno, per languore compì il suo tempo e risorse quale asura di<br />
nome Kalakanja,<br />
nel più basso coro asurico, ed il suo corpo fu abbandonato in un mucchio d'erbacce in un<br />
cimitero."<br />
"9. Udì, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta: "" Il penitente Korakkhattiya per languore compì il<br />
suo tempo ed il<br />
suo corpo fu abbandonato in un mucchio d'erbacce in un cimitero"". Allora, o Bhaggava-gotta,<br />
Sunakkhatta,<br />
il figlio dei Licchavi, si recò, presso il mucchio di erbacce nel cimitero, accanto al penitente<br />
Korakkhattiya,
ed essendoglisi accostato per tre volte batté con la mano Korakkhattiya: ""Conosci, amico<br />
Korakkhattiya, la<br />
tua sorte?""."<br />
"Allora, o Bhaggava-gotta, il penitente Korakkhattiya appoggiandosi sulle mani sollevò il<br />
dorso: "" Conosco,<br />
amico Sunakkhatta, la mia sorte: io sono sorto quale asura Kalakanja nel più basso coro<br />
asurico "". E così<br />
avendo parlato ricadde supino."<br />
10. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi, mi si avvicinò, essendosi<br />
avvicinato mi<br />
salutò e si sedette accanto. A lui, che mi era accanto seduto, dissi così:<br />
Che tu pensi, o Sunakkhatta? Ciò che ti dissi nei riguardi del penitente Korakkhattiya si è<br />
verificato così,<br />
oppure diversamente? .<br />
Ciò, o signore, che il Sublime mi disse nei riguardi del penitente Korakkhattiya, così si è<br />
verificato, non<br />
diversamente .<br />
E che tu pensi, o Sunakkhatta, così essendo è stato usato un elemento sovrumano, uno<br />
straordinario potere,<br />
oppure non è stato usato?.<br />
Così essendo, o signore, è stato usato un elemento sovrumano, uno straordinario potere.<br />
E così tu, o uomo stolto, pur essendo stato usato un elemento sovrumano, straordinario<br />
potere, così dici: ' Il<br />
Sublime, o signore, non usa con me l'elemento sovrumano, straordinario potere'. Vedi, o uomo<br />
stolto, quale è<br />
il tuo i errore .<br />
Proprio così, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta figlio dei Licchavi fu da me riconosciuto<br />
immaturo per questa<br />
dottrina e regola, è destinato alla rovina, all'inferno.<br />
"11. Un tempo, o Bhoggava-gotta, io dimoravo a Vesali nella grande foresta, nella casa<br />
dall'acuto tetto. In<br />
quel tempo, l'asceta d'altra dottrina Kandaramasuka abitava a Vesali e per. conseguire alto<br />
profitto, alta fama<br />
praticava e coltivava nella città dei Vajji queste sette virtù: ""Sinché a me sarà vita,: sarò asceta<br />
non coperto<br />
da veste; sinché a me sarà vita, sarò puro, non indulgerò all'elemento sessuale; sin che a me<br />
sarà vita, mi<br />
nutrirò di eccitante carne (4) e non mangerò riso e giuncata; non oltrepasserò a mezzodì di<br />
Vesali il tumulo<br />
di Udena; non oltrepasserò a settentrione di Vesali il tumulo di Gotama; non oltrepasserò a<br />
levante di Vesali<br />
il tumulo di Sattamba; non oltrepasserò a ponente di Vesali il tumulo di Bahuputta (5). E<br />
proprio, per<br />
ottenere alto profitto, alta fama, praticava e coltivava nella città dei Vajji queste sette virtù."<br />
118<br />
"12. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta figlio dei Licchavi si accostò all'asceta<br />
Kandaramasuka, ed<br />
essendosi accostato, pose all'asceta Kandaramasuka un problema. A lui l'asceta<br />
Kandaramasuka, interrogato
su quel problema, non fu capace di rispondere. Non essendo capace di rispondere, manifestò<br />
dispiacere,<br />
disgusto, scontento. Allora a Sunakkhatta figlio dei Licchavi, o Bhaggavagotta, così fu: "" Che io<br />
non<br />
offenda un santo asceta così degno di onore, che ciò non mi sia per lungo tempo di danno e<br />
dolore""."<br />
13. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi mi si accostò, accostatosi, dopo<br />
avermi<br />
salutato si<br />
sedé accanto. A lui, o Bhaggava-gotta, che mi era accanto seduto, così dissi:<br />
Tu, o uomo stolto stimi il figlio dei Sakya ? .<br />
Perché, o signore, ora il Sublime mi dice: ' Tu, o uomo stolto, stimi il figlio dei Sakya? '.<br />
Non forse tu, o Sunakkhatta, avendo accostato l'asceta Kandaramasuka, gli ponesti un<br />
problema? A te<br />
l'asceta Kandaramasuka, interrogato su quel problema, non fu capace di rispondere. Non<br />
essendo capace di<br />
rispondere, manifestò dispiacere, disgusto, scontento. Allora a te, così fu: ' Che io non offenda<br />
un santo<br />
asceta così degno di onore, che ciò non mi sia per lungo tempo di danno e di dolore'.<br />
Sì, o signore, forse che il Sublime disprezzerebbe un santo ? .<br />
Non certo io, o uomo stolto, disprezzo un santo. Orsù a questa cattiva opinione sorga in te<br />
rinuncia, affinché<br />
a te non sia per lungo tempo di danno e di dolore. E costui di cui, o Sunakkhatta, pensi: ' Degno<br />
di rispetto<br />
certo, e santo asceta è l'asceta Kandaramasuka ', costui, fra non molto, vestito ed in<br />
compagnia, mangiando<br />
riso e giuncata, oltrepassati tutti i tumuli di Vesali, intento alla sua gloria, compirà il suo<br />
tempo .<br />
Allora, o Bhaggava-gotta, l'asceta Kandaramasuka, dopo non molto, vestito, in compagnia,<br />
mangiando riso e<br />
giuncata, oltrepassati tutti i tumuli di Vesali, intento alla sua gloria, compì il suo tempo.<br />
"14. Udì allora Sunakkhatta figlio dei Licchavi: "" Certo l'asceta Kandaramasuka rivestito, in<br />
compagnia,<br />
mangiando riso e giuncata, oltrepassati tutti i tumuli di Vesali, intento alla sua gloria, compì il<br />
suo tempo""<br />
(6). Allora, o Bhaggavagotta, Sunakkhatta mi si accostò, ed essendosi accostato, avendomi<br />
salutato, sedette<br />
accanto. A lui, che mi era accanto seduto, o Bhaggava-gotta, così dissi:"<br />
Che tu pensi, o Sunakkhatta? Ciò che ti dissi nei riguardi dell'asceta Kandaramasuka si è<br />
verificato così,<br />
oppure diversamente ? .<br />
Ciò, o signore, che il Sublime disse nei riguardi dell'asceta Kandaramasuka così si è verificato,<br />
non<br />
diversamente .<br />
E che tu pensi, o Sunakkhatta, così essendo è stato usato un elemento sovrumano,<br />
straordinario potere,<br />
oppure non è stato usato? .<br />
Così essendo, o signore, è stato usato un elemento sovrumano, straordinario potere.<br />
E così, o uomo stolto, pur essendo stato usato un elemento sovrumano, straordinario potere,<br />
così dici: ' il
Sublime, o signore, non usa con me l'elemento sovrumano, straordinario potere'. Vedi, o uomo<br />
stolto, quale è<br />
il tuo errore.<br />
Proprio così, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta figlio dei Licchavi fu da me riconosciuto<br />
immaturo per questa<br />
dottrina e regola, destinato alla rovina, all'inferno.<br />
"15. Un tempo, o Bhaggava-gotta, io dimoravo a Vesali, nella grande foresta, nella casa<br />
dall'acuto tetto. In<br />
quel tempo l'asceta di altra dottrina Patikaputta si era stabilito a Vesali; per conseguire alto<br />
profitto, alta fama<br />
nella città dei Vajji. E costui, in Vesali, diceva così: è"<br />
L'asceta Gotama ha raggiunta la sapienza, io ho raggiunta la sapienza, colui che ha raggiunta la<br />
sapienza è<br />
atto, per la raggiunta sapienza, ad insegnare l'elemento sovrumano, straordinario potere.<br />
L'asceta Gotama<br />
percorra mezzo cammino, anch'io percorrerò mezzo cammino. Così insieme potremo usare<br />
l'elemento<br />
sovrumano, straordinario potere. Se l'asceta Gotama farà uso di un elemento sovrumano,<br />
straordinario potere,<br />
io ne farò uso di due. Se l'asceta Gotama farà uso di due elementi sovrumani, straordinari<br />
poteri, io ne farò<br />
uso di quattro. Se l'asceta Gotama farà uso di quattro elementi sovrumani, straordinari poteri,<br />
io ne farò uso<br />
di otto. Ogni qualvolta l'asceta Gotama farà uso di un elemento sovrumano, straordinario<br />
potere, io ne farò<br />
uso di due.<br />
119<br />
16. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi, si avvicinò a me, essendosi<br />
avvicinato ed<br />
avendomi salutato si sedé accanto.<br />
Accanto seduto, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi, così mi disse:<br />
L'asceta, o signore, Patikaputta dimora a Vesali per conseguire alto profitto, alta fama nella<br />
città dei Vajji.<br />
Egli in Vesali così dice: ' L'asceta Gotama ha raggiunta la sapienza, io ho raggiunta la sapienza,<br />
colui che ha<br />
raggiunto la sapienza è atto per la raggiunta sapienza ad insegnare l'elemento sovrumano<br />
straordinario<br />
potere. L'asceta Gotama percorra mezzo cammino, io anche percorrerò mezzo cammino. Così<br />
insieme<br />
potremo usare l'elemento sovrumano, straordinario potere. Se l'asceta Gotama farà uso di un<br />
elemento<br />
sovrumano, straordinario potere, io ne farò uso di due. Se l'asceta Gotama farà uso di due<br />
elementi<br />
sovrumani, straordinari poteri, io ne farò uso di quattro. Se l'asceta Gotama farà uso di quattro<br />
elementi<br />
sovrumani, straordinari poteri, io ne farò uso di otto. Ogni qualvolta l'asceta Gotama farà uso<br />
di un elemento<br />
sovrumano, straordinario potere, io ne farò uso di due ' .<br />
Così essendo stato detto, o Bhaggava-gotta, dissi a Sunakkhatta figlio dei Licchavi così:
Non è capace, o Sunakkhatta, l'asceta Patikaputta a confermare questa sua parola, a<br />
confermare questo suo<br />
pensiero, a non rinunciare a questa sua opinione, se viene a confronto con me. Se a lui così<br />
fosse: ' io<br />
confermerò la parola, io confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione,<br />
allorquando verrò a<br />
confronto con l'asceta Gotama' la sua testa sarebbe allora fatta in pezzi .<br />
"17. ""Controlli, o signore, il Sublime la parola, controlli, o signore, il Benvenuto la parola ""."<br />
Perché, o Sunakkhatta, tu dici: ' Controlli, o signore, il Sublime la parola, controlli, o signore, il<br />
Benvenuto la<br />
parola ? ' .<br />
Dal Sublime, o signore, queste parole furono pronunciate come una sentenza: ' Non è capace<br />
l'asceta<br />
Patikaputta<br />
"a confermare questa sua parola a confermare questo suo pensiero, a non rinunciare a questa<br />
sua opinione, se<br />
verrà a confronto con me. Se a lui così fosse: io confermerò la parola, io confermerò il<br />
pensiero, io non<br />
rinuncerò a questa : È opinione, allorquando verrò a confronto coll'asceta Gotama', la sua<br />
testa sarebbe allora<br />
fatta in pezzi. L'asceta Patikaputta, o signore, in un modo o nell'altro può venire a confronto<br />
col Sublime e<br />
allora ciò sarebbe menzogna al Sublime"""<br />
"18. "" Forse che, o Sunakkhatta, allorquando il Compiuto"<br />
"parla dice parole non vere?""." .<br />
E che forse, o signore, il Sublime, avendo colla sua mente assunta la mente dell'asceta<br />
Patikaputta, sa: non è<br />
capace l'asceta Patikaputta a confermare questa sua parola, a confermare questo suo<br />
pensiero, a non<br />
rinunciare a questa sua opinione, se verrà a confronto con me. Se a lui così fosse: ' io<br />
confermerò la parola, io<br />
confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto<br />
coll'asceta Gotama<br />
' la sua testa allora sarebbe fatta in pezzi. Oppure gli dèi, o signore, così annunciarono al<br />
Compiuto: ' Non è<br />
capace l'asceta Patikaputta a confermare questa sua parola, a confermare questo suo<br />
pensiero, a non<br />
rinunciare a questa sua opinione, se verrà a confronto con me. Se a lui così fosse: ' io<br />
confermerò la parola, io<br />
confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrà (5) a confronto<br />
coll'asceta<br />
Gotama' la sua testa allora sarebbe fatta in pezzi ? ' .<br />
Avendo, o Sunakkhatta, proprio colla mia mente assunta la mente dell'asceta Patikaputta, così<br />
di lui io so:<br />
'non è capace l'asceta Patikaputta a confermare questa sua parola, a confermare questo suo<br />
pensiero, a non<br />
rinunciare a questa sua opinione, se verrà a confronto con me. Se a lui così fosse: ' io<br />
confermerò la parola, io<br />
confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto<br />
coll'asceta Gotama
' la sua testa sarà fatta in pezzi. E proprio gli dèi mi annunciarono: ' Non è capace l'asceta<br />
Patikaputta a<br />
confermare questa sua parola, a confermare questo suo pensiero, a non rinunciare a questa<br />
sua opinione, se<br />
verrà a confronto con me. Se a lui così fosse: ' io confermerò la parola, io confermerò il<br />
pensiero, io non<br />
rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto coll'asceta Gotama, la sua testa<br />
sarà fatta in<br />
pezzi'. Infatti Ajita, il condottiero dei Licchavi, or non è molto, compiuto il suo tempo, sorse nel<br />
coro dei<br />
trentatré dèi. Costui, essendosi accostato, così mi annunciò: 'non prudente è l'asceta<br />
Patikaputta, bugiardo è<br />
120<br />
l'asceta Patikaputta: su di me l'asceta Patikaputta spiegò nei paesi dei Vajji: - Ajita, il<br />
condottiero dei<br />
Licchavi, sorgerà in un grande inferno - . Io non sono sorto in un grande inferno, ma sono<br />
sorto nel coro dei<br />
trentatré dèi. Non prudente è l'asceta Patikaputta, bugiardo è l'asceta Patikaputta, non è<br />
capace l'asceta<br />
Patikaputta a confermare questa sua parola, a confermare questo suo pensiero, a non<br />
rinunciare a questa sua<br />
opinione, se verrà a confronto con me. Se a lui così fosse: ' io confermerò la parola, io<br />
confermerò il<br />
pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto coll'asceta<br />
Gotama ' la sua testa<br />
sarebbe allora fate in pezzi. Proprio così, o Sunakkhatta, avendo colla mia mente assunta la<br />
mente dell'asceta<br />
Patikaputta, io so: ' non è capace l'asceta Patikaputta a confermare questa sua parola, a<br />
confermare questo<br />
suo pensiero, a non rinunciare a questa sua opinione, se verrà a confronto con me. Se a lui così<br />
fosse: - Io<br />
confermerò la parola, io confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione,<br />
allorquando verrò a<br />
confronto coll'asceta Gotama - la sua testa allora sarebbe fatta in pezzi'. E proprio gli dèi mi<br />
annunciarono: '<br />
non è capace l'asceta Patikaputta a confermare questa sua parola, a confermare questo suo<br />
pensiero, a non<br />
rinunciare a questa sua opinione, se verrà a confronto col Sublime. Se a lui così fosse: - io<br />
confermerò la<br />
parola, io confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a<br />
confronto<br />
coll'asceta Gotama - . La sua testa allora sarebbe fatta in pezzi'.<br />
"Io, o Sunakkhatta, dopo aver girato per elemosina in Vesali, essendo tornato dall'elemosina,<br />
dopo il pasto,<br />
mi recherò nel parco là dove si trova l'asceta Patikaputta. O Sunakkhath, annuncia pure ciò a<br />
chi tu<br />
desideri""."<br />
"19. Allora, o Bhaggava-gotta, di prima mattina, presi mantello e scodella, andai in Vesali per<br />
l'elemosina,
dopo aver girato per elemosina in Vesali, ritornato dall'elemosina, dopo il pasto, mi recai nel<br />
parco dove<br />
l'asceta Patikaputta si trovava per passare il giorno. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhath, il<br />
figlio dei<br />
Licchavi, di furia entrò in Vesali si accostò ai più noti Licchavi, e a tutti i più noti Licchavi disse:<br />
"" O<br />
amico, il Sublime, dopo aver girato per elemosina in Vesali, essendo tornato dall'elemosina,<br />
dopo il pasto, si<br />
recherà nel parco dove l'asceta Patikaputta si trova per passare il giorno. Vengano gli<br />
onorevoli, vengano gli<br />
onorevoli, useranno gli elementi sovrumani, straordinari poteri due famosi asceti"". Allora, o<br />
Bhaggava-goth,<br />
a tutti i più noti Licchavi così fu: "" Certo useranno gli elementi sovrumani, straordinari poteri<br />
due famosi<br />
asceti. Or noi andremo""."<br />
"Ed ai più noti ricchi brahmani, ai più facoltosi padri di famiglia, ad asceti e brahmani di varie<br />
scuole costui<br />
si accostò, ed essendosi accostato a costoro, così disse: "" O amico, il Sublime, dopo aver girato<br />
per<br />
elemosina in Vesali, essendo tornato dall'elemosina, dopo il pasto, si recherà nel parco dove<br />
l'asceta<br />
Patikaputh si trova per passare il giorno. Vengano gli onorevoli, vengano gli onorevoli,<br />
useranno gli elementi<br />
sovrumani, straordinari poteri due famosi asceti"". Allora, o Bhaggava-gotta, agli asceti e<br />
brahmani di varie<br />
scuole così fu: ""Certo useranno gli elementi sovrumani, straordinari poteri due famosi asceti.<br />
Or noi<br />
andremo "". Allora, o Bhaggava-goth, i più noti Licchavi, i più noti ricchi brahmani, i facoltosi<br />
padri di<br />
famiglia, gli asceti o brahmani di varie scuole si recarono al parco dove si trovava l'asceta<br />
Patikaputta. E<br />
così, o Bhaggava-gotta, si radunò una grande assemblea di più di un centinaio di persone, di<br />
più di un<br />
migliaio di persone."<br />
"20. Allora udì, o Bhaggava-gotta, l'asceta Patikaputta: "" Certo ora vengono i più noti Licchavi,<br />
vengono i<br />
più noti"<br />
"ricchi brahmani, i facoltosi padri di famiglia, gli asceti e brahmani di varie scuole, e viene<br />
l'asceta Gotama<br />
nel parco dove io dimoro durante il giorno"". Avendo ciò udito, in lui sorse terrore,<br />
costernazione, e gli si<br />
rizzarono i capelli. Allora, o Bhaggava-gotta, l'asceta Patikaputha terrorizzato, costernato, coi<br />
capelli ritti, se<br />
ne andò nel parco dei pellegrini Tindukkhanu."<br />
"Udì, o Bhaggava-goth, l'assemblea: "" Certo l'asceta Patikaputta, terrorizzato, costernato, coi<br />
capelli ritti, se<br />
ne è andato nel parco dei pellegrini Tindukkhanu "". Allora, o Bhaggava-goth, l'assemblea si<br />
rivolse ad un<br />
uomo:"
Ehi tu, o uomo, va al parco dei pellegrini Tindukkhanu, là dov'è l'asceta Patikaputta, è colà<br />
giunto di'<br />
all'asceta Patikaputta così: ' vieni, o amico Patikaputta, nel parco dove l'onorevole è solito<br />
passare il giorno,<br />
121<br />
sono ora giunti i più noti Licchavi, i più noti ricchi brahmani, i facoltosi padri di famiglia, gli<br />
asceti o<br />
brahmani di varie scuole e l'asceta Gotama ' O amico Patikaputh, tu pronunciasti innanzi a<br />
tutta Vesali queste<br />
parole: ' l'asceta Gotama ha raggiunge la sapienza, io ho raggiunta la sapienza, e colui che ha<br />
raggiunta la<br />
sapienza è atto, per la raggiunta sapienza, ad insegnare l'elemento sovrumano straordinario<br />
potere. L'asceta<br />
Gotama percorra mezzo cammino, io anche percorrerò mezzo cammino. Così insieme<br />
potremo usare<br />
l'elemento sovrumano, straordinario potere. Sc l'asceta Gotama farà uso di un elemento<br />
sovrumano,<br />
straordinario potere, io ne farò uso di due. Se l'asceta Gotama farà uso di due elementi<br />
sovrumani,<br />
straordinari poteri, io ne farò uso di quattro. Se l'asceta Gotama farà uso di quattro elementi<br />
sovrumani,<br />
straordinari poteri, io ne farò uso di otto. Ogni qualvolta l'asceta Gotama farà uso di un<br />
elemento sovrumano,<br />
straordinario potere, io ne farò uso di due '. Vieni, o amico Patikaputh, per mezzo cammino,<br />
l'intero cammino<br />
ha già percorso l'asceta Gotama, che ora siede nel parco dove l'onorevole suole passare il<br />
giorno.<br />
21. Allora, o Bhaggava-gotta, quell'uomo ubbidendo all'assemblea, si recò al parco dei<br />
pellegrini<br />
Tindukkhanu dove<br />
"si trovava l'asceta Patikaputta, accostatosi all'asceta Patikaputta, così gli disse: "" Vieni, o<br />
amico<br />
Patikaputta, nel parco dove l'onorevole suole passare il giorno, sono ora giunti i più noti<br />
Licchavi, i più noti<br />
ricchi brahmani, i facoltosi padri di famiglia, gli asceti o brahmani di varie scuole e l'asceta<br />
Gotama. O,<br />
amico Patikaputta, tu pronunciasti innanzi a tutta Vesali queste parole: 'l'asceta Gotama ha<br />
raggiunta la<br />
sapienza, io ho raggiunto la sapienza, colui che ha raggiunto la sapienza è atto per la raggiunta<br />
sapienza ad<br />
insegnare l'elemento sovrumano, straordinario potere. L'asceta Gotama percorra mezzo<br />
cammino, io anche<br />
percorrerò mezzo cammino. Così insieme potremo usare l'elemento sovrumano, straordinario<br />
potere. Se<br />
l'asceta Gotama farà uso di un elemento sovrumano, straordinario potere io ne farò uso di due<br />
'. Vieni, o<br />
amico Patikaputta, per mezzo cammino, l'intero cammino ha già percorso l'asceta Gotama, che<br />
ora siede nel<br />
parco dove l'onorevole suole passare il giorno""."
"Così essendo stato detto l'asceta Patikaputta: ""Vengo, o amico; vengo, o amico"" pur così<br />
dicendo si<br />
agitava e non poteva levarsi da sedere. Allora, o Bhaggava-gotta, quell'uomo così disse<br />
all'asceta Patikaputta:<br />
""che è, di grazia, o amico Patikaputta? Forse che i peli ti si sono attaccati alla sedia, o che la<br />
sedia ti si è<br />
attaccata ai peli ? Tu dici: ' Vengo, o amico, vengo, o amico ', e tuttavia ti agiti e non puoi levarti<br />
da<br />
sedere""."<br />
"Così essendogli stato detto, o Bhaggava-gotta, l'asceta Patikaputta: ""Vengo, o amico; vengo, o<br />
amico"",<br />
pur così dicendo si agitava ma non poteva levarsi da sedere."<br />
"22. Allora, o Bhaggava-gotta, quell'uomo riconobbe è una cosa straordinaria: l'asceta<br />
Patikaputta, ' Vengo, o<br />
amico, vengo, o amico' pur così dicendo si agita ma non riesce a levarsi da sedere"". E<br />
ritornato all'assemblea<br />
così riferì:"<br />
" È una cosa straordinaria: l'asceta Patikaputta ' Vengor o amico; vengo, o amico ' pur così<br />
dicendo si agita<br />
ma non riesce a levarsi da sedere."<br />
"Così essendo stato detto, o Bhaggava-gotta, io dissi all'assemblea così: "" Non è capace, o<br />
amici, l'asceta<br />
Patikaputta a confermare la sua parola, a confermare il suo pensiero, a non rinunciare alla sua<br />
opinione se<br />
viene a confronto con me. Se a lui così fosse: ' Io confermerò la parola, io confermerò il<br />
pensiero, io non<br />
rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto con l'asceta Gotama' la sua testa<br />
allora sarebbe<br />
fatta in pezzi""."<br />
PRIMA PARTE<br />
FINE<br />
122<br />
SECONDA PARTE<br />
1. Allora, o Bhaggava-gotta, un tale, gran ministro dei Licchavi, sorse da sedere e disse<br />
all'assemblea:<br />
Pertanto attendete qui un istante ed io sicuramente condurrò qui, all'assemblea, l'asceta<br />
Patikaputta .<br />
Allora, o Bhaggava-gotta, il gran ministro Licchava andò nel parco dei pellegrini Tindukkhanu,<br />
là dove era<br />
l'asceta Patikaputta, ed essendosi avvicinato all'asceta Patikaputta,<br />
disse così:<br />
Vieni, o amico Patikaputta, è meglio che tu venga: ! nel parco dove l'onorevole suole passare il<br />
giorno sono<br />
ora giunti i più noti Licchavi, sono ora giunti i più noti ricchi brahmani, i facoltosi padri di<br />
famiglia, gli<br />
asceti ed i brahmani di varie scuole e l'asceta Gotama. Tu pronunciasti innanzi a tutta Vesali<br />
queste parole:<br />
'L'asceta Gotama ha raggiunta la sapienza, io ho raggiunto la sapienza, colui che ha raggiunto<br />
la sapienza è
atto per la raggiunta sapienza ad insegnare l'elemento sovrumano, straordinario potere.<br />
L'asceta Gotama<br />
percorra mezzo cammino, io anche percorrerò mezzo cammino. Così insieme potremo usare<br />
l'elemento<br />
sovrumano, straordinario potere. Se l'asceta Gotama farà uso di un elemento sovrumano,<br />
straordinario potere,<br />
io ne farò uso di due '. Venga l'amico Patikaputta per mezzo cammino, l'asceta Gotama ha<br />
percorso l'intero<br />
cammino ed ora siede nel parco dove l'onorevole suole passare il giorno. L'asceta Gotama<br />
pronunziò innanzi<br />
all'assemblea queste parole: ' Non è capace, o amici, l'asceta Patikaputta a confermare la sua<br />
parola, a<br />
confermare il suo pensiero, a non rinunciare alla sua opinione se viene a confronto con me '.<br />
Se a lui così<br />
fosse: ' Io confermerò la parola, io confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione,<br />
allorquando<br />
verrò a confronto con l'asceta Gotama ' la sua testa sarebbe allora fatta in pezzi. Vieni, o amico<br />
Patikaputta, e<br />
colla tua venuta vi sarà il confronto con l'asceta Gotama.<br />
"2. Così essendo stato, l'asceta Patikaputta: ""Vengo, o amico; vengo, o amico "" pur così<br />
dicendo si agitava<br />
ma non poteva levarsi da sedere. Allora, o Bhaggava-gotta, il gran ministro dei Licchavi così<br />
disse all'asceta<br />
Patikaputta: "" Che è, di grazia, o amico Patikaputta? Forse che i peli ti si sono attaccati alla<br />
sedia, o che la<br />
sedia ti si è attaccata ai peli ? Tu dici: 'Vengo, o amico; vengo, o amico', e tuttavia ti agiti e non<br />
puoi levarti<br />
da sedere ""."<br />
"Così essendogli stato detto, o Bhaggava-gotta, l'asceta Patikaputta: ""Vengo, o amico; vengo, o<br />
amico"",<br />
pur così dicendo si agitava ma non poteva levarsi da sedere."<br />
"3. Allora, o Bhaggava-gotta, il gran ministro dei Licchavi riconobbe: "" È una cosa<br />
straordinaria: l'asceta<br />
Patikaputta, ' Vengo, o amico; vengo, o amico ' pur così dicendo si agita ma non riesce a levarsi<br />
da sedere"".<br />
E ritornato all'assemblea così riferì:"<br />
" È una cosa straordinaria: l'asceta Patikaputta, ' Vengo, o amico; vengo, o amico', pur così<br />
dicendo si agita<br />
ma non riesce a levarsi da sedere."<br />
"Così essendo stato detto, o Bhaggava-gotta, io dissi all'assemblea così: ""Non è capace, o<br />
amici, l'asceta<br />
Patikaputta a confermare la sua parola, a confermare il suo pensiero, a non rinunciare alla sua<br />
opinione se<br />
viene a confronto con me. Se a lui così fosse: 'io confermerò la parola, io confermerò il<br />
pensiero, io non<br />
rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto con l'asceta Gotama, la sua testa<br />
sarebbe fatta a<br />
pezzi'. Se agli onorevoli Licchavi così fosse: 'Legato l'asceta Patikaputta con una corda ad una<br />
coppia di
uoi, lo trascineremo qui' si spezzerebbe la corda o l'asceta Patikaputta. Non è capace l'asceta<br />
Patikaputta a<br />
confermare la sua parola! a confermare il suo pensiero, a non rinunciare alla sua opinione se<br />
viene a<br />
confronto con me. Se a lui così fosse ' io confermerò la parola, io confermerò il pensiero, io<br />
non rinuncerò a<br />
questa opinione, allorquando verrò a confronto con l'asceta Gotama' la sua testa sarebbe fatta<br />
in pezzi ""."<br />
4. Allora, o Bhaggava-gotta, Jaliya discepolo portatore di scodella, sorto da sedere, così disse<br />
all'assemblea:<br />
Pertanto attendete qui un istante ed io certamente potrò condurre qui, all'assemblea, l'asceta<br />
Patikaputta.<br />
Allora, o Bhaggava-gotta, Jaliya (7), discepolo portatore di scodella, si recò al parco dei<br />
pellegrini<br />
Tindukkanu là dove era l'asceta Patikaputta, ed essendosi avvicinato all'asceta Patikaputta:<br />
"Vieni, o amico Patikaputta, è meglio che tu venga: nel parco dove l'onorevole suole passare il<br />
giorno sono<br />
123<br />
ora giunti i più noti Licchavi, sono ora giunti i più noti ricchi brahmani, i facoltosi padri di<br />
famiglia, gli<br />
asceti ed i brahmani di varie scuole e l'asceta Gotama. Tu pronunciasti innanzi a tutta Vesali<br />
queste parole: '<br />
L'asceta Gotama ha raggiunta la sapienza, io ho raggiunta la sapienza, colui che ha raggiunta la<br />
sapienza è<br />
atto per la raggiunta sapienza ad insegnare l'elemento sovrumano, straordinario potere.<br />
L'asceta Gotama<br />
percorra mezzo cammino, io anche percorrerò mezzo cammino. Così insieme potremo usare<br />
l'elemento<br />
sovrumano, straordinario potere. Se l'asceta Gotama farà uso di un elemento sovrumano,<br />
straordinario potere,<br />
io ne farò uso di due ' Vieni, o amico Patikaputta per mezzo cammino; l'asceta Gotama ha<br />
percorso l'intero<br />
cammino ed ora siede nel parco dove l'onorevole suole passare il giorno. L'asceta Gotama<br />
pronunciò innanzi<br />
all'assemblea queste parole: ' Non è capace, o amici, l'asceta Patikaputta a confermare la sua<br />
parola, a<br />
confermare il suo pensiero, a non rinunciare alla sua opinione se viene a confronto con me. Se<br />
a lui così<br />
fosse - Io confermerò la parola, io confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione,<br />
allorquando<br />
verrò a confronto con l'asceta Gotama - se a lui così fosse: - io confermerò la parola, allora la<br />
sua testa<br />
sarebbe fatta in pezzi - . Se agli onorevoli Licchavi così fosse: - Legato asceta Patikaputta con<br />
una corda ad<br />
una coppia di buoi, lo trascineremo qui - si spezzerebbe la corda o l'asceta Patikaputta. Non è<br />
capace l'asceta<br />
Patikaputta a confermare la sua parola, a confermare il suo pensiero, a non rinunciare alla sua<br />
opinione se<br />
viene a confronto con me. Se a lui così fosse. - Io confermerò la parola, io confermerò il<br />
pensiero, io non
inuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto con l'asceta Gotama - la sua testa<br />
sarebbe fatta in<br />
pezzi '. Vieni, o amico Patikaputta, e colla tua venuta vi sarà il confronto con l'asceta Gotama ."<br />
"5. Così essendo stato detto, l'asceta Patikaputta: "" Vengo, o amico; vengo, o amico "" pur così<br />
dicendo si<br />
agitava ma non poteva levarsi da sedere. Allora, o Bhaggava-gotta, Jaliya, discepolo portatore<br />
di scodella,<br />
così disse all'asceta Patikaputta: "" Che è, di grazia, o amico Patikaputta? Forse che i peli ti si<br />
sono attaccati<br />
alla sedia o che la sedia ti si è attaccata ai peli ? Tu dici: ' Vengo, o amico; vengo, o amico ' e<br />
tuttavia ti agiti<br />
e non puoi levarti da sedere ""."<br />
"Così essendogli stato detto, o Bhaggava-gotta, l'asceta Patikaputta: ""Vengo, o amico; vengo, o<br />
amico"",<br />
pur così dicendo si agitava ma non poteva levarsi da sedere."<br />
"6. Allora, o Bhaggava-gotta, Jaliya discepolo portatore di scodella riconobbe: "" È una cosa<br />
straordinaria:<br />
l'asceta Patikaputta: ' Vengo, o amico; vengo, o amico ' pur così dicendo si agita, ma non riesce<br />
a levarsi da<br />
sedere "". Allora a costui così disse: "" Un tempo, o amico Patikaputta, ad un leone, re degli<br />
animali, così fu:<br />
' Se io ora mi preparassi un rifugio nella foresta e se, dopo averlo preparato, vi entrassi al<br />
mattino, e dopo<br />
esservi entrato, mi svegliassi, e dopo essermi svegliato, girassi nelle quattro direzioni lo<br />
sguardo, e dopo aver<br />
girato nelle quattro direzioni lo sguardo, per tre volte ruggissi col ruggito del leone, e dopo<br />
aver per tre volte<br />
ruggito col ruggito del leone, mi recassi al pascolo, e qui uccidessi tra il gregge degli animali<br />
quelli di<br />
migliore e più tenera carne, e dopo averne mangiata la tenera carne, raggiungessi così il<br />
rifugio? '."<br />
Allora, o amico, il leone, re degli animali, si preparò un rifugio nella folta foresta, e dopo<br />
esserselo preparato,<br />
vi entrò al mattino, e dopo esservi entrato, si svegliò, dopo essersi svegliato, girò nelle quattro<br />
direzioni lo<br />
sguardo, e dopo aver girato nelle quattro direzioni lo sguardo, per tre volte ruggì col ruggito<br />
del leone, e<br />
dopo aver per tre volte ruggito col ruggito del leone, si recò al pascolo e uccise tra il gregge<br />
degli animali<br />
quelli di migliore e più tenera carne, e avendone mangiate le teneri carni, raggiunse così il<br />
rifugio?'.<br />
7. Dunque, amico Patikaputta, a Jara, lo sciacallo arrogante e sciocco, che si nutriva degli<br />
avanzi del leone,<br />
proprio a Jara lo sciacallo Così fu: ' Che sono io, che il leone, re degli animali? Se io ora mi<br />
preparassi un<br />
rifugio nella foresta e se, dopo averlo preparato, vi entrassi al mattino, e, dopo esservi entrato,<br />
mi svegliassi,<br />
e dopo essermi svegliato, girassi nelle quattro direzioni lo sguardo, e dopo aver girato nelle<br />
quattro direzioni
lo sguardo, per tre volte ruggissi col ruggito del leone e dopo aver per tre volte ruggito col<br />
ruggito del leone,<br />
mi recassi al pascolo e qui uccidessi tra il gregge quelli di migliore e più tenera carne, e dopo<br />
averne<br />
mangiata la tenera carne, raggiungessi così il rifugio ? '.<br />
Allora, o amico, Jara lo sciacallo si preparò un rifugio nella folta foresta, e dopo esserselo<br />
preparato, vi entrò<br />
al mattino, e dopo esservi entrato, si svegliò, e dopo essersi svegliato, girò nelle quattro<br />
direzioni lo sguardo,<br />
e dopo aver girato nelle quattro direzioni lo sguardo: ' Per tre volte ruggirò col ruggito del<br />
leone ', ma lo<br />
124<br />
sciacallo non ruggì ed emise invece il suo urlo. E che è il vile urlo dello sciacallo, e che il<br />
ruggito<br />
"del leone ? Proprio così tu, o amico Patikaputta, vivendo cogli attributi del Benvenuto,<br />
nutrendoti col cibo<br />
del Benvenuto, pensi di poter competere col Compiuto, Santo, Perfetto, perfettamente<br />
Svegliato. Che sono i<br />
vili Patikaputta al confronto dei Compiuti, Santi, Perfetti, perfettamente Svegliati? ""."<br />
8. Ma con ciò, o Bhaggava-gotta, Jaliya, discepolo portatore di scodella, con questo paragone,<br />
non fu in<br />
grado di trarre l'asceta Patikaputta dal suo sedile, allora così gli disse:<br />
Uno sciacallo pensa di poter essere scambiato da chi lo [guarda per un leone: ma ecco lo<br />
sciacallo ruggisce: '<br />
che è il vile urlo dello scia<br />
[callo, e che il ruggito del leone? '.<br />
"Proprio così tu, amico Patikaputta, vivendo con gli attributi del Benvenuto, nutrendoti col<br />
cibo del<br />
Benvenuto, pensi di poter competere col Compiuto, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato.<br />
Che sono i vili<br />
Patikaputta al confronto dei Compiuti, Santi, Perfetti, perfettamente Svegliati? ""."<br />
9. Con ciò, o Bhaggava-gotta, Jaliya, il discepolo portatore di scodella, con questo paragone,<br />
non fu in grado<br />
di trarre l'asceta Patikaputta dal suo sedile, e allora così gli disse:<br />
Colui che si aggirò cercando per sé gli avanzi dell'altrui cibo non vede se stesso e si crede<br />
simile ad una tigre,<br />
ma ecco lo sciacallo ruggisce: ' e che è il vile urlo dello scia[callo, e che il ruggito del leone?'.<br />
"Proprio così tu, o amico Patikaputta, vivendo cogli attributi del Benvenuto, nutrendoti col<br />
cibo del<br />
Benvenuto, pensi di poter competere col Compiuto, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato.<br />
Che sono i vili<br />
Patikaputta al confronto dei Compiuti, Santi, Perfetti, perfettamente Svegliati? ""."<br />
10. Ma con ciò, o Bhaggava-gotta, Jaliya, discepolo portatore di scodella, con questo paragone,<br />
non fu in<br />
grado di trarre l'asceta Patikaputta dal suo sedile, allora così gli disse:<br />
Chi si nutrì di rane, di topi da grano, di crani, di ossa e<br />
[di rifiuti<br />
nella grande foresta, nell'inospitale foresta si crede stimabile:<br />
[' io sono il re degli animali '<br />
ma ecco lo sciacallo ruggisce: ' che è il vile ruggito dello scia[callo, e che il ruggito del leone? '.
"Proprio così tu, o amico Patikaputta, vivendo cogli attributi del Benvenuto, nutrendoti col<br />
cibo del<br />
Benvenuto, pensi di poter competere col Compiuto, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato.<br />
Che sono i vili<br />
Patikaputta al confronto dei Compiuti, Santi, Perfetti, perfettamente Svegliati?""."<br />
"I l. Con ciò, o Bhaggava-gotta, Jaliya, discepolo portatore di scodella, con questo paragone,<br />
non fu in grado<br />
di trarre l'asceta Patikaputta dal suo sedile. Allora tornato all'assemblea così riferì: ""è una<br />
cosa straordinaria:<br />
l'asceta Patikaputta, ' Vengo, o amico; vengo, o amico ' pur così dicendo si agita ma non riesce<br />
a levarsi da<br />
sedere""."<br />
Così essendo stato detto, o Bhaggava-gotta, così dissi all'assemblea:<br />
Non è capace, o amici, l'asceta Patikaputta a confermare la sua parola, a confermare il suo<br />
pensiero, a non<br />
rinunciare alla sua opinione, se viene a confronto con me. Se a lui così fosse: ' io confermerò la<br />
parola, io<br />
confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto con<br />
l'asceta<br />
Gotama' la sua testa allora sarebbe fatta in pezzi. Se agli onorevoli Licchavi così fosse: ' Legato<br />
l'asceta<br />
Patikaputta con una corda ad una coppia di buoi lo trascineremo qui' si spezzerebbe la corda<br />
o l'asceta<br />
Patikaputta. Non è capace l'asceta Patikaputta a confermare la sua parola, a confermare il suo<br />
pensiero, a non<br />
rinunciare alla sua opinione, se viene a confronto con me. Se a lui così fosse ' Io confermerò la<br />
parola, io<br />
confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto con<br />
l'asceta<br />
Gotama' la sua testa sarebbe fatta in pezzi.<br />
125<br />
12. Allora io, o Bhaggava-gotta, istruii, incitai, rallegrai, rasserenai l'assemblea con un discorso<br />
sulla dottrina<br />
ed avendo istruita, incitata, rallegrata, rasserenata l'assemblea con un discorso sulla dottrina e<br />
avendo così<br />
liberato dai grandi legami, avendo rimosse le maggiori difficoltà a 84.000 esseri, raggiunto<br />
l'elemento fuoco,<br />
feci apparire sette palme nel cielo e avendo costruite di fuoco e di fumo altre sette palme,<br />
riapparvi nella<br />
grande selva, nel padiglione dall'acuto tetto. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta figlio dei<br />
Licchavi, mi si<br />
avvicinò, avvicinatomi ed avendomi salutato, sedette accanto. A lui che si era accanto seduto, o<br />
Bhaggavagotta,<br />
così dissi:<br />
Che tu pensi, o Sunakkhatta? Ciò che ti dissi nei riguardi dell'asceta Patikaputta si è verificato<br />
così oppure<br />
diversamente ? .<br />
Ciò, o signore, che il Sublime mi disse nei riguardi dell'asceta Patikaputta così si è verificato,<br />
non<br />
diversamente .
E che tu pensi, o Sunakkhatta, così essendo è stato usato un elemento sovrumano,<br />
straordinario potere,<br />
oppure non è stato usato ? .<br />
Così essendo, o signore, è stato usato un elemento sovrumano, straordinario potere.<br />
E così tu, o uomo stolto, pur essendo stato usato un elemento sovrumano, straordinario<br />
potere, così dici: ' Il<br />
Sublime, o signore, non usa con me l'elemento sovrumano, straordinario potere'. Vedi, o uomo<br />
stolto, quale è<br />
il tuo errore ' .<br />
Proprio così, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta fu da me riconosciuto immaturo per questa<br />
dottrina e regola,<br />
destinato alla rovina, all'inferno.<br />
"13. Ed io, o Bhaggava-gotta, ho realizzato il sapere delle origini; questo ho realizzato e cose di<br />
queste più<br />
alte ho realizzato, ma da ciò che ho realizzato non sono vincolato; non essendo vincolato, solo,<br />
stabilita la<br />
pace ed il supremo sapere, il Compiuto consegue la liberazione dal destino. Vi sono, o<br />
Bhaggava gotta,<br />
alcuni asceti o brahmani che espongono un insegnamento sulle origini: il mondo di Issara, il<br />
mondo di<br />
Brahma. Essendomi loro avvicinato, così dissi: "" È vero che, onorevoli, esponete un<br />
insegnamento intorno<br />
alle origini, al mondo di Issara, al mondo di Brahma?"". Costoro, così da me interrogati: "" Sì ""<br />
risposero. E<br />
di conseguenza dissi loro: "" In che modo, onorevoli, voi avete stabilito il vostro sapere sulle<br />
origini, sul<br />
mondo di Issara, sul mondo di Brahma che insegnate, che esponete? "". Costoro da me così<br />
interrogati, non<br />
risposero, ma a loro volta mi interrogarono. Interrogato, a loro risposi così:"<br />
"l 4. "" Vi è, o amici, un certo momento, questo o quello, in cui dopo lungo lasso di tempo<br />
questo mondo si<br />
evolve. Evolvendosi il mondo, gli esseri praticamente si evolvono come dèi raggianti. Essi<br />
allora sono fatti di<br />
pensiero, nutriti di beatitudine, da sé irradiano luce, sono di struttura aerea, costantemente<br />
gloriosi, e così a<br />
lungo, per lungo tempo rimangono. Vi è, o amici, un certo momento, questo o quello, in cui,<br />
dopo lungo<br />
lasso di tempo, questo mondo si involve, nel mondo che si è involuto, una vuota regione di<br />
Brahma si rende<br />
manifesta. Allora un certo essere, o per l'esaurirsi del tempo, o per l'esaurirsi del merito,<br />
trapassando dal coro<br />
degli dèi raggianti, sorge nella vuota regione di Brahma. Costui allora è fatto di pensiero,<br />
nutrito di<br />
beatitudine, da sé irradia luce, è di struttura aerea, costantemente glorioso, ed a lungo, per<br />
lungo tempo<br />
rimane. A costui allora, da lungo tempo solitario, nella non soddisfatta mente,<br />
un'insoddisfazione, un<br />
desiderio sorge: Oh, certo, altri esseri possono venire in questo mondo! Allora altri esseri, per<br />
esaurirsi del
tempo, o per esaurirsi del merito, trapassati dal coro degli dèi raggianti sorgono nella regione<br />
di Brahma in<br />
compagnia di quell'essere. Costoro allora sono fatti di pensiero, nutriti di beatitudine, da sé<br />
irradiano luce,<br />
sono di struttura aerea, costantemente gloriosi, a lungo, per lungo tempo rimangono."<br />
l S. Allora, o amici, a quell'essere per primo sorto così è: Io sono Brahma, il Gran Brahma, il<br />
Signore, il mai<br />
vinto, l'onniveggente, l'onnipotente, il padrone, il fattore, il creatore, l'altissimo, l'ordinatore, il<br />
possente<br />
padre di ciò che fu e sarà. Da me questi esseri furono creati. E quale ne è la ragione? Al<br />
principio a me così<br />
fu: Oh certo altri esseri possono venire in questo mondo! A quegli esseri, dopo sorti, invece<br />
così è: costui è il<br />
signore Brahma, il Gran Brahma, il signore, il mai vinto, l'onniveggente, l'onnipossente, il<br />
padrone, il fattore,<br />
il creatore, l'altissimo, l'ordinatore, il possente padre di ciò che fu e ciò che sarà. Da costui, dal<br />
signor<br />
126<br />
Brahma, noi fummo creati. E quale di ciò la ragione? Costui noi vedemmo qui primo sorto: noi<br />
qui<br />
sorgemmo dopo!<br />
"16. Allora, o amici, l'essere prima sorto è dotato di più lunga vita, di maggior splendore, di più<br />
grande<br />
potenza, mentre gli altri esseri, sorti dopo, sono dotati di men lunga vita, di scarsa bellezza, di<br />
minore<br />
potenza? Si conosce questa possibilità, o amici, che un certo essere, trapassando da quel coro,<br />
appaia in<br />
questo mondo. In questo mondo venuto, fatto asceta, abbandoni la casa per l'anacoretismo.<br />
Abbandonata la<br />
casa per l'anacoretismo, fatto asceta, realizzato lo zelo, realizzata l'attenzione, realizzato il<br />
controllo,<br />
realizzata la vigilanza, realizzata la giusta applicazione del pensiero, in modo da raggiungere<br />
la<br />
concentrazione della mente, nella sua mente raccolta sorge consapevolezza di una anteriore<br />
forma di<br />
esistenza, ma non sorge consapevolezza di altro. Ed egli così dice: ' Quegli certo è il signor<br />
Brahma, il gran<br />
Brahma, il signore, il mai vinto, l'onniveggente, l'onnipotente, il padrone, il fattore, il creatore,<br />
l'altissimo,<br />
l'ordinatore, il possente padre di ciò che fu e ciò che sarà. Da costui, dal signor Brahma noi<br />
fummo creati.<br />
Egli è permanente, perdurante, eterno, elemento immobile, così per sempre uguale sarà. Noi<br />
invece fummo<br />
creati dal Brahma, impermanenti, non perduranti, di corta vita, elementi mutabili venuti a<br />
questo mondo '.<br />
Così è l'origine, o amici, del mondo di Issara, del mondo di Brahma, del sapere delle origini,<br />
che voi<br />
esponete ""."<br />
"Costoro così dissero: ""Ecco, o amico Gotama, noi abbiamo udito ciò che disse l'onorevole<br />
Gotama "". Ed
io, o Bhaggava-goth, ho realizzato il sapere delle origini; questo ho realizzato e cose di queste<br />
più alte ho<br />
realizzato, ma da ciò che ho realizzato non sono vincolato; non essendo vincolato, solo,<br />
stabilita la pace ed il<br />
supremo sapere, il Compiuto consegue la liberazione dal destino."<br />
"1 7. Vi sono, o Bhaggava-gotta, alcuni asceti o brahmani che espongono un insegnamento sul<br />
sapere delle<br />
origini per corruzione del piacere. Essendomi loro avvicinato, così dissi: "" È vero che,<br />
onorevoli, voi<br />
esponete un insegnamento sulle origini per corruzione del piacere?"". Costoro così da me<br />
interrogati: ""Sì"",<br />
risposero. Ed in conseguenza, dissi loro: "" In che modo, voi onorevoli, avete stabilito il sapere<br />
delle origini<br />
per corruzione del piacere, che esponete? "". Costoro da me così interrogati non risposero, ma<br />
a loro volta mi<br />
interrogarono. Interrogato, a loro risposi così:"<br />
Vi sono invero, o amici, gli dèi corrotti dal piacere. Essi avendo raggiunto l'elemento gioiapiacere<br />
a lungo<br />
attaccati dimorano, avendo a lungo dimorato attaccati al raggiunto elemento gioia-piacere, la<br />
loro<br />
consapevolezza si attenua, attenuata la consapevolezza, essi trapassano dal loro coro divino.<br />
Si conosce, o<br />
amici, questa possibilità, che un essere trapassato da quel coro, giunga in questo mondo. E,<br />
giunto in questo<br />
mondo, fatto asceta, abbandoni la casa per l'anacoretismo. Abbandonata la casa per<br />
l'anacoretismo, fatto<br />
asceta, realizzato lo zelo, realizzata l'attenzione, realizzato il controllo, realizzata la vigilanza,<br />
realizzata la<br />
giusta applicazione del pensiero, in modo da raggiungere la concentrazione della mente, sì che<br />
colla mente<br />
raccolta sorge in lui la consapevolezza di una precedente esistenza, ma non sorge<br />
consapevolezza di altro.<br />
Egli così dice: ' Vi sono i signori dèi non corrotti dal piacere. Essi non attaccati al raggiunto<br />
elemento gioiapiacere<br />
a lungo dimorano, e avendo dimorato a lungo non attaccati al raggiunto elemento gioiapiacere,<br />
la<br />
loro consapevolezza non si attenua e non trapassano dal loro coro, permanenti, perduranti,<br />
eterni, elementi<br />
immutabili, così per sempre uguali staranno. Invece noi fummo corrotti<br />
"dal piacere: a lungo dimorammo attaccati al raggiunto elemento gioia-piacere, e, avendo noi a<br />
lungo<br />
dimorato attaccati al raggiunto elemento gioia-piacere, la nostra consapevolezza si attenuò,<br />
attenuata la<br />
consapevolezza, trapassati da quel coro, impermanenti, imperduranti, di corta vita, elementi<br />
mutabili siamo<br />
venuti a questo mondo'. Così, o amici, si è stabilito il sapere delle origini per corruzione del<br />
piacere, che voi<br />
esponete ""."<br />
"Costoro così dissero: ""Ecco, o amico Gotama, noi abbiamo udito ciò che disse l'onorevole<br />
Gotama"". Ed
io, o Bhaggava-gotta, ho realizzato il sapere delle origini; questo ho realizzato e cose di queste<br />
più alte ho<br />
realizzato, ma da ciò che ho realizzato non sono vincolato; non essendo vincolato, solo,<br />
stabilita la pace ed il<br />
supremo sapere, il Compiuto consegue la liberazione dal destino."<br />
"18. Vi sono, o Bhaggava-gotta, alcuni asceti o brahmani che espongono un insegnamento sul<br />
sapere delle<br />
127<br />
origini per corruzione della mente. Essendomi loro avvicinato così dissi: "" È vero che voi<br />
onorevoli<br />
esponete un insegnamento sulle origini per corruzione della mente? "". Costoro così da me<br />
interrogati: "" Sì<br />
"", risposero. Ed in conseguenza dissi loro: "" In che modo voi onorevoli avete stabilito il<br />
sapere delle origini<br />
per corruzione della mente, che esponete ? "". Costoro da me così interrogati non risposero,<br />
ma a loro volta<br />
mi interrogarono. Interrogato, a loro risposi così:"<br />
" Vi sono, o amici, gli dèi corrotti dal pensiero. Essi a lungo si pensano l'un l'altro, ed essendosi<br />
a lungo l'un<br />
l'altro pensati, si corrompono la mente. Essi corrotta l'un l'altro la mente, esauriscono la<br />
mente, esauriscono il<br />
corpo, trapassano dal loro coro divino. Si conosce, o amici, questa possibilità: che un essere<br />
trapassato da<br />
quel coro giunga in questo mondo. E giunto in questo mondo, fatto asceta, abbandoni la casa<br />
per<br />
l'anacoretismo. Abbandonata la casa per l'anacoretismo, fatto asceta, realizzato lo zelo,<br />
realizzata<br />
l'attenzione, realizzato il controllo, realizzata la vigilanza, realizzata la giusta applicazione del<br />
pensiero, in<br />
modo da raggiungere la concentrazione della mente, sì che colla mente raccolta sorge in è` lui<br />
consapevolezza di una precedente esistenza, ma non sorge consapevolezza di altro. Egli così<br />
dice: ' Vi sono,<br />
o signori, gli dèi non corrotti dal pensiero. Essi, non essendosi a lungo l'un l'altro pensati, non<br />
hanno corrotta<br />
la mente. Essi, non essendosi l'un l'altro corrotta la mente, non hanno esaurita la mente, non<br />
hanno esaurito il<br />
corpo. Questi dèi non trapassano dal loro coro, permanenti, perduranti, eterni, elementi<br />
immutabili, così per<br />
sempre eguali staranno. Noi invece fummo corrotti dal pensiero, a lungo l'un l'altro ci<br />
pensammo, ed<br />
essendoci a lungo l'un l'altro pensati, indebolimmo l'un l'altro la mente, corrotta l'un l'altro la<br />
mente<br />
esaurimmo la mente, esauriscono il corpo, e trapassati da quel coro, impermanenti,;<br />
imperduranti, di corta<br />
vita, elementi mutabili, siamo venuti a questo mondo'. Così, o amici, si è stabilito il sapere<br />
delle"<br />
"origini per corruzione della mente, che voi esponete ""."<br />
"Costoro, così dissero: "" Ecco, o amico Gotama, noi abbiamo udito ciò che disse l'onorevole<br />
Gotama"". Ed
io, o Bhaggava-gotta, ho realizzato il sapere delle origini; questo ho realizzato e cose più alte<br />
ho realizzato,<br />
ma da ciò che ho realizzato non sono vincolato; non essendo vincolato, solo, stabilita la pace<br />
ed il supremo<br />
sapere, il Compiuto consegue la liberazione dal destino."<br />
"19. Vi sono, o Bhaggava-gotta, alcuni asceti o brahmani che espongono un insegnamento sul<br />
sapere<br />
dell'origine casuale. Essendomi loro avvicinato così dissi: ""È vero che voi onorevoli, esponete<br />
un<br />
insegnamento sull'origine casuale? "". Costoro così da me interrogati: "" Sì "", risposero. E di<br />
conseguenza<br />
dissi loro: ""In che modo voi, onorevoli, avete stabilito il sapere dell'origine casuale, che<br />
esponete?"".<br />
Costoro da me così interrogati, non risposero, ma a loro volta mi interrogarono. Interrogato<br />
risposi così:"<br />
Vi sono, o amici, gli dèi esseri inconsci, questi dèi raggiunta una coscienza trapassano dal loro<br />
coro. Si<br />
conosce questa possibilità, o amici, che un certo essere, trapassato da quel coro, appaia in<br />
questo mondo.<br />
Giunto in questo mondo,<br />
"fatto asceta, abbandoni la casa per l'anacoretismo. Abbandonata la casa per l'anacoretismo,<br />
fatto asceta,<br />
realizzato lo zelo, realizzata l'attenzione, realizzato il controllo, realizzata la vigilanza,<br />
realizzata la giusta<br />
applicazione del pensiero, in modo da raggiungere la concentrazione della mente, sì che colla<br />
mente raccolta<br />
sorge in lui consapevolezza di una precedente esistenza, ma non sorge consapevolezza di<br />
altro. Egli così<br />
dice: ' Origine casuale hanno l'anima ed il mondo. E quale di ciò la ragione? Io non esistevo<br />
prima che<br />
quest'io fosse maturato in esistenza'. Così, o amici, si è stabilito il sapere dell'origine casuale<br />
che voi<br />
esponete""."<br />
"Costoro così dissero: ""Ecco, o amico Gotama, noi abbiamo udito ciò che disse l'onorevole<br />
Gotama"". Ed<br />
io, o Bhaggava-gotta, ho realizzato il sapere delle origini, questo ho realizzato e cose di queste<br />
più alte ho<br />
realizzato, ma da ciò che ho realizzato non sono vincolato; non essendo vincolato, solo,<br />
stabilita la pace ed il<br />
supremo sapere, il Compiuto consegue la liberazione dal destino."<br />
"20. Così, o Bhaggava-gotta, avendo io detto, alcuni asceti o brahmani, vani, bugiardi,<br />
calunniano non<br />
secondo realtà: ""Non chiaro è l'asceta Gotama coi suoi monaci. L'asceta Gotama così dice: 'Nel<br />
tempo in cui<br />
un asceta ha raggiunta la splendente liberazione, in quel tempo egli percepisce solo oscurità '<br />
"". Non io, o<br />
Bhaggava-gotta, così dico: "" Nel tempo in cui un asceta ha raggiunta la splendente<br />
liberazione, in quel<br />
128
tempo percepisce solo oscurità "". Ma così io dico: "" Nel tempo in cui un asceta, raggiunta la<br />
splendente<br />
liberazione, dimora, in quel tempo percepisce lo splendore""""."<br />
Pertanto, o signore, oscuri sono coloro che accusano il Sublime ed i monaci di oscurità, che io<br />
possa essere<br />
rischiarato dal Sublime, possa il Sublime insegnarmi la dottrina per mezzo della quale,<br />
raggiunta la<br />
splendente liberazione, si dimora.<br />
Difficile, o Bhaggava-gotta, a chi è di altra opinione, di altra credenza, a chi è sotto un altro<br />
influsso, ad altro<br />
aggiogato ad un altro insegnamento intento, poter dimorare<br />
"nella raggiunta splendente liberazione; ma a te, o Bhaggavagotta, quella certezza che hai in<br />
me ti serve di<br />
buona protezione ""."<br />
Se è difficile, o signore, a chi è di altra opinione, di altra credenza, a chi è sotto un altro<br />
influsso, ad altro<br />
aggiogato, ad un altro insegnamento intento, dimorare nella raggiunta splendente liberazione,<br />
certo la<br />
certezza che io ho nel Sublime mi sarà di buona protezione.<br />
Così disse il Sublime, contento Bhaggava-gotta il pellegrino si rallegrò alla parola del Sublime.<br />
PATIKA SUTTANTA<br />
FINE<br />
(Traduzione di Eugenio Frola)<br />
SAMANNAPHALASUTTA<br />
(SUL FRUTTO DELL'ASCESI)<br />
Così ho sentito:<br />
"1. Un tempo il Sublime dimorava a Rajagaha (1) nel boschetto di manghi di Jivaka il pediatra,<br />
con una<br />
schiera di monaci, milletrecentocinquanta monaci. quel tempo il re del Magadha Ajatasattu<br />
Vedehiputta (2)<br />
nei giorni della vigilia, al quindicesimo, alla festa della fine delle piogge, nelle notti di<br />
plenilunio (3),<br />
circondato dai suoi reali amici, era uso sedere sul terrazzo dell'eccelsa casa. E dunque il re del<br />
Magadha<br />
Ajatasattu Vedehiputta, una notte di vigilia così esclamò: ""bellissima, o amici, è questa notte<br />
di plenilunio;<br />
meravigliosa, o amici, è questa notte di plenilunio; splendida, o amici, è questa notte di<br />
plenilunio; mirabile,<br />
o amici, e questa notte di plenilunio; propizia, o amici"<br />
"questa notte di plenilunio. Quale asceta o brahmano potremmo onorare, che onorato possa di<br />
pace colmarci<br />
la mente ?"" ."<br />
"2. Così essendo stato detto, uno tra gli amici del re, al re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta.<br />
così disse:<br />
""tale,"<br />
"o divino, è Purana Kassapa', capo di una scuola, con molti seguaci, celebre, famoso, fondatore<br />
di una<br />
dottrina, per la calma virtuoso, da molta gente onorato, grande anacoreta, vegliardo d'età<br />
veneranda. Proprio,
o divino, si onori Purana Kassapa ed allora certamente, onorando Purana Kassapa, colma di<br />
pace verrà a noi<br />
la mente "". Ma, essendo stato così detto, il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta rimase in<br />
silenzio."<br />
"3. Un altro tra gli amici del re, al re dei Magadha Ajatasattu Vedehiputta, così disse: "" tale, o<br />
divino, è<br />
Makkhali - Gosala, capo di una scuola, con molti seguaci, celebre, famoso, fondatore di una<br />
dottrina, per la<br />
129<br />
calma virtuoso, da molta gente onorato, grande anacoreta, vegliardo d'età veneranda. Proprio,<br />
o divino, si<br />
onori Makkhali-Gosala ed allora certamente, onorando Makkhali-Gosala, colma di pace verrà a<br />
noi la<br />
mente"". Ma, essendo stato così detto, il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta rimase in<br />
silenzio."<br />
"4. Un altro tra gli amici del re, al re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta, così disse: ""tale, o<br />
divino, è Ajita<br />
Kesakambala, capo di una scuola, con molti seguaci, celebre, famoso, fondatore di una<br />
dottrina, per la calma<br />
virtuoso, da. molta gente onorato, grande anacoreta, vegliardo d'età veneranda. Proprio, o<br />
divino, si onori<br />
Ajita Kesa-kambala ed allora certamente, onorando Ajita Kesa-kambala, colma di pace verrà a<br />
noi la mente<br />
"". Ma, essendo stato così è detto, il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta rimase in silenzio."<br />
"5. Un altro degli amici del re, al re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta, così disse: ""tale, o<br />
divino, è<br />
Pakudha Kaccayana, capo di una scuola, con molti seguaci, famoso, fondatore di una dottrina,<br />
per la calma<br />
virtuoso, da molta gente onorato, grande anacoreta, vegliardo d'età veneranda. Proprio, o<br />
divino, si onori<br />
Pakudha Kaccayana ed allora certamente, onorando Pakudha Kaccayana, colma di pace verrà"<br />
"a noi la mente "". Ma, essendo stato così detto, il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta<br />
rimase in silenzio."<br />
"6. Un altro tra gli amici del re, al re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta così disse: ""tale, o<br />
divino, è<br />
Sarijaya Belatthiputta, capo di una scuola, con molti seguaci, celebre, famoso, fondatore di una<br />
dottrina, per<br />
la calma virtuoso, da molta gente onorato, grande anacoreta, vegliardo d'età veneranda.<br />
Proprio, o divino, si<br />
onori Sanjaya Belatthiputta ed allora certamente, onorando Sanjaya Belatthiputta, colma di<br />
pace verrà a noi<br />
la mente "". Ma, essendo stato così detto, il del Magadha Ajatasattu Vedehiputta rimase in<br />
silenzio."<br />
"7. Un altro tra gli amici del re, al re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta, così disse:""tale, o<br />
divino, è<br />
Nigantha Nataputta, capo di una scuola, con molti seguaci, celebre, famoso, fondatore di una<br />
dottrina, per la<br />
calma virtuoso, da molta gente onorato, grande anacoreta, vegliardo d'età veneranda. Proprio,<br />
o divino, si
onori Nigantha Nataputta ed allora certamente, onorando Nigantha Nataputta, colma di pace<br />
verrà a noi la<br />
mente "". Ma, essendo stato così detto, il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta rimase in<br />
silenzio."<br />
"8. Durante questo tempo Jivaka il pediatra era rimasto seduto in silenzio accanto al re del<br />
Magadha<br />
Ajatasattu Vedehiputta. Allora il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta così disse a Jivaka il<br />
pediatra: ""Ma<br />
tu, o caro Jivaka, perché resti in silenzio? ""."<br />
" Il Sublime, o divino, il Santo Perfetto perfettamente Svegliato dimora nel mio boschetto di<br />
manghi con una<br />
grande schiera di monaci, con milletrecentocinquanta monaci, ed intorno a lui, al Sublime<br />
Gotama<br />
meravigliosa una voce di fama così si espande: Ecco, quegli è il Sublime Santo Perfetto<br />
perfettamente<br />
Svegliato, possessore del cibo della sapienza, benvenuto, del mondo conoscitore, insuperabile<br />
guida delle<br />
umane genti, maestro degli dèi e degli uomini, Svegliato, Sublime Il Sublime, o divino, si onori<br />
ed allora<br />
certamente onorando il Sublime, colma di pace verrà a noi la mente ""."<br />
Pertanto, caro Jivaka, fa preparare gli elefanti.<br />
"9. ""Sì, o divino"". E così Jivaka il pediatra, ubbidendo al re del Magadha Ajatasattu<br />
Vedehiputta, fece<br />
preparare cinquecento elefanti, ed il reale elefante da sella, ed al re del Magadha Ajatasattu<br />
Vedehiputta<br />
annunciò: ""Pronti, o divino, sono gli elefanti, ora è il tempo cui tu pensi "". Ed il re del<br />
Magadha Ajatasattu<br />
Vedehiputta sulle cinquecento elefantesse fatte salire a parte le dame, salito egli stesso sul<br />
reale elefante da<br />
sella, al lume delle torce, entrò in Rajagaha con magnifico reale splendore e si inoltrò nel<br />
boschetto di<br />
manghi di jivaka il pediatra."<br />
"10. Ma al re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta nel boschetto di manghi sorse meraviglia,<br />
sorse stupore,<br />
sorse spavento. E allora il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta agitato, stupito, spaventato a<br />
Jivaka il<br />
pediatra così disse: ""Mi hai tu forse, caro Jivaka, ingannato? Mi hai tu forse, caro jivaka,<br />
mentito? Mi hai tu<br />
forse, caro Jivaka, tradito? Per il tuo onore, dove è la grande schiera di monaci, i<br />
milletrecentocinquanta<br />
monaci? Ché qui non s'ode respiro, non sospiro, non voce"" (5)."<br />
Non spaventarti o gran re. Non ti ho, o divino, ingannato, non ti ho, o divino, mentito, non ti ho,<br />
o divino,<br />
tradito. Avvicinati, gran re. Avvicinati, gran re. Essi nel rotondo padiglione, in sé isolati,<br />
meditano .<br />
"11. E così il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta, fatto chinare a terra l'elefante, ne scese,<br />
lo legò, e a<br />
piedi raggiunse l'entrata del padiglione; raggiunta che ebbe l'entrata del padiglione così parlò<br />
a Jivaka il<br />
130
pediatra:"<br />
Quale è dunque, caro Jivaka, il Sublime?.<br />
Quello, o gran re, è il Sublime, o gran re, è il Sublime, che di fronte, nel mezzo, al posto d'onore<br />
siede tra la<br />
schiera dei monaci .<br />
"12. E dunque il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta si avvicinò al Sublime, ed avvicinatosi,<br />
si fermò<br />
presso un sedile, fermo presso il sedile il re, circondato dalla silenziosa e, come l'acqua di un<br />
lago, immobile<br />
schiera dei monaci, così esclamò: ""Di questa calma possa essere ricolmo il mio giovane Udayibhadda<br />
(6),<br />
della quale ora è ricolma la schiera dei monaci ""."<br />
"Mosso da affetto forse, o gran re, tu qui ti accostasti ? ""."<br />
Mi è caro il giovane Udayi-bhadda. Di questa calma, o signore, possa essere ricolmo il giovane<br />
Udayibhadda<br />
della quale ora è ricolma la schiera dei monaci .<br />
"13. E così il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta, reso omaggio al Sublime, inchinatosi con<br />
giunte le<br />
mani alla schiera dei monaci, si sedé sul sedile, seduto sul sedile il re del Magadha Ajatasattu<br />
Vedehiputta<br />
così disse al Sublime: è posso, o signore, interrogare il Sublime su una piccola questione, se il<br />
Sublime<br />
permette richieste di spiegazione? ""."<br />
Interroga, o gran re, su ciò che desideri o.<br />
"14. ""Per ciascuno che esercita delle attività, o signore, cioè per coloro che: cavalcano elefanti<br />
e cavalli,<br />
guidano i cocchi, tirano d'arco, portano stendardi, sono aiutanti di campo, distributori di<br />
vivande, nobili,<br />
prìncipi, che saltano sui grandi elefanti, eroi, catafratti, figli di servi, cuochi, barbieri, bagnini,<br />
sguatteri,<br />
preparatori di ghirlande, lavandai, fabbricanti di ceste, di vasi, contabili, scrivani, o esercitano<br />
quelle altre<br />
attività che esistono, i frutti si manifestano sensibilmente in questo mondo, fanno lieto e<br />
soddisfatto colui che<br />
si occupa, lieti e soddisfatti madre e padre, figli e figlie, compagni ed amici; per gli asceti e<br />
brahmani le<br />
opere che promuovono spirituale benessere, le opere espiatorie dolcemente fruttificano, in<br />
mondi celesti,<br />
producono propensione ai cieli. Ora si possono, o signore, proprio qui in questo mondo<br />
riconoscere i frutti<br />
dell'ascesi ? ""."<br />
"15. ""Non ricordi tu, o gran re, di aver già posta questa domanda ad altri asceti o brahmani?<br />
"" (7)."<br />
Sì, ricordo, o signore, di aver già posta questa domanda ad altri asceti o brahmani.<br />
Quanto, o gran re, ti risposero al riguardo, se a te non spiace, ripeti .<br />
Nulla mi è, o signore, sgradito, allorquando è presente il Sublime, la forma del Sublime .<br />
" ""Allora, o gran re, parla ""."<br />
"16. ""Un tempo, o signore, avvicinai di persona Parana Kassapa, e, avendo avvicinato Purana-<br />
Kassapa,
dopo aver scambiato cortesi e amichevoli parole, presi posto su un sedile accanto a lui. Dopo<br />
essermi seduto,<br />
io, o signore, così dissi a Purana-Kassapa: ""Per ciascuno che esercita una attività, o Kassapa,<br />
cioè per coloro<br />
che: cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco, portano stendardi, sono<br />
aiutanti di campo,<br />
distributori di vivande, nobili, prìncipi, che saltano sui grandi elefanti, eroi, catafratti, figli di<br />
servi, cuochi,<br />
barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di ghirlande, lavandai, fabbricanti di ceste, di vasi,<br />
contabili, scrivani,<br />
o esercitano quelle altre attività che esistono, i frutti si manifestano sensibilmente in questo<br />
mondo, fanno<br />
lieto e soddisfatto colui che si occupa, lieti e soddisfatti madre e padre, figli e figlie, compagni<br />
ed amici; per<br />
gli asceti e brahmani, le opere che promuovono spirituale benessere, le opere espiatorie<br />
dolcemente<br />
fruttificano in mondi celesti, producono propensione ai cieli. Ora si possono, o Kassapa,<br />
proprio qui in<br />
questo mondo riconoscere i frutti dell'ascesi?""."<br />
"17. Avendo io così detto, o signore, Purana-Kassapa così mi rispose: ""Agire, o gran re,<br />
provocare azione,<br />
distruggere, provocare distruzione, incendiare, provocare incendi, far piangere, far stare in<br />
agitazione,<br />
palpitare, far palpitare, causare morte ad essere vivente, prendere il non dato, separare ciò<br />
che è unito, abitare<br />
sempre nella propria casa, rimanere nei villaggi, correre ai piaceri, mentire: nessuna azione<br />
produce male. Se<br />
con una affilata arma tagliente tu riducessi il mondo in una poltiglia di carne, non ne verrebbe<br />
male né<br />
origine di male. Se sulle rive settentrionali del Gange tu fossi andato uccidendo, incendiando,<br />
torturando, oh<br />
non per questo ne verrebbe male, né origine di male. Se su questa riva tu andassi beneficando,<br />
regalando,<br />
131<br />
facendo sacrifici, compiendo olocausti, non ne verrebbe bene, né origine di bene. Dalla<br />
generosità, dalla<br />
moderazione, dall'astinenza, dalla sincerità non nasce bene né origine di bene ""."<br />
"18. Così letteralmente, o signore, Purana-Kassapa, interrogato sul visibile frutto dell'ascesi,<br />
mi rispose sulla<br />
non causalità. Come interrogato sul mango mi parlasse dell'artocarpo, interrogato<br />
sull'artocarpo mi parlasse<br />
del mango, proprio così Purana-Kassapa interrogato sul visibile frutto dell'ascesi a proposito<br />
mi rispose.<br />
Allora, o signore, a me così fu: ""E come, di grazia, puoi pensare che vi sia un asceta o un<br />
brahmano<br />
dimorante vincitore a causa della rinuncia? "". Così io, o signore, dissi a Purana-Kassapa, ma<br />
non vi fu<br />
accettazione né ripulsa, e, non avendo costui né accettato né respinto, scontento, senza<br />
proferire parola di
insoddisfazione, preso da disgusto per questo discorso, per nulla convinto, levatomi da sedere<br />
me ne andai."<br />
"19. Un tempo, o signore, avvicinai di persona MakkhaliGosala, e, avendo avvicinato Makkhali-<br />
Gosala,<br />
dopo aver scambiato cortesi e amichevoli parole, presi posto su un sedile accanto a lui. Dopo<br />
essermi seduto,<br />
io, o signore, così dissi a Makkhali-Gosala: "" Per ciascuno che esercita una attività, o Gosala,<br />
cioè per<br />
coloro che: cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco, portano stendardi, sono<br />
aiutanti di<br />
campo, distributori di vivande, nobili, prìncipi, che saltano sui grandi elefanti, eroi, catafratti,<br />
figli di servi,<br />
cuochi barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di ghirlande, lavandai, fabbricanti di ceste, di<br />
vasi, contabili,<br />
scrivani, o"<br />
"esercitano quelle altre attività che esistono, i frutti si manifestano sensibilmente in questo<br />
mondo, fanno<br />
lieto e soddisfatto colui che si occupa, lieti e soddisfatti madre e padre, figli e figlie, compagni<br />
ed amici; per<br />
gli asceti e brahmani, le opere che promuovono spirituale benessere, le opere espiatorie<br />
dolcemente<br />
fruttificano in mondi celesti, producono propensione ai cieli. Ora si possono, o Gosala, proprio<br />
qui in questo<br />
mondo riconoscere i frutti dell'ascesi?""."<br />
"20. Avendo io così detto, o signore, Makkhali-Gosala così mi rispose: "" Non vi è causa, o<br />
signore, non<br />
motivo per le impurità degli esseri, senza causa, senza motivo gli esseri diventano impuri, non<br />
vi è causa,<br />
non motivo della beatitudine degli esseri, senza causa, senza motivo gli esseri diventano beati.<br />
Non vi è un io<br />
personale, non vi è un'alterità, non vi è una condizione umana, non potenza, non virilità, non<br />
vi è potere<br />
umano, non energia umana. Tutti gli esseri, tutti i viventi, tutte le creature, tutti gli spiriti sono<br />
impotenti, non<br />
virili, piegati sotto la vincolante necessità dell'essere e sperimentano gioia e dolore. Un<br />
milionequattrocentoseimila e seicento modi fondamentali di esistere, cinquecento karma,<br />
cinque karma, tre<br />
karma, un solo Karma, mezzo karma, sessantadue linee di condotta, sessantadue stati<br />
intermedi, sei razze, od<br />
otto cori di spiriti, una conoscenza unica in cento modi di vivere, una conoscenza unica in<br />
cento modi di<br />
mendicare, una conoscenza unica in cento stati di perfezione, due pienezze della mente, tre<br />
fermezze della<br />
mente, i quattro elementi della terra, le sette generazioni animali, le sette generazioni<br />
inanimate, le sette<br />
generazioni svincolate, i sette dèi, i sette stati umani, i sette demoni, i sette colori, i sette nodi, i<br />
settecento<br />
nodi, i sette abissi, i settecento abissi, le sette visioni, le settecento visioni, gli ottantaquattro<br />
grandi kalpa, i
centomila modi principali di esistere (8): gli ignoranti ed i dotti, trasmigrando e turbinando,<br />
porranno fine al<br />
dolore. Perciò non può dirsi: ' Costui con la condotta, con l'osservanza, con la castità, porterà a<br />
maturazione<br />
un immaturo karma, o realizzando porrà termine ad un maturo karma'. Non vi è possibilità di<br />
colmare la<br />
misura della gioia o del dolore, non di limitare il samsara, non di diminuzione, né di<br />
accrescimento, non di<br />
innalzamento né di abbassamento; come un gomitolo di filo gettato, dipanandosi si distende,<br />
così ignoranti e<br />
dotti, trasmigrando e turbinando, porranno fine al dolore""."<br />
"21. Così letteralmente, o signore, Makkhali-Gosala, interrogato sul visibile frutto dell'ascesi,<br />
mi rispose<br />
sulla non esistenza di alcunché al di fuori del samsara. Come interrogato sul mango mi<br />
parlasse<br />
dell'artocarpo, interrogato sull'artocarpo mi parlasse del mango, proprio così Makkhali-<br />
Gosala interrogato sul<br />
visibile frutto dell'ascesi a sproposito mi rispose. Allora, o signore, a me così fu: "" E come, di<br />
grazia, puoi<br />
pensare che vi sia un asceta o un brahmano dimorante vincitore a causa della rinuncia ? "".<br />
Così io, o<br />
signore, dissi a Makkhali-Gosala, ma non vi fu accettazione né ripulsa, e non avendo costui né<br />
accettato né<br />
respinto, scontento, senza proferire parola di insoddisfazione, preso da disgusto per questo<br />
discorso, per nulla<br />
convinto, levatomi da sedere, me ne andai."<br />
132<br />
"22. Un tempo, o signore, avvicinai di persona Ajita Kesakambala, e, avendo avvicinato Ajita<br />
Kesa-kambala,<br />
dopo aver scambiato cortesi e amichevoli parole, presi posto su un sedile accanto a lui. Dopo<br />
essermi seduto,<br />
io, o signore, così dissi ad Ajita Kesa-kambala: "" Per ciascuno che esercita una attività, o Ajita,<br />
cioè per<br />
coloro che: cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco, portano stendardi, Sono<br />
aiutanti di<br />
campo, distributori di vivande, nobili, principi, che saltano sui grandi elefanti, eroi, catafratti,<br />
figli di servi,<br />
cuochi, barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di ghirlande, lavandai, fabbricanti di ceste, di<br />
vasi, contabili,<br />
scrivani, o esercitano quelle altre attività che esistono, i frutti si manifestano sensibilmente in<br />
questo mondo,<br />
fanno lieto e soddisfatto colui che si occupa, lieti e soddisfatti madre e padre, figli e figlie,<br />
compagni ed<br />
amici; per gli asceti e brahmani, le opere che promuovono spirituale benessere, le opere<br />
espiatorie<br />
dolcemente fruttificano in mondi celesti, producono propensione ai cieli. Ora si possono, o<br />
Ajita, proprio qui<br />
in questo mondo riconoscere i frutti dell'ascesi? ""."<br />
"23. Avendo io così detto, o signore, Ajita Kesa-kambala così mi rispose: "" Non vi è, o gran re,<br />
elemosina,
non vi è sacrificio, non vi è olocausto, non vi è frutto delle azioni piacevoli o dolorose, non vi è<br />
questo<br />
mondo, non vi è l'altro mondo, non vi è madre né padre, non vi è spontaneo rinascere degli<br />
esseri, non vi<br />
sono al mondo asceti e brahmani perfetti che, con retta conoscenza, da sé coi propri occhi<br />
conoscono questo<br />
mondo e l'altro mondo; allorquando l'uomo, composto dei quattro grandi elementi, raggiunge<br />
la morte, ciò<br />
che nel suo corpo è terra si dirige, va verso la terra, ciò che nel suo corpo è acqua si dirige, va<br />
verso l'acqua,<br />
ciò che nel suo corpo è fuoco si dirige, va verso il fuoco, ciò che nel suo corpo è aria si dirige,<br />
va verso l'aria,<br />
ciò che è causa di coscienza si dissolve nello spazio. Composti di cinque elementi gli uomini<br />
vanno verso la<br />
morte che li afferra. Allora essi sperimentano le caratteristiche dei cimiteri, diventano grige<br />
ossa,<br />
abbandonano la religione. Dottrine da stolti sono quelle sulla religiosità, sull'empietà e quelle<br />
che<br />
bugiardamente proclamano inesistenti profitti. Ignoranti e sapienti, colla distruzione del<br />
corpo, sono distrutti,<br />
annientati, non esistono dopo la morte""."<br />
"24. Così letteralmente, o signore, Ajita Kesa-kambala, interrogato sul visibile frutto<br />
dell'ascesi, mi rispose<br />
colla teoria dell'annientamento. Come interrogato sul mango mi parlasse dell'artocarpo,<br />
interrogato<br />
sull'artocarpo mi parlasse del mango, proprio così Ajita Kesa-kambala interrogato sul visibile<br />
frutto<br />
dell'ascesi a sproposito mi rispose. Allora, o signore, a me così fu: "" E come, di grazia, puoi<br />
pensare che vi<br />
sia un asceta o un brahmano dimorante vincitore a causa della rinuncia? "". Così io, o signore,<br />
dissi ad Ajita<br />
Kesa-kambala, ma non vi fu accettazione né ripulsa, e, non avendo costui né accettato né<br />
respinto, scontento,<br />
senza proferire parola di insoddisfazione, preso da disgusto per questo discorso, per nulla<br />
convinto, levatomi<br />
da sedere me ne andai."<br />
"25. Un tempo, o signore, avvicinai di persona Pakudha Kaccayana, e, avendo avvicinato<br />
Pakudha<br />
Kaccayana, dopo aver scambiato cortesi e amichevoli parole, presi posto su un sedile accanto<br />
a lui. Dopo<br />
essermi seduto, io, o signore, così dissi a Pakudha Kaccayana: "" Per ciascuno che esercita una<br />
attività, o<br />
Kaccayana, cioè per coloro che: cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco,<br />
portano<br />
stendardi, sono aiutanti di campo, distributori di vivande, nobili, prìncipi, che saltano sui<br />
grandi elefanti,<br />
eroi, catafratti, figli di servi, cuochi, barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di ghirlande,<br />
lavandai,<br />
fabbricanti di ceste, di vasi, contabili, scrivani, o esercitano quelle altre attività che esistono, i<br />
frutti si
manifestano sensibilmente in questo mondo, fanno lieto e soddisfatto colui che si occupa, lieti<br />
e soddisfatti<br />
madre e padre, figli e figlie, compagni ed amici; per gli asceti e brahmani, le opere che<br />
promuovono<br />
spirituale benessere, le opere espiatorie dolcemente fruttificano in mondi celesti, producono<br />
propensione ai<br />
cieli. Ora si possono, o Kaccayana, proprio qui in questo mondo riconoscere i frutti<br />
dell'ascesi?""."<br />
"26. Avendo io così detto, o signore, Pakudha Kaccayana così mi rispose: "" I sette elementi, o<br />
gran re, sono<br />
originarii, assolutamente originarii, non creati, non generati, sterili, permanenti, immobili<br />
come pilastri. Essi<br />
non muovono, non mutano, non si urtano l'un contro l'altro, non causano l'un all'altro né gioia<br />
né dolore, né<br />
gioia e dolore. Quali sette? La Sostanza terra, la sostanza acqua, la sostanza fuoco, la sostanza<br />
aria, la gioia,<br />
il dolore, e settima la vita. Proprio questi"<br />
"sette elementi sono originarii assolutamente originarii, non creati, non generati, sterili,<br />
permanenti immobili<br />
133<br />
come pilastri, essi non muovono, non mutano, non si urtano uno con l'altro, non causano l'un<br />
all'altro né<br />
gioia né dolore, né gioia e dolore. Pertanto non vi è un separare, non un unire, non vi è<br />
sensazione né causa<br />
di sensazione, non vi è percezione né causa di percezione. Se con un'arma tagliente si<br />
troncasse ad alcuno la<br />
testa non per questo alcuno verrebbe privato della vita, ma il taglio della spada si<br />
introdurrebbe tra i setti<br />
elementi ""."<br />
"27. Così letteralmente, o signore, Pakudha Kaccayana, interrogato sul visibile frutto<br />
dell'ascesi, mi rispose<br />
sulla distinzione per la distinzione. Come interrogato sul mango mi parlasse dell'artocarpo,<br />
interrogato<br />
sull'artocarpo mi parlasse del mango, proprio così Pakudha Kaccayana interrogato sul visibile<br />
frutto<br />
dell'ascesi a sproposito mi rispose. Allora, o signore, a me così fu: "" E come, di grazia, puoi<br />
pensare che vi<br />
sia un asceta o un brahmano dimorante vincitore a causa della rinuncia? "". Così io, o signore,<br />
dissi a<br />
Pakudha Kaccayana, ma non vi fu accettazione né ripulsa, e, non avendo costui né accettato né<br />
respinto,<br />
scontento, senza proferire parola di insoddisfazione, preso da disgusto per questo discorso,<br />
per nulla<br />
convinto, levatomi da sedere me ne andai."<br />
"28. Un tempo, o signore, avvicinai di persona Nigantha Nataputta (9), e, avendo avvicinato<br />
Nigantha<br />
Nataputta, dopo aver scambiato cortesi e amichevoli parole, presi posto su un sedile accanto a<br />
lui. Dopo<br />
essermi seduto io, o signore, così dissi a Nigantha Nataputta: "" Per ciascuno che esercita una<br />
attività, o
Aggi-Vessana, cioè per coloro che: cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco,<br />
portano<br />
stendardi, sono aiutanti di campo, distributori di vivande, nobili, prìncipi, che saltano sui<br />
grandi elefanti,<br />
eroi, catafratti, figli di servi, cuochi, barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di"<br />
"ghirlande, lavandai, fabbricanti di ceste, di vasi, contabili, scrivani, o esercitano quelle altre<br />
attività che<br />
esistono, i frutti si manifestano sensibilmente in questo mondo, fanno lieto e soddisfatto colui<br />
che si occupa,<br />
lieti e soddisfatti madre e padre, figli e figlie, compagni ed amici; per gli asceti e brahmani, le<br />
opere che<br />
promuovono spirituale benessere, le opere espiatorie dolcemente fruttificano in mondi<br />
celesti, producono<br />
propensione ai cieli. Ora si possono, o Aggi-Vessana, proprio qui, in questo mondo riconoscere<br />
i frutti<br />
dell'ascesi ? ""."<br />
"29. Avendo io così detto, o signore, Nigantha Nataputta così mi rispose: "" Ecco, o gran re, il<br />
Nigantha è<br />
quadruplice freno, controllo, limitazione. E come o gran re, il Nigantha è quadruplice freno,<br />
controllo,<br />
limitazione? Ecco, o gran re, il Nigantha di ogni acqua è limitazione, di ogni acqua è controllo,<br />
di ogni acqua<br />
è scrupolo, di ogni acqua è sazietà. Così, o gran re, è un quadruplice freno, controllo,<br />
limitazione; e siccome,<br />
o gran re, il Nigantha è questo quadruplice freno, controllo, limitazione, così svincolato viene<br />
chiamato colui<br />
che da sé è giunto, che da sé è controllato, da sé è calmato ""."<br />
"30. Così letteralmente, o signore, Nigantha Nataputta, interrogato sul visibile frutto<br />
dell'ascesi, mi rispose<br />
sul quadruplice freno, controllo, limitazione. Come interrogato sul mango mi parlasse<br />
dell'artocarpo,<br />
interrogato sull'artocarpo mi parlasse del mango, proprio così Nigantha Nataputta interrogato<br />
sul visibile<br />
frutto dell'ascesi a sproposito mi rispose. Allora, o signore, a me così fu: "" E come, di grazia,<br />
puoi pensare<br />
che vi sia un asceta o brahmano dimorante vincitore a causa della rinuncia? "". Così io, o<br />
signore, dissi a<br />
Nigantha Nataputta, ma non vi fu accettazione né ripulsa, e, non avendo costui né accettato né<br />
respinto,<br />
scontento, senza proferire parola di insoddisfazione, preso da disgusto per questo discorso,<br />
per nulla<br />
convinto, levatomi da sedere me ne andai."<br />
"31. Un tempo, o signore, avvicinai di persona Sanjaya Belatthiputta, e, avendo avvicinato<br />
Sanjaya<br />
Belatthiputta, dopo aver scambiato cortesi e amichevoli parole, presi posto su di un sedile<br />
accanto a lui.<br />
Dopo essermi seduto, io, o signore, così dissi a Sanjaya Belatthiputta: "" Per ciascuno che<br />
esercita un'attività,<br />
o Sanjaya, cioè per coloro che: cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco,<br />
portano stendardi,
sono aiutanti di campo, distributori di vivande, nobili, prìncipi, che saltano sui grandi elefanti,<br />
eroi, catafratti,<br />
figli di servi, cuochi, barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di ghirlande, lavandai, fabbricante<br />
di ceste, di<br />
vasi, contabili, scrivani, o esercitano quelle altre attività che esistono, i frutti si manifestano<br />
sensibilmente in<br />
questo mondo fanno lieto e soddisfatto colui che si occupa, lieti e soddisfatti madre e padre,<br />
figli e figlie,<br />
compagni ed amici; per gli asceti e brahmani, le opere che promuovono spirituale benessere,<br />
le opere<br />
134<br />
espiatorie dolcemente fruttificano in mondi celesti, producono propensione ai cieli. Ora si<br />
possono, o<br />
Sanjaya, proprio qui in questo mondo riconoscere i frutti dell'ascesi ? ""."<br />
"32. Avendo io così detto, o signore, Sanjaya Belatthiputta così mi rispose: "" C'è l'altro<br />
mondo? - Che tu<br />
così possa chiedere, - c'è l'altro mondo, - che ciò per me abbia senso, - c'è l'altro mondo, - che<br />
così da<br />
qualcuno sia insegnato: il primo non può essere, il secondo non può essere, il terzo non può<br />
essere. Né può<br />
non essere, né non può non essere. - Non c'è l'altro mondo? - che tu così possa chiedere, - non<br />
c'è l'altro<br />
mondo, - che ciò per me abbia senso, - non c'è l'altro mondo, - che così da qualcuno sia<br />
insegnato: il primo<br />
non può essere, il secondo non può essere, il terzo non può essere. - C'è e non c'è l'altro<br />
mondo? Non c'è, né<br />
non c'è l'altro mondo? - Che tu così possa chiedere, - c'è e non c'è l'altro mondo non c'è né, -<br />
che ciò per me<br />
abbia senso, - c'è e non c'è l'altro mondo, non c'è l'altro mondo, - che così da qualcuno sia<br />
insegnato: il<br />
primo non può essere, il secondo non può essere, il terzo non può essere. - Vi è possibilità di<br />
risorgere per gli<br />
esseri? Non vi è possibilità di risorgere per gli esseri ? Vi è e non vi è possibilità di risorgere<br />
per gli esseri?<br />
Non vi è né non vi è possibilità di risorgere per gli esseri? - Che tu così possa chiedere, - c'è<br />
l'altro mondo, -<br />
che ciò per me abbia senso, - c'è l'altro mondo,"<br />
- che così da qualcuno sia insegnato: il primo non può essere, il secondo non può essere, il<br />
terzo non può<br />
essere. - Vi è frutto e conseguenza delle azioni piacevoli e dolorose ? Non vi è frutto e<br />
conseguenza delle<br />
azioni piacevoli e dolorose ? Vi è e non vi è frutto e conseguenza delle azioni piacevoli e<br />
dolorose? Non vi è<br />
né non vi è frutto e conseguenza delle azioni piacevoli e dolorose? - Che tu così possa chiedere,<br />
- c'è l'altro<br />
mondo, - che ciò per me abbia senso, - c'è l'altro mondo, - che così da qualcuno sia insegnato: il<br />
primo non<br />
può essere, il secondo non può essere, il terzo non può essere. - Esiste il Compiuto dopo la<br />
morte ? Non
esiste il Compiuto dopo la morte ? Esiste e non esiste il Compiuto dopo la morte? Non esiste<br />
né non esiste il<br />
Compiuto dopo la morte? - Che tu così possa chiedere, - non esiste né non esiste il Compiuto<br />
dopo la morte?<br />
- che ciò per me abbia senso, - non esiste, né non esiste il Compiuto dopo la morte ? - che così<br />
da qualcuno<br />
sia insegnato, il primo non può essere, il secondo non può essere, il terzo non può essere, né<br />
può non essere,<br />
né non può non essere è10.<br />
"Così letteralmente, o signore, Sanjaya Belatthiputta, interrogato sul visibile frutto dell'ascesi,<br />
mi rispose<br />
sull'ambivalenza. Come interrogato sul mango mi parlasse dell'artocarpo, interrogato<br />
sull'artocarpo mi<br />
parlasse del mango, proprio così Sanjaya Belatthiputta interrogato sul visibile frutto<br />
dell'ascesi a sproposito<br />
mi rispose. Allora, o signore, a me così fu: "" Costui è il più stolto, il più fatuo di questi asceti o<br />
brahmani. E<br />
come, di grazia potrà spiegare, essendo così confuso, la domanda sul visibile frutto<br />
dell'ascesi?"". Allora, o<br />
signore, a me così fu: "" E come, di grazia, costui può pensare che vi sia un asceta o un<br />
brahmano dimorante<br />
vincitore a causa della rinuncia?"". E queste parole, o signore, dissi a Sanjaya Belatthiputta, ma<br />
non vi fu né<br />
accettazione né ripulsa, e, non avendo costui né accettato né respinto, scontento, senza<br />
proferire parola<br />
d'insoddisfazione, preso da disgusto per questo discorso, per nulla convinto, levatomi da<br />
sedere, me ne<br />
andai."<br />
"34. Su questo, o signore, io interrogo il Sublime: ""Per ciascuno che esercita delle attività, o<br />
signore, cioè<br />
per coloro che cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco, portano stendardi,<br />
sono aiutanti di<br />
campo, distributori di vivande, nobili, prìncipi, che saltano sui grandi elefanti, eroi, catafratti,<br />
figli di servi,<br />
cuochi, barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di ghirlande, lavandai, fabbricanti di ceste, di<br />
vasi, contabili,<br />
scrivani, o esercitano quelle altre attività che esistono, i frutti si manifestano sensibilmente in<br />
questo mondo,<br />
fanno lieto e soddisfatto colui che si occupa, lieti e soddisfatti madre e padre, figli e figlie,<br />
compagni ed<br />
amici; per gli asceti e brahmani le opere che promuovono spirituale benessere, le opere<br />
espiatorie<br />
dolcemente fruttificano in mondi celesti, producono propensione ai cieli. Ora si possono, o<br />
signore, proprio<br />
qui in questo mondo riconoscere i frutti dell'ascesi ? "" (11)""."<br />
È possibile, o gran re, ma ora io ti porrò una domanda, se vuoi tu mi risponderai .<br />
"35. ""Che pensi tu, o gran re, se ci fosse un uomo, un plebeo, molto operoso, che presto si leva,<br />
che tardi<br />
giace, obbediente, ossequioso, riverente nel parlare, gradevole"" E così a lui fosse: "" è<br />
meraviglioso, è
straordinario certamente l'andare verso il bene, l'operare bene. Quegli, il re del Magadha<br />
Ajatasattu<br />
135<br />
Vedehiputta è un essere umano, ed anch'io sono un essere umano. Quegli, il re del Magadha<br />
Ajatasattu<br />
Vedehiputta è nel possesso dei cinque tronchi del desiderio, gode nel possesso dell'esistenza,<br />
certamente,<br />
invece io sono un plebeo, molto operoso, presto mi levo, tardi giaccio, ubbidiente, ossequioso,<br />
riverente nel<br />
parlare, gradevole. E così facendo io ne trarrò bene. Ma se ora io, rasi capelli e barba,<br />
indossato l'abito giallo,<br />
uscissi dalla casa verso l'anacoretismo ? (12). Allora costui, rasi capelli e barba, indossato<br />
l'abito giallo, esce<br />
dalla casa verso l'anacoretismo. Così uscito col corpo vigilato dimora, colla parola vigilata<br />
dimora, colla<br />
mente vigilata dimora, soddisfatto di poco cibo e poca bevanda, in sé lieto isolato. Se a te<br />
alcuni, in<br />
riferimento a quest'uomo, dicessero: "" Di grazia, o divino, vorresti conoscere forse tu un<br />
uomo, un plebeo,<br />
operoso, che presto si leva, che tardi giace, obbediente, ossequioso, riverente nel parlare,<br />
gradevole: costui, o<br />
divino, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, è uscito dalla casa verso l'anacoretismo,<br />
così uscito, col<br />
corpo vigilato dimora, colla parola vigilata dimora, colla mente vigilata dimora, soddisfatto di<br />
poco cibo e<br />
poca bevanda, in sé lieto ed isolato"". Forse così tu risponderesti: ""Se ne vada questo mio<br />
caro uomo, egli<br />
tuttora rimane un plebeo, un plebeo molto operoso, che presto si leva, che tardi giace,<br />
obbediente,<br />
ossequioso, riverente nel parlare, gradevole """"."<br />
"36. ""No di certo, o signore, ma lui io saluterei, mi alzerei da sedere, lo inviterei, gli offrirei<br />
manto,<br />
scodella, medicine e, secondo la consuetudine, gli appresterei riparo, protezione, difesa ""."<br />
Che pensi, o gran re ? Proprio così essendo, vi è un visibile frutto dell'ascesi, o non vi è ? .<br />
Certamente, o signore, così essendo, vi e un visibile frutto dell'ascesi .<br />
Così, o gran re, ti ho indicato un primo, composto di visibili elementi, visibile frutto dell'ascesi<br />
.<br />
"37. "" Si può dunque, o signore, indicare ancora un altro, composto di visibili elementi,<br />
visibile frutto<br />
dell'ascesi? ""."<br />
"È possibile, o gran re; ma ora io ti porrò una domanda, se vuoi tu mi risponderai. Che pensi<br />
tu, o gran re ?<br />
Se ci fosse un uomo, un proprietario terriero, capo di casa, religioso, buon amministratore, e<br />
così a lui fosse:<br />
è meraviglioso, è straordinario certamente l'andare verso il bene, l'operare bene. Quegli, il re<br />
del Magadha<br />
Ajatasattu Vedehiputta è un essere umano, ed anch'io sono un essere umano. Quegli il re del<br />
Magadha<br />
Ajatasattu Vedehiputta è nel possesso dei cinque tronchi del desiderio, gode nel possesso<br />
dell'esistenza,
certamente; invece io sono un proprietario di terre, capo di casa, religioso, buon<br />
amministratore. E così<br />
facendo io ne trarrò bene. Ma se ora io, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, uscissi<br />
dalla casa verso<br />
l'anacoretismo ? "". Allora costui abbandonata una piccola od una grande proprietà, una<br />
piccola od una<br />
grande cerchia di amici, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, esce dalla casa verso<br />
l'anacoretismo.<br />
Così uscito col corpo vigilato dimora, colla parola vigilata dimora, colla mente vigilata dimora,<br />
soddisfatto di<br />
poco cibo e poca bevanda, in sé lieto ed isolato. Se a te alcuni in riferimento a quest'uomo<br />
dicessero: ""di<br />
grazia, o divino, vorresti conoscere forse tu un uomo, proprietario di terra, capo di casa,<br />
religioso, buon<br />
amministratore: costui, o divino, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, è uscito dalla<br />
casa verso<br />
l'anacoretismo, così uscito col corpo vigilato dimora, colla parola vigilata dimora, colla mente<br />
vigilata<br />
dimora, soddisfatto di poco cibo e poca bevanda, in sé lieto isolato"". Forse così tu<br />
risponderesti: "" se ne<br />
vada questo mio caro uomo, egli tuttora rimane un proprietario terriero, capo di casa,<br />
religioso, buon<br />
amministratore ? "" """<br />
"38. "" No di certo, o signore, ma lui io saluterei, mi alzerei da sedere, lo inviterei, gli offrirei<br />
manto,<br />
scodella, medicine e, secondo la consuetudine, gli appresterei riparo, protezione, difesa ""."<br />
Che pensi o gran re? Proprio così essendo vi è un visibile frutto dell'ascesi, o non vi è?<br />
Certamente, o signore, così essendo vi è un visibile frutto dell'ascesi .<br />
Così, o gran re, ti ho indicato un secondo, composto di visibili elementi, visibile frutto<br />
dell'ascesi (13)<br />
"39. a Si può dunque, o signore, indicare ancora un altro, composto di visibili elementi, visibile<br />
frutto<br />
dell'ascesi, di questi visibili frutti più eccelso, più alto? ""."<br />
"o Si può o gran re; pertanto, ascolta attentamente e poni mente, io ti risponderò ""."<br />
136<br />
Sì, o signore , così al Sublime assentì il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta. Il Sublime così<br />
disse:<br />
"40. ""In questo mondo, o gran re, sorge il Compiuto, Santo, Perfetto, Perfettamente Svegliato,<br />
possessore<br />
del cibo della sapienza, benvenuto, conoscitore del mondo, incomparabile guida delle umane<br />
genti, maestro<br />
degli dèi e degli uomini, svegliato Sublime. Questo mondo, con ciò che vi è di divino, con ciò<br />
che appartiene<br />
a Mara, con ciò che appartiene a Brahma, con quanti in lui sorgono asceti e brahmani, con<br />
quanti in lui sono<br />
dèi e uomini, egli descrive, avendolo da sé stesso sperimentato, visto coi propri occhi. Egli<br />
insegna una<br />
dottrina letificante nel principio, letificante nel mezzo, letificante nel fine, nella lettera e nello<br />
spirito, palesa<br />
la condizione di isolata pienezza, di limpida purezza."
"41 . E questa dottrina ode un padre di famiglia, o il figlio di un padre di famiglia, o chi sia nato<br />
in altro<br />
stato. Egli, udendo questa dottrina, si empie di fiducia nel Compiuto. Possessore della fiducia<br />
ottenuta in Lui,<br />
così riflette: ""oppressione è la vita comune, via regale, libero cielo l'andare errando. Non è<br />
possibile,<br />
abitando la casa, arrivare all'isolata pienezza, alla condizione di limpida, quasi lucida<br />
madreperla, purezza. E<br />
se io, rasi i capelli e barba, indossato l'abito giallo, uscissi di casa verso l'anacoretismo?"". Ed<br />
egli in séguito,<br />
una piccola proprietà, od una grande proprietà abbandonata, una piccola cerchia di amici, od<br />
una grande<br />
cerchia di amici abbandonata, rasi capelli e barba, esce di casa verso l'anacoretismo."<br />
"42. Così uscito, controllandosi da sé, secondo il controllo del patimokkha, dimora nutrendosi<br />
di retto<br />
comportamento, e di ogni pur minimo errore vede il danno, assumendoli si rende atto a<br />
realizzare una serie<br />
di precetti nel corpo, nell'azione, nella parola; in possesso di rettitudine, limpido di vita,<br />
perfetto nella<br />
condotta, vigilante alle porte dei sensi, in possesso della facoltà di autorealizzarsi nella<br />
propria<br />
consapevolezza, soddisfatto."<br />
43. E come, o gran re, un monaco è perfetto nella condotta? Ecco, o gran re, un monaco ha<br />
rinunciato ad<br />
uccidere, si astiene dall'uccidere, senza mazza, senza spada, riguardoso, pieno di simpatia,<br />
amico,<br />
compassionevole con tutti gli esseri viventi, dimora. Così essendo egli è nella regola.<br />
Ha rinunciato al non dato, si astiene dal non dato, [solo] il dato ricevendo, [solo] il dato<br />
accogliendo, con<br />
puro animo non furtivo, in sé dimora. Così essendo egli è nella regola.<br />
Ha rinunciato alla condizione di impurità, è in condizione di purezza, in condizione di<br />
solitudine, si astiene<br />
dalla comune legge sessuale. Così essendo egli è nella regola.<br />
44. Ha rinunciato alla menzogna, si astiene dalla menzogna, veritiero, tutt'uno col vero, fermo,<br />
conseguente,<br />
non adulatore del mondo. Così essendo egli è nella regola.<br />
Ha rinunciato a parole maligne, si astiene da parole maligne, quanto qua ode non riferisce là<br />
per la disunione<br />
di quelli, quanto là ode non riferisce qua per la disunione di questi, così è dei discordi<br />
conciliatore, dei<br />
concordi rafforzatore, nell'armonia lieto, nell'armonia giocondo, nell'armonia<br />
felice, parole che generano armonia egli parla. Così essendo egli è nella regola.<br />
Ha rinunciato a parole aspre, si astiene da parole aspre, parole non pungenti, dolci<br />
all'orecchio, amorevoli,<br />
che scendono al cuore, corrette, che molti allegrano, che molti sollevano, parole siffatte egli<br />
dice. Così<br />
essendo egli è nella regola.<br />
Ha rinunciato alle chiacchiere, si astiene da chiacchiere, interlocutore tempestivo, parla di<br />
cose reali, parla di
cose profittevoli, secondo la Dottrina, secondo la Norma, dice parole ricche di contenuto,<br />
opportunamente<br />
adorne di paragoni, adeguate al soggetto, parole siffatte egli dice. Così essendo egli è nella<br />
regola.<br />
"45. Si astiene dal danneggiare gli esseri che nascono da semi; una sola volta [al giorno] si<br />
nutre. Di notte<br />
digiuna, si astiene da cibo fuori tempo, si astiene da danze, canti, giochi, spettacoli, si astiene<br />
da corone,<br />
profumi, unguenti, ornamenti, acconciature, addobbi. Si astiene da alti e grandi letti. Si astiene<br />
dall'accettare<br />
oro ed argento. Si astiene dall'accettare cereali crudi. Si astiene dall'accettare carne cruda. Si<br />
astiene<br />
dall'accettare donne e fanciulle. Si astiene dall'accettare servi e serve. Si astiene dall'accettare<br />
pecore e capre.<br />
Si astiene dall'accettare polli e maiali. Si astiene dall'accettare elefanti, buoi e cavalli. Si astiene<br />
dall'accettare<br />
proprietà terriere. Si astiene dall'assumere messaggi, commissioni, incarichi. Si astiene da<br />
compra-vendita. Si<br />
tiene lontano da falsa bilancia, falsa moneta, falsa misura. Si tiene lontano dalle tortuose vie<br />
dell'inganno,<br />
della frode, della bassezza. Si tiene lontano dai ferimenti, dalle risse, dalle baruffe, dai furti,<br />
dalle rapine,<br />
137<br />
dalle violenze. Così essendo egli è nella regola."<br />
"46. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />
intenti a<br />
danneggiare semi e piante, quali: [le piante] che si propagano per rizomi, che si propagano per<br />
radici aeree,<br />
che si propagano per innesti, che si propagano per talee, che si propagano per semi; questi<br />
cinque, siffatti<br />
semi e piante si astiene dal danneggiare. Così essendo egli è nella regola."<br />
"47. Mentre vi sono asceti o brahmani, che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />
intenti ad<br />
accumulare siffatte provviste, quali: provviste di cibo, provviste di bevande, provviste di abiti,<br />
provviste di<br />
carrozze, provviste di letti, provviste di profumi, provviste di denaro; siffatte provviste si<br />
astiene<br />
dall'accumulare. Così essendo egli è nella regola."<br />
"48. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />
applicati ad<br />
assistere a siffatti spettacoli, quali: la danza, il canto, la musica, la rappresentazione, la<br />
recitazione di<br />
leggende, i ritmi colle mani, il canto dei bardi, il tamburo, il suono dei bicchieri, la scena<br />
incantata, il giuoco<br />
acrobatico dei fuori casta, lotte di elefanti, lotte di cavalli, lotte di bufali, lotte di tori, lotte di<br />
caproni, lotte di<br />
galli, lotte di quaglie, scherma coi bastoni, pugilato, tiro alla fune, finte battaglie, riviste, sfilate<br />
di truppe,<br />
ispezioni a truppe; da questi e siffatti generi di spettacolo si astiene. Così essendo egli è nella<br />
regola."
"49. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />
applicati all'[uso<br />
di] siffatti giacigli ricchi e comodi, quali, la sedia lunga, il divano, la coperta di lunga lana, la<br />
coperta a più<br />
colori, il lenzuolo, le varie specie di lenzuolo, il materasso, il copriletto con ricamo, il copriletto<br />
con frangia,<br />
con la frangia ad un orlo, il copriletto ricamato con gemme, [il tappeto di] seta, il tappeto di<br />
lana, la coperta<br />
da elefante, la coperta da cavallo, la coperta da carrozza, il lenzuolo di strisce intrecciate di<br />
pelle di antilope<br />
nera, la coperta di pelle di cervo; da questi e da simili giacigli biechi e comodi si astiene. Così<br />
essendo egli è<br />
nella regola."<br />
"50. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />
applicati a siffatti<br />
divertimenti sedentari, quali: le otto pedine, le dieci pedine, in aria, la strada rotonda, santika,<br />
i dadi, i<br />
bastoni, la spazzola, l'occhio, i tubi, l'amo, la giostra, il mulino a vento, il bicchiere di foglia di<br />
palma, il<br />
piccolo carro, il piccolo arco, le lettere, indovinare il pensiero, imitare i difetti; da questi e<br />
siffatti<br />
divertimenti sedentari si astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />
"51. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />
applicati a siffatti<br />
acconciature e cosmetici, quali: il profumo, la lozione, il massaggio, il bagno, la frizione, lo<br />
specchio, il<br />
collirio, la ghirlanda, il cosmetico, la cipria per il volto, la crema per il volto, i nastri ai polsi, i<br />
nastri in capo,<br />
il bastone, la canna, la spada, il parasole, i sandali, il variopinto turbante, i gioielli, lo<br />
scacciamosche, l'abito<br />
bianco con lunghe frange; da questi e simili acconciature e cosmetici si astiene. Così essendo<br />
egli è nella<br />
regola."<br />
"52. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />
applicati a siffatte<br />
chiacchiere, quali: chiacchiere su re, chiacchiere su ladri, chiacchiere su primi ministri,<br />
chiacchiere su<br />
eserciti, chiacchiere su cose spaventevoli, chiacchiere su guerre, chiacchiere su cibo,<br />
chiacchiere su bevande,<br />
chiacchiere sull'abito, chiacchiere sulle ghirlande, chiacchiere sui profumi, chiacchiere su<br />
parenti,<br />
chiacchiere su carrozze, chiacchiere su villaggi, chiacchiere su città, chiacchiere su piazzeforti,<br />
chiacchiere<br />
su province, chiacchiere su donne, chiacchiere su uomini, chiacchiere su eroi, chiacchiere da<br />
strada,<br />
chiacchiere da pozzo, chiacchiere su spiriti, chiacchiere vane sull'origine del mondo,<br />
sull'origine dell'acqua,<br />
sull'essere o non essere; da queste e simili chiacchiere si astiene. Così essendo egli è nella<br />
regola."
"53. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />
applicati a siffatte<br />
dispute, quali: "" Tu non conosci questa dottrina e regola: conosceresti forse tu questa<br />
dottrina e regola? Io<br />
conosco questa dottrina e regola "". "" Su cattiva strada tu sei, su buona strada io sono"". ""<br />
Conseguente<br />
sono io, non conseguente sei tu "". "" Quanto dovevi dire prima tu dici dopo, quanto dovevi<br />
dire dopo tu dici<br />
prima"". ""Tu sei oscuro ed involuto "". ""Ti è stata mossa una confutazione, tu sei<br />
disapprovato"". "" Tu<br />
divaghi, esci dal discorso, negalo se sei capace "";"<br />
da queste e simili dispute si astiene. Così essendo egli è nella regola.<br />
138<br />
"54. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />
applicati ad<br />
assumere siffatti messaggi, commissioni, incarichi, quali: [messaggi] di re, di reali ministri, di<br />
nobili, di<br />
brahmani, di padri di famiglia, di fanciulli: "" va in questo luogo, va in quel luogo, prendi<br />
questo, prendi<br />
quello""; da questi e simili messaggi si astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />
"55. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, sono<br />
ingannatori, mormorati,<br />
astrologi, prestigiatori, ardenti di desiderio per il guadagno; da questi e simili inganni e<br />
mormorazioni si<br />
astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />
"56. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />
spirito si procurano<br />
vantaggi da siffatte oblique scienze, quali: la chiromanzia, la profezia, il miracolo,<br />
l'interpretazione dei sogni<br />
e delle erosioni dei topi nella stoffa, il rito del fuoco, il rito del cucchiaio, il rito della crusca, il<br />
rito della<br />
farina di riso, il rito del grano di riso, il rito del burro, il rito dell'olio, il rito della saliva, il rito<br />
del sangue,<br />
L'arte di [propiziare] i luoghi, L'arte della costruzione, l'arte del governo, la scienza auspicale,<br />
la<br />
demonologia, la geomanzia, la scienza dei serpenti, dei veleni, degli scorpioni, dei topi, degli<br />
uccelli, dei<br />
corvi, la previsione della morte, gli scongiuri, lo zodiaco; da queste e simili oblique scienze si<br />
astiene. Così<br />
essendo egli è nella regola."<br />
57. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />
spirito si procurano<br />
vantaggi da siffatte oblique scienze, quali: la signatura della gemma, la signatura del bastone,<br />
la signatura del<br />
manto, la signatura della spada, la signatura della freccia, la signatura dell'arco, la signatura<br />
dello scudo, la<br />
signatura dell'uomo, la signatura della donna, la signatura del fanciullo, la signatura della<br />
fanciulla, la<br />
signatura del servo, la signatura della serva,
"a signatura dell'elefante, la signatura del cavallo, la signatura del bufalo, la signatura del toro,<br />
la signatura<br />
del bue, la signatura della capra, la signatura del cervo, la signatura del gallo, la signatura della<br />
quaglia, la<br />
signatura dell'iguana, la signatura dell'orecchione, la signatura della tartaruga, la signatura<br />
dell'antilope; da<br />
queste e simili oblique scienze si astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />
"58. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />
spirito si procurano<br />
vantaggi da siffatte oblique scienze, quali: "" vi sarà una successione di re "", "" non vi sarà una<br />
successione<br />
di re "", "" vi sarà la venuta di vicini re "", "" vi sarà la dipartita di lontani re "", "" vi sarà la<br />
venuta di lontani<br />
re "", "" vi sarà la dipartita di vicini re "", "" vi sarà la vittoria di vicini re "", "" vi sarà la<br />
sconfitta di lontani<br />
re "", "" vi sarà la vittoria di lontani re "", "" vi sarà la sconfitta di vicini re "", "" vi sarà vittoria<br />
di questo "",<br />
""vi sarà sconfitta di quello""; da queste e simili oblique scienze si astiene. Così essendo egli è<br />
nella regola."<br />
"59. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />
spirito si procurano<br />
vantaggi da siffatte oblique scienze, quali: "" vi sarà una eclissi di luna "", "" vi sarà una eclissi<br />
di sole "", ""<br />
vi sarà una eclissi di stelle "", "" vi sarà l'ordinario corso della luna e del sole "", "" vi sarà uno<br />
straordinario<br />
corso della luna e del sole "", "" vi sarà l'ordinario corso delle stelle "", "" vi sarà uno<br />
straordinario corso<br />
delle stelle "", "" vi sarà un globo di fuoco "", "" vi sarà una luce zodiacale"", ""vi sarà un<br />
terremoto"", ""vi<br />
sarà il tamburo degli dèi (tuono) "", "" vi sarà il sorgere, il tramontare, L'offuscarsi della luna,<br />
del sole e delle<br />
stelle "", "" così sarà la conseguenza dell'eclissi di luna "", "" così sarà la conseguenza<br />
dell'eclissi di sole "",<br />
"" così sarà la conseguenza dell'eclissi di stelle "", "" così sarà la conseguenza dell'ordinario<br />
corso della luna<br />
e del sole "", "" così sarà la conseguenza dello straordinario corso della luna e del sole"", "" così<br />
sarà la<br />
conseguenza dell'ordinario corso delle stelle "", "" così sarà la conseguenza dello straordinario<br />
corso delle<br />
stelle "", "" così sarà la conseguenza di un globo di fuoco "", "" così sarà la conseguenza di una<br />
luce<br />
zodiacale "", "" così sarà la conseguenza di un terremoto "", "" così sarà la conseguenza del<br />
tamburo degli<br />
dèi "", "" così sarà la conseguenza del sorgere, tramontare, offuscarsi, schiarirsi della luna, del<br />
sole e delle<br />
stelle""; da queste e simili oblique scienze si astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />
"60. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />
spirito si procurano<br />
vantaggi da siffatte oblique scienze, quali: "" vi sarà abbondante pioggia "", "" vi sarà scarsa<br />
pioggia "", "" vi
sarà abbondante raccolto "", "" vi sarà scarso raccolto "", "" vi sarà pace "", "" vi sarà<br />
agitazione"", ""vi sarà<br />
malattia"", ""non vi sarà malattia"", talismani, calcoli magici, matematica, poetare, filosofare;<br />
da queste e<br />
139<br />
simili oblique scienze si astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />
"61. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />
spirito si procurano<br />
vantaggi da siffatte oblique scienze, quali: lo sposare, dar marito alle fanciulle, causare<br />
simpatia, causare<br />
antipatia, causare unione, causare disunione, causare la buona sorte, causare la mala sorte,<br />
procurare aborto,<br />
paralizzare la lingua, paralizzare la mascella, paralizzare le mani, mormorare negli orecchi,<br />
divinare collo<br />
specchio, colla fanciulla, con gli dèi, L'adorazione del sole, L'adorazione della terra, il soffiare<br />
nel fuoco,<br />
L'invocare il nome; da queste e simili oblique scienze si astiene. Così essendo egli è nella<br />
regola."<br />
"62. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />
spirito si procurano<br />
vantaggi da siffatte oblique scienze: il placare [gli dèi], L'adempiere ai voti, le opere coi<br />
demoni della terra,<br />
procurare la virilità, procurare l'impotenza, la determinazione e la propiziazione dei riti, le<br />
abluzioni, le<br />
purificazioni, i sacrifici, L'emetico, la purga, L'acqua purgante, la purga inferiore, la purga<br />
superiore,<br />
L'unzione dell'orecchio, la medicazione del naso, il collirio, il lavaggio dell'occhio, la cura<br />
dell'occhio,<br />
L'estrazione dei dardi, la cura dei fanciulli, la cura colle radici, il somministrare [medicine], il<br />
confortare, i<br />
rimedi; da queste e simili oblique scienze si astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />
63. E quel monaco, o gran re, perfetto nella condotta, non conosce più timore perché è<br />
controllatore della<br />
condotta Come, o gran re, un re guerriero unto nel capo, vincitore del nemico non conosce più<br />
timore perché<br />
ha vinto il nemico, proprio così, o gran re, il monaco perfetto nella condotta non conosce più<br />
timore perché è<br />
controllatore della condotta. Così costui possessore delle nobili parti della condotta,<br />
sperimenta una interna<br />
giustamente ricercata gioia. Così, o gran re, un monaco è perfetto nella condotta.<br />
"64. E come, o gran re, un monaco vigila alle porte dei sensi? Ecco, o gran re, il monaco, se con<br />
l'occhio<br />
vede una forma, lascia cadere i riflessi mentali, lascia cadere ciò che ne consegue. E siccome in<br />
colui che<br />
dimora non possedendo questo controllo della facoltà visiva, desiderio e sofferenza, cattivi<br />
non salutari<br />
elementi si introducono, egli procede a questo controllo, vigila la facoltà visiva, esegue il<br />
controllo della<br />
facoltà visiva. Se egli coll'orecchio ode un suono, lascia cadere i riflessi mentali, lascia cadere<br />
ciò che ne
consegue. E siccome in colui che dimora non possedendo questo controllo della facoltà<br />
uditiva, desiderio e<br />
sofferenza, cattivi non salutari elementi si introducono, egli procede a questo controllo, vigila<br />
la facoltà<br />
uditiva, esegue il controllo della facoltà uditiva; se col naso odora un odore, lascia cadere i<br />
riflessi mentali,<br />
lascia cadere ciò che ne consegue. E siccome in colui che dimora non possedendo questo<br />
controllo della<br />
facoltà olfattiva, desiderio e sofferenza, cattivi non salutari elementi si introducono, egli<br />
procede a questo<br />
controllo, vigila la facoltà olfattiva, esegue il controllo della facoltà olfattiva; se colla lingua<br />
gusta un sapore,<br />
lascia cadere i riflessi mentali, lascia cadere ciò che ne consegue. E siccome in colui che dimora<br />
non<br />
possedendo questo controllo della facoltà gustativa, desiderio e sofferenza, cattivi non salutari<br />
elementi si<br />
introducono, egli procede a questo controllo, vigila la facoltà gustativa, esegue il controllo<br />
della facoltà<br />
gustativa; se col corpo percepisce un contatto, lascia cadere i riflessi mentali, lascia cadere ciò<br />
che ne<br />
consegue. E siccome in colui che dimora non possedendo questo controllo della facoltà tattile,<br />
desiderio e<br />
sofferenza, cattivi non salutari elementi si introducono, egli procede a questo controllo, vigila<br />
la facoltà<br />
tattile, esegue il controllo della facoltà tattile; se colla mente è conscio di un pensiero lascia<br />
cadere i riflessi<br />
mentali, lascia cadere ciò che ne consegue. E siccome in colui che dimora non possedendo<br />
questo controllo<br />
della facoltà mentale, desiderio e sofferenza, cattivi non salutari elementi si introducono, egli<br />
procede a<br />
questo controllo, vigila la facoltà mentale, esegue il controllo della facoltà mentale."<br />
65. E come, o gran re, un monaco è possessore di vigile consapevolezza? Ecco, o gran re, un<br />
monaco è<br />
chiaro e vigilante nell'andare e nel venire, è chiaro e vigilante nel guardare e nel riguardare, è<br />
chiaro e<br />
vigilante nell'alzarsi e nel muoversi, è chiaro e vigilante nel portare il manto dell'ordine e la<br />
ciotola<br />
dell'elemosina, chiaro e vigilante nel cibarsi e nel bere, nel masticare e nel gustare, chiaro e<br />
vigilante nello<br />
svuotarsi di sterco e d'urina, chiaro e vigilante nell'andare e nello stare, nel sedersi,<br />
nell'addormentarsi, nel<br />
destarsi, nel parlare e nel rimanere in silenzio. Così, o gran re, un monaco è possessore di<br />
vigile<br />
consapevolezza.<br />
66. E come, o gran re, un monaco è soddisfatto? Ecco, o gran re, un monaco è soddisfatto del<br />
manto che<br />
140<br />
protegge il suo corpo, del cibo elemosinato che sostenta il suo ventre, e dovunque egli vada<br />
solo con sé
stesso egli va. Come, o gran re, un alato uccello, ovunque egli voli, solo col peso delle sue<br />
penne egli vola,<br />
così proprio, o gran re, un monaco è soddisfatto del manto che protegge il suo corpo, del cibo<br />
elemosinato<br />
che sostenta il suo ventre, e ovunque egli vada solo con sé stesso egli va. Così, o gran re, un<br />
monaco è<br />
soddisfatto.<br />
67. Così egli, possessore del nobile comportamento, possessore del nobile controllo dei sensi,<br />
possessore<br />
della nobile vigile consapevolezza, possessore della nobile soddisfazione, cerca una dimora<br />
appartata, una<br />
foresta, un piede di un albero, una grotta tra le rupi, una caverna di montagna, un cimitero, il<br />
mezzo della<br />
foresta, un giaciglio di strame nell'aperta pianura. Egli dopo aver mangiato, ritornato dalla<br />
elemosina, siede,<br />
piegando le incrociate gambe, drizzando l'eretto corpo, dispone di fronte a sé la sua<br />
consapevolezza.<br />
68. Egli, rigettati i desideri del mondo, dimora colla mente priva di desideri, purifica di<br />
desideri la mente.<br />
Egli, rigettato l'astio, dimora con un animo privo di malevolenza, verso tutti gli esseri viventi<br />
amico e<br />
compassionevole, purifica la mente da astiosità. Egli, rigettati ignavia e torpore, dimora con<br />
coscienza chiara,<br />
consapevole e attenta, purifica la mente da ignavo torpore. Egli, rigettato il turbine dell'ira,<br />
dimora con non<br />
orgogliosa calma, colla mente interiormente calmata, purifica la mente dal turbine dell'ira.<br />
Egli, rigettato il<br />
dubbio, dimora libero dal dubbio, non incerto sulle cose salutari, purifica la mente dal dubbio.<br />
"69. Proprio come, o gran re, un uomo già carico di debiti, i suoi affari continuando, i suoi<br />
affari prosperando<br />
e le vecchie radici dei debiti e questi estinguesse, sicché a lui restasse più di quanto gli<br />
occorre, a lui così<br />
sarebbe: "" io dunque prima ero oppresso dai debiti, continuando i miei affari, gli affari<br />
prosperano e le<br />
vecchie radici dei debiti e questi ho abolito, sì che a me resta più di quanto mi occorra"". Egli<br />
in conseguenza<br />
di ciò acquisterebbe letizia, avrebbe piacere."<br />
"70. Proprio come, o gran re, un uomo colpito da malattia fosse dolente, affranto, non<br />
provasse piacere al<br />
cibo, il suo corpo non avesse più forza; egli poi, guarito dalla malattia, avesse di nuovo piacere<br />
di prendere<br />
cibo ed il corpo incominciasse a riacquistare in forza. A lui così sarebbe: "" io prima ero<br />
ammalato, dolente,<br />
affranto, non provavo piacere al cibo, il mio corpo non aveva più forza; ora sono guarito dal<br />
male, riprovo<br />
piacere al cibo, il corpo si rinforza"". Egli in conseguenza di ciò acquisterebbe letizia, avrebbe<br />
piacere."<br />
71. Proprio come, o gran re, un uomo fosse imprigionato, legato, ed in séguito venutosi a<br />
liberare dai ceppi,<br />
sicuramente libero, non potesse più perdere questo vantaggio.
"A lui così sarebbe: "" io prima ero imprigionato, legato, ora sono libero dai ceppi, sicuramente<br />
libero, e più<br />
da me non può essere perso questo vantaggio"". Egli in conseguenza di ciò acquisterebbe<br />
letizia, avrebbe<br />
piacere."<br />
"72. Proprio come, o gran re, un uomo fosse schiavo, non da sé dipendendo, da altri<br />
dipendendo, non libero<br />
di andare dove vuole, ed in séguito, libero dalla schiavitù, da sé dipendendo, non da altri<br />
dipendendo, fosse<br />
libero di andare dove vuole. A lui così sarebbe: "" io prima ero schiavo, non dipendevo da me,<br />
dipendevo da<br />
altri, non andavo dove volevo, ora invece non sono più schiavo, ma libero, da me dipendo, non<br />
da altri<br />
dipendo, sono padrone di andare dove voglio"". Egli in conseguenza di ciò acquisterebbe<br />
letizia, avrebbe<br />
piacere."<br />
"73. Proprio come, o gran re, vi fosse un uomo che, recando seco un tesoro, percorresse una<br />
pericolosa strada<br />
piena di insidie e di terrori, ma poi, fuori di pericolo, raggiungesse i dintorni di un villaggio<br />
tranquillo senza<br />
terrore. A lui così sarebbe: "" io prima, recando meco un tesoro, percorrevo una strada<br />
pericolosa, piena di<br />
insidie, di terrori; ora io sono uscito dal pericolo, sicuramente ho raggiunto i dintorni di un<br />
villaggio<br />
tranquillo, privo di terrore"". Egli in conseguenza di ciò acquisterebbe letizia, avrebbe<br />
piacere."<br />
74. Proprio così, o gran re, il monaco quasi un debito, quasi una malattia, quasi il carcere,<br />
quasi la schiavitù,<br />
quasi una strada pericolosa, questi cinque impedimenti non ancora superati in sé riconosce<br />
dapprima. Poi, o<br />
gran re, come liberazione dai debiti, come guarigione da malattia, come liberazione dal<br />
carcere, come libertà<br />
da servitù, come superamento del pericolo, questi impedimenti superati, in sé riconosce.<br />
75. In lui, che riconosce di avere in sé superati i cinque impedimenti, nasce letizia, dalla letizia<br />
nasce<br />
beatitudine, con la mente beata il corpo si calma, il corpo calmato sperimenta gioia, la mente<br />
gioiosa si<br />
141<br />
concentra. Egli così lungi da brame, lungi da elementi non salutari, raggiunta con vitakka e con<br />
vicara, la<br />
nata da distacco beata gioia, prima esperienza, dimora. Ed egli questo corpo di nata da<br />
distacco beata gioia<br />
empie, colma, permea ed intride, sì che la non pur minima parte del corpo non rimanga<br />
imbevuta di nata da<br />
distacco beata gioia.<br />
76. E come, o gran re, un abile bagnino, o garzone di bagnino, in una conca di bronzo<br />
intridesse polvere da<br />
bagno spruzzandola d'acqua profumata, la mescolasse sì che la saponata profumata, intrisa di<br />
profumo entro
e fuori, fosse pervasa di profumo e non gocciolasse, così, o gran re, un monaco questo corpo<br />
empie, colma,<br />
permea ed intride di nata di distacco beata gioia, sì che la non pur minima parte del corpo non<br />
rimanga<br />
imbevuta di nata di distacco beata gioia.<br />
Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />
eccellentissimo ed altissimo.<br />
77. Ed inoltre ancora, o gran re, un monaco, superando vitakka e vicara, raggiunta l'interna<br />
tranquillità della<br />
mente, l'unità dell'essere, la priva di vitakka, priva di vicara, nata di concentrazione beata<br />
gioia, seconda<br />
esperienza, dimora. Ed egli questo corpo di nata da concentrazione beata gioia empie, colma,<br />
permea ed<br />
intride, sì che la non pur minima parte del corpo non rimanga imbevuta di nata di<br />
concentrazione beata gioia.<br />
78. E come, o gran re, vi fosse un lago di acqua sorgiva in cui né dalla regione di levante, né<br />
dalla regione di<br />
ponente, né dalla regione di mezzanotte, né dalla regione di mezzodì sfociasse dell'acqua, né<br />
mai dal cielo<br />
cadesse scroscio di pioggia, ma in quel lago fresca acqua sgorgasse da una sorgente, sì che il<br />
lago di fresca<br />
acqua sorgente fosse pieno, colmo, pervaso, intriso, sì che la non pur minima parte del lago<br />
non rimanesse<br />
imbevuta di fresca acqua, così, o gran re, un monaco questo corpo, empie, colma, permea ed<br />
intride di nata di<br />
concentrazione beata gioia, sì che la non pur minima parte del corpo non rimanga imbevuta di<br />
nata da<br />
concentrazione beata di gioia.<br />
Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />
eccellentissimo ed altissimo.<br />
"79. Ed inoltre ancora, o gran re, un monaco superata la beatitudine, in assenza di ogni<br />
eccitamento,<br />
equanime, chiaro, consapevole dimora e sperimenta col corpo quella gioia di cui i nobili<br />
dicono:<br />
""l'equanime consapevole dimora gioioso"", terza esperienza raggiunta, dimora. Ed egli questo<br />
corpo di<br />
sbeatificata gioia, empie, colma, permea ed intride, sì che la non pur minima parte del corpo<br />
non rimanga<br />
imbevuta di beatificata gioia."<br />
80. E come, o gran re, vi fossero dei fiori di loto celesti, rossi, bianchi, ed alcuni di questi fiori<br />
di loto celesti,<br />
rossi, bianchi, nati dall'acqua, cresciuti nell'acqua, sbocciati nell'acqua, in questa vivono e le<br />
loro radici, le<br />
loro sommità di fresca acqua sono ripiene, colme, permeate ed intrise, sì che la non pur<br />
minima parte dei<br />
fiori di loto celesti, rossi, bianchi non rimane imbevuta di fresca acqua, così, o gran re, un<br />
monaco questo<br />
corpo di sbeatificata gioia empie, colma, permea ed intride, sì che la non pur minima parte del<br />
corpo non<br />
rimanga imbevuta di sbeatificata gioia.
Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i<br />
migliori frutti dell'ascesi eccellentissimo ed altissimo. I<br />
81. Ed inoltre ancora, o gran re, un monaco superando la gioia, superando il dolore,<br />
purificandosi da<br />
precedente piacere e sofferenza, raggiunta la priva di dolore, priva di gioia, equanime,<br />
consapevole, perfetta<br />
quarta esperienza, dimora. Ed egli posa ricoprendo questo corpo con la mente perfetta,<br />
trasparente, sè che la<br />
non pur minima parte del corpo non rimanga ricoperta dalla mente perfetta, trasparente.<br />
82. E come, o gran re, un uomo seduto si copre di una chiara veste, sì che nessuna parte del<br />
suo corpo non<br />
rimanga ricoperta dalla chiara veste, così, o gran re, un monaco posa ricoprendo questo corpo<br />
con la mente<br />
perfetta, trasparente, sì che la non pur minima parte del corpo non rimanga ricoperta dalla<br />
mente perfetta,<br />
trasparente.<br />
Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />
eccellentissimo ed altissimo.<br />
"83. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />
resti di<br />
combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />
rivolge al chiaro<br />
sapere. Egli così realizza: "" questo è il mio corpo, formato dai quattro grandi elementi, nato<br />
da padre e<br />
madre, nutrito di cibo, soggetto alla legge di impermanenza, decadimento, dissoluzione,<br />
distruzione,<br />
142<br />
annientamento. Questo è vinnana qui in me localizzato, in me limitato ""."<br />
"E come, o gran re, vi fosse un gioiello, una pietra preziosa, bellissima, eccellente, a otto facce,<br />
ben lavorata,<br />
chiara, trasparente, senza macchie, dotata di piena perfezione, e in lei un filo che l'attraversa o<br />
azzurro, o<br />
giallo, o rosso, o bianco, o verde, ed un uomo vi fosse di chiara vista che, presala in mano, la<br />
contemplasse:<br />
"" questo è un gioiello, una pietra preziosa, bellissima, eccellente, a otto facce, ben lavorata,<br />
chiara,<br />
trasparente, senza macchie, dotata di piena perfezione ed in lei vi è un filo che l'attraversa o<br />
azzurro, o giallo,<br />
o rosso, o bianco, o verde"", così, o gran re, un monaco, essendo nella mente raccolta, perfetta,<br />
trasparente,<br />
non affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante,<br />
raggiungente<br />
l'impassibilità, la drizza, la rivolge al chiaro sapere. Egli così realizza: "" questo è il mio corpo,<br />
formato dai<br />
quattro grandi elementi, nato da padre e madre, nutrito di cibo, soggetto alla legge di<br />
impermanenza,<br />
decadimento, dissoluzione, distruzione, annientamento. Questo è vinnana qui in me<br />
localizzato, in me<br />
limitato ""."
Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />
eccellentissimo ed altissimo.<br />
85. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />
resti di<br />
combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />
rivolge a<br />
costruire un corpo costituito di pensiero: egli cioè dal corpo ne costruisce un altro formale,<br />
costituito di<br />
pensiero, con ogni singolo membro, con facoltà sensorie supernormali.<br />
"86. E come, o gran re, un uomo da una canna di sakkara munja traesse il midollo. A lui così<br />
sarebbe:<br />
""questo è il munja, questo è il midollo, altro il munja, altro il midollo, dalla munja ho tratto il<br />
midollo"". Ed<br />
inoltre come, o gran re, un uomo traesse dal fodero una spada. Così a lui sarebbe: "" questa è<br />
la spada, questo<br />
è il fodero, altra la spada, altro il fodero, dal fodero ho tratta la spada"". Ed inoltre come, o<br />
gran re, un uomo<br />
da un cesto traesse un serpente. Così a lui sarebbe: "" questo è il serpente, questo è il cesto,<br />
altro è il serpente,<br />
altro è il cesto, dal cesto ho tratto il serpente "". Così, o gran re, un monaco essendo nella<br />
mente raccolta,<br />
perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile, forgiabile,<br />
non oscillante,<br />
raggiungente l'impassibilità, la drizza e rivolge a costruire un corpo costituito di pensiero; egli<br />
cioè da questo<br />
corpo ne costruisce un altro formale, costituito di pensiero, con ogni singolo membro, con"<br />
facoltà sensorie supernormali.<br />
"87. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />
resti di<br />
combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />
rivolge alla<br />
varietà dei poteri. Egli realizza quel potere di apparire diverso: uno essendo egli [appare]<br />
molteplice,<br />
molteplice essendo egli [appare] uno; di essere trasferibile su altri piani di esistenza, o<br />
attraverso muri,<br />
ostacoli, montagne: spedito passa attraverso la terra come attraverso l'aria, ascende e<br />
discende nella terra<br />
come nell'acqua, spedito cammina sull'acqua come sulla terra, nel cielo colle sue gambe<br />
passeggia come un<br />
volante uccello, e la luna ed il sole, pur così potenti e così eccellenti egli accarezza e tocca colla<br />
palma della<br />
sua mano, e sino nel mondo di Brahma dispone del suo corpo."<br />
"88. E come, o grande, un abile vasaio, o garzone di vasaio, avendo ben preparata l'argilla,<br />
proprio quel<br />
particolare vaso che progetta, così quello fa e crea; inoltre come, o gran re, un abile scultore in<br />
avorio, o<br />
garzone di scultore in avorio, avendo ben preparato l'avorio, quella particolare scultura che<br />
progetta, proprio<br />
quella fa e crea; inoltre come, o gran re, un abile orefice, o garzone d'orefice, avendo ben<br />
preparato l'oro,
quel particolare gioiello progettato proprio quello fa e crea, così, o gran re, un monaco<br />
essendo nella mente<br />
raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile,<br />
forgiabile, non<br />
oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la rivolge alla varietà dei poteri. Egli realizza<br />
quel potere di<br />
apparire diverso: uno secondo egli [appare] molteplice, molteplice essendo egli [appare] uno;<br />
di essere<br />
trasferibile in altri piani di esistenza, o attraverso muri, ostacoli e montagne: spedito passa<br />
attraverso la terra<br />
come attraverso l'aria, ascende e discende nella terra come nell'acqua, spedito cammina<br />
sull'acqua come sulla<br />
terra, nel cielo colle sue gambe passeggia come un volante uccello, e la luna ed il sole, pur così<br />
potenti e così<br />
eccellenti, egli accarezza e tocca colla palma della sua mano, e sino nel mondo di Brahma<br />
dispone del suo<br />
corpo."<br />
143<br />
Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />
eccellentissimo, altissimo.<br />
89. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />
resti di<br />
combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza e la<br />
rivolge<br />
all'organo dell'udito divino. Egli coll'organo dell'udito divino, eccelso, sovrumano, entrambe le<br />
voci ascolta,<br />
divine ed umane, remote e vicine.<br />
"90. Come, o gran re, un uomo percorrendo una grande strada udisse suoni di tamburi, suoni<br />
di crotali, suoni<br />
di trombe, suoni di cimbali, suoni di timpani, a lui così sarebbe: ""questo è il suono del<br />
tamburo"", "" questo<br />
è il suono del crotalo"", "" questo è il suono della tromba"", "" questo è il suono del cimbalo "",<br />
"" questo è il<br />
suono del timpano "", così, o gran re, un monaco essendo nella mente raccolta, perfetta,<br />
trasparente, non<br />
affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante,<br />
raggiungente<br />
l'impassibilità, la drizza e la rivolge all'organo dell'udito divino. Egli coll'organo dell'udito<br />
divino, eccelso,<br />
sovrumano, entrambe le voci ascolta, divine ed umane, remote e viene."<br />
Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />
eccellentissimo, altissimo.<br />
91. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />
resti di<br />
combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza e la<br />
rivolge<br />
all'interiore conoscenza delle menti. Egli realizza ciò che è nella mente di altre persone, di altri<br />
esseri:<br />
la mente bramosa come mente bramosa realizza, la mente non bramosa come mente non<br />
bramosa realizza,
la mente astiosa come mente astiosa realizza,<br />
la mente non astiosa come mente non astiosa realizza,<br />
la mente fatua come mente fatua realizza,<br />
la mente non fatua come mente non fatua realizza,<br />
la mente casta come mente casta realizza,<br />
la mente non casta come mente non casta realizza,<br />
la mente magnanima come mente magnanima realizza,<br />
la mente non magnanima come mente non magnanima realmente superiore come mente<br />
superiore realizza,<br />
[lizza,<br />
la mente non superiore come mente non superiore realizza,<br />
la mente attenta come mente attenta realizza,<br />
la mente non attenta come mente non attenta realizza,<br />
la mente libera come mente libera realizza,<br />
la mente non libera come mente non libera realizza.<br />
"92. E come, o gran re, una donna, od un uomo, od un fanciullo, od un giovane, amanti della<br />
propria bellezza<br />
in uno specchio purissimo, chiarissimo, trasparente, o in un vaso d'acqua il volto riflesso<br />
considerando, con<br />
un neo sa di avere un neo, senza neo sa di essere senza neo; così, o gran re, un monaco<br />
essendo nella mente<br />
raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile,<br />
forgiabile, non<br />
oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza e la rivolge all'interiore conoscenza delle<br />
menti. Egli<br />
realizza ciò che è nella mente di altre persone, di altri esseri: la mente bramosa come mente<br />
bramosa<br />
realizza,"<br />
la mente non bramosa come mente non bramosa realizza, la mente astiosa come mente<br />
astiosa realizza,<br />
la mente non astiosa come mente non astiosa realizza, la mente fatua come mente fatua<br />
realizza,<br />
la mente non fatua come mente non fatua realizza, la mente casta come mente casta realizza,<br />
la mente non casta come mente non casta realizza, la mente magnanima come mente<br />
magnanima realizza, la<br />
mente non magnanima come mente non magnanima realmente superiore come mente<br />
superiore realizza,<br />
[lizza,<br />
la mente non superiore come mente non superiore realizza, la mente attenta come mente<br />
attenta realizza,<br />
la mente non attenta come mente non attenta realizza, la mente libera come mente libera<br />
realizza,<br />
la mente non libera come mente non libera realizza.<br />
Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />
eccellentissimo, altissimo.<br />
144<br />
"93. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />
resti di<br />
combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />
rivolge
all'intelligenza di sorgente consapevolezza di anteriori forme di esistenza. A lui sorge<br />
consapevolezza di<br />
molte anteriori esistenze, come di un'esistenza, come di delle esistenze, di tre, di quattro, di<br />
cinque, di dieci,<br />
di venti, di trenta, di quaranta, di cinquanta, di cento esistenze, di mille esistenze, di centomila<br />
esistenze,<br />
delle esistenze durante epoche di molte formazioni di mondi, epoche di molte trasformazioni<br />
di mondi,<br />
epoche di molte formazioni e trasformazioni di mondi: "" in questo luogo, questo nome questa<br />
famiglia,<br />
questo stato, questa gioia e dolore sperimentati questa la fine della vita, e quanto qui sorse di<br />
qui trapassò. In<br />
quel luogo, quel nome, quella famiglia, quello Stato, quella gioia e dolore sperimentati, quella<br />
la fine della<br />
vita, e quanto là sorse di là trapassò"". Così a lui sorge consapevolezza di molte precedenti<br />
esistenze nelle<br />
loro caratteristiche, nelle loro circostanze."<br />
"94. E come, o gran re, un uomo andasse dal suo ad un altro villaggio, e da questo ad un altro<br />
ancora, e da<br />
quest'ultimo ritornasse al suo. Allora a lui così sarebbe: "" io andai dal mio villaggio ad un<br />
altro villaggio, là<br />
così sono stato, così mi sono seduto, così ho parlato, così ho taciuto, da quello poi sono andato<br />
in un altro<br />
villaggio, in quell'altro così sono stato, così mi son seduto, così ho parlato, così ho taciuto, e da<br />
quest'ultimo<br />
villaggio così sono tornato nel mio ""; così, o gran re, un monaco, essendo nella mente raccolta,<br />
perfetta,<br />
trasparente, non affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile, non oscillante,<br />
raggiungente<br />
l'impossibilità, la drizza, la rivolge a riconoscere la sorgente consapevolezza di anteriori forme<br />
di esistenza.<br />
A lui sorge consapevolezza di molte precedenti esistenze, come di un'esistenza, come di due<br />
esistenze, di tre,<br />
di quattro, di cinque, di dieci, di venti, di trenta, di quaranta, di cinquanta esistenze, di cento<br />
esistenze, di<br />
mille esistenze, di centomila esistenze, delle esistenze durante epoche di molte formazioni di<br />
mondi, epoche<br />
di molte trasformazioni di mondi, epoche di molte formazioni e trasformazioni di mondi: "" in<br />
questo luogo,<br />
questo nome, questa famiglia, questo stato, questa gioia e dolore sperimentati, questa la fine<br />
della vita, e<br />
quanto qui sorse di qui trapassò, In quel luogo, quel nome, quella famiglia, quello stato, quella<br />
gioia e dolore<br />
sperimentati, quella la fine della vita, e quanto là sorse di là trapassò"". Così a lui sorge<br />
consapevolezza di<br />
molte precedenti esistenze nelle loro caratteristiche, nelle loro circostanze."<br />
Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />
eccellentissimo, altissimo.<br />
"95. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />
resti di
combustioni, ! malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />
rivolge<br />
all'intelligenza del trapassare e del risorgere degli esseri. Egli, col divino occhio rischiarato,<br />
vede gli esseri<br />
divini ed umani trapassanti e sorgenti in basso, in alto, belli, brutti, felici, infelici, e come<br />
secondo le opere<br />
gli esseri riappaiono, realizza: "" Questi cari esseri sono seguaci di un non retto<br />
comportamento nelle opere,<br />
sono seguaci di un non retto comportamento nelle parole, sono seguaci di un non retto<br />
comportamento nei<br />
pensieri, disprezzano le cose nobili, stimano il cattivo, ed il cattivo stimato attuano colle opere.<br />
Essi, colla<br />
dissoluzione del corpo, dopo la morte, vanno così su cattiva strada, in cattive condizioni, in<br />
rovina. Questi<br />
cari esseri invece sono seguaci di un retto comportamento nelle opere, sono seguaci di un<br />
retto<br />
comportamento nelle parole, sono seguaci di un retto comportamento nei pensieri, non<br />
disprezzano ciò che è<br />
nobile, stimano il buono, ed il buono stimato attuano colle opere. Essi, colla dissoluzione del<br />
corpo, dopo la<br />
morte, felicemente risorgono in mondo beato"". Così col divino occhio rischiarato vede gli<br />
esseri divini ed<br />
umani trapassanti e risorgenti in alto, in basso, belli, brutti, felici, infelici, e come secondo le<br />
opere sempre<br />
gli esseri riappaiono realizza."<br />
"96. E come, o gran re, in mezzo ad una piazza vi fosse un terrazzo e quivi un uomo di buona<br />
vista vedesse<br />
gli uomini che nelle case entrano ed escono, per la via carreggiabile si avviano, o sostano in<br />
mezzo alla<br />
piazza, a lui così sarebbe: "" Questi uomini entrano ed escono di casa, per la via carreggiabile<br />
si avviano, o<br />
sostano in mezzo alla piazza""; così, o gran re, un monaco nella mente raccolta, perfetta,<br />
trasparente, non<br />
affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante,<br />
raggiungente<br />
l'impassibilità, la drizza, la rivolge all'intelligenza del trapassare e del risorgere degli esseri.<br />
Egli, col divino<br />
occhio rischiarato, vede gli esseri divini ed umani trapassanti e sorgenti in basso, in alto, belli,<br />
brutti, felici,<br />
145<br />
infelici, e come secondo le opere gli esseri riappaiono realizza: "" Questi cari esseri sono<br />
seguaci di un non<br />
retto comportamento nelle opere, sono seguaci di un non retto comportamento nelle parole,<br />
sono seguaci di"<br />
"un non retto comportamento nei pensieri, disprezzano le cose nobili, stimano il cattivo, ed il<br />
cattivo stimato<br />
attuano con le opere. Essi, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, vanno così su cattiva<br />
strada, in cattive<br />
condizioni, in rovina. Questi cari esseri invece sono seguaci di un retto comportamento nelle<br />
opere, sono
seguaci di un retto comportamento nelle parole, sono seguaci di un retto comportamento nei<br />
pensieri, non<br />
disprezzano ciò che è nobile, stimano il buono, ed il buono stimato attuano colle opere. Essi,<br />
colla<br />
dissoluzione del corpo, dopo la morte, felicemente risorgono in mondo beato "". Così, col<br />
divino occhio<br />
rischiarato vede gli esseri divini ed umani trapassanti e risorgenti in alto, in basso, belli, brutti,<br />
felici, infelici,<br />
e come secondo le opere sempre gli esseri riappaiono realizza."<br />
Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />
eccellentissimo, altissimo.<br />
"97. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />
resti di<br />
combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />
rivolge<br />
all'intelligenza distruggitrice degli asava. Egli: "" Ecco il dolore "" così secondo realtà realizza.<br />
"" Questa<br />
l'origine del dolore "" secondo realtà realizza. "" Questa la fine del dolore"" secondo realtà<br />
realizza. ""Questa<br />
la via che mena alla fine del dolore"" secondo realtà realizza. "" Questi gli asava "" secondo<br />
realtà realizza.<br />
""Questa l'origine degli asava"" secondo realtà realizza. ""Questa la, fine degli asava "" secondo<br />
realtà<br />
realizza. "" Questa la via che mena alla fine degli asava "" secondo realtà realizza. Ed a lui, I che<br />
così sa, così<br />
vede, la mente si libera dall'asava del desiderio, si libera dall'asava dell'essere, si libera<br />
dall'asava del<br />
l'ignoranza. "" Nel redento è la redenzione "" in lui sorge questa intelligenza. "" Esausta la vita,<br />
estinta la<br />
condizione di purezza, fatto ciò che era da fare, non esiste altro stato condizionato"" realizza<br />
allora."<br />
"98. E come, o gran re, vi fosse un lago tra i monti trasparente, limpido, chiaro ed un uomo di<br />
buona vista<br />
fermo sulla sponda vedesse ostriche e conchiglie, cristalli e ghiaia, frotte di pesci che vanno e<br />
che stanno, a<br />
lui così sarebbe: "" Questo è un lago tra i monti trasparente, limpido, chiaro e quivi sono<br />
ostriche e<br />
conchiglie, cristalli e ghiaia e frotte di pesci che vanno e che stanno""; così, o gran re, un<br />
monaco essendo<br />
nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza resti di combustioni,<br />
malleabile,<br />
forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la rivolge all'intelligenza<br />
distruttrice degli<br />
asava. Egli: "" Ecco il dolore "" così secondo realtà realizza. "" Questa è l'origine del dolore ""<br />
secondo realtà<br />
realizza. "" Questa la fine del dolore "" secondo realtà realizza. "" Questa la via che mena alla<br />
fine del dolore<br />
"" secondo realtà realizza. "" Questi gli asava "" secondo realtà realizza. "" Questa l'origine<br />
degli asava ""
secondo realtà realizza. "" Questa la fine degli asava secondo realtà realizza. "" Questa la via<br />
che mena alla<br />
fine degli asava "" secondo realtà realizza. Ed a lui che così sa, che così vede la mente libera<br />
dall'asava del<br />
desiderio, si libera dall'asava dell'essere, si libera dall'asava dell'ignoranza. "" Nel redento è la<br />
redenzione ""<br />
in lui sorge questa intelligenza. "" Esausta la vita, estinta la condizione di purezza, fatto ciò che<br />
era da fare,<br />
non esiste altro stato condizionato "" realizza allora."<br />
Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />
eccellentissimo, altissimo.<br />
"Di questi, o gran re, visibili frutti dell'ascesi, un altro visibile frutto dell'ascesi più alto, più<br />
eccelso non vi è<br />
""."<br />
"99. Così essendo stato detto il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta disse al Sublime così: ""<br />
È<br />
meraviglioso, o signore, è meraviglioso, o signore, come si raddrizzasse ciò che era rovesciato,<br />
si scoprisse<br />
ciò che era coperto, ad uno smarrito si mostrasse la strada, si portasse nel buio una lampada,<br />
chi ha gli occhi<br />
vedrà le forme, così dal Sublime con più di un argomento è stata esposta la Dottrina. Ed ecco, o<br />
signore, io<br />
prendo rifugio presso il Sublime, prendo rifugio presso la dottrina e l'Ordine dei monaci. Me<br />
fedele seguace<br />
voglia il Sublime accogliere prendente da oggi rifugio per la vita. Un errore mi vinse, o signore,<br />
come uno<br />
stolto, come un folle, come un insensato. Per desiderio di potere privai della vita il padre,<br />
giusto, legittimo re.<br />
Questo mio errore, o signore, accetti il Sublime in vista di futuro controllo ""."<br />
"100. ""Orsù, o gran re, un errore ti vinse come uno stolto, come un folle, come un insensato:<br />
tu per desiderio<br />
di potere I privasti della vita il padre, giusto, legittimo re. E perciò tu, o gran re, compisti un<br />
errore, un<br />
146<br />
duplice errore secondo la, dottrina e questo io accetto. Vi è miglioramento, o gran re, nella<br />
norma dei nobili a<br />
chi, pur avendo errato di un duplice errore, secondo la Dottrina, nel futuro si controllerà ""."<br />
101. Così essendo stato detto il re del Magadha Ajatasattu<br />
"Vedehiputta disse al Sublime così: "" Ora è tempo, o signore, che io vada. Molti affari, molte<br />
incombenze ci<br />
attendono ""."<br />
Questo è il tempo, o gran re, a cui tu pensi .<br />
Allora il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta rallegrato, rasserenato dalle parole del<br />
Sublime sorse da<br />
sedere, avendo salutato il Sublime, girando sulla destra se ne andò.<br />
"102. Allora il Sublime, dopo la partenza del re del Majgadha Ajatasattu Vedehiputta, si rivolse<br />
ai monaci: ""<br />
Stroncato, o monaci, è il re, contaminato, o monaci, è il re. Se il re, o monaci, non avesse<br />
privato della vita il
padre, giusto, legittimo re, libero da passione, senza macchia, su questo stesso sedile gli si<br />
sarebbe dischiuso<br />
l'occhio della Dottrina "" ."<br />
Così disse il Sublime, contenti i monaci si rallegrarono I alla parola del Sublime.<br />
SAMANNA PHALA SUTTA<br />
FINE<br />
(Traduzione di Eugenio Frola)<br />
KEVADDHASUTTA<br />
(KEVADDI LA IL FIGLIO DI FAMIGLIA)<br />
Così ho sentito<br />
" 1. Un tempo il Sublime dimorava a Nalanda nel bosco di manghi del mercante di vesti. Allora<br />
Kevaddha<br />
figlio di famiglia, si diresse là dove era il Sublime; accostatosi, salutato il Sublime, gli sedette<br />
accanto.<br />
Accanto seduto Kevaddha figlio di famiglia così disse al Sublime:"<br />
Nalanda, o signore, prosperosa, opulenta, molto popolata, densa di abitanti è devota al<br />
Sublime. Voglia il<br />
Sublime, o signore, ben ammaestrare un monaco che possa compiere cose sovrumane,<br />
meravigliosi miracoli,<br />
e così proprio Nalanda sarà ancor più devota al Sublime.<br />
"Così essendo stato detto il Sublime disse a Kevaddha figlio di famiglia così: ""Non così, o<br />
Kevaddha, io<br />
espongo la Dottrina: "" andate voi, o monaci, presso il laico bianco vestito e compite cose<br />
sovrumane,<br />
meravigliosi miracoli "" ""."<br />
"2. Per la seconda volta Kevaddha figlio di famiglia disse al Sublime così: "" Io non vorrei<br />
molestare il<br />
Sublime, però così dico: Nalanda, o signore, prosperosa, opulenta, molto popolata, densa di<br />
abitanti è devota<br />
al Sublime. Voglia il Sublime, o signore, ben ammaestrare un monaco che possa compiere cose<br />
sovrumane,<br />
meravigliosi miracoli, e così proprio Nalanda sarà ancor più devota al Sublime o."<br />
Per la seconda volta il Sublime disse a Kevaddha figlio di famiglia così:<br />
" Non così, o Kevaddha, io espongo la Dottrina: andate voi, o monaci, presso il laico bianco<br />
vestito e<br />
compite cose sovrumane, meravigliosi miracoli """<br />
"3. Per la terza volta Kevaddha figlio di famiglia disse al Sublime così: "" Io non vorrei<br />
molestare il Sublime,<br />
però così dico: Nalanda, o signore, prosperosa, opulenta, molto popolata, densa di abitanti è<br />
devota al<br />
Sublime. Voglia il Sublime, o signore, ben ammaestrare un monaco che possa compiere cose<br />
sovrumane,<br />
meravigliosi miracoli, e così proprio Nalanda sarà ancor più devota al Sublime ""."<br />
147<br />
Questi tre elementi straordinari sono stati da me stesso realizzati, posseduti, resi noti: i poteri<br />
sovranormali,<br />
la penetrazione sovranormale dell'altrui mente e l'insegnamento sovranormale.<br />
"4. Qual è, o Kevaddha, il potere sovranormale? Ecco, o Kevaddha, un monaco realizza quel<br />
potere di
apparire diverso: uno essendo egli appare molteplice, molteplice essendo egli appare uno; è<br />
trasferibile su<br />
altri piani di esistenza, attraverso muri, ostacoli, montagne; non impedito cammina,<br />
attraverso la terra come<br />
attraverso l'aria, ascende e discende nella terra come nell'acqua; spedito cammina sull'acqua<br />
come sulla terra;<br />
nel cielo colle sue gambe passeggia come un volante uccello, e il sole e la luna così potenti, così<br />
eccellenti<br />
accarezza e tocca col palmo della sua mano, e sino nel mondo di Brahma dispone del suo<br />
corpo. E se un tale<br />
assiste fiducioso e vede quel monaco che realizza il potere di apparire diverso: che uno<br />
essendo egli appaia<br />
molteplice, molteplice essendo appaia uno; di essere trasferibile su altri piani di esistenza,<br />
attraverso muri,<br />
ostacoli, montagne; che non impedito cammini attraverso la terra come attraverso l'aria,<br />
ascenda e discenda<br />
nella terra come nell'acqua; che spedito cammini sull'acqua come sulla terra; che nel cielo<br />
colle sue gambe<br />
passeggi come un volante uccello, e il sole e la luna così potenti, così eccellenti accarezzi e<br />
tocchi col palmo"<br />
della sua mano, e sino nel mondo di Brahma disponga del suo corpo.<br />
"5. E se quel tale che assistette fiducioso dice ad un altro che non assistette e non è fiducioso:<br />
"" È<br />
meraviglioso, o signore, è straordinario, o signore, il grande potere, la grande eccellenza di un<br />
asceta. Io<br />
stesso vidi un monaco che realizza il potere di apparire diverso: uno essendo egli appare<br />
molteplice,<br />
molteplice essendo egli appare uno; che è trasferibile su altri piani di esistenza, attraverso<br />
muri, ostacoli,<br />
montagne; che non impedito cammina attraverso la terra come attraverso l'aria, ascende e<br />
discende nella terra<br />
come nell'acqua; che spedito cammina sull'acqua come sulla terra; che nel cielo colle sue<br />
gambe passeggia<br />
come un volante uccello, e il sole e la luna così potenti, così eccellenti accarezza e tocca col<br />
palmo della sua<br />
mano, e sino nel mondo di Brahma dispone del suo corpo"". Allora colui che non ha assistito e<br />
non è<br />
fiducioso così potrebbe dire a colui che ha assistito fiducioso: ""Questo è certamente un<br />
incanto di Gandhari,<br />
per questo quel monaco realizza quel potere di apparire diverso: uno essendo egli appare<br />
molteplice,<br />
molteplice essendo egli appare uno; è trasferibile su altri piani di esistenza, attraverso muri,<br />
ostacoli,<br />
montagne; non impedito cammina, attraverso la terra come attraverso l'aria, ascende e<br />
discende nella terra<br />
come nell'acqua; spedito cammina sull'acqua come sulla terra; nel cielo colle sue gambe<br />
passeggia come un<br />
volante uccello e il sole e la luna così potenti, così eccellenti accarezza e tocca col palmo della<br />
sua mano, e
sino nel mondo di Brahma dispone del suo corpo "". Che tu pensi, o Kevaddha ? Forse che colui<br />
che non ha<br />
assistito e non è fiducioso non direbbe così a colui che fiducioso ha assistito?""."<br />
" ""Così direbbe, o signore ""."<br />
E vedendo questo pericolo, o Kevaddha, del potere supernormale io non sono propenso, non<br />
sono disposto,<br />
non sono favorevole al potere sovranormale.<br />
"6. Qual è, o Kevaddha, la penetrazione sovranormale dell'altrui mente? Ecco, o Kevaddha, un<br />
monaco<br />
penetra la mente di altri esseri, di altre persone, penetra quanto appartiene alla mente,<br />
penetra il<br />
ragionamento, penetra le considerazioni: "" così è quel pensiero, così è quel pensiero, proprio<br />
in quella<br />
mente"". Ed ecco un tale assiste fiducioso e vede quel monaco che realizza il potere di<br />
penetrare le menti di<br />
altri esseri, di altre persone, che penetra quanto appartiene alla mente, penetra il<br />
ragionamento, penetra le<br />
considerazioni: "" così è quel pensiero, così è quel pensiero, proprio in quella mente ""."<br />
"7. E se quel tale che assistette fiducioso dice ad un altro, che non assistette e non è fiducioso:<br />
""È<br />
meraviglioso, o signore, è straordinario, o signore, il grande potere, la grande eccellenza di un<br />
asceta. Io<br />
stesso vidi un monaco che penetra la mente di altri esseri, di altre persone, penetra quanto<br />
appartiene alla<br />
mente, penetra il ragionamento, penetra le considerazioni: ' così è quel pensiero, così è quel<br />
pensiero, proprio<br />
in quella mente'"". Allora colui che non ha assistito e non è fiducioso così potrebbe dire a colui<br />
che ha<br />
assistito fiducioso: "" Questo è certamente un incanto Manika, per questo quel monaco<br />
penetra la mente di<br />
altri esseri, di altre persone, penetra quanto appartiene alla mente, penetra il ragionamento,<br />
penetra le<br />
considerazioni: ' così è quel pensiero, così quel pensiero in quella mente ' ""."<br />
"Che tu pensi, o Kevaddha? Forse che colui che non ha assistito e non è fiducioso non direbbe<br />
così a colui<br />
148<br />
che fiducioso ha assistito ?""."<br />
Così direbbe, o signore<br />
E vedendo questo pericolo, o Kevaddha, nella penetrazione della mente io non sono propenso,<br />
non sono<br />
disposto, non sono favorevole alla penetrazione della mente.<br />
"8. E quale è, o Kevaddha, l'insegnamento supernormale? Ecco, o Kevaddha, un monaco così<br />
insegna: ""<br />
Così devi considerare, così non devi considerare, a questo devi por mente, a questo non devi<br />
por mente,<br />
questo raggiungi, questo raggiunto, dimora"". Questo si chiama, Kevaddha, l'insegnamento<br />
sovranormale."<br />
9. Ed inoltre ancora, o Kevaddha, ecco in questo mondo sorge il Compiuto, Santo, Perfetto,<br />
perfettamente<br />
Svegliato *...
44. In lui che ha riconosciuto di aver da sé superato i cinque impedimenti, nasce letizia, dalla<br />
letizia nasce<br />
beatitudine, colla mente beata il corpo si calma, col corpo calmato sperimenta gioia, la mente<br />
gioiosa si<br />
concentra ed egli così, lungi da brame, lungi da elementi non salutari, raggiunta, con vitakka e<br />
vicara, la nata<br />
da distacco beata gioia, prima esperienza, dimora. Ed egli questo corpo empie, colma, permea<br />
ed intride di<br />
nata di distacco beata gioia, sì che la non pur minima parte del corpo non rimanga imbevuta di<br />
nata di<br />
distacco beata gioia.<br />
45. Come, o Kevaddha, un abile bagnino o garzone di bagnino, in una conca di bronzo<br />
intridesse polvere da<br />
bagno spruzzandola d'acqua profumata, la mescolasse sì che la saponata profumata, intrisa di<br />
profumo, entro<br />
e fuori fosse pervasa di profumo e non gocciolasse, così o Kevaddha, un monaco questo corpo<br />
empie, colma,<br />
permea ed intride di nata di distacco beata gioia, sì che la non pur minima parte del corpo non<br />
rimanga<br />
imbevuta di nata di distacco beata gioia.<br />
50. *... La quarta esperienza raggiunta dimora *... Questo Si chiama, o Kevaddha,<br />
l'insegnamento<br />
sovranormale.<br />
52. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />
resti di<br />
combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />
rivolge al chiaro<br />
sapere *... Ciò si chiama, o Kevaddha, l'insegnamento sovranormale.<br />
"53. *... non esiste alcun altro stato condizionato così realizza allora"". E ciò si chiama, o<br />
Kevaddha,<br />
l'insegnamento sovranormale."<br />
67. Questi, o Kevaddha, tre elementi sovranormali sono stati da me stesso, realizzati,<br />
posseduti, resi noti.<br />
Una volta,<br />
"o Kevaddha, in una certa schiera di monaci, ad un monaco sorse in mente una riflessione: ""<br />
in qual luogo i<br />
quattro elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria?"". Allora, o<br />
Kevaddha, quel<br />
monaco concentrò la mente sicché nella sua mente raccolta fu visibile la via che mena agli dèi<br />
'."<br />
"68. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso gli dèi dei quattro grandi re, e avendoli<br />
raggiunti così<br />
disse loro: "" Dove, o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />
l'acqua, il<br />
fuoco, l'aria?""."<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, gli dèi dei quattro grandi re dissero al monaco così: ""<br />
Noi, o<br />
monaco, non sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la<br />
terra, l'acqua, il
fuoco, l'aria. Ma vi sono, o, monaco, i quattro grandi re, di noi più eccelsi, più alti. Essi<br />
certamente sapranno<br />
dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria<br />
""."<br />
"69. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso i: quattro grandi re, e avendoli raggiunti<br />
così disse<br />
loro: ""Dove, . o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />
l'acqua, il fuoco,<br />
l'aria?"". Così essendo stato detto, o Kevaddha, i quattro grandi re dissero al monaco così: ""<br />
Noi, o monaco,<br />
non sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua,<br />
il: fuoco, l'aria.<br />
Ma vi sono, o monaco, i trentatrè dèi, di noi più eccelsi, più alti. Essi certamente sapranno dove<br />
i quattro<br />
grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria ""."<br />
"70. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso i Trentatrè dèi, e avendoli raggiunti così<br />
disse loro:<br />
""Dove, o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il<br />
fuoco, l'aria?<br />
""."<br />
149<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, i trentatré dèi dissero al monaco così: "" Noi, o monaco,<br />
non<br />
sappiamo dove"<br />
"i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria. Ma<br />
vi è, o monaco,<br />
Sakka, re degli dèi, di noi più eccelso, più alto. Egli certamente saprà dove i quattro grandi<br />
elementi<br />
scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria""."<br />
"71. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso Sakka, re degli dèi, e avendolo raggiunto<br />
così gli<br />
disse: "" Dove, o amico, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />
l'acqua, il fuoco,<br />
l'aria? ""."<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, Sakka re degli dèi disse al monaco così: ""Io, o monaco,<br />
non so dove<br />
i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria. Ma vi<br />
sono gli dèi<br />
dei Yama di me più eccelsi, più alti. Essi certamente sapranno dove i quattro grandi elementi<br />
scompaiono<br />
senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria""."<br />
"72. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso gli dèi dei Yama, e avendoli raggiunti<br />
così disse loro:<br />
"" Dove, o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il<br />
fuoco,<br />
l'aria?""."<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, gli dèi dei Yama dissero al monaco così: "" Noi, o<br />
monaco, non<br />
sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il<br />
fuoco, l'aria. Ma
vi è, o monaco, Suyama-Devaputta di noi più eccelso, più alto. Egli certamente saprà dove i<br />
quattro grandi<br />
elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria ""."<br />
"73. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso Suyama Devaputta, e avendolo<br />
raggiunto così gli<br />
disse: "" Dove, o amico, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />
l'acqua, il fuoco,<br />
l'aria?""."<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, Suyama-Devaputta disse al monaco così: "" Io, o<br />
monaco, non so<br />
dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, I acqua, il fuoco, l'aria.<br />
Ma, vi sono, o<br />
monaco, gli dèi Tubista, di me più eccelsi, più alti. Essi certamente sapranno dove i quattro<br />
grandi elementi<br />
scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria ""."<br />
"74. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso gli dèi Tubista, e avendoli raggiunti così<br />
disse loro:<br />
""Dove, o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il<br />
fuoco,<br />
l'aria?""."<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, gli dèi Tubista dissero al monaco così: "" Noi, o<br />
monaco, non<br />
sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il<br />
fuoco, l'aria. Ma<br />
vi è, o monaco, Santusita-Devaputta, di noi più eccelso, più alto. Egli certamente saprà dove i<br />
quattro grandi<br />
elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria ""."<br />
"75. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso Santusita-Devaputta, e avendolo<br />
raggiunto così gli<br />
disse: "" Dove, o amico, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />
l'acqua, il fuoco,<br />
l'aria ? ""."<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, Santusita-Devaputta disse al monaco così: "" Io, o<br />
monaco, non so<br />
dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria.<br />
Ma vi sono, o<br />
monaco, gli dèi Nimmanarati, di me più eccelsi, più alti. Essi certamente sapranno dove i<br />
quattro grandi<br />
elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria""."<br />
"76. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso gli dèi Nimmanarati, ed avendoli<br />
raggiunti, così disse<br />
loro: "" Dove, o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />
l'acqua, il fuoco,<br />
l'aria? ""."<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, gli dèi Nimmanarati dissero al monaco così: "" Noi, o<br />
monaco, non<br />
sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il<br />
fuoco, l'aria. Ma<br />
vi è, o monaco, Sunimitta-Devaputta, di noi più eccelso, più alto. Egli certamente saprà dove i<br />
quattro grandi
elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria""."<br />
"77. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso Sunimitta-Devaputta, e avendolo<br />
raggiunto così gli<br />
150<br />
disse: "" Dove, o amico, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />
l'acqua, il fuoco,<br />
l'aria?""."<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, Sunimitta-Devaputta disse al monaco così: "" Io, o<br />
monaco, non so<br />
dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria.<br />
Ma vi sono, o<br />
monaco, gli dèi Paranimmita-Vasavatti, di me più eccelsi, più alti. Essi certamente sapranno<br />
dove i quattro<br />
grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria ""."<br />
"78. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso gli dèi Paranimmita-Vasavatti, e<br />
avendoli raggiunti<br />
così disse loro: "" Dove, o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la<br />
terra, l'acqua, il<br />
fuoco, l'aria ? ""."<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, gli dèi Paranimmita-Vasavatti dissero al monaco così:<br />
"" Noi, o<br />
monaco, non sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la<br />
terra, l'acqua, il<br />
fuoco, l'aria. Ma vi è, o monaco, Vasavatti-Devaputta, di noi più eccelso, più alto. Egli<br />
certamente saprà<br />
dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria<br />
""."<br />
"79. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso Vasavatti Devaputta e avendolo<br />
raggiunto così gli<br />
disse: "" Dove, o amico, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />
l'acqua, il fuoco,<br />
l'aria ? ""."<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, Vasavatti-Devaputta disse al monaco così: "" Io, o<br />
monaco, non so<br />
dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria.<br />
Ma vi sono, o<br />
monaco, gli dèi della schiera di Brahma, di me più eccelsi, più alti. Essi certamente sapranno<br />
dove i quattro<br />
grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria""."<br />
"80. Allora, o Kevaddha, quel monaco entrò in concentrazione sì che nella sua mente raccolta<br />
fu visibile la<br />
strada che conduce a Brahma (2). E allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso gli dèi<br />
della schiera di<br />
Brahma, e avendoli raggiunti così disse loro: "" Dove, o amici, i quattro grandi elementi<br />
scompaiono senza<br />
residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria?""."<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, gli dèi della schiera di Brahma dissero al monaco così:<br />
""Noi, o<br />
monaco, non sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la<br />
terra, l'acqua, il
fuoco, l'aria. Ma vi è Brahma, il gran Brahma, signore, non divenuto, onnipresente,<br />
onnipotente, sommo<br />
fattore, creatore, eccelso reggitore, potente padre di ciò che fu e di ciò che sarà, di noi più<br />
eccelso, più alto.<br />
Egli certamente saprà dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />
l'acqua, il<br />
fuoco, l'aria ""."<br />
Dove al presente, o amici, è il gran Brahma?.<br />
Noi non sappiamo, o monaco, donde viene Brahma, è` dove è Brahma, dove va Brahma. Ma, o<br />
monaco,<br />
dove appaiono dei segni, si produce una luce, si manifesta uno splendore, la sarà visibile<br />
Brahma. Quello è il<br />
segnale della manifestazione di Brahma: dove si produce una luce, si manifesta uno splendore.<br />
"81. Allora, o Kevaddha, dopo non molto si manifestò il gran Brahma. Allora, o Kevaddha, quel<br />
monaco si<br />
diresse verso il gran Brahma, e avendolo raggiunto così gli disse: "" Dove, o amico, i quattro<br />
grandi elementi<br />
scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria? ""."<br />
"Così essendo stato detto, o Kevaddha, Brahma disse al monaco così: "" Io sono, o monaco, il<br />
gran Brahma,<br />
signore, non divenuto, onnipresente, onnipotente, sommo fattore, creatore, eccelso reggitore,<br />
potente padre di<br />
ciò che fu e di ciò che sarà""."<br />
"82. Per la seconda volta, o Kevaddha, quel monaco disse al gran Brahma così: "" Io, o amico,<br />
non ti ho<br />
chiesto se tu"<br />
"sei il gran Brahma, signore, non divenuto, onnipresente, onnipotente, sommo fattore,<br />
creatore, eccelso<br />
reggitore, potente padre di ciò che fu e di ciò che sarà, ma così io ti ho chiesto: dove, o amico, i<br />
quattro<br />
grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria?""."<br />
"E per la seconda volta, o Kevaddha, il gran Brahma rispose a quel monaco così: "" Io sono<br />
Brahma, il gran<br />
Brahma, signore, non divenuto, onnipresente, onnipotente, sommo fattore, creatore, eccelso<br />
reggitore,<br />
potente padre di ciò che fu e di ciò che sarà""."<br />
151<br />
"83. Per la terza volta, o Kevaddha, quel monaco disse al gran Brahma così: "" Io, o amico, non<br />
ti ho chiesto<br />
se tu sei il gran Brahma, signore, non divenuto, onnipresente, onnipotente, sommo fattore,<br />
creatore, eccelso<br />
reggitore, potente padre di ciò che fu e di ciò che sarà, ma così ti ho chiesto: dove, o amico, i<br />
quattro grandi<br />
elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria? ""."<br />
"Allora, o Kevaddha, il gran Brahma prendendo per il braccio il monaco, ed accostandoglisi<br />
così disse: ""<br />
Certo, o monaco, gli dèi della schiera di Brahma credono che non vi sia alcunché non visto da<br />
Brahma, non<br />
vi sia alcunché non saputo da Brahma, non vi sia alcunché di impossibile a Brahma, e per<br />
questa ragione io
non risposi di fronte a loro: io, o monaco, non so dove i quattro grandi elementi scompaiono<br />
senza residuo,<br />
cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria. E pertanto qui, o monaco, tu hai commesso un errore, tu<br />
hai commesso<br />
una colpa e, trasgredendo al Sublime, hai ricercato non rettamente la risposta a questa<br />
domanda. Va tu, o<br />
monaco, accostati al Sublime, e fagli questa domanda, quanto il Sublime risponderà, questo tu<br />
devi<br />
ricordare""."<br />
"84. Allora, o Kevaddha, il monaco, proprio come un uomo forte distende un braccio piegato o<br />
piega un<br />
braccio disteso, scomparso dal mondo di Brahma comparve dinnanzi a me. Allora, o<br />
Kevaddha, il monaco<br />
dopo avermi salutato mi si sedé accanto. Accanto, seduto, o Kevaddha, il monaco così mi disse:<br />
"" Dove, o<br />
signore, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco,<br />
l'aria? ""."<br />
"85. Così essendo stato detto, o Kevaddha, così io al monaco risposi: "" Da tempo, o monaco, i<br />
mercanti che<br />
viaggiano per mare si imbarcano, prendendo sulla nave un uccello ci indichi la terra. Essi dalla<br />
nave, non in<br />
vista della spiaggia, liberano l'uccello indicatore della terra. Quegli va verso il levante, va verso<br />
il mezzodì,<br />
va verso il ponente, va verso la mezzanotte, va sull'oceano, va in ogni direzione. Se di qualche<br />
parte vede la<br />
terra, verso quella parte e guida, se da nessuna parte vede la terra, egli ritorna alla nave.<br />
Proprio così tu, o<br />
monaco, desiderando una risposta a quella domanda non l'hai ottenuta neppure nel mondo di<br />
Brahma e sei<br />
ritornato presso di me. Tu desideri che questa domanda sia posta: ' dove i quattro grandi<br />
elementi<br />
scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria'. Così invece, o monaco, è da<br />
porsi la<br />
domanda""."<br />
Dove la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria non hanno pi¢ luogo ove posare il piede ? .<br />
Dove il lungo ed il corto, il sottile, lo spesso, il buono ed il cattivo?.<br />
Dove nome e forma totalmente sono distrutti? .<br />
Allora così è la risposta:<br />
" Là, senza attributi, l'infinito vinnena abbandonato;"<br />
"Allora acqua e terra, fuoco e aria, non han luogo ove posare il piede; "<br />
"Allora il lungo, il corto, il sottile, lo spesso, il buono, il cattivo; "<br />
"Allora nome e forma totalmente sono distrutti; "<br />
"Colla distruzione di vinnena queste cose sono distrutte """<br />
Così disse il Sublime. Contento Kevaddha, figlio di famiglia, si rallegrò alle parole del Sublime.<br />
KEVADDHA SUTTA<br />
FINE<br />
(Traduzione di Eugenio Frola)<br />
MAHASATIPATTHANASUTTANTA<br />
(LA BASE DELLA CONSAPEVOLEZZA)<br />
152
Così ho sentito:<br />
"l. Un tempo il Sublime dimorava tra i Kuru in una città dei Kuru di nome Kammassadhamma.<br />
Allora il<br />
Sublime si rivolse ai monaci: ""O monaci "", ""Signore "", i monaci risposero al Sublime."<br />
Il Sublime così disse:<br />
La strada, o monaci, ad una unica meta, alla purificazione degli esseri, al superamento del<br />
pianto e del<br />
lamento, all'allontanamento del dolore e della sofferenza, al comparire del giusto metodo per<br />
la realizzazione<br />
dell'estinzione è quella dei quattro pilastri della consapevolezza.<br />
Quali quattro? Ecco, o monaci, un monaco nel corpo osservando il corpo, dimora strenuo,<br />
attento,<br />
consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza. Nella sensazione, osservando la<br />
sensazione,<br />
dimora strenuo, attento, consapevole lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza. Nella<br />
mente osservando<br />
la mente, dimora strenuo, attento, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza.<br />
Negli<br />
elementi osservando gli elementi, dimora strenuo, attento, consapevole lontane nel mondo la<br />
cupidigia e la<br />
sofferenza.<br />
2. E come, o monaci, un monaco nel corpo, osservando il corpo, dimora?<br />
"Ecco, o monaci, un monaco andato nella foresta, al piede di un albero, in un vuoto eremo, si<br />
siede, le gambe<br />
incrociate, diritto, erigendo il corpo presente, presente la consapevolezza. Consapevole egli<br />
inspira,<br />
consapevole egli espira. Se lungamente egli inspira realizza: ""Io inspiro lungamente"", se<br />
lungamente egli<br />
espira realizza: ""Io espiro lungamente"", se brevemente egli inspira realizza: "" Io inspiro<br />
brevemente "", se<br />
brevemente egli espira realizza: "" Io espiro brevemente "", ""Inspirerò sperimentando tutto il<br />
corpo"", egli si<br />
esercita, "" Espirerò sperimentando tutto il corpo "", egli si esercita "" Inspirerò calmando<br />
questo sankkare<br />
del corpo"", egli esercita. "" Espirerò calmando questo sankhare del corpo egli si esercita (1)."<br />
"Come, o monaci, un abile tornitore od allievo tornitor allorquando lungamente gira il tornio<br />
realizza: "" Io<br />
lungamente giro il tornio"", ed allorquando brevemente gira tornio realizza: "" Io brevemente<br />
giro il tornio<br />
"", proprio come un monaco se inspira lungamente realizza: "" Io inspiro lungamente"", se egli<br />
espira<br />
lungamente realizza: ""Io espira lungamente"", se brevemente egli inspira realizza: ""Io in<br />
spiro brevemente<br />
"", se brevemente egli espira, realizza: "" Io espiro brevemente "". "" Inspirerò sperimentando<br />
tutto il corpo<br />
"", egli si esercita, ""Espirerò sperimentando tutto corpo "", egli si esercita, "" Inspirerò<br />
calmando questo<br />
sankhar del corpo "", egli si esercita, "" Espirerò calmando questo saikhera del corpo"", egli si<br />
esercita."
"Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />
osservando il<br />
corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando<br />
il sorgere<br />
degli elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />
osservando il<br />
sorgere ed il trapassare degli elementi del corpo. ""Così è il corpo "", e pertanto in lui questa<br />
consapevolezza<br />
è di fondamento, perché a lui è basso di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive<br />
libero e nulla<br />
brama nel mondo. Così, o monaci, un monaco, nel corpo dimora osservando il corpo."<br />
"3. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco allorquando va egli realizza "" Io vo "", allorquando<br />
egli sta egli<br />
realizza: ' Io sto ""; allorquando egli siede egli realizza: "" Io siedo""; allorquando egli giace egli<br />
realizza: ""<br />
Io giaccio "". E se a questo od a quello egli è applicato, col suo corpo, proprio quello egli<br />
realizza."<br />
"Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />
osservando il<br />
corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando<br />
il sorgere<br />
degli elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />
osservando il<br />
sorgere ed il trapassare degli elementi nel corpo. "" Così è il corpo "", e pertanto in lui questa<br />
consapevolezza<br />
è di fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive<br />
libero e nulla<br />
brama nel mondo. Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />
"4. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco che vada o che venga, egli realizza ciò che fa; che<br />
guardi o<br />
distolga lo sguardo, egli realizza ciò che fa; che si chini o si alzi, egli realizza ciò che fa; che<br />
porti il mantello<br />
153<br />
o la scodella, egli realizza ciò che fa; che mangi o che beva, che mastichi o che gusti, egli<br />
realizza ciò che fa;<br />
che si vuoti di feci o di urina, egli realizza ciò che fa; che vada, stia, sieda, si addormenti o si<br />
svegli, egli<br />
realizza ciò che fa."<br />
Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />
osservando il<br />
corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo Egli dimora osservando<br />
il sorgere<br />
degli elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo.<br />
Così è il corpo , e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />
sapere, è base<br />
di più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama nel mondo. Così o monaci, un<br />
monaco, nel<br />
corpo dimora osservando il corpo.<br />
"5. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco considera questo corpo dal capo sino al basso della<br />
palma dei
piedi: "" Ricoperto di peli, limitato esteriormente dalla pelle, composto di varie sostanze: vi<br />
sono in questo<br />
corpo capelli, peli, unghie, denti, pelle, carne, tendini, ossa, midollo osseo, reni, cuore, fegato,<br />
diaframma,<br />
milza, polmoni, intestini, pacco intestinale, stomaco, feci, bile, secrezioni, umori, sangue,<br />
sudori, linfa,<br />
lacrime, siero, saliva, muco, sinovia, urina""."<br />
"Come, o monaci, vi fosse un sacco legato da ambo le parti, ripieno di molte specie di grani,<br />
come di riso,<br />
riso di monte, fagioli, fave, sesamo, riso non brillato, ed un uomo di buona vista, slegatolo<br />
considerasse: ""<br />
Questo è riso, riso di monte, fagioli, fave, sesamo, riso non brillato"", proprio così, o monaci, un<br />
monaco<br />
questo corpo dal capo sino al basso della palma dei piedi, ricoperto di peli, limitato<br />
esteriormente dalla pelle,<br />
composto di varie sostanze considera: ""Vi sono in I questo corpo capelli, peli, unghie, denti,<br />
pelle, carne,<br />
tendini, ossa, midollo osseo, reni, cuore, fegato, diaframma, milza, ! polmoni, intestini, pacco<br />
intestinale,<br />
stomaco, feci, bile, secrezioni, umori, sangue, sudori, linfa, lacrime, siero, muco, ! sinovia, urina<br />
""."<br />
"Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />
osservando il<br />
corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando<br />
il sorgere<br />
degli elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />
osservando il<br />
sorgere ed il trapassare degli elementi nel corpo. "" Così è il corpo "", e pertanto in lui questa<br />
consapevolezza<br />
è di fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive<br />
libero e nulla<br />
brama nel mondo. Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />
"6. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco esamina e considera questo corpo, sia che stia, sia<br />
che vada, in<br />
rapporto agli elementi: "" Vi è in questo corpo l'elemento terra, l'elemento acqua, l'elemento<br />
fuoco,<br />
l'elemento aria""."<br />
"Così come, o monaci, un'abile macellaio od allievo macellaio uccisa una mucca, portatala al<br />
[mercato del]<br />
quadrivio, avendola sezionata pezzo per pezzo, si siede, proprio così, o monaci, un monaco<br />
questo corpo, sia<br />
che stia, sia che vada, esamina e considera in rapporto agli elementi: ""Vi è in questo corpo<br />
l'elemento terra,<br />
l'elemento acqua, l'elemento fuoco, l'elemento aria ""."<br />
"Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />
osservando il<br />
corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando<br />
il sorgere<br />
degli elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />
osservando il
sorgere ed il trapassare degli elementi nel corpo. "" Così è il corpo "", e pertanto in lui questa<br />
consapevolezza<br />
è di fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive<br />
libero e nulla<br />
brama nel mondo. Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />
"7. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco come vedesse un cadavere abbandonato in un<br />
cimitero un<br />
giorno, o due giorni, o tre giorni, dopo la morte, privo di colore, generante putrefazione, così<br />
focalizza questo<br />
corpo: "" Questo corpo è soggetto alla stessa legge, è della stessa natura, non può evitare<br />
questo [destino]""<br />
(2)."<br />
"Così egli dall'interno dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora osservando il<br />
corpo,<br />
dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando il<br />
sorgere degli<br />
elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />
osservando il sorgere ed<br />
il trapassare degli elementi nel corpo. "" Così è il corpo "", e pertanto in lui questa<br />
consapevolezza è di<br />
154<br />
fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive libero<br />
e nulla<br />
brama nel mondo. Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />
"8. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco come vedesse un cadavere abbandonato in un<br />
cimitero, preda di<br />
corvi, poiane, ed avvoltoi, lamie, sciacalli, di diversi generi di esseri viventi, così focalizza<br />
questo corpo: ""<br />
Questo corpo è soggetto alla stessa legge, è della stessa natura, non può evitare questo ""."<br />
"Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />
osservando il<br />
corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando<br />
il sorgere<br />
degli elementi nel; corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />
osservando il<br />
sorgere ed il trapassare degli elementi nel corpo. ""Così è il corpo"", e pertanto in lui questa<br />
consapevolezza<br />
è di fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive<br />
libero e nulla<br />
brama nel mando. Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />
"9. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco come vedesse un cadavere abbandonato in un<br />
cimitero: un<br />
insieme di ossa con sangue e carne legate dai tendini, così focalizza questo corpo: "" Questo<br />
corpo è soggetto<br />
alla stessa legge, è della stessa natura, non può evitare questo"" un insieme di ossa prive di<br />
sangue e carne<br />
legate dai tendini, così focalizza questo corpo: "" Questo corpo è soggetto alla stessa legge, è<br />
della stessa<br />
natura, non può evitare questo"" un insieme di ossa prive di legamenti qua e là sparse, qua un<br />
osso della
mano, qua un osso del piede, là un osso della gamba, là un osso della coscia, là un osso<br />
dell'anca, qua una<br />
vertebra, là il cranio, così focalizza questo corpo: ""Questo corpo è soggetto alla stessa legge, è<br />
della stessa<br />
natura, non può evitare questo ""."<br />
Così egli dall'interno dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora osservando il<br />
corpo,<br />
dall'interno !<br />
"e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando il sorgere degli<br />
elementi nel<br />
corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora osservando il sorgere<br />
ed il trapassare<br />
degli elementi nel corpo. "" Così è il corpo "", e pertanto in lui questa consapevolezza è di<br />
fondamento,<br />
perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla<br />
brama nel mondo.<br />
Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />
"10. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco come vedesse un cadavere abbandonato in un<br />
cimitero: le ossa<br />
candide come bianche conchiglie, così focalizza questo corpo: "" Questo corpo è soggetto alla<br />
stessa legge, è<br />
della stessa natura, non può evitare questo"" le ossa ammucchiate, trascorso un anno, così<br />
focalizza questo<br />
corpo: ""Questo corpo è soggetto alla stessa legge, è della stessa natura, non può evitare<br />
questo"" le ossa<br />
putride, così focalizza questo corpo: "" Questo corpo è soggetto alla stessa legge, è della stessa<br />
natura, non<br />
può evitare questo"" le ossa ridotte in polvere, così focalizza questo corpo: "" Questo corpo è<br />
soggetto alla<br />
stessa legge, è della stessa natura, non può evitare questo ""."<br />
"Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />
osservando il<br />
corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando<br />
il sorgere<br />
degli elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />
osservando il<br />
sorgere ed il trapassare degli elementi nel corpo. "" Così è il corpo "" e pertanto in lui questa<br />
consapevolezza<br />
è di fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive<br />
libero e nulla<br />
brama del mondo. Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />
11. E come, o monaci, un monaco, nelle sensazioni, osservando le sensazioni, dimora?<br />
"Ecco, o monaci, un monaco sperimentando una sensazione piacevole realizza: "" Sperimento<br />
una<br />
sensazione piacevole ""."<br />
"Sperimentando una sensazione dolorosa realizza: "" Speri. mento una sensazione dolorosa"".<br />
Sperimentando una sensazione né piacevole né dolorosa realizza: "" Sperimento una<br />
sensazione né piacevole<br />
né dolorosa"". Sperimentando una sensazione grossolana e piacevole realizza - "" Sperimento<br />
una sensazione
grossolana e piacevole"". Sperimentando una sensazione sottile e piacevole realizza: ""<br />
Sperimento una<br />
sensazione sottile e piacevole"". Sperimentando una sensazione grossolana e dolorosa<br />
realizza: ""<br />
Sperimento una sensazione: grossolana e dolorosa "". Sperimentando una sensazione sottile e<br />
dolorosa<br />
155<br />
realizza: "" Sperimento una sensazione sottile e dolorosa"". Sperimentando una sensazione<br />
grossolana né<br />
piacevole né dolorosa realizza: "" Sperimento una sensazione grossolana né piacevole né<br />
dolorosa"".<br />
Sperimentando una sensazione sottile né piacevole né dolorosa realizza: "" Sperimento una<br />
sensazione sottile<br />
né piacevole né dolorosa ""."<br />
"Così egli dall'interno della sensazione dimora osservando la sensazione, dal di fuori della<br />
sensazione dimora<br />
osservando la sensazione, dall'interno e dal di fuori della sensazione dimora osservando la<br />
sensazione. Egli<br />
dimora osservando il sorgere degli elementi nella sensazione, dimora osservando il<br />
trapassare degli elementi<br />
nella sensazione, dimora osservando: il sorgere ed il trapassare degli elementi nella<br />
sensazione. "" Così è la<br />
sensazione "", e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />
sapere, è base<br />
di più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama nel mondo. Così, o monaci, un<br />
monaco nella<br />
sensazione dimora osservando la sensazione."<br />
12. E come, o monaci, un monaco nella mente, osservando la mente, dimora ? Ecco, o monaci,<br />
un monaco<br />
"Con mente passionale realizza: "" La mente è passionale"". Con mente non passionale<br />
realizza: "" La mente<br />
non è passionale "". Con mente ostile realizza: "" La mente è ostile ""."<br />
"Con mente non ostile realizza: ""La mente non è ostile""."<br />
"Con mente torpida realizza: "" La mente è torpida ""."<br />
"Con mente non torpida realizza: "" La mente non è torpida "". Con mente agitata realizza: ""<br />
La mente è<br />
agitata ""."<br />
"Con mente non agitata realizza: "" La mente non è agitata "". Con mente espansa realizza: ""<br />
La mente è<br />
espansa ""."<br />
"Con mente non espansa realizza: "" La mente non è espansa "". Con mente devota realizza: ""<br />
La mente è<br />
devota ""."<br />
"Con mente non devota realizza: "" La mente non è devota "". Con mente raccolta realizza: ""<br />
La mente è<br />
raccolta ""."<br />
"Con mente non raccolta realizza: "" La mente non è raccolta "". Con mente emancipata<br />
realizza: "" La<br />
mente è emancipata"". Con mente non emancipata realizza: "" La mente non è emancipata "" ."
"Così egli dall'interno della mente dimora osservando la mente, dal di fuori della mente<br />
dimora osservando la<br />
mente, dall'interno e dal di fuori della mente dimora osservando la mente. Egli dimora<br />
osservando il sorgere<br />
degli elementi nella mente, dimora osservando il trapassare degli elementi nella mente,<br />
dimora osservando il<br />
sorgere ed il trapassare degli elementi nella mente. "" Così è la mente "", e pertanto in lui<br />
questa<br />
consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta<br />
consapevolezza. Ed egli<br />
vive libero e nulla brama nel mondo. Così, o monaci, un monaco nella mente dimora<br />
osservando la mente."<br />
13. E come, o monaci, un monaco negli elementi osservando gli elementi, dimora? (3).<br />
Ecco, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nei cinque<br />
impedimenti.<br />
E come, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nei cinque<br />
impedimenti?<br />
"Ecco, o monaci, un monaco essendogli interiormente desiderio di brame realizza: "" Non a me<br />
interiormente<br />
desiderio"<br />
"di brame "". Non essendogli interiormente desiderio di brame realizza: "" Non è a me<br />
interiormente<br />
desiderio di brame "". E se a lui che dimora osservando, è sorgere di desiderio di brame egli<br />
ciò realizza; e se<br />
a lui che dimora osservando, è trapassare di desiderio di brame egli ciò realizza. E se a lui che<br />
dimora<br />
osservando, è non più sorgere di trapassati desiderii di brame egli ciò realizza."<br />
"Essendogli interiormente astio realizza: ""è a me interiormente astio "". Non essendogli<br />
interiormente astio<br />
realizza: "" Non è a me interiormente astio "". E se a lui che dimora osservando è sorgere di<br />
astio egli ciò<br />
realizza. E se a lui che dimora osservando è trapassare di astio egli ciò realizza. E se a lui che<br />
dimora<br />
osservando è non più sorgere di trapassato astio egli ciò realizza."<br />
"Essendogli interiormente inerte accidia realizza: ""è. a me interiormente inerte accidia "".<br />
Non essendogli<br />
156<br />
interiormente inerte accidia realizza: "" Non è a me interiormente inerte accidia"". E se a lui<br />
che dimora<br />
osservando è sorgere di inerte accidia egli ciò realizza. E se a lui che dimora osservando è non<br />
più sorgere di<br />
tramontata inerte accidia egli ciò realizza."<br />
"Essendogli interiormente turbante rimorso realizza: "" Vi è a me interiormente turbante<br />
rimorso"". Non<br />
essendogli interiormente turbante rimorso realizza: "" Non è a me interiormente turbante<br />
rimorso"". E se a<br />
lui che dimora osservando è non più sorgere di tramontata inerte accidia egli ciò a lui che<br />
dimora osservando<br />
è trapassare di turbante rimorso egli ciò realizza. E se a lui che dimora osservando è non più<br />
sorgere di
tramontato turbante rimorso egli ciò realizza."<br />
"Essendogli interiormente dubbio egli realizza: "" È a me interiormente dubbio"". Non<br />
essendogli<br />
interiormente dubbio realizza: "" Non è a me interiormente dubbio "". E se a lui che dimora<br />
osservando è<br />
sorgere di dubbio egli ciò realizza. E se a lui che dimora osservando è trapassare di dubbio egli<br />
ciò realizza.<br />
E se a lui che dimora osservando è non più sorgere di trapassati dubbi egli ciò realizza."<br />
"Così egli dall'interno degli elementi dimora osservando gli elementi, dal di fuori degli<br />
elementi dimora<br />
osservando gli elementi, dall'interno e dal di fuori degli elementi dimora osservando gli<br />
elementi. Egli<br />
dimora osservando il sorgere degli elementi tra gli elementi, dimora osservando il trapassare<br />
degli elementi<br />
tra gli elementi, dimora osservando il sorgere e il trapassare degli elementi tra gli elementi. ""<br />
Così sono gli<br />
elementi "", e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />
sapere, è base di<br />
più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama nel mondo. Così, o monaci, un<br />
monaco negli<br />
elementi dimora osservando gli elementi nei cinque impedimenti."<br />
14. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco negli elementi osservando gli elementi dimora nel<br />
quintuplo<br />
complesso dell'attaccamento.<br />
E come, o monaci, un monaco negli elementi osservando gli elementi dimora nel quintuplo<br />
complesso<br />
dell'attaccamento ?<br />
"Ecco, o monaci, un monaco [così realizza]: Questa la forma, questo il sorgere della forma,<br />
questo il<br />
trapassare della forma; questa la sensazione, questo il sorgere della sensazione, questo il<br />
trapassare della<br />
sensazione, questa la coscienza, questo il sorgere della coscienza, questo il trapassare della<br />
coscienza; questo<br />
il sankhara, questo il sorgere del sankhara, questo il trapassare del sankhara; questo vinnana,<br />
questo il<br />
sorgere di vinnana, questo il trapassare di vinnana."<br />
"Così egli dall'interno degli elementi dimora osservando gli elementi, dal di fuori degli<br />
elementi dimora<br />
osservando í gli elementi, dall'interno e dal di fuori degli elementi, dimora osservando gli<br />
elementi. Egli<br />
dimora osservando il sorgere degli elementi tra gli elementi, dimora osservando il trapassare<br />
degli elementi<br />
tra gli elementi, dimora osservando il sorgere ed il trapassare degli elementi tre, gli elementi.<br />
"" Così sono gli<br />
elementi "", e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />
sapere, è base di<br />
più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama nel mondo. Così, o monaci, un<br />
monaco negli<br />
elementi dimora osservando gli elementi nel quintuplo complesso dell'attaccamento."
l5. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco, negli elementi dimora osservando gli elementi nei<br />
sei dominii<br />
dell'interno-esterno.<br />
E come, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nei sei dominii<br />
dell'internoesterno?<br />
"Ecco, o monaci, un monaco realizza l'occhio, realizza le forme, e la combinazione che da<br />
entrambi sorge<br />
anche questa realizza. E realizza allorquando è il sorgere di non ancor sorta combinazione, e<br />
realizza<br />
allorquando è il trapassare della sorta combinazione, e realizza allorquando non è più il<br />
sorgere della<br />
trapassata combinazione; realizza l'orecchio, realizza i suoni, realizza il naso, realizza gli<br />
odori, realizza la<br />
lingua, realizza i sapori, realizza il corpo, realizza le cose tangibili, realizza l'intelletto, realizza<br />
gli elementi e<br />
la combinazione che da entrambi sorge, anche questa realizza. E realizza allorquando è il<br />
sorgere della non<br />
ancor sorta combinazione, e realizza allorquando è il trapassare della sorta combinazione, e<br />
realizza<br />
allorquando non è più il sorgere della trapassata combinazione."<br />
"Così egli dall'interno degli elementi dimora osservando gli elementi, dal di fuori degli<br />
elementi dimora<br />
157<br />
osservando gli elementi, dall'interno e dal di fuori degli elementi dimora osservando gli<br />
elementi. Egli<br />
dimora osservando il sorgere degli elementi tra gli elementi, dimora osservando il trapassare<br />
degli elementi<br />
tra gli elementi, dimora osservando il sorgere ed il trapassare degli elementi tra gli elementi.<br />
"" Così sono gli<br />
elementi "", e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />
sapere, è base di<br />
più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama nel mondo. Così, o monaci, un<br />
monaco negli<br />
elementi dimora osservando gli elementi nei sei dominii dell'interno-esterno."<br />
16. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nei<br />
sette fattori<br />
del risveglio.<br />
E come, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nei sette fattori<br />
del risveglio?<br />
"Ecco, o monaci, un monaco essendogli interiormente consapevolezza, fattore del risveglio<br />
realizza: "" In me<br />
interiormente vi è la consapevolezza, fattore del risveglio "". Non essendogli interiormente la<br />
consapevolezza, fattore del risveglio realizza: "" In me interiormente non vi è la<br />
consapevolezza, fattore del<br />
risveglio"". Sorgendogli interiormente non sorta consapevolezza, fattore del risveglio ciò<br />
realizza.<br />
Essendogli interiormente completo sviluppo della sorta consapevolezza, fattore del risveglio<br />
ciò realizza."<br />
"Essendogli interiormente in lui l'esame della Dottrina, fattore del risveglio, realizza: ""In me<br />
interiormente
vi è l'esame della Dottrina, fattore del risveglio"". Non essendogli interiormente l'esame della<br />
Dottrina,<br />
fattore del risveglio realizza: "" In me interiormente non vi è l'esame della Dottrina, fattore del<br />
risveglio"".<br />
Sorgendogli interiormente non sorto esame della Dottrina, fattore del risveglio ciò realizza.<br />
Essendogli<br />
interiormente completo sviluppo del sorto esame della Dottrina, fattore del risveglio ciò<br />
realizza, essendogli<br />
interiormente la forza, fattore del risveglio realizza: ""In me interiormente vi è la forza, fattore<br />
del risveglio<br />
"". Non essendogli interiormente la forza, fattore del risveglio, realizza: "" In me interiormente<br />
non vi è la<br />
forza, fattore del risveglio "". Sorgendogli interiormente non sorta forza, fattore del risveglio<br />
ciò realizza.<br />
Essendogli interiormente completo sviluppo della sorta forza, fattore del risveglio ciò realizza,<br />
essendogli<br />
interiormente la beatitudine, fattore del risveglio realizza: "" In me interiormente vi è la<br />
beatitudine, fattore<br />
del risveglio"". Non essendogli interiormente la beatitudine, fattore del risveglio realizza: ""In<br />
me<br />
interiormente non vi è la beatitudine, fattore del risveglio "". Sorgendogli interiormente non<br />
sorta<br />
beatitudine, fattore del risveglio ciò realizza. Essendogli interiormente completo sviluppo<br />
della sorta<br />
beatitudine, fattore del risveglio ciò realizza, essendogli interiormente la calma, fattore del<br />
risveglio realizza:<br />
"" In me interiormente vi è la calma, fattore del risveglio"". Non essendogli interiormente la<br />
calma, fattore<br />
del risveglio realizza: "" In me interiormente non vi è la calma, fattore del risveglio"".<br />
Sorgendogli<br />
interiormente non sorta calma, fattore del risveglio ciò realizza. Essendogli interiormente<br />
completo sviluppo<br />
della sorta calma, fattore del risveglio ciò realizza, essendogli interiormente la<br />
concentrazione, fattore del<br />
risveglio realizza: "" In me interiormente vi è la concentrazione, fattore del risveglio "". Non<br />
essendogli<br />
interiormente la concentrazione, fattore del risveglio realizza: "" In me interiormente non vi è<br />
la<br />
concentrazione, fattore del risveglio"". Sorgendogli interiormente non sorta concentrazione,<br />
fattore del<br />
risveglio ciò realizza. Essendogli interiormente completo sviluppo della sorta concentrazione,<br />
fattore del<br />
risveglio ciò realizza, essendogli interiormente l'equanimità, fattore del risveglio realizza: ""In<br />
me<br />
interiormente vi è l'equanimità, fattore di risveglio "". Non essendogli interiormente<br />
l'equanimità, fattore del<br />
risveglio realizza: "" In me interiormente non vi è l'equanimità, fattore del risveglio"".<br />
Sorgendogli non<br />
interiormente sorta equanimità, fattore del risveglio ciò realizza. Essendogli completo<br />
sviluppo della sorta
equanimità, fattore del risveglio ciò realizza."<br />
"Così egli dall'interno degli elementi osservando gli elementi, dal di fuori degli elementi<br />
dimora osservando<br />
gli elementi, dall'interno e dal di fuori degli elementi dimora osservando gli elementi. Egli<br />
dimora<br />
osservando il sorgere degli elementi tra gli elementi, dimora osservando il trapassare degli<br />
elementi tra gli<br />
elementi, dimora osservando il sorgere ed il trapassare degli elementi tra gli elementi. "" Così<br />
sono gli<br />
elementi"", e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />
sapere, è base di<br />
più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama nel mondo"<br />
158<br />
Così, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nei sette fattori del<br />
risveglio.<br />
17. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi<br />
nelle quattro<br />
nobili verità.<br />
E come, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nelle quattro<br />
nobili verità?<br />
"Ecco, o monaci, "" Questo è il dolore"", secondo realtà realizza. "" Questa è l'origine del dolore<br />
"", secondo<br />
realtà realizza. "" Questa è la fine del dolore "", secondo realtà realizza. "" Questa è la via che<br />
mena alla fine<br />
del dolore "", secondo realtà realizza."<br />
18. E cosa è, o monaci, la nobile verità sul dolore ?<br />
Nascita è dolore, vecchiaia è dolore, morte è dolore, angoscia, lamento, dolore, sofferenza,<br />
agitazione, sono<br />
dolore, non soddisfare un desiderio anche questo è dolore. In breve il quintuplo complesso<br />
dell'attaccamento<br />
è dolore.<br />
Cosa è, o monaci, la nascita? A questi od a quegli esseri, in questa od in quella classe di esseri,<br />
nascere,<br />
sorgere, apparire, divenire, manifestarsi di indicazioni, acquistare sfere, questo si dice, o<br />
monaci, nascita.<br />
Cosa è, o monaci, la vecchiaia ? A questi od a quegli esseri vecchiaia, decadenza, usura,<br />
incanutire,<br />
raggrinzirsi, diminuire di vitalità, decadere di sensibilità, questo si dice, o monaci, vecchiaia.<br />
Cosa è, o monaci, la morte? A questi od a quegli esseri, in questa o in quella classe di esseri,<br />
quanto è<br />
cessare, essere rimosso, dissolversi, svanire, sparire nella morte, compiere il tempo,<br />
dissolversi dei composti,<br />
distruzione del cadavere, questo, si dice, o monaci, morte.<br />
Cosa è, o monaci, angoscia? A chi, o monaci, è afflitto da una o da un'altra miseria, a chi è<br />
afflitto da uno o<br />
da un altro elemento doloroso, angoscia, tristezza, melanconia, angoscia della fine, tormento<br />
della fine,<br />
questo si dice, o monaci, angoscia.<br />
Cosa è, o monaci, lamento? A chi, o monaci, è afflitto da una o da un'altra miseria, a chi è<br />
afflitto da uno o da
un altro elemento doloroso, è pianto e lamento, è lacrima e grido, è singhiozzo ed urlo, questo<br />
si dice, o<br />
monaci, lamento.<br />
Cosa è, o monaci, dolore? Ciò che, o monaci, è corporale dolore, corporale scontento, corporale<br />
contatto ed<br />
esperienza con dolore e scontento, questo si dice, o monaci, dolore.<br />
Cosa è, o monaci, sofferenza? Ciò che, o monaci, è intellettuale dolore, intellettuale scontento,<br />
intellettuale<br />
contatto ed esperienza con dolore e scontento, questo si dice, o monaci, sofferenza.<br />
Cosa è, o monaci, agitazione? A chi, o monaci, è afflitto da una o da un'altra miseria, a chi è<br />
afflitto da uno o<br />
da un altro elemento doloroso, turbamento, agitazione, spavento, terrore, questo si dice, o<br />
monaci,<br />
agitazione.<br />
"E come, o monaci, il non soddisfare al desiderio è dolore ? Agli esseri, o monaci, soggetti<br />
all'elemento della<br />
nascita il desiderio così sorge: "" Oh, a noi non fosse più l'elemento della nascita, a noi non<br />
spettasse più<br />
nascita"". Ed invece questo desiderio non è soddisfatto, e così il non soddisfare questo<br />
desiderio è dolore.<br />
Agli esseri, o monaci, soggetti all'elemento malattia il desiderio così sorge: ""Oh, a noi non<br />
fosse più<br />
l'elemento della malattia, a noi non spettasse più malattia"". Ed invece questo desiderio non è<br />
soddisfatto, e<br />
così il non soddisfare questo desiderio è dolore. Agli esseri, o monaci, soggetti all'elemento<br />
vecchiaia il<br />
desiderio Così sorge: "" Oh, a noi non fosse più l'elemento della vecchiaia, a noi non spettasse<br />
più<br />
vecchiaia"". Ed invece questo desiderio non è soddisfatto, e così il non soddisfare questo<br />
desiderio è dolore.<br />
Agli esseri, o monaci, soggetti all'elemento morte il desiderio così sorge: "" Oh, a noi non fosse<br />
più<br />
l'elemento della morte, a noi non spettasse più morte "". Ed invece questo desiderio non è<br />
soddisfatto, e Così<br />
il non soddisfare questo desiderio è dolore. Agli esseri, o monaci, soggetti agli elementi<br />
angoscia, lamento,<br />
dolore, sofferenza, agitazione, così il desiderio sorge: "" Oh, a noi non fossero più gli elementi<br />
angoscia,<br />
lamento, dolore, sofferenza, agitazione"". Ed invece questo desiderio non è soddisfatto, e così<br />
il non<br />
soddisfare questo desiderio è dolore."<br />
E come, o monaci, in breve, il quintuplo complesso dell'attaccamento è dolore ? Cioè la<br />
componente<br />
dell'attaccamento alla forma, la componente dell'attaccamento alla sensazione, la componente<br />
dell'attaccamento alla percezione, la componente dell'attaccamento all'indicazione, la<br />
componente<br />
159<br />
dell'attaccamento alla coscienza, queste, in breve, il quintuplo complesso dell'attaccamento al<br />
dolore, sé<br />
dicono dolore. Questa, o monaci, vien detta la nobile verità sul dolore.
l9. Cosa è, o monaci, la nobile verità sull'origine del dolore ?<br />
Vi è la sete, legante alla nascita, accompagnata da passione per i diletti, qua e là molto<br />
dilettevole, come sete<br />
di brama, sete di esistere, sete di riesistere.<br />
E col sorgere di che, o monaci, sorge la sete? E con lo stabilirsi di che si stabilisce la sete? Vi<br />
sono nel<br />
mondo le forme piacevoli, le forme gradevoli, e col sorgere di queste sorge la sete, collo<br />
stabilirsi di queste si<br />
stabilisce la sete.<br />
"Cosa è nel mondo forma piacevole, forma gradevole? Nel mondo l'occhio è forma piacevole,<br />
forma<br />
gradevole, col suo sorgere sorge la sete, col suo stabilirsi si stabilisce la sete; nel mondo<br />
l'orecchio, il naso, la<br />
lingua, il corpo (4), la mente sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro sorgere sorge la<br />
sete, col loro<br />
stabilirsi si stabilisce la sete."<br />
Nel mondo le forme (5), i suoni, gli odori, i gusti, le cose tangibili, i pensieri sono forme<br />
piacevoli, forme<br />
gradevoli, col loro sorgere sorge la sete, col loro stabilirsi si stabilisce la sete.<br />
Nel mondo vinnana (5) visivo, vinnana uditivo, vinnana olfattivo, vinnana gustativo, vinnana<br />
tattile, vinnana<br />
mentale, sono forme piacevoli, forme gradevoli, col sorgere sorge la sete, col loro stabilirsi si<br />
stabilisce la<br />
sete.<br />
Nel mondo il contatto visivo, il contatto uditivo, il contatto olfattivo, il contatto gustativo, il<br />
contatto tattile, il<br />
contatto mentale sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro sorgere sorge la sete, col loro<br />
stabilirsi si<br />
stabilisce la sete. !<br />
Nel mondo la sensazione per contatto visivo, la sensazione per contatto uditivo, la sensazione<br />
per contatto<br />
olfattivo, la sensazione per contatto gustativo, la sensazione per contatto tattile, la sensazione<br />
per contatto<br />
mentale sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro sorgere sorge la sete, col loro stabilirsi<br />
si stabilisce<br />
la sete.<br />
Nel mondo la coscienza delle forme, la coscienza dei suoni, la coscienza degli odori, la<br />
coscienza dei gusti,<br />
la coscienza dei contatti, la coscienza dei pensieri sono forme piacevoli, forme gradevoli, col<br />
loro sorgere<br />
sorge la sete, col<br />
loro stabilirsi si stabilisce la sete.<br />
Nel mondo il giudizio sulla forma, il giudizio sul suono, il giudizio sull'odore, il giudizio sul<br />
gusto, il<br />
giudizio su cose tangibili, il giudizio sul pensiero sono forme piacevoli, forme gradevoli, col<br />
loro sorgere<br />
sorge la sete, col loro stabilirsi si stabilisce la sete.<br />
Nel mondo la sete di forme, la sete di suoni, la sete di odori, la sete di gusti, la sete di cose<br />
tangibili, la sete di
pensieri sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro sorgere sorge la sete, col loro stabilirsi<br />
si stabilisce<br />
la sete.<br />
Nel mondo la riflessione sulle forme, la riflessione sui í suoni, la riflessione sugli odori, la<br />
riflessione sui<br />
gusti, la riflessione sui contatti, la riflessione sui pensieri sono forme piacevoli, forme<br />
gradevoli, col loro<br />
sorgere sorge la sete, col loro stabilirsi si stabilisce la sete.<br />
Nel mondo l'osservazione (7) delle forme, l'osservazione dei suoni, l'osservazione degli odori,<br />
l'osservazione<br />
dei gusti, l'osservazione dei contatti, l'osservazione dei pensieri sono forme<br />
piacevoli, forme gradevoli, col loro sorgere sorge la sete, col loro stabilirsi si stabilisce la sete.<br />
Questa, o<br />
monaci, vien detta la nobile verità sull'origine del dolore.<br />
20. Cosa è, o monaci, la nobile verità sulla fine del dolore ?<br />
Quando vi è fine della sete per completa indifferenza, rinuncia, abbandono, liberazione,<br />
disabitudine [vi è la<br />
fine del dolore] .<br />
E dunque, o monaci, con lo svanire di che la sete svanisce, col cessare di che la sete cessa ? Vi<br />
sono nel<br />
mondo forme piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col loro cessare<br />
cessa la sete.<br />
E cosa è nel mondo forma piacevole, forma gradevole? Nel mondo l'occhio, l'orecchio, il naso,<br />
la lingua, il<br />
corpo, la mente sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col<br />
loro cessare<br />
160<br />
cessa la sete.<br />
Nel mondo le forme, i suoni, gli odori, i gusti, le cose tangibili, i pensieri sono forme piacevoli,<br />
forme<br />
gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col loro cessare cessa la sete.<br />
Nel mondo vinnana visivo, vinnana uditivo, vinnana olfattivo, vinnana gustativo, vinnana<br />
tattile, vinnana<br />
mentale sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col loro<br />
cessare cessa la<br />
sete.<br />
Nel mondo il contatto visivo, il contatto uditivo, il contatto olfattivo, il contatto gustativo, il<br />
contatto tattile, il<br />
contatto mentale sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col<br />
loro cessare<br />
cessa la sete.<br />
Nel mondo la sensazione per contatto visivo, la sensazione per contatto uditivo, la sensazione<br />
per contatto<br />
olfattivo, la sensazione per contatto gustativo, la sensazione per contatto tattile, la sensazione<br />
per contatto<br />
mentale sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col loro<br />
cessare cessa la<br />
sete.<br />
Nel mondo la coscienza delle forme, la coscienza dei Suoni, la coscienza degli odori, la<br />
coscienza dei gusti,
la coscienza delle cose tangibili, la coscienza dei pensieri sono forme piacevoli, forme<br />
gradevoli, col loro<br />
svanire svanisce<br />
la sete, col loro cessare cessa la sete.<br />
Nel mondo il giudizio sulla forma, il giudizio sul suono,<br />
il giudizio sull'odore, il giudizio sul gusto, il giudizio sulle<br />
cose tangibili, il giudizio sul pensiero sono forme piacevoli,<br />
forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col loro<br />
cessare cessa la sete.<br />
Nel mondo la sete di forme, la sete di suoni, la sete di<br />
odori, la sete di gusti, la sete di cose tangibili, la sete di<br />
pensieri sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col loro<br />
cessare cessa la<br />
sete.<br />
Nel mondo la riflessione sulle forme, la riflessione sui<br />
suoni, la riflessione sugli odori, la riflessione sui gusti, la<br />
riflessione sui contatti, la riflessione sui pensieri sono forme<br />
piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete,<br />
col loro cessare cessa la sete.<br />
Nel mondo l'osservazione delle forme, l'osservazione dei<br />
suoni, l'osservazione degli odori, l'osservazione dei gusti, l'osservazione dei contatti,<br />
l'osservazione dei<br />
pensieri sono forme<br />
piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete,<br />
col loro cessare cessa la sete. Questa, o monaci, vien detta la<br />
nobile verità sulla fine del dolore.<br />
21. Cosa è, o monaci, la nobile verità sulla via che mena<br />
alla fine del dolore?<br />
Il nobile ottuplice sentiero, o monaci, cioè: retta opinione,<br />
retta intenzione, retta vita, retto esercizio, retta consapevolezza, retta concentrazione.<br />
Cosa è, o monaci, retta opinione?<br />
Quella che è, o monaci, conoscenza del dolore, conoscenza dell'origine del dolore, conoscenza<br />
della fine del<br />
dolore, conoscenza della via che mena alla fine del dolore.<br />
Questa, o monaci, vien detta retta opinione.<br />
Cosa è, o monaci, retta intenzione?<br />
Quella che è intenzione di astenersi da bramare, che è<br />
intenzione di astenersi da astio, che è intenzione di astenersi da crudeltà. Questa, o monaci,<br />
vien detta retta<br />
161<br />
intenzione.<br />
Cosa è, o monaci, retta parola?<br />
l'astenersi da parola falsa, l'astenersi da parola calunniosa, l'astenersi da parola aspra,<br />
l'astenersi da parola<br />
frivola. Questa, o monaci, vien detta retta parola.<br />
Cosa è, o monaci, retta azione?<br />
l'astenersi dall'uccidere, l'astenersi dal non dato, l'astenersi da cattivo comportamento per<br />
brame. Questo, o<br />
monaci, vien detta retta azione.<br />
Cosa è, o monaci, retta vita?
Ecco, o monaci, un nobile discepolo, abbandonata una vita opposta, intraprende un modo di<br />
vivere secondo<br />
retta vita. Questa, o monaci, vien detta retta vita.<br />
Cosa è, o monaci, retto esercizio?<br />
Ecco, o monaci, un monaco dirige ed esercita la volontà a che non sorgano non sorti cattivi<br />
non salutari<br />
elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Dirige ed esercita la volontà ad<br />
abbandonare sorti<br />
cattivi non salutari elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Dirige ed<br />
esercita la volontà a<br />
far sorgere non sorti salutari elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Dirige<br />
ed esercita la<br />
volontà a far permanere, a non confondere, ad incrementare, a sviluppare, a coltivare, a<br />
perfezionare, sorti<br />
salutari elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Questa, o monaci, vien detta<br />
retto sforzo.<br />
Cosa è, o monaci, retta consapevolezza ?<br />
"Ecco, o monaci, un monaco dimora nel corpo osservando il corpo, strenuo, presente,<br />
consapevole, lontane<br />
nel mondo la cupidigia e la sofferenza; dimora nella sensazione osservando la sensazione,<br />
strenua, presente,<br />
consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza; dimora nella mente osservando la<br />
mente,<br />
strenua, presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza; dimora tra gli<br />
elementi<br />
osservando gli elementi, strenuo, presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la<br />
sofferenza.<br />
Questa, o monaci, vien detta retta consapevolezza."<br />
Cosa è, o monaci, retta concentrazione?<br />
"Ecco, o monaci, un monaco lungi da elementi non salutari raggiunta la riflettente, osservante,<br />
nata da<br />
distacco beata serenità, prima esperienza raggiunta dimora. Riflessione ed osservazione<br />
quietate, l'interna<br />
tranquillità della mente, l'unità dell'essere, la non riflettente non osservante, nata di<br />
concentrazione, beata<br />
serenità, seconda esperienza raggiunta dimora. Superata la beatitudine, in assenza di ogni<br />
alterità, equanime<br />
dimora, e prova nel corpo quella serenità per cui i nobili dicono: ""l'equanime savio dimora<br />
sereno"", e terza<br />
esperienza raggiunta dimora. Ed ancora superando la gioia, superando il dolore, purificandosi<br />
da precedenti<br />
euforie o sofferenze, raggiunta la priva di dolore, la priva di gioia, equanime, consapevole,<br />
perfetta, quarta<br />
esperienza raggiunta dimora. Questa, o monaci, vien detta retta concentrazione."<br />
Questa, o monaci, vien detta la nobile verità sulla via che mena alla fine del dolore.<br />
"Così egli dall'interno degli elementi dimora osservando gli elementi, dal di fuori degli<br />
elementi dimora<br />
osservando gli elementi, dall'interno e dal di fuori degli elementi dimora osservando gli<br />
elementi. Egli
dimora osservando il sorgere degli elementi tra gli elementi, dimora osservando il trapassare<br />
degli elementi<br />
tra gli elementi, dimora osservando il sorgere ed il trapassare degli elementi tra gli elementi.<br />
"" Così sono gli<br />
elementi "", e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />
sapere, è base di<br />
più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama al mondo. Così, o monaci, un monaco<br />
negli<br />
elementi dimora osservando gli elementi nelle quattro nobili verità."<br />
"22. E colui, o monaci, che questi quattro pilastri della consapevolezza così pratica per sette<br />
anni, di questi<br />
due frutti un frutto consegue: ""la sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di una<br />
esistenza senza<br />
ritorno. Rimangano, o monaci, sei anni. Chi questi quattro pilastri della consapevolezza così<br />
pratica per sei<br />
anni, di questi due frutti un frutto consegue: o la sapienza negli elementi visibili o la<br />
consapevolezza di una<br />
esistenza senza ritorno. Rimangano, o monaci, cinque anni. Chi questi quattro pilastri della<br />
consapevolezza<br />
così pratica per cinque anni, di questi due frutti un frutto ne consegue: o la sapienza negli<br />
elementi visibili o<br />
la consapevolezza di una esistenza senza ritorno. Rimangano, o monaci, quattro anni. Chi<br />
questi quattro<br />
162<br />
pilastri della consapevolezza così pratica per quattro anni, di questi due frutti un frutto<br />
consegue: o la<br />
sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di una esistenza senza ritorno.<br />
Rimangano, o monaci, tre<br />
anni. Chi questi quattro pilastri della consapevolezza così pratica per tre anni, di questi due<br />
frutti un frutto<br />
consegue: o la sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di una esistenza senza<br />
ritorno.<br />
Rimangano, o monaci, due anni. Chi questi quattro pilastri della consapevolezza così pratica<br />
per due anni, di<br />
questi due frutti un frutto consegue: o la sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di<br />
una esistenza<br />
senza ritorno. Rimanga, o monaci, un anno. Chi questi quattro pilastri della consapevolezza<br />
così pratica per<br />
un anno, di questi due frutti un frutto consegue: o la sapienza negli elementi visibili o la<br />
consapevolezza in<br />
una esistenza senza ritorno. Rimanga, o monaci, un anno, chi questi quattro pilastri della<br />
consapevolezza così<br />
pratica per sette mesi, di questi due frutti un frutto consegue: o la sapienza negli elementi<br />
visibili o la<br />
consapevolezza di una esistenza senza ritorno. Rimangano, o monaci, sei mesi, chi questi<br />
quattro pilastri<br />
della consapevolezza così pratica per sei mesi, di questi due frutti un frutto consegue: o la<br />
sapienza negli<br />
elementi visibili o la consapevolezza di una esistenza senza ritorno. Rimangano, o monaci,<br />
cinque mesi, chi
questi quattro pilastri della consapevolezza così pratica per cinque mesi, di questi due frutti<br />
un frutto<br />
consegue o la sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di una esistenza senza<br />
ritorno. Rimangano,<br />
o monaci, quattro mesi, chi questi quattro pilastri della consapevolezza così pratica per<br />
quattro mesi, di<br />
questi due frutti un frutto consegue o la sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di<br />
una esistenza<br />
senza ritorno. Rimangano, o monaci, tre mesi, chi questi quattro pilastri della consapevolezza<br />
così pratica per<br />
tre mesi, di questi due frutti un frutto consegue: o la sapienza negli elementi visibili o la<br />
consapevolezza di<br />
una esistenza senza ritorno. Rimangano, o monaci, due mesi, chi questi quattro pilastri della<br />
consapevolezza<br />
così pratica per un mese, di questi due frutti un frutto consegue: o la sapienza negli elementi<br />
visibili o la<br />
consapevolezza di una esistenza senza ritorno. Rimanga, o monaci, un mese, chi questi quattro<br />
pilastri della<br />
consapevolezza così pratica per mezzo mese, di questi due frutti un frutto consegue: o la<br />
sapienza negli<br />
elementi visibili o la consapevolezza di una esistenza senza ritorno. Rimanga, o monaci, mezzo<br />
mese, chi<br />
questi quattro pilastri della consapevolezza così pratica per sette giorni, di questi due frutti un<br />
frutto<br />
consegue: o la sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di una esistenza senza<br />
ritorno."<br />
"La via, o monaci, ad una unica meta, alla purificazione degli esseri, al superamento del pianto<br />
e del lamento,<br />
all'allontanamento del dolore e della sofferenza, al comparire del giusto metodo per la<br />
realizzazione<br />
dell'estinzione è quella dei quattro pilastri della consapevolezza. Questo è detto e questo è il<br />
motivo per cui è<br />
detto ""."<br />
Così parlò il Sublime. Contenti i monaci si rallegrarono alla parola del Sublime.<br />
MAHA SATIPATTHANA SUTTANTA<br />
FINE<br />
(Traduzione di Eugenio Frola)<br />
MAHANIDANASUTTANTA<br />
(GRANDE DIALOGO DELLE CAUSE)<br />
Così ho sentito:<br />
1. Un tempo il Sublime dimorava tra i Kuru, in un villaggio dei Kuru di nome<br />
Kammassadhamma. Allora il<br />
163<br />
venerabile Ananda si diresse là dove era il Sublime e avvicinatolo, dopo averlo salutato, gli<br />
sedé accanto.<br />
Accanto seduto, il venerabile Ananda così disse al Sublime:<br />
È meraviglioso, o signore, è straordinario, o signore, come generalmente sia, o signore,<br />
difficile l'origine da<br />
precedenti, difficile a capire. Invece a me appare assai facile .
Non dire, così, o Ananda, non dire così, o Ananda. Difficile, o Ananda, è l'origine da precedenti,<br />
difficile a<br />
capire. Senza la comprensione, senza l'approfondimento di questa dottrina, non si supera il<br />
ciclo delle<br />
generazioni, aggrovigliato come una matassa, immerso nelle tenebre, simile a cespugli di erba<br />
pungente e<br />
tagliente (1), sfuggente, doloroso, ruinoso samsara.<br />
"2. "" Esiste un presupposto a vecchiaia e morte? "". Così, o Ananda, alla domanda in piena<br />
consapevolezza<br />
è da rispondere: ""Esiste"". ""Quale è il presupposto a vecchiaia ed a morte?"". Così può essere<br />
chiesto.<br />
""Nascita è presupposto a vecchiaia e morte "". Così è da rispondere."<br />
" Esiste un presupposto a nascita? . Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da<br />
rispondere:<br />
"" Esiste""."<br />
" Quale è il presupposto a nascita ? . Così può essere chiesto. "" Esistenza è il presupposto a<br />
nascita "". Così<br />
è da rispondere."<br />
" Esiste un presupposto ad esistenza? . Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza<br />
è da<br />
rispondere: "" Esiste "". "" Quale è il presupposto ad esistenza ? "". Così può essere chiesto. ""<br />
Attaccamento<br />
è il presupposto ad esistenza "". Così è da rispondere."<br />
" Esiste un presupposto ad attaccamento ? . Così, o Ananda, alla domanda in piena<br />
consapevolezza è da<br />
rispondere: "" Esiste "". "" Quale è il presupposto ad attaccamento?"". Così può essere chiesto.<br />
"" La sete è il<br />
presupposto ad attaccamento"". Così è da rispondere."<br />
"Esiste un presupposto a sete?. Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da<br />
rispondere: ""<br />
Esiste "". ""Quale è il presupposto a sete?"". Così può essere chiesto. "" Sensazione è il<br />
presupposto a sete<br />
"". Così è da rispondere."<br />
" Esiste un presupposto a sensazione ? . Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza<br />
è da<br />
rispondere: "" Esiste "". "" Quale è il presupposto a sensazione? "". Così può essere chiesto. ""<br />
Contatto è<br />
presupposto alla sensazione "". Così è da rispondere."<br />
"Esiste un presupposto a contatto?. Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da<br />
rispondere:<br />
"" Esiste "". "" Quale è il presupposto a contatto ? "". Così può essere chiesto. "" Nome e forma è<br />
il<br />
presupposto a contatto "". Così è da rispondere."<br />
" Esiste un presupposto a nome e forma ? . Così, o Ananda, alla domanda in piena<br />
consapevolezza è da<br />
rispondere: "" Esiste "". "" Quale è il presupposto a nome e forma ? "". Così può essere chiesto.<br />
"" Vinnana è<br />
il presupposto a nome e"<br />
"forma "". Così è da rispondere."
"Esiste un presupposto a Vinnana?. Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da<br />
rispondere:<br />
"" Esiste "". "" Quale è il presupposto a vinnana? "". Così può essere chiesto. "" Nome e forma è<br />
il<br />
presupposto a vinnana "". Così è da rispondere."<br />
3. Così, o Ananda, nome e forma è il presupposto a vinnana, vinnana è presupposto a nome e<br />
forma, nome e<br />
forma è presupposto a contatto, contatto è presupposto a sensazione, sensazione è<br />
presupposto a sete, sete è<br />
presupposto ad attaccamento, attaccamento è presupposto ad esistenza, esistenza è<br />
presupposto a nascita,<br />
nascita è presupposto a vecchiaia e morte, vecchiaia, morte, angoscia, lamento, dolore,<br />
sofferenza,<br />
agitazione, si perpetuano. Così è l'origine dell'intero complesso del dolore.<br />
"4. Nascita è presupposto a vecchiaia e morte. Così invero ciò si dice, ma è in forza del<br />
seguente argomento<br />
che si può dire così: "" nascita è presupposto a vecchiaia e morte "". Se, o Ananda, totalmente,<br />
completamente, a ciascuno, ovunque non fosse più nascita, cioè: agli dèi nei cieli, ai<br />
Gandhabba (2) nel loro<br />
regno, agli Yakka (3) nel loro regno, agli spiriti nel loro regno, agli uomini nel loro regno, ai<br />
quadrupedi nel<br />
loro regno, agli uccelli nel loro regno, ai serpenti nel loro regno e a questi ed a quegli esseri, o<br />
Ananda,<br />
ovunque, più non fosse nascita, se completamente vi fosse il cessare della nascita, colla<br />
distruzione della<br />
164<br />
nascita forse che si sperimenterebbe ancora vecchiaia e morte?""."<br />
" ""No di certo, o signore ""."<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
della vecchiaia e della morte: la nascita.<br />
"5. Esistenza è il presupposto di nascita. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />
argomento che si<br />
può dire così: "" Esistenza è presupposto di nascita "". Se, o Ananda totalmente<br />
completamente, a ciascuno,<br />
ovunque non fosse più esistenza; cioè: l'esistenza passionale, l'esistenza formale, l'esistenza<br />
priva di forma<br />
(4), se completamente vi fosse il cessare dell'esistenza, colla distruzione dell'esistenza forse<br />
che si<br />
sperimenterebbe ancora nascita? ""."<br />
" No di certo, o signore""."<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
della nascita: l'esistenza.<br />
"6. Attaccamento è presupposto ad esistenza. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />
argomento<br />
che si può dire così: "" Attaccamento è presupposto ad esistenza"". Se, o Ananda, totalmente,<br />
completamente, a ciascuno, ovunque, non fosse più attaccamento; cioè: l'attaccamento alla<br />
passione,<br />
l'attaccamento ai rituali, l'attaccamento all'opinione, l'attaccamento all'affermazione dell'io, se
completamente vi fosse il cessare dell'attaccamento, colla distruzione dell'attaccamento forse<br />
che si<br />
sperimenterebbe ancora l'esistenza? ""."<br />
No di certo, o signore .<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
dell'esistenza: l'attaccamento.<br />
"7. Sete è il presupposto ad attaccamento. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />
argomento che<br />
si può dire così: "" sete è il presupposto ad attaccamento "". Se, o Ananda, totalmente,<br />
completamente, a<br />
ciascuno, ovunque non fosse più sete; cioè: la sete di forme, la sete di suoni, la sete di odori, la<br />
sete di sapori,<br />
la sete di cose tangibili, la sete di pensieri, se completamente vi fosse il cessare della sete, colla<br />
distruzione<br />
della sete forse che si sperimenterebbe ancora l'attaccamento? """<br />
No di certo, o signore .<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
ad attaccamento: la sete.<br />
8. Sensazione è il presupposto a sete. Così invero ciò si<br />
"dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "" sensazione è il<br />
presupposto a sete "". Se,<br />
o Ananda, totalmente, completamente, a ciascuno, ovunque non fosse più sensazione: cioè la<br />
sensazione<br />
attraverso il contatto dell'occhio, la sensazione attraverso il contatto dell'orecchio, la<br />
sensazione attraverso il<br />
contatto del naso, la sensazione attraverso il contatto della lingua, la sensazione attraverso il<br />
contatto del<br />
corpo, la sensazione attraverso il contatto della mente, se completamente, vi fosse il cessare<br />
della sensazione,<br />
colla distruzione della sensazione forse che si sperimenterebbe ancora la sete ? ""."<br />
No di certo, o signore.<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
della sete: la sensazione.<br />
9. Così, o Ananda', la sensazione è origine della sete, la sete è origine della ricerca, la ricerca è<br />
origine<br />
dell'assunzione, l'assunzione è origine del gradimento, il gradimento è origine del desiderio<br />
turbante, il<br />
desiderio turbante è origine del possesso, il possesso è origine della proprietà, la proprietà è<br />
origine<br />
dell'avarizia, l'avarizia è origine della tesaurizzazione, a scopo di tesaurizzare l'armarsi di<br />
mazza, l'armarsi di<br />
spada, guerra, conquista, litigio, discussione, calunnia, menzogna e più di un elemento torbido,<br />
non salutare<br />
si manifesta.<br />
"10 A scopo di tesaurizzare è l'armarsi di mazza, l'armarsi di spada, la guerra, la conquista, il<br />
litigio, la
discussione, la calunnia, la menzogna e più di un elemento torbido, non salutare si manifesta.<br />
Così invero ciò<br />
si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "" a scopo di tesaurizzare è<br />
l'armarsi di<br />
165<br />
mazza, l'armarsi di spada, la guerra, la conquista, il litigio, la discussione, la calunnia, la<br />
menzogna e più di<br />
un elemento torbido, non salutare si manifesta"". Se, o Ananda, totalmente, completamente, a"<br />
"ciascuno, ovunque non fosse più tesaurizzare forse che si manifesterebbe ancora l'armarsi di<br />
spada, l'armarsi<br />
di mazza, la guerra, la conquista, il litigio, la discussione, la calunnia, la menzogna e più di un<br />
elemento<br />
torbido, non salutare?""."<br />
No di certo, o signore .<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
dell'armarsi di mazza, dell'armarsi di spada, della guerra, della conquista, del litigio, della<br />
discussione, della<br />
calunnia, della menzogna e del manifestarsi di più di un elemento torbido, non salutare: la<br />
tesaurizzazione:<br />
"11. Avarizia è origine di tesaurizzazione. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />
argomento che<br />
si può dire così: "" avarizia è origine di tesaurizzazione "". Se, o Ananda, totalmente,<br />
completamente, a<br />
ciascuno, ovunque non fosse più avarizia, se completamente vi fosse il cessare dell'avarizia,<br />
colla distruzione<br />
dell'avarizia forse che si sperimenterebbe ancora tesaurizzazione ? ""."<br />
" ""No di certo, o signore ""."<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questo è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
di tesaurizzazione: avarizia.<br />
"12. Proprietà è origine dell'avarizia. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />
argomento che si può<br />
dire così: "" proprietà è origine di avarizia ""; Se, o Ananda, totale mente, completamente, a<br />
ciascuno,<br />
ovunque non fosse pi¢ proprietà, se completamente vi fosse il cessare di proprietà, colla<br />
distruzione di<br />
proprietà forse che si sperimenterebbe ancora avarizia? ""."<br />
No di certo, o signore .<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
di avarizia: proprietà.<br />
"13. Possesso è origine di proprietà. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />
argomento che si può<br />
dire così: "" possesso è origine di proprietà "". Se, o Ananda, totalmente, completamente, a<br />
ciascuno,<br />
ovunque non fosse più possesso, se completamente vi fosse il cessare del possesso, colla<br />
distruzione del<br />
possesso forse che si sperimenterebbe ancora proprietà ? ""."<br />
No di certo, o signore.
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
di proprietà: possesso.<br />
"14. Desiderio turbante ' è origine di possesso. Così invero ciò si dice, ma è in forza del<br />
seguente argomento<br />
che si può dire così: "" desiderio turbante è origine di possesso "". Se, o Ananda, totalmente,<br />
completamente,<br />
a ciascuno, ovunque non fosse più desiderio turbante, se completamente vi fosse il cessare di<br />
desiderio<br />
turbante, colla distruzione del desiderio turbante forse che si sperimenterebbe ancora<br />
possesso? ""."<br />
"No di certo, o signore ""."<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
di possesso: desiderio turbante.<br />
"15. Compiacimento è origine di desiderio turbante. Così invero ciò si dice. Ma è in forza del<br />
seguente<br />
argomento che si può dire così: "" compiacimento è origine di desiderio turbante"". Se, o<br />
Ananda,<br />
totalmente, completamente, a ciascuno, ovunque non fosse più compiacimento, se<br />
completamente vi fosse il<br />
cessare di compiacimento, colla distruzione di compiacimento forse che si sperimenterebbe<br />
ancora desiderio<br />
turbante ? "" ."<br />
No di certo, o signore .<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa<br />
è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto di desiderio turbante: compiacimento.<br />
"10. Assunzione "" è origine di compiacimento. Così invero ciò si dice, ma è in forza del<br />
seguente argomento<br />
che si può dire così: "" assunzione è origine di compiacimento "". Se, o Ananda, totalmente,<br />
completamente,<br />
a ciascuno, ovunque non fosse più assunzione, se completamente vi fosse il cessare di<br />
assunzione, colla<br />
166<br />
distruzione di assunzione forse che si sperimenterebbe ancora compiacimento? ""."<br />
"No di certo, o signore ""."<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
di compiacimento: assunzione.<br />
"17. Ricerca (9) è origine di assunzione. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />
argomento che si<br />
può dire così: "" ricerca è origine di assunzione "". Se, o Ananda, totalmente, completamente, a<br />
ciascuno,<br />
ovunque non fosse pi? ricerca, se completamente vi fosse il cessare di ricerca, colla<br />
distruzione di ricerca<br />
forse che si sperimenterebbe ancora assunzione ? ""."<br />
"No di certo, o signore . ""Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questo è l'origine,<br />
questa<br />
è la radice, questo è il presupposto di assunzione ricerca. "
"18. Sete è origine di ricerca. Così invero ciò si dice, ma in forza del seguente argomento che si<br />
può dire<br />
così: "" sette è origine di ricerca"". Se, o Ananda, totalmente, completo mente, a ciascuno,<br />
ovunque non<br />
fosse più sete, se completamente vi fosse il cessare della sete, colla distruzione della sete forse<br />
che si<br />
sperimenterebbe ancora ricerca? ""."<br />
No di certo, o signore .<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
di ricerca: la sete.<br />
Così, o Ananda, queste due dottrine, sono ricondotte tutte e due alla sensazione.<br />
"19. Contatto (10) è presupposto di sensazione. Così invero ciò si dice, ma è in forza del<br />
seguente argomento<br />
che si può dire così: contatto è presupposto di sensazione. Se, o Ananda, totalmente,<br />
completamente, a<br />
ciascuno, ovunque non fosse più contatto, cioè: il contatto dell'occhio, il contatto dell'orecchio,<br />
il contatto del<br />
naso, il contatto della lingua, il contatto del corpo, il contatto della mente, se completamente vi<br />
fosse il<br />
cessare di contatto, colla distruzione di contatto forse che si sperimenterebbe ancora<br />
sensazione? "". ""No di<br />
certo, o signore""."<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
di sensazione: contatto.<br />
"20. Nome e forma è presupposto di contatto. Così invero ciò si dice, ma è in forza del<br />
seguente argomento<br />
che si può dire così: ""nome e forma è presupposto di contatto"". O Ananda, da certi attributi,<br />
da certi organi,<br />
da certi fenomeni, da certe espressioni viene la facoltà conoscitiva dell'aggregato nominale<br />
(11). Ma se in<br />
questi attributi, in questi organi, in questi fenomeni, in queste espressioni fosse cessazione,<br />
forse che<br />
nell'aggregato formale si sperimenterebbe il contatto indicante? ""."<br />
No di certo, o signore .<br />
O Ananda, da certi attributi, da certi organi, da certi fenomeni, da certe espressioni viene la<br />
facoltà<br />
conoscitiva dell'aggregato formale: ma se in questi attributi, in questi organi in questi<br />
fenomeni, in queste<br />
espressioni, fosse cessazione forse che nell'aggregato nominale si sperimenterebbe il contatto<br />
reattivo ? .<br />
No di certo, o signore .<br />
O Ananda, da certi attributi, da certi organi, da certi fenomeni, da certe espressioni viene la<br />
facoltà<br />
conoscitiva dell'aggregato nominale e dell'aggregato formale: ma se in questi attributi, in<br />
questi organi, in<br />
questi fenomeni, in queste espressioni fosse cessazione, forse che si sperimenterebbe il<br />
contatto indicante ed<br />
il contatto reattivo?.
"No di certo, o signore ""."<br />
O Ananda, da certi attributi, da certi organi, da certi fenomeni, da certe espressioni, viene la<br />
facoltà<br />
conoscitiva di nome e forma: ma se in questi attributi, in questi organi, in questi fenomeni, in<br />
queste<br />
espressioni fosse cessazione, forse che si sperimenterebbe il contatto? .<br />
No di certo, o signore.<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
di contatto: nome e forma.<br />
"21. Vinnana è presupposto di nome e forma. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />
argomento<br />
167<br />
che si può dire così: "" vinnana è il presupposto di nome e forma "". Se, o Ananda, vinnana (12)<br />
non si<br />
introducesse nell'utero della madre, forse che nell'utero della madre, si determinerebbe nome<br />
e forma? ""."<br />
"No di certo, o signore ""."<br />
Se, o Ananda, vinnana, introdottosi nell'utero della madre, deviasse, forse che nome e forma si<br />
manifesterebbe alla stato normale? . .<br />
No di certo, o signore.<br />
Se, o Ananda, vinnana di un infante fosse strappato all bimbo od alla bimba, forse che nome e<br />
forma<br />
prosperamente, felicemente, favorevolmente si svilupperebbe? .<br />
No di certo, o signore .<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
di nome e forma: vinnana.<br />
"22. Nome e forma è presupposto a vinnana. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />
argomento<br />
che si può dire così: ""nome e forma è presupposto di vinnana"". Se, o Ananda, vinnana non<br />
trovasse il suo<br />
supporto in nome e forma, forse che si sperimenterebbe il futuro, la nascita, la vecchiaia, la<br />
morte, il dolore,<br />
l'angoscia, l'esistenza? ""."<br />
" No di certo, o signore""."<br />
Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />
presupposto<br />
di vinnana: nome e forma.<br />
"Proprio così, o Ananda, si sorge, si declina, si muore, si trapassa, si risorge; proprio in<br />
conseguenza di ciò si<br />
sviluppa il processo semantico, il processo logico, il processo delle idee, il processo della<br />
conoscenza,<br />
proprio così turbina il ciclo del samsara nel normale stato del conoscere, così si unisce nome e<br />
forma a<br />
vinnana."<br />
"23. E come, o Ananda, coloro che definiscono l'anima la definiscono? Colui che definisce<br />
l'anima formale e<br />
finita proprio così definisce: ""formale e finita secondo me è l'anima"" Colui che definisce<br />
l'anima formale e
infinita proprio così definisce: ""formale ed infinita secondo me è l'anima"" Colui che definisce<br />
l'anima priva<br />
di forma e finita proprio così definisce: "" priva di forma e finita secondo me è l'anima"" Colui<br />
che definisce<br />
l'anima priva di forma ed infinita proprio così definisce: ""priva di forma ed infinita secondo<br />
me è<br />
l'anima""."<br />
"24. Dunque, o Ananda, colui che definisce l'anima formale e finita proprio la definisce, e sia<br />
che la definisca<br />
immediatamente, sia che la definisca dietro deduzione, sempre in lui così è: "" se anche ciò<br />
non è certo, me<br />
ne servirò lo stesso come di verità "". E così essendo, costui ripete continuamente nel discorso<br />
la sua<br />
opinione sull'anima formale e finita."<br />
"Dunque, o Ananda, colui che definisce l'anima formale ed infinita proprio la definisce, e sia<br />
che la definisca<br />
immediatamente, sia che la definisca dietro deduzione, sempre in lui così è: "" se anche ciò<br />
non è certo, me<br />
ne servirò lo stesso come di verità"". E così essendo, costui ripete continuamente nel discorso<br />
la sua opinione<br />
sull'anima formale ed infinita."<br />
"Dunque, o Ananda, colui che definisce l'anima priva di forma e finita proprio la definisce, e sia<br />
che la<br />
definisca immediatamente, sia che la definisca dietro deduzione, sempre in lui così è: "" se<br />
anche ciò non è<br />
certo, me ne servirò lo stesso come di verità"". E così essendo costui ripete continuamente nel<br />
discorso la sua<br />
opinione sull'anima priva di forma e finita."<br />
"Dunque, o Ananda, colui che definisce l'anima priva di forma ed infinita proprio la definisce, e<br />
sia che la<br />
definisca immediatamente, sia che la definisca dietro deduzione, sempre in lui così è: "" se<br />
anche ciò non è<br />
certo, me ne servirò lo stesso come di verità"". E così essendo costui ripete continuamente nel<br />
discorso la sua<br />
opinione sull'anima priva di forma ed (1) infinita. Proprio così, o Ananda, definiscono coloro<br />
che definiscono<br />
l'anima."<br />
"25. E come, o Ananda, coloro che non definiscono l'anima non la definiscono? Colui che non<br />
definisce<br />
l'anima formale e finita non così definisce: "" formale e finita secondo me è l'anima "". Colui<br />
che non<br />
definisce l'anima formale ed infinita non così definisce: "" formale ed infinita secondo me è<br />
l'anima"". Colui<br />
168<br />
che non definisce l'anima priva di forma e finita non così definisce: "" priva di forma e finita<br />
secondo me è<br />
l'anima"". Colui che non definisce l'anima priva di forma ed infinita non così definisce: "" priva<br />
di forma ed<br />
infinita i secondo me è l'anima ""."
"26. Dunque, o Ananda, colui che non definisce l'anima formale e finita proprio non la<br />
definisce, e sia che<br />
non la definisca immediatamente, sia che non la definisca dietro deduzione, mai in lui così non<br />
è: "" se anche<br />
ciò non è certo, me ne servirò lo stesso come di verità"". E così essendo costui non ripete<br />
continuamente nel<br />
discorso la sua opinione sull'anima formale e finita."<br />
"Dunque, o Ananda, colui che non definisce l'anima formale ed infinita proprio non la<br />
definisce, e sia che<br />
non la definisca immediatamente, sia che non la definisca dietro deduzione, mai in lui così è: ""<br />
se anche ciò<br />
non è certo, me ne servirò lo stesso come di verità "". E così essendo costui non ripete<br />
continuamente nel<br />
discorso la sua opinione sull'anima formale ed infinita."<br />
"Dunque, o Ananda, colui che non definisce l'anima priva di forma e finita proprio non la<br />
definisce, e sia che<br />
non la definisca immediatamente, sia che non la definisca dietro deduzione, mai in lui così è: ""<br />
se anche ciò<br />
non è certo, me ne servirò lo stesso come di verità"". E così essendo costui non ripete<br />
continuamente nel<br />
discorso la sua opinione sull'anima priva di forma e finita."<br />
"Dunque, o Ananda, colui che non definisce l'anima priva di forma ed infinita proprio non la<br />
definisce, e sia<br />
che non la definisca immediatamente, sia che non la definisca dietro deduzione, mai in lui così<br />
è: "" se anche<br />
ciò non è certo, me ne servirò lo stesso come di verità "". E così essendo costui non ripete<br />
continuamente nel<br />
discorso la sua opinione sull'anima priva di forma ed infinita. Proprio così, o Ananda, non<br />
definiscono coloro<br />
che non definiscono l'anima."<br />
"27 . E come, o Ananda, coloro che introspezionano l'anima, la introspezionano? Vi è, o<br />
Ananda, chi<br />
introspezionando l'anima, introspeziona la sensazione: ""la sensazione secondo me è l'anima<br />
"". Oppure: ""<br />
non la sensazione secondo me è l'anima, la cessazione della sensazione secondo me è l'anima<br />
"". Oppure: ""<br />
non la sensazione secondo me è l'anima, non la cessazione della sensazione secondo me è<br />
l'anima, l'anima da<br />
me è sentita come la capacità di sentire, questo secondo me è l'anima"". Così, o Ananda, coloro<br />
che<br />
introspezionano l'anima introspezionano."<br />
"28. Dunque, o Ananda, a colui che così afferma: "" sensazione è l'anima "", è da rispondere: ""<br />
vi sono, o<br />
amico, queste tre sensazioni: la sensazione piacevole, la sensazione dolorosa, la sensazione<br />
indifferente.<br />
Quali di queste tre sensazioni tu introspezioni come anima'"". Nel momento, o Ananda, in cui<br />
ottenendola,<br />
percepisci sensazione piacevole, in quel momento non percepisci sensazione dolorosa, né<br />
percepisci
sensazione indifferente. In quel momento in cui ottenendola percepisci sensazione dolorosa,<br />
in quel<br />
momento non percepisci sensazione piacevole, né percepisci sensazione indifferente. In quel<br />
momento in cui<br />
ottenendola percepisci sensazione indifferente, in quel momento non percepisci sensazione<br />
piacevole, né<br />
percepisci sensazione dolorosa."<br />
"29. La sensazione piacevole, o Ananda, è impermanente, condizionata, originata da<br />
precedenti, soggetta al<br />
decadere, soggetta al trapassare, soggetta allo svanire, soggetta alla distruzione. La sensazione<br />
dolorosa, o<br />
Ananda, è impermanente, condizionata, originata da precedenti, soggetta al decadere,<br />
soggetta al trapassare,<br />
soggetta allo svanire, soggetta alla distruzione. La sensazione indifferente, o Ananda, è<br />
impermanente,<br />
condizionata, originata da precedenti, soggetta al decadere, soggetta al trapassare, soggetta<br />
allo svanire,<br />
soggetta alla distruzione. Allora a colui che sperimenta sensazione piacevole dovrebbe essere:<br />
"" questa è<br />
l'anima "", ma collo sparire della sensazione piacevole così dovrebbe essere: "" a me sparì<br />
l'anima"". A colui<br />
che sperimenta sensazione dolorosa dovrebbe essere: "" questa è l'anima "", ma collo sparire<br />
della sensazione<br />
dolorosa così dovrebbe essere: ""a me spari l'anima"". A colui che sperimenta sensazione<br />
indifferente<br />
dovrebbe essere: "" questa è l'anima "", ma collo sparire della sensazione indifferente così<br />
dovrebbe essere:<br />
""a me sparì l'anima "". Così coloro che affermano: "" sensazione per me è l'anima"",<br />
introspezionando nel<br />
campo della sensazione, introspezionano l'impermanenza, il dolore mescolato al piacere, la<br />
legge del sorgere<br />
e del trapassare. Pertanto, o Ananda, non si può introspezionando affermare: "" la sensazione<br />
per me è<br />
l'anima ""."<br />
169<br />
"30. Ecco, o Ananda, a colui che così afferma: ""non la sensazione secondo me è l'anima, la<br />
cessazione della<br />
sensazione secondo me è l'anima "", così è da rispondere: "" quando, o amico, totalmente<br />
manca il sentire,<br />
allora forse sussiste: ' io sono? ' "" ""."<br />
No di certo, o signore .<br />
" Pertanto, o Ananda, non si può introspezionando affermare: non la sensazione secondo me è<br />
l'anima, la<br />
cessazione della sensazione secondo me è l'anima ""."<br />
"31. Ecco, o Ananda, a colui che così afferma: "" non la sensazione secondo me è l'anima, né la<br />
cessazione<br />
della sensazione, l'anima è da me intesa come la facoltà di sentire"", così è da rispondere: "" se,<br />
o amico, la<br />
sensazione totalmente, completamente fosse distrutta, colla cessazione di ogni sensazione,<br />
colla distruzione
della sensazione forse che sussisterebbe: ' io sono questo ? ' "" ""."<br />
No di certo, o signore.<br />
" Pertanto, o Ananda, non si può introspezionando affermare: non la sensazione secondo me è<br />
l'anima, non<br />
la cessazione della sensazione, l'anima è da me intesa come la facoltà senziente ""."<br />
"32. Ma, o Ananda, un monaco non così introspeziona l'anima nella sensazione, non<br />
introspeziona l'anima<br />
nella cessazione della sensazione, non così introspeziona: "" da me così è intesa l'anima:<br />
l'anima è la facoltà<br />
senziente"". Egli così non introspezionando, non è attaccato, è libero da attaccamento, non si<br />
agita, calmo,<br />
isolato, totalmente si estingue: "" Esausta la vita, estinta la condizione di purezza, fatto ciò che<br />
si doveva<br />
fare, non esiste più alcuno stato condizionato "", così comprende."<br />
"E se qualcuno interroga così un monaco dalla mente emancipata: ""esiste il Compiuto dopo la<br />
morte?"", ciò<br />
per lui l'opinione da scartare. "" Non esiste il Compiuto dopo la morte?"", ciò per lui è opinione<br />
da scartare.<br />
""Esiste e non esiste il Compiuto dopo la morte? "", ciò per lui è opinione da scartare. "" Non<br />
esiste e non<br />
non esiste il Compiuto dopo la morte? "", ciò per lui è opinione da scartare. E quale è il motivo<br />
di ciò?<br />
Quanto è, o Ananda, nei confronti della semantizzazione e del processo semantico, nei<br />
confronti della logica,<br />
e del processo logico, nei confronti delle idee e del processo delle idee, nei confronti della<br />
conoscenza e del<br />
processo della conoscenza, nei confronti del ciclo del samsara e di ciò che gira il ciclo del<br />
samsara, ciò un<br />
monaco emancipato, possessore del sapere, non considera, non se ne occupa, per lui"<br />
opinione, cosa da scartare.<br />
33. Vi sono, o Ananda, sette stazioni di vinnana e due dyatana, Quali sette? Vi sono degli esseri<br />
aventi corpo<br />
non semplice e coscienza non semplice. Cioè alcuni uomini cd alcuni dèi, ed i soggetti alla<br />
rovina. Questa è<br />
la prima stazione di vinnana.<br />
Vi sono, o Ananda, degli esseri aventi corpo non semplice e coscienza semplice, cioè gli dèi del<br />
coro di<br />
Brahma che sono alla loro prima esistenza. Questa è la seconda stazione di vinnana.<br />
Vi sono, o Ananda, degli esseri che hanno corpo semplice e coscienza non semplice: gli dèi<br />
Abhassara.<br />
Questa è la terza stazione di vinnana.<br />
Vi sono, o Ananda, degli esseri che hanno corpo semplice e coscienza semplice: gli dèi<br />
Subhakinna. Questa<br />
è la quarta stazione di vinnana.<br />
"Vi sono, o Ananda, degli esseri che hanno totalmente sorpassate le coscienze formali, che col<br />
tramontare<br />
delle coscienze dovute a reazioni sensorie, distolta la mente dalle coscienze non semplici,<br />
""infinito è lo<br />
spazio"", vivono nel dominio dello spazio infinito. Questa è la quinta stazione di vinnana."
"Vi sono, o Ananda, degli esseri che, superato il dominio dello spazio infinito, "" infinito è<br />
vinnana "",<br />
vivono nel dominio del vinnana infinito. Questa è la sesta stazione di vinnana."<br />
"Vi sono, o Ananda, degli esseri che, superato il dominio del vinnana infinito, "" non vi è<br />
alcunché "",<br />
vivono nel dominio del non vi è alcunché. Questa è la settima stazione di vinnana."<br />
Vi è l'ayatana degli esseri inconsci, e l'ayatana degli esseri<br />
non consci né inconsci: questi due.<br />
34. Dunque, o Ananda, forse colui che è intento a giocare nella prima stazione di vinnana, con<br />
corpo non<br />
semplice, coscienza non semplice, cioè qualche uomo e qualche<br />
dio, forse che questa situazione realizza, forse che di questa<br />
170<br />
realizza il sorgere, di questa realizza il tramontare, di questa<br />
realizza la sazietà, di questa realizza il disgusto, da questa<br />
"realizza la salvezza? ""."<br />
" ""No di certo, o signore ""."<br />
o Dunque, o Ananda, vi sono degli esseri aventi corpo<br />
non semplice e coscienza semplice, cioè gli dèi del coro di<br />
Brahma che sono alla loro prima esistenza. Questa è la seconda stazione di vinnana.<br />
Dunque, o Ananda, vi sono degli esseri che hanno corpo<br />
semplice e coscienza non semplice: gli dèi Abhassara. Questa<br />
è la terza stazione di vinnana.<br />
Dunque, o Ananda, vi sono degli esseri che hanno corpo<br />
semplice e coscienza semplice: gli dèi Subhakinna. Questa<br />
la quarta stazione di vinnana.<br />
Vi sono, o Ananda, degli esseri che hanno totalmente<br />
sorpassate le coscienze formali, che col tramontare delle coscienze dovute a reazioni sensorie,<br />
distolta la<br />
mente dalle<br />
"coscienze non semplici, ""infinito è lo spazio"", vivono nel"<br />
dominio dello spazio infinito. Questa è la quinta stazione di<br />
vinnana.<br />
Dunque, o Ananda, vi sono degli esseri che, superato il<br />
"dominio dello spazio infinito, "" infinito è vinnana "", vivono"<br />
nel dominio del vinnana infinito. Questa è la sesta stazione<br />
di vinnana.<br />
Dunque, o Ananda, forse colui che è intento a giocare<br />
"nella settima stazione di vinnana "" non vi è alcunché "", forse"<br />
"che questa situazione realizza; forse che di questa realizza" `<br />
il sorgere, di questa realizza il tramontare, di questa realizza<br />
la sazietà, di questa realizza il disgusto, da questa realizza<br />
"la salvezza? ""."<br />
No di certo, o signore .<br />
Dunque, o Ananda, forse colui che è nell'ayatana degli esseri inconsci, forse che questa<br />
situazione realizza,<br />
forse che di questa realizza il sorgere, di questa realizza il tramontare, di questa realizza la<br />
sazietà, di questa<br />
realizza il disgusto, da questa realizza la salvezza? .<br />
No di certo, o signore .
Dunque, o Ananda, forse colui che è nell'ayatana degli esseri non consci, né inconsci, forse che<br />
questa<br />
situazione realizza, forse che di questa realizza il sorgere, di questa realizza il tramontare, di<br />
questa realizza<br />
la sazietà, di questa realizza il disgusto, da questa realizza la salvezza? .<br />
" ""No di certo, o signore ""."<br />
Invece, o Ananda, un monaco riconoscendo secondo realtà delle sette stazioni di vinnana, e dei<br />
due ayatana<br />
il sorgere, il tramontare, la sazietà, il disgusto e la salvezza, è libero da ogni attaccamento.<br />
35. Otto, o Ananda, sono le liberazioni. Quali otto? Formale vede le forme. Questa è la prima<br />
liberazione.<br />
Internamente una coscienza non formale, vede esteriormente le forme. Questa è la seconda<br />
liberazione.<br />
Ë intento alla bellezza. Questa è la terza liberazione.<br />
"Col superamento totale delle coscienze formali, col tra montare delle coscienze dovute a<br />
reazioni sensorie,<br />
distolta la mente dalle coscienze non semplici, "" infinito è lo spazio"", il dominio dello spazio<br />
infinito<br />
raggiunto, dimora. Questa è la quarta liberazione."<br />
"Col superamento totale dello spazio infinito, "" infinito vinnana "", il dominio dell'infinito<br />
vinnana<br />
raggiunto, dimora. Questa è la quinta liberazione."<br />
171<br />
"Col totale superamento del dominio dell'infinito vinnana ""non vi è alcunché"", il dominio del<br />
""non vi è<br />
alcunché"" raggiunto, dimora. Questa è la sesta liberazione."<br />
"Col totale superamento del dominio del "" non vi è alcunché"" il dominio della non coscienza<br />
né<br />
incoscienza raggiunto, dimora. Questa è la settima liberazione."<br />
Col totale superamento del dominio della non coscienza né incoscienza, la distruzione di<br />
coscienza ed<br />
esperienza raggiunta, dimora. Questa è l'ottava liberazione. Queste, o Ananda le otto<br />
liberazioni.<br />
"30. Dunque, o Ananda, un monaco, queste otto liberazioni, ordinatamente raggiunge,<br />
inversamente<br />
raggiunge, e l'una voluta e l'altra voluta raggiunge e ne esce. E coll'estinzione degli asava,<br />
privo di asava,<br />
colla mente libera, libero da sensazioni, da opinioni, da sé raggiunta nella Dottrina la sapienza<br />
e la potenza,<br />
dimora. Costui, o Ananda, si chiama un monaco d'ambo le parti libero, e di questa liberazione<br />
d'ambo le<br />
parti, o Ananda, non vi è altra liberazione d'ambo le parti più alta e più perfetta ""."<br />
Così disse il Sublime. Contento il venerabile Ananda si rallegrò alla parola del Sublime.<br />
MAHA NIDANA SUTTANTA<br />
FINE<br />
(Traduzione di Eugenio Frola)<br />
JANAVASBHAASUTTANTA<br />
(LO SPIRITO JANAVASABHA)<br />
Così ho sentito:
"1. Un tempo il Sublime dimorava a Nadika, nella casa di mattoni. Proprio in quel tempo il<br />
Sublime, in giro<br />
per le province, indicava nella rinascita i discepoli morti trapassati: i Kahsi nel Kosala, i Vajji<br />
nel Malla, i<br />
Ceti nel Vansa, i Kuru nel Pancala, i Maecha nel Surasena: ""Costui costui è risorto, colui colà è<br />
risorto. Più<br />
d'uno, tra i discepoli di Nadika morti trapassati, i cinque vinelli mondani esausti, è risorto<br />
senza causa<br />
apparente, in attesa della totale estinzione, elemento non più ritornante in questo mondo. Più<br />
di novanta tra i<br />
discepoli di Nadika, morti trapassati, tre vinelli esausti: brama, astio, dubbio spariti, con un<br />
solo ritorno,<br />
tornando una sola volta a questo mondo porranno fine al dolore. Ben più di cinquecento<br />
discepoli di Nadika,<br />
morti trapassati, esausti tre vincoli, entrati nella corrente, sono elementi liberi da rovina, in<br />
attesa della finale<br />
illuminazione ""."<br />
"2. Dissero i discepoli di Nadika: ""Certo il Sublime in giro per le province indica nella<br />
rinascita i discepoli<br />
morti trapassati i Kahsi nel Kosala, i Vajji nel Malla, i Ceti nel Vansa, i Kuru nel Paricala, i<br />
Maccha nel<br />
Surasena: "" Costui Costà è risorto, colui colà è risorto. Più d'uno tra i discepoli di Nadika,<br />
morti trapassati, i<br />
cinque vincoli mondani esausti, è risorto senza causa apparente, in attesa della totale<br />
estinzione, elemento<br />
non più ritornante in questo mondo. Più di novanta tra i discepoli di Nadika, morti trapassati,<br />
tre vincoli<br />
esausti: brama, astio, dubbio spariti, con un solo ritorno, tornando una sola volta a questo<br />
mondo porranno<br />
fine al dolore. Ben più di cinquecento discepoli di Nadika, morti trapassati, esausti tre vincoli,<br />
entrati nella<br />
corrente, sono elementi liberi da rovina, in attesa della finale illuminazione "". E pertanto i<br />
discepoli di<br />
Nadika erano contenti, molto compiaciuti, pieni di gioia e soddisfazione, avendo udito<br />
l'esposizione,<br />
l'indicazione del Sublime."<br />
"Disse il venerabile Ananda: "" Il Sublime certo, in giro per le province, indica i discepoli morti<br />
trapassati<br />
nella rinascita: i Kahsi nel Kosala, i Vajji nel Malla, i Ceti nel Vansa, i Kuru nel Paricala, i<br />
Maccha nel<br />
172<br />
Surasena: "" Costui costà è risorto, colui colà è risorto. Più d'uno, tra i discepoli di Nadika<br />
morti trapassati, i<br />
cinque vincoli mondani esausti, è risorto senza causa apparente, in attesa della totale<br />
estinzione, elemento<br />
non più ritornante in questo mondo. Più di novanta, tra i discepoli di Nadika, morti trapassati,<br />
tre vinelli<br />
esausti: brama, astio, dubbio spariti, con un solo ritorno, tornando una sola volta a questo<br />
mondo porranno
fine al dolore. Ben più di cinquecento discepoli di Nadika, morti trapassati, esausti tre vinelli,<br />
entrati nella<br />
corrente, sono elementi liberi da rovina, in attesa della finale illuminazione """". E pertanto i<br />
discepoli di<br />
Nadika erano contenti, molto compiaciuti, pieni di gioia e soddisfazione, avendo udito<br />
l'esposizione,<br />
l'indicazione del Sublime."<br />
"4. Allora così fu al venerabile Ananda: "" Vi sono molti discepoli del Magadha che, come è<br />
noto, sono<br />
morti trapassati, certamente una parte del Magadha è spopolata dei discepoli morti trapassati.<br />
Essi furono<br />
devoti al Buddha, devoti alla Dottrina, devoti all'ordine, perfetti nel comportamento. I morti<br />
trapassati furono<br />
indicati dal Sublime, e per essi fu buona l'indicazione, ed il popolo si rallegrò perché essi<br />
giunsero a buona<br />
meta. Colui invece che fu il re Seniya Bimbisara (1), giusto legittimo sovrano, benefico ai<br />
brahmani ed ai<br />
padri di famiglia, agli abitanti della città ed a quelli del contado, certo gli uomini così<br />
l'onorano: "" Ecco a<br />
noi è morto il giusto legittimo re che ci rendeva felici, noi che lietamente dimorammo nel<br />
regno di questo<br />
giusto legittimo re. Egli fu certo devoto al Buddha, devoto alla Dottrina, devoto all'ordine,<br />
perfetto nel<br />
comportamento. E gli uomini così dicono: ' Sino alla morte fu dal Sublime lodato il morto re<br />
del Magadha,<br />
Seniya Bimbisara '. Se egli morto e trapassato fosse dal Sublime indicato con buona<br />
indicazione, il popolo si<br />
rallegrerebbe per lui, che giunse a buona meta. Poi la perfetta illuminazione del Sublime si<br />
compì nel<br />
Magadha"". E se la perfetta illuminazione del Sublime si compì nel Magadha, perché allora il<br />
Sublime non<br />
indica nella loro rinascita i discepoli del Magadha morti trapassati? Invece il Sublime non<br />
indica nella loro<br />
rinascita i discepoli del Magadha morti trapassati, pertanto i discepoli del Magadha restano<br />
umiliati, e se i<br />
discepoli del Magadha sono umiliati, perché il Sublime non indica ciò? ""."<br />
5. Allora il venerabile Ananda, dopo aver da solo interiormente meditato sui discepoli del<br />
Magadha, sul<br />
calare della notte si levò e si diresse là dove era il Sublime, avvicinatosi al Sublime salutatolo,<br />
si sedette<br />
accanto. Accanto seduto il venerabile Ananda così disse al Sublime:<br />
"a Ho udito questo, o signore: "" Certo il Sublime, in giro per le province, indica nella rinascita i<br />
discepoli<br />
morti trapassati: i Kahsi nel Kosala, i Vajji nel Malla, i Ceti nel Vansa, i Kuru nel Pancala, i<br />
Maccha nel<br />
Surasena: ' Costui costà è risorto, colui colà è risorto. Più d'uno, tra i discepoli di Nadika morti<br />
trapassati, i<br />
cinque vincoli mondani esausti, è risorto senza causa apparente in attesa della totale<br />
estinzione, elemento non
più ritornante in questo mondo. Più di novanta, tra i discepoli di Nadika morti trapassati, tre<br />
vincoli esausti:<br />
brama, astio, dubbio spariti, con un solo ritorno, tornando una sola volta a questo mondo<br />
porranno fine al<br />
dolore. Ben più di cinquecento discepoli di Nadika morti trapassati, tre vincoli esausti, entrati<br />
nella corrente,<br />
sono elementi liberi da rovina, in attesa della finale illuminazione'. E pertanto i discepoli di<br />
Nadika sono<br />
contenti, molto compiaciuti, piedi di gioia e soddisfazione, avendo udito, l'indicazione del<br />
Sublime."<br />
"6. Vi sono molti discepoli del Magadha che, come è noto, sono morti trapassati: certamente<br />
una parte del<br />
Magadha è spopolata dei discepoli morti trapassati. Essi furono devoti al Buddha, devoti alla<br />
Dottrina, devoti<br />
all'ordine, perfetti nel comportamento. I morti trapassati furono indicati dal Sublime e per<br />
essi fu buona<br />
l'indicazione, ed il popolo si rallegrò perché essi giunsero a buona meta. Colui invece che fu il<br />
re Seniya<br />
Bimbisara, giusto legittimo sovrano, benefico ai brahmani e ai padri di famiglia, agli abitanti<br />
della città ed a<br />
quelli del contado, certo gli uomini così l'onorano: ' Ecco a noi è morto il giusto legittimo re<br />
che ci rendeva<br />
felici, noi che lietamente dimorammo nel regno di questo giusto legittimo re. Egli fu certo<br />
devoto al Buddha,<br />
devoto alla Dottrina, devoto all'ordine, perfetto nel comportamento'. E gli uomini così dicono:<br />
' Sino alla<br />
morte fu dal Sublime lodato il morto re del Magadha, Seniya Bimbisara'. Se egli morto e<br />
trapassato fosse dal<br />
Sublime indicato con buona indicazione, il popolo si rallegrerebbe per lui che giunse a buona<br />
meta Poi la<br />
perfetta illuminazione del Sublime si compì nel Migadha. E se la perfetta illuminazione del<br />
Sublime si compì<br />
nel Magadha, perché allora il Sublime non indica i discepoli del Magadha morti trapassati<br />
nella loro<br />
rinascita? Invece il Sublime non indica i discepoli del Magadha morti trapassati nella loro<br />
rinascita, pertanto<br />
173<br />
i discepoli del Magadha restano umiliati, e se i discepoli del Magadha sono umiliati, perché i]<br />
Sublime non<br />
indica ciò? "" ""."<br />
Così il venerabile Ananda esposte al cospetto del Sublime le sue osservazioni intorno ai<br />
discepoli del<br />
Magadha, sorto da sedere salutato il Sublime, girando sulla destra se ne andò<br />
"7. Allora il Sublime, non molto dopo che il venerabile Ananda se ne era andato, di buon<br />
mattino, presi<br />
mantello e scodella, verso Nadika si avviò per il cibo. Ed avendo in cerca di cibo girato per<br />
Nadika, ed<br />
essendo tornato dal giro di elemosina, dopo il pasto, lavata la scodella, entrato nella casa di<br />
mattoni,
concentrata l'unita mente alla conoscenza ed alla realizzazione dei discepoli del Magadha,<br />
sull'apprestato<br />
sedile sedé: "" la sorte conoscerò di costoro, lo stato dopo la morte, questa essendo la loro<br />
sorte questo il loro<br />
stato dopo la morte "". E vide il Sublime quale fosse dei discepoli del Magadha la sorte, quale<br />
lo stato dopo<br />
la morte."<br />
Allora il Sublime, sorto dalla meditazione serale, uscito dalla casa di mattoni e rientrato nella<br />
dimora,<br />
sull'apprestato sedile sedé.<br />
"8. Allora il venerabile Ananda si diresse là dove era il Sublime, ed avvicinatosi, salutato il<br />
Sublime si sedé<br />
accanto. Accanto seduto il venerabile Ananda così disse al Sublime: ""Calmo d'aspetto, o<br />
signore, appare il<br />
Sublime, radioso, l'aspetto del Sublime è piacevole a vedersi. Forse che il Sublime in pace oggi<br />
dimorò nel<br />
vihara? ""."<br />
"9. "" Siccome tu, o Ananda, hai al mio cospetto esposte le tue osservazioni intorno ai discepoli<br />
del<br />
Magadha, e sorto da sedere ti sei allontanato, io, dopo aver girato per cibo in Nadika, ed essere<br />
ritornato dal<br />
giro di elemosina, dopo il pasto, lavata la scodella, entrato nella casa di mattoni, concentrata<br />
l'unita mente<br />
alla conoscenza ed alla realizzazione dei discepoli del Magadha, sedei sull'apprestato sedile: ""<br />
La sorte<br />
conoscerò di costoro, lo stato dopo la morte, questa essendo la loro sorte questo il loro stato<br />
dopo la morte "".<br />
Ed io vidi, o .Ananda, proprio la sorte, proprio lo stato dopo la morte dei discepoli del<br />
Magadha. Ed ecco, o<br />
Ananda, che uno spirito evanescente esclamò: "" Io, o Sublime, sono Janavasabha Io, o<br />
Benvenuto, sono<br />
Janavasabha "". Ti ricordi forse, o Ananda, di aver già udito un tale nome? ""."<br />
" No, o signore, io non ricordo di aver di già udito un tal nome come questo di Janavasabha.<br />
Ma, o signore,<br />
mi si drizzano i capelli udendo il nome di Janavasabha. O signore, io penso: ahi forse sarà uno<br />
spirito<br />
infernale quello il cui nome è Janavasabha""""."<br />
"10. ""Immediatamente si manifestò di nuovo quello spirito, e con superbo splendore apparve<br />
al mio<br />
cospetto e per la seconda volta esclamò: "" lo sono, o Sublime, Bimbisara, io sono, o<br />
Benvenuto, Bimbisara.<br />
Questa è la settima volta che risorgo in compagnia del gran re Vessavana. Io che prima fui re<br />
uomo ora sono<br />
re non uomo:"<br />
"Qui sette, lì sette: quattordici nascite ben conosco l'esistenza, presto sarò esausto. Da lungo<br />
tempo senza<br />
rovina, ho realizzate il senza rovina, ed ora attendo l'ultimo ritorno""."<br />
" È meraviglioso ciò al venerabile spirito Janavasabha, è straordinario ciò al venerabile spirito<br />
Janavasabha: '
da lungo tempo senza rovina, ho realizzato il senza rovina ed ora attendo l'ultimo ritorno'. Per<br />
qual motivo il<br />
venerabile spirito Janavasabha ha realizzato tale splendido personale guadagno? ""."<br />
"11. "" Non per altro insegnamento se non per i] tuo, o Sublime, non per altro insegnamento,<br />
se non per il<br />
tuo, o Benvenuto. Siccome estremamente, o signore, io fui devoto al Sublime, ecco che io, già<br />
da lungo<br />
tempo senza rovina, ho realizzato il senza rovina, ed ora attendo l'ultimo ritorno. Proprio io, o<br />
signore,<br />
inviato per certi affari dal gran re Vessavana alla presenza del gran re Virulhaka, vidi il<br />
Sublime che, entrato<br />
dalla strada nella casa di mattoni, i discepoli del Magadha oggettivando, osservando, rivolta la<br />
concentrata<br />
mente, sedeva: "" La sorte conoscerò di costoro, lo stato dopo la morte, questa essendo la loro<br />
sorte questo il<br />
loro stato dopo la morte "". E dopo non molto, o signore, mentre nell'assemblea del gran re<br />
Vessavana<br />
parlavo, proprio questo ho udito, proprio questo ho appreso: ""questa essendo la loro; sorte,<br />
questo il loro<br />
174<br />
stato dopo la morte "". Ed allora, o signore, così fu in me: "" vedrò il Sublime, e gli riferirò ciò"".<br />
Questi<br />
dunque, o signore, i due motivi per cui venni a vedere il Sublime."<br />
"12. I giorni precedenti, o signore, gli antiprecedenti, al tempo della vigilia, al quindicesimo,<br />
alla festa della<br />
fine delle piogge, nelle notti di plenilunio, per un intero kalpa, i trentatré dèi nella sala fatta<br />
d'ambrosia sono<br />
insieme seduti, e insieme riuniti; e sono tutti quanti seduti nella grande divina assemblea, ed i<br />
quattro grandi<br />
re sono seduti ai quattro punti cardinali. Nella regione del levante Dhatarattha, grande re, è<br />
seduto rivolto a<br />
ponente in onore degli dèi. Nella regione del mezzodì Virulhaka, grande re, è seduto rivolto a<br />
settentrione in<br />
onore degli dèi. Nella regione del ponente Virupakkha, grande re, è seduto rivolto verso<br />
levante in onore<br />
degli dèi. Nella regione del settentrione Vessavana, grande re, è seduto rivolto verso mezzodì<br />
in onore degli<br />
dèi. E proprio così, o signore, per un intero kalpa, i trentatré dèi nella sala fatta d'ambrosia<br />
sono insieme<br />
seduti, insieme riuniti; e sono tutti quanti seduti nella grande divina assemblea, ed i quattro<br />
grandi re sono<br />
seduti ai quattro punti cardinali ed ognuno di essi là è sul trono ed anche a noi è un più basso<br />
sedile. E quegli<br />
dèi, o signore, che sono vissuti secondo la purezza del Sublime e sono risorti nel coro dei<br />
trentatré dèi, gli<br />
altri dèi superano e per aspetto e per qualità. Pertanto proprio o signore, i trentatré dèi erano<br />
lieti, contenti,<br />
fatti felici e beati: i cori divini, certamente, aumentano, i cori degli Asura (2) diminuiscono."<br />
13. Allora, o signore, Sakka re degli dèi, vedendo la gioia dei trentatré dèi, si compiacque con<br />
questi canti:
" Si rallegrano certo, o cari, i trentatré dèi col loro re. ."<br />
Essi onorano il Compiuto e la buona realizzazione della Dottrina vedendo nuovi dèi, splendidi<br />
e gloriosi,:<br />
qui sorgere per aver praticato purezza nel Benvenuto.<br />
Costoro gli altri superano per aspetto e qualità,<br />
discepoli dell'Ampiveggente, eccellentemente qui sorti.<br />
giustamente si allietano i trentatré dèi col loro re.<br />
"Essi onorano il Compiuto e la buona realizzazione della Dottrina "" ."<br />
"Pertanto proprio, o signore, i trentatré dèi erano lieti, contenti, fatti felici e beati: "" i cori<br />
divini certamente<br />
aumentano, i cori asurici diminuiscono""."<br />
14. Allora, o signore, i trentatré dèi gioiosamente nella sala d'ambrosia erano insieme seduti,<br />
insieme riuniti e<br />
risplendendo di questa gioia, considerando questa gioia essi pronunciavano le parole nelle<br />
quali si<br />
rallegravano i quattro grandi re.<br />
Erano enunciate parole nelle quali si rallegravano i quattro grandi re: quattro grandi re seduti<br />
immobili sui<br />
loro troni.<br />
Le sentenze pronunciate, i re eseguiscono gli ordini.<br />
Pura la mente, calmi siedono sui troni.<br />
15. Allora, o signore, dalla regione del settentrione sorse una luce abbagliante e si manifestò<br />
uno splendore<br />
superante la divina magnificenza degli dèi. Allora, o signore, Sakka re degli dèi così disse ai<br />
trentatré dèi:<br />
Là dove, o venerabili, si vedono prodigi, sorge una luce, si manifesta uno splendore, là<br />
apparirà Brahma (3).<br />
Tale è il segno preannunciatore dell'apparire di Brahma: proprio là dove sorge una luce si<br />
rende manifesto<br />
uno splendore.<br />
"Se si vedranno prodigi: Brahma sarà manifesto, di Brahma questo è il segno: un grande<br />
esteso splendore""."<br />
"16. Allora, o signore, i trentatré dèi si sedettero sui loro seggi: "" Se conosceremo questa<br />
meraviglia vi sarà<br />
un effetto, sperimentando il quale progrediremo""."<br />
"I quattro grandi re sedettero sui loro seggi: "" Se conosceremo questa meraviglia vi sarà un<br />
effetto,<br />
sperimentando il quale progrediremo""."<br />
"Ciò avendo udito i trentatré dèi raggiunsero la calma: "" Se conosceremo questa meraviglia vi<br />
sarà un<br />
effetto, sperimentando il quale progrediremo""."<br />
175<br />
"17. E come, o signore, Brahma Sanamkumara si rese manifesto ai trentatré dèi, si rese<br />
manifesto creando<br />
una splendente immagine ma non assumendo, o signore, quello che è l'abituale aspetto di<br />
Brahma, fu agli<br />
occhi dei trentatré dèi. Ed essendosi, o signori, Brahma Sanamkumara manifestato ai trentatré<br />
dèi, li<br />
superava tutti in aspetto e qualità; e come la materia dell'oro supera la materia dell'uomo,<br />
così, o signore,
Brahma Sanamkumara, manifestatosi ai trentatré dèi, li superava tutti in aspetto e qualità.<br />
Come, o signore,<br />
Brahma Sanamkumara si rese manifesto ai trentatré dèi, nessun dio dell'assemblea lo salutò,<br />
né sorto lo<br />
invitò a sedere: tutti rimasero in silenzio e giunte le mani si sedettero sui garretti: "" ora<br />
Brahma<br />
Sanamkumara si siederà sul trono di quel dio che vorrà "". Proprio, o signore, il dio sul cui<br />
trono siede<br />
Brahma Sanamkumara ottiene un'eccelsa consacrazione, ottiene un'eccelsa spirituale gioia.<br />
Come, o signore,<br />
un re guerriero, essendo stato unto nel capo, giustamente consacrato re, ottiene un'eccelsa<br />
consacrazione, una<br />
eccelsa spirituale gioia, proprio così quel dio, sul cui seggio siede Brahma Sanamkumara<br />
ottiene un'eccelsa<br />
consacrazione, ottiene una eccelsa spirituale gioia."<br />
18. Allora, o signore, Brahma Sanamkumara si manifestò ai trentatré dèi assumendo la sua<br />
naturale forma,<br />
che è la forma del fanciullo Pancasikha. E, rimanendo in aria, sospeso tra cielo e terra, si sedé<br />
sui garretti.<br />
Come, o signore, un uomo robusto, aperte ed incrociate le gambe, in terra può sedersi sui<br />
garretti, proprio<br />
Così Brahma Sanamkumara, rimanendo in aria, sospeso tra cielo e terra, si sedé sui garretti<br />
e, conoscendo la gioia dei trentatré dèi, disse questo canto:<br />
Si rallegrano certo, o cari, i trentatré dèi col loro re.<br />
Essi onorano il Compiuto e la buona realizzazione della Dottrina vedendo nuovi dèi, splendidi<br />
e gloriosi,<br />
"qui sorgere per aver praticato purezza nel Benvenuto. Costoro gli altri superano per aspetto<br />
e qualità,<br />
discepoli dell'Ampiveggente, eccellentemente qui sorti. Giustamente si allietano i trentatré dèi<br />
col loro re.<br />
Essi onorano il Compiuto e la buona realizzazione della Dottrina ""."<br />
19. Così felicemente parlò, o signore, Brahma Sanamkumara e proprio la voce con cui Brahma<br />
Sanamkumara parlò era dotata di otto qualità: chiara, ben udibile, piacevole, armoniosa,<br />
piena, raccolta,<br />
profonda, risonante. E mentre l'assemblea risonava per la voce di Brahma Sanamkumara<br />
nessun suono uscì<br />
dall'assemblea. Così, o signore, la voce era dotata di otto qualità, così parlò la voce di Brahma.<br />
20. Allora, o signore, Brahma Sanamkumara, create trentatré forme si sedé su ciascuno dei<br />
seggi dei trentatré<br />
dèi, e così parlò ai trentatré dèi:<br />
Che pensano, o signori, i trentatré dèi? Che il Sublime insegna a beneficio di molti, a letizia di<br />
molti, per<br />
compassione del mondo, a beneficio, a letizia di uomini e dèi. Che coloro che prendono rifugio<br />
nel Buddha,<br />
rifugio nella Dottrina, rifugio nell'ordine, e sono perfetti nel comportamento, colla<br />
dissoluzione del corpo,<br />
dopo la morte risorgono alcuni per una sola volta compagni degli dèi Paranimmita Vasavatti,<br />
altri degli dèi<br />
Nimmanarati, altri degli dèi Tubista, degli dèi Yama, dei trentatré dèi, dei quattro grandi re<br />
risorgono in
compagnia. E quelli che conseguono il più basso conseguono il coro dei Gandhabba.<br />
"21. Così felicemente parlò, o signore, Brahma Sanamkumara. Così felicemente avendo<br />
parlato, o signore,<br />
della voce di Brahma Sanamkumara ciascun dio allora credette: "" quegli che è sul mio sedile<br />
quegli solo ha<br />
parlato""."<br />
Per un solo che parla tutte parlano le immagini, per un solo che tace tutte tacciono le<br />
immagini. Ora ben<br />
pensano i trentatré dèi col loro capo quegli che è sul mio seggio quegli solo parla.<br />
22. Allora, o signore. Brahma Sanamkumara si riunì in una sola entità, riunitosi in una sola<br />
entità, sedutosi<br />
sul seggio di Sakka (4), re degli dèi, così parlò:<br />
Che pensano, o signori, i trentatré dèi? Che ben sistemate furono dal Sublime, Sapiente,<br />
Veggente, Santo,<br />
Perfetto, perfettamente Svegliato, le quattro basi dei poteri, del potere comune, del potere<br />
diffuso, del potere<br />
miracoloso. Quali quattro? Ecco un monaco è dotato di volontà fortemente concentrata, di<br />
sforzo fortemente<br />
concentrato, di mente fortemente concentrata, di investigazione fortemente concentrata:<br />
queste sono le basi<br />
del potere. Queste sono le discipline ben sistemate del Sublime Sapiente, Veggente, Santo,<br />
Perfetto,<br />
perfettamente Svegliato, sulle quattro basi del potere, del potere comune, del potere diffuso,<br />
del potere<br />
176<br />
miracoloso. E tutti quei molteplici insiemi di poteri, che nel passato asceti o brahmani<br />
realizzarono, furono<br />
conseguenza e pratica delle quattro basi del potere. E tutti quei molteplici insiemi di poteri,<br />
che nel futuro<br />
asceti o brahmani realizzeranno, saranno conseguenza e pratica delle quattro basi del potere.<br />
Non vedono<br />
forse, o signori, i trentatré dèi che proprio di siffatta origine è il mio grande potere?.<br />
Sì, o Brahma .<br />
Io proprio in conseguenza, per pratica delle quattro basi del potere sono molto potente, molto<br />
eminente.<br />
23. Così felicemente parlò Brahma Sanamkumara. Così felicemente Brahma Sanamkumara<br />
avendo parlato si<br />
rivolse ai trentatré dèi:<br />
Che pensano, o signori, i trentatré dèi? I tre precetti opportuni costituiti di lunga gioia,<br />
scoperti dal Sublime,<br />
Sapiente, Veggente, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato. Quali tre?<br />
Ecco, o signori, un tale dimora in mezzo alle brame, dimora in mezzo ad elementi non salutari.<br />
Egli ode<br />
quindi | la nobile Dottrina, ed attento vi pone mente e procede nella comprensione della<br />
Dottrina. Egli<br />
attento, posta mente alla udita nobile Dottrina, procedendo nella comprensione della Dottrina,<br />
dimora lungi<br />
da brame, lungi da elementi non salutari, ed a lui, che lungi da brame, lungi da elementi non<br />
salutari dimora,
sorge gioia e dalla gioia una più alta serenità. Questo è il primo precetto opportuno scoperto<br />
dal Sublime,<br />
Sapiente, Veggente, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, costituito di lunga gioia.<br />
24. Inoltre, o signori, ecco un tale cui non son quietati i grossolani sankhara del corpo, non son<br />
quietati i<br />
grossolani sankhara della parola, non son quietati i grossolani sankhara della mente. Egli ode<br />
quindi la nobile<br />
Dottrina, attento vi pone mente e procede nella comprensione della Dottrina. Posta mente alla<br />
udita nobile<br />
Dottrina, procedendo egli attento nella comprensione della Dottrina, i sankhara grossolani del<br />
corpo si<br />
acquietano, i sankhara grossolani della parola si acquietano, i sankhara grossolani della mente<br />
si acquietano.<br />
E dall'acquietarsi dei sankhara grossolani del corpo, della parola, della mente, sorge in lui<br />
gioia e dalla gioia<br />
una più alta serenità. Come dal piacere è generata la soddisfazione proprio così i grossolani<br />
sankhara del<br />
corpo, i grossolani sankhara della parola, i grossolani sankhara della mente acquietati, sorge<br />
la gioia e dalla<br />
gioia una più alta serenità. Questo è il secondo precetto opportuno scoperto dal Sublime,<br />
Sapiente, Veggente,<br />
Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />
costituito di lunga gioia.<br />
25. Inoltre, o signori, ecco un tale ' questo è salutare' I secondo realtà non conosce, ' questo<br />
non è salutare '<br />
secondo realtà non conosce, ' questo è biasimevole, questo non è biasimevole, questo è da<br />
praticarsi, questo è<br />
da non praticarsi, questo è basso, questo è alto, questo è composto di tenebra e di gioia',<br />
secondo realtà non<br />
conosce. Egli ode quindi la nobile Dottrina, attento vi pone mente e procede nella<br />
comprensione della<br />
Dottrina. Egli attento, posta mente alla udita _<br />
nobile Dottrina, procedendo, nella comprensione della Dottrina, ' questo è salutare ' secondo<br />
realtà conosce, '<br />
questo non<br />
è salutare ' secondo realtà conosce, ' questo è biasimevole, questo non è biasimevole, questo è<br />
da praticarsi,<br />
questo è da non<br />
praticarsi, questo è basso, questo è alto, questo è composto<br />
di tenebra e di gioia', secondo realtà conosce. In lui che così<br />
conosce, così vede, scompare l'ignoranza sorge la sapienza.<br />
In lui, colla distruzione dell'ignoranza, col sorgere della sapienza, sorge gioia e dalla gioia una<br />
più alta<br />
serenità. Come<br />
dal piacere è generata la soddisfazione proprio così colla distruzione dell'ignoranza, col<br />
sorgere della<br />
sapienza, sorge la<br />
gioia e dalla gioia una più alta serenità. Questo è il terzo precetto opportuno scoperto dal<br />
Sublime, Sapiente,<br />
Veggente,
Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, costituito di lunga gioia.<br />
"Questi dunque o signori, sono i tre precetti opportuni costituiti di lunga gioia, scoperti dal<br />
Sublime,<br />
Sapiente, Veggente, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato ""."<br />
177<br />
26. Così felicemente, o signore, Brahma Sanamkumara parlò. Così avendo, o signore,<br />
felicemente parlato,<br />
Brahma Sanamkumara si rivolse ai trentatré dèi:<br />
" Che pensano, o signori, i trentatré dèi? Le quattro basi della consapevolezza costituite di<br />
lunga salute, ben<br />
insegnate dal Sublime, Sapiente, Veggente, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato. Quali<br />
quattro? Ecco, un<br />
monaco, lungi nel mondo cupidigia e sofferenza, nell'interno del corpo attento ,"<br />
al corpo, dimora strenuo chiaro consapevole. E dimorando<br />
all'interno del corpo attento al corpo, qui completamente si<br />
unifica, completamente si rasserena. E quegli, qui completamente unificato, completamente<br />
rasserenato, al di<br />
fuori, al di là del corpo si procura intelligenza e visione attento alla<br />
sensazione. All'interno della sensazione, della mente, lungi<br />
nel mondo cupidigia e sofferenza, all'interno degli elementi<br />
dimora attento agli elementi, dimora strenuo chiaro consapevole. E dimorando nell'interno<br />
degli elementi,<br />
attento agli elementi, qui completamente si unifica, completamente si rasserena. E quegli, qui<br />
completamente<br />
unificato, completamente rasserenato, al di fuori, al di là degli elementi, si procura intelligenza<br />
e visione.<br />
"Queste sono le quattro meditazioni costituite di lunga salute, ben insegnate dal Sublime,<br />
Sapiente,<br />
Veggente, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato""."<br />
27. Così felicemente, o signore, parlò Brahma Sanamkumara. Così avendo, o signore,<br />
felicemente parlato<br />
Brahma Sanamkumara si rivolse ai trentatré dèi:<br />
Che pensano, o signori, i trentatré dèi? I sette fattori della concentrazione, per lo sviluppo<br />
della retta<br />
concentrazione, per il completamento della retta concentrazione, insegnati dal Sublime,<br />
Sapiente, Veggente,<br />
Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato. Quali sette ? Retta opinione, retta intenzione, retta<br />
parola, retta<br />
azione, retta vita, retto esercizio, retta consapevolezza. E quella, così apprestata, unificazione<br />
della mente in<br />
questi sette componenti, viene detta la nobile retta concentrazione nelle sue cause e<br />
conseguenze. Da retta<br />
opinione procede retta intenzione, da retta intenzione procede retta parola, da retta parola<br />
procede retta<br />
azione, da rettazione procede retta vita, da retta vita procede retto esercizio, da retto esercizio<br />
procede retta<br />
consapevolezza, da retta consapevolezza procede retta sapienza, da retta sapienza procede<br />
retta liberazione. E<br />
così parla chi rettamente parla: 'ben insegnata è dal Sublime la Dottrina, chiara non oscura,<br />
invitante
all'introspezione, di guida a ciascuno, apprendibile dai saggi, porta aperta sul non più morire '.<br />
Proprio così<br />
parla chi rettamente parla ' Ben insegnata è dal Sublime la Dottrina chiara non oscura,<br />
invitante<br />
all'introspezione, di guida a ciascuno, apprendibile dai saggi, porta aperta sul non più morire '.<br />
E i due milioni quattrocentomila seguaci del Magadha per definitivo riposo seguaci del<br />
Buddha, per<br />
definitivo riposo<br />
seguaci della Dottrina, per definitivo riposo seguaci dell'ordine, seguaci del nobile lieto<br />
comportamento,<br />
educati eccelsamente alla Dottrina, morti trapassati, sono risorti senza visibile causa, ed<br />
estinti tre vincoli,<br />
entrati nella corrente, hanno raggiunto l'elemento privo di rovina, sicuri della banale totale<br />
illuminazione, e<br />
vi è colui che ritorna solo più una volta.<br />
"Questa è la seconda classe meritoria (5) che posso conoscere scrupoloso di menzogna""."<br />
"28. Così felicemente, o signore, parlò Brahma Sanamkumara e così al gran re Vessavana sorse<br />
nella mente<br />
questo pensiero è meraviglioso, è straordinario, certo un siffatto maestro sarà eccellentissimo,<br />
una siffatta<br />
esposizione della Dottrina, udita, sarà un eccellentissimo guadagno""."<br />
Allora, o signore, Brahma Sanamkumara avendo conosciuto il pensiero della mente del gran re<br />
Vessavana:<br />
Che pensa, o signore, il gran re Vessavana? Vi è stato un eccelso maestro, si è udita un'eccelsa<br />
esposizione<br />
della Dottrina, vi è stato un eccelso guadagno. E ancora vi sarà un eccelso maestro, sarà udita<br />
un'eccelsa<br />
esposizione della Dottrina, vi sarà un eccelso guadagno.<br />
"29. Così felicemente disse Brahma Sanamkumara ai trentatré dèi. Così felicemente il gran re<br />
Vessavana,<br />
udite le parole di Brahma Sanamkumara alla presenza dei trentatré dèi, avendole ritenute, le<br />
riferì alla sua<br />
178<br />
assemblea. Così felicemente lo spirito Janavasabha udite le parole del re Vessavana nella Sua<br />
assemblea, e<br />
avendole ritenute le riferì al Sublime. Così felicemente il Sublime, udite le parole dello spirito<br />
Janavasabha<br />
in sua presenza e avendole verificate da sé stesso per diretta osservazione le riferì al<br />
venerabile Ananda. Così<br />
felicemente il venerabile Ananda, udite le parole del Sublime e avendole ritenute, le riferì ai<br />
monaci, alle<br />
monache, ai seguaci, ed alle seguaci. E la condizione di purezza fu la spiegata, esposta per<br />
quanto si riferisce<br />
agli uomini, largamente a città popolose e grandi moltitudini di genti""."<br />
JANAVASASBHA SUTTANTA<br />
FINE<br />
(Traduzione di Eugenio Frola)<br />
DHAMMAPADA<br />
(I VERSI DELLA LEGGE)<br />
CAPITOLO I
YAMAKA-VAGGA<br />
(STROFE A COPPIA<br />
1. Gli elementi della realtà (dhamma) (1) hanno la mente come principio hanno la mente come<br />
elemento<br />
essenziale e sono costituiti di mente. Chi parli oppure operi con mente corrotta, lui segue la<br />
sventura come la<br />
ruota segue il piede [dell'animale che traina il veicolo].<br />
2. Gli clementi della realtà hanno la mente come principio, hanno la mente come elemento<br />
essenziale e sono<br />
costituiti di mente. Chi parli oppure operi con mente serena, lui segue la felicità come l'ombra<br />
che non si<br />
diparte.<br />
"3. "" Egli mi ha ingiuriato, egli mi ha battuto, egli mi ha vinto, egli mi ha derubato"": coloro<br />
che accolgono<br />
tali pensieri, in costoro l'odio non si placa."<br />
"4. ""Egli mi ha ingiuriato, egli mi ha battuto, egli mi ha vinto, egli mi ha derubato "": coloro<br />
che non<br />
accolgono tali pensieri, in costoro si placa l'odio."<br />
5. Mai, invero, si placano quaggiù gli odii con l'odiare: col non-odiare si placano. Questa è legge<br />
eterna.<br />
"6. Gli altri non sanno: "" noi qui dobbiamo domarci"". Cessano le contese per coloro che in tal<br />
modo<br />
conoscono."<br />
7. Chi trascorre la vita badando solo al piacere, non controllato nei sensi, senza conoscere<br />
misura nel cibo,<br />
pigro e fiacco, lui trascina via Mara 2 come il vento [svelle] l'albero debole.<br />
8. Chi trascorre la vita senza badare al piacere, ben controllato nei sensi, che conosce misura<br />
nel cibo, che è<br />
fedele ed energico, lui non trascina Mara, come il vento [non scuote] una montagna di roccia.<br />
9. Chi, non essendo spoglio di impurità, rivesta l'abito giallo 3, sprovvisto di dominio su se<br />
stesso e di<br />
sincerità, costui non è degno dell'abito giallo.<br />
10. Chi si sia spogliato delle impurità, ben fondato nell'esercizio delle virtù, ed abbia<br />
conquistato dominio su<br />
se stesso e sincerità, costui è, invero, degno dell'abito giallo.<br />
11. Coloro che si immaginano il reale nell'irreale e vedono l'irreale nel reale, costoro non<br />
pervengono al<br />
reale, ma restano campo d'azione di false immaginazioni.<br />
12. Coloro che, invece, riconoscono l'essenziale nell'essenziale ed il non-essenziale nel nonessenziale,<br />
costoro invero conseguono l'essenziale, divenuti campo d'azione di giuste immaginazioni.<br />
13. Come la pioggia penetra in una casa mal coperta,, così pure la passione (4) penetra in una<br />
mente non usa<br />
alla meditazione (5).<br />
14. Come la pioggia non penetra in una casa ben coperta, così pure la passione non penetra<br />
nella mente<br />
179<br />
esperta<br />
alla meditazione<br />
15. Il peccatore in questo mondo si affligge, una volta
trapassato si affligge, in entrambo i mondi si affligge: costui<br />
si tormenta, vedendo il cattivo risultato di ciò che egli stesso<br />
ha compiuto.<br />
16. Chi ha fatto il bene in questo mondo si rallegra, una<br />
volta trapassato si rallegra, in entrambo i mondi si rallegra:<br />
costui si rallegra, costui gioisce, contemplando la purità di ciò<br />
che egli stesso ha compiuto.<br />
17. Il peccatore in questo mondo si tormenta, una volta<br />
trapassato si tormenta, in entrambo i mondi si tormenta. Egli<br />
"si tormenta [pensando]: "" ho compiuto il male""; tanto più"<br />
si tormenta quanto più procede sulla mala strada.<br />
18. Chi ha fatto il bene in questo mondo è contento, una<br />
volta trapassato è contento, in entrambo i mondi è contento.<br />
"Pensando: ""io ho fatto il bene "" di nuovo è contento, e tanto"<br />
più è contento quanto più procede sulla buona strada.<br />
19. Anche se uno reciti un lungo tratto di versi sacri, ma<br />
non operi conforme a loro, costui è uomo negligente (6): come<br />
un pastore che conti le vacche altrui, egli non partecipa alla<br />
condizione di asceta.<br />
20. Anche se reciti un breve tratto di versi sacri, ma<br />
operi conforme a loro secondo la Legge, avendo abbandonato<br />
passione, odio ed ottundimento mentale, e possedendo retta<br />
conoscenza ed animo sereno, ormai distaccato in questo e<br />
nell'altro mondo, costui partecipa alla condizione di asceta.<br />
CAPITOLO II<br />
APPAMADA-VAGGA<br />
(L'ATTENZIONE)<br />
"21. L'attenzione è il sentiero conducente all'immortalità, la disattenzione è il sentiero della<br />
morte; gli attenti<br />
non muoiono, i disattenti sono già come morti."<br />
22. Costoro che sono esperti nell'[esercizio dell'] attenzione, avendo ciò chiaramente<br />
riconosciuto, gioiscono<br />
di essere attenti, rallegrandosi di appartenere agli Eletti (7).<br />
23. Questi uomini, forti, meditanti, costanti, sempre pieni di energia, sperimentano<br />
l'Estinzione (Nibbana), la<br />
Suprema Beatitudine.<br />
24. Cresce la gloria dell'uomo attento, che ha rialzato se stesso, che è raccolto in sé (8) le cui<br />
azioni sono<br />
pure, che opera con ponderazione, che vive continente e secondo la Legge.<br />
Mediante l'elevazione interiore, il controllo ed il dominio di sé, il Saggio edifichi un'isola che<br />
l'alluvione non<br />
sommerga.<br />
26. Gli sciocchi sono dediti alla distrazione, gente di poco intendimento! Il Saggio, invece,<br />
custodisce<br />
l'attenzione come la ricchezza [più] preziosa.<br />
27. Non abbandonatevi alla distrazione, non abbiate dimestichezza coi piaceri ed i diletti (9). Il<br />
diligente che<br />
medita acquista felicità completa.<br />
28. L'uomo accorto, allorché con l'attenzione scaccia la disattenzione, salito sull'alta terrazza<br />
della saggezza
180<br />
(10), sereno, contempla gli stolti, gente turbata dal dolore, come chi è salito in cima ad una<br />
montagna guarda<br />
la gente che sta in pianura.<br />
29. Attento fra i disattenti, ben sveglio fra gli addormentati, egli, giudizioso, procede<br />
distanziando gli altri<br />
come un corriere [distanzia] il ronzino.<br />
"30. Fu mediante l'[esercizio dell'] attenzione che Maghavan "" giunse alla supremazia sugli<br />
dèi. L'attenzione<br />
è pregiata, la disattenzione sempre disprezzata."<br />
31. L'asceta, che si diletta nell'essere attento ed alla disattenzione guarda con paura, procede<br />
come il fuoco,<br />
bruciando tutti i legami, grandi e piccoli.<br />
32. L'asceta, che si diletta nell'attenzione ed alla disattenzione guarda con paura, non è fatto<br />
per perdersi,<br />
anzi è al vicino al Nibbana.<br />
CAPITOLO III<br />
CITTA-VAGGA<br />
(IL PENSIERO) (12)<br />
33. Il pensiero tremulo, labile, difficile a custodire, difficile a contenere, esso raddrizza l'uomo<br />
accorto, come<br />
un fabbricatore di frecce il dardo.<br />
34. Come un pesce tolto dalla sua acquatica dimora e gettato sul pavimento, trema questo<br />
[nostro] pensiero,<br />
allorchè deve rinunciare ad essere dominato da Mara.<br />
35. È bene che si domini il pensiero, inafferrabile, leggero, che si getta su ciò che gli piace: il<br />
pensiero<br />
domato è portatore di felicità.<br />
36. Custodisca l'uomo accorto il pensiero, difficile da percepire, guizzante, che si getta su ciò<br />
che gli piace: il<br />
pensiero ben guardato porta felicità.<br />
37. Coloro che controllano il pensiero, che viaggia lontano, che cammina solo, incorporeo, che<br />
alloggia nella<br />
caverna [del cuore] (13) costoro si liberano dai vincoli di Mara.<br />
38. Per colui il cui pensiero è instabile, che non conosce la Buona Legge, la cui calma mentale è<br />
turbata, per<br />
costui la conoscenza (14) non è completa.<br />
39. Per colui il cui pensiero non divaga, la cui mente non è trascinata, che ha abbandonato<br />
bene e male (15),<br />
per colui che è vigilante, per costui non esiste paura.<br />
40. Avendo riconosciuto questo corpo come simile ad una giara, avendo consolidato il<br />
pensiero come una<br />
fortezza, si assalga Mara con l'arma della conoscenza, vintolo lo si custodisca, e non si abbia<br />
mai luogo di<br />
riposo.<br />
41. Fra non molto, ahimè, giacerà a terra questo corpo caduto, spregiato, senza conoscenza,<br />
come un pezzo<br />
di legno buttato via!<br />
42. Di ciò che potrebbe fare un odiatore ad un odiatore, un nemico ad un nemico, molto più<br />
male fa
[all'uomo stesso] il [suo] pensiero falsamente diretto.<br />
43. Di ciò che potrebbero fare un padre ed una madre, i parenti stretti e le parenti, molto più<br />
bene fa<br />
[all'uomo] la mente ben diretta.<br />
CAPITOLO IV<br />
181<br />
PUPPHA-VAGGA<br />
(I FIORI)<br />
44. Chi vincerà questa terra ed il mondo di Yama assieme a [quello degli] dèi? Chi coglierà il<br />
Dhammapada<br />
bene spiegato, come l'esperto [coglie] il [giusto] fiore?<br />
45. Il discepolo vincerà la terra, il mondo di Yama, assieme a [quello de]gli dèi. Il discepolo<br />
coglierà il<br />
Dhammapada ben spiegato, come l'esperto [coglie] il [giusto] fiore.<br />
46. Avendo conosciuto questo corpo come simile alla spuma, avendo compreso la sua natura<br />
di miraggio,<br />
spezzate le fiorite frecce di Mara (16), proceda egli invisibile al Re della Morte<br />
47. La morte si porta via, invero, l'uomo che raccoglie fiori (17) e colui la cui mente è distratta,<br />
come<br />
un'alluvione [spazza via] il villaggio addormentato.<br />
48. Mentre l'uomo raccoglie fiori, la sua mente è distratta, e non è sazio di piaceri, il Finitore lo<br />
prende in suo<br />
potere.<br />
49. Come, invece, l'ape raccoglie il succo dei fiori, senza danneggiarne colore e profumo, così<br />
dimori l'asceta<br />
(18) nel villaggio.<br />
50. Non badi ai torti altrui, non a ciò che altri avrebbe dovuto fare o non fare: osservi,<br />
piuttosto, ciò che egli<br />
ha fatto o non ha fatto.<br />
51. Come un bel fiore smagliante [ma] privo di profumo, altrettanto belle ma prive di frutto<br />
sono le parole di<br />
colui che non agisca conforme a loro.<br />
52. Come un bel fiore smagliante e profumato, altrettanto belle e fruttuose sono le parole di<br />
colui che agisca<br />
conforme a loro.<br />
53. Come si possono intrecciare molte collane da un mucchio di fiori, così pure molte buone<br />
cose possono<br />
essere compiute da un mortale, una volta che sia nato.<br />
"54. Il profumo dei fiori non va controvento, non [quello di] sandalo, tagara, o gelsomino; il<br />
profumo dei<br />
buoni va controvento, in tutti i sensi lo effonde il virtuoso."<br />
55. Sandalo, tagara, loto e vassikl: di tutte queste specie di profumo quello della virtù è<br />
maggiore.<br />
56. Di poco valore è il profumo che viene dal fagara e dal sandalo: il profumo dei virtuosi sale,<br />
invece,<br />
altissimo fra gli dèi.<br />
57. Di coloro che sono dotati di virtù, che risiedono nel l'attenzione e che si sono liberati<br />
mediante la perfetta<br />
conoscenza, di costoro Mara non trova la via.
58. Come in un mucchio di spazzatura gettata sulla strada maestra può nascere un loto<br />
profumato e delizioso,<br />
così pure nel mucchio spregevole, nel volgo cieco, fra la gente bassa, risplende per conoscenza<br />
il discepolo<br />
del Buddha totalmente illuminato.<br />
CAPITOLO V<br />
BALA-VAGGA<br />
(LO STOLTO)<br />
60. Lunga è la notte per chi veglia, lungo è un miglio per chi è stanco, lungo è il vivere-emorire<br />
(19) per<br />
quegli sciocchi che ignorano la Buona Legge.<br />
61. Il viaggiatore, se non incontra a tenergli compagnia uno migliore di lui o simile a lui,<br />
proceda<br />
decisamente da solo: con lo stolto non vi è compagnia.<br />
"62. "" Questi figli sono miei, questa ricchezza è mia!"", così [pensando] lo stolto è travagliato.<br />
Ma se egli<br />
stesso non appartiene a se stesso, quanto meno i figli, quanto meno la ricchezza !"<br />
63. Lo stolto che conosce la propria stoltezza è saggio almeno per questo: lo sciocco che si<br />
ritiene un<br />
182<br />
saggio, quegli veramente [è ciò che] si chiama uno scemo!<br />
64. Se anche per tutta la vita uno stolto si accompagnasse<br />
ad un saggio non arriverebbe a conoscere la Buona Legge (20),<br />
come il cucchiaio non conosce il sapore della zuppa.<br />
65. Se anche un solo minuto l'intelligente si accompagna<br />
al saggio, ben presto viene a conoscere la Buona Legge, come<br />
la lingua il sapore della zuppa.<br />
66. Gli sciocchi, privi di intendimento, vanno con se stessi<br />
come un nemico, compiendo azioni cattive che portano [loro].<br />
frutti amari.<br />
67. Non è un'azione ben fatta quella che una volta compiuta, cagiona pentimento, il cui<br />
compenso (21) si<br />
riceve con<br />
volto lacrimoso e pianto.<br />
68. Ben fatta è quell'azione una volta compiuta la quale non ci si pente, il cui compenso si<br />
riceve contenti e<br />
di buon animo.<br />
69 Fintanto che il male compiuto non giunge a maturazione (= non dà frutto) lo sciocco lo<br />
considera come se<br />
fosse miele, ma, quando esso matura, allora lo sciocco soggiace al dolore.<br />
70. Lascia pur che lo sciocco mangi il cibo mese per mese con la punta di un filo di erba kusa<br />
(22) non vale<br />
egli sicuramente la sedicesima parte di quelli che si sono perfezionati nella Buona Legge.<br />
71. Non di certo la cattiva azione commessa si rapprende tutta d'un tratto, come latte già<br />
fresco: bensì segue<br />
lo stolto, come fuoco che cova sotto le ceneri.<br />
72. E se [un giorno] la coscienza dello stolto si risveglia, gli manda in rovina la sua buona<br />
fortuna,<br />
rompendogli il capo.
73. Continui pure [lo stolto] a desiderare una vana reputazione e la precedenza fra i monaci, la<br />
padronanza<br />
sui monasteri e la venerazione fra l'altra gente!<br />
"74. "" Pensino che questo l'ho fatto io, sia i padri di famiglia che coloro che hanno lasciato il<br />
mondo: mi<br />
siano pure soggetti in ogni cosa, abbiano a fare ed a non fare! "" Questo è ciò che lo stolto si<br />
immagina,<br />
mentre crescono la cupidigia e l'orgoglio."<br />
"75. "" Altra è la via che mena al guadagno, altra è quella che conduce al Nibbana "" Avendo<br />
riconosciuto in<br />
questo modo, il monaco discepolo del Buddha non si compiaccia di essere onorato: coltivi la<br />
solitudine."<br />
CAPITOLO VI<br />
PANDITA-VAGGA<br />
(IL SAGGIO)<br />
76. Se vedi un uomo che ti indica ciò che va evitato, che ti riprenda dai difetti, intelligente,<br />
segui questo<br />
saggio come se fosse un rivelatore di tesori: per colui che coltiva una simile persona viene il<br />
meglio, non il<br />
peggio.<br />
77. Ammonisca, impartisca ordini, faccia evitare ciò che è improprio: costui diviene caro ai<br />
buoni, ai cattivi<br />
discaro.<br />
78. Non si frequentino come amici i cattivi: non si frequenti la gente vile. Si abbia<br />
dimestichezza coi buoni<br />
amici è3, si frequentino i migliori fra gli uomini!<br />
79. Chi si disseta con la Buona Legge vive a suo agio, con la mente completamente calma. Il<br />
Saggio sempre<br />
gioisce nella Legge resa nota dagli Eletti.<br />
80. L'acqua incanalano i fontanieri, gli armaioli piegano i dardi, piegano il legno i falegnami,<br />
piegano se<br />
stessi i Saggi.<br />
81. Come la rupe massiccia non si scuote per il vento, così pure non vacillano i Saggi in mezzo<br />
a biasimi e<br />
183<br />
lodi.<br />
82. Come un lago profondo, completamente calmo e trasparente, altrettanto sereni divengono<br />
i Saggi,<br />
allorché hanno ascoltato [le verità del]la Legge.<br />
"83. In ogni circostanza procedono eguali gli uomini dabbene; i buoni non ciarlano perché<br />
desiderosi di<br />
piacere: toccati da gioia o da dolore, i Saggi non mostrano mutamento."<br />
"84. Non per sé, né per altrui, [il Saggio] desideri figli, ricchezza, dominio; non desideri la sua<br />
stessa<br />
prosperità mediante l'ingiusto operare: allora egli sarà virtuoso, sapiente e retto."<br />
85. Pochi sono fra gli uomini quegli esseri che toccarlo l'altra sponda (24): tutta questa altra<br />
gente, invece,<br />
corre su e giù per la spiaggia.<br />
86. Coloro i quali, essendo stata loro ben spiegata la Legge, diventano seguaci della Legge,<br />
costoro
giungeranno all'altra riva, [di là dal] regno della morte, per quanto sia difficile ! da<br />
attraversare.<br />
87. Avendo abbandonato la condizione oscura, permanga il Saggio in quella chiara, lasci la<br />
casa per la noncasa,<br />
[là,] nella solitudine ove non è piacere.<br />
88. Ivi desideri il saggio la gioia eccelsa, avendo abbandonato il piacere, nulla considerando<br />
come suo,<br />
purificando se stesso dai turbamenti del pensiero.<br />
89. Coloro il cui pensiero è ben concentrato sui [sette] elementi della perfetta illuminazione<br />
(25) che<br />
gioiscono del non ricevere nulla, nella libertà dall'attaccamento, che hanno domato gli<br />
appetiti, pieni di luce,<br />
costoro hanno raggiunto la Liberazione [pur vivendo] in questo mondo.<br />
CAPITOLO VII<br />
ARAHANTA-VAGGA<br />
(GLI ARHAT) (26)<br />
90. Per colui che ha percorso la via, che è privo di dolore, I che in ogni senso si è liberato, per<br />
costui, che si è<br />
sciolto da ogni nodo, non esiste più febbre (27).<br />
Con la mente ben raccolta (28) [gli Arhat] si accingono alla via (29), né si allietano di starsene<br />
in casa: come<br />
cigni che hanno abbandonato lo stagno essi lasciano casa e dimora.<br />
92. Coloro che nulla hanno accumulato, che conoscono quale sia il cibo [lecito], la sfera<br />
d'azione dei quali è<br />
Liberazione essenziata di Vuoto, priva di attributi, la via di costoro è difficile da seguire come<br />
quella degli<br />
uccelli nell'aria.<br />
93. Coloro che hanno distrutto ogni attaccamento, che sono svincolati nel fruire (30), la sfera<br />
d'azione dei<br />
quali è Liberazione essenziata di Vuoto, priva di attributi, la via di costoro è difficile da<br />
seguire, come quella<br />
degli uccelli nell'aria.<br />
94. Colui i cui sensi sono soggiogati, come cavalli ben domi dall'auriga, che ha abbandonato<br />
orgoglio e<br />
adesione al mondo, perfino gli dèi invidiano un siffatto [uomo].<br />
"95. Simile alla terra, non si turba (31); simile ad una soglia è un tale devoto; egli è come un<br />
lago privo di<br />
fango; nascere-morire non esistono per costui."<br />
96. Calma è la mente, calme sono le parole, calma è l'azione (32) di colui che, mediante il retto<br />
conoscere, ha<br />
conseguito la Liberazione e si è interiormente pacificato.<br />
97. Quell'uomo che è libero dalla credulità, che conosce l'Increato 33, che ha tagliato tutti i<br />
legami, che ha<br />
cancellato tutte le tentazioni, che ha rinunciato ad ogni speranza, costui è davvero il supremo<br />
fra gli uomini.<br />
98. Nel villaggio o nella foresta, sul mare profondo o sulla terraferma, ovunque dimorino gli<br />
Arhat, quello e<br />
un luogo ameno.<br />
99. Piacevoli sono le foreste, ove l'uomo volgare non si diletta: ivi si rallegreranno i privi di<br />
passione, non
184<br />
certo coloro che vanno in cerca di piaceri.<br />
CAPITOLO VIII<br />
SAHASSA VAGGA<br />
(LE MIGLIAIA)<br />
100. Di un discorso anche di mille [detti], composto & frasi prive di senso, meglio è una frase<br />
sola sensata,<br />
udita la quale l'uomo si calma.<br />
101. Di un poema anche di mille [strofe], composto di frasi prive di senso, meglio è un verso<br />
solo, udito il<br />
quale l'uomo si calma.<br />
102. [Per] chi reciti cento poemi composti di frasi prive di senso, meglio è un solo verso udito<br />
il quale egli si<br />
calma.<br />
103. [Fra] chi vince in battaglia mille volte mille nemici e chi soltanto vince se stesso, costui è<br />
il migliore dei<br />
vincitori di ogni battaglia.<br />
104. Chi vince se stesso certamente è migliore delle altre creature. Dell'uomo che ha domato<br />
se stesso, che<br />
vive sempre controllandosi,<br />
105. La vittoria di un essere siffatto non potrebbero mutarla in sconfitta né un dio, né un<br />
gandharva (34) e<br />
neppure Mara assieme a Brahma (35).<br />
106. Se anche uno sacrifica mese per mese durante cento anni, [quando invece] per un solo<br />
momento rende<br />
omaggio a chi abbia lo spirito concentrato (36), questa sola onoranza è migliore di<br />
un'oblazione durata<br />
cent'anni.<br />
107. Se un uomo per un secolo presta culto ad Agni (37) nella foresta (38), ma, per un solo<br />
momento, rende<br />
omaggio a chi ha lo spirito concentrato, questa sola onoranza è migliore di un'oblazione<br />
durata cent'anni.<br />
108. Qualunque cosa si sacrifichi in questo mondo, come sacrificio od oblazione per un anno<br />
allo scopo di<br />
ottenere un beneficio, tutto questo non vale un quattrino: è meglio render onore a coloro che<br />
vivono<br />
rettamente.<br />
109. Per colui che costantemente onora e riverisce gli Anziani, quattro cose prosperano: vita,<br />
bellezza,<br />
felicità, forza.<br />
"110. Viva un uomo cent'anni vizioso e distratto; vale più un giorno di vita di quegli che vive<br />
saggio e<br />
meditante."<br />
"111. Viva un uomo cent'anni ignorante e sbadato; vale più un giorno di vita di quegli che vive<br />
saggio e<br />
meditante."<br />
"112. Viva un uomo cent'anni indolente e fiacco; vale più un giorno di vita di quegli che opera<br />
con virile<br />
energia."
"113. Viva un uomo cent'anni senza considerare il nascere e il perire [delle cose]; vale più un<br />
giorno di vita<br />
di quegli che li osserva."<br />
"114. Viva un uomo cent'anni senza mirare al Luogo Immortale (39); vale più un giorno di vita<br />
di quegli che<br />
lo considera."<br />
"115. Viva un uomo cent'anni senza considerare la Suprema Legge; vale più un giorno di vita<br />
di colui che la<br />
osserva."<br />
185<br />
CAPITOLO IX<br />
PAPA-VAGGA<br />
(IL PECCATO)<br />
116. Si affretti l'uomo verso il bene, custodisca la mente dal male. Di chi fa il bene fiaccamente,<br />
la mente si<br />
delizia nel male.<br />
117. Se qualcuno commette un male, non lo faccia di nuovo e di nuovo, non consenta<br />
interiormente al male.<br />
Il Dolore è cumulo di peccato.<br />
118. Se qualcuno compie il bene, lo faccia di nuovo e di nuovo ed in esso si diletti. La Felicità è<br />
cumulo di<br />
bene.<br />
119. Anche il peccatore se la passa bene, finché il male commesso non [gli] matura: allorché<br />
matura il<br />
peccatore sperimenta [ogni sorta di] mali.<br />
120. Il Buono se la passa male, finché il bene commesso non [gli] matura: allorché matura, il<br />
virtuoso<br />
sperimenta [ogni sorta di] beni.<br />
"121. Non stimi da poco il peccato, pensando: "" non verrà sopra di me!"". L'acqua, cadendo<br />
goccia a goccia,<br />
riempie anche una giara. Lo stolto si colma di peccato, anche se lo accumula poco a poco."<br />
"122. Non stimi da poco il bene compiuto, dicendo: "" non verrà sopra di me!"". L'acqua,<br />
cadendo goccia a<br />
goccia, riempie anche una giara. L'uomo saldo si colma di bene, anche se lo accumula poco a<br />
poco."<br />
123. Come di un mercante che, avendo molte ricchezze e poca scorta, evita la strada<br />
pericolosa, e come chi<br />
ama la vita evita il veleno, così si deve evitare il peccato.<br />
124. Colui nella cui mano non sia ferita può prendere con la mano il veleno: il veleno non<br />
penetra ove non<br />
c'è ferita, né vi è peccato per chi non lo commetta.<br />
125. Chi reca offesa ad un uomo innocente, puro e senza peccato, il male di ciò ricade su lui<br />
stolto, come<br />
sottile polvere gettata contro vento.<br />
"126. Alcuni [tornano] a nascere in un utero; vanno all'inferno coloro che fanno il male; vanno<br />
al cielo<br />
coloro che seguono la buona via; si sciolgono nel nibbana i privi di attaccamento."<br />
127. Non nell'atmosfera, non in mezzo al mare e nemmeno se si penetra in un antro montano<br />
si potrà trovare<br />
un luogo terreno, stando nel quale il peccatore si liberi.
128. Non nell'atmosfera, non in mezzo al mare e nemmeno se si penetra in un antro montano<br />
si potrà trovare<br />
un luogo terreno, stando nel quale non sovrasti la morte.<br />
CAPITOLO X<br />
DANDA-VAGGA<br />
IL BASTONE (= IL CASTIGO) (41)<br />
129. Tutti tremano al castigo, tutti temono la morte: mettendoti al posto degli altri non<br />
uccidere, nè fa'<br />
uccidere.<br />
130. Tutti tremano al castigo, tutti hanno cara la vita: mettendoti al posto degli altri non<br />
uccidere, né fa'<br />
uccidere.<br />
131. Chi, volendo la propria felicità, colpisce (col castigo) esseri che bramano la felicità, una<br />
volta morto non<br />
consegue la felicità.<br />
132. Chi, volendo la propria felicità, non colpisce (col castigo) esseri che bramano la felicità,<br />
costui, una<br />
volta morto, consegue la felicità.<br />
186<br />
133. Non parlare aspramente ad alcuno: coloro ai quali tu parli ti potrebbero rispondere: le<br />
contumelie sono<br />
sgradevoli: potrebbero coglierti, in cambio, bastonate su bastonate!<br />
134. Se rendi te stesso silenzioso come un gong spezzato, allora hai raggiunto l'Estinzione, in<br />
te non si trova<br />
violenza.<br />
135. Come il pastore sospinge le vacche col bastone verso il loro recinto, così Vecchiaia e<br />
Morte sospingono<br />
la vita di coloro che respirano.<br />
136. È pur [vero che il malvagio] non è cosciente allorché commette cattive azioni: poi, [però,]<br />
è bruciato<br />
dalle proprie azioni, come se fosse arso da fuoco.<br />
137. Chi col castigo colpisce coloro che sono immeritevoli di castigo, ben presto cade in una<br />
delle seguenti<br />
dieci condizioni.<br />
138. Crudele sofferenza lo raggiunge, perdita di beni, o danno nel corpo, oppure grave<br />
malattia, o perdita di<br />
senno.<br />
139. Persecuzione da parte di un re, una terribile accusa, perdita di parenti, rovina delle<br />
sostanze.<br />
140. Oppure il fulmine gli incendierà la casa e, quando il suo corpo sarà distrutto, quel<br />
dissennato se ne<br />
andrà all'inferno.<br />
141. Non il fatto di aggirarsi ignudo, o di portare i capelli attorti, non la sporcizia, non il<br />
digiuno o il giacersi<br />
per terra, non il sedere immobile, accosciato, o lo strofinarsi con polvere (42), possono<br />
purificare il mortale<br />
che non abbia superato il desiderio.<br />
142. Colui che, pur essendo ben ornato (= ben vestito), sia equanime, calmo, domo,<br />
controllato, casto,
deposto il bastone verso tutte le creature, costui è veramente un brahmana, un samana, un<br />
bhikkhu!<br />
143. [Non] si trova al mondo un uomo così trattenuto nella vergogna, da [non voler]<br />
provocare il rimprovero,<br />
come un nobile cavallo la frusta?<br />
"144. Come nobile cavallo spronato dalla frusta siate strenui e zelanti; mediante fede, virtù,<br />
energia,<br />
meditazione e discernimento dovuto alla Legge, divenuti perfetti in conoscenza e condotta e<br />
raccolti nella<br />
memoria supererete questo male non piccolo."<br />
145. Costringono le acque [nei tubi] i fontanieri, curvano i dardi i frecciaioli, piegano il legno i<br />
falegnami,<br />
domano se stessi i devoti.<br />
CAPITOLO XI<br />
JARA-VAGGA<br />
(LA VECCHIAIA)<br />
146. Che ragione vi è di ridere, di essere contenti, quando tutto è in fiamme? Ravvolti dalle<br />
tenebre, non<br />
cercate una luce ?<br />
147. Guarda questa variopinta figura, questo corpo piagato da ferite, tenuto su, malaticcio,<br />
pieno di fantasie,<br />
nel quale non v'è fermezza, non stabilità!<br />
"148. Questa forma è frusta, piena di malattie, fragile: questo assieme putrescente si disfa; la<br />
vita, infatti,<br />
confina con la morte."<br />
149. Che piacere vi può essere, dopo aver guardato queste ossa grigiastre, simili a zucche che<br />
si buttano via<br />
in autunno ?<br />
"150. Di ossa è fatta la cittadella, rivestita di carne e sangue; in essa trovano ricetto vecchiaia,<br />
morte,<br />
orgoglio ed ipocrisia."<br />
151. Si disfano anche gli splendenti cocchi regali e così pure il corpo si avvicina alla vecchiaia.<br />
La virtù dei<br />
buoni non diventa mai vecchia. Così i buoni riferiscono ai buoni.<br />
187<br />
152. L'uomo di poco sapere invecchia come un bove. Crescono le sue carni, ma non cresce la<br />
saggezza.<br />
153. Lungo innumerevoli esistenze ho corso, cercando il costruttore della casa, né lo ho<br />
trovato: eppure è<br />
doloroso tornare a nascere di volta in volta.<br />
"154. O costruttore, Sei stato scoperto, non farai di nuovo la casa. Tutte le travi sono spezzate,<br />
la capriata è<br />
crollata; lo spirito, cancellata ogni concezione, ha estinto la sete."<br />
155. Coloro che non esercitarono la disciplina, che in gioventù non fecero tesoro, periscono<br />
come vecchi<br />
aironi in un lago privo di pesci.<br />
156. Coloro che non esercitarono la disciplina, che in gioventù non fecero tesoro, giacciono<br />
come archi<br />
spezzati, rimpiangendo il passato.<br />
CAPITOLO XII
ATTA-VAGGA<br />
(SE STESSO) (43)<br />
157. Chi riconosca il sé come cosa cara, con buona cura lo custodisca. Delle tre vigilie della<br />
notte, durante<br />
una vegli il Saggio.<br />
158. In primo luogo indirizzi se stesso verso ciò che è proprio, indi ammaestri qualcun altro:<br />
così non avrà<br />
danno chi è saggio.<br />
159. Renda se stesso in modo da poter insegnare ad altri: I domato [se stesso, gli altri] potrà<br />
domare. Il se<br />
stesso è ben difficile da domare.<br />
"160. Ognuno è padrone di se stesso (T. ""il Sé è padrone del Sé "") quale altro padrone ci<br />
dovrebbe essere?<br />
Avendo"<br />
domato se stesso si acquista un padrone difficile da conquistare.<br />
161. Dal proprio sé è compiuto il male, [dal proprio sé] si è nati, [dal proprio sé] si è fatti<br />
crescere: esso<br />
sbriciola lo stolto, come un diamante stritola anche una pietra preziosa.<br />
162. Colui che ha pessimi costumi, come un albero sala soffocato da rampicanti, rende se<br />
stesso come<br />
desidera il suo nemico.<br />
163. Facili sono a farsi le cose non buone, dannose per noi stessi: ciò che, invece, è benefico,<br />
ciò che è<br />
buono, questo è davvero estremamente difficile a compiersi.<br />
164. Quello sciocco che deride i precetti degli Arhat, degli Eletti, dei Virtuosi, seguendo false<br />
dottrine, porta<br />
frutti per la propria distruzione, come i frutti dalla canna katthaka.<br />
165. Dal proprio sé è compiuto il male, mediante il proprio sé si giunge alla sofferenza, dal<br />
proprio sé il male<br />
non viene compiuto, mediante il proprio sé ci si purifica. Purità ed impurità [si generano] di<br />
per sé, nessuno<br />
può purificare un altro.<br />
166. Non si scordi il proprio bene per quello altrui, per quanto grande esso sia: riconosciuto il<br />
proprio bene,<br />
si sia tutto intento a questo.<br />
CAPITOLO XIII<br />
LOKA-VAGGA<br />
(IL MONDO)<br />
188<br />
167. Non praticate un basso modo di vivere, non permanete nella distrazione, non seguite<br />
false dottrine, non<br />
incrementate il vivere mondano!<br />
168. Alzati, non essere negligente! Applicati alla Legge di virtù! Chi si applica alla Buona Legge,<br />
la felicità<br />
lo segue in questo e nell'altro mondo.<br />
169. Pratica la Legge di virtù, non seguire quella della mala condotta! Chi si applica alla Buona<br />
Legge, la<br />
felicità lo segue in questo e nell'altro mondo.<br />
170. Contempla [questo mondo] come una bolla d'acqua, guardalo come un miraggio: colui<br />
che in tal mondo
contempli il mondo, lui non vede il Re della Morte.<br />
"171. Venite, contemplate questo mondo splendente come un carro regale, nel quale si<br />
accomodano gli<br />
sciocchi; coloro che sono saggi non si attaccano a lui!"<br />
172. Chi prima viveva immerso nella distrazione e poi si fa attento, costui illumina questo<br />
mondo, come luna<br />
liberata dalle nubi.<br />
173. Chi ricopre la cattiva azione commessa mediante una buona, costui illumina questo<br />
mondo come luna<br />
liberata da nubi.<br />
174. Questo mondo è coperto di tenebre, pochi vi possono veder chiaro: raro è chi si alza in<br />
volo verso il<br />
cielo come uccello sfuggito alla rete.<br />
175. Vanno i cigni per la Via del Sole (44), vanno miracolosamente attraverso l'etereo spazio<br />
(45):<br />
procedono i costanti fuori dal mondo, avendo vinto Mara con tutta l'oste sua.<br />
176. Per l'uomo che trasgredisce abitualmente ad una sola regola, per colui che dice<br />
menzogne e non si cura<br />
dell'altro mondo, non v'è male che egli non possa compiere.<br />
177. Al cielo non salgono, certamente, gli avari: sono invero stolti coloro che non magnificano<br />
[la virtù] del<br />
donare. Chi è saldo si rallegra a donare e, per ciò, consegue felicità nel mondo di là.<br />
"178. Meglio che regnar da solo su tutta la terra, meglio che ascendere al cielo, meglio che aver<br />
la signoria su<br />
tutti i mondi è il frutto dell'o entrata in corrente"" (46)`."<br />
CAPITOLO XIV<br />
BUDDHA-VAGGA<br />
IL BUDDHA (= IL RISVEGLIATO)<br />
179. Colui la cui vittoria non può essere nuovamente conquistata (= non può essere<br />
strappata), nel [campo<br />
del] la cui conquista non può entrare alcuno in questo mondo, questo Buddha che ha l'Infinito<br />
come suo<br />
dominio, che non ha via [da percorrere], su quale via vorreste guidarlo?<br />
180. Colui che nessuna brama, con i suoi lacci velenosi, può condurre fuori di strada, questo<br />
Buddha che ha<br />
l'infinito come suo dominio d'azione, che non ha via [da percorrere], su quale via vorreste<br />
guidarlo?<br />
181. Quei costanti, dediti alla meditazione, che godono nella pace dell'emancipazione! Perfino<br />
gli dèi hanno<br />
invidia di costoro, che sono risvegliati al Vero e che sono coscienti [di quel che fanno].<br />
182. Arduo a raggiungere è lo stato di uomo (47), arduo è vivere come mortale, arduo è che<br />
sorgano dei<br />
Buddha.<br />
183. Non compiere alcuna specie di male, darsi alle buone azioni, purificarsi la mente, questo<br />
è<br />
l'insegnamento del Buddha.<br />
184. I Buddha chiamano la pazienza suprema ascesi, la sopportazione eccelso Nibbana: non è<br />
anacoreta chi<br />
colpisce gli altri, non è asceta chi gli altri offende.<br />
189
185. Non biasimare, non colpire, vivere astretti alla regola, essere moderati nel cibo, dimorare<br />
e giacersi soli,<br />
essere intenti ad alti pensieri, questo è l'insegnamento dei Buddha.<br />
186. Nemmeno con una pioggia di monete d'oro si consegue la sazietà dei desideri chi conosce<br />
che la<br />
soddisfazione dei desideri ha breve sapore e porta dolore, costui è un Saggio.<br />
"187. Nemmeno nei piaceri celesti trova soddisfazione il discepolo pienamente risvegliato:<br />
egli si diletta a<br />
distruggere la o sete "" [di esistenza]."<br />
"188. Uomini spinti da paura vanno a cercare asilo in montagne e foreste, alberi sacri e<br />
santuari;"<br />
"189. ma questi non sono asilo sicuro, non sono il Supremo Rifugio; non è accorrendo a questi<br />
rifugi che ci<br />
si libera da tutti i dolori."<br />
190. Colui che, invece, cerca rifugio nel Buddha, nella Legge e nella Comunità, scorge con retta<br />
cognizione<br />
le quattro Nobili Verità:<br />
191. il dolore, l'origine del dolore, la cessazione del dolore ed il nobile ottuplice sentiero che<br />
conduce<br />
all'acquietamento del dolore.<br />
192. Questo è l'asilo sicuro, questo è il supremo rifugio, questo è il rifugio giungendo al quale<br />
si placano tutti<br />
i dolori.<br />
193. Raro è l'Uomo Superiore, esso non nasce dovunque: dove nasce un simile saldo<br />
individuo, felice è la<br />
sua gente.<br />
194. Felice è il sorgere dei Buddha, felice è la predicazione della Buona Legge, felice la<br />
concordia della<br />
Comunità, felice l'ascesi di coloro che sono concordi.<br />
195. Chi venera i Buddha degni di venerazione, oppure i loro discepoli, che hanno trasceso la<br />
schiera delle<br />
illusioni ed hanno superato dolore e pianto,<br />
196. chi onora costoro, che hanno estinto [le passioni], che nulla hanno da temere, di costui<br />
nessuno potrebbe<br />
calcolare il merito [che così acquista].<br />
CAPITOLO XV<br />
SUKHA-VAGGA<br />
(LA FELICITA)<br />
197. Viviamo dunque felici, senza inimicizia fra coloro che sono malevoli: fra gli uomini ostili,<br />
stiamocene<br />
senza inimicizia !<br />
198. Viviamo dunque ben felici, senza malanni fra gli ammalati: fra gli uomini ammalati,<br />
stiamocene senza<br />
malanni !<br />
199. Viviamo, dunque, ben felici liberi da brama fra i bramosi: fra gli uomini cupidi<br />
stiamocene senza<br />
cupidigia!<br />
200. Viviamo, dunque, ben felici noi, che non possediamo nulla: nutrendoci della gioia [altrui]<br />
come gli dèi<br />
risplendenti !
201. La vittoria alimenta inimicizia, perché chi è vinto giace dolente. Chi ha abbandonato<br />
vittoria e sconfitta,<br />
costui ristà tranquillo e felice.<br />
202. Non esiste fuoco simile alla passione, non v'è perdita comparabile all'odio, non v'è dolore<br />
simile a<br />
quello di essere composto di aggregati (49), non v'è felicità pari alla calma interiore.<br />
"203. La fame è la peggiore delle malattie, le predisposizioni psichiche (50) sono le peggiori<br />
sventure;<br />
avendo riconosciuto le cose come realmente sono, l'Estinzione (= Nibbana) appare come la<br />
suprema felicità."<br />
204. La salute è il migliore guadagno, la contentezza è la migliore ricchezza, la fiducia è il<br />
miglior parente,<br />
l'Estinzione è la suprema felicità.<br />
205. Chi ha assaporato la dolcezza della solitudine, ed il succo della calma interiore, costui è<br />
senza dolori,<br />
senza peccato, avendo bevuto l'essenza gioiosa della Legge.<br />
"206. Buona è la vista degli Eletti, è sempre benefico lo stare assieme a loro; quando non si<br />
vedono stolti si<br />
190<br />
sta sempre bene."<br />
207. Chi viaggia in compagnia degli stupidi si affligge lungamente sul cammino: la compagnia<br />
degli stupidi<br />
cagiona sempre dolore, come lo stare con un nemico: lo stare con un saggio cagiona felicità,<br />
come<br />
l'incontrarsi con un parente.<br />
Quindi, per ciò:<br />
208. chi è saldo, intelligente, di molta dottrina, capace di molto sopportare, che compie il suo<br />
dovere, eletto,<br />
un siffatto uomo virtuoso e saggio seguite, come la luna segue il cammino delle stelle.<br />
CAPITOLO XVI<br />
PIYA-VAGGA<br />
(IL PIACERE)<br />
209. Chi si applica alla distrazione e non si soggioga nella meditazione, avendo abbandonato<br />
l'utile per il<br />
diletto, invidierà coloro che si concentrano in se stessi.<br />
210. Non ti attaccare a ciò che è piacevole e neppure mai a ciò che è sgradevole. Il non vedere<br />
ciò che è<br />
piacevole causa dolore, come pure il vedere ciò che è spiacevole.<br />
211. Di conseguenza, non cercare diletto [in alcuna cosa]: dolorosa è la perdita di ciò che<br />
piace: non esistono<br />
legami per coloro che non hanno alcuna cosa piacevole e spiacevole.<br />
212. Dal piacere nasce il dolore, dal piacere nasce il timore: per chi è libero dal piacere non<br />
esiste dolore: di<br />
che cosa [dovrebbe aver] timore ? 51<br />
213. Dall'affetto nasce il dolore, dall'affetto nasce il timore: chi è libero da affetto non conosce<br />
dolore: di che<br />
cosa [dovrebbe aver] timore?<br />
214. Dalla voluttà nasce il dolore, dalla voluttà nasce il timore. Per chi è libero da voluttà non<br />
v'è dolore: di<br />
che cosa [dovrebbe avere] paura?
215. Dal desiderio nasce il dolore: dal desiderio nasce il timore: chi è libero da desiderio non<br />
conosce dolore:<br />
di che cosa [avrebbe, allora,] timore?<br />
"216. Dalla sete (52) [di vivere] nasce il dolore, dalla sete nasce il timore; chi è libero da sete<br />
non conosce<br />
dolore: di che cosa [dovrebbe avere] timore?"<br />
217. Chi ha conseguito virtù ed intelligenza, che è giusto e veridico, che compie ciò che è suo<br />
dovere, costui<br />
la gente ha caro.<br />
"218. Colui il cui desiderio è rivolto all'Ineffabile, che in ispirito sia esultante, la cui mente non<br />
sia vincolata<br />
a desideri, costui è chiamato o quello che risale la corrente "" (53)."<br />
219. Parenti, amici e compagni si rallegrano nell'accogliere un uomo che, da lungo tempo<br />
assente, ritorni da<br />
lontano sano e salvo.<br />
220. Così pure chi ha fatto del bene in questo mondo, allorché va all'altro, le azioni meritorie<br />
lo accolgono<br />
come parenti il loro caro quando ritorna.<br />
CAPITOLO XVII<br />
KODHA-VAGGA<br />
(L 'IRA)<br />
221. Abbandona l'ira, trascura l'orgoglio, passa oltre ogni vincolo: nessun dolore tocca l'uomo<br />
distaccato da<br />
nome e forma, e che non possiede nulla.<br />
"222. Colui che riesce a trattenere la collera come un cocchio precipitante, costui io chiamo ""<br />
auriga "",<br />
191<br />
l'altra gente"<br />
"o tienibríglie ""."<br />
"223. Con la mancanza di collera si vinca la collera; con la bontà si vinca la cattiveria. Con la<br />
generosità si<br />
vinca l'avarizia, con la verità si vinca il menzognero."<br />
"224. Di' la verità; non ti incollerire; dà, anche se poco, quando sei richiesto. Mediante queste<br />
tre condizioni<br />
salirai ben presto vicino agli dèi."<br />
225. Quegli asceti che non fanno male ad alcuno, che sono sempre controllati nel corpo,<br />
costoro vanno alla<br />
sede imperitura, giunti alla quale non avranno più da soffrire.<br />
226. Per coloro che sempre vegliano, che giorno e notte si educano intenti al Nibbana, per<br />
costoro<br />
tramontano gli attaccamenti.<br />
"227. È un vecchio detto, questo, o Atula, non è come uno dei nostri giorni: "" Biasimano chi se<br />
ne sta zitto,<br />
biasimano chi parla molto, biasimano anche chi parla poco: non v'è al mondo chi sia senza<br />
biasimo ""."<br />
228. Non c'è mai stato, non ci sarà, né c'è adesso un uomo che sia sempre biasimato o un<br />
uomo che sia<br />
sempre lodato.<br />
229. Ma colui che, esaminandolo giorno per giorno, è lodato da quelli che discriminano, che è<br />
di intemerata
condotta, che è intelligente, che è dotato di sapienza e di buoni costumi,<br />
230. pari ad una moneta d'oro, chi oserebbe dirne male ? Anche gli dèi lo lodano, perfino da<br />
Brahma egli è<br />
lodato.<br />
231. Guardati da un atto di collera compiuto col corpo, sii controllato nel corpo. Avendo<br />
abbandonato la<br />
mala condotta del corpo, comportati bene col corpo.<br />
232. Guardati da un atto di collera verbale, sii controllato nella parola. Abbandonata<br />
l'intemperanza di parola,<br />
comportati bene con la parola.<br />
233. Guardati da un atto di collera mentale, sii controllato nella mente. Abbandonata la mala<br />
condotta<br />
verbale, comportati bene con la mente.<br />
"234. Controllati nel corpo sono i saldi, ed anche controllati nella parola; controllati nella<br />
mente sono i forti,<br />
essi che sono controllati in ogni senso (54)"<br />
CAPITOLO XVIII<br />
MALA-VAGGA<br />
(LE IMPURITÀ) (55)<br />
"235. Ora sei come una foglia ingiallita, ormai; i messaggeri di Yama 55 sono già vicino a te: la<br />
tua partenza<br />
è prossima, non si trova, però, ancora il viatico."<br />
236. Fa' [quindi] un'isola di te stesso, opera celermente, sii saggio. Soffiate via le impurità,<br />
libero da<br />
macchia, andrai alla celeste terra degli Eletti.<br />
237. La tua vita è giunta al termine. Sei giunto ben vicino a Yama, non v'è sosta sulla via e non<br />
si trova<br />
ancora il viatico.<br />
238. Fa' [quindi] un'isola di te stesso, opera celermente, sii saggio. Soffiate via le impurità, non<br />
tornerai più a<br />
vivere e ad invecchiare.<br />
239. L'intelligente soffi via da sé le impurità poco a poco, un momento dopo l'altro, come<br />
l'argentiere<br />
dall'argento.<br />
240. Come ruggine affiorata dal ferro, [che, una volta apparsa, lo corrode,] così pure sono le<br />
proprie azioni a<br />
con. durre il trasgressore sulla via della perdizione.<br />
241. Il non ripetere meditando è la ruggine delle giaculatorie, la mancanza di energia è la<br />
ruggine delle<br />
famiglie, Ë pigrizia è la ruggine della bellezza, la distrazione è la ruggine del guardiano.<br />
192<br />
242. Ruggine della donna è la cattiva condotta, ruggine del donatore è l'egoismo, ruggine sono<br />
i cattivi modi<br />
di essere (= dottrine), in questo e nell'altro mondo.<br />
243. Ma vi è una macchia che è la maggiore delle macchie: la Nescienza (57), somma sozzura!<br />
Una volta che<br />
avrete distrutto questa macchia, restate puri da macchia, o monaci!<br />
244. Facile è la vita per uno svergognato, eroe come una cornacchia, distruttore, prepotente,<br />
superbo e che<br />
viva una vita corrotta.
245. Difficile è invece la vita di una persona modesta, che sempre ricerca la purezza,<br />
disinteressata, quieta,<br />
che vive onestamente e che è penetrante.<br />
246. Colui che distrugge la vita, come mente parlando, che nel mondo prende ciò che non gli è<br />
stato dato,<br />
che va con la moglie altrui,<br />
247. e quell'uomo che è dedito al bere liquori fermenta i o spiritosi, costui, già in questo<br />
mondo, svelle la<br />
propria radice.<br />
248. Pertanto, o uomo, sappi! Cattiva è la condizione di coloro che non si controllano! Non ti<br />
costringano<br />
lungamente al dolore la mancanza di legge e la cupidigia.<br />
249. La gente dà [l'elemosina] secondo la sua fede e secondo ciò che le piace: pertanto chi si<br />
preoccupa<br />
troppo circa il cibo o la bevanda che altri gli danno, costui non giungerà né di giorno né di<br />
notte all'estasi<br />
meditativa (samadhi).<br />
250. Colui, invece, nel quale una tale preoccupazione è stroncata e divelta sin dalla radice,<br />
costui di notte e di<br />
giorno perviene sempre all'estasi meditativa.<br />
251. Non vi è fuoco come la passione, non vi è artiglio simile all'odio, non vi è rete pari<br />
all'illusione, non vi è<br />
corrente [che trascini] come la cupidigia.<br />
252. Facile a scorgere è l'errore altrui, difficile è, invece, il proprio. Gli errori altrui si vagliano<br />
come [si<br />
avventano] le spighe di grano: il proprio errore lo si nasconde come il baro nasconde il cattivo<br />
punto ai dadi<br />
al[l'altro] giocatore.<br />
253. Chi scorge le mancanze altrui ed è sempre pronto ad irritarsi, di costui crescono le<br />
passioni ed egli è ben<br />
lungi dalla loro distruzione.<br />
254. Non v'è strada attraverso l'aria, non v'è monaco fuori [dell'Ordine], la gente comune gode<br />
al dispiegarsi<br />
dei fenomeni, i Tathagata (58) sono di là dai fenomeni.<br />
255. Non v'è strada attraverso l'aria, non v'è monaco fuori [dell'Ordine]: gli elementi<br />
dell'esistenza (sankhara)<br />
non sono eterni, per i Buddha non v'è agitazione.<br />
CAPITOLO XIX<br />
DHAMMATTHA-VAGGA<br />
(L'UOMO GIUSTO)<br />
256. Un uomo non è giusto perché si occupa di una questione con violenza, ma quel saggio che<br />
discrimina<br />
fra le due cose: ciò che è reale e ciò che è irreale.<br />
257. Colui che guida gli altri spassionatamente, secondo 1 la stessa legge, che è custode del<br />
diritto,<br />
intelligente, costa si dice un uomo giusto.<br />
258. Non è saggio un uomo perché parla molto, quando è paziente, pacifico, intrepido, allora lo<br />
si chiama<br />
saggio.
"259. Uno non è versato nella dottrina in quanto molto [ne] parla; anche se poco ha appreso,<br />
ma vede la<br />
legge come un corpo concreto, questi è uno che conosce la dottrina e giammai la trascura."<br />
260. Non è Anziano un tale perché il capo gli è divenuto canuto: la sua età può [anche] essere<br />
matura, ma<br />
egli<br />
193<br />
"chiamato o vecchio invano"";"<br />
261. ma colui nel quale sono verità, giustizia, rispetto della vita, temperanza e dominio su se<br />
stesso, che ha<br />
scosso da sé ogni macchia, costui si chiama forte e Anziano.<br />
262. Un uomo invidioso, egoista, imbroglione non diventa bello solo per i discorsi che intesse<br />
o per la<br />
venustà del suo aspetto,<br />
"263. ma colui nel quale tali difetti siano stati stroncati e divelti sin dalla radice, che abbia<br />
rigettato ogni odio<br />
e che sia intelligente, costui si chiama giustamente a bello ""."<br />
264. Mediante la tonsura non diventa asceta un uomo indisciplinato e bugiardo: come potrà<br />
essere asceta chi<br />
è do minato da desiderio e brama?<br />
265. Colui il quale placa i mali grandi o piccoli, proprio per il fatto che acquieta (samittata) i<br />
malanni è<br />
chiamato asceta (samana).<br />
"266. Non per questo uno è monaco (bhikkhu), perché degli altri va mendicando (bhikkhate);<br />
avendo accolto<br />
in sé tutta quanta la Legge, egli diventa monaco, non per quell'[altro] solo."<br />
267. Chi, avendo da sé rigettato il bene ed il male (59)<br />
praticando la castità operi cautamente nel mondo, questi in verità si chiama un monaco.<br />
268. Non per il voto del silenzio (monam) diventa asceta (muni) lo scemo o l'ignorante, ma<br />
colui che, presa<br />
la bilancia e scelto il meglio,<br />
269. evita i peccati, costui è un asceta ed è un asceta proprio per questo. Colui che nel mondo<br />
soppesa<br />
(munam) ambo i lati, proprio per questo è detto asceta (muni).<br />
"270. Un uomo non è un Eletto (ariya) perché uccide gli esseri viventi; perché si astiene dal far<br />
male a tutti<br />
gli esseri, perciò egli è chiamato Eletto."<br />
271. Non per la sola disciplina e per i voti, e neppure per la molta erudizione, o per aver<br />
conseguito l'estasi<br />
meditativa, o per la solitaria dimora,<br />
272. raggiunge la beatitudine nascente dalla rinuncia, insecchita dagli uomini non comuni. O<br />
Bhikkhu,[non<br />
fidarti!,] solo chi ha conseguito la distruzione dei vincoli, costui ha raggiunto la fiducia [in se<br />
stesso].<br />
CAPITOLO XX<br />
MAGGA-VAGGA<br />
(LA VIA)<br />
"273. Delle vie, la Ottuplice (60) è la migliore, delle verità, le quattro parole (60a); l'assenza di<br />
passioni è la<br />
migliore delle dottrine e, fra i bipedi, il migliore è colui che ha occhi [per vedere] ."
274. Questa è la Via, non ve ne è altra per purificare la visione. Voi, entrate in questa! Questa è<br />
la liberazione<br />
da Mara.<br />
275. Una volta che sarete entrati in questa, avrete posto fine alla sventura. La Via è stata<br />
insegnata da me,<br />
una volta che ebbi riconosciuto che essa placa le fitte del dolore (61).<br />
276. Lo sforzo dovete farlo voi: i Tathagata sono soltanto predicatori! meditatori che entrano<br />
[nella Via] si<br />
liberano dai lacci di Mara.<br />
"277. "" Tutti gli elementi dell'esistenza sono impermanenti "". Quando con intelligenza così si<br />
intuisce, ci si<br />
estingue rispetto al soffrire - questa è la via verso la purificazione."<br />
"278. ""Tutti gli elementi dell'esistenza sono dolorosi"". Quando con intelligenza così si<br />
intuisce ci si<br />
estingue rispetto"<br />
al soffrire - questa è la via verso la purificazione. I<br />
"279. "" Tutti gli elementi della realtà (dhamma) sono privi di essenza "". Quando con<br />
intelligenza così si<br />
intuisce, ci si estingue rispetto al soffrire - questa è la Via verso la purificazione."<br />
194<br />
280. Colui che non si leva al momento di alzarsi e che, pur giovane e forte, è provvisto [solo] di<br />
pigrizia, che<br />
è debole nell'immaginare e nel volere, questo uomo indolente ed inerte non trova la via verso<br />
la conoscenza.<br />
281. Sorvegliando la parola, ben controllato nella mente, non compirà del male nemmeno col<br />
corpo.<br />
Purifichi questi tre sentieri per l'azione: percorra la via insegnata dai Veggenti (62).<br />
282. Dall'Ascesi (Yoga) nasce la Saggezza: mediante la non-ascesi si perde la Saggezza. Avendo<br />
conosciuto<br />
questa duplice via, per l'acquisto e per la perdita, ognuno si disponga in modo tale da<br />
accrescere la Saggezza.<br />
283. Abbattete l'intera foresta (63), non un albero solo! Dalla foresta nasce il timore (64).<br />
Quando avrete<br />
tagliato la<br />
foresta ed il sottobosco (= i diversi desideri), allora, o monaci, avrete conseguito l'estinzione.<br />
284. Fintanto che non sarà reciso il desiderio, per quanto piccolo, dell'uomo verso la donna,<br />
altrettanto sarà<br />
vincolato il pensiero, come il vitello lattante verso la madre.<br />
285. Recidi l'amore verso te stesso, come un loto di autunno, con la mano! Volgiti alla via della<br />
calma<br />
interiore! Il Nibbana è stato insegnato dal Sugata (65).<br />
"286. "" Qui trascorrerò la stagione delle piogge, costà l'inverno e colà l'estate"", così va<br />
almanaccando lo<br />
sciocco, senza riflettere alla fine della vita."<br />
287. Questo uomo tutto indaffarato coi figli e col bestiame, e dalla mente dispersa, lui afferra<br />
la Morte<br />
passando, come un'alluvione porta via un villaggio addormentato.<br />
"288. Non gli sono d'aiuto i figli, non il padre, e neppure i parenti; per colui che è afferrato dal<br />
dio della<br />
Morte non v'è aiuto [che possano recargli i suoi] affini."
289. Avendo riconosciuto il senso di questo, il saggio e virtuoso ben presto purifichi il<br />
cammino che conduce<br />
al Nibbana.<br />
CAPITOLO XXI<br />
PAKINNAKA-VAGGA<br />
(MISCELLANEA)<br />
290. Se, abbandonando un piccolo piacere, si può esperimentare una felicità completa, tralasci<br />
il Forte il<br />
piccolo piacere contemplando la felicità completa.<br />
291. Chi cerca la propria felicità cagionando dolore ad altri, afferrato nel legame dell'inimicizia<br />
non si libera<br />
dall'inimicizia.<br />
292. Quando si respinge ciò che si deve fare e si compie ciò che non si deve fare, crescono i<br />
legami per gli<br />
insolenti e per i distratti.<br />
293. Coloro, invece, che, bene intenti, volgono la consapevolezza a frenare il corpo, che non<br />
compiono ciò<br />
che non si deve fare e che sempre fanno ciò che è lecito, per costoro, che sono coscienti e<br />
saggi, tramontano i<br />
legami.<br />
294. Avendo ucciso madre e padre e due re di casta guerriera, avendo distrutto il regno coi<br />
suoi soggetti, il<br />
brahmana se ne va senza colpa.<br />
295. Avendo ucciso madre e padre e due re di casta sacerdotale ed una tigre come quinto, il<br />
brahmana se ne<br />
va senza colpa.<br />
296. Vegliano sempre ben consci i discepoli di Gotama, I la consapevolezza dei quali giorno e<br />
notte è rivolta<br />
al Risvegliato (ó7) (Buddha).<br />
297. Vegliano sempre ben consci i discepoli di Gotama, la consapevolezza dei quali giorno e<br />
notte è rivolta<br />
alla Legge (Dhamma).<br />
298. Vegliano sempre ben consci i discepoli di Gotama, la consapevolezza dei quali giorno e<br />
notte è rivolta<br />
alla Comunità (Sangha).<br />
299. Vegliano sempre ben consci i discepoli di Gotama, la consapevolezza dei quali giorno e<br />
notte è rivolta<br />
195<br />
al corpo (69).<br />
300. Vegliano sempre ben consci i discepoli di Gotama, la mente dei quali giorno e notte gode<br />
nel non<br />
danneggiare alcuno (ahimsa).<br />
301. Vegliano sempre ben consci i discepoli di Gotama,<br />
la mente dei quali giorno e notte gode nella meditazione (bhavane) (69).<br />
302. È ben spiacevole abbandonare il mondo, ma la vita domestica è noiosa e dolorosa (70), è<br />
doloroso<br />
convivere con disuguali, l'itinerante [monaco] è preda di malanni, perciò non metterti in<br />
cammino e non sarai<br />
colpito da malanni (71).
303. Il credente, dotato di virtù, che ha conseguito gloria e ricchezza, in qualunque luogo si<br />
trovi, ivi tutti gli<br />
recano omaggio.<br />
"304. Da lungi risplendono i buoni come le nevose montagne (= lo Himalaya); non si vedono,<br />
invece, i<br />
malvagi, come frecce scagliate nella notte."<br />
305. Sedendo solo, giacendo solo, solitario, aggirandosi infaticabile, domando se stesso, goda<br />
[l'asceta] a<br />
starsene sul bordo della foresta.<br />
CAPITOLO XXII<br />
NIRAYA-VAGGA<br />
IL PRECIPIZIO (= L'INFERNO)<br />
"306. Chi dice il falso precipita nell'inferno, come colui che, avendo fatto qualcosa, disse: ""non<br />
feci o.<br />
Ambedue, una volta trapassati, sono uguali: nell'oltremondo sono uomini dalle azioni<br />
perdute."<br />
307. Molti che indossano la veste gialla rappezzata [del monaco] sono di indole malvagia e<br />
non controllati.<br />
Essi, cattivi, conseguono l'inferno per le loro cattive azioni.<br />
308. Meglio sarebbe inghiottire una palla di ferro arroventata, come fuoco avvampante,<br />
piuttosto che vivere,<br />
licenzioso e sfrenato, sull'elemosina del paese.<br />
309. L'uomo incauto che si giace con la moglie altrui ottiene quattro condizioni: compie un<br />
male, non si<br />
giace a suo piacimento, in terzo luogo viene punito ed in quarto va all'inferno.<br />
310. Conseguimento di peccato, una mala via, breve piacere per lui timoroso fra [le braccia di]<br />
una timorosa,<br />
il re lo punisce gravemente: perciò l'uomo non desideri la moglie altrui.<br />
311. Come una foglia [affilata] di erba kusa, che, male afferrata, taglia la mano, l'ascesi male<br />
praticata mena<br />
all'inferno.<br />
312. Azione compiuta fiaccamente, voto inficiato, castità incerta non conducono a grandi<br />
frutti.<br />
313. Ciò che deve essere fatto venga fatto, con decisione ed energia. Il monaco fiacco solleva<br />
soltanto<br />
polvere [dalle sue passioni] (72).<br />
"314. È meglio che un'azione da non compiersi non venga compiuta: in seguito egli si pente<br />
del male fatto.<br />
Ciò che si deve fare è meglio che sia fatto per bene; una volta che è stato fatto non ci si pente."<br />
315. Come una fortezza sorvegliata da tutte le parti, dentro e fuori, così si custodisca se stessi,<br />
non egli si<br />
distragga nemmeno un momento. Coloro che hanno lasciato trascorrere [quel tale] momento<br />
soffriranno poi,<br />
quando saranno scesi nell'inferno.<br />
316. Le creature che si vergognano di ciò di cui non egli si deve vergognare e che non si<br />
vergognano, invece,<br />
di ciò di cui ci si deve vergognare, poiché hanno accolto false teorie, vanno per la mala via.<br />
317. Le creature che temono ciò che non è temibile e che non temono ciò che, invece, bisogna<br />
temere, poiché<br />
hanno accolto false teorie, vanno per la mala via.
318. Le creature che ritengono di dover evitare ciò che non si deve evitare e non riguardano<br />
come evitando<br />
ciò che, invece, si deve evitare, avendo accolto false teorie, vanno per la mala via.<br />
196<br />
319. Le creature che riconoscono da evitarsi ciò che si deve evitare e da non evitarsi ciò che<br />
non si deve<br />
evitare, avendo adottato la retta visione, vanno per la via che mena al bene.<br />
CAPITOLO XXIII<br />
NAGA-VAGGA<br />
(L 'ELEFANTE)<br />
320. Io, come elefante colpito in battaglia dalla freccia scagliata da un acro, sopporterò<br />
silenziosamente. Il<br />
volgo è, invece, senza virtù.<br />
321. Si conduce alla battaglia [l'elefante] domato, il re sale sull'elefante domato. Colui che è<br />
domo è il<br />
migliore fra gli uomini [ed è] colui che sopporta senza far parole.<br />
322. Buoni sono i muli domati, o i purosangue di razza Sindhu e gli elefanti maestosi. Colui che<br />
ha domato<br />
se stesso è ancor meglio di loro.<br />
"323. Non si potrebbe, però, andare con quei quadrupedi nella regione "" non-calpestata "" (=<br />
il Nibbana),<br />
ove, invece, chi ha domato se stesso va, per mezzo del se stesso ben domato."<br />
324. L'elefante detto Dhanapalaka, dalle tempie colanti umore acido, difficile da trattenere,<br />
quando è legato<br />
non mangia un boccone: il maestoso elefante ben si rammenta della selva degli elefanti!<br />
325. Se [l'uomo] diventa pigro e gran mangiatore e, quando sonnecchia, si rivolta nel giaciglio,<br />
questo<br />
stupido, [invece,] simile ad un grasso maiale nutrito di avanzi, di nuovo e di nuovo rinasce in<br />
[nuova]<br />
matrice.<br />
326. Una volta questo [mio] pensiero se ne andava errando, come desiderava, come gli<br />
piaceva, come gli<br />
accomodava. Ora io lo tratterrò con saggezza, come il guidatore [frena con l'uncino] l'elefante<br />
furioso.<br />
327. Compiacetevi nell'essere attenti, controllate i pensieri ! Tirate fuori voi stessi dalla<br />
cattiva strada, come<br />
elefante affondato in un pantano!<br />
328. Se uno trova un compagno prudente, che proceda insieme a lui [sulla Via], che sia<br />
virtuoso, sobrio e<br />
forte, sormontando tutti gli ostacoli vada con lui contento, [ma] consapevole.<br />
329. Se uno non trova un compagno prudente, che proceda insieme [sulla Via], che sia<br />
virtuoso, sobrio e<br />
forte, vada pure solo, come un re che ha lasciato dietro di sè il regno conquistato, come un<br />
elefante nella<br />
foresta.<br />
330. È meglio procedere da solo, non esiste compagnia con lo stupido: si vada da solo senza<br />
compiere<br />
peccati, con pochi desideri, come l'elefante nella foresta.<br />
331. Quando capita l'occasione è piacevole la compagnia, è piacevole la contentezza,<br />
qualunque ne sia la
causa. La buona azione [compiuta] è piacevole quando si dice addio alla vita: è piacevole<br />
abbandonare ogni<br />
dolore.<br />
332. Nel mondo è piacevole lo stato di madre, è piacevole lo stato di padre, è piacevole lo stato<br />
di monaco, è<br />
piacevole lo stato di brahmana (73).<br />
333. È piacevole la virtù che dura sino alla vecchiaia, è piacevole la fede ben radicata, è<br />
piacevole l'acquisto<br />
di superiore conoscenza, è piacevole non aver commesso malanni.<br />
CAPITOLO XXIV<br />
TANHA-VAGGA<br />
(LA SETE) (74)<br />
334. Nell'uomo che vive con la mente distratta la sete cresce come una liana: egli guizza di vita<br />
in vita, come<br />
197<br />
la scimmia che desidera un frutto [salta di albero in albero].<br />
335. Colui che tale sete velenosa, difficile a superare in questo mondo, tormenta, le sofferenze<br />
di costui<br />
crescono come la folta erba birana.<br />
336. Però colui che sopporta tale sete velenosa, difficile<br />
a superare in questo mondo, da lui scivolano via tutti i dolori,<br />
come goccia d'acqua dal [la foglia di] loto. I<br />
"337. Io vi dico questa buona parola, giacché siete qui riuniti: ""Svellete la radice della sete,<br />
come chi cerca<br />
l'usira [odorosa] strappa l'erba birana. Non possa schiantarvi Mara di nuovo e di nuovo, come<br />
la corrente del<br />
fiume [fa] con le canne !""."<br />
338. Come un albero, anche quando è stato tagliato, cresce di nuovo finché non è stata divelta<br />
la salda radice,<br />
così pure, finché i vincoli della sete non siano troncati, questo dolore ricresce di nuovo e di<br />
nuovo.<br />
339. Quando le trentasei correnti (75) scorrono impetuose verso il piacere, le onde<br />
trascineranno quell'uomo<br />
mal guidato, cioè i desideri diretti dalla passione.<br />
340. Le correnti fluiscono ovunque lussureggiante si espande la liana. Se vedete che la liana è<br />
nata,<br />
tagliatene la radice con la conoscenza superiore.<br />
341. Impetuosi ed inebrianti sono gli appetiti dell'uomo. Dediti ai piaceri ed alle gioie che ne<br />
derivano gli<br />
uomini soggiacciono [continuamente] a nascita e vecchiaia.<br />
342. Dominati dalla sete, gli uomini balzano qua e 1è come lepri incappate nella rete. Soggetti<br />
a vincoli e<br />
legami continuamente ed a lungo vanno verso il dolore.<br />
343. Dominati dalla sete, gli uomini balzano qua e là come lepri incappate nella rete. Di<br />
conseguenza cacci<br />
lontano da sé il monaco la sete, col volere il distacco interiore.<br />
344. Chi, libero da desiderio, è intento al desiderio, liberatosi dalla foresta [dei desideri (76)]<br />
corre di nuovo<br />
verso la foresta, quell'uomo, deh, guardate: una volta liberato si getta nuovamente nei lacci.
345. I Saggi non chiamano saldo legame quello che è fatto di ferro, di legno o di canapa:<br />
appassionatamente<br />
più forte è l'affetto per le gemme e gli anelli, per i figli e per la moglie.<br />
340. Questo i Saggi chiamano saldo legame, che trascina in basso, che è molle, eppure difficile<br />
a sciogliere.<br />
Una volta che hanno tagliato anche questo, [i Saggi] se ne vanno, libri da pensieri, avendo<br />
abbandonato tutti i<br />
dolori.<br />
347. Coloro che sono attaccati alle passioni scivolano giù nella corrente da loro stessi<br />
provocata, come il<br />
ragno nella rete. Una volta che hanno interrotta anche questa, [i Saggi] se ne vanno, liberi da<br />
pensieri,<br />
avendo abbandonato tutti i dolori.<br />
348. Abbandona le cose passate, abbandona le cose avvenire, abbandona ciò che sta in mezzo<br />
(= il presente),<br />
quando tendi verso l'altra sponda dell'essere. Se la tua mente è libera in ogni senso, non<br />
ritornerai più nel<br />
[ciclo di] nascita e vecchiaia.<br />
349. In quell'uomo che è agitato da dubbi, fortemente appassionato, che bada solo al piacere,<br />
cresce la sete:<br />
egli rende, invero, più forti i legami.<br />
350. Colui che, invece, gode nel sedare i dubbi e, sempre memore, si rende consapevole di ciò<br />
che è impuro,<br />
costui allontanerà da sé, anzi troncherà, il legame di Mara.<br />
351. Chi ha raggiunto la consumazione [dell'esistenza], che non trema più, la cui sete è<br />
scomparsa, che è<br />
senza macchia, che ha troncato i pungoli dell'esistenza [di costui<br />
questo qui è l'ultimo corpo [di cui si riveste].<br />
352. Colui la cui sete è scomparsa, che è privo di attaccamento, che conosce la composizione<br />
delle lettere e<br />
la loro collocazione (= che intende l'insegnamento e lo interpreta rettamente), costui, che ha<br />
ricevuto il suo<br />
ultimo corpo, lo si chiama Gran Saggio e Grande Uomo (77).<br />
"353. Io sono il Conquistatore Universale, il Conoscitore Universale, incontaminato in ogni<br />
condizione di<br />
vita; tutto ho abbandonato con la distruzione della sete: ora che ho conosciuto me stesso, chi<br />
potrei indicare<br />
[come mio maestro (78)] ?"<br />
"354. Il dono della Buona Legge supera ogni dono; il sapore della Buona Legge vince ogni<br />
sapore; la gioia<br />
198<br />
della Buona Legge sorpassa ogni gioia; l'estinzione della sete sormonta ogni dolore."<br />
"355. I godimenti uccidono lo stolto, non certo quelli che cercano l'altra sponda; per sete di<br />
godimento lo<br />
stolto uccide gli altri e se stesso."<br />
356. I campi sono danneggiati dalle erbacce, le creature [sono guaste] da passione. Perciò il<br />
dono fatto a chi<br />
è privo di attaccamento reca gran frutto [al donatore].<br />
357. I campi sono danneggiati dalle erbacce, le creature<br />
[sono guaste] da avversione. Perciò il dono fatto a chi è privo 1
di avversione reca [al donatore] gran frutto.<br />
358. I campi sono danneggiati dalle erbacce, le creature [sono guaste] da torpidità mentale.<br />
Perciò il dono<br />
fatto a chi è privo di torpidità mentale reca gran frutto [al donatore].<br />
359. I campi sono danneggiati dalle erbacce, le creature [sono guaste] dal desiderio. Perciò il<br />
dono fatto a chi<br />
è privo di desiderio reca gran frutto [al donatore].<br />
CAPITOLO XXV<br />
BHIKKHU-VAGGA<br />
IL MONACO (BHIKKHU)<br />
360. È buona la continenza (79) nella vista, buona la continenza nell'udito, buona la<br />
continenza nell'olfatto,<br />
buona la continenza nel gusto.<br />
301. è: buona la continenza nel corpo, buona la continenza nella parola, buona la continenza<br />
nel pensiero,<br />
buona la continenza in ogni cosa. Un bhikkhu contenuto in ogni cosa si libera da ogni dolore.<br />
362. Colui che controlla la sua mano, che controlla il suo piede, che controlla la sua parola, che<br />
è il migliore<br />
dei controllati, che è felice di ripiegarsi in se stesso, che è intento, solitario, contento, costui<br />
chiamano<br />
bhikkhu.<br />
363. Quel bhikkhu che, controllando la sua bocca, parla saggiamente e modestamente e<br />
chiarisce il<br />
significato della Buona Legge, la parola di costui è dolce.<br />
364. Colui che riposa nella Buona Legge, che gode della Buona Legge, che riflette sulla Buona<br />
Legge e la<br />
ricorda, questo bhikkhu non devierà dalla Buona Legge.<br />
365. Non disprezzi ciò che ha ricevuto [in elemosina], non invidii gli altri. Il bhikkhu che<br />
invidia gli altri non<br />
raggiunge di certo l'estasi meditativa.<br />
366. Il bhikkhu che, anche se riceve poco, non invidia gli altri, costui anche gli dèi lodano, [se]<br />
la sua vita è<br />
pura ed egli non è pigro.<br />
367. Colui il quale non si identifica col proprio nome-e-forma (80), che non si affligge per ciò<br />
che non è più,<br />
costui è chiamato bhikkhu.<br />
368. Il bhikkhu che si comporta con amorevolezza (81), che è appagato dell'insegnamento del<br />
Buddha,<br />
raggiungerà la sede della pace (62), la felicità nascente dal dissiparsi degli elementi<br />
dell'esistenza.<br />
"369. O bhikkhu, vuota questa barca! Una volta vuotata correrà veloce; sradica passione ed<br />
avversione:<br />
andrai, quindi, al Nibbana."<br />
370. Taglia i cinque [legami], abbandona i cinque [sensi]. D'un bhikkhu che ha sormontato i<br />
cinque legami si<br />
dice che ha attraversato l'oceano.<br />
"371. Medita, o bhikkhu, non essere disattento! Non lasciar vagare il pensi""o verso ciò che<br />
arreca piacere:<br />
che tu non debba, perchè [qui sei] disattento, inghiottire la palla di ferro [nell'inferno], né tu<br />
debba gridare,
mentre brucerai: questo è dolore!""."<br />
372. Non esiste meditazione ove non sia conoscenza, né vi è conoscenza ove non sia<br />
meditazione. Colui che<br />
199<br />
possiede meditazione e conoscenza, costui è ben vicino al Nibbana.<br />
373. Il bhikkhu, una volta che è entrato nella casa vuota ed il cui spirito è totalmente calmo,<br />
prova una gioia<br />
non umana contemplando rettamente la Buona Legge.<br />
374. Una volta che ha interiormente realizzato il senso dell'origine e della distruzione degli<br />
elementi<br />
costituenti la personalità (i khandha), egli raggiunge la gioia e la felicità che appartiene a<br />
coloro che<br />
conoscono l'immortale (il Nibbana).<br />
"375. E questo è l'inizio per un saggio bhikkhu, proprio qui: controllo sui sensi, contentezza,<br />
continenza<br />
secondo la regola; frequentazione di nobili amici, di vita pura, che non siano pigri."<br />
376. Viva egli amichevole, sia di intemerata condotta: indi, nella pienezza di gioia, porrà fine<br />
alle sofferenze.<br />
377. Come la pianta vassiki lascia cadere i fiori appassiti, i bhikkhu devono egualmente<br />
liberarsi di brama ed<br />
avversione.<br />
"378. Il bhikkhu il cui corpo è quieto, la cui parola è pacata, la cui mente è calma, che è in sè<br />
raccolto, che ha<br />
repudiato l'esca del mondo, costui chiamano ""un Essere Acquietato ""."<br />
379. Levati in piedi da te stesso, esamina te stesso da te stesso, e così, custodito da te stesso e<br />
rammemorante, vivrai felicemente, o bhikkhu!<br />
380. Poiché il Sé è il padrone del sé (= ciascuno è padrone di se stesso), il sé è rifugio per se<br />
stesso, perciò<br />
piega te stesso, come il mercante fa col buon cavallo.<br />
3B1. Il bhikkhu che, pieno di gioia, è felice dell'insegnamento del Buddha, procede verso la<br />
sede della pace,<br />
verso la felicità dovuta allo svanire degli elementi dell'esistenza.<br />
382. Quel bhikkhu che, pur essendo giovane, si esercita nell'insegnamento del Buddha, costui<br />
illumina<br />
questo mondo come la luna libera da nuvole.<br />
CAPITOLO XXVI<br />
BRAHMANA-VAGGA<br />
IL BRAHMANA (= LO ARHAT)<br />
383. Interrompi la corrente del fiume con energia, o brahmana, disperdi le brame! Quando<br />
avrai compreso la<br />
distruzione degli elementi dell'esistenza riconoscerai Ciò che Non è stato Creato (= il<br />
Nibbana).<br />
384. Allorché un brahmana ha raggiunto l'altra sponda<br />
mediante le due leggi (continenza e meditazione), tutti i<br />
legami svaniscono per lui che ha conosciuto.<br />
385. Colui che non conosce [come esistenti di per sé]<br />
questa riva e l'altra riva ed entrambe, sciolto da timore e da<br />
ogni legame, lui chiamo brahmana.<br />
386. Colui che è meditatore, incontaminato, raccolto, che
compie ciò che si deve, spassionato, distaccato, che ha raggiunto il fine supremo, costui io<br />
chiamo brahmana.<br />
387. Di giorno splende il sole, di notte splende la luna,<br />
splende il guerriero nell'armatura, splende il brahmane allorché medita. Però il Buddha<br />
rifulge di splendore<br />
sempre,<br />
di giorno e di notte.<br />
388. Poiché si è liberato dal male (bahitapapo), perciò è<br />
"chiamato brahmana; poiché procede calmo (sama), perciò è"<br />
chiamato asceta (samana): avendo fatto dileguare (pabbajayam) da sé le sozzure, perciò è<br />
chiamato<br />
pellegrino (pabbajayam).<br />
389. Nessuno faccia violenza ad un brahmana, ma non<br />
200<br />
fugga all'aggressore il brahmana! Guai a chi colpisce un<br />
brahmana, e, ancora di più, guai a chi sfugge all'aggressore!<br />
390. Non è di poco vantaggio, per il brahmana, che trattenga la mente dalle cose gradite: a<br />
mano a mano che<br />
svanisce<br />
il pensiero di offendere, contemporaneamente si placa [in<br />
lui] ogni dolore (83).<br />
391. Quegli il cui corpo, la cui parola e la cui mente non<br />
albergano cattiva azione, che permane ben contenuto in questi<br />
tre punti, costui io chiamo brahmana!<br />
392. Colui dal quale si sia appresa la Buona Legge insegnata dal Ben Risvegliato (= Buddha),<br />
costui si<br />
veneri con<br />
zelo, come il brahmana [si inchina al] fuoco sacrificale.<br />
393. Non si diventa brahmana a cagione della crocchia è, della stirpe o della nascita: colui nel<br />
quale vi è<br />
verità e rettitudine, questo benedetto, costui è davvero un brahmana!<br />
394. Che te ne fai della crocchia, o sciocco? A che ti serve la pelle di capra (84 a) ? Dentro di te<br />
vi è la<br />
giungla, e tu ti ravvii di fuori!<br />
395. L'uomo coperto di vesti polverose, emaciato, di cui si contano le vene, che se ne sta<br />
solitario a meditare<br />
nella foresta, costui io chiamo brahmana.<br />
396. Non chiamo certamente brahmana un uomo a cagione della sua stirpe o della madre. Egli,<br />
invero, parla<br />
con arroganza ed è pure ricco. Ma quegli che non ha niente ed è privo di attaccamento, costui<br />
io chiamo<br />
brahmana.<br />
397. Colui che, avendo tagliato ogni legame, non trema più ed è sciolto da ogni vincolo, costui<br />
io chiamo<br />
brahmana.<br />
398. Colui che, avendo tagliato la cinghia, la fascia e la corda con tutti gli annessi, ha da sé<br />
rimosso ogni<br />
ostacolo, costui io chiamo brahmana.<br />
399. Colui che, innocente, sopporta insulti, percosse e vincoli, avendo la pazienza come sua<br />
fortezza, forte
come un esercito in campo, costui io chiamo brahmana.<br />
400. Colui che ha deposto la collera, che è fedele ai voti, che è virtuoso, privo di attaccamenti,<br />
che è domo,<br />
che ha ricevuto il suo ultimo corpo, costui io chiamo brahmana.<br />
401. Colui che, come l'acqua su un fiore di loto o come un seme di senape sulla punta di un<br />
ago, non aderisce<br />
ai desideri, costui io chiamo un brahmana.<br />
402. Colui che, pur vivendo in questo mondo, conosce di già la fine del dolore, che ha deposto<br />
il carico,<br />
libero da ceppi, costui io chiamo un brahmana.<br />
403. Colui che è dotato di profonda sapienza, che è saggio, che conosce la giusta via e quella<br />
errata, che ha<br />
conseguito la sublime meta, costui io chiamo brahmana.<br />
404. Colui che si tiene in disparte sia dai laici che dai religiosi, che frequenta poche case, che<br />
ha pochi<br />
desideri, costui io chiamo un brahmana.<br />
405. Colui che, avendo deposto ogni atteggiamento ostile verso le creature, sia forti che deboli,<br />
che non<br />
uccide né fa uccidere, costui io chiamo brahmana.<br />
406. Colui il quale è tollerante con gli intolleranti, che è raffrenato verso coloro che usano il<br />
bastone, che è<br />
privo di brame fra coloro che ne sono pieni, costui io chiamo brahmana.<br />
407. Colui dal quale passione, avversione, orgoglio, ipocrisia sono caduti, come un seme di<br />
senape dalla<br />
punta di un ago, costui io chiamo brahmana.<br />
408. Colui il quale pronuncia parole veraci, prive di asprezza ed istruttive, con le quali non si<br />
offende alcuno,<br />
costui io chiamo brahmana.<br />
409. Colui il quale nel mondo nulla prende che non gli sia stato dato, sia esso grande o piccolo,<br />
sottile o<br />
grosso, buono o cattivo, costui io chiamo brahmana.<br />
410. Colui che non nutre speranze né per questo mondo né per quell'altro, privo di desideri e<br />
di legami,<br />
201<br />
costui io chiamo brahmana.<br />
"411. Colui del quale non si conoscono più interessi e, poiché sa, non dice ""come?"" , che ha<br />
toccato il<br />
fondo di ciò che è immortale, costui io chiamo brahmana."<br />
412. Colui che ha abbandonato entrambo i legami, quello del bene e quello del male, che più<br />
non soffre, che<br />
non è preso da passione, che è puro, costui io chiamo brahmana.<br />
413. Colui il quale è limpido come la luna, puro, sereno, assolutamente calmo, che ha distrutto<br />
la fonte di<br />
ogni allegrezza, costui io chiamo brahmana.<br />
"414. Colui che ha lasciato dietro di sé la via paludosa, che è il samsara difficile da<br />
attraversare, che ha<br />
raggiunto l'altra sponda, che è meditatore, che è irremovibile, che non domanda più a come?<br />
"", che è<br />
svincolato, che è Estinto, costui io chiamo brahmana."
415. Colui che, in questo mondo, avendo abbandonato i desideri, erra senza casa, estinta la<br />
fonte di tutti i<br />
desideri, costui io chiamo brahmana.<br />
416. Colui che, in questo mondo, avendo abbandonato la sete [di vivere], erra senza casa,<br />
estinta la fonte di<br />
tutti desideri, costui io chiamo brahmana.<br />
417. Colui il quale, avendo abbandonato ogni vincolo umano, ha anche superato ogni legame<br />
proprio agli<br />
dèi, scioltosi da tutti i legami, costui io chiamo brahmana.<br />
418. Colui che, avendo abbandonato piacere e dispiacere, divenuto ormai freddo, privo dei<br />
germi di una vita<br />
futura, che è l'Eroe (vira) che ha vinto tutti i mondi (= tutte le condizioni di esistenza), costui<br />
chiamo<br />
brahmana.<br />
419. Colui che conosce lo svanire ed il riformarsi degli esseri ovunque, che è distaccato, che è<br />
il Ben<br />
Procedente (Sugata), che è il Risvegliato (Buddha), costui io chiamo brahmana.<br />
420. Colui il cui sentiero non conoscono né gli dèi, né i Gandharva, né gli esseri umani, che è il<br />
Venerabile<br />
(Arhat), che ha annientato ogni adesione, costui io chiamo brahmana.<br />
421. Colui che non possiede né passato, né avvenire, ne' presente, che non possiede nulla e<br />
nulla prende,<br />
costui io chiamo brahmana.<br />
422. Il virile, il nobile, l'eroe, il Grande Saggio, il vincitore, l'imperturbabile, il compiuto, il<br />
Risvegliato,<br />
costui io chiamo brahmana.<br />
423. Colui che conosce le vie precedenti dimore (= esistenze), che contempla cielo ed inferno,<br />
che è<br />
pervenuto alla estinzione delle nascite, che ha conseguito superiore conoscenza, che ha<br />
interamente compiuto<br />
ogni compimento, costui io chiamo brahmana.<br />
(Traduzione di Pio Filippani-Ronconi)<br />
GLOSSARIO (1)<br />
"A-bhava: ""[condizione di] assenza"" di qualunque elemento oggettivo, propria al nirvana (v.)<br />
o allo spazio<br />
etereo (akasa, v.)."<br />
"Abhidharma, Abhidhamma: "" Riferimento al Dharma "" o "" Metafisica "": nome del terzo<br />
pitaka (v.)."<br />
202<br />
"Abhisambodhi: "" supremo totale risveglio "": l'esperienza dell'illuminazione o del Risveglio<br />
(bodhi, v.),<br />
conseguita da Gautama Sakyamuni (v. nirvana)."<br />
Abhiseka, abhiseka: battesimo, consacrazione. Rito mediante il quale venivano consacrati<br />
ritualmente gli<br />
antichi re indiani. Nel vajrayana (v.) l'iniziazione è denominata a.<br />
"Acarya, Acarya: il maestro che, assieme al precettore (upadhyaya, upajjhdya"" guida per<br />
almeno dieci anni<br />
il novizio (sramanera, sumanera) nella Comunità (Sangha, v.)."<br />
"Acyuta sthana accuta thana: "" condizione immutabile "", sinonimo di nirvana (v.)."
"adhisthana, adhitthana: I) ""risoluzione"" di dedicarsi all'ascesi: una delle Perfezioni<br />
(paramita, v.); 2) ""<br />
grazia "". Nelle scuole del Mahayana denota la libertà che ha il Buddha o, meglio, l'elemento<br />
buddhico<br />
presente in ognuno di risolvere il karman (v.), indipendentemente dal merito (punyakarmanta)<br />
accumulato."<br />
"A-himsa "" innocenza "", il non uccidere, precetto fondamentale nel Buddhismo e nel<br />
Jainismo (v. sila)."<br />
"Akasa: "" etere "", "" spazio"", "" aria "", "" luce "". Lo a., tradotto ordinariamente come<br />
""spazio "", è<br />
concepito sotto le specie di "" ambito ideale "", in cui il nirvana si invera e, come tale, è una<br />
realtà "" non<br />
confezionata"" (a-samskrta, v.). Talvolta, invece, assume il significato di "" aria"", "" cielo""."<br />
"Alaya-vijnana: "" coscienza-ricettacolo "" (v. vijnana). Secondo la scuola Yogacara lo a. è la<br />
coscienza<br />
cosmica contenente, allo stato di seme (bija), tutti gli elementi possibili della realtà (v.<br />
dharma): tale<br />
coscienza è di là dalle forme empiriche di coscienza proprie ai cinque sensi, al mentale ed alla<br />
continuità di<br />
coscienza relativa all'entità egoica. Essa è il fondo su cui si depositano i risultati di tutte le<br />
azioni passate e<br />
dal quale scaturiscono tutti gli accadimenti presenti e futuri determinati da quelle."<br />
"A-mrta, a-mata: "" immortale"", "" ambrosia "": sinonimo di nirvana."<br />
Anapana-smrti, anapana-sati: v. smrti.<br />
"An-atmaka, anatta: ""privo di essere-in-sé"", definizione di tutte le cose (dharma, v.)."<br />
"Anitya, anicca: "" impermanenti"", carattere dei samskara(v.)."<br />
An-upadi-sesa [- nibbana]: v. Nirupadhi-sesa-nirvana.<br />
Apsaras, atthara: ninfe celesti, compagne dei Gandharva, i musici divini. Secondo la tradizione<br />
indiana<br />
vengono inviate dagli dei sulla terra onde sviare gli asceti dalla meditazione, che pone in<br />
pericolo il loro<br />
dominio.<br />
"Arhat, arhant: ""il Degno"", cioè il santo buddhista, ""colui che ha compiuto ciò che era da<br />
farsi"", (krtakaraniya<br />
kata-karaniya); ideale delle scuole hinayaniche; 4° stadio sulla via del Risveglio (v.<br />
srotapanna)."<br />
"Arya, ariya: "" nobile"" ""persona rispettabile"". Denominazione etnica propria agli Indiani<br />
portatori della<br />
cultura religiosa vedica, suddivisi nelle caste dei sacerdoti (brahmana"" guerrieri (ksatriya,<br />
khattia) ed<br />
agricoltori-allevatori (vaisya vesiyana). Nel Buddhismo a. ha il senso morale di ""seguace delle<br />
Nobili<br />
Verità"" (arya-satyani, v.)."<br />
203<br />
[Catudri] Aryasatyani, [Cattari] Ariyasaecani: le [Quattro] Nobili Verità, cioè: l'esistenza del<br />
dolore (duhkha,<br />
dukkha), la nascita del dolore (d.-samudaya), l'estinzione del dolore (d.-nirodha), la Via che<br />
mena<br />
all'estinzione (marga, magga).<br />
"A-samskrta: "" non-confezionato "", attributo di akasa (v.) e nirvana (v.); v. samskrta."
"Astanga-marga, Attharigika-magga: l'""Ottuplice Sentiero"" in cui si riassume il metodo<br />
soteriologico<br />
buddhista. Consiste in - retta visione (samyag-drsti, samma ditthi), retta rappresentazione (o<br />
volizione) (s.-<br />
sankaipa, s. sarikappa), retta parola (s.-vac., s. vaca), retta attività (s.-karmanta, s. kammanta),<br />
retto modo di<br />
vivere (s.-apva), retta applicazione di energia (s.-vyavama, s. vayama), retta presenza di<br />
spirito (s.-smrti, s.<br />
sati, retto atteggiamento psichico o retta meditazione (s.-samadhi)."<br />
"Atman, atuma (atta): il "" se stesso"", l'""essere-in-sé "", nucleo fondamentale della<br />
personalità umana, la<br />
cui sussistenza è negata dal Buddhismo (v. an.-atmana, skandha, samana, dharma)."<br />
"Avadana: ""gesta"": pie leggende relative ad azioni meritorie compiute dai passati Buddha o<br />
dal Buddha<br />
presente in esistenze trascorse."<br />
"Avastha: ""condizione"", ""modo di essere"" (proprio ai dharma, v.), nel loro apparire nella<br />
tritemporalità di<br />
presente-passato-futuro."<br />
"A-vidya a-vijja: ignoranza, nescienza. Causa efficiente e formale dell'esistenza esteriorizzata<br />
(bahyartha)<br />
del mondo, in sé illusorio ed insostanziale (an-atmaka, v.), che, a causa di essa, viene sussunto<br />
come reale<br />
dall'individuo. Il Buddhismo posteriore, come il Vedanta ed i movimenti settari indiani<br />
concepirà l'a. come<br />
forza cosmica di "" Illusione"" (maya), per cui la sfera del Dharma (Dharmadhathu),<br />
simboleggiata dal<br />
Buddha Primordiale (Adi-Buddha), vela sé a se stessa per dare origine al mondo delle forme<br />
(rupadhatu),<br />
immaginario (parikalpita)e sottoposto al reciproco condizionamento (para-rantra) dei suoi<br />
dharma (v.)."<br />
"Ayatana: ""ricettacolo"" dominio di una facoltà sensibile. Gli a. sono sei interni, o soggettivi<br />
(adhyatmika,<br />
ajjhatika), relativi ai cinque sensi più il mentale, manas, e sei esterni (behira, bahya), relativi<br />
agli oggetti dei<br />
sensi ed alle cose in quanto ideabili (dharma, dhamma)."<br />
"Ayuhsamskara, ayusarikhara:""strutture vitali"", quelle che il Buddha rigetta alla vigilia<br />
dell'Estinzione<br />
totale (v. parinirvana)."<br />
"Bhava: "" esistenza"" (v. pratityasamutpada)."<br />
"Bhava: "" condizione di esistenza "", "" proprietà innata"" dei dharma"<br />
(v .).<br />
"Bhavana: "" meditazione"", "" conseguimento"": etimologicamente significa realizzare<br />
interiormente<br />
l'essenza dell'oggetto proposto alla contemplazione. Le b. sono tre (kaya-b., citta-b., prajna-b ),<br />
o cinque<br />
(quelle rivolte alle quattro virtù cardinali, maitri, mudita karuna, upeksa, più a-subha, le ""<br />
impurità"")."<br />
"Bhiksu, bhikkhu: "" mendico"", ""asceta"", sinonimo di sramana; femm. bhiksuni, bhikkhuni."<br />
"Bhumi: "" terra"", ""terreno"", "" grado di perfezione"". Le b. comprendono le sei paramita<br />
(v.), alle quali si
aggiungono le quattro virtù; upaya-kausalya, ""abilità ne[lla scelta de]i mezzi""; pranidhana, ""<br />
risoluzione""<br />
[nell'intraprendere la Via]; bala, "" forza"" jnana, ""conoscenza"". Le dieci b. indicano<br />
altrettante tappe della<br />
carriera di un Bodhisattva (v.), caratterizzate dal progressivo inverarsi del bodhicitta (v.)."<br />
"Bija: "" seme"" (v. alaya-vijnana)."<br />
"Bodhi: ""Risveglio"", ""Illuminazione"". Condizione di chiaroveggenza, in seguito alla quale si<br />
scorge,<br />
avendo sradicato "" sete"" di vivere (trsna, v.) ed "" ignoranza"" (avidya, v.), la concatenazione<br />
causale<br />
(pratityasamutpada, v.), per cui il samsara (v.) sussiste, e ci si scioglie dalla soggezione a<br />
questo, in attesa<br />
204<br />
che con la morte fisica avvenga la Totale Estinzione ([pari] nirvana, v.) degli elementi<br />
aggregati<br />
dell'esistenza (samskara, v.)."<br />
"Bodhi-citta: ""Consapevolezza, Pensiero dell'illuminazione"". Secondo il mahayana è la<br />
coscienza innata<br />
per cui ogni essere sa, più a meno oscuramente, di essere sostanziato di Bodhi ed a questa<br />
destinato per<br />
propria vocazione irresistibile. Il b. è, quindi, la causa teleologica e contemporaneamente<br />
l'effetto del<br />
Risveglio (Bodhi, v.)."<br />
"Bodhi-paksika, bodhipakkhika: ""le Ali dell'Illuminazione"": i 37 elementi psicologici o<br />
disposizioni che<br />
preparano l'avvento del Risveglio (Bodhi, v.)."<br />
"Bodhi-sattva, bodhisattva: ""colui la cui essenza è Bodhi"" (Buddha in potenza). Nel<br />
Buddhismo primitivo<br />
si indica con tale nome l'essere predestinato a divenire Buddha in una successiva esistenza.<br />
Nel posteriore<br />
Buddhismo per B. si intende un essere che, avendo percorso le 10 bhumi (v.), ed essendo<br />
ormai un<br />
Risvegliato, rimanda indefinitamente l'Estinzione per seguitare ad aiutare gli uomini Nel<br />
Mahayana i B.<br />
divengono figure teologali emanate dai Tathagata (v.), le quali, risiedendo nel sambhoga-kaya<br />
(v. kaya),<br />
cooperano spiritualmente alla missione del Buddha incarnato (Manusi Buddha) di ogni<br />
particolare epoca<br />
cosmica (kalpa, yuga)."<br />
"Bodhi-vrksa, bodhi-rukkha: ""albero della Bodhi"". Un pipal ai piedi del quale, meditando, il<br />
Buddha<br />
divenne un Risvegliato. sin dagli inizi a tale albero è stata attribuita una funzione cosmica, di<br />
asse del mondo<br />
e, simbolicamente, di polo di luce interiore."<br />
"Bodhy-anga, bojjhanga: ""membro della bodhi"". I 7 requisiti che preparano l'avvento della<br />
bodhi<br />
(consapevolezza, investigazione, energia, gioia, calma, contemplazione ed equanimità)."<br />
"Brahmana: ""bramino"", appartenente alla prima casta degli arya (V.), sacerdote. Nel<br />
Buddhismo il termine
iacquista frequentemente il suo primitivo senso spirituale di "" Illuminato "", ""possessore<br />
della<br />
conoscenza"", arhat (v.)."<br />
"Buddha: "" il Risvegliato "" (dalla rad. budh, svegliarsi, conoscere), Colui che ha conseguito la<br />
Bodhi (v.) e<br />
ne è la perenne attuazione. Si dicono Buddha quegli esseri che, in ogni diversa epoca (yuga,<br />
kalpa),<br />
conquistano e talvolta rivelano all'Umanità una nuova formulazione del Dharma (v.), adatta<br />
alle mutate<br />
esigenze e facoltà spirituali degli uomini di quel tempo. L'ultimo Manusi-Buddha, o B.<br />
pienamente umano,<br />
fu Gautama Sakyamuni (Gotama Sakyamuni); il prossimo B. sarà Maitreya (Metteyya),<br />
attualmente<br />
bodhisattva nel cielo Tusita, Tusita. Vi sono anche i cosiddetti Pratyeka-B., "" i B. di per se<br />
stessi"", che,<br />
realizzato il Dharma, non lo rivelano con la predicazione (v. anche Tathagata)."<br />
"Ruddhi: la psiche, in quanto principio di riflessione e giudizio; talvolta ""intelletto"" (V.<br />
vijnana)."<br />
"Caitya, cetiya: ""ricettacolo""; reliquiario (v. stupa)."<br />
"Cakravartin, cakkhavattin: "" volgitore di Ruota"", nome attribuito ai"<br />
Sovrani Universali della tradizione indiana antica, la funzione dei<br />
quali, sulla terra, è approssimativamente parallela a quella spirituale dei Buddha umani<br />
(Manusi-Buddha)<br />
"Citta: ""coscienza"", nel senso di principio universale di intelligenza attiva. Nelle scuole del<br />
Buddhismo<br />
settentrionale, il c., o vijnana, è considerato il fondamento del reale (sarvam hi cittam, "" tutto<br />
è<br />
coscienza"")."<br />
Civara: la veste del monaco, costituita da tre pezze, abitualmente color zafferano.<br />
"Deva: ""essere celeste "", ""dio "", propriamente della mitologia indiana antica. Anche nel<br />
Buddhismo i d.<br />
mantengono la loro condizione, fintanto che perdura il frutto (phala) dell'azione meritoria<br />
(punyaskandha, v.)<br />
che li ha condotti a tale stato."<br />
"Dharma, Dhamma: 1 ) la Legge, in particolare quella rivelata dal Buddha, consistente nelle<br />
Quattro Nobili<br />
Verità (v, Arya-satyani); 2) la Realtà delle cose; 3) i minimi elementi della realtà fisica,<br />
psichica e noetica -<br />
di per sé vuoti (v. sunya) - l'aggregazione dei quali (samskara, v.), assunta soggettivamente,<br />
costituisce il<br />
tessuto dell'esistenza di ognuno, "" frutto"" (phala) determinato dalle azioni (karman, v.)<br />
compiute in<br />
205<br />
precedenza."<br />
Dharma-cakra-pravartana dhamma-cakka-pavattana: omessa in moto della Ruota della Legge<br />
n: la<br />
rivelazione del Dharma (v.) compiuta dal Buddha col discorso di Benares.<br />
"Dharmadhimukti ""vocazione [a seguire il] Dharma"" (v. bodhicitta)."<br />
Dharma-kaya: v. kaya.
"Dharma-sunyata: "" vacuità dei dharma"". Il fatto che i d. non siano dotati di "" essere<br />
proprio"" (svatmika),<br />
ma sussistano solo in base alla reciproca relazione (v. sanya)."<br />
"Dhatu: ""base"". Le 18 ""sfere di azione"", tre per ogni facoltà (i cinque sensi più il mentale),<br />
cioè l'organo<br />
di percezione, l'oggetto relativo e la disposizione cognitiva (es.: occhio, forma, visione). V.<br />
anche ayatana;<br />
per d. si intendono anche le successive sfere in cui si ripartiscono gli esseri e le loro<br />
disposizioni psichiche<br />
secondo una crescente purificazione (kama-a., sfera della brama, rapa-d., sfera della forma, arapa-d.,<br />
sfera<br />
informale), trascese dall'assoluto nirvana-d., nibbana-d. (v. nirvana)."<br />
"Dhyana, jhana: ""meditazione"" o estasi mistica (v. samadhi), divisa in quattro gradi di<br />
progressivo<br />
approfondimento. Il d. è la parte essenziale della meditazione buddhica, avente lo scopo di<br />
restituire il<br />
proprio essere alla sfera di inalterata coscienzialità (v. citta, v. alaya-vijnana"" che è il fondo di<br />
tutte le cose."<br />
Divyacaksus, dibba-cakkhu: l'occhio divino che si apre nel Buddha durante la seconda veglia<br />
nella notte<br />
della Bodhi (v.). Con il d. egli contempla la concatenazione dei dodici nidana (v.) e le relazioni<br />
fra tutti gli<br />
esseri, presenti passati e futuri.<br />
"Duhkha, dukkha: ""dolore, infelicità"", la realtà oggettiva del samsara (v.); la prima delle<br />
Quattro Nobili<br />
Verità (drya-satyani, v.)."<br />
"Dukkha-nirodha-ga-minipat-ipeda: ""la Via conducente all'Estinzione del Dolore"", la terza<br />
Nobile Verità<br />
(v. arya-satyani)."<br />
"Dvesa, dosa: ""odio"", avversione, una delle infezioni morali (klesa, v.)."<br />
"Garbhavakranti, gabbhavakkanti: ""discesa del germe"", atto di incarnazione fisica del<br />
Buddha presente<br />
(Gautama Sakyamuni) in Maya (v.), sposa del re Suddhodana."<br />
Gatha: canto, parte in versi dei sutra (v.).<br />
"Guru: ""maestro"", iniziatore ai sacri misteri delle sette indiane."<br />
"Hina-yana: "" Veicolo Inferiore"", denominazione corrente del Buddhismo meridionale, più<br />
intento<br />
all'ammaestramento morale ed alla disciplina monastica (vinaya) che alle speculazioni<br />
metafisicoreligiose ed<br />
alle realizzazioni mistiche, proprie al Maha-yana (v.)."<br />
"Jataka: "" nascimento "" Pia narrazione delle vite anteriori del Buddha"<br />
ad edificazione dei fedeli.<br />
Jati: V. pratityasamutpada.<br />
"Jnana nana: ""conoscenza"". Così detta la suprema delle dieci bhumi (v.). Nel senso di<br />
""conoscenza<br />
superiore"" si adopera preferibilmente il termine prajna (v.)."<br />
Kalpa kappa grande evo cosmico, suddiviso a sua volta in 4 o 8 cicli (yuga, v.).<br />
"Kama [- raga]: la brama, in particolare l'amore sensuale (v. anche raga"" espressione<br />
massima della ""sete""<br />
(v. trsna)."
"Karman, kamma: orig. ""azione"". La legge per la quale ogni azione meritoria (punya-k.) o, al<br />
contrario,<br />
206<br />
peccaminosa (papa-k.), ha come frutto, in questa e nelle prossime vite, effetti di eguale qualità,<br />
rivolti verso<br />
il soggetto che compì l'azione. L'estinzione del k., sia buono che cattivo, è conseguente al<br />
nirvana (v.)."<br />
"Karuna: ""compassione"", una delle quattro virtù cardinali del Buddhismo (v. maitri, mudita,<br />
upeksa). Nel<br />
Maha-yana la k. è, per antonomasia, il "" mezzo "" (upaya, v.) per cui si acquista la bodhi, data<br />
la sua<br />
assoluta gratuità, essendo il mondo e gli atti che in esso si compiono totalmente insostanziali<br />
(v. sunya)."<br />
"Kaya: corpo, realtà concreta percepibile. Lo Hinayana conosce il nama-k. (corpo-nome) ed il<br />
rupa-k.<br />
(corpo-forma), l'unione dei quali costituisce l'essere umano senziente. Nel Mahayana si<br />
postulano tre k., o<br />
modalità, attraverso le quali si attua il Buddha come essere cosmico: il Dharma-k., quello della<br />
pura attualità<br />
del Daharma (v.), la Realtà Assoluta, priva di essere (sunya, v.); il Sambhoga-k., o corpo di ""<br />
compartecipazione "", "" fruimento"", che è il piano in cui si manifesta la funzione dei<br />
Bodhisattva (v.); il<br />
Nirmana-k., o corpo di ""manifestazione)"" che è il piano concreto sensibile ove si ha<br />
l'apparizione fisica dei<br />
Buddha e lo svolgersi del dramma esistenziale, di per sé illusorio ed apparente (maya, v.)."<br />
Kaya-vak-citta: corpo-parola-mente: nel Mahayana ciò costituisce i tre livelli della<br />
manifestazione: quello<br />
della modalità corporea, quello della condizione psichica o fonematica e quello della pura<br />
ideazione (cit-ta),<br />
o archetipo. Essi corrispondono alle tre gerarchie esemplificate dal [tri-] kaya (v.) del<br />
Mahayana.<br />
"Klesa kilesa: "" infezione morale"". I k. sono cinque o dieci (desiderio, odio, ottusità,<br />
inquietudine, eresia,<br />
dubbio, pigrizia, arroganza, impudicizia, insensibilità di cuore). Causa continua delle azioni<br />
peccaminose,<br />
mantengono l'uomo nel samsara. La condizione di Arhat (v.) risiede specialmente nello<br />
sradicarli."<br />
"Klista-mano-vijnana:"" coscienza di volontà intellettuale contaminata"". Oscuramento che la<br />
Nescienza<br />
(avidya, v.) attua attraverso le coscienze individuali, per cui nascono le coscienze sensorie e si<br />
perde la<br />
connessione universale data dall'alaya-vijnana (v.)."<br />
"Krta-karaniya katakaraniya: "" [Colui che ha] compiuto ciò che si doveva compiere "",<br />
sinonimo di arhat (v<br />
)."<br />
"Ksana, khana: ""istante""; infinitesima misura di tempo in cui sussistono i dharma (v.)."<br />
"Ksanti, khanti: "" sopportazione"", o pazienza"", una delle Perfezioni (paramita, v.)."<br />
Ksatriya, khattiya: casta dei guerrieri e dei re (v. drya).<br />
"Laksana, lakkhana (lancana) 1) ""caratteristica"" propria ai dharma che si muta nella<br />
tritemporalità; 2) ""
segni "" fisici primari che contraddistinguono i Buddha, i Bodhisattva, i Cakra-vartin ed i<br />
Maha-purusa dalla<br />
comune umanità. (I segni secondari sono detti anuvyanjana)."<br />
Laukika: le cose di questo mondo (loka), alle quali è propria la verità empirica (samvrttisatya).<br />
Lokottara, lokuttara: l'insieme delle realtà trascendenti (uttura) il mondo (loka), che<br />
appartengono alla sfera<br />
(dhatu, v.) della verità assoluta (paramartha-satya).<br />
"Madhyamaka: ""mediano"": nome dato al sistema mahayanico conciliante gli estremi della<br />
verità empirica<br />
(samvrtti-satya), per cui il mondo deve essere assunto praticamente come reale, e la verità<br />
assoluta<br />
(paramartha-satya), per cui esso è, invece, insostanziale (sunya, v.)."<br />
"Madhyama pratipad, majjhama patipada: ""Via di mezzo"", nome dato dal Buddha al proprio<br />
sistema,<br />
perché alieno dagli estremi dell'ascesi o della vita mondana."<br />
Madhyamika: scuola di coloro che sostengono la posizione madhyamaka (v.).<br />
"Maha-purusa, Mahapurisa: "" Grande Uomo "": modello cosmico per gli esseri umani: detto<br />
dei Buddha<br />
(Y.), Bodhisattva (v.) e Cakravartin (v )."<br />
"Maha-vira: ""Grande Eroe"", sinonimo di Buddha."<br />
207<br />
"Maha-yana: ""il Grande Veicolo"", denominazione attribuita al Buddhismo Settentrionale,<br />
nelle cui diverse<br />
scuole prevale l'aspetto mistico-religioso e metafisico, rispetto a quello etico e disciplinare. Le<br />
principali<br />
branche del M. sono rappresentate dalle scuole Madhyamika, o Sunyavada (v.), Vijnanavada, o<br />
Yogacara, da<br />
quelle tantriche del Vairayana e da quelle estremo-orientali del T'ien-t'ai Ch'ing t'u, Shingon e<br />
Zen.<br />
L'epicentro del M., dopo l'estinzione del Buddhismo in India, divenne il Tibet, ove si è<br />
sviluppato nella<br />
forma nota come Lamaismo (dal tib. bLa-ma, ""Superiore"" [monaco])."<br />
"Maitreya, Metteyya: ""l'Amichevole"", nome del Buddha umano che dovrà comparire sulla<br />
terra circa 5000<br />
anni dopo il B. Gautama Sakyamuni ."<br />
"Maitri, metta: "" benevolenza universale o, "" amicizia"": una delle quattro virtù cardinali del<br />
Buddhismo, la<br />
fondamentale assieme alla karuna (v.)."<br />
"Manas, mano: il "" mentale "", o "" intelletto "": organo coordinante le funzioni sensorie.<br />
Diverso dalla ""<br />
coscienza "" (vijnana, citta, v.) che il Buddhismo identifica alla Realtà fondamentale delle<br />
cose."<br />
Mandala: raffigurazione simbolica del contenuto di un particolare insegnamento iniziatico<br />
(Tantra, v ),<br />
oggetto di contemplazione e meditazione estatica, onde realizzare intuitivamente lo speciale<br />
piano di<br />
coscienza che esso rappresenta. Consta generalmente di un quadrato inscritto in un cerchio<br />
(simbolo della
sfera della libertà magica) contenente varie figure di Tathagata (v.), Bodhisattva (v.), ecc.,<br />
ordinate<br />
simmetricamente attorno al centro.<br />
"Manta, manta: nel Buddhismo indicava "" testo sacro"" (in vedico "" deliberazione "", "" inno<br />
""). Indi<br />
prevalse il significato di "" mistica giaculatoria "", che, nella letteratura dei Tantra (v.),<br />
simboleggia<br />
foneticamente un piano particolare di coscienza. La ripetizione (japa) del m. induce<br />
all'intuizione estatica<br />
delle verità esoteriche esposte da un particolare Tantra rappresentate dal m. e raffigurate nel<br />
mandala (v.)<br />
relativo."<br />
Manusi-Buddha: Buddha umano, pienamente incarnato sul piano terrestre, ove realizza la sua<br />
missione.<br />
"Mara: "" [Dio] Morte "": deità (deva,) avversaria del Buddha che regge il mondo delle brame<br />
(kamadoka""<br />
massimo ostacolo alla Liberazione (moksa, v.)."<br />
"Maya: 1) originariamente (gioco di prestigio), indi ""illusione cosmica"". La m. è, nel<br />
Vajrayana, concepita<br />
come la potenza (sakti) cosmica che vela l'autotrasparente vacuità (sunyata, v.) dell'Assoluto<br />
(paramartha""<br />
mediante la manifestazione del mondo delle forme; 2) nome della madre del Buddha."<br />
"Moha: "" infatuazione "", "" ottundimento "": una delle tre principali infezioni morali (le altre<br />
due sono<br />
raga, v., e dvesa, v )."<br />
"Moksa (mukti), mokkha: "" liberazione "" dall'esistenza condizionata: (samsara, v.), sinonimo<br />
di nirvana<br />
(v.)."<br />
"Mudita: la "" gioia "" per le gioie altrui: una delle quattro virtù cardinali del Buddhismo."<br />
"Mudra, mudda: 1) "" sigillo"", gesto compiuto con le dita per indicare una cifra (hatthamudda-ganana);<br />
2)<br />
gesto esoterico simboleggiante un particolare momento della vita del Buddha, la verità con<br />
questo espressa<br />
ed il Tathagata (v.) che ne rappresenta l'archetipo spirituale; 3) nel Vajrayana la m. è la ""<br />
sposa-potenza ""<br />
(sakti, v.) del Tathagata o del Bodhisattva (v.)."<br />
"Nama-rupa: ""nome-forma"": il terzo nirvana (v.) del pratityasamutpada (v.), indicante la<br />
particolare<br />
determinazione di un'individualità in seguito al karma "" accumulato"" (upacita)<br />
nell'esistenza precedente (v.<br />
rupa)"<br />
"Nidana: "" corda "", "" causa prima"": nome di ognuno dei dodici nessi causali del<br />
pratityasamutpada (v.)"<br />
"Nikaya: "" collezione"", "" mucchio "": nome di ciascuno dei cinque grandi gruppi che<br />
formano il<br />
Suttapitaka (V. sutra, sutta)."<br />
208<br />
Nirmana-kaya: v. kaya<br />
"Nirodha: ""arresto"", sinonimo di nirvana (v.)."
"Nir-upadhi-s'esa-nirvana: sinonimo di pari-nirvana (v.): indica la condizione, che si avvera<br />
alla morte fisica<br />
di un Illuminato, per cui si estinguono "" senza rimanenza "" (a-sesa) anche i substrati<br />
(upadhi) di azioni<br />
meritorie che hanno condotto al Risveglio (bodhi) in vita. La locuzione denota il passaggio<br />
all'Assoluto<br />
incondizionato."<br />
"Nirvana, nibbana: "" estinzione "" della serie dei nessi causali (pratityasamutpada, v.) che<br />
determinano la<br />
esistenza condizionata (samsara, v ); esperienza della "" vacuità "" che trascende la<br />
contingenza dei dharma<br />
(v.). Liberazione dall'universale necessità del Dolore."<br />
"Paramartha-satya, paramatthasacca: ""Verità (satya) dell'Assoluto (paraminha""),<br />
trascendente la o verità<br />
empirica"" (samvrti-sarya)."<br />
"Paramita: ""perfezione"". Insieme di sei o dieci virtù al cui esercizio si dedica il bodhisattva<br />
per conseguire<br />
la piena illuminazione (abhisambodhi, v.). Le principali sono: dana ("" dono "", "" distacco da<br />
ciò che si<br />
possiede ""); sila, s'ila (""buoni costumi ""); ksanti, khanti ""( pazienza ""); v'irya, viriya<br />
(""energia virile "");<br />
dhyana, jhana ""( meditazione ""); prajna, panna (""gnosi"", "" intuizione della Realtà"")."<br />
"Paratantra: ""eteronomo "": condizione per la quale i dharma (v.) sono reciprocamente<br />
determinati, e<br />
intuizione relativa a tale verità."<br />
"Parikalpita: ""assunzione immaginaria"" dei dharma (v.) come reali di per sé (v. paratantra,<br />
V.<br />
parinispanna)."<br />
"Parinama: ""trasferimento a favore di altri"" della maturazione del proprio karman da parte<br />
di un<br />
bodhisattva (v.), in virtù di una grazia (v. adhisthana)."<br />
"Pari-nirvana, parinibbana: "" Totale Estinzione"" (v. nirvana) dopo la morte del Buddha, per<br />
cui si estingue<br />
anche il frutto delle azioni meritorie che hanno condotto al nirvana."<br />
"Parinispanna: condizione "" trascendente"" le reciproche determinazioni dei dharma (v.<br />
paratantra), per cui<br />
si invera la loro assoluta "" vacuità "" (V. sunyata)."<br />
"Pra-vrajaka, paribbajaka: ""Errante"": monaco mendicante, generalmente buddhista."<br />
Patra, patta: ciotola per le elemosine.<br />
"Phala: "" frutto"" delle azioni (V. karman)."<br />
"Pitaka: ""Cesta "": le tre raccolte canoniche del Buddhismo primitivo (Sutta-p., "" Cesta"" delle<br />
Parole del<br />
Buddha, vinaya-p., ""Cesta"" della Regola Ascetica, abhidhamma-p, ""Cesta"" della<br />
Metafisica)."<br />
"Pra-daksina, padakkhina: ""girare attorno a destra"": circumambulazione rituale attorno ad<br />
un personaggio<br />
sacro o ad un altare."<br />
"Prajna, panna: ""gnosi"", ""saggezza"", ""mistica intuizione"": la massima delle ""perfezioni""<br />
(paramita,
v.). Nel Mahayana la p. diviene uno dei due poli cardinali per la bodhi, l'altro essendo il<br />
""mezzo"" (upaya,<br />
V., karuna, V.); come tale viene simboleggiata da numerose figure divine nelle scuole<br />
Vajrayana (v.)."<br />
209<br />
"Prajnaparamita: ""Perfezione della Gnosi""- nome di testi costituenti la letteratura<br />
fondamentale della<br />
scuola Madhyamika. In essi prende forma la teoria della illusorietà e della ""vacuità di propria<br />
essenza""<br />
(svabhava-sunyata) di tutti i dharma, iniziando da quelli che costituiscono i cinque skandha<br />
(v.) ed i dodici<br />
nirvana del pratityasamutpada (v.)."<br />
"Prana: ""respiro"", ""Spirito Vitale"", identificato dai sistemi ortodossi indiani alla funzione<br />
cosmica del<br />
Brahman. Il controllo del p., percepito nel suo aspetto sottile (saksma) è fondamentale nello<br />
yoga (v.). Tale<br />
disciplina è stata accolta dal Buddhismo fra le sue tecniche estatiche (cfr. anapanasmrti)."<br />
"Pranidhana: "" risoluzione "" o voto formale del bodhisattva ad operare affinché il massimo<br />
numero di<br />
creature vengano strappate dai vincoli del dolore."<br />
"Prapanca, papanca: ""estroversione"" ""espansione"": le illusorie apparenze fenomeniche del<br />
mondo,<br />
dovute all'avidya (v.)."<br />
"Pratimoksa, patimokkha: ""[Litanie della] Professione di Fede "": elenco dei 227 peccati e<br />
delle altrettante<br />
sanzioni che - a guisa di confessione - vengono recitate quattro volte al mese in occasione<br />
dell'Uposotha<br />
(sanscr. Upavasatha) dall'assemblea dei monaci e delle monache."<br />
"Pratitya-samutpada, paticca-samuppada: insieme dei 12 nessi causali che determinano il<br />
samsara (V.),<br />
finché la bodhi ed il nirvana non vi pongono fine. Essi sono: avidya, avijja (v.), samskara,<br />
sankhara (v.),<br />
vijnana, vinnana (V.), nama-rupa (v.), sad-ayatana, salayatana (v.), sparsa, phassa (v.), vedana<br />
(v.), trsna,<br />
tanha (v.), upadana (v.), bhava (v.), jati, jara-marana. cioè: la ""nescienza"" determina gli<br />
""aggregati""<br />
accidentali, i quali causano la ""coscienza "", in cui s'individuano "" nome e forma"", da cui<br />
derivano i "" sei<br />
ricettacoli"" (i cinque sensi più il mentale che li coordina), donde si ha il ""contatto "", o<br />
percezione di una<br />
realtà esteriorizzata, da cui deriva la "" sensazione "", che determina la ""sete"" verso<br />
l'oggetto, indi nasce il<br />
""legame"" col mondo, per cui si ha ""esistenza"", ""nascita"", o vecchiaia e morte""."<br />
"Pravrajya, pabbajja: "" partenza"" dal mondo, che segna la rinuncia ad esso da parte del<br />
novizio (sramanera,<br />
samanera)."<br />
"Pudgala: "" individuo "", per i Thera o realtà solo per designazione verbale"" sussistente per<br />
quanto<br />
permane l'associazione dei 5 skandha (v.); per altre sette, come a.e. la Vaibhasika, realtà<br />
sussistente di fatto."
Puja: atto esteriore di venerazione religiosa, diverso dal culto interiore consistente in<br />
meditazione e<br />
realizzazione estatica (v. dhyana, v. bhavana).<br />
"Punya-skandha, punna-khandha: "" porzione meritoria"", cioè l'insieme delle azioni<br />
meritorie (punyakarmanta)<br />
che facilitano l'evento della bodhi (v.)."<br />
"Raga: ""passione"" (v. anche kama), la principale delle infezioni morali (v. klesa), poiché<br />
estrinsecazione<br />
immediata della "" sete o di vivere (trsna, v.)."<br />
"Ratna-traya, ratanattaya (anche Triratna, tiratana): ""Triade delle Gemme"", cioè il Buddha, il<br />
Sangha (v.) e<br />
il dharma (v.), presso i quali il laico o il professo novizio ""prende rifugio "" (sarana)."<br />
"Rddhi, iddhi: ""poteri "" magici, generalmente dieci, che vengono conseguiti nel corso<br />
dell'ascesi. Il<br />
Buddha ne sconsigliava energicamente l'impiego."<br />
210<br />
"Rupa: ""forma"": il mondo della sostanzialità "" formale "", in particolare fisica, in quanto<br />
percepibile<br />
attraverso ""forma "" (v., in dhatu, r.-dhatu, in skandha, r.-skandha)."<br />
"Sad-ayatana, salayatana: "" sei ricettacoli "" (ayatana, v.), cioè le cinque facoltà più il mentale,<br />
correlate alle<br />
rispettive sfere d'azione (dhatu, v.); quarto nidana del pratityasamutpada (v.)."<br />
"Sakrd-agamin, sakadagdmin: ""colui che deve tornare [ancora] una volta [ad incarnarsi]""."<br />
"Sakti: ""potenza"", ""sposa"". Magica potenza (radhi, v.) di cui sono dotati i Buddha e i<br />
Bodhisattva. Nel<br />
Vajrayana, figure femminili divine, spose dei Tathagata e dei Bodhisattva, che simboleggiano<br />
l'aspetto<br />
dinamico della loro funzione teologale e l'""efficienza "" dei diversi aspetti del Dharma (v.)."<br />
"Sakya-muni, Sakya-m. (Sakiya-m.): ""L'Asceta degli Sakya"", soprannome del Buddha<br />
dell'attuale ciclo,<br />
Siddhartha Gautama (Siddhartha Gotama)."<br />
"Samadhi: "" meditazione estatica o, ""enstasi"". Condizione di profonda calma interiore, di<br />
adaequatio alla<br />
Realtà essenziale, che si accompagna all'acquisto della prajna, o jnana (v.); esercizio relativo<br />
all'acquisto di<br />
tale condizione."<br />
"Sambhoga-kaya: "" corpo di comunione "" o "" partecipazione "" (v. kaya). Condizione relativa<br />
all'esistenza<br />
preterfisica dei bodhisattva (v.); piano di coscienza su cui si svolge tale esistenza."<br />
"Samgha, o Sangha: ""Comunità"", ""Ordine"" buddhista, formato da laici (upasaka) e religiosi<br />
(bhiksu,<br />
sramana ecc.). Il terzo dei Tre Gioielli (Ratna-traya, v.)."<br />
"Samjna, sanna: "" ideazione"", ""appercezione"": uno dei cinque skandha (v.). In generale il<br />
rendersi conto<br />
di un fenomeno."<br />
"Samsara: il ""flusso "" la trasmigrazione attraverso ripetute e differenti esistenze, alla quale<br />
pone fine<br />
(nirodha, v.) il nirvana (v.)."<br />
"Samskara, sankhara: ""confezionato"", carattere di ogni elemento dell'esistenza in quanto la<br />
sua presente
aggregazione è il risultato ""confezionato"" da atti (karman, V.) precedenti; il secondo dei 12<br />
nidana (v.<br />
pratityasamutpada). I principali s. sono: sensazione (vedana, v.), [ap]percezione (samjna, v.),<br />
volizione<br />
(cetana), attenzione esclusiva (ckagrata, ckaggata, o samadhi, v.), mentalizzazione del dato<br />
obiettivo<br />
(manasi-kdra), riflessione (viedra), decisione (adhimoksa, adhimokkha), energia (virya, viriya,<br />
v.),<br />
ragionamento (vitarka, vitakka), intenzione (chanda), presenza di spirito (smrti, sati, v.),<br />
intelligenza (prajna,<br />
panna) e le ""costruzioni psichiche "" opposte."<br />
"Samskrta: l'essere ""combinato "", "" aggregato"", condizione propria ai dharma (v.). V.<br />
samskara."<br />
"Samtana (santana) o santati: ""nesso continuo"" fra i dharma, che è proprio al loro riflettersi<br />
nel vijnana (v.)<br />
ed al vijnana stesso."<br />
"Samvrtti-satya: ""verità relativa""; secondo la scuola Madhyamika la verità propria al livello<br />
empirico<br />
dell'esistenza, trascesa dalla verità assoluta (paramartha-satya, v.)."<br />
"Santa, santo: colui in cui si è inverata la condizione di santi (v.); definizione del nirvana (v.)."<br />
211<br />
Santi, santi: calma, pace suprema: nirvana (v.).<br />
"Siddha: ""Perfetto"", ""Realizzato"": appellativo dello yogin tantrico che ha conseguito<br />
l'incorruttibilità<br />
(vajra, v.) suprema e si è liberato in vita (I-ivan-mukta)."<br />
"Siddhi: poteri magici propri ai siddha (v.); Y. anche radhi."<br />
"Sila, sila: ""costume "", ""uso"", ""pratica morale )"" in particolare i ""precetti morali ""<br />
(cinque per i laici,<br />
dieci per i religiosi)."<br />
"Simha-nada, sihanada: "" ruggito del leone"": la predicazione del Buddha, in particolare il<br />
Discorso di<br />
Benares."<br />
"Skandha, khandha: "" aggregato"". Così si dicono le cinque categorie, l'associazione delle<br />
quali forma la<br />
transeunte personalità umana: rapa, forma, vedana, sensazione, samjna, sanna, ideazione o<br />
appercezione,<br />
samskarah, sankhara (pl.), costruzioni psichiche, vijdana, vinnana (vinnana), coscienza."<br />
"Smrti, sati: "" memoria"", "" consapevolezza"", attenzione volitiva rivolta a quanto si osserva<br />
o si compie.<br />
In particolare: anapana-s., attenzione profonda rivolta all'ispirazione (ana) ed espirazione<br />
(apana), connessa<br />
ad una serie di 16 contemplazioni; una delle principali pratiche meditative buddhiste (v.<br />
prana)."<br />
Smrty-upasthana, satipatthana: pratica della smrti, sati (V.), fondata sulla contemplazione<br />
assidua delle<br />
quattro realtà: kaya (v.), vedana (v.), citta (V.), dharma (v.). Una delle discipline principali del<br />
Buddhismo.<br />
"Sopadhi-sesa-nirvana savupadisesa-nibbana: la prima fase del nirvana, consistente<br />
nell'estinzione dei klesa e
nell'acquisto della bodhi, senza però cancellare la ""rimanenza dei substrati "" (upadhi-sesa,<br />
upadisesa)<br />
karmici, che vengono invece sradicati nella seconda fase (v. nir-upadhisesa-n.)."<br />
"Sparsa, phassa: ""contatto"", ""percezione"": forma primaria del rapporto col mondo<br />
divenuto esteriore<br />
all'individuo; sesto nidana del pratityasamutpada (v .)."<br />
Sramana, samana (femm. sramani, samani): asceta o monaco buddhista (sinonimo di bhiksu).<br />
Sramanera, samanera: novizio buddhista.<br />
"Srotapanna, socapanna: ""entrato in corrente "", convertito, primo grado della via verso il<br />
nirvana."<br />
"Sthavira, Thera: "" Anziano o, nome degli immediati discepoli del Buddha e della scuola<br />
(Thera-vada, v.),<br />
originata dal loro insegna mento (v. Hinayana)."<br />
"Stupa, thapa: ""tumulo"", sacello generalmente di forma conica contenente sacre reliquie o<br />
ceneri di un<br />
Santo, oppure libri canonici buddhisti."<br />
"Sukhavati: ""la Felice [Dimora] "": paradiso di Occidente ove soggiorna il Tathagata<br />
Amitabha,"<br />
"Sanya, sunna: ""vuoto"". In particolare, la ""mancanza di essere-in sé"", propria a tutti i<br />
dharma (v.)<br />
sussistenti per un istante solo (ksana) ed esistenti in base alla loro reciproca relazione (v.<br />
paratantra)."<br />
"Sunyata: ""vacuità"": condizione di sunya (V.). L'ineffabile realtà che trascende tutte le<br />
condizioni proprie<br />
ai dharma (v. anche tathata, vajra)."<br />
"Sunya-vada: ""Professione del Vuoto"", ""Teoria della Sunya"": denominazione della scuola<br />
Madhyamika."<br />
"Srtra (sutranta), sutta originariamente ""verso sintetico"", ""aforisma""; nel Buddhismo<br />
significa ""parola<br />
del Buddha""; seconda parte del Canone (Sutta-pitaka)."<br />
"Svabhava-sunya: ""Vuota di una propria essenza""; definizione della realtà assoluta (v.<br />
maya)."<br />
Tantra: opere esoteriche proprie al Vajrayana (V.), basate su presunte rivelazioni<br />
extracanoniche del Buddha<br />
storico, o di altri Buddha e Bodhisattva, oppure del Buddha primordiale e archetipo<br />
(AdiBuddha). I T. sono<br />
permeati di gnosi indiana e seguono una metodologia basata sullo Yoga (v.): alcuni sono anche<br />
influenzati da<br />
concezioni magiche dell'area culturale tibetana ed affini.<br />
212<br />
"Tathagata: ""il Così Venuto [ad essere]"", sinonimo di Buddha. Nel Buddhismo settentrionale<br />
i T. sono<br />
archetipi cosmici, da cinque a otto, manifestatisi sul piano del dharma-kaya (v. kaya) a guisa di<br />
colorazioni<br />
assunte dalla Luce Primordiale incolore, pura Coscienza autotrasparente (prabhasvaram<br />
cittam V. citta). Da<br />
loro sono stati emanati i Bodhisattva (v.) e i Manusi-Buddha (v.)."<br />
"Tathata: la "" quiddità "", "" l'esser-così"" ""tatha"" cioè l'inconcepibile (a-cintya) vuoto<br />
(sanya) che è la<br />
Realtà di là dalla contingenza del mondo."
Thera: v. Sthavira.<br />
"Thera-vada: la ""Dottrina degli Anziani "", cioè la formulazione del Buddhismo secondo la<br />
tradizione<br />
antica, come è conservata presso lo Hinayana (v.) di Ceylon, Birmania, Siam e Indocina."<br />
Tipitaka: v. Pitaka.<br />
"Tri-kaya: ""Tre Corpi ""; v. kaya."<br />
"Trsna, tanha: "" la Sete"", la brama quale forza fondamentale del samsara (v.), che si esplica<br />
nell'attaccamento all'esistenza (bhava, v.), al godimento (kama, v.) e all'inesistenza (vibhava)."<br />
"Upadana: "" vincolo"" verso l'esistenza, nascente dalla o sete "" di vivere (v. tr. na), per cui si<br />
crea un nuovo<br />
karman, che fruttifica (v. phala) nella ""nascita "", jata; il nono nidana del pratityasamutpada ."<br />
"Upadana-skandha, upadanakkhanda: ""gli Insiemi di Acquisizione "", cioè nascita, malattia,<br />
morte, unione<br />
con ciò che non si ama, separazione da ciò che si ama, non-ottenimento di ciò che si desidera."<br />
"Upadhi: "" substrato"" all'esistenza. I quattro u. sono: i 5 skandha (v.), kama (v "" klesa (v.) e<br />
il karman<br />
(v.)."<br />
"Upadi: sinonimo pali per khandha (skandha, v.), frequentemente confuso col precedente<br />
upadhi. U. significa<br />
propriamente "" causa materiale"", ""atto di ricevere"" (cfr. an-upadisesa, sotto la voce<br />
anupadhisesa)."<br />
"Upadhyaya, upajjhdya: "" tutore"" del novizio (framanera, v.)."<br />
"Upanisad: "" Sessioni"" o ""Insegnamenti Esoterici""; nome dei testi di esegesi filosofica ai riti<br />
vedici e di<br />
meditazione, sui quali si fonda il sistema speculativo indiano del Vedanta,"<br />
"UpaSaka: ""devoto"" laico, astretto all'obbedienza agli fila (v.) fondamentali femm. upasika."<br />
Upavasatha, uposatha: il giorno di digiuno, astinenza e confessione pratimoksa, v.) dei<br />
Buddhisti, che si<br />
celebra nel giorno iniziale della settimana lunare.<br />
"Upaya: il "" mezzo"" per il conseguimento della bodhi (v.); nel Buddhismo Settentrionale<br />
assurto a figura<br />
teologale e identificato alla karuna (v.) oppure alla sakti (v.) di ogni particolare Tathagata (v.)<br />
o Bodhisattva<br />
(v.); ivi esso costituisce metafisicamente il polo opposto alla prajna (v.)."<br />
"Upaya-kausalya [ta]: ""abilità nell'uso dei mezzi "": la capacità di adattare l'insegnamento del<br />
Dharma alle<br />
condizioni ambientali ed all'attitudine psichica ed intellettuale degli ascoltatori."<br />
213<br />
"Upeksa, upekkha: "" equanimità""; la quarta virtù cardinale buddhista."<br />
"Vaisya, vessa e vesiyana: terza casta degli Arya (v.), quella dei (I produttori di ricchezza"",<br />
formata da<br />
agricoltori ed allevatori."<br />
"Vajra: "" folgore"", ""diamante"", simbolo della quiddità. (tathata incorruttibile dello sunya<br />
(v.)."<br />
"Vaira-dhatu: "" sfera del vajra"" (v.): il livello incondizionato sul quale si invera l'esperienza<br />
dello sunya<br />
(v.)."<br />
"Vajra-sattva: ""Essenza-vajra"". Figura teologale del Mahayana, simbolo della incorruttibile<br />
ed assoluta<br />
condizione che è immanente in ogni essere umano."
"Vajra-yana: ""via fulgurea"" o ""adamantina"" Insieme di sistemi gnostici derivati dal<br />
Mahayana e fondati<br />
sugli insegnamenti esoterici dei Tantra (v.), che tendono alla realizzazione dell'essenza-vaj-a<br />
(vajra-sattva,<br />
v.) in ogni essere umano."<br />
"Vasana: "" habitus"": impressione subconscia permanente in conseguenza delle azioni<br />
passate; complesso<br />
psicologico."<br />
"Veda: ""Scienza"": i sacri testi della tradizione indiana, la validità dei quali, ai fini della<br />
liberazione (v.<br />
moksa) è negata dal Buddhismo."<br />
"Vedana: ""sensazione"", cioè l'insieme dei 6 fenomeni psichici (afferenti ai cinque sensi pi¢ il<br />
mentale) che<br />
corrispondono alle percezioni (samjna, v.); uno dei cinque skandha (v.)."<br />
Vesakha (scrt. vaisakha): mese di aprile-maggio, alla cui luna piena si celebra la Nascita,<br />
l'illuminazione e<br />
l'Estinzione del Buddha.<br />
"Vadya, vijja: ""conoscenza"", ""gnosi"", sinonimo di jnana (v.)."<br />
"Vihara: ""residenza""; convento buddhista."<br />
"Vijnana, vinnana (vinnana): coscienza riflessa: la base psichica sulla quale si fonda la<br />
continuità cosciente<br />
(santana, santati) dell'individuo, l'elemento sul quale principalmente opera l'Ottuplice<br />
Sentiero (astangamarga,<br />
V.): il principale dei 5 skandha (v.). sinonimo di mente (manas), intelletto (buddhi) o<br />
coscienza in<br />
senso lato (citta); v. anche alaya-vijnana."<br />
"Vikalpa: ""concezioni"" o ""immagini"" che danno luogo alle impressioni latenti (vasana, v.)"<br />
"vinaya: "" Regola ""; nome di disciplina monastica, il primo dei tre Pitaka (v.)."<br />
Vipassana (pali): trasparenza cosciente, chiaroveggenza conseguente all'esperienza interiore<br />
dell'impermanenza (acyuta) dei dharma (v.) ed all'assenza (sunya, v.) di egoità (an-atmaka,<br />
v.).<br />
"Virya, viriya: "" virile energia"" "" forza ""; la quinta delle paramita (v.)."<br />
"Yoga: ""soggiogamento"": nome di un insieme di discipline psicofisiche, tradizionalmente<br />
volte alla<br />
214<br />
realizzazione piena e cosciente dell'Essere Totale (atman, brahman, purusa, ecc.) celato dai<br />
moti psichici<br />
della comune individualità Lo y. è fondato soprattutto sulla meditazione intensa (bhavana,<br />
dhyana, samadhi,<br />
ecc.) e su pratiche esoteriche poggianti sul respiro (prana) colto nell'aspetto "" sottile ""<br />
(suksma). I metodi<br />
dello y. sono stati accolti sin dal principio dal Buddhismo."<br />
"Yogacara: "" [Scuola della] Pratica dello Yoga"": nome della scuola professante la teoria<br />
secondo la quale<br />
la coscienza (citta, vijnana), è il fondo assoluto della realtà (vijnana-vada, cfr. alaya-vijnana)."<br />
Yogin: praticante lo yoga (v.).<br />
"Yuga: una delle 4 o 8 epoche nelle quali si suddivide un kalpa (v.); età di un mondo<br />
particolare."