LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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27.05.2013 Views

significati, quello indicato può essere considerato primario e, sia pure con una certa approssimazione, essere fatto coincidere con quello di «essenza». Sotto tale profilo la forma è ciò per cui un ente è quello che è, incarna in sé una certa determinata «tipicità», ha una certa «natura»: è il plesso di connotati senza i quali un certo ente non sarebbe tale. (È ovvio che tra le possibili determinazioni di un ente vi è anche quell‟ordine di determinazioni che sono le forme, intese come sagome, contorni, disegni, proprie di quegli enti che occupano spazio). [15] Cfr.: Aristotele, De anima II, 1°, 412 a 27 sgg. [16] Per una cospicua informazione e per una puntuale introduzione è raccomandabile la raccolta curata da I. Tolomio, L’anima dell’uomo. Trattati sull’anima dal V al IX secolo, Rusconi Ed., Milano 1979. [17] In verità sin dagli inizi dell‟età medievale scritti di Aristotele sono noti alla cultura latina. Ma si tratta di testi appartenenti al corpus della logica (che solo in epoca più recente verrà conosciuto nella sua interezza). Per una varietà di ragioni, tra le quali anche alcuni equivoci e errori di attribuzione, sono le opere di «filosofia della natura» a suscitare perplessità e ostilità nella tradizione filosofico-teologica e a determinare allarme e provvedimenti censori da parte delle autorità ecclesiastiche. La locuzione «filosofia della natura» deve essere, peraltro, intesa in senso allargato rispetto a quello consueto. Con essa, infatti, non si intendono solo gli scritti di fisica o di cosmologia, ma la stessa Metafisica. In questa accezione, infatti, vengono chiamate «naturali» o «fisiche» tutte le indagini che hanno a che fare con oggetti reali. È tutto il complesso della dottrina dell‟ontologia aristotelica a essere sottoposto a contestazione. [18] È certamente vero che nella dottrina tommasiana le facoltà dell‟anima, appartenenti alla dimensione intellettiva operano indipendentemente dal corpo; tuttavia, nella condizione di unione con il corpo, l‟anima richiede le prestazioni del corpo, in quanto solo attraverso i dati empirico-sensibili, forniti dai sensi, essa può esercitare l‟attività intellettiva: innanzitutto astrattiva. [19] Anche sotto questo profilo Tommaso assente integralmente alla posizione aristotelica, respingendo l‟opinione che l‟anima informi un 98

corpo già investito da una forma sostanziale intermedia, la cosiddetta forma corporeitatis. [20] L‟affermazione della distinzione reale dell‟anima dalle sue potenze è un aspetto della differenza ontologica tra Dio e le creature, tra le quali vi è, appunto, l‟anima. Solo in Dio, in quanto «atto puro» che esclude qualsiasi potenzialità o virtualità, il potere di operare e l‟atto di esso coincidono, coincidendo con l‟essere stesso (di Dio). Nell‟anima invece l‟essere non coincide con le operazioni o gli atti di cui l‟essere dell‟anima è capace, cosicché esso è realmente distinto sia da tali atti sia dalle capacità che in essi si attuano. [21] La vis cogitativa è, nell‟uomo, il corrispettivo di ciò che, nei bruti, è la vis aestimativa naturalis. Quest‟ultima è una facoltà ordinata a riconoscere ciò che è utile e ciò che è nocivo, ciò che va ricercato e ciò che deve essere fuggito. Si tratta, quindi, di una facoltà che ha per oggetto i singoli contenuti sensibili, ma in relazione a proprietà che non sono esse stesse sensibili (come l‟utilità e la nocività); essa, inoltre, opera istintualmente e si rapporta ai propri oggetti solo in quanto essi sono termine o principio alicuius actionis vel passionis (per esempio, la pecora riconosce, alla vista e all‟udito, il suo agnello, come ciò che a lei è conveniente; non lo riconosce tuttavia in quanto agnello, ma come ciò che da lei viene allattato). La vis cogitativa, invece, per la sua appartenenza all‟anima razionale dell‟uomo, sia pure a livello sensitivo, opera non istintualmente, ma inquirendo et conferendo e, per la sua contiguità con il livello intellettivo, è in grado di cogliere i singoli enti individuali non solo secundum quod est terminus aut principium alicuius actionis vel passionis, ma sub natura communi, unde cognoscit hunc hominem prout est hic homo. [22] Secondo Aristotele l‟autoriflessione dell‟intelletto è subordinata al coglimento degli intellegibili e avviene mediante esso, sicché la cognizione di sé dell‟intelletto ne risulta essere un esito «indiretto». [23] Le prerogative descritte, spettano, in vero, anche alla sensibilità, ma Aristotele, nel notare questa concordanza tra intelletto e senso, ne sottolinea anche le differenze. Osserva soprattutto che, mentre il senso richiede comunque il supporto di organi corporei, l‟intelletto ne è 99

significati, quello indicato può essere considerato primario e, sia pure<br />

con una certa approssimazione, essere fatto coincidere con quello di<br />

«essenza». Sotto tale profilo la forma è ciò per cui un ente è quello che<br />

è, incarna in sé una certa determinata «tipicità», ha una certa «natura»:<br />

è il plesso di connotati senza i quali un certo ente non sarebbe tale. (È<br />

ovvio che tra le possibili determinazioni di un ente vi è anche<br />

quell‟ordine di determinazioni che sono le forme, intese come sagome,<br />

contorni, disegni, proprie di quegli enti che occupano spazio). <br />

[15] Cfr.: Aristotele, De anima <strong>II</strong>, 1°, 412 a 27 sgg. <br />

[16] Per una cospicua informazione e per una puntuale introduzione è<br />

raccomandabile la raccolta curata da I. Tolomio, L’anima <strong>del</strong>l’uomo.<br />

Trattati sull’anima dal V al IX secolo, Rusconi Ed., Milano 1979. <br />

[17] In verità sin dagli inizi <strong>del</strong>l‟età medievale scritti di Aristotele sono noti<br />

alla cultura latina. Ma si tratta di testi appartenenti al corpus <strong>del</strong>la<br />

logica (che solo in epoca più recente verrà conosciuto nella sua<br />

interezza).<br />

Per una varietà di ragioni, tra le quali anche alcuni equivoci e errori di<br />

attribuzione, sono le opere di «filosofia <strong>del</strong>la natura» a suscitare<br />

perplessità e ostilità nella tradizione filosofico-teologica e a<br />

determinare allarme e provvedimenti censori da parte <strong>del</strong>le autorità<br />

ecclesiastiche. La locuzione «filosofia <strong>del</strong>la natura» deve essere,<br />

peraltro, intesa in senso allargato rispetto a quello consueto. Con essa,<br />

infatti, non si intendono solo gli scritti di fisica o di cosmologia, ma la<br />

stessa Metafisica. In questa accezione, infatti, vengono chiamate<br />

«naturali» o «fisiche» tutte le indagini che hanno a che fare con oggetti<br />

reali. È tutto il complesso <strong>del</strong>la dottrina <strong>del</strong>l‟ontologia aristotelica a<br />

essere sottoposto a contestazione. <br />

[18] È certamente vero che nella dottrina tommasiana le facoltà <strong>del</strong>l‟anima,<br />

appartenenti alla dimensione intellettiva operano indipendentemente<br />

dal corpo; tuttavia, nella condizione di unione con il corpo, l‟anima<br />

richiede le prestazioni <strong>del</strong> corpo, in quanto solo attraverso i dati<br />

empirico-sensibili, forniti dai sensi, essa può esercitare l‟attività<br />

intellettiva: innanzitutto astrattiva. <br />

[19] Anche sotto questo profilo Tommaso assente integralmente alla<br />

posizione aristotelica, respingendo l‟opinione che l‟anima informi un<br />

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