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LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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IV. La quarta specie di pensiero è il pensiero critico, o pensiero<br />

discriminativo. Questo pensiero procede a ritroso rispetto al pensiero<br />

pratico e, pur non avendo uno scopo pratico, produce l‟effetto di<br />

rendere coscienti pensieri rimasti inconsci individuandone gli<br />

eventuali errori o parzialità.<br />

Lo scopo (pratico) <strong>del</strong> pensiero<br />

La ripetuta sottolineatura di uno scopo unico <strong>del</strong> pensiero non può<br />

sfuggire al lettore: lo scopo <strong>del</strong> pensiero è pratico. Esso qualifica<br />

praticamente la psicologia, eliminando ogni separazione tra teoria e<br />

pratica, e introduce un nuovo criterio di giudizio: la psicologia e la<br />

psicopatologia sono di natura giuridica (-morale) e non biologica.<br />

Senza una psicologia cui si oppone fino all‟odio, la psicopatologia<br />

non si produrrebbe neppure.<br />

Il pensiero produce un «sapere pratico», che all‟occorrenza<br />

permette al soggetto di agire prontamente. Un sapere non utilizzabile<br />

cioè immediatamente ma al momento opportuno. L‟azione si<br />

realizza di conseguenza, in forza <strong>del</strong> sapere già formato e pronto a<br />

essere usato nel caso di bisogno (non starò più a aggiungere che il<br />

bisogno è per definizione bisogno di soddisfacimento). Freud usa a<br />

questo proposito il termine premeditazione. [19]<br />

Il sapere pratico costituisce la facoltà individuale pratica<br />

(normativa) d‟iniziativa di fronte all‟occasione favorevole, che non<br />

basta aver giudicato tale perché si dia rapporto. Il pensiero pratico<br />

parte da una facoltà non schematica di desiderio e da un ricordo che<br />

la presenza di un altro reale ha riattivato, e termina nell‟investire di<br />

desiderio un ricordo (cioè non nell‟investire un ricordo, ma nel<br />

riattivare o inventare lanorma, facoltà appunto). Se tra realtà e<br />

investimento vi sarà identità – come vedremo, la facoltà di giudizio<br />

stabilisce tale identità – allora il pensiero sarà soddisfatto (concluso)<br />

e potrà avere inizio l‟azione. Se invece l‟altro non è reale, oppure è<br />

discrepante rispetto alla norma – la mancanza patologica <strong>del</strong>l‟altro,<br />

l‟inconsistenza <strong>del</strong>l‟altro -, allora il pensiero produrrà pensiero,<br />

comunque pratico, continuerà cioè a elaborare sulla base degli<br />

elementi forniti dal giudizio. La decisione per l‟azione pratica deriva<br />

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