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LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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l‟incontro diretto o indiretto con l‟«Altro» sta per avere un possibile<br />

risultato.<br />

In queste situazioni il linguaggio interiore non riesce atrovare<br />

adeguate vie d‟uscita in prospettiva di articolazione semantica e<br />

sintattica. Spesso, dopo le prime parole, segue un lungo silenzio,<br />

connotato di impotenza e di nostalgia per la prova mancata e per quel<br />

contenuto latente che non ha attinto il livello <strong>del</strong>la significatività<br />

espressiva e <strong>del</strong>la dialogicità. La comunicazione mancata, oltre a non<br />

gratificare, non consente l‟esercizio <strong>del</strong>l‟apprendimento verbale, <strong>del</strong><br />

comportamento interattivo e <strong>del</strong>l‟adattamento al rapporto educativo e<br />

all‟educatore attraverso l‟attuazione dei processi di imitazione e di<br />

identificazione.<br />

La povertà di linguaggio accresce, in circolo vizioso su sé stessa,<br />

la povertà di apprendimento e frammenta nel vissuto <strong>del</strong>l‟alunno<br />

l‟atteggiamento di attenzione al mondo, di ricerca dei referenti nelle<br />

cose e nelle persone, di coinvolgimento emotivo-affettivo nella<br />

dialogicità. La povertà di linguaggio dà origine, proprio nella scuola<br />

intesa come «ambiente educativo di apprendimento», a graduali<br />

prove in negativo circa la fiducia e la conferma che l‟Io di ciascun<br />

alunno ricerca nel Tu <strong>del</strong>l‟insegnante. Paradossalmente, sembra<br />

eclissarsi il «principio dialogico» di Buber. L‟Io e il Tu sembrano<br />

impegnati in una impresa, ora superficiale ora disperata, per<br />

confermare a sé stessi che «non esistono parole singole» e che<br />

esistono solo «parole duplici». L‟Io e il Tu, il Tu e l‟Io dovrebbero<br />

attuarsi nell‟Io-Tu e tradursi così in dialogo sereno e produttivo.<br />

4.<br />

L‟impresa <strong>del</strong>l‟educatore e <strong>del</strong>l‟educando procede per tentativi,<br />

per prove e riprove, per contatti diretti e indiretti, per silenzi<br />

connotati da lunghe attese, destinati a non produrre effetti se gli<br />

insegnanti non conferiscono continuità oggettiva, ma soprattutto<br />

verbale, alla loro intenzionalità educativa verso l‟alunno con povertà<br />

di linguaggio.<br />

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