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LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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<strong>del</strong>l‟infanzia o di casa!». Il problema non è quella tecnica o<br />

quell‟altra perché il «miracolo» avvenga, quanto piuttosto un<br />

machine à soigner complessiva, capace di assumere l‟entusiamo ma<br />

anche il senso <strong>del</strong> limite e <strong>del</strong>la tristezza, di coniugare un clima<br />

«sufficientemente patico» con una techné flessibile e «soft», di<br />

mettere in scena una «mente collettiva» alloplastica che funzioni<br />

transitoriamente per il paziente capace di pensieri e non solo di<br />

misurazioni. Non c‟è dunque in questa «machine à soigner» nessuna<br />

magia, solo pratica di una quotidianità <strong>del</strong>la cura alla ricerca di<br />

senso. Si collocano in questo quadro di riferimento quelli che<br />

abbiamo chiamato i «parametri soft» <strong>del</strong>la cura in alternanza ai<br />

«parametri hard» (il monitoraggio, l‟uso <strong>del</strong>la tecnologia che legge la<br />

vita e fa scivolare facilmente l‟umano nel suo mero funzionamento<br />

biologico) perlopiù dominanti ed esclusivi nelle cure intensive.<br />

Parametri soft dunque: il contatto e il tatto sono tra questi. Però<br />

parametri soft non vuol dire che sono lasciati alla pure e semplice<br />

spontaneità degli eventi, noi dobbiamo costruire una sorta di teoria<br />

<strong>del</strong>la prassi tarapeutica perchè si costituiscaattorno a essa un<br />

dispositivo di discorso. Questo dunque un primo scenario <strong>del</strong>la cura.<br />

12.<br />

Poi vi è la questione fondamentale <strong>del</strong>le diverse temporalità in<br />

gioco nel post-coma. Lavoriamo sul tempo perchè evidentemente il<br />

tempo vissuto si è interrotto, c‟è stato un arresto, un bianco su cui<br />

tentare il suo lento ricupero, la tessitura di una trama di riferimento e<br />

di riconoscimento temporale speculare al ricupero <strong>del</strong>la identità.<br />

Questo passa attraverso atti perlopiù semplici, attraverso la<br />

comunicazione sino dal momento in cui il paziente quasi non<br />

comprende ancora. Parlare <strong>del</strong>l‟ora, <strong>del</strong>la giornata, <strong>del</strong>la stagione,<br />

<strong>del</strong>l‟anno, comunicazioni elementari, ma capaci di restituire il senso<br />

<strong>del</strong>la discontinuità <strong>del</strong> mondo. La metafora <strong>del</strong>la «sala parto» anche<br />

qui ha il suo posto nell‟orientare l‟attitudine terapeutica; stiamo<br />

parlando di comunicazioni quasi preverbali, di luoghi che quasi ci<br />

rinviano alla relazione madre-bambino. Non diamo per scontato il<br />

294<br />

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