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LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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possibili esiti <strong>del</strong>la rinascita messa in moto dal risveglio che si<br />

misura la capacità <strong>del</strong> gruppo curante di vivere e guidare questa<br />

esperienza individuale e collettiva <strong>del</strong>la regressione. Dentro a ciò si<br />

può realizzare un progetto terapeutico «ben temperato» e capace di<br />

vivere nelle oscillazioni emozionali l‟ambivalenza, i fantasmi di<br />

onnipotenza terapeutica, i rischi di un «programma fallico» dei<br />

curanti, il clima depressivo <strong>del</strong>la frustrazione non elaborata, l‟apatia<br />

e la possibilità di una esposizione mal guidata a questa complessa<br />

esperienza relazionale di regressione. Noi dobbiamo infatti stare<br />

attenti a governare la maniacalità onnipotente di questo progetto,<br />

poiché gli ostacoli teorici e pratici sono certo più grandi dei risultati,<br />

anche perchè tutto ciò che mettiamo in opera appartiene più ad uno<br />

«stile» che a una propria e consolidata «procedura» terapeutica.<br />

Dobbiamo in fondo essere capaci di vivere, esattamente come la<br />

madre, la possibilità di fare un figlio non sano.<br />

Da qui forse questo piacere di ritrovare la casa, il luogo <strong>del</strong>la<br />

nascita, di ritrovare quell‟equipe, quegli infermieri, eventualmente<br />

quel medico, insomma quella sorta di gruppo che è diventato già un<br />

gruppo interno <strong>del</strong> paziente, già un «mobilio» <strong>del</strong>lo spazio psichico<br />

ricostruito, come questa messa in scena concreta di eventi <strong>del</strong>la<br />

quotidianità, di cose <strong>del</strong>la quotidianità, ha immediatamente in queste<br />

fasi avuto una funzione di arredo <strong>del</strong> mondo psichico. La qualità di<br />

questo arredo che passa attraverso la quotidianità degli atti di cura<br />

determina la qualità <strong>del</strong> ritrovamento di Sé dopo il coma, la qualità<br />

<strong>del</strong>la riabilitazione post-traumatica stessa. Una quotidianità che si<br />

occupa, come già dicevo, <strong>del</strong>lo spazio, <strong>del</strong>le questioni prossemiche,<br />

la dimensione <strong>del</strong>la distanza e <strong>del</strong>la vicinanza. Noi partiamo dall‟idea<br />

che un paziente in coma è un paziente attivo con cui stabilire<br />

unrapporto, che lo può favorire la profondità <strong>del</strong> suo coma, oppure<br />

il suo risveglio (è in questo senso che si sviluppano tecniche di<br />

«libidininazzione secondaria» su cui non posso qui entrare nel<br />

dattaglio). E le vicinanze, quando toccare il malato quando non<br />

toccarlo, che senso dare al contatto, alla profondità <strong>del</strong> «Takt»<br />

ferencziano; il tatto dunque che è qualcosa che lega il contatto, la<br />

vicinanza con la temporalità, il ritmo di quella vicinanza all‟Altro e<br />

all‟Altrove. Questa preoccupazione sul contatto, sul tatto costituisce<br />

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