LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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27.05.2013 Views

di un ferita, di una mancanza o quello che svela una carenza. Il trauma è questo aumento della pulsione che rompe la paraeccitazione, mentre la ferità è in realtà qualche cosa che agisce come elemento di scissione funzionale e/o strutturale dell‟apparato psichico, mentre la carenza è una lacerazione che sottrae, cancella definitivamente una parte di Sé... Allora sapere dove il colpo che viene dall‟esterno, penso per esempio a un incidente stradale, produce il suo effetto e quale grado di distruzione dell‟apparato psichico lascia dietro di sé è decisivo sul piano diagnosticoprognostico e sul piano della valutazione più tardiva di tutta quella grande patologia che è la patologia post-traumatica. Dunque cosa capita al nostro apparato psichico quando un colpo viene a interromperne la continuità? L‟apparato psichico, come metafora di una riverberazione tra il Sé e il mondoattraversato dalle correnti pulsionali e dalla fisicità del reale, funziona finché da qualche parte proprio questa continuità di tempo, di spazio e di riferimento a sé è garantita: se ciò viene interrotto, si spegne nello stesso tempo la possibilità stessa di autorigenerazione dello apparato psichico. Il risveglio post-coma di un soggetto che non trova l‟Altro nella accoglienza della cura, pronto a risvegliare contemporaneamente proprio per la sua eccentricità quel mondo psichico sommerso, obbliga ciò che rimane dell‟Io a conservare a circolo vizioso il lutto del narcisismo primario in una sorta di positività autarchica robotizzante o a rimetterlo in scena costantemente. La positività robotizzante e funzionale è la corazza di un narcisismo seducente mai abbandonato e mai vissuto nell‟apertura al mondo. È la dislocazione dell‟Io nascente nello specchio dell‟Altro (il curante, il parente) che è fondante qui di una apertura della coscienza, che si appoggi su una nuova respirazionerianimazione preconscia, la condizione perché il soggetto trovi nuovamente il mondo e il senso della sua identità. Ricoeur parla a questo proposito di due significati diversi della identità; l‟identità in quanto «idem» permanente nel tempo e quella in quanto «ipse» capace di metamorfosi, di differenza. L‟ipseità non è fondata una volta per tutte ma necessita della testimonianza dell‟Altro. È di questa seconda dimensione della identità che il lavoro del post-coma 288 298299

deve farsi carico, quando la funzione anti-catastrofica dell‟ «idem» ha smesso al risveglio la sua funzione di estrema conservazione e protezione del sé. 11. E allora come possiamo partecipare al lavoro di ricostituzione della «ipseità» del soggetto? Partecipare a quel dinamismo attivo che il processo del coma e del risveglio contiene. Da che cosa sia determinato questo dinamismo è problemairrisolto, tuttavia forze contrapposte come in battaglia si scatenano nella vicinanza del risveglio, mettendo in scena qualche cosa che frena e qualche cosa che spinge fuori da quella notte. Ci si accorge infatti al letto del malato che qualche cosa impedisce il risveglio e qualche cosa invece lo suscita. È a questa battaglia che partecipano gli attori della scena intensiva e la loro «machine à soigner». Una macchina e una voce che lavora con alcuni e fondamentali parametri di cura che chiamiamo «soft»: l‟équipe come «apparato psichico gruppale» (Kaès), come mente esterna al paziente in coma, la «libidinizzazione secondaria», la riscostituzione di una sorta di «Gestalt temporospaziale» di accoglienza, le dimensioni protetiche dell‟Io gruppale, le «funzioni placentarie, ombelicali, marsupiali, di transito dello spazio di cura» (Martignoni), la sollecitazione sensoriale guidata, la narrazione di cui si diviene nella relazione terapeutica garanti e memoria,ecc... In questo ambito abbiamo avuto una serie di esperienze importanti nelle quali la sollecitazione – in questa particolare fase di passaggio – di tracce mnestiche, che sembravano cancellate, stimolavano il dinamismo del risveglio (penso alla ricerca di melodie, di profumi che potessero significare qualcosa nella soggettività e nella storia emozionale del paziente, alla presenza costante dei parenti, alla sensorialità corporea, ecc.). Si è data allora importanza e senso agli spazi, alla luce, al contatto tattile, alla sollecitazione acustica, allo stimolo odoroso (si sa quanto arcaico sia l‟olfatto), si è cominciato a garantire un tessuto minimo di vita, una rete di comunicativa (anche quando il paziente non può ancora 289 299300

deve farsi carico, quando la funzione anti-catastrofica <strong>del</strong>l‟ «idem»<br />

ha smesso al risveglio la sua funzione di estrema conservazione e<br />

protezione <strong>del</strong> sé.<br />

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E allora come possiamo partecipare al lavoro di ricostituzione<br />

<strong>del</strong>la «ipseità» <strong>del</strong> soggetto? Partecipare a quel dinamismo attivo che<br />

il processo <strong>del</strong> coma e <strong>del</strong> risveglio contiene. Da che cosa sia<br />

determinato questo dinamismo è problemairrisolto, tuttavia forze<br />

contrapposte come in battaglia si scatenano nella vicinanza <strong>del</strong><br />

risveglio, mettendo in scena qualche cosa che frena e qualche cosa<br />

che spinge fuori da quella notte. Ci si accorge infatti al letto <strong>del</strong><br />

malato che qualche cosa impedisce il risveglio e qualche cosa invece<br />

lo suscita. È a questa battaglia che partecipano gli attori <strong>del</strong>la scena<br />

intensiva e la loro «machine à soigner». Una macchina e una voce<br />

che lavora con alcuni e fondamentali parametri di cura che<br />

chiamiamo «soft»: l‟équipe come «apparato psichico gruppale»<br />

(Kaès), come mente esterna al paziente in coma, la «libidinizzazione<br />

secondaria», la riscostituzione di una sorta di «Gestalt temporospaziale»<br />

di accoglienza, le dimensioni protetiche <strong>del</strong>l‟Io gruppale, le<br />

«funzioni placentarie, ombelicali, marsupiali, di transito <strong>del</strong>lo spazio<br />

di cura» (Martignoni), la sollecitazione sensoriale guidata, la<br />

narrazione di cui si diviene nella relazione terapeutica garanti e<br />

memoria,ecc... In questo ambito abbiamo avuto una serie di<br />

esperienze importanti nelle quali la sollecitazione – in questa<br />

particolare fase di passaggio – di tracce mnestiche, che sembravano<br />

cancellate, stimolavano il dinamismo <strong>del</strong> risveglio (penso alla ricerca<br />

di melodie, di profumi che potessero significare qualcosa nella<br />

soggettività e nella storia emozionale <strong>del</strong> paziente, alla presenza<br />

costante dei parenti, alla sensorialità corporea, ecc.). Si è data allora<br />

importanza e senso agli spazi, alla luce, al contatto tattile, alla<br />

sollecitazione acustica, allo stimolo odoroso (si sa quanto arcaico sia<br />

l‟olfatto), si è cominciato a garantire un tessuto minimo di vita, una<br />

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