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LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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7.<br />

Torniamo ora, dopo avere affrontato alcuni assi di riferimento per<br />

pensare ad una «cura <strong>del</strong> risveglio», al racconto iniziale. Parlavo<br />

nell‟incipit di questo testo <strong>del</strong>la mia esperienza come psicanalista in<br />

un ambito così particolare da renderla di per sé stessa già una<br />

presenza eccentrica. Una eccentricità che partecipa alla<br />

«lateralizzazione» <strong>del</strong>lo sguardo clinico e che mette in moto una<br />

sorta di attenzione da parte dei curanti a fenomeni e a osservazioni,<br />

di cui prima aveva solo diffusa percezione. Bisogna dire cheun<br />

reparto di cure intensive ha un insieme di problemi, legati a volte allo<br />

stress, altre alla rotazione <strong>del</strong> personale o all‟assenteismo (che però<br />

nel nostro caso non si realizzava) in relazione alla specifica<br />

esperienza di una struttura esposta in maniera forte a un lavoro di<br />

grande intensità, un lavoro che ha una sua temporalità particolare,<br />

che è il tempo veloce, che vive nell‟urgenza <strong>del</strong>le «macchine che<br />

suonano».<br />

Se qualcuno di voi avesse un‟esperienza di vita o di conoscenza,<br />

fosse anche indiretta, di un reparto di rianimazione o di cure<br />

intensive, capirebbe che cosa significa un luogo in cui<br />

apparentemente il tempo si arresta e assume un‟altra temporalità, che<br />

è il tempo <strong>del</strong>la macchina che suona, dei monitoraggi. Il<br />

monitoraggio è questa grande apparecchiatura che domina tutto il<br />

reparto di cure intense e attraverso il quale si ha un occhio, uno<br />

sguardo su quello che avviene in questo reparto. Reparto in cui c‟è<br />

un rischio di morte importante, e in cui vi è un turn-over dei pazienti<br />

veloce, che porta a un problema di legami e di rotture, di<br />

riconoscimenti e di separazioni e quindi di avvicinamenti e di<br />

allontanamenti affettivi dai pazienti sottoposto ad un ritmo spesso<br />

molto intenso. Lo stesso ritmo che coinvolge i curanti obbligandoli<br />

ad un lavoro psichico spesso inconsapevole continuo e doloroso.<br />

Nell‟ambito di questo centro di cura, ed è da qui che io vorrei<br />

partire, abbiamo condotto (i risultati finali non sono ancora definiti)<br />

uno studio sui pazienti, che hanno subito un coma traumatico e che<br />

hanno attraversato in modo perlopiù positivo (sul piano <strong>del</strong>la<br />

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