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LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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La cura <strong>del</strong> dolore e la sensibilità ad una æconomia mortis come<br />

parte non rimovibile dalla cura, che prende su di sé in quei momenti<br />

di radicale incertezza, in quella «stagione degli addii» o per il<br />

risveglio in quella «stagione dei ritorni», tutta la complessità<br />

creaturale <strong>del</strong>la esistenza <strong>del</strong> soggetto e la dimensione animique,<br />

come scrive Flournoy, <strong>del</strong>la relazione di ascolto e di aiuto, così da<br />

permettere alla vita psichica inconscia e a quella spirituale <strong>del</strong><br />

paziente di nuovamente,forse diversamente, vivere, di ritrovare il<br />

filo interrotto <strong>del</strong>la sua esistenza e <strong>del</strong>la sua storia. Un ritrovamento<br />

che è un ridare senso enigmatico come all‟origine all‟incontro e alla<br />

presenza <strong>del</strong>l‟Altro nuovamente riconosciuto, o preso dentro la trama<br />

<strong>del</strong> «doppio», che sempre, dalle rappresentazioni esemplari <strong>del</strong>la<br />

tragedia greca sino alle raffigurazioni dei pazienti leucemici e postcomatosi,<br />

accompagna fuori dalla desolazione senza parole e senza<br />

memoria, che il dolore <strong>del</strong> corpo aveva prodotto, verso i territori<br />

<strong>del</strong>la mente […]. La cura <strong>del</strong>l‟area critica pone dunque una diversa<br />

«scena» <strong>del</strong>l‟incontro e <strong>del</strong>l‟atto terapeutico, come «messa in scena»<br />

di una sorta di «campo terapeutico triangolare» vivente e complesso<br />

tra malato, curante e quadro <strong>del</strong>la cura. Un «campo terapeutico» e<br />

una «triangolazione» attraverso cui leggere e orientare ciò che<br />

avviene nella cura in cui corpo, mente e asse relazionalecomunicativo<br />

non risultino parti separate e artificialmente sezionate<br />

nel soggetto che cura e nel soggetto che è curato, stabilendo così una<br />

diversa «topologia» <strong>del</strong>lo spazio terapeutico (<strong>del</strong> reparto, per<br />

esempio...); uno spazio non più dunque inteso come sfondo muto e<br />

dato ma come «luogo» <strong>del</strong>la intersoggettività e degli eventi<br />

terapeutici dinamico e in «costruzione». Un «luogo» ove la malattia,<br />

la famiglia e l‟équipe curante partecipino ad un unico copione a più<br />

voci, divenendo una sorta di «contenitori scenici» <strong>del</strong>le figure<br />

esistenziali e <strong>del</strong>la singolarità dei diversi partecipanti <strong>del</strong>la «scena<br />

intensiva e critica», in cui possa circolare un significante affettivo e<br />

rappresentativo come possibilità di riconoscimento reciproco e di<br />

scambio. È come se dietro la questione di questa «relazione<br />

triangolare» si nascondesse così non solo uno dei temi più<br />

significativi <strong>del</strong>l‟approccio critico, ma qualcosa che più<br />

profondamente può arricchire e forse inquietare il dispositivo<br />

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