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LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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eventi producono inevitabili «crepe epistemologiche» dentro il<br />

sapere conosciuto. Risveglio dunque, che è rinascita, ritorno alla<br />

coscienza <strong>del</strong> mondo in cui è ancora possibile dire «Io» sottraendolo<br />

alla «seduzione biologica» di quella «infinita notte». È il tempo <strong>del</strong><br />

post-coma, fuori da un mondo senza parole, senza memoria, forse<br />

senza sogni (come se per poter sognare fosse comunque necessario<br />

lasciare aperte le vie che ti legano al mondo <strong>del</strong>la vita e ai teatri<br />

interiori <strong>del</strong>la tua mente). E proprio quelle vie che il coma sembra<br />

interrompere, segregando forse in una sorta di «cripta» protetta ma<br />

lontana, ciò che di quell‟Io travolto dall‟evento traumatico può essere<br />

salvaguardato, a garanzia <strong>del</strong>la continuità dei processi psichici<br />

inconsci. Come ricostruire allora vie e sentieri alla vita, capaci di far<br />

rinascere da quella zona protetta, lontana e smarrita un Io in grado di<br />

progressivamente ritrovarsi nel mondo, nel corpo proprio e nella<br />

mente, un Io confrontato di nuovo, quasi fosse una nuova nascita alla<br />

soggettivazione, con la sua origine e l‟eccentricità relazionale di<br />

quella origine? È il tempo lungo <strong>del</strong> post-coma che subisce<br />

contemporaneamente la seduzione inarrestabile e l‟orrore di quella<br />

interruzione di Sé; è il tempo nuovamente <strong>del</strong> sogno che collega i<br />

diversi mondi <strong>del</strong>la vita contro il tempo in cui come per Machtbeh il<br />

sogno era stato ucciso. Contro l‟ansia di rimanere cosi sempre<br />

insonni e vigili, un tempo nuovamente <strong>del</strong>la dimenticanza e <strong>del</strong>la<br />

memoria.<br />

Questo è il racconto di un ascolto che necessita diqualche<br />

premessa generale che lo possa correttamente collocare nell‟ambito<br />

clinico in cui si è realizzato. Qualche anno fa da psicoanalista iniziai<br />

a collaborare con un collega responsabile di un Centro di cure<br />

intensive nella conduzione di gruppi Balint all‟interno <strong>del</strong>la sua<br />

équipe di lavoro. Subito mi sorprese e mi incuriosì il luogo. Entrai in<br />

questo spazio, che è lo spazio <strong>del</strong>le cure intensive, spazio ad alta<br />

tecnologia, le cui problematiche non conoscevo direttamente e che da<br />

qualche parte sentivo anche piuttosto estranee. Uno spazio che<br />

oscilla tra la necessità e la pesantezza <strong>del</strong>la «macchina» e la<br />

leggerezza <strong>del</strong>la «voce». Questa fu l‟occasione. Da lì nacque una<br />

collaborazione più ampia e un interesse specifico sopprattutto<br />

nell‟ambito <strong>del</strong> trattamento «soft» <strong>del</strong> coma.<br />

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