LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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27.05.2013 Views

«alienazione mentale» sono state ripartite fra gli istituti di pubblica assistenza e i manicomi senza altri criteri che non fossero quelli della «convenienza», nell‟accezione più ampia del termine, e della concreta disponibilità e accessibilità delle strutture. La sola discriminante «legale» è quella del comportamento accertato al momento del ricovero, mentre quello successivo è del tutto irrilevante; la forma coatta era peraltro possibile solo presso il manicomio. Lo stato di «agitazione», spesso invocato per documentare il grado di «pericolosità», portava di solito al ricovero in manicomio, nel «reparto agitati» appunto, mentre l‟esistenza di una compromissione plurima, e in particolare di «deformità», conduceva, se possibile, all‟istituto, indipendentemente dalla valutazione della condizione psichica. Ininfluente è invece la diagnosi clinica in senso stretto, che viene sì annotata al momento del ricovero, ma non viene poi più rivista e aggiornata per i decenni successivi, se non per gli aspetti comportamentali. Del resto, poiché gli obiettivi non sono né la guarigione né la cura, non è la patologia che interessa, ma soltanto la valutazione del grado di compatibilità del soggetto con il contesto familiare e sociale prima, con la struttura poi. Sta di fatto, ed è quello che in questa sede interessa evidenziare, che la distribuzione in buona parte casuale dei ricoveri ha determinato il sorgere e il consolidarsi di due distinte categorie di malati, individuate e definite non su basi nosologiche, ma innanzitutto in relazione al luogo di ricovero: la categoria dei «matti» e quella di coloro che oggi sono chiamati «handicappati psichici». Di tale distinzione, fondata sul comportamento e sulla presenza o meno di compromissioni plurime, si trova ancora oggi ampia traccia nel gergo corrente anche tra gli stessi addetti ai lavori, ove ricorrono frequentemente le espressioni «soggetto da ospedale psichiatrico», piuttosto che «soggetto da istituto». Vale la pena di sottolineare ancora una volta chel‟impianto legislativo di cui abbiamo fin qui tracciato i contorni ha retto senza modifiche di sorta per oltre settant‟anni e è sopravvissuto per trent‟anni all‟entrata in vigore della Costituzione: c‟è stato dunque 250 257258

tutto il tempo perché si consolidassero una mentalità, una cultura e anche interessi pubblici e privati. 4. DAL «MANICOMIO» ALL‟«OSPEDALE PSICHIATRICO» Occorre sia pur brevemente evidenziare ancora un passaggio, prima di giungere alle leggi che regolano oggi le aree della malattia mentale e dello handicap: è la trasformazione dei manicomi in «ospedali psichiatrici». L‟operazione viene compiuta con la Legge 18 marzo 1968, n.431 «Provvidenze per l‟assistenza psichiatrica». Il titolo è curioso, e soprattutto il termine «provvidenze» induce a ricercare un beneficiario, un «chi ne trae vantaggio». Scorrendo la nuova legge, ci si accorge che essa non abroga o sostituisce la L. n. 36/1904, ma ne modifica solo alcune parti. La nuova normativa interviene a innovare l‟organizzazione interna dei manicomi, che assumono la denominazione ufficiale di «Ospedali Psichiatrici», per assimilazione a quella degli «Ospedali Civili», anch‟essi appena istituiti, definiti e classificati con una legge-quadro di poco anteriore, la n.130 del 12 febbraio 1968, allora nota comunemente come «Legge Mariotti». Nell‟ospedale psichiatrico, al direttore, sempre più onnipotente perché sempre più svincolato da ogni rapporto reale di dipendenza e controllo, si aggiungono i primari, gli aiuti e gli assistenti: il nuovo modello riorganizza l‟esistente introducendo una struttura piramidale articolata per reparti, di solito coincidenti con i padiglioni, e apre possibilità codificate di carriera per i medici. Viene invero abrogato l‟obbligo di annotazione dei provvedimenti di ricovero nel casellario giudiziario, ma si tratta di un aspetto di poco conto, perché viene contemporaneamenteintrodotto l‟obbligo di «segnalazione» all‟autorità di pubblica sicurezza. Più interessante, almeno sul piano delle aspettative, era proprio l‟uso del termine «ospedale» e il nuovo significato attribuitogli, anche sul piano formale, in connessione con le altre strutture di tipo ospedaliero. La malattia mentale diveniva questione sanitaria, non più di ordine pubblico, con un luogo di cura a essa deputato. Sembrava essere una scelta di campo decisa, 251 258259

«alienazione mentale» sono state ripartite fra gli istituti di pubblica<br />

assistenza e i manicomi senza altri criteri che non fossero quelli <strong>del</strong>la<br />

«convenienza», nell‟accezione più ampia <strong>del</strong> termine, e <strong>del</strong>la<br />

concreta disponibilità e accessibilità <strong>del</strong>le strutture. La sola<br />

discriminante «legale» è quella <strong>del</strong> comportamento accertato al<br />

momento <strong>del</strong> ricovero, mentre quello successivo è <strong>del</strong> tutto<br />

irrilevante; la forma coatta era peraltro possibile solo presso il<br />

manicomio. Lo stato di «agitazione», spesso invocato per<br />

documentare il grado di «pericolosità», portava di solito al ricovero<br />

in manicomio, nel «reparto agitati» appunto, mentre l‟esistenza di<br />

una compromissione plurima, e in particolare di «deformità»,<br />

conduceva, se possibile, all‟istituto, indipendentemente dalla<br />

valutazione <strong>del</strong>la condizione psichica. Ininfluente è invece la<br />

diagnosi clinica in senso stretto, che viene sì annotata al momento<br />

<strong>del</strong> ricovero, ma non viene poi più rivista e aggiornata per i decenni<br />

successivi, se non per gli aspetti comportamentali. Del resto, poiché<br />

gli obiettivi non sono né la guarigione né la cura, non è la patologia<br />

che interessa, ma soltanto la valutazione <strong>del</strong> grado di compatibilità<br />

<strong>del</strong> soggetto con il contesto familiare e sociale prima, con la struttura<br />

poi.<br />

Sta di fatto, ed è quello che in questa sede interessa evidenziare,<br />

che la distribuzione in buona parte casuale dei ricoveri ha<br />

determinato il sorgere e il consolidarsi di due distinte categorie di<br />

malati, individuate e definite non su basi nosologiche, ma<br />

innanzitutto in relazione al luogo di ricovero: la categoria dei «matti»<br />

e quella di coloro che oggi sono chiamati «handicappati psichici». Di<br />

tale distinzione, fondata sul comportamento e sulla presenza o meno<br />

di compromissioni plurime, si trova ancora oggi ampia traccia nel<br />

gergo corrente anche tra gli stessi addetti ai lavori, ove ricorrono<br />

frequentemente le espressioni «soggetto da ospedale psichiatrico»,<br />

piuttosto che «soggetto da istituto».<br />

Vale la pena di sottolineare ancora una volta chel‟impianto<br />

legislativo di cui abbiamo fin qui tracciato i contorni ha retto senza<br />

modifiche di sorta per oltre settant‟anni e è sopravvissuto per<br />

trent‟anni all‟entrata in vigore <strong>del</strong>la Costituzione: c‟è stato dunque<br />

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