LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero
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ingiallirono altri mortali», da «gente lieta, normalmente generata»,<br />
«materia grezza» per l‟opera <strong>del</strong>l‟eletto, che vi desta «lo stupore e<br />
l‟ammirazione come oracolo apostolico e doctor mellifluus» [18]<br />
esercitandovi la sua facoltà di «sciogliere e di legare». Gregorio<br />
papa, come il Mosè de La legge, che scolpisce penosamente nella<br />
pietra la legge, dopo aver fissato pochi segni accessibili a tutti, così<br />
che tale legge sia universalmente valida e che dovrà scalpellare come<br />
materia rozza anche il suo popolo. Gregorio come Mosè, che non si<br />
pente <strong>del</strong> suo peccato, né <strong>del</strong> peccato <strong>del</strong> padre, non se ne disgusta,<br />
non fa penitenza diun errore nel suo desiderio, ma che si limita a<br />
sostituirvi un «non devi»: «Uccidere è dolce – dice il Mosè di Mann<br />
– ma aver ucciso è tremendo; perciò tu non devi uccidere». [19]<br />
Anche qui il peccato come condizione di elezione, ma senza<br />
penitenza, solo senso di colpa. Gregorio come il Giuseppe di<br />
Giuseppe e i suoi fratelli, col suo progetto perverso di un progressivo<br />
disincarnarsi e di un congedo dalla corporeità e dai sessi.<br />
Dio e diavolo nella chiesa di cui Gregorio è l‟eletto a pontefice<br />
coincidono: è Dio stesso il principe <strong>del</strong> peccato, che invidiando al<br />
figlio l‟eredità <strong>del</strong> regno, invidiando il rapporto di beneficio che il<br />
figlio potrebbe istituire con esso, istituisce tutti gli atti <strong>del</strong> figlio<br />
come peccati di incesto, ossia come atti compiuti, in suo nome, in<br />
nome cioè di un‟astrazione, nei rapporti con i fratelli, senza, anzi<br />
contro un loro individuale principio di beneficio. Partito dall‟idea di<br />
un padre che lo ha escluso dai rapporti con gli altri uomini, che non<br />
gli ha lasciato in eredità il regno perché sovranamente ne godesse,<br />
instaurandovi autonomamente le sue relazioni, non può che restarvi<br />
legato, aspirando al massimo, e grazie a una lunga, ascetica,<br />
penitenza, senza critica <strong>del</strong> peccato, a diventarne l‟eletto come suo<br />
vicario in terra, per «sciogliere e legare» in suo nome e non per il<br />
proprio autonomo beneficio.<br />
«L’eletto – scrive Mann nel 1953 [20] – è un‟opera tarda, in ogni<br />
senso, non solo per gli anni <strong>del</strong> suo autore, ma come prodotto di una<br />
tarda epoca che gioca, usandole, con le onorate antiche forme di una<br />
lunga tradizione. Amor fati – io non ho nulla in contrario a essere<br />
qualcuno arrivato tardi, un ultimo, uno che conclude e chiude, e non<br />
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