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LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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nell‟oscura speranza, quasi nella fiducia, che verità e serenità di<br />

forma abbiano efficacia liberatrice sull‟anima e valgano a preparare<br />

il mondo a un‟esistenza migliore, più bella, più legata allo spirito».<br />

[7]<br />

È Grimaldo, novello Re Lear, padre di Sibilla e Wiligis, i due<br />

gemelli da cui nasce Gregorio, il capostipite di questa genealogia di<br />

invidiosi, in cui la grandezza e la dignità, le doti <strong>del</strong>l‟uno sono lì<br />

soltanto per inibire il moto <strong>del</strong>l‟altro, per bloccarlo in un rapporto<br />

immobile e mortifero. «Helas – egli dice alla figlia – propizio è il<br />

tempo <strong>del</strong>la giovinezza: esso ti fa fiorire ogni giorno più dolcemente,<br />

ma noi vecchi ci rende sempre più brutti, ci porta via i capelli dalla<br />

testa e cenere sparge sulla nostra barba. Sì, sì, la vecchiaia deve<br />

vergognarsi davanti alla gioventù, perché è ripugnante. Ma, pourtant,<br />

dignità vale bellezza e tu, carissima, non puoi dimenticare che<br />

Grimaldo è tuo padre, a cui devi tenero affetto e molta gratitudine<br />

perché egli ti ha messo al mondo». [8] <br />

L‟eletta è nel romanzo di Mann anzitutto una donna. Non può non<br />

venire qui in mente la passione senile di Gustav Aschenbach per il<br />

giovane Tadzio <strong>del</strong> racconto Morte a Venezia, <strong>del</strong> 1913. Anche qui,<br />

da una parte la dignità, in questo caso di una perfezione artistica<br />

conseguita con sforzo ascetico, dall‟altra una bellezza da Narciso<br />

incapace di farsi oggetto <strong>del</strong>l‟investimento da parte di un altro.<br />

È totalmente assente in Grimaldo l‟idea di una dissimmetria nei<br />

confronti <strong>del</strong>la figlia che gli consenta di pensarla anzitutto come<br />

erede <strong>del</strong> regno, e solo come tale poi propria possibile compagna.<br />

Non può quindi pensare sé stesso, in quanto individuo e non più in<br />

quanto padre, come uno tra gli altri nel regno ereditato dalla figlia,<br />

uno <strong>del</strong>l‟universo dei pretendenti <strong>del</strong>la figlia cioè, per guardare a lei<br />

a sua volta come a una tra le altre nel regno <strong>del</strong>le possibili<br />

pretendenti per sé. E la mancanza di quello statuto giuridico che<br />

permetta a un figlio di concepirsi anzitutto come erede <strong>del</strong> regno nei<br />

confronti degli altri figli, godenti <strong>del</strong>lo stesso statuto, fa sì che essi<br />

restino puramente dei fratelli, uguali tra loro, con un padre <strong>del</strong> resto<br />

ridotto lui stesso a fratello, per quanto grande. Dei fratelli tra i quali<br />

non è ammissibile nessun criterio di preferenza in base al giudizio di<br />

ciascuno sul proprio beneficio, tra i quali anzi il segno di preferenza<br />

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