LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero
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Non esiste angoscia di morte, ma solo angoscia di vita: angoscia, perché senza conclusione pensabile o ammissibile nel tempo e sul tempo. Il concetto di pulsione di morte è anche quello della pensabilità dell‟intero tempo di vita, in tutte le sue vicissitudini, come un solo tempo, cioè come il tempo di un solo movimento o moto (del corpo), in più tempi. “Pulsione di morte” significa anche: che universo – condizione della soddisfazione: “tutti per uno” – sia fatto! in virtù di un disegno d‟altra fonte, sapendo che non sono da ciò le proprie penne, e quanto più sono buone penne. È questo l‟aldilà di quel principio di piacere [47] che è già aldilà: il compimento, per-fezionamento dell‟universo, quello di cui ho già competenza senza avere competenza quanto alla sua coerenza, semplicemente perché non sono io quell‟uno che dà Costituzione alla facoltà di tutti di essere per uno. La parola “coerenza” merita un arricchimento. La coscienzapatologica è ridondante dell‟autoaccusa di incoerenza. Essa trascura di confessare ciò che è sotto gli occhi, ossia che essa è ferrea proprio nella sua coerenza patologica: la patologia “non sbaglia un colpo”, e in piena coscienza come si vede bene nel fatto che quando le si rivolgono obiezioni si ottengono repliche avvedutissime quanto al mantenere intatta la coerenza patologica (fortunatamente non è la coscienza a fare la legge, che nel soggetto è memoria, e questa interrompe la coerenza patologica con l‟irruzione di felici incoerenze quali lapsus, sogni, sintomi, fino alla dolorosa incoerenza dell‟angoscia). La patologia non cede mai le armi: in essa il tempo infinito è il tempo del mai (mai accadere). [48] “Pulsione di morte” è la conformazione del pensiero quando ha compiuto la sola rinuncia degna di essere promossa: la rinuncia, in vita, e vitale, al dispotismo sulla vita, quello che è matrice di tutte le rinunce. Ecco perché coincide con la guarigione. Allora un soggetto non dovrà più accusarsi di incoerenza: semplicemente, riconoscerà che il potere di coerenza è aldilà del proprio potere, e che l‟autoaccusa di incoerenza era espressione di una volontà dispotica, con la solita maschera di una insultante umiltà. 22 2728
“La vita” cessa allora di figurare asservita allo schema tirannico [49] di un ciclo, o parabola naturale, troppo ovvio, quello di infanzia/giovinezza e maturità/vecchiaia e morte. [50]E i termini temporali mutano, diventando quelli di maturità iniziale(della legge)/crisi (sempre disponibile a determinati destini patologici/salute o guarigione (perfezionamento della facoltà di giudizio, nuovo rapporto con il tempo di vita o “pulsione di morte”). L‟infantilismo cessa di essere asserito come una proprietà dell‟infanzia (il che è manifestamente falso) e si presenta per quello che effettivamente è, una patologia dell‟adulto, e di cui l‟adulto contamina anche i bambini. È tra i due aldilà che si svolge la vita (ma la metafora dello svolgimento, o del filo, è già un errore: non si tratta di svolgimento, bensì di moto concludente). Si riprenda lo schema precedente: I II III IV 1° aldilà crisi 2° aldilà morte Ha ragione Freud a dedurre che, posto come primo termine il principio di piacere (cioè il primo aldilà, il corpo preso nella legge di moto iniziale), l‟aldilà di esso – “aldilà del principio di piacere”, jenseits des Lustprinzips – è, non la morte, ma un perfezionamento della legge di moto (“pulsione” significa legge di moto) che, possiamo dire, fa giustizia premortale della morte nel momento in cui la assume (“pulsione di morte”). Un assumerla che coincide con un giudizio sulla morte: la morte – tanto quanto il tempo infinito – non ha voce in capitolo quanto a senso della vita, cioè del moto. Non nella morte bensì nella pulsione di morte è vero il detto antico: “Muore giovane chi è caro agli dei” (cioè quanto più breve è l‟intervallo I-III, e quale che sia la durata dell‟intervallo III-IV). Lo sviluppo di ciò ci riporterebbe a ciò che diciamo delle “due Città”. Riferito alla questione della salute (salus) in ogni significato – e alla salute come avvenimento, e non come ripristino di un modello iniziale, perché l‟inevitabile passaggio per la crisi della legge domanda l‟avvento di una soluzione nuova, aldilà -, il soggetto passa a riconoscere la propria esperienza come ripartita, non tra una 23 2829 2930
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Non esiste angoscia di morte, ma solo angoscia di vita: angoscia,<br />
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Il concetto di pulsione di morte è anche quello <strong>del</strong>la pensabilità<br />
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in più tempi.<br />
“Pulsione di morte” significa anche: che universo – condizione<br />
<strong>del</strong>la soddisfazione: “tutti per uno” – sia fatto! in virtù di un disegno<br />
d‟altra fonte, sapendo che non sono da ciò le proprie penne, e quanto<br />
più sono buone penne. È questo l‟aldilà di quel principio di piacere<br />
[47] che è già aldilà: il compimento, per-fezionamento <strong>del</strong>l‟universo,<br />
quello di cui ho già competenza senza avere competenza quanto alla<br />
sua coerenza, semplicemente perché non sono io quell‟uno che dà<br />
Costituzione alla facoltà di tutti di essere per uno.<br />
La parola “coerenza” merita un arricchimento. La<br />
coscienzapatologica è ridondante <strong>del</strong>l‟autoaccusa di incoerenza.<br />
Essa trascura di confessare ciò che è sotto gli occhi, ossia che essa è<br />
ferrea proprio nella sua coerenza patologica: la patologia “non<br />
sbaglia un colpo”, e in piena coscienza come si vede bene nel fatto<br />
che quando le si rivolgono obiezioni si ottengono repliche<br />
avvedutissime quanto al mantenere intatta la coerenza patologica<br />
(fortunatamente non è la coscienza a fare la legge, che nel soggetto è<br />
memoria, e questa interrompe la coerenza patologica con l‟irruzione<br />
di felici incoerenze quali lapsus, sogni, sintomi, fino alla dolorosa<br />
incoerenza <strong>del</strong>l‟angoscia). La patologia non cede mai le armi: in essa<br />
il tempo infinito è il tempo <strong>del</strong> mai (mai accadere). [48]<br />
“Pulsione di morte” è la conformazione <strong>del</strong> pensiero quando ha<br />
compiuto la sola rinuncia degna di essere promossa: la rinuncia, in<br />
vita, e vitale, al dispotismo sulla vita, quello che è matrice di tutte le<br />
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non dovrà più accusarsi di incoerenza: semplicemente, riconoscerà<br />
che il potere di coerenza è aldilà <strong>del</strong> proprio potere, e che<br />
l‟autoaccusa di incoerenza era espressione di una volontà dispotica,<br />
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