LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero
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in senso proprio, non è pensabile una meta soddisfacente indipendente da una norma di soddisfazione. Se quest‟ultima non ci fosse non inizierebbe neppure il moto verso la meta. [9] Se ciò che muove l‟uomo (il riferimento è al concetto di pulsione, secondo il lessico psicoanalitico) è meno potente, in quanto forza, dell‟istinto (animale), da un altro punto di vista lo è molto di più, perché, per dare inizio al moto umano, è necessario il pensiero. [10] Per lo psicotico, per il folle non è più pensabile una legge del moto che si proponga la soddisfazione reale, nella realtà, perché è la realtà psichica a fare difetto. Non è un caso che un termine della tradizione psichiatrica come afinalismo, e più precisamente affaccendamento afinalistico, abbia perso d‟importanza, mentre potrebbe mantenere una sua utilità. Questo termine della semeioticapsichiatrica descrive per esempio ciò che accade quando, in maniera ripetitiva e stereotipata, la persona che vi sta parlando di sé svuota accuratamente la propria borsa, guardando senza particolare attenzione ogni oggetto che estrae, per poi riordinare questi oggetti senza un criterio rilevabile, e senza alcun nesso con la situazione, con il dialogo con voi. Fenomeni del genere, con un significato psicopatologico ben più rilevante, sono facilmente evidenziabili nelle situazioni definite, troppo comodamente, «agitazione psico-motoria» nel corso di episodi psicotici acuti. Il termine afinalismo ha perso d‟importanza per l‟avanzare delle teorie perverse che rifiutano praticamente il concetto di una finalità dell‟agire umano. È sufficiente rammentare l‟esempio delle teorie psicologiche che privilegiano il comportamento censurando il concetto di moto; in esse infatti il concetto di meta diviene irrilevante nel definire il modello comportamentale in esame. Simili alle teorie comportamentali sono quegli atteggiamenti, diffusi nella vita quotidiana, che rifiutano di riconoscere l‟esistenza di mete raggiungibili degne dell‟uomo e che rinunciano perciò a ogni vera ambizione [11] in quanto considerata come illusoria e tipica dell‟adolescenza. Ovviamente non sto suggerendo di adottare il termine finalismo troppo ipotecato nella tradizione della filosofia della scienza in cui 194 195196
assume un senso aprioristico che prescinde dalla meta soddisfacente per il singolo soggetto e sembra determinare in modo aprioristico e meccanico la capacità di giudizio del singolo. Occorre tuttavia rilevare che il moto del corpo, in quanto umano, implica inevitabilmente di considerare gravemente patologico un moto afinalistico. Voglio richiamare l‟attenzione al fatto che per Freud«non può darsi... pensiero privo di rappresentazioni finalizzate», [12] privo quindi di considerazioni rappresentabili sulla meta del proprio agire. È da sottolineare inoltre che Freud affermi questo proprio a proposito del sogno, che la psicologia dominante non considera neppure tra i pensieri, e quindi tanto meno tra i pensieri dotati di finalità. Mentre il sogno è in senso proprio una forma della meta di pensiero soddisfacente. Per cogliere il concetto di perdita, di cui parliamo, è fondamentale rifarsi al concetto di atto, come è esposto nel primo volume di questo Corso. [13] L‟atto psicologico, e non solo quando è atto di parola, è istitutivo della relazione, perché una meta sia possibile con soddisfazione propria grazie al beneficio da parte dell‟Altro. La norma della soddisfazione soggettiva è innanzitutto una norma di competenza, prima che una norma di condotta. Una norma cioè che stabilisce le competenze reciproche in una partnership che mira alla soddisfazione di entrambi, anche se ciò non significa simmetria nella soddisfazione. Ciò è evidente, per esempio, nel riconoscimento della domanda del neonato, come domanda di un soggetto di desiderio. [14] È la perdita o incapacità di formulazione di questa norma, nel suo aspetto formale, quella che colpisce lo psicotico. Come ho accennato, non sono persi il sentimento e l‟affetto della soddisfazione, ma la sua pensabilità. Si potrebbe dire la pensabilità di un progetto che necessita sia dell‟eccitamento – possibile solo grazie alla memoria delle prime soddisfazioni – sia del pensiero attuale del desiderio dell‟Altro indispensabile alla soddisfazione medesima; la pensabilità quindi di una norma di competenza del propriopiacere – a questo proposito si parla in senso proprio di principio di piacere – 195 196197 197198
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assume un senso aprioristico che prescinde dalla meta soddisfacente<br />
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Voglio richiamare l‟attenzione al fatto che per Freud«non può<br />
darsi... pensiero privo di rappresentazioni finalizzate», [12] privo<br />
quindi di considerazioni rappresentabili sulla meta <strong>del</strong> proprio agire.<br />
È da sottolineare inoltre che Freud affermi questo proprio a proposito<br />
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È la perdita o incapacità di formulazione di questa norma, nel suo<br />
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