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LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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sessi: o questi entreranno nella composizione <strong>del</strong>la legge, nel<br />

secondo tempo <strong>del</strong> suo costituirsi, e allora il piacere si coniugherà<br />

come piacere sessuale, oppure essi costituiranno obiezione alla legge<br />

stessa e impediranno qualsiasi esperienza di piacere, tanto sessuale<br />

quanto di ogni altro tipo. Non esiste infatti per gli esseri umani il<br />

caso di un piacere neutro o angelico che bypassi il corpo, sempre<br />

maschile o femminile.<br />

5.5. Il piacere ha come fonte l’intero Universo<br />

Si usa dire: «Ho bevuto alla coppa <strong>del</strong> piacere», ma tale<br />

espressione richiama l‟immagine di un ambiente, di un ambito<br />

<strong>del</strong>imitato dal volume calcolabile. Nella realtà, invece, la fonte <strong>del</strong><br />

piacere è l‟Universo dei rapporti con tutti gli altri trattati dal soggetto<br />

come fonte di possibile beneficio. È il caso <strong>del</strong> bambino fino a che<br />

non viene ammalato. Il piacere è la sanzione premiale che<br />

corrisponde all‟aver realizzato nella propria esperienza di figlio la<br />

legge paterna. Una tale costituzione soggettiva fa dire al Padre: «In<br />

questo figlio mi sono compiaciuto». [28]<br />

5.6. Anche per il miscredente, il piacere è per sua natura<br />

rivelativo<br />

Sempre è «piacere di conoscerla»: per sua natura infatti il piacere<br />

rivela l‟Altro come supplemento, come condizione perché vi sia<br />

conclusione <strong>del</strong> moto in una meta, in una soddisfazione adeguata<br />

all‟eccitamento ricevuto. Dopo la prima soddisfazione, il piacere si<br />

presenta come un interrogativo con conseguenze pratiche: dati la<br />

fonte, la spinta e l‟oggetto <strong>del</strong> moto, trovare la meta, cioè la<br />

soddisfazione. Si tratta di legare i primi tre articoli grazie a una legge<br />

che non può essere interamente inventata dal soggetto: occorre vi sia<br />

il concorso di un Altro, e di un Altro non qualunque.<br />

È quanto troviamo nel linguaggio comune alla generazione dei<br />

nostri nonni, nella formula augurale «A Dio piacendo», che equivale<br />

all‟antico ottativo «Volesse il cielo!»: fra coloro che so essere<br />

implicati nell‟andare a buon fine <strong>del</strong> mio moto, io non ravviso chi<br />

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