LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

Il cristiano non è dunque mai obbligato a volere il dolore fisico per sé
stesso.
Non solo: egli si chiede anche se il cristiano debba accettare il
dolore in nome della ricerca di una perfezione più grande,
per meglio partecipare alla passione di Cristo, rinunciare al mondo [...] e
mortificare la propria carne,
e conclude che
bisogna interpretare nettamente questa propensione. ...l’uomo deve
accettare e bere il calice di dolore ogni volta che Dio lo desidera. Ma non
si deve credere che Dio lo desideri ogni volta che si presenta una
sofferenza da sopportare, quali ne siano le cause e le circostanze. Le
parole del Vangelo e il comportamento di Gesù non indicano che Dio
voglia ciò da ogni uomo e ad ogni momento, e la Chiesa non ne ha dato
questa interpretazione. [...] L’accettazione della sofferenza senza
mitigazione non rappresenta obbligo alcuno e non risponde ad una
norma di perfezione, [...] bisognerà ricordarsi che invece di contribuire
alla espiazione e al merito, il dolore può fornire l’occasione di nuove
colpe.
E così via per pagine e pagine.
È interessante seguire l‟argomentazione di Pio XII, allorché egli
esplicita i motivi che
permettono di evitare il dolore fisico senza entrare in conflitto con un
obbligo grave o con l’ideale della vita cristiana... Se ne potrebbe elencare
un gran numero; ma nonostante la loro diversità, alla fine essi si riducono
al fatto che a lungo andare il dolore impedisce il raggiungimento di beni
e di interessi superiori.
È come dire che il dolore, poiché fa male, non fa mai bene. Puro
buon senso! Se il Papa dovette intervenire su unaquestione in cui
sarebbe bastato il buon senso, significa che una gran parte della
cristianità correva il rischio di confondere dolore e masochismo:
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