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L'ORAFO - Sardegna Cultura

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ROSSANA CARCASSI<br />

L’ORAFO<br />

IL MAESTRALE


NARRATIVA


Editing<br />

Pier Francesco Fadda<br />

Grafica<br />

Nino Mele<br />

Imago multimedia<br />

© 2005, Edizioni Il Maestrale<br />

Redazione: via Monsignor Melas 15 - 08100 Nuoro<br />

Telefono e Fax 0784.31830<br />

E-mail: redazione@edizionimaestrale.com<br />

Internet: www.edizionimaestrale.com<br />

ISBN 88-89801-07-7<br />

ROSSANA CARCASSI<br />

L’orafo<br />

IL MAESTRALE


A mio padre Antonio


Non discurris nec locorum mutationibus<br />

inquietaris. Aegri animi ista iactatio est.<br />

[non vai qua e là, non ti agita il desiderio di<br />

cambiare continuamente luogo. Tale inquietudine<br />

è propria di un animo malato]<br />

Seneca, Epistulae ad Lucilium<br />

né dolcezza di figlio, né la pieta<br />

del vecchio padre, né ’l debito amore<br />

lo qual dovea Penelopè far lieta,<br />

vincer potero dentro a me l’ardore<br />

ch’i ebbi a divenir del mondo esperto<br />

Dante, Inferno XXVI, 94-98


Prologo<br />

1950<br />

Assunta teneva tra le mani la lettera. Incredula e<br />

profondamente turbata fissava quella grafia fitta e minuta.<br />

Sotto i suoi occhi i caratteri, vergati con mano<br />

malferma, si accavallavano, unendosi e danzando sinuosi<br />

come serpi nere. I passi del postino che si allontanava<br />

nella via silenziosa le riecheggiavano nella testa simili<br />

a schioppettate, e voci che provenivano dal passato,<br />

ribellandosi, le urlavano nel cuore. Si allontanò rapidamente<br />

dalla finestra poiché anche la luce intensa<br />

che baluginava sopra il foglio sottile la infastidiva. Tirò<br />

le tende e si sdraiò sul divano. Il beneficio fu immediato.<br />

Il morbido chiarore, l’atmosfera familiare del salottino<br />

e delle cose che le erano care la confortarono e le<br />

consentirono di tornare indietro nel tempo senza che il<br />

dolore riuscisse a travolgerla. Quanti anni erano trascorsi?<br />

Con una fitta ricordò l’ultima volta che quell’uomo<br />

senza dignità aveva osato rivolgersi a lei mettendola<br />

di fronte ad una scelta. Quell’uomo, suo padre,<br />

ancora una volta le chiedeva di scegliere. Chiuse gli occhi<br />

e con difficoltà ne rammentò l’aspetto. Fu come vederlo<br />

attraverso la nebbia. A questa visione della mente,<br />

imprecisa e dai contorni sfumati, si sovrappose di<br />

colpo la figura austera che, con distacco, guardava il<br />

mondo dalla foto che sua madre, malgrado quanto era<br />

accaduto, aveva tenuto per anni sul cassettone della camera<br />

da letto. Con uno sforzo di volontà si alzò e andò<br />

a frugare in quello che sua figlia chiamava il cassetto dei<br />

11


icordi: conteneva vecchie fotografie, lettere, distintivi<br />

e altro ciarpame che si era accumulato nel corso degli<br />

anni. Assunta non lo apriva da tempo, tuttavia trovò subito<br />

quella vecchia foto del padre che rimandava l’immagine<br />

di un signore distinto in abito scuro, l’orologio<br />

nel taschino del panciotto, le scarpe lucide ed un bastone<br />

da passeggio con il manico d’argento che riproduceva<br />

la testa di un levriero. La foto, ingiallita e ritoccata,<br />

era stata scattata in interno da un fotografo professionista.<br />

Quello non era l’abbigliamento usuale del babbo<br />

che, per stare in casa e lavorare, indossava abiti più<br />

semplici e pratici. Perciò Assunta era certa che lui, per<br />

posare davanti all’obbiettivo, si fosse preparato con cura<br />

scegliendo il suo vestito migliore.<br />

Sorseggiò lentamente il caffè ormai freddo e annusò<br />

l’aria ancora satura di quell’aroma gradevole. La<br />

mente vagò libera e tornò alla mattina della sua infanzia<br />

in cui la mamma l’aveva svegliata di buon’ora per<br />

un avvenimento speciale. Avvolta da una lieve fragranza<br />

di lavanda e di sapone da bucato era entrata con un<br />

fruscio di gonnelle nella camera che Assunta condivideva<br />

con i fratellini. Si era mossa agilmente, nonostante<br />

la gravidanza avanzata, e bisbigliando qualcosa tra<br />

sé aveva aperto gli scuri della finestra. La luce del mattino<br />

aveva imbiancato la stanza, era scivolata sui letti<br />

dei bambini accarezzando i loro visetti addormentati.<br />

La voce di Margherita tradiva una certa ansia: – Su, alzatevi!<br />

Oggi dovete essere più veloci del solito! C’è il<br />

fotografo che deve farvi la foto con il babbo e io non<br />

voglio stare tutta la giornata ad aspettarvi! Prima si va,<br />

prima si torna! – Aveva pettinato con cura lei e sua sorella<br />

Agnese, torcendo loro i capelli in una piccola<br />

crocchia stretta sulla nuca e, con mosse rapide, le aveva<br />

aiutate ad indossare i loro abitini. Anche Pietro, il<br />

12<br />

fratello maggiore, era stato obbligato a un’accurata<br />

pulizia ed aveva protestato più delle bambine che una<br />

volta pronte, in piedi sulla sedia, avevano litigato per<br />

rimirarsi nel piccolo specchio di legno appeso troppo<br />

in alto alla parete della loro camera.<br />

Il giorno prima dalla città era arrivato il signor<br />

Gromme, il fotografo. Si sarebbe trattenuto un giorno<br />

come al solito o forse due e poi lo avrebbero rivisto soltanto<br />

l’anno successivo. I tre bambini, dal visetto tondo<br />

e dagli occhi brillanti, si erano annoiati a morte; avevano<br />

dovuto aspettare per un tempo lunghissimo il loro<br />

turno e, irrigiditi nei loro vestiti nuovi, non avevano ottenuto<br />

dalla madre il permesso di giocare, per paura di<br />

sporcarli; inoltre anche il tempo di posa era stato interminabile,<br />

con il risultato che nessuno di loro, in quella<br />

foto, sorrideva. Neanche il padre sorrideva. Era arrivato<br />

all’ultimo momento e aveva assunto un’aria fiera e<br />

impettita, la stessa che mostrava in tutte le foto che lo<br />

ritraevano, compresa quella che lei adesso teneva tra le<br />

mani ed osservava pensierosa. Dopo un silenzio lungo<br />

vent’anni lui ricompariva all’improvviso. Era vecchio.<br />

Che aspetto poteva avere? Quanti anni dividevano<br />

quella foto da quella lettera, e quel suo inseparabile bastone<br />

da passeggio che fine poteva aver fatto? Con vano<br />

rammarico rievocò il giorno in cui il padre aveva lasciato<br />

la propria casa, accompagnato dallo sguardo fiducioso<br />

della moglie e delle figlie più giovani che gli affidavano<br />

il loro futuro. In quella mattina di dicembre,<br />

insolitamente tiepida e soleggiata, Assunta aveva visto<br />

un uomo ancora giovane e vigoroso, con le spalle diritte<br />

e le braccia forti e, seppure con riluttanza, era riuscita a<br />

comprendere come lui potesse sentirsi ancora capace e<br />

desideroso di assicurare a se stesso ed alla moglie una<br />

vecchiaia serena e dignitosa. Dopo un ultimo rassicu-<br />

13


ante abbraccio era andato via sollevando due pesanti<br />

valige.<br />

– Arrivederci babbo! Riguardatevi! Scriveteci subito<br />

e tornate presto, non dovete mancare al mio matrimonio!<br />

– gli aveva gridato Dora mentre il treno si allontanava.<br />

Assunta era rimasta l’unica in famiglia a non condividere<br />

la scelta del padre, riteneva che non ci fosse alcun<br />

bisogno di andare così lontano, dall’altra parte del<br />

mondo, proprio ora che lui, passata la cinquantina,<br />

aveva figli grandi e indipendenti e un lavoro che gli<br />

garantiva una certa sicurezza economica. Sua sorella<br />

Agnese era troppo ignorante e fiduciosa per poter<br />

esprimere un’opinione diversa da quella del genitore,<br />

ma soprattutto era assorbita dalle gioie di un matrimonio<br />

recente e coinvolta nella costruzione della nuova<br />

casa, nel paese vicino.<br />

– Se il babbo vuole partire lascialo andare, – asseriva<br />

flemmatica esaminando un preventivo di spesa. – Starà<br />

via poco tempo; soltanto un anno, poi tornerà. Vedrai,<br />

non avrà il coraggio di lasciare la mamma da sola troppo<br />

a lungo.<br />

– Un anno non potrà mai bastare, mai! Ha ragione<br />

Salvatore, l’America è pericolosa! Lui la conosce bene<br />

e può affermarlo con certezza. È un rischio che non è<br />

necessario correre! – ribatteva Assunta infervorata in<br />

una conversazione che la sorella non aveva voglia di sostenere.<br />

Emma interveniva sempre a favore del padre: – Babbo<br />

è giovane e forte… non è un ragazzino… conosce il<br />

mondo… ha letto molti libri… devi avere fiducia in lui!<br />

Cosa vuoi che sia un anno?<br />

Povera Emma! A quell’epoca era appena entrata<br />

nell’adolescenza, ma il misterioso avvenimento che ave-<br />

14<br />

va profondamente turbato la sua prima giovinezza era<br />

già accaduto. Aveva solo quattordici anni e una grande<br />

fiducia nella vita che, invece, presto l’avrebbe tradita.<br />

Assunta la rivide, assorta nella lettura di un libro, seduta<br />

accanto alla finestra con il bel viso tondo incorniciato<br />

dai capelli bruni, mentre la luce del sole la illuminava facendo<br />

risaltare il profilo regolare e l’incarnato perfetto.<br />

Per quel libro la ragazza aveva dovuto strappare il consenso<br />

del babbo, che considerava i libri come oggetti<br />

preziosi da custodire con cura. Ora più che mai, dopo<br />

che il tempo ne aveva travolto ogni traccia, Assunta, con<br />

un moto di rancore, giudicò morbosa e inutile quella<br />

passione. Suo padre non consentiva a nessuno di toccare<br />

i volumi che teneva sottochiave nella camera da letto<br />

al riparo dalla polvere e dall’umidità. Ne possedeva un<br />

centinaio e, pur sapendo che si trattava di una modestissima<br />

biblioteca, ne andava fiero. In paese pochi possedevano<br />

libri, e pochissimi erano in grado di leggerli.<br />

Ogni sera, prima di spegnere la luce, gettava l’ultimo<br />

sguardo al suo tesoro ripromettendosi di allargare la<br />

collezione all’insaputa della moglie che brontolava accusandolo<br />

di sprecare il denaro. Nella piccola collezione<br />

si distinguevano l’Orlando Furioso, con la copertina<br />

di marocchino rosso stampata a lettere dorate, e due testi<br />

di teologia di fine Settecento, rilegati con la carta pecora,<br />

che Giovanni aveva ricevuto dal parroco del paese<br />

vicino in cambio di un crocifisso d’argento alto cinquanta<br />

centimetri.<br />

Assunta sorrise amaramente ricordando lo sguardo<br />

soddisfatto del padre la sera in cui era rientrato a casa<br />

con quei libri sottobraccio. Lei, seduta accanto al tavolo,<br />

osservava sua madre che, con le maniche arrotolate<br />

sin sopra i gomiti, lavorava vigorosamente la pasta rievocando<br />

le vicende legate alla morte tragica del pro-<br />

15


prio padre Nicola. Il babbo era rientrato in quel momento<br />

portandosi appresso il profumo fresco del vento<br />

che, furioso, veniva giù dalla montagna e turbinava<br />

per le vie.<br />

– Li ho salvati dalla morte! – aveva detto posandoli<br />

delicatamente sul tavolo. Poi era corso nella bottega a<br />

prendere il monocolo e ne aveva osservato con attenzione<br />

ogni pagina. La mamma aveva interrotto il lavoro<br />

e lo aveva guardato prima indispettita, poi incuriosita<br />

dal suo armeggiare su quei fogli ingialliti dai bordi scuri.<br />

Il babbo, sorridendo e gesticolando, aveva raccontato<br />

di essersi recato a consegnare il lavoro nel primo pomeriggio.<br />

Il parroco lo aveva ricevuto introducendolo in una<br />

sagrestia buia, le cui pareti erano coperte da imponenti<br />

scaffalature di legno nero cariche di libri e di carte. A<br />

Giovanni era sembrato che l’ordine dei libri, che avevano<br />

subito attirato la sua attenzione, non seguisse una<br />

logica precisa, se non quella delle dimensioni. Alcuni<br />

volumi, in posizione strategica, reggevano il ripiano superiore<br />

che, carico di scartoffie ammassate, si incurvava<br />

al centro e lasciava scivolare verso il basso, con la<br />

precisione di una clessidra, la polvere finissima che migliaia<br />

di tarli producevano ininterrottamente.<br />

I due uomini avevano parlato del più e del meno per<br />

circa un’ora prima che il sacerdote confessasse di non<br />

essere in grado di pagare. La parrocchia in quel momento<br />

non aveva disponibilità economiche: forse ci sarebbe<br />

stata la guerra ed il cuore solitamente tenero dei<br />

parrocchiani si era pietrificato. Solo pochissimi centesimi<br />

venivano lasciati ogni domenica nella cassetta delle<br />

elemosine.<br />

– Come dare torto a questa gente se lascia vuota la<br />

cassetta delle offerte? – aveva osservato Giovanni, il cui<br />

16<br />

pensiero per tutto il tempo era rimasto concentrato sulle<br />

pagine segrete di cui avrebbe volentieri indagato il<br />

contenuto. Un’idea si era fatta strada nella sua mente. Il<br />

parroco non si era vergognato di negargli il compenso<br />

dovuto e così lui, indicando i libri, gli aveva offerto<br />

un’altra possibilità. – Se non avete denaro e non volete<br />

rimanere in debito con me, potete darmi qualche altra<br />

cosa…<br />

– Per esempio cosa? – aveva chiesto il prete, aggrottando<br />

la fronte e pensando rapidamente alle damigiane<br />

di vino che custodiva in cantina, agli orci di olio e alla<br />

farina bianca che la perpetua, ultimamente, utilizzava<br />

con troppa parsimonia.<br />

– Quei libri, ad esempio.<br />

Il sacerdote tozzo e robusto, che durante l’ultima<br />

parte della lunga conversazione pareva essersi rimpicciolito<br />

ulteriormente, si era rianimato e, felice di non<br />

essere stato costretto a mentire per difendere la propria<br />

dispensa, con un movimento arioso di sottane fruste e<br />

poco pulite, era corso ad afferrare i primi due volumi<br />

che gli erano capitati tra le mani e li aveva consegnati a<br />

Giovanni.<br />

Margherita, scontenta dello scambio, si era incollerita.<br />

Aveva atteso la fine del racconto per rimproverare<br />

il marito: – Dovevi insistere! Dovevi dirgli che poteva<br />

saldare il suo debito a poco a poco anziché caricarti<br />

questo vecchiume! Ricordati che hai una famiglia da<br />

campare!<br />

Lui le aveva risposto infastidito: – Sei materiale e<br />

priva di spirito come tutte le donne! Questi libri hanno<br />

un grande valore.<br />

Margherita non si era data per vinta.<br />

– Vorrà dire che, se davvero ci sarà la guerra e avremo<br />

fame, ci leggerai qualche pagina. Ma guarda che<br />

17


uomo! Quel lavoro valeva un bel po’ di denaro e lui si<br />

è caricato di scartoffie ammuffite!<br />

In seguito Giovanni non aveva mai avuto modo di<br />

sfogliare quei volumi e si era accontentato di tenerli inutilmente<br />

sottochiave insieme a tutti gli altri.<br />

Mentre quei ricordi lontani affluivano, affollandosi<br />

nella sua mente, Assunta provò un’acuta fitta di nostalgia<br />

e di rimpianto…<br />

18<br />

1925<br />

Mille volte Assunta aveva maledetto il giorno in cui il<br />

cugino Valentino si era presentato a casa dei genitori.<br />

Il quattro giugno 1925 era stata una giornata particolarmente<br />

calda e afosa, ma Giovanni aveva lavorato con<br />

la consueta solerzia nella bottega sottocasa, tiepida<br />

d’inverno e gradevolmente fresca durante la canicola<br />

estiva. La bottega era un locale piccolo in cui lo spazio<br />

era stato sfruttato al centimetro. Il centro della stanza<br />

era occupato dal banco da lavoro, sul quale si trovavano<br />

il filatoio e il laminatoio, una serie di pinze di dimensioni<br />

diverse, monocoli, lenti di ingrandimento, piccoli<br />

crogiuoli di porcellana bianca e diversi contenitori di<br />

sabbia nera e finissima necessaria per la fusione. Sopra<br />

alcuni scaffali addossati alle pareti laterali, stavano le<br />

bottiglie degli acidi e delle altre soluzioni che l’orafo<br />

utilizzava per l’imbianchimento e la coloritura dei preziosi<br />

manufatti. Dietro il banco, una pesante cassa munita<br />

di chiavistelli custodiva il materiale grezzo che arrivava<br />

da Torino e gli oggetti finiti pronti per la consegna.<br />

In alto sul muro, accanto all’immagine della Vergine del<br />

Miracolo protettrice del paese, pendeva, accartocciata<br />

e sbiadita, la foto del piccolo re d’Italia. Quel pomeriggio<br />

Giovanni aveva ripreso a lavorare dopo un breve riposo<br />

e, chino sul bancone, non udì il rumore dei passi<br />

sul selciato. Il rettangolo di luce, che dalla porta si allungava<br />

sul pavimento e lambiva la parete di fronte, venne<br />

oscurato dall’ingresso di un uomo. Giovanni sollevò il<br />

capo e rimase piacevolmente sorpreso.<br />

19


– Valentino! Qual buon vento… accomodati. È un<br />

bel pezzo che non ti si vede da queste parti! – esclamò,<br />

sorridendo al nipote.<br />

Valentino era un giovane uomo sulla trentina, bruno<br />

e allegro, con la carnagione chiara e le guance che si arrossavano<br />

per il caldo e la fatica. Quando sorrideva metteva<br />

in mostra una fila di denti bianchi e forti. Giovanni,<br />

che lavorava in maniche di camicia, notò che Valentino<br />

era vestito di tutto punto con un abito scuro e una<br />

camicia bianca e si chiese come il nipote avesse potuto<br />

resistere alla calura opprimente della strada.<br />

– Ti offro un bicchiere del mio vino. Anzi rimani a<br />

cena con noi, a Margherita e alle ragazze farà piacere, –<br />

propose l’orafo al giovane accaldato.<br />

Valentino si asciugò il sudore che gli bagnava il viso<br />

e gli inumidiva i capelli alla base del collo. – Grazie zio<br />

rimango volentieri, sono venuto per dirvi qualcosa…<br />

– Parleremo dopo aver mangiato e bevuto, – tagliò<br />

corto Giovanni.<br />

In cucina Margherita era intenta a preparare la cena<br />

e discuteva animatamente con Dora ed Emma, le due<br />

figlie che ancora vivevano in famiglia. – Mi pare che voi<br />

due passiate troppo tempo in chiesa e con questa scusa<br />

state in giro e non fate nulla in questa casa, – brontolava.<br />

– Ogni giorno in chiesa, mattina e sera. State per diventare<br />

sante e io non ne so niente!<br />

– Lo sapete che non è così. È il mese del Sacro Cuore<br />

mamma, andiamo a pregare Nostro Signore.<br />

– E a pettegolare con le amiche. Non crediate che io<br />

non lo sappia, sono nata prima di voi o no?<br />

– Perché siete così severa, mamma? – rispose Dora.<br />

– Lo sapete che quando mi sposerò non avrò più modo<br />

di frequentarle.<br />

Emma ascoltava la sorella e sognava la festa che ci<br />

20<br />

sarebbe stata in occasione del matrimonio. Quante volte<br />

ne avevano parlato, lei e Dora! Immaginò il colore<br />

dell’abito nuovo che la sarta le avrebbe confezionato e<br />

le scarpe con un po’ di tacco che, finalmente, i genitori<br />

le avrebbero concesso di indossare. Avrebbe danzato,<br />

riso con le amiche e forse qualche ragazzo l’avrebbe notata<br />

e corteggiata… Non si sentiva più una bambina ormai.<br />

Una fitta d’angoscia spezzò il sorriso che accompagnava<br />

le sue fantasticherie: il ricordo di un avvenimento<br />

passato, che non poteva essere cancellato dalla<br />

sua memoria, tornò all’improvviso a pungerle il cuore.<br />

Dora notò quell’improvviso cambiamento d’umore.<br />

– Che hai? – le domandò sottovoce.<br />

– Paura! – si lasciò sfuggire la ragazza, che non amava<br />

parlare di ciò che era accaduto.<br />

Dora la guardò. Era lontana mille miglia dai pensieri<br />

della sorella e non capì le sue parole.<br />

– Tu te ne andrai e poi tutto forse accadrà molto presto,<br />

– sussurrò Emma, abbassando il viso.<br />

– Non vorrai alludere a quella storia? Mi avevi detto<br />

che non avremmo mai dovuto parlarne, – replicò Dora.<br />

Il suo tono, di rimprovero, celava un’inesplicabile sensazione<br />

di timore che la investiva ogni volta che Emma<br />

accennava a quel fatto oscuro e inquietante.<br />

– Di che parlate voi due? – domandò curiosa Margherita<br />

che voleva sapere di più sull’argomento. In quel<br />

momento Giovanni e Valentino entrarono nella stanza.<br />

Un largo sorriso comparve sul viso del giovane, che<br />

strinse in un unico abbraccio la zia e le cugine. La serata<br />

trascorse serenamente rallegrata dal buon cibo e Valentino,<br />

animato dalla cordialità dei familiari, parlò a<br />

ruota libera raccontando, senza mai interrompersi per<br />

riprendere fiato, le novità che riguardavano parenti,<br />

amici e conoscenti dei paesi vicini.<br />

21


– Anche Michele, il falegname che ha la bottega vicino<br />

alla chiesa, non se la passa male. Maneggia un sacco<br />

di quattrini! Ha comprato una casa in città con i soldi<br />

che suo figlio manda dall’America. Bisognerebbe farci<br />

un pensierino sull’America.<br />

Giovanni lo interruppe infastidito: – Lascia stare<br />

l’America. Ci ha già portato via un figlio.<br />

Il dolore per quella perdita riaffiorò improvvisamente.<br />

Lui e Margherita, anni prima, si erano opposti<br />

alla decisione del figlio, partito all’alba di una luminosa<br />

giornata di agosto. Poi, scoppiata la guerra, si erano ricreduti<br />

ed avevano gioito perché il loro Pietro, diversamente<br />

da tanti giovani del paese, era scampato al conflitto<br />

e non avrebbe dovuto combattere al fronte rischiando<br />

di morire lassù, sul Piave, così lontano da casa.<br />

Ma era morto ugualmente lontano, molto più lontano<br />

del Piave, del Monte Grappa, del Carso. Ed era sepolto<br />

chissà dove. Forse dalla guerra sarebbe tornato, vivo o<br />

morto. L’America, invece, non solo non aveva restituito<br />

il corpo di suo figlio, ma per accoglierlo gli aveva rubato<br />

anche il nome. L’orafo, che non voleva tradire l’emozione,<br />

serrò le mascelle e tentò di sviare l’attenzione da<br />

quel discorso spiacevole interrogando il nipote: – Hai<br />

parlato di tutti, ma non mi hai raccontato niente di tua<br />

madre, come sta?<br />

Ma Valentino non mollava. – Bene, bene grazie, – rispose<br />

distrattamente, tornando subito all’argomento<br />

che gli stava a cuore. – Vostro figlio era in nord America<br />

ed era ammalato. Uno si può ammalare anche stando<br />

chiuso a casa. Io volevo parlarvi di un’altra America,<br />

per voi sarebbe l’ideale, con il vostro mestiere poi…<br />

– Che vuoi dire, di che parli?<br />

Il giovane rispose con gli occhi sfavillanti: – Dico<br />

che diventereste ricco in brevissimo tempo. Ricco, zio!<br />

22<br />

Vi mettete a posto per sempre, campate tranquillo per<br />

tutta la vita. Fra un anno non si deve sposare vostra figlia?<br />

E poi ne avete anche un’altra da sistemare. Se partite<br />

adesso con me, tra un anno sarete di ritorno con<br />

tutto il denaro che volete.<br />

Le ragazze ascoltavano rapite le parole del cugino.<br />

Avevano smesso di ridere e di mangiare e, con le posate<br />

a mezz’aria, aspettavano che almeno uno dei genitori<br />

parlasse.<br />

– Ma dov’è questo posto? – chiese finalmente Margherita.<br />

– È possibile che sia così facile diventare ricchi<br />

in poco tempo? Se fosse vero, tutti correrebbero lì.<br />

– È il Perù zia, – si affrettò a rispondere Valentino.<br />

– Pensavo all’Argentina, – intervenne Giovanni, fermando<br />

con un’occhiata la moglie che aveva già aperto<br />

la bocca per domandare qualcosa. – Avevo pensato all’Argentina,<br />

– riprese. – Molti italiani ci sono andati.<br />

Qualcuno qui in paese è partito con tutta la famiglia<br />

una trentina d’anni fa e non ha più fatto ritorno.<br />

– No, non l’Argentina, – spiegava con tono esperto<br />

Valentino, – io mi sono informato bene. Sono mesi che<br />

giro per saperne di più. C’è andata moltissima gente,<br />

troppa! Avete proprio ragione, moltissimi italiani, ma<br />

non solo loro. Per questo hanno chiuso le frontiere agli<br />

emigranti e la legge è piuttosto severa, niente più forza<br />

lavoro. Ma se volete provare, è a vostro rischio e pericolo.<br />

E fate anche molta attenzione perché uno che conosco<br />

si è fatto buggerare da una compagnia clandestina.<br />

Però se l’è cercata! Voi in ogni caso dovete stare tranquillo<br />

perché questo che vi dico io è sicuro come il pane<br />

che mangiate ogni giorno! Vi ripeto, mi sono informato<br />

bene, state certo! Ci rivolgiamo ad una compagnia di<br />

navigazione seria. È tutto controllato dalla legge! E prima,<br />

se volete, chiediamo informazioni al maresciallo, è<br />

23


amico vostro e di lui vi fidate più che di me. Vedrete, vi<br />

dirà anche lui che per andare in Perù non ci sono problemi.<br />

– Il Perù, e dov’è?<br />

– È lontano… è lontano zia… ma è ricchissimo. Pensate<br />

che in ogni paese c’è una miniera d’argento, e che<br />

con l’argento che c’è si possono lastricare tutte le strade.<br />

Giovanni, dubbioso, lo interrogò: – Ma tu sei ben<br />

deciso ad andare?<br />

– Io sono ben deciso. Mi sono già informato e…<br />

– Chi viene con te?<br />

– Con me verrete voi, zio, e sarà l’affare della vostra<br />

vita, credetemi! – affermò con convinzione Valentino.<br />

– Non pensateci troppo, zio. Bisogna chiedere il passaporto,<br />

ci vuole tempo e io voglio partire entro l’anno.<br />

Appena Valentino andò via le donne rigovernarono<br />

in silenzio, ciascuna assorta nei propri pensieri. Margherita<br />

si chiedeva con apprensione quale effetto avesse<br />

prodotto il discorso del giovane nell’animo del marito.<br />

Lo guardò di sottecchi senza osare rivolgergli la<br />

parola. Lui era rimasto seduto a tavola studiando sulla<br />

carta quel paese così prospero e lontano, seguendone i<br />

confini con l’indice e riflettendo sulla sconosciuta e<br />

minacciosa distesa d’acqua che separava i due mondi.<br />

– Quanto tempo ha impiegato l’ultima volta Salvatore<br />

per tornare dall’America? – Queste furono le uniche<br />

parole che Giovanni proferì per il resto della serata,<br />

a mezza voce e senza l’intento di voler ricevere una<br />

risposta. La notte Margherita attese che il marito, nell’intimità<br />

della loro stanza, le confidasse le sue impressioni<br />

e soprattutto le sue intenzioni, ma lui rimase ostinatamente<br />

taciturno. Come ogni sera controllò che la<br />

libreria fosse ben chiusa, ripiegò con ordine i vestiti<br />

24<br />

sulla sedia e spense la luce prendendo rapidamente<br />

sonno.<br />

Per tutto il mese Valentino tornò alla carica. Ogni<br />

giorno si presentava con rinnovato entusiasmo e nuovi<br />

ragionamenti per convincere lo zio. Giovanni ascoltava<br />

e non prometteva niente. Taceva anche con la moglie,<br />

ma tutte le sere posava la carta geografica sul tavolo e la<br />

consultava pensieroso. Margherita, intuendo che qualcosa<br />

di grosso si agitava nella mente del marito, fremeva<br />

a causa del suo silenzio. Infine una sera, non potendone<br />

più, lo affrontò e lo costrinse a parlare.<br />

Giovanni, in procinto di scendere nella bottega, non<br />

rispose subito. – Ci ho riflettuto a lungo, – cominciò, –<br />

e tutto sommato sai che ti dico? Si potrebbe fare! L’argento<br />

non deve avere un prezzo elevato visto che è così<br />

abbondante e con un piccolo capitale iniziale… Tra un<br />

anno potrei essere di ritorno con una bella somma, in<br />

questo modo non avremo problemi economici in vecchiaia.<br />

Con sgomento la donna si rese conto che l’idea aveva<br />

ormai preso corpo nella mente del marito e osò porre<br />

la domanda che continuava a tormentarla: – Quanti<br />

soldi occorrerebbero?<br />

– I soldi del viaggio prima di tutto, poi dovrò trovare<br />

cibo e alloggio e finché non trovo da lavorare dovrò<br />

mantenermi con quello che ho. Insomma, non sarebbe<br />

sufficiente la cifra che abbiamo da parte, nemmeno se<br />

prendessimo in considerazione ciò che hai risparmiato<br />

per il matrimonio di tua figlia. Dovrei farmi prestare<br />

qualcosa. Sarebbe senz’altro meglio! Non me la sento<br />

di spogliarti di tutto. Per precauzione è meglio che anche<br />

tu abbia un gruzzolo su cui contare, è possibile che<br />

ci voglia tempo prima che sia io ad inviarti del denaro.<br />

Assalita dalla paura di perderlo, Margherita avreb-<br />

25


e voluto supplicarlo di non partire. “Non andare!<br />

Non potrei vivere senza di te!” Poi si sentì vecchia, per<br />

parlare d’amore, e preferì il silenzio… Da quel momento<br />

la loro discussione proseguì come se tutto fosse già<br />

deciso e approvato anche da parte sua.<br />

Quella notte Margherita sognò il mare. Si vide con<br />

un vestito nuovo e collane d’oro che, ad ogni movimento,<br />

le danzavano sul petto tintinnando. Teneva per mano<br />

i suoi bambini e camminava sulla riva del mare. Era<br />

proprio come il fiume, con la riva opposta che si distingueva<br />

in lontananza; e su quelle acque torbide e limacciose<br />

una bara, galleggiando, scivolava via sulla corrente.<br />

Il mattino seguente, profondamente scossa, fece un<br />

tentativo per mutare i programmi del marito.<br />

– Ti prego, non partire! Stanotte ho fatto un brutto<br />

sogno, ti ho sognato morto nel mare. Questo viaggio<br />

non ci porterà fortuna, rimani qui, accontentiamoci di<br />

ciò che abbiamo e non cerchiamo altro!<br />

Giovanni la ascoltò rivolgendole lo stesso sguardo<br />

che si concede ad un bambino che racconta una storia<br />

incredibile. – Questi sono i sogni che allungano la vita.<br />

Mi sogni morto? Significa che vivrò a lungo! Non stare<br />

a preoccuparti! Vedrai che presto sarò di nuovo qui, allora<br />

non mi vorrai più. Quando ti sarai abituata a stare<br />

sola, di me non saprai che farne!<br />

Margherita avrebbe potuto insistere ma non lo fece,<br />

vide che il marito era determinato ed ottimista e<br />

pensò che, dopotutto, uno o anche due anni di sacrifici<br />

si potevano affrontare in vista di una maggiore serenità<br />

futura.<br />

La notizia della partenza di Giovanni si diffuse in un<br />

baleno nel paese e in molti vennero ad augurargli buon<br />

viaggio. Anche Simone, il mendicante pazzo, profeta di<br />

sventure, si recò da lui.<br />

26<br />

– Allora, siete diretto in Perù? – domandò. – Ero<br />

ben deciso a venire con voi, – aggiunse senza attendere<br />

risposta, – ma ho cambiato idea. Andateci da solo!<br />

Tanto non tornerete!<br />

Da quella notte anche Giovanni cominciò a sognare<br />

l’oceano. Il sogno era sempre lo stesso. Gli sembrava<br />

di essere affacciato alla finestra di una casa molto<br />

alta. Sotto di lui una distesa d’acqua nera, immobile,<br />

uniforme si estendeva a perdita d’occhio sino all’orizzonte<br />

nuvoloso. Quell’acqua scura e impenetrabile lo<br />

riempiva di angoscia e gli faceva sentire il bisogno di<br />

scappare via. Si voltava per cercare aiuto, correndo attraverso<br />

una serie infinita di porte che si spalancavano<br />

su stanze sempre più grandi e vuote. Ogni volta si risvegliava<br />

con una sensazione di malessere che cercava<br />

di scacciare immergendosi nel lavoro e sforzandosi di<br />

trovare conferme positive per il passo che stava per<br />

compiere. Nei giorni che seguirono si rivolse ai suoi<br />

due amici fraterni, il farmacista ed il parroco, per chieder<br />

loro un parere e per consultare alcuni testi che gli<br />

consentissero di avere maggiori conoscenze su quel<br />

Paese lontano. Il parroco, tra i due, fu quello che<br />

tentò di fermarlo: – Senti, io ti darò tutte le informazioni<br />

che mi chiedi e sono anche pronto a garantire<br />

per te, ma prima voglio chiederti di ripensarci. Non<br />

andare! Hai cinquant’anni, lavora ancora qui, le richieste<br />

non ti mancano, cosa vai cercando di più? Ripensaci,<br />

dammi retta! A che scopo affrontare disagi,<br />

fatiche e umiliazioni alla tua età e soprattutto quando<br />

qui hai tutto ciò che ti serve? Quanto denaro vorresti<br />

guadagnare in un anno? Con un anno di lavoro non ci<br />

si mette a posto per il resto della vita. Quello che insegui<br />

tu è un miraggio e mi stupisce che ti sia lasciato<br />

convincere da tuo nipote che non è cattivo ma…<br />

27


Il farmacista invece lo tranquillizzò ricordandogli<br />

che in Italia, ormai dal 1901, esisteva una buona legge<br />

sull’emigrazione e che il suo viaggio avrebbe potuto essere<br />

abbastanza veloce e sicuro.<br />

– C’è voluto molto tempo perché quelli che comandano<br />

si mettessero d’accordo e tirassero fuori qualcosa<br />

di sensato, – commentò. – Pensa che quando questo fenomeno<br />

ha iniziato a dilagare e l’America, mandandoci<br />

il suo grano, ha messo in ginocchio l’Europa, c’e stato<br />

addirittura chi era contento che un bel po’ di gente morta<br />

di fame se ne andasse. Poi invece si sono lamentati<br />

perché non c’era più nessuno che lavorasse la terra! Se<br />

ne sono sentite di tutti i colori! Ricorderai anche tu!<br />

– Sì! Non volevano saperne di tutelare l’emigrazione,<br />

dicevano che non era una necessità reale. Secondo<br />

loro chi partiva lo faceva solo per spirito di avventura e<br />

per arricchirsi. Opulenza era la parola che usavano.<br />

Opulenza, poveri noi!<br />

Discussioni a parte i risultati della ricerca non lo<br />

soddisfecero pienamente, tutt’altro. Nei libri, accanto<br />

ad un elenco delle risorse e dei prodotti dell’industria<br />

estrattiva del Perù in cui, realmente, l’argento figurava<br />

al primo posto, aveva trovato anche inquietanti descrizioni<br />

geografiche che parlavano di un territorio arido e<br />

desertico, di montagne elevatissime sulle quali chi non<br />

era del luogo non sarebbe potuto sopravvivere. Uno<br />

stato ancora senza confini certi e, per questo, sempre in<br />

lotta con i paesi limitrofi. Tuttavia Giovanni, ben deciso<br />

a partire, si ostinò a cercare prove attendibili con le<br />

quali tacitare la propria coscienza. Pensò così che le<br />

prove sicure erano proprio sotto i suoi occhi, nel suo<br />

paese e nei paesi vicini. Erano le case ed i terreni di tutti<br />

quelli che dalle Americhe avevano inviato denaro alle<br />

famiglie o erano tornati con un bel gruzzolo. Anche lui,<br />

28<br />

come loro, avrebbe affrontato qualche privazione, per<br />

un anno o due, e poi sarebbe tornato, probabilmente<br />

non ricco, ma in grado di assicurare a se stesso e a Margherita<br />

una vecchiaia serena. Lo umiliava l’idea di dover<br />

essere mantenuto dai generi e lo atterriva il pensiero<br />

di possibili liti familiari scatenate da problemi economici.<br />

Pertanto, mentre la vecchiaia galoppava ancora<br />

alle sue spalle nel tentativo di affiancarlo, Giovanni<br />

si sentiva perfettamente in grado di affrontare un ultimo<br />

sacrificio per il benessere e l’armonia della propria<br />

famiglia.<br />

– Bisognerà parlarne con le ragazze, – rifletté una sera,<br />

tornando a casa – e bisognerà trovare il denaro.<br />

– Assunta può darti quei soldi, – suggerì la moglie. –<br />

Salvatore è appena tornato dagli Stati Uniti.<br />

Assunta oppose mille obiezioni alla decisione dei<br />

genitori, inveì e supplicò. Si arrese soltanto quando sua<br />

madre, con astio, la accusò di ingratitudine e spilorceria.<br />

Allora, sconfitta e con un peso sull’animo, la giovane<br />

donna consegnò tremila lire al padre augurandosi di<br />

non aver fatto un cattivo investimento.<br />

– Te le restituirò con gli interessi… vedrai… fidati di<br />

me figlia mia.<br />

29


La nave beccheggiava affrontando l’oceano. Per<br />

sfuggire all’odore mefitico e stagnante della cabina Giovanni<br />

salì in coperta. A quell’ora, subito dopo l’alba, il<br />

ponte era ancora deserto e pulito. Sistemò una coperta<br />

in un angolo al riparo dalla brezza gelida e ne avvolse<br />

un’altra intorno al corpo. Si rannicchiò appoggiando le<br />

spalle alla parete e, inalando a fondo l’aria greve di salsedine,<br />

provò ad appisolarsi. Aveva ancora qualche ora<br />

prima che gli altri passeggeri mettessero il naso fuori<br />

dalle loro cabine e lo accerchiassero. La pioggia era caduta<br />

abbondante per tutta la notte e le tavole del ponte,<br />

imbevute d’acqua dolce, esalavano lo stesso odore della<br />

catasta di legna ammonticchiata nel cortile della casa in<br />

cui aveva vissuto da bambino. Sua madre, sola e affaticata,<br />

non trovava mai il tempo di portarla al riparo prima<br />

dell’arrivo delle piogge e accendere il fuoco, per lui,<br />

costituiva un’impresa difficile. Ogni suo tentativo, al ritorno<br />

da scuola, era accompagnato da una nuvola di fumo<br />

che, sprigionandosi dal camino, invadeva la cucina e<br />

lo lasciava piangente e mezzo affumicato a stropicciarsi<br />

gli occhi. Allora, con lo stomaco che borbottava preparava<br />

la tavola. Tirava fuori dalla madia la polenta della<br />

sera prima e la tagliava a fette in modo che fosse più facile<br />

arrostirla con un pezzetto di burro grande come un<br />

unghia o con il lardo. Dopo questi preparativi si sedeva<br />

accanto al fuoco che ormai sprigionava solo calore buono<br />

e, con un libro sulle ginocchia, attendeva che la madre<br />

tornasse.<br />

Il freddo intenso lo riportò al presente: aprì gli occhi.<br />

La luce si era fatta più vivida, ma il sole, ancora bas-<br />

30<br />

so sull’orizzonte, non riusciva a scaldare le sue membra<br />

intirizzite. Si guardò stancamente intorno e vide che in<br />

un avvallamento del ponte si era raccolta dell’acqua<br />

piovana. Pensò che, se fosse stato più accorto, avrebbe<br />

potuto recuperare qualche litro di quel prezioso liquido<br />

che sulla nave era razionato. Quando l’estremo lembo<br />

d’Europa era sparito dalla loro vista, il personale di<br />

bordo aveva invitato gli emigranti a non sprecare acqua<br />

in abluzioni inutili. Da allora Giovanni non era più riuscito<br />

a lavarsi come avrebbe desiderato. Aveva già utilizzato<br />

tutta la biancheria di ricambio e aveva commesso<br />

anche l’errore, ora lo capiva, di lavare con l’acqua salata<br />

le calze e gli indumenti intimi che, umidi e intrisi di<br />

salsedine, gli aderivano alla pelle causandogli un indescrivibile<br />

prurito. Non aveva modo di controllare integralmente<br />

il proprio aspetto nel piccolo specchio che<br />

utilizzava per radersi, riteneva tuttavia di essere dimagrito<br />

parecchio, poiché il mal di mare lo aveva tormentato<br />

senza tregua impedendogli di mangiare. Strinse<br />

meglio la coperta intorno al corpo e osservò la distesa<br />

iridescente che lo circondava. Non esisteva immagine<br />

che potesse riprodurla fedelmente. E il suo movimento!<br />

Era totalmente diverso da quello del fiume. Non<br />

correva da nessuna parte, ma si dondolava avanti e indietro<br />

con un moto inesorabile. Gli tornò in mente il<br />

dondolio ininterrotto del carro trainato dai buoi sul<br />

quale saliva da bambino. La differenza stava unicamente<br />

nel fatto che allora, quando cominciava a dolergli lo<br />

stomaco, poteva saltare giù e camminare per un po’ lungo<br />

i solchi tracciati dalle ruote nella strada polverosa.<br />

Poteva sdraiarsi per qualche minuto sull’erba dei campi<br />

per poi slanciarsi all’inseguimento del carro sfidando<br />

i pacifici animali che, ignari di tutto, procedevano<br />

senza fretta. Dalla nave, invece, non poteva scendere e<br />

31


viveva nel timore perenne di un naufragio che avrebbe<br />

segnato il suo, di destino, e quello dei passeggeri. Non<br />

aveva la speranza di potersi reggere a galla nemmeno<br />

per un secondo, per questo preferiva sistemarsi vicino<br />

alle scialuppe di salvataggio aspettando che le giornate<br />

trascorressero il più in fretta possibile. Respirò profondamente<br />

osservando la moltitudine che con l’avanzare<br />

delle ore si era raccolta intorno a lui. Erano, per la maggior<br />

parte, montanari e contadini, gente che non aveva<br />

mai visto il mare e che arrivava da diverse regioni d’Italia<br />

e da lontani paesi d’Europa. Tutti, pur essendo così<br />

differenti tra loro, in quel momento ed in quella situazione,<br />

erano uniti dal tratto comune della necessità.<br />

Tutti si erano imbarcati a Genova.<br />

* * *<br />

Avevano dimorato per alcuni giorni in una delle locande<br />

che da più di trent’anni ormai, da quando l’emigrazione<br />

aveva assunto proporzioni rilevanti, erano<br />

sorte a centinaia nei quartieri bassi della città, destinate<br />

ad ospitare e a contendersi gli emigranti e i parenti<br />

che li avevano accompagnati. Subito dopo il loro arrivo<br />

Giovanni e Valentino erano stati avvicinati da un ragazzino<br />

zoppicante e male in arnese che si era offerto<br />

di accompagnarli in una pensione. Seguendo il ragazzo,<br />

che trascinava a fatica la gamba destra più corta e<br />

sottile dell’altra, i due uomini si erano inoltrati nei vicoli<br />

stretti e bui immediatamente a ridosso del porto e<br />

si erano fermati dinanzi ad un portone spalancato. All’interno<br />

una donna robusta, vestita di rosso, era appoggiata<br />

alla ringhiera di una scala ripidissima, lurida e<br />

con i gradini consunti. Dovettero contrattare il prezzo<br />

della stanza e la donna ben presto si arrese, accettando<br />

32<br />

la cifra che Giovanni le proponeva. Anni addietro, prima<br />

della guerra, quando a malapena si riusciva a far<br />

fronte all’enorme richiesta di alloggi, non avrebbe ceduto<br />

così facilmente, ma ora i tempi erano cambiati ed<br />

il numero di coloro che cercavano fortuna oltremare<br />

era in costante diminuzione. Zio e nipote si sistemarono<br />

alla meglio nell’angusta camera che era stata loro<br />

assegnata. Si sforzarono di ignorare l’umidità che trasudava<br />

dalle pareti, i calcinacci che si erano sfarinati<br />

sui letti e l’effluvio ammorbante che li aveva investiti,<br />

quando avevano aperto la finestra per liberare il locale<br />

dall’odore di chiuso e di cipolle che vi ristagnava. Il<br />

giorno seguente si imbatterono in altri emigranti che<br />

bighellonavano in attesa della partenza. Mentre percorrevano<br />

la marina in cerca della nave che avrebbe<br />

dovuto condurli oltre oceano, furono attirati dal vociare<br />

della folla assiepata intorno ad un uomo che proponeva<br />

il gioco degli specchi e quello delle tre carte. I due<br />

si fermarono incuriositi. Su una cassetta rovesciata, coperta<br />

con uno straccio stinto, un vecchio scalzo e con<br />

la barba strinata armeggiava velocemente con tre carte.<br />

Gli uomini, specialmente quelli più giovani, facevano a<br />

gara per puntare la loro somma e tentare di indovinare<br />

la posizione della carta prescelta. Con occhi attenti, sicuro<br />

di non poter essere tratto in inganno a lungo, il<br />

malcapitato di turno seguiva le mani dell’imbonitore<br />

che sempre più veloci spostavano le carte. Gli spettatori<br />

facevano ressa alle sue spalle e urlavano sentendosi<br />

in dovere di dargli suggerimenti. Ogni tanto accadeva<br />

che qualcuno, sicuramente un compare dell’intrattenitore,<br />

vincesse al primo tentativo. Tanto bastava per<br />

rinvigorire le speranze dei giocatori che si accanivano<br />

puntando cifre sempre più consistenti. Giovanni faticò<br />

non poco a trattenere Valentino dal raccogliere la sfida<br />

33


che il vecchio truffatore gli aveva lanciato dopo averlo<br />

individuato nella calca.<br />

La sera, mentre rientravano alla locanda stanchi e<br />

frastornati dal gran movimento sconosciuto nei loro<br />

paesini, furono avvicinati da due donne che, sfidando<br />

la legge, cercavano di fare qualche buon affare per strada.<br />

Valentino si lasciò tentare. – Zio che ne dite? Quella<br />

a destra non è male. Guardate che natiche. Ci appoggerei<br />

volentieri le mani! – disse indicando la più giovane<br />

che ancheggiava invitante davanti a lui.<br />

– Ma lascia perdere! Vuoi già spendere i soldi inutilmente?<br />

E quando arriveremo come farai, se le cose non<br />

andranno subito bene? Non ti fidare di queste che incontri<br />

per strada, – lo ammonì Giovanni cercando di<br />

dissuaderlo.<br />

– Inutilmente non direi, quante storie fate! Per il<br />

gioco vi ho dato ragione, ma per le donne è tutta un’altra<br />

faccenda. Sapete quanto tempo dobbiamo stare in<br />

mare? Prima di toccare di nuovo terra e di vederne una<br />

come dico io sarà passata un’eternità. Se per voi non è<br />

importante… io vado, – rispose Valentino facendo<br />

spallucce e allontanandosi di corsa per raggiungere le<br />

donne che, nel frattempo, avevano svoltato in una strada<br />

secondaria, lanciando prima un’occhiata indietro<br />

per vedere se i due montanari avessero abboccato.<br />

– Non farti fregare stupido, almeno vai al casino che<br />

è più sicuro! – fece in tempo a gridare Giovanni.<br />

Il giorno della partenza zio e nipote si trovarono a<br />

comporre, insieme a tanti altri, una lunga fila fluttuante<br />

di straccioni che vociavano ciascuno nella propria<br />

lingua e nel proprio dialetto. Salire a bordo si rivelò<br />

un’impresa per la quale occorrevano una buona dose<br />

di pazienza e resistenza fisica. L’imbarco era ostacolato<br />

dall’enormità del bagaglio che ognuno pretendeva di<br />

34<br />

portare con sé. Sembrava che tutti, allontanandosi dal<br />

proprio paese, non potessero fare a meno di trascinarsene<br />

un pezzo appresso. Tale comportamento era incoraggiato<br />

dalla legge sull’emigrazione che attribuiva alle<br />

imprese di trasporto la responsabilità per i danni subiti<br />

dal bagaglio dei passeggeri. Così, accanto a casse che<br />

contenevano indispensabili arnesi da lavoro, sulla nave<br />

veniva caricato mobilio di ogni genere e qualità: culle,<br />

letti e ogni altra cosa da cui quella povera gente non era<br />

riuscita a staccarsi. Inoltre, sebbene in forza della stessa<br />

legge le compagnie di navigazione fossero obbligate<br />

a garantire un viaggio decoroso con prezzi controllati e<br />

in condizioni igieniche accertate, una volta in alto mare<br />

queste condizioni venivano meno. La maggior parte<br />

delle persone soffriva il mal di mare e dava di stomaco<br />

dovunque si trovasse, e molti si ammalavano di dissenteria.<br />

Vomito e deiezioni fetide, che i più malandati non<br />

erano in grado di trattenere, si trovavano dappertutto.<br />

Il personale di bordo, ben conoscendo le conseguenze<br />

di una simile lordura, interveniva lavando continuamente<br />

i ponti con l’acqua di mare che faceva defluire la<br />

sporcizia in parte fuori bordo in parte tra le commessure,<br />

lasciando però una situazione di igiene precaria e<br />

di umidità costante.<br />

Lo stato di disagio non favoriva la socializzazione al<br />

di fuori del gruppo di corregionali o addirittura di paesani.<br />

Del resto la comunicazione non era così facile ed<br />

immediata: in pochi parlavano l’italiano, i più si esprimevano<br />

nei loro incomprensibili dialetti. Sin dall’inizio<br />

si instaurava un clima di diffidenza nei confronti degli<br />

altri gruppi, che si acuiva dopo i primi inevitabili furti a<br />

danno di chi era stato poco accorto e previdente. Giovanni,<br />

consapevole del rischio, teneva documenti e denaro<br />

appesi al collo in una borsa di tela cucita da Mar-<br />

35


gherita. Fin dalla partenza aveva sofferto il mare, ma<br />

non gli era mai mancata la forza di trascinarsi sopracoperta<br />

a godere del ristoro offerto dall’aria pura. Valentino<br />

soffriva molto di più e giaceva abbandonato sul<br />

letto con il volto pallido cosparso da puntini rossi. Lo<br />

sforzo al quale lo sottoponevano i continui conati di vomito<br />

gli aveva provocato la rottura dei capillari del viso<br />

e le sue condizioni preoccupavano lo zio. Per giorni il<br />

giovane aveva patito anche a causa delle botte ricevute<br />

dal sedicente marito della sua adescatrice. Dopo aver<br />

contrattato il prezzo la donna lo aveva condotto in un<br />

misero appartamento che puzzava di muffa e di stantio<br />

e aveva lasciato che lui si spogliasse. Il marito era arrivato<br />

quasi subito e si era scagliato contro Valentino,<br />

che era stato buttato per strada pesto e malconcio, e solo<br />

la mattina dopo si era accorto che le tasche dei suoi<br />

abiti erano state accuratamente ripulite.<br />

– Bastardi! Anche la medaglia della Vergine che mi<br />

ha dato mamma prima di partire hanno portato via! –<br />

inveiva piagnucolando per il dolore e per l’umiliazione,<br />

mentre teneva un fazzoletto sullo zigomo lacerato.<br />

– Io ti avevo avvisato! Per fortuna non avevi con te il<br />

resto del denaro e i documenti, altrimenti il tuo viaggio<br />

in America sarebbe durato ben poco, – ribadiva lo zio,<br />

cominciando a nutrire fondati dubbi sulla serietà di<br />

questo nipote dallo spirito bollente.<br />

Dopo una settimana le contusioni erano guarite, ma<br />

non l’umiliazione, e il mal di mare contribuiva ad annientare<br />

fisicamente il giovane.<br />

Dal suo luogo di osservazione sul ponte Giovanni<br />

guardò le piccole creste bianche rincorrersi sull’oceano<br />

sino all’orizzonte lontano e vuoto lungo il quale sperava<br />

di intravedere, all’improvviso, la linea della costa.<br />

Gli sarebbe piaciuto correre in cabina con la buona no-<br />

36<br />

tizia e, urlando di sollievo, annunciare anche lui: – Terra,<br />

terra! – Questo pensiero gli strappò un sorriso, interpretato<br />

con sospetto da una donna che girava per la<br />

nave alla ricerca del marito. – È un uomo non molto alto,<br />

un po’ grasso, con i baffi e pochi capelli, – spiegava<br />

sperando nell’aiuto di qualcuno.<br />

– E chi te lo porta via uno così! – la deridevano i più<br />

sfacciati.<br />

A quanto diceva lei quel disgraziato del marito si nascondeva.<br />

In effetti, il disgraziato, comprensibilmente,<br />

si nascondeva. Il suo nascondiglio preferito era una<br />

scialuppa di salvataggio nella quale riusciva ad infilarsi<br />

sfuggendo alla sua persecutrice. Lì si appisolava oppure<br />

scambiava qualche parola con Giovanni che, dal primo<br />

momento, aveva assistito alla scena con un silenzio<br />

complice. L’uomo era arrivato guardandosi intorno come<br />

se cercasse qualcosa, poi aveva fissato la scialuppa di<br />

salvataggio e, dopo due tentativi maldestri, era riuscito<br />

a salire a bordo. Mentre richiudeva il telone sulla testa,<br />

aveva scorto Giovanni che, dal suo angolino, lo osservava<br />

incuriosito e si era sentito in dovere di fornire una<br />

spiegazione: – Non sono un clandestino, ve lo assicuro,<br />

ma mia moglie mi cerca e io ho bisogno di tranquillità.<br />

In quella cabina non resisto. Vi prego, se doveste vederla<br />

che viene a darmi la caccia, non mi tradite! – L’uomo<br />

attendeva il momento opportuno per scappare via dalla<br />

dalla moglie e dai bambini che, sofferenti, piangevano<br />

in continuazione. La donna lo tormentava accusandolo<br />

di aver venduto il podere e la casa per condurla verso l’ignoto,<br />

di essere il responsabile delle loro sofferenze, di<br />

non fare niente per alleviarle, di essere sempre stato un<br />

buono a niente che li aveva cacciati in questo guaio e in<br />

chissà quali altri ancora, se il buon Dio li avesse fatti arrivare<br />

a destinazione prima che la nave fosse affondata o<br />

37


che lei fosse morta per la disperazione. L’uomo, quando<br />

non si sentiva più in grado di sopportarla, si dileguava<br />

riuscendo ad evitarla per buona parte della giornata.<br />

* * *<br />

Giovanni, in quei giorni, continuava a pensare al<br />

momento in cui, finalmente, avrebbe camminato di<br />

nuovo sulla terraferma. Era stanco di quel viaggio anche<br />

se certamente non poteva dire di essersi annoiato.<br />

Ogni giorno, in effetti, accadeva qualcosa di nuovo e<br />

Giovanni ben presto si era reso conto che cercare di interessarsi<br />

a quanto avveniva intorno a lui era un espediente<br />

utile ad alleviare la continua sensazione di malessere<br />

fisico e di tormento interiore che non lo abbandonava<br />

mai. L’idea di aver fatto una scelta sbagliata lo aveva<br />

angosciato per tutto il viaggio. Si era accusato di stupidità<br />

per aver ascoltato le parole del nipote, e per non<br />

aver riflettuto abbastanza prima di compiere quel passo<br />

che aveva stravolto la sua tranquilla vita familiare. In alcuni<br />

momenti aveva provato un moto di stizza anche nei<br />

confronti di sua moglie che era stata troppo remissiva,<br />

che non aveva saputo trovare gli argomenti giusti per<br />

fermarlo e che anzi, in qualche occasione, aveva alimentato<br />

le sue speranze. Spesso durante la lunga traversata<br />

aveva pensato alla famiglia con acuta nostalgia, ricordando<br />

la sua casa e le comodità lasciate per imbarcarsi,<br />

a cinquant’anni, in un’avventura della quale in quel momento<br />

non avrebbe potuto prevedere l’esito.<br />

38<br />

1926<br />

Quando le linee del porto si fecero più chiare e definite,<br />

gli emigranti relegati nella classe economica sciamarono<br />

in coperta per assistere allo spettacolo offerto<br />

dalla terra sulla quale, di lì a poco, avrebbero posato i<br />

piedi. Oltre le navi, ancorate alle banchine del porto, si<br />

stendeva una cittadina, una macchia di colore su un territorio<br />

che intorno appariva privo di vegetazione. Da<br />

quella distanza si potevano distinguere soltanto gli edifici<br />

più alti, concentrati intorno alla marina. Quello, ancora<br />

una volta, sarebbe stato per tutti un punto di partenza<br />

verso l’ignoto. Come sarebbero stati accolti?<br />

Qualcuno avrebbe apprezzato e ricompensato il loro<br />

sacrificio? Giovanni non poté partecipare a quello<br />

spettacolo né gioire come aveva immaginato di fare,<br />

poiché giaceva prostrato dalla dissenteria. Il malessere,<br />

che aveva colpito anche Valentino, complicò il loro<br />

sbarco e la ricerca di una prima sistemazione fu piuttosto<br />

faticosa. Trovarono però un piccolo albergo nel<br />

quale alloggiarono per i primi giorni: dotato di una meravigliosa<br />

acqua calda, di letti comodi e puliti, offriva ai<br />

clienti un servizio di lavanderia di cui Giovanni, pur<br />

vergognandosi per lo stato indecoroso dei suoi indumenti,<br />

approfittò immediatamente con grande sollievo.<br />

Inoltre, dato che lo stato di salute di entrambi non migliorava,<br />

il proprietario del locale si adoperò per chiamare<br />

un medico che li aiutasse a rimettersi in sesto.<br />

Una volta ristabiliti, i due uomini, sperando di ottenere<br />

39


informazioni utili, si diedero da fare per contattare gli<br />

italiani che vivevano in città. Si rivolsero al signor Mario<br />

Parodi, presso il quale li aveva indirizzati il proprietario<br />

dell’albergo, che li accolse cordialmente nel suo<br />

ufficio. Il locale era impregnato dell’odore di sigari cubani<br />

e un posacenere giaceva rovesciato sulla scrivania<br />

ricolma di carte sparse. Incurante del disordine e comodamente<br />

adagiato su una poltrona di cuoio, l’italiano<br />

osservò con un occhio di commiserazione i due<br />

compatrioti che sciorinavano impacciati la solita solfa<br />

dell’emigrante: il lavoro, il denaro da inviare alla famiglia<br />

lontana, il rientro in patria. Mario Parodi, figlio di<br />

immigrati, aveva ereditato l’attività di importazioni ed<br />

esportazioni avviata cinquanta anni prima dal padre.<br />

Conosceva a fondo il Paese e provò compassione per<br />

quegli sprovveduti che per fare soldi avevano scelto<br />

l’America sbagliata. – Questo Paese non è come gli Stati<br />

Uniti. Quello sì, è un Paese grandissimo, in rapida<br />

crescita economica che può offrire lavoro a chiunque<br />

abbia voglia di rimboccarsi le maniche, mi capite? Là si<br />

può fare ciò che si vuole. Lavorare per poco tempo e ritornare<br />

subito con un po’ di soldi per comprare un terreno<br />

o per finire una casa oppure ci si può lavorare per<br />

tutta la vita. Io non voglio deludere le vostre speranze,<br />

ma voglio essere sincero. Qui c’è poco da fare. Qui bisogna<br />

venirci con grandi capitali da investire, ma non<br />

mi pare il caso vostro, e a dire il vero non ci sarebbe<br />

neanche più spazio. Le compagnie nordamericane controllano<br />

quasi tutto. Quanto alla manodopera, quella<br />

non manca, sono tutti locali quelli che vengono impiegati<br />

nelle miniere, nelle piantagioni e nei latifondi.<br />

Qualche lavoretto lo potrete comunque trovare al porto,<br />

per caricare e scaricare c’è sempre bisogno di braccia,<br />

mi capite?<br />

40<br />

I due poveretti, rigirando il cappello tra le mani,<br />

ascoltavano quelle parole sempre più avviliti e annuivano<br />

a testa bassa, sentendosi completamente idioti ogni<br />

qual volta l’uomo domandava loro se avessero capito.<br />

Soprattutto Giovanni, che i consigli era abituato a darli,<br />

si trovava in una situazione del tutto nuova per lui.<br />

Avrebbe voluto alzarsi ed andare via immediatamente<br />

piuttosto che sentire la propria voce implorare aiuto.<br />

Parodi fornì loro l’indirizzo di altri italiani suoi conoscenti<br />

che vivevano nelle città lungo la costa e di uno<br />

che, al contrario, si era sistemato in una delle zone minerarie;<br />

si rese, inoltre, particolarmente utile segnando<br />

su un foglio il recapito di qualcuno che li avrebbe aiutati<br />

a trovare una casa economica. Grazie a questa indicazione,<br />

nei giorni successivi, i due uomini furono in grado<br />

di lasciare l’albergo per trasferirsi in una piccola abitazione<br />

presa in affitto ad un prezzo ragionevole. Il loro<br />

pensiero costante era quello di trovare un lavoro al più<br />

presto prima che i soldi terminassero. Le parole di Parodi<br />

li avevano gettati nello sconforto. Giovanni, che<br />

ancora una volta si era trovato ad imprecare contro l’avventatezza<br />

con la quale si era allontanato dall’Italia,<br />

constatò che per lui le possibilità di lavoro erano davvero<br />

scarse. Prese in considerazione la possibilità di avviare<br />

l’attività nella quale era maestro, ma il villaggio vicino<br />

al porto, dove per il momento soggiornavano, aveva più<br />

che altro l’apparenza di un luogo di miserabili. L’abitato,<br />

costituito da un gruppo di basse case di legno, sparpagliate<br />

su un terreno sabbioso e arido, denunciava<br />

apertamente l’indigenza dei proprietari. Avrebbe dovuto<br />

guardarsi intorno e spostarsi al più presto. Ciò che<br />

entrambi riuscirono a trovare in seguito fu ben poca cosa,<br />

proprio come aveva annunciato Parodi: lavoretti<br />

giornalieri che garantivano il semplice sostentamento<br />

41


quotidiano. Il rientro a casa dal lavoro era amaro. Unico<br />

conforto alla tristezza che lo affliggeva in quei momenti<br />

erano i libri che aveva portato con sé. Alcuni erano un<br />

regalo di don Paolo, l’amico parroco che ben conosceva<br />

il suo amore per la lettura: amore che Giovanni, ignorando<br />

le proteste di Margherita, aveva tentato di trasmettere<br />

alle figlie.<br />

– Questi libri mettono solo cattive idee in testa alle<br />

ragazze!<br />

Infinite volte lui aveva replicato, sostenendo che i libri<br />

aiutano a combattere le cattive idee, giacché aprono<br />

la mente alla conoscenza e alla comprensione del mondo.<br />

Ma sua moglie, ottusamente, rifiutava di intendere<br />

ragioni. L’unica lettura che tollerava era quella dell’Inferno<br />

dantesco, ma non perché capisse o trovasse belli<br />

quei versi scritti in un italiano remoto e per lei oscuro.<br />

Le piaceva sentire il racconto del marito e pensava che<br />

la descrizione delle punizioni, alle quali erano sottoposti<br />

i dannati, potesse servire da monito perché tutti loro<br />

si comportassero da buoni cristiani e osservassero i comandamenti.<br />

Tutte le sere, dunque, Giovanni tentava di allontanare<br />

i pensieri cupi immergendosi nella lettura di alcune<br />

pagine dei suoi libri e cercava di coinvolgere Valentino<br />

commentando qualche frase. Ma il giovane inseguiva<br />

solo i propri pensieri e, ogni giorno da settimane,<br />

la sua idea era sempre la stessa: voleva tentare la via delle<br />

miniere e cercare Nino Bonfigli, l’italiano di cui Parodi<br />

aveva parlato. Giovanni non sapeva decidersi e continuava<br />

a prendere tempo. Il viaggio, a quanto avevano<br />

avuto modo di sapere, sarebbe stato faticoso: bisognava<br />

affrontare la montagna senza moderni mezzi di trasporto.<br />

– È una follia! Non me la sento. E poi io alla mia età<br />

42<br />

non ho nessuna intenzione di lavorare in miniera. Non<br />

se ne discute neppure, – sosteneva con fermezza.<br />

– Ma io non voglio che voi lavoriate in miniera, non<br />

voglio lavorarci neanche io ma… È un’altra opportunità<br />

che abbiamo. Andiamo a vedere. Fatiche ne abbiamo<br />

sopportate e non sperate che siano finite. Cosa volete<br />

che siano pochi giorni di viaggio, questa volta sulla<br />

terraferma! – ribatteva sempre più convinto Valentino.<br />

– Avremo altre spese e io voglio andare in città, al<br />

più presto. I soldi mi servono! Voglio tentare di avviare<br />

il mio lavoro. Il capitale deve rimanere integro!<br />

La discussione si ripeteva quotidianamente con la<br />

stessa ossessiva ritualità. Giovanni tentò anche di scrollarsi<br />

di dosso il giovane e di convincerlo ad intraprendere<br />

il viaggio da solo, ma Valentino non ne volle sapere.<br />

Si trovava da poco nel Paese, era ancora incerto nell’uso<br />

della lingua e preferiva non avventurarsi senza<br />

compagnia in quelle zone sconosciute e percorse da<br />

bande. Infine la pervicace insistenza di Valentino ebbe<br />

la meglio sulla capacità di resistenza di Giovanni che,<br />

dopo un lungo temporeggiare, si lasciò convincere dal<br />

nipote.<br />

* * *<br />

Il viaggio verso la cittadina mineraria fu piuttosto faticoso.<br />

La ferrovia che gli inglesi avevano costruito nell’Ottocento<br />

per collegare tra loro alcune zone minerarie<br />

non copriva tutto il nord. Partiva dalla capitale e<br />

proseguiva quasi in linea retta verso l’interno, fino ad<br />

arrivare all’ultima stazione di collegamento che si trovava<br />

sulla sierra a quattromila metri di altitudine. I due<br />

uomini avrebbero dovuto seguire un’altra via e percorrere<br />

a dorso di mulo gli ultimi sessanta chilometri.<br />

43


Valentino dormì per tutto il viaggio. Si appisolò in<br />

prossimità del deserto, indifferente alla vista del paesaggio<br />

nuovo che si spalancava davanti ai loro occhi.<br />

Quella estensione solitaria che assumeva le tonalità<br />

dell’avorio e dell’ambra incantò l’orafo. La distesa di<br />

sabbia correva incontro all’oceano e vi si immergeva,<br />

mentre le grandi dune, sospinte dal vento, sfuggivano<br />

all’aggressione del mare allontanandosi dalla parte opposta.<br />

Giovanni, conquistato dallo spettacolo sconosciuto,<br />

svegliò Valentino: – Svegliati! Guarda laggiù<br />

quelle colline di sabbia, sono alte come una muraglia,<br />

– disse indicando con la mano un punto nel deserto. –<br />

Le vedi? Che siano le mura di quella città antica di cui<br />

ho sentito parlare? Dicono che in mezzo al deserto ci<br />

sia una città.<br />

– Ma che città? Che cosa ci fa una città in mezzo al<br />

deserto, senz’acqua! – obiettò Valentino senza aprire<br />

gli occhi. – Lasciatemi dormire per favore. Godetevi<br />

voi lo spettacolo, se volete. È così noioso! Svegliatemi<br />

solo quando saremo arrivati, – aggiunse con un tono<br />

seccato che offese lo zio.<br />

Giovanni rimase solo a godersi la vista del deserto<br />

che ben presto scomparve, lasciando il posto ad una<br />

pianura solcata da un fiume e intensamente coltivata.<br />

Giunsero così all’ultima cittadina attraversata dalla<br />

grande strada che collegava il nord al sud del paese. Da<br />

quel punto avrebbero dovuto procedere con mezzi<br />

propri. Zio e nipote avrebbero voluto assumere una<br />

guida che li aiutasse ad affrontare l’ultimo tratto: non<br />

trovarono nessuno disposto ad accompagnarli, ma il<br />

mulattiere li rassicurò. Esisteva un’unica strada che<br />

conduceva alla cittadina e bastava seguirla senza deviare<br />

mai. Cumuli di pietre, ammonticchiati a distanze regolari,<br />

avrebbero impedito loro di sbagliare. Inoltre, i<br />

44<br />

muli presi a nolo conoscevano la strada e li avrebbero<br />

condotti a destinazione. Lungo il percorso avrebbero<br />

trovato due stazioni di posta nelle quali ci sarebbe stato<br />

da mangiare e da dormire. Giovanni si augurò di aver<br />

compreso bene tutte le indicazioni ricevute e si preparò<br />

a riprendere il cammino, dopo aver controllato ancora<br />

una volta il carico delle bestie. Non appena si inoltrarono<br />

sulla sierra, le temperature calde della costa diventarono<br />

solo un ricordo per i due uomini che, risollevati,<br />

respirarono l’aria leggera. Ancora una volta si trovarono<br />

immersi in un paesaggio particolare. Sullo sfondo le<br />

cime innevate si stagliavano nitide contro il cielo, e intorno<br />

a loro, a perdita d’occhio, un basso tappeto di erba<br />

ricopriva il terreno. Gli arbusti erano sporadici e così<br />

pure gli alberi: eucalipti raggruppati a chiazze nelle<br />

aree più umide. Di tanto in tanto la vegetazione spontanea<br />

lasciava il posto a distese in cui piccoli campi di<br />

mais e patate si alternavano a vasti appezzamenti nei<br />

quali le mani dell’uomo avevano gettato i semi di piante<br />

sconosciute. Giovanni e Valentino, preoccupati e intenti<br />

a seguire la strada, che spesso diventava solo un<br />

tratturo, non ebbero modo di apprezzare la bellezza di<br />

quei luoghi. Alle prime ombre non avevano ancora avvistato<br />

alcuna abitazione e l’idea di dover trascorrere la<br />

notte nella solitudine di quei luoghi ignoti e desolati li<br />

terrorizzò. Giovanni, in ansia, continuò a consultare la<br />

mappa che il noleggiatore di muli aveva tracciato su un<br />

pezzo di carta per tranquillizzarlo. Ad un tratto le bestie,<br />

come obbedendo ad un ordine, deviarono dal tratturo<br />

e si arrestarono qualche metro più avanti di fronte<br />

ad una grotta in cui alcune persone stavano accovacciate<br />

intorno al fuoco. Giovanni, rincuorato da quella presenza<br />

umana, si fece avanti per chiedere dove si trovasse<br />

la stazione, e l’uomo al quale si era rivolto, con un<br />

45


ampio gesto del braccio, indicò l’interno della grotta:<br />

– È qui, – rispose semplicemente.<br />

Sapevano di dover trascorrere la notte in un’estacion,<br />

ma il luogo in cui si fermarono non aveva niente a<br />

che fare con ciò che, in base alle loro conoscenze, corrispondeva<br />

ad una stazione. La grotta, molto ampia e<br />

profonda, era stata divisa dalla famiglia che vi abitava<br />

con muri a secco e tende in modo da creare alcuni ambienti<br />

nei quali si trovavano giacigli sollevati da terra.<br />

Per poche monete fecero rifocillare le bestie ed ebbero<br />

due buone coperte di lana sufficientemente pulite e del<br />

cibo, che per il momento placò l’astio che Giovanni covava<br />

contro il nipote da quando era iniziato il viaggio.<br />

La notte successiva furono più fortunati dal momento<br />

che la stazione, un’abitazione con i muri di pietra grezza<br />

e la copertura d’erba, era decisamente più comoda e<br />

accogliente. Si misero in marcia di buon mattino e proseguirono<br />

in salita ancora per diverse ore, fermandosi<br />

ogni tanto per bere qualche sorsata dell’infuso che, come<br />

aveva assicurato il noleggiatore di muli, li avrebbe<br />

aiutati a placare il mal di testa e la nausea causati dall’altitudine.<br />

Il territorio si fece sempre più spoglio sino a<br />

che gli arbusti sparirono del tutto, solo la solita erba<br />

bassa tappezzava il terreno. Sulle alture animali sconosciuti<br />

fiutarono l’aria e scapparono via velocissimi.<br />

Giovanni ruppe il silenzio ostile che era sceso tra lui ed<br />

il nipote: – Che belli… mi sarebbe piaciuto vederli da<br />

vicino… che cosa saranno?<br />

– Se non sono buoni da mangiare, non mi interessano,<br />

– rispose Valentino lanciando intorno un’occhiata<br />

pigra e calandosi il cappello sugli occhi. Lo zio non<br />

tardò ad accorgersi che il nipote dormiva lasciando che<br />

fosse il mulo, di cui ormai si fidava ciecamente, a condurlo<br />

a destinazione. Il comportamento del giovane, le<br />

46<br />

due notti passate pressoché all’addiaccio e la fatica,<br />

non giovarono affatto all’umore di Giovanni che malvolentieri<br />

aveva lasciato la città sulla costa e che ad ogni<br />

passo, in cuor suo, malediceva il nipote.<br />

La cittadina solitaria in cui giunsero la mattina del<br />

terzo giorno appariva linda e raccolta intorno alla piazza<br />

e alla chiesa di epoca coloniale che gli abitanti del<br />

luogo chiamavano pomposamente la catedral. Le case<br />

non superavano i due piani di altezza, erano tutte dipinte<br />

di bianco e si affacciavano su strade piuttosto larghe,<br />

lastricate e percorse nel mezzo da canali di scolo.<br />

In quella che doveva essere la via principale si aprivano,<br />

uno di seguito all’altro, magazzini stipati di casse e<br />

sacchi. Per strada altri sacchi erano tenuti d’occhio da<br />

bambini che vi sedevano sopra a cavalcioni. Incuriosito<br />

Giovanni domandò che cosa contenessero; seppe così<br />

che si trattava delle foglie di una pianta chiamata coca,<br />

variamente utilizzata in tutto il paese ed esportata all’estero.<br />

I due uomini si misero immediatamente a cercare<br />

l’italiano Nino Bonfigli, ma all’imbrunire, non avendone<br />

trovato traccia, cominciarono a pensare di essere<br />

stati ingannati. La loro delusione fu profonda, tuttavia<br />

decisero di non darsi per vinti e di proseguire le ricerche<br />

il giorno successivo. L’albergo in cui alloggiarono<br />

era l’unico della cittadina: si fregiava dell’altisonante<br />

nome di Hotel Universo, era pulito e prometteva, finalmente,<br />

un salutare ristoro. Giovanni e Valentino avrebbero<br />

potuto trascorrere il resto della serata e la notte a<br />

riposare, e quella sarebbe stata forse la loro fortuna, ma<br />

dalla piazza principale giungeva una musica invitante<br />

che non lasciava dubbi sul fatto che ci fosse una festa in<br />

corso. Giovanni, sebbene curioso, sarebbe rimasto volentieri<br />

in albergo, ma Valentino non voleva rinunciare<br />

a una buona bevuta; entrambi, inoltre, pensarono che<br />

47


gli si offriva un’ulteriore opportunità di trovare Nino<br />

Bonfigli.<br />

Nella piazza illuminata un’orchestrina suonava ed<br />

alcune coppie si esibivano in una danza. Gli uomini,<br />

con un cappello a tesa larga ed un poncho bianco ravvivato<br />

da una banda colorata, danzavano battendo le mani.<br />

Le ballerine con una mano sollevavano la gonna ricca<br />

di balze e con l’altra agitavano un fazzoletto. Una<br />

folla numerosa assisteva e applaudiva. Il ritmo incalzante<br />

della musica coinvolse a poco a poco gli spettatori<br />

e, incoraggiati dalla chicha che veniva offerta a tutti,<br />

anche i più timidi si abbandonarono alle danze. Valentino<br />

non volle essere da meno e, dopo aver bevuto abbondantemente,<br />

si avvinghiò ad una bella ragazza bruna<br />

che rideva divertita dall’incomprensibile spagnolo<br />

parlato dal giovane. Giovanni, imbarazzato per il comportamento<br />

di Valentino, si accorse che i giovani del<br />

paese gli lanciavano sguardi furenti. Intuendo il pericolo<br />

che entrambi correvano, tentò di avvicinarsi a quel<br />

nipote senza cervello, ma venne trascinato dalla folla<br />

che volteggiava a suon di musica. Tentò di chiamare<br />

Valentino facendo seguire l’urlo da un agitare di braccia<br />

che si confuse con i movimenti dei ballerini e passò<br />

del tutto inosservato. Mentre procedeva a fatica, fu fermato<br />

dal proprietario dell’albergo che approfittò dell’occasione<br />

per scambiare due parole. Proprio in quell’istante<br />

la musica cessò per qualche minuto, lasciando<br />

che giungessero sino a loro le urla di alcune donne che<br />

assistevano ad una rissa. Giovanni impallidì nel vedere<br />

che Valentino menava pugni a tutto spiano sulla testa di<br />

un giovane che lo aveva afferrato per la vita. Alcuni uomini<br />

si erano lanciati sui contendenti per separarli, altri<br />

si erano gettati nella mischia. Giovanni, non appena<br />

venne individuato come compagno di Valentino, rice-<br />

48<br />

vette un fortissimo colpo alla schiena. Solo l’intervento<br />

autorevole del padrone dell’albergo riuscì a salvare i<br />

due dai giovani inferociti.<br />

Tutto si era svolto proprio come lo zio aveva paventato.<br />

I giovani del paese, infastiditi per le pesanti<br />

attenzioni che un forestiero rivolgeva ad una delle ragazze<br />

del luogo, erano intervenuti e l’alcol aveva fatto<br />

il resto. La serata era comunque rovinata e Giovanni,<br />

dopo aver afferrato il nipote che ancora menava colpi<br />

per aria, lo ricondusse in albergo, ben deciso a ripartire<br />

l’indomani senza proseguire le ricerche dell’italiano<br />

fantasma.<br />

Per tutto il viaggio di ritorno lo rimproverò: – Pezzo<br />

di idiota, non solo mi fai spaccare le ossa a dorso di mulo,<br />

ma mi metti anche nei guai! Pensa che poteva finire<br />

male! Arrivati in città te ne vai per la tua strada!<br />

Valentino taceva. Avrebbe voluto rispondere allo<br />

zio, ma ciò che aveva da dire avrebbe potuto irritarlo<br />

ulteriormente, così fece l’unica cosa giusta da fare in<br />

quel momento.<br />

– Vi chiedo scusa, quella bevanda andava giù come<br />

l’acqua. Non credevo che mi sarei ubriacato subito.<br />

Pensate che io non ricordo niente, neppure la ragazza.<br />

Ma almeno era bella?<br />

– Ma chi l’ha guardata, io guardavo come ti stavi ficcando<br />

nei guai e non potevo intervenire con tutta quella<br />

gente in mezzo! Ma c’era bisogno di allungare le mani<br />

in quel modo? Non era una prostituta! Tu sei un pazzo,<br />

maledetto me che ti ho dato retta!<br />

Dopo due giorni di insulti seguiti da lunghi mutismi,<br />

giunsero nella stazione di posta, dove il noleggiatore<br />

di muli offriva cibo ai viaggiatori e ricovero alle loro<br />

bestie. Come li vide l’uomo gli si fece incontro, prese<br />

i muli per la cavezza e accarezzò il muso degli animali<br />

49


che, riconosciuto il padrone, dilatarono le narici soffiando<br />

lievemente.<br />

Poco dopo, mentre i due italiani erano intenti a<br />

mangiare, entrarono due uomini con gli indumenti<br />

impolverati che si sedettero ad uno dei tavoli vicini e<br />

presero a conversare tra loro.<br />

– Mancava da due giorni e stamattina era lì dove tutti<br />

potevano vederlo, – disse il primo uomo addentando<br />

un boccone di carne e lasciando che il grasso gli colasse<br />

lungo il mento.<br />

– Chi l’ha trovato?<br />

– Un bambino che poi ha chiamato gli altri. Era steso<br />

a faccia in giù con la gola tagliata.<br />

Giovanni e Valentino, che, assorti nei propri pensieri,<br />

mangiavano guardando il vuoto oltre i vetri sporchi<br />

della finestra, cominciarono a prestare orecchio al discorso<br />

degli stranieri.<br />

– Si sa chi è stato? – domandò ancora il secondo uomo.<br />

– No, lo stanno cercando. Anzi ne cercano due. L’ultima<br />

volta che lo hanno visto vivo, quel poveraccio litigava<br />

con uno alla festa.<br />

Nel sentire queste parole Giovanni rimase senza fiato,<br />

e incredulo guardò Valentino. Sperava di aver capito<br />

male, ma il nipote, pallido come un morto, stava per<br />

alzarsi a precipizio dal tavolo. Giovanni lo trattenne e,<br />

solo dopo aver terminato il pasto, lentamente uscirono<br />

dal locale.<br />

– Siamo nei guai, avete sentito? Ci cercano! – piagnucolò<br />

tutto agitato il giovane.<br />

Giovanni fu assalito da una rabbia violenta contro<br />

quell’idiota che non aveva fatto altro che metterlo nei<br />

pasticci. Avrebbe voluto farlo a pezzi con le proprie mani,<br />

colpirlo, ma lo sguardo attento di alcune donne lo in-<br />

50<br />

dusse a trattenersi. Si avvicinò al nipote sibilando improperi<br />

e prospettando il seguito tragico della vicenda.<br />

Parlò di condanne, di prigioni e di morte, poi di fronte<br />

alle lacrime di Valentino capì di essersi lasciato contagiare<br />

dalla sua paura e si sforzò di riconsiderare la situazione.<br />

– Senti, ci ho pensato bene. Noi non c’entriamo<br />

niente! Chissà di cosa parlavano quei due, non sappiamo<br />

nemmeno da dove arrivano. È solo una coincidenza!<br />

Lasciamo perdere e proseguiamo per la nostra strada.<br />

– Come non sappiamo da dove vengono? Questa<br />

strada porta soltanto lì dove eravamo noi.<br />

– No! Se venissero dallo stesso posto li avremmo dovuti<br />

trovare almeno in una delle stazioni, invece non è<br />

stato così.<br />

– Ma li avete guardati bene? Questi sono del posto,<br />

di sicuro conoscono altre vie e altri luoghi dove dormire!<br />

– E va bene, ma cosa abbiamo sentito? Sappiamo<br />

che chissà dove c’è stato l’omicidio di uno che ha litigato<br />

con un altro ad una festa e che cercano due uomini,<br />

tutto qui. Non sappiamo né dove né quando sono accaduti<br />

questi fatti. Stai tranquillo e non pensare subito al<br />

peggio. Torniamo a casa e vedrai che nessuno ci cercherà.<br />

– Ma voi non capite! Siamo in un paese straniero,<br />

qui non ci mettono niente a buttarci in galera, – rispose<br />

Valentino, smorzando il tono della voce e gettando rapide<br />

occhiate dietro le spalle come se già temesse di essere<br />

seguito. – Io non torno con voi, me ne vado, – aggiunse<br />

evitando di guardare in faccia lo zio.<br />

– Sei pazzo? Dove vorresti andare? E perché poi?<br />

Per aver sentito i discorsi di due sconosciuti che non si<br />

sa da dove vengono. È assurdo! Ripensaci!<br />

51


– Ho deciso! Non torno con voi! Andrò a sud e poi<br />

si vedrà. È preferibile in ogni caso che voi non sappiate<br />

altro. Ho con me i documenti e tutto il mio denaro,<br />

a casa ho lasciato solo stracci, fatene ciò che volete.<br />

Giovanni, incredulo, tentò ancora di convincerlo,<br />

ma la paura aveva reso Valentino irremovibile. Così i<br />

due si salutarono con la promessa che, trascorso un po’<br />

di tempo, il nipote si sarebbe fatto sentire. Mentre il giovane<br />

si allontanava velocemente, Giovanni si voltò a<br />

guardarlo. Non riusciva a comprendere la sua decisione,<br />

lo sfiorò l’idea che il nipote avesse già l’intenzione di<br />

andarsene e che aspettasse solo l’occasione propizia. Se<br />

no perché portarsi appresso tutto il denaro e i documenti?<br />

Guardò ancora e vide la figura che scompariva<br />

in fondo alla strada.<br />

52<br />

Trascorso un mese dalla partenza di Giovanni, Margherita<br />

cominciò ad attendere sue notizie. Il pensiero<br />

che quello sarebbe stato il giorno buono per ricevere<br />

una lettera la svegliava di buon mattino, lasciandola in<br />

uno stato di trepidazione che durava finchè il postino e<br />

la signorina Maria non erano passati senza consegnarle<br />

nulla.<br />

La signorina Maria era la maestra settantenne che,<br />

tutti i giorni che Dio comanda, ignorando l’incaricato<br />

istituzionale, si presentava all’ufficio postale e ritirava<br />

la propria posta e quella indirizzata a poche persone<br />

amiche. Trascorreva la mattinata in giro per le case a<br />

consegnare lettere e cartoline. Veniva accolta sempre<br />

con deferenza e cordialità, nonostante il suo comportamento<br />

originale e nonostante i sospetti che aleggiavano<br />

sul suo conto. Infatti, da qualche tempo il paese riteneva<br />

che la donna avesse una relazione con uomo sposato,<br />

un venditore ambulante di tessuti dall’aspetto segaligno<br />

che, di tanto in tanto, giungeva nel piccolo centro.<br />

I due intrattenevano una fitta corrispondenza cifrata e,<br />

oltre all’unica impiegata delle poste che aveva aperto le<br />

buste rimanendo sorpresa e delusa, solo Margherita<br />

aveva visto le lettere in codice. Anche quella mattina di<br />

aprile, dopo che il campanile della chiesa aveva battuto<br />

undici rintocchi, la signorina si presentò a casa di Margherita<br />

ancora una volta a mani vuote, ma con una stravagante<br />

novità da riferire.<br />

– Oggi ho una notizia speciale, – annunciò gongolando.<br />

– Una certa signora sta male… per questo sicu-<br />

53


amente fra poco mi sposerò. A questo proposito ho da<br />

chiedervi un piacere, – aggiunse timidamente.<br />

Margherita guardò con compassione l’anziana donna<br />

strettamente fasciata nell’abito di velluto verde di<br />

foggia ottocentesca, liso sino all’inverosimile sulle natiche<br />

e sui gomiti.<br />

– Vi chiedo di custodire a casa vostra il mio corredo.<br />

Sapete, la ragazza che mi serve è molto curiosa e non<br />

voglio che vada in giro a raccontare cose che potrebbero<br />

arrivare alle orecchie di chi non deve sapere, – disse<br />

la maestra, agitandosi sulla sedia e aggiustando la piuma<br />

del logoro cappellino in tinta con il vestito.<br />

Margherita accettò di custodire quell’enorme corredo<br />

che, curiosamente, tra i lini e le trine annoverava anche<br />

dolciumi ormai sciolti e ammuffiti, chiusi in buste<br />

di carta unta.<br />

Un mese trascorse e così quello successivo e l’altro<br />

ancora senza che uno straccio di lettera arrivasse in quella<br />

casa. Giunse novembre e, con il freddo pungente, la<br />

neve. Il paese giaceva immoto sotto una candida cortina<br />

e i camini fumavano in continuazione, disperdendo in<br />

un cielo perennemente grigio un poco del calore sottratto<br />

alle abitazioni. Gli alberi si piegavano gemendo e<br />

lasciavano cadere con un leggero fruscio parte del loro<br />

pesante fardello. Per le strade ogni suono era attutito,<br />

solo il vociare allegro di alcuni bambini rimbalzava sonoro<br />

sui muri scrostati delle case. I piccoli, forse gli unici<br />

a non sentire il freddo, erano sfuggiti ad una noiosa<br />

solitudine e, col viso arrossato, giocavano festosi sulla<br />

neve.<br />

A casa di Margherita i gerani erano stati tolti dalle finestre<br />

e riposti nella legnaia, protetti da un leggero strato<br />

di paglia. La donna, profondamente delusa e amareggiata,<br />

attendeva ancora la sua lettera e si mostrava molto<br />

54<br />

infastidita quando le comari, con finta solidarietà, le<br />

chiedevano se avesse notizie del marito. Finalmente, il<br />

giorno dopo la festa di Ognissanti, arrivò la prima lettera.<br />

Risaliva a parecchi mesi prima. «Cara moglie,» diceva,<br />

«sono giunto a destinazione dopo un viaggio difficile<br />

che mi ha privato delle forze». Giovanni proseguiva<br />

raccontando di essere stato malissimo a causa della dissenteria.<br />

La malattia lo aveva costretto per parecchio<br />

tempo ad assumere un’unica, scomoda posizione dalla<br />

quale lo aveva liberato l’energico intervento di un medico.<br />

Lo avevano accolto alcuni italiani che gli avevano<br />

fornito molte indicazioni utili, ciò nonostante il lavoro<br />

ancora non andava bene e pensava che non sarebbe potuto<br />

rientrare per la fine dell’anno. Si scusava per non<br />

aver inviato denaro e si augurava che lei riuscisse a cavarsela<br />

comunque con l’aiuto delle figlie sposate. Salutava<br />

tutte affettuosamente assicurando che avrebbe<br />

scritto presto per comunicare il proprio indirizzo. La<br />

lettera non era molto lunga e Margherita, che avrebbe<br />

voluto sapere di più, la rilesse diverse volte, ponendosi<br />

mille domande e cercando di immaginare tutto ciò che<br />

il marito le aveva taciuto. Intanto un altro pensiero la<br />

tormentava. Il matrimonio della figlia si avvicinava e, se<br />

davvero Giovanni non avesse spedito loro qualcosa per<br />

tempo, avrebbe dovuto chiedere a Dora di rinviare le<br />

nozze oppure di farsi prestare ancora una volta i soldi<br />

da Assunta. Entrambe le eventualità le mettevano i brividi.<br />

Dopo una settimana, con sua grande sorpresa, ricevette<br />

ancora una lettera. Il timbro postale risaliva ad<br />

un mese prima. «Cara moglie mi sono stabilito in una<br />

città sulla costa. Dovresti vederla, ti piacerebbe! Alcune<br />

case sono molto grandi, diverse dalle nostre. Le porte e<br />

le finestre sono protette da grandi inferriate, ma dentro<br />

nascondono cortili ampi e riparati con gerani a profu-<br />

55


sione, anche appesi ai muri…» Spiegava di aver girato a<br />

lungo e di aver trovato in quel luogo le condizioni più<br />

favorevoli. Comunicava per intero il proprio indirizzo e<br />

si scusava nuovamente dichiarando di essere profondamente<br />

addolorato per non essere stato in grado di inviare<br />

denaro per il matrimonio di Dora alla quale, per il<br />

momento, augurava una lunga unione felice, riservandosi<br />

di spedirle il proprio regalo appena possibile. Margherita<br />

accolse la notizia con rammarico, ma essendo<br />

una donna pratica capì che la situazione era molto più<br />

difficile di quanto tutti avessero potuto prevedere ed<br />

evidentemente quanto suo marito guadagnava gli era<br />

appena sufficiente per vivere. Dora, che aveva riposto<br />

grande fiducia nel padre, continuava a piangere temendo<br />

di non riuscire a sposarsi. Invece, con l’aiuto di Assunta,<br />

il matrimonio fu organizzato in maniera decorosa.<br />

In una gelida mattina di dicembre la ragazza, raggiante<br />

di gioventù e di felicità, fu condotta all’altare dallo<br />

zio Giacomo. Il fratello del babbo, almeno in questa<br />

occasione, si presentò con i figli e con la moglie, una bella<br />

signora con il viso delicato e la pelle candida e perfetta<br />

da bambola di porcellana, che si profuse in morbidi<br />

abbracci materni piacevolmente profumati di gelsomino.<br />

Nei giorni precedenti il matrimonio tutte le donne<br />

della famiglia avevano occupato il tempo preparando<br />

dolci. Piccoli bignè di meringa, biscotti di forme diverse,<br />

dolcetti con il miele ed altri ancora con le mandorle e<br />

le noci. Del vino bianco dolce e frizzante e del rosolio<br />

completavano il buffet allestito per gli invitati. Tutta la<br />

casa era stata lucidata con la cera e numerose sedie,<br />

molte delle quali prese in prestito dai vicini, erano state<br />

disposte lungo le pareti della stanza più grande. La sposa<br />

si muoveva leggera volteggiando tra gli ospiti, sapeva<br />

di essere molto graziosa e sfoggiava con orgoglio la pa-<br />

56<br />

rure che il marito le aveva donato per le nozze. L’abito<br />

che indossava era quello con il quale si era fatta ritrarre<br />

nella foto da inviare al padre. La gonna, fittamente plissettata,<br />

ondeggiava ad ogni movimento della ragazza<br />

che, di tanto in tanto, si rivolgeva al marito chiedendogli<br />

con lo sguardo conferma del proprio aspetto. Il giovane<br />

si intratteneva con il gruppo degli uomini sorridendo<br />

con aria compiaciuta. Dora lo aveva conosciuto<br />

alla bottega di suo padre e Paolo, così si chiamava lo<br />

sposo, aveva dichiarato di essere proprietario, insieme<br />

al fratello, di una gioielleria nella vicina città. Quando<br />

Paolo aveva mostrato interesse per la figlia, Giovanni e<br />

Margherita non si erano opposti, anche se rimanevano<br />

piuttosto perplessi di fronte all’aria perennemente distratta<br />

di Paolo, capace di voltare le spalle al proprio interlocutore<br />

nel bel mezzo di una discussione. I due genitori<br />

avevano espresso i loro dubbi a Dora che, perdutamente<br />

innamorata, aveva minimizzato. In seguito i<br />

modi gentili e l’affetto che il giovane nutriva per la fidanzata<br />

avevano fugato i loro timori. Il matrimonio,<br />

dunque, si svolse nel migliore dei modi, Margherita mascherò<br />

la malinconia sorridendo, e gli ospiti andarono<br />

via sazi e soddisfatti. Gli sposi partirono e felici varcarono<br />

la soglia della loro nuova abitazione in città. Come<br />

tutte le altre case che sorgevano in quella zona del centro<br />

anche la loro si elevava su due piani, era dipinta di<br />

bianco ed il portone d’ingresso era elegantemente incoronato<br />

dalla ringhiera di ferro battuto di un balconcino.<br />

Dora, fuori di sé dalla gioia, girò per le stanze, accarezzò<br />

i mobili, aprì gli sportelli e i cassetti. Orgogliosa entrò<br />

nella saletta e con timore si sedette sul divano damascato,<br />

rosso fiammante. Emise piccole grida di gioia alla vista<br />

di una credenza di noce dalle linee leggere all’interno<br />

della quale erano riposti piccoli bicchieri per il roso-<br />

57


lio e un servizio da caffè. Nei giorni seguenti mandò un<br />

telegramma a sua madre per chiedere l’aiuto delle sorelle,<br />

con le quali in realtà voleva condividere la propria felicità.<br />

Le giovani donne, curiose di vedere la casa e gli<br />

arredi della sposa, la raggiunsero immediatamente portandole<br />

il resto del corredo, altri doni e una buona quantità<br />

di provviste.<br />

Margherita, che per qualche tempo aveva avuto la<br />

mente impegnata dal pensiero costante del matrimonio,<br />

si trovò improvvisamente con la casa vuota e senza<br />

niente di cui doversi occupare. Rimase sola ad osservare<br />

l’abitazione silenziosa. Girò stanza per stanza riassettando<br />

qualcosa che le sembrava fuori posto, in attesa<br />

che le figlie tornassero e che qualcuno venisse a farle visita.<br />

Scese anche nella bottega per controllare, ancora<br />

una volta, che tutto fosse in ordine. Gli strumenti da lavoro<br />

di suo marito mancavano, ma il mobilio era rimasto<br />

al suo posto. Spalancò la porta perché la luce desse<br />

ancora vita alla stanza e si sedette su una delle sedie che<br />

Giovanni aveva preparato per gli ospiti. Rifletteva sul<br />

fatto che ormai era trascorso un anno intero dalla sua<br />

partenza e lei desiderava rivederlo con tutto il cuore. Le<br />

figlie, adulte e prese dai loro problemi, si erano ben presto<br />

abituate all’assenza del padre, purché stesse bene<br />

erano disposte ad attendere il suo ritorno in un futuro<br />

indeterminato. Lei, invece, sperava che il marito si sentisse<br />

ancora legato alla famiglia tanto da desiderare di<br />

tornare a casa, anche se non era diventato ricco.<br />

58<br />

1927<br />

Trascorse un anno e Giovanni scrisse alcune lettere<br />

nelle quali inviò solo saluti e notizie della crisi politica<br />

ed economica che travagliava il paese e non gli consentiva<br />

di spedire altro che parole. Margherita leggeva e attendeva<br />

sfiduciata un segno tangibile da parte del marito,<br />

ormai così distante dal suo piccolo mondo. La<br />

preoccupava la salute della figlia maggiore che, da qualche<br />

tempo, non riusciva a dormire: sentiva insoliti rumori<br />

che rendevano le sue notti inquiete. Temeva che<br />

la fatica e le responsabilità rendessero eccessivamente<br />

nervosa Assunta, che si doveva occupare da sola dei figli<br />

e del vecchio suocero scorbutico. Il vecchio ottuagenario<br />

era ancora attivo e vitale ed amava occuparsi di una<br />

vigna minuscola e di un orticello ai quali dedicava molte<br />

ore della giornata. Si allontanava al mattino portandosi<br />

appresso del cibo e rientrava alla sera. Non salutava e,<br />

dalla soglia, scaraventava sul tavolo i prodotti della piccola<br />

campagna. Chiuso in un silenzio scontroso si sedeva<br />

nel suo angolo preferito ad osservare la nuora che<br />

preparava la cena e, se era di buon umore, si avvicinava<br />

ai fornelli, scoperchiava le pentole e aggiungeva sale alle<br />

pietanze.<br />

– Babbo, per favore state lontano dai fornelli! Ci<br />

penso io al sale e a tutto il resto! Chi lo mangia più ora<br />

il minestrone che pare salamoia? – urlava esasperata<br />

Assunta, brandendo il mestolo che avrebbe volentieri<br />

spaccato sulla testa del vecchio. – E almeno fatemi il<br />

59


piacere, lavatevi bene le mani prima di sedervi a tavola!<br />

Siete appena rientrato dalla campagna e…<br />

– Io faccio come mi pare! Se mi lavo o non mi lavo,<br />

sono fatti miei. Del resto non mi sono cacato! – rispondeva<br />

il vecchio col volto impassibile tornando a sedersi<br />

accanto alla finestra.<br />

A volte Assunta si armava di pazienza e cercava di intavolare<br />

con lui una discussione: – Babbo, avete sentito?<br />

È morto Tripode il fabbro. Vi ricordate? Quello che<br />

aveva fatto quell’inferriata così scandalosa…<br />

– Meglio a lui che a me, doveva morire prima, – rispondeva<br />

il vecchio, se il defunto non rientrava nelle<br />

sue simpatie, oppure: – Quello è andato e non torna, –<br />

se la cosa lo lasciava del tutto indifferente. Qualsiasi altro<br />

tentativo di coinvolgerlo in una discussione si dimostrava<br />

inutile perché rispondeva con un grugnito. Nel<br />

profondo del suo animo l’uomo si divertiva immensamente<br />

a fare i dispetti a quella nuora così precisa e perfetta<br />

che si lavava sempre le mani e indossava i manicotti<br />

bianchi per cucinare. Era la sua occupazione preferita,<br />

specialmente nelle lunghe giornate noiose, quando il<br />

cattivo tempo lo teneva relegato a casa e Assunta riceveva<br />

le amiche. Il vecchio rimaneva seduto accanto al camino<br />

crogiolandosi al calore del fuoco. Osservava le<br />

fiamme consumare la legna, aggiungeva qualche ciocco<br />

e, ascoltando il cicaleccio delle giovani donne, chiudeva<br />

gli occhi. Mentre pareva sonnecchiare con le mani appoggiate<br />

sul bastone, all’improvviso sputava sul fuoco<br />

oppure liberava aria rumorosamente. – Alla salute! –<br />

urlava accompagnando il boato.<br />

Queste prodezze mandavano su tutte le furie Assunta<br />

che, livida, inveiva contro il suocero.<br />

– Alla salute di chi? Vecchio sporcaccione! Non vi<br />

vergognate di esibirvi in questo modo? O volete farci<br />

60<br />

conoscere tutto di voi? Come siete fuori lo sappiamo<br />

già, come siete dentro ce lo volete far scoprire un po’ alla<br />

volta?<br />

– Aria dentro, aria fuori! – rispondeva il vecchio, felice<br />

di aver provocato quello scompiglio.<br />

Con il tempo Assunta aveva imparato a convivere<br />

con il suocero e ne aveva sentito la mancanza quando<br />

era morto. Si era semplicemente addormentato nel suo<br />

letto e così lo aveva trovato al mattino. Si era dovuta occupare<br />

allora anche della piccola vigna che, ben presto,<br />

era diventata un carico troppo gravoso per lei, così aveva<br />

deciso di venderla.<br />

Per rendersi conto dello stato del luogo un pomeriggio<br />

si diresse verso il piccolo podere in compagnia<br />

della madre e dei bambini. La vigna non distava molto<br />

dal paese. Occorreva inoltrarsi attraverso i campi in un<br />

viottolo costeggiato, per un lungo tratto, da un muro a<br />

secco sul quale la parietaria e le violacciocche multicolori<br />

crescevano a profusione. Sul lato opposto della<br />

strada piccole terrazze coltivate con mandorli ed olivi<br />

scendevano fino ai piedi della collina. Assunta camminava<br />

accanto alla madre respirando i profumi della<br />

campagna e Pasqua, la giovane domestica, la seguiva a<br />

distanza di pochi passi portando in braccio il piccolo<br />

Francesco. L’altra figlioletta trotterellava avanti e indietro,<br />

ripercorrendo diverse volte lo stesso tratto di<br />

strada, senza mai stancarsi. Ogni tanto si fermava per<br />

raccogliere qualche fiore che poi porgeva alla nonna.<br />

La passeggiata fu molto piacevole anche se Margherita<br />

dovette ascoltare, ancora una volta, con un misto di<br />

preoccupazione e di timore, le lamentele della figlia, la<br />

quale sosteneva di essere stata svegliata anche quella<br />

notte da rumori inspiegabili.<br />

– Cosa vi posso dire? È come un fruscio continuo,<br />

61


un grattare di scopa che non si ferma mai, – tentava di<br />

spiegare Assunta alla madre. Quando era vivo il suocero<br />

aveva pensato che potesse essere lui ad aggirarsi al<br />

buio, ma ora raccontava di essersi alzata per controllare<br />

la casa da cima a fondo; i bambini dormivano e così anche<br />

la domestica, le porte erano tutte chiuse come chiusi<br />

erano i battenti delle finestre. La madre ascoltò e volle<br />

pensare che la figlia fosse veramente troppo stanca e<br />

che l’assenza del marito le pesasse più di quanto lei<br />

stessa potesse credere. Giunsero così al piccolo podere,<br />

nel quale il suocero di Assunta aveva curato per decenni<br />

le viti. Tutto era ancora in perfetto ordine anche all’interno<br />

della casa, un unico vano in cui si trovavano<br />

gli attrezzi agricoli, la vasca di fermentazione, il torchio,<br />

le botti, le damigiane e i fiaschi. La casetta aveva<br />

una piccola veranda col tetto di canne sotto il quale le<br />

donne si sistemarono discutendo sull’opportunità di<br />

vendere la proprietà. Margherita era contraria e suggeriva<br />

alla figlia di non privarsi del piccolo vigneto e di<br />

chiamare piuttosto qualcuno che se ne occupasse al momento<br />

opportuno. Il piccolo Francesco dormiva dentro<br />

una grande cesta di giunco e la bambina, che portava<br />

il nome dello zio morto in America, correva lungo i<br />

solchi, sbocconcellando mal volentieri il pane che la<br />

madre la obbligava a mangiare. Piera si chinava qua e là<br />

cercando un nascondiglio e, mentre si accingeva a sotterrare<br />

quel pane che non riusciva a mandare giù, vide<br />

una figura muoversi nel solco. Il nonno era lì tra i filari,<br />

inspiegabilmente piccolo, seduto nella sua sedia e con<br />

le mani intrecciate sul bastone. Fu un attimo in cui la<br />

bambina guardò negli occhi il vecchio, che la fissò con<br />

distacco, come se osservasse qualcosa che si trovava<br />

lontano, oltre quello spazio e quel tempo. Prima che<br />

l’apparizione svanisse nel nulla, Piera corse dalla ma-<br />

62<br />

dre e raccontò ogni cosa, indicando con precisione il<br />

punto in cui aveva visto il nonno. Le donne ascoltarono<br />

il racconto lanciandosi occhiate inquiete, raccolsero le<br />

loro cose e tornarono in paese. Non fu possibile stabilire<br />

quanto quell’episodio avesse influito sulla vendita<br />

della vigna che tuttavia, con il beneplacito di Margherita,<br />

nel giro di una settimana fu ceduta al miglior offerente.<br />

* * *<br />

Ai primi di dicembre Dora, in attesa del primo figlio,<br />

venne a trovare Margherita. La giovane appariva<br />

appesantita dalla gravidanza e la madre, pur felice della<br />

visita, non si lasciò scappare l’occasione di redarguirla<br />

perchè aveva affrontato il viaggio in quelle condizioni,<br />

con quel tempo e per giunta da sola. Emma, che era<br />

corsa ad abbracciare la sorella, appariva pallida e<br />

smunta, con gli occhi cerchiati e le spalle ricurve. Aveva<br />

preso una brutta influenza e da allora non riusciva a liberarsi<br />

di una febbriciattola continua che la privava<br />

delle forze. Dora, impensierita la baciò e, mentre sorseggiava<br />

il caffè, la osservò attentamente. All’improvviso<br />

una viva inquietudine la assalì. Ricordava bene il racconto<br />

che la sorella, titubante e vergognosa, le aveva<br />

fatto una notte di settembre di qualche anno prima.<br />

Era il periodo della vendemmia e il babbo non era<br />

ancora partito. Assunta li aveva invitati tutti. – Quest’anno<br />

c’è tanta uva, – aveva detto. – Io e mamma ci<br />

occuperemo del pranzo, voi darete una mano agli uomini.<br />

– L’uva era stata raccolta e messa nei tini, le ragazze<br />

scalze si erano divertite a pigiarla seguendo ritmi diversi<br />

di danze inventate apposta per l’occasione. Sotto i<br />

loro piedi gli acini duri schioccavano aprendosi e libe-<br />

63


ando il succo zuccherino e appiccicoso che impiastricciava<br />

le gambe. Pranzarono all’aperto sotto la tettoia e<br />

nel pomeriggio, mentre gli uomini ancora si affaccendavano<br />

sistemando le ultime cose, le donne si sedettero<br />

comodamente al fresco. Emma trovò riparo dalla calura<br />

sdraiandosi sotto il gelso che cresceva sul confine.<br />

Non aveva pensieri e, cullata dalla voce della madre e<br />

delle sorelle, seguiva ad occhi socchiusi l’altalena di un<br />

ragno che penzolava e risaliva lungo il filo lucente. Qualcosa<br />

la riscosse da quello stato di beatitudine. All’improvviso<br />

il frinire delle cicale era diventato assordante e<br />

le foglie stormivano con un persistente e fastidioso fruscio.<br />

Emma si mosse, avvertendo una presenza accanto<br />

a sé. Temendo che qualcuno volesse usurparle quell’angolo,<br />

si voltò minacciosa. Tutto ciò che inizialmente vide<br />

furono le scarpe di un uomo, grandi, nere, lucide e<br />

sospese in aria a pochi centimetri da terra.<br />

La paura la paralizzò. Avrebbe voluto chiamare aiuto,<br />

ma solo un suono inarticolato le sfuggì dalle labbra.<br />

Tentò di sollevarsi per fuggire via, ma si sentì inesorabilmente<br />

inchiodata al suolo. I suoi occhi percorsero il<br />

corpo di un giovane vestito di nero con il viso pallido e<br />

affilato. Sembrava fluttuare nella brezza pomeridiana e<br />

appariva perfettamente a proprio agio in quella posizione<br />

impossibile per un essere umano. La sua bocca era<br />

impostata al sorriso, ma il resto del volto era immobile,<br />

come modellato nella cera. Gli occhi avevano una fissità<br />

innaturale, non un solo battito di ciglia li rendeva vivi.<br />

– Tra poco verrai con me, – disse l’uomo alla ragazza<br />

che lo fissava atterrita – Non devi avere paura. – L’immagine<br />

cominciò a dissolversi a partire dal basso, prima<br />

scomparvero le scarpe e le gambe, e per ultimo svanì<br />

quel viso pallidissimo dal quale Emma non era più riuscita<br />

ad allontanare lo sguardo. La ragazzina, sconvolta,<br />

64<br />

pensò di raccontare tutto, ma ebbe paura di essere derisa<br />

dagli adulti, andò dunque a sedersi in silenzio accanto<br />

alla madre. Non ascoltava più i discorsi delle donne e<br />

pensava alle parole che aveva sentito. Aveva freddo e il<br />

dolore allo stomaco provocato dalla paura la indusse a<br />

rannicchiarsi su se stessa: fu scossa da un tremito e svenne.<br />

Fu soccorsa e riportata in paese, ripulita dalle tracce<br />

di mosto e messa a letto. La notte, scoppiando in un<br />

pianto dirotto, riferì a Dora quanto era accaduto e le rivelò<br />

di aver riconosciuto il giovane, uguale alla foto del<br />

fratello Pietro che la mamma teneva sul comò della sua<br />

camera. La pregò quindi di non parlare mai dell’accaduto<br />

con nessuno. Da quel giorno l’episodio rimase sepolto<br />

nella memoria di Dora, ma non in quella di Emma<br />

che finse di dimenticarlo.<br />

Il bambino si mosse e Dora volle scacciare quel ricordo.<br />

Sua madre la vide accasciata sulla sedia e, temendo<br />

che soffrisse per la gravidanza, la convinse a restare con<br />

lei per qualche giorno elencando una serie di buoni cibi<br />

che avrebbe cucinato per rimettere in forze entrambe le<br />

figlie.<br />

* * *<br />

Nonostante gli sforzi di Margherita la salute di Emma<br />

non migliorò. La ragazza continuava a stare male e la<br />

tubercolosi, ormai conclamata e senza rimedio, la indebolì<br />

a tal punto da impedirle di alzarsi dal letto. La madre<br />

non riusciva a darsi pace. Pregò, e inveì contro il<br />

medico che aveva sbagliato così grossolanamente la diagnosi<br />

e aveva fatto perdere a sua figlia del tempo prezioso.<br />

Implorò con fede Dio, la Vergine e tutti i santi e<br />

sfogò il suo dolore invocando sul medico le maledizioni<br />

65


del cielo. Quando ritenne che né le sue preghiere né le<br />

sue maledizioni fossero sufficienti, chiese aiuto. Mandò<br />

la nipote a chiamare Giovanna la levatrice, capace di<br />

lanciare terribili maledizioni che, il paese lo garantiva,<br />

andavano immancabilmente a segno. Piera dovette rincorrere<br />

la donna che si recava in chiesa a passo spedito.<br />

– Ha detto nonna se potete venire a casa per aiutarla a<br />

maledire.<br />

– Vai e riferisci a tua nonna che ora vado in chiesa<br />

per il rosario, – rispose la levatrice – ma, quando avrò<br />

finito di pregare, andrò senz’altro da lei per aiutarla a<br />

maledire.<br />

Piera corse via sgambettando, contenta di aver assolto<br />

per bene all’incarico affidatole dalla nonna. Tuttavia<br />

a nulla poterono le preghiere contro la malattia che, nel<br />

mese di dicembre, si portò via Emma. Le maledizioni<br />

invece andarono a buon fine, o almeno così piacque<br />

pensare a Margherita, dal momento che anche il medico<br />

di lì a poco perse un figlio in giovane età, stroncato da<br />

un male fulminante. Certamente il fatto non servì a consolare<br />

la donna che, affranta, si chiuse in se stessa e quasi<br />

non si accorse della presenza della figlia maggiore nella<br />

sua casa. Assunta si era trasferita dalla madre con i<br />

due bambini nei giorni immediatamente successivi alla<br />

morte della sorella. Voleva aiutare e sostenere sua madre,<br />

ma voleva anche mettere al riparo se stessa e i piccoli<br />

dall’oscura minaccia che sentiva aleggiare nella<br />

propria abitazione. Infatti, nei giorni che avevano preceduto<br />

la morte di Emma, il rumore che diceva di sentire,<br />

come di una scopa che gratti in continuazione il pavimento,<br />

si era intensificato ed era durato sino al mattino.<br />

Quando il dolore le consentì di occuparsi ancora<br />

una volta di quanto la circondava, Margherita scoprì di<br />

non aver pensato molto al marito lontano. Volle infor-<br />

66<br />

marlo subito del lutto che li aveva colpiti e venne così a<br />

sapere che sua figlia Dora aveva già provveduto ad avvisare<br />

il padre, scrivendogli una lettera subito dopo il funerale<br />

di Emma.<br />

«Caro padre vi devo dare una tremenda notizia che<br />

sono sicura vi procurerà un grande dolore…»<br />

67


«Caro padre vi devo dare una tremenda notizia che<br />

sono sicura vi procurerà un grande dolore…»<br />

Nel ricevere la lettera Giovanni si era sentito in colpa,<br />

l’aveva tenuta tra le dita come se scottasse, rinviando<br />

il momento di aprirla. Da mesi non scriveva alla famiglia<br />

e temeva che Dora potesse rimproverarlo o peggio domandare<br />

denaro. Attese dunque il pomeriggio per aprire<br />

la busta e la notizia, riferita senza preamboli, lo colpì<br />

in pieno petto, violenta come una randellata. Ebbe bisogno<br />

di rileggere due volte la dolorosa novità. Accasciato<br />

su una sedia si dondolò avanti e indietro, incapace<br />

di versare una sola lacrima, finché sentì il bisogno di<br />

uscire. Camminò a lungo senza meta, ripercorrendo più<br />

volte gli stessi vicoli maleodoranti e le stesse strade larghe<br />

costeggiate da case colorate. Sudato e stanco giunse<br />

dinanzi alla scalinata della chiesa di San Francesco, vide<br />

la porta laterale aperta ed entrò. La penombra e il fresco<br />

di quell’antico edificio rinfrancarono il suo corpo, ma<br />

non il suo spirito. Percorse la navata centrale senza badare<br />

all’eco dei passi che si perdeva nella solitudine delle<br />

volte affrescate e si fermò dinanzi all’imponente crocifisso<br />

collocato tra i due altari. Chiuso nel suo dolore<br />

prestò scarsa attenzione ai due fedeli che, con l’abbigliamento<br />

colorato dei contadini nei giorni di festa, pregavano<br />

a capo chino davanti all’altare maggiore, inghiottiti<br />

dalle dimensioni trionfali di archi, transetti e colonne<br />

ritorte, ornate a tutta altezza da pampini e grappoli ricoperti<br />

in foglia d’oro. Oltre al dolore sordo per la perdita<br />

della giovanissima figlia un altro sentimento gli artigliava<br />

il cuore. Il senso di colpa gli inondava l’anima provo-<br />

68<br />

candogli un malessere fisico, un senso di soffocamento<br />

che lo annientava e quasi gli impediva di tenere il busto<br />

eretto. Sedette tra i banchi fissando i ceri accesi. “Anche<br />

qui per ogni cero una preghiera. Sono troppe in tutto il<br />

mondo. Quante riusciranno ad arrivare a destinazione?<br />

Forse nemmeno una e sarà stato tempo perso, ginocchia<br />

doloranti e candele sprecate”. Era sicuro che le sue<br />

donne avessero pregato molto per Emma. Provò un<br />

moto d’ira pensando che si fossero limitate a biascicare<br />

orazioni, trascurando di far avere a sua figlia le cure necessarie.<br />

Forse si era trattato di una questione di denaro<br />

e se lui si fosse trovato ancora con loro… Non riuscì a<br />

darsi pace e nei giorni seguenti continuò a meditare sulla<br />

propria esistenza e sulle proprie scelte, rimpiangendo<br />

di aver abbandonato la sua terra per rincorrere un benessere<br />

che per il momento faticava a mostrarsi. Ancora<br />

una volta cercò conforto nei libri. Tentò di impegnare la<br />

mente imparando a memoria le terzine dantesche, ma<br />

ogni verso dava adito ad ulteriori riflessioni che esacerbavano<br />

la sua amarezza. Alcuni versi parevano scritti<br />

apposta per lui:<br />

Io e’ compagni eravam vecchi e tardi<br />

quando venimmo a quella foce stretta<br />

Queste parole scavavano nella sua anima… Anche<br />

lui come Ulisse, ormai maturo e tranquillo, non avrebbe<br />

avuto bisogno di allontanarsi dalla sua terra sfidando<br />

l’ignoto. Cosa lo aveva spinto? Mille volte ci aveva riflettuto<br />

e si vergognava di ammetterlo anche con se stesso.<br />

Non era stato il desiderio di migliorare le condizioni<br />

economiche della famiglia, ma il bisogno di sapere cosa<br />

c’era al di fuori del suo piccolo mondo ignorato dalla<br />

storia. Ci volle ancora qualche tempo perché, riacqui-<br />

69


stata la lucidità ed il senso pratico, riuscisse a buttare<br />

giù alcune frasi di cordoglio che non resero minimamente<br />

l’idea del dolore provato e che, agli occhi delle<br />

sue donne, apparvero molto distaccate e formali. Naturalmente<br />

tutte loro sapevano che Giovanni doveva aver<br />

sofferto nell’apprendere la terribile notizia, ma si aspettavano<br />

una partecipazione più accorata, specialmente<br />

Dora che aveva fiducia in lui e lo teneva aggiornato sugli<br />

accadimenti fondamentali della loro vita. L’orafo, invece,<br />

era sempre molto laconico, si limitava a comunicare<br />

l’essenziale, ma taceva le ragioni delle sue scelte ed<br />

ometteva i particolari della sua esistenza. Pertanto anche<br />

se la famiglia conosceva l’ultimo indirizzo e i suoi<br />

spostamenti, ignorava tutto il resto.<br />

* * *<br />

Giovanni aveva preso in affitto due locali nel cuore<br />

della città, due vecchi magazzini che l’anziano proprietario<br />

dell’edificio aveva utilizzato come stalla per il suo<br />

cavallo. Aveva adibito ad abitazione quello più ampio;<br />

in quello più piccolo aveva sistemato la bottega. In una<br />

vetrina mobile, appesa ad un’anta della porta d’ingresso,<br />

teneva esposti piccoli oggetti d’argento: il vetro proteggeva<br />

i manufatti e lui poteva lavorare all’interno senza<br />

temere che qualcuno li portasse via. La bottega si<br />

apriva su una delle vie che conducevano alla cattedrale,<br />

passaggio quasi obbligato per le signore benestanti che<br />

si recavano alla messa. Di tanto in tanto alcune si fermavano<br />

incuriosite ed acquistavano i crocifissi di filigrana<br />

e i rosari che Giovanni aveva messo in bella vista proprio<br />

con la speranza che qualcuno cominciasse ad apprezzare<br />

il suo lavoro. Questi oggetti, eseguiti velocemente,<br />

non avevano un costo elevato e le acquirenti an-<br />

70<br />

davano via soddisfatte, ritenendo di aver fatto un buon<br />

affare. Le sue condizioni economiche erano tutt’altro<br />

che floride, ma l’orafo non voleva darsi per vinto. Era sicuro<br />

che sarebbe stata solo una questione di tempo. Per<br />

questo aveva lasciato il piccolo centro sulla costa e si era<br />

stabilito in una grande città, abitata da gente con buone<br />

disponibilità economiche. Visitandola aveva avuto la<br />

certezza che si trattasse di una città agiata e che tale era<br />

sempre stata. Erano lì a testimoniarlo gli edifici. Tutte<br />

quelle chiese che, a quanto si raccontava, comunicavano<br />

tra loro unite da un misterioso cunicolo sotterraneo,<br />

e le grandi case coloniali, alcune antiche come la città,<br />

sobrie e severe, protette da inferriate così elaborate da<br />

poter essere paragonate alle sue filigrane. La prima volta<br />

che aveva ammirato quella che gli era stata indicata<br />

come la più bella e la più antica delle casonas, dipinta<br />

con colori vivaci e ornata da inferriate cesellate, gli era<br />

tornata alla mente l’inferriata che quel miscredente di<br />

Tripode il fabbro, al paese, aveva messo alla finestra della<br />

propria officina. Per lungo tempo era stata oggetto di<br />

scandalo ed il parroco, durante una predica, aveva tuonato<br />

contro “la lasciva impudenza e la perversione di alcuni<br />

paesani,” accusando e sprofondando anticipatamente<br />

negli abissi infernali chi “del tutto privo del timore<br />

di Dio,” osava “corrompere le giovinette ed offendere<br />

gli occhi casti dei fanciulli con oscene turpitudini”. Il<br />

risultato di questo pubblico biasimo era stata l’immediata<br />

caccia al colpevole ed alla sua opera invereconda.<br />

Tutto il paese si era precipitato a verificare con i propri<br />

occhi che l’indignazione del sacerdote fosse giustificata.<br />

L’oggetto di tanta curiosità era un’inferriata mobile<br />

fermata da un passante. Il passante naturalmente poteva<br />

scorrere avanti e indietro, ed in questo non c’era davvero<br />

niente di straordinario, ma l’abominio di cui aveva<br />

71


parlato il parroco consisteva nel fatto che il fabbro si era<br />

divertito a rappresentare il passante come un pene poderoso<br />

che penetrava una monaca la quale, a giudicare<br />

dall’ampiezza del sorriso che l’artista aveva modellato<br />

sul suo viso, se la godeva un mondo. Le inferriate delle<br />

grandi dimore coloniali certamente non erano così blasfeme<br />

e non erano nate per scandalizzare o per suscitare<br />

l’ilarità. Gli spagnoli che avevano fondato la città all’epoca<br />

della Conquista, attribuendole il nome della sua<br />

omonima in terra di Spagna, le avevano volute per proteggere<br />

le loro donne e le loro ricchezze. La grandiosità<br />

ostentata aveva rassicurato Giovanni: in questa città<br />

sulla costa avrebbe lavorato bene, avrebbe guadagnato<br />

discretamente e sarebbe potuto tornare in Italia. Il legame<br />

che lo univa alla sua terra era ancora profondo, tuttavia<br />

lo scambio epistolare e i libri non costituivano gli<br />

unici vincoli, né erano sufficienti a soddisfare il suo desiderio<br />

di conoscere quanto accadeva in Patria. Sua moglie<br />

e le sue figlie, in quel paesino situato ai confini del<br />

tempo e scavalcato dalla storia, non erano in grado di<br />

fornirgli nessun’altra notizia che non riguardasse il loro<br />

stato di salute, le morti e le nascite di familiari e conoscenti.<br />

Ben altre informazioni invece riusciva ad ottenere<br />

dalla comunità italiana che viveva in città. Molti erano<br />

benestanti, in modo particolare quelli di seconda generazione,<br />

figli di commercianti e armatori, giunti in<br />

quei luoghi sin dalla metà del secolo precedente. Costoro<br />

dopo l’introduzione delle navi a vapore inglesi erano<br />

stati costretti a cessare l’attività originaria, ormai ben<br />

poco competitiva, che faceva leva sui bastimenti a vela.<br />

Si erano stabiliti lungo le città costiere e avevano dato<br />

vita ad altrettanto redditizie attività imprenditoriali.<br />

Molti di loro continuavano a tenere contatti con la madrepatria<br />

facendo giungere in quella parte del mondo<br />

72<br />

notizie e, seppure con ritardo, alcuni giornali. Le novità<br />

che gli italiani erano ansiosi di leggere animavano lo spirito<br />

nazionale, ripagandoli in qualche modo dei sacrifici<br />

sopportati e offrendo loro, finalmente, la possibilità di<br />

procedere a testa alta fra gli altri europei egualmente<br />

lontani dalla propria terra. In base a quanto riferivano i<br />

giornali, il loro Paese attraversava un momento molto<br />

positivo sotto la guida di un uomo energico e deciso che<br />

aveva risollevato l’Italia portandola a livello delle principali<br />

potenze europee. Naturalmente solo queste potevano<br />

essere, in quel momento storico, le notizie che<br />

giungevano sino a loro ma, del resto, queste erano le sole<br />

alle quali erano disposti a credere, fiduciosi e fieri.<br />

Anche Giovanni, che in Patria non si era mai occupato<br />

di politica e non si era mai posto il problema di nutrire<br />

uno spirito patriottico più o meno profondo, adesso,<br />

così lontano dal suo paese, respirava l’aria di fervido nazionalismo<br />

che si diffondeva nei circoli italiani. Anche<br />

lui riteneva ormai di poter guardare direttamente in viso,<br />

senza sentirsi un minuscolo miserabile, non solo gli<br />

altri stranieri, ma gli stessi abitanti del luogo che, come<br />

aveva imparato sin dal suo arrivo, consideravano gli italiani<br />

come europei di secondo ordine.<br />

La piccola comunità di italiani era molto attiva, organizzava<br />

riunioni e celebrava ricorrenze. La settimana<br />

precedente Giovanni era stato invitato alla commemorazione<br />

del venti settembre. L’orafo era rimasto fortemente<br />

perplesso, non ricordava che in Italia il giorno<br />

venti di settembre si celebrasse una qualche festività nazionale<br />

e si era ripromesso di scoprirlo con discrezione<br />

durante la cerimonia. La sera stabilita si premurò di vestirsi<br />

nel modo più elegante che le sue finanze gli permettessero<br />

in quel momento, stirò in maniera inappuntabile<br />

l’unico abito che possedeva, sistemò la spilla fer-<br />

73


macravatta e si avviò a piedi verso il circolo degli italiani.<br />

L’ambiente era molto accogliente, per l’occasione<br />

stendardi tricolori tappezzavano le pareti e piccole coccarde<br />

venivano distribuite a tutti i presenti. Su lunghe<br />

tavolate era rappresentato il panorama gastronomico di<br />

molte regioni d’Italia, merito e orgoglio della maggior<br />

parte delle signore presenti, che avevano custodito e<br />

tramandato le ricette della loro terra.<br />

Il salone era gremito di uomini e donne in abiti elegantissimi.<br />

Non erano molti quelli che conosceva, una<br />

decina in tutto tra coloro che frequentavano il suo negozio<br />

e quelli che aveva incontrato in altre occasioni. Alberto<br />

Cavalli, il commerciante di lane cliente abituale<br />

della sua bottega, si avvicinò per salutarlo. – Voi qui? Mi<br />

fa piacere vedervi! Mia moglie sarà contenta. Riteneva<br />

necessaria la vostra presenza e la vostra appartenenza al<br />

circolo. – Giovanni sorrise e si guardò intorno, era lusingato<br />

ma a disagio. Come si doveva comportare? Decise<br />

di osservare ciò che facevano gli altri signori e di<br />

imitarne i gesti. Salutò così, a volte con un cenno del capo<br />

a volte con una stretta di mano, le persone che conosceva<br />

e quelle che gli venivano presentate. Vide che Cavalli<br />

si dirigeva verso di lui con una coppia di mezza età:<br />

il marito era un uomo piccolo e tondo con un viso che<br />

ispirava simpatia, la moglie era una bella signora elegante<br />

che lanciava intorno sguardi civettuoli. Così Giovanni<br />

conobbe Carlo Palombelli e sua moglie Matilde.<br />

Carlo era un pasticcere che in città possedeva tre negozi<br />

molto frequentati. Era partito dall’Italia prima della<br />

guerra ed in poco tempo aveva fatto fortuna. Era ricco,<br />

ma non aveva perduto di vista i valori della vita e, sebbene<br />

potesse vivere occupandosi solo dell’aspetto amministrativo<br />

della sua attività, ogni mattina si alzava presto<br />

e, come aveva fatto per tutta la vita, andava a lavorare in<br />

74<br />

pasticceria. A lui Giovanni pensò di poter chiedere,<br />

senza timore di essere giudicato male, quale ricorrenza<br />

fossero riuniti per festeggiare. – Oh, – rise l’uomo – in<br />

Italia non se ne sa niente perché, di fronte ad altri avvenimenti,<br />

se ne è perduta la memoria. Questa è la festa<br />

dell’Unità d’Italia. Ricordate Porta Pia e quel papa sovrano<br />

che fu costretto a consentire che il Paese venisse<br />

unificato? Qui si festeggia ancora, è una tradizione. Sono<br />

nostalgici questi italiani lontani dalla loro Patria. Vedete,<br />

la maggior parte delle persone che stasera si trovano<br />

qui sono di seconda generazione. Sono nati qui, costruiscono<br />

la storia di questo Paese, eppure continuano<br />

a parlare di una terra che non conoscono e che, diciamoci<br />

la verità, non gli appartiene. E per di più, si ostinano<br />

a celebrare feste ricevute in eredità insieme ai capitali.<br />

Eh così va il mondo! E voi, se posso permettermi, di<br />

cosa vi occupate?<br />

Giovanni trascorse buona parte della serata con Carlo,<br />

conquistato dalla sua semplicità. Evitando di riferire<br />

vicende troppo personali, gli confidò le sue aspettative<br />

e il desiderio di ritornare in Italia. Condivideva la nostalgia<br />

di Carlo per la sua terra anche se la loro situazione<br />

era profondamente diversa. Giovanni era certo di<br />

tornare nel suo Paese, Carlo, invece, aveva lasciato l’Italia<br />

ben sapendo che il suo sarebbe stato un allontanamento<br />

definitivo. Rivelò a Giovanni di sognare ogni<br />

notte il suo paese arroccato sulla scogliera a picco sul<br />

mare, la terra arida, i sentieri aridi, le barche dei pescatori<br />

e il profumo dei limoni. Non aveva più nessun parente<br />

laggiù, i pochi membri della sua famiglia li aveva<br />

trascinati in questo Paese. Sua madre, cieca, si era adattata<br />

perfettamente alle comodità che la nuova vita le offriva.<br />

Carlo aveva temuto che lei rifiutasse di lasciare la<br />

sua casa, ma la vecchia, tra la casa in cui era nata e vissu-<br />

75


ta per settanta anni ed il suo unico figlio, non aveva esitato<br />

un solo momento. Aveva venduto tutto e con la<br />

nuora ed i bambini aveva preso la nave. Era abituata alle<br />

sofferenze ed alle privazioni, pertanto si era rassegnata<br />

subito alle fatiche del viaggio. Date le sue condizioni<br />

aveva cercato di non pesare sulla nuora e l’aveva aiutata<br />

ad intrattenere i bambini, sofferenti ed annoiati, raccontando<br />

loro storie di pescatori, di pesci con le ali che<br />

volano sul mare e di tesori perduti. Carlo le aveva richiamate<br />

non appena gli affari avevano iniziato a prosperare.<br />

Appena giunto nel Paese era stato assunto in una<br />

piccola pasticceria. Con alcune ricette italiane aveva<br />

contribuito a moltiplicare le vendite, in seguito aveva rilevato<br />

l’attività dagli anziani proprietari e quello era stato<br />

il primo passo verso la ricchezza. In quindici anni di<br />

duro lavoro aveva costruito la sua fortuna. Era tornato<br />

in Italia solo due volte ed aveva generato due figli, nati e<br />

cresciuti lontani dal loro padre. Adesso, a parte la nostalgia,<br />

era felice e soddisfatto di quanto la vita gli aveva<br />

concesso, la famiglia era unita ed in salute, i suoi figli ed<br />

i suoi nipoti avrebbero avuto un futuro. Guardava con<br />

occhi accondiscendenti ed affettuosi sua moglie Matilde<br />

che, dopo una vita di sacrifici, trascorreva il suo tempo<br />

cercando di soddisfare ogni capriccio. Era raro che<br />

Carlo la rimproverasse: infatti, si sentiva in colpa per<br />

averla lasciata a lungo quasi in miseria e con il carico di<br />

sua madre e dei bambini. Matilde era stata bellissima da<br />

ragazza, bella e rigogliosa come quei fiori che crescono<br />

nelle terre aride, incolte, e sopravvivono perché riescono<br />

ad assorbirne tutto il nutrimento. Miracolosamente<br />

per Carlo, piccolo e scuro, lei aveva accettato di diventare<br />

sua moglie, ed era stata una buona moglie che, come<br />

lui, si era sacrificata per la famiglia. Negli anni della<br />

sofferenza aveva mortificato la sua bellezza e indossato<br />

76<br />

indumenti vecchi e rivoltati, così nell’età matura e con i<br />

mezzi adeguati aveva cercato di recuperare il tempo<br />

perduto. I figli erano cresciuti, la suocera era morta, suo<br />

marito lavorava e lei si annoiava. Trascorreva il tempo<br />

acconciandosi i capelli, facendosi massaggiare il corpo<br />

con oli emollienti e profumati, ordinando abiti su misura<br />

che riproducevano modelli parigini.<br />

A Giovanni Matilde non piacque. Non aveva cessato<br />

di osservarlo mentre dialogava con Carlo ed aveva seguito<br />

ogni suo spostamento con uno sguardo pieno di<br />

sottintesi. Al principio Giovanni rimase sconcertato e,<br />

pensando di aver frainteso l’atteggiamento della signora,<br />

si vergognò di se stesso, ma quando la donna, approfittando<br />

dell’assenza del marito, si avvicinò per invitarlo<br />

a ballare, non ebbe più dubbi.<br />

– Sono spiacente, vi confesso che non so ballare, è<br />

una di quelle cose che non ho mai imparato nella vita.<br />

Provare adesso per la prima volta mi imbarazzerebbe, –<br />

si scusò, sperando che questo bastasse per dissuaderla.<br />

– Potrei darvi qualche lezione privata… se lo desiderate,<br />

– osò Matilde, carezzandogli le mani.<br />

Giovanni era disorientato. Mai nessuna che si potesse<br />

definire signora si era comportata in quel modo con<br />

lui.<br />

– Non saprei, vostro marito cosa dice? – ribatté tentando<br />

di ricordare alla donna la sua posizione.<br />

– Mio marito è noioso, non c’è mai e io mi diverto come<br />

posso. C’è qualcosa di male in questo?<br />

Giovanni desiderò scappare, si guardò intorno inquieto,<br />

confidando nell’aiuto di qualcuno, ma Carlo<br />

era sparito. Sentì una voce alle sue spalle che lo metteva<br />

in guardia: – State attento, ci prova con tutti e se non<br />

sarete accondiscendente si trasformerà in una belva. –<br />

Giovanni si voltò e fece appena in tempo a vedere un<br />

77


uomo che, sollevando un calice, fece un brindisi alla<br />

sua salute. Cercò disperatamente Carlo e quando lo vide<br />

comparire, tondo e sorridente, provò pietà e simpatia<br />

per lui.<br />

– Verrò a trovarvi al negozio, – bisbigliò la donna prima<br />

che il marito si avvicinasse e le circondasse affettuosamente<br />

la vita con un braccio.<br />

Per il resto della serata Giovanni la evitò sperando di<br />

essere dimenticato.<br />

In seguito rivide spesso Carlo. I due uomini impiegavano<br />

il tempo discorrendo o passeggiando in silenzio,<br />

per le vie che esalavano profumi e voci diverse da<br />

quelle della loro terra. Carlo non nominava mai sua<br />

moglie e Giovanni ne aveva quasi scordato l’esistenza<br />

quando, un pomeriggio, Matilde tornò alla carica presentandosi<br />

alla bottega. Come la vide, Giovanni sussultò.<br />

– Desiderate vedere qualcosa oppure avete dei disegni<br />

da mostrarmi? – domandò cercando di essere il<br />

più professionale possibile.<br />

– Niente di tutto ciò, – rispose la donna avvicinandosi.<br />

– Sono qui per voi.<br />

– Per me? – finse di non capire l’orafo, agitato.<br />

– Non fate finta di non capire, – gorgheggiò Matilde<br />

– Un uomo intelligente come voi…<br />

– Signora, mi sento lusingato per le vostre attenzioni<br />

e per la simpatia di cui mi onorate, ma io sono amico<br />

di vostro marito e non potrei mai…<br />

La donna, stizzita, rispose: – Mio marito è amico di<br />

tutti. E io sono abituata ad avere sempre ciò che desidero.<br />

– Guardatemi bene! Io non sono tra le cose che potete<br />

desiderare. Sono già un nonno, – annaspò Giovanni.<br />

78<br />

Matilde ignorò quelle parole e ripartì all’attacco avvinghiandosi<br />

all’orafo il quale, al colmo dell’angoscia,<br />

l’allontanò bruscamente e decise di essere più esplicito.<br />

In cuor suo riconobbe che, nonostante l’età, era bella,<br />

curata ed elegante e forse, se non fosse stato legato da<br />

un rapporto di stima e di amicizia con Carlo, si sarebbe<br />

lasciato andare. Ma non gli piaceva l’atteggiamento<br />

sfrontato di quella donna. Le donne dovevano essere<br />

serie e discrete e, soprattutto, dovevano attendere che<br />

fosse l’uomo a fare il primo passo.<br />

– Signora, voi siete una donna molto bella ed io sono<br />

un uomo, le vostre attenzioni lusingano la mia vanità e<br />

vi confesso che non mi siete indifferente ma, sul mio<br />

onore, non ho nessuna intenzione di venire meno al patto<br />

di amicizia che ho stretto con vostro marito, che stimo<br />

e ammiro. Sono sicuro che per i vostri capricci troverete<br />

qualcuno più disponibile di me. Tra un’ora ho<br />

appuntamento con Carlo e, almeno io, desidero poterlo<br />

guardare negli occhi senza vergognarmi di me stesso.<br />

Quelle parole pronunciate con fredda determinazione<br />

raggelarono la donna, che uscì dal negozio come una<br />

furia. Giovanni non sapeva di essersi fatto il suo primo<br />

nemico in quel Paese. L’odio di una donna rifiutata può<br />

essere feroce.<br />

79


1928<br />

Trascorse anche il 1927 e Giovanni si trovava sempre<br />

lontano. Nelle lettere spedite alla famiglia non accennava<br />

mai ad un prossimo rientro e si lamentava della situazione<br />

di precarietà economica che gli impediva di inviare<br />

denaro. Ciò nonostante Margherita continuava ad attendere<br />

fiduciosa e liquidava con un’alzata di spalle i<br />

commenti dubbiosi che, sempre più spesso, Assunta si<br />

lasciava scappare, e si sforzava di essere paziente con lei,<br />

irritabile e scontrosa negli ultimi tempi. Sperava che il<br />

malumore le sarebbe passato non appena avesse ultimato<br />

la nuova casa nel paese vicino. Quel luogo l’aveva<br />

conquistata, l’aria era buona e si godeva di uno spettacolo<br />

magnifico. Al di là degli orti a terrazza che digradavano<br />

fino al torrente sul fondo valle, la collina riprendeva<br />

la sua scalata presuntuosa verso il cielo, al quale nel<br />

corso delle stagioni offriva uve dai grappoli dorati, olivi<br />

carichi di drupe carnose e distese di mandorli bianchi.<br />

Margherita sapeva che Assunta, per potersi trasferire al<br />

più presto, impiegava senza badare a spese il denaro che<br />

il marito Salvatore le inviava dagli Stati Uniti. L’assegno<br />

arrivava puntuale, tuttavia sua figlia si era spesso lamentata<br />

con lei.<br />

Anche quel pomeriggio, dopo aver sorbito il caffè<br />

preparato dalla madre, Assunta tornò sull’argomento<br />

che l’angustiava.<br />

– Se almeno potessi disporre di quella somma che ho<br />

prestato al babbo! Ne ho bisogno per la casa.<br />

81


Margherita non si scompose e la rassicurò: – Tuo padre<br />

ti restituirà tutto, dal primo all’ultimo centesimo.<br />

Non ti preoccupare, abbi fiducia.<br />

– Perché voi avete ancora fiducia? Sono già passati<br />

tre anni e non si è vista una lira, – avrebbe voluto ribattere<br />

Assunta, ma temeva di ferire quella povera donna<br />

che, lasciata senza mezzi dal marito, ormai dipendeva<br />

totalmente da lei.<br />

– Non li pretendo certo da voi i soldi, anzi voglio che<br />

veniate con me nella casa nuova… – rispose, invece.<br />

– A me piace stare a casa mia, nel mio paese, poi…<br />

quando tornerà tuo padre decideremo, – tagliò corto<br />

Margherita, che non condivideva il futuro prospettatole.<br />

Si alzò e ripose gli stracci con i quali aveva lustrato le<br />

pentole di rame. Lanciò uno sguardo alla figlia che, china<br />

sul ricamo, pensava ancora ai soldi con aria corrucciata.<br />

Voleva parlare con lei di una notizia che l’aveva<br />

profondamente turbata perchè sperava che la sua primogenita,<br />

dotata di buon senso e razionalità, avrebbe<br />

saputo tranquillizzarla.<br />

– Hai sentito la novità? Giovanna la moglie del calzolaio<br />

ha gli spiriti in corpo!<br />

– Sì ho sentito, ma io non ho avuto né voglia né tempo<br />

di stare ad ascoltare le chiacchiere e non voglio che<br />

voi ve ne occupiate. Fate in modo che io non venga a sapere<br />

che siete andata a curiosare, statevene a casa vostra<br />

e non cercate altro! – replicò con tono di rimprovero<br />

Assunta che, da quando provvedeva a tutte le necessità<br />

della madre, aveva nei suoi confronti un atteggiamento<br />

autoritario e protettivo.<br />

– A quanto pare mezzo paese è già andato a vedere.<br />

Sapessi come le è accaduto! – aggiunse Margherita. Ma<br />

la figlia non volle ascoltarla e, dopo aver riposto nervosamente<br />

il ricamo, se ne andò contrariata. Tornando a<br />

82<br />

casa, pensò di essere stata troppo brusca con sua madre<br />

e sperò che lei avesse capito che il suo era stato un atteggiamento<br />

di difesa: ne aveva abbastanza di misteri e<br />

fatti inspiegabili. Il suo sonno continuava ad essere turbato<br />

dal solito rumore snervante che ormai avevano<br />

udito anche le domestiche che si erano avvicendate al<br />

suo servizio negli ultimi tempi. Tutte si erano dileguate e<br />

nessuna donna del paese, benché bisognosa, aveva più<br />

accettato di lavorare per lei. Assunta, almeno in questa<br />

occasione, avrebbe voluto il padre al suo fianco, a darle<br />

manforte contro il mormorio superstizioso che avviluppava<br />

il paese, e che la spingeva a desiderare con maggior<br />

sollecitudine il cambio di abitazione: un mutamento radicale<br />

avrebbe giovato al suo corpo ed al suo spirito.<br />

Il giorno successivo, durante l’abituale cerimonia<br />

del caffè, Margherita ebbe modo di ricevere ulteriori<br />

precisazioni sulla notizia che scuoteva il paese. – Avete<br />

avuto un bel coraggio ad andare, comare Anna, io non<br />

posso perché mia figlia me lo ha proibito, – sospirò.<br />

– Vostra figlia ve lo ha proibito? Ma allora il mondo<br />

è ribaltato, da quando in qua la figlia proibisce qualcosa<br />

alla madre! Quella disgraziata non è certo contagiosa,<br />

poveretta! Dovevate vederla ieri! Non si può raccontare!<br />

– disse la donna coprendosi il viso con le mani<br />

e scuotendo il capo come per scrollarsi di dosso il ricordo<br />

di visioni orribili. Poi si alzò e dopo essersi fatta un<br />

rapido segno di croce, che trasformò la curiosità delle<br />

donne presenti in smania irrefrenabile di sapere, andò<br />

via. Le comari, deluse nelle loro aspettative, continuarono<br />

a rimestare le vecchie notizie facendole rimbalzare<br />

dall’una all’altra.<br />

– Ma don Paolo cosa dice?<br />

– Don Paolo ha provato con l’esorcismo, ma non<br />

ce la fa. È necessaria molta forza. Pensate che, quando<br />

83


è arrivato, lei ha cominciato a ridere dicendogli che<br />

non aveva paura e che se si fosse ostinato a tornare<br />

avrebbe raccontato a tutti quanto si era divertito con<br />

quella donna.<br />

– Quale donna? Don Paolo ha una donna? – domandarono<br />

all’unisono due delle comari, all’oscuro di<br />

quel succoso pettegolezzo.<br />

– Non qui, ormai alla sua età! La donna l’aveva nel<br />

paese dove faceva il viceparroco. So per certo che è stato<br />

trasferito per questo motivo. Ormai era diventato un<br />

vero scandalo, c’era di mezzo un bambino…<br />

– Un bambino! Non mi sembra una storia nuova<br />

questa! Trovatemi un prete nel circondario che non abbia<br />

seminato bastardi o che non conosca una donna, –<br />

commentò con acredine una di loro.<br />

– Avete ragione! Per loro è facile! Le ingannano tutte<br />

senza nessuno scrupolo, giovani, vedove e maritate,<br />

poi non ci pensano più, non si assumono nessuna responsabilità,<br />

– sentenziò l’altra.<br />

– Vi ricordate don Antonio? Quello sì che era un santo.<br />

Povero vecchio, me lo ricordo ancora arrancare tutto<br />

sudato nella salita della chiesa. Aveva una ferita di<br />

guerra nella gamba. Anche lui era stato in guerra, non a<br />

combattere si capisce, – aggiunse una terza pettegola,<br />

più indulgente nei confronti degli ecclesiastici.<br />

– Ecco hai detto bene, povero vecchio. Quello era<br />

santo perché era vecchio e non solo! In guerra oltre<br />

che alla gamba è stato ferito altrove, ecco perché era a<br />

riposo.<br />

– Non gli funzionava più nulla! – ribatté la prima<br />

divertita.<br />

– Ma don Paolo è tornato ad aiutare quella poveretta?<br />

– intervenne Margherita, contrariata da queste divagazioni<br />

irriverenti.<br />

84<br />

– Sì è tornato, è tornato ancora. Era il suo dovere di<br />

sacerdote, ma pare che il demonio lo abbia aggredito<br />

accusandolo di destinare le elemosine a quella donna e<br />

a suo figlio.<br />

– Mio Dio, e lui?<br />

– Lui è rimasto fermo a pregare, non ha detto proprio<br />

niente, però era pallido come un morto. Poi se ne<br />

è andato, sembrava un cane bastonato. La gente si è<br />

spostata per farlo passare, lo avevano già condannato.<br />

– Sì! Ha contro tutto il paese! Avete sentito cosa ha<br />

detto durante la predica sulle bugie del maligno, che il<br />

demonio è il bugiardo per eccellenza, che semina zizzania…<br />

Deve aver trovato vuota la cassetta delle elemosine,<br />

avete visto anche voi che alla questua nessuno<br />

ha dato niente.<br />

– Ma allora chi aiuterà Giovanna? – si preoccupò<br />

Margherita.<br />

– Ho sentito che devono chiamare l’esorcista dalla<br />

città, quello famoso. È un santo e sicuramente la libererà.<br />

Le chiacchiere proseguirono senza che la curiosità<br />

delle donne si esaurisse e che la loro lingua si asciugasse.<br />

Dopo averci pensato per tutto il pomeriggio, Margherita<br />

decise che l’indomani si sarebbe fatta coraggio e, all’insaputa<br />

di sua figlia, sarebbe andata a casa di Giovanna.<br />

Era animata da un sentimento di intima curiosità<br />

di cui in realtà si vergognava profondamente. L’idea<br />

di incontrare il demonio faccia a faccia la faceva<br />

rabbrividire e nel contempo la affascinava: percorse in<br />

silenzio, recitando il rosario, il tratto di strada che conduceva<br />

all’abitazione della donna. Rimase sorpresa dall’intenso<br />

vociare che si udiva a distanza. La casa dell’infelice<br />

calzolaio era ingombra di curiosi che si affollavano<br />

sull’uscio della camera in cui la povera Giovanna, in<br />

85


quel momento, sembrava officiare la messa su un altare<br />

invisibile.<br />

– Guardate, ora volta le pagine del messale, la vedete?<br />

– spiegava agli spettatori assorti una donna che si<br />

trovava lì dal primo giorno e si riteneva un’esperta nell’interpretare<br />

i gesti di quella sventurata.<br />

Da quando il fenomeno si era manifestato, circa<br />

due settimane prima, l’uomo non aveva avuto più pace:<br />

la porta della sua abitazione era sempre aperta.<br />

Giorno e notte era un continuo avvicendarsi di parenti,<br />

amici, vicini e sconosciuti che sostavano per ore, godendosi<br />

uno spettacolo indimenticabile. E come il racconto<br />

di ciò che avveniva in quella casa si era diffuso,<br />

ingigantito da mille voci, il numero dei visitatori era<br />

cresciuto. Giungevano sin dalle prime luci dell’alba<br />

portando cibo e bevande, da consumare durante la loro<br />

lunga permanenza in quella casa. Il calzolaio rimaneva<br />

come un estraneo in mezzo a quelle persone: le<br />

tollerava, o forse le ignorava del tutto. Era un marito<br />

mite e devoto che aveva chiuso la bottega per dedicarsi<br />

completamente alla sua sposa, o meglio, a quello che<br />

ormai era diventato il simulacro della donna che aveva<br />

sposato. La moglie, un tempo florida, in poche settimane<br />

era diventata una larva. I capelli canuti le cadevano<br />

sul viso in ciocche scomposte e dalla bocca, contratta<br />

in un rictus, la bava colava in continuazione. Ciò<br />

che dava ancora al calzolaio la forza di sperare era un<br />

barlume di riconoscenza e di affetto che, di tanto in<br />

tanto, gli pareva di scorgere negli occhi della sua compagna;<br />

occhi che un tempo erano stati di un azzurro tenue<br />

che ora non si distingueva più, perduto tra un intrico<br />

fittissimo di reticoli insanguinati.<br />

Sebbene con intenti diversi da quelli della maggior<br />

parte dei visitatori, anche Margherita quella mattina<br />

86<br />

portò due bottiglie di vino e delle uova. Dovette farsi<br />

largo tra la folla vociante che si accalcava in cucina e rimase<br />

stupita osservando quella moltitudine che si comportava<br />

come se partecipasse ad un matrimonio. Tutte<br />

le sedie erano occupate, alcuni uomini sedevano per terra<br />

e, chiacchierando allegramente, consumavano grandi<br />

tozzi di pane con olive. Il tavolo era imbandito di cibarie:<br />

formaggio e pane, cipolle, fette di polenta, uva e fichi.<br />

Immancabili alcune bottiglie di vino passavano rapidamente<br />

di mano in mano rimanendo ben presto vuote<br />

e abbandonate negli angoli. All’imbrunire la folla cominciava<br />

a lasciare la casa e per il calzolaio iniziava l’ultima<br />

fatica. A quell’ora Giovanna, finalmente, cadeva in<br />

un sonno profondo ed il povero marito, aiutato da due<br />

donne volenterose, che con un rosario al collo non temevano<br />

più niente, ripuliva la moglie. Quindi, ormai<br />

spossato, andava a riposare. Con il passare dei giorni i<br />

curiosi si erano abituati alle azioni ripetitive dell’invasata,<br />

che celebrava un’interminabile funzione religiosa<br />

sempre alla solita ora e rimaneva seduta a borbottare<br />

parole incomprensibili per il resto della giornata. Per<br />

questo si affacciavano nella stanza solo se accadeva qualcosa<br />

di nuovo.<br />

Margherita, dunque, trovò la strada sgombra sino<br />

alla camera in cui si trovava la donna, che in quel momento<br />

fissava il muro e parlava sottovoce in una lingua<br />

incomprensibile. Il marito la osservava appoggiato<br />

allo stipite della porta, pronto ad intervenire sia che lei<br />

tornasse lucida e gli chiedesse aiuto sia che fosse necessario<br />

evitare che si ferisse.<br />

– Come state? – chiese Margherita, pentendosi immediatamente<br />

di quell’esordio infelice.<br />

– Sono molto stanco, – rispose a bassa voce l’uomo,<br />

senza distogliere lo sguardo da sua moglie.<br />

87


Anche lui, a guardarlo, era ridotto male, col viso incavato,<br />

le occhiaie profonde e gli abiti che parevano di<br />

due misure più grandi.<br />

– Ma cosa dice? – domandò ancora Margherita, accennando<br />

alla donna con un movimento del capo.<br />

– E chi lo sa! Parla in latino, ma parla anche altre<br />

lingue.<br />

Tacquero ascoltando Giovanna che con tono monocorde<br />

recitava un’interminabile litania.<br />

– Uxor eum prodidit, abortum fecit, fratrem necavit,<br />

ex partu peribit…<br />

Ogni tanto la donna interrompeva la sequela, ascoltava<br />

le voci alle sue spalle e riprendeva a borbottare.<br />

– È così che passa le sue giornate povera donna? –<br />

domandò Margherita, impietosita dall’aspetto miserevole<br />

di Giovanna. – Mangia qualcosa? – aggiunse subito<br />

dopo pensando alle necessità di un essere umano.<br />

– La lasciano mangiare, poi la fanno vomitare. Si divertono,<br />

torturano lei e torturano me! Povera moglie<br />

mia! – sospirò il calzolaio con una pena infinita nel<br />

cuore.<br />

– Ma come è successo, come può essere successo! –<br />

domandò Margherita incredula.<br />

– Siete l’unica a non saperlo, lo sa ormai tutto il nostro<br />

paese, quello vicino e l’altro ancora, – rispose stancamente<br />

l’uomo con un’alzata di spalle.<br />

– Sì me lo hanno raccontato… Scusate! In realtà<br />

non dicevo a voi, ma mi chiedevo come certe cose possano<br />

accadere.<br />

– Come vedete accadono. Del resto sono stati proprio<br />

loro a dirmi come è andata.<br />

– Loro chi, i demoni? Ma quanti sono?<br />

– Parecchi, e quando parlano tutti insieme è spaventoso.<br />

L’hanno presa mentre andava in chiesa alla<br />

88<br />

prima messa. Teneva il rosario in tasca e non in mano,<br />

e loro ne hanno approfittato.<br />

– Mio Dio! – esclamò inorridita Margherita.<br />

Giovanna ebbe un sussulto ed emise un ululato lamentoso.<br />

L’uomo seguitò a raccontare la storia che ormai<br />

ripeteva diverse volte al giorno senza mai stancarsi:<br />

– Dicono che nel corpo di Giovanna si sta bene, che c’è<br />

un bel fresco. Povera moglie mia, una donna buona e<br />

santa…<br />

Gli ululati si fecero rabbiosi e il corpo della donna<br />

fu scosso da un tremito.<br />

– Perché fa così? – chiese Margherita spaventata.<br />

– Nei nostri discorsi ci sono parole che a loro non<br />

piacciono, – spiegò il calzolaio.<br />

– Ma avete chiamato un buon esorcista? Non dovete<br />

lasciarla così… e tutta questa gente poi… mandatela<br />

via!<br />

– Eh… lo saprete anche voi che don Paolo non ce la<br />

fa, ma non mi ha abbandonato, domani deve venire<br />

dalla città il più bravo degli esorcisti e don Paolo è certo…<br />

L’uomo non riuscì a terminare la frase che nella stanza<br />

si scatenò il finimondo. Sollevata da una forza misteriosa<br />

Giovanna fu scaraventata in aria e ricadde pesantemente<br />

ai piedi del marito.<br />

– Se lui entra in questa casa io mi porto via tua moglie,<br />

– gracchiò una voce carica d’ira. – La faccio scoppiare<br />

così poi ti divertirai a raccogliere i suoi pezzi sparsi<br />

dappertutto.<br />

La testa della donna si torse all’indietro e grumi di<br />

saliva schizzarono via dalla sua bocca colpendo il marito<br />

in pieno viso. Margherita quasi svenne per l’orrore e<br />

la compassione. Il calzolaio invece, per niente impressionato,<br />

si ripulì frettolosamente il volto con una mani-<br />

89


ca e si precipitò a soccorrere la moglie tentando inutilmente<br />

di sollevarla dal pavimento. Per quanti sforzi facesse<br />

non riusciva a spostarla di un solo centimetro,<br />

sembrava inchiodata a terra. All’improvviso anche lui<br />

fu sospinto indietro ed uscì dalla stanza coprendosi la<br />

faccia con le mani.<br />

– Devo riprendere fiato, – disse. – Non vogliono che<br />

io la tocchi, e la puzza è insopportabile. Per quanto<br />

tempo ancora dovrà soffrire a questo modo? Povera<br />

moglie mia… – aggiunse, piangendo disperato.<br />

Un fiotto di feci liquide si raccoglieva in una pozza<br />

giallastra, tra le gambe disarticolate di Giovanna.<br />

– Vi scongiuro aiutatemi a toglierla da quella posizione!<br />

Alcuni uomini più coraggiosi si fecero largo tra la<br />

folla accalcata davanti alla porta e, a fatica, deposero<br />

sul letto quel corpo esanime che sembrava pesare tonnellate.<br />

Trascorsi alcuni minuti la donna si alzò, tornò a<br />

sedersi al solito posto di fronte alla finestra e, dopo aver<br />

guardato verso la porta dove Margherita sostava sbigottita,<br />

riprese a salmodiare: – Coniunx non redibit, coniunx<br />

non redibit, coniunx non redibit…<br />

– Ma cosa dice? Questa non mi pare proprio la messa!<br />

Voi che ne dite dottore? Voi che avete studiato capite<br />

ciò che dice? – domandò una voce femminile dietro<br />

le spalle di Margherita.<br />

– No, non è la messa, e non sono certamente le litanie,<br />

– rispose una voce maschile, carica di sconcerto e a<br />

lei così familiare.<br />

– Allora se quello che dice ha un senso, traducete.<br />

Voi che potete capire non lasciateci sulle spine. Magari<br />

ci suggerisce come diventare ricchi oppure manda un<br />

messaggio a qualcuno di noi, – insisteva la voce di donna<br />

alle sue spalle.<br />

90<br />

Questa ultima ipotesi, che nessuno, forse, aveva ancora<br />

considerato, fece rabbrividire Margherita, che si<br />

voltò incontrando lo sguardo imbarazzato del farmacista.<br />

– Davvero manda messaggi? – domandò all’amico<br />

del marito.<br />

– Ma che messaggi volete che mandi il demonio? Se<br />

è davvero lui a parlare state tranquilla che sono soltanto<br />

cattiverie e bugie, – le rispose il farmacista mentre si allontanava<br />

rapidamente, sottraendosi ai soliti convenevoli<br />

e ad un’imbarazzante conversazione.<br />

La donna lasciò la casa del calzolaio con l’animo<br />

profondamente turbato. Da un lato provava una sconfinata<br />

pietà per quella famiglia e dall’altro una sensazione<br />

di disagio e di allarme per il comportamento del farmacista,<br />

che se ne era andato senza chiederle notizie di<br />

Giovanni. Ebbe l’impressione che l’uomo l’avesse deliberatamente<br />

evitata, come se temesse di parlare con lei,<br />

e che il suo atteggiamento avesse a che fare con le incomprensibili<br />

parole pronunciate da quell’essere che,<br />

fino a poche settimane prima, era stata Giovanna, la<br />

moglie del calzolaio.<br />

91


1929<br />

Trascorse ancora un anno durante il quale, inaspettatamente,<br />

gli affari di Giovanni prosperarono. Gli oggetti<br />

creati dall’orafo piacquero molto alle signore della<br />

città e, tra quelle che frequentavano la chiesa, divenne<br />

in breve tempo di gran moda un piccolo astuccio d’argento<br />

che custodiva un rosario d’oro. Gli ordini fioccarono<br />

e Giovanni, che da solo non riusciva ad evaderli,<br />

assunse due aiutanti uno dei quali aveva qualche esperienza<br />

come orologiaio. Anche gli ecclesiastici contribuirono<br />

al decollo economico dell’orafo chiedendo il<br />

suo intervento, prima, per la pulitura degli oggetti sacri<br />

d’oro e d’argento e, in seguito, per la manutenzione degli<br />

stessi.<br />

Un pomeriggio nella sua bottega si presentò un giovanissimo<br />

sacerdote, alto e allampanato, dicendogli che<br />

monsignor Morales, di cui fino a quel momento l’italiano<br />

aveva ignorato l’esistenza, desiderava parlare con lui<br />

e che l’indomani lo avrebbe ricevuto alle dieci in punto.<br />

Giovanni si recò all’appuntamento. Fu costretto ad<br />

un’anticamera di mezz’ora durante la quale il giovane<br />

prete, con aria costernata, entrò ed uscì diverse volte<br />

spiegando che il monsignore si sarebbe disimpegnato<br />

subito e lo avrebbe ricevuto senza indugio. Quando finalmente<br />

l’alto prelato si liberò, entrò e porse la mano a<br />

Giovanni perché baciasse l’anello. Monsignor Morales<br />

era corpulento, aveva i capelli grigi e gli occhi intelligenti.<br />

Dotato di spirito pratico, non si abbandonò ad altri<br />

93


convenevoli e comunicò subito all’orafo il motivo per il<br />

quale lo aveva convocato.<br />

– Abbiamo notato la vostra bottega qui vicino ed abbiamo<br />

preso informazioni su di voi. Abbiamo saputo<br />

che siete onesto e praticante. Questi elementi fanno sì<br />

che siate la persona che cerchiamo. Noi desideriamo<br />

che voi, con assoluta discrezione, periodicamente, vi<br />

occupiate degli oggetti sacri della cattedrale e di alcune<br />

delle nostre chiese. Come vi ho accennato il vostro intervento<br />

sarà richiesto specialmente in occasione delle<br />

maggiori festività liturgiche. Valutate questa offerta e<br />

proponete un compenso. Se la cifra che proporrete si<br />

accosterà a quella che noi abbiamo stabilito, il lavoro<br />

sarà vostro dalla settimana che segue. Fateci sapere per<br />

iscritto, consegnate tutto a don Emiliano, che verrà da<br />

voi domani alle cinque. – Raccomandandogli la puntualità<br />

il monsignore lo liquidò, dopo avergli fatto baciare<br />

ancora una volta l’enorme ametista che portava al dito.<br />

Giovanni andò via dubbioso ed innervosito. “Questi<br />

preti non si smentiscono mai,” pensò. Non gli era stata<br />

concessa l’opportunità di valutare l’entità del lavoro<br />

che avrebbe dovuto fare, ma gli si imponeva di stabilirne<br />

il prezzo! E che prezzo avrebbe dovuto stabilire?<br />

Doveva forse indovinare quello che monsignore aveva<br />

già deciso? Tutto questo gli sembrò assurdo, tuttavia<br />

l’indomani alle cinque, quando don Emiliano si presentò,<br />

l’orafo gli consegnò una busta nella quale aveva<br />

indicato una cifra piuttosto modesta. Qualche ora dopo<br />

il giovane sacerdote tornò per consegnargli una missiva<br />

con tanto di sigillo, con la quale monsignor Morales gli<br />

comunicava che l’incarico era suo e che avrebbe dovuto<br />

occuparsi degli arredi sacri di ben quattro chiese. I proventi<br />

di questa attività, però, non attraversarono l’oceano<br />

e furono spesi nei lavori di ampliamento della botte-<br />

94<br />

ga, che venne rinnovata ed adeguata al rango delle persone<br />

che l’orafo riceveva quotidianamente. Altro denaro,<br />

Giovanni lo impiegò nell’acquisto di tre abiti buoni,<br />

che indossava tutte le domeniche per partecipare alla<br />

messa solenne nella cattedrale e per fare brevi passeggiate<br />

lungo la via più elegante della città. In tali occasioni<br />

sfoggiava anche il suo inseparabile bastone nero con<br />

l’impugnatura d’argento. Giovanni curava molto il suo<br />

aspetto, come sempre aveva fatto, perché riteneva che<br />

fosse indispensabile per fare una buona impressione e<br />

per ottenere considerazione sociale. Ben presto in città<br />

la sua divenne una figura familiare che godeva di stima e<br />

di considerazione. Non poche difficoltà incontrò, tuttavia,<br />

a causa del suo nome italiano, così difficile da scrivere<br />

e da pronunciare per la gente del luogo. Pertanto,<br />

non perché volesse rinunciare alla propria identità e<br />

men che meno alla propria nazionalità, ma semplicemente<br />

per facilitare i suoi rapporti sociali nel Paese che<br />

lo ospitava, iniziò a presentarsi come Juan e Juan rimase<br />

per quanti lo conobbero. In tale maniera la sua integrazione<br />

fu compiuta e divenne palese anche a lui quando,<br />

con enorme sconcerto, si sorprese ad utilizzare quella<br />

lingua straniera per parlare con i compatrioti e per scrivere<br />

alla propria famiglia. Senza che se ne accorgesse<br />

qualche parola in quella lingua era già arrivata in Italia<br />

con le sue lettere ed era stata registrata con grande disappunto<br />

da Assunta, la quale la considerò come un ulteriore<br />

indizio del fatto che tutti i suoi timori, a poco a<br />

poco, si stavano concretizzando.<br />

* * *<br />

Rinnovare la bottega, sostenendo costi elevati, non<br />

era stato il colpo di testa di un visionario ambizioso.<br />

95


Prima di compiere questo passo l’orafo ci aveva riflettuto<br />

per parecchio tempo. Aveva considerato il maggior<br />

guadagno che sarebbe derivato dall’ investimento<br />

e che gli avrebbe consentito, nel giro di due o tre anni,<br />

di accantonare una discreta somma con la quale tornare<br />

orgogliosamente in Italia. Ma per realizzare un guadagno<br />

nell’immediato futuro, il denaro gli occorreva<br />

tutto qui. D’altronde in Italia sua moglie poteva fare affidamento<br />

sulle proprie figlie, che di sicuro non l’avrebbero<br />

mai lasciata nell’indigenza, specialmente Assunta<br />

che riceveva sempre il solito cospicuo assegno<br />

mensile dall’America. Giovanni pensò anche a ciò che<br />

avrebbe fatto della bottega una volta giunto il momento<br />

di partire. Aveva previsto di vendere, avrebbe cercato<br />

gli acquirenti per tempo e forse con un po’ di fortuna<br />

i suoi due garzoni, Ignacio e Pedro, avrebbero potuto<br />

rilevare tutto. Con questi obiettivi trascorreva quasi<br />

tutto il tempo chino sul banco da lavoro, ignorando la<br />

fatica, seguendo l’operato dei garzoni ed impartendo<br />

loro ordini precisi sui compiti da svolgere.<br />

In quel momento Giovanni si occupava di una parure,<br />

la cui realizzazione avrebbe richiesto impegno e parecchie<br />

ore di lavoro. Sarebbe stato il pezzo più costoso<br />

uscito dalla bottega e l’orafo desiderava che l’esecuzione<br />

fosse perfetta. Qualche giorno prima la moglie di Julio<br />

Cesar Benitez, il più famoso avvocato della città, si<br />

era presentata chiedendo un gioiello particolare. Giovanni,<br />

scavando nella memoria, aveva recuperato il ricordo<br />

della collana della Madonna del Miracolo che la<br />

popolazione del suo paese, tutta miracolosamente scampata<br />

alla morte, aveva offerto alla Vergine quando si era<br />

diffusa l’epidemia di spagnola. Tentando di ricordarne<br />

le fattezze aveva abbozzato il disegno di una collana costituita<br />

da ventisei sfere d’oro in filigrana a giorno; la<br />

96<br />

sfera centrale era leggermente più grande di quelle laterali<br />

e presentava un disegno più elaborato. Una catenella<br />

consentiva di allacciare il monile sul collo. La signora<br />

si era mostrata subito entusiasta. Sicura che quell’ornamento<br />

non sarebbe passato inosservato aveva deciso di<br />

ordinare una parure completa. Voleva zittire le malelingue<br />

della città e umiliare l’ultima amante del marito, che<br />

continuava a tormentarla mostrandosi splendidamente<br />

abbigliata e sfoggiando una collana che, a quanto si vociferava,<br />

era un regalo dell’avvocato.<br />

L’impazienza della donna era tale che ogni pochi giorni<br />

mandava dall’orafo Gracia, la governante delle figlie,<br />

perché, tornando dalla passeggiata quotidiana con le<br />

piccole, domandasse a che punto era l’esecuzione del<br />

gioiello. Gracia, che aveva trent’anni, era vedova e lavorava<br />

dall’avvocato per mantenere se stessa e le proprie<br />

bambine, avrebbe fatto volentieri a meno di questo andirivieni<br />

alla bottega dell’orafo. La scena si ripeté, per<br />

settimane, secondo il solito copione. – Buon giorno don<br />

Juan, sono qui perché la signora Benitez domanda<br />

quanto tempo ancora vi occorre per terminare la collana<br />

e tutto il resto.<br />

– Dovete riferire alla signora, – rispondeva pacatamente<br />

Giovanni con un sorriso, – che ci sto lavorando,<br />

ma che, come per ogni cosa che deve essere fatta bene,<br />

ci vuole il suo tempo. Ditele anche che non si pentirà di<br />

aver atteso qualche giorno in più. – Settimana dopo settimana<br />

Gracia rimaneva sempre più colpita e lusingata<br />

dai modi gentili di Giovanni, che la invitava a trattenersi<br />

qualche minuto in più perché osservasse come procedeva<br />

il lavoro e riferisse con maggiore precisione alla<br />

moglie dell’avvocato quanto aveva visto. Gracia si sedeva,<br />

rassicurata dalla presenza dei due garzoni e dall’età<br />

dell’orafo che, a giudicare dall’aspetto, doveva avere al-<br />

97


meno venti anni più di lei; l’età di suo padre se ancora<br />

fosse stato vivo. La incantava l’abilità con cui quell’italiano<br />

torceva il filo su se stesso e creava con il metallo incredibili<br />

ricami. Tornata a casa, placava il nervosismo<br />

della bizzosa signora Benitez con il resoconto dettagliato<br />

di ciò che aveva veduto.<br />

Col tempo Gracia cominciò ad attendere impaziente<br />

che la moglie dell’avvocato la mandasse a controllare<br />

i progressi del suo gioiello. Prima di uscire di casa si vestiva<br />

con cura e si pizzicava gli zigomi. Non si soffermò<br />

ad interrogarsi sul motivo di questo comportamento e<br />

non avrebbe saputo dire se desiderava rendersi gradevole<br />

agli occhi dell’anziano signore o dei due giovani<br />

garzoni, sempre altrettanto cordiali. La presenza di<br />

Gracia divenne abituale nella bottega dell’orafo, il quale<br />

attendeva l’arrivo di quella giovane donna così attenta<br />

che sapeva di fresco e di vita. Le fece trovare, spesso,<br />

qualche dolce da gustare e rallentò il lavoro sulla collana<br />

pur di continuare a riceverne le visite.<br />

Infine la parure fu terminata e Giovanni, soddisfatto<br />

di se stesso, prese bastone e cappello e si recò a casa Benitez<br />

per la consegna. Pedro e Ignacio, per prudenza, lo<br />

accompagnarono e si allontanarono soltanto quando lo<br />

videro all’interno dell’edificio. L’avvocato lo ricevette<br />

con grande cordialità nel suo studio privato, dopo avergli<br />

fatto attraversare scalinate, corridoi e sale con pavimenti<br />

lucidi, quadri, argenti e delicate porcellane. Lo<br />

invitò ad accomodarsi su un divano di pelle “di provenienza<br />

europea”, come precisò con orgoglio nel corso<br />

della conversazione. Dopo aver rimirato il gioiello che<br />

l’orafo estrasse dalla sua custodia, l’avvocato si complimentò<br />

con lui e gli offrì dell’autentico whisky scozzese<br />

in finissimi bicchieri di cristallo. Giovanni rimase intimorito<br />

dal lusso e conquistato dall’affabilità dell’avvo-<br />

98<br />

cato, un uomo massiccio, con lo sguardo tagliente ed un<br />

sorriso accattivante. Discendeva da una famiglia spagnola<br />

di antico lignaggio, giunta subito dopo la Conquista.<br />

Si vantava di avere puro sangue europeo nelle vene<br />

dal momento che, per tradizione, tutti i maschi della famiglia<br />

avevano cercato le loro spose tra la nobiltà di<br />

Spagna. A testimoniare l’aristocratica parentela stavano<br />

diversi ritratti ad olio appesi alle pareti dello studio. Il<br />

posto d’onore, proprio dietro la scrivania, era occupato<br />

da un panciuto don con una gorgiera bianca e da un’ossuta<br />

matrona con il naso adunco ed una ricca mantiglia.<br />

– Questo gioiello è unico e perfetto, – osservò l’avvocato<br />

guardando dritto negli occhi Giovanni che, in<br />

imbarazzo, annuiva sorridendo. – Mia moglie mi ha riferito<br />

che siete italiano. Bella l’Italia! È stata nostra per<br />

parecchio tempo, che peccato averla dovuta cedere all’Austria!<br />

Mi piacerebbe visitarla, ma chissà quando potrò<br />

tornare in Europa! – sospirò. – Ci sono stato due<br />

volte, la prima fu all’epoca dei miei studi universitari,<br />

quando ebbi la necessità di approfondire alcuni aspetti<br />

del diritto romano a Salamanca. La seconda volta fu<br />

quando mi sposai. Che donna, eh, la signora Benitez!<br />

Un bel caratterino da purosangue, proprio come un<br />

cavallo di razza! Avete moglie voi? – Giovanni, a disagio,<br />

annuì e l’avvocato continuò: – Mia moglie discende<br />

anche lei dalla nobiltà spagnola. È capricciosa, ha<br />

gioielli a non finire, dimentica di averli, fra poco si stancherà<br />

anche di questi e vorrà qualche altra cosa. Queste<br />

donne! Anche vostra moglie si comporta nello stesso<br />

modo? – Questa volta Giovanni si limitò a sollevare le<br />

sopracciglia senza annuire, era sempre più interdetto<br />

per il corso preso dalla conversazione. La boria dell’avvocato<br />

cominciava ad infastidirlo e così anche tutti<br />

quegli occhi antichi che lo fissavano severi. Avrebbe<br />

99


voluto concludere al più presto quel colloquio ed andare<br />

via.<br />

– Come vi dicevo, don Juan, mia moglie è carica di<br />

gioielli, ma questi sono senza dubbio i più… originali<br />

direi. Indubbiamente, don Juan, voi siete un uomo onesto,<br />

avreste potuto chiedere molto, molto di più per il<br />

vostro lavoro. – Giovanni annuì e fece per rispondere<br />

ma l’avvocato lo interruppe con un gesto della mano. –<br />

Anche io voglio essere molto onesto con voi, – aggiunse,<br />

facendo una lunga pausa durante la quale Giovanni, allarmato,<br />

ebbe modo di interrogarsi sul significato di<br />

quelle parole. – Voglio dirvi, – riprese, giocherellando<br />

con il bicchiere, – che in questo momento ho qualche<br />

difficoltà con i liquidi. Ho appena fatto un grosso investimento;<br />

sapete, uno di quegli affari o adesso o mai più.<br />

Così vi dico che per il vostro pagamento dovrete attendere<br />

un po’ di tempo. Naturalmente adesso avrete un<br />

anticipo sull’intera somma, che vi sarà liquidata integralmente<br />

diciamo… tra due al massimo tre mesi; se poi<br />

dovessero essere sei… – aggiunse ridacchiando.<br />

Giovanni si domandò se il disappunto e la delusione<br />

per questa notizia fossero molto evidenti sul suo viso.<br />

Certamente l’avvocato non lasciava spazio ad alcuna replica,<br />

e quand’anche lui avesse obbiettato che questa<br />

soluzione non gli andava bene che cosa sarebbe cambiato?<br />

A quanto sembrava l’avvocato non aveva soldi.<br />

– Bene don Juan! Vi fidate di me? – domandò l’avvocato,<br />

tendendo platealmente le braccia aperte verso l’orafo.<br />

– Certamente! – rispose Giovanni spiazzato – Siete<br />

un uomo di legge e sarete senz’altro un uomo d’onore…<br />

– Bene allora, – tagliò corto l’avvocato contando alcune<br />

banconote e porgendole all’orafo. – Eccovi l’anticipo.<br />

È quasi un quarto dell’intera cifra. Per il resto, vi-<br />

100<br />

sto che vi fidate di me, faremo sulla parola. Ci vediamo…<br />

diciamo fra tre mesi. Verrò io a cercarvi. Non vi<br />

disturbate a venire voi da me, mi raccomando! Non<br />

prendetevi anche questo fastidio, vi prego, – disse porgendo<br />

risolutamente la mano a Giovanni. – E ora scusatemi<br />

perché ho molto da fare.<br />

Giovanni andò via indignato e furioso. Si sentiva<br />

raggirato, quella cifra gli sarebbe bastata appena per<br />

comprare il materiale per i nuovi ordini e per pagare i<br />

garzoni. Mentre a passi rapidi faceva ritorno alla bottega<br />

rimuginando sull’episodio, ricordò di non aver visto<br />

Gracia a casa dell’avvocato, dove era stato accolto ed<br />

accompagnato all’ingresso da una piccola cinese. Si<br />

chiese se avrebbe avuto ancora l’occasione di incontrarla.<br />

Sollevando lo sguardo si accorse che la donna gli stava<br />

di fronte in fondo alla strada e discuteva animatamente<br />

con le due ragazzine eleganti ed imbronciate che<br />

teneva per mano. Il viso di Gracia si illuminò non appena<br />

scorse l’orafo. – Buon giorno don Juan!<br />

– Buon giorno Gracia, la solita passeggiata quotidiana?<br />

– Sono passata dalla bottega… – rispose la giovane<br />

arrossendo.<br />

– … e non mi avete trovato perché ero a casa Benitez.<br />

Ho appena consegnato il lavoro.<br />

– È piaciuto all’avvocato?<br />

– Sembra di sì, – rispose laconicamente l’uomo, aggrottando<br />

la fronte.<br />

– Sono contenta! È un gioiello magnifico. Forse la<br />

signora presto vi farà qualche altro ordine… – ribadì<br />

speranzosa.<br />

– Non penso proprio, – rispose con un mezzo sorriso<br />

Giovanni, – almeno per i prossimi tre o sei mesi non<br />

ci sarà nessun ordine. Comunque… – e qui fece una<br />

101


pausa, – non dimenticate la strada per la bottega, ho altri<br />

lavori da mostrarvi.<br />

Sentì la propria voce pronunciare queste parole e in<br />

cuor suo si diede del cretino, poi vide che Gracia arrossiva<br />

strattonata dalle due ragazzine che, annoiate da<br />

quella discussione tra adulti, volevano andare via.<br />

Una volta rientrato nella bottega Giovanni fu assalito<br />

da Ignacio e Pedro, che avevano atteso impazienti.<br />

– Don Juan, com’è andata? – urlarono correndogli<br />

incontro festosi come due cuccioli.<br />

– Mostrateci tutti quei soldi, non ne ho mai visto tanti<br />

tutti insieme! – rideva Pedro.<br />

– Don Juan, eravamo preoccupati. Volevamo venire<br />

a prendervi, non ci sembrava prudente lasciarvi andare<br />

in giro con tutto quel denaro in tasca.<br />

– Ragazzi, non ho niente da mostrarvi e poco da darvi,<br />

mi dispiace, – disse l’orafo tirando fuori dal portafoglio<br />

le banconote dell’avvocato.<br />

– Ma come? Questa non è nemmeno la metà di quanto<br />

vi doveva. Cosa è successo? – si stupì Ignacio.<br />

Giovanni raccontò l’accaduto. La loro delusione ed<br />

il loro disappunto furono molto meno controllati dei<br />

suoi. – “Non prendetevi il fastidio di venire voi da me”!<br />

Vi ha preso per un idiota? Questo è stato l’insulto peggiore,<br />

la beffa! Farabutto, delinquente, ladro!<br />

– Don Juan, quello è un miserabile! Il nobile! Le conosco<br />

le persone come lui, se vi invitano a pranzo vi fanno<br />

pagare!<br />

L’orafo, profondamente avvilito, lasciò che i due ragazzi<br />

sfogassero con parole grosse la loro rabbia e consegnò<br />

ad entrambi il denaro, che non contribuì però a<br />

placarne gli spiriti.<br />

Così, mentre rientrava a casa, e poi per l’intera giornata,<br />

Giovanni ripensò con dispetto al colloquio avuto<br />

102<br />

con l’avvocato. Per scacciare questo ricordo molesto<br />

che lo rendeva ansioso rievocò l’incontro con Gracia.<br />

Ma non vi trovò pace, perché se un pensiero lo riempiva<br />

di sdegno, l’altro lo imbarazzava moltissimo. Vergognandosi<br />

di se stesso, continuò a domandarsi come potesse<br />

aver agito in quel modo con la donna. Si guardò<br />

allo specchio e lo specchio gli rimandò il volto di un<br />

uomo di mezza età, distinto e curato, ma con i capelli<br />

bianchi e le rughe intorno agli occhi ed ai lati della<br />

bocca. – Che cosa vai cercando? – domandò alla propria<br />

immagine. – Non fare il pazzo. Ricordati che sei<br />

qui per guadagnare denaro da mandare alla tua famiglia.<br />

Tua moglie è in Italia, le tue figlie e i tuoi nipoti ti<br />

aspettano… – Poi, sentendosi ancora più ridicolo, si<br />

allontanò velocemente dallo specchio ed uscì per strada,<br />

diretto alla locanda. Di fronte ad un buon piatto di<br />

cibo si impose di scordare, per quella sera, l’avvocato<br />

Benitez e le idee balzane che facevano capolino nella<br />

sua mente.<br />

103


1931<br />

In quella mattina fresca in cui il vento, insinuandosi<br />

attraverso le commessure degli infissi, portava in città il<br />

profumo del mare e depositava sui vetri minuscoli cristalli<br />

di sale, Juan pensò a Margherita, alle figlie, alla sua<br />

casa adagiata sul declivio. Tutto doveva essere rimasto<br />

proprio come lo ricordava in quel piccolo paese della<br />

provincia italiana, ignoto al resto del mondo, con le<br />

strade polverose, la piazza frequentata solo dagli uomini<br />

e la fontana che elargiva in abbondanza acqua fresca<br />

e purissima. Era ancora una volta estate laggiù e il frinire<br />

delle cicale, all’opera nei campi arsi e assolati, giungeva<br />

nel cuore del paese. Nel silenzio assoluto di ogni domenica<br />

mattina erano solo due le voci che si sentivano,<br />

quella delle cicale e quella delle campane che chiamavano<br />

i fedeli. Che piccolo mondo lontano! Ripensarci era<br />

come guardare un presepe con tutte le statuine sistemate<br />

al loro posto. Lanciò un’occhiata distratta all’abito<br />

bianco di lana, perfettamente stirato, adagiato sulla sedia.<br />

Si chiese se fosse stato il vento, quel vento umido<br />

che soffiava dal mare, incontenibile, che sbatteva le imposte<br />

e sibilava sul terrazzo tra le corde tese, quel vento<br />

che riusciva a trascinare attraverso l’oceano le voci di<br />

una terra lontana e che immancabilmente turbava le sue<br />

notti, quel vento odioso al quale non riusciva ad abituarsi,<br />

ad averlo svegliato all’alba impedendogli di riprendere<br />

sonno o se fosse stato piuttosto il pensiero ossessivo<br />

che lo perseguitava da giorni di dover scrivere<br />

105


alla famiglia in Italia. La carta e la penna erano lì, posate<br />

sullo scrittoio, ma lui non riusciva a decidersi. Da quasi<br />

un anno non aveva più inviato notizie di sé. Il tempo era<br />

volato via così in fretta che gli era stato impossibile inseguirlo.<br />

Si vergognò profondamente e per l’ennesima<br />

volta quella mattina rimuginò le parole con le quali iniziare<br />

la sua lettera. Che cosa doveva scrivere, che cosa<br />

poteva raccontare? Voleva essere giustificato o compatito?<br />

Rifletté a lungo sino a quando la luce rischiarò la<br />

stanza. La sua posizione si era complicata e non solo<br />

perché erano trascorsi gli anni. Avrebbe dovuto trovare<br />

parole davvero speciali per spiegare ogni cosa e per fare<br />

in modo che capissero. Ma queste parole lui non sapeva<br />

trovarle e non sapeva trovarle perché non esistevano.<br />

Non esistevano parole per spiegare a Margherita, che lo<br />

aveva sostenuto nella sua decisione di partire, e ad Assunta,<br />

che con ostinazione si era opposta, perché mai<br />

una giovane donna con il ventre gonfio giaceva addormentata<br />

accanto a lui. Da sette mesi una vita che gli apparteneva<br />

cresceva nel grembo di Gracia, che lui, don<br />

Juan, l’abile orafo, lo sfortunato vedovo italiano, aveva<br />

sposato qualche tempo prima.<br />

Juan si alzò con cautela per non svegliare la donna<br />

che dormiva profondamente, avvolta in calde coperte<br />

di lana multicolore, si accostò allo scrittoio e finalmente<br />

trovò le parole da scrivere a sua figlia Assunta: «… ti stai<br />

dimenticando di tua madre? Questo sarebbe un grande<br />

dolore per me. Non lasciarla sola. Adesso che io ho così<br />

vergognosamente fallito nei miei propositi tocca a te,<br />

che sei la maggiore, occuparti di lei. Io ho iniziato un<br />

nuovo lavoro e sto mettendo via il denaro necessario<br />

per tornare presto in Italia…» Mentre chiudeva la busta,<br />

per un attimo fu assalito dal dubbio che la lettera<br />

potesse non apparire credibile o che in qualche modo<br />

106<br />

potesse tradire il suo segreto: in realtà era così simile a<br />

tutte le altre che aveva inviato negli ultimi anni. Inconfessabilmente<br />

sperò che in Italia smettessero di credere<br />

alle sue promesse. Quante fotografie, invece, aveva ricevuto!<br />

Proprio Assunta, sempre così ostile, era quella<br />

che gli aveva inviato il maggior numero di foto dei suoi<br />

bambini. Erano tutti lì in cornice, schierati sul comò al<br />

lato del letto: i loro volti seri, di bambini educati con rigore,<br />

apparivano e scomparivano dalla sua vista, nascosti<br />

a tratti dal ritmico sollevarsi del ventre prominente di<br />

Gracia. Lo sguardo di Juan si soffermò su di lei. Ora più<br />

che mai questa giovane donna aveva bisogno di protezione:<br />

fra qualche mese avrebbe partorito un figlio. Fu<br />

quasi dolorosa la consapevolezza del legame che lo<br />

avrebbe unito indissolubilmente a questa terra comparsa<br />

all’improvviso, quando metà della sua vita era già trascorsa,<br />

nella quale suo figlio sarebbe nato e lui forse sarebbe<br />

stato sepolto. Guardò la busta con l’indirizzo familiare<br />

e rabbrividì per quei pensieri di morte. In quel<br />

momento decise che doveva cessare di vivere nel tormento<br />

e nel rimorso. La realtà non aveva solo l’aspetto<br />

negativo delle sue colpe. I lati positivi esistevano. Si<br />

trattava soltanto di prenderli in considerazione osservando<br />

la situazione con un certo distacco. Così anziché<br />

crocifiggersi doveva sentirsi soddisfatto di se stesso perché<br />

in Italia aveva cresciuto una bella famiglia. Non aveva<br />

abbandonato piccole creature indifese. Le figlie, tutte<br />

adulte, non avevano bisogno di lui e si sarebbero occupate<br />

della madre come era loro dovere fare. Infatti, se<br />

non fosse andato via, fra qualche anno avrebbero avuto<br />

una bocca in più da sfamare ed un vecchio in più da accudire,<br />

spese e fastidi ulteriori. Questo modo di ragionare<br />

lo soddisfece e riuscì, per il momento, ad annullare<br />

i deboli strascichi del senso di colpa che lo aveva tor-<br />

107


mentato. A ben guardare, dunque, la situazione gli parve<br />

perfettamente sotto controllo anche qui, dove nessuno,<br />

tranne Valentino, che del resto non era più comparso,<br />

sapeva dell’esistenza di Margherita e dove nessuno<br />

lo avrebbe mai saputo. Tutti i suoi documenti erano stati<br />

rifatti al momento del matrimonio, quando, per estrema<br />

prudenza, dato che la bigamia costituiva un reato,<br />

aveva dichiarato false generalità circa il nome dei propri<br />

genitori. – Juan Luis, figlio di Michele e Agnese, entrambi<br />

defunti, – aveva sillabato in modo che gli impiegati<br />

avessero modo di scrivere correttamente quei nomi<br />

italiani. Gracia, ignara di tutto, conosceva del suo passato<br />

solo ciò che lui le aveva raccontato. Viveva serenamente<br />

la propria condizione di sposa e di madre e teneva<br />

un lume acceso di fronte alla foto della moglie defunta<br />

di Juan per non inimicarsene lo spirito. – Povera donna,<br />

– aveva commentato una volta, mentre Juan la ascoltava<br />

a testa bassa, – la morte le ha risparmiato un grande<br />

dolore. – Tenere quel lumicino acceso costituiva per<br />

Gracia anche un gesto di rispetto nei confronti di un uomo<br />

che aveva sofferto moltissimo. Quanti lo conoscevano<br />

erano informati di quella dolorosa vicenda che lui,<br />

per pudore, raccontava sempre con grande reticenza. –<br />

Al dolore per la morte di Margherita si è aggiunto quello<br />

per la malattia di mio figlio che viveva in America, – le<br />

aveva confidato Juan tempo addietro. – Mio figlio mi<br />

scrisse una lettera piena di disperazione, voleva vedermi,<br />

non voleva morire solo, – aveva continuato. – Il mio<br />

unico figlio maschio! Non potevo ignorare la sua richiesta,<br />

costasse quel che costasse. Presi tutto il denaro che<br />

avevo e partii. – Juan aveva fatto una lunga pausa e l’aveva<br />

guardata negli occhi. – Sono arrivato tardi, era già<br />

morto da una settimana. – L’orafo si era interrotto ancora<br />

una volta in attesa che Gracia, commossa dal raccon-<br />

108<br />

to di quella vicenda dolorosa, smettesse di piangere,<br />

quindi le aveva spiegato come, per tornare in Italia,<br />

avesse atteso di riprendersi un poco e come poi le circostanze<br />

lo avessero indotto a rimanere e a cercare il luogo<br />

più favorevole per svolgere il proprio lavoro.<br />

Spesso si era chiesto se Gracia avesse accettato di<br />

sposarlo per cambiare vita e assicurare stabilità alle sue<br />

bambine. Lui, infatti non aveva dovuto corteggiarla né<br />

con molta assiduità né per lungo tempo; qualche fiore e<br />

qualche monile insignificante avevano contribuito a far<br />

sentire importante e considerata quella giovane vedova<br />

che, dal paese sulle montagne, era arrivata in città per<br />

cercare un lavoro che le consentisse di mantenere le figlie.<br />

E proprio quei gioielli di poco valore che lui aveva<br />

donato a Gracia, quando ancora lavorava per la famiglia<br />

Benitez, avevano fatto precipitare la situazione e<br />

creato i presupposti perché i loro rapporti prendessero<br />

una piega diversa.<br />

La vicenda ebbe inizio quando Juan, per risollevare<br />

l’umore nero di Gracia, ormai perennemente in conflitto<br />

con la moglie dell’avvocato che aveva fatto di lei il<br />

proprio bersaglio, le regalò un minuscolo ciondolo che<br />

raffigurava il sole. Quando la signora Benitez vide il regalo<br />

si insospettì, temendo forse che anche la governante<br />

potesse rientrare nel novero delle amanti del marito,<br />

e andò su tutte le furie, quando Gracia candidamente le<br />

confidò di averlo ricevuto in dono dall’orafo che aveva<br />

creato la sua splendida parure.<br />

– Brutta svergognata, vuoi dirmi che questo regalo<br />

ti è stato fatto per la tua simpatia da quell’italiano dalla<br />

dubbia moralità!<br />

– Con me si è comportato sempre correttamente,<br />

potrebbe essere mio padre.<br />

– Tuo padre, – ripeté sarcastica la donna. – Certo<br />

109


l’età non gli ha impedito di infastidire ripetutamente la<br />

moglie di un suo compatriota.<br />

– Io non so niente di queste cose.<br />

– Tu non sai niente? Per forza, queste notizie non<br />

circolano negli ambienti che frequenti tu. Ma stai tranquilla<br />

che Matilde Palombelli ne sa qualcosa. Ha dovuto<br />

lottare per liberarsi da quell’uomo che l’ha perseguitata<br />

per un bel pezzo prima di arrendersi.<br />

L’ira della signora Benitez cresceva, alimentata dall’umiliazione<br />

che il marito le aveva inflitto scegliendo<br />

l’ultima amante fra le domestiche della sua amica, la signora<br />

Belinda Solanas.<br />

– Se non è stato lui allora sei stata tu! Siete tutte delle<br />

puttane senza ritegno a caccia del primo uomo che vi<br />

passa sotto il naso e se è ricco tanto meglio. Non rispettate<br />

nemmeno gli uomini sposati. Da quanto tempo dura<br />

questa ignobile tresca?<br />

Gracia, allibita e frastornata da quell’attacco improvviso,<br />

tentò di replicare alle assurde accuse e di spiegare<br />

come in realtà stavano le cose, ma la furia della donna<br />

era incontenibile. – Sei ben decisa ad infangare il nome<br />

onorato della mia famiglia con questi amorazzi! – ringhiò<br />

la nobildonna lanciandole contro un pesante fermacarte.<br />

– Non c’è nessuna tresca tra me e don Juan, ve<br />

lo ripeto ancora una volta, – riuscì a rispondere Gracia<br />

arrossendo di rabbia. – E non sono di certo io a disonorarvi,<br />

– aggiunse con il preciso intento di ferire quell’isterica<br />

che vedeva il male dappertutto.<br />

La donna assorbì il colpo fingendo di non aver colto<br />

il vero senso di quelle parole e continuò con il medesimo<br />

tono alterato: – Domani non ti ripresentare a lavoro,<br />

ti voglio fuori da questa casa!<br />

L’avvocato non fu più comprensivo della moglie.<br />

Non volle nemmeno ascoltare la versione di Gracia e<br />

110<br />

confermò il licenziamento. I suoi sensi di colpa erano<br />

tali da far sì che esaudisse ogni capriccio della consorte.<br />

Gracia, umiliata e ferita, si recò da Juan. L’orafo la vide<br />

arrivare trafelata, con due valigie e gli occhi gonfi di<br />

pianto. – Mi hanno mandata via. Non mi hanno pagato,<br />

come farò con le mie bambine?<br />

Juan si fece raccontare la vicenda per filo e per segno.<br />

Profondamente indignato, avrebbe voluto recarsi<br />

subito dall’avvocato per protestare innanzi tutto la<br />

propria onestà. Avrebbe anche voluto chiarire la situazione<br />

di Gracia, spiegare quali erano i loro rapporti,<br />

dichiararne la rettitudine morale. Quanto alle dicerie<br />

messe in giro da Matilde Palombelli non ne fu minimamente<br />

scalfito. – Quella donna è malata, – si limitò<br />

a dire. – E a quanto pare è anche cattiva. Povero Carlo!<br />

Ma ciò che mi preme in questo momento è altro.<br />

Non posso sopportare un comportamento così ignobile.<br />

Come si permette quel gran farabutto?<br />

Gracia continuava a piangere e smise solo per trattenere<br />

Juan che, afferrato il cappello ed il bastone, si dirigeva<br />

verso la porta.<br />

– Fermatevi don Juan, lasciate andare. Anche se tutto<br />

si chiarisse, io non potrei più lavorare in quella casa.<br />

– Che vuoi fare allora? – chiese Juan tornando sui<br />

propri passi.<br />

– Aiutatemi, se potete, a trovare un altro lavoro. Ormai<br />

avete tante clienti. Cercate di sapere se qualcuna di<br />

loro ha bisogno di una governante per i bambini.<br />

Nei giorni seguenti l’orafo cercò tra le sue clienti<br />

qualcuna che potesse assumere Gracia, ma tutte, con<br />

una scusa, rifiutarono, finché la signora Cespedes gli rivelò<br />

che ormai, con tutto ciò che la moglie dell’avvocato<br />

aveva raccontato in giro su Gracia, sarebbe stato impossibile<br />

per lei trovare lavoro come governante.<br />

111


– Ha raccontato che picchiava ed umiliava le bambine<br />

sottoponendole ad ogni sorta di tortura. Che ha<br />

insegnato loro a sputare per terra e ad ingiuriare.<br />

Juan, ancora una volta, si infuriò contro quella gente<br />

vile e meschina che usava e calpestava gli altri per i<br />

propri capricci e tentò di aiutare Gracia con un piccolo<br />

prestito. Da quel momento i loro rapporti cambiarono<br />

e Juan si chiese se lei avesse capitolato perché voleva<br />

superare l’impasse di quella vicenda che l’aveva<br />

lasciata priva di mezzi di sostentamento per le sue figlie.<br />

Gracia gli si era offerta con grande spontaneità, il<br />

suo corpo setoso e profumato non recava tracce troppo<br />

evidenti delle due precedenti gravidanze; Juan si<br />

era sentito giovane e vigoroso, e se non proprio innamorato,<br />

profondamente attratto da quella giovane<br />

donna che lo accarezzava, risvegliando sensazioni che<br />

l’avvilimento e le frustrazioni lo avevano costretto ad<br />

ignorare per lungo tempo. Ogni giorno gli si riproponeva<br />

gioiosamente, attenta a tutti i suoi desideri ed alle<br />

sue manie relative all’abbigliamento e a tanti altri<br />

piccoli particolari della vita quotidiana, tanto che lui<br />

non era riuscito più a farne a meno. E, quando lei gli<br />

aveva prospettato la possibilità di essere in attesa di un<br />

figlio, la decisione era stata immediata: l’aveva sposata<br />

nel giro di una settimana. L’idea di perdere il credito<br />

ed il prestigio, conquistati al prezzo di tanti sacrifici,<br />

gli faceva orrore. Perdere la clientela ecclesiastica era<br />

una possibilità che neppure voleva considerare. Assumersi<br />

la responsabilità di questa paternità era inoltre<br />

ciò che la sua coscienza gli suggeriva di fare.<br />

Quando Gracia si svegliò vide che si preparava ad<br />

uscire per imbucare una lettera. – Juan, era molto<br />

tempo che non mandavi tue notizie in Italia. Hai rac-<br />

112<br />

contato del bambino? Ti sei ricordato di mandare anche<br />

la mia fotografia?<br />

– Come puoi pensare che io dimentichi una cosa<br />

così importante? Stamattina mi sono svegliato proprio<br />

con quel pensiero e la prima cosa che ho fatto appena<br />

alzato è stata quella di scrivere.<br />

– Chissà cosa penseranno? Avranno un fratello o<br />

una sorella all’altro capo del mondo che è più piccolo<br />

dei loro figli… – prese a dire Gracia sorridendo soddisfatta<br />

e accarezzandosi il ventre con entrambe le mani.<br />

– Non dire queste cose o mi farai sentire un vecchio,<br />

– ribadì con un sorriso forzato Juan.<br />

Uscì. L’aria fresca ritemprò il suo spirito, allontanando<br />

dalla sua mente i ricordi di un piccolo mondo<br />

ormai molto lontano da lui.<br />

113


1933<br />

Il piccolo Sebastian era al mondo da poco più di due<br />

anni, quando suo padre ricevette una visita inaspettata<br />

delle forze dell’ordine. In una fredda mattina di primo<br />

inverno due poliziotti con la divisa scura, inzuppata dalla<br />

pioggia sottile che da giorni cadeva senza interruzione,<br />

bussarono a casa dell’orafo.<br />

– Come vi chiamate? – chiesero senza preamboli a<br />

Juan che gli si era fatto incontro interdetto e preoccupato.<br />

Juan declinò le proprie generalità guardando la pozza<br />

d’acqua allargarsi sotto i piedi dei due uomini, che rimanevano<br />

indifferenti sulla soglia.<br />

– No! Il vostro nome vero, scrivetelo! – tuonò uno di<br />

loro intimorendo l’orafo.<br />

Juan capì che si riferivano al nome italiano e, come<br />

gli era stato ordinato, lo scrisse su un pezzo di carta che<br />

consegnò al poliziotto più alto che gli stava vicino. L’uomo<br />

afferrò lo scritto, confrontandolo con un altro che<br />

estrasse da una tasca interna della divisa; dopo una rapida<br />

occhiata, li fece sparire entrambi nella stessa tasca.<br />

– Il vostro nome è Giovanni Luigi e siete italiano? –<br />

domandò quello più basso con il naso da pugile e la cicatrice<br />

sullo zigomo, storpiando quel nome straniero<br />

sulle cui consonanti la sua lingua incespicava.<br />

– Certo sono io, ve l’ho scritto sul foglio, – rispose<br />

Juan sentendosi profondamente a disagio, giacché quei<br />

due, nonostante il suo invito ad accomodarsi, non ac-<br />

115


cennavano ad entrare, ma preferivano continuare a fare<br />

da bersaglio alla pioggia.<br />

– Vi abbiamo cercato in lungo e in largo per il Paese.<br />

Vi siete spostato molto in questi ultimi tempi?<br />

– A dire il vero no! Sono sempre stato in questa città<br />

sin da quando sono arrivato, o quasi.<br />

Il tono si fece sospettoso: – Che significa quasi?<br />

– Significa che ho vissuto per un po’ di tempo in un<br />

piccolo centro sulla costa e poi mi sono trasferito in<br />

città. Lì non c’era nessuna possibilità di lavoro, – rispose<br />

Juan come per scusarsi.<br />

– E non vi siete mai mosso? – insisté il secondo poliziotto.<br />

– Veramente no.<br />

Dalle divise dei due agenti l’acqua ruscellava ormai<br />

sino ai suoi piedi.<br />

– Avevate qualche amico laggiù o qualche persona<br />

che conosceva il vostro nuovo indirizzo? – domandò a<br />

sua volta il primo.<br />

– No nessuno! Quando sono andato via, non sapevo<br />

dove mi sarei stabilito e lì non ci sono più tornato, – rispose<br />

Juan sempre più interdetto. – Ma per favore, ditemi<br />

perché mi cercavate, – aggiunse sperando in una risposta.<br />

I due si guardarono. – Per sapere qualcosa di più<br />

dovete seguirci, dobbiamo farvi ancora qualche domanda<br />

su alcune faccende. Portate con voi i documenti.<br />

Queste indicazioni vaghe spaventarono moltissimo<br />

l’orafo, che non sapeva più cosa pensare. – I miei documenti<br />

sono tutti in regola, non riesco a capire che cosa<br />

possiate volere da me, – affermò, preparandosi comunque<br />

a seguire le forze dell’ordine.<br />

Una volta giunto in caserma fu introdotto in un uf-<br />

116<br />

ficio angusto e anonimo, che puzzava di piedi e di tabacco<br />

di infima qualità. Qui venne lasciato in attesa.<br />

Trascorse un’ora, durante la quale nessuno comparve.<br />

Juan, profondamente a disagio, venne assalito dal<br />

panico. Cercò affannosamente qualche episodio che<br />

potesse giustificare questa convocazione. Mille pensieri<br />

gli attraversarono la mente. Ipotizzò che lo avessero<br />

preso per un rivoluzionario. Qualcuno dei torturati<br />

aveva fatto il suo nome ed ora erano venuti ad arrestarlo.<br />

Ma perché così in ritardo? Era ormai più di un anno<br />

che il governo aveva messo a tacere i ribelli. No, non poteva<br />

essere questa la ragione. E se avessero scoperto che<br />

era bigamo? In tal caso sarebbe finito in prigione, la sua<br />

famiglia sarebbe stata disonorata e di sicuro gli ecclesiastici<br />

e la clientela altolocata avrebbero troncato ogni<br />

rapporto con lui. E se invece lo avessero espulso dal<br />

Paese? In tal caso avrebbe portato in Italia anche Gracia<br />

e Sebastian. Ma a Margherita cosa avrebbe raccontato?<br />

I suoi pensieri si fecero confusi, si agitò sulla sedia<br />

scomoda, si alzò per sgranchirsi le gambe, fece qualche<br />

passo, tornò a sedersi. Fu assalito da una sete impietosa<br />

e dalla necessità di vuotare la vescica. Il tempo passava e<br />

non compariva nessuno. Pensò di andare via, aprì la<br />

porta e sbirciò nel corridoio. Due agenti piantonavano<br />

l’uscita. – Scusate! – li interpellò, agitando la mano per<br />

attirare la loro attenzione. – Sono qui da più di un’ora,<br />

con chi devo parlare?<br />

I due agenti si voltarono distrattamente ed uno di loro<br />

rispose con un’alzata di spalle: – Se vi hanno detto di<br />

aspettare, aspettate. Qualcuno prima o poi arriverà!<br />

Juan, sconsolato e sofferente, richiuse la porta e<br />

tornò a sedersi. Non riusciva a contenere l’ansia che<br />

cresceva. Trascorse ancora del tempo… Sempre più disperato<br />

per l’incertezza ed il malessere decise di aprire<br />

117


nuovamente la porta, e in quel momento un uomo tarchiato,<br />

con la carnagione olivastra ed i capelli unti entrò,<br />

invitandolo ad accomodarsi.<br />

– Vi chiedo scusa, – si fece coraggio Juan, – aspetto<br />

qui da due ore ed ho bisogno del bagno, vi dispiacerebbe…<br />

– Vi capisco, ma faremo subito. Intanto accomodatevi,<br />

– rispose il poliziotto indicando la sedia con la mano.<br />

Juan tornò a sedersi, sperando davvero di cavarsela<br />

in breve tempo.<br />

Il poliziotto cominciò con le domande, le stesse alle<br />

quali l’orafo aveva già risposto.<br />

– Siete entrato da solo in questo paese?<br />

Dopo questa domanda Juan pensò a Valentino e fu<br />

raggelato dal terrore. Gli tornò alla mente l’episodio<br />

della città mineraria e temette che la polizia li potesse<br />

collegare in qualche modo all’omicidio dello sconosciuto.<br />

Cominciò a sudare copiosamente e, pure nello<br />

stato confusionale generato dalla paura, decise di non<br />

fare menzione della vicenda, in attesa di conoscere il<br />

motivo reale di quella convocazione.<br />

– No ero con mio nipote, siamo arrivati insieme dall’Italia.<br />

– E che fine ha fatto questo nipote?<br />

A quel punto Juan ebbe la certezza che l’omicidio<br />

dello sconosciuto avesse a che fare con quanto gli stava<br />

accadendo. Raccontò che suo nipote era andato via diversi<br />

anni prima per cercare un lavoro. Si era diretto a<br />

sud, probabilmente verso la capitale, ma di questo non<br />

era sicuro perché il giovane non aveva più dato notizie<br />

di sé e lui, anche volendo, non avrebbe saputo dove cercarlo.<br />

Ancora, Juan, tacque tutta la faccenda del viaggio<br />

nella zona mineraria, avrebbe parlato soltanto se il poliziotto<br />

glielo avesse domandato in maniera esplicita.<br />

118<br />

– Si è forse cacciato in qualche guaio? – chiese invece<br />

timidamente.<br />

Il poliziotto aprì una cartelletta verde. In silenzio<br />

estrasse i due fogli che l’orafo aveva visto sparire nelle<br />

tasche di uno degli agenti, li confrontò… Poi, finalmente,<br />

parlò.<br />

– Abbiamo trovato questo, – rispose mettendogli<br />

sotto gli occhi un pezzo di carta stropicciata e macchiata,<br />

nella quale l’orafo lesse il proprio nome italiano ed il<br />

vecchio indirizzo, scritti con una grafia incerta e quasi<br />

illeggibile. La carta era completamente coperta di macchie<br />

brune e l’inchiostro così scolorito che Juan si domandò<br />

come i poliziotti avessero potuto decifrare lo<br />

scritto.<br />

– Sì sono io e questo è il posto in cui ho abitato al mio<br />

arrivo in questo Paese. Posso chiedere dove lo avete trovato?<br />

– E voi siete certo di non aver avuto più contatti con<br />

vostro nipote? – domandò ancora il poliziotto, evitando<br />

di rispondere.<br />

– Sì, mi sono sempre domandato se avesse trovato il<br />

lavoro che cercava, ma non mi ha mai scritto. Questa è<br />

la verità, – affermò deciso.<br />

– E dove avrebbe potuto scrivervi? Voi avete cambiato<br />

città dopo che lui è andato via! Non è così? – il poliziotto<br />

lo guardò negli occhi e ricacciò il foglio nella<br />

cartella.<br />

– Giusto! – ribatté Juan vergognandosi. Capì che il<br />

poliziotto sapeva già tutto dei suoi spostamenti e si domandò<br />

se fosse a conoscenza anche dell’episodio accaduto<br />

alla città mineraria.<br />

– Ma che cosa ha combinato Valentino? Dove avete<br />

trovato quello scritto?<br />

Il poliziotto fece una pausa e sembrò cercare una ri-<br />

119


sposta adeguata. Giocherellò con una penna, accavallò<br />

le gambe, le allungò collocando i piedi sotto la sedia di<br />

Juan. Un tanfo greve giunse alle narici dell’orafo. Il suo<br />

malessere si accentuò, la testa cominciò a girargli. Tentò<br />

di sottrarsi all’effluvio diretto dell’odore ripugnante,<br />

ma in quello stambugio non circolava un solo filo d’aria.<br />

Boccheggiando allentò la cravatta e sbottonò la camicia.<br />

Il poliziotto, completamente rilassato e a proprio<br />

agio, si appoggiò allo schienale della sedia e, trovata finalmente<br />

la posizione più comoda, rispose lapidario: –<br />

Banditi!<br />

– Banditi? – riecheggiò Juan con un filo di voce senza<br />

capire. “Ma allora l’omicidio dello sconosciuto non<br />

c’entra niente, cosa mai può essere accaduto?” rifletté<br />

velocemente senza sentirsi più tranquillo.<br />

– A diverse centinaia di chilometri da qui, sulle montagne<br />

tra la capitale e il centro minerario più importante<br />

del paese, sei mesi fa, abbiamo avuto un conflitto a fuoco<br />

con una delle bande che infestano la regione.<br />

Juan ascoltò e attese che il poliziotto gli dicesse che<br />

Valentino era nelle mani dei banditi.<br />

Il poliziotto continuò: – In questo paese ci sono due<br />

tipi di banditi. Vi è mai capitato di incontrarli?<br />

Juan scosse la testa disperato. L’uomo non arrivava<br />

mai al dunque e la sua situazione si era fatta insostenibile.<br />

Avvertì alcune fitte intense alla pancia che lo costrinsero<br />

a piegarsi in avanti. Ancora qualche minuto e sarebbe<br />

scoppiato. Imperterrito il poliziotto proseguì: –<br />

Abbiamo banditi che vivono rubando animali ai contadini<br />

abbienti o facendo rapine sulle strade. Questi non<br />

sono così pericolosi perché in genere si limitano a portare<br />

via tutto alle persone e le uccidono solo se costretti.<br />

Ci sono poi gli altri, quelli peggiori. Chi si imbatte in loro<br />

non ha scampo a meno che… – fece ancora una pau-<br />

120<br />

sa, durante la quale sembrò che riflettesse sull’opportunità<br />

di rivelare o meno alcuni particolari. Evidentemente<br />

scelse la seconda possibilità perché proseguì: – Come<br />

vi dicevo questi sono davvero pericolosi, sono bande<br />

nomadi che si spostano in continuazione dalla pianura<br />

alla montagna, sono furbi e quasi imprendibili, hanno i<br />

rifugi nelle grotte e cercano l’occasione per torturare ed<br />

uccidere. Noi siamo incappati proprio in questi! Sono<br />

riusciti a farci fuori un paio di uomini, purtroppo.<br />

– Ma Valentino cosa c’entra con tutto questo? È<br />

stato catturato? – lo interruppe sempre più allarmato<br />

Juan che, sebbene fosse stato contento di essersi liberato<br />

del nipote, non desiderava certo che gli fosse accaduto<br />

qualcosa di male.<br />

– Niente di tutto ciò, – rispose enigmatico il poliziotto,<br />

gettando l’orafo nella confusione più totale.<br />

– Alcuni banditi, come vi dicevo, sono stati uccisi.<br />

Uno di loro aveva in tasca questo pezzo di carta con il<br />

vostro nome ed il vostro indirizzo.<br />

– Non capisco, – tentò di ribadire Juan confuso. –<br />

Quindi non avete notizie di mio nipote?<br />

Il poliziotto lo fissò con occhi acquosi e parve non<br />

aver udito la domanda perché seguitò col suo racconto:<br />

– I tratti somatici di uno dei banditi uccisi erano diversi<br />

da quelli degli altri, tutti locali, identificati. Era bianco<br />

tra i trenta e i quaranta, un metro e settanta circa.<br />

Tacque e fissò ancora una volta l’orafo chiedendosi<br />

quanto tempo quell’italiano avrebbe impiegato a capire.<br />

Juan sudava ormai abbondantemente, sentiva un<br />

ronzio nelle orecchie e le fitte al bassoventre non gli davano<br />

tregua.<br />

– Del caso si è occupata la polizia della capitale. Non<br />

sono riusciti a identificare quell’uomo. Nessun documento.<br />

Solo il vostro indirizzo e il vostro nome. Sì, ma<br />

121


Ramirez è stato furbo. Una volta tanto ha avuto un’idea<br />

ottima. Eh sì, è proprio così! Tanto di cappello al mio<br />

stimato ed invidiato collega. È ancora una novità, ma<br />

comunque… Hanno scattato alcune fotografie. Secondo<br />

me è stata una brillante idea. Come avremmo potuto<br />

conservare un cadavere per tanti mesi eh? Ah, ah, ah! –<br />

domandò il poliziotto, ridendo sonoramente per quella<br />

che gli sembrò una battuta divertente.<br />

– Ecco qua, – disse mettendo due fotografie davanti<br />

agli occhi di Juan, che non aveva nessun interesse a capire<br />

né chi fosse Ramirez né quali fossero le tecniche<br />

moderne della polizia della capitale, ma desiderava solo<br />

che questa tortura finisse al più presto. Con gli occhi velati<br />

dalla sofferenza guardò le foto posate sulla scrivania.<br />

Erano troppo lontane e, senza gli occhiali, le immagini<br />

gli apparvero vaghe. Con uno sforzo allungò una<br />

mano e le avvicinò. Distinse subito un corpo che giaceva<br />

bocconi con gli indumenti macchiati di scuro, pensò<br />

che si trattasse di sangue. La testa era semplicemente<br />

accostata al corpo, e in un’altra foto la si poteva vedere<br />

meglio: i capelli erano appiccicati in una poltiglia informe,<br />

il viso era tumefatto e le labbra contratte mostravano<br />

i denti, gli occhi erano aperti e di lato, sul collo, lembi<br />

di pelle arricciata lasciavano intravedere una parte<br />

dell’orrenda ferita che lo aveva mutilato. L’orafo non<br />

era preparato a quella vista e svenne. Quando si riebbe,<br />

pochi minuti dopo, era ancora disteso sul pavimento,<br />

aveva qualcosa sotto il capo ed i pantaloni completamente<br />

bagnati. Fu aiutato a rimettersi in piedi.<br />

– Sono mortificato, – riuscì a bisbigliare.<br />

– Non preoccupatevi, vi aiuteremo a tornare a casa,<br />

– disse sbrigativamente il poliziotto, poco interessato<br />

al suo problema personale. – Allora, è lui? Lo avete riconosciuto?<br />

È vostro nipote?<br />

122<br />

Juan, addolorato ed umiliato, rispose affermativamente:<br />

– Credo di sì.<br />

– Come credete? Volete rivedere le fotografie? – domandò<br />

il poliziotto con tono minaccioso.<br />

– No! Era lui, ne sono certo. I denti!<br />

– Molto bene, allora il caso è risolto. Firmate qui. Potete<br />

andare, – disse fregandosi le mani e porgendo al poveruomo<br />

il foglio consegnatogli dall’agente che aveva<br />

redatto il verbale. Juan, ancora frastornato, firmò e finalmente<br />

fu riaccompagnato a casa.<br />

Nei giorni e nelle settimane seguenti continuò ad interrogarsi<br />

sull’accaduto. Non era disposto ad accettare<br />

la versione della polizia. Valentino era una testa calda,<br />

ma non si sarebbe mai unito ai banditi. Non poteva aver<br />

affrontato tutto quel viaggio e quella fatica per diventare<br />

un delinquente. Era più probabile che fosse stato ucciso<br />

dai banditi che lo avevano catturato per rapinarlo.<br />

Del resto aveva la testa staccata dal corpo, perché la polizia<br />

avrebbe dovuto ridurlo così? Ecco la spiegazione!<br />

Doveva essere andata proprio in questo modo. La polizia<br />

era stata troppo precipitosa nel trarre le conclusioni.<br />

– Non sapevo che tu avessi un nipote in questo Paese.<br />

Perché non mi hai mai detto niente? Siete venuti insieme?<br />

– Queste e molte altre furono le domande alle<br />

quali Juan dovette rispondere, quando raccontò a Gracia<br />

dell’interrogatorio.<br />

– Non siamo arrivati insieme. Lui è partito molto<br />

tempo prima di me e io sono venuto qui perché sapevo<br />

di trovarlo. Poi, dato che ormai ero dall’altra parte del<br />

mondo e negli Stati Uniti non avevo più nessuno… Povero<br />

cristo, non era un delinquente e non è diventato un<br />

bandito, la polizia ha preso una cantonata!<br />

Gracia sembrò accontentarsi delle spiegazioni del<br />

marito che, cercando di evitare altre domande, la pregò<br />

123


di dimenticare quella vicenda per lui così dolorosa. Il<br />

suo obiettivo, infatti, era quello di vivere tranquillo continuando<br />

a gestire, tra i due continenti, una situazione<br />

familiare che ormai aveva raggiunto un certo equilibrio.<br />

Scriveva sempre in Italia promettendo che il momento<br />

in cui sarebbe rientrato si avvicinava. «Ancora<br />

un anno o due di sacrifici e sarò da voi, abbiate pazienza<br />

e fiducia mie care.» Si sentiva in colpa, ma non trovava<br />

il coraggio di confessare la situazione. Qualche volta<br />

ci aveva provato. “È facile,” si era detto “basta scriverlo.<br />

Non devo guardarle in faccia, non devo litigare, non<br />

devo subire sfuriate. Un oceano ci divide. Quando mi<br />

risponderanno, se mi risponderanno, potrò decidere di<br />

non leggere le loro ingiurie. E se non rispondessero<br />

più?” L’idea di perdere i contatti con le figlie lo aveva<br />

trattenuto finora dal rivelare la verità. Rompere del tutto<br />

i ponti con loro lo avrebbe fatto soffrire. Così continuò<br />

a mentire.<br />

* * *<br />

La vita sembrava scorrere serena per la famiglia dell’orafo<br />

che, pur non essendo diventato ricco, non aveva<br />

problemi economici. Il lavoro non mancava, Pedro<br />

e Ignacio erano diventati molto abili e Juan aveva<br />

sfruttato le conoscenze di Ignacio imparando i segreti<br />

degli orologi. Molle e bilancieri non celavano più nessun<br />

mistero per lui. Gracia era più che soddisfatta della<br />

sua nuova condizione. Grazie al matrimonio con<br />

Juan, le sue bambine avevano lasciato il villaggio sulla<br />

montagna dove vivevano con la nonna. Erano rimaste<br />

con loro finché era nato Sebastian, e adesso ricevevano<br />

un’educazione adeguata frequentando in città un collegio<br />

di religiose che lasciavano soltanto la domenica<br />

124<br />

per stare in famiglia. Gracia poteva permettersi anche<br />

un aiuto, Blanca, un’india del suo villaggio, che si occupava<br />

dei lavori domestici e del bambino.<br />

Sebastian stava per compiere tre anni ed era piccolo<br />

e secco. La madre continuava ad allattarlo perché il suo<br />

latte era uno dei pochi alimenti che il bambino tollerava.<br />

Dall’epoca dello svezzamento aveva cominciato a<br />

stare male, rifiutava il cibo o lo vomitava. I genitori avevano<br />

interpellato diversi medici, che non erano venuti a<br />

capo di niente. Sebastian continuava a cibarsi e a crescere<br />

poco; il padre e la madre erano sempre più in apprensione<br />

e Juan aveva deciso di consultare un luminare che<br />

insegnava all’Università nella capitale.<br />

– Perché non lasciamo stare questi medici? Io non<br />

credo che possano risolvere la situazione. C’è ben altro<br />

sotto. Se non l’hanno ancora guarito, vuol dire che la<br />

faccenda non è di loro competenza, – azzardò Gracia,<br />

mentre preparava i bagagli.<br />

– Ah no? E di chi sarebbero di competenza le malattie<br />

secondo te?<br />

– Il bambino non è malato! Ha il malocchio! –<br />

cercò di convincerlo Gracia, irritata.<br />

– Ma che malocchio! Anche qui? È una persecuzione!<br />

Per le malattie si cercano i medici. Domani avremo<br />

una risposta. Ma per cortesia togliti dalla testa queste<br />

idiozie. Né preghiere né malocchio, ma dottori. La<br />

scienza soltanto può dare una risposta. Non voglio<br />

sentire altro.<br />

– Abbiamo già perso troppo tempo con questi dottori,<br />

io non mi fido più e sono molto preoccupata.<br />

– Dimmi cosa vuoi fare, – domandò Juan nel tentativo<br />

di rabbonirla.<br />

– Non voglio andare nella capitale, voglio andare al<br />

villaggio!<br />

125


– Al villaggio? Che diavolo ci fai al villaggio? C’è un<br />

bravo medico lassù?<br />

– No, vado da mia madre!<br />

– Da tua madre? E cosa vuoi che faccia tua madre?<br />

Ha un rimedio miracoloso? Se ti dà sicurezza falla venire<br />

qua anziché trasportare il bambino.<br />

Gracia rimase in silenzio.<br />

– Allora? Hai sentito ciò che ho detto? Falla venire<br />

qua tua madre.<br />

– Farla venire non servirebbe a niente, non è lei che<br />

ha il rimedio, – affermò Gracia con testardaggine.<br />

– E chi ce l’ha il rimedio? Vuoi forse dire che l’aria<br />

di montagna può far bene al bambino? Abbiamo già<br />

provato e non è servito a nulla.<br />

– No! – rispose sempre più immusonita Gracia.<br />

– Allora, in nome di Dio, perché vuoi andare al villaggio?<br />

– Perché lì c’è il rimedio per la malattia di mio figlio!<br />

– urlò esasperata la donna.<br />

– Ma che rimedio è? Dimmelo perché non ti capisco,<br />

non è tua madre, non è l’aria! È forse il cibo o sono<br />

le comodità? – commentò sarcastico Juan.<br />

– È la curandera, – mormorò tra le lacrime Gracia.<br />

– La curandera? Che curandera? Vuoi mettere tuo<br />

figlio nelle mani di un’imbrogliona?<br />

– Ma che dici? Che ne sai tu delle nostre usanze? La<br />

curandera non è un’imbrogliona, conosce molti rimedi.<br />

Quando ero bambina mi ha curato per una febbre violenta<br />

dalla quale non riuscivo a guarire. Cosa ci costa<br />

provare ad interpellarla?<br />

– Sei guarita perché dovevi guarire, non per il suo<br />

intervento.<br />

– Lei sa esattamente cosa fare. Perché non vuoi darmi<br />

retta? Proviamo! Al villaggio si arriva prima che alla<br />

126<br />

capitale. Se poi la curandera non sarà in grado di curarlo<br />

faremo come vuoi tu.<br />

– Questi viaggi sono troppo faticosi per Sebastian.<br />

Prima al villaggio… poi alla capitale!<br />

– Starò da mia madre per qualche giorno e il bambino<br />

non si stancherà. Continuerò ad allattarlo. Si tratta<br />

solo di cercare la curandera. È onesta e se non potrà fare<br />

niente me lo dirà. In tal caso tornerò subito indietro<br />

e faremo il viaggio nella capitale.<br />

– E va bene! – accondiscese Juan, stanco dei pianti e<br />

delle discussioni. – Ma ti concedo solo qualche giorno!<br />

Poi sarà un medico e non una curandera a curare mio<br />

figlio!<br />

Il bambino, ignaro di tutto, giocava tranquillo con<br />

alcuni oggetti che aveva trovato per casa: un pettine ed<br />

un mestolo con i quali batteva sul coperchio di una<br />

pentola divertendosi a coprire, con il rumore, la voce<br />

dei genitori. Era un bambino calmo e socievole, che<br />

dalla madre aveva ereditato gli zigomi pronunciati dei<br />

suoi antenati indios. Gracia decise di mettersi in viaggio<br />

di lì a qualche giorno e diede subito disposizioni<br />

perché la madre fosse avvertita del loro arrivo. Fece<br />

partire immediatamente Blanca con un buon carico di<br />

provviste e di oggetti introvabili in quel piccolo centro,<br />

ma indispensabili per chi era abituato alle comodità<br />

della città.<br />

Sotto gli sguardi sorpresi della popolazione quattro<br />

grandi valige furono scaricate e portate dentro la casa<br />

di donna Inès, la quale si diede subito da fare perché i<br />

cittadini trovassero un ambiente accogliente.<br />

Donna Inès non aveva puro sangue indio nelle vene<br />

perché sua madre Josefa l’aveva avuta da un cinese. Josefa<br />

apparteneva agli indios della classe più elevata ed i<br />

suoi genitori non avevano tollerato quell’unione con<br />

127


quell’uomo. Non lo avevano mai accettato né avevano<br />

voluto conoscerlo. Avevano invece preteso di allevare<br />

Inès nel loro villaggio sulla montagna, a patto che Josefa,<br />

che con il suo compagno viveva lontano in ristrettezze<br />

economiche, non tornasse mai più a reclamarla. La<br />

memoria delle ascendenze orientali della bambina doveva<br />

essere cancellata per sempre. Inès aveva occhi scuri<br />

a mandorla ed una carnagione solo leggermente più<br />

chiara di quella dei nonni e non venne mai a sapere delle<br />

sue origini fino a quando suo padre morì e morirono i<br />

nonni. Sua madre allora tornò al villaggio per vivere con<br />

lei e le rivelò la verità sul suo passato. A cinquantacinque<br />

anni era una donna robusta, di bassa statura, con i<br />

capelli ancora tutti neri, divisi in due bande e legati dietro<br />

la nuca, il volto era grande, largo e la bocca sempre<br />

atteggiata al sorriso. Accolse la figlia, Juan e il nipotino<br />

andando loro incontro sulla strada che conduceva al<br />

piccolo centro abitato. Il cane Tico, che seguiva la padrona<br />

come un’ombra, le trotterellò accanto.<br />

Juan non conosceva il villaggio di cui era originaria<br />

sua moglie. – Poche case, – aveva detto Gracia. Le case<br />

erano veramente poche. Una ventina, basse, con i muri<br />

di pietra ed il tetto di erba. Intorno, gli eucalipti crescevano<br />

rigogliosi, superando in altezza e ombreggiando<br />

gradevolmente le modeste abitazioni, accanto alle quali<br />

si stendeva una scacchiera di piccoli campi coltivati.<br />

Juan si rese subito conto di essere fuori luogo con il suo<br />

abito inappuntabile, e si affrettò ad entrare nella casa<br />

della suocera per sottrarsi agli occhi curiosi della gente<br />

che era corsa a vedere il marito straniero ed il bambino<br />

malato di Gracia. Dopo aver salutato la figlia ed il genero,<br />

Inès concentrò l’attenzione su Sebastian, che non<br />

vedeva da molti mesi. Accolse il nipotino tra le braccia e<br />

si spaventò moltissimo per la magrezza del piccolo.<br />

128<br />

– Siamo disperati, – confessò Gracia alla madre. –<br />

Molti medici lo hanno visitato, ognuno ci ha dato una<br />

cura diversa, ma il bambino è sempre così. Non vuole<br />

mangiare, vomita e continua a dimagrire.<br />

Il bambino tentò di mettersi in piedi sulle gambette<br />

esili, attratto dalle cose nuove che vedeva e soprattutto<br />

da Tico, il cui muso si trovava esattamente all’altezza del<br />

suo viso. Il bambino e il cane si guardarono negli occhi<br />

per un breve momento, poi Tico decise che il nuovo arrivato,<br />

con quel buon odore di cibo rigurgitato, gli era<br />

proprio simpatico e scodinzolò a tutta forza. Il bambino<br />

allungò la manina scarna per afferrare la coda di Tico,<br />

ma sua madre lo sollevò mettendolo a sedere sul tavolo.<br />

– Sono qui per la curandera, voglio che lo veda. Sono<br />

certa che riuscirà a trovare una cura per Sebastian.<br />

– Povero piccolino! – disse la nonna accarezzando il<br />

viso del bambino. Poi, rivolta a Gracia, aggiunse: – Non<br />

ti preoccupare! Domani andrò a parlare con lei. So che<br />

è appena tornata dal villaggio di medicina.<br />

Il giorno seguente Inès indossò il suo abito migliore,<br />

chiaro, con un ampio volant in vita ed uno smerlo rettangolare<br />

sul petto, e si recò a casa della curandera.<br />

La donna viveva a circa un chilometro dal villaggio,<br />

in una casa isolata, del tutto simile alle altre, con un orticello<br />

attiguo nel quale coltivava le erbe curative: i semi<br />

provenivano dal villaggio di medicina che si trovava nel<br />

nord, tra i laghi. Era vecchia e una fitta ragnatela di rughe<br />

profonde le solcava il viso bruno. Nessuno avrebbe<br />

saputo dire quanti anni avesse perché tutti gli anziani<br />

del villaggio, compreso Pedro Mendez, che in marzo<br />

aveva compiuto ottantasette anni, ricordavano di averla<br />

sempre conosciuta vecchia e curva nella casa vicino alla<br />

sorgente. Di lei si sapeva soltanto che tanti anni prima,<br />

quando era ancora bambina e con suo padre controlla-<br />

129


va le bestie al pascolo, un fulmine l’aveva colpita lasciandola<br />

miracolosamente incolume. Da quel momento<br />

il suo destino si era compiuto. Gli sciamani del villaggio<br />

di medicina, informati dell’accaduto, erano venuti a<br />

prenderla due giorni dopo per portarla con loro ed insegnarle<br />

l’arte della divinazione e della guarigione. A<br />

nulla erano valsi i pianti e gli strepiti della madre ed il<br />

terrore della piccola: i saggi brujos erano stati irremovibili.<br />

Dissero di aver ricevuto tutti lo stesso chiaro messaggio,<br />

e assicurarono che la bambina era predestinata e<br />

che per lei non ci sarebbe stato un altro futuro. Infine i<br />

genitori si erano arresi, dopo aver strappato agli sciamani<br />

la promessa che avrebbero potuto vedere la figlia due<br />

volte l’anno. Il praticantato sotto la guida di un maestro<br />

era stato lunghissimo, poiché gli insegnamenti le venivano<br />

impartiti uno per volta con una lentezza esasperante.<br />

Ancora una volta un fenomeno, che solo i profani<br />

potevano considerare naturale, intervenne nella sua vita<br />

segnando la fine della condizione di allieva e consacrandola<br />

curandera. Mentre si trovava sulla sierra per<br />

raccogliere le erbe, era stata travolta da una tromba d’aria<br />

che l’aveva trascinata per diversi chilometri lasciandola<br />

stremata e sconvolta sulla strada del villaggio di<br />

medicina. Questo avvenimento, per il suo saggio maestro,<br />

fu la conferma che la sua protetta era pronta per ritornare<br />

nel mondo dove avrebbe esercitato la professione<br />

di sciamano. Come un tempo per la bambina era stato<br />

difficile lasciare la famiglia, così per la giovane donna<br />

fu doloroso abbandonare il villaggio solitario e protetto<br />

tra i laghi magici. Fu il suo stesso maestro ad indicarle<br />

con precisione il luogo in cui si sarebbe dovuta stabilire.<br />

Per questo, al villaggio era arrivata una piccola delegazione<br />

di sciamani che aveva individuato un punto vicino<br />

alla sorgente ed aveva imposto agli uomini di costruire<br />

130<br />

una piccola abitazione per la curandera, che, da quel<br />

momento, avrebbe vissuto accanto a loro. La curandera,<br />

di cui oltre che l’età tutti ignoravano anche il nome,<br />

in quei lunghi anni aveva appreso i segreti delle piante,<br />

dei profumi e dei colori. Conosceva il rimedio per ogni<br />

problema. Sapeva usare la mamacoca, la pianta sacra degli<br />

Incas, per rivelare le dolorose discrepanze che affliggevano<br />

il corpo che si muoveva in una direzione, e torturavano<br />

lo spirito che aspirava ad altro. Leggeva il passato<br />

e poteva vedere il futuro celebrando il rito del singar,<br />

durante il quale, con la sola guachuma, il prezioso e<br />

indispensabile cactus, poteva vedere gli avvenimenti<br />

più lontani nel tempo, nitidi e chiari come se si svolgessero<br />

sotto i suoi occhi. Era in grado anche di ridare ad<br />

un uomo la virilità perduta e in questo era una specialista.<br />

In molti arrivavano dalle regioni più remote del<br />

Paese per chiedere il suo aiuto e per farsi fumigare i genitali<br />

con la radice di huanarpo. Più spesso la curandera<br />

veniva consultata per aiutare la vita, ma conosceva anche<br />

molti modi per dare la morte. In questi casi, non rari,<br />

cercava sempre di dissuadere chi le rivolgeva tale richiesta<br />

dal prendere decisioni così gravose per la coscienza.<br />

Se i suoi tentativi non sortivano alcun effetto,<br />

insieme ad un potente veleno consegnava anche l’antidoto,<br />

ma non accettava doni. Inoltre diffidava coloro<br />

che avevano il coraggio di compiere un’azione così cattiva<br />

dal ripresentarsi dinanzi a lei.<br />

Quando Inès arrivò, la donna stava seduta immobile<br />

davanti alla porta di casa, aveva gli occhi chiusi ed il viso<br />

rivolto verso il sole. Sembrava una vecchia mummia con<br />

il volto incartapecorito color tabacco e le mani adunche<br />

posate sulle ginocchia. Per un momento Inès pensò che<br />

potesse essere morta. Avvicinandosi si accorse che la<br />

vecchia masticava lentamente e che dagli angoli della<br />

131


occa sdentata le colava un filo di saliva verde. Inès continuò<br />

ad avvicinarsi cautamente, facendo attenzione a<br />

che la sua ombra non lambisse la vecchia. Non osò parlare,<br />

ma attese che la donna, accortasi della sua presenza,<br />

aprisse gli occhi. Con cautela le depositò accanto il<br />

cesto di uova fresche che le aveva portato in dono e non<br />

si mosse finché la curandera, dopo aver fatto con il capo<br />

un cenno di approvazione, le rivolse la parola.<br />

– Che cosa vuoi?<br />

– Mia figlia è qui con mio nipote. Sono venuti dalla<br />

città, il bambino ha qualcosa, è magro, mangia poco,<br />

non cresce. I dottori non hanno risolto il problema. Sono<br />

venuta a chiedervi se siete disposta a vederlo.<br />

La vecchia ascoltò in silenzio con gli occhi chiusi.<br />

Prima di rispondere sputò un grumo di saliva verde e<br />

una pallottola di erba masticata. Inès in segno di rispetto<br />

non si scansò.<br />

– Domani mangerò le uova che mi hai portato e mi rimetterò<br />

in forze. Dopodomani sarà venerdì. Io avrò l’energia<br />

necessaria e tu potrai venire da me, due ore dopo<br />

il tramonto, con tua figlia e il bambino. Porta anche il<br />

vecchio, – puntualizzò la donna, chiudendo gli occhi e<br />

riprendendo la posizione in cui Inès l’aveva trovata.<br />

Due giorni dopo Inès, Gracia, il bambino e Juan si<br />

presentarono dalla curandera, che li accolse nel silenzio<br />

della sua casupola. Indossava un poncho logoro e stinto<br />

che le arrivava fin sotto i piedi. Juan, che nella sua vita<br />

non aveva mai incontrato una persona così vecchia, era<br />

imbarazzato e intimorito. Si guardò intorno. Le mensole<br />

che correvano lungo le pareti reggevano una grande<br />

quantità di oggetti, di erbe essiccate, di vasetti colmi di<br />

semi, pietre e conchiglie, di dimensioni e colori diversi.<br />

La vecchia prese la gallina nera che Inès le aveva portato<br />

e, dopo averle aperto il becco ed averci soffiato dentro<br />

132<br />

tre volte, la lasciò libera di razzolare a suo piacimento<br />

nello spiazzo di fronte alla casa, decidendo di utilizzare<br />

altri strumenti per la divinazione. Si tolse il poncho e lo<br />

distese per terra, si accovacciò ed invitò gli ospiti a sedersi<br />

in cerchio. Posò accanto a sé una zucca che conteneva<br />

piccoli semi rossi punteggiati di nero, una cesta<br />

traboccante di foglie di coca appena raccolte, ed una<br />

sorta di spada fatta di chonta, il legno magico che proveniva<br />

dalla selva. Controllò accuratamente che ogni cosa<br />

fosse al suo posto e diede inizio ai riti propiziatori. Fumò<br />

una sigaretta di tabacco nero, intinse il pollice e l’indice<br />

in un bicchiere di acquavite ed asperse la terra e le persone,<br />

infine bevette qualche sorso.<br />

– Spoglia il bambino, – ordinò a Gracia.<br />

Con una forza che Juan era ben lungi dall’immaginare,<br />

in un simile relitto umano, la curandera con una mano<br />

sollevò il piccolo che, terrorizzato da quanto vedeva,<br />

cominciò ad urlare. Gracia fece per intervenire, ma la<br />

donna, con un gesto imperioso, la fermò e si rivolse al<br />

bambino con un sorriso. Sebastian continuò ad urlare<br />

disperato e a dimenarsi invocando la madre, ma la curandera,<br />

impassibile, intonò una nenia in una lingua che<br />

Juan non conosceva.<br />

– È quechua, – riuscì a bisbigliare Inès all’indirizzo<br />

del genero, che le aveva lanciato uno sguardo interrogativo.<br />

L’effetto ipnotico della cantilena ed il tocco carezzevole<br />

della vecchia ebbero la meglio sulle paure del piccolo,<br />

che si tranquillizzò.<br />

Juan desiderò sottrarre il bambino indifeso all’ispezione<br />

e portarlo via da quel luogo. Era affascinato ed<br />

inorridito dalle mani della guaritrice che si muovevano<br />

sul corpicino nudo e smagrito di Sebastian; erano mani<br />

grandi per una donna, erano le mani di una vecchia, con<br />

133


le giunture nodose, la pelle rugosa e sottile, le vene del<br />

dorso gonfie e bluastre. Ciò che lo preoccupava erano le<br />

unghie dei pollici, lunghe, affilatissime e listate di nero,<br />

con le quali temeva che potesse ferire il bambino. Sapeva<br />

benissimo quale uso la curandera facesse di quegli artigli.<br />

Gracia gli aveva raccontato che, quando era bambina,<br />

per conoscere la causa della sua malattia e l’origine<br />

di quelle febbri che non passavano mai, la vecchia<br />

aveva dovuto leggere le viscere di un cuy, un porcellino<br />

d’India, e lo aveva sventrato ancora vivo con l’unghia<br />

del pollice. Juan si guardò intorno e non vide traccia di<br />

porcellini d’India, perciò si mise il cuore in pace sperando<br />

fortemente di non essere costretto ad assistere ad<br />

una simile pratica. Quando consultò l’orologio e si accorse<br />

che era già trascorsa un’ora, durante la quale la<br />

vecchia aveva controllato ogni centimetro del corpo di<br />

suo figlio, gli aveva toccato la pancia affondandovi le dita,<br />

gli occhi, le orecchie e perfino il cuoio capelluto. Con<br />

la lingua aveva “assaggiato” la fronte del bambino, per<br />

poi, finalmente, riconsegnarlo alla madre. Aveva bevuto<br />

ancora un sorso di acquavite prima di dare una risposta.<br />

– Il bambino non ha il malocchio, la sua fronte non è salata.<br />

Non ha un male del corpo che si può toccare, ma<br />

può avere un maleficio.<br />

Inès e Gracia, all’unisono, aprirono la bocca per domandare<br />

qualcosa, ma la vecchia ancora una volta impose<br />

il silenzio con un rapido movimento della mano;<br />

poi prese dal cesto una manciata di foglie di coca, le mise<br />

in bocca e cominciò a masticarle, ne prese un’altra<br />

manciata e le lanciò in aria perché cadessero sul poncho.<br />

Le foglie, come attratte da una calamita, caddero<br />

tutte nella parte sinistra del poncho, e solo alcune piroettarono<br />

a lungo per aria posandosi nella parte centrale.<br />

Due foglie, piccole, scivolarono invece nella parte<br />

134<br />

destra, con la pagina inferiore rivolta verso l’alto. Sotto<br />

gli occhi attenti degli astanti, che si interrogavano sul<br />

significato che la disposizione delle foglie avrebbe assunto,<br />

la curandera, seguendo un criterio che solo lei<br />

conosceva, cominciò, lentamente e con grande concentrazione,<br />

a scegliere le foglie e ad inserirle tra le dita della<br />

mano. Rimase in silenzio per un lungo momento prima<br />

di dare il responso definitivo, quindi parlò: – Maleficio.<br />

Il maleficio arriva da terre lontane, dal dolore di<br />

donne che soffrono.<br />

La vecchia si interruppe, continuò a masticare le foglie<br />

e ad osservare quelle che aveva tra le dita, bevette<br />

ancora acquavite, e aggiunse: – Suo padre ha causato<br />

quel dolore e ha portato il maleficio.<br />

Juan ascoltò esterrefatto le parole della curandera.<br />

Non riusciva a credere a quanto sentiva, e per un attimo<br />

ebbe paura che la donna potesse conoscere il suo segreto.<br />

Le lanciò uno sguardo colmo di terrore che la vecchia,<br />

abituata a scrutare nell’animo delle persone, non si<br />

lasciò sfuggire. Lo fissò intensamente con gli occhi lattiginosi,<br />

e tacque in attesa delle loro domande. Gracia<br />

aveva capito soltanto che suo figlio aveva un maleficio,<br />

pertanto domandò alla curandera se sarebbe stata in<br />

grado di eliminarlo.<br />

– Tutto si può fare, – rispose la donna, – devi portarmi<br />

il bambino ancora per tre volte, ogni martedì ed ogni<br />

venerdì, poi starà bene.<br />

– E mio marito cosa deve fare?<br />

Inès e la curandera si voltarono a guardarlo.<br />

– Tu? Tu porterai ancora dolore, – affermò la vecchia,<br />

dopo una lunga pausa, facendo salire una rabbia<br />

profonda nell’animo dell’uomo. Si guardò intorno come<br />

se cercasse qualcosa sulle mensole, poi riprese a parlare:<br />

– Potrei darti da bere l’infuso di quella radice che ti<br />

135


annullerebbe come uomo, – tacque ancora, chiuse gli<br />

occhi e sembrò riflettere sul da farsi. Juan la ascoltava<br />

incredulo e furente. – Segui il tuo destino, hai fatto un<br />

lungo viaggio per andargli incontro. Io posso curare il<br />

male, ma non posso cambiare la sorte. Il bambino comunque<br />

guarirà, è per questo che siete venuti da me. E<br />

ricordati che appartiene a questa terra.<br />

Juan tornò al villaggio sconvolto dall’ira. Si domandò<br />

come Gracia fosse riuscita a trascinarlo nel cuore della<br />

montagna per ascoltare il delirio di una pazza che lo<br />

aveva tenuto per quattro ore accoccolato sul pavimento.<br />

La notte era buia, solo uno spicchio di luna velato<br />

dalle nubi illuminava il sentiero. Inès procedeva spedita<br />

seguita da Gracia, Juan camminava a tentoni dietro di<br />

loro, preoccupandosi di non farsi distanziare.<br />

– Juan hai sentito? Che ne pensi delle parole della<br />

curandera? – chiese Gracia, ricordandosi che la vecchia<br />

inaspettatamente aveva coinvolto il marito nella sua profezia.<br />

– Chi sono le donne lontane che soffrono? Non<br />

avevi detto che le tue figlie erano felici di saperti sano e<br />

sereno con una moglie ed un bambino?<br />

Juan prese tempo prima di rispondere. Non sapeva<br />

cosa dire. Lì per lì non gli venne in mente niente. Temeva<br />

che la suocera potesse intuire qualcosa…<br />

– Forse non si riferiva al presente ma al passato, –<br />

provò.<br />

– Quale passato? Quando le hai fatte soffrire? Sei<br />

un uomo cattivo tu?<br />

– Sono cattivo? Mi conosci! Loro hanno sofferto<br />

quando ho deciso di lasciare l’Italia per andare in America.<br />

Avevano appena perduto la madre e non volevano<br />

che me ne andassi. Hanno pianto e supplicato, – aggiunse<br />

dopo un’altra pausa di riflessione.<br />

– Che cosa temevano? Ancora non sapevano che<br />

136<br />

non saresti tornato, – obiettò giustamente Gracia, cogliendolo<br />

in fallo.<br />

Questa domanda esigeva una risposta coerente.<br />

– Il viaggio era lungo e pericoloso e io non tanto giovane,<br />

– proseguì Juan, rianimato nel vedere che Gracia<br />

scuoteva la testa e approvava la sua risposta, – e si saranno<br />

rattristate ancora di più, quando ho comunicato loro<br />

che non sarei tornato. Del resto è comprensibile! Perdere<br />

la madre e non vedere più il padre è doloroso a<br />

qualsiasi età.<br />

– È stato prima di conoscere me? – domandò Gracia.<br />

– Certo cara. Pensa! Se non avessi deciso così, non ci<br />

saremmo mai incontrati, – la blandì Juan perché smettesse<br />

di fare domande.<br />

Madre e figlia ripresero a chiacchierare tra loro, organizzandosi<br />

per i giorni successivi, ed esclusero Juan<br />

dai loro discorsi. L’uomo, ormai più spedito sulla strada<br />

che si avvicinava al villaggio, prese il bambino addormentato<br />

dalle braccia della nonna e continuò a rimuginare<br />

tra sé le parole della curandera. “Causerò ancora<br />

dolore. Che cosa avrà voluto dire? E perché darmi da<br />

bere un intruglio?” pensò irritato dal fatto che la vecchia<br />

non fosse stata più esplicita. “Al diavolo tutto!<br />

Questa situazione è assurda, non posso lasciarmi intimorire<br />

dalle parole di una vecchia megera ai confini del<br />

mondo. Per il quieto vivere concederò ancora qualche<br />

giorno a Gracia e alle sue inammissibili superstizioni.<br />

Domani stesso andrò via di qua e mi terrò pronto per il<br />

viaggio nella capitale”.<br />

Juan tornò in città ed attese con impazienza che<br />

Blanca gli portasse notizie di Sebastian. La ragazza arrivò<br />

il mercoledì per rassicurare il padre in ansia: il bambino,<br />

dopo la seconda seduta, stava meglio dei giorni<br />

precedenti ed aveva mangiato, senza vomitarli, alcuni<br />

137


cibi. Juan, sebbene temporaneamente rassicurato da<br />

queste notizie, si tenne pronto a partire alla volta della<br />

capitale, ma Blanca, che tornò ancora la domenica successiva,<br />

lo rincuorò del tutto sulla salute del piccolo, che<br />

ormai mangiava senza problemi i cibi che la madre e la<br />

nonna gli preparavano seguendo le indicazioni della<br />

guaritrice. Gracia rimase ancora due settimane al villaggio.<br />

Il suo ritorno in città con il bambino guarito tra le<br />

braccia fu trionfale. Il piccolo aveva già cambiato aspetto,<br />

la sua pelle aveva perduto i toni grigiastri e le guance<br />

rosate gli illuminavano il viso. La donna, felice, raccontò<br />

allo scettico marito come la curandera avesse operato<br />

nelle sedute successive e come, oltre al maleficio, avesse<br />

individuato un altro problema che faceva star male il<br />

bambino. La donna, congedandola dopo l’ultima seduta,<br />

si era raccomandata perché Sebastian non mangiasse<br />

più alcuni cibi che, come aveva spiegato, “hanno il potere<br />

di allontanare il corpo dall’anima e a lungo andare<br />

lo porterebbero alla morte”.<br />

Juan, con sollievo, prese atto della situazione e provò<br />

a spiegare a Gracia ciò che pensava. Non credeva al maleficio<br />

né alle farneticazioni della curandera, ma di fronte<br />

alle resistenze della moglie tenne per sé i propri pensieri.<br />

* * *<br />

Il 27 aprile 1933, nel giorno del suo cinquantottesimo<br />

compleanno, Juan ricevette la notizia che sarebbe<br />

diventato padre per la seconda volta. Sua moglie, al secondo<br />

mese di gravidanza, era florida e serena ed accolse<br />

con gioia l’arrivo di un nuovo figlio. Ne aveva già partoriti<br />

tre, mettere al mondo il quarto non sarebbe stato<br />

un problema. La nuova paternità lo fece sentire chiuso<br />

138<br />

in una morsa di responsabilità che lo indusse a prendere<br />

una decisione solenne. L’ora di chiarire la sua posizione<br />

con la famiglia in Italia era arrivata. Avrebbe confessato<br />

tutto! Quanto a Gracia, non era necessario che sapesse.<br />

Nonostante i propositi, però, continuò a rimandare il<br />

momento in cui avrebbe scritto, finché la spinta alla<br />

lealtà, sopraffatta dalle vicissitudini quotidiane, si affievolì<br />

e lo abbandonò. Così Juan attese un’altra occasione<br />

più propizia, magari la nascita del figlio che, imprimendo<br />

al suo animo la giusta carica emotiva, gli avrebbe finalmente<br />

consentito di liberarsi del suo segreto.<br />

I mesi trascorsero lentamente, il bambino cresceva<br />

nel ventre di sua madre; i movimenti di Gracia si fecero<br />

più lenti ed impacciati e la donna, alquanto appesantita,<br />

trascorreva a letto quasi tutta la giornata, accudita da<br />

Inès e da Blanca. Quando i nove mesi furono compiuti,<br />

senza evidenti difficoltà diede alla luce una bella e robusta<br />

bambina che, tra lo stupore dei presenti, nacque con<br />

gli occhi aperti e con il sorriso sulle labbra. Questo fatto<br />

fu considerato di buon auspicio dalla nonna e dalla levatrice,<br />

che immediatamente profetizzarono per Felicia,<br />

così aveva deciso di chiamarla sua madre, felicità e<br />

fortuna. La nonna si premurò di posare sulla sua culla<br />

un bellissimo chumpi tessuto al villaggio. Sapeva che la<br />

piccola, allevata in città, non avrebbe mai avuto occasione<br />

di indossare quella tradizionale cintura di finissima<br />

lana colorata che, in ogni caso, le avrebbe portato<br />

gioia e ricchezza. Le due donne non sapevano che il destino<br />

aveva in serbo qualcosa di diverso per la bambina,<br />

che, a dispetto degli auspici tratti così in fretta, fu accuratamente<br />

scansata dalla Fortuna sin dai primi giorni di<br />

vita. Ad una settimana dalla sua nascita la madre morì<br />

senza che il medico, chiamato d’urgenza, ne capisse il<br />

motivo e potesse intervenire per salvarla. La piccola fu<br />

139


attezzata subito dopo la morte di sua madre, ed accanto<br />

al nome che Gracia aveva scelto per lei, le fu imposto<br />

anche quello di Cruz, e poiché i due nomi accostati potevano<br />

suonare inopportuni, suo padre e sua nonna decisero<br />

che sarebbe stata semplicemente Cruz, a memoria<br />

perenne dell’evento doloroso che aveva accompagnato<br />

la sua nascita.<br />

La disperazione di Juan per la morte di Gracia fu seconda<br />

soltanto al dolore di Inès per la perdita della figlia.<br />

Tutti i disegni dell’uomo per il futuro dei suoi bambini<br />

si frantumarono, polverizzati da un’imprevedibile<br />

realtà. Questa volta non sarebbero bastati i suoi libri ad<br />

allontanarlo dal mondo e ad aiutarlo a placare il tormento.<br />

Il dolore, in quel momento, esigeva l’azione e<br />

non la contemplazione. Come prendersi cura di due infanti<br />

e di due adolescenti che avevano perduto la madre?<br />

Senza che lui potesse trovare il tempo di domandarle<br />

qualcosa, Inès decise di rimanere in città e di assumere,<br />

nei confronti dei bambini e nella direzione della<br />

casa, il ruolo che era stato di sua figlia. Juan si sentì alleviato<br />

dal gran carico di responsabilità e fu d’accordo<br />

con la decisione della suocera. Ben presto, tuttavia, tra i<br />

due cominciarono i contrasti. Inès odiava il genero, lo<br />

riteneva responsabile della morte della figlia e non trascorreva<br />

giorno che non glielo rinfacciasse. Juan comprendeva<br />

il dolore della donna e cercava, tacendo, di<br />

tollerarne lo sfogo. Che cosa avrebbe potuto rispondere?<br />

Del resto Inès aveva ragione, era stato un pazzo egoista,<br />

avrebbe dovuto rinunciare ad avere altri figli. Se solo<br />

avesse potuto prevederlo!<br />

Con il tempo il dolore di Inès non si attenuò e le accuse<br />

contro il genero divennero insopportabili. Juan<br />

cercò di essere conciliante.<br />

– Donna Inès, invece di accusarmi ingiustamente<br />

140<br />

aiutatemi a crescere bene questi bambini… Cerchiamo<br />

di trovare una soluzione perché non ne posso più!<br />

– La soluzione la dovevi trovare tu, prima. Mia figlia<br />

è stata sfortunata. Solo disgrazie da quando ti ha<br />

incontrato! – accusò Inès. – Le maledizioni che ti porti<br />

appresso ci hanno già fatto soffrire abbastanza!<br />

– Chi vi ha messo in testa queste stupidaggini? – si<br />

spazientì Juan. – La sorte ha voluto così!<br />

– La sorte? Eppure ti è stato detto chiaramente che<br />

ti porti appresso il maleficio, la curandera…<br />

– Al diavolo la curandera! – la interruppe Juan. –<br />

Basta! Vi ricordo che siete a casa mia, smettetela o vi<br />

caccio quant’è vero Iddio! – aggiunse, urlando con la<br />

voce strozzata dall’ira.<br />

– Io non andrò via di qua neanche morta! Devo proteggere<br />

i bambini e lo farò ad ogni costo!<br />

Juan era esasperato. – Da chi li volete proteggere, da<br />

me? Io sono il padre. Ve lo siete scordato o pensate che<br />

abbia intenzione di fargli del male? Io li amo più di me<br />

stesso, sono il mio sangue e per loro sono disposto a<br />

tutto!<br />

– Tu ti porti appresso il maleficio, è questo il danno<br />

che puoi fare ai bambini.<br />

– Se non la smettete subito, io i bambini me li porto<br />

in Italia e voi non li rivedrete mai più. Siete contenta<br />

così? – minacciò l’orafo.<br />

Inès tacque di colpo e lanciò al genero uno sguardo<br />

carico di odio feroce.<br />

* * *<br />

Trascorsero alcuni mesi durante i quali i loro rapporti<br />

si inasprirono ulteriormente. Ormai si rivolgevano<br />

la parola solo per necessità, e la presenza di uno di<br />

141


loro accanto ai bambini implicava l’assenza dell’altro.<br />

Così Juan, pur nella propria casa, cominciò a poter trascorrere<br />

sempre meno tempo accanto ai piccoli e Inès<br />

faceva di tutto per sottrarli alla sua vista. Juan, esasperato<br />

ed avvilito, pensò di liberarsi di lei, ma prima di<br />

agire doveva studiare bene il modo. Affrontarla apertamente<br />

avrebbe significato ricadere nei soliti discorsi<br />

medioevali dei malefici e delle maledizioni. O la morte<br />

della figlia aveva sconvolto la mente di Inès o queste<br />

convinzioni superstiziose erano così profondamente<br />

radicate nell’animo della donna che niente, nessun discorso<br />

e nessun comportamento, avrebbe potuto cambiare<br />

la situazione. Lo addolorava privare i piccoli di<br />

quella figura familiare che costituiva per loro un valido<br />

punto di riferimento, sarebbe stato come privarli ancora<br />

una volta della loro madre, tuttavia il suo comportamento<br />

non gli lasciava altra scelta.<br />

Inès odiava Juan e non faceva niente per nasconderlo,<br />

avrebbe voluto che soffrisse almeno quanto soffriva<br />

lei per la morte della sua unica, sfortunata figlia. Invece<br />

lui, dopo i primi giorni in cui si era disperato, sembrava<br />

essere tornato perfettamente tranquillo: mangiava, dormiva,<br />

sorrideva, andava a lavorare ed aveva scordato<br />

Gracia. Sarebbe voluta tornare al villaggio, dove si sentiva<br />

protetta e sicura, portando con sé i bambini, ma da<br />

sola non sarebbe riuscita a tirarli su tutti e quattro. Non<br />

avrebbe avuto il denaro per pagare la retta del collegio<br />

per le ragazzine e non sapeva nemmeno se, vedendo lei<br />

mezza india, le suore avrebbero accettato di mantenerle,<br />

istruendole ed educandole come se fossero bianche.<br />

Suo genero era stato necessario a questo riguardo. Il padre<br />

di Gracia era bianco, come pure il padre delle due<br />

ragazzine, che lasciavano solo intuire le tracce delle loro<br />

ascendenze. Juan, con la sua presenza distinta ed i suoi<br />

142<br />

rapporti con le alte cariche ecclesiastiche, era riuscito a<br />

cancellare quel pallido barlume di sangue non puro e a<br />

fare accettare le bambine in uno dei migliori collegi della<br />

città. Lei cosa avrebbe potuto fare? Il denaro e la presenza<br />

di Juan erano necessari per assicurare a tutti i suoi<br />

nipoti un futuro. La sua minaccia di andarsene con i<br />

piccoli le rimaneva inchiodata nella mente. In tal caso<br />

lei cosa avrebbe fatto? Era molto spaventata e preoccupata.<br />

Negli ultimi tempi l’orafo si era incontrato molto<br />

spesso con Carlo Palombelli che, l’ultima volta, il giovedì<br />

della settimana precedente, era venuto a trovarlo<br />

con una cartella piena zeppa di fogli e giornali. Divorata<br />

dalla curiosità, Inès aveva incollato l’orecchio alla porta<br />

e lo aveva sentito confidare all’amico italiano il suo desiderio<br />

di cedere l’attività e di vendere, ma non era riuscita<br />

a saperne di più perché, all’improvviso, suo genero<br />

aveva proseguito la discussione in italiano. In mancanza<br />

di notizie dirette, la donna trascorse il tempo a spiare i<br />

movimenti di Juan per scoprire un indizio che le rivelasse<br />

le sue intenzioni. Continuò ad origliare alle porte, a<br />

controllare gli orari dei suoi spostamenti, si recò al negozio<br />

e interrogò Pedro e Ignacio, che furono gentili,<br />

ma del tutto vaghi nelle risposte.<br />

Pedro e Ignacio, invece, sapevano una grande quantità<br />

di cose e così anche Carlo Palombelli. Con loro Juan<br />

si era confidato. Era vero, voleva vendere il negozio e<br />

tornare in Italia con i bambini. La sua decisione era definitiva<br />

e non era soltanto l’odio di Inès nei suoi confronti<br />

ad averlo spinto a questo passo. L’Italia era la sua<br />

patria e sarebbe stata anche quella dei bambini. Adesso<br />

che Gracia era morta non c’era niente che lo legasse a<br />

questo Paese. Era anziano, e aveva il terrore di morire<br />

lasciando sole quelle piccole anime che, invece, in Italia<br />

avrebbero trovato l’affetto e il calore di una famiglia. In<br />

143


Italia Sebastian e Cruz avrebbero potuto condurre una<br />

vita serena, lontani dalla violenza e dalla paura. Sulla<br />

sua decisione pesava anche il ricordo dei terribili episodi<br />

che, poco tempo prima, avevano insanguinato la città<br />

e il Paese. Aveva ancora nelle orecchie le urla disperate<br />

della moglie e dei figli del maestro Raoul Martin, e i passi<br />

dei miliziani che lo avevano picchiato e trascinato via<br />

nella notte. Almeno un migliaio di persone sospettate di<br />

eversione erano sparite e non si sapeva che fine avessero<br />

fatto. Si parlava, sottovoce e con grande timore, di esecuzioni,<br />

ma nessuno aveva avuto il coraggio di andare a<br />

chiedere notizie dei parenti o degli amici scomparsi, né<br />

di andare a controllare nella città di sabbia in mezzo al<br />

deserto dove si diceva che fossero stati giustiziati. Neanche<br />

Juan c’era mai andato, aveva però intravisto la Città<br />

delle Lunghe Muraglie molti anni prima, mentre con<br />

Valentino si recava alle miniere. Aveva sempre desiderato<br />

visitare quel complesso monumentale interamente<br />

costruito con gli adobe, i mattoni di fango: adesso sapeva<br />

che non lo avrebbe mai fatto. Era trascorso più di un<br />

anno da quegli avvenimenti terribili, ma la tensione era<br />

ancora palpabile e la paura sempre presente tra la popolazione.<br />

Tutto avrebbe potuto ripetersi di nuovo. In Italia<br />

invece sembrava che ci fosse tranquillità e sicurezza<br />

economica. Se ne parlava al circolo e Carlo gli aveva<br />

portato alcuni giornali.<br />

Era dispiaciuto per le due ragazzine figlie di Gracia,<br />

ma per lui adesso la cosa più importante era il destino<br />

dei due piccolini. Così una sera, dopo essere rientrato a<br />

casa ed aver trovato, come al solito, tutto buio, i bambini<br />

addormentati e la cena fredda, si chiuse a chiave nella<br />

propria stanza, prese carta e penna e scrisse una lunga<br />

lettera a Dora, la più pacata e comprensiva delle figlie,<br />

confessando la sua colpa. La pregò di essere cauta nel<br />

144<br />

raccontare tutto a sua madre e la scongiurò di perorare,<br />

insieme alle altre sorelle, la sua causa presso di lei. «…<br />

Riconosco di aver sbagliato e vi chiedo perdono con<br />

tutto il cuore per l’offesa e per il disonore che è ricaduto<br />

su di voi, tuttavia sappiate che quando tornerò, se vostra<br />

madre permetterà che io torni, la vergogna sarà solo<br />

la mia ed io salderò tutti i debiti morali e materiali che<br />

ho con voi…»<br />

Il giorno dopo non aveva cambiato idea, lesse ancora<br />

una volta ciò che aveva scritto e pensò di aver trovato i<br />

tasti giusti per muovere il cuore di Margherita. Chiuse<br />

accuratamente il foglio in una busta, si vestì velocemente<br />

e, senza cercare di vedere i bambini, uscì di buon’ora<br />

per imbucare la lettera. Dopo si sentì più leggero. Ormai<br />

non poteva tornare sui suoi passi. In mattinata la<br />

posta sarebbe stata ritirata e l’indomani la sua lettera si<br />

sarebbe trovata sul piroscafo che attraversava l’oceano.<br />

Margherita avrebbe saputo e lo avrebbe perdonato. Era<br />

una donna buona e caritatevole, sempre pronta a tendere<br />

la mano a chiunque le chiedesse aiuto. Avevano condiviso<br />

gioie e dolori, si sarebbe infuriata ma, di fronte<br />

alle sue argomentazioni, era certo che non avrebbe resistito<br />

ed avrebbe saputo perdonare.<br />

Quella mattina Blanca nel riordinare la camera di<br />

Juan notò le carte sparse sullo scrittoio, la penna e l’inchiostro<br />

fuori posto. Questa era una di quelle novità<br />

delle quali Inès aveva preteso che la ragazza la informasse.<br />

Inès l’aveva messa in guardia sul fatto che don Juan<br />

aveva l’intenzione di lasciare la città; le conseguenze di<br />

questo gesto sarebbero state spiacevoli anche per lei,<br />

che sarebbe rimasta senza lavoro, per questo doveva fare<br />

di tutto per evitare che don Juan se ne andasse.<br />

– Come posso fare io a far restare don Juan nel nostro<br />

Paese? – domandò stupita la ragazza.<br />

145


– Tu non preoccuparti che il modo per non lasciarlo<br />

partire lo trovo io. Tu mi devi informare immediatamente,<br />

se noti qualcosa di strano o di diverso nel suo<br />

comportamento. Qualsiasi cosa, gli orari, i vestiti, ogni<br />

minimo indizio.<br />

Blanca, anche se non era dotata di molto acume,<br />

comprese subito che quella era una delle cose diverse<br />

dal solito di cui doveva informare Inès. Lo fece subito,<br />

e Inès cominciò ad attendere una lettera dall’Italia.<br />

146<br />

Per pettinarsi Margherita si allontanò dallo specchio.<br />

La propria immagine riflessa la infastidiva, la solitudine<br />

aveva conferito al suo viso un’espressione triste<br />

che lei preferiva ignorare. Viveva sola, e la sua vita scorreva<br />

piuttosto monotona tra le visite saltuarie delle figlie<br />

e quelle quotidiane delle solite comari con le quali, per<br />

intere giornate, seduta davanti al camino d’inverno e<br />

davanti alla porta di casa d’estate, consumava, a furia di<br />

parlarne, le banali novità del paese: nascite, morti, matrimoni<br />

e liti coniugali. L’ultimo evento che, per settimane,<br />

aveva fatto spalancare la bocca a tutta la cittadinanza<br />

era stato il matrimonio della maestra Maria. Margherita<br />

era stata la prima ad esserne informata. La promessa<br />

sposa, infatti, si era recata a ritirare il corredo custodito<br />

dall’amica e con gli occhi traboccanti di felicità<br />

le aveva confidato ogni cosa: – Fra un mese io e Filippo<br />

coroneremo il nostro sogno d’amore. Abbiamo atteso<br />

ben trentacinque anni e finalmente il Signore lo ha liberato<br />

grazie alle mie preghiere.<br />

– Sono contenta per voi, ma penso proprio che se il<br />

Signore avesse voluto facilitarvi le cose lo avrebbe fatto<br />

molto tempo prima senza farvi aspettare trentacinque<br />

anni, – aveva osservato sarcastica Margherita.<br />

L’anziana maestra aveva abbassato gli occhi colmi di<br />

lacrime che le erano scivolate giù perdendosi tra le rughe.<br />

– Asciugate quelle lacrime! Non siete stati i soli a soffrire,<br />

anche quella povera moglie avrà avuto la sua buona<br />

dose di dolore.<br />

– Ma che dite? Lei non ha mai saputo niente. Solo<br />

147


voi sapevate qualcosa e vi ringrazio per non avermi tradito.<br />

Ora certamente la notizia farà scalpore, ma noi<br />

non vogliamo più nasconderci. Vivremo in città nella<br />

sua casa, ricompreremo i mobili e finalmente saremo felici.<br />

Margherita aveva provato una punta d’invidia pensando<br />

alla felicità della donna e ne aveva apprezzato la<br />

perseveranza, dopotutto aveva atteso l’uomo che amava<br />

per un tempo lunghissimo. Questo doveva essere per lei<br />

un monito a non perdere la speranza? Non le piaceva<br />

parlare con nessuno del marito e della sua assenza, era<br />

un dolore profondo che teneva per sé.<br />

Assunta la esortava ad essere più realistica e a pensare<br />

a se stessa. – Mamma come fate a dargli ancora fiducia?<br />

C’è qualcosa che non quadra. Salvatore non mi ha<br />

mai lasciato senza niente, quando denaro ne aveva poco<br />

ne mandava poco. È possibile che il babbo rimanga in<br />

un paese straniero a vivere di stenti? E senza un motivo<br />

reale! Io non posso crederci! Come avrà potuto rinunciare<br />

a tutte le comodità che aveva a casa sua?<br />

– Tuo padre è sempre stato un uomo onesto. Non ci<br />

ha mai mentito, perché dovrebbe essere cambiato?<br />

– La vita ci cambia, mamma! Non sappiamo nulla<br />

di quello che ha trovato laggiù. Sarebbe dovuto tornare<br />

dopo un anno, al massimo due, e invece sono passati<br />

otto anni. Vedrete! Tornerà vecchio, e solo per farsi<br />

accudire da voi. Datemi retta! Vendete questa casa.<br />

Compratene una piccola vicino a me e ad Agnese, intanto<br />

non sarete sola e quando tornerà ce ne sarà anche<br />

per lui.<br />

Le parole di sua figlia davano corpo a tutte le sue<br />

paure e la toccavano nel profondo, ma non sarebbe andata<br />

via dalla sua casa. Ancora no! Sarebbe stato come<br />

arrendersi e lei non era ancora disposta a cedere di fron-<br />

148<br />

te al paese, che ormai la considerava una delle tante “vedove<br />

bianche” in attesa di un marito che non tornava e<br />

scriveva sempre meno. L’ultima lettera di Giovanni risaliva<br />

al Natale precedente e mancava solo un mese al<br />

Natale del millenovecentotrentatre. Quello era sicuramente<br />

un anno di freddo eccezionale per tutti i paesini<br />

della montagna, in cui la vita sembrava essersi fermata.<br />

Nevicava in continuazione, nessuno osava aggirarsi per<br />

le strade e Margherita si sentiva abbandonata. L’assenza<br />

di Assunta le pesava. Avrebbe desiderato averla accanto,<br />

la figlia, ma ormai neppure la sua vecchia casa esisteva<br />

più. Era stata rasa al suolo per fare posto alla scuola<br />

elementare, un edificio nuovo, il più grande del paese.<br />

Costruirlo non era stato semplice né lo era stato convincere<br />

i genitori a lasciarci entrare i bambini. C’erano volute<br />

processioni e benedizioni sin dal momento in cui,<br />

sotto i primi colpi di piccone, erano venuti alla luce quei<br />

tre scheletri antichi. – Un adulto e due bambini, – aveva<br />

sentenziato il brigadiere Parri. Il paese era piombato sugli<br />

scavi e gli anziani avevano frugato nella loro memoria<br />

raccontando storie su storie. Era stato il vecchio Raffaele,<br />

padrone della segheria, a ricordare un episodio<br />

accaduto durante la giovinezza di sua madre. In circostanze<br />

misteriose una donna con i suoi figli erano spariti<br />

dal paese. Il marito, che aveva denunciato la scomparsa,<br />

era stato sospettato di omicidio. Aveva subìto lunghi interrogatori,<br />

un processo, ma non la condanna, dato che<br />

i corpi non erano stati mai ritrovati. L’uomo aveva vissuto<br />

per qualche anno in disperata solitudine, emarginato<br />

dai compaesani che lo consideravano colpevole, quindi<br />

si era ammalato e consumato come un lumicino. Sul letto<br />

di morte aveva voluto liberarsi la coscienza, confessando<br />

di aver ucciso i bambini e la moglie che voleva abbandonarlo.<br />

Non aveva fatto in tempo a rivelare dove si<br />

149


trovassero i corpi di quegli infelici. Quale che fosse realmente<br />

la loro storia, quei poveri resti avevano ricevuto<br />

degna sepoltura e Margherita aveva recitato le preghiere<br />

per le loro anime tormentate. Avrebbe voluto raccontare<br />

l’accaduto a sua figlia, ma sapeva che avrebbe accolto<br />

con grande fastidio la voce del paese che collegava<br />

quegli scheletri ai rumori che l’avevano assillata per tanto<br />

tempo. Assunta era proprio come suo padre, non<br />

avrebbe mai ammesso, almeno non davanti a lei, che<br />

presenze invisibili e forze inspiegabili potessero popolare<br />

il mondo dei vivi, e a maggior ragione ora che aveva<br />

superato gli esami di ammissione al corso di infermiera<br />

nell’ospedale della città.<br />

* * *<br />

Il sedici novembre Dora, intenta ad allattare l’ultimo<br />

nato, lesse la lettera che suo padre le inviava dopo quasi<br />

un anno di silenzio. Sussultò e il poppante, che percepì<br />

il cambiamento repentino del suo stato d’animo, cominciò<br />

a strillare. Dora lo ignorò, continuando a leggere<br />

allibita. Chi lo avrebbe detto alla mamma? Era sconvolta,<br />

aveva bisogno di confidarsi con qualcuno, aveva<br />

necessità di un consiglio. Posò il bambino, che ancora si<br />

lamentava perché il suo pranzo era stato interrotto bruscamente,<br />

e corse dal marito. Trafelata gli annunciò di<br />

aver ricevuto una lettera dal padre.<br />

– Oh mi fa piacere, mandagli i miei saluti, – rispose<br />

Paolo senza sollevare la testa dal banco di lavoro.<br />

– Ha scritto cose molto gravi, le ha confessate a me e<br />

vuole che sia io a riferirle alle mie sorelle e a mia madre.<br />

Povera mamma, – pianse Dora. – Non so come fare.<br />

– Che cosa ha fatto di preciso? – domandò distrattamente<br />

Paolo, più per dovere che per interesse.<br />

150<br />

– Ha due figli! – urlò Dora, soffocata dal pianto.<br />

– Due figli? – fece eco l’uomo. – Auguri!<br />

– Devo trovare una soluzione. Vado da mia sorella<br />

Assunta.<br />

– Oh mi fa piacere, salutala, – le rispose Paolo, sorridendo<br />

indifferente.<br />

Dora scappò via esasperata, suo marito non avrebbe<br />

potuto esserle di nessun aiuto. Si domandò che cosa le<br />

desse la forza di sopportare ancora quell’uomo sempre<br />

distratto e assente, che a malapena ricordava il nome dei<br />

propri figli. Avrebbe dovuto trovare il coraggio di lasciarlo<br />

quella stessa mattina in cui, a due mesi dal matrimonio,<br />

lui l’aveva delusa per la prima volta.<br />

Qualcosa l’aveva svegliata. Era stato il tramestio che<br />

giungeva dal piano inferiore della sua casa, il borbottio<br />

sommesso di qualcuno che teneva bassa la voce, il tonfo<br />

sordo di un grosso oggetto che cade. Era balzata giù dal<br />

letto, rabbrividendo al contatto con il pavimento gelato.<br />

Avvolta in uno scialle si era precipitata al piano di<br />

sotto per scoprire la casa quasi vuota. Dalla cucina mancavano<br />

la credenza e le sedie, dalla sala il divano e tutte<br />

le suppellettili. Pensando ad un furto era corsa verso il<br />

portone spalancato. In mezzo alla via, nella luce tenue e<br />

lattiginosa del mattino, un uomo e una donna finivano<br />

di caricare i suoi mobili su un carro. Paolo sorrideva e<br />

continuava ad inchinarsi con aria deferente, ringraziando.<br />

– Grazie per la gentilezza e per la pazienza, – lo aveva<br />

sentito cantilenare Dora, esterrefatta. Quando Paolo<br />

si era voltato e l’aveva notata, immobile nella cornice<br />

del portone, che pareva l’immagine di una martire, l’aveva<br />

presa per mano e condotta in cucina. Lei, docile, lo<br />

aveva seguito.<br />

– Siediti e lascia che ti spieghi, – le aveva detto mettendola<br />

a sedere come una bambina. Le aveva ricom-<br />

151


posto i capelli e le aveva posato i piedi sull’altra sedia<br />

perché non si raffreddasse. – Volevo fare bella figura<br />

con te e con la tua famiglia. Volevo farti felice, almeno<br />

per un po’.<br />

Dora era venuta a sapere così di aver vissuto in una<br />

casa i cui mobili, per metà, erano presi in prestito. Si era<br />

rassegnata, aggrappandosi alla speranza di poter ricomprare<br />

tutto al più presto, ma, nei mesi successivi, anche i<br />

gioielli erano spariti, e aveva scoperto che Paolo, nella<br />

gioielleria, era un semplice commesso. Questi avvenimenti<br />

erano stati causa di litigi continui, e Dora avrebbe<br />

voluto abbandonare quel marito che dopo poche parole<br />

di scusa se ne andava senza più badare a lei. Poi erano<br />

arrivati i bambini.<br />

* * *<br />

Assunta fu piacevolmente sorpresa per la visita inaspettata<br />

della sorella, ma la sua gioia si trasformò in rabbia<br />

e disperazione quando Dora la mise al corrente dei<br />

fatti e le mostrò la lettera. Non esisteva un modo indolore<br />

per comunicare la notizia a Margherita. Dopo alcuni<br />

giorni di tentennamenti, di decisioni prese e subito<br />

sconfessate, Assunta ritenne opportuno non indugiare<br />

oltre. Affidò i propri figli a Dora e si recò da sua madre.<br />

– Ho pregato tanto la Madonna perché qualcuna di<br />

voi si facesse viva ed eccoti qua. Ti preparo un buon<br />

caffè caldo, sei tutta gelata! Ma perché quella faccia? È<br />

successo qualcosa ai bambini?<br />

– Mamma, i bambini stanno bene, non vi preoccupate<br />

per loro. Sono venuta per portarvi a casa. Non mi piace<br />

sapervi sola con questo tempo.<br />

– Ti preoccupi per niente, fra poco smetterà di nevicare,<br />

vedrai! Ma cosa c’è, stai male? – chiese Margheri-<br />

152<br />

ta, sconcertata dall’espressione della figlia che non le<br />

aveva sorriso nemmeno una volta.<br />

Assunta allungò le mani sul fuoco e la rassicurò, poi<br />

con tono perentorio la invitò a fermarsi: – Sedetevi un<br />

momento, mamma! È arrivata una lettera dal babbo…<br />

ci sono novità che non vi piaceranno e che dovremo discutere<br />

tutte insieme.<br />

– Che novità ci sono? Tuo padre sta male? Che cosa<br />

gli è successo? – si allarmò la donna.<br />

– Babbo è in piena salute a quanto pare. Ha due figli.<br />

– Ha due… cosa? – Margherita si immobilizzò. Fu<br />

come se un fulmine l’avesse colpita.<br />

– Due figli, – ripeté Assunta, con voce strozzata.<br />

– Tuo padre? Da quando? – le gambe cedettero, e la<br />

donna crollò pesantemente su una sedia.<br />

Assunta cominciò a piangere. – Da poco. Sono piccoli.<br />

L’indignazione ebbe il sopravvento sulla sorpresa.<br />

Margherita recuperò subito le forze e la voce. – Che animale!<br />

E a chi ha dato la notizia a te o a tua sorella? –<br />

esplose.<br />

– A Dora. Non ha avuto il coraggio di scrivere a voi.<br />

– Animale! Infame! E io qui ad aspettare senza una<br />

lira. Io ho mendicato il pane dalle mie figlie e lui non ha<br />

avuto il coraggio?<br />

Il caffè sul fuoco si bruciò.<br />

– Smetti di piangere! – ingiunse alla figlia. – Vedi? Io<br />

non piango. Io lo maledico quel verme, lo maledico e gli<br />

auguro di provare lo stesso dolore e la stessa vergogna<br />

che proviamo noi!<br />

Così dicendo si alzò e andò nella sua camera, frugò<br />

nei cassetti, finché trovò una bella foto in cui Giovanni<br />

indossava un abito elegante e aveva il suo bastone da<br />

passeggio con la testa di levriero; da un altro cassetto<br />

153


tirò fuori una cornice, vi mise la fotografia e la posò sul<br />

cassettone, accanto a quella del figlio Pietro.<br />

– Che cosa fate? – domandò Assunta, che aveva seguito<br />

sua madre e non riusciva a capire il motivo di quel<br />

gesto. Lei la foto l’avrebbe stracciata in mille pezzi.<br />

– Ecco! Adesso per me tuo padre è morto ed io non<br />

voglio sentirne parlare mai più!<br />

– Oh mamma, c’è ancora da parlare invece, – piangeva<br />

Assunta. – Venite a casa mia, con calma leggerete la<br />

lettera e poi decideremo. Vi prego!<br />

Assunta dovette insistere moltissimo per convincere<br />

sua madre, che infine acconsentì e andò con lei.<br />

Come la vide anche Dora non trattenne le lacrime.<br />

Assunta, in breve, la mise al corrente di quanto era accaduto.<br />

Margherita proibì alle figlie di piangere,<br />

mandò a chiamare Agnese e si fece consegnare la lettera<br />

del marito.<br />

«Parlane con le tue sorelle, figlia mia, e dite a vostra<br />

madre che ho voluto che i bambini nati in questo Paese<br />

avessero i nomi dei nostri cari Pietro ed Emma che non<br />

sono più su questa terra, ma sono sempre nel mio cuore.<br />

Io non cerco scusanti, chiedo solo il vostro perdono.<br />

Abbiate pietà di questi poveri piccoli! La loro madre è<br />

morta e se vostra madre acconsentirà io ritornerò in Italia<br />

con loro…»<br />

Margherita lesse sino in fondo. Una furia cieca minacciava<br />

di farle scoppiare il cuore, cercò di dominarsi,<br />

posò la lettera sul tavolo e si pulì le mani sul vestito come<br />

se il contatto con quel foglio le ripugnasse.<br />

– Che tu possa crepare e morire di dolore, maledetto!<br />

I figli che io ho messo al mondo non possono essere<br />

sostituiti da nessuno. Questa è la mia risposta.<br />

– Mamma, ci avete pensato bene? – intervenne dolcemente<br />

Dora. – Non lo rivedremo più, mai più.<br />

154<br />

– Scema! – la riprese la madre con tono aspro – Se la<br />

madre dei suoi figli fosse vissuta, pensi che l’avremo visto<br />

ancora? Apri gli occhi! Lui ha bisogno di qualcuno<br />

che gli allevi i bambini. Ma qui non troverà nessuno!<br />

– È la vostra ultima parola mamma? Non volete pensarci<br />

ancora? Aspettiamo che questa rabbia ci sia passata<br />

e poi decideremo a mente fredda, – propose Assunta.<br />

– Io ho deciso e non cambierò idea, il tempo non può<br />

fare altro che confermare la mia decisione. Ve lo immaginate<br />

vostro padre girare per il paese con i suoi bastardi?<br />

Non oso pensare ai commenti della gente! Che una<br />

di voi scriva la risposta. Dora, scrivi tu visto che lui si è<br />

rivolto a te e usa le parole che vuoi, non mi interessa, ma<br />

il concetto deve essere ben chiaro: qui non lo voglio più<br />

vedere!<br />

E Dora scrisse.<br />

155


1934<br />

Inès lanciò uno sguardo rapace al postino, che con<br />

esasperante lentezza frugò nella borsa di cuoio e le consegnò<br />

una busta bianca leggermente spiegazzata.<br />

– Ecco qui! Per vostro genero, dall’Italia.<br />

Provò un senso di trionfo. La vittoria sarebbe stata<br />

sua, avrebbe scoperto le intenzioni di Juan e lo avrebbe<br />

battuto sul tempo. Ma prima avrebbe dovuto risolvere<br />

un problema: la lettera doveva essere letta e tradotta.<br />

Lei a malapena sapeva scrivere il proprio nome e chiedere<br />

aiuto ai compatrioti di suo genero non sarebbe<br />

stata un’idea felice. Le avrebbero fatto mille domande<br />

e nel giro di un’ora Juan sarebbe venuto a conoscenza<br />

dei suoi tentativi. Decise dunque di attendere il momento<br />

opportuno.<br />

Anche Juan attendeva con impazienza quella lettera.<br />

Sapeva bene che ci sarebbe voluto del tempo prima che<br />

le sue donne in Italia assorbissero il colpo e gli comunicassero<br />

la loro decisione. Avrebbe dovuto attendere<br />

che, laggiù, la notizia fosse discussa nel segreto delle<br />

mura domestiche, accettata e comunicata al paese che, a<br />

sua volta, avrebbe condannato, commentato, accettato.<br />

Per il resto l’orafo era quasi certo della risposta. Sapeva<br />

di aver usato le parole giuste per commuovere la donna<br />

con la quale aveva vissuto per trent’anni. Prima di muoversi<br />

preferiva conoscere la risposta di Margherita, non<br />

solo per evitarle una terribile umiliazione, ma soprattutto<br />

per risparmiare a se stesso i problemi che un arrivo<br />

157


inatteso gli avrebbe causato. In grande segreto il suo<br />

amico Carlo lo aveva aiutato a richiedere i documenti<br />

necessari per lasciare il Paese. Sino a quel momento<br />

Juan si era mosso con molta cautela. Gli accordi con<br />

Ignacio e Pedro erano già stati presi nel chiuso della<br />

bottega e l’orafo si era messo in contatto con un avvocato<br />

perché la casa fosse intestata alle due figlie maggiori<br />

di Gracia. In questo modo le ragazzine non si sarebbero<br />

sentite tradite e abbandonate a se stesse.<br />

Per non destare sospetti Juan continuò a recarsi regolarmente<br />

al lavoro. Voleva che Inès non sapesse niente<br />

sino al momento della partenza.<br />

Tuttavia Inès stava all’erta. La lettera, per lei ancora<br />

indecifrabile, era sempre al sicuro in attesa che spuntasse<br />

qualcuno in grado di tradurla. Nell’ultima settimana<br />

aveva notato che suo genero appariva preoccupato,<br />

usciva presto e rientrava tardi, perciò intensificò<br />

la vigilanza, e una mattina lo seguì. Delusa dal pedinamento,<br />

infruttuoso, decise di rientrare a casa evitando<br />

la via della bottega. Blanca, in attesa dietro la finestra,<br />

le corse incontro per avvisarla che Juan era già lì con il<br />

suo amico.<br />

– Ha fatto prima di me, il giovanotto, – osservò caustica,<br />

quindi senza perder tempo si mise ad origliare alla<br />

porta. Sperò che Juan si esprimesse nella lingua che<br />

lei riusciva a comprendere. Fu fortunata perché i due<br />

discutevano in spagnolo.<br />

– Sapete Carlo, vi sono sinceramente amico e vorrei<br />

ringraziarvi per una cosa della quale finora non vi ho<br />

mai parlato e della quale penso che siate in ogni modo<br />

a conoscenza. Non ve ne ho mai parlato esplicitamente<br />

perché temevo di offendervi. Adesso le dicerie si sono<br />

placate ed è ora che io chiarisca con voi la mia posizione.<br />

158<br />

– Vi ascolto, – rispose semplicemente Carlo.<br />

– È per quella faccenda… di vostra moglie.<br />

Juan tacque osservando l’espressione dell’amico.<br />

Inès sentì un lungo silenzio e non vide Carlo annuire<br />

ad occhi socchiusi.<br />

– Io vi giuro, sul mio onore, che non ho mai pensato,<br />

nemmeno per un attimo…<br />

– Lo so, lo so, non dovete preoccuparvi, l’ho sempre<br />

saputo. Vedete, Matilde non è cattiva, ma è fatta<br />

così o meglio è diventata così con l’età. Io penso che la<br />

sua sia una malattia… Del resto se vi avessi ritenuto<br />

colpevole di qualcosa non vi avrei più frequentato, invece,<br />

sappiatelo, ho sempre avuto fiducia in voi ed ho<br />

apprezzato la vostra discrezione. Povera Matilde, certo<br />

non le siete simpatico, è inutile negarlo, e so che non<br />

ha avuto parole gentili nei vostri riguardi, inoltre non<br />

sopporta che vi frequenti e diciamo anche che questa è<br />

la mia vendetta nei suoi confronti. È così curiosa, freme,<br />

vuole sapere perché ultimamente ci incontriamo<br />

così spesso.<br />

La discussione all’improvviso proseguì in italiano e<br />

Inès, indispettita, fu costretta ad abbandonare la sua<br />

postazione. I giorni trascorsero così senza che nessuna<br />

notizia giungesse a gratificare i due anziani rivali: Inès<br />

che non aveva requie e che, per sicurezza, aveva coinvolto<br />

anche Blanca nella sua attività investigativa, e<br />

Juan che fremeva nell’attesa dei documenti. Voleva<br />

portare via i bambini all’ultimo momento in modo da<br />

cogliere alla sprovvista la suocera. Pensò di comprare<br />

una valigia, che avrebbe riempito con tutti i loro indumenti<br />

la notte prima della partenza, nascondendola,<br />

nel frattempo, in bottega. Decise di scrivere una lunga<br />

lettera alle due bambine di Gracia, nella quale assicurava<br />

che sarebbero rimaste proprietarie della casa e che i<br />

159


loro studi sarebbero stati pagati. Promise inoltre che<br />

avrebbe sempre scritto e non le avrebbe dimenticate.<br />

Soddisfatto, nascose la lettera in mezzo alle altre, ripromettendosi<br />

di portarla al collegio delle suore della Mercede<br />

quanto prima. Nei giorni che seguirono tuttavia<br />

fu molto occupato e dimenticò il suo proposito.<br />

Inès, ridotta ad un’intollerabile immobilità, continuava<br />

a riflettere sul da farsi. Era arrivata ad un punto<br />

morto. Il suo istinto le diceva che c’era qualcosa nell’aria,<br />

ma non era ancora riuscita ad avere informazioni<br />

soddisfacenti e quella lettera giaceva sempre tra le lenzuola.<br />

Nella cucina invasa dal vapore osservava Blanca<br />

intenta a mondare il riso dalle pietruzze. All’improvviso<br />

la sua voce, alta e minacciosa, ruppe il silenzio facendo<br />

trasalire la ragazza: – Pensaci bene prima di rispondere!<br />

Hai visto qualche cosa di strano in questo ultimo<br />

periodo?<br />

La domanda era sempre la stessa e Blanca, ossessionata,<br />

sarebbe stata disposta ad inventare qualsiasi storia,<br />

se non avesse temuto le conseguenze. – No niente, –<br />

rispose invece. – Don Juan è sempre come al solito, non<br />

fa niente di diverso, qualche volta è più nervoso, altre<br />

volte è calmo…<br />

– E alla bottega? – non si arrese Inès.<br />

– Alla bottega va sempre alla solita ora, sta lì, incontra<br />

don Carlo, parla con don Ignacio e don Pedro, torna<br />

a casa…<br />

Scoraggiata, Inès fece per alzarsi… Aveva intenzione<br />

di fare un’ultima, forse inutile, ricognizione nella<br />

stanza di suo genero. Era sulla porta quando Blanca la<br />

richiamò.<br />

– Oh donna Inès! – esclamò la ragazza, ricordando<br />

improvvisamente qualcosa. – A proposito di don Pedro,<br />

qualche giorno fa l’ho incontrato che entrava nella<br />

160<br />

bottega con una valigia. Doveva essere vuota perché<br />

era molto grande, ma lui la faceva passare da una mano<br />

all’altra, proprio così, – spiegò Blanca imitando il gesto<br />

di Pedro.<br />

– Quanti giorni fa è successo?<br />

Blanca contò in silenzio, riferendosi mentalmente<br />

agli avvenimenti che in quei giorni avevano scandito il<br />

suo tempo e mostrò a Inès una mano aperta.<br />

– Cinque giorni, – disse la donna, riflettendo.<br />

– Oggi stesso devi farmi sapere quando parte la prima<br />

nave per l’Italia, – ordinò prima di andare a frugare<br />

nella camera di suo genero. Un primo controllo non<br />

diede nessun risultato. Sembrava che non ci fosse assolutamente<br />

nulla di nuovo o di diverso rispetto all’ultima<br />

volta. La donna tuttavia non si diede per vinta e volle<br />

dare ancora uno sguardo alle carte di Juan. Questa<br />

volta notò una busta chiusa, priva del timbro postale,<br />

che non aveva mai visto prima. Senza indugio la nascose<br />

tra le pieghe del vestito e, dopo aver avvertito Blanca,<br />

uscì. Juan sarebbe rientrato per l’ora di pranzo e lei<br />

aveva pochissimo tempo. Girò tra le strade affollate del<br />

centro alla ricerca di uno degli scrivani pubblici che,<br />

numerosi, si trovavano nelle ore di punta vicino agli uffici<br />

più importanti e al mercato. Ne adocchiò uno e si<br />

avvicinò. – Sapete leggere questa? È nella nostra lingua?<br />

– Certo che lo è, – rispose quello, dopo aver guardato<br />

lo scritto. – C’è l’indirizzo del Convento della Mercede<br />

ed è rivolta alle signorine Juana e Ana.<br />

– Leggete presto! Ho pochissimo tempo! – lo incalzò<br />

Inès mettendo alcune monete nelle sue mani.<br />

Con il cuore in tumulto, poiché ormai conosceva<br />

perfettamente le intenzioni e le ragioni di suo genero,<br />

tornò a casa e corse a rimettere la lettera al suo posto.<br />

161


Un attimo dopo Juan entrò. La situazione era gravissima,<br />

più grave del previsto. Suo genero stava per andarsene<br />

con i bambini e lei doveva agire immediatamente.<br />

Attese il tardo pomeriggio e spedì la ragazza al porto.<br />

La prima nave sarebbe partita entro tre settimane. Il<br />

tempo a disposizione dunque non era molto. Inès,<br />

preoccupata, non riuscì a calmarsi e rimase a pensare<br />

ricollegando uno per uno gli indizi che aveva raccolto.<br />

“Qualcuno lo aiuta, non è possibile che riesca a fare<br />

tutto da solo,” pensò, e individuò subito Ignacio, Pedro<br />

e l’amico Carlo come complici dell’uomo. “Ma come<br />

pensa di fare da solo con i bambini per tutto il viaggio?<br />

Certo ha una donna che lo aiuta! Ma chi può essere?<br />

Sono mesi che lo seguo e non ho notato niente”.<br />

Inès si tormentò a lungo prima di pensare a Matilde Palombelli.<br />

Rimase sveglia per tutta la notte, solo all’alba<br />

la stanchezza ebbe il sopravvento e la donna si addormentò<br />

di un sonno leggero e poco riposante. La mattina<br />

si alzò ben decisa sul da farsi. Fu mentre dava da<br />

mangiare ai bambini che il dialogo avvenuto qualche<br />

giorno prima tra suo genero e Carlo le tornò alla mente.<br />

Che cosa aveva detto l’italiano? Aveva parlato di una<br />

moglie curiosa che non aveva in simpatia Juan. Dunque<br />

non poteva essere lei l’accompagnatrice misteriosa. Il<br />

suo ragionamento del giorno precedente era del tutto<br />

sbagliato. Non si aiuta chi si odia! All’improvviso intravide<br />

un’altra via da seguire, quella donna poteva rappresentare<br />

per lei una preziosa alleata. Come al solito si<br />

servì della povera Blanca e la mandò a casa dei Palombelli<br />

in Plaza de Armas.<br />

– Perché proprio io? Perché non andate voi? – protestò<br />

Blanca.<br />

– E se mi trovo faccia a faccia con il marito? È meglio<br />

che io la incontri altrove. Tu invece potresti essere<br />

162<br />

lì per una commissione qualsiasi. Perciò non discutere,<br />

obbedisci e torna con l’informazione che mi occorre.<br />

Ancora una volta la ragazza si sottomise alla volontà<br />

dell’anziana donna.<br />

– Mi hanno detto che la signora cerca personale di<br />

servizio, – disse Blanca all’india che le aprì.<br />

– Aspetta qui che vado a chiedere, – le rispose quella,<br />

senza farla entrare. Dopo pochi minuti comparve la<br />

signora Matilde che, stupita, la scrutò da capo a piedi.<br />

– Mi hanno detto che cercate una dama di compagnia<br />

per quando andate in chiesa, – sussurrò la giovane,<br />

rossa in viso per la vergogna di essere costretta a mentire<br />

così spudoratamente.<br />

– Ragazza mia ti hanno informata male! Non ho bisogno<br />

di nessuno e men che meno di una dama di compagnia<br />

per la funzione religiosa. Ma che scempiaggine!<br />

Alla chiesa del Sacro Cuore mi accompagna mio marito<br />

e tanto mi basta!<br />

Detto questo, Matilde Palombelli se ne andò senza<br />

salutare. Blanca rimase impalata finché l’india non la<br />

mandò via. – Ragazza hai sentito? Qui non c’è niente da<br />

fare per te. E ora se mi lasci chiudere la porta io torno al<br />

mio lavoro.<br />

La domenica seguente Inès sedeva tra i banchi della<br />

chiesa del Sacro Cuore. Poco prima che il suono della<br />

campana indicasse ai fedeli l’ingresso del sacerdote, la<br />

signora Palombelli entrò al braccio del marito. Inès<br />

non ascoltò una sola parola di quelle pronunciate dal<br />

sacerdote e, rimuginando quanto avrebbe detto alla<br />

donna, attese pazientemente che Carlo si allontanasse<br />

dalla consorte. L’occasione si presentò al termine della<br />

messa. Quando sul sagrato i coniugi si divisero per salutare<br />

alcuni conoscenti, Inès fu pronta ad avvicinarsi a<br />

Matilde.<br />

163


– Scusate signora, ho necessità di parlare con voi, –<br />

disse con il tono più cortese di questo mondo.<br />

Matilde la guardò distrattamente e le rispose di non<br />

aver bisogno di altro personale di servizio, ma Inès,<br />

senza arrendersi, continuò: – Permettetemi signora io<br />

non cerco lavoro, vorrei parlare con voi di don Juan,<br />

l’orafo. Sareste interessata?<br />

La donna, che si muoveva per raggiungere il marito,<br />

si fermò di botto. – Chi vi dice che io conosca l’uomo di<br />

cui mi parlate e soprattutto chi vi dice che mi interessi<br />

parlarne con voi? – domandò sospettosa.<br />

Il tono di Inès si fece implorante e concitato. Il tempo<br />

stringeva e lei voleva portare a termine ciò che si era<br />

proposta di fare. – Ho estremo bisogno di sapere se vi<br />

interessa. Credetemi! È una questione molto importante<br />

per me e anche voi potreste avere le vostre soddisfazioni.<br />

– A che proposito? Siate chiara!<br />

Inès lanciò uno sguardo alla folla che si diradava:<br />

Carlo Palombelli era rimasto solo. Pochi secondi ancora<br />

e si sarebbe voltato.<br />

– Sentite, – disse velocemente, – io domattina alle<br />

dieci sarò qui… Se verrete, parleremo. Pensateci bene<br />

per favore. Vi ripeto che è una questione vitale… Vi<br />

aspetterò con ansia!<br />

Detto questo si allontanò, scomparendo nei vicoli.<br />

Era rischioso farsi sorprendere da Carlo a parlare con<br />

sua moglie, in un attimo l’uomo avrebbe capito tutto e i<br />

suoi piani sarebbero andati in fumo.<br />

La mattina dopo puntualmente Inès si trovò in chiesa.<br />

Dovette attendere qualche minuto prima di vedere<br />

la Palombelli entrare, segnarsi e cercarla rapidamente<br />

con gli occhi. La donna le si avvicinò. Indossava un abito<br />

blu ed era avvolta in un gradevole profumo di violette.<br />

164<br />

– Allora mi volete spiegare? Chi siete voi?<br />

Inès si presentò e in breve le raccontò tutta la vicenda,<br />

gli incontri dell’orafo con Carlo e i sospetti, che erano<br />

divenuti certezze dopo il ritrovamento della lettera<br />

indirizzata a Juana e Ana. Matilde la guardò. Era incuriosita<br />

e divertita, leggeva la determinazione negli occhi<br />

bruni di questa donna.<br />

– Ormai mi manca solo una cosa.<br />

– E sarebbe?<br />

– Questo, – rispose Inès tirando fuori la lettera.<br />

– Non sono stata in grado di sapere cosa c’è scritto. È<br />

in italiano e non ho trovato nessuno che la traducesse.<br />

L’ho aperta con il vapore, – aggiunse porgendo la busta<br />

a Matilde.<br />

La donna estrasse il foglio, e dopo aver letto una prima<br />

volta, rilesse traducendo. Inès rimase esterrefatta. –<br />

Non lo vogliono! – esultò.<br />

– Non lo vogliono! – ripetè Matilde, – non lo vogliono,<br />

ma c’è dell’altro, sentite qui! “Il danno che avete fatto<br />

è troppo grande e la mamma è stata irremovibile, non<br />

vi vuole vedere mai più…”<br />

– La mamma? – si stupì Inès, che temeva di non aver<br />

inteso bene la traduzione. – Rileggete, vi prego!<br />

– Certo, la mamma. Qui dice che le figlie sarebbero<br />

state disposte a dimenticare, ma che la madre non ne<br />

vuole sapere.<br />

Tutta la vicenda si delineò chiaramente davanti agli<br />

occhi di Matilde. Era così intrigante! Ecco l’onesto uomo<br />

che con lei aveva fatto tanto il difficile per qualche<br />

attenzione in più. Chissà se Carlo era a conoscenza di<br />

questo segreto dell’amico? Lasciò che Inès sfogasse il<br />

suo dolore e la sua rabbia finché ne aveva voglia, quindi<br />

domandò: – Allora cosa vogliamo fare a questo bugiardo?<br />

165


– Lo voglio vedere morto! – rispose Inès stringendo<br />

i pugni.<br />

– Non esagerate, pensiamoci bene. Del resto, se non<br />

sbaglio, voi avevate già un piano?<br />

Inès annuì, tra le lacrime che la soffocavano.<br />

– Allora io vi aiuterò a realizzarlo.<br />

* * *<br />

I giorni trascorsero velocemente e Juan, dal momento<br />

in cui era entrato in possesso di tutti i documenti, li<br />

contava uno per uno. L’unica cosa che veramente lo<br />

contrariava era quella di non aver ricevuto una risposta<br />

dall’Italia. Probabilmente, dunque, le cose sarebbero<br />

andate in maniera diversa rispetto a quanto lui aveva<br />

programmato. In ogni caso non aveva scelta, era tutto<br />

pronto e rimandare sarebbe stato un rischio oltre che<br />

una perdita di denaro.<br />

Il giorno prima della partenza salutò affettuosamente<br />

Ignacio e Pedro. – Vi ho voluto salutare adesso, – disse<br />

l’orafo, – perché domani non ci sarà tempo per i convenevoli.<br />

Vi chiedo solo di essere puntuali. Prima porterete<br />

il bagaglio al porto, poi verrete a casa e mi aiuterete<br />

con i bambini. Sarà un momento difficile.<br />

– Don Juan non vi preoccupate, saremo puntualissimi,<br />

alle nove spaccate saremo da voi. Dormite tranquillo<br />

che il nostro aiuto non vi mancherà.<br />

Soddisfatto, Juan s’incamminò verso la casa di Carlo<br />

Palombelli. Aveva un regalo per lui, doveva ritirare i documenti<br />

che l’amico custodiva e voleva affidargli la lettera<br />

per le suore della Mercede. Carlo lo ricevette con<br />

calore, accettò il dono dell’orafo, un portasigarette d’argento<br />

con il monogramma e una dedica incisa, e promise<br />

che avrebbe assolto all’incarico affidatogli. I due uo-<br />

166<br />

mini parlarono a lungo prima che Juan lasciasse l’abitazione<br />

dei Palombelli per fare ritorno nella propria.<br />

La casa era immersa nelle tenebre, nessuna luce filtrava<br />

dalla porta della camera di Inès né da quella dei<br />

bambini. Juan entrò in cucina e rimase sulla porta a fissare<br />

il tavolo vuoto. Chiamò la domestica. Nessuna porta<br />

si aprì e nessuno scalpiccio di ciabatte si udì nel silenzio<br />

profondo che avvolgeva la casa. Corse verso la camera<br />

dei bambini, spalancò la porta e la trovò deserta.<br />

L’angoscia lo assalì. Doveva essere successo qualcosa ai<br />

piccoli, forse uno di loro era stato male e la nonna lo<br />

aveva portato dal medico. Inès nutriva una stima incondizionata<br />

per quell’uomo che circa quindici anni prima,<br />

quando l’epidemia di febbre gialla flagellava il nord del<br />

Paese, l’aveva guarita dal morbo. Si era ammalata in<br />

città, dove era andata in giorno di mercato, ed era stata<br />

ricoverata a Los amarillos, un lazzaretto in cui si raccoglievano<br />

i casi sospetti, quelli conclamati e i moribondi.<br />

Qui aveva conosciuto Bonifacio Almirante, l’unico medico<br />

di cui si fosse mai fidata. Pertanto Juan era sicuro<br />

di non sbagliare andando da lui. Afferrò il cappello ma,<br />

quando fu sulla porta, ricordò di non aver visto né le<br />

donne né i bambini nel pomeriggio. La consapevolezza<br />

che doveva essere accaduto qualcosa di diverso e di più<br />

grave rispetto a ciò che aveva ipotizzato lo colse all’improvviso.<br />

Si precipitò ad aprire i cassetti in cui erano riposti<br />

gli indumenti dei figli e li trovò vuoti. Fu colto da<br />

una vertigine, la stanza cominciò a girargli intorno e dovette<br />

sedersi per recuperare le forze. – Ignacio, Pedro<br />

aiuto! – singhiozzò. Con uno sforzo di volontà fu di<br />

nuovo per strada diretto verso la casa di Ignacio. Nel<br />

tardo crepuscolo per quelle viuzze risuonavano solo i<br />

suoi passi affrettati ed i tonfi sordi del suo cuore. Ebbe<br />

ancora una volta le vertigini e dovette fermarsi per ri-<br />

167


prendere fiato. Chiuse gli occhi per cercare di trovare<br />

l’equilibrio, ma la sensazione di perdere troppo tempo<br />

lo spinse a muoversi.<br />

– Don Juan, è successo qualcosa? – si stupì Ignacio<br />

quando lo vide.<br />

– Sì! Aiutatemi, – riuscì a rispondere l’orafo, abbandonandosi<br />

sul braccio che il giovane uomo istintivamente<br />

gli porgeva.<br />

– Venite, riprendetevi. Vi porto da bere. Calmatevi<br />

e raccontatemi tutto, – lo incoraggiò Ignacio, cercando<br />

di mascherare l’inquietudine.<br />

– Sono tutti spariti. A casa non c’è più nessuno. I<br />

bambini sono… scomparsi. Mancano tutti i loro vestiti,<br />

– balbettò Juan.<br />

– Oh Madre di Dio… E adesso? – esclamò Ignacio<br />

spaventato. Poi, temendo che il proprio sgomento potesse<br />

alimentare la disperazione dell’orafo, domandò<br />

con voce più serena: – Come pensate di organizzare la<br />

ricerca?<br />

– Non lo so, aiutatemi! Non so che fare, la mia vita<br />

è finita. La nave partirà domani, dove li ritrovo stanotte?<br />

L’ultima volta che li ho visti è stata questa mattina.<br />

In qualsiasi luogo siano andati hanno una giornata di<br />

vantaggio, un’intera giornata! – urlò disperato.<br />

– Ascoltate, non preoccupatevi. Andrò a chiamare<br />

Pedro. Voi mi aspetterete qui e vi riprenderete, mia madre<br />

vi assisterà. Io vado e torno, poi insieme vedremo se<br />

vostra suocera è tornata e decideremo il da farsi, – lo<br />

rassicurò Ignacio indossando la giacca.<br />

Dopo un quarto d’ora il giovane ritornò con Pedro,<br />

al quale aveva raccontato la vicenda strada facendo.<br />

Lentamente i tre uomini tornarono a casa di Juan per<br />

constatare che l’abitazione era desolatamente vuota e<br />

che mancavano tutti gli indumenti di Inès e di Blanca.<br />

168<br />

– Don Juan guardate, una lettera! Non l’avevate vista?<br />

– domandò Pedro porgendo all’orafo una busta. –<br />

L’ho trovata in camera di vostra suocera.<br />

Juan l’afferrò. Per un momento pensò che potesse<br />

essere di Inès, poi rammentò che la donna era analfabeta,<br />

guardò la grafia e riconobbe quella di sua figlia<br />

Dora. Era la lettera che tanto aveva atteso, se la cacciò<br />

in tasca, non aveva né tempo né voglia di leggerla.<br />

– È andata al villaggio! Li ha portati lì i miei bambini!<br />

– affermò con assoluta certezza.<br />

– Quanto tempo ci vuole per arrivare in questo posto?<br />

– domandò Pedro.<br />

– Non meno di sette ore.<br />

– Perché non andiamo a denunciarla? – suggerì il<br />

giovane.<br />

– E che cosa potremo ottenere? Nessuno andrebbe<br />

al villaggio in piena notte. Ci direbbero che è necessario<br />

attendere domani, – gli rispose Ignacio.<br />

– Se potessi partire subito!<br />

– Ha un giorno intero di vantaggio… Se decidessimo<br />

di metterci in viaggio adesso non riusciremo a tornare<br />

in tempo per la partenza.<br />

– Bene, se non sarà domani, sarà tra un mese, ma io<br />

vi giuro che riuscirò a prendere quella nave e quella<br />

megera la pagherà cara. Sarà la legge a darmi ragione.<br />

Farò quella denuncia, lei non ha alcun diritto sui miei<br />

figli!<br />

– Cosa volete fare per questa notte? Io direi che per<br />

voi sarebbe meglio cercare di riposare. Domani vi accompagnerò<br />

al villaggio e torneremo con i bambini.<br />

Adesso non possiamo fare niente, a quest’ora il treno<br />

non parte più.<br />

– No, il treno non parte, – ripeté sconsolato il vecchio,<br />

che poi, colpito da un’idea improvvisa, si risollevò.<br />

169


– Carlo! Carlo ci presterà la sua macchina. Sono sicuro<br />

che non mi negherà questo favore.<br />

– Ma voi non sapete guidare la macchina.<br />

– Io no, ma qualcuno lo troviamo. Pedro tu mi hai<br />

detto che quel tuo amico fa l’autista per il proprietario<br />

di quella piantagione, come si chiama… Lo pagherò…<br />

– A quest’ora non so se sarebbe disposto a mettersi<br />

in viaggio sulla sierra con il rischio dei banditi. Che volete<br />

fare don Juan, la situazione è difficile. Date retta a<br />

Ignacio, aspettiamo a domani.<br />

– No vi prego! Fatemi un ultimo favore! Lasciatemi<br />

tentare. Accompagnatemi da Carlo, devo parlare con<br />

lui, non mi negherà il suo aiuto.<br />

Erano le dieci quando i tre uomini bussarono al portone<br />

di casa Palombelli. Aprì la domestica cinese che, in<br />

cucina, aiutava Matilde ad organizzare il pranzo dell’indomani.<br />

Nel silenzio di quell’ora tarda la padrona di casa<br />

riconobbe subito la voce dell’orafo e si precipitò a riceverlo.<br />

– Buona sera, cercate Carlo? – disse, prima che<br />

la cinese potesse aprire bocca.<br />

– Sì signora, infatti, – rispose Juan cercando di apparire<br />

calmo.<br />

– Deve esservi successo qualcosa di grave se lo cercate<br />

a quest’ora! – commentò la donna con tono preoccupato<br />

nella voce e con immensa soddisfazione nel cuore.<br />

– Se non vi dispiace signora vorrei parlare con Carlo,<br />

ho una certa fretta, – tagliò corto Juan, al quale l’ansia<br />

faceva sudare le mani.<br />

– Oh mi dispiace, ma dopo che ha parlato con voi<br />

questo pomeriggio è partito per accompagnare nostra<br />

figlia. Carlo non se l’è sentita di lasciarla andare sola con<br />

l’autista, ma domattina sarà di ritorno. Non vi preoccupate,<br />

per le dieci sarà a casa, me lo ha promesso. Sapete…<br />

abbiamo un pranzo importante.<br />

170<br />

In un angolo la domestica taceva e guardava la padrona<br />

chiedendosi perché mai mentisse così spudoratamente.<br />

Il padrone, infatti, ignaro di tutto, era chiuso<br />

nel suo studio dove era intento a modellare il fasciame<br />

del Bounty sulla fiamma di una candela. La voce di<br />

Caruso gli teneva compagnia. Una volta chiuso il portone<br />

alle spalle dei tre uomini, Matilde proruppe in<br />

una fragorosa risata e minacciò la domestica: – Se osi<br />

dire, al padrone o a chicchessia, anche una sola parola<br />

di ciò che è accaduto qui stasera, sarai licenziata e farò<br />

in modo che nessuno più possa assumerti. Sono stata<br />

chiara?<br />

Ignacio e Pedro trascorsero la notte a casa dell’orafo.<br />

Il vecchio non riuscì a chiudere occhio. Il tremito<br />

alle mani si era intensificato e così anche il senso di<br />

vertigine. Si sdraiò sul letto ma non trovò pace. Quella<br />

donna aveva distrutto la sua vita e lui si sarebbe vendicato<br />

senza nessuno scrupolo. I suoi pensieri si fecero<br />

sempre meno lucidi, e nel delirio immaginò di stringere<br />

tra le mani il collo di Inès.<br />

* * *<br />

Quella mattina Inès aveva atteso che suo genero<br />

uscisse di casa e si era messa subito in movimento, stipando<br />

in una valigia le proprie cose e quelle dei bambini.<br />

Aveva aiutato Blanca a rigovernare velocemente la<br />

casa in modo che apparisse in ordine e, prima di uscire,<br />

si era accertata che la lettera di Dora fosse dove l’aveva<br />

lasciata. Tutti insieme avevano atteso l’autista messo a<br />

loro disposizione da Matilde Palombelli. Né lei né Blanca<br />

erano mai salite su una macchina e, sebbene fossero<br />

terrorizzate, non si erano tirate indietro: Inès perché era<br />

ben decisa ad impedire che suo genero portasse i bam-<br />

171


ini in Italia, Blanca perché era stata minacciata. Al villaggio<br />

Inès, nell’intimità della propria abitazione, si era<br />

sentita confortata e al sicuro. Nonostante la stanchezza<br />

si era data subito da fare per rendere vivibili le stanze e<br />

aveva rifocillato i bambini che, completamente spaesati<br />

da tutto quel trambusto, piangevano per niente e non si<br />

volevano staccare da lei. Tico, affidato alle cure della<br />

gente del villaggio, era stato ben felice di rivedere la vecchia<br />

padrona e aveva ripreso il suo posto davanti alla<br />

porta di casa. La notte, al caldo nel suo letto, con i piccoli<br />

che le dormivano accanto, Inès aveva pensato a<br />

Juan, che a quell’ora doveva aver scoperto la fuga. Soddisfatta,<br />

indovinò tutta la sua disperazione. Aveva avuto<br />

esattamente quel che meritava e se si fosse presentato a<br />

portarle via i bambini lo avrebbe ucciso. Era sicura che<br />

suo genero non avrebbe impiegato troppo tempo a capire<br />

che si era rifugiata al villaggio. L’indomani di sicuro<br />

sarebbe piombato lì urlando e sbraitando, ma lei in<br />

qualche modo avrebbe provveduto. La gente del villaggio,<br />

pur non conoscendo ancora la storia, sarebbe stata<br />

dalla sua parte e l’avrebbe aiutata.<br />

* * *<br />

Le prime luci dell’alba colsero Juan, immerso in un<br />

bagno di sudore gelido, che ancora farneticava di uccidere<br />

la suocera. Pedro, guardandolo, si preoccupò.<br />

– Don Juan, avete riposato almeno un poco? Scusate<br />

se mi permetto di dirvelo, ma il vostro aspetto non è dei<br />

migliori, siete molto pallido. Sedetevi un momento, –<br />

disse porgendogli una sedia. L’orafo vi si lasciò cadere<br />

pesantemente.<br />

– Non ho tempo di riposare… Devo andare al villaggio<br />

a riprendermi i miei figli.<br />

172<br />

– Io vengo con voi, don Juan, – affermò deciso<br />

Ignacio.<br />

Nelle stesse ore anche Carlo si alzò pensando all’impegno<br />

che lo attendeva quella mattina. Si fece la barba<br />

fischiettando e si recò in pasticceria. Attese che fossero<br />

trascorse le dieci e, dopo essersi assicurato che la nave<br />

fosse partita regolarmente, si diresse al convento della<br />

Mercede, dove incontrò la madre superiora. Suor Beata<br />

Ausiliatrice, al secolo Beatriz Obregoso, Morales y<br />

Ruiz, era una donna bassa e rotonda. Il viso dolce e i lineamenti<br />

minuti contrastavano con il carattere energico<br />

e la propensione innata al comando, che le derivava<br />

dalla consapevolezza di appartenere ad un casato di antico<br />

lignaggio. Ricevette cordialmente Carlo, che in<br />

breve le raccontò la vicenda che riguardava Juan e le<br />

consegnò i documenti. Terminato il colloquio, l’italiano<br />

ritornò alle occupazioni della propria esistenza preparandosi<br />

a ricevere, di lì a qualche mese, notizie dall’amico,<br />

di cui sentiva già la mancanza.<br />

* * *<br />

Per tutto il viaggio l’orafo tormentò Ignacio con<br />

nuovi propositi di vendetta. Il giovane sopportò con<br />

enorme pazienza, limitandosi ad ascoltare e ad annuire.<br />

Capiva che Juan aveva necessità di sfogarsi e sperava<br />

che parlando sarebbe riuscito ritrovare la calma. L’orafo<br />

si lamentò ancora per diverse ore, intervallando<br />

brevi momenti di silenzio a raffiche di parole. Il vagone<br />

sul quale i due uomini viaggiavano era zeppo di gente<br />

variopinta e vociante. Ma Juan non si curava del pollame<br />

che starnazzava segregato in gabbie troppo strette,<br />

delle donne che berciavano e dei bambini che, piangendo<br />

in continuazione, allungavano con il dorso delle ma-<br />

173


ni baffi di moccio sulle guance sporche. Finalmente si<br />

assopì, e anche Ignacio poté riposare. Dormirono sino<br />

all’arrivo del treno nella stazioncina di San Isidro. Il villaggio<br />

distava ancora un chilometro ed un carretto trainato<br />

da un asino era l’unico mezzo di trasporto per chi<br />

non poteva proseguire a piedi o aveva un bagaglio troppo<br />

pesante. Ignacio ringraziò il Signore di essere finalmente<br />

giunto a destinazione e si voltò per svegliare l’orafo.<br />

Lo chiamò, lo scosse, ma l’uomo non rispose. Giaceva<br />

immobile con gli occhi chiusi. Spaventato a morte,<br />

il giovane gli tastò il polso e controllò il respiro. Il cuore<br />

batteva e il respiro sembrava regolare, ma il vecchio non<br />

reagiva. Due contadini lo aiutarono ad adagiarlo sul<br />

carretto, a loro Ignacio domandò dove avrebbe potuto<br />

trovare un dottore.<br />

– I dottori sono in città, qui non ne troverete, – rispose<br />

il più robusto scuotendo il capo.<br />

– Al villaggio però c’è qualcuno che se ne può occupare.<br />

A vederlo non mi pare che possiate riportarvelo<br />

indietro, – intervenne l’altro che, impietosito dalla situazione,<br />

volle offrire un’opportunità al vecchio moribondo<br />

e al giovane disperato. Ignacio ringraziò e montò<br />

sul carretto, accovacciandosi accanto a Juan.<br />

– Dove vi devo portare, al villaggio? – domandò il<br />

conducente.<br />

Il giovane fece il nome di Inès e il carrettiere spronò<br />

l’asino, guidandolo in maniera da evitare le buche della<br />

strada.<br />

Inès fremeva. Quello era l’orario in cui il treno arrivava<br />

alla stazione e Juan sarebbe piombato lì da un momento<br />

all’altro. Aveva mandato i bambini da una donna<br />

che viveva fuori dal villaggio e si era barricata dentro,<br />

pronta a ricevere degnamente quell’infingardo. Quando<br />

il carretto si arrestò, trattenne il fiato. Rimase in atte-<br />

174<br />

sa di sentire la voce incollerita di suo genero e i colpi alla<br />

porta. Sentì, invece, e riconobbe le voci di Miguel, il<br />

carrettiere, e di Ignacio, che bussava chiamandola. Pensando<br />

ad un tranello rimase in silenzio.<br />

– Vi prego, aprite donna Inès! – urlava Ignacio, battendo<br />

con entrambe le mani contro la porta. Il suo tono<br />

era concitato. – Don Juan si è sentito male, sta per morire!<br />

– aggiunse, sperando che la donna si impietosisse.<br />

– La giustizia divina! – pensò Inès trionfante. Poi,<br />

non del tutto convinta, sbirciò fuori e vide un corpo disteso<br />

con le gambe che penzolavano inerti. Riconobbe<br />

le scarpe di Juan e, seppure titubante, decise di rispondere:<br />

– Che volete da me?<br />

– Soccorso, in nome di Dio, donna Inès. Prestate<br />

aiuto a vostro genero. Non potete lasciarlo morire qui<br />

in mezzo alla strada!<br />

– Se sta schiattando lasciatelo fare. Su un carro o in<br />

un letto che differenza fa? Qui non c’è posto per lui! –<br />

rispose decisa.<br />

– Siete cristiana e battezzata, donna Inès. Non potete<br />

agire così. Avete voglia di rispondere davanti a Dio<br />

del vostro comportamento? Come potete negare l’aiuto<br />

a un moribondo? Volete rendere orfani i vostri nipoti<br />

anche del padre?<br />

– Sarebbe per me una grande gioia.<br />

– In nome di vostra figlia. Vi prego! Lui era suo marito,<br />

– tentò ancora Ignacio, che non sapeva più a quali<br />

argomenti ricorrere per convincerla. La situazione,<br />

nel frattempo, si era fatta difficile perché una folla di<br />

curiosi si era radunata intorno al carretto.<br />

– Non azzardatevi a nominare mia figlia. Con tutto<br />

il male che questo bastardo le ha fatto! – urlò la donna.<br />

– Suvvia donna Inès, sapete bene che vostra figlia<br />

non è morta per colpa di don Juan. Il Signore ha volu-<br />

175


to così. Lui le ha voluto un bene dell’anima e io ne sono<br />

testimone. L’ha aiutata in tutti i modi, anche prima<br />

di sposarla, – insisté il giovane.<br />

Prima di rispondere, Inès rifletté. A nessun costo<br />

quell’uomo avrebbe messo piede a casa sua. Tuttavia la<br />

gente del villaggio, che assisteva alla scena, l’avrebbe<br />

condannata per il suo comportamento poco cristiano e<br />

l’avrebbe giudicata responsabile della morte di un uomo…<br />

Infatti, ciò che quella gente sapeva non era sufficiente<br />

a giustificare il suo astio ed il suo comportamento<br />

nei confronti di Juan. Decise pertanto di far conoscere<br />

a tutti la verità.<br />

– Le ha voluto tanto bene da ingannarla sino alla<br />

morte!<br />

– Ma che dite? Non voglio discutere con voi di<br />

questo, non è il momento. Quest’uomo sta morendo e<br />

il tempo passa senza che nessuno lo soccorra. Io posso<br />

garantire con il mio onore che don Juan ha rispettato<br />

ed amato vostra figlia, sempre! Pensate che lei approverebbe<br />

il vostro comportamento?<br />

– Certamente, se avesse scoperto ciò che ho scoperto<br />

io. Forse voi, che siete pronto a mettere in gioco il<br />

vostro onore per lui, ignorate che questo porco in Italia<br />

ha ancora una moglie! – urlò, scandendo bene le<br />

parole in modo che ogni sillaba potesse essere udita.<br />

Il coro di sorpresa della folla disorientò Ignacio più<br />

della notizia stessa. Il giovane rimase impietrito e capì<br />

che continuare ad insistere sarebbe stato del tutto inutile:<br />

sconfitto abbassò il capo e tacque.<br />

– Avete capito ora? – urlò dall’interno della casa<br />

Inès. – E ora andate via o verrò fuori a dare il colpo di<br />

grazia al traditore.<br />

– E adesso? – si disperò Ignacio con la testa tra le<br />

mani.<br />

176<br />

– Io vi potrei suggerire, – propose il carrettiere, – di<br />

portarlo dalla donna di medicina. Come vi ha detto quel<br />

contadino, qui le cose funzionano in questo modo. Non<br />

ci sono dottori. C’è lei, e sono sicuro che sarà in grado di<br />

fare qualcosa in attesa che la fine sopraggiunga. Almeno<br />

allevierà la sofferenza di questo poveretto e gli consentirà<br />

di morire in un letto. Certo però che quest’uomo<br />

l’ha fatta grossa! – aggiunse ancora, cercando l’approvazione<br />

di Ignacio che, preoccupato unicamente della<br />

salute di Juan, non lo sentì neppure.<br />

In pochi minuti, dopo aver percorso una strada in salita<br />

costeggiata da alberi radi, giunsero nei pressi della<br />

casa della curandera. Ignacio scorse una figura minuta e<br />

scura che indossava un poncho lungo sino ai piedi e si<br />

aggirava tra le piante rigogliose di un orticello. Il carrettiere<br />

si allontanò, e dopo qualche minuto tornò dicendo<br />

che la donna li aspettava. I due uomini trasportarono<br />

Juan, privo di sensi, all’interno della casa e lo adagiarono<br />

su un lettuccio che la vecchia aveva sistemato per<br />

l’occorrenza. All’interno la casupola era impregnata di<br />

un odore inconfondibile di erbe bruciate, fiori e sangue.<br />

Ignacio ne fu nauseato e restò intimorito al cospetto di<br />

quella donna, minuta e fragile, con la voce stridula di un<br />

violino suonato male. La vecchia si chinò su Juan, gli tastò<br />

i polsi e il collo e domandò da quanto tempo si trovasse<br />

in quello stato.<br />

– Non lo so di preciso, io pensavo che dormisse. Ha<br />

avuto un grosso dispiacere, è da ieri che si tormenta. Stanotte<br />

non ha riposato… – rispose sconsolato Ignacio.<br />

– Deve rimanere qui, immobile, non potete trasportarlo.<br />

Proverò con i miei rimedi, – disse semplicemente<br />

la donna.<br />

– Si salverà? – domandò, ansioso e incredulo, il giovane.<br />

177


La vecchia sollevò il volto rugoso: – Chi può saperlo?<br />

Quest’uomo è nelle mani di Dio, noi dobbiamo<br />

aspettare. Posso dirvi solo che se lo riporterete in città<br />

morirà per strada.<br />

Ignacio non sapeva cosa fare, la vecchia comprese il<br />

suo imbarazzo e lo congedò gentilmente. Il giovane<br />

tornò in città, informò Pedro della situazione ed entrambi<br />

si diedero il cambio per visitare ogni fine settimana<br />

il loro anziano amico.<br />

Trascorse le prime due settimane, la curandera li rassicurò<br />

sul fatto che l’orafo non sarebbe morto. Le sue<br />

condizioni generali sembravano buone anche se non<br />

aveva ancora riaperto gli occhi.<br />

* * *<br />

Il giorno in cui la curandera decise che per Juan era<br />

giunto il momento di tornare cosciente pioveva a dirotto.<br />

Da due settimane lo teneva in uno stato di torpore<br />

indotto da una minuscola quantità di sciroppo<br />

bruno. La donna, seduta su alcuni cuscini, guardava la<br />

pioggia battere con violenza sulla soglia della casupola<br />

e rompersi in mille altre piccole gocce che penetravano<br />

all’interno. Di tanto in tanto si muoveva per alimentare<br />

il fuoco, sul quale bolliva un liquido dall’odore<br />

dolciastro. Sapeva che, quando avrebbe aperto gli<br />

occhi, l’uomo non avrebbe riconosciuto il luogo né<br />

avrebbe ricordato quanto era accaduto. Considerò<br />

che potevano essere trascorse ventiquattro ore dal momento<br />

in cui gli aveva somministrato l’ultima dose della<br />

bevanda soporifera, e Juan stava per svegliarsi.<br />

Gettò ancora una manciata di erbe nell’acqua, si sistemò<br />

meglio accanto al giaciglio ed attese. Di lì a poco<br />

il corpo del vecchio fu scosso da un brivido, le sue<br />

178<br />

mani si mossero sulla coperta che lo proteggeva dal<br />

freddo e le palpebre ebbero un fremito. La vecchia gli<br />

deterse delicatamente gli occhi, che finalmente si aprirono.<br />

Juan sentì la testa pesante e confusa, fissò il soffitto<br />

e poi, lentamente, tentò di voltare il capo. Non<br />

riuscì a capire dove si trovasse. Cercò di muovere le<br />

mani, i piedi e per ultimo anche le gambe. – Dove sono?<br />

– biascicò in italiano. Le parole vennero fuori a fatica<br />

dalla sua bocca.<br />

La vecchia lo guardò ed accennò ad un sorriso. Non<br />

aveva capito le parole dell’uomo, ma ne aveva intuito il<br />

significato. – Siete a casa mia, – rispose. – Ancora una<br />

volta siete a casa mia.<br />

– Sono ammalato? – domandò Juan che, dopo aver<br />

sentito parlare la donna, parlò in spagnolo.<br />

– Sì, siete stato malato a lungo. Siete stato in punto<br />

di morte, ma ora tutto è passato.<br />

– In punto di morte, – ripeté Juan, tentando di dare<br />

un significato concreto alle parole che udiva e cercando<br />

di fare luce nel buio della sua mente. Fu sopraffatto<br />

da un senso di vertigine, chiuse gli occhi e<br />

nuovamente si assopì. Nei giorni seguenti i momenti<br />

di veglia si fecero via via più lunghi. La vecchia gli applicava<br />

sulle gambe smagrite una poltiglia tiepida che<br />

le tingeva di verde, e lo aiutava a rimettere in movimento<br />

le articolazioni anchilosate dalla lunga immobilità.<br />

Juan assecondava docilmente le manovre della<br />

donna e insisteva per mettersi in piedi. Cercava di capire<br />

che cosa gli fosse successo ma non ricordava niente.<br />

Aveva coscienza soltanto del fatto di essere un orafo<br />

venuto a cercare lavoro in questo Paese. Tutto il resto<br />

giaceva nell’oblio. Desiderava sapere dalla vecchia come<br />

e quando gli era accaduto di sentirsi male, ma la<br />

donna rispondeva solo ciò che le era stato riferito:<br />

179


– Eravate in viaggio e vi siete sentito male. Il vostro<br />

amico vi ha portato da me ed io vi ho curato con i mezzi<br />

che conosco.<br />

– Ho amici? Dove li ho incontrati?<br />

– Io questo non lo so. Fra poco saranno qui e quando<br />

li vedrete forse li riconoscerete subito, forse no.<br />

Non abbiate fretta a voler ricordare. I ricordi potrebbero<br />

essere dolorosi e potrebbero farvi soffrire. Abbiate<br />

pazienza e tutto si sistemerà.<br />

Pedro e Ignacio arrivarono insieme un sabato pomeriggio.<br />

Come al solito portarono un dono alla donna,<br />

che li accolse gentilmente andando loro incontro<br />

senza informarli della novità. Quando entrarono nella<br />

casupola i due ebbero la sorpresa di trovare Juan seduto<br />

sul letto. Pedro gli si accostò con le lacrime agli<br />

occhi.<br />

– Mio Dio, don Juan, credevo che questo giorno<br />

non sarebbe mai arrivato.<br />

L’orafo riconobbe subito gli amici. – Ragazzi! Come<br />

ho fatto a ridurmi così? Voi sapete tutto, raccontate<br />

vi prego. Io non riesco a ricordare.<br />

I due uomini guardarono dubbiosi la vecchia, che<br />

spiegò: – Ha dimenticato molte cose, ma i ricordi torneranno<br />

a poco a poco. Sarà il suo spirito a farli tornare<br />

quando la mente potrà sopportarne il peso.<br />

– Ma perché parlate così? Ditemi che cosa mi è accaduto,<br />

le vostre parole mi spaventano! Perché ho lasciato<br />

la città, cosa dovevo fare qui sulle montagne?<br />

– Non ricordate proprio niente don Juan? – domandò<br />

Ignacio, titubante.<br />

– Ascoltate! – intervenne la curandera interrompendo<br />

quel dialogo e rivolgendosi ai due giovani, – quest’uomo<br />

ha bisogno della vostra forza per rimettersi in<br />

piedi, ormai è pronto.<br />

180<br />

L’orafo fu aiutato ad alzarsi e a muovere i primi passi<br />

all’interno della piccola stanza, finché le sue gambe<br />

cedettero. Il giorno successivo Ignacio tornò in città ad<br />

occuparsi degli affari, Pedro invece si trattenne finché<br />

Juan non fu in grado di reggersi da solo. Aveva in mente<br />

di portarlo in città dove, forse, avrebbe recuperato la<br />

memoria più in fretta. Ma la vecchia lo esortò ad attendere:<br />

– Abbiate pazienza ancora qualche settimana, se<br />

in questo periodo i ricordi non saranno tornati allora,<br />

qui davanti a me, gli racconterete ogni cosa.<br />

Come Juan ebbe riacquistato le forze cominciò a fare<br />

brevi passeggiate, allontanandosi sempre più dall’abitazione<br />

della curandera. Ma più il tempo passava più<br />

si sentiva prigioniero, prigioniero della vecchia e della<br />

propria mente che aveva inghiottito i ricordi. Ricordi<br />

che, la donna lo aveva avvisato, gli avrebbero causato<br />

un dolore. Aveva timore, ma allo stesso tempo era incuriosito<br />

e sempre più impaziente. Sentiva il tempo sfuggire.<br />

Aveva la sensazione di dover fare qualcosa di importante,<br />

ma non ricordava cosa fosse. Contò le ore in<br />

attesa dei due amici, che finalmente lo avrebbero ricondotto<br />

in città e che avrebbero fatto luce sul suo passato.<br />

Così il sabato mattina avvisò la vecchia che l’indomani<br />

sarebbe andato via con Ignacio e Pedro.<br />

– Sì, credo anche io che sia giunto il momento, – rispose<br />

calma la donna, armeggiando tra erbe e bottiglie.<br />

– Tenete, vi ho già preparato alcune boccette della medicina<br />

che trattiene l’energia che scorre nelle vostre vene,<br />

la dovrete prendere ogni giorno. Quando l’avrete<br />

finita ve ne darò dell’altra. Oggi bevete anche questa, vi<br />

servirà a tenervi calmo, – aggiunse porgendogli un bicchiere<br />

nel quale aveva sciolto, mescolando con il dito,<br />

una polvere rossa sottilissima.<br />

– Vi chiedo scusa, vorrei lavarmi per bene e prepara-<br />

181


e le mie cose, se ne ho. È un pezzo che indosso gli stessi<br />

vestiti, sono arrivato qui solo con questi?<br />

La donna scosse il capo e gli indicò la valigia di cartone<br />

sotto il letto: – Lì dentro ci sono i vestiti con i quali<br />

siete arrivato qui.<br />

Juan si chinò a prendere la valigia. Ora che si sentiva<br />

meglio non riusciva a sopportare l’odore del proprio<br />

corpo mal lavato e dei vestiti che indossava, così come<br />

insostenibile gli pareva il lezzo che gli giungeva alle narici<br />

ogni volta che la curandera gli si accostava. Aprì la<br />

valigia e vi trovò ben ripiegato un abito grigio. Sollevò<br />

la giacca, la scosse e vide una lettera che faceva capolino<br />

da una delle tasche. La prese e lesse il proprio nome.<br />

Immediato riaffiorò il ricordo di Margherita e delle figlie.<br />

Voltò la busta, ansioso di conoscere ciò che ancora<br />

la sua memoria nascondeva, e si accorse che era sigillata.<br />

Evidentemente a causa del malore non era riuscito a<br />

leggerla. Lacerò la carta sottile ed estrasse un foglio<br />

scritto su entrambi i lati. La firma era quella di Dora, la<br />

data ventinove dicembre millenovecentotrentatre. Scostò<br />

i pantaloni dal letto e si sedette per leggere con più<br />

tranquillità. Inizialmente non riuscì a capire di che cosa<br />

parlasse sua figlia. «Il dolore che ci avete provocato è<br />

stato enorme, nessuna di noi si aspettava un simile<br />

comportamento da parte vostra che siete sempre stato<br />

un padre esemplare. Al dolore si aggiunge la vergogna<br />

e l’umiliazione, per questo vi comunico che la risposta<br />

di mamma alla vostra domanda è no. Noi figlie, con il<br />

tempo, avremmo potuto perdonarvi ma non possiamo<br />

non rispettare la decisione di nostra madre. Rimanete<br />

pure dove siete con i vostri due bambini…»<br />

– I bambini! Sebastian, Cruz! – La mente di Juan<br />

esplose.<br />

Due visetti bruni gli comparvero dinanzi agli occhi e<br />

182<br />

ogni dettaglio della vicenda si palesò. La vecchia, vedendolo<br />

agitato e confuso, intervenne. Lo indusse a<br />

calmarsi, conficcandogli le dita ai lati del collo, quindi<br />

lo costrinse a bere ancora un po’ del contenuto del bicchiere.<br />

– Dovete calmarvi se volete recuperare il vostro<br />

passato e riflettere con calma sul da farsi.<br />

– Che cosa devo fare? – domandò Juan, disperato.<br />

– La decisione è solo vostra, io posso ripetervi ancora<br />

ciò che vi ho già detto qualche tempo fa. Vostro figlio<br />

appartiene a questa terra, il suo destino è scritto. Il suo<br />

sangue e il sangue del suo sangue dovranno nutrire questo<br />

Paese. Questo ho visto.<br />

– Perché continuate a torturarmi, mi vedete? Sono<br />

vecchio, come farò a crescerli? Sono stato in punto di<br />

morte, che ne sarebbe di loro se io non ci fossi più? In<br />

Italia ho una famiglia, qui c’è solo una vecchia che mi<br />

odia.<br />

– La vecchia di cui parlate ama i vostri bambini come<br />

li amate voi. La vostra famiglia in Italia li accetterebbe<br />

di buon grado?<br />

– No, non mi vogliono più vedere… Mia moglie è<br />

ancora viva.<br />

– Lo so, – rispose la curandera, scuotendo il capo.<br />

– Sono confuso. Vorrei vedere subito i bambini.<br />

– Non prendete decisioni affrettate. Consultatevi<br />

anche con i vostri amici. Saranno qui tra poco, – suggerì<br />

la donna.<br />

Juan ascoltava. Pensare, sotto l’effetto della bevanda<br />

che la vecchia gli aveva somministrato, divenne infine<br />

sempre più difficile, tanto che sprofondò nel sonno.<br />

Dormiva ancora quando arrivarono Pedro e Ignacio<br />

che, trovandolo immobile sul letto, si spaventarono. La<br />

vecchia raccontò loro quanto era accaduto e li invitò ad<br />

attendere che l’orafo si svegliasse. I due uomini sedette-<br />

183


o in paziente attesa osservando la donna che, con un<br />

movimento continuo, riduceva in polvere foglie essiccate<br />

pestandole in un mortaio rudimentale. Quando<br />

Juan aprì gli occhi trovò i due giovani che lo guardavano<br />

ed implorò il loro aiuto per andare al villaggio e riavere<br />

i suoi bambini.<br />

– Bisogna andarci cauti don Juan, – lo mise in guardia<br />

Ignacio. – Non credo che sia così facile. Andando ad<br />

urlare sotto la casa di donna Inès non otterremo niente.<br />

È una donna molto decisa quella! Inoltre io credo che vi<br />

odi a morte.<br />

L’orafo ascoltava, sedato dalla pozione della vecchia,<br />

e faticava a riflettere a fondo su quanto sentiva.<br />

– Mi odia perché è pazza. Mi ritiene responsabile<br />

della morte di sua figlia… Non mi ha mai perdonato!<br />

Ignacio era combattuto dal desiderio di tacere e dalla<br />

necessità di far sapere all’orafo come stavano realmente<br />

le cose. – Credo che ci sia dell’altro don Juan. Vi<br />

chiedo scusa se mi permetto di dirvelo ma ero presente<br />

quando lei ha raccontato alla gente del villaggio che…<br />

vostra moglie in Italia è ancora viva.<br />

Preso alla sprovvista, Juan ebbe un sussulto. Possibile<br />

che il suo segreto così ben custodito fosse a conoscenza<br />

di Inès? Guardò la curandera pensando che potesse<br />

averlo tradito, ma la vecchia rispose al suo sguardo<br />

scuotendo il capo in segno di diniego, poi si alzò ed uscì<br />

lasciando soli i tre uomini. Juan fece uno sforzo per continuare<br />

a pensare ma, anche se la sua mente a poco a poco<br />

riacquistava lucidità, non riusciva a capire come Inès<br />

fosse arrivata a scoprire tutto. Si accorse che il suo silenzio<br />

si prolungava eccessivamente e che i due giovani<br />

aspettavano una spiegazione.<br />

– È vero! – esordì guardandoli negli occhi. – Mi rendo<br />

conto di non avere giustificazioni, il mio comporta-<br />

184<br />

mento è stato ignobile soprattutto nei confronti di Margherita.<br />

Sapete che non sono un donnaiolo e sapete in<br />

quali circostanze ho conosciuto Gracia. Il mio sentimento<br />

nei suoi confronti è stato sincero. L’ho sposata<br />

per scelta, e non volevo farla soffrire dicendole di Margherita<br />

e coinvolgendola nella mia bigamia.<br />

– Ma quella povera donna in Italia magari vi aspettava,<br />

– osservò Pedro impressionato.<br />

– Sì Pedro, hai proprio ragione. Povera Margherita,<br />

l’ho abbandonata proprio quando aveva più bisogno di<br />

me. Rinchiusa in quella casa di cura avrà avuto bisogno<br />

di me! – L’espressione di stupore dipinta nel viso dei<br />

due giovani lo indusse a continuare: – Povera donna si è<br />

ammalata dopo la nascita della nostra ultima figlia ed è<br />

andata via via peggiorando. Non ci siamo voluti arrendere.<br />

Specialmente io. Quella donna mi ha dato cinque<br />

figli! Solo quando ha cominciato ad essere pericolosa<br />

per se stessa, su consiglio del medico, l’abbiamo portata<br />

in un… in una casa di cura per menti fragili. Siamo sempre<br />

andati a trovarla ma negli ultimi tempi non ci riconosceva<br />

più. Ecco come stanno le cose, purtroppo.<br />

– Certo non avete avuto una vita facile, – lo compatì<br />

Pedro.<br />

– Del resto se neanche più vi riconosceva… – aggiunse<br />

Ignacio.<br />

– Le mie figlie sapevano di Gracia e dei bambini e<br />

hanno accettato quanto è accaduto purché rimanessi in<br />

questo Paese. Ma quando ho scritto dicendo che Gracia<br />

era morta e che sarei tornato con i bambini mi hanno<br />

detto di no. Non mi vogliono in Italia! Per loro sarebbe<br />

un’umiliazione troppo grande… Anche se la madre<br />

non può capire, è ancora viva.<br />

– Ma voi eravate deciso a partire ugualmente, era<br />

tutto pronto prima che vi sentiste male!<br />

185


– Allora non conoscevo la loro decisione. È tutto qui<br />

in questa lettera, l’ho trovata nella tasca dell’abito.<br />

– Ma quella è la lettera che ho trovato in camera di<br />

donna Inès quella sera. Era tutto vuoto e c’era solo quella<br />

in un cassetto. Ve l’ho consegnata ma con tutto quel<br />

trambusto e con quello che è successo dopo di sicuro<br />

avete dimenticato di leggerla.<br />

L’orafo ascoltò con attenzione le parole di Pedro e<br />

capì come Inès fosse venuta a conoscenza del suo segreto.<br />

– Siete ancora deciso a tornare in Italia ad ogni costo?<br />

– Non lo so, non lo so più, dopo questa… Mi sento<br />

del tutto solo. Io speravo nell’appoggio delle mie figlie,<br />

ma me lo hanno negato. E imporre la mia presenza tornando<br />

a tutti i costi…<br />

– Perché non chiedete alla curandera di guardare nel<br />

futuro o di usare la sua magia per individuare la via da<br />

seguire?, – suggerì Pedro, che aveva fiducia nella vecchia<br />

donna.<br />

– Caro Pedro non c’è bisogno di interrogare gli oracoli.<br />

Basta analizzare le due opportunità con la ragione,<br />

– rispose seccato Juan, che di magia non voleva sentir<br />

parlare. – Piuttosto, come faccio ad avvicinarmi a quella<br />

vipera? Se viene a sapere che ho intenzione di andare da<br />

lei è capace di nascondere i bambini altrove. E se ci presentassimo<br />

all’improvviso?<br />

– Prima di arrivare a casa sua ci vedrebbe mezzo paese.<br />

Si chiuderebbe dentro e farebbe esattamente quello<br />

che ha già fatto, – commentò Ignacio, ricordando la<br />

pervicacia della donna nel negare il suo aiuto al vecchio<br />

moribondo.<br />

– Parlerò io con lei, se volete, – propose la curandera.<br />

Era rientrata in tempo per sentire l’ultima parte del<br />

186<br />

discorso e reggeva un cesto pieno di ossicini bianchi appartenuti<br />

a piccoli animali: porcellini d’india e polli. Li<br />

sparse sul pavimento, ne scelse accuratamente un certo<br />

numero e li introdusse in un contenitore ricavato da una<br />

zucca essiccata. Ignacio e Pedro, a disagio, osservavano<br />

la vecchia che con le unghie grattava dagli ossicini brandelli<br />

scuri di sostanza secca. Per la prima volta da quando<br />

si recavano sulla montagna desiderarono di non doverci<br />

più tornare. La vecchia, che sembrava leggere ogni<br />

cosa nelle loro menti, sollevò il capo, sospese per un attimo<br />

quella macabra operazione e li invitò a lasciar riposare<br />

l’orafo. Risollevati, i due giovani se ne andarono,<br />

sfruttando l’ultima luce per percorrere con tutta calma<br />

il sentiero che li avrebbe condotti alla casa del carrettiere<br />

che li ospitava.<br />

Juan consumò un pasto leggero, sorseggiò la tisana<br />

che la curandera gli aveva preparato e, senza prestare la<br />

minima attenzione all’attività della vecchia, si sdraiò<br />

immergendosi nei propri pensieri. Ben presto il ticchettio<br />

degli ossicini che cadevano nella zucca rimase l’unico<br />

rumore nell’abitazione circondata dalle tenebre notturne.<br />

La donna, ad intervalli regolari, sollevava la zucca<br />

e la scuoteva lasciando che alcuni ossicini cadessero<br />

sul poncho disteso per terra. Juan sprofondò nel sonno<br />

e sognò. Sognò se stesso. Seduto, posava per un fotografo.<br />

Aveva i capelli bianchi, un abito scuro e, tra le mani,<br />

il bastone da passeggio. Accanto a lui sorridevano<br />

Sebastian, Cruz e i loro bambini. Quando la curandera<br />

si avvide che il respiro dell’uomo si era fatto più frequente<br />

cessò di scuotere la zucca, raccolse gli ossicini<br />

dal poncho, sollevò l’indumento da terra e si ritirò nel<br />

suo cubicolo buio.<br />

Il giorno successivo Ignacio e Pedro si recarono di<br />

buon’ora dalla curandera. Avevano marciato spediti sul<br />

187


sentiero che conduceva a casa della donna, pronti a definire<br />

quel giorno stesso tutta la faccenda affrettando la<br />

decisione dell’orafo. In quegli ultimi mesi il via vai sulla<br />

montagna aveva influito pesantemente sul lavoro e sulla<br />

vita di entrambi e adesso che il loro amico stava bene<br />

non ritenevano opportuno prolungare un simile sacrificio.<br />

Pronti a riferire la loro opinione rimasero sorpresi<br />

nel sentire che Juan aveva già stabilito cosa fare. – Ieri,<br />

dopo che voi siete andati via, ho fatto esattamente ciò<br />

che vi ho detto. Ho riflettuto a lungo valutando razionalmente<br />

la situazione e ho deciso che rimarrò qui. Se in<br />

Italia non mi vogliono è inutile tornare.<br />

I due giovani, contenti, vollero allora affrontare un<br />

argomento delicato che stava loro a cuore e li metteva in<br />

un certo imbarazzo. – Don Juan, tornate a lavorare con<br />

noi. Faremo a quote paritarie. Sapete, adesso che abbiamo<br />

fatto il grande passo…<br />

L’orafo accolse con soddisfazione e sollievo la proposta<br />

degli amici, così si accordò con loro perché tornassero<br />

in città, dove li avrebbe raggiunti una volta risolto<br />

il problema con Inès.<br />

Quando la curandera arrivò alle prime case del villaggio<br />

il sole era ancora basso sull’orizzonte. Camminava<br />

lentamente e il poncho, che le pendeva dalle spalle,<br />

lungo ben oltre la sua persona, cancellava le impronte<br />

leggere che i suoi piedi lasciavano sulla polvere. Portava<br />

con sé la zucca con gli ossicini ed un sacchetto di tela<br />

colmo di una polvere sottile che l’orafo le aveva visto<br />

prelevare da un vaso avvolto con uno straccio nero. La<br />

voce che la vecchia si trovava al villaggio si diffuse rapidamente.<br />

Una piccola folla le si fece incontro salutandola<br />

con timore reverenziale e la scortò sino alla casa di<br />

Inès, la quale intuì immediatamente che la presenza della<br />

vecchia aveva a che fare con suo genero.<br />

188<br />

– Mandate via questa gente ed andiamo dentro, –<br />

disse la curandera con fare sbrigativo. Quando Inès<br />

chiuse la porta, la vecchia la informò della situazione:<br />

– Vostro genero ormai sta bene. È guarito e vuole con<br />

sé i bambini. Ha deciso di non tornare più in Italia. Volete<br />

ridarglieli o deve ricorrere alla giustizia?<br />

– Sapevo che questo momento sarebbe arrivato prima<br />

o poi. Che cosa volete che faccia? Siamo sicuri che<br />

non è una menzogna? Io non mi fido di quell’uomo!<br />

– Io sono qui a garantire per lui. Questa volta non<br />

mente. Rimarrà in questo paese.<br />

– Ma io lo odio! Vorreste che per amore dei bambini<br />

tornassimo a vivere sotto lo stesso tetto? È impossibile,<br />

io dico di no!<br />

– Innanzi tutto fategli vedere i figli. Ne ha diritto e<br />

si calmerà.<br />

Inès era fortemente contrariata dall’atteggiamento<br />

impositivo della vecchia. Il suo odio verso il genero<br />

continuava ad essere feroce, tuttavia intuiva che la giustizia<br />

gli avrebbe dato ragione e che, in tal caso, lei rischiava<br />

di non vedere più i nipoti.<br />

– Vi posso aiutare a decidere? – chiese la curandera<br />

con un tono diverso nella voce. Si era accorta della confusione<br />

della donna, tormentata da pensieri contrastanti<br />

di cui si sforzava di valutare le conseguenze.<br />

– Sapete come fare?<br />

– Con questi, – disse sollevando la zucca e mostrandola<br />

a Inès.<br />

– Prima di cominciare datemi da bere, perché quella<br />

camminata e questa discussione mi hanno fatto venire<br />

sete.<br />

Inès si affrettò a porgerle una bottiglia d’acqua e un<br />

bicchiere. – Bevete con me! – la invitò la donna.<br />

Inès si allontanò per prendere un altro bicchiere e la<br />

189


vecchia versò nella bottiglia parte della polvere che nascondeva<br />

in una mano. Dopo che Inès ebbe bevuto, la<br />

curandera si sfilò il poncho, lo distese per terra e si accoccolò<br />

lungo uno dei lati invitandola a fare altrettanto.<br />

Inès seguì le sue indicazioni. Si aspettava che interrogasse<br />

i piccoli ossicini bianchi, che ad intervalli regolari<br />

lasciava uscire dalla zucca, e le rivelasse il futuro. Ma il<br />

ticchettio degli ossicini dentro la zucca aveva un effetto<br />

ipnotico e Inès chiuse gli occhi. La visione si presentò<br />

immediata. Inès vide se stessa contemplare il cadavere<br />

di Juan composto sul letto di una casa che non conosceva.<br />

La donna cessò di agitare la zucca e la visione svanì.<br />

Ad Inès parve di aver chiuso gli occhi solo per qualche<br />

istante e, quando li riaprì, la curandera raccoglieva l’ultimo<br />

ossicino dal poncho. – Avete visto qualcosa? – domandò.<br />

– No! – rispose la vecchia. – Questa volta eravate voi<br />

a dover vedere. Ciò che avete visto vi è bastato?<br />

Inès annuì soddisfatta.<br />

– Perfetto! Adesso che sapete, decidete in fretta.<br />

190<br />

Epilogo<br />

1950<br />

Juan si alzò dal suo angolo vicino alla finestra e spense<br />

la radio. Il notiziario era terminato e la musica che andava<br />

in onda lo disturbava. Guardò fuori. Il traffico a<br />

quell’ora era piuttosto intenso, ma questo non gli impedì<br />

di frugare la strada cercando la sagoma di Sebastian<br />

alla luce gialla dei lampioni. Suo figlio era in ritardo.<br />

Juana dalla cucina lo chiamò: – Babbo, venite a<br />

mangiare, è pronto! Pensate che Sebastian arriverà in<br />

tempo per cenare con noi?<br />

Juan sedette di fronte a Juana e lanciò uno sguardo<br />

disinteressato al cibo. Era preoccupato per Sebastian<br />

che, nonostante fosse in città da due giorni, aveva visto<br />

solo per qualche ora. Era arrivato per chiedere denaro a<br />

lui e alla sorella. Ma Juana non possedeva denaro. Non<br />

si era sposata e non aveva un lavoro. L’orafo la osservò<br />

mentre sollevava il cucchiaio e lo accostava alle labbra<br />

con la solita compostezza appresa dalle suore della<br />

Mercede. Da quanti anni aveva lasciato il convento? Al<br />

compimento del diciottesimo anno di età le suore avevano<br />

congedato lei e la sorella Ana, le avevano rimandate<br />

nel mondo a prendere possesso della loro casa. La casa<br />

di Gracia, amministrata in quegli anni dal convento,<br />

aveva fruttato un gruzzolo che era stato consegnato alle<br />

ragazze. Nel giro di un anno Ana si era sposata, Juana<br />

no. Era rimasta a casa ad appassire, le rughe di espressione<br />

si erano accentuate e la pelle aveva perso la freschezza<br />

e il turgore della giovane età. Aveva voluto che<br />

191


Juan, l’unica persona di famiglia che le fosse rimasta,<br />

abbandonasse la casa nella quale viveva in solitudine e<br />

lo aveva accolto in quella che un tempo era stata anche<br />

la sua casa. Lei soltanto sosteneva la sua vecchiaia. Anche<br />

Cruz si era sposata e Sebastian lavorava per il governo<br />

nell’estremo sud del paese. Voleva bene a Juana, ma<br />

Cruz e Sebastian erano il suo sangue, benché li avesse<br />

avuti con sé per così poco tempo. Fino all’età scolare<br />

erano rimasti con la nonna, nel villaggio sulla montagna,<br />

lui era tornato al suo lavoro e li vedeva ogni mese.<br />

Poi se li era portati via, li aveva condotti in città. Erano<br />

due bambini selvatici cresciuti tra la polvere e i polli, ma<br />

il collegio che avevano frequentato, uno dei migliori del<br />

Paese, li aveva resi istruiti e educati alle buone maniere.<br />

Inès era morta poco dopo aver consentito a Juan di portarsi<br />

via i bambini. L’odio per suo genero non si era mai<br />

placato e lei aveva atteso, giorno dopo giorno, di vederlo<br />

morto. Era scesa a patti con lui senza eccessiva resistenza<br />

solo perché si riteneva sicura degli eventi. Ma le<br />

cose non erano andate così. Juan a settantacinque anni<br />

era ancora vivo e vegeto e continuava ad affrontare problemi.<br />

La voce di Juana lo distolse dai suoi pensieri: – Dove<br />

pensate che Sebastian potrà trovare quel denaro?<br />

Quanti amici ha ancora in città?<br />

Juan sospirò. Era stanco. Per lui non era più il momento<br />

di avere preoccupazioni che lo tenessero sveglio<br />

la notte e invece suo figlio era arrivato con un problema.<br />

Il suo problema era il gioco. Il tarlo del gioco lo rodeva.<br />

Si era indebitato sempre per piccole somme che era riuscito<br />

a coprire con lo stipendio, i risparmi e l’aiuto del<br />

padre, ma questa volta la situazione era diversa, la cifra<br />

elevata, e i creditori non gli davano tregua. Era notte<br />

fonda quando il giovane bussò alla porta, buttando Jua-<br />

192<br />

na giù dal letto. – Allora hai risolto? Sei stato fuori così a<br />

lungo! Il babbo era preoccupato, ho dovuto dargli dei<br />

calmanti.<br />

Sebastian grugnì: – Domani, domani ti racconto. – Si<br />

gettò sul letto e dormì sino alla tarda mattinata. Quando<br />

comparve in cucina, con gli occhi gonfi e i capelli arruffati,<br />

suo padre lo interrogò: – Sei riuscito a mettere insieme<br />

quella cifra?<br />

– Purtroppo no! Ancora mi manca parecchio, gli<br />

amici su cui contavo mi hanno voltato le spalle.<br />

– Oh se Carlo fosse ancora qui! Lui ti avrebbe aiutato<br />

di certo. Quanto tempo hai per saldare il tuo debito?<br />

– Poco! È da un pezzo che aspettano! Forse riuscirò<br />

a tenerli buoni per un po’ con quello che ho racimolato,<br />

ma devo trovare subito il resto. I cinesi non scherzano e<br />

hanno il coltello facile.<br />

Juan trascorse il pomeriggio in attesa di suo figlio,<br />

che doveva vedere ancora alcuni amici. Era avvilito e<br />

scoraggiato. Sebastian forse non si rendeva conto che<br />

rischiava di perdere il lavoro. Se lo avessero scoperto lo<br />

avrebbero mandato via senza pensarci due volte. Lo<br />

sguardo accigliato di Juana contribuì ad accrescere la<br />

sua inquietudine. Accese la radio ma non la ascoltò,<br />

prese il giornale, con gli occhi rilesse gli stessi articoli<br />

che la mattina aveva commentato con Juana, ma con la<br />

mente era altrove. Si lamentò sospirando: – Se avessi<br />

ancora i miei vecchi libri italiani! Quelli avevano il potere<br />

di placare le angustie.<br />

Doveva ringraziare Inès della loro fine. Quando giaceva<br />

immobile dalla curandera e la casa di Gracia era<br />

stata affidata alle suore della Mercede, tutrici di Juana e<br />

Ana, Inès l’aveva svuotata ed aveva portato al villaggio<br />

tutto ciò che conteneva, compresi i libri, che erano rimasti<br />

nascosti in una cassa sino a quel gelido inverno. I<br />

193


ambini si lamentavano per il gran freddo, anche dentro<br />

casa il loro fiato fumava. Non giocavano, ma sedevano<br />

palliducci avvolti ciascuno in una coperta. Inès non<br />

aveva legna da ardere così aveva bruciato tutto ciò che<br />

poteva produrre una bella fiamma vivace. I libri di Juan<br />

si erano accartocciati subito trasformandosi in un calore<br />

effimero che, per un attimo, aveva riscaldato i bambini<br />

rallegrandoli.<br />

Juana vide il vecchio preoccupato e ne ebbe compassione:<br />

– Babbo che ne dite, potremo chiedere un aiuto a<br />

Cruz e ad Ana? Sempre che Sebastian non si sia già rivolto<br />

a loro. In fondo sono le sue sorelle e di fronte al rischio<br />

che corre…<br />

– No, non ci ha pensato. Sono troppo lontane. Ha<br />

fatto prima a venire qui.<br />

– Bene, allora che ne dite? Perché non scrivete due<br />

righe e spiegate loro la situazione? Scrivete a Cruz che<br />

vive più vicino e ha un marito che guadagna molto bene.<br />

Juan non rispose, prese la testa tra le mani e rimase<br />

assorto nei propri pensieri. Quando Sebastian tornò,<br />

disperato e a mani vuote, aveva preso la sua decisione.<br />

– Vedrai figliolo che anche questa volta risolveremo il<br />

problema.<br />

– Avete dei soldi nascosti di cui non ricordavate l’esistenza?<br />

– No, io non ho soldi da darti, e questa è l’ultima<br />

volta che avrai il mio aiuto. Devi smetterla con il gioco<br />

o perderai tutto… il tuo lavoro… la tua donna… gli<br />

amici.<br />

– Babbo aiutatemi e vi giuro su Dio che non giocherò<br />

più!<br />

– Se i creditori ti concedessero diciamo… un mese di<br />

tempo, io saprei dove trovare quel denaro che manca.<br />

194<br />

– Provate, provate ugualmente! Che cosa volete fare?<br />

Pedro e Ignacio hanno già sganciato, a chi volete rivolgervi?<br />

– Tu non ti preoccupare, aspetta e vedrai.<br />

La mano gli tremava quando, la sera, cominciò a<br />

scrivere alla figlia: «Carissima figlia Assunta… sono ormai<br />

anziano y tengo un deseo infinito di rivedervi. Voglio<br />

tornare in Italia, mi patria, per stare insieme a vosotros.<br />

Ahora che el tempo è passato io espero nel vostro<br />

perdono. Mi mancate molto e sento molta nostalgia.<br />

Al momento tengo algunas difficoltà con le banche<br />

porchè la situacion in esto pais è sempre difficile, perciò<br />

ti chiedo di prestarmi il denaro perché io possa sistemare<br />

le ultime cose e tornare in Italia. Nel frattempo<br />

la banca mi lascerà ritirare i miei soldi e ti restituirò<br />

tutto. Ho preparato mi cosas y se tu fossi tempestiva<br />

potrei essere a casa por la fine del mese, finalmente!<br />

Queste sono le spese che devo sostenere prima di partire…»<br />

* * *<br />

Con la lettera e la fotografia di suo padre tra le mani<br />

Assunta sentì il peso della solitudine. Adesso spettava a<br />

lei decidere. Sollevò lo sguardo sui ritratti appesi alla<br />

parete: sua madre e Dora le sorridevano da un altro<br />

tempo. Avrebbe voluto accanto sua figlia per un consiglio,<br />

ma Piera era lontana, all’università.<br />

Si sollevò, passò una mano tra i capelli e riassettò i<br />

vestiti, tra poco alcuni pazienti sarebbero arrivati all’ambulatorio<br />

e il dottore esigeva la sua presenza.<br />

Rilesse ancora una volta la lettera di suo padre, in cui<br />

due lingue diverse si fondevano in un amalgama inscindibile.<br />

Prese la penna e scrisse: «Caro babbo, sono feli-<br />

195


ce e stupita di ricevere vostre notizie dopo tanti anni di<br />

silenzio…»<br />

* * *<br />

Con un sospiro di sollievo Juan aprì la lettera, che era<br />

arrivata dall’Italia in un tempo sorprendentemente breve.<br />

Era felice che non lo avessero scordato ed era sicuro<br />

che sua figlia avrebbe inviato quel denaro. Chiamò Juana<br />

e lesse traducendo: «… non ho denaro da inviarvi,<br />

devo provvedere ai miei figli, tuttavia per voi farò una<br />

cosa con tutto il cuore. Vi spedirò il biglietto di viaggio<br />

già pagato perché possiate rientrare in Italia. Scrivetemi<br />

per confermare e specificate il giorno in cui sarete libero<br />

dagli impegni e pronto a partire…»<br />

Juan posò il foglio sul tavolo, si sedette e guardò<br />

Juana negli occhi. Non scrisse mai la sua lettera di conferma.<br />

196<br />

I fatti e i personaggi di questo romanzo sono frutto della fantasia<br />

dell’autore.


INDICE


INDICE<br />

L’ORAFO<br />

Prologo 11<br />

1925 19<br />

1926 39<br />

1927 59<br />

1928 81<br />

1929 93<br />

1931 105<br />

1933 115<br />

1934 157<br />

Epilogo 191


Volumi pubblicati:<br />

Tascabili<br />

Grazia Deledda, Chiaroscuro<br />

Grazia Deledda, Il fanciullo nascosto<br />

Grazia Deledda, Ferro e fuoco<br />

Francesco Masala, Quelli dalle labbra bianche<br />

Emilio Lussu, Il cinghiale del Diavolo (2 a edizione)<br />

Maria Giacobbe, Il mare (3 a edizione)<br />

Sergio Atzeni, Il quinto passo è l’addio<br />

Sergio Atzeni, Passavamo sulla terra leggeri<br />

Giulio Angioni, L’oro di Fraus (2 a edizione)<br />

Antonio Cossu, Il riscatto<br />

Bachisio Zizi, Greggi d’ira<br />

Ernst Jünger, Terra sarda<br />

Marcello Fois, Sempre caro (2 a edizione)<br />

Salvatore Niffoi, Il viaggio degli inganni (2 a edizione)<br />

Luciano Marrocu, Fáulas (2 a edizione)<br />

Gianluca Floris, I maestri cantori<br />

D.H. Lawrence, Mare e <strong>Sardegna</strong><br />

Salvatore Niffoi, Il postino di Piracherfa (2 a edizione)<br />

Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò (2 a edizione)<br />

Giorgio Todde, Lo stato delle anime (2 a edizione)<br />

Francesco Masala, Il parroco di Arasolè<br />

Maria Giacobbe, Gli arcipelaghi (2 a edizione)<br />

Salvatore Niffoi, Cristolu<br />

Giulio Angioni, Millant’anni<br />

Luciano Marrocu, Debrà Libanòs<br />

Giorgio Todde, La matta bestialità (2 a edizione)<br />

Sergio Atzeni, Racconti con colonna sonora e altri «in giallo»<br />

Marcello Fois, Materiali<br />

Maria Giacobbe, Diario di una maestrina<br />

Giuseppe Dessí, Paese d’ombre<br />

Francesco Abate, Il cattivo cronista


Gavino Ledda, Padre padrone<br />

Salvatore Niffoi, La sesta ora<br />

Jack Kerouac, L’ultima parola. In viaggio. Nel jazz<br />

Gianni Marilotti, La quattordicesima commensale<br />

Giorgio Todde, Ei<br />

Luigi Pintor, Servabo<br />

Marcello Fois, Tamburini<br />

Francesco Abate, Ultima di campionato<br />

Patrick Chamoiseau, Texaco<br />

Luciano Marrocu, Scarpe rosse, tacchi a spillo<br />

Alberto Capitta, Creaturine<br />

Romano Ruju, Quel giorno a Buggerru<br />

Peppinu Mereu, Poesie complete<br />

Maria Giacobbe, Le radici<br />

Patrick Chamoiseau, Il vecchio schiavo e il molosso<br />

Paolo Cherchi, Erostrati e astripeti<br />

Marcello Fois, Sangue dal cielo (2 a edizione)<br />

Giorgio Todde, Paura e carne (2 a edizione)<br />

Giulio Angioni, Alba dei giorni bui<br />

Roberto Concu, Verità per verità<br />

Aldo Tanchis, L’anno senza estate<br />

Sergio Atzeni, I sogni della città bianca<br />

Ricuore, testi di Massimo Carlotto, Raul Montanari, Enzo Fileno<br />

Carabba, Marcello Fois, Antonio Pascale, Carlo Lucarelli, Stefano<br />

Tassinari, Matteo Galiazzo, Giosuè Calaciura, Francesco Piccolo<br />

Narrativa<br />

Salvatore Cambosu, Lo sposo pentito<br />

Marcello Fois, Nulla (2 a edizione)<br />

Francesco Cucca, Muni rosa del Suf<br />

Paolo Maccioni, Insonnie newyorkesi<br />

Bachisio Zizi, Lettere da Orune<br />

Maria Giacobbe, Maschere e angeli nudi: ritratto d’un’infanzia<br />

Giulio Angioni, Il gioco del mondo<br />

Aldo Tanchis, Pesi leggeri<br />

Maria Giacobbe, Scenari d’esilio. Quindici parabole<br />

Giulia Clarkson, La città d’acqua<br />

Paola Alcioni, La stirpe dei re perduti<br />

Mariangela Sedda, Oltremare<br />

Rossana Copez, Si chiama Violante<br />

Rossana Carcassi, L’orafo<br />

Luciana Floris, La doppia radice<br />

Poesia<br />

Giovanni Dettori, Amarante<br />

Sergio Atzeni, Due colori esistono al mondo. Il verde è il secondo<br />

Gigi Dessì, Il disegno<br />

Roberto Concu Serra, Esercizi di salvezza<br />

Serge Pey, Nierika o le memorie del quinto sole<br />

Saggistica<br />

Bruno Rombi, Salvatore Cambosu, cantore solitario<br />

Giancarlo Porcu, La parola ritrovata. Poetica e linguaggio in<br />

Pascale Dessanai<br />

FuoriCollana<br />

Salvatore Cambosu, I racconti<br />

Antonietta Ciusa Mascolo, Francesco Ciusa, mio padre<br />

Alberto Masala - Massimo Golfieri, Mediterranea<br />

I Menhir<br />

Salvatore Cambosu, Miele amaro<br />

Antonio Pigliaru, Il banditismo in <strong>Sardegna</strong>. La vendetta barbaricina<br />

Giovanni Lilliu, La civiltà dei sardi<br />

Giulio Angioni, Sa laurera. Il lavoro contadino in <strong>Sardegna</strong><br />

Sergio Atzeni, Scritti giornalistici (1966-1995)<br />

Libristante<br />

Giorgio Pisano, Lo strano caso del signor Mesina<br />

In coedizione con Edizioni Frassinelli<br />

Marcello Fois, Sempre caro<br />

Marcello Fois, Sangue dal cielo<br />

Marcello Fois, L’altro mondo<br />

Giorgio Todde, Lo stato delle anime<br />

Giorgio Todde, Paura e carne<br />

Giorgio Todde, L’occhiata letale<br />

Giorgio Todde, E quale amor non cambia<br />

Alberto Capitta, Creaturine


Finito di stampare<br />

nel mese di ottobre 2005<br />

dalla Tipolitografia ME.CA. - Recco (GE)

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