L'ORAFO - Sardegna Cultura
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ROSSANA CARCASSI<br />
L’ORAFO<br />
IL MAESTRALE
NARRATIVA
Editing<br />
Pier Francesco Fadda<br />
Grafica<br />
Nino Mele<br />
Imago multimedia<br />
© 2005, Edizioni Il Maestrale<br />
Redazione: via Monsignor Melas 15 - 08100 Nuoro<br />
Telefono e Fax 0784.31830<br />
E-mail: redazione@edizionimaestrale.com<br />
Internet: www.edizionimaestrale.com<br />
ISBN 88-89801-07-7<br />
ROSSANA CARCASSI<br />
L’orafo<br />
IL MAESTRALE
A mio padre Antonio
Non discurris nec locorum mutationibus<br />
inquietaris. Aegri animi ista iactatio est.<br />
[non vai qua e là, non ti agita il desiderio di<br />
cambiare continuamente luogo. Tale inquietudine<br />
è propria di un animo malato]<br />
Seneca, Epistulae ad Lucilium<br />
né dolcezza di figlio, né la pieta<br />
del vecchio padre, né ’l debito amore<br />
lo qual dovea Penelopè far lieta,<br />
vincer potero dentro a me l’ardore<br />
ch’i ebbi a divenir del mondo esperto<br />
Dante, Inferno XXVI, 94-98
Prologo<br />
1950<br />
Assunta teneva tra le mani la lettera. Incredula e<br />
profondamente turbata fissava quella grafia fitta e minuta.<br />
Sotto i suoi occhi i caratteri, vergati con mano<br />
malferma, si accavallavano, unendosi e danzando sinuosi<br />
come serpi nere. I passi del postino che si allontanava<br />
nella via silenziosa le riecheggiavano nella testa simili<br />
a schioppettate, e voci che provenivano dal passato,<br />
ribellandosi, le urlavano nel cuore. Si allontanò rapidamente<br />
dalla finestra poiché anche la luce intensa<br />
che baluginava sopra il foglio sottile la infastidiva. Tirò<br />
le tende e si sdraiò sul divano. Il beneficio fu immediato.<br />
Il morbido chiarore, l’atmosfera familiare del salottino<br />
e delle cose che le erano care la confortarono e le<br />
consentirono di tornare indietro nel tempo senza che il<br />
dolore riuscisse a travolgerla. Quanti anni erano trascorsi?<br />
Con una fitta ricordò l’ultima volta che quell’uomo<br />
senza dignità aveva osato rivolgersi a lei mettendola<br />
di fronte ad una scelta. Quell’uomo, suo padre,<br />
ancora una volta le chiedeva di scegliere. Chiuse gli occhi<br />
e con difficoltà ne rammentò l’aspetto. Fu come vederlo<br />
attraverso la nebbia. A questa visione della mente,<br />
imprecisa e dai contorni sfumati, si sovrappose di<br />
colpo la figura austera che, con distacco, guardava il<br />
mondo dalla foto che sua madre, malgrado quanto era<br />
accaduto, aveva tenuto per anni sul cassettone della camera<br />
da letto. Con uno sforzo di volontà si alzò e andò<br />
a frugare in quello che sua figlia chiamava il cassetto dei<br />
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icordi: conteneva vecchie fotografie, lettere, distintivi<br />
e altro ciarpame che si era accumulato nel corso degli<br />
anni. Assunta non lo apriva da tempo, tuttavia trovò subito<br />
quella vecchia foto del padre che rimandava l’immagine<br />
di un signore distinto in abito scuro, l’orologio<br />
nel taschino del panciotto, le scarpe lucide ed un bastone<br />
da passeggio con il manico d’argento che riproduceva<br />
la testa di un levriero. La foto, ingiallita e ritoccata,<br />
era stata scattata in interno da un fotografo professionista.<br />
Quello non era l’abbigliamento usuale del babbo<br />
che, per stare in casa e lavorare, indossava abiti più<br />
semplici e pratici. Perciò Assunta era certa che lui, per<br />
posare davanti all’obbiettivo, si fosse preparato con cura<br />
scegliendo il suo vestito migliore.<br />
Sorseggiò lentamente il caffè ormai freddo e annusò<br />
l’aria ancora satura di quell’aroma gradevole. La<br />
mente vagò libera e tornò alla mattina della sua infanzia<br />
in cui la mamma l’aveva svegliata di buon’ora per<br />
un avvenimento speciale. Avvolta da una lieve fragranza<br />
di lavanda e di sapone da bucato era entrata con un<br />
fruscio di gonnelle nella camera che Assunta condivideva<br />
con i fratellini. Si era mossa agilmente, nonostante<br />
la gravidanza avanzata, e bisbigliando qualcosa tra<br />
sé aveva aperto gli scuri della finestra. La luce del mattino<br />
aveva imbiancato la stanza, era scivolata sui letti<br />
dei bambini accarezzando i loro visetti addormentati.<br />
La voce di Margherita tradiva una certa ansia: – Su, alzatevi!<br />
Oggi dovete essere più veloci del solito! C’è il<br />
fotografo che deve farvi la foto con il babbo e io non<br />
voglio stare tutta la giornata ad aspettarvi! Prima si va,<br />
prima si torna! – Aveva pettinato con cura lei e sua sorella<br />
Agnese, torcendo loro i capelli in una piccola<br />
crocchia stretta sulla nuca e, con mosse rapide, le aveva<br />
aiutate ad indossare i loro abitini. Anche Pietro, il<br />
12<br />
fratello maggiore, era stato obbligato a un’accurata<br />
pulizia ed aveva protestato più delle bambine che una<br />
volta pronte, in piedi sulla sedia, avevano litigato per<br />
rimirarsi nel piccolo specchio di legno appeso troppo<br />
in alto alla parete della loro camera.<br />
Il giorno prima dalla città era arrivato il signor<br />
Gromme, il fotografo. Si sarebbe trattenuto un giorno<br />
come al solito o forse due e poi lo avrebbero rivisto soltanto<br />
l’anno successivo. I tre bambini, dal visetto tondo<br />
e dagli occhi brillanti, si erano annoiati a morte; avevano<br />
dovuto aspettare per un tempo lunghissimo il loro<br />
turno e, irrigiditi nei loro vestiti nuovi, non avevano ottenuto<br />
dalla madre il permesso di giocare, per paura di<br />
sporcarli; inoltre anche il tempo di posa era stato interminabile,<br />
con il risultato che nessuno di loro, in quella<br />
foto, sorrideva. Neanche il padre sorrideva. Era arrivato<br />
all’ultimo momento e aveva assunto un’aria fiera e<br />
impettita, la stessa che mostrava in tutte le foto che lo<br />
ritraevano, compresa quella che lei adesso teneva tra le<br />
mani ed osservava pensierosa. Dopo un silenzio lungo<br />
vent’anni lui ricompariva all’improvviso. Era vecchio.<br />
Che aspetto poteva avere? Quanti anni dividevano<br />
quella foto da quella lettera, e quel suo inseparabile bastone<br />
da passeggio che fine poteva aver fatto? Con vano<br />
rammarico rievocò il giorno in cui il padre aveva lasciato<br />
la propria casa, accompagnato dallo sguardo fiducioso<br />
della moglie e delle figlie più giovani che gli affidavano<br />
il loro futuro. In quella mattina di dicembre,<br />
insolitamente tiepida e soleggiata, Assunta aveva visto<br />
un uomo ancora giovane e vigoroso, con le spalle diritte<br />
e le braccia forti e, seppure con riluttanza, era riuscita a<br />
comprendere come lui potesse sentirsi ancora capace e<br />
desideroso di assicurare a se stesso ed alla moglie una<br />
vecchiaia serena e dignitosa. Dopo un ultimo rassicu-<br />
13
ante abbraccio era andato via sollevando due pesanti<br />
valige.<br />
– Arrivederci babbo! Riguardatevi! Scriveteci subito<br />
e tornate presto, non dovete mancare al mio matrimonio!<br />
– gli aveva gridato Dora mentre il treno si allontanava.<br />
Assunta era rimasta l’unica in famiglia a non condividere<br />
la scelta del padre, riteneva che non ci fosse alcun<br />
bisogno di andare così lontano, dall’altra parte del<br />
mondo, proprio ora che lui, passata la cinquantina,<br />
aveva figli grandi e indipendenti e un lavoro che gli<br />
garantiva una certa sicurezza economica. Sua sorella<br />
Agnese era troppo ignorante e fiduciosa per poter<br />
esprimere un’opinione diversa da quella del genitore,<br />
ma soprattutto era assorbita dalle gioie di un matrimonio<br />
recente e coinvolta nella costruzione della nuova<br />
casa, nel paese vicino.<br />
– Se il babbo vuole partire lascialo andare, – asseriva<br />
flemmatica esaminando un preventivo di spesa. – Starà<br />
via poco tempo; soltanto un anno, poi tornerà. Vedrai,<br />
non avrà il coraggio di lasciare la mamma da sola troppo<br />
a lungo.<br />
– Un anno non potrà mai bastare, mai! Ha ragione<br />
Salvatore, l’America è pericolosa! Lui la conosce bene<br />
e può affermarlo con certezza. È un rischio che non è<br />
necessario correre! – ribatteva Assunta infervorata in<br />
una conversazione che la sorella non aveva voglia di sostenere.<br />
Emma interveniva sempre a favore del padre: – Babbo<br />
è giovane e forte… non è un ragazzino… conosce il<br />
mondo… ha letto molti libri… devi avere fiducia in lui!<br />
Cosa vuoi che sia un anno?<br />
Povera Emma! A quell’epoca era appena entrata<br />
nell’adolescenza, ma il misterioso avvenimento che ave-<br />
14<br />
va profondamente turbato la sua prima giovinezza era<br />
già accaduto. Aveva solo quattordici anni e una grande<br />
fiducia nella vita che, invece, presto l’avrebbe tradita.<br />
Assunta la rivide, assorta nella lettura di un libro, seduta<br />
accanto alla finestra con il bel viso tondo incorniciato<br />
dai capelli bruni, mentre la luce del sole la illuminava facendo<br />
risaltare il profilo regolare e l’incarnato perfetto.<br />
Per quel libro la ragazza aveva dovuto strappare il consenso<br />
del babbo, che considerava i libri come oggetti<br />
preziosi da custodire con cura. Ora più che mai, dopo<br />
che il tempo ne aveva travolto ogni traccia, Assunta, con<br />
un moto di rancore, giudicò morbosa e inutile quella<br />
passione. Suo padre non consentiva a nessuno di toccare<br />
i volumi che teneva sottochiave nella camera da letto<br />
al riparo dalla polvere e dall’umidità. Ne possedeva un<br />
centinaio e, pur sapendo che si trattava di una modestissima<br />
biblioteca, ne andava fiero. In paese pochi possedevano<br />
libri, e pochissimi erano in grado di leggerli.<br />
Ogni sera, prima di spegnere la luce, gettava l’ultimo<br />
sguardo al suo tesoro ripromettendosi di allargare la<br />
collezione all’insaputa della moglie che brontolava accusandolo<br />
di sprecare il denaro. Nella piccola collezione<br />
si distinguevano l’Orlando Furioso, con la copertina<br />
di marocchino rosso stampata a lettere dorate, e due testi<br />
di teologia di fine Settecento, rilegati con la carta pecora,<br />
che Giovanni aveva ricevuto dal parroco del paese<br />
vicino in cambio di un crocifisso d’argento alto cinquanta<br />
centimetri.<br />
Assunta sorrise amaramente ricordando lo sguardo<br />
soddisfatto del padre la sera in cui era rientrato a casa<br />
con quei libri sottobraccio. Lei, seduta accanto al tavolo,<br />
osservava sua madre che, con le maniche arrotolate<br />
sin sopra i gomiti, lavorava vigorosamente la pasta rievocando<br />
le vicende legate alla morte tragica del pro-<br />
15
prio padre Nicola. Il babbo era rientrato in quel momento<br />
portandosi appresso il profumo fresco del vento<br />
che, furioso, veniva giù dalla montagna e turbinava<br />
per le vie.<br />
– Li ho salvati dalla morte! – aveva detto posandoli<br />
delicatamente sul tavolo. Poi era corso nella bottega a<br />
prendere il monocolo e ne aveva osservato con attenzione<br />
ogni pagina. La mamma aveva interrotto il lavoro<br />
e lo aveva guardato prima indispettita, poi incuriosita<br />
dal suo armeggiare su quei fogli ingialliti dai bordi scuri.<br />
Il babbo, sorridendo e gesticolando, aveva raccontato<br />
di essersi recato a consegnare il lavoro nel primo pomeriggio.<br />
Il parroco lo aveva ricevuto introducendolo in una<br />
sagrestia buia, le cui pareti erano coperte da imponenti<br />
scaffalature di legno nero cariche di libri e di carte. A<br />
Giovanni era sembrato che l’ordine dei libri, che avevano<br />
subito attirato la sua attenzione, non seguisse una<br />
logica precisa, se non quella delle dimensioni. Alcuni<br />
volumi, in posizione strategica, reggevano il ripiano superiore<br />
che, carico di scartoffie ammassate, si incurvava<br />
al centro e lasciava scivolare verso il basso, con la<br />
precisione di una clessidra, la polvere finissima che migliaia<br />
di tarli producevano ininterrottamente.<br />
I due uomini avevano parlato del più e del meno per<br />
circa un’ora prima che il sacerdote confessasse di non<br />
essere in grado di pagare. La parrocchia in quel momento<br />
non aveva disponibilità economiche: forse ci sarebbe<br />
stata la guerra ed il cuore solitamente tenero dei<br />
parrocchiani si era pietrificato. Solo pochissimi centesimi<br />
venivano lasciati ogni domenica nella cassetta delle<br />
elemosine.<br />
– Come dare torto a questa gente se lascia vuota la<br />
cassetta delle offerte? – aveva osservato Giovanni, il cui<br />
16<br />
pensiero per tutto il tempo era rimasto concentrato sulle<br />
pagine segrete di cui avrebbe volentieri indagato il<br />
contenuto. Un’idea si era fatta strada nella sua mente. Il<br />
parroco non si era vergognato di negargli il compenso<br />
dovuto e così lui, indicando i libri, gli aveva offerto<br />
un’altra possibilità. – Se non avete denaro e non volete<br />
rimanere in debito con me, potete darmi qualche altra<br />
cosa…<br />
– Per esempio cosa? – aveva chiesto il prete, aggrottando<br />
la fronte e pensando rapidamente alle damigiane<br />
di vino che custodiva in cantina, agli orci di olio e alla<br />
farina bianca che la perpetua, ultimamente, utilizzava<br />
con troppa parsimonia.<br />
– Quei libri, ad esempio.<br />
Il sacerdote tozzo e robusto, che durante l’ultima<br />
parte della lunga conversazione pareva essersi rimpicciolito<br />
ulteriormente, si era rianimato e, felice di non<br />
essere stato costretto a mentire per difendere la propria<br />
dispensa, con un movimento arioso di sottane fruste e<br />
poco pulite, era corso ad afferrare i primi due volumi<br />
che gli erano capitati tra le mani e li aveva consegnati a<br />
Giovanni.<br />
Margherita, scontenta dello scambio, si era incollerita.<br />
Aveva atteso la fine del racconto per rimproverare<br />
il marito: – Dovevi insistere! Dovevi dirgli che poteva<br />
saldare il suo debito a poco a poco anziché caricarti<br />
questo vecchiume! Ricordati che hai una famiglia da<br />
campare!<br />
Lui le aveva risposto infastidito: – Sei materiale e<br />
priva di spirito come tutte le donne! Questi libri hanno<br />
un grande valore.<br />
Margherita non si era data per vinta.<br />
– Vorrà dire che, se davvero ci sarà la guerra e avremo<br />
fame, ci leggerai qualche pagina. Ma guarda che<br />
17
uomo! Quel lavoro valeva un bel po’ di denaro e lui si<br />
è caricato di scartoffie ammuffite!<br />
In seguito Giovanni non aveva mai avuto modo di<br />
sfogliare quei volumi e si era accontentato di tenerli inutilmente<br />
sottochiave insieme a tutti gli altri.<br />
Mentre quei ricordi lontani affluivano, affollandosi<br />
nella sua mente, Assunta provò un’acuta fitta di nostalgia<br />
e di rimpianto…<br />
18<br />
1925<br />
Mille volte Assunta aveva maledetto il giorno in cui il<br />
cugino Valentino si era presentato a casa dei genitori.<br />
Il quattro giugno 1925 era stata una giornata particolarmente<br />
calda e afosa, ma Giovanni aveva lavorato con<br />
la consueta solerzia nella bottega sottocasa, tiepida<br />
d’inverno e gradevolmente fresca durante la canicola<br />
estiva. La bottega era un locale piccolo in cui lo spazio<br />
era stato sfruttato al centimetro. Il centro della stanza<br />
era occupato dal banco da lavoro, sul quale si trovavano<br />
il filatoio e il laminatoio, una serie di pinze di dimensioni<br />
diverse, monocoli, lenti di ingrandimento, piccoli<br />
crogiuoli di porcellana bianca e diversi contenitori di<br />
sabbia nera e finissima necessaria per la fusione. Sopra<br />
alcuni scaffali addossati alle pareti laterali, stavano le<br />
bottiglie degli acidi e delle altre soluzioni che l’orafo<br />
utilizzava per l’imbianchimento e la coloritura dei preziosi<br />
manufatti. Dietro il banco, una pesante cassa munita<br />
di chiavistelli custodiva il materiale grezzo che arrivava<br />
da Torino e gli oggetti finiti pronti per la consegna.<br />
In alto sul muro, accanto all’immagine della Vergine del<br />
Miracolo protettrice del paese, pendeva, accartocciata<br />
e sbiadita, la foto del piccolo re d’Italia. Quel pomeriggio<br />
Giovanni aveva ripreso a lavorare dopo un breve riposo<br />
e, chino sul bancone, non udì il rumore dei passi<br />
sul selciato. Il rettangolo di luce, che dalla porta si allungava<br />
sul pavimento e lambiva la parete di fronte, venne<br />
oscurato dall’ingresso di un uomo. Giovanni sollevò il<br />
capo e rimase piacevolmente sorpreso.<br />
19
– Valentino! Qual buon vento… accomodati. È un<br />
bel pezzo che non ti si vede da queste parti! – esclamò,<br />
sorridendo al nipote.<br />
Valentino era un giovane uomo sulla trentina, bruno<br />
e allegro, con la carnagione chiara e le guance che si arrossavano<br />
per il caldo e la fatica. Quando sorrideva metteva<br />
in mostra una fila di denti bianchi e forti. Giovanni,<br />
che lavorava in maniche di camicia, notò che Valentino<br />
era vestito di tutto punto con un abito scuro e una<br />
camicia bianca e si chiese come il nipote avesse potuto<br />
resistere alla calura opprimente della strada.<br />
– Ti offro un bicchiere del mio vino. Anzi rimani a<br />
cena con noi, a Margherita e alle ragazze farà piacere, –<br />
propose l’orafo al giovane accaldato.<br />
Valentino si asciugò il sudore che gli bagnava il viso<br />
e gli inumidiva i capelli alla base del collo. – Grazie zio<br />
rimango volentieri, sono venuto per dirvi qualcosa…<br />
– Parleremo dopo aver mangiato e bevuto, – tagliò<br />
corto Giovanni.<br />
In cucina Margherita era intenta a preparare la cena<br />
e discuteva animatamente con Dora ed Emma, le due<br />
figlie che ancora vivevano in famiglia. – Mi pare che voi<br />
due passiate troppo tempo in chiesa e con questa scusa<br />
state in giro e non fate nulla in questa casa, – brontolava.<br />
– Ogni giorno in chiesa, mattina e sera. State per diventare<br />
sante e io non ne so niente!<br />
– Lo sapete che non è così. È il mese del Sacro Cuore<br />
mamma, andiamo a pregare Nostro Signore.<br />
– E a pettegolare con le amiche. Non crediate che io<br />
non lo sappia, sono nata prima di voi o no?<br />
– Perché siete così severa, mamma? – rispose Dora.<br />
– Lo sapete che quando mi sposerò non avrò più modo<br />
di frequentarle.<br />
Emma ascoltava la sorella e sognava la festa che ci<br />
20<br />
sarebbe stata in occasione del matrimonio. Quante volte<br />
ne avevano parlato, lei e Dora! Immaginò il colore<br />
dell’abito nuovo che la sarta le avrebbe confezionato e<br />
le scarpe con un po’ di tacco che, finalmente, i genitori<br />
le avrebbero concesso di indossare. Avrebbe danzato,<br />
riso con le amiche e forse qualche ragazzo l’avrebbe notata<br />
e corteggiata… Non si sentiva più una bambina ormai.<br />
Una fitta d’angoscia spezzò il sorriso che accompagnava<br />
le sue fantasticherie: il ricordo di un avvenimento<br />
passato, che non poteva essere cancellato dalla<br />
sua memoria, tornò all’improvviso a pungerle il cuore.<br />
Dora notò quell’improvviso cambiamento d’umore.<br />
– Che hai? – le domandò sottovoce.<br />
– Paura! – si lasciò sfuggire la ragazza, che non amava<br />
parlare di ciò che era accaduto.<br />
Dora la guardò. Era lontana mille miglia dai pensieri<br />
della sorella e non capì le sue parole.<br />
– Tu te ne andrai e poi tutto forse accadrà molto presto,<br />
– sussurrò Emma, abbassando il viso.<br />
– Non vorrai alludere a quella storia? Mi avevi detto<br />
che non avremmo mai dovuto parlarne, – replicò Dora.<br />
Il suo tono, di rimprovero, celava un’inesplicabile sensazione<br />
di timore che la investiva ogni volta che Emma<br />
accennava a quel fatto oscuro e inquietante.<br />
– Di che parlate voi due? – domandò curiosa Margherita<br />
che voleva sapere di più sull’argomento. In quel<br />
momento Giovanni e Valentino entrarono nella stanza.<br />
Un largo sorriso comparve sul viso del giovane, che<br />
strinse in un unico abbraccio la zia e le cugine. La serata<br />
trascorse serenamente rallegrata dal buon cibo e Valentino,<br />
animato dalla cordialità dei familiari, parlò a<br />
ruota libera raccontando, senza mai interrompersi per<br />
riprendere fiato, le novità che riguardavano parenti,<br />
amici e conoscenti dei paesi vicini.<br />
21
– Anche Michele, il falegname che ha la bottega vicino<br />
alla chiesa, non se la passa male. Maneggia un sacco<br />
di quattrini! Ha comprato una casa in città con i soldi<br />
che suo figlio manda dall’America. Bisognerebbe farci<br />
un pensierino sull’America.<br />
Giovanni lo interruppe infastidito: – Lascia stare<br />
l’America. Ci ha già portato via un figlio.<br />
Il dolore per quella perdita riaffiorò improvvisamente.<br />
Lui e Margherita, anni prima, si erano opposti<br />
alla decisione del figlio, partito all’alba di una luminosa<br />
giornata di agosto. Poi, scoppiata la guerra, si erano ricreduti<br />
ed avevano gioito perché il loro Pietro, diversamente<br />
da tanti giovani del paese, era scampato al conflitto<br />
e non avrebbe dovuto combattere al fronte rischiando<br />
di morire lassù, sul Piave, così lontano da casa.<br />
Ma era morto ugualmente lontano, molto più lontano<br />
del Piave, del Monte Grappa, del Carso. Ed era sepolto<br />
chissà dove. Forse dalla guerra sarebbe tornato, vivo o<br />
morto. L’America, invece, non solo non aveva restituito<br />
il corpo di suo figlio, ma per accoglierlo gli aveva rubato<br />
anche il nome. L’orafo, che non voleva tradire l’emozione,<br />
serrò le mascelle e tentò di sviare l’attenzione da<br />
quel discorso spiacevole interrogando il nipote: – Hai<br />
parlato di tutti, ma non mi hai raccontato niente di tua<br />
madre, come sta?<br />
Ma Valentino non mollava. – Bene, bene grazie, – rispose<br />
distrattamente, tornando subito all’argomento<br />
che gli stava a cuore. – Vostro figlio era in nord America<br />
ed era ammalato. Uno si può ammalare anche stando<br />
chiuso a casa. Io volevo parlarvi di un’altra America,<br />
per voi sarebbe l’ideale, con il vostro mestiere poi…<br />
– Che vuoi dire, di che parli?<br />
Il giovane rispose con gli occhi sfavillanti: – Dico<br />
che diventereste ricco in brevissimo tempo. Ricco, zio!<br />
22<br />
Vi mettete a posto per sempre, campate tranquillo per<br />
tutta la vita. Fra un anno non si deve sposare vostra figlia?<br />
E poi ne avete anche un’altra da sistemare. Se partite<br />
adesso con me, tra un anno sarete di ritorno con<br />
tutto il denaro che volete.<br />
Le ragazze ascoltavano rapite le parole del cugino.<br />
Avevano smesso di ridere e di mangiare e, con le posate<br />
a mezz’aria, aspettavano che almeno uno dei genitori<br />
parlasse.<br />
– Ma dov’è questo posto? – chiese finalmente Margherita.<br />
– È possibile che sia così facile diventare ricchi<br />
in poco tempo? Se fosse vero, tutti correrebbero lì.<br />
– È il Perù zia, – si affrettò a rispondere Valentino.<br />
– Pensavo all’Argentina, – intervenne Giovanni, fermando<br />
con un’occhiata la moglie che aveva già aperto<br />
la bocca per domandare qualcosa. – Avevo pensato all’Argentina,<br />
– riprese. – Molti italiani ci sono andati.<br />
Qualcuno qui in paese è partito con tutta la famiglia<br />
una trentina d’anni fa e non ha più fatto ritorno.<br />
– No, non l’Argentina, – spiegava con tono esperto<br />
Valentino, – io mi sono informato bene. Sono mesi che<br />
giro per saperne di più. C’è andata moltissima gente,<br />
troppa! Avete proprio ragione, moltissimi italiani, ma<br />
non solo loro. Per questo hanno chiuso le frontiere agli<br />
emigranti e la legge è piuttosto severa, niente più forza<br />
lavoro. Ma se volete provare, è a vostro rischio e pericolo.<br />
E fate anche molta attenzione perché uno che conosco<br />
si è fatto buggerare da una compagnia clandestina.<br />
Però se l’è cercata! Voi in ogni caso dovete stare tranquillo<br />
perché questo che vi dico io è sicuro come il pane<br />
che mangiate ogni giorno! Vi ripeto, mi sono informato<br />
bene, state certo! Ci rivolgiamo ad una compagnia di<br />
navigazione seria. È tutto controllato dalla legge! E prima,<br />
se volete, chiediamo informazioni al maresciallo, è<br />
23
amico vostro e di lui vi fidate più che di me. Vedrete, vi<br />
dirà anche lui che per andare in Perù non ci sono problemi.<br />
– Il Perù, e dov’è?<br />
– È lontano… è lontano zia… ma è ricchissimo. Pensate<br />
che in ogni paese c’è una miniera d’argento, e che<br />
con l’argento che c’è si possono lastricare tutte le strade.<br />
Giovanni, dubbioso, lo interrogò: – Ma tu sei ben<br />
deciso ad andare?<br />
– Io sono ben deciso. Mi sono già informato e…<br />
– Chi viene con te?<br />
– Con me verrete voi, zio, e sarà l’affare della vostra<br />
vita, credetemi! – affermò con convinzione Valentino.<br />
– Non pensateci troppo, zio. Bisogna chiedere il passaporto,<br />
ci vuole tempo e io voglio partire entro l’anno.<br />
Appena Valentino andò via le donne rigovernarono<br />
in silenzio, ciascuna assorta nei propri pensieri. Margherita<br />
si chiedeva con apprensione quale effetto avesse<br />
prodotto il discorso del giovane nell’animo del marito.<br />
Lo guardò di sottecchi senza osare rivolgergli la<br />
parola. Lui era rimasto seduto a tavola studiando sulla<br />
carta quel paese così prospero e lontano, seguendone i<br />
confini con l’indice e riflettendo sulla sconosciuta e<br />
minacciosa distesa d’acqua che separava i due mondi.<br />
– Quanto tempo ha impiegato l’ultima volta Salvatore<br />
per tornare dall’America? – Queste furono le uniche<br />
parole che Giovanni proferì per il resto della serata,<br />
a mezza voce e senza l’intento di voler ricevere una<br />
risposta. La notte Margherita attese che il marito, nell’intimità<br />
della loro stanza, le confidasse le sue impressioni<br />
e soprattutto le sue intenzioni, ma lui rimase ostinatamente<br />
taciturno. Come ogni sera controllò che la<br />
libreria fosse ben chiusa, ripiegò con ordine i vestiti<br />
24<br />
sulla sedia e spense la luce prendendo rapidamente<br />
sonno.<br />
Per tutto il mese Valentino tornò alla carica. Ogni<br />
giorno si presentava con rinnovato entusiasmo e nuovi<br />
ragionamenti per convincere lo zio. Giovanni ascoltava<br />
e non prometteva niente. Taceva anche con la moglie,<br />
ma tutte le sere posava la carta geografica sul tavolo e la<br />
consultava pensieroso. Margherita, intuendo che qualcosa<br />
di grosso si agitava nella mente del marito, fremeva<br />
a causa del suo silenzio. Infine una sera, non potendone<br />
più, lo affrontò e lo costrinse a parlare.<br />
Giovanni, in procinto di scendere nella bottega, non<br />
rispose subito. – Ci ho riflettuto a lungo, – cominciò, –<br />
e tutto sommato sai che ti dico? Si potrebbe fare! L’argento<br />
non deve avere un prezzo elevato visto che è così<br />
abbondante e con un piccolo capitale iniziale… Tra un<br />
anno potrei essere di ritorno con una bella somma, in<br />
questo modo non avremo problemi economici in vecchiaia.<br />
Con sgomento la donna si rese conto che l’idea aveva<br />
ormai preso corpo nella mente del marito e osò porre<br />
la domanda che continuava a tormentarla: – Quanti<br />
soldi occorrerebbero?<br />
– I soldi del viaggio prima di tutto, poi dovrò trovare<br />
cibo e alloggio e finché non trovo da lavorare dovrò<br />
mantenermi con quello che ho. Insomma, non sarebbe<br />
sufficiente la cifra che abbiamo da parte, nemmeno se<br />
prendessimo in considerazione ciò che hai risparmiato<br />
per il matrimonio di tua figlia. Dovrei farmi prestare<br />
qualcosa. Sarebbe senz’altro meglio! Non me la sento<br />
di spogliarti di tutto. Per precauzione è meglio che anche<br />
tu abbia un gruzzolo su cui contare, è possibile che<br />
ci voglia tempo prima che sia io ad inviarti del denaro.<br />
Assalita dalla paura di perderlo, Margherita avreb-<br />
25
e voluto supplicarlo di non partire. “Non andare!<br />
Non potrei vivere senza di te!” Poi si sentì vecchia, per<br />
parlare d’amore, e preferì il silenzio… Da quel momento<br />
la loro discussione proseguì come se tutto fosse già<br />
deciso e approvato anche da parte sua.<br />
Quella notte Margherita sognò il mare. Si vide con<br />
un vestito nuovo e collane d’oro che, ad ogni movimento,<br />
le danzavano sul petto tintinnando. Teneva per mano<br />
i suoi bambini e camminava sulla riva del mare. Era<br />
proprio come il fiume, con la riva opposta che si distingueva<br />
in lontananza; e su quelle acque torbide e limacciose<br />
una bara, galleggiando, scivolava via sulla corrente.<br />
Il mattino seguente, profondamente scossa, fece un<br />
tentativo per mutare i programmi del marito.<br />
– Ti prego, non partire! Stanotte ho fatto un brutto<br />
sogno, ti ho sognato morto nel mare. Questo viaggio<br />
non ci porterà fortuna, rimani qui, accontentiamoci di<br />
ciò che abbiamo e non cerchiamo altro!<br />
Giovanni la ascoltò rivolgendole lo stesso sguardo<br />
che si concede ad un bambino che racconta una storia<br />
incredibile. – Questi sono i sogni che allungano la vita.<br />
Mi sogni morto? Significa che vivrò a lungo! Non stare<br />
a preoccuparti! Vedrai che presto sarò di nuovo qui, allora<br />
non mi vorrai più. Quando ti sarai abituata a stare<br />
sola, di me non saprai che farne!<br />
Margherita avrebbe potuto insistere ma non lo fece,<br />
vide che il marito era determinato ed ottimista e<br />
pensò che, dopotutto, uno o anche due anni di sacrifici<br />
si potevano affrontare in vista di una maggiore serenità<br />
futura.<br />
La notizia della partenza di Giovanni si diffuse in un<br />
baleno nel paese e in molti vennero ad augurargli buon<br />
viaggio. Anche Simone, il mendicante pazzo, profeta di<br />
sventure, si recò da lui.<br />
26<br />
– Allora, siete diretto in Perù? – domandò. – Ero<br />
ben deciso a venire con voi, – aggiunse senza attendere<br />
risposta, – ma ho cambiato idea. Andateci da solo!<br />
Tanto non tornerete!<br />
Da quella notte anche Giovanni cominciò a sognare<br />
l’oceano. Il sogno era sempre lo stesso. Gli sembrava<br />
di essere affacciato alla finestra di una casa molto<br />
alta. Sotto di lui una distesa d’acqua nera, immobile,<br />
uniforme si estendeva a perdita d’occhio sino all’orizzonte<br />
nuvoloso. Quell’acqua scura e impenetrabile lo<br />
riempiva di angoscia e gli faceva sentire il bisogno di<br />
scappare via. Si voltava per cercare aiuto, correndo attraverso<br />
una serie infinita di porte che si spalancavano<br />
su stanze sempre più grandi e vuote. Ogni volta si risvegliava<br />
con una sensazione di malessere che cercava<br />
di scacciare immergendosi nel lavoro e sforzandosi di<br />
trovare conferme positive per il passo che stava per<br />
compiere. Nei giorni che seguirono si rivolse ai suoi<br />
due amici fraterni, il farmacista ed il parroco, per chieder<br />
loro un parere e per consultare alcuni testi che gli<br />
consentissero di avere maggiori conoscenze su quel<br />
Paese lontano. Il parroco, tra i due, fu quello che<br />
tentò di fermarlo: – Senti, io ti darò tutte le informazioni<br />
che mi chiedi e sono anche pronto a garantire<br />
per te, ma prima voglio chiederti di ripensarci. Non<br />
andare! Hai cinquant’anni, lavora ancora qui, le richieste<br />
non ti mancano, cosa vai cercando di più? Ripensaci,<br />
dammi retta! A che scopo affrontare disagi,<br />
fatiche e umiliazioni alla tua età e soprattutto quando<br />
qui hai tutto ciò che ti serve? Quanto denaro vorresti<br />
guadagnare in un anno? Con un anno di lavoro non ci<br />
si mette a posto per il resto della vita. Quello che insegui<br />
tu è un miraggio e mi stupisce che ti sia lasciato<br />
convincere da tuo nipote che non è cattivo ma…<br />
27
Il farmacista invece lo tranquillizzò ricordandogli<br />
che in Italia, ormai dal 1901, esisteva una buona legge<br />
sull’emigrazione e che il suo viaggio avrebbe potuto essere<br />
abbastanza veloce e sicuro.<br />
– C’è voluto molto tempo perché quelli che comandano<br />
si mettessero d’accordo e tirassero fuori qualcosa<br />
di sensato, – commentò. – Pensa che quando questo fenomeno<br />
ha iniziato a dilagare e l’America, mandandoci<br />
il suo grano, ha messo in ginocchio l’Europa, c’e stato<br />
addirittura chi era contento che un bel po’ di gente morta<br />
di fame se ne andasse. Poi invece si sono lamentati<br />
perché non c’era più nessuno che lavorasse la terra! Se<br />
ne sono sentite di tutti i colori! Ricorderai anche tu!<br />
– Sì! Non volevano saperne di tutelare l’emigrazione,<br />
dicevano che non era una necessità reale. Secondo<br />
loro chi partiva lo faceva solo per spirito di avventura e<br />
per arricchirsi. Opulenza era la parola che usavano.<br />
Opulenza, poveri noi!<br />
Discussioni a parte i risultati della ricerca non lo<br />
soddisfecero pienamente, tutt’altro. Nei libri, accanto<br />
ad un elenco delle risorse e dei prodotti dell’industria<br />
estrattiva del Perù in cui, realmente, l’argento figurava<br />
al primo posto, aveva trovato anche inquietanti descrizioni<br />
geografiche che parlavano di un territorio arido e<br />
desertico, di montagne elevatissime sulle quali chi non<br />
era del luogo non sarebbe potuto sopravvivere. Uno<br />
stato ancora senza confini certi e, per questo, sempre in<br />
lotta con i paesi limitrofi. Tuttavia Giovanni, ben deciso<br />
a partire, si ostinò a cercare prove attendibili con le<br />
quali tacitare la propria coscienza. Pensò così che le<br />
prove sicure erano proprio sotto i suoi occhi, nel suo<br />
paese e nei paesi vicini. Erano le case ed i terreni di tutti<br />
quelli che dalle Americhe avevano inviato denaro alle<br />
famiglie o erano tornati con un bel gruzzolo. Anche lui,<br />
28<br />
come loro, avrebbe affrontato qualche privazione, per<br />
un anno o due, e poi sarebbe tornato, probabilmente<br />
non ricco, ma in grado di assicurare a se stesso e a Margherita<br />
una vecchiaia serena. Lo umiliava l’idea di dover<br />
essere mantenuto dai generi e lo atterriva il pensiero<br />
di possibili liti familiari scatenate da problemi economici.<br />
Pertanto, mentre la vecchiaia galoppava ancora<br />
alle sue spalle nel tentativo di affiancarlo, Giovanni<br />
si sentiva perfettamente in grado di affrontare un ultimo<br />
sacrificio per il benessere e l’armonia della propria<br />
famiglia.<br />
– Bisognerà parlarne con le ragazze, – rifletté una sera,<br />
tornando a casa – e bisognerà trovare il denaro.<br />
– Assunta può darti quei soldi, – suggerì la moglie. –<br />
Salvatore è appena tornato dagli Stati Uniti.<br />
Assunta oppose mille obiezioni alla decisione dei<br />
genitori, inveì e supplicò. Si arrese soltanto quando sua<br />
madre, con astio, la accusò di ingratitudine e spilorceria.<br />
Allora, sconfitta e con un peso sull’animo, la giovane<br />
donna consegnò tremila lire al padre augurandosi di<br />
non aver fatto un cattivo investimento.<br />
– Te le restituirò con gli interessi… vedrai… fidati di<br />
me figlia mia.<br />
29
La nave beccheggiava affrontando l’oceano. Per<br />
sfuggire all’odore mefitico e stagnante della cabina Giovanni<br />
salì in coperta. A quell’ora, subito dopo l’alba, il<br />
ponte era ancora deserto e pulito. Sistemò una coperta<br />
in un angolo al riparo dalla brezza gelida e ne avvolse<br />
un’altra intorno al corpo. Si rannicchiò appoggiando le<br />
spalle alla parete e, inalando a fondo l’aria greve di salsedine,<br />
provò ad appisolarsi. Aveva ancora qualche ora<br />
prima che gli altri passeggeri mettessero il naso fuori<br />
dalle loro cabine e lo accerchiassero. La pioggia era caduta<br />
abbondante per tutta la notte e le tavole del ponte,<br />
imbevute d’acqua dolce, esalavano lo stesso odore della<br />
catasta di legna ammonticchiata nel cortile della casa in<br />
cui aveva vissuto da bambino. Sua madre, sola e affaticata,<br />
non trovava mai il tempo di portarla al riparo prima<br />
dell’arrivo delle piogge e accendere il fuoco, per lui,<br />
costituiva un’impresa difficile. Ogni suo tentativo, al ritorno<br />
da scuola, era accompagnato da una nuvola di fumo<br />
che, sprigionandosi dal camino, invadeva la cucina e<br />
lo lasciava piangente e mezzo affumicato a stropicciarsi<br />
gli occhi. Allora, con lo stomaco che borbottava preparava<br />
la tavola. Tirava fuori dalla madia la polenta della<br />
sera prima e la tagliava a fette in modo che fosse più facile<br />
arrostirla con un pezzetto di burro grande come un<br />
unghia o con il lardo. Dopo questi preparativi si sedeva<br />
accanto al fuoco che ormai sprigionava solo calore buono<br />
e, con un libro sulle ginocchia, attendeva che la madre<br />
tornasse.<br />
Il freddo intenso lo riportò al presente: aprì gli occhi.<br />
La luce si era fatta più vivida, ma il sole, ancora bas-<br />
30<br />
so sull’orizzonte, non riusciva a scaldare le sue membra<br />
intirizzite. Si guardò stancamente intorno e vide che in<br />
un avvallamento del ponte si era raccolta dell’acqua<br />
piovana. Pensò che, se fosse stato più accorto, avrebbe<br />
potuto recuperare qualche litro di quel prezioso liquido<br />
che sulla nave era razionato. Quando l’estremo lembo<br />
d’Europa era sparito dalla loro vista, il personale di<br />
bordo aveva invitato gli emigranti a non sprecare acqua<br />
in abluzioni inutili. Da allora Giovanni non era più riuscito<br />
a lavarsi come avrebbe desiderato. Aveva già utilizzato<br />
tutta la biancheria di ricambio e aveva commesso<br />
anche l’errore, ora lo capiva, di lavare con l’acqua salata<br />
le calze e gli indumenti intimi che, umidi e intrisi di<br />
salsedine, gli aderivano alla pelle causandogli un indescrivibile<br />
prurito. Non aveva modo di controllare integralmente<br />
il proprio aspetto nel piccolo specchio che<br />
utilizzava per radersi, riteneva tuttavia di essere dimagrito<br />
parecchio, poiché il mal di mare lo aveva tormentato<br />
senza tregua impedendogli di mangiare. Strinse<br />
meglio la coperta intorno al corpo e osservò la distesa<br />
iridescente che lo circondava. Non esisteva immagine<br />
che potesse riprodurla fedelmente. E il suo movimento!<br />
Era totalmente diverso da quello del fiume. Non<br />
correva da nessuna parte, ma si dondolava avanti e indietro<br />
con un moto inesorabile. Gli tornò in mente il<br />
dondolio ininterrotto del carro trainato dai buoi sul<br />
quale saliva da bambino. La differenza stava unicamente<br />
nel fatto che allora, quando cominciava a dolergli lo<br />
stomaco, poteva saltare giù e camminare per un po’ lungo<br />
i solchi tracciati dalle ruote nella strada polverosa.<br />
Poteva sdraiarsi per qualche minuto sull’erba dei campi<br />
per poi slanciarsi all’inseguimento del carro sfidando<br />
i pacifici animali che, ignari di tutto, procedevano<br />
senza fretta. Dalla nave, invece, non poteva scendere e<br />
31
viveva nel timore perenne di un naufragio che avrebbe<br />
segnato il suo, di destino, e quello dei passeggeri. Non<br />
aveva la speranza di potersi reggere a galla nemmeno<br />
per un secondo, per questo preferiva sistemarsi vicino<br />
alle scialuppe di salvataggio aspettando che le giornate<br />
trascorressero il più in fretta possibile. Respirò profondamente<br />
osservando la moltitudine che con l’avanzare<br />
delle ore si era raccolta intorno a lui. Erano, per la maggior<br />
parte, montanari e contadini, gente che non aveva<br />
mai visto il mare e che arrivava da diverse regioni d’Italia<br />
e da lontani paesi d’Europa. Tutti, pur essendo così<br />
differenti tra loro, in quel momento ed in quella situazione,<br />
erano uniti dal tratto comune della necessità.<br />
Tutti si erano imbarcati a Genova.<br />
* * *<br />
Avevano dimorato per alcuni giorni in una delle locande<br />
che da più di trent’anni ormai, da quando l’emigrazione<br />
aveva assunto proporzioni rilevanti, erano<br />
sorte a centinaia nei quartieri bassi della città, destinate<br />
ad ospitare e a contendersi gli emigranti e i parenti<br />
che li avevano accompagnati. Subito dopo il loro arrivo<br />
Giovanni e Valentino erano stati avvicinati da un ragazzino<br />
zoppicante e male in arnese che si era offerto<br />
di accompagnarli in una pensione. Seguendo il ragazzo,<br />
che trascinava a fatica la gamba destra più corta e<br />
sottile dell’altra, i due uomini si erano inoltrati nei vicoli<br />
stretti e bui immediatamente a ridosso del porto e<br />
si erano fermati dinanzi ad un portone spalancato. All’interno<br />
una donna robusta, vestita di rosso, era appoggiata<br />
alla ringhiera di una scala ripidissima, lurida e<br />
con i gradini consunti. Dovettero contrattare il prezzo<br />
della stanza e la donna ben presto si arrese, accettando<br />
32<br />
la cifra che Giovanni le proponeva. Anni addietro, prima<br />
della guerra, quando a malapena si riusciva a far<br />
fronte all’enorme richiesta di alloggi, non avrebbe ceduto<br />
così facilmente, ma ora i tempi erano cambiati ed<br />
il numero di coloro che cercavano fortuna oltremare<br />
era in costante diminuzione. Zio e nipote si sistemarono<br />
alla meglio nell’angusta camera che era stata loro<br />
assegnata. Si sforzarono di ignorare l’umidità che trasudava<br />
dalle pareti, i calcinacci che si erano sfarinati<br />
sui letti e l’effluvio ammorbante che li aveva investiti,<br />
quando avevano aperto la finestra per liberare il locale<br />
dall’odore di chiuso e di cipolle che vi ristagnava. Il<br />
giorno seguente si imbatterono in altri emigranti che<br />
bighellonavano in attesa della partenza. Mentre percorrevano<br />
la marina in cerca della nave che avrebbe<br />
dovuto condurli oltre oceano, furono attirati dal vociare<br />
della folla assiepata intorno ad un uomo che proponeva<br />
il gioco degli specchi e quello delle tre carte. I due<br />
si fermarono incuriositi. Su una cassetta rovesciata, coperta<br />
con uno straccio stinto, un vecchio scalzo e con<br />
la barba strinata armeggiava velocemente con tre carte.<br />
Gli uomini, specialmente quelli più giovani, facevano a<br />
gara per puntare la loro somma e tentare di indovinare<br />
la posizione della carta prescelta. Con occhi attenti, sicuro<br />
di non poter essere tratto in inganno a lungo, il<br />
malcapitato di turno seguiva le mani dell’imbonitore<br />
che sempre più veloci spostavano le carte. Gli spettatori<br />
facevano ressa alle sue spalle e urlavano sentendosi<br />
in dovere di dargli suggerimenti. Ogni tanto accadeva<br />
che qualcuno, sicuramente un compare dell’intrattenitore,<br />
vincesse al primo tentativo. Tanto bastava per<br />
rinvigorire le speranze dei giocatori che si accanivano<br />
puntando cifre sempre più consistenti. Giovanni faticò<br />
non poco a trattenere Valentino dal raccogliere la sfida<br />
33
che il vecchio truffatore gli aveva lanciato dopo averlo<br />
individuato nella calca.<br />
La sera, mentre rientravano alla locanda stanchi e<br />
frastornati dal gran movimento sconosciuto nei loro<br />
paesini, furono avvicinati da due donne che, sfidando<br />
la legge, cercavano di fare qualche buon affare per strada.<br />
Valentino si lasciò tentare. – Zio che ne dite? Quella<br />
a destra non è male. Guardate che natiche. Ci appoggerei<br />
volentieri le mani! – disse indicando la più giovane<br />
che ancheggiava invitante davanti a lui.<br />
– Ma lascia perdere! Vuoi già spendere i soldi inutilmente?<br />
E quando arriveremo come farai, se le cose non<br />
andranno subito bene? Non ti fidare di queste che incontri<br />
per strada, – lo ammonì Giovanni cercando di<br />
dissuaderlo.<br />
– Inutilmente non direi, quante storie fate! Per il<br />
gioco vi ho dato ragione, ma per le donne è tutta un’altra<br />
faccenda. Sapete quanto tempo dobbiamo stare in<br />
mare? Prima di toccare di nuovo terra e di vederne una<br />
come dico io sarà passata un’eternità. Se per voi non è<br />
importante… io vado, – rispose Valentino facendo<br />
spallucce e allontanandosi di corsa per raggiungere le<br />
donne che, nel frattempo, avevano svoltato in una strada<br />
secondaria, lanciando prima un’occhiata indietro<br />
per vedere se i due montanari avessero abboccato.<br />
– Non farti fregare stupido, almeno vai al casino che<br />
è più sicuro! – fece in tempo a gridare Giovanni.<br />
Il giorno della partenza zio e nipote si trovarono a<br />
comporre, insieme a tanti altri, una lunga fila fluttuante<br />
di straccioni che vociavano ciascuno nella propria<br />
lingua e nel proprio dialetto. Salire a bordo si rivelò<br />
un’impresa per la quale occorrevano una buona dose<br />
di pazienza e resistenza fisica. L’imbarco era ostacolato<br />
dall’enormità del bagaglio che ognuno pretendeva di<br />
34<br />
portare con sé. Sembrava che tutti, allontanandosi dal<br />
proprio paese, non potessero fare a meno di trascinarsene<br />
un pezzo appresso. Tale comportamento era incoraggiato<br />
dalla legge sull’emigrazione che attribuiva alle<br />
imprese di trasporto la responsabilità per i danni subiti<br />
dal bagaglio dei passeggeri. Così, accanto a casse che<br />
contenevano indispensabili arnesi da lavoro, sulla nave<br />
veniva caricato mobilio di ogni genere e qualità: culle,<br />
letti e ogni altra cosa da cui quella povera gente non era<br />
riuscita a staccarsi. Inoltre, sebbene in forza della stessa<br />
legge le compagnie di navigazione fossero obbligate<br />
a garantire un viaggio decoroso con prezzi controllati e<br />
in condizioni igieniche accertate, una volta in alto mare<br />
queste condizioni venivano meno. La maggior parte<br />
delle persone soffriva il mal di mare e dava di stomaco<br />
dovunque si trovasse, e molti si ammalavano di dissenteria.<br />
Vomito e deiezioni fetide, che i più malandati non<br />
erano in grado di trattenere, si trovavano dappertutto.<br />
Il personale di bordo, ben conoscendo le conseguenze<br />
di una simile lordura, interveniva lavando continuamente<br />
i ponti con l’acqua di mare che faceva defluire la<br />
sporcizia in parte fuori bordo in parte tra le commessure,<br />
lasciando però una situazione di igiene precaria e<br />
di umidità costante.<br />
Lo stato di disagio non favoriva la socializzazione al<br />
di fuori del gruppo di corregionali o addirittura di paesani.<br />
Del resto la comunicazione non era così facile ed<br />
immediata: in pochi parlavano l’italiano, i più si esprimevano<br />
nei loro incomprensibili dialetti. Sin dall’inizio<br />
si instaurava un clima di diffidenza nei confronti degli<br />
altri gruppi, che si acuiva dopo i primi inevitabili furti a<br />
danno di chi era stato poco accorto e previdente. Giovanni,<br />
consapevole del rischio, teneva documenti e denaro<br />
appesi al collo in una borsa di tela cucita da Mar-<br />
35
gherita. Fin dalla partenza aveva sofferto il mare, ma<br />
non gli era mai mancata la forza di trascinarsi sopracoperta<br />
a godere del ristoro offerto dall’aria pura. Valentino<br />
soffriva molto di più e giaceva abbandonato sul<br />
letto con il volto pallido cosparso da puntini rossi. Lo<br />
sforzo al quale lo sottoponevano i continui conati di vomito<br />
gli aveva provocato la rottura dei capillari del viso<br />
e le sue condizioni preoccupavano lo zio. Per giorni il<br />
giovane aveva patito anche a causa delle botte ricevute<br />
dal sedicente marito della sua adescatrice. Dopo aver<br />
contrattato il prezzo la donna lo aveva condotto in un<br />
misero appartamento che puzzava di muffa e di stantio<br />
e aveva lasciato che lui si spogliasse. Il marito era arrivato<br />
quasi subito e si era scagliato contro Valentino,<br />
che era stato buttato per strada pesto e malconcio, e solo<br />
la mattina dopo si era accorto che le tasche dei suoi<br />
abiti erano state accuratamente ripulite.<br />
– Bastardi! Anche la medaglia della Vergine che mi<br />
ha dato mamma prima di partire hanno portato via! –<br />
inveiva piagnucolando per il dolore e per l’umiliazione,<br />
mentre teneva un fazzoletto sullo zigomo lacerato.<br />
– Io ti avevo avvisato! Per fortuna non avevi con te il<br />
resto del denaro e i documenti, altrimenti il tuo viaggio<br />
in America sarebbe durato ben poco, – ribadiva lo zio,<br />
cominciando a nutrire fondati dubbi sulla serietà di<br />
questo nipote dallo spirito bollente.<br />
Dopo una settimana le contusioni erano guarite, ma<br />
non l’umiliazione, e il mal di mare contribuiva ad annientare<br />
fisicamente il giovane.<br />
Dal suo luogo di osservazione sul ponte Giovanni<br />
guardò le piccole creste bianche rincorrersi sull’oceano<br />
sino all’orizzonte lontano e vuoto lungo il quale sperava<br />
di intravedere, all’improvviso, la linea della costa.<br />
Gli sarebbe piaciuto correre in cabina con la buona no-<br />
36<br />
tizia e, urlando di sollievo, annunciare anche lui: – Terra,<br />
terra! – Questo pensiero gli strappò un sorriso, interpretato<br />
con sospetto da una donna che girava per la<br />
nave alla ricerca del marito. – È un uomo non molto alto,<br />
un po’ grasso, con i baffi e pochi capelli, – spiegava<br />
sperando nell’aiuto di qualcuno.<br />
– E chi te lo porta via uno così! – la deridevano i più<br />
sfacciati.<br />
A quanto diceva lei quel disgraziato del marito si nascondeva.<br />
In effetti, il disgraziato, comprensibilmente,<br />
si nascondeva. Il suo nascondiglio preferito era una<br />
scialuppa di salvataggio nella quale riusciva ad infilarsi<br />
sfuggendo alla sua persecutrice. Lì si appisolava oppure<br />
scambiava qualche parola con Giovanni che, dal primo<br />
momento, aveva assistito alla scena con un silenzio<br />
complice. L’uomo era arrivato guardandosi intorno come<br />
se cercasse qualcosa, poi aveva fissato la scialuppa di<br />
salvataggio e, dopo due tentativi maldestri, era riuscito<br />
a salire a bordo. Mentre richiudeva il telone sulla testa,<br />
aveva scorto Giovanni che, dal suo angolino, lo osservava<br />
incuriosito e si era sentito in dovere di fornire una<br />
spiegazione: – Non sono un clandestino, ve lo assicuro,<br />
ma mia moglie mi cerca e io ho bisogno di tranquillità.<br />
In quella cabina non resisto. Vi prego, se doveste vederla<br />
che viene a darmi la caccia, non mi tradite! – L’uomo<br />
attendeva il momento opportuno per scappare via dalla<br />
dalla moglie e dai bambini che, sofferenti, piangevano<br />
in continuazione. La donna lo tormentava accusandolo<br />
di aver venduto il podere e la casa per condurla verso l’ignoto,<br />
di essere il responsabile delle loro sofferenze, di<br />
non fare niente per alleviarle, di essere sempre stato un<br />
buono a niente che li aveva cacciati in questo guaio e in<br />
chissà quali altri ancora, se il buon Dio li avesse fatti arrivare<br />
a destinazione prima che la nave fosse affondata o<br />
37
che lei fosse morta per la disperazione. L’uomo, quando<br />
non si sentiva più in grado di sopportarla, si dileguava<br />
riuscendo ad evitarla per buona parte della giornata.<br />
* * *<br />
Giovanni, in quei giorni, continuava a pensare al<br />
momento in cui, finalmente, avrebbe camminato di<br />
nuovo sulla terraferma. Era stanco di quel viaggio anche<br />
se certamente non poteva dire di essersi annoiato.<br />
Ogni giorno, in effetti, accadeva qualcosa di nuovo e<br />
Giovanni ben presto si era reso conto che cercare di interessarsi<br />
a quanto avveniva intorno a lui era un espediente<br />
utile ad alleviare la continua sensazione di malessere<br />
fisico e di tormento interiore che non lo abbandonava<br />
mai. L’idea di aver fatto una scelta sbagliata lo aveva<br />
angosciato per tutto il viaggio. Si era accusato di stupidità<br />
per aver ascoltato le parole del nipote, e per non<br />
aver riflettuto abbastanza prima di compiere quel passo<br />
che aveva stravolto la sua tranquilla vita familiare. In alcuni<br />
momenti aveva provato un moto di stizza anche nei<br />
confronti di sua moglie che era stata troppo remissiva,<br />
che non aveva saputo trovare gli argomenti giusti per<br />
fermarlo e che anzi, in qualche occasione, aveva alimentato<br />
le sue speranze. Spesso durante la lunga traversata<br />
aveva pensato alla famiglia con acuta nostalgia, ricordando<br />
la sua casa e le comodità lasciate per imbarcarsi,<br />
a cinquant’anni, in un’avventura della quale in quel momento<br />
non avrebbe potuto prevedere l’esito.<br />
38<br />
1926<br />
Quando le linee del porto si fecero più chiare e definite,<br />
gli emigranti relegati nella classe economica sciamarono<br />
in coperta per assistere allo spettacolo offerto<br />
dalla terra sulla quale, di lì a poco, avrebbero posato i<br />
piedi. Oltre le navi, ancorate alle banchine del porto, si<br />
stendeva una cittadina, una macchia di colore su un territorio<br />
che intorno appariva privo di vegetazione. Da<br />
quella distanza si potevano distinguere soltanto gli edifici<br />
più alti, concentrati intorno alla marina. Quello, ancora<br />
una volta, sarebbe stato per tutti un punto di partenza<br />
verso l’ignoto. Come sarebbero stati accolti?<br />
Qualcuno avrebbe apprezzato e ricompensato il loro<br />
sacrificio? Giovanni non poté partecipare a quello<br />
spettacolo né gioire come aveva immaginato di fare,<br />
poiché giaceva prostrato dalla dissenteria. Il malessere,<br />
che aveva colpito anche Valentino, complicò il loro<br />
sbarco e la ricerca di una prima sistemazione fu piuttosto<br />
faticosa. Trovarono però un piccolo albergo nel<br />
quale alloggiarono per i primi giorni: dotato di una meravigliosa<br />
acqua calda, di letti comodi e puliti, offriva ai<br />
clienti un servizio di lavanderia di cui Giovanni, pur<br />
vergognandosi per lo stato indecoroso dei suoi indumenti,<br />
approfittò immediatamente con grande sollievo.<br />
Inoltre, dato che lo stato di salute di entrambi non migliorava,<br />
il proprietario del locale si adoperò per chiamare<br />
un medico che li aiutasse a rimettersi in sesto.<br />
Una volta ristabiliti, i due uomini, sperando di ottenere<br />
39
informazioni utili, si diedero da fare per contattare gli<br />
italiani che vivevano in città. Si rivolsero al signor Mario<br />
Parodi, presso il quale li aveva indirizzati il proprietario<br />
dell’albergo, che li accolse cordialmente nel suo<br />
ufficio. Il locale era impregnato dell’odore di sigari cubani<br />
e un posacenere giaceva rovesciato sulla scrivania<br />
ricolma di carte sparse. Incurante del disordine e comodamente<br />
adagiato su una poltrona di cuoio, l’italiano<br />
osservò con un occhio di commiserazione i due<br />
compatrioti che sciorinavano impacciati la solita solfa<br />
dell’emigrante: il lavoro, il denaro da inviare alla famiglia<br />
lontana, il rientro in patria. Mario Parodi, figlio di<br />
immigrati, aveva ereditato l’attività di importazioni ed<br />
esportazioni avviata cinquanta anni prima dal padre.<br />
Conosceva a fondo il Paese e provò compassione per<br />
quegli sprovveduti che per fare soldi avevano scelto<br />
l’America sbagliata. – Questo Paese non è come gli Stati<br />
Uniti. Quello sì, è un Paese grandissimo, in rapida<br />
crescita economica che può offrire lavoro a chiunque<br />
abbia voglia di rimboccarsi le maniche, mi capite? Là si<br />
può fare ciò che si vuole. Lavorare per poco tempo e ritornare<br />
subito con un po’ di soldi per comprare un terreno<br />
o per finire una casa oppure ci si può lavorare per<br />
tutta la vita. Io non voglio deludere le vostre speranze,<br />
ma voglio essere sincero. Qui c’è poco da fare. Qui bisogna<br />
venirci con grandi capitali da investire, ma non<br />
mi pare il caso vostro, e a dire il vero non ci sarebbe<br />
neanche più spazio. Le compagnie nordamericane controllano<br />
quasi tutto. Quanto alla manodopera, quella<br />
non manca, sono tutti locali quelli che vengono impiegati<br />
nelle miniere, nelle piantagioni e nei latifondi.<br />
Qualche lavoretto lo potrete comunque trovare al porto,<br />
per caricare e scaricare c’è sempre bisogno di braccia,<br />
mi capite?<br />
40<br />
I due poveretti, rigirando il cappello tra le mani,<br />
ascoltavano quelle parole sempre più avviliti e annuivano<br />
a testa bassa, sentendosi completamente idioti ogni<br />
qual volta l’uomo domandava loro se avessero capito.<br />
Soprattutto Giovanni, che i consigli era abituato a darli,<br />
si trovava in una situazione del tutto nuova per lui.<br />
Avrebbe voluto alzarsi ed andare via immediatamente<br />
piuttosto che sentire la propria voce implorare aiuto.<br />
Parodi fornì loro l’indirizzo di altri italiani suoi conoscenti<br />
che vivevano nelle città lungo la costa e di uno<br />
che, al contrario, si era sistemato in una delle zone minerarie;<br />
si rese, inoltre, particolarmente utile segnando<br />
su un foglio il recapito di qualcuno che li avrebbe aiutati<br />
a trovare una casa economica. Grazie a questa indicazione,<br />
nei giorni successivi, i due uomini furono in grado<br />
di lasciare l’albergo per trasferirsi in una piccola abitazione<br />
presa in affitto ad un prezzo ragionevole. Il loro<br />
pensiero costante era quello di trovare un lavoro al più<br />
presto prima che i soldi terminassero. Le parole di Parodi<br />
li avevano gettati nello sconforto. Giovanni, che<br />
ancora una volta si era trovato ad imprecare contro l’avventatezza<br />
con la quale si era allontanato dall’Italia,<br />
constatò che per lui le possibilità di lavoro erano davvero<br />
scarse. Prese in considerazione la possibilità di avviare<br />
l’attività nella quale era maestro, ma il villaggio vicino<br />
al porto, dove per il momento soggiornavano, aveva più<br />
che altro l’apparenza di un luogo di miserabili. L’abitato,<br />
costituito da un gruppo di basse case di legno, sparpagliate<br />
su un terreno sabbioso e arido, denunciava<br />
apertamente l’indigenza dei proprietari. Avrebbe dovuto<br />
guardarsi intorno e spostarsi al più presto. Ciò che<br />
entrambi riuscirono a trovare in seguito fu ben poca cosa,<br />
proprio come aveva annunciato Parodi: lavoretti<br />
giornalieri che garantivano il semplice sostentamento<br />
41
quotidiano. Il rientro a casa dal lavoro era amaro. Unico<br />
conforto alla tristezza che lo affliggeva in quei momenti<br />
erano i libri che aveva portato con sé. Alcuni erano un<br />
regalo di don Paolo, l’amico parroco che ben conosceva<br />
il suo amore per la lettura: amore che Giovanni, ignorando<br />
le proteste di Margherita, aveva tentato di trasmettere<br />
alle figlie.<br />
– Questi libri mettono solo cattive idee in testa alle<br />
ragazze!<br />
Infinite volte lui aveva replicato, sostenendo che i libri<br />
aiutano a combattere le cattive idee, giacché aprono<br />
la mente alla conoscenza e alla comprensione del mondo.<br />
Ma sua moglie, ottusamente, rifiutava di intendere<br />
ragioni. L’unica lettura che tollerava era quella dell’Inferno<br />
dantesco, ma non perché capisse o trovasse belli<br />
quei versi scritti in un italiano remoto e per lei oscuro.<br />
Le piaceva sentire il racconto del marito e pensava che<br />
la descrizione delle punizioni, alle quali erano sottoposti<br />
i dannati, potesse servire da monito perché tutti loro<br />
si comportassero da buoni cristiani e osservassero i comandamenti.<br />
Tutte le sere, dunque, Giovanni tentava di allontanare<br />
i pensieri cupi immergendosi nella lettura di alcune<br />
pagine dei suoi libri e cercava di coinvolgere Valentino<br />
commentando qualche frase. Ma il giovane inseguiva<br />
solo i propri pensieri e, ogni giorno da settimane,<br />
la sua idea era sempre la stessa: voleva tentare la via delle<br />
miniere e cercare Nino Bonfigli, l’italiano di cui Parodi<br />
aveva parlato. Giovanni non sapeva decidersi e continuava<br />
a prendere tempo. Il viaggio, a quanto avevano<br />
avuto modo di sapere, sarebbe stato faticoso: bisognava<br />
affrontare la montagna senza moderni mezzi di trasporto.<br />
– È una follia! Non me la sento. E poi io alla mia età<br />
42<br />
non ho nessuna intenzione di lavorare in miniera. Non<br />
se ne discute neppure, – sosteneva con fermezza.<br />
– Ma io non voglio che voi lavoriate in miniera, non<br />
voglio lavorarci neanche io ma… È un’altra opportunità<br />
che abbiamo. Andiamo a vedere. Fatiche ne abbiamo<br />
sopportate e non sperate che siano finite. Cosa volete<br />
che siano pochi giorni di viaggio, questa volta sulla<br />
terraferma! – ribatteva sempre più convinto Valentino.<br />
– Avremo altre spese e io voglio andare in città, al<br />
più presto. I soldi mi servono! Voglio tentare di avviare<br />
il mio lavoro. Il capitale deve rimanere integro!<br />
La discussione si ripeteva quotidianamente con la<br />
stessa ossessiva ritualità. Giovanni tentò anche di scrollarsi<br />
di dosso il giovane e di convincerlo ad intraprendere<br />
il viaggio da solo, ma Valentino non ne volle sapere.<br />
Si trovava da poco nel Paese, era ancora incerto nell’uso<br />
della lingua e preferiva non avventurarsi senza<br />
compagnia in quelle zone sconosciute e percorse da<br />
bande. Infine la pervicace insistenza di Valentino ebbe<br />
la meglio sulla capacità di resistenza di Giovanni che,<br />
dopo un lungo temporeggiare, si lasciò convincere dal<br />
nipote.<br />
* * *<br />
Il viaggio verso la cittadina mineraria fu piuttosto faticoso.<br />
La ferrovia che gli inglesi avevano costruito nell’Ottocento<br />
per collegare tra loro alcune zone minerarie<br />
non copriva tutto il nord. Partiva dalla capitale e<br />
proseguiva quasi in linea retta verso l’interno, fino ad<br />
arrivare all’ultima stazione di collegamento che si trovava<br />
sulla sierra a quattromila metri di altitudine. I due<br />
uomini avrebbero dovuto seguire un’altra via e percorrere<br />
a dorso di mulo gli ultimi sessanta chilometri.<br />
43
Valentino dormì per tutto il viaggio. Si appisolò in<br />
prossimità del deserto, indifferente alla vista del paesaggio<br />
nuovo che si spalancava davanti ai loro occhi.<br />
Quella estensione solitaria che assumeva le tonalità<br />
dell’avorio e dell’ambra incantò l’orafo. La distesa di<br />
sabbia correva incontro all’oceano e vi si immergeva,<br />
mentre le grandi dune, sospinte dal vento, sfuggivano<br />
all’aggressione del mare allontanandosi dalla parte opposta.<br />
Giovanni, conquistato dallo spettacolo sconosciuto,<br />
svegliò Valentino: – Svegliati! Guarda laggiù<br />
quelle colline di sabbia, sono alte come una muraglia,<br />
– disse indicando con la mano un punto nel deserto. –<br />
Le vedi? Che siano le mura di quella città antica di cui<br />
ho sentito parlare? Dicono che in mezzo al deserto ci<br />
sia una città.<br />
– Ma che città? Che cosa ci fa una città in mezzo al<br />
deserto, senz’acqua! – obiettò Valentino senza aprire<br />
gli occhi. – Lasciatemi dormire per favore. Godetevi<br />
voi lo spettacolo, se volete. È così noioso! Svegliatemi<br />
solo quando saremo arrivati, – aggiunse con un tono<br />
seccato che offese lo zio.<br />
Giovanni rimase solo a godersi la vista del deserto<br />
che ben presto scomparve, lasciando il posto ad una<br />
pianura solcata da un fiume e intensamente coltivata.<br />
Giunsero così all’ultima cittadina attraversata dalla<br />
grande strada che collegava il nord al sud del paese. Da<br />
quel punto avrebbero dovuto procedere con mezzi<br />
propri. Zio e nipote avrebbero voluto assumere una<br />
guida che li aiutasse ad affrontare l’ultimo tratto: non<br />
trovarono nessuno disposto ad accompagnarli, ma il<br />
mulattiere li rassicurò. Esisteva un’unica strada che<br />
conduceva alla cittadina e bastava seguirla senza deviare<br />
mai. Cumuli di pietre, ammonticchiati a distanze regolari,<br />
avrebbero impedito loro di sbagliare. Inoltre, i<br />
44<br />
muli presi a nolo conoscevano la strada e li avrebbero<br />
condotti a destinazione. Lungo il percorso avrebbero<br />
trovato due stazioni di posta nelle quali ci sarebbe stato<br />
da mangiare e da dormire. Giovanni si augurò di aver<br />
compreso bene tutte le indicazioni ricevute e si preparò<br />
a riprendere il cammino, dopo aver controllato ancora<br />
una volta il carico delle bestie. Non appena si inoltrarono<br />
sulla sierra, le temperature calde della costa diventarono<br />
solo un ricordo per i due uomini che, risollevati,<br />
respirarono l’aria leggera. Ancora una volta si trovarono<br />
immersi in un paesaggio particolare. Sullo sfondo le<br />
cime innevate si stagliavano nitide contro il cielo, e intorno<br />
a loro, a perdita d’occhio, un basso tappeto di erba<br />
ricopriva il terreno. Gli arbusti erano sporadici e così<br />
pure gli alberi: eucalipti raggruppati a chiazze nelle<br />
aree più umide. Di tanto in tanto la vegetazione spontanea<br />
lasciava il posto a distese in cui piccoli campi di<br />
mais e patate si alternavano a vasti appezzamenti nei<br />
quali le mani dell’uomo avevano gettato i semi di piante<br />
sconosciute. Giovanni e Valentino, preoccupati e intenti<br />
a seguire la strada, che spesso diventava solo un<br />
tratturo, non ebbero modo di apprezzare la bellezza di<br />
quei luoghi. Alle prime ombre non avevano ancora avvistato<br />
alcuna abitazione e l’idea di dover trascorrere la<br />
notte nella solitudine di quei luoghi ignoti e desolati li<br />
terrorizzò. Giovanni, in ansia, continuò a consultare la<br />
mappa che il noleggiatore di muli aveva tracciato su un<br />
pezzo di carta per tranquillizzarlo. Ad un tratto le bestie,<br />
come obbedendo ad un ordine, deviarono dal tratturo<br />
e si arrestarono qualche metro più avanti di fronte<br />
ad una grotta in cui alcune persone stavano accovacciate<br />
intorno al fuoco. Giovanni, rincuorato da quella presenza<br />
umana, si fece avanti per chiedere dove si trovasse<br />
la stazione, e l’uomo al quale si era rivolto, con un<br />
45
ampio gesto del braccio, indicò l’interno della grotta:<br />
– È qui, – rispose semplicemente.<br />
Sapevano di dover trascorrere la notte in un’estacion,<br />
ma il luogo in cui si fermarono non aveva niente a<br />
che fare con ciò che, in base alle loro conoscenze, corrispondeva<br />
ad una stazione. La grotta, molto ampia e<br />
profonda, era stata divisa dalla famiglia che vi abitava<br />
con muri a secco e tende in modo da creare alcuni ambienti<br />
nei quali si trovavano giacigli sollevati da terra.<br />
Per poche monete fecero rifocillare le bestie ed ebbero<br />
due buone coperte di lana sufficientemente pulite e del<br />
cibo, che per il momento placò l’astio che Giovanni covava<br />
contro il nipote da quando era iniziato il viaggio.<br />
La notte successiva furono più fortunati dal momento<br />
che la stazione, un’abitazione con i muri di pietra grezza<br />
e la copertura d’erba, era decisamente più comoda e<br />
accogliente. Si misero in marcia di buon mattino e proseguirono<br />
in salita ancora per diverse ore, fermandosi<br />
ogni tanto per bere qualche sorsata dell’infuso che, come<br />
aveva assicurato il noleggiatore di muli, li avrebbe<br />
aiutati a placare il mal di testa e la nausea causati dall’altitudine.<br />
Il territorio si fece sempre più spoglio sino a<br />
che gli arbusti sparirono del tutto, solo la solita erba<br />
bassa tappezzava il terreno. Sulle alture animali sconosciuti<br />
fiutarono l’aria e scapparono via velocissimi.<br />
Giovanni ruppe il silenzio ostile che era sceso tra lui ed<br />
il nipote: – Che belli… mi sarebbe piaciuto vederli da<br />
vicino… che cosa saranno?<br />
– Se non sono buoni da mangiare, non mi interessano,<br />
– rispose Valentino lanciando intorno un’occhiata<br />
pigra e calandosi il cappello sugli occhi. Lo zio non<br />
tardò ad accorgersi che il nipote dormiva lasciando che<br />
fosse il mulo, di cui ormai si fidava ciecamente, a condurlo<br />
a destinazione. Il comportamento del giovane, le<br />
46<br />
due notti passate pressoché all’addiaccio e la fatica,<br />
non giovarono affatto all’umore di Giovanni che malvolentieri<br />
aveva lasciato la città sulla costa e che ad ogni<br />
passo, in cuor suo, malediceva il nipote.<br />
La cittadina solitaria in cui giunsero la mattina del<br />
terzo giorno appariva linda e raccolta intorno alla piazza<br />
e alla chiesa di epoca coloniale che gli abitanti del<br />
luogo chiamavano pomposamente la catedral. Le case<br />
non superavano i due piani di altezza, erano tutte dipinte<br />
di bianco e si affacciavano su strade piuttosto larghe,<br />
lastricate e percorse nel mezzo da canali di scolo.<br />
In quella che doveva essere la via principale si aprivano,<br />
uno di seguito all’altro, magazzini stipati di casse e<br />
sacchi. Per strada altri sacchi erano tenuti d’occhio da<br />
bambini che vi sedevano sopra a cavalcioni. Incuriosito<br />
Giovanni domandò che cosa contenessero; seppe così<br />
che si trattava delle foglie di una pianta chiamata coca,<br />
variamente utilizzata in tutto il paese ed esportata all’estero.<br />
I due uomini si misero immediatamente a cercare<br />
l’italiano Nino Bonfigli, ma all’imbrunire, non avendone<br />
trovato traccia, cominciarono a pensare di essere<br />
stati ingannati. La loro delusione fu profonda, tuttavia<br />
decisero di non darsi per vinti e di proseguire le ricerche<br />
il giorno successivo. L’albergo in cui alloggiarono<br />
era l’unico della cittadina: si fregiava dell’altisonante<br />
nome di Hotel Universo, era pulito e prometteva, finalmente,<br />
un salutare ristoro. Giovanni e Valentino avrebbero<br />
potuto trascorrere il resto della serata e la notte a<br />
riposare, e quella sarebbe stata forse la loro fortuna, ma<br />
dalla piazza principale giungeva una musica invitante<br />
che non lasciava dubbi sul fatto che ci fosse una festa in<br />
corso. Giovanni, sebbene curioso, sarebbe rimasto volentieri<br />
in albergo, ma Valentino non voleva rinunciare<br />
a una buona bevuta; entrambi, inoltre, pensarono che<br />
47
gli si offriva un’ulteriore opportunità di trovare Nino<br />
Bonfigli.<br />
Nella piazza illuminata un’orchestrina suonava ed<br />
alcune coppie si esibivano in una danza. Gli uomini,<br />
con un cappello a tesa larga ed un poncho bianco ravvivato<br />
da una banda colorata, danzavano battendo le mani.<br />
Le ballerine con una mano sollevavano la gonna ricca<br />
di balze e con l’altra agitavano un fazzoletto. Una<br />
folla numerosa assisteva e applaudiva. Il ritmo incalzante<br />
della musica coinvolse a poco a poco gli spettatori<br />
e, incoraggiati dalla chicha che veniva offerta a tutti,<br />
anche i più timidi si abbandonarono alle danze. Valentino<br />
non volle essere da meno e, dopo aver bevuto abbondantemente,<br />
si avvinghiò ad una bella ragazza bruna<br />
che rideva divertita dall’incomprensibile spagnolo<br />
parlato dal giovane. Giovanni, imbarazzato per il comportamento<br />
di Valentino, si accorse che i giovani del<br />
paese gli lanciavano sguardi furenti. Intuendo il pericolo<br />
che entrambi correvano, tentò di avvicinarsi a quel<br />
nipote senza cervello, ma venne trascinato dalla folla<br />
che volteggiava a suon di musica. Tentò di chiamare<br />
Valentino facendo seguire l’urlo da un agitare di braccia<br />
che si confuse con i movimenti dei ballerini e passò<br />
del tutto inosservato. Mentre procedeva a fatica, fu fermato<br />
dal proprietario dell’albergo che approfittò dell’occasione<br />
per scambiare due parole. Proprio in quell’istante<br />
la musica cessò per qualche minuto, lasciando<br />
che giungessero sino a loro le urla di alcune donne che<br />
assistevano ad una rissa. Giovanni impallidì nel vedere<br />
che Valentino menava pugni a tutto spiano sulla testa di<br />
un giovane che lo aveva afferrato per la vita. Alcuni uomini<br />
si erano lanciati sui contendenti per separarli, altri<br />
si erano gettati nella mischia. Giovanni, non appena<br />
venne individuato come compagno di Valentino, rice-<br />
48<br />
vette un fortissimo colpo alla schiena. Solo l’intervento<br />
autorevole del padrone dell’albergo riuscì a salvare i<br />
due dai giovani inferociti.<br />
Tutto si era svolto proprio come lo zio aveva paventato.<br />
I giovani del paese, infastiditi per le pesanti<br />
attenzioni che un forestiero rivolgeva ad una delle ragazze<br />
del luogo, erano intervenuti e l’alcol aveva fatto<br />
il resto. La serata era comunque rovinata e Giovanni,<br />
dopo aver afferrato il nipote che ancora menava colpi<br />
per aria, lo ricondusse in albergo, ben deciso a ripartire<br />
l’indomani senza proseguire le ricerche dell’italiano<br />
fantasma.<br />
Per tutto il viaggio di ritorno lo rimproverò: – Pezzo<br />
di idiota, non solo mi fai spaccare le ossa a dorso di mulo,<br />
ma mi metti anche nei guai! Pensa che poteva finire<br />
male! Arrivati in città te ne vai per la tua strada!<br />
Valentino taceva. Avrebbe voluto rispondere allo<br />
zio, ma ciò che aveva da dire avrebbe potuto irritarlo<br />
ulteriormente, così fece l’unica cosa giusta da fare in<br />
quel momento.<br />
– Vi chiedo scusa, quella bevanda andava giù come<br />
l’acqua. Non credevo che mi sarei ubriacato subito.<br />
Pensate che io non ricordo niente, neppure la ragazza.<br />
Ma almeno era bella?<br />
– Ma chi l’ha guardata, io guardavo come ti stavi ficcando<br />
nei guai e non potevo intervenire con tutta quella<br />
gente in mezzo! Ma c’era bisogno di allungare le mani<br />
in quel modo? Non era una prostituta! Tu sei un pazzo,<br />
maledetto me che ti ho dato retta!<br />
Dopo due giorni di insulti seguiti da lunghi mutismi,<br />
giunsero nella stazione di posta, dove il noleggiatore<br />
di muli offriva cibo ai viaggiatori e ricovero alle loro<br />
bestie. Come li vide l’uomo gli si fece incontro, prese<br />
i muli per la cavezza e accarezzò il muso degli animali<br />
49
che, riconosciuto il padrone, dilatarono le narici soffiando<br />
lievemente.<br />
Poco dopo, mentre i due italiani erano intenti a<br />
mangiare, entrarono due uomini con gli indumenti<br />
impolverati che si sedettero ad uno dei tavoli vicini e<br />
presero a conversare tra loro.<br />
– Mancava da due giorni e stamattina era lì dove tutti<br />
potevano vederlo, – disse il primo uomo addentando<br />
un boccone di carne e lasciando che il grasso gli colasse<br />
lungo il mento.<br />
– Chi l’ha trovato?<br />
– Un bambino che poi ha chiamato gli altri. Era steso<br />
a faccia in giù con la gola tagliata.<br />
Giovanni e Valentino, che, assorti nei propri pensieri,<br />
mangiavano guardando il vuoto oltre i vetri sporchi<br />
della finestra, cominciarono a prestare orecchio al discorso<br />
degli stranieri.<br />
– Si sa chi è stato? – domandò ancora il secondo uomo.<br />
– No, lo stanno cercando. Anzi ne cercano due. L’ultima<br />
volta che lo hanno visto vivo, quel poveraccio litigava<br />
con uno alla festa.<br />
Nel sentire queste parole Giovanni rimase senza fiato,<br />
e incredulo guardò Valentino. Sperava di aver capito<br />
male, ma il nipote, pallido come un morto, stava per<br />
alzarsi a precipizio dal tavolo. Giovanni lo trattenne e,<br />
solo dopo aver terminato il pasto, lentamente uscirono<br />
dal locale.<br />
– Siamo nei guai, avete sentito? Ci cercano! – piagnucolò<br />
tutto agitato il giovane.<br />
Giovanni fu assalito da una rabbia violenta contro<br />
quell’idiota che non aveva fatto altro che metterlo nei<br />
pasticci. Avrebbe voluto farlo a pezzi con le proprie mani,<br />
colpirlo, ma lo sguardo attento di alcune donne lo in-<br />
50<br />
dusse a trattenersi. Si avvicinò al nipote sibilando improperi<br />
e prospettando il seguito tragico della vicenda.<br />
Parlò di condanne, di prigioni e di morte, poi di fronte<br />
alle lacrime di Valentino capì di essersi lasciato contagiare<br />
dalla sua paura e si sforzò di riconsiderare la situazione.<br />
– Senti, ci ho pensato bene. Noi non c’entriamo<br />
niente! Chissà di cosa parlavano quei due, non sappiamo<br />
nemmeno da dove arrivano. È solo una coincidenza!<br />
Lasciamo perdere e proseguiamo per la nostra strada.<br />
– Come non sappiamo da dove vengono? Questa<br />
strada porta soltanto lì dove eravamo noi.<br />
– No! Se venissero dallo stesso posto li avremmo dovuti<br />
trovare almeno in una delle stazioni, invece non è<br />
stato così.<br />
– Ma li avete guardati bene? Questi sono del posto,<br />
di sicuro conoscono altre vie e altri luoghi dove dormire!<br />
– E va bene, ma cosa abbiamo sentito? Sappiamo<br />
che chissà dove c’è stato l’omicidio di uno che ha litigato<br />
con un altro ad una festa e che cercano due uomini,<br />
tutto qui. Non sappiamo né dove né quando sono accaduti<br />
questi fatti. Stai tranquillo e non pensare subito al<br />
peggio. Torniamo a casa e vedrai che nessuno ci cercherà.<br />
– Ma voi non capite! Siamo in un paese straniero,<br />
qui non ci mettono niente a buttarci in galera, – rispose<br />
Valentino, smorzando il tono della voce e gettando rapide<br />
occhiate dietro le spalle come se già temesse di essere<br />
seguito. – Io non torno con voi, me ne vado, – aggiunse<br />
evitando di guardare in faccia lo zio.<br />
– Sei pazzo? Dove vorresti andare? E perché poi?<br />
Per aver sentito i discorsi di due sconosciuti che non si<br />
sa da dove vengono. È assurdo! Ripensaci!<br />
51
– Ho deciso! Non torno con voi! Andrò a sud e poi<br />
si vedrà. È preferibile in ogni caso che voi non sappiate<br />
altro. Ho con me i documenti e tutto il mio denaro,<br />
a casa ho lasciato solo stracci, fatene ciò che volete.<br />
Giovanni, incredulo, tentò ancora di convincerlo,<br />
ma la paura aveva reso Valentino irremovibile. Così i<br />
due si salutarono con la promessa che, trascorso un po’<br />
di tempo, il nipote si sarebbe fatto sentire. Mentre il giovane<br />
si allontanava velocemente, Giovanni si voltò a<br />
guardarlo. Non riusciva a comprendere la sua decisione,<br />
lo sfiorò l’idea che il nipote avesse già l’intenzione di<br />
andarsene e che aspettasse solo l’occasione propizia. Se<br />
no perché portarsi appresso tutto il denaro e i documenti?<br />
Guardò ancora e vide la figura che scompariva<br />
in fondo alla strada.<br />
52<br />
Trascorso un mese dalla partenza di Giovanni, Margherita<br />
cominciò ad attendere sue notizie. Il pensiero<br />
che quello sarebbe stato il giorno buono per ricevere<br />
una lettera la svegliava di buon mattino, lasciandola in<br />
uno stato di trepidazione che durava finchè il postino e<br />
la signorina Maria non erano passati senza consegnarle<br />
nulla.<br />
La signorina Maria era la maestra settantenne che,<br />
tutti i giorni che Dio comanda, ignorando l’incaricato<br />
istituzionale, si presentava all’ufficio postale e ritirava<br />
la propria posta e quella indirizzata a poche persone<br />
amiche. Trascorreva la mattinata in giro per le case a<br />
consegnare lettere e cartoline. Veniva accolta sempre<br />
con deferenza e cordialità, nonostante il suo comportamento<br />
originale e nonostante i sospetti che aleggiavano<br />
sul suo conto. Infatti, da qualche tempo il paese riteneva<br />
che la donna avesse una relazione con uomo sposato,<br />
un venditore ambulante di tessuti dall’aspetto segaligno<br />
che, di tanto in tanto, giungeva nel piccolo centro.<br />
I due intrattenevano una fitta corrispondenza cifrata e,<br />
oltre all’unica impiegata delle poste che aveva aperto le<br />
buste rimanendo sorpresa e delusa, solo Margherita<br />
aveva visto le lettere in codice. Anche quella mattina di<br />
aprile, dopo che il campanile della chiesa aveva battuto<br />
undici rintocchi, la signorina si presentò a casa di Margherita<br />
ancora una volta a mani vuote, ma con una stravagante<br />
novità da riferire.<br />
– Oggi ho una notizia speciale, – annunciò gongolando.<br />
– Una certa signora sta male… per questo sicu-<br />
53
amente fra poco mi sposerò. A questo proposito ho da<br />
chiedervi un piacere, – aggiunse timidamente.<br />
Margherita guardò con compassione l’anziana donna<br />
strettamente fasciata nell’abito di velluto verde di<br />
foggia ottocentesca, liso sino all’inverosimile sulle natiche<br />
e sui gomiti.<br />
– Vi chiedo di custodire a casa vostra il mio corredo.<br />
Sapete, la ragazza che mi serve è molto curiosa e non<br />
voglio che vada in giro a raccontare cose che potrebbero<br />
arrivare alle orecchie di chi non deve sapere, – disse<br />
la maestra, agitandosi sulla sedia e aggiustando la piuma<br />
del logoro cappellino in tinta con il vestito.<br />
Margherita accettò di custodire quell’enorme corredo<br />
che, curiosamente, tra i lini e le trine annoverava anche<br />
dolciumi ormai sciolti e ammuffiti, chiusi in buste<br />
di carta unta.<br />
Un mese trascorse e così quello successivo e l’altro<br />
ancora senza che uno straccio di lettera arrivasse in quella<br />
casa. Giunse novembre e, con il freddo pungente, la<br />
neve. Il paese giaceva immoto sotto una candida cortina<br />
e i camini fumavano in continuazione, disperdendo in<br />
un cielo perennemente grigio un poco del calore sottratto<br />
alle abitazioni. Gli alberi si piegavano gemendo e<br />
lasciavano cadere con un leggero fruscio parte del loro<br />
pesante fardello. Per le strade ogni suono era attutito,<br />
solo il vociare allegro di alcuni bambini rimbalzava sonoro<br />
sui muri scrostati delle case. I piccoli, forse gli unici<br />
a non sentire il freddo, erano sfuggiti ad una noiosa<br />
solitudine e, col viso arrossato, giocavano festosi sulla<br />
neve.<br />
A casa di Margherita i gerani erano stati tolti dalle finestre<br />
e riposti nella legnaia, protetti da un leggero strato<br />
di paglia. La donna, profondamente delusa e amareggiata,<br />
attendeva ancora la sua lettera e si mostrava molto<br />
54<br />
infastidita quando le comari, con finta solidarietà, le<br />
chiedevano se avesse notizie del marito. Finalmente, il<br />
giorno dopo la festa di Ognissanti, arrivò la prima lettera.<br />
Risaliva a parecchi mesi prima. «Cara moglie,» diceva,<br />
«sono giunto a destinazione dopo un viaggio difficile<br />
che mi ha privato delle forze». Giovanni proseguiva<br />
raccontando di essere stato malissimo a causa della dissenteria.<br />
La malattia lo aveva costretto per parecchio<br />
tempo ad assumere un’unica, scomoda posizione dalla<br />
quale lo aveva liberato l’energico intervento di un medico.<br />
Lo avevano accolto alcuni italiani che gli avevano<br />
fornito molte indicazioni utili, ciò nonostante il lavoro<br />
ancora non andava bene e pensava che non sarebbe potuto<br />
rientrare per la fine dell’anno. Si scusava per non<br />
aver inviato denaro e si augurava che lei riuscisse a cavarsela<br />
comunque con l’aiuto delle figlie sposate. Salutava<br />
tutte affettuosamente assicurando che avrebbe<br />
scritto presto per comunicare il proprio indirizzo. La<br />
lettera non era molto lunga e Margherita, che avrebbe<br />
voluto sapere di più, la rilesse diverse volte, ponendosi<br />
mille domande e cercando di immaginare tutto ciò che<br />
il marito le aveva taciuto. Intanto un altro pensiero la<br />
tormentava. Il matrimonio della figlia si avvicinava e, se<br />
davvero Giovanni non avesse spedito loro qualcosa per<br />
tempo, avrebbe dovuto chiedere a Dora di rinviare le<br />
nozze oppure di farsi prestare ancora una volta i soldi<br />
da Assunta. Entrambe le eventualità le mettevano i brividi.<br />
Dopo una settimana, con sua grande sorpresa, ricevette<br />
ancora una lettera. Il timbro postale risaliva ad<br />
un mese prima. «Cara moglie mi sono stabilito in una<br />
città sulla costa. Dovresti vederla, ti piacerebbe! Alcune<br />
case sono molto grandi, diverse dalle nostre. Le porte e<br />
le finestre sono protette da grandi inferriate, ma dentro<br />
nascondono cortili ampi e riparati con gerani a profu-<br />
55
sione, anche appesi ai muri…» Spiegava di aver girato a<br />
lungo e di aver trovato in quel luogo le condizioni più<br />
favorevoli. Comunicava per intero il proprio indirizzo e<br />
si scusava nuovamente dichiarando di essere profondamente<br />
addolorato per non essere stato in grado di inviare<br />
denaro per il matrimonio di Dora alla quale, per il<br />
momento, augurava una lunga unione felice, riservandosi<br />
di spedirle il proprio regalo appena possibile. Margherita<br />
accolse la notizia con rammarico, ma essendo<br />
una donna pratica capì che la situazione era molto più<br />
difficile di quanto tutti avessero potuto prevedere ed<br />
evidentemente quanto suo marito guadagnava gli era<br />
appena sufficiente per vivere. Dora, che aveva riposto<br />
grande fiducia nel padre, continuava a piangere temendo<br />
di non riuscire a sposarsi. Invece, con l’aiuto di Assunta,<br />
il matrimonio fu organizzato in maniera decorosa.<br />
In una gelida mattina di dicembre la ragazza, raggiante<br />
di gioventù e di felicità, fu condotta all’altare dallo<br />
zio Giacomo. Il fratello del babbo, almeno in questa<br />
occasione, si presentò con i figli e con la moglie, una bella<br />
signora con il viso delicato e la pelle candida e perfetta<br />
da bambola di porcellana, che si profuse in morbidi<br />
abbracci materni piacevolmente profumati di gelsomino.<br />
Nei giorni precedenti il matrimonio tutte le donne<br />
della famiglia avevano occupato il tempo preparando<br />
dolci. Piccoli bignè di meringa, biscotti di forme diverse,<br />
dolcetti con il miele ed altri ancora con le mandorle e<br />
le noci. Del vino bianco dolce e frizzante e del rosolio<br />
completavano il buffet allestito per gli invitati. Tutta la<br />
casa era stata lucidata con la cera e numerose sedie,<br />
molte delle quali prese in prestito dai vicini, erano state<br />
disposte lungo le pareti della stanza più grande. La sposa<br />
si muoveva leggera volteggiando tra gli ospiti, sapeva<br />
di essere molto graziosa e sfoggiava con orgoglio la pa-<br />
56<br />
rure che il marito le aveva donato per le nozze. L’abito<br />
che indossava era quello con il quale si era fatta ritrarre<br />
nella foto da inviare al padre. La gonna, fittamente plissettata,<br />
ondeggiava ad ogni movimento della ragazza<br />
che, di tanto in tanto, si rivolgeva al marito chiedendogli<br />
con lo sguardo conferma del proprio aspetto. Il giovane<br />
si intratteneva con il gruppo degli uomini sorridendo<br />
con aria compiaciuta. Dora lo aveva conosciuto<br />
alla bottega di suo padre e Paolo, così si chiamava lo<br />
sposo, aveva dichiarato di essere proprietario, insieme<br />
al fratello, di una gioielleria nella vicina città. Quando<br />
Paolo aveva mostrato interesse per la figlia, Giovanni e<br />
Margherita non si erano opposti, anche se rimanevano<br />
piuttosto perplessi di fronte all’aria perennemente distratta<br />
di Paolo, capace di voltare le spalle al proprio interlocutore<br />
nel bel mezzo di una discussione. I due genitori<br />
avevano espresso i loro dubbi a Dora che, perdutamente<br />
innamorata, aveva minimizzato. In seguito i<br />
modi gentili e l’affetto che il giovane nutriva per la fidanzata<br />
avevano fugato i loro timori. Il matrimonio,<br />
dunque, si svolse nel migliore dei modi, Margherita mascherò<br />
la malinconia sorridendo, e gli ospiti andarono<br />
via sazi e soddisfatti. Gli sposi partirono e felici varcarono<br />
la soglia della loro nuova abitazione in città. Come<br />
tutte le altre case che sorgevano in quella zona del centro<br />
anche la loro si elevava su due piani, era dipinta di<br />
bianco ed il portone d’ingresso era elegantemente incoronato<br />
dalla ringhiera di ferro battuto di un balconcino.<br />
Dora, fuori di sé dalla gioia, girò per le stanze, accarezzò<br />
i mobili, aprì gli sportelli e i cassetti. Orgogliosa entrò<br />
nella saletta e con timore si sedette sul divano damascato,<br />
rosso fiammante. Emise piccole grida di gioia alla vista<br />
di una credenza di noce dalle linee leggere all’interno<br />
della quale erano riposti piccoli bicchieri per il roso-<br />
57
lio e un servizio da caffè. Nei giorni seguenti mandò un<br />
telegramma a sua madre per chiedere l’aiuto delle sorelle,<br />
con le quali in realtà voleva condividere la propria felicità.<br />
Le giovani donne, curiose di vedere la casa e gli<br />
arredi della sposa, la raggiunsero immediatamente portandole<br />
il resto del corredo, altri doni e una buona quantità<br />
di provviste.<br />
Margherita, che per qualche tempo aveva avuto la<br />
mente impegnata dal pensiero costante del matrimonio,<br />
si trovò improvvisamente con la casa vuota e senza<br />
niente di cui doversi occupare. Rimase sola ad osservare<br />
l’abitazione silenziosa. Girò stanza per stanza riassettando<br />
qualcosa che le sembrava fuori posto, in attesa<br />
che le figlie tornassero e che qualcuno venisse a farle visita.<br />
Scese anche nella bottega per controllare, ancora<br />
una volta, che tutto fosse in ordine. Gli strumenti da lavoro<br />
di suo marito mancavano, ma il mobilio era rimasto<br />
al suo posto. Spalancò la porta perché la luce desse<br />
ancora vita alla stanza e si sedette su una delle sedie che<br />
Giovanni aveva preparato per gli ospiti. Rifletteva sul<br />
fatto che ormai era trascorso un anno intero dalla sua<br />
partenza e lei desiderava rivederlo con tutto il cuore. Le<br />
figlie, adulte e prese dai loro problemi, si erano ben presto<br />
abituate all’assenza del padre, purché stesse bene<br />
erano disposte ad attendere il suo ritorno in un futuro<br />
indeterminato. Lei, invece, sperava che il marito si sentisse<br />
ancora legato alla famiglia tanto da desiderare di<br />
tornare a casa, anche se non era diventato ricco.<br />
58<br />
1927<br />
Trascorse un anno e Giovanni scrisse alcune lettere<br />
nelle quali inviò solo saluti e notizie della crisi politica<br />
ed economica che travagliava il paese e non gli consentiva<br />
di spedire altro che parole. Margherita leggeva e attendeva<br />
sfiduciata un segno tangibile da parte del marito,<br />
ormai così distante dal suo piccolo mondo. La<br />
preoccupava la salute della figlia maggiore che, da qualche<br />
tempo, non riusciva a dormire: sentiva insoliti rumori<br />
che rendevano le sue notti inquiete. Temeva che<br />
la fatica e le responsabilità rendessero eccessivamente<br />
nervosa Assunta, che si doveva occupare da sola dei figli<br />
e del vecchio suocero scorbutico. Il vecchio ottuagenario<br />
era ancora attivo e vitale ed amava occuparsi di una<br />
vigna minuscola e di un orticello ai quali dedicava molte<br />
ore della giornata. Si allontanava al mattino portandosi<br />
appresso del cibo e rientrava alla sera. Non salutava e,<br />
dalla soglia, scaraventava sul tavolo i prodotti della piccola<br />
campagna. Chiuso in un silenzio scontroso si sedeva<br />
nel suo angolo preferito ad osservare la nuora che<br />
preparava la cena e, se era di buon umore, si avvicinava<br />
ai fornelli, scoperchiava le pentole e aggiungeva sale alle<br />
pietanze.<br />
– Babbo, per favore state lontano dai fornelli! Ci<br />
penso io al sale e a tutto il resto! Chi lo mangia più ora<br />
il minestrone che pare salamoia? – urlava esasperata<br />
Assunta, brandendo il mestolo che avrebbe volentieri<br />
spaccato sulla testa del vecchio. – E almeno fatemi il<br />
59
piacere, lavatevi bene le mani prima di sedervi a tavola!<br />
Siete appena rientrato dalla campagna e…<br />
– Io faccio come mi pare! Se mi lavo o non mi lavo,<br />
sono fatti miei. Del resto non mi sono cacato! – rispondeva<br />
il vecchio col volto impassibile tornando a sedersi<br />
accanto alla finestra.<br />
A volte Assunta si armava di pazienza e cercava di intavolare<br />
con lui una discussione: – Babbo, avete sentito?<br />
È morto Tripode il fabbro. Vi ricordate? Quello che<br />
aveva fatto quell’inferriata così scandalosa…<br />
– Meglio a lui che a me, doveva morire prima, – rispondeva<br />
il vecchio, se il defunto non rientrava nelle<br />
sue simpatie, oppure: – Quello è andato e non torna, –<br />
se la cosa lo lasciava del tutto indifferente. Qualsiasi altro<br />
tentativo di coinvolgerlo in una discussione si dimostrava<br />
inutile perché rispondeva con un grugnito. Nel<br />
profondo del suo animo l’uomo si divertiva immensamente<br />
a fare i dispetti a quella nuora così precisa e perfetta<br />
che si lavava sempre le mani e indossava i manicotti<br />
bianchi per cucinare. Era la sua occupazione preferita,<br />
specialmente nelle lunghe giornate noiose, quando il<br />
cattivo tempo lo teneva relegato a casa e Assunta riceveva<br />
le amiche. Il vecchio rimaneva seduto accanto al camino<br />
crogiolandosi al calore del fuoco. Osservava le<br />
fiamme consumare la legna, aggiungeva qualche ciocco<br />
e, ascoltando il cicaleccio delle giovani donne, chiudeva<br />
gli occhi. Mentre pareva sonnecchiare con le mani appoggiate<br />
sul bastone, all’improvviso sputava sul fuoco<br />
oppure liberava aria rumorosamente. – Alla salute! –<br />
urlava accompagnando il boato.<br />
Queste prodezze mandavano su tutte le furie Assunta<br />
che, livida, inveiva contro il suocero.<br />
– Alla salute di chi? Vecchio sporcaccione! Non vi<br />
vergognate di esibirvi in questo modo? O volete farci<br />
60<br />
conoscere tutto di voi? Come siete fuori lo sappiamo<br />
già, come siete dentro ce lo volete far scoprire un po’ alla<br />
volta?<br />
– Aria dentro, aria fuori! – rispondeva il vecchio, felice<br />
di aver provocato quello scompiglio.<br />
Con il tempo Assunta aveva imparato a convivere<br />
con il suocero e ne aveva sentito la mancanza quando<br />
era morto. Si era semplicemente addormentato nel suo<br />
letto e così lo aveva trovato al mattino. Si era dovuta occupare<br />
allora anche della piccola vigna che, ben presto,<br />
era diventata un carico troppo gravoso per lei, così aveva<br />
deciso di venderla.<br />
Per rendersi conto dello stato del luogo un pomeriggio<br />
si diresse verso il piccolo podere in compagnia<br />
della madre e dei bambini. La vigna non distava molto<br />
dal paese. Occorreva inoltrarsi attraverso i campi in un<br />
viottolo costeggiato, per un lungo tratto, da un muro a<br />
secco sul quale la parietaria e le violacciocche multicolori<br />
crescevano a profusione. Sul lato opposto della<br />
strada piccole terrazze coltivate con mandorli ed olivi<br />
scendevano fino ai piedi della collina. Assunta camminava<br />
accanto alla madre respirando i profumi della<br />
campagna e Pasqua, la giovane domestica, la seguiva a<br />
distanza di pochi passi portando in braccio il piccolo<br />
Francesco. L’altra figlioletta trotterellava avanti e indietro,<br />
ripercorrendo diverse volte lo stesso tratto di<br />
strada, senza mai stancarsi. Ogni tanto si fermava per<br />
raccogliere qualche fiore che poi porgeva alla nonna.<br />
La passeggiata fu molto piacevole anche se Margherita<br />
dovette ascoltare, ancora una volta, con un misto di<br />
preoccupazione e di timore, le lamentele della figlia, la<br />
quale sosteneva di essere stata svegliata anche quella<br />
notte da rumori inspiegabili.<br />
– Cosa vi posso dire? È come un fruscio continuo,<br />
61
un grattare di scopa che non si ferma mai, – tentava di<br />
spiegare Assunta alla madre. Quando era vivo il suocero<br />
aveva pensato che potesse essere lui ad aggirarsi al<br />
buio, ma ora raccontava di essersi alzata per controllare<br />
la casa da cima a fondo; i bambini dormivano e così anche<br />
la domestica, le porte erano tutte chiuse come chiusi<br />
erano i battenti delle finestre. La madre ascoltò e volle<br />
pensare che la figlia fosse veramente troppo stanca e<br />
che l’assenza del marito le pesasse più di quanto lei<br />
stessa potesse credere. Giunsero così al piccolo podere,<br />
nel quale il suocero di Assunta aveva curato per decenni<br />
le viti. Tutto era ancora in perfetto ordine anche all’interno<br />
della casa, un unico vano in cui si trovavano<br />
gli attrezzi agricoli, la vasca di fermentazione, il torchio,<br />
le botti, le damigiane e i fiaschi. La casetta aveva<br />
una piccola veranda col tetto di canne sotto il quale le<br />
donne si sistemarono discutendo sull’opportunità di<br />
vendere la proprietà. Margherita era contraria e suggeriva<br />
alla figlia di non privarsi del piccolo vigneto e di<br />
chiamare piuttosto qualcuno che se ne occupasse al momento<br />
opportuno. Il piccolo Francesco dormiva dentro<br />
una grande cesta di giunco e la bambina, che portava<br />
il nome dello zio morto in America, correva lungo i<br />
solchi, sbocconcellando mal volentieri il pane che la<br />
madre la obbligava a mangiare. Piera si chinava qua e là<br />
cercando un nascondiglio e, mentre si accingeva a sotterrare<br />
quel pane che non riusciva a mandare giù, vide<br />
una figura muoversi nel solco. Il nonno era lì tra i filari,<br />
inspiegabilmente piccolo, seduto nella sua sedia e con<br />
le mani intrecciate sul bastone. Fu un attimo in cui la<br />
bambina guardò negli occhi il vecchio, che la fissò con<br />
distacco, come se osservasse qualcosa che si trovava<br />
lontano, oltre quello spazio e quel tempo. Prima che<br />
l’apparizione svanisse nel nulla, Piera corse dalla ma-<br />
62<br />
dre e raccontò ogni cosa, indicando con precisione il<br />
punto in cui aveva visto il nonno. Le donne ascoltarono<br />
il racconto lanciandosi occhiate inquiete, raccolsero le<br />
loro cose e tornarono in paese. Non fu possibile stabilire<br />
quanto quell’episodio avesse influito sulla vendita<br />
della vigna che tuttavia, con il beneplacito di Margherita,<br />
nel giro di una settimana fu ceduta al miglior offerente.<br />
* * *<br />
Ai primi di dicembre Dora, in attesa del primo figlio,<br />
venne a trovare Margherita. La giovane appariva<br />
appesantita dalla gravidanza e la madre, pur felice della<br />
visita, non si lasciò scappare l’occasione di redarguirla<br />
perchè aveva affrontato il viaggio in quelle condizioni,<br />
con quel tempo e per giunta da sola. Emma, che era<br />
corsa ad abbracciare la sorella, appariva pallida e<br />
smunta, con gli occhi cerchiati e le spalle ricurve. Aveva<br />
preso una brutta influenza e da allora non riusciva a liberarsi<br />
di una febbriciattola continua che la privava<br />
delle forze. Dora, impensierita la baciò e, mentre sorseggiava<br />
il caffè, la osservò attentamente. All’improvviso<br />
una viva inquietudine la assalì. Ricordava bene il racconto<br />
che la sorella, titubante e vergognosa, le aveva<br />
fatto una notte di settembre di qualche anno prima.<br />
Era il periodo della vendemmia e il babbo non era<br />
ancora partito. Assunta li aveva invitati tutti. – Quest’anno<br />
c’è tanta uva, – aveva detto. – Io e mamma ci<br />
occuperemo del pranzo, voi darete una mano agli uomini.<br />
– L’uva era stata raccolta e messa nei tini, le ragazze<br />
scalze si erano divertite a pigiarla seguendo ritmi diversi<br />
di danze inventate apposta per l’occasione. Sotto i<br />
loro piedi gli acini duri schioccavano aprendosi e libe-<br />
63
ando il succo zuccherino e appiccicoso che impiastricciava<br />
le gambe. Pranzarono all’aperto sotto la tettoia e<br />
nel pomeriggio, mentre gli uomini ancora si affaccendavano<br />
sistemando le ultime cose, le donne si sedettero<br />
comodamente al fresco. Emma trovò riparo dalla calura<br />
sdraiandosi sotto il gelso che cresceva sul confine.<br />
Non aveva pensieri e, cullata dalla voce della madre e<br />
delle sorelle, seguiva ad occhi socchiusi l’altalena di un<br />
ragno che penzolava e risaliva lungo il filo lucente. Qualcosa<br />
la riscosse da quello stato di beatitudine. All’improvviso<br />
il frinire delle cicale era diventato assordante e<br />
le foglie stormivano con un persistente e fastidioso fruscio.<br />
Emma si mosse, avvertendo una presenza accanto<br />
a sé. Temendo che qualcuno volesse usurparle quell’angolo,<br />
si voltò minacciosa. Tutto ciò che inizialmente vide<br />
furono le scarpe di un uomo, grandi, nere, lucide e<br />
sospese in aria a pochi centimetri da terra.<br />
La paura la paralizzò. Avrebbe voluto chiamare aiuto,<br />
ma solo un suono inarticolato le sfuggì dalle labbra.<br />
Tentò di sollevarsi per fuggire via, ma si sentì inesorabilmente<br />
inchiodata al suolo. I suoi occhi percorsero il<br />
corpo di un giovane vestito di nero con il viso pallido e<br />
affilato. Sembrava fluttuare nella brezza pomeridiana e<br />
appariva perfettamente a proprio agio in quella posizione<br />
impossibile per un essere umano. La sua bocca era<br />
impostata al sorriso, ma il resto del volto era immobile,<br />
come modellato nella cera. Gli occhi avevano una fissità<br />
innaturale, non un solo battito di ciglia li rendeva vivi.<br />
– Tra poco verrai con me, – disse l’uomo alla ragazza<br />
che lo fissava atterrita – Non devi avere paura. – L’immagine<br />
cominciò a dissolversi a partire dal basso, prima<br />
scomparvero le scarpe e le gambe, e per ultimo svanì<br />
quel viso pallidissimo dal quale Emma non era più riuscita<br />
ad allontanare lo sguardo. La ragazzina, sconvolta,<br />
64<br />
pensò di raccontare tutto, ma ebbe paura di essere derisa<br />
dagli adulti, andò dunque a sedersi in silenzio accanto<br />
alla madre. Non ascoltava più i discorsi delle donne e<br />
pensava alle parole che aveva sentito. Aveva freddo e il<br />
dolore allo stomaco provocato dalla paura la indusse a<br />
rannicchiarsi su se stessa: fu scossa da un tremito e svenne.<br />
Fu soccorsa e riportata in paese, ripulita dalle tracce<br />
di mosto e messa a letto. La notte, scoppiando in un<br />
pianto dirotto, riferì a Dora quanto era accaduto e le rivelò<br />
di aver riconosciuto il giovane, uguale alla foto del<br />
fratello Pietro che la mamma teneva sul comò della sua<br />
camera. La pregò quindi di non parlare mai dell’accaduto<br />
con nessuno. Da quel giorno l’episodio rimase sepolto<br />
nella memoria di Dora, ma non in quella di Emma<br />
che finse di dimenticarlo.<br />
Il bambino si mosse e Dora volle scacciare quel ricordo.<br />
Sua madre la vide accasciata sulla sedia e, temendo<br />
che soffrisse per la gravidanza, la convinse a restare con<br />
lei per qualche giorno elencando una serie di buoni cibi<br />
che avrebbe cucinato per rimettere in forze entrambe le<br />
figlie.<br />
* * *<br />
Nonostante gli sforzi di Margherita la salute di Emma<br />
non migliorò. La ragazza continuava a stare male e la<br />
tubercolosi, ormai conclamata e senza rimedio, la indebolì<br />
a tal punto da impedirle di alzarsi dal letto. La madre<br />
non riusciva a darsi pace. Pregò, e inveì contro il<br />
medico che aveva sbagliato così grossolanamente la diagnosi<br />
e aveva fatto perdere a sua figlia del tempo prezioso.<br />
Implorò con fede Dio, la Vergine e tutti i santi e<br />
sfogò il suo dolore invocando sul medico le maledizioni<br />
65
del cielo. Quando ritenne che né le sue preghiere né le<br />
sue maledizioni fossero sufficienti, chiese aiuto. Mandò<br />
la nipote a chiamare Giovanna la levatrice, capace di<br />
lanciare terribili maledizioni che, il paese lo garantiva,<br />
andavano immancabilmente a segno. Piera dovette rincorrere<br />
la donna che si recava in chiesa a passo spedito.<br />
– Ha detto nonna se potete venire a casa per aiutarla a<br />
maledire.<br />
– Vai e riferisci a tua nonna che ora vado in chiesa<br />
per il rosario, – rispose la levatrice – ma, quando avrò<br />
finito di pregare, andrò senz’altro da lei per aiutarla a<br />
maledire.<br />
Piera corse via sgambettando, contenta di aver assolto<br />
per bene all’incarico affidatole dalla nonna. Tuttavia<br />
a nulla poterono le preghiere contro la malattia che, nel<br />
mese di dicembre, si portò via Emma. Le maledizioni<br />
invece andarono a buon fine, o almeno così piacque<br />
pensare a Margherita, dal momento che anche il medico<br />
di lì a poco perse un figlio in giovane età, stroncato da<br />
un male fulminante. Certamente il fatto non servì a consolare<br />
la donna che, affranta, si chiuse in se stessa e quasi<br />
non si accorse della presenza della figlia maggiore nella<br />
sua casa. Assunta si era trasferita dalla madre con i<br />
due bambini nei giorni immediatamente successivi alla<br />
morte della sorella. Voleva aiutare e sostenere sua madre,<br />
ma voleva anche mettere al riparo se stessa e i piccoli<br />
dall’oscura minaccia che sentiva aleggiare nella<br />
propria abitazione. Infatti, nei giorni che avevano preceduto<br />
la morte di Emma, il rumore che diceva di sentire,<br />
come di una scopa che gratti in continuazione il pavimento,<br />
si era intensificato ed era durato sino al mattino.<br />
Quando il dolore le consentì di occuparsi ancora<br />
una volta di quanto la circondava, Margherita scoprì di<br />
non aver pensato molto al marito lontano. Volle infor-<br />
66<br />
marlo subito del lutto che li aveva colpiti e venne così a<br />
sapere che sua figlia Dora aveva già provveduto ad avvisare<br />
il padre, scrivendogli una lettera subito dopo il funerale<br />
di Emma.<br />
«Caro padre vi devo dare una tremenda notizia che<br />
sono sicura vi procurerà un grande dolore…»<br />
67
«Caro padre vi devo dare una tremenda notizia che<br />
sono sicura vi procurerà un grande dolore…»<br />
Nel ricevere la lettera Giovanni si era sentito in colpa,<br />
l’aveva tenuta tra le dita come se scottasse, rinviando<br />
il momento di aprirla. Da mesi non scriveva alla famiglia<br />
e temeva che Dora potesse rimproverarlo o peggio domandare<br />
denaro. Attese dunque il pomeriggio per aprire<br />
la busta e la notizia, riferita senza preamboli, lo colpì<br />
in pieno petto, violenta come una randellata. Ebbe bisogno<br />
di rileggere due volte la dolorosa novità. Accasciato<br />
su una sedia si dondolò avanti e indietro, incapace<br />
di versare una sola lacrima, finché sentì il bisogno di<br />
uscire. Camminò a lungo senza meta, ripercorrendo più<br />
volte gli stessi vicoli maleodoranti e le stesse strade larghe<br />
costeggiate da case colorate. Sudato e stanco giunse<br />
dinanzi alla scalinata della chiesa di San Francesco, vide<br />
la porta laterale aperta ed entrò. La penombra e il fresco<br />
di quell’antico edificio rinfrancarono il suo corpo, ma<br />
non il suo spirito. Percorse la navata centrale senza badare<br />
all’eco dei passi che si perdeva nella solitudine delle<br />
volte affrescate e si fermò dinanzi all’imponente crocifisso<br />
collocato tra i due altari. Chiuso nel suo dolore<br />
prestò scarsa attenzione ai due fedeli che, con l’abbigliamento<br />
colorato dei contadini nei giorni di festa, pregavano<br />
a capo chino davanti all’altare maggiore, inghiottiti<br />
dalle dimensioni trionfali di archi, transetti e colonne<br />
ritorte, ornate a tutta altezza da pampini e grappoli ricoperti<br />
in foglia d’oro. Oltre al dolore sordo per la perdita<br />
della giovanissima figlia un altro sentimento gli artigliava<br />
il cuore. Il senso di colpa gli inondava l’anima provo-<br />
68<br />
candogli un malessere fisico, un senso di soffocamento<br />
che lo annientava e quasi gli impediva di tenere il busto<br />
eretto. Sedette tra i banchi fissando i ceri accesi. “Anche<br />
qui per ogni cero una preghiera. Sono troppe in tutto il<br />
mondo. Quante riusciranno ad arrivare a destinazione?<br />
Forse nemmeno una e sarà stato tempo perso, ginocchia<br />
doloranti e candele sprecate”. Era sicuro che le sue<br />
donne avessero pregato molto per Emma. Provò un<br />
moto d’ira pensando che si fossero limitate a biascicare<br />
orazioni, trascurando di far avere a sua figlia le cure necessarie.<br />
Forse si era trattato di una questione di denaro<br />
e se lui si fosse trovato ancora con loro… Non riuscì a<br />
darsi pace e nei giorni seguenti continuò a meditare sulla<br />
propria esistenza e sulle proprie scelte, rimpiangendo<br />
di aver abbandonato la sua terra per rincorrere un benessere<br />
che per il momento faticava a mostrarsi. Ancora<br />
una volta cercò conforto nei libri. Tentò di impegnare la<br />
mente imparando a memoria le terzine dantesche, ma<br />
ogni verso dava adito ad ulteriori riflessioni che esacerbavano<br />
la sua amarezza. Alcuni versi parevano scritti<br />
apposta per lui:<br />
Io e’ compagni eravam vecchi e tardi<br />
quando venimmo a quella foce stretta<br />
Queste parole scavavano nella sua anima… Anche<br />
lui come Ulisse, ormai maturo e tranquillo, non avrebbe<br />
avuto bisogno di allontanarsi dalla sua terra sfidando<br />
l’ignoto. Cosa lo aveva spinto? Mille volte ci aveva riflettuto<br />
e si vergognava di ammetterlo anche con se stesso.<br />
Non era stato il desiderio di migliorare le condizioni<br />
economiche della famiglia, ma il bisogno di sapere cosa<br />
c’era al di fuori del suo piccolo mondo ignorato dalla<br />
storia. Ci volle ancora qualche tempo perché, riacqui-<br />
69
stata la lucidità ed il senso pratico, riuscisse a buttare<br />
giù alcune frasi di cordoglio che non resero minimamente<br />
l’idea del dolore provato e che, agli occhi delle<br />
sue donne, apparvero molto distaccate e formali. Naturalmente<br />
tutte loro sapevano che Giovanni doveva aver<br />
sofferto nell’apprendere la terribile notizia, ma si aspettavano<br />
una partecipazione più accorata, specialmente<br />
Dora che aveva fiducia in lui e lo teneva aggiornato sugli<br />
accadimenti fondamentali della loro vita. L’orafo, invece,<br />
era sempre molto laconico, si limitava a comunicare<br />
l’essenziale, ma taceva le ragioni delle sue scelte ed<br />
ometteva i particolari della sua esistenza. Pertanto anche<br />
se la famiglia conosceva l’ultimo indirizzo e i suoi<br />
spostamenti, ignorava tutto il resto.<br />
* * *<br />
Giovanni aveva preso in affitto due locali nel cuore<br />
della città, due vecchi magazzini che l’anziano proprietario<br />
dell’edificio aveva utilizzato come stalla per il suo<br />
cavallo. Aveva adibito ad abitazione quello più ampio;<br />
in quello più piccolo aveva sistemato la bottega. In una<br />
vetrina mobile, appesa ad un’anta della porta d’ingresso,<br />
teneva esposti piccoli oggetti d’argento: il vetro proteggeva<br />
i manufatti e lui poteva lavorare all’interno senza<br />
temere che qualcuno li portasse via. La bottega si<br />
apriva su una delle vie che conducevano alla cattedrale,<br />
passaggio quasi obbligato per le signore benestanti che<br />
si recavano alla messa. Di tanto in tanto alcune si fermavano<br />
incuriosite ed acquistavano i crocifissi di filigrana<br />
e i rosari che Giovanni aveva messo in bella vista proprio<br />
con la speranza che qualcuno cominciasse ad apprezzare<br />
il suo lavoro. Questi oggetti, eseguiti velocemente,<br />
non avevano un costo elevato e le acquirenti an-<br />
70<br />
davano via soddisfatte, ritenendo di aver fatto un buon<br />
affare. Le sue condizioni economiche erano tutt’altro<br />
che floride, ma l’orafo non voleva darsi per vinto. Era sicuro<br />
che sarebbe stata solo una questione di tempo. Per<br />
questo aveva lasciato il piccolo centro sulla costa e si era<br />
stabilito in una grande città, abitata da gente con buone<br />
disponibilità economiche. Visitandola aveva avuto la<br />
certezza che si trattasse di una città agiata e che tale era<br />
sempre stata. Erano lì a testimoniarlo gli edifici. Tutte<br />
quelle chiese che, a quanto si raccontava, comunicavano<br />
tra loro unite da un misterioso cunicolo sotterraneo,<br />
e le grandi case coloniali, alcune antiche come la città,<br />
sobrie e severe, protette da inferriate così elaborate da<br />
poter essere paragonate alle sue filigrane. La prima volta<br />
che aveva ammirato quella che gli era stata indicata<br />
come la più bella e la più antica delle casonas, dipinta<br />
con colori vivaci e ornata da inferriate cesellate, gli era<br />
tornata alla mente l’inferriata che quel miscredente di<br />
Tripode il fabbro, al paese, aveva messo alla finestra della<br />
propria officina. Per lungo tempo era stata oggetto di<br />
scandalo ed il parroco, durante una predica, aveva tuonato<br />
contro “la lasciva impudenza e la perversione di alcuni<br />
paesani,” accusando e sprofondando anticipatamente<br />
negli abissi infernali chi “del tutto privo del timore<br />
di Dio,” osava “corrompere le giovinette ed offendere<br />
gli occhi casti dei fanciulli con oscene turpitudini”. Il<br />
risultato di questo pubblico biasimo era stata l’immediata<br />
caccia al colpevole ed alla sua opera invereconda.<br />
Tutto il paese si era precipitato a verificare con i propri<br />
occhi che l’indignazione del sacerdote fosse giustificata.<br />
L’oggetto di tanta curiosità era un’inferriata mobile<br />
fermata da un passante. Il passante naturalmente poteva<br />
scorrere avanti e indietro, ed in questo non c’era davvero<br />
niente di straordinario, ma l’abominio di cui aveva<br />
71
parlato il parroco consisteva nel fatto che il fabbro si era<br />
divertito a rappresentare il passante come un pene poderoso<br />
che penetrava una monaca la quale, a giudicare<br />
dall’ampiezza del sorriso che l’artista aveva modellato<br />
sul suo viso, se la godeva un mondo. Le inferriate delle<br />
grandi dimore coloniali certamente non erano così blasfeme<br />
e non erano nate per scandalizzare o per suscitare<br />
l’ilarità. Gli spagnoli che avevano fondato la città all’epoca<br />
della Conquista, attribuendole il nome della sua<br />
omonima in terra di Spagna, le avevano volute per proteggere<br />
le loro donne e le loro ricchezze. La grandiosità<br />
ostentata aveva rassicurato Giovanni: in questa città<br />
sulla costa avrebbe lavorato bene, avrebbe guadagnato<br />
discretamente e sarebbe potuto tornare in Italia. Il legame<br />
che lo univa alla sua terra era ancora profondo, tuttavia<br />
lo scambio epistolare e i libri non costituivano gli<br />
unici vincoli, né erano sufficienti a soddisfare il suo desiderio<br />
di conoscere quanto accadeva in Patria. Sua moglie<br />
e le sue figlie, in quel paesino situato ai confini del<br />
tempo e scavalcato dalla storia, non erano in grado di<br />
fornirgli nessun’altra notizia che non riguardasse il loro<br />
stato di salute, le morti e le nascite di familiari e conoscenti.<br />
Ben altre informazioni invece riusciva ad ottenere<br />
dalla comunità italiana che viveva in città. Molti erano<br />
benestanti, in modo particolare quelli di seconda generazione,<br />
figli di commercianti e armatori, giunti in<br />
quei luoghi sin dalla metà del secolo precedente. Costoro<br />
dopo l’introduzione delle navi a vapore inglesi erano<br />
stati costretti a cessare l’attività originaria, ormai ben<br />
poco competitiva, che faceva leva sui bastimenti a vela.<br />
Si erano stabiliti lungo le città costiere e avevano dato<br />
vita ad altrettanto redditizie attività imprenditoriali.<br />
Molti di loro continuavano a tenere contatti con la madrepatria<br />
facendo giungere in quella parte del mondo<br />
72<br />
notizie e, seppure con ritardo, alcuni giornali. Le novità<br />
che gli italiani erano ansiosi di leggere animavano lo spirito<br />
nazionale, ripagandoli in qualche modo dei sacrifici<br />
sopportati e offrendo loro, finalmente, la possibilità di<br />
procedere a testa alta fra gli altri europei egualmente<br />
lontani dalla propria terra. In base a quanto riferivano i<br />
giornali, il loro Paese attraversava un momento molto<br />
positivo sotto la guida di un uomo energico e deciso che<br />
aveva risollevato l’Italia portandola a livello delle principali<br />
potenze europee. Naturalmente solo queste potevano<br />
essere, in quel momento storico, le notizie che<br />
giungevano sino a loro ma, del resto, queste erano le sole<br />
alle quali erano disposti a credere, fiduciosi e fieri.<br />
Anche Giovanni, che in Patria non si era mai occupato<br />
di politica e non si era mai posto il problema di nutrire<br />
uno spirito patriottico più o meno profondo, adesso,<br />
così lontano dal suo paese, respirava l’aria di fervido nazionalismo<br />
che si diffondeva nei circoli italiani. Anche<br />
lui riteneva ormai di poter guardare direttamente in viso,<br />
senza sentirsi un minuscolo miserabile, non solo gli<br />
altri stranieri, ma gli stessi abitanti del luogo che, come<br />
aveva imparato sin dal suo arrivo, consideravano gli italiani<br />
come europei di secondo ordine.<br />
La piccola comunità di italiani era molto attiva, organizzava<br />
riunioni e celebrava ricorrenze. La settimana<br />
precedente Giovanni era stato invitato alla commemorazione<br />
del venti settembre. L’orafo era rimasto fortemente<br />
perplesso, non ricordava che in Italia il giorno<br />
venti di settembre si celebrasse una qualche festività nazionale<br />
e si era ripromesso di scoprirlo con discrezione<br />
durante la cerimonia. La sera stabilita si premurò di vestirsi<br />
nel modo più elegante che le sue finanze gli permettessero<br />
in quel momento, stirò in maniera inappuntabile<br />
l’unico abito che possedeva, sistemò la spilla fer-<br />
73
macravatta e si avviò a piedi verso il circolo degli italiani.<br />
L’ambiente era molto accogliente, per l’occasione<br />
stendardi tricolori tappezzavano le pareti e piccole coccarde<br />
venivano distribuite a tutti i presenti. Su lunghe<br />
tavolate era rappresentato il panorama gastronomico di<br />
molte regioni d’Italia, merito e orgoglio della maggior<br />
parte delle signore presenti, che avevano custodito e<br />
tramandato le ricette della loro terra.<br />
Il salone era gremito di uomini e donne in abiti elegantissimi.<br />
Non erano molti quelli che conosceva, una<br />
decina in tutto tra coloro che frequentavano il suo negozio<br />
e quelli che aveva incontrato in altre occasioni. Alberto<br />
Cavalli, il commerciante di lane cliente abituale<br />
della sua bottega, si avvicinò per salutarlo. – Voi qui? Mi<br />
fa piacere vedervi! Mia moglie sarà contenta. Riteneva<br />
necessaria la vostra presenza e la vostra appartenenza al<br />
circolo. – Giovanni sorrise e si guardò intorno, era lusingato<br />
ma a disagio. Come si doveva comportare? Decise<br />
di osservare ciò che facevano gli altri signori e di<br />
imitarne i gesti. Salutò così, a volte con un cenno del capo<br />
a volte con una stretta di mano, le persone che conosceva<br />
e quelle che gli venivano presentate. Vide che Cavalli<br />
si dirigeva verso di lui con una coppia di mezza età:<br />
il marito era un uomo piccolo e tondo con un viso che<br />
ispirava simpatia, la moglie era una bella signora elegante<br />
che lanciava intorno sguardi civettuoli. Così Giovanni<br />
conobbe Carlo Palombelli e sua moglie Matilde.<br />
Carlo era un pasticcere che in città possedeva tre negozi<br />
molto frequentati. Era partito dall’Italia prima della<br />
guerra ed in poco tempo aveva fatto fortuna. Era ricco,<br />
ma non aveva perduto di vista i valori della vita e, sebbene<br />
potesse vivere occupandosi solo dell’aspetto amministrativo<br />
della sua attività, ogni mattina si alzava presto<br />
e, come aveva fatto per tutta la vita, andava a lavorare in<br />
74<br />
pasticceria. A lui Giovanni pensò di poter chiedere,<br />
senza timore di essere giudicato male, quale ricorrenza<br />
fossero riuniti per festeggiare. – Oh, – rise l’uomo – in<br />
Italia non se ne sa niente perché, di fronte ad altri avvenimenti,<br />
se ne è perduta la memoria. Questa è la festa<br />
dell’Unità d’Italia. Ricordate Porta Pia e quel papa sovrano<br />
che fu costretto a consentire che il Paese venisse<br />
unificato? Qui si festeggia ancora, è una tradizione. Sono<br />
nostalgici questi italiani lontani dalla loro Patria. Vedete,<br />
la maggior parte delle persone che stasera si trovano<br />
qui sono di seconda generazione. Sono nati qui, costruiscono<br />
la storia di questo Paese, eppure continuano<br />
a parlare di una terra che non conoscono e che, diciamoci<br />
la verità, non gli appartiene. E per di più, si ostinano<br />
a celebrare feste ricevute in eredità insieme ai capitali.<br />
Eh così va il mondo! E voi, se posso permettermi, di<br />
cosa vi occupate?<br />
Giovanni trascorse buona parte della serata con Carlo,<br />
conquistato dalla sua semplicità. Evitando di riferire<br />
vicende troppo personali, gli confidò le sue aspettative<br />
e il desiderio di ritornare in Italia. Condivideva la nostalgia<br />
di Carlo per la sua terra anche se la loro situazione<br />
era profondamente diversa. Giovanni era certo di<br />
tornare nel suo Paese, Carlo, invece, aveva lasciato l’Italia<br />
ben sapendo che il suo sarebbe stato un allontanamento<br />
definitivo. Rivelò a Giovanni di sognare ogni<br />
notte il suo paese arroccato sulla scogliera a picco sul<br />
mare, la terra arida, i sentieri aridi, le barche dei pescatori<br />
e il profumo dei limoni. Non aveva più nessun parente<br />
laggiù, i pochi membri della sua famiglia li aveva<br />
trascinati in questo Paese. Sua madre, cieca, si era adattata<br />
perfettamente alle comodità che la nuova vita le offriva.<br />
Carlo aveva temuto che lei rifiutasse di lasciare la<br />
sua casa, ma la vecchia, tra la casa in cui era nata e vissu-<br />
75
ta per settanta anni ed il suo unico figlio, non aveva esitato<br />
un solo momento. Aveva venduto tutto e con la<br />
nuora ed i bambini aveva preso la nave. Era abituata alle<br />
sofferenze ed alle privazioni, pertanto si era rassegnata<br />
subito alle fatiche del viaggio. Date le sue condizioni<br />
aveva cercato di non pesare sulla nuora e l’aveva aiutata<br />
ad intrattenere i bambini, sofferenti ed annoiati, raccontando<br />
loro storie di pescatori, di pesci con le ali che<br />
volano sul mare e di tesori perduti. Carlo le aveva richiamate<br />
non appena gli affari avevano iniziato a prosperare.<br />
Appena giunto nel Paese era stato assunto in una<br />
piccola pasticceria. Con alcune ricette italiane aveva<br />
contribuito a moltiplicare le vendite, in seguito aveva rilevato<br />
l’attività dagli anziani proprietari e quello era stato<br />
il primo passo verso la ricchezza. In quindici anni di<br />
duro lavoro aveva costruito la sua fortuna. Era tornato<br />
in Italia solo due volte ed aveva generato due figli, nati e<br />
cresciuti lontani dal loro padre. Adesso, a parte la nostalgia,<br />
era felice e soddisfatto di quanto la vita gli aveva<br />
concesso, la famiglia era unita ed in salute, i suoi figli ed<br />
i suoi nipoti avrebbero avuto un futuro. Guardava con<br />
occhi accondiscendenti ed affettuosi sua moglie Matilde<br />
che, dopo una vita di sacrifici, trascorreva il suo tempo<br />
cercando di soddisfare ogni capriccio. Era raro che<br />
Carlo la rimproverasse: infatti, si sentiva in colpa per<br />
averla lasciata a lungo quasi in miseria e con il carico di<br />
sua madre e dei bambini. Matilde era stata bellissima da<br />
ragazza, bella e rigogliosa come quei fiori che crescono<br />
nelle terre aride, incolte, e sopravvivono perché riescono<br />
ad assorbirne tutto il nutrimento. Miracolosamente<br />
per Carlo, piccolo e scuro, lei aveva accettato di diventare<br />
sua moglie, ed era stata una buona moglie che, come<br />
lui, si era sacrificata per la famiglia. Negli anni della<br />
sofferenza aveva mortificato la sua bellezza e indossato<br />
76<br />
indumenti vecchi e rivoltati, così nell’età matura e con i<br />
mezzi adeguati aveva cercato di recuperare il tempo<br />
perduto. I figli erano cresciuti, la suocera era morta, suo<br />
marito lavorava e lei si annoiava. Trascorreva il tempo<br />
acconciandosi i capelli, facendosi massaggiare il corpo<br />
con oli emollienti e profumati, ordinando abiti su misura<br />
che riproducevano modelli parigini.<br />
A Giovanni Matilde non piacque. Non aveva cessato<br />
di osservarlo mentre dialogava con Carlo ed aveva seguito<br />
ogni suo spostamento con uno sguardo pieno di<br />
sottintesi. Al principio Giovanni rimase sconcertato e,<br />
pensando di aver frainteso l’atteggiamento della signora,<br />
si vergognò di se stesso, ma quando la donna, approfittando<br />
dell’assenza del marito, si avvicinò per invitarlo<br />
a ballare, non ebbe più dubbi.<br />
– Sono spiacente, vi confesso che non so ballare, è<br />
una di quelle cose che non ho mai imparato nella vita.<br />
Provare adesso per la prima volta mi imbarazzerebbe, –<br />
si scusò, sperando che questo bastasse per dissuaderla.<br />
– Potrei darvi qualche lezione privata… se lo desiderate,<br />
– osò Matilde, carezzandogli le mani.<br />
Giovanni era disorientato. Mai nessuna che si potesse<br />
definire signora si era comportata in quel modo con<br />
lui.<br />
– Non saprei, vostro marito cosa dice? – ribatté tentando<br />
di ricordare alla donna la sua posizione.<br />
– Mio marito è noioso, non c’è mai e io mi diverto come<br />
posso. C’è qualcosa di male in questo?<br />
Giovanni desiderò scappare, si guardò intorno inquieto,<br />
confidando nell’aiuto di qualcuno, ma Carlo<br />
era sparito. Sentì una voce alle sue spalle che lo metteva<br />
in guardia: – State attento, ci prova con tutti e se non<br />
sarete accondiscendente si trasformerà in una belva. –<br />
Giovanni si voltò e fece appena in tempo a vedere un<br />
77
uomo che, sollevando un calice, fece un brindisi alla<br />
sua salute. Cercò disperatamente Carlo e quando lo vide<br />
comparire, tondo e sorridente, provò pietà e simpatia<br />
per lui.<br />
– Verrò a trovarvi al negozio, – bisbigliò la donna prima<br />
che il marito si avvicinasse e le circondasse affettuosamente<br />
la vita con un braccio.<br />
Per il resto della serata Giovanni la evitò sperando di<br />
essere dimenticato.<br />
In seguito rivide spesso Carlo. I due uomini impiegavano<br />
il tempo discorrendo o passeggiando in silenzio,<br />
per le vie che esalavano profumi e voci diverse da<br />
quelle della loro terra. Carlo non nominava mai sua<br />
moglie e Giovanni ne aveva quasi scordato l’esistenza<br />
quando, un pomeriggio, Matilde tornò alla carica presentandosi<br />
alla bottega. Come la vide, Giovanni sussultò.<br />
– Desiderate vedere qualcosa oppure avete dei disegni<br />
da mostrarmi? – domandò cercando di essere il<br />
più professionale possibile.<br />
– Niente di tutto ciò, – rispose la donna avvicinandosi.<br />
– Sono qui per voi.<br />
– Per me? – finse di non capire l’orafo, agitato.<br />
– Non fate finta di non capire, – gorgheggiò Matilde<br />
– Un uomo intelligente come voi…<br />
– Signora, mi sento lusingato per le vostre attenzioni<br />
e per la simpatia di cui mi onorate, ma io sono amico<br />
di vostro marito e non potrei mai…<br />
La donna, stizzita, rispose: – Mio marito è amico di<br />
tutti. E io sono abituata ad avere sempre ciò che desidero.<br />
– Guardatemi bene! Io non sono tra le cose che potete<br />
desiderare. Sono già un nonno, – annaspò Giovanni.<br />
78<br />
Matilde ignorò quelle parole e ripartì all’attacco avvinghiandosi<br />
all’orafo il quale, al colmo dell’angoscia,<br />
l’allontanò bruscamente e decise di essere più esplicito.<br />
In cuor suo riconobbe che, nonostante l’età, era bella,<br />
curata ed elegante e forse, se non fosse stato legato da<br />
un rapporto di stima e di amicizia con Carlo, si sarebbe<br />
lasciato andare. Ma non gli piaceva l’atteggiamento<br />
sfrontato di quella donna. Le donne dovevano essere<br />
serie e discrete e, soprattutto, dovevano attendere che<br />
fosse l’uomo a fare il primo passo.<br />
– Signora, voi siete una donna molto bella ed io sono<br />
un uomo, le vostre attenzioni lusingano la mia vanità e<br />
vi confesso che non mi siete indifferente ma, sul mio<br />
onore, non ho nessuna intenzione di venire meno al patto<br />
di amicizia che ho stretto con vostro marito, che stimo<br />
e ammiro. Sono sicuro che per i vostri capricci troverete<br />
qualcuno più disponibile di me. Tra un’ora ho<br />
appuntamento con Carlo e, almeno io, desidero poterlo<br />
guardare negli occhi senza vergognarmi di me stesso.<br />
Quelle parole pronunciate con fredda determinazione<br />
raggelarono la donna, che uscì dal negozio come una<br />
furia. Giovanni non sapeva di essersi fatto il suo primo<br />
nemico in quel Paese. L’odio di una donna rifiutata può<br />
essere feroce.<br />
79
1928<br />
Trascorse anche il 1927 e Giovanni si trovava sempre<br />
lontano. Nelle lettere spedite alla famiglia non accennava<br />
mai ad un prossimo rientro e si lamentava della situazione<br />
di precarietà economica che gli impediva di inviare<br />
denaro. Ciò nonostante Margherita continuava ad attendere<br />
fiduciosa e liquidava con un’alzata di spalle i<br />
commenti dubbiosi che, sempre più spesso, Assunta si<br />
lasciava scappare, e si sforzava di essere paziente con lei,<br />
irritabile e scontrosa negli ultimi tempi. Sperava che il<br />
malumore le sarebbe passato non appena avesse ultimato<br />
la nuova casa nel paese vicino. Quel luogo l’aveva<br />
conquistata, l’aria era buona e si godeva di uno spettacolo<br />
magnifico. Al di là degli orti a terrazza che digradavano<br />
fino al torrente sul fondo valle, la collina riprendeva<br />
la sua scalata presuntuosa verso il cielo, al quale nel<br />
corso delle stagioni offriva uve dai grappoli dorati, olivi<br />
carichi di drupe carnose e distese di mandorli bianchi.<br />
Margherita sapeva che Assunta, per potersi trasferire al<br />
più presto, impiegava senza badare a spese il denaro che<br />
il marito Salvatore le inviava dagli Stati Uniti. L’assegno<br />
arrivava puntuale, tuttavia sua figlia si era spesso lamentata<br />
con lei.<br />
Anche quel pomeriggio, dopo aver sorbito il caffè<br />
preparato dalla madre, Assunta tornò sull’argomento<br />
che l’angustiava.<br />
– Se almeno potessi disporre di quella somma che ho<br />
prestato al babbo! Ne ho bisogno per la casa.<br />
81
Margherita non si scompose e la rassicurò: – Tuo padre<br />
ti restituirà tutto, dal primo all’ultimo centesimo.<br />
Non ti preoccupare, abbi fiducia.<br />
– Perché voi avete ancora fiducia? Sono già passati<br />
tre anni e non si è vista una lira, – avrebbe voluto ribattere<br />
Assunta, ma temeva di ferire quella povera donna<br />
che, lasciata senza mezzi dal marito, ormai dipendeva<br />
totalmente da lei.<br />
– Non li pretendo certo da voi i soldi, anzi voglio che<br />
veniate con me nella casa nuova… – rispose, invece.<br />
– A me piace stare a casa mia, nel mio paese, poi…<br />
quando tornerà tuo padre decideremo, – tagliò corto<br />
Margherita, che non condivideva il futuro prospettatole.<br />
Si alzò e ripose gli stracci con i quali aveva lustrato le<br />
pentole di rame. Lanciò uno sguardo alla figlia che, china<br />
sul ricamo, pensava ancora ai soldi con aria corrucciata.<br />
Voleva parlare con lei di una notizia che l’aveva<br />
profondamente turbata perchè sperava che la sua primogenita,<br />
dotata di buon senso e razionalità, avrebbe<br />
saputo tranquillizzarla.<br />
– Hai sentito la novità? Giovanna la moglie del calzolaio<br />
ha gli spiriti in corpo!<br />
– Sì ho sentito, ma io non ho avuto né voglia né tempo<br />
di stare ad ascoltare le chiacchiere e non voglio che<br />
voi ve ne occupiate. Fate in modo che io non venga a sapere<br />
che siete andata a curiosare, statevene a casa vostra<br />
e non cercate altro! – replicò con tono di rimprovero<br />
Assunta che, da quando provvedeva a tutte le necessità<br />
della madre, aveva nei suoi confronti un atteggiamento<br />
autoritario e protettivo.<br />
– A quanto pare mezzo paese è già andato a vedere.<br />
Sapessi come le è accaduto! – aggiunse Margherita. Ma<br />
la figlia non volle ascoltarla e, dopo aver riposto nervosamente<br />
il ricamo, se ne andò contrariata. Tornando a<br />
82<br />
casa, pensò di essere stata troppo brusca con sua madre<br />
e sperò che lei avesse capito che il suo era stato un atteggiamento<br />
di difesa: ne aveva abbastanza di misteri e<br />
fatti inspiegabili. Il suo sonno continuava ad essere turbato<br />
dal solito rumore snervante che ormai avevano<br />
udito anche le domestiche che si erano avvicendate al<br />
suo servizio negli ultimi tempi. Tutte si erano dileguate e<br />
nessuna donna del paese, benché bisognosa, aveva più<br />
accettato di lavorare per lei. Assunta, almeno in questa<br />
occasione, avrebbe voluto il padre al suo fianco, a darle<br />
manforte contro il mormorio superstizioso che avviluppava<br />
il paese, e che la spingeva a desiderare con maggior<br />
sollecitudine il cambio di abitazione: un mutamento radicale<br />
avrebbe giovato al suo corpo ed al suo spirito.<br />
Il giorno successivo, durante l’abituale cerimonia<br />
del caffè, Margherita ebbe modo di ricevere ulteriori<br />
precisazioni sulla notizia che scuoteva il paese. – Avete<br />
avuto un bel coraggio ad andare, comare Anna, io non<br />
posso perché mia figlia me lo ha proibito, – sospirò.<br />
– Vostra figlia ve lo ha proibito? Ma allora il mondo<br />
è ribaltato, da quando in qua la figlia proibisce qualcosa<br />
alla madre! Quella disgraziata non è certo contagiosa,<br />
poveretta! Dovevate vederla ieri! Non si può raccontare!<br />
– disse la donna coprendosi il viso con le mani<br />
e scuotendo il capo come per scrollarsi di dosso il ricordo<br />
di visioni orribili. Poi si alzò e dopo essersi fatta un<br />
rapido segno di croce, che trasformò la curiosità delle<br />
donne presenti in smania irrefrenabile di sapere, andò<br />
via. Le comari, deluse nelle loro aspettative, continuarono<br />
a rimestare le vecchie notizie facendole rimbalzare<br />
dall’una all’altra.<br />
– Ma don Paolo cosa dice?<br />
– Don Paolo ha provato con l’esorcismo, ma non<br />
ce la fa. È necessaria molta forza. Pensate che, quando<br />
83
è arrivato, lei ha cominciato a ridere dicendogli che<br />
non aveva paura e che se si fosse ostinato a tornare<br />
avrebbe raccontato a tutti quanto si era divertito con<br />
quella donna.<br />
– Quale donna? Don Paolo ha una donna? – domandarono<br />
all’unisono due delle comari, all’oscuro di<br />
quel succoso pettegolezzo.<br />
– Non qui, ormai alla sua età! La donna l’aveva nel<br />
paese dove faceva il viceparroco. So per certo che è stato<br />
trasferito per questo motivo. Ormai era diventato un<br />
vero scandalo, c’era di mezzo un bambino…<br />
– Un bambino! Non mi sembra una storia nuova<br />
questa! Trovatemi un prete nel circondario che non abbia<br />
seminato bastardi o che non conosca una donna, –<br />
commentò con acredine una di loro.<br />
– Avete ragione! Per loro è facile! Le ingannano tutte<br />
senza nessuno scrupolo, giovani, vedove e maritate,<br />
poi non ci pensano più, non si assumono nessuna responsabilità,<br />
– sentenziò l’altra.<br />
– Vi ricordate don Antonio? Quello sì che era un santo.<br />
Povero vecchio, me lo ricordo ancora arrancare tutto<br />
sudato nella salita della chiesa. Aveva una ferita di<br />
guerra nella gamba. Anche lui era stato in guerra, non a<br />
combattere si capisce, – aggiunse una terza pettegola,<br />
più indulgente nei confronti degli ecclesiastici.<br />
– Ecco hai detto bene, povero vecchio. Quello era<br />
santo perché era vecchio e non solo! In guerra oltre<br />
che alla gamba è stato ferito altrove, ecco perché era a<br />
riposo.<br />
– Non gli funzionava più nulla! – ribatté la prima<br />
divertita.<br />
– Ma don Paolo è tornato ad aiutare quella poveretta?<br />
– intervenne Margherita, contrariata da queste divagazioni<br />
irriverenti.<br />
84<br />
– Sì è tornato, è tornato ancora. Era il suo dovere di<br />
sacerdote, ma pare che il demonio lo abbia aggredito<br />
accusandolo di destinare le elemosine a quella donna e<br />
a suo figlio.<br />
– Mio Dio, e lui?<br />
– Lui è rimasto fermo a pregare, non ha detto proprio<br />
niente, però era pallido come un morto. Poi se ne<br />
è andato, sembrava un cane bastonato. La gente si è<br />
spostata per farlo passare, lo avevano già condannato.<br />
– Sì! Ha contro tutto il paese! Avete sentito cosa ha<br />
detto durante la predica sulle bugie del maligno, che il<br />
demonio è il bugiardo per eccellenza, che semina zizzania…<br />
Deve aver trovato vuota la cassetta delle elemosine,<br />
avete visto anche voi che alla questua nessuno<br />
ha dato niente.<br />
– Ma allora chi aiuterà Giovanna? – si preoccupò<br />
Margherita.<br />
– Ho sentito che devono chiamare l’esorcista dalla<br />
città, quello famoso. È un santo e sicuramente la libererà.<br />
Le chiacchiere proseguirono senza che la curiosità<br />
delle donne si esaurisse e che la loro lingua si asciugasse.<br />
Dopo averci pensato per tutto il pomeriggio, Margherita<br />
decise che l’indomani si sarebbe fatta coraggio e, all’insaputa<br />
di sua figlia, sarebbe andata a casa di Giovanna.<br />
Era animata da un sentimento di intima curiosità<br />
di cui in realtà si vergognava profondamente. L’idea<br />
di incontrare il demonio faccia a faccia la faceva<br />
rabbrividire e nel contempo la affascinava: percorse in<br />
silenzio, recitando il rosario, il tratto di strada che conduceva<br />
all’abitazione della donna. Rimase sorpresa dall’intenso<br />
vociare che si udiva a distanza. La casa dell’infelice<br />
calzolaio era ingombra di curiosi che si affollavano<br />
sull’uscio della camera in cui la povera Giovanna, in<br />
85
quel momento, sembrava officiare la messa su un altare<br />
invisibile.<br />
– Guardate, ora volta le pagine del messale, la vedete?<br />
– spiegava agli spettatori assorti una donna che si<br />
trovava lì dal primo giorno e si riteneva un’esperta nell’interpretare<br />
i gesti di quella sventurata.<br />
Da quando il fenomeno si era manifestato, circa<br />
due settimane prima, l’uomo non aveva avuto più pace:<br />
la porta della sua abitazione era sempre aperta.<br />
Giorno e notte era un continuo avvicendarsi di parenti,<br />
amici, vicini e sconosciuti che sostavano per ore, godendosi<br />
uno spettacolo indimenticabile. E come il racconto<br />
di ciò che avveniva in quella casa si era diffuso,<br />
ingigantito da mille voci, il numero dei visitatori era<br />
cresciuto. Giungevano sin dalle prime luci dell’alba<br />
portando cibo e bevande, da consumare durante la loro<br />
lunga permanenza in quella casa. Il calzolaio rimaneva<br />
come un estraneo in mezzo a quelle persone: le<br />
tollerava, o forse le ignorava del tutto. Era un marito<br />
mite e devoto che aveva chiuso la bottega per dedicarsi<br />
completamente alla sua sposa, o meglio, a quello che<br />
ormai era diventato il simulacro della donna che aveva<br />
sposato. La moglie, un tempo florida, in poche settimane<br />
era diventata una larva. I capelli canuti le cadevano<br />
sul viso in ciocche scomposte e dalla bocca, contratta<br />
in un rictus, la bava colava in continuazione. Ciò<br />
che dava ancora al calzolaio la forza di sperare era un<br />
barlume di riconoscenza e di affetto che, di tanto in<br />
tanto, gli pareva di scorgere negli occhi della sua compagna;<br />
occhi che un tempo erano stati di un azzurro tenue<br />
che ora non si distingueva più, perduto tra un intrico<br />
fittissimo di reticoli insanguinati.<br />
Sebbene con intenti diversi da quelli della maggior<br />
parte dei visitatori, anche Margherita quella mattina<br />
86<br />
portò due bottiglie di vino e delle uova. Dovette farsi<br />
largo tra la folla vociante che si accalcava in cucina e rimase<br />
stupita osservando quella moltitudine che si comportava<br />
come se partecipasse ad un matrimonio. Tutte<br />
le sedie erano occupate, alcuni uomini sedevano per terra<br />
e, chiacchierando allegramente, consumavano grandi<br />
tozzi di pane con olive. Il tavolo era imbandito di cibarie:<br />
formaggio e pane, cipolle, fette di polenta, uva e fichi.<br />
Immancabili alcune bottiglie di vino passavano rapidamente<br />
di mano in mano rimanendo ben presto vuote<br />
e abbandonate negli angoli. All’imbrunire la folla cominciava<br />
a lasciare la casa e per il calzolaio iniziava l’ultima<br />
fatica. A quell’ora Giovanna, finalmente, cadeva in<br />
un sonno profondo ed il povero marito, aiutato da due<br />
donne volenterose, che con un rosario al collo non temevano<br />
più niente, ripuliva la moglie. Quindi, ormai<br />
spossato, andava a riposare. Con il passare dei giorni i<br />
curiosi si erano abituati alle azioni ripetitive dell’invasata,<br />
che celebrava un’interminabile funzione religiosa<br />
sempre alla solita ora e rimaneva seduta a borbottare<br />
parole incomprensibili per il resto della giornata. Per<br />
questo si affacciavano nella stanza solo se accadeva qualcosa<br />
di nuovo.<br />
Margherita, dunque, trovò la strada sgombra sino<br />
alla camera in cui si trovava la donna, che in quel momento<br />
fissava il muro e parlava sottovoce in una lingua<br />
incomprensibile. Il marito la osservava appoggiato<br />
allo stipite della porta, pronto ad intervenire sia che lei<br />
tornasse lucida e gli chiedesse aiuto sia che fosse necessario<br />
evitare che si ferisse.<br />
– Come state? – chiese Margherita, pentendosi immediatamente<br />
di quell’esordio infelice.<br />
– Sono molto stanco, – rispose a bassa voce l’uomo,<br />
senza distogliere lo sguardo da sua moglie.<br />
87
Anche lui, a guardarlo, era ridotto male, col viso incavato,<br />
le occhiaie profonde e gli abiti che parevano di<br />
due misure più grandi.<br />
– Ma cosa dice? – domandò ancora Margherita, accennando<br />
alla donna con un movimento del capo.<br />
– E chi lo sa! Parla in latino, ma parla anche altre<br />
lingue.<br />
Tacquero ascoltando Giovanna che con tono monocorde<br />
recitava un’interminabile litania.<br />
– Uxor eum prodidit, abortum fecit, fratrem necavit,<br />
ex partu peribit…<br />
Ogni tanto la donna interrompeva la sequela, ascoltava<br />
le voci alle sue spalle e riprendeva a borbottare.<br />
– È così che passa le sue giornate povera donna? –<br />
domandò Margherita, impietosita dall’aspetto miserevole<br />
di Giovanna. – Mangia qualcosa? – aggiunse subito<br />
dopo pensando alle necessità di un essere umano.<br />
– La lasciano mangiare, poi la fanno vomitare. Si divertono,<br />
torturano lei e torturano me! Povera moglie<br />
mia! – sospirò il calzolaio con una pena infinita nel<br />
cuore.<br />
– Ma come è successo, come può essere successo! –<br />
domandò Margherita incredula.<br />
– Siete l’unica a non saperlo, lo sa ormai tutto il nostro<br />
paese, quello vicino e l’altro ancora, – rispose stancamente<br />
l’uomo con un’alzata di spalle.<br />
– Sì me lo hanno raccontato… Scusate! In realtà<br />
non dicevo a voi, ma mi chiedevo come certe cose possano<br />
accadere.<br />
– Come vedete accadono. Del resto sono stati proprio<br />
loro a dirmi come è andata.<br />
– Loro chi, i demoni? Ma quanti sono?<br />
– Parecchi, e quando parlano tutti insieme è spaventoso.<br />
L’hanno presa mentre andava in chiesa alla<br />
88<br />
prima messa. Teneva il rosario in tasca e non in mano,<br />
e loro ne hanno approfittato.<br />
– Mio Dio! – esclamò inorridita Margherita.<br />
Giovanna ebbe un sussulto ed emise un ululato lamentoso.<br />
L’uomo seguitò a raccontare la storia che ormai<br />
ripeteva diverse volte al giorno senza mai stancarsi:<br />
– Dicono che nel corpo di Giovanna si sta bene, che c’è<br />
un bel fresco. Povera moglie mia, una donna buona e<br />
santa…<br />
Gli ululati si fecero rabbiosi e il corpo della donna<br />
fu scosso da un tremito.<br />
– Perché fa così? – chiese Margherita spaventata.<br />
– Nei nostri discorsi ci sono parole che a loro non<br />
piacciono, – spiegò il calzolaio.<br />
– Ma avete chiamato un buon esorcista? Non dovete<br />
lasciarla così… e tutta questa gente poi… mandatela<br />
via!<br />
– Eh… lo saprete anche voi che don Paolo non ce la<br />
fa, ma non mi ha abbandonato, domani deve venire<br />
dalla città il più bravo degli esorcisti e don Paolo è certo…<br />
L’uomo non riuscì a terminare la frase che nella stanza<br />
si scatenò il finimondo. Sollevata da una forza misteriosa<br />
Giovanna fu scaraventata in aria e ricadde pesantemente<br />
ai piedi del marito.<br />
– Se lui entra in questa casa io mi porto via tua moglie,<br />
– gracchiò una voce carica d’ira. – La faccio scoppiare<br />
così poi ti divertirai a raccogliere i suoi pezzi sparsi<br />
dappertutto.<br />
La testa della donna si torse all’indietro e grumi di<br />
saliva schizzarono via dalla sua bocca colpendo il marito<br />
in pieno viso. Margherita quasi svenne per l’orrore e<br />
la compassione. Il calzolaio invece, per niente impressionato,<br />
si ripulì frettolosamente il volto con una mani-<br />
89
ca e si precipitò a soccorrere la moglie tentando inutilmente<br />
di sollevarla dal pavimento. Per quanti sforzi facesse<br />
non riusciva a spostarla di un solo centimetro,<br />
sembrava inchiodata a terra. All’improvviso anche lui<br />
fu sospinto indietro ed uscì dalla stanza coprendosi la<br />
faccia con le mani.<br />
– Devo riprendere fiato, – disse. – Non vogliono che<br />
io la tocchi, e la puzza è insopportabile. Per quanto<br />
tempo ancora dovrà soffrire a questo modo? Povera<br />
moglie mia… – aggiunse, piangendo disperato.<br />
Un fiotto di feci liquide si raccoglieva in una pozza<br />
giallastra, tra le gambe disarticolate di Giovanna.<br />
– Vi scongiuro aiutatemi a toglierla da quella posizione!<br />
Alcuni uomini più coraggiosi si fecero largo tra la<br />
folla accalcata davanti alla porta e, a fatica, deposero<br />
sul letto quel corpo esanime che sembrava pesare tonnellate.<br />
Trascorsi alcuni minuti la donna si alzò, tornò a<br />
sedersi al solito posto di fronte alla finestra e, dopo aver<br />
guardato verso la porta dove Margherita sostava sbigottita,<br />
riprese a salmodiare: – Coniunx non redibit, coniunx<br />
non redibit, coniunx non redibit…<br />
– Ma cosa dice? Questa non mi pare proprio la messa!<br />
Voi che ne dite dottore? Voi che avete studiato capite<br />
ciò che dice? – domandò una voce femminile dietro<br />
le spalle di Margherita.<br />
– No, non è la messa, e non sono certamente le litanie,<br />
– rispose una voce maschile, carica di sconcerto e a<br />
lei così familiare.<br />
– Allora se quello che dice ha un senso, traducete.<br />
Voi che potete capire non lasciateci sulle spine. Magari<br />
ci suggerisce come diventare ricchi oppure manda un<br />
messaggio a qualcuno di noi, – insisteva la voce di donna<br />
alle sue spalle.<br />
90<br />
Questa ultima ipotesi, che nessuno, forse, aveva ancora<br />
considerato, fece rabbrividire Margherita, che si<br />
voltò incontrando lo sguardo imbarazzato del farmacista.<br />
– Davvero manda messaggi? – domandò all’amico<br />
del marito.<br />
– Ma che messaggi volete che mandi il demonio? Se<br />
è davvero lui a parlare state tranquilla che sono soltanto<br />
cattiverie e bugie, – le rispose il farmacista mentre si allontanava<br />
rapidamente, sottraendosi ai soliti convenevoli<br />
e ad un’imbarazzante conversazione.<br />
La donna lasciò la casa del calzolaio con l’animo<br />
profondamente turbato. Da un lato provava una sconfinata<br />
pietà per quella famiglia e dall’altro una sensazione<br />
di disagio e di allarme per il comportamento del farmacista,<br />
che se ne era andato senza chiederle notizie di<br />
Giovanni. Ebbe l’impressione che l’uomo l’avesse deliberatamente<br />
evitata, come se temesse di parlare con lei,<br />
e che il suo atteggiamento avesse a che fare con le incomprensibili<br />
parole pronunciate da quell’essere che,<br />
fino a poche settimane prima, era stata Giovanna, la<br />
moglie del calzolaio.<br />
91
1929<br />
Trascorse ancora un anno durante il quale, inaspettatamente,<br />
gli affari di Giovanni prosperarono. Gli oggetti<br />
creati dall’orafo piacquero molto alle signore della<br />
città e, tra quelle che frequentavano la chiesa, divenne<br />
in breve tempo di gran moda un piccolo astuccio d’argento<br />
che custodiva un rosario d’oro. Gli ordini fioccarono<br />
e Giovanni, che da solo non riusciva ad evaderli,<br />
assunse due aiutanti uno dei quali aveva qualche esperienza<br />
come orologiaio. Anche gli ecclesiastici contribuirono<br />
al decollo economico dell’orafo chiedendo il<br />
suo intervento, prima, per la pulitura degli oggetti sacri<br />
d’oro e d’argento e, in seguito, per la manutenzione degli<br />
stessi.<br />
Un pomeriggio nella sua bottega si presentò un giovanissimo<br />
sacerdote, alto e allampanato, dicendogli che<br />
monsignor Morales, di cui fino a quel momento l’italiano<br />
aveva ignorato l’esistenza, desiderava parlare con lui<br />
e che l’indomani lo avrebbe ricevuto alle dieci in punto.<br />
Giovanni si recò all’appuntamento. Fu costretto ad<br />
un’anticamera di mezz’ora durante la quale il giovane<br />
prete, con aria costernata, entrò ed uscì diverse volte<br />
spiegando che il monsignore si sarebbe disimpegnato<br />
subito e lo avrebbe ricevuto senza indugio. Quando finalmente<br />
l’alto prelato si liberò, entrò e porse la mano a<br />
Giovanni perché baciasse l’anello. Monsignor Morales<br />
era corpulento, aveva i capelli grigi e gli occhi intelligenti.<br />
Dotato di spirito pratico, non si abbandonò ad altri<br />
93
convenevoli e comunicò subito all’orafo il motivo per il<br />
quale lo aveva convocato.<br />
– Abbiamo notato la vostra bottega qui vicino ed abbiamo<br />
preso informazioni su di voi. Abbiamo saputo<br />
che siete onesto e praticante. Questi elementi fanno sì<br />
che siate la persona che cerchiamo. Noi desideriamo<br />
che voi, con assoluta discrezione, periodicamente, vi<br />
occupiate degli oggetti sacri della cattedrale e di alcune<br />
delle nostre chiese. Come vi ho accennato il vostro intervento<br />
sarà richiesto specialmente in occasione delle<br />
maggiori festività liturgiche. Valutate questa offerta e<br />
proponete un compenso. Se la cifra che proporrete si<br />
accosterà a quella che noi abbiamo stabilito, il lavoro<br />
sarà vostro dalla settimana che segue. Fateci sapere per<br />
iscritto, consegnate tutto a don Emiliano, che verrà da<br />
voi domani alle cinque. – Raccomandandogli la puntualità<br />
il monsignore lo liquidò, dopo avergli fatto baciare<br />
ancora una volta l’enorme ametista che portava al dito.<br />
Giovanni andò via dubbioso ed innervosito. “Questi<br />
preti non si smentiscono mai,” pensò. Non gli era stata<br />
concessa l’opportunità di valutare l’entità del lavoro<br />
che avrebbe dovuto fare, ma gli si imponeva di stabilirne<br />
il prezzo! E che prezzo avrebbe dovuto stabilire?<br />
Doveva forse indovinare quello che monsignore aveva<br />
già deciso? Tutto questo gli sembrò assurdo, tuttavia<br />
l’indomani alle cinque, quando don Emiliano si presentò,<br />
l’orafo gli consegnò una busta nella quale aveva<br />
indicato una cifra piuttosto modesta. Qualche ora dopo<br />
il giovane sacerdote tornò per consegnargli una missiva<br />
con tanto di sigillo, con la quale monsignor Morales gli<br />
comunicava che l’incarico era suo e che avrebbe dovuto<br />
occuparsi degli arredi sacri di ben quattro chiese. I proventi<br />
di questa attività, però, non attraversarono l’oceano<br />
e furono spesi nei lavori di ampliamento della botte-<br />
94<br />
ga, che venne rinnovata ed adeguata al rango delle persone<br />
che l’orafo riceveva quotidianamente. Altro denaro,<br />
Giovanni lo impiegò nell’acquisto di tre abiti buoni,<br />
che indossava tutte le domeniche per partecipare alla<br />
messa solenne nella cattedrale e per fare brevi passeggiate<br />
lungo la via più elegante della città. In tali occasioni<br />
sfoggiava anche il suo inseparabile bastone nero con<br />
l’impugnatura d’argento. Giovanni curava molto il suo<br />
aspetto, come sempre aveva fatto, perché riteneva che<br />
fosse indispensabile per fare una buona impressione e<br />
per ottenere considerazione sociale. Ben presto in città<br />
la sua divenne una figura familiare che godeva di stima e<br />
di considerazione. Non poche difficoltà incontrò, tuttavia,<br />
a causa del suo nome italiano, così difficile da scrivere<br />
e da pronunciare per la gente del luogo. Pertanto,<br />
non perché volesse rinunciare alla propria identità e<br />
men che meno alla propria nazionalità, ma semplicemente<br />
per facilitare i suoi rapporti sociali nel Paese che<br />
lo ospitava, iniziò a presentarsi come Juan e Juan rimase<br />
per quanti lo conobbero. In tale maniera la sua integrazione<br />
fu compiuta e divenne palese anche a lui quando,<br />
con enorme sconcerto, si sorprese ad utilizzare quella<br />
lingua straniera per parlare con i compatrioti e per scrivere<br />
alla propria famiglia. Senza che se ne accorgesse<br />
qualche parola in quella lingua era già arrivata in Italia<br />
con le sue lettere ed era stata registrata con grande disappunto<br />
da Assunta, la quale la considerò come un ulteriore<br />
indizio del fatto che tutti i suoi timori, a poco a<br />
poco, si stavano concretizzando.<br />
* * *<br />
Rinnovare la bottega, sostenendo costi elevati, non<br />
era stato il colpo di testa di un visionario ambizioso.<br />
95
Prima di compiere questo passo l’orafo ci aveva riflettuto<br />
per parecchio tempo. Aveva considerato il maggior<br />
guadagno che sarebbe derivato dall’ investimento<br />
e che gli avrebbe consentito, nel giro di due o tre anni,<br />
di accantonare una discreta somma con la quale tornare<br />
orgogliosamente in Italia. Ma per realizzare un guadagno<br />
nell’immediato futuro, il denaro gli occorreva<br />
tutto qui. D’altronde in Italia sua moglie poteva fare affidamento<br />
sulle proprie figlie, che di sicuro non l’avrebbero<br />
mai lasciata nell’indigenza, specialmente Assunta<br />
che riceveva sempre il solito cospicuo assegno<br />
mensile dall’America. Giovanni pensò anche a ciò che<br />
avrebbe fatto della bottega una volta giunto il momento<br />
di partire. Aveva previsto di vendere, avrebbe cercato<br />
gli acquirenti per tempo e forse con un po’ di fortuna<br />
i suoi due garzoni, Ignacio e Pedro, avrebbero potuto<br />
rilevare tutto. Con questi obiettivi trascorreva quasi<br />
tutto il tempo chino sul banco da lavoro, ignorando la<br />
fatica, seguendo l’operato dei garzoni ed impartendo<br />
loro ordini precisi sui compiti da svolgere.<br />
In quel momento Giovanni si occupava di una parure,<br />
la cui realizzazione avrebbe richiesto impegno e parecchie<br />
ore di lavoro. Sarebbe stato il pezzo più costoso<br />
uscito dalla bottega e l’orafo desiderava che l’esecuzione<br />
fosse perfetta. Qualche giorno prima la moglie di Julio<br />
Cesar Benitez, il più famoso avvocato della città, si<br />
era presentata chiedendo un gioiello particolare. Giovanni,<br />
scavando nella memoria, aveva recuperato il ricordo<br />
della collana della Madonna del Miracolo che la<br />
popolazione del suo paese, tutta miracolosamente scampata<br />
alla morte, aveva offerto alla Vergine quando si era<br />
diffusa l’epidemia di spagnola. Tentando di ricordarne<br />
le fattezze aveva abbozzato il disegno di una collana costituita<br />
da ventisei sfere d’oro in filigrana a giorno; la<br />
96<br />
sfera centrale era leggermente più grande di quelle laterali<br />
e presentava un disegno più elaborato. Una catenella<br />
consentiva di allacciare il monile sul collo. La signora<br />
si era mostrata subito entusiasta. Sicura che quell’ornamento<br />
non sarebbe passato inosservato aveva deciso di<br />
ordinare una parure completa. Voleva zittire le malelingue<br />
della città e umiliare l’ultima amante del marito, che<br />
continuava a tormentarla mostrandosi splendidamente<br />
abbigliata e sfoggiando una collana che, a quanto si vociferava,<br />
era un regalo dell’avvocato.<br />
L’impazienza della donna era tale che ogni pochi giorni<br />
mandava dall’orafo Gracia, la governante delle figlie,<br />
perché, tornando dalla passeggiata quotidiana con le<br />
piccole, domandasse a che punto era l’esecuzione del<br />
gioiello. Gracia, che aveva trent’anni, era vedova e lavorava<br />
dall’avvocato per mantenere se stessa e le proprie<br />
bambine, avrebbe fatto volentieri a meno di questo andirivieni<br />
alla bottega dell’orafo. La scena si ripeté, per<br />
settimane, secondo il solito copione. – Buon giorno don<br />
Juan, sono qui perché la signora Benitez domanda<br />
quanto tempo ancora vi occorre per terminare la collana<br />
e tutto il resto.<br />
– Dovete riferire alla signora, – rispondeva pacatamente<br />
Giovanni con un sorriso, – che ci sto lavorando,<br />
ma che, come per ogni cosa che deve essere fatta bene,<br />
ci vuole il suo tempo. Ditele anche che non si pentirà di<br />
aver atteso qualche giorno in più. – Settimana dopo settimana<br />
Gracia rimaneva sempre più colpita e lusingata<br />
dai modi gentili di Giovanni, che la invitava a trattenersi<br />
qualche minuto in più perché osservasse come procedeva<br />
il lavoro e riferisse con maggiore precisione alla<br />
moglie dell’avvocato quanto aveva visto. Gracia si sedeva,<br />
rassicurata dalla presenza dei due garzoni e dall’età<br />
dell’orafo che, a giudicare dall’aspetto, doveva avere al-<br />
97
meno venti anni più di lei; l’età di suo padre se ancora<br />
fosse stato vivo. La incantava l’abilità con cui quell’italiano<br />
torceva il filo su se stesso e creava con il metallo incredibili<br />
ricami. Tornata a casa, placava il nervosismo<br />
della bizzosa signora Benitez con il resoconto dettagliato<br />
di ciò che aveva veduto.<br />
Col tempo Gracia cominciò ad attendere impaziente<br />
che la moglie dell’avvocato la mandasse a controllare<br />
i progressi del suo gioiello. Prima di uscire di casa si vestiva<br />
con cura e si pizzicava gli zigomi. Non si soffermò<br />
ad interrogarsi sul motivo di questo comportamento e<br />
non avrebbe saputo dire se desiderava rendersi gradevole<br />
agli occhi dell’anziano signore o dei due giovani<br />
garzoni, sempre altrettanto cordiali. La presenza di<br />
Gracia divenne abituale nella bottega dell’orafo, il quale<br />
attendeva l’arrivo di quella giovane donna così attenta<br />
che sapeva di fresco e di vita. Le fece trovare, spesso,<br />
qualche dolce da gustare e rallentò il lavoro sulla collana<br />
pur di continuare a riceverne le visite.<br />
Infine la parure fu terminata e Giovanni, soddisfatto<br />
di se stesso, prese bastone e cappello e si recò a casa Benitez<br />
per la consegna. Pedro e Ignacio, per prudenza, lo<br />
accompagnarono e si allontanarono soltanto quando lo<br />
videro all’interno dell’edificio. L’avvocato lo ricevette<br />
con grande cordialità nel suo studio privato, dopo avergli<br />
fatto attraversare scalinate, corridoi e sale con pavimenti<br />
lucidi, quadri, argenti e delicate porcellane. Lo<br />
invitò ad accomodarsi su un divano di pelle “di provenienza<br />
europea”, come precisò con orgoglio nel corso<br />
della conversazione. Dopo aver rimirato il gioiello che<br />
l’orafo estrasse dalla sua custodia, l’avvocato si complimentò<br />
con lui e gli offrì dell’autentico whisky scozzese<br />
in finissimi bicchieri di cristallo. Giovanni rimase intimorito<br />
dal lusso e conquistato dall’affabilità dell’avvo-<br />
98<br />
cato, un uomo massiccio, con lo sguardo tagliente ed un<br />
sorriso accattivante. Discendeva da una famiglia spagnola<br />
di antico lignaggio, giunta subito dopo la Conquista.<br />
Si vantava di avere puro sangue europeo nelle vene<br />
dal momento che, per tradizione, tutti i maschi della famiglia<br />
avevano cercato le loro spose tra la nobiltà di<br />
Spagna. A testimoniare l’aristocratica parentela stavano<br />
diversi ritratti ad olio appesi alle pareti dello studio. Il<br />
posto d’onore, proprio dietro la scrivania, era occupato<br />
da un panciuto don con una gorgiera bianca e da un’ossuta<br />
matrona con il naso adunco ed una ricca mantiglia.<br />
– Questo gioiello è unico e perfetto, – osservò l’avvocato<br />
guardando dritto negli occhi Giovanni che, in<br />
imbarazzo, annuiva sorridendo. – Mia moglie mi ha riferito<br />
che siete italiano. Bella l’Italia! È stata nostra per<br />
parecchio tempo, che peccato averla dovuta cedere all’Austria!<br />
Mi piacerebbe visitarla, ma chissà quando potrò<br />
tornare in Europa! – sospirò. – Ci sono stato due<br />
volte, la prima fu all’epoca dei miei studi universitari,<br />
quando ebbi la necessità di approfondire alcuni aspetti<br />
del diritto romano a Salamanca. La seconda volta fu<br />
quando mi sposai. Che donna, eh, la signora Benitez!<br />
Un bel caratterino da purosangue, proprio come un<br />
cavallo di razza! Avete moglie voi? – Giovanni, a disagio,<br />
annuì e l’avvocato continuò: – Mia moglie discende<br />
anche lei dalla nobiltà spagnola. È capricciosa, ha<br />
gioielli a non finire, dimentica di averli, fra poco si stancherà<br />
anche di questi e vorrà qualche altra cosa. Queste<br />
donne! Anche vostra moglie si comporta nello stesso<br />
modo? – Questa volta Giovanni si limitò a sollevare le<br />
sopracciglia senza annuire, era sempre più interdetto<br />
per il corso preso dalla conversazione. La boria dell’avvocato<br />
cominciava ad infastidirlo e così anche tutti<br />
quegli occhi antichi che lo fissavano severi. Avrebbe<br />
99
voluto concludere al più presto quel colloquio ed andare<br />
via.<br />
– Come vi dicevo, don Juan, mia moglie è carica di<br />
gioielli, ma questi sono senza dubbio i più… originali<br />
direi. Indubbiamente, don Juan, voi siete un uomo onesto,<br />
avreste potuto chiedere molto, molto di più per il<br />
vostro lavoro. – Giovanni annuì e fece per rispondere<br />
ma l’avvocato lo interruppe con un gesto della mano. –<br />
Anche io voglio essere molto onesto con voi, – aggiunse,<br />
facendo una lunga pausa durante la quale Giovanni, allarmato,<br />
ebbe modo di interrogarsi sul significato di<br />
quelle parole. – Voglio dirvi, – riprese, giocherellando<br />
con il bicchiere, – che in questo momento ho qualche<br />
difficoltà con i liquidi. Ho appena fatto un grosso investimento;<br />
sapete, uno di quegli affari o adesso o mai più.<br />
Così vi dico che per il vostro pagamento dovrete attendere<br />
un po’ di tempo. Naturalmente adesso avrete un<br />
anticipo sull’intera somma, che vi sarà liquidata integralmente<br />
diciamo… tra due al massimo tre mesi; se poi<br />
dovessero essere sei… – aggiunse ridacchiando.<br />
Giovanni si domandò se il disappunto e la delusione<br />
per questa notizia fossero molto evidenti sul suo viso.<br />
Certamente l’avvocato non lasciava spazio ad alcuna replica,<br />
e quand’anche lui avesse obbiettato che questa<br />
soluzione non gli andava bene che cosa sarebbe cambiato?<br />
A quanto sembrava l’avvocato non aveva soldi.<br />
– Bene don Juan! Vi fidate di me? – domandò l’avvocato,<br />
tendendo platealmente le braccia aperte verso l’orafo.<br />
– Certamente! – rispose Giovanni spiazzato – Siete<br />
un uomo di legge e sarete senz’altro un uomo d’onore…<br />
– Bene allora, – tagliò corto l’avvocato contando alcune<br />
banconote e porgendole all’orafo. – Eccovi l’anticipo.<br />
È quasi un quarto dell’intera cifra. Per il resto, vi-<br />
100<br />
sto che vi fidate di me, faremo sulla parola. Ci vediamo…<br />
diciamo fra tre mesi. Verrò io a cercarvi. Non vi<br />
disturbate a venire voi da me, mi raccomando! Non<br />
prendetevi anche questo fastidio, vi prego, – disse porgendo<br />
risolutamente la mano a Giovanni. – E ora scusatemi<br />
perché ho molto da fare.<br />
Giovanni andò via indignato e furioso. Si sentiva<br />
raggirato, quella cifra gli sarebbe bastata appena per<br />
comprare il materiale per i nuovi ordini e per pagare i<br />
garzoni. Mentre a passi rapidi faceva ritorno alla bottega<br />
rimuginando sull’episodio, ricordò di non aver visto<br />
Gracia a casa dell’avvocato, dove era stato accolto ed<br />
accompagnato all’ingresso da una piccola cinese. Si<br />
chiese se avrebbe avuto ancora l’occasione di incontrarla.<br />
Sollevando lo sguardo si accorse che la donna gli stava<br />
di fronte in fondo alla strada e discuteva animatamente<br />
con le due ragazzine eleganti ed imbronciate che<br />
teneva per mano. Il viso di Gracia si illuminò non appena<br />
scorse l’orafo. – Buon giorno don Juan!<br />
– Buon giorno Gracia, la solita passeggiata quotidiana?<br />
– Sono passata dalla bottega… – rispose la giovane<br />
arrossendo.<br />
– … e non mi avete trovato perché ero a casa Benitez.<br />
Ho appena consegnato il lavoro.<br />
– È piaciuto all’avvocato?<br />
– Sembra di sì, – rispose laconicamente l’uomo, aggrottando<br />
la fronte.<br />
– Sono contenta! È un gioiello magnifico. Forse la<br />
signora presto vi farà qualche altro ordine… – ribadì<br />
speranzosa.<br />
– Non penso proprio, – rispose con un mezzo sorriso<br />
Giovanni, – almeno per i prossimi tre o sei mesi non<br />
ci sarà nessun ordine. Comunque… – e qui fece una<br />
101
pausa, – non dimenticate la strada per la bottega, ho altri<br />
lavori da mostrarvi.<br />
Sentì la propria voce pronunciare queste parole e in<br />
cuor suo si diede del cretino, poi vide che Gracia arrossiva<br />
strattonata dalle due ragazzine che, annoiate da<br />
quella discussione tra adulti, volevano andare via.<br />
Una volta rientrato nella bottega Giovanni fu assalito<br />
da Ignacio e Pedro, che avevano atteso impazienti.<br />
– Don Juan, com’è andata? – urlarono correndogli<br />
incontro festosi come due cuccioli.<br />
– Mostrateci tutti quei soldi, non ne ho mai visto tanti<br />
tutti insieme! – rideva Pedro.<br />
– Don Juan, eravamo preoccupati. Volevamo venire<br />
a prendervi, non ci sembrava prudente lasciarvi andare<br />
in giro con tutto quel denaro in tasca.<br />
– Ragazzi, non ho niente da mostrarvi e poco da darvi,<br />
mi dispiace, – disse l’orafo tirando fuori dal portafoglio<br />
le banconote dell’avvocato.<br />
– Ma come? Questa non è nemmeno la metà di quanto<br />
vi doveva. Cosa è successo? – si stupì Ignacio.<br />
Giovanni raccontò l’accaduto. La loro delusione ed<br />
il loro disappunto furono molto meno controllati dei<br />
suoi. – “Non prendetevi il fastidio di venire voi da me”!<br />
Vi ha preso per un idiota? Questo è stato l’insulto peggiore,<br />
la beffa! Farabutto, delinquente, ladro!<br />
– Don Juan, quello è un miserabile! Il nobile! Le conosco<br />
le persone come lui, se vi invitano a pranzo vi fanno<br />
pagare!<br />
L’orafo, profondamente avvilito, lasciò che i due ragazzi<br />
sfogassero con parole grosse la loro rabbia e consegnò<br />
ad entrambi il denaro, che non contribuì però a<br />
placarne gli spiriti.<br />
Così, mentre rientrava a casa, e poi per l’intera giornata,<br />
Giovanni ripensò con dispetto al colloquio avuto<br />
102<br />
con l’avvocato. Per scacciare questo ricordo molesto<br />
che lo rendeva ansioso rievocò l’incontro con Gracia.<br />
Ma non vi trovò pace, perché se un pensiero lo riempiva<br />
di sdegno, l’altro lo imbarazzava moltissimo. Vergognandosi<br />
di se stesso, continuò a domandarsi come potesse<br />
aver agito in quel modo con la donna. Si guardò<br />
allo specchio e lo specchio gli rimandò il volto di un<br />
uomo di mezza età, distinto e curato, ma con i capelli<br />
bianchi e le rughe intorno agli occhi ed ai lati della<br />
bocca. – Che cosa vai cercando? – domandò alla propria<br />
immagine. – Non fare il pazzo. Ricordati che sei<br />
qui per guadagnare denaro da mandare alla tua famiglia.<br />
Tua moglie è in Italia, le tue figlie e i tuoi nipoti ti<br />
aspettano… – Poi, sentendosi ancora più ridicolo, si<br />
allontanò velocemente dallo specchio ed uscì per strada,<br />
diretto alla locanda. Di fronte ad un buon piatto di<br />
cibo si impose di scordare, per quella sera, l’avvocato<br />
Benitez e le idee balzane che facevano capolino nella<br />
sua mente.<br />
103
1931<br />
In quella mattina fresca in cui il vento, insinuandosi<br />
attraverso le commessure degli infissi, portava in città il<br />
profumo del mare e depositava sui vetri minuscoli cristalli<br />
di sale, Juan pensò a Margherita, alle figlie, alla sua<br />
casa adagiata sul declivio. Tutto doveva essere rimasto<br />
proprio come lo ricordava in quel piccolo paese della<br />
provincia italiana, ignoto al resto del mondo, con le<br />
strade polverose, la piazza frequentata solo dagli uomini<br />
e la fontana che elargiva in abbondanza acqua fresca<br />
e purissima. Era ancora una volta estate laggiù e il frinire<br />
delle cicale, all’opera nei campi arsi e assolati, giungeva<br />
nel cuore del paese. Nel silenzio assoluto di ogni domenica<br />
mattina erano solo due le voci che si sentivano,<br />
quella delle cicale e quella delle campane che chiamavano<br />
i fedeli. Che piccolo mondo lontano! Ripensarci era<br />
come guardare un presepe con tutte le statuine sistemate<br />
al loro posto. Lanciò un’occhiata distratta all’abito<br />
bianco di lana, perfettamente stirato, adagiato sulla sedia.<br />
Si chiese se fosse stato il vento, quel vento umido<br />
che soffiava dal mare, incontenibile, che sbatteva le imposte<br />
e sibilava sul terrazzo tra le corde tese, quel vento<br />
che riusciva a trascinare attraverso l’oceano le voci di<br />
una terra lontana e che immancabilmente turbava le sue<br />
notti, quel vento odioso al quale non riusciva ad abituarsi,<br />
ad averlo svegliato all’alba impedendogli di riprendere<br />
sonno o se fosse stato piuttosto il pensiero ossessivo<br />
che lo perseguitava da giorni di dover scrivere<br />
105
alla famiglia in Italia. La carta e la penna erano lì, posate<br />
sullo scrittoio, ma lui non riusciva a decidersi. Da quasi<br />
un anno non aveva più inviato notizie di sé. Il tempo era<br />
volato via così in fretta che gli era stato impossibile inseguirlo.<br />
Si vergognò profondamente e per l’ennesima<br />
volta quella mattina rimuginò le parole con le quali iniziare<br />
la sua lettera. Che cosa doveva scrivere, che cosa<br />
poteva raccontare? Voleva essere giustificato o compatito?<br />
Rifletté a lungo sino a quando la luce rischiarò la<br />
stanza. La sua posizione si era complicata e non solo<br />
perché erano trascorsi gli anni. Avrebbe dovuto trovare<br />
parole davvero speciali per spiegare ogni cosa e per fare<br />
in modo che capissero. Ma queste parole lui non sapeva<br />
trovarle e non sapeva trovarle perché non esistevano.<br />
Non esistevano parole per spiegare a Margherita, che lo<br />
aveva sostenuto nella sua decisione di partire, e ad Assunta,<br />
che con ostinazione si era opposta, perché mai<br />
una giovane donna con il ventre gonfio giaceva addormentata<br />
accanto a lui. Da sette mesi una vita che gli apparteneva<br />
cresceva nel grembo di Gracia, che lui, don<br />
Juan, l’abile orafo, lo sfortunato vedovo italiano, aveva<br />
sposato qualche tempo prima.<br />
Juan si alzò con cautela per non svegliare la donna<br />
che dormiva profondamente, avvolta in calde coperte<br />
di lana multicolore, si accostò allo scrittoio e finalmente<br />
trovò le parole da scrivere a sua figlia Assunta: «… ti stai<br />
dimenticando di tua madre? Questo sarebbe un grande<br />
dolore per me. Non lasciarla sola. Adesso che io ho così<br />
vergognosamente fallito nei miei propositi tocca a te,<br />
che sei la maggiore, occuparti di lei. Io ho iniziato un<br />
nuovo lavoro e sto mettendo via il denaro necessario<br />
per tornare presto in Italia…» Mentre chiudeva la busta,<br />
per un attimo fu assalito dal dubbio che la lettera<br />
potesse non apparire credibile o che in qualche modo<br />
106<br />
potesse tradire il suo segreto: in realtà era così simile a<br />
tutte le altre che aveva inviato negli ultimi anni. Inconfessabilmente<br />
sperò che in Italia smettessero di credere<br />
alle sue promesse. Quante fotografie, invece, aveva ricevuto!<br />
Proprio Assunta, sempre così ostile, era quella<br />
che gli aveva inviato il maggior numero di foto dei suoi<br />
bambini. Erano tutti lì in cornice, schierati sul comò al<br />
lato del letto: i loro volti seri, di bambini educati con rigore,<br />
apparivano e scomparivano dalla sua vista, nascosti<br />
a tratti dal ritmico sollevarsi del ventre prominente di<br />
Gracia. Lo sguardo di Juan si soffermò su di lei. Ora più<br />
che mai questa giovane donna aveva bisogno di protezione:<br />
fra qualche mese avrebbe partorito un figlio. Fu<br />
quasi dolorosa la consapevolezza del legame che lo<br />
avrebbe unito indissolubilmente a questa terra comparsa<br />
all’improvviso, quando metà della sua vita era già trascorsa,<br />
nella quale suo figlio sarebbe nato e lui forse sarebbe<br />
stato sepolto. Guardò la busta con l’indirizzo familiare<br />
e rabbrividì per quei pensieri di morte. In quel<br />
momento decise che doveva cessare di vivere nel tormento<br />
e nel rimorso. La realtà non aveva solo l’aspetto<br />
negativo delle sue colpe. I lati positivi esistevano. Si<br />
trattava soltanto di prenderli in considerazione osservando<br />
la situazione con un certo distacco. Così anziché<br />
crocifiggersi doveva sentirsi soddisfatto di se stesso perché<br />
in Italia aveva cresciuto una bella famiglia. Non aveva<br />
abbandonato piccole creature indifese. Le figlie, tutte<br />
adulte, non avevano bisogno di lui e si sarebbero occupate<br />
della madre come era loro dovere fare. Infatti, se<br />
non fosse andato via, fra qualche anno avrebbero avuto<br />
una bocca in più da sfamare ed un vecchio in più da accudire,<br />
spese e fastidi ulteriori. Questo modo di ragionare<br />
lo soddisfece e riuscì, per il momento, ad annullare<br />
i deboli strascichi del senso di colpa che lo aveva tor-<br />
107
mentato. A ben guardare, dunque, la situazione gli parve<br />
perfettamente sotto controllo anche qui, dove nessuno,<br />
tranne Valentino, che del resto non era più comparso,<br />
sapeva dell’esistenza di Margherita e dove nessuno<br />
lo avrebbe mai saputo. Tutti i suoi documenti erano stati<br />
rifatti al momento del matrimonio, quando, per estrema<br />
prudenza, dato che la bigamia costituiva un reato,<br />
aveva dichiarato false generalità circa il nome dei propri<br />
genitori. – Juan Luis, figlio di Michele e Agnese, entrambi<br />
defunti, – aveva sillabato in modo che gli impiegati<br />
avessero modo di scrivere correttamente quei nomi<br />
italiani. Gracia, ignara di tutto, conosceva del suo passato<br />
solo ciò che lui le aveva raccontato. Viveva serenamente<br />
la propria condizione di sposa e di madre e teneva<br />
un lume acceso di fronte alla foto della moglie defunta<br />
di Juan per non inimicarsene lo spirito. – Povera donna,<br />
– aveva commentato una volta, mentre Juan la ascoltava<br />
a testa bassa, – la morte le ha risparmiato un grande<br />
dolore. – Tenere quel lumicino acceso costituiva per<br />
Gracia anche un gesto di rispetto nei confronti di un uomo<br />
che aveva sofferto moltissimo. Quanti lo conoscevano<br />
erano informati di quella dolorosa vicenda che lui,<br />
per pudore, raccontava sempre con grande reticenza. –<br />
Al dolore per la morte di Margherita si è aggiunto quello<br />
per la malattia di mio figlio che viveva in America, – le<br />
aveva confidato Juan tempo addietro. – Mio figlio mi<br />
scrisse una lettera piena di disperazione, voleva vedermi,<br />
non voleva morire solo, – aveva continuato. – Il mio<br />
unico figlio maschio! Non potevo ignorare la sua richiesta,<br />
costasse quel che costasse. Presi tutto il denaro che<br />
avevo e partii. – Juan aveva fatto una lunga pausa e l’aveva<br />
guardata negli occhi. – Sono arrivato tardi, era già<br />
morto da una settimana. – L’orafo si era interrotto ancora<br />
una volta in attesa che Gracia, commossa dal raccon-<br />
108<br />
to di quella vicenda dolorosa, smettesse di piangere,<br />
quindi le aveva spiegato come, per tornare in Italia,<br />
avesse atteso di riprendersi un poco e come poi le circostanze<br />
lo avessero indotto a rimanere e a cercare il luogo<br />
più favorevole per svolgere il proprio lavoro.<br />
Spesso si era chiesto se Gracia avesse accettato di<br />
sposarlo per cambiare vita e assicurare stabilità alle sue<br />
bambine. Lui, infatti non aveva dovuto corteggiarla né<br />
con molta assiduità né per lungo tempo; qualche fiore e<br />
qualche monile insignificante avevano contribuito a far<br />
sentire importante e considerata quella giovane vedova<br />
che, dal paese sulle montagne, era arrivata in città per<br />
cercare un lavoro che le consentisse di mantenere le figlie.<br />
E proprio quei gioielli di poco valore che lui aveva<br />
donato a Gracia, quando ancora lavorava per la famiglia<br />
Benitez, avevano fatto precipitare la situazione e<br />
creato i presupposti perché i loro rapporti prendessero<br />
una piega diversa.<br />
La vicenda ebbe inizio quando Juan, per risollevare<br />
l’umore nero di Gracia, ormai perennemente in conflitto<br />
con la moglie dell’avvocato che aveva fatto di lei il<br />
proprio bersaglio, le regalò un minuscolo ciondolo che<br />
raffigurava il sole. Quando la signora Benitez vide il regalo<br />
si insospettì, temendo forse che anche la governante<br />
potesse rientrare nel novero delle amanti del marito,<br />
e andò su tutte le furie, quando Gracia candidamente le<br />
confidò di averlo ricevuto in dono dall’orafo che aveva<br />
creato la sua splendida parure.<br />
– Brutta svergognata, vuoi dirmi che questo regalo<br />
ti è stato fatto per la tua simpatia da quell’italiano dalla<br />
dubbia moralità!<br />
– Con me si è comportato sempre correttamente,<br />
potrebbe essere mio padre.<br />
– Tuo padre, – ripeté sarcastica la donna. – Certo<br />
109
l’età non gli ha impedito di infastidire ripetutamente la<br />
moglie di un suo compatriota.<br />
– Io non so niente di queste cose.<br />
– Tu non sai niente? Per forza, queste notizie non<br />
circolano negli ambienti che frequenti tu. Ma stai tranquilla<br />
che Matilde Palombelli ne sa qualcosa. Ha dovuto<br />
lottare per liberarsi da quell’uomo che l’ha perseguitata<br />
per un bel pezzo prima di arrendersi.<br />
L’ira della signora Benitez cresceva, alimentata dall’umiliazione<br />
che il marito le aveva inflitto scegliendo<br />
l’ultima amante fra le domestiche della sua amica, la signora<br />
Belinda Solanas.<br />
– Se non è stato lui allora sei stata tu! Siete tutte delle<br />
puttane senza ritegno a caccia del primo uomo che vi<br />
passa sotto il naso e se è ricco tanto meglio. Non rispettate<br />
nemmeno gli uomini sposati. Da quanto tempo dura<br />
questa ignobile tresca?<br />
Gracia, allibita e frastornata da quell’attacco improvviso,<br />
tentò di replicare alle assurde accuse e di spiegare<br />
come in realtà stavano le cose, ma la furia della donna<br />
era incontenibile. – Sei ben decisa ad infangare il nome<br />
onorato della mia famiglia con questi amorazzi! – ringhiò<br />
la nobildonna lanciandole contro un pesante fermacarte.<br />
– Non c’è nessuna tresca tra me e don Juan, ve<br />
lo ripeto ancora una volta, – riuscì a rispondere Gracia<br />
arrossendo di rabbia. – E non sono di certo io a disonorarvi,<br />
– aggiunse con il preciso intento di ferire quell’isterica<br />
che vedeva il male dappertutto.<br />
La donna assorbì il colpo fingendo di non aver colto<br />
il vero senso di quelle parole e continuò con il medesimo<br />
tono alterato: – Domani non ti ripresentare a lavoro,<br />
ti voglio fuori da questa casa!<br />
L’avvocato non fu più comprensivo della moglie.<br />
Non volle nemmeno ascoltare la versione di Gracia e<br />
110<br />
confermò il licenziamento. I suoi sensi di colpa erano<br />
tali da far sì che esaudisse ogni capriccio della consorte.<br />
Gracia, umiliata e ferita, si recò da Juan. L’orafo la vide<br />
arrivare trafelata, con due valigie e gli occhi gonfi di<br />
pianto. – Mi hanno mandata via. Non mi hanno pagato,<br />
come farò con le mie bambine?<br />
Juan si fece raccontare la vicenda per filo e per segno.<br />
Profondamente indignato, avrebbe voluto recarsi<br />
subito dall’avvocato per protestare innanzi tutto la<br />
propria onestà. Avrebbe anche voluto chiarire la situazione<br />
di Gracia, spiegare quali erano i loro rapporti,<br />
dichiararne la rettitudine morale. Quanto alle dicerie<br />
messe in giro da Matilde Palombelli non ne fu minimamente<br />
scalfito. – Quella donna è malata, – si limitò<br />
a dire. – E a quanto pare è anche cattiva. Povero Carlo!<br />
Ma ciò che mi preme in questo momento è altro.<br />
Non posso sopportare un comportamento così ignobile.<br />
Come si permette quel gran farabutto?<br />
Gracia continuava a piangere e smise solo per trattenere<br />
Juan che, afferrato il cappello ed il bastone, si dirigeva<br />
verso la porta.<br />
– Fermatevi don Juan, lasciate andare. Anche se tutto<br />
si chiarisse, io non potrei più lavorare in quella casa.<br />
– Che vuoi fare allora? – chiese Juan tornando sui<br />
propri passi.<br />
– Aiutatemi, se potete, a trovare un altro lavoro. Ormai<br />
avete tante clienti. Cercate di sapere se qualcuna di<br />
loro ha bisogno di una governante per i bambini.<br />
Nei giorni seguenti l’orafo cercò tra le sue clienti<br />
qualcuna che potesse assumere Gracia, ma tutte, con<br />
una scusa, rifiutarono, finché la signora Cespedes gli rivelò<br />
che ormai, con tutto ciò che la moglie dell’avvocato<br />
aveva raccontato in giro su Gracia, sarebbe stato impossibile<br />
per lei trovare lavoro come governante.<br />
111
– Ha raccontato che picchiava ed umiliava le bambine<br />
sottoponendole ad ogni sorta di tortura. Che ha<br />
insegnato loro a sputare per terra e ad ingiuriare.<br />
Juan, ancora una volta, si infuriò contro quella gente<br />
vile e meschina che usava e calpestava gli altri per i<br />
propri capricci e tentò di aiutare Gracia con un piccolo<br />
prestito. Da quel momento i loro rapporti cambiarono<br />
e Juan si chiese se lei avesse capitolato perché voleva<br />
superare l’impasse di quella vicenda che l’aveva<br />
lasciata priva di mezzi di sostentamento per le sue figlie.<br />
Gracia gli si era offerta con grande spontaneità, il<br />
suo corpo setoso e profumato non recava tracce troppo<br />
evidenti delle due precedenti gravidanze; Juan si<br />
era sentito giovane e vigoroso, e se non proprio innamorato,<br />
profondamente attratto da quella giovane<br />
donna che lo accarezzava, risvegliando sensazioni che<br />
l’avvilimento e le frustrazioni lo avevano costretto ad<br />
ignorare per lungo tempo. Ogni giorno gli si riproponeva<br />
gioiosamente, attenta a tutti i suoi desideri ed alle<br />
sue manie relative all’abbigliamento e a tanti altri<br />
piccoli particolari della vita quotidiana, tanto che lui<br />
non era riuscito più a farne a meno. E, quando lei gli<br />
aveva prospettato la possibilità di essere in attesa di un<br />
figlio, la decisione era stata immediata: l’aveva sposata<br />
nel giro di una settimana. L’idea di perdere il credito<br />
ed il prestigio, conquistati al prezzo di tanti sacrifici,<br />
gli faceva orrore. Perdere la clientela ecclesiastica era<br />
una possibilità che neppure voleva considerare. Assumersi<br />
la responsabilità di questa paternità era inoltre<br />
ciò che la sua coscienza gli suggeriva di fare.<br />
Quando Gracia si svegliò vide che si preparava ad<br />
uscire per imbucare una lettera. – Juan, era molto<br />
tempo che non mandavi tue notizie in Italia. Hai rac-<br />
112<br />
contato del bambino? Ti sei ricordato di mandare anche<br />
la mia fotografia?<br />
– Come puoi pensare che io dimentichi una cosa<br />
così importante? Stamattina mi sono svegliato proprio<br />
con quel pensiero e la prima cosa che ho fatto appena<br />
alzato è stata quella di scrivere.<br />
– Chissà cosa penseranno? Avranno un fratello o<br />
una sorella all’altro capo del mondo che è più piccolo<br />
dei loro figli… – prese a dire Gracia sorridendo soddisfatta<br />
e accarezzandosi il ventre con entrambe le mani.<br />
– Non dire queste cose o mi farai sentire un vecchio,<br />
– ribadì con un sorriso forzato Juan.<br />
Uscì. L’aria fresca ritemprò il suo spirito, allontanando<br />
dalla sua mente i ricordi di un piccolo mondo<br />
ormai molto lontano da lui.<br />
113
1933<br />
Il piccolo Sebastian era al mondo da poco più di due<br />
anni, quando suo padre ricevette una visita inaspettata<br />
delle forze dell’ordine. In una fredda mattina di primo<br />
inverno due poliziotti con la divisa scura, inzuppata dalla<br />
pioggia sottile che da giorni cadeva senza interruzione,<br />
bussarono a casa dell’orafo.<br />
– Come vi chiamate? – chiesero senza preamboli a<br />
Juan che gli si era fatto incontro interdetto e preoccupato.<br />
Juan declinò le proprie generalità guardando la pozza<br />
d’acqua allargarsi sotto i piedi dei due uomini, che rimanevano<br />
indifferenti sulla soglia.<br />
– No! Il vostro nome vero, scrivetelo! – tuonò uno di<br />
loro intimorendo l’orafo.<br />
Juan capì che si riferivano al nome italiano e, come<br />
gli era stato ordinato, lo scrisse su un pezzo di carta che<br />
consegnò al poliziotto più alto che gli stava vicino. L’uomo<br />
afferrò lo scritto, confrontandolo con un altro che<br />
estrasse da una tasca interna della divisa; dopo una rapida<br />
occhiata, li fece sparire entrambi nella stessa tasca.<br />
– Il vostro nome è Giovanni Luigi e siete italiano? –<br />
domandò quello più basso con il naso da pugile e la cicatrice<br />
sullo zigomo, storpiando quel nome straniero<br />
sulle cui consonanti la sua lingua incespicava.<br />
– Certo sono io, ve l’ho scritto sul foglio, – rispose<br />
Juan sentendosi profondamente a disagio, giacché quei<br />
due, nonostante il suo invito ad accomodarsi, non ac-<br />
115
cennavano ad entrare, ma preferivano continuare a fare<br />
da bersaglio alla pioggia.<br />
– Vi abbiamo cercato in lungo e in largo per il Paese.<br />
Vi siete spostato molto in questi ultimi tempi?<br />
– A dire il vero no! Sono sempre stato in questa città<br />
sin da quando sono arrivato, o quasi.<br />
Il tono si fece sospettoso: – Che significa quasi?<br />
– Significa che ho vissuto per un po’ di tempo in un<br />
piccolo centro sulla costa e poi mi sono trasferito in<br />
città. Lì non c’era nessuna possibilità di lavoro, – rispose<br />
Juan come per scusarsi.<br />
– E non vi siete mai mosso? – insisté il secondo poliziotto.<br />
– Veramente no.<br />
Dalle divise dei due agenti l’acqua ruscellava ormai<br />
sino ai suoi piedi.<br />
– Avevate qualche amico laggiù o qualche persona<br />
che conosceva il vostro nuovo indirizzo? – domandò a<br />
sua volta il primo.<br />
– No nessuno! Quando sono andato via, non sapevo<br />
dove mi sarei stabilito e lì non ci sono più tornato, – rispose<br />
Juan sempre più interdetto. – Ma per favore, ditemi<br />
perché mi cercavate, – aggiunse sperando in una risposta.<br />
I due si guardarono. – Per sapere qualcosa di più<br />
dovete seguirci, dobbiamo farvi ancora qualche domanda<br />
su alcune faccende. Portate con voi i documenti.<br />
Queste indicazioni vaghe spaventarono moltissimo<br />
l’orafo, che non sapeva più cosa pensare. – I miei documenti<br />
sono tutti in regola, non riesco a capire che cosa<br />
possiate volere da me, – affermò, preparandosi comunque<br />
a seguire le forze dell’ordine.<br />
Una volta giunto in caserma fu introdotto in un uf-<br />
116<br />
ficio angusto e anonimo, che puzzava di piedi e di tabacco<br />
di infima qualità. Qui venne lasciato in attesa.<br />
Trascorse un’ora, durante la quale nessuno comparve.<br />
Juan, profondamente a disagio, venne assalito dal<br />
panico. Cercò affannosamente qualche episodio che<br />
potesse giustificare questa convocazione. Mille pensieri<br />
gli attraversarono la mente. Ipotizzò che lo avessero<br />
preso per un rivoluzionario. Qualcuno dei torturati<br />
aveva fatto il suo nome ed ora erano venuti ad arrestarlo.<br />
Ma perché così in ritardo? Era ormai più di un anno<br />
che il governo aveva messo a tacere i ribelli. No, non poteva<br />
essere questa la ragione. E se avessero scoperto che<br />
era bigamo? In tal caso sarebbe finito in prigione, la sua<br />
famiglia sarebbe stata disonorata e di sicuro gli ecclesiastici<br />
e la clientela altolocata avrebbero troncato ogni<br />
rapporto con lui. E se invece lo avessero espulso dal<br />
Paese? In tal caso avrebbe portato in Italia anche Gracia<br />
e Sebastian. Ma a Margherita cosa avrebbe raccontato?<br />
I suoi pensieri si fecero confusi, si agitò sulla sedia<br />
scomoda, si alzò per sgranchirsi le gambe, fece qualche<br />
passo, tornò a sedersi. Fu assalito da una sete impietosa<br />
e dalla necessità di vuotare la vescica. Il tempo passava e<br />
non compariva nessuno. Pensò di andare via, aprì la<br />
porta e sbirciò nel corridoio. Due agenti piantonavano<br />
l’uscita. – Scusate! – li interpellò, agitando la mano per<br />
attirare la loro attenzione. – Sono qui da più di un’ora,<br />
con chi devo parlare?<br />
I due agenti si voltarono distrattamente ed uno di loro<br />
rispose con un’alzata di spalle: – Se vi hanno detto di<br />
aspettare, aspettate. Qualcuno prima o poi arriverà!<br />
Juan, sconsolato e sofferente, richiuse la porta e<br />
tornò a sedersi. Non riusciva a contenere l’ansia che<br />
cresceva. Trascorse ancora del tempo… Sempre più disperato<br />
per l’incertezza ed il malessere decise di aprire<br />
117
nuovamente la porta, e in quel momento un uomo tarchiato,<br />
con la carnagione olivastra ed i capelli unti entrò,<br />
invitandolo ad accomodarsi.<br />
– Vi chiedo scusa, – si fece coraggio Juan, – aspetto<br />
qui da due ore ed ho bisogno del bagno, vi dispiacerebbe…<br />
– Vi capisco, ma faremo subito. Intanto accomodatevi,<br />
– rispose il poliziotto indicando la sedia con la mano.<br />
Juan tornò a sedersi, sperando davvero di cavarsela<br />
in breve tempo.<br />
Il poliziotto cominciò con le domande, le stesse alle<br />
quali l’orafo aveva già risposto.<br />
– Siete entrato da solo in questo paese?<br />
Dopo questa domanda Juan pensò a Valentino e fu<br />
raggelato dal terrore. Gli tornò alla mente l’episodio<br />
della città mineraria e temette che la polizia li potesse<br />
collegare in qualche modo all’omicidio dello sconosciuto.<br />
Cominciò a sudare copiosamente e, pure nello<br />
stato confusionale generato dalla paura, decise di non<br />
fare menzione della vicenda, in attesa di conoscere il<br />
motivo reale di quella convocazione.<br />
– No ero con mio nipote, siamo arrivati insieme dall’Italia.<br />
– E che fine ha fatto questo nipote?<br />
A quel punto Juan ebbe la certezza che l’omicidio<br />
dello sconosciuto avesse a che fare con quanto gli stava<br />
accadendo. Raccontò che suo nipote era andato via diversi<br />
anni prima per cercare un lavoro. Si era diretto a<br />
sud, probabilmente verso la capitale, ma di questo non<br />
era sicuro perché il giovane non aveva più dato notizie<br />
di sé e lui, anche volendo, non avrebbe saputo dove cercarlo.<br />
Ancora, Juan, tacque tutta la faccenda del viaggio<br />
nella zona mineraria, avrebbe parlato soltanto se il poliziotto<br />
glielo avesse domandato in maniera esplicita.<br />
118<br />
– Si è forse cacciato in qualche guaio? – chiese invece<br />
timidamente.<br />
Il poliziotto aprì una cartelletta verde. In silenzio<br />
estrasse i due fogli che l’orafo aveva visto sparire nelle<br />
tasche di uno degli agenti, li confrontò… Poi, finalmente,<br />
parlò.<br />
– Abbiamo trovato questo, – rispose mettendogli<br />
sotto gli occhi un pezzo di carta stropicciata e macchiata,<br />
nella quale l’orafo lesse il proprio nome italiano ed il<br />
vecchio indirizzo, scritti con una grafia incerta e quasi<br />
illeggibile. La carta era completamente coperta di macchie<br />
brune e l’inchiostro così scolorito che Juan si domandò<br />
come i poliziotti avessero potuto decifrare lo<br />
scritto.<br />
– Sì sono io e questo è il posto in cui ho abitato al mio<br />
arrivo in questo Paese. Posso chiedere dove lo avete trovato?<br />
– E voi siete certo di non aver avuto più contatti con<br />
vostro nipote? – domandò ancora il poliziotto, evitando<br />
di rispondere.<br />
– Sì, mi sono sempre domandato se avesse trovato il<br />
lavoro che cercava, ma non mi ha mai scritto. Questa è<br />
la verità, – affermò deciso.<br />
– E dove avrebbe potuto scrivervi? Voi avete cambiato<br />
città dopo che lui è andato via! Non è così? – il poliziotto<br />
lo guardò negli occhi e ricacciò il foglio nella<br />
cartella.<br />
– Giusto! – ribatté Juan vergognandosi. Capì che il<br />
poliziotto sapeva già tutto dei suoi spostamenti e si domandò<br />
se fosse a conoscenza anche dell’episodio accaduto<br />
alla città mineraria.<br />
– Ma che cosa ha combinato Valentino? Dove avete<br />
trovato quello scritto?<br />
Il poliziotto fece una pausa e sembrò cercare una ri-<br />
119
sposta adeguata. Giocherellò con una penna, accavallò<br />
le gambe, le allungò collocando i piedi sotto la sedia di<br />
Juan. Un tanfo greve giunse alle narici dell’orafo. Il suo<br />
malessere si accentuò, la testa cominciò a girargli. Tentò<br />
di sottrarsi all’effluvio diretto dell’odore ripugnante,<br />
ma in quello stambugio non circolava un solo filo d’aria.<br />
Boccheggiando allentò la cravatta e sbottonò la camicia.<br />
Il poliziotto, completamente rilassato e a proprio<br />
agio, si appoggiò allo schienale della sedia e, trovata finalmente<br />
la posizione più comoda, rispose lapidario: –<br />
Banditi!<br />
– Banditi? – riecheggiò Juan con un filo di voce senza<br />
capire. “Ma allora l’omicidio dello sconosciuto non<br />
c’entra niente, cosa mai può essere accaduto?” rifletté<br />
velocemente senza sentirsi più tranquillo.<br />
– A diverse centinaia di chilometri da qui, sulle montagne<br />
tra la capitale e il centro minerario più importante<br />
del paese, sei mesi fa, abbiamo avuto un conflitto a fuoco<br />
con una delle bande che infestano la regione.<br />
Juan ascoltò e attese che il poliziotto gli dicesse che<br />
Valentino era nelle mani dei banditi.<br />
Il poliziotto continuò: – In questo paese ci sono due<br />
tipi di banditi. Vi è mai capitato di incontrarli?<br />
Juan scosse la testa disperato. L’uomo non arrivava<br />
mai al dunque e la sua situazione si era fatta insostenibile.<br />
Avvertì alcune fitte intense alla pancia che lo costrinsero<br />
a piegarsi in avanti. Ancora qualche minuto e sarebbe<br />
scoppiato. Imperterrito il poliziotto proseguì: –<br />
Abbiamo banditi che vivono rubando animali ai contadini<br />
abbienti o facendo rapine sulle strade. Questi non<br />
sono così pericolosi perché in genere si limitano a portare<br />
via tutto alle persone e le uccidono solo se costretti.<br />
Ci sono poi gli altri, quelli peggiori. Chi si imbatte in loro<br />
non ha scampo a meno che… – fece ancora una pau-<br />
120<br />
sa, durante la quale sembrò che riflettesse sull’opportunità<br />
di rivelare o meno alcuni particolari. Evidentemente<br />
scelse la seconda possibilità perché proseguì: – Come<br />
vi dicevo questi sono davvero pericolosi, sono bande<br />
nomadi che si spostano in continuazione dalla pianura<br />
alla montagna, sono furbi e quasi imprendibili, hanno i<br />
rifugi nelle grotte e cercano l’occasione per torturare ed<br />
uccidere. Noi siamo incappati proprio in questi! Sono<br />
riusciti a farci fuori un paio di uomini, purtroppo.<br />
– Ma Valentino cosa c’entra con tutto questo? È<br />
stato catturato? – lo interruppe sempre più allarmato<br />
Juan che, sebbene fosse stato contento di essersi liberato<br />
del nipote, non desiderava certo che gli fosse accaduto<br />
qualcosa di male.<br />
– Niente di tutto ciò, – rispose enigmatico il poliziotto,<br />
gettando l’orafo nella confusione più totale.<br />
– Alcuni banditi, come vi dicevo, sono stati uccisi.<br />
Uno di loro aveva in tasca questo pezzo di carta con il<br />
vostro nome ed il vostro indirizzo.<br />
– Non capisco, – tentò di ribadire Juan confuso. –<br />
Quindi non avete notizie di mio nipote?<br />
Il poliziotto lo fissò con occhi acquosi e parve non<br />
aver udito la domanda perché seguitò col suo racconto:<br />
– I tratti somatici di uno dei banditi uccisi erano diversi<br />
da quelli degli altri, tutti locali, identificati. Era bianco<br />
tra i trenta e i quaranta, un metro e settanta circa.<br />
Tacque e fissò ancora una volta l’orafo chiedendosi<br />
quanto tempo quell’italiano avrebbe impiegato a capire.<br />
Juan sudava ormai abbondantemente, sentiva un<br />
ronzio nelle orecchie e le fitte al bassoventre non gli davano<br />
tregua.<br />
– Del caso si è occupata la polizia della capitale. Non<br />
sono riusciti a identificare quell’uomo. Nessun documento.<br />
Solo il vostro indirizzo e il vostro nome. Sì, ma<br />
121
Ramirez è stato furbo. Una volta tanto ha avuto un’idea<br />
ottima. Eh sì, è proprio così! Tanto di cappello al mio<br />
stimato ed invidiato collega. È ancora una novità, ma<br />
comunque… Hanno scattato alcune fotografie. Secondo<br />
me è stata una brillante idea. Come avremmo potuto<br />
conservare un cadavere per tanti mesi eh? Ah, ah, ah! –<br />
domandò il poliziotto, ridendo sonoramente per quella<br />
che gli sembrò una battuta divertente.<br />
– Ecco qua, – disse mettendo due fotografie davanti<br />
agli occhi di Juan, che non aveva nessun interesse a capire<br />
né chi fosse Ramirez né quali fossero le tecniche<br />
moderne della polizia della capitale, ma desiderava solo<br />
che questa tortura finisse al più presto. Con gli occhi velati<br />
dalla sofferenza guardò le foto posate sulla scrivania.<br />
Erano troppo lontane e, senza gli occhiali, le immagini<br />
gli apparvero vaghe. Con uno sforzo allungò una<br />
mano e le avvicinò. Distinse subito un corpo che giaceva<br />
bocconi con gli indumenti macchiati di scuro, pensò<br />
che si trattasse di sangue. La testa era semplicemente<br />
accostata al corpo, e in un’altra foto la si poteva vedere<br />
meglio: i capelli erano appiccicati in una poltiglia informe,<br />
il viso era tumefatto e le labbra contratte mostravano<br />
i denti, gli occhi erano aperti e di lato, sul collo, lembi<br />
di pelle arricciata lasciavano intravedere una parte<br />
dell’orrenda ferita che lo aveva mutilato. L’orafo non<br />
era preparato a quella vista e svenne. Quando si riebbe,<br />
pochi minuti dopo, era ancora disteso sul pavimento,<br />
aveva qualcosa sotto il capo ed i pantaloni completamente<br />
bagnati. Fu aiutato a rimettersi in piedi.<br />
– Sono mortificato, – riuscì a bisbigliare.<br />
– Non preoccupatevi, vi aiuteremo a tornare a casa,<br />
– disse sbrigativamente il poliziotto, poco interessato<br />
al suo problema personale. – Allora, è lui? Lo avete riconosciuto?<br />
È vostro nipote?<br />
122<br />
Juan, addolorato ed umiliato, rispose affermativamente:<br />
– Credo di sì.<br />
– Come credete? Volete rivedere le fotografie? – domandò<br />
il poliziotto con tono minaccioso.<br />
– No! Era lui, ne sono certo. I denti!<br />
– Molto bene, allora il caso è risolto. Firmate qui. Potete<br />
andare, – disse fregandosi le mani e porgendo al poveruomo<br />
il foglio consegnatogli dall’agente che aveva<br />
redatto il verbale. Juan, ancora frastornato, firmò e finalmente<br />
fu riaccompagnato a casa.<br />
Nei giorni e nelle settimane seguenti continuò ad interrogarsi<br />
sull’accaduto. Non era disposto ad accettare<br />
la versione della polizia. Valentino era una testa calda,<br />
ma non si sarebbe mai unito ai banditi. Non poteva aver<br />
affrontato tutto quel viaggio e quella fatica per diventare<br />
un delinquente. Era più probabile che fosse stato ucciso<br />
dai banditi che lo avevano catturato per rapinarlo.<br />
Del resto aveva la testa staccata dal corpo, perché la polizia<br />
avrebbe dovuto ridurlo così? Ecco la spiegazione!<br />
Doveva essere andata proprio in questo modo. La polizia<br />
era stata troppo precipitosa nel trarre le conclusioni.<br />
– Non sapevo che tu avessi un nipote in questo Paese.<br />
Perché non mi hai mai detto niente? Siete venuti insieme?<br />
– Queste e molte altre furono le domande alle<br />
quali Juan dovette rispondere, quando raccontò a Gracia<br />
dell’interrogatorio.<br />
– Non siamo arrivati insieme. Lui è partito molto<br />
tempo prima di me e io sono venuto qui perché sapevo<br />
di trovarlo. Poi, dato che ormai ero dall’altra parte del<br />
mondo e negli Stati Uniti non avevo più nessuno… Povero<br />
cristo, non era un delinquente e non è diventato un<br />
bandito, la polizia ha preso una cantonata!<br />
Gracia sembrò accontentarsi delle spiegazioni del<br />
marito che, cercando di evitare altre domande, la pregò<br />
123
di dimenticare quella vicenda per lui così dolorosa. Il<br />
suo obiettivo, infatti, era quello di vivere tranquillo continuando<br />
a gestire, tra i due continenti, una situazione<br />
familiare che ormai aveva raggiunto un certo equilibrio.<br />
Scriveva sempre in Italia promettendo che il momento<br />
in cui sarebbe rientrato si avvicinava. «Ancora<br />
un anno o due di sacrifici e sarò da voi, abbiate pazienza<br />
e fiducia mie care.» Si sentiva in colpa, ma non trovava<br />
il coraggio di confessare la situazione. Qualche volta<br />
ci aveva provato. “È facile,” si era detto “basta scriverlo.<br />
Non devo guardarle in faccia, non devo litigare, non<br />
devo subire sfuriate. Un oceano ci divide. Quando mi<br />
risponderanno, se mi risponderanno, potrò decidere di<br />
non leggere le loro ingiurie. E se non rispondessero<br />
più?” L’idea di perdere i contatti con le figlie lo aveva<br />
trattenuto finora dal rivelare la verità. Rompere del tutto<br />
i ponti con loro lo avrebbe fatto soffrire. Così continuò<br />
a mentire.<br />
* * *<br />
La vita sembrava scorrere serena per la famiglia dell’orafo<br />
che, pur non essendo diventato ricco, non aveva<br />
problemi economici. Il lavoro non mancava, Pedro<br />
e Ignacio erano diventati molto abili e Juan aveva<br />
sfruttato le conoscenze di Ignacio imparando i segreti<br />
degli orologi. Molle e bilancieri non celavano più nessun<br />
mistero per lui. Gracia era più che soddisfatta della<br />
sua nuova condizione. Grazie al matrimonio con<br />
Juan, le sue bambine avevano lasciato il villaggio sulla<br />
montagna dove vivevano con la nonna. Erano rimaste<br />
con loro finché era nato Sebastian, e adesso ricevevano<br />
un’educazione adeguata frequentando in città un collegio<br />
di religiose che lasciavano soltanto la domenica<br />
124<br />
per stare in famiglia. Gracia poteva permettersi anche<br />
un aiuto, Blanca, un’india del suo villaggio, che si occupava<br />
dei lavori domestici e del bambino.<br />
Sebastian stava per compiere tre anni ed era piccolo<br />
e secco. La madre continuava ad allattarlo perché il suo<br />
latte era uno dei pochi alimenti che il bambino tollerava.<br />
Dall’epoca dello svezzamento aveva cominciato a<br />
stare male, rifiutava il cibo o lo vomitava. I genitori avevano<br />
interpellato diversi medici, che non erano venuti a<br />
capo di niente. Sebastian continuava a cibarsi e a crescere<br />
poco; il padre e la madre erano sempre più in apprensione<br />
e Juan aveva deciso di consultare un luminare che<br />
insegnava all’Università nella capitale.<br />
– Perché non lasciamo stare questi medici? Io non<br />
credo che possano risolvere la situazione. C’è ben altro<br />
sotto. Se non l’hanno ancora guarito, vuol dire che la<br />
faccenda non è di loro competenza, – azzardò Gracia,<br />
mentre preparava i bagagli.<br />
– Ah no? E di chi sarebbero di competenza le malattie<br />
secondo te?<br />
– Il bambino non è malato! Ha il malocchio! –<br />
cercò di convincerlo Gracia, irritata.<br />
– Ma che malocchio! Anche qui? È una persecuzione!<br />
Per le malattie si cercano i medici. Domani avremo<br />
una risposta. Ma per cortesia togliti dalla testa queste<br />
idiozie. Né preghiere né malocchio, ma dottori. La<br />
scienza soltanto può dare una risposta. Non voglio<br />
sentire altro.<br />
– Abbiamo già perso troppo tempo con questi dottori,<br />
io non mi fido più e sono molto preoccupata.<br />
– Dimmi cosa vuoi fare, – domandò Juan nel tentativo<br />
di rabbonirla.<br />
– Non voglio andare nella capitale, voglio andare al<br />
villaggio!<br />
125
– Al villaggio? Che diavolo ci fai al villaggio? C’è un<br />
bravo medico lassù?<br />
– No, vado da mia madre!<br />
– Da tua madre? E cosa vuoi che faccia tua madre?<br />
Ha un rimedio miracoloso? Se ti dà sicurezza falla venire<br />
qua anziché trasportare il bambino.<br />
Gracia rimase in silenzio.<br />
– Allora? Hai sentito ciò che ho detto? Falla venire<br />
qua tua madre.<br />
– Farla venire non servirebbe a niente, non è lei che<br />
ha il rimedio, – affermò Gracia con testardaggine.<br />
– E chi ce l’ha il rimedio? Vuoi forse dire che l’aria<br />
di montagna può far bene al bambino? Abbiamo già<br />
provato e non è servito a nulla.<br />
– No! – rispose sempre più immusonita Gracia.<br />
– Allora, in nome di Dio, perché vuoi andare al villaggio?<br />
– Perché lì c’è il rimedio per la malattia di mio figlio!<br />
– urlò esasperata la donna.<br />
– Ma che rimedio è? Dimmelo perché non ti capisco,<br />
non è tua madre, non è l’aria! È forse il cibo o sono<br />
le comodità? – commentò sarcastico Juan.<br />
– È la curandera, – mormorò tra le lacrime Gracia.<br />
– La curandera? Che curandera? Vuoi mettere tuo<br />
figlio nelle mani di un’imbrogliona?<br />
– Ma che dici? Che ne sai tu delle nostre usanze? La<br />
curandera non è un’imbrogliona, conosce molti rimedi.<br />
Quando ero bambina mi ha curato per una febbre violenta<br />
dalla quale non riuscivo a guarire. Cosa ci costa<br />
provare ad interpellarla?<br />
– Sei guarita perché dovevi guarire, non per il suo<br />
intervento.<br />
– Lei sa esattamente cosa fare. Perché non vuoi darmi<br />
retta? Proviamo! Al villaggio si arriva prima che alla<br />
126<br />
capitale. Se poi la curandera non sarà in grado di curarlo<br />
faremo come vuoi tu.<br />
– Questi viaggi sono troppo faticosi per Sebastian.<br />
Prima al villaggio… poi alla capitale!<br />
– Starò da mia madre per qualche giorno e il bambino<br />
non si stancherà. Continuerò ad allattarlo. Si tratta<br />
solo di cercare la curandera. È onesta e se non potrà fare<br />
niente me lo dirà. In tal caso tornerò subito indietro<br />
e faremo il viaggio nella capitale.<br />
– E va bene! – accondiscese Juan, stanco dei pianti e<br />
delle discussioni. – Ma ti concedo solo qualche giorno!<br />
Poi sarà un medico e non una curandera a curare mio<br />
figlio!<br />
Il bambino, ignaro di tutto, giocava tranquillo con<br />
alcuni oggetti che aveva trovato per casa: un pettine ed<br />
un mestolo con i quali batteva sul coperchio di una<br />
pentola divertendosi a coprire, con il rumore, la voce<br />
dei genitori. Era un bambino calmo e socievole, che<br />
dalla madre aveva ereditato gli zigomi pronunciati dei<br />
suoi antenati indios. Gracia decise di mettersi in viaggio<br />
di lì a qualche giorno e diede subito disposizioni<br />
perché la madre fosse avvertita del loro arrivo. Fece<br />
partire immediatamente Blanca con un buon carico di<br />
provviste e di oggetti introvabili in quel piccolo centro,<br />
ma indispensabili per chi era abituato alle comodità<br />
della città.<br />
Sotto gli sguardi sorpresi della popolazione quattro<br />
grandi valige furono scaricate e portate dentro la casa<br />
di donna Inès, la quale si diede subito da fare perché i<br />
cittadini trovassero un ambiente accogliente.<br />
Donna Inès non aveva puro sangue indio nelle vene<br />
perché sua madre Josefa l’aveva avuta da un cinese. Josefa<br />
apparteneva agli indios della classe più elevata ed i<br />
suoi genitori non avevano tollerato quell’unione con<br />
127
quell’uomo. Non lo avevano mai accettato né avevano<br />
voluto conoscerlo. Avevano invece preteso di allevare<br />
Inès nel loro villaggio sulla montagna, a patto che Josefa,<br />
che con il suo compagno viveva lontano in ristrettezze<br />
economiche, non tornasse mai più a reclamarla. La<br />
memoria delle ascendenze orientali della bambina doveva<br />
essere cancellata per sempre. Inès aveva occhi scuri<br />
a mandorla ed una carnagione solo leggermente più<br />
chiara di quella dei nonni e non venne mai a sapere delle<br />
sue origini fino a quando suo padre morì e morirono i<br />
nonni. Sua madre allora tornò al villaggio per vivere con<br />
lei e le rivelò la verità sul suo passato. A cinquantacinque<br />
anni era una donna robusta, di bassa statura, con i<br />
capelli ancora tutti neri, divisi in due bande e legati dietro<br />
la nuca, il volto era grande, largo e la bocca sempre<br />
atteggiata al sorriso. Accolse la figlia, Juan e il nipotino<br />
andando loro incontro sulla strada che conduceva al<br />
piccolo centro abitato. Il cane Tico, che seguiva la padrona<br />
come un’ombra, le trotterellò accanto.<br />
Juan non conosceva il villaggio di cui era originaria<br />
sua moglie. – Poche case, – aveva detto Gracia. Le case<br />
erano veramente poche. Una ventina, basse, con i muri<br />
di pietra ed il tetto di erba. Intorno, gli eucalipti crescevano<br />
rigogliosi, superando in altezza e ombreggiando<br />
gradevolmente le modeste abitazioni, accanto alle quali<br />
si stendeva una scacchiera di piccoli campi coltivati.<br />
Juan si rese subito conto di essere fuori luogo con il suo<br />
abito inappuntabile, e si affrettò ad entrare nella casa<br />
della suocera per sottrarsi agli occhi curiosi della gente<br />
che era corsa a vedere il marito straniero ed il bambino<br />
malato di Gracia. Dopo aver salutato la figlia ed il genero,<br />
Inès concentrò l’attenzione su Sebastian, che non<br />
vedeva da molti mesi. Accolse il nipotino tra le braccia e<br />
si spaventò moltissimo per la magrezza del piccolo.<br />
128<br />
– Siamo disperati, – confessò Gracia alla madre. –<br />
Molti medici lo hanno visitato, ognuno ci ha dato una<br />
cura diversa, ma il bambino è sempre così. Non vuole<br />
mangiare, vomita e continua a dimagrire.<br />
Il bambino tentò di mettersi in piedi sulle gambette<br />
esili, attratto dalle cose nuove che vedeva e soprattutto<br />
da Tico, il cui muso si trovava esattamente all’altezza del<br />
suo viso. Il bambino e il cane si guardarono negli occhi<br />
per un breve momento, poi Tico decise che il nuovo arrivato,<br />
con quel buon odore di cibo rigurgitato, gli era<br />
proprio simpatico e scodinzolò a tutta forza. Il bambino<br />
allungò la manina scarna per afferrare la coda di Tico,<br />
ma sua madre lo sollevò mettendolo a sedere sul tavolo.<br />
– Sono qui per la curandera, voglio che lo veda. Sono<br />
certa che riuscirà a trovare una cura per Sebastian.<br />
– Povero piccolino! – disse la nonna accarezzando il<br />
viso del bambino. Poi, rivolta a Gracia, aggiunse: – Non<br />
ti preoccupare! Domani andrò a parlare con lei. So che<br />
è appena tornata dal villaggio di medicina.<br />
Il giorno seguente Inès indossò il suo abito migliore,<br />
chiaro, con un ampio volant in vita ed uno smerlo rettangolare<br />
sul petto, e si recò a casa della curandera.<br />
La donna viveva a circa un chilometro dal villaggio,<br />
in una casa isolata, del tutto simile alle altre, con un orticello<br />
attiguo nel quale coltivava le erbe curative: i semi<br />
provenivano dal villaggio di medicina che si trovava nel<br />
nord, tra i laghi. Era vecchia e una fitta ragnatela di rughe<br />
profonde le solcava il viso bruno. Nessuno avrebbe<br />
saputo dire quanti anni avesse perché tutti gli anziani<br />
del villaggio, compreso Pedro Mendez, che in marzo<br />
aveva compiuto ottantasette anni, ricordavano di averla<br />
sempre conosciuta vecchia e curva nella casa vicino alla<br />
sorgente. Di lei si sapeva soltanto che tanti anni prima,<br />
quando era ancora bambina e con suo padre controlla-<br />
129
va le bestie al pascolo, un fulmine l’aveva colpita lasciandola<br />
miracolosamente incolume. Da quel momento<br />
il suo destino si era compiuto. Gli sciamani del villaggio<br />
di medicina, informati dell’accaduto, erano venuti a<br />
prenderla due giorni dopo per portarla con loro ed insegnarle<br />
l’arte della divinazione e della guarigione. A<br />
nulla erano valsi i pianti e gli strepiti della madre ed il<br />
terrore della piccola: i saggi brujos erano stati irremovibili.<br />
Dissero di aver ricevuto tutti lo stesso chiaro messaggio,<br />
e assicurarono che la bambina era predestinata e<br />
che per lei non ci sarebbe stato un altro futuro. Infine i<br />
genitori si erano arresi, dopo aver strappato agli sciamani<br />
la promessa che avrebbero potuto vedere la figlia due<br />
volte l’anno. Il praticantato sotto la guida di un maestro<br />
era stato lunghissimo, poiché gli insegnamenti le venivano<br />
impartiti uno per volta con una lentezza esasperante.<br />
Ancora una volta un fenomeno, che solo i profani<br />
potevano considerare naturale, intervenne nella sua vita<br />
segnando la fine della condizione di allieva e consacrandola<br />
curandera. Mentre si trovava sulla sierra per<br />
raccogliere le erbe, era stata travolta da una tromba d’aria<br />
che l’aveva trascinata per diversi chilometri lasciandola<br />
stremata e sconvolta sulla strada del villaggio di<br />
medicina. Questo avvenimento, per il suo saggio maestro,<br />
fu la conferma che la sua protetta era pronta per ritornare<br />
nel mondo dove avrebbe esercitato la professione<br />
di sciamano. Come un tempo per la bambina era stato<br />
difficile lasciare la famiglia, così per la giovane donna<br />
fu doloroso abbandonare il villaggio solitario e protetto<br />
tra i laghi magici. Fu il suo stesso maestro ad indicarle<br />
con precisione il luogo in cui si sarebbe dovuta stabilire.<br />
Per questo, al villaggio era arrivata una piccola delegazione<br />
di sciamani che aveva individuato un punto vicino<br />
alla sorgente ed aveva imposto agli uomini di costruire<br />
130<br />
una piccola abitazione per la curandera, che, da quel<br />
momento, avrebbe vissuto accanto a loro. La curandera,<br />
di cui oltre che l’età tutti ignoravano anche il nome,<br />
in quei lunghi anni aveva appreso i segreti delle piante,<br />
dei profumi e dei colori. Conosceva il rimedio per ogni<br />
problema. Sapeva usare la mamacoca, la pianta sacra degli<br />
Incas, per rivelare le dolorose discrepanze che affliggevano<br />
il corpo che si muoveva in una direzione, e torturavano<br />
lo spirito che aspirava ad altro. Leggeva il passato<br />
e poteva vedere il futuro celebrando il rito del singar,<br />
durante il quale, con la sola guachuma, il prezioso e<br />
indispensabile cactus, poteva vedere gli avvenimenti<br />
più lontani nel tempo, nitidi e chiari come se si svolgessero<br />
sotto i suoi occhi. Era in grado anche di ridare ad<br />
un uomo la virilità perduta e in questo era una specialista.<br />
In molti arrivavano dalle regioni più remote del<br />
Paese per chiedere il suo aiuto e per farsi fumigare i genitali<br />
con la radice di huanarpo. Più spesso la curandera<br />
veniva consultata per aiutare la vita, ma conosceva anche<br />
molti modi per dare la morte. In questi casi, non rari,<br />
cercava sempre di dissuadere chi le rivolgeva tale richiesta<br />
dal prendere decisioni così gravose per la coscienza.<br />
Se i suoi tentativi non sortivano alcun effetto,<br />
insieme ad un potente veleno consegnava anche l’antidoto,<br />
ma non accettava doni. Inoltre diffidava coloro<br />
che avevano il coraggio di compiere un’azione così cattiva<br />
dal ripresentarsi dinanzi a lei.<br />
Quando Inès arrivò, la donna stava seduta immobile<br />
davanti alla porta di casa, aveva gli occhi chiusi ed il viso<br />
rivolto verso il sole. Sembrava una vecchia mummia con<br />
il volto incartapecorito color tabacco e le mani adunche<br />
posate sulle ginocchia. Per un momento Inès pensò che<br />
potesse essere morta. Avvicinandosi si accorse che la<br />
vecchia masticava lentamente e che dagli angoli della<br />
131
occa sdentata le colava un filo di saliva verde. Inès continuò<br />
ad avvicinarsi cautamente, facendo attenzione a<br />
che la sua ombra non lambisse la vecchia. Non osò parlare,<br />
ma attese che la donna, accortasi della sua presenza,<br />
aprisse gli occhi. Con cautela le depositò accanto il<br />
cesto di uova fresche che le aveva portato in dono e non<br />
si mosse finché la curandera, dopo aver fatto con il capo<br />
un cenno di approvazione, le rivolse la parola.<br />
– Che cosa vuoi?<br />
– Mia figlia è qui con mio nipote. Sono venuti dalla<br />
città, il bambino ha qualcosa, è magro, mangia poco,<br />
non cresce. I dottori non hanno risolto il problema. Sono<br />
venuta a chiedervi se siete disposta a vederlo.<br />
La vecchia ascoltò in silenzio con gli occhi chiusi.<br />
Prima di rispondere sputò un grumo di saliva verde e<br />
una pallottola di erba masticata. Inès in segno di rispetto<br />
non si scansò.<br />
– Domani mangerò le uova che mi hai portato e mi rimetterò<br />
in forze. Dopodomani sarà venerdì. Io avrò l’energia<br />
necessaria e tu potrai venire da me, due ore dopo<br />
il tramonto, con tua figlia e il bambino. Porta anche il<br />
vecchio, – puntualizzò la donna, chiudendo gli occhi e<br />
riprendendo la posizione in cui Inès l’aveva trovata.<br />
Due giorni dopo Inès, Gracia, il bambino e Juan si<br />
presentarono dalla curandera, che li accolse nel silenzio<br />
della sua casupola. Indossava un poncho logoro e stinto<br />
che le arrivava fin sotto i piedi. Juan, che nella sua vita<br />
non aveva mai incontrato una persona così vecchia, era<br />
imbarazzato e intimorito. Si guardò intorno. Le mensole<br />
che correvano lungo le pareti reggevano una grande<br />
quantità di oggetti, di erbe essiccate, di vasetti colmi di<br />
semi, pietre e conchiglie, di dimensioni e colori diversi.<br />
La vecchia prese la gallina nera che Inès le aveva portato<br />
e, dopo averle aperto il becco ed averci soffiato dentro<br />
132<br />
tre volte, la lasciò libera di razzolare a suo piacimento<br />
nello spiazzo di fronte alla casa, decidendo di utilizzare<br />
altri strumenti per la divinazione. Si tolse il poncho e lo<br />
distese per terra, si accovacciò ed invitò gli ospiti a sedersi<br />
in cerchio. Posò accanto a sé una zucca che conteneva<br />
piccoli semi rossi punteggiati di nero, una cesta<br />
traboccante di foglie di coca appena raccolte, ed una<br />
sorta di spada fatta di chonta, il legno magico che proveniva<br />
dalla selva. Controllò accuratamente che ogni cosa<br />
fosse al suo posto e diede inizio ai riti propiziatori. Fumò<br />
una sigaretta di tabacco nero, intinse il pollice e l’indice<br />
in un bicchiere di acquavite ed asperse la terra e le persone,<br />
infine bevette qualche sorso.<br />
– Spoglia il bambino, – ordinò a Gracia.<br />
Con una forza che Juan era ben lungi dall’immaginare,<br />
in un simile relitto umano, la curandera con una mano<br />
sollevò il piccolo che, terrorizzato da quanto vedeva,<br />
cominciò ad urlare. Gracia fece per intervenire, ma la<br />
donna, con un gesto imperioso, la fermò e si rivolse al<br />
bambino con un sorriso. Sebastian continuò ad urlare<br />
disperato e a dimenarsi invocando la madre, ma la curandera,<br />
impassibile, intonò una nenia in una lingua che<br />
Juan non conosceva.<br />
– È quechua, – riuscì a bisbigliare Inès all’indirizzo<br />
del genero, che le aveva lanciato uno sguardo interrogativo.<br />
L’effetto ipnotico della cantilena ed il tocco carezzevole<br />
della vecchia ebbero la meglio sulle paure del piccolo,<br />
che si tranquillizzò.<br />
Juan desiderò sottrarre il bambino indifeso all’ispezione<br />
e portarlo via da quel luogo. Era affascinato ed<br />
inorridito dalle mani della guaritrice che si muovevano<br />
sul corpicino nudo e smagrito di Sebastian; erano mani<br />
grandi per una donna, erano le mani di una vecchia, con<br />
133
le giunture nodose, la pelle rugosa e sottile, le vene del<br />
dorso gonfie e bluastre. Ciò che lo preoccupava erano le<br />
unghie dei pollici, lunghe, affilatissime e listate di nero,<br />
con le quali temeva che potesse ferire il bambino. Sapeva<br />
benissimo quale uso la curandera facesse di quegli artigli.<br />
Gracia gli aveva raccontato che, quando era bambina,<br />
per conoscere la causa della sua malattia e l’origine<br />
di quelle febbri che non passavano mai, la vecchia<br />
aveva dovuto leggere le viscere di un cuy, un porcellino<br />
d’India, e lo aveva sventrato ancora vivo con l’unghia<br />
del pollice. Juan si guardò intorno e non vide traccia di<br />
porcellini d’India, perciò si mise il cuore in pace sperando<br />
fortemente di non essere costretto ad assistere ad<br />
una simile pratica. Quando consultò l’orologio e si accorse<br />
che era già trascorsa un’ora, durante la quale la<br />
vecchia aveva controllato ogni centimetro del corpo di<br />
suo figlio, gli aveva toccato la pancia affondandovi le dita,<br />
gli occhi, le orecchie e perfino il cuoio capelluto. Con<br />
la lingua aveva “assaggiato” la fronte del bambino, per<br />
poi, finalmente, riconsegnarlo alla madre. Aveva bevuto<br />
ancora un sorso di acquavite prima di dare una risposta.<br />
– Il bambino non ha il malocchio, la sua fronte non è salata.<br />
Non ha un male del corpo che si può toccare, ma<br />
può avere un maleficio.<br />
Inès e Gracia, all’unisono, aprirono la bocca per domandare<br />
qualcosa, ma la vecchia ancora una volta impose<br />
il silenzio con un rapido movimento della mano;<br />
poi prese dal cesto una manciata di foglie di coca, le mise<br />
in bocca e cominciò a masticarle, ne prese un’altra<br />
manciata e le lanciò in aria perché cadessero sul poncho.<br />
Le foglie, come attratte da una calamita, caddero<br />
tutte nella parte sinistra del poncho, e solo alcune piroettarono<br />
a lungo per aria posandosi nella parte centrale.<br />
Due foglie, piccole, scivolarono invece nella parte<br />
134<br />
destra, con la pagina inferiore rivolta verso l’alto. Sotto<br />
gli occhi attenti degli astanti, che si interrogavano sul<br />
significato che la disposizione delle foglie avrebbe assunto,<br />
la curandera, seguendo un criterio che solo lei<br />
conosceva, cominciò, lentamente e con grande concentrazione,<br />
a scegliere le foglie e ad inserirle tra le dita della<br />
mano. Rimase in silenzio per un lungo momento prima<br />
di dare il responso definitivo, quindi parlò: – Maleficio.<br />
Il maleficio arriva da terre lontane, dal dolore di<br />
donne che soffrono.<br />
La vecchia si interruppe, continuò a masticare le foglie<br />
e ad osservare quelle che aveva tra le dita, bevette<br />
ancora acquavite, e aggiunse: – Suo padre ha causato<br />
quel dolore e ha portato il maleficio.<br />
Juan ascoltò esterrefatto le parole della curandera.<br />
Non riusciva a credere a quanto sentiva, e per un attimo<br />
ebbe paura che la donna potesse conoscere il suo segreto.<br />
Le lanciò uno sguardo colmo di terrore che la vecchia,<br />
abituata a scrutare nell’animo delle persone, non si<br />
lasciò sfuggire. Lo fissò intensamente con gli occhi lattiginosi,<br />
e tacque in attesa delle loro domande. Gracia<br />
aveva capito soltanto che suo figlio aveva un maleficio,<br />
pertanto domandò alla curandera se sarebbe stata in<br />
grado di eliminarlo.<br />
– Tutto si può fare, – rispose la donna, – devi portarmi<br />
il bambino ancora per tre volte, ogni martedì ed ogni<br />
venerdì, poi starà bene.<br />
– E mio marito cosa deve fare?<br />
Inès e la curandera si voltarono a guardarlo.<br />
– Tu? Tu porterai ancora dolore, – affermò la vecchia,<br />
dopo una lunga pausa, facendo salire una rabbia<br />
profonda nell’animo dell’uomo. Si guardò intorno come<br />
se cercasse qualcosa sulle mensole, poi riprese a parlare:<br />
– Potrei darti da bere l’infuso di quella radice che ti<br />
135
annullerebbe come uomo, – tacque ancora, chiuse gli<br />
occhi e sembrò riflettere sul da farsi. Juan la ascoltava<br />
incredulo e furente. – Segui il tuo destino, hai fatto un<br />
lungo viaggio per andargli incontro. Io posso curare il<br />
male, ma non posso cambiare la sorte. Il bambino comunque<br />
guarirà, è per questo che siete venuti da me. E<br />
ricordati che appartiene a questa terra.<br />
Juan tornò al villaggio sconvolto dall’ira. Si domandò<br />
come Gracia fosse riuscita a trascinarlo nel cuore della<br />
montagna per ascoltare il delirio di una pazza che lo<br />
aveva tenuto per quattro ore accoccolato sul pavimento.<br />
La notte era buia, solo uno spicchio di luna velato<br />
dalle nubi illuminava il sentiero. Inès procedeva spedita<br />
seguita da Gracia, Juan camminava a tentoni dietro di<br />
loro, preoccupandosi di non farsi distanziare.<br />
– Juan hai sentito? Che ne pensi delle parole della<br />
curandera? – chiese Gracia, ricordandosi che la vecchia<br />
inaspettatamente aveva coinvolto il marito nella sua profezia.<br />
– Chi sono le donne lontane che soffrono? Non<br />
avevi detto che le tue figlie erano felici di saperti sano e<br />
sereno con una moglie ed un bambino?<br />
Juan prese tempo prima di rispondere. Non sapeva<br />
cosa dire. Lì per lì non gli venne in mente niente. Temeva<br />
che la suocera potesse intuire qualcosa…<br />
– Forse non si riferiva al presente ma al passato, –<br />
provò.<br />
– Quale passato? Quando le hai fatte soffrire? Sei<br />
un uomo cattivo tu?<br />
– Sono cattivo? Mi conosci! Loro hanno sofferto<br />
quando ho deciso di lasciare l’Italia per andare in America.<br />
Avevano appena perduto la madre e non volevano<br />
che me ne andassi. Hanno pianto e supplicato, – aggiunse<br />
dopo un’altra pausa di riflessione.<br />
– Che cosa temevano? Ancora non sapevano che<br />
136<br />
non saresti tornato, – obiettò giustamente Gracia, cogliendolo<br />
in fallo.<br />
Questa domanda esigeva una risposta coerente.<br />
– Il viaggio era lungo e pericoloso e io non tanto giovane,<br />
– proseguì Juan, rianimato nel vedere che Gracia<br />
scuoteva la testa e approvava la sua risposta, – e si saranno<br />
rattristate ancora di più, quando ho comunicato loro<br />
che non sarei tornato. Del resto è comprensibile! Perdere<br />
la madre e non vedere più il padre è doloroso a<br />
qualsiasi età.<br />
– È stato prima di conoscere me? – domandò Gracia.<br />
– Certo cara. Pensa! Se non avessi deciso così, non ci<br />
saremmo mai incontrati, – la blandì Juan perché smettesse<br />
di fare domande.<br />
Madre e figlia ripresero a chiacchierare tra loro, organizzandosi<br />
per i giorni successivi, ed esclusero Juan<br />
dai loro discorsi. L’uomo, ormai più spedito sulla strada<br />
che si avvicinava al villaggio, prese il bambino addormentato<br />
dalle braccia della nonna e continuò a rimuginare<br />
tra sé le parole della curandera. “Causerò ancora<br />
dolore. Che cosa avrà voluto dire? E perché darmi da<br />
bere un intruglio?” pensò irritato dal fatto che la vecchia<br />
non fosse stata più esplicita. “Al diavolo tutto!<br />
Questa situazione è assurda, non posso lasciarmi intimorire<br />
dalle parole di una vecchia megera ai confini del<br />
mondo. Per il quieto vivere concederò ancora qualche<br />
giorno a Gracia e alle sue inammissibili superstizioni.<br />
Domani stesso andrò via di qua e mi terrò pronto per il<br />
viaggio nella capitale”.<br />
Juan tornò in città ed attese con impazienza che<br />
Blanca gli portasse notizie di Sebastian. La ragazza arrivò<br />
il mercoledì per rassicurare il padre in ansia: il bambino,<br />
dopo la seconda seduta, stava meglio dei giorni<br />
precedenti ed aveva mangiato, senza vomitarli, alcuni<br />
137
cibi. Juan, sebbene temporaneamente rassicurato da<br />
queste notizie, si tenne pronto a partire alla volta della<br />
capitale, ma Blanca, che tornò ancora la domenica successiva,<br />
lo rincuorò del tutto sulla salute del piccolo, che<br />
ormai mangiava senza problemi i cibi che la madre e la<br />
nonna gli preparavano seguendo le indicazioni della<br />
guaritrice. Gracia rimase ancora due settimane al villaggio.<br />
Il suo ritorno in città con il bambino guarito tra le<br />
braccia fu trionfale. Il piccolo aveva già cambiato aspetto,<br />
la sua pelle aveva perduto i toni grigiastri e le guance<br />
rosate gli illuminavano il viso. La donna, felice, raccontò<br />
allo scettico marito come la curandera avesse operato<br />
nelle sedute successive e come, oltre al maleficio, avesse<br />
individuato un altro problema che faceva star male il<br />
bambino. La donna, congedandola dopo l’ultima seduta,<br />
si era raccomandata perché Sebastian non mangiasse<br />
più alcuni cibi che, come aveva spiegato, “hanno il potere<br />
di allontanare il corpo dall’anima e a lungo andare<br />
lo porterebbero alla morte”.<br />
Juan, con sollievo, prese atto della situazione e provò<br />
a spiegare a Gracia ciò che pensava. Non credeva al maleficio<br />
né alle farneticazioni della curandera, ma di fronte<br />
alle resistenze della moglie tenne per sé i propri pensieri.<br />
* * *<br />
Il 27 aprile 1933, nel giorno del suo cinquantottesimo<br />
compleanno, Juan ricevette la notizia che sarebbe<br />
diventato padre per la seconda volta. Sua moglie, al secondo<br />
mese di gravidanza, era florida e serena ed accolse<br />
con gioia l’arrivo di un nuovo figlio. Ne aveva già partoriti<br />
tre, mettere al mondo il quarto non sarebbe stato<br />
un problema. La nuova paternità lo fece sentire chiuso<br />
138<br />
in una morsa di responsabilità che lo indusse a prendere<br />
una decisione solenne. L’ora di chiarire la sua posizione<br />
con la famiglia in Italia era arrivata. Avrebbe confessato<br />
tutto! Quanto a Gracia, non era necessario che sapesse.<br />
Nonostante i propositi, però, continuò a rimandare il<br />
momento in cui avrebbe scritto, finché la spinta alla<br />
lealtà, sopraffatta dalle vicissitudini quotidiane, si affievolì<br />
e lo abbandonò. Così Juan attese un’altra occasione<br />
più propizia, magari la nascita del figlio che, imprimendo<br />
al suo animo la giusta carica emotiva, gli avrebbe finalmente<br />
consentito di liberarsi del suo segreto.<br />
I mesi trascorsero lentamente, il bambino cresceva<br />
nel ventre di sua madre; i movimenti di Gracia si fecero<br />
più lenti ed impacciati e la donna, alquanto appesantita,<br />
trascorreva a letto quasi tutta la giornata, accudita da<br />
Inès e da Blanca. Quando i nove mesi furono compiuti,<br />
senza evidenti difficoltà diede alla luce una bella e robusta<br />
bambina che, tra lo stupore dei presenti, nacque con<br />
gli occhi aperti e con il sorriso sulle labbra. Questo fatto<br />
fu considerato di buon auspicio dalla nonna e dalla levatrice,<br />
che immediatamente profetizzarono per Felicia,<br />
così aveva deciso di chiamarla sua madre, felicità e<br />
fortuna. La nonna si premurò di posare sulla sua culla<br />
un bellissimo chumpi tessuto al villaggio. Sapeva che la<br />
piccola, allevata in città, non avrebbe mai avuto occasione<br />
di indossare quella tradizionale cintura di finissima<br />
lana colorata che, in ogni caso, le avrebbe portato<br />
gioia e ricchezza. Le due donne non sapevano che il destino<br />
aveva in serbo qualcosa di diverso per la bambina,<br />
che, a dispetto degli auspici tratti così in fretta, fu accuratamente<br />
scansata dalla Fortuna sin dai primi giorni di<br />
vita. Ad una settimana dalla sua nascita la madre morì<br />
senza che il medico, chiamato d’urgenza, ne capisse il<br />
motivo e potesse intervenire per salvarla. La piccola fu<br />
139
attezzata subito dopo la morte di sua madre, ed accanto<br />
al nome che Gracia aveva scelto per lei, le fu imposto<br />
anche quello di Cruz, e poiché i due nomi accostati potevano<br />
suonare inopportuni, suo padre e sua nonna decisero<br />
che sarebbe stata semplicemente Cruz, a memoria<br />
perenne dell’evento doloroso che aveva accompagnato<br />
la sua nascita.<br />
La disperazione di Juan per la morte di Gracia fu seconda<br />
soltanto al dolore di Inès per la perdita della figlia.<br />
Tutti i disegni dell’uomo per il futuro dei suoi bambini<br />
si frantumarono, polverizzati da un’imprevedibile<br />
realtà. Questa volta non sarebbero bastati i suoi libri ad<br />
allontanarlo dal mondo e ad aiutarlo a placare il tormento.<br />
Il dolore, in quel momento, esigeva l’azione e<br />
non la contemplazione. Come prendersi cura di due infanti<br />
e di due adolescenti che avevano perduto la madre?<br />
Senza che lui potesse trovare il tempo di domandarle<br />
qualcosa, Inès decise di rimanere in città e di assumere,<br />
nei confronti dei bambini e nella direzione della<br />
casa, il ruolo che era stato di sua figlia. Juan si sentì alleviato<br />
dal gran carico di responsabilità e fu d’accordo<br />
con la decisione della suocera. Ben presto, tuttavia, tra i<br />
due cominciarono i contrasti. Inès odiava il genero, lo<br />
riteneva responsabile della morte della figlia e non trascorreva<br />
giorno che non glielo rinfacciasse. Juan comprendeva<br />
il dolore della donna e cercava, tacendo, di<br />
tollerarne lo sfogo. Che cosa avrebbe potuto rispondere?<br />
Del resto Inès aveva ragione, era stato un pazzo egoista,<br />
avrebbe dovuto rinunciare ad avere altri figli. Se solo<br />
avesse potuto prevederlo!<br />
Con il tempo il dolore di Inès non si attenuò e le accuse<br />
contro il genero divennero insopportabili. Juan<br />
cercò di essere conciliante.<br />
– Donna Inès, invece di accusarmi ingiustamente<br />
140<br />
aiutatemi a crescere bene questi bambini… Cerchiamo<br />
di trovare una soluzione perché non ne posso più!<br />
– La soluzione la dovevi trovare tu, prima. Mia figlia<br />
è stata sfortunata. Solo disgrazie da quando ti ha<br />
incontrato! – accusò Inès. – Le maledizioni che ti porti<br />
appresso ci hanno già fatto soffrire abbastanza!<br />
– Chi vi ha messo in testa queste stupidaggini? – si<br />
spazientì Juan. – La sorte ha voluto così!<br />
– La sorte? Eppure ti è stato detto chiaramente che<br />
ti porti appresso il maleficio, la curandera…<br />
– Al diavolo la curandera! – la interruppe Juan. –<br />
Basta! Vi ricordo che siete a casa mia, smettetela o vi<br />
caccio quant’è vero Iddio! – aggiunse, urlando con la<br />
voce strozzata dall’ira.<br />
– Io non andrò via di qua neanche morta! Devo proteggere<br />
i bambini e lo farò ad ogni costo!<br />
Juan era esasperato. – Da chi li volete proteggere, da<br />
me? Io sono il padre. Ve lo siete scordato o pensate che<br />
abbia intenzione di fargli del male? Io li amo più di me<br />
stesso, sono il mio sangue e per loro sono disposto a<br />
tutto!<br />
– Tu ti porti appresso il maleficio, è questo il danno<br />
che puoi fare ai bambini.<br />
– Se non la smettete subito, io i bambini me li porto<br />
in Italia e voi non li rivedrete mai più. Siete contenta<br />
così? – minacciò l’orafo.<br />
Inès tacque di colpo e lanciò al genero uno sguardo<br />
carico di odio feroce.<br />
* * *<br />
Trascorsero alcuni mesi durante i quali i loro rapporti<br />
si inasprirono ulteriormente. Ormai si rivolgevano<br />
la parola solo per necessità, e la presenza di uno di<br />
141
loro accanto ai bambini implicava l’assenza dell’altro.<br />
Così Juan, pur nella propria casa, cominciò a poter trascorrere<br />
sempre meno tempo accanto ai piccoli e Inès<br />
faceva di tutto per sottrarli alla sua vista. Juan, esasperato<br />
ed avvilito, pensò di liberarsi di lei, ma prima di<br />
agire doveva studiare bene il modo. Affrontarla apertamente<br />
avrebbe significato ricadere nei soliti discorsi<br />
medioevali dei malefici e delle maledizioni. O la morte<br />
della figlia aveva sconvolto la mente di Inès o queste<br />
convinzioni superstiziose erano così profondamente<br />
radicate nell’animo della donna che niente, nessun discorso<br />
e nessun comportamento, avrebbe potuto cambiare<br />
la situazione. Lo addolorava privare i piccoli di<br />
quella figura familiare che costituiva per loro un valido<br />
punto di riferimento, sarebbe stato come privarli ancora<br />
una volta della loro madre, tuttavia il suo comportamento<br />
non gli lasciava altra scelta.<br />
Inès odiava Juan e non faceva niente per nasconderlo,<br />
avrebbe voluto che soffrisse almeno quanto soffriva<br />
lei per la morte della sua unica, sfortunata figlia. Invece<br />
lui, dopo i primi giorni in cui si era disperato, sembrava<br />
essere tornato perfettamente tranquillo: mangiava, dormiva,<br />
sorrideva, andava a lavorare ed aveva scordato<br />
Gracia. Sarebbe voluta tornare al villaggio, dove si sentiva<br />
protetta e sicura, portando con sé i bambini, ma da<br />
sola non sarebbe riuscita a tirarli su tutti e quattro. Non<br />
avrebbe avuto il denaro per pagare la retta del collegio<br />
per le ragazzine e non sapeva nemmeno se, vedendo lei<br />
mezza india, le suore avrebbero accettato di mantenerle,<br />
istruendole ed educandole come se fossero bianche.<br />
Suo genero era stato necessario a questo riguardo. Il padre<br />
di Gracia era bianco, come pure il padre delle due<br />
ragazzine, che lasciavano solo intuire le tracce delle loro<br />
ascendenze. Juan, con la sua presenza distinta ed i suoi<br />
142<br />
rapporti con le alte cariche ecclesiastiche, era riuscito a<br />
cancellare quel pallido barlume di sangue non puro e a<br />
fare accettare le bambine in uno dei migliori collegi della<br />
città. Lei cosa avrebbe potuto fare? Il denaro e la presenza<br />
di Juan erano necessari per assicurare a tutti i suoi<br />
nipoti un futuro. La sua minaccia di andarsene con i<br />
piccoli le rimaneva inchiodata nella mente. In tal caso<br />
lei cosa avrebbe fatto? Era molto spaventata e preoccupata.<br />
Negli ultimi tempi l’orafo si era incontrato molto<br />
spesso con Carlo Palombelli che, l’ultima volta, il giovedì<br />
della settimana precedente, era venuto a trovarlo<br />
con una cartella piena zeppa di fogli e giornali. Divorata<br />
dalla curiosità, Inès aveva incollato l’orecchio alla porta<br />
e lo aveva sentito confidare all’amico italiano il suo desiderio<br />
di cedere l’attività e di vendere, ma non era riuscita<br />
a saperne di più perché, all’improvviso, suo genero<br />
aveva proseguito la discussione in italiano. In mancanza<br />
di notizie dirette, la donna trascorse il tempo a spiare i<br />
movimenti di Juan per scoprire un indizio che le rivelasse<br />
le sue intenzioni. Continuò ad origliare alle porte, a<br />
controllare gli orari dei suoi spostamenti, si recò al negozio<br />
e interrogò Pedro e Ignacio, che furono gentili,<br />
ma del tutto vaghi nelle risposte.<br />
Pedro e Ignacio, invece, sapevano una grande quantità<br />
di cose e così anche Carlo Palombelli. Con loro Juan<br />
si era confidato. Era vero, voleva vendere il negozio e<br />
tornare in Italia con i bambini. La sua decisione era definitiva<br />
e non era soltanto l’odio di Inès nei suoi confronti<br />
ad averlo spinto a questo passo. L’Italia era la sua<br />
patria e sarebbe stata anche quella dei bambini. Adesso<br />
che Gracia era morta non c’era niente che lo legasse a<br />
questo Paese. Era anziano, e aveva il terrore di morire<br />
lasciando sole quelle piccole anime che, invece, in Italia<br />
avrebbero trovato l’affetto e il calore di una famiglia. In<br />
143
Italia Sebastian e Cruz avrebbero potuto condurre una<br />
vita serena, lontani dalla violenza e dalla paura. Sulla<br />
sua decisione pesava anche il ricordo dei terribili episodi<br />
che, poco tempo prima, avevano insanguinato la città<br />
e il Paese. Aveva ancora nelle orecchie le urla disperate<br />
della moglie e dei figli del maestro Raoul Martin, e i passi<br />
dei miliziani che lo avevano picchiato e trascinato via<br />
nella notte. Almeno un migliaio di persone sospettate di<br />
eversione erano sparite e non si sapeva che fine avessero<br />
fatto. Si parlava, sottovoce e con grande timore, di esecuzioni,<br />
ma nessuno aveva avuto il coraggio di andare a<br />
chiedere notizie dei parenti o degli amici scomparsi, né<br />
di andare a controllare nella città di sabbia in mezzo al<br />
deserto dove si diceva che fossero stati giustiziati. Neanche<br />
Juan c’era mai andato, aveva però intravisto la Città<br />
delle Lunghe Muraglie molti anni prima, mentre con<br />
Valentino si recava alle miniere. Aveva sempre desiderato<br />
visitare quel complesso monumentale interamente<br />
costruito con gli adobe, i mattoni di fango: adesso sapeva<br />
che non lo avrebbe mai fatto. Era trascorso più di un<br />
anno da quegli avvenimenti terribili, ma la tensione era<br />
ancora palpabile e la paura sempre presente tra la popolazione.<br />
Tutto avrebbe potuto ripetersi di nuovo. In Italia<br />
invece sembrava che ci fosse tranquillità e sicurezza<br />
economica. Se ne parlava al circolo e Carlo gli aveva<br />
portato alcuni giornali.<br />
Era dispiaciuto per le due ragazzine figlie di Gracia,<br />
ma per lui adesso la cosa più importante era il destino<br />
dei due piccolini. Così una sera, dopo essere rientrato a<br />
casa ed aver trovato, come al solito, tutto buio, i bambini<br />
addormentati e la cena fredda, si chiuse a chiave nella<br />
propria stanza, prese carta e penna e scrisse una lunga<br />
lettera a Dora, la più pacata e comprensiva delle figlie,<br />
confessando la sua colpa. La pregò di essere cauta nel<br />
144<br />
raccontare tutto a sua madre e la scongiurò di perorare,<br />
insieme alle altre sorelle, la sua causa presso di lei. «…<br />
Riconosco di aver sbagliato e vi chiedo perdono con<br />
tutto il cuore per l’offesa e per il disonore che è ricaduto<br />
su di voi, tuttavia sappiate che quando tornerò, se vostra<br />
madre permetterà che io torni, la vergogna sarà solo<br />
la mia ed io salderò tutti i debiti morali e materiali che<br />
ho con voi…»<br />
Il giorno dopo non aveva cambiato idea, lesse ancora<br />
una volta ciò che aveva scritto e pensò di aver trovato i<br />
tasti giusti per muovere il cuore di Margherita. Chiuse<br />
accuratamente il foglio in una busta, si vestì velocemente<br />
e, senza cercare di vedere i bambini, uscì di buon’ora<br />
per imbucare la lettera. Dopo si sentì più leggero. Ormai<br />
non poteva tornare sui suoi passi. In mattinata la<br />
posta sarebbe stata ritirata e l’indomani la sua lettera si<br />
sarebbe trovata sul piroscafo che attraversava l’oceano.<br />
Margherita avrebbe saputo e lo avrebbe perdonato. Era<br />
una donna buona e caritatevole, sempre pronta a tendere<br />
la mano a chiunque le chiedesse aiuto. Avevano condiviso<br />
gioie e dolori, si sarebbe infuriata ma, di fronte<br />
alle sue argomentazioni, era certo che non avrebbe resistito<br />
ed avrebbe saputo perdonare.<br />
Quella mattina Blanca nel riordinare la camera di<br />
Juan notò le carte sparse sullo scrittoio, la penna e l’inchiostro<br />
fuori posto. Questa era una di quelle novità<br />
delle quali Inès aveva preteso che la ragazza la informasse.<br />
Inès l’aveva messa in guardia sul fatto che don Juan<br />
aveva l’intenzione di lasciare la città; le conseguenze di<br />
questo gesto sarebbero state spiacevoli anche per lei,<br />
che sarebbe rimasta senza lavoro, per questo doveva fare<br />
di tutto per evitare che don Juan se ne andasse.<br />
– Come posso fare io a far restare don Juan nel nostro<br />
Paese? – domandò stupita la ragazza.<br />
145
– Tu non preoccuparti che il modo per non lasciarlo<br />
partire lo trovo io. Tu mi devi informare immediatamente,<br />
se noti qualcosa di strano o di diverso nel suo<br />
comportamento. Qualsiasi cosa, gli orari, i vestiti, ogni<br />
minimo indizio.<br />
Blanca, anche se non era dotata di molto acume,<br />
comprese subito che quella era una delle cose diverse<br />
dal solito di cui doveva informare Inès. Lo fece subito,<br />
e Inès cominciò ad attendere una lettera dall’Italia.<br />
146<br />
Per pettinarsi Margherita si allontanò dallo specchio.<br />
La propria immagine riflessa la infastidiva, la solitudine<br />
aveva conferito al suo viso un’espressione triste<br />
che lei preferiva ignorare. Viveva sola, e la sua vita scorreva<br />
piuttosto monotona tra le visite saltuarie delle figlie<br />
e quelle quotidiane delle solite comari con le quali, per<br />
intere giornate, seduta davanti al camino d’inverno e<br />
davanti alla porta di casa d’estate, consumava, a furia di<br />
parlarne, le banali novità del paese: nascite, morti, matrimoni<br />
e liti coniugali. L’ultimo evento che, per settimane,<br />
aveva fatto spalancare la bocca a tutta la cittadinanza<br />
era stato il matrimonio della maestra Maria. Margherita<br />
era stata la prima ad esserne informata. La promessa<br />
sposa, infatti, si era recata a ritirare il corredo custodito<br />
dall’amica e con gli occhi traboccanti di felicità<br />
le aveva confidato ogni cosa: – Fra un mese io e Filippo<br />
coroneremo il nostro sogno d’amore. Abbiamo atteso<br />
ben trentacinque anni e finalmente il Signore lo ha liberato<br />
grazie alle mie preghiere.<br />
– Sono contenta per voi, ma penso proprio che se il<br />
Signore avesse voluto facilitarvi le cose lo avrebbe fatto<br />
molto tempo prima senza farvi aspettare trentacinque<br />
anni, – aveva osservato sarcastica Margherita.<br />
L’anziana maestra aveva abbassato gli occhi colmi di<br />
lacrime che le erano scivolate giù perdendosi tra le rughe.<br />
– Asciugate quelle lacrime! Non siete stati i soli a soffrire,<br />
anche quella povera moglie avrà avuto la sua buona<br />
dose di dolore.<br />
– Ma che dite? Lei non ha mai saputo niente. Solo<br />
147
voi sapevate qualcosa e vi ringrazio per non avermi tradito.<br />
Ora certamente la notizia farà scalpore, ma noi<br />
non vogliamo più nasconderci. Vivremo in città nella<br />
sua casa, ricompreremo i mobili e finalmente saremo felici.<br />
Margherita aveva provato una punta d’invidia pensando<br />
alla felicità della donna e ne aveva apprezzato la<br />
perseveranza, dopotutto aveva atteso l’uomo che amava<br />
per un tempo lunghissimo. Questo doveva essere per lei<br />
un monito a non perdere la speranza? Non le piaceva<br />
parlare con nessuno del marito e della sua assenza, era<br />
un dolore profondo che teneva per sé.<br />
Assunta la esortava ad essere più realistica e a pensare<br />
a se stessa. – Mamma come fate a dargli ancora fiducia?<br />
C’è qualcosa che non quadra. Salvatore non mi ha<br />
mai lasciato senza niente, quando denaro ne aveva poco<br />
ne mandava poco. È possibile che il babbo rimanga in<br />
un paese straniero a vivere di stenti? E senza un motivo<br />
reale! Io non posso crederci! Come avrà potuto rinunciare<br />
a tutte le comodità che aveva a casa sua?<br />
– Tuo padre è sempre stato un uomo onesto. Non ci<br />
ha mai mentito, perché dovrebbe essere cambiato?<br />
– La vita ci cambia, mamma! Non sappiamo nulla<br />
di quello che ha trovato laggiù. Sarebbe dovuto tornare<br />
dopo un anno, al massimo due, e invece sono passati<br />
otto anni. Vedrete! Tornerà vecchio, e solo per farsi<br />
accudire da voi. Datemi retta! Vendete questa casa.<br />
Compratene una piccola vicino a me e ad Agnese, intanto<br />
non sarete sola e quando tornerà ce ne sarà anche<br />
per lui.<br />
Le parole di sua figlia davano corpo a tutte le sue<br />
paure e la toccavano nel profondo, ma non sarebbe andata<br />
via dalla sua casa. Ancora no! Sarebbe stato come<br />
arrendersi e lei non era ancora disposta a cedere di fron-<br />
148<br />
te al paese, che ormai la considerava una delle tante “vedove<br />
bianche” in attesa di un marito che non tornava e<br />
scriveva sempre meno. L’ultima lettera di Giovanni risaliva<br />
al Natale precedente e mancava solo un mese al<br />
Natale del millenovecentotrentatre. Quello era sicuramente<br />
un anno di freddo eccezionale per tutti i paesini<br />
della montagna, in cui la vita sembrava essersi fermata.<br />
Nevicava in continuazione, nessuno osava aggirarsi per<br />
le strade e Margherita si sentiva abbandonata. L’assenza<br />
di Assunta le pesava. Avrebbe desiderato averla accanto,<br />
la figlia, ma ormai neppure la sua vecchia casa esisteva<br />
più. Era stata rasa al suolo per fare posto alla scuola<br />
elementare, un edificio nuovo, il più grande del paese.<br />
Costruirlo non era stato semplice né lo era stato convincere<br />
i genitori a lasciarci entrare i bambini. C’erano volute<br />
processioni e benedizioni sin dal momento in cui,<br />
sotto i primi colpi di piccone, erano venuti alla luce quei<br />
tre scheletri antichi. – Un adulto e due bambini, – aveva<br />
sentenziato il brigadiere Parri. Il paese era piombato sugli<br />
scavi e gli anziani avevano frugato nella loro memoria<br />
raccontando storie su storie. Era stato il vecchio Raffaele,<br />
padrone della segheria, a ricordare un episodio<br />
accaduto durante la giovinezza di sua madre. In circostanze<br />
misteriose una donna con i suoi figli erano spariti<br />
dal paese. Il marito, che aveva denunciato la scomparsa,<br />
era stato sospettato di omicidio. Aveva subìto lunghi interrogatori,<br />
un processo, ma non la condanna, dato che<br />
i corpi non erano stati mai ritrovati. L’uomo aveva vissuto<br />
per qualche anno in disperata solitudine, emarginato<br />
dai compaesani che lo consideravano colpevole, quindi<br />
si era ammalato e consumato come un lumicino. Sul letto<br />
di morte aveva voluto liberarsi la coscienza, confessando<br />
di aver ucciso i bambini e la moglie che voleva abbandonarlo.<br />
Non aveva fatto in tempo a rivelare dove si<br />
149
trovassero i corpi di quegli infelici. Quale che fosse realmente<br />
la loro storia, quei poveri resti avevano ricevuto<br />
degna sepoltura e Margherita aveva recitato le preghiere<br />
per le loro anime tormentate. Avrebbe voluto raccontare<br />
l’accaduto a sua figlia, ma sapeva che avrebbe accolto<br />
con grande fastidio la voce del paese che collegava<br />
quegli scheletri ai rumori che l’avevano assillata per tanto<br />
tempo. Assunta era proprio come suo padre, non<br />
avrebbe mai ammesso, almeno non davanti a lei, che<br />
presenze invisibili e forze inspiegabili potessero popolare<br />
il mondo dei vivi, e a maggior ragione ora che aveva<br />
superato gli esami di ammissione al corso di infermiera<br />
nell’ospedale della città.<br />
* * *<br />
Il sedici novembre Dora, intenta ad allattare l’ultimo<br />
nato, lesse la lettera che suo padre le inviava dopo quasi<br />
un anno di silenzio. Sussultò e il poppante, che percepì<br />
il cambiamento repentino del suo stato d’animo, cominciò<br />
a strillare. Dora lo ignorò, continuando a leggere<br />
allibita. Chi lo avrebbe detto alla mamma? Era sconvolta,<br />
aveva bisogno di confidarsi con qualcuno, aveva<br />
necessità di un consiglio. Posò il bambino, che ancora si<br />
lamentava perché il suo pranzo era stato interrotto bruscamente,<br />
e corse dal marito. Trafelata gli annunciò di<br />
aver ricevuto una lettera dal padre.<br />
– Oh mi fa piacere, mandagli i miei saluti, – rispose<br />
Paolo senza sollevare la testa dal banco di lavoro.<br />
– Ha scritto cose molto gravi, le ha confessate a me e<br />
vuole che sia io a riferirle alle mie sorelle e a mia madre.<br />
Povera mamma, – pianse Dora. – Non so come fare.<br />
– Che cosa ha fatto di preciso? – domandò distrattamente<br />
Paolo, più per dovere che per interesse.<br />
150<br />
– Ha due figli! – urlò Dora, soffocata dal pianto.<br />
– Due figli? – fece eco l’uomo. – Auguri!<br />
– Devo trovare una soluzione. Vado da mia sorella<br />
Assunta.<br />
– Oh mi fa piacere, salutala, – le rispose Paolo, sorridendo<br />
indifferente.<br />
Dora scappò via esasperata, suo marito non avrebbe<br />
potuto esserle di nessun aiuto. Si domandò che cosa le<br />
desse la forza di sopportare ancora quell’uomo sempre<br />
distratto e assente, che a malapena ricordava il nome dei<br />
propri figli. Avrebbe dovuto trovare il coraggio di lasciarlo<br />
quella stessa mattina in cui, a due mesi dal matrimonio,<br />
lui l’aveva delusa per la prima volta.<br />
Qualcosa l’aveva svegliata. Era stato il tramestio che<br />
giungeva dal piano inferiore della sua casa, il borbottio<br />
sommesso di qualcuno che teneva bassa la voce, il tonfo<br />
sordo di un grosso oggetto che cade. Era balzata giù dal<br />
letto, rabbrividendo al contatto con il pavimento gelato.<br />
Avvolta in uno scialle si era precipitata al piano di<br />
sotto per scoprire la casa quasi vuota. Dalla cucina mancavano<br />
la credenza e le sedie, dalla sala il divano e tutte<br />
le suppellettili. Pensando ad un furto era corsa verso il<br />
portone spalancato. In mezzo alla via, nella luce tenue e<br />
lattiginosa del mattino, un uomo e una donna finivano<br />
di caricare i suoi mobili su un carro. Paolo sorrideva e<br />
continuava ad inchinarsi con aria deferente, ringraziando.<br />
– Grazie per la gentilezza e per la pazienza, – lo aveva<br />
sentito cantilenare Dora, esterrefatta. Quando Paolo<br />
si era voltato e l’aveva notata, immobile nella cornice<br />
del portone, che pareva l’immagine di una martire, l’aveva<br />
presa per mano e condotta in cucina. Lei, docile, lo<br />
aveva seguito.<br />
– Siediti e lascia che ti spieghi, – le aveva detto mettendola<br />
a sedere come una bambina. Le aveva ricom-<br />
151
posto i capelli e le aveva posato i piedi sull’altra sedia<br />
perché non si raffreddasse. – Volevo fare bella figura<br />
con te e con la tua famiglia. Volevo farti felice, almeno<br />
per un po’.<br />
Dora era venuta a sapere così di aver vissuto in una<br />
casa i cui mobili, per metà, erano presi in prestito. Si era<br />
rassegnata, aggrappandosi alla speranza di poter ricomprare<br />
tutto al più presto, ma, nei mesi successivi, anche i<br />
gioielli erano spariti, e aveva scoperto che Paolo, nella<br />
gioielleria, era un semplice commesso. Questi avvenimenti<br />
erano stati causa di litigi continui, e Dora avrebbe<br />
voluto abbandonare quel marito che dopo poche parole<br />
di scusa se ne andava senza più badare a lei. Poi erano<br />
arrivati i bambini.<br />
* * *<br />
Assunta fu piacevolmente sorpresa per la visita inaspettata<br />
della sorella, ma la sua gioia si trasformò in rabbia<br />
e disperazione quando Dora la mise al corrente dei<br />
fatti e le mostrò la lettera. Non esisteva un modo indolore<br />
per comunicare la notizia a Margherita. Dopo alcuni<br />
giorni di tentennamenti, di decisioni prese e subito<br />
sconfessate, Assunta ritenne opportuno non indugiare<br />
oltre. Affidò i propri figli a Dora e si recò da sua madre.<br />
– Ho pregato tanto la Madonna perché qualcuna di<br />
voi si facesse viva ed eccoti qua. Ti preparo un buon<br />
caffè caldo, sei tutta gelata! Ma perché quella faccia? È<br />
successo qualcosa ai bambini?<br />
– Mamma, i bambini stanno bene, non vi preoccupate<br />
per loro. Sono venuta per portarvi a casa. Non mi piace<br />
sapervi sola con questo tempo.<br />
– Ti preoccupi per niente, fra poco smetterà di nevicare,<br />
vedrai! Ma cosa c’è, stai male? – chiese Margheri-<br />
152<br />
ta, sconcertata dall’espressione della figlia che non le<br />
aveva sorriso nemmeno una volta.<br />
Assunta allungò le mani sul fuoco e la rassicurò, poi<br />
con tono perentorio la invitò a fermarsi: – Sedetevi un<br />
momento, mamma! È arrivata una lettera dal babbo…<br />
ci sono novità che non vi piaceranno e che dovremo discutere<br />
tutte insieme.<br />
– Che novità ci sono? Tuo padre sta male? Che cosa<br />
gli è successo? – si allarmò la donna.<br />
– Babbo è in piena salute a quanto pare. Ha due figli.<br />
– Ha due… cosa? – Margherita si immobilizzò. Fu<br />
come se un fulmine l’avesse colpita.<br />
– Due figli, – ripeté Assunta, con voce strozzata.<br />
– Tuo padre? Da quando? – le gambe cedettero, e la<br />
donna crollò pesantemente su una sedia.<br />
Assunta cominciò a piangere. – Da poco. Sono piccoli.<br />
L’indignazione ebbe il sopravvento sulla sorpresa.<br />
Margherita recuperò subito le forze e la voce. – Che animale!<br />
E a chi ha dato la notizia a te o a tua sorella? –<br />
esplose.<br />
– A Dora. Non ha avuto il coraggio di scrivere a voi.<br />
– Animale! Infame! E io qui ad aspettare senza una<br />
lira. Io ho mendicato il pane dalle mie figlie e lui non ha<br />
avuto il coraggio?<br />
Il caffè sul fuoco si bruciò.<br />
– Smetti di piangere! – ingiunse alla figlia. – Vedi? Io<br />
non piango. Io lo maledico quel verme, lo maledico e gli<br />
auguro di provare lo stesso dolore e la stessa vergogna<br />
che proviamo noi!<br />
Così dicendo si alzò e andò nella sua camera, frugò<br />
nei cassetti, finché trovò una bella foto in cui Giovanni<br />
indossava un abito elegante e aveva il suo bastone da<br />
passeggio con la testa di levriero; da un altro cassetto<br />
153
tirò fuori una cornice, vi mise la fotografia e la posò sul<br />
cassettone, accanto a quella del figlio Pietro.<br />
– Che cosa fate? – domandò Assunta, che aveva seguito<br />
sua madre e non riusciva a capire il motivo di quel<br />
gesto. Lei la foto l’avrebbe stracciata in mille pezzi.<br />
– Ecco! Adesso per me tuo padre è morto ed io non<br />
voglio sentirne parlare mai più!<br />
– Oh mamma, c’è ancora da parlare invece, – piangeva<br />
Assunta. – Venite a casa mia, con calma leggerete la<br />
lettera e poi decideremo. Vi prego!<br />
Assunta dovette insistere moltissimo per convincere<br />
sua madre, che infine acconsentì e andò con lei.<br />
Come la vide anche Dora non trattenne le lacrime.<br />
Assunta, in breve, la mise al corrente di quanto era accaduto.<br />
Margherita proibì alle figlie di piangere,<br />
mandò a chiamare Agnese e si fece consegnare la lettera<br />
del marito.<br />
«Parlane con le tue sorelle, figlia mia, e dite a vostra<br />
madre che ho voluto che i bambini nati in questo Paese<br />
avessero i nomi dei nostri cari Pietro ed Emma che non<br />
sono più su questa terra, ma sono sempre nel mio cuore.<br />
Io non cerco scusanti, chiedo solo il vostro perdono.<br />
Abbiate pietà di questi poveri piccoli! La loro madre è<br />
morta e se vostra madre acconsentirà io ritornerò in Italia<br />
con loro…»<br />
Margherita lesse sino in fondo. Una furia cieca minacciava<br />
di farle scoppiare il cuore, cercò di dominarsi,<br />
posò la lettera sul tavolo e si pulì le mani sul vestito come<br />
se il contatto con quel foglio le ripugnasse.<br />
– Che tu possa crepare e morire di dolore, maledetto!<br />
I figli che io ho messo al mondo non possono essere<br />
sostituiti da nessuno. Questa è la mia risposta.<br />
– Mamma, ci avete pensato bene? – intervenne dolcemente<br />
Dora. – Non lo rivedremo più, mai più.<br />
154<br />
– Scema! – la riprese la madre con tono aspro – Se la<br />
madre dei suoi figli fosse vissuta, pensi che l’avremo visto<br />
ancora? Apri gli occhi! Lui ha bisogno di qualcuno<br />
che gli allevi i bambini. Ma qui non troverà nessuno!<br />
– È la vostra ultima parola mamma? Non volete pensarci<br />
ancora? Aspettiamo che questa rabbia ci sia passata<br />
e poi decideremo a mente fredda, – propose Assunta.<br />
– Io ho deciso e non cambierò idea, il tempo non può<br />
fare altro che confermare la mia decisione. Ve lo immaginate<br />
vostro padre girare per il paese con i suoi bastardi?<br />
Non oso pensare ai commenti della gente! Che una<br />
di voi scriva la risposta. Dora, scrivi tu visto che lui si è<br />
rivolto a te e usa le parole che vuoi, non mi interessa, ma<br />
il concetto deve essere ben chiaro: qui non lo voglio più<br />
vedere!<br />
E Dora scrisse.<br />
155
1934<br />
Inès lanciò uno sguardo rapace al postino, che con<br />
esasperante lentezza frugò nella borsa di cuoio e le consegnò<br />
una busta bianca leggermente spiegazzata.<br />
– Ecco qui! Per vostro genero, dall’Italia.<br />
Provò un senso di trionfo. La vittoria sarebbe stata<br />
sua, avrebbe scoperto le intenzioni di Juan e lo avrebbe<br />
battuto sul tempo. Ma prima avrebbe dovuto risolvere<br />
un problema: la lettera doveva essere letta e tradotta.<br />
Lei a malapena sapeva scrivere il proprio nome e chiedere<br />
aiuto ai compatrioti di suo genero non sarebbe<br />
stata un’idea felice. Le avrebbero fatto mille domande<br />
e nel giro di un’ora Juan sarebbe venuto a conoscenza<br />
dei suoi tentativi. Decise dunque di attendere il momento<br />
opportuno.<br />
Anche Juan attendeva con impazienza quella lettera.<br />
Sapeva bene che ci sarebbe voluto del tempo prima che<br />
le sue donne in Italia assorbissero il colpo e gli comunicassero<br />
la loro decisione. Avrebbe dovuto attendere<br />
che, laggiù, la notizia fosse discussa nel segreto delle<br />
mura domestiche, accettata e comunicata al paese che, a<br />
sua volta, avrebbe condannato, commentato, accettato.<br />
Per il resto l’orafo era quasi certo della risposta. Sapeva<br />
di aver usato le parole giuste per commuovere la donna<br />
con la quale aveva vissuto per trent’anni. Prima di muoversi<br />
preferiva conoscere la risposta di Margherita, non<br />
solo per evitarle una terribile umiliazione, ma soprattutto<br />
per risparmiare a se stesso i problemi che un arrivo<br />
157
inatteso gli avrebbe causato. In grande segreto il suo<br />
amico Carlo lo aveva aiutato a richiedere i documenti<br />
necessari per lasciare il Paese. Sino a quel momento<br />
Juan si era mosso con molta cautela. Gli accordi con<br />
Ignacio e Pedro erano già stati presi nel chiuso della<br />
bottega e l’orafo si era messo in contatto con un avvocato<br />
perché la casa fosse intestata alle due figlie maggiori<br />
di Gracia. In questo modo le ragazzine non si sarebbero<br />
sentite tradite e abbandonate a se stesse.<br />
Per non destare sospetti Juan continuò a recarsi regolarmente<br />
al lavoro. Voleva che Inès non sapesse niente<br />
sino al momento della partenza.<br />
Tuttavia Inès stava all’erta. La lettera, per lei ancora<br />
indecifrabile, era sempre al sicuro in attesa che spuntasse<br />
qualcuno in grado di tradurla. Nell’ultima settimana<br />
aveva notato che suo genero appariva preoccupato,<br />
usciva presto e rientrava tardi, perciò intensificò<br />
la vigilanza, e una mattina lo seguì. Delusa dal pedinamento,<br />
infruttuoso, decise di rientrare a casa evitando<br />
la via della bottega. Blanca, in attesa dietro la finestra,<br />
le corse incontro per avvisarla che Juan era già lì con il<br />
suo amico.<br />
– Ha fatto prima di me, il giovanotto, – osservò caustica,<br />
quindi senza perder tempo si mise ad origliare alla<br />
porta. Sperò che Juan si esprimesse nella lingua che<br />
lei riusciva a comprendere. Fu fortunata perché i due<br />
discutevano in spagnolo.<br />
– Sapete Carlo, vi sono sinceramente amico e vorrei<br />
ringraziarvi per una cosa della quale finora non vi ho<br />
mai parlato e della quale penso che siate in ogni modo<br />
a conoscenza. Non ve ne ho mai parlato esplicitamente<br />
perché temevo di offendervi. Adesso le dicerie si sono<br />
placate ed è ora che io chiarisca con voi la mia posizione.<br />
158<br />
– Vi ascolto, – rispose semplicemente Carlo.<br />
– È per quella faccenda… di vostra moglie.<br />
Juan tacque osservando l’espressione dell’amico.<br />
Inès sentì un lungo silenzio e non vide Carlo annuire<br />
ad occhi socchiusi.<br />
– Io vi giuro, sul mio onore, che non ho mai pensato,<br />
nemmeno per un attimo…<br />
– Lo so, lo so, non dovete preoccuparvi, l’ho sempre<br />
saputo. Vedete, Matilde non è cattiva, ma è fatta<br />
così o meglio è diventata così con l’età. Io penso che la<br />
sua sia una malattia… Del resto se vi avessi ritenuto<br />
colpevole di qualcosa non vi avrei più frequentato, invece,<br />
sappiatelo, ho sempre avuto fiducia in voi ed ho<br />
apprezzato la vostra discrezione. Povera Matilde, certo<br />
non le siete simpatico, è inutile negarlo, e so che non<br />
ha avuto parole gentili nei vostri riguardi, inoltre non<br />
sopporta che vi frequenti e diciamo anche che questa è<br />
la mia vendetta nei suoi confronti. È così curiosa, freme,<br />
vuole sapere perché ultimamente ci incontriamo<br />
così spesso.<br />
La discussione all’improvviso proseguì in italiano e<br />
Inès, indispettita, fu costretta ad abbandonare la sua<br />
postazione. I giorni trascorsero così senza che nessuna<br />
notizia giungesse a gratificare i due anziani rivali: Inès<br />
che non aveva requie e che, per sicurezza, aveva coinvolto<br />
anche Blanca nella sua attività investigativa, e<br />
Juan che fremeva nell’attesa dei documenti. Voleva<br />
portare via i bambini all’ultimo momento in modo da<br />
cogliere alla sprovvista la suocera. Pensò di comprare<br />
una valigia, che avrebbe riempito con tutti i loro indumenti<br />
la notte prima della partenza, nascondendola,<br />
nel frattempo, in bottega. Decise di scrivere una lunga<br />
lettera alle due bambine di Gracia, nella quale assicurava<br />
che sarebbero rimaste proprietarie della casa e che i<br />
159
loro studi sarebbero stati pagati. Promise inoltre che<br />
avrebbe sempre scritto e non le avrebbe dimenticate.<br />
Soddisfatto, nascose la lettera in mezzo alle altre, ripromettendosi<br />
di portarla al collegio delle suore della Mercede<br />
quanto prima. Nei giorni che seguirono tuttavia<br />
fu molto occupato e dimenticò il suo proposito.<br />
Inès, ridotta ad un’intollerabile immobilità, continuava<br />
a riflettere sul da farsi. Era arrivata ad un punto<br />
morto. Il suo istinto le diceva che c’era qualcosa nell’aria,<br />
ma non era ancora riuscita ad avere informazioni<br />
soddisfacenti e quella lettera giaceva sempre tra le lenzuola.<br />
Nella cucina invasa dal vapore osservava Blanca<br />
intenta a mondare il riso dalle pietruzze. All’improvviso<br />
la sua voce, alta e minacciosa, ruppe il silenzio facendo<br />
trasalire la ragazza: – Pensaci bene prima di rispondere!<br />
Hai visto qualche cosa di strano in questo ultimo<br />
periodo?<br />
La domanda era sempre la stessa e Blanca, ossessionata,<br />
sarebbe stata disposta ad inventare qualsiasi storia,<br />
se non avesse temuto le conseguenze. – No niente, –<br />
rispose invece. – Don Juan è sempre come al solito, non<br />
fa niente di diverso, qualche volta è più nervoso, altre<br />
volte è calmo…<br />
– E alla bottega? – non si arrese Inès.<br />
– Alla bottega va sempre alla solita ora, sta lì, incontra<br />
don Carlo, parla con don Ignacio e don Pedro, torna<br />
a casa…<br />
Scoraggiata, Inès fece per alzarsi… Aveva intenzione<br />
di fare un’ultima, forse inutile, ricognizione nella<br />
stanza di suo genero. Era sulla porta quando Blanca la<br />
richiamò.<br />
– Oh donna Inès! – esclamò la ragazza, ricordando<br />
improvvisamente qualcosa. – A proposito di don Pedro,<br />
qualche giorno fa l’ho incontrato che entrava nella<br />
160<br />
bottega con una valigia. Doveva essere vuota perché<br />
era molto grande, ma lui la faceva passare da una mano<br />
all’altra, proprio così, – spiegò Blanca imitando il gesto<br />
di Pedro.<br />
– Quanti giorni fa è successo?<br />
Blanca contò in silenzio, riferendosi mentalmente<br />
agli avvenimenti che in quei giorni avevano scandito il<br />
suo tempo e mostrò a Inès una mano aperta.<br />
– Cinque giorni, – disse la donna, riflettendo.<br />
– Oggi stesso devi farmi sapere quando parte la prima<br />
nave per l’Italia, – ordinò prima di andare a frugare<br />
nella camera di suo genero. Un primo controllo non<br />
diede nessun risultato. Sembrava che non ci fosse assolutamente<br />
nulla di nuovo o di diverso rispetto all’ultima<br />
volta. La donna tuttavia non si diede per vinta e volle<br />
dare ancora uno sguardo alle carte di Juan. Questa<br />
volta notò una busta chiusa, priva del timbro postale,<br />
che non aveva mai visto prima. Senza indugio la nascose<br />
tra le pieghe del vestito e, dopo aver avvertito Blanca,<br />
uscì. Juan sarebbe rientrato per l’ora di pranzo e lei<br />
aveva pochissimo tempo. Girò tra le strade affollate del<br />
centro alla ricerca di uno degli scrivani pubblici che,<br />
numerosi, si trovavano nelle ore di punta vicino agli uffici<br />
più importanti e al mercato. Ne adocchiò uno e si<br />
avvicinò. – Sapete leggere questa? È nella nostra lingua?<br />
– Certo che lo è, – rispose quello, dopo aver guardato<br />
lo scritto. – C’è l’indirizzo del Convento della Mercede<br />
ed è rivolta alle signorine Juana e Ana.<br />
– Leggete presto! Ho pochissimo tempo! – lo incalzò<br />
Inès mettendo alcune monete nelle sue mani.<br />
Con il cuore in tumulto, poiché ormai conosceva<br />
perfettamente le intenzioni e le ragioni di suo genero,<br />
tornò a casa e corse a rimettere la lettera al suo posto.<br />
161
Un attimo dopo Juan entrò. La situazione era gravissima,<br />
più grave del previsto. Suo genero stava per andarsene<br />
con i bambini e lei doveva agire immediatamente.<br />
Attese il tardo pomeriggio e spedì la ragazza al porto.<br />
La prima nave sarebbe partita entro tre settimane. Il<br />
tempo a disposizione dunque non era molto. Inès,<br />
preoccupata, non riuscì a calmarsi e rimase a pensare<br />
ricollegando uno per uno gli indizi che aveva raccolto.<br />
“Qualcuno lo aiuta, non è possibile che riesca a fare<br />
tutto da solo,” pensò, e individuò subito Ignacio, Pedro<br />
e l’amico Carlo come complici dell’uomo. “Ma come<br />
pensa di fare da solo con i bambini per tutto il viaggio?<br />
Certo ha una donna che lo aiuta! Ma chi può essere?<br />
Sono mesi che lo seguo e non ho notato niente”.<br />
Inès si tormentò a lungo prima di pensare a Matilde Palombelli.<br />
Rimase sveglia per tutta la notte, solo all’alba<br />
la stanchezza ebbe il sopravvento e la donna si addormentò<br />
di un sonno leggero e poco riposante. La mattina<br />
si alzò ben decisa sul da farsi. Fu mentre dava da<br />
mangiare ai bambini che il dialogo avvenuto qualche<br />
giorno prima tra suo genero e Carlo le tornò alla mente.<br />
Che cosa aveva detto l’italiano? Aveva parlato di una<br />
moglie curiosa che non aveva in simpatia Juan. Dunque<br />
non poteva essere lei l’accompagnatrice misteriosa. Il<br />
suo ragionamento del giorno precedente era del tutto<br />
sbagliato. Non si aiuta chi si odia! All’improvviso intravide<br />
un’altra via da seguire, quella donna poteva rappresentare<br />
per lei una preziosa alleata. Come al solito si<br />
servì della povera Blanca e la mandò a casa dei Palombelli<br />
in Plaza de Armas.<br />
– Perché proprio io? Perché non andate voi? – protestò<br />
Blanca.<br />
– E se mi trovo faccia a faccia con il marito? È meglio<br />
che io la incontri altrove. Tu invece potresti essere<br />
162<br />
lì per una commissione qualsiasi. Perciò non discutere,<br />
obbedisci e torna con l’informazione che mi occorre.<br />
Ancora una volta la ragazza si sottomise alla volontà<br />
dell’anziana donna.<br />
– Mi hanno detto che la signora cerca personale di<br />
servizio, – disse Blanca all’india che le aprì.<br />
– Aspetta qui che vado a chiedere, – le rispose quella,<br />
senza farla entrare. Dopo pochi minuti comparve la<br />
signora Matilde che, stupita, la scrutò da capo a piedi.<br />
– Mi hanno detto che cercate una dama di compagnia<br />
per quando andate in chiesa, – sussurrò la giovane,<br />
rossa in viso per la vergogna di essere costretta a mentire<br />
così spudoratamente.<br />
– Ragazza mia ti hanno informata male! Non ho bisogno<br />
di nessuno e men che meno di una dama di compagnia<br />
per la funzione religiosa. Ma che scempiaggine!<br />
Alla chiesa del Sacro Cuore mi accompagna mio marito<br />
e tanto mi basta!<br />
Detto questo, Matilde Palombelli se ne andò senza<br />
salutare. Blanca rimase impalata finché l’india non la<br />
mandò via. – Ragazza hai sentito? Qui non c’è niente da<br />
fare per te. E ora se mi lasci chiudere la porta io torno al<br />
mio lavoro.<br />
La domenica seguente Inès sedeva tra i banchi della<br />
chiesa del Sacro Cuore. Poco prima che il suono della<br />
campana indicasse ai fedeli l’ingresso del sacerdote, la<br />
signora Palombelli entrò al braccio del marito. Inès<br />
non ascoltò una sola parola di quelle pronunciate dal<br />
sacerdote e, rimuginando quanto avrebbe detto alla<br />
donna, attese pazientemente che Carlo si allontanasse<br />
dalla consorte. L’occasione si presentò al termine della<br />
messa. Quando sul sagrato i coniugi si divisero per salutare<br />
alcuni conoscenti, Inès fu pronta ad avvicinarsi a<br />
Matilde.<br />
163
– Scusate signora, ho necessità di parlare con voi, –<br />
disse con il tono più cortese di questo mondo.<br />
Matilde la guardò distrattamente e le rispose di non<br />
aver bisogno di altro personale di servizio, ma Inès,<br />
senza arrendersi, continuò: – Permettetemi signora io<br />
non cerco lavoro, vorrei parlare con voi di don Juan,<br />
l’orafo. Sareste interessata?<br />
La donna, che si muoveva per raggiungere il marito,<br />
si fermò di botto. – Chi vi dice che io conosca l’uomo di<br />
cui mi parlate e soprattutto chi vi dice che mi interessi<br />
parlarne con voi? – domandò sospettosa.<br />
Il tono di Inès si fece implorante e concitato. Il tempo<br />
stringeva e lei voleva portare a termine ciò che si era<br />
proposta di fare. – Ho estremo bisogno di sapere se vi<br />
interessa. Credetemi! È una questione molto importante<br />
per me e anche voi potreste avere le vostre soddisfazioni.<br />
– A che proposito? Siate chiara!<br />
Inès lanciò uno sguardo alla folla che si diradava:<br />
Carlo Palombelli era rimasto solo. Pochi secondi ancora<br />
e si sarebbe voltato.<br />
– Sentite, – disse velocemente, – io domattina alle<br />
dieci sarò qui… Se verrete, parleremo. Pensateci bene<br />
per favore. Vi ripeto che è una questione vitale… Vi<br />
aspetterò con ansia!<br />
Detto questo si allontanò, scomparendo nei vicoli.<br />
Era rischioso farsi sorprendere da Carlo a parlare con<br />
sua moglie, in un attimo l’uomo avrebbe capito tutto e i<br />
suoi piani sarebbero andati in fumo.<br />
La mattina dopo puntualmente Inès si trovò in chiesa.<br />
Dovette attendere qualche minuto prima di vedere<br />
la Palombelli entrare, segnarsi e cercarla rapidamente<br />
con gli occhi. La donna le si avvicinò. Indossava un abito<br />
blu ed era avvolta in un gradevole profumo di violette.<br />
164<br />
– Allora mi volete spiegare? Chi siete voi?<br />
Inès si presentò e in breve le raccontò tutta la vicenda,<br />
gli incontri dell’orafo con Carlo e i sospetti, che erano<br />
divenuti certezze dopo il ritrovamento della lettera<br />
indirizzata a Juana e Ana. Matilde la guardò. Era incuriosita<br />
e divertita, leggeva la determinazione negli occhi<br />
bruni di questa donna.<br />
– Ormai mi manca solo una cosa.<br />
– E sarebbe?<br />
– Questo, – rispose Inès tirando fuori la lettera.<br />
– Non sono stata in grado di sapere cosa c’è scritto. È<br />
in italiano e non ho trovato nessuno che la traducesse.<br />
L’ho aperta con il vapore, – aggiunse porgendo la busta<br />
a Matilde.<br />
La donna estrasse il foglio, e dopo aver letto una prima<br />
volta, rilesse traducendo. Inès rimase esterrefatta. –<br />
Non lo vogliono! – esultò.<br />
– Non lo vogliono! – ripetè Matilde, – non lo vogliono,<br />
ma c’è dell’altro, sentite qui! “Il danno che avete fatto<br />
è troppo grande e la mamma è stata irremovibile, non<br />
vi vuole vedere mai più…”<br />
– La mamma? – si stupì Inès, che temeva di non aver<br />
inteso bene la traduzione. – Rileggete, vi prego!<br />
– Certo, la mamma. Qui dice che le figlie sarebbero<br />
state disposte a dimenticare, ma che la madre non ne<br />
vuole sapere.<br />
Tutta la vicenda si delineò chiaramente davanti agli<br />
occhi di Matilde. Era così intrigante! Ecco l’onesto uomo<br />
che con lei aveva fatto tanto il difficile per qualche<br />
attenzione in più. Chissà se Carlo era a conoscenza di<br />
questo segreto dell’amico? Lasciò che Inès sfogasse il<br />
suo dolore e la sua rabbia finché ne aveva voglia, quindi<br />
domandò: – Allora cosa vogliamo fare a questo bugiardo?<br />
165
– Lo voglio vedere morto! – rispose Inès stringendo<br />
i pugni.<br />
– Non esagerate, pensiamoci bene. Del resto, se non<br />
sbaglio, voi avevate già un piano?<br />
Inès annuì, tra le lacrime che la soffocavano.<br />
– Allora io vi aiuterò a realizzarlo.<br />
* * *<br />
I giorni trascorsero velocemente e Juan, dal momento<br />
in cui era entrato in possesso di tutti i documenti, li<br />
contava uno per uno. L’unica cosa che veramente lo<br />
contrariava era quella di non aver ricevuto una risposta<br />
dall’Italia. Probabilmente, dunque, le cose sarebbero<br />
andate in maniera diversa rispetto a quanto lui aveva<br />
programmato. In ogni caso non aveva scelta, era tutto<br />
pronto e rimandare sarebbe stato un rischio oltre che<br />
una perdita di denaro.<br />
Il giorno prima della partenza salutò affettuosamente<br />
Ignacio e Pedro. – Vi ho voluto salutare adesso, – disse<br />
l’orafo, – perché domani non ci sarà tempo per i convenevoli.<br />
Vi chiedo solo di essere puntuali. Prima porterete<br />
il bagaglio al porto, poi verrete a casa e mi aiuterete<br />
con i bambini. Sarà un momento difficile.<br />
– Don Juan non vi preoccupate, saremo puntualissimi,<br />
alle nove spaccate saremo da voi. Dormite tranquillo<br />
che il nostro aiuto non vi mancherà.<br />
Soddisfatto, Juan s’incamminò verso la casa di Carlo<br />
Palombelli. Aveva un regalo per lui, doveva ritirare i documenti<br />
che l’amico custodiva e voleva affidargli la lettera<br />
per le suore della Mercede. Carlo lo ricevette con<br />
calore, accettò il dono dell’orafo, un portasigarette d’argento<br />
con il monogramma e una dedica incisa, e promise<br />
che avrebbe assolto all’incarico affidatogli. I due uo-<br />
166<br />
mini parlarono a lungo prima che Juan lasciasse l’abitazione<br />
dei Palombelli per fare ritorno nella propria.<br />
La casa era immersa nelle tenebre, nessuna luce filtrava<br />
dalla porta della camera di Inès né da quella dei<br />
bambini. Juan entrò in cucina e rimase sulla porta a fissare<br />
il tavolo vuoto. Chiamò la domestica. Nessuna porta<br />
si aprì e nessuno scalpiccio di ciabatte si udì nel silenzio<br />
profondo che avvolgeva la casa. Corse verso la camera<br />
dei bambini, spalancò la porta e la trovò deserta.<br />
L’angoscia lo assalì. Doveva essere successo qualcosa ai<br />
piccoli, forse uno di loro era stato male e la nonna lo<br />
aveva portato dal medico. Inès nutriva una stima incondizionata<br />
per quell’uomo che circa quindici anni prima,<br />
quando l’epidemia di febbre gialla flagellava il nord del<br />
Paese, l’aveva guarita dal morbo. Si era ammalata in<br />
città, dove era andata in giorno di mercato, ed era stata<br />
ricoverata a Los amarillos, un lazzaretto in cui si raccoglievano<br />
i casi sospetti, quelli conclamati e i moribondi.<br />
Qui aveva conosciuto Bonifacio Almirante, l’unico medico<br />
di cui si fosse mai fidata. Pertanto Juan era sicuro<br />
di non sbagliare andando da lui. Afferrò il cappello ma,<br />
quando fu sulla porta, ricordò di non aver visto né le<br />
donne né i bambini nel pomeriggio. La consapevolezza<br />
che doveva essere accaduto qualcosa di diverso e di più<br />
grave rispetto a ciò che aveva ipotizzato lo colse all’improvviso.<br />
Si precipitò ad aprire i cassetti in cui erano riposti<br />
gli indumenti dei figli e li trovò vuoti. Fu colto da<br />
una vertigine, la stanza cominciò a girargli intorno e dovette<br />
sedersi per recuperare le forze. – Ignacio, Pedro<br />
aiuto! – singhiozzò. Con uno sforzo di volontà fu di<br />
nuovo per strada diretto verso la casa di Ignacio. Nel<br />
tardo crepuscolo per quelle viuzze risuonavano solo i<br />
suoi passi affrettati ed i tonfi sordi del suo cuore. Ebbe<br />
ancora una volta le vertigini e dovette fermarsi per ri-<br />
167
prendere fiato. Chiuse gli occhi per cercare di trovare<br />
l’equilibrio, ma la sensazione di perdere troppo tempo<br />
lo spinse a muoversi.<br />
– Don Juan, è successo qualcosa? – si stupì Ignacio<br />
quando lo vide.<br />
– Sì! Aiutatemi, – riuscì a rispondere l’orafo, abbandonandosi<br />
sul braccio che il giovane uomo istintivamente<br />
gli porgeva.<br />
– Venite, riprendetevi. Vi porto da bere. Calmatevi<br />
e raccontatemi tutto, – lo incoraggiò Ignacio, cercando<br />
di mascherare l’inquietudine.<br />
– Sono tutti spariti. A casa non c’è più nessuno. I<br />
bambini sono… scomparsi. Mancano tutti i loro vestiti,<br />
– balbettò Juan.<br />
– Oh Madre di Dio… E adesso? – esclamò Ignacio<br />
spaventato. Poi, temendo che il proprio sgomento potesse<br />
alimentare la disperazione dell’orafo, domandò<br />
con voce più serena: – Come pensate di organizzare la<br />
ricerca?<br />
– Non lo so, aiutatemi! Non so che fare, la mia vita<br />
è finita. La nave partirà domani, dove li ritrovo stanotte?<br />
L’ultima volta che li ho visti è stata questa mattina.<br />
In qualsiasi luogo siano andati hanno una giornata di<br />
vantaggio, un’intera giornata! – urlò disperato.<br />
– Ascoltate, non preoccupatevi. Andrò a chiamare<br />
Pedro. Voi mi aspetterete qui e vi riprenderete, mia madre<br />
vi assisterà. Io vado e torno, poi insieme vedremo se<br />
vostra suocera è tornata e decideremo il da farsi, – lo<br />
rassicurò Ignacio indossando la giacca.<br />
Dopo un quarto d’ora il giovane ritornò con Pedro,<br />
al quale aveva raccontato la vicenda strada facendo.<br />
Lentamente i tre uomini tornarono a casa di Juan per<br />
constatare che l’abitazione era desolatamente vuota e<br />
che mancavano tutti gli indumenti di Inès e di Blanca.<br />
168<br />
– Don Juan guardate, una lettera! Non l’avevate vista?<br />
– domandò Pedro porgendo all’orafo una busta. –<br />
L’ho trovata in camera di vostra suocera.<br />
Juan l’afferrò. Per un momento pensò che potesse<br />
essere di Inès, poi rammentò che la donna era analfabeta,<br />
guardò la grafia e riconobbe quella di sua figlia<br />
Dora. Era la lettera che tanto aveva atteso, se la cacciò<br />
in tasca, non aveva né tempo né voglia di leggerla.<br />
– È andata al villaggio! Li ha portati lì i miei bambini!<br />
– affermò con assoluta certezza.<br />
– Quanto tempo ci vuole per arrivare in questo posto?<br />
– domandò Pedro.<br />
– Non meno di sette ore.<br />
– Perché non andiamo a denunciarla? – suggerì il<br />
giovane.<br />
– E che cosa potremo ottenere? Nessuno andrebbe<br />
al villaggio in piena notte. Ci direbbero che è necessario<br />
attendere domani, – gli rispose Ignacio.<br />
– Se potessi partire subito!<br />
– Ha un giorno intero di vantaggio… Se decidessimo<br />
di metterci in viaggio adesso non riusciremo a tornare<br />
in tempo per la partenza.<br />
– Bene, se non sarà domani, sarà tra un mese, ma io<br />
vi giuro che riuscirò a prendere quella nave e quella<br />
megera la pagherà cara. Sarà la legge a darmi ragione.<br />
Farò quella denuncia, lei non ha alcun diritto sui miei<br />
figli!<br />
– Cosa volete fare per questa notte? Io direi che per<br />
voi sarebbe meglio cercare di riposare. Domani vi accompagnerò<br />
al villaggio e torneremo con i bambini.<br />
Adesso non possiamo fare niente, a quest’ora il treno<br />
non parte più.<br />
– No, il treno non parte, – ripeté sconsolato il vecchio,<br />
che poi, colpito da un’idea improvvisa, si risollevò.<br />
169
– Carlo! Carlo ci presterà la sua macchina. Sono sicuro<br />
che non mi negherà questo favore.<br />
– Ma voi non sapete guidare la macchina.<br />
– Io no, ma qualcuno lo troviamo. Pedro tu mi hai<br />
detto che quel tuo amico fa l’autista per il proprietario<br />
di quella piantagione, come si chiama… Lo pagherò…<br />
– A quest’ora non so se sarebbe disposto a mettersi<br />
in viaggio sulla sierra con il rischio dei banditi. Che volete<br />
fare don Juan, la situazione è difficile. Date retta a<br />
Ignacio, aspettiamo a domani.<br />
– No vi prego! Fatemi un ultimo favore! Lasciatemi<br />
tentare. Accompagnatemi da Carlo, devo parlare con<br />
lui, non mi negherà il suo aiuto.<br />
Erano le dieci quando i tre uomini bussarono al portone<br />
di casa Palombelli. Aprì la domestica cinese che, in<br />
cucina, aiutava Matilde ad organizzare il pranzo dell’indomani.<br />
Nel silenzio di quell’ora tarda la padrona di casa<br />
riconobbe subito la voce dell’orafo e si precipitò a riceverlo.<br />
– Buona sera, cercate Carlo? – disse, prima che<br />
la cinese potesse aprire bocca.<br />
– Sì signora, infatti, – rispose Juan cercando di apparire<br />
calmo.<br />
– Deve esservi successo qualcosa di grave se lo cercate<br />
a quest’ora! – commentò la donna con tono preoccupato<br />
nella voce e con immensa soddisfazione nel cuore.<br />
– Se non vi dispiace signora vorrei parlare con Carlo,<br />
ho una certa fretta, – tagliò corto Juan, al quale l’ansia<br />
faceva sudare le mani.<br />
– Oh mi dispiace, ma dopo che ha parlato con voi<br />
questo pomeriggio è partito per accompagnare nostra<br />
figlia. Carlo non se l’è sentita di lasciarla andare sola con<br />
l’autista, ma domattina sarà di ritorno. Non vi preoccupate,<br />
per le dieci sarà a casa, me lo ha promesso. Sapete…<br />
abbiamo un pranzo importante.<br />
170<br />
In un angolo la domestica taceva e guardava la padrona<br />
chiedendosi perché mai mentisse così spudoratamente.<br />
Il padrone, infatti, ignaro di tutto, era chiuso<br />
nel suo studio dove era intento a modellare il fasciame<br />
del Bounty sulla fiamma di una candela. La voce di<br />
Caruso gli teneva compagnia. Una volta chiuso il portone<br />
alle spalle dei tre uomini, Matilde proruppe in<br />
una fragorosa risata e minacciò la domestica: – Se osi<br />
dire, al padrone o a chicchessia, anche una sola parola<br />
di ciò che è accaduto qui stasera, sarai licenziata e farò<br />
in modo che nessuno più possa assumerti. Sono stata<br />
chiara?<br />
Ignacio e Pedro trascorsero la notte a casa dell’orafo.<br />
Il vecchio non riuscì a chiudere occhio. Il tremito<br />
alle mani si era intensificato e così anche il senso di<br />
vertigine. Si sdraiò sul letto ma non trovò pace. Quella<br />
donna aveva distrutto la sua vita e lui si sarebbe vendicato<br />
senza nessuno scrupolo. I suoi pensieri si fecero<br />
sempre meno lucidi, e nel delirio immaginò di stringere<br />
tra le mani il collo di Inès.<br />
* * *<br />
Quella mattina Inès aveva atteso che suo genero<br />
uscisse di casa e si era messa subito in movimento, stipando<br />
in una valigia le proprie cose e quelle dei bambini.<br />
Aveva aiutato Blanca a rigovernare velocemente la<br />
casa in modo che apparisse in ordine e, prima di uscire,<br />
si era accertata che la lettera di Dora fosse dove l’aveva<br />
lasciata. Tutti insieme avevano atteso l’autista messo a<br />
loro disposizione da Matilde Palombelli. Né lei né Blanca<br />
erano mai salite su una macchina e, sebbene fossero<br />
terrorizzate, non si erano tirate indietro: Inès perché era<br />
ben decisa ad impedire che suo genero portasse i bam-<br />
171
ini in Italia, Blanca perché era stata minacciata. Al villaggio<br />
Inès, nell’intimità della propria abitazione, si era<br />
sentita confortata e al sicuro. Nonostante la stanchezza<br />
si era data subito da fare per rendere vivibili le stanze e<br />
aveva rifocillato i bambini che, completamente spaesati<br />
da tutto quel trambusto, piangevano per niente e non si<br />
volevano staccare da lei. Tico, affidato alle cure della<br />
gente del villaggio, era stato ben felice di rivedere la vecchia<br />
padrona e aveva ripreso il suo posto davanti alla<br />
porta di casa. La notte, al caldo nel suo letto, con i piccoli<br />
che le dormivano accanto, Inès aveva pensato a<br />
Juan, che a quell’ora doveva aver scoperto la fuga. Soddisfatta,<br />
indovinò tutta la sua disperazione. Aveva avuto<br />
esattamente quel che meritava e se si fosse presentato a<br />
portarle via i bambini lo avrebbe ucciso. Era sicura che<br />
suo genero non avrebbe impiegato troppo tempo a capire<br />
che si era rifugiata al villaggio. L’indomani di sicuro<br />
sarebbe piombato lì urlando e sbraitando, ma lei in<br />
qualche modo avrebbe provveduto. La gente del villaggio,<br />
pur non conoscendo ancora la storia, sarebbe stata<br />
dalla sua parte e l’avrebbe aiutata.<br />
* * *<br />
Le prime luci dell’alba colsero Juan, immerso in un<br />
bagno di sudore gelido, che ancora farneticava di uccidere<br />
la suocera. Pedro, guardandolo, si preoccupò.<br />
– Don Juan, avete riposato almeno un poco? Scusate<br />
se mi permetto di dirvelo, ma il vostro aspetto non è dei<br />
migliori, siete molto pallido. Sedetevi un momento, –<br />
disse porgendogli una sedia. L’orafo vi si lasciò cadere<br />
pesantemente.<br />
– Non ho tempo di riposare… Devo andare al villaggio<br />
a riprendermi i miei figli.<br />
172<br />
– Io vengo con voi, don Juan, – affermò deciso<br />
Ignacio.<br />
Nelle stesse ore anche Carlo si alzò pensando all’impegno<br />
che lo attendeva quella mattina. Si fece la barba<br />
fischiettando e si recò in pasticceria. Attese che fossero<br />
trascorse le dieci e, dopo essersi assicurato che la nave<br />
fosse partita regolarmente, si diresse al convento della<br />
Mercede, dove incontrò la madre superiora. Suor Beata<br />
Ausiliatrice, al secolo Beatriz Obregoso, Morales y<br />
Ruiz, era una donna bassa e rotonda. Il viso dolce e i lineamenti<br />
minuti contrastavano con il carattere energico<br />
e la propensione innata al comando, che le derivava<br />
dalla consapevolezza di appartenere ad un casato di antico<br />
lignaggio. Ricevette cordialmente Carlo, che in<br />
breve le raccontò la vicenda che riguardava Juan e le<br />
consegnò i documenti. Terminato il colloquio, l’italiano<br />
ritornò alle occupazioni della propria esistenza preparandosi<br />
a ricevere, di lì a qualche mese, notizie dall’amico,<br />
di cui sentiva già la mancanza.<br />
* * *<br />
Per tutto il viaggio l’orafo tormentò Ignacio con<br />
nuovi propositi di vendetta. Il giovane sopportò con<br />
enorme pazienza, limitandosi ad ascoltare e ad annuire.<br />
Capiva che Juan aveva necessità di sfogarsi e sperava<br />
che parlando sarebbe riuscito ritrovare la calma. L’orafo<br />
si lamentò ancora per diverse ore, intervallando<br />
brevi momenti di silenzio a raffiche di parole. Il vagone<br />
sul quale i due uomini viaggiavano era zeppo di gente<br />
variopinta e vociante. Ma Juan non si curava del pollame<br />
che starnazzava segregato in gabbie troppo strette,<br />
delle donne che berciavano e dei bambini che, piangendo<br />
in continuazione, allungavano con il dorso delle ma-<br />
173
ni baffi di moccio sulle guance sporche. Finalmente si<br />
assopì, e anche Ignacio poté riposare. Dormirono sino<br />
all’arrivo del treno nella stazioncina di San Isidro. Il villaggio<br />
distava ancora un chilometro ed un carretto trainato<br />
da un asino era l’unico mezzo di trasporto per chi<br />
non poteva proseguire a piedi o aveva un bagaglio troppo<br />
pesante. Ignacio ringraziò il Signore di essere finalmente<br />
giunto a destinazione e si voltò per svegliare l’orafo.<br />
Lo chiamò, lo scosse, ma l’uomo non rispose. Giaceva<br />
immobile con gli occhi chiusi. Spaventato a morte,<br />
il giovane gli tastò il polso e controllò il respiro. Il cuore<br />
batteva e il respiro sembrava regolare, ma il vecchio non<br />
reagiva. Due contadini lo aiutarono ad adagiarlo sul<br />
carretto, a loro Ignacio domandò dove avrebbe potuto<br />
trovare un dottore.<br />
– I dottori sono in città, qui non ne troverete, – rispose<br />
il più robusto scuotendo il capo.<br />
– Al villaggio però c’è qualcuno che se ne può occupare.<br />
A vederlo non mi pare che possiate riportarvelo<br />
indietro, – intervenne l’altro che, impietosito dalla situazione,<br />
volle offrire un’opportunità al vecchio moribondo<br />
e al giovane disperato. Ignacio ringraziò e montò<br />
sul carretto, accovacciandosi accanto a Juan.<br />
– Dove vi devo portare, al villaggio? – domandò il<br />
conducente.<br />
Il giovane fece il nome di Inès e il carrettiere spronò<br />
l’asino, guidandolo in maniera da evitare le buche della<br />
strada.<br />
Inès fremeva. Quello era l’orario in cui il treno arrivava<br />
alla stazione e Juan sarebbe piombato lì da un momento<br />
all’altro. Aveva mandato i bambini da una donna<br />
che viveva fuori dal villaggio e si era barricata dentro,<br />
pronta a ricevere degnamente quell’infingardo. Quando<br />
il carretto si arrestò, trattenne il fiato. Rimase in atte-<br />
174<br />
sa di sentire la voce incollerita di suo genero e i colpi alla<br />
porta. Sentì, invece, e riconobbe le voci di Miguel, il<br />
carrettiere, e di Ignacio, che bussava chiamandola. Pensando<br />
ad un tranello rimase in silenzio.<br />
– Vi prego, aprite donna Inès! – urlava Ignacio, battendo<br />
con entrambe le mani contro la porta. Il suo tono<br />
era concitato. – Don Juan si è sentito male, sta per morire!<br />
– aggiunse, sperando che la donna si impietosisse.<br />
– La giustizia divina! – pensò Inès trionfante. Poi,<br />
non del tutto convinta, sbirciò fuori e vide un corpo disteso<br />
con le gambe che penzolavano inerti. Riconobbe<br />
le scarpe di Juan e, seppure titubante, decise di rispondere:<br />
– Che volete da me?<br />
– Soccorso, in nome di Dio, donna Inès. Prestate<br />
aiuto a vostro genero. Non potete lasciarlo morire qui<br />
in mezzo alla strada!<br />
– Se sta schiattando lasciatelo fare. Su un carro o in<br />
un letto che differenza fa? Qui non c’è posto per lui! –<br />
rispose decisa.<br />
– Siete cristiana e battezzata, donna Inès. Non potete<br />
agire così. Avete voglia di rispondere davanti a Dio<br />
del vostro comportamento? Come potete negare l’aiuto<br />
a un moribondo? Volete rendere orfani i vostri nipoti<br />
anche del padre?<br />
– Sarebbe per me una grande gioia.<br />
– In nome di vostra figlia. Vi prego! Lui era suo marito,<br />
– tentò ancora Ignacio, che non sapeva più a quali<br />
argomenti ricorrere per convincerla. La situazione,<br />
nel frattempo, si era fatta difficile perché una folla di<br />
curiosi si era radunata intorno al carretto.<br />
– Non azzardatevi a nominare mia figlia. Con tutto<br />
il male che questo bastardo le ha fatto! – urlò la donna.<br />
– Suvvia donna Inès, sapete bene che vostra figlia<br />
non è morta per colpa di don Juan. Il Signore ha volu-<br />
175
to così. Lui le ha voluto un bene dell’anima e io ne sono<br />
testimone. L’ha aiutata in tutti i modi, anche prima<br />
di sposarla, – insisté il giovane.<br />
Prima di rispondere, Inès rifletté. A nessun costo<br />
quell’uomo avrebbe messo piede a casa sua. Tuttavia la<br />
gente del villaggio, che assisteva alla scena, l’avrebbe<br />
condannata per il suo comportamento poco cristiano e<br />
l’avrebbe giudicata responsabile della morte di un uomo…<br />
Infatti, ciò che quella gente sapeva non era sufficiente<br />
a giustificare il suo astio ed il suo comportamento<br />
nei confronti di Juan. Decise pertanto di far conoscere<br />
a tutti la verità.<br />
– Le ha voluto tanto bene da ingannarla sino alla<br />
morte!<br />
– Ma che dite? Non voglio discutere con voi di<br />
questo, non è il momento. Quest’uomo sta morendo e<br />
il tempo passa senza che nessuno lo soccorra. Io posso<br />
garantire con il mio onore che don Juan ha rispettato<br />
ed amato vostra figlia, sempre! Pensate che lei approverebbe<br />
il vostro comportamento?<br />
– Certamente, se avesse scoperto ciò che ho scoperto<br />
io. Forse voi, che siete pronto a mettere in gioco il<br />
vostro onore per lui, ignorate che questo porco in Italia<br />
ha ancora una moglie! – urlò, scandendo bene le<br />
parole in modo che ogni sillaba potesse essere udita.<br />
Il coro di sorpresa della folla disorientò Ignacio più<br />
della notizia stessa. Il giovane rimase impietrito e capì<br />
che continuare ad insistere sarebbe stato del tutto inutile:<br />
sconfitto abbassò il capo e tacque.<br />
– Avete capito ora? – urlò dall’interno della casa<br />
Inès. – E ora andate via o verrò fuori a dare il colpo di<br />
grazia al traditore.<br />
– E adesso? – si disperò Ignacio con la testa tra le<br />
mani.<br />
176<br />
– Io vi potrei suggerire, – propose il carrettiere, – di<br />
portarlo dalla donna di medicina. Come vi ha detto quel<br />
contadino, qui le cose funzionano in questo modo. Non<br />
ci sono dottori. C’è lei, e sono sicuro che sarà in grado di<br />
fare qualcosa in attesa che la fine sopraggiunga. Almeno<br />
allevierà la sofferenza di questo poveretto e gli consentirà<br />
di morire in un letto. Certo però che quest’uomo<br />
l’ha fatta grossa! – aggiunse ancora, cercando l’approvazione<br />
di Ignacio che, preoccupato unicamente della<br />
salute di Juan, non lo sentì neppure.<br />
In pochi minuti, dopo aver percorso una strada in salita<br />
costeggiata da alberi radi, giunsero nei pressi della<br />
casa della curandera. Ignacio scorse una figura minuta e<br />
scura che indossava un poncho lungo sino ai piedi e si<br />
aggirava tra le piante rigogliose di un orticello. Il carrettiere<br />
si allontanò, e dopo qualche minuto tornò dicendo<br />
che la donna li aspettava. I due uomini trasportarono<br />
Juan, privo di sensi, all’interno della casa e lo adagiarono<br />
su un lettuccio che la vecchia aveva sistemato per<br />
l’occorrenza. All’interno la casupola era impregnata di<br />
un odore inconfondibile di erbe bruciate, fiori e sangue.<br />
Ignacio ne fu nauseato e restò intimorito al cospetto di<br />
quella donna, minuta e fragile, con la voce stridula di un<br />
violino suonato male. La vecchia si chinò su Juan, gli tastò<br />
i polsi e il collo e domandò da quanto tempo si trovasse<br />
in quello stato.<br />
– Non lo so di preciso, io pensavo che dormisse. Ha<br />
avuto un grosso dispiacere, è da ieri che si tormenta. Stanotte<br />
non ha riposato… – rispose sconsolato Ignacio.<br />
– Deve rimanere qui, immobile, non potete trasportarlo.<br />
Proverò con i miei rimedi, – disse semplicemente<br />
la donna.<br />
– Si salverà? – domandò, ansioso e incredulo, il giovane.<br />
177
La vecchia sollevò il volto rugoso: – Chi può saperlo?<br />
Quest’uomo è nelle mani di Dio, noi dobbiamo<br />
aspettare. Posso dirvi solo che se lo riporterete in città<br />
morirà per strada.<br />
Ignacio non sapeva cosa fare, la vecchia comprese il<br />
suo imbarazzo e lo congedò gentilmente. Il giovane<br />
tornò in città, informò Pedro della situazione ed entrambi<br />
si diedero il cambio per visitare ogni fine settimana<br />
il loro anziano amico.<br />
Trascorse le prime due settimane, la curandera li rassicurò<br />
sul fatto che l’orafo non sarebbe morto. Le sue<br />
condizioni generali sembravano buone anche se non<br />
aveva ancora riaperto gli occhi.<br />
* * *<br />
Il giorno in cui la curandera decise che per Juan era<br />
giunto il momento di tornare cosciente pioveva a dirotto.<br />
Da due settimane lo teneva in uno stato di torpore<br />
indotto da una minuscola quantità di sciroppo<br />
bruno. La donna, seduta su alcuni cuscini, guardava la<br />
pioggia battere con violenza sulla soglia della casupola<br />
e rompersi in mille altre piccole gocce che penetravano<br />
all’interno. Di tanto in tanto si muoveva per alimentare<br />
il fuoco, sul quale bolliva un liquido dall’odore<br />
dolciastro. Sapeva che, quando avrebbe aperto gli<br />
occhi, l’uomo non avrebbe riconosciuto il luogo né<br />
avrebbe ricordato quanto era accaduto. Considerò<br />
che potevano essere trascorse ventiquattro ore dal momento<br />
in cui gli aveva somministrato l’ultima dose della<br />
bevanda soporifera, e Juan stava per svegliarsi.<br />
Gettò ancora una manciata di erbe nell’acqua, si sistemò<br />
meglio accanto al giaciglio ed attese. Di lì a poco<br />
il corpo del vecchio fu scosso da un brivido, le sue<br />
178<br />
mani si mossero sulla coperta che lo proteggeva dal<br />
freddo e le palpebre ebbero un fremito. La vecchia gli<br />
deterse delicatamente gli occhi, che finalmente si aprirono.<br />
Juan sentì la testa pesante e confusa, fissò il soffitto<br />
e poi, lentamente, tentò di voltare il capo. Non<br />
riuscì a capire dove si trovasse. Cercò di muovere le<br />
mani, i piedi e per ultimo anche le gambe. – Dove sono?<br />
– biascicò in italiano. Le parole vennero fuori a fatica<br />
dalla sua bocca.<br />
La vecchia lo guardò ed accennò ad un sorriso. Non<br />
aveva capito le parole dell’uomo, ma ne aveva intuito il<br />
significato. – Siete a casa mia, – rispose. – Ancora una<br />
volta siete a casa mia.<br />
– Sono ammalato? – domandò Juan che, dopo aver<br />
sentito parlare la donna, parlò in spagnolo.<br />
– Sì, siete stato malato a lungo. Siete stato in punto<br />
di morte, ma ora tutto è passato.<br />
– In punto di morte, – ripeté Juan, tentando di dare<br />
un significato concreto alle parole che udiva e cercando<br />
di fare luce nel buio della sua mente. Fu sopraffatto<br />
da un senso di vertigine, chiuse gli occhi e<br />
nuovamente si assopì. Nei giorni seguenti i momenti<br />
di veglia si fecero via via più lunghi. La vecchia gli applicava<br />
sulle gambe smagrite una poltiglia tiepida che<br />
le tingeva di verde, e lo aiutava a rimettere in movimento<br />
le articolazioni anchilosate dalla lunga immobilità.<br />
Juan assecondava docilmente le manovre della<br />
donna e insisteva per mettersi in piedi. Cercava di capire<br />
che cosa gli fosse successo ma non ricordava niente.<br />
Aveva coscienza soltanto del fatto di essere un orafo<br />
venuto a cercare lavoro in questo Paese. Tutto il resto<br />
giaceva nell’oblio. Desiderava sapere dalla vecchia come<br />
e quando gli era accaduto di sentirsi male, ma la<br />
donna rispondeva solo ciò che le era stato riferito:<br />
179
– Eravate in viaggio e vi siete sentito male. Il vostro<br />
amico vi ha portato da me ed io vi ho curato con i mezzi<br />
che conosco.<br />
– Ho amici? Dove li ho incontrati?<br />
– Io questo non lo so. Fra poco saranno qui e quando<br />
li vedrete forse li riconoscerete subito, forse no.<br />
Non abbiate fretta a voler ricordare. I ricordi potrebbero<br />
essere dolorosi e potrebbero farvi soffrire. Abbiate<br />
pazienza e tutto si sistemerà.<br />
Pedro e Ignacio arrivarono insieme un sabato pomeriggio.<br />
Come al solito portarono un dono alla donna,<br />
che li accolse gentilmente andando loro incontro<br />
senza informarli della novità. Quando entrarono nella<br />
casupola i due ebbero la sorpresa di trovare Juan seduto<br />
sul letto. Pedro gli si accostò con le lacrime agli<br />
occhi.<br />
– Mio Dio, don Juan, credevo che questo giorno<br />
non sarebbe mai arrivato.<br />
L’orafo riconobbe subito gli amici. – Ragazzi! Come<br />
ho fatto a ridurmi così? Voi sapete tutto, raccontate<br />
vi prego. Io non riesco a ricordare.<br />
I due uomini guardarono dubbiosi la vecchia, che<br />
spiegò: – Ha dimenticato molte cose, ma i ricordi torneranno<br />
a poco a poco. Sarà il suo spirito a farli tornare<br />
quando la mente potrà sopportarne il peso.<br />
– Ma perché parlate così? Ditemi che cosa mi è accaduto,<br />
le vostre parole mi spaventano! Perché ho lasciato<br />
la città, cosa dovevo fare qui sulle montagne?<br />
– Non ricordate proprio niente don Juan? – domandò<br />
Ignacio, titubante.<br />
– Ascoltate! – intervenne la curandera interrompendo<br />
quel dialogo e rivolgendosi ai due giovani, – quest’uomo<br />
ha bisogno della vostra forza per rimettersi in<br />
piedi, ormai è pronto.<br />
180<br />
L’orafo fu aiutato ad alzarsi e a muovere i primi passi<br />
all’interno della piccola stanza, finché le sue gambe<br />
cedettero. Il giorno successivo Ignacio tornò in città ad<br />
occuparsi degli affari, Pedro invece si trattenne finché<br />
Juan non fu in grado di reggersi da solo. Aveva in mente<br />
di portarlo in città dove, forse, avrebbe recuperato la<br />
memoria più in fretta. Ma la vecchia lo esortò ad attendere:<br />
– Abbiate pazienza ancora qualche settimana, se<br />
in questo periodo i ricordi non saranno tornati allora,<br />
qui davanti a me, gli racconterete ogni cosa.<br />
Come Juan ebbe riacquistato le forze cominciò a fare<br />
brevi passeggiate, allontanandosi sempre più dall’abitazione<br />
della curandera. Ma più il tempo passava più<br />
si sentiva prigioniero, prigioniero della vecchia e della<br />
propria mente che aveva inghiottito i ricordi. Ricordi<br />
che, la donna lo aveva avvisato, gli avrebbero causato<br />
un dolore. Aveva timore, ma allo stesso tempo era incuriosito<br />
e sempre più impaziente. Sentiva il tempo sfuggire.<br />
Aveva la sensazione di dover fare qualcosa di importante,<br />
ma non ricordava cosa fosse. Contò le ore in<br />
attesa dei due amici, che finalmente lo avrebbero ricondotto<br />
in città e che avrebbero fatto luce sul suo passato.<br />
Così il sabato mattina avvisò la vecchia che l’indomani<br />
sarebbe andato via con Ignacio e Pedro.<br />
– Sì, credo anche io che sia giunto il momento, – rispose<br />
calma la donna, armeggiando tra erbe e bottiglie.<br />
– Tenete, vi ho già preparato alcune boccette della medicina<br />
che trattiene l’energia che scorre nelle vostre vene,<br />
la dovrete prendere ogni giorno. Quando l’avrete<br />
finita ve ne darò dell’altra. Oggi bevete anche questa, vi<br />
servirà a tenervi calmo, – aggiunse porgendogli un bicchiere<br />
nel quale aveva sciolto, mescolando con il dito,<br />
una polvere rossa sottilissima.<br />
– Vi chiedo scusa, vorrei lavarmi per bene e prepara-<br />
181
e le mie cose, se ne ho. È un pezzo che indosso gli stessi<br />
vestiti, sono arrivato qui solo con questi?<br />
La donna scosse il capo e gli indicò la valigia di cartone<br />
sotto il letto: – Lì dentro ci sono i vestiti con i quali<br />
siete arrivato qui.<br />
Juan si chinò a prendere la valigia. Ora che si sentiva<br />
meglio non riusciva a sopportare l’odore del proprio<br />
corpo mal lavato e dei vestiti che indossava, così come<br />
insostenibile gli pareva il lezzo che gli giungeva alle narici<br />
ogni volta che la curandera gli si accostava. Aprì la<br />
valigia e vi trovò ben ripiegato un abito grigio. Sollevò<br />
la giacca, la scosse e vide una lettera che faceva capolino<br />
da una delle tasche. La prese e lesse il proprio nome.<br />
Immediato riaffiorò il ricordo di Margherita e delle figlie.<br />
Voltò la busta, ansioso di conoscere ciò che ancora<br />
la sua memoria nascondeva, e si accorse che era sigillata.<br />
Evidentemente a causa del malore non era riuscito a<br />
leggerla. Lacerò la carta sottile ed estrasse un foglio<br />
scritto su entrambi i lati. La firma era quella di Dora, la<br />
data ventinove dicembre millenovecentotrentatre. Scostò<br />
i pantaloni dal letto e si sedette per leggere con più<br />
tranquillità. Inizialmente non riuscì a capire di che cosa<br />
parlasse sua figlia. «Il dolore che ci avete provocato è<br />
stato enorme, nessuna di noi si aspettava un simile<br />
comportamento da parte vostra che siete sempre stato<br />
un padre esemplare. Al dolore si aggiunge la vergogna<br />
e l’umiliazione, per questo vi comunico che la risposta<br />
di mamma alla vostra domanda è no. Noi figlie, con il<br />
tempo, avremmo potuto perdonarvi ma non possiamo<br />
non rispettare la decisione di nostra madre. Rimanete<br />
pure dove siete con i vostri due bambini…»<br />
– I bambini! Sebastian, Cruz! – La mente di Juan<br />
esplose.<br />
Due visetti bruni gli comparvero dinanzi agli occhi e<br />
182<br />
ogni dettaglio della vicenda si palesò. La vecchia, vedendolo<br />
agitato e confuso, intervenne. Lo indusse a<br />
calmarsi, conficcandogli le dita ai lati del collo, quindi<br />
lo costrinse a bere ancora un po’ del contenuto del bicchiere.<br />
– Dovete calmarvi se volete recuperare il vostro<br />
passato e riflettere con calma sul da farsi.<br />
– Che cosa devo fare? – domandò Juan, disperato.<br />
– La decisione è solo vostra, io posso ripetervi ancora<br />
ciò che vi ho già detto qualche tempo fa. Vostro figlio<br />
appartiene a questa terra, il suo destino è scritto. Il suo<br />
sangue e il sangue del suo sangue dovranno nutrire questo<br />
Paese. Questo ho visto.<br />
– Perché continuate a torturarmi, mi vedete? Sono<br />
vecchio, come farò a crescerli? Sono stato in punto di<br />
morte, che ne sarebbe di loro se io non ci fossi più? In<br />
Italia ho una famiglia, qui c’è solo una vecchia che mi<br />
odia.<br />
– La vecchia di cui parlate ama i vostri bambini come<br />
li amate voi. La vostra famiglia in Italia li accetterebbe<br />
di buon grado?<br />
– No, non mi vogliono più vedere… Mia moglie è<br />
ancora viva.<br />
– Lo so, – rispose la curandera, scuotendo il capo.<br />
– Sono confuso. Vorrei vedere subito i bambini.<br />
– Non prendete decisioni affrettate. Consultatevi<br />
anche con i vostri amici. Saranno qui tra poco, – suggerì<br />
la donna.<br />
Juan ascoltava. Pensare, sotto l’effetto della bevanda<br />
che la vecchia gli aveva somministrato, divenne infine<br />
sempre più difficile, tanto che sprofondò nel sonno.<br />
Dormiva ancora quando arrivarono Pedro e Ignacio<br />
che, trovandolo immobile sul letto, si spaventarono. La<br />
vecchia raccontò loro quanto era accaduto e li invitò ad<br />
attendere che l’orafo si svegliasse. I due uomini sedette-<br />
183
o in paziente attesa osservando la donna che, con un<br />
movimento continuo, riduceva in polvere foglie essiccate<br />
pestandole in un mortaio rudimentale. Quando<br />
Juan aprì gli occhi trovò i due giovani che lo guardavano<br />
ed implorò il loro aiuto per andare al villaggio e riavere<br />
i suoi bambini.<br />
– Bisogna andarci cauti don Juan, – lo mise in guardia<br />
Ignacio. – Non credo che sia così facile. Andando ad<br />
urlare sotto la casa di donna Inès non otterremo niente.<br />
È una donna molto decisa quella! Inoltre io credo che vi<br />
odi a morte.<br />
L’orafo ascoltava, sedato dalla pozione della vecchia,<br />
e faticava a riflettere a fondo su quanto sentiva.<br />
– Mi odia perché è pazza. Mi ritiene responsabile<br />
della morte di sua figlia… Non mi ha mai perdonato!<br />
Ignacio era combattuto dal desiderio di tacere e dalla<br />
necessità di far sapere all’orafo come stavano realmente<br />
le cose. – Credo che ci sia dell’altro don Juan. Vi<br />
chiedo scusa se mi permetto di dirvelo ma ero presente<br />
quando lei ha raccontato alla gente del villaggio che…<br />
vostra moglie in Italia è ancora viva.<br />
Preso alla sprovvista, Juan ebbe un sussulto. Possibile<br />
che il suo segreto così ben custodito fosse a conoscenza<br />
di Inès? Guardò la curandera pensando che potesse<br />
averlo tradito, ma la vecchia rispose al suo sguardo<br />
scuotendo il capo in segno di diniego, poi si alzò ed uscì<br />
lasciando soli i tre uomini. Juan fece uno sforzo per continuare<br />
a pensare ma, anche se la sua mente a poco a poco<br />
riacquistava lucidità, non riusciva a capire come Inès<br />
fosse arrivata a scoprire tutto. Si accorse che il suo silenzio<br />
si prolungava eccessivamente e che i due giovani<br />
aspettavano una spiegazione.<br />
– È vero! – esordì guardandoli negli occhi. – Mi rendo<br />
conto di non avere giustificazioni, il mio comporta-<br />
184<br />
mento è stato ignobile soprattutto nei confronti di Margherita.<br />
Sapete che non sono un donnaiolo e sapete in<br />
quali circostanze ho conosciuto Gracia. Il mio sentimento<br />
nei suoi confronti è stato sincero. L’ho sposata<br />
per scelta, e non volevo farla soffrire dicendole di Margherita<br />
e coinvolgendola nella mia bigamia.<br />
– Ma quella povera donna in Italia magari vi aspettava,<br />
– osservò Pedro impressionato.<br />
– Sì Pedro, hai proprio ragione. Povera Margherita,<br />
l’ho abbandonata proprio quando aveva più bisogno di<br />
me. Rinchiusa in quella casa di cura avrà avuto bisogno<br />
di me! – L’espressione di stupore dipinta nel viso dei<br />
due giovani lo indusse a continuare: – Povera donna si è<br />
ammalata dopo la nascita della nostra ultima figlia ed è<br />
andata via via peggiorando. Non ci siamo voluti arrendere.<br />
Specialmente io. Quella donna mi ha dato cinque<br />
figli! Solo quando ha cominciato ad essere pericolosa<br />
per se stessa, su consiglio del medico, l’abbiamo portata<br />
in un… in una casa di cura per menti fragili. Siamo sempre<br />
andati a trovarla ma negli ultimi tempi non ci riconosceva<br />
più. Ecco come stanno le cose, purtroppo.<br />
– Certo non avete avuto una vita facile, – lo compatì<br />
Pedro.<br />
– Del resto se neanche più vi riconosceva… – aggiunse<br />
Ignacio.<br />
– Le mie figlie sapevano di Gracia e dei bambini e<br />
hanno accettato quanto è accaduto purché rimanessi in<br />
questo Paese. Ma quando ho scritto dicendo che Gracia<br />
era morta e che sarei tornato con i bambini mi hanno<br />
detto di no. Non mi vogliono in Italia! Per loro sarebbe<br />
un’umiliazione troppo grande… Anche se la madre<br />
non può capire, è ancora viva.<br />
– Ma voi eravate deciso a partire ugualmente, era<br />
tutto pronto prima che vi sentiste male!<br />
185
– Allora non conoscevo la loro decisione. È tutto qui<br />
in questa lettera, l’ho trovata nella tasca dell’abito.<br />
– Ma quella è la lettera che ho trovato in camera di<br />
donna Inès quella sera. Era tutto vuoto e c’era solo quella<br />
in un cassetto. Ve l’ho consegnata ma con tutto quel<br />
trambusto e con quello che è successo dopo di sicuro<br />
avete dimenticato di leggerla.<br />
L’orafo ascoltò con attenzione le parole di Pedro e<br />
capì come Inès fosse venuta a conoscenza del suo segreto.<br />
– Siete ancora deciso a tornare in Italia ad ogni costo?<br />
– Non lo so, non lo so più, dopo questa… Mi sento<br />
del tutto solo. Io speravo nell’appoggio delle mie figlie,<br />
ma me lo hanno negato. E imporre la mia presenza tornando<br />
a tutti i costi…<br />
– Perché non chiedete alla curandera di guardare nel<br />
futuro o di usare la sua magia per individuare la via da<br />
seguire?, – suggerì Pedro, che aveva fiducia nella vecchia<br />
donna.<br />
– Caro Pedro non c’è bisogno di interrogare gli oracoli.<br />
Basta analizzare le due opportunità con la ragione,<br />
– rispose seccato Juan, che di magia non voleva sentir<br />
parlare. – Piuttosto, come faccio ad avvicinarmi a quella<br />
vipera? Se viene a sapere che ho intenzione di andare da<br />
lei è capace di nascondere i bambini altrove. E se ci presentassimo<br />
all’improvviso?<br />
– Prima di arrivare a casa sua ci vedrebbe mezzo paese.<br />
Si chiuderebbe dentro e farebbe esattamente quello<br />
che ha già fatto, – commentò Ignacio, ricordando la<br />
pervicacia della donna nel negare il suo aiuto al vecchio<br />
moribondo.<br />
– Parlerò io con lei, se volete, – propose la curandera.<br />
Era rientrata in tempo per sentire l’ultima parte del<br />
186<br />
discorso e reggeva un cesto pieno di ossicini bianchi appartenuti<br />
a piccoli animali: porcellini d’india e polli. Li<br />
sparse sul pavimento, ne scelse accuratamente un certo<br />
numero e li introdusse in un contenitore ricavato da una<br />
zucca essiccata. Ignacio e Pedro, a disagio, osservavano<br />
la vecchia che con le unghie grattava dagli ossicini brandelli<br />
scuri di sostanza secca. Per la prima volta da quando<br />
si recavano sulla montagna desiderarono di non doverci<br />
più tornare. La vecchia, che sembrava leggere ogni<br />
cosa nelle loro menti, sollevò il capo, sospese per un attimo<br />
quella macabra operazione e li invitò a lasciar riposare<br />
l’orafo. Risollevati, i due giovani se ne andarono,<br />
sfruttando l’ultima luce per percorrere con tutta calma<br />
il sentiero che li avrebbe condotti alla casa del carrettiere<br />
che li ospitava.<br />
Juan consumò un pasto leggero, sorseggiò la tisana<br />
che la curandera gli aveva preparato e, senza prestare la<br />
minima attenzione all’attività della vecchia, si sdraiò<br />
immergendosi nei propri pensieri. Ben presto il ticchettio<br />
degli ossicini che cadevano nella zucca rimase l’unico<br />
rumore nell’abitazione circondata dalle tenebre notturne.<br />
La donna, ad intervalli regolari, sollevava la zucca<br />
e la scuoteva lasciando che alcuni ossicini cadessero<br />
sul poncho disteso per terra. Juan sprofondò nel sonno<br />
e sognò. Sognò se stesso. Seduto, posava per un fotografo.<br />
Aveva i capelli bianchi, un abito scuro e, tra le mani,<br />
il bastone da passeggio. Accanto a lui sorridevano<br />
Sebastian, Cruz e i loro bambini. Quando la curandera<br />
si avvide che il respiro dell’uomo si era fatto più frequente<br />
cessò di scuotere la zucca, raccolse gli ossicini<br />
dal poncho, sollevò l’indumento da terra e si ritirò nel<br />
suo cubicolo buio.<br />
Il giorno successivo Ignacio e Pedro si recarono di<br />
buon’ora dalla curandera. Avevano marciato spediti sul<br />
187
sentiero che conduceva a casa della donna, pronti a definire<br />
quel giorno stesso tutta la faccenda affrettando la<br />
decisione dell’orafo. In quegli ultimi mesi il via vai sulla<br />
montagna aveva influito pesantemente sul lavoro e sulla<br />
vita di entrambi e adesso che il loro amico stava bene<br />
non ritenevano opportuno prolungare un simile sacrificio.<br />
Pronti a riferire la loro opinione rimasero sorpresi<br />
nel sentire che Juan aveva già stabilito cosa fare. – Ieri,<br />
dopo che voi siete andati via, ho fatto esattamente ciò<br />
che vi ho detto. Ho riflettuto a lungo valutando razionalmente<br />
la situazione e ho deciso che rimarrò qui. Se in<br />
Italia non mi vogliono è inutile tornare.<br />
I due giovani, contenti, vollero allora affrontare un<br />
argomento delicato che stava loro a cuore e li metteva in<br />
un certo imbarazzo. – Don Juan, tornate a lavorare con<br />
noi. Faremo a quote paritarie. Sapete, adesso che abbiamo<br />
fatto il grande passo…<br />
L’orafo accolse con soddisfazione e sollievo la proposta<br />
degli amici, così si accordò con loro perché tornassero<br />
in città, dove li avrebbe raggiunti una volta risolto<br />
il problema con Inès.<br />
Quando la curandera arrivò alle prime case del villaggio<br />
il sole era ancora basso sull’orizzonte. Camminava<br />
lentamente e il poncho, che le pendeva dalle spalle,<br />
lungo ben oltre la sua persona, cancellava le impronte<br />
leggere che i suoi piedi lasciavano sulla polvere. Portava<br />
con sé la zucca con gli ossicini ed un sacchetto di tela<br />
colmo di una polvere sottile che l’orafo le aveva visto<br />
prelevare da un vaso avvolto con uno straccio nero. La<br />
voce che la vecchia si trovava al villaggio si diffuse rapidamente.<br />
Una piccola folla le si fece incontro salutandola<br />
con timore reverenziale e la scortò sino alla casa di<br />
Inès, la quale intuì immediatamente che la presenza della<br />
vecchia aveva a che fare con suo genero.<br />
188<br />
– Mandate via questa gente ed andiamo dentro, –<br />
disse la curandera con fare sbrigativo. Quando Inès<br />
chiuse la porta, la vecchia la informò della situazione:<br />
– Vostro genero ormai sta bene. È guarito e vuole con<br />
sé i bambini. Ha deciso di non tornare più in Italia. Volete<br />
ridarglieli o deve ricorrere alla giustizia?<br />
– Sapevo che questo momento sarebbe arrivato prima<br />
o poi. Che cosa volete che faccia? Siamo sicuri che<br />
non è una menzogna? Io non mi fido di quell’uomo!<br />
– Io sono qui a garantire per lui. Questa volta non<br />
mente. Rimarrà in questo paese.<br />
– Ma io lo odio! Vorreste che per amore dei bambini<br />
tornassimo a vivere sotto lo stesso tetto? È impossibile,<br />
io dico di no!<br />
– Innanzi tutto fategli vedere i figli. Ne ha diritto e<br />
si calmerà.<br />
Inès era fortemente contrariata dall’atteggiamento<br />
impositivo della vecchia. Il suo odio verso il genero<br />
continuava ad essere feroce, tuttavia intuiva che la giustizia<br />
gli avrebbe dato ragione e che, in tal caso, lei rischiava<br />
di non vedere più i nipoti.<br />
– Vi posso aiutare a decidere? – chiese la curandera<br />
con un tono diverso nella voce. Si era accorta della confusione<br />
della donna, tormentata da pensieri contrastanti<br />
di cui si sforzava di valutare le conseguenze.<br />
– Sapete come fare?<br />
– Con questi, – disse sollevando la zucca e mostrandola<br />
a Inès.<br />
– Prima di cominciare datemi da bere, perché quella<br />
camminata e questa discussione mi hanno fatto venire<br />
sete.<br />
Inès si affrettò a porgerle una bottiglia d’acqua e un<br />
bicchiere. – Bevete con me! – la invitò la donna.<br />
Inès si allontanò per prendere un altro bicchiere e la<br />
189
vecchia versò nella bottiglia parte della polvere che nascondeva<br />
in una mano. Dopo che Inès ebbe bevuto, la<br />
curandera si sfilò il poncho, lo distese per terra e si accoccolò<br />
lungo uno dei lati invitandola a fare altrettanto.<br />
Inès seguì le sue indicazioni. Si aspettava che interrogasse<br />
i piccoli ossicini bianchi, che ad intervalli regolari<br />
lasciava uscire dalla zucca, e le rivelasse il futuro. Ma il<br />
ticchettio degli ossicini dentro la zucca aveva un effetto<br />
ipnotico e Inès chiuse gli occhi. La visione si presentò<br />
immediata. Inès vide se stessa contemplare il cadavere<br />
di Juan composto sul letto di una casa che non conosceva.<br />
La donna cessò di agitare la zucca e la visione svanì.<br />
Ad Inès parve di aver chiuso gli occhi solo per qualche<br />
istante e, quando li riaprì, la curandera raccoglieva l’ultimo<br />
ossicino dal poncho. – Avete visto qualcosa? – domandò.<br />
– No! – rispose la vecchia. – Questa volta eravate voi<br />
a dover vedere. Ciò che avete visto vi è bastato?<br />
Inès annuì soddisfatta.<br />
– Perfetto! Adesso che sapete, decidete in fretta.<br />
190<br />
Epilogo<br />
1950<br />
Juan si alzò dal suo angolo vicino alla finestra e spense<br />
la radio. Il notiziario era terminato e la musica che andava<br />
in onda lo disturbava. Guardò fuori. Il traffico a<br />
quell’ora era piuttosto intenso, ma questo non gli impedì<br />
di frugare la strada cercando la sagoma di Sebastian<br />
alla luce gialla dei lampioni. Suo figlio era in ritardo.<br />
Juana dalla cucina lo chiamò: – Babbo, venite a<br />
mangiare, è pronto! Pensate che Sebastian arriverà in<br />
tempo per cenare con noi?<br />
Juan sedette di fronte a Juana e lanciò uno sguardo<br />
disinteressato al cibo. Era preoccupato per Sebastian<br />
che, nonostante fosse in città da due giorni, aveva visto<br />
solo per qualche ora. Era arrivato per chiedere denaro a<br />
lui e alla sorella. Ma Juana non possedeva denaro. Non<br />
si era sposata e non aveva un lavoro. L’orafo la osservò<br />
mentre sollevava il cucchiaio e lo accostava alle labbra<br />
con la solita compostezza appresa dalle suore della<br />
Mercede. Da quanti anni aveva lasciato il convento? Al<br />
compimento del diciottesimo anno di età le suore avevano<br />
congedato lei e la sorella Ana, le avevano rimandate<br />
nel mondo a prendere possesso della loro casa. La casa<br />
di Gracia, amministrata in quegli anni dal convento,<br />
aveva fruttato un gruzzolo che era stato consegnato alle<br />
ragazze. Nel giro di un anno Ana si era sposata, Juana<br />
no. Era rimasta a casa ad appassire, le rughe di espressione<br />
si erano accentuate e la pelle aveva perso la freschezza<br />
e il turgore della giovane età. Aveva voluto che<br />
191
Juan, l’unica persona di famiglia che le fosse rimasta,<br />
abbandonasse la casa nella quale viveva in solitudine e<br />
lo aveva accolto in quella che un tempo era stata anche<br />
la sua casa. Lei soltanto sosteneva la sua vecchiaia. Anche<br />
Cruz si era sposata e Sebastian lavorava per il governo<br />
nell’estremo sud del paese. Voleva bene a Juana, ma<br />
Cruz e Sebastian erano il suo sangue, benché li avesse<br />
avuti con sé per così poco tempo. Fino all’età scolare<br />
erano rimasti con la nonna, nel villaggio sulla montagna,<br />
lui era tornato al suo lavoro e li vedeva ogni mese.<br />
Poi se li era portati via, li aveva condotti in città. Erano<br />
due bambini selvatici cresciuti tra la polvere e i polli, ma<br />
il collegio che avevano frequentato, uno dei migliori del<br />
Paese, li aveva resi istruiti e educati alle buone maniere.<br />
Inès era morta poco dopo aver consentito a Juan di portarsi<br />
via i bambini. L’odio per suo genero non si era mai<br />
placato e lei aveva atteso, giorno dopo giorno, di vederlo<br />
morto. Era scesa a patti con lui senza eccessiva resistenza<br />
solo perché si riteneva sicura degli eventi. Ma le<br />
cose non erano andate così. Juan a settantacinque anni<br />
era ancora vivo e vegeto e continuava ad affrontare problemi.<br />
La voce di Juana lo distolse dai suoi pensieri: – Dove<br />
pensate che Sebastian potrà trovare quel denaro?<br />
Quanti amici ha ancora in città?<br />
Juan sospirò. Era stanco. Per lui non era più il momento<br />
di avere preoccupazioni che lo tenessero sveglio<br />
la notte e invece suo figlio era arrivato con un problema.<br />
Il suo problema era il gioco. Il tarlo del gioco lo rodeva.<br />
Si era indebitato sempre per piccole somme che era riuscito<br />
a coprire con lo stipendio, i risparmi e l’aiuto del<br />
padre, ma questa volta la situazione era diversa, la cifra<br />
elevata, e i creditori non gli davano tregua. Era notte<br />
fonda quando il giovane bussò alla porta, buttando Jua-<br />
192<br />
na giù dal letto. – Allora hai risolto? Sei stato fuori così a<br />
lungo! Il babbo era preoccupato, ho dovuto dargli dei<br />
calmanti.<br />
Sebastian grugnì: – Domani, domani ti racconto. – Si<br />
gettò sul letto e dormì sino alla tarda mattinata. Quando<br />
comparve in cucina, con gli occhi gonfi e i capelli arruffati,<br />
suo padre lo interrogò: – Sei riuscito a mettere insieme<br />
quella cifra?<br />
– Purtroppo no! Ancora mi manca parecchio, gli<br />
amici su cui contavo mi hanno voltato le spalle.<br />
– Oh se Carlo fosse ancora qui! Lui ti avrebbe aiutato<br />
di certo. Quanto tempo hai per saldare il tuo debito?<br />
– Poco! È da un pezzo che aspettano! Forse riuscirò<br />
a tenerli buoni per un po’ con quello che ho racimolato,<br />
ma devo trovare subito il resto. I cinesi non scherzano e<br />
hanno il coltello facile.<br />
Juan trascorse il pomeriggio in attesa di suo figlio,<br />
che doveva vedere ancora alcuni amici. Era avvilito e<br />
scoraggiato. Sebastian forse non si rendeva conto che<br />
rischiava di perdere il lavoro. Se lo avessero scoperto lo<br />
avrebbero mandato via senza pensarci due volte. Lo<br />
sguardo accigliato di Juana contribuì ad accrescere la<br />
sua inquietudine. Accese la radio ma non la ascoltò,<br />
prese il giornale, con gli occhi rilesse gli stessi articoli<br />
che la mattina aveva commentato con Juana, ma con la<br />
mente era altrove. Si lamentò sospirando: – Se avessi<br />
ancora i miei vecchi libri italiani! Quelli avevano il potere<br />
di placare le angustie.<br />
Doveva ringraziare Inès della loro fine. Quando giaceva<br />
immobile dalla curandera e la casa di Gracia era<br />
stata affidata alle suore della Mercede, tutrici di Juana e<br />
Ana, Inès l’aveva svuotata ed aveva portato al villaggio<br />
tutto ciò che conteneva, compresi i libri, che erano rimasti<br />
nascosti in una cassa sino a quel gelido inverno. I<br />
193
ambini si lamentavano per il gran freddo, anche dentro<br />
casa il loro fiato fumava. Non giocavano, ma sedevano<br />
palliducci avvolti ciascuno in una coperta. Inès non<br />
aveva legna da ardere così aveva bruciato tutto ciò che<br />
poteva produrre una bella fiamma vivace. I libri di Juan<br />
si erano accartocciati subito trasformandosi in un calore<br />
effimero che, per un attimo, aveva riscaldato i bambini<br />
rallegrandoli.<br />
Juana vide il vecchio preoccupato e ne ebbe compassione:<br />
– Babbo che ne dite, potremo chiedere un aiuto a<br />
Cruz e ad Ana? Sempre che Sebastian non si sia già rivolto<br />
a loro. In fondo sono le sue sorelle e di fronte al rischio<br />
che corre…<br />
– No, non ci ha pensato. Sono troppo lontane. Ha<br />
fatto prima a venire qui.<br />
– Bene, allora che ne dite? Perché non scrivete due<br />
righe e spiegate loro la situazione? Scrivete a Cruz che<br />
vive più vicino e ha un marito che guadagna molto bene.<br />
Juan non rispose, prese la testa tra le mani e rimase<br />
assorto nei propri pensieri. Quando Sebastian tornò,<br />
disperato e a mani vuote, aveva preso la sua decisione.<br />
– Vedrai figliolo che anche questa volta risolveremo il<br />
problema.<br />
– Avete dei soldi nascosti di cui non ricordavate l’esistenza?<br />
– No, io non ho soldi da darti, e questa è l’ultima<br />
volta che avrai il mio aiuto. Devi smetterla con il gioco<br />
o perderai tutto… il tuo lavoro… la tua donna… gli<br />
amici.<br />
– Babbo aiutatemi e vi giuro su Dio che non giocherò<br />
più!<br />
– Se i creditori ti concedessero diciamo… un mese di<br />
tempo, io saprei dove trovare quel denaro che manca.<br />
194<br />
– Provate, provate ugualmente! Che cosa volete fare?<br />
Pedro e Ignacio hanno già sganciato, a chi volete rivolgervi?<br />
– Tu non ti preoccupare, aspetta e vedrai.<br />
La mano gli tremava quando, la sera, cominciò a<br />
scrivere alla figlia: «Carissima figlia Assunta… sono ormai<br />
anziano y tengo un deseo infinito di rivedervi. Voglio<br />
tornare in Italia, mi patria, per stare insieme a vosotros.<br />
Ahora che el tempo è passato io espero nel vostro<br />
perdono. Mi mancate molto e sento molta nostalgia.<br />
Al momento tengo algunas difficoltà con le banche<br />
porchè la situacion in esto pais è sempre difficile, perciò<br />
ti chiedo di prestarmi il denaro perché io possa sistemare<br />
le ultime cose e tornare in Italia. Nel frattempo<br />
la banca mi lascerà ritirare i miei soldi e ti restituirò<br />
tutto. Ho preparato mi cosas y se tu fossi tempestiva<br />
potrei essere a casa por la fine del mese, finalmente!<br />
Queste sono le spese che devo sostenere prima di partire…»<br />
* * *<br />
Con la lettera e la fotografia di suo padre tra le mani<br />
Assunta sentì il peso della solitudine. Adesso spettava a<br />
lei decidere. Sollevò lo sguardo sui ritratti appesi alla<br />
parete: sua madre e Dora le sorridevano da un altro<br />
tempo. Avrebbe voluto accanto sua figlia per un consiglio,<br />
ma Piera era lontana, all’università.<br />
Si sollevò, passò una mano tra i capelli e riassettò i<br />
vestiti, tra poco alcuni pazienti sarebbero arrivati all’ambulatorio<br />
e il dottore esigeva la sua presenza.<br />
Rilesse ancora una volta la lettera di suo padre, in cui<br />
due lingue diverse si fondevano in un amalgama inscindibile.<br />
Prese la penna e scrisse: «Caro babbo, sono feli-<br />
195
ce e stupita di ricevere vostre notizie dopo tanti anni di<br />
silenzio…»<br />
* * *<br />
Con un sospiro di sollievo Juan aprì la lettera, che era<br />
arrivata dall’Italia in un tempo sorprendentemente breve.<br />
Era felice che non lo avessero scordato ed era sicuro<br />
che sua figlia avrebbe inviato quel denaro. Chiamò Juana<br />
e lesse traducendo: «… non ho denaro da inviarvi,<br />
devo provvedere ai miei figli, tuttavia per voi farò una<br />
cosa con tutto il cuore. Vi spedirò il biglietto di viaggio<br />
già pagato perché possiate rientrare in Italia. Scrivetemi<br />
per confermare e specificate il giorno in cui sarete libero<br />
dagli impegni e pronto a partire…»<br />
Juan posò il foglio sul tavolo, si sedette e guardò<br />
Juana negli occhi. Non scrisse mai la sua lettera di conferma.<br />
196<br />
I fatti e i personaggi di questo romanzo sono frutto della fantasia<br />
dell’autore.
INDICE
INDICE<br />
L’ORAFO<br />
Prologo 11<br />
1925 19<br />
1926 39<br />
1927 59<br />
1928 81<br />
1929 93<br />
1931 105<br />
1933 115<br />
1934 157<br />
Epilogo 191
Volumi pubblicati:<br />
Tascabili<br />
Grazia Deledda, Chiaroscuro<br />
Grazia Deledda, Il fanciullo nascosto<br />
Grazia Deledda, Ferro e fuoco<br />
Francesco Masala, Quelli dalle labbra bianche<br />
Emilio Lussu, Il cinghiale del Diavolo (2 a edizione)<br />
Maria Giacobbe, Il mare (3 a edizione)<br />
Sergio Atzeni, Il quinto passo è l’addio<br />
Sergio Atzeni, Passavamo sulla terra leggeri<br />
Giulio Angioni, L’oro di Fraus (2 a edizione)<br />
Antonio Cossu, Il riscatto<br />
Bachisio Zizi, Greggi d’ira<br />
Ernst Jünger, Terra sarda<br />
Marcello Fois, Sempre caro (2 a edizione)<br />
Salvatore Niffoi, Il viaggio degli inganni (2 a edizione)<br />
Luciano Marrocu, Fáulas (2 a edizione)<br />
Gianluca Floris, I maestri cantori<br />
D.H. Lawrence, Mare e <strong>Sardegna</strong><br />
Salvatore Niffoi, Il postino di Piracherfa (2 a edizione)<br />
Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò (2 a edizione)<br />
Giorgio Todde, Lo stato delle anime (2 a edizione)<br />
Francesco Masala, Il parroco di Arasolè<br />
Maria Giacobbe, Gli arcipelaghi (2 a edizione)<br />
Salvatore Niffoi, Cristolu<br />
Giulio Angioni, Millant’anni<br />
Luciano Marrocu, Debrà Libanòs<br />
Giorgio Todde, La matta bestialità (2 a edizione)<br />
Sergio Atzeni, Racconti con colonna sonora e altri «in giallo»<br />
Marcello Fois, Materiali<br />
Maria Giacobbe, Diario di una maestrina<br />
Giuseppe Dessí, Paese d’ombre<br />
Francesco Abate, Il cattivo cronista
Gavino Ledda, Padre padrone<br />
Salvatore Niffoi, La sesta ora<br />
Jack Kerouac, L’ultima parola. In viaggio. Nel jazz<br />
Gianni Marilotti, La quattordicesima commensale<br />
Giorgio Todde, Ei<br />
Luigi Pintor, Servabo<br />
Marcello Fois, Tamburini<br />
Francesco Abate, Ultima di campionato<br />
Patrick Chamoiseau, Texaco<br />
Luciano Marrocu, Scarpe rosse, tacchi a spillo<br />
Alberto Capitta, Creaturine<br />
Romano Ruju, Quel giorno a Buggerru<br />
Peppinu Mereu, Poesie complete<br />
Maria Giacobbe, Le radici<br />
Patrick Chamoiseau, Il vecchio schiavo e il molosso<br />
Paolo Cherchi, Erostrati e astripeti<br />
Marcello Fois, Sangue dal cielo (2 a edizione)<br />
Giorgio Todde, Paura e carne (2 a edizione)<br />
Giulio Angioni, Alba dei giorni bui<br />
Roberto Concu, Verità per verità<br />
Aldo Tanchis, L’anno senza estate<br />
Sergio Atzeni, I sogni della città bianca<br />
Ricuore, testi di Massimo Carlotto, Raul Montanari, Enzo Fileno<br />
Carabba, Marcello Fois, Antonio Pascale, Carlo Lucarelli, Stefano<br />
Tassinari, Matteo Galiazzo, Giosuè Calaciura, Francesco Piccolo<br />
Narrativa<br />
Salvatore Cambosu, Lo sposo pentito<br />
Marcello Fois, Nulla (2 a edizione)<br />
Francesco Cucca, Muni rosa del Suf<br />
Paolo Maccioni, Insonnie newyorkesi<br />
Bachisio Zizi, Lettere da Orune<br />
Maria Giacobbe, Maschere e angeli nudi: ritratto d’un’infanzia<br />
Giulio Angioni, Il gioco del mondo<br />
Aldo Tanchis, Pesi leggeri<br />
Maria Giacobbe, Scenari d’esilio. Quindici parabole<br />
Giulia Clarkson, La città d’acqua<br />
Paola Alcioni, La stirpe dei re perduti<br />
Mariangela Sedda, Oltremare<br />
Rossana Copez, Si chiama Violante<br />
Rossana Carcassi, L’orafo<br />
Luciana Floris, La doppia radice<br />
Poesia<br />
Giovanni Dettori, Amarante<br />
Sergio Atzeni, Due colori esistono al mondo. Il verde è il secondo<br />
Gigi Dessì, Il disegno<br />
Roberto Concu Serra, Esercizi di salvezza<br />
Serge Pey, Nierika o le memorie del quinto sole<br />
Saggistica<br />
Bruno Rombi, Salvatore Cambosu, cantore solitario<br />
Giancarlo Porcu, La parola ritrovata. Poetica e linguaggio in<br />
Pascale Dessanai<br />
FuoriCollana<br />
Salvatore Cambosu, I racconti<br />
Antonietta Ciusa Mascolo, Francesco Ciusa, mio padre<br />
Alberto Masala - Massimo Golfieri, Mediterranea<br />
I Menhir<br />
Salvatore Cambosu, Miele amaro<br />
Antonio Pigliaru, Il banditismo in <strong>Sardegna</strong>. La vendetta barbaricina<br />
Giovanni Lilliu, La civiltà dei sardi<br />
Giulio Angioni, Sa laurera. Il lavoro contadino in <strong>Sardegna</strong><br />
Sergio Atzeni, Scritti giornalistici (1966-1995)<br />
Libristante<br />
Giorgio Pisano, Lo strano caso del signor Mesina<br />
In coedizione con Edizioni Frassinelli<br />
Marcello Fois, Sempre caro<br />
Marcello Fois, Sangue dal cielo<br />
Marcello Fois, L’altro mondo<br />
Giorgio Todde, Lo stato delle anime<br />
Giorgio Todde, Paura e carne<br />
Giorgio Todde, L’occhiata letale<br />
Giorgio Todde, E quale amor non cambia<br />
Alberto Capitta, Creaturine
Finito di stampare<br />
nel mese di ottobre 2005<br />
dalla Tipolitografia ME.CA. - Recco (GE)