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JESUS<br />

di Valentina Salandi - illustrazione di Domizia Tosatto<br />

Giovanni Lo Camice, 23 anni, detto Jesus.<br />

Immaginatelo arrivare. Ciondolante, coi capelli rasati, una boccia<br />

grigiastra perfettamente rotonda, lucida; sguardo torvo, occhi piccoli,<br />

vicini e suini, sempre stretti, in cerca di rogne. Un metro ed ottanta per<br />

novantatrè chili. Due spalle “così”, muscoli e nervi del collo sempre tirati;<br />

canotta bianca e pantaloni neri mezzi sgualciti. Sì, esatto, un grosso<br />

stronzo, ma così grosso e così stronzo che, alla fine, gli daresti sempre ragione.<br />

Lo so, io non dovrei parlarne così, ma dico solo ciò che mi esprime<br />

la sua figura, ciò che la gente pensa di lui quando lo vede passare.<br />

Jesus, lo chiamano così per via dei suoi “seguaci”, la sua gang che fa<br />

giusto una dozzina. Se ne vanno in giro sempre in branco. A vederli<br />

penseresti subito a dei delinquenti, ma a me non fanno paura. Non mi<br />

toccano. Come avvoltoi si appollaiano sulle sbarre del cancello della<br />

stazione e stan lì bene o male tutto il giorno. La loro giungla è senza<br />

alberi. In compenso, è ricca di alti palazzi di case popolari che, come muraglioni<br />

tristi e privi di storica fierezza, si ergono contro i volti della gente.<br />

Gente normale, che vive con redditi a volte molto bassi, gente che<br />

viene dal sud o anche dall’estero, gente che vuole essere lasciata<br />

in pace, con le mani a pugno nei giubbotti. Donne anziane dal passo<br />

svelto e la testa china che salgono sugli autobus per andare a<br />

trovare qualcuno o per fare spese e commissioni, mentre attorno<br />

a loro s’aggirano piccoli branchi di giovani poco puliti, vandali alle<br />

prime armi, pischellini che giocano a fare la guerra di strada. Scene<br />

di vita quotidiana, in questa periferia. Non vedo l’ora di andarmene da<br />

qua. È per questo che sto studiando, a dispetto di ciò che fa Jesus.<br />

Lui era, all’inizio, quand’era ancora un ragazzino, solo uno dei tanti bulletti<br />

di paese. Tornava a casa con un jeans strappato, un graffio sul<br />

braccio, le mani nere di terra. Lui entrava in casa, si lavava alla bell’e<br />

meglio, poi andava in cucina, guardava cosa c’era in pentola a bollire<br />

e dava un bacio a mamma sulla guancia. “Che hai fatto in giro tutto<br />

il giorno, Gianni?” chiedeva mamma cogli occhi preoccupati abbassati<br />

sui jeans strappati. Lui faceva un cenno col mento e non rispondeva.<br />

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Poi la scena è variata. Stesse azioni, stessa domanda, niente<br />

più strappi, né tagli, né graffi, solo che dopo il cenno col mento,<br />

Jesus piazzava in mezzo alla tavola 50 euro o anche molto di<br />

più, a volte. Dopo un po’, mamma se li metteva nel reggipetto,<br />

spossata dalle sue stesse domande e dal silenzio di mio fratello.<br />

Poi smise di chiedere qualsiasi cosa. Le rimase solo questo sguardo<br />

malinconico, preoccupato, ma anche ricco di condiscendenza. Del<br />

resto, da quando nostro padre se n’era andato per un’altra donna (io<br />

avevo 4 anni, mentre Gianni ne aveva 7), non avevamo altro che il<br />

sussidio di disoccupazione della mamma, perché lui non ci spediva nulla.<br />

Quindi, quei soldi facevano comodo, indipendentemente dall’odore che<br />

si portavano appresso.<br />

Di solito, mi sveglio verso le dieci e cerco di farmi una sega, anche se<br />

capita che mia madre bussa alla porta per dirmi che la colazione è pronta,<br />

e allora mi scende tutto. È incredibile come a volte me lo trovo così<br />

duro da non poterlo calmare neanche dopo una bella smanettata; la cosa<br />

strana è che mi viene duro anche dopo aver fatto per tutta la notte sogni<br />

assurdi, violenti. Tipo quella notte che ho sognato di strappare a morsi<br />

l’orecchio, come Tyson, all’ambulante che vende calzini porta a porta.<br />

Quel negro mi faceva incazzare, perché voleva che mia madre comprasse<br />

delle calze di spugna, ma lei gli diceva “va che non ho soldi, mi dispiace!”<br />

e quello lì tutto il tempo dopo a dire “dai, la brego signora, solo dre euro,<br />

la brego”. Così sono corso di là, ho mandato mamma in cucina e poi<br />

l’ho steso con una testata che nel sogno era come una lampata di luce<br />

e gli ho preso l’orecchio in bocca e giù a morsi quell’orecchio da negro.<br />

Mi sono svegliato carico come una molla, con le mani che tremavano<br />

dalla voglia di uscire a prendere a sberle il primo negro che incontravo e,<br />

guardo sotto, e vedo il mio uccello come una belva pesante sulla pancia.<br />

Certe volte, mi si rizza anche quando c’è da fare qualche azione veloce<br />

di notte. Tipo procurare una macchina per un tizio importante, allora<br />

devo puntarne una seria di qualche stronzo borghese coi soldi. Se devo<br />

rischiare, tanto vale giocare pesante! O come quella volta che sono andato<br />

in quel negozio del muso giallo. Mi aveva sgamato mentre prendevo<br />

un cognac e lo infilavo nel giubbetto di pelle, il mangiariso del cazzo,<br />

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