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Materie Prime<br />
■ Luana Perioli e Valeria Ambrogi<br />
Dipartimento di Chimica e Tecnologia del Farmaco - Università degli Studi di Perugia<br />
Filtri solari: impiego di argille<br />
anioniche lamellari per miglorare<br />
l’efficacia e la stabilità<br />
La messa a punto di agenti protettivi della pelle è, tuttora, un tema di ricerca per l’industria cosmetica<br />
e del mondo scientifico<br />
I<br />
benefici del sole erano ben conosciuti<br />
nell’antichità ma solo dal XX secolo<br />
il culto del sole si è diffuso nel nostro<br />
sistema di vita sino a essere considerato<br />
un indice di civilizzazione tanto che<br />
l’abbronzatura è diventata sinonimo di salute,<br />
giovinezza e forma fisica. In seguito a questa<br />
massiccia esposizione al sole si sono evidenziate<br />
molte patologie, soprattutto cutanee, tanto che<br />
negli anni ‘90 l’OMS ha lanciato una campagna<br />
d’informazione in merito (1, 2). A tale allarme<br />
hanno fatto eco tutte le principali organizzazioni<br />
internazionali coinvolte nella ricerca e prevenzione<br />
oncologica e nella protezione dai danni<br />
derivanti dalle radiazioni non ionizzanti. Dopo<br />
decenni di cultura del sole, questa inversione<br />
di tendenza ha disorientato l’opinione pubblica<br />
non preparata a considerare il sole come un po-<br />
tenziale nemico, agente accelerante l’invecchiamento<br />
e anche induttore di danni ben più gravi<br />
che non sono imputabili solo alle radiazioni più<br />
energetiche dello spettro solare, i raggi UV-B,<br />
ma anche a quelle a maggior lunghezza d’onda,<br />
come gli UV-A, considerate originariamente di<br />
scarsa rilevanza ai fini della valutazione del rischio.<br />
La messa a punto di agenti protettivi della<br />
pelle ha rappresentato, quindi, in questi anni<br />
uno dei temi di ricerca di maggior interesse per<br />
l’industria cosmetica e ha in seguito coinvolto<br />
il mondo scientifico e le autorità legislative e<br />
dell’informazione in relazione al considerevole<br />
impatto sanitario del problema.<br />
Classificazione dei filtri solari<br />
Vi sono due categorie di composti utili per la<br />
protezione solare: organici e inorganici. I primi,<br />
classificati in antranilati, benzofenoni, derivati<br />
della canfora, cinnamati, salicilati, derivati del<br />
dibenzoilmetano e del PABA, vengono spesso<br />
impiegati in combinazione in quanto nessuno è<br />
in grado di assicurare un’elevata protezione se<br />
usato singolarmente. Le sostanze inorganiche<br />
(schermi fisici) vengono, sempre più frequentemente,<br />
usati sia per la loro capacità di bloccare<br />
gli UV-A sia per la maggior sicurezza rispetto ai<br />
filtri organici; i più utilizzati sono biossido di titanio<br />
e ossido di zinco.<br />
Fotodegradazione e fotostabilità<br />
Quando i raggi solari colpiscono la pelle interagiscono<br />
anche con i filtri solari applicati proprio<br />
per proteggerla. La forte energia di attivazione<br />
chimica prodotta dalla radiazione sul filtro induce<br />
reazioni che possono portare a riduzione<br />
64 Kosmetica • aprile 2008
Figura 1<br />
o perdita del proprio potere filtrante e protettivo;<br />
dalla conseguente fotodegradazione si ottengono<br />
frammenti molecolari, potenzialmente pericolosi,<br />
che possono indurre sensibilizzazione allergica o<br />
processi irritativi sulla cute stessa. La fotostabilità<br />
del filtro solare pertanto rappresenta, oltre<br />
che un fattore di durata della protezione solare,<br />
anche un fattore di sicurezza. La fotodegradazione<br />
può essere impedita:<br />
f utilizzando contemporaneamente più fattori<br />
protettivi (protezione sinergica);<br />
f utilizzando filtri fotostabili a determinate lunghezza<br />
d’onda;<br />
f proteggendo gli stessi filtri tramite sistemi di<br />
complessazione, incapsulazione o inclusione come<br />
per esempio ciclodestrine o liposomi (3).<br />
Sulla base di ciò è nata l’idea di impiegare anche<br />
matrici inorganiche lamellari, che sono in grado<br />
di intercalare delle molecole organiche, e progettare<br />
formulazioni in cui queste possano svolgere<br />
azione protettiva nei confronti della molecola<br />
ospitata. Sono state quindi utilizzate delle idrotalciti<br />
sintetiche, appartenenti alla famiglia delle<br />
argille anioniche, a base di ossidi di alluminio,<br />
magnesio e zinco. Considerando che le argille:<br />
f sono costituenti di prodotti cosmetici;<br />
f sono impiegate proprio in formulazioni a uso<br />
topico per proteggere la pelle;<br />
f gli ossidi di magnesio, di alluminio e soprattutto<br />
di zinco hanno proprietà schermanti.<br />
È sembrato razionale includere in esse dei filtri<br />
solari, per ottenere un prodotto di inclusione che<br />
potesse sia stabilizzare il filtro sia aumentare la<br />
protezione dai raggi UV.<br />
Argille anioniche: idrotalciti<br />
Le idrotalciti, o argille anioniche, sono miscele di<br />
idrossidi lamellari, naturali o sintetici, contenenti<br />
anioni scambiabili e sono molto meno note e<br />
diffuse in natura rispetto alle argille cationiche. Il<br />
crescente interesse verso questi solidi lamellari è<br />
giustificato dal vasto campo delle loro applicazioni.<br />
L’ idrotalcite (HTlc), infatti, è un materiale molto<br />
versatile che trova applicazione in molti settori<br />
come catalizzatore, adsorbente, nelle preparazioni<br />
cosmetiche, in preparazioni odontoiatriche e in<br />
Kosmetica • aprile 2008<br />
Figura 2<br />
particolar modo in campo farmaceutico. È largamente<br />
impiegata come antipeptinico, stabilizzante<br />
di formulazioni farmaceutiche, lubrificante, nella<br />
preparazione di formulazioni a rilascio modificato<br />
sia di principi attivi a uso umano che di fitofarmaci<br />
e nell’allestimento di formulazioni a uso<br />
topico per proteggere la pelle danneggiata (4, 5).<br />
Le lamelle di HTlc sono costituite da un piano di<br />
metalli bivalenti e trivalenti, in genere nel rapporto<br />
M(II)/M(III) pari a 2, coordinati ottaedricamente<br />
a sei gruppi ossidrili. La presenza del catione trivalente<br />
introduce una carica positiva, che deve<br />
essere controbilanciata da anioni nella regione interstrato,<br />
dove è presente anche l’acqua di cristallizzazione.<br />
Tali anioni sono liberi di muoversi, di<br />
rompere i loro legami e cedere il loro posto ad altri<br />
anioni via scambio ionico e la distanza interstrato<br />
dell’idrotalcite dipende dall’anione intercalato e<br />
dalla eventuale presenza di acqua. Per realizzare<br />
i prodotti di inclusione è necessario disporre di<br />
un’idrotalcite che contenga tra le sue lamelle ioni<br />
facilmente scambiabili, come per esempio Cl- o<br />
NO 3 -, ma la preparazione di HTlc con anioni diversi<br />
da CO 3 = è particolarmente critica ed è per<br />
questo che è necessario ricorrere a tecniche di<br />
scambio ionico per ottenere HTlc prive di carbonato.<br />
Occorre quindi preparare dapprima HTlc in<br />
loro forma carbonato (6) che non è molto idonea a<br />
intercalare, via scambio ionico, altri anioni perché<br />
il CO 3 = ha una capacità di scambio trascurabile<br />
in quanto presenta le dimensioni più opportune<br />
per essere alloggiato nelle regioni interstrato della<br />
HTlc e risulta particolarmente difficile da sostituire.<br />
In base a studi eseguiti sulla capacità di scambio<br />
anionico e sulle costanti di selettività di alcuni<br />
ioni monovalenti e bivalenti nei confronti di HTlc<br />
è stato dimostrato che cloruri e nitrati sono più<br />
scambiabili di carbonati sia in virtù delle minori<br />
dimensioni che della minore forza di legame agli<br />
strati di HTlc.<br />
Intercalazione di filtri solari<br />
in idrotalciti<br />
Ponendo a contatto queste idrotalcite con soluzioni<br />
saline (sale sodico) dei filtri solari è possibile<br />
permettere lo scambio secondo la reazione:<br />
HTlc-Cl/NO 3 + filtro-Na (HTlc-filtro + NaCl o<br />
NaNO 3 .<br />
Lo ione cloruro/nitrato abbandona gli spazi interlamellari<br />
scambiandosi con altre molecole,<br />
in forma anionica, permettendo quindi la loro<br />
intercalazione. Quando l’anione intercalato<br />
possiede dimensioni maggiori del Cl - l’intercalazione<br />
è testimoniata, all’analisi dei raggi X, da un<br />
allargamento dello spazio interlamellare (fig.1).<br />
I filtri solari, ritenuti interessanti questo studio,<br />
sono stati l’acido para-amminobenzoico (PABA)<br />
(7), l’acido fenilbenzimidazolsolfonico, o EUSO-<br />
LEX 232, (EUS) (8) il benzofenone-4 (4BHF) (9)<br />
e l’acido ferulico (FER) (10). Come tutti i filtri<br />
solari, anche questi presentano fotoinstabilità e<br />
in particolare il PABA è stato un “banco di prova”<br />
per testare la bontà della strategia proposta.<br />
Sebbene il PABA fosse conosciuto come filtro<br />
solare fin dal 1920, solo i suoi derivati, con minori<br />
problemi, sono stati più utilizzati. I dermatologi,<br />
anche se lentamente, si resero conto che il PABA<br />
era un sensibilizzante abbastanza comune e che<br />
tendeva a cross-sensibilizzare nei confronti di<br />
altre molecole (paba-mimetici) come sulfamidici,<br />
tiazidi o agenti ipoglicemizzanti e che poteva<br />
portare a risposte autoimmuni; per questi motivi<br />
c’ è stata una graduale esclusione del PABA dalle<br />
preparazioni solari e, dal 1980, molti prodotti<br />
solari sono stati pubblicizzati come “paba-free”<br />
(7). In particolare, il PABA può subire fotodegradazione<br />
e generare, sotto l’effetto radiante,<br />
reazioni cutanee avverse come orticaria da contatto<br />
e altre dermatiti allergiche e fotoallergiche<br />
(7). È stato, inoltre, studiato il suo meccanismo<br />
di fotodegradazione ed è stato dimostrato che<br />
può decomporsi generando nitrosammine potenzialmente<br />
cancerogene. Anche EUS e 4-BHF<br />
possono dare problemi di reazioni fotoallergiche.<br />
In particolare, recenti studi hanno confermato la<br />
fototossicità di tutti i filtri solari appartenenti al<br />
gruppo dei benzofenoni e hanno individuato nella<br />
formazione del radicale benzoilico la struttura<br />
chiave per la fotosensibilizzazione per la sensibilizzazione<br />
crociata nei confronti di antinfiammatori<br />
non steroidei di uso comune quali ketoprofen<br />
suprofen e acido tiaprofenico (8, 9). Considerata<br />
65
66<br />
Materie Prime<br />
Figura 3 Figura 4<br />
pertanto la generale instabilità dei filtri chimici,<br />
l’immobilizzazione di un filtro chimico dentro un<br />
«contenitore» (idrotalcite) costituito da idrossidi<br />
di zinco, magnesio e alluminio poteva sembrare<br />
una buona strategia sia per aumentare la protezione<br />
che la stabilità del prodotto solare. I filtri<br />
scelti inoltre hanno affinità chimica per l’argilla<br />
lamellare poiché possiedono una funzione carbossilica<br />
che, in forma ionica, può controbilanciare<br />
la carica positiva portata dall’alluminio nei<br />
piani dell’idrotalcite andando a sostituirsi ai controioni<br />
naturalmente presenti in essa. Grazie ad<br />
analisi quali titolazione dei metalli, raggi X, termogravimetria,<br />
DSC, raggi IR e micrografie SEM,<br />
è possibile conoscere con esattezza i rapporti<br />
host-guest che si stabiliscono, la morfologia e<br />
l’esatta composizione chimica del nuovo prodotto<br />
di intercalazione formatosi. Nella Tabella<br />
1 sono riportati tutti i dati relativi alle idrotalciti<br />
di partenza e ai nanocompositi ottenuti. In tutti i<br />
casi il processo di intercalazione non altera né la<br />
morfologia né la grandezza dei cristalli che sono<br />
delle lamine piatte, di forma quasi esagonale e di<br />
dimensioni comprese tra 1 e 16 micron, dimensioni<br />
che consentono di incorporare i prodotti<br />
in formulazioni da spalmare sulla pelle senza<br />
rischio di abrasione.<br />
Scelta della formulazione<br />
Gli intercalati ottenuti sono stati incorporati in<br />
una crema che, per essere idonea, doveva presentare<br />
i seguenti requisiti:<br />
f assenza di ioni disciolti: la presenza favorirebbe<br />
reazioni di scambio ionico con deintercalazione<br />
dei filtri;<br />
f consistenza, spalmabilità, gradevolezza e<br />
water resistance.<br />
Considerato tutto ciò i prodotti di intercalazione<br />
sono stati incorporati in una crema al<br />
silicone, con contenuto in filtro nella percentuale<br />
ammessa (2-5%), e le formulazioni sono<br />
state sottoposte a studi di rilascio in vitro ed<br />
esperimenti di fotochimica, parallelamente a<br />
formulazioni contenenti lo stesso filtro solare<br />
non intercalato.<br />
Studi di rilascio in vitro<br />
Con questi studi è stato possibile valutare il rilascio<br />
del filtro solare dalle formulazioni in 3<br />
differenti fluidi quali acqua, tampone fosfato<br />
a pH 5.5 (pH pelle) e soluzione di NaCl (acqua<br />
di mare). In tutti i casi, i risultati ottenuti sono<br />
stati molto simili e il comportamento delle<br />
formulazioni contenenti il prodotto di intercalazione<br />
è sempre stato diverso da quelle<br />
con il filtro non intercalato.<br />
Infatti, il rilascio del filtro dalle prime è quasi<br />
trascurabile o comunque molto basso, anche<br />
considerando il tempo prolungato dell’esperimento,<br />
mentre dalle seconde inizia subito<br />
dopo il contatto con il fluido e talvolta è totale.<br />
Come esempio si riportano in figura 2<br />
i profili di rilascio relativi alle formulazioni<br />
con PABA. Nel caso del filtro non intercalato<br />
infatti la percentuale di rilascio è maggiore<br />
del 30% dopo 15 minuti e sale al 50% dopo 2<br />
ore mentre per gli intercalati la percentuale<br />
di PABA rilasciato resta minore del 10% fino<br />
alla sesta ora e non supera il 12%, neanche<br />
dopo 8 ore (fig.2).<br />
Studi fotochimici<br />
In questa fase delle ricerche i campioni sono stati<br />
sottoposti a misure spettrofotometriche stazionarie<br />
per avere informazioni sulle loro proprietà<br />
spettrali e sulla stabilità fotochimica relativa.<br />
Sono stati registrati gli spettri di assorbimento<br />
e di fluorescenza del filtro solare, del prodotto<br />
intercalato e successivamente delle formulazioni<br />
contenenti il 10% dei campioni intercalati. Il<br />
confronto delle cinetiche di fluorescenza, ottenute<br />
per i vari campioni nelle stesse condizioni<br />
sperimentali, ha permesso di valutare la fotostabilità<br />
relativa dei preparati. È interessante<br />
sottolineare che l’assorbimento di formulazioni<br />
preparate con filtri intercalati è simile a quelle<br />
con i rispettivi filtri non intercalati e in alcuni<br />
casi è addirittura più alto. In figura, infatti, si può<br />
notare come, nel caso del PABA, gli spettri di<br />
assorbimento risultino fortemente influenzati<br />
dal microintorno.<br />
Il PABA non intercalato mostra un massimo di<br />
assorbimento intorno a 320 nm (UV-B) e una<br />
spalla centrata a 415 nm, nel caso di MgAl-HTlc-<br />
PABA il massimo di assorbimento principale è<br />
centrato a 300 nm e la spalla a 415 nm è più evidente;<br />
per il sistema ZnAl-HTlc-PABA lo spettro<br />
di assorbimento è notevolmente spostato verso<br />
il rosso. Infatti, si osserva un massimo sempre<br />
a 300 nm, il massimo principale si sposta<br />
a 425 nm e si evidenzia una spalla a 580 nm.<br />
Questo effetto sugli spettri di assorbimento è da<br />
attribuire a interazioni specifiche tra PABA e la<br />
matrice ZnAl-HTlc, che portano probabilmente<br />
alla formazione di complessi tra l’azoto del cromoforo<br />
e i metalli della matrice. Questo allarga-<br />
Kosmetica • aprile 2008
mento delle bande di assorbimento testimonia<br />
un maggior range di protezione dalle radiazioni<br />
solari rispetto al composto non intercalato dimostrando<br />
che l’idrotalcite, oltre che a proteggere il<br />
filtro chimico contenuto, può anche aumentarne<br />
il grado di fotoprotezione. Sono, inoltre, state<br />
effettuate misure di fluorescenza, in funzione del<br />
tempo di irradiamento, per avere informazioni<br />
sulla fotodegradazione. Il confronto dei dati ottenuti<br />
dai diversi campioni consente di stabilire se<br />
l’intercalazione nell’idrotalcite elimini o riduca la<br />
fotodegradazione dei composti intercalati e quindi<br />
potenzi o mantenga il loro effetto protettivo.<br />
Nelle cinetiche dell’EUS e dei rispettivi campioni<br />
intercalati riportate in figura 4, per esempio,<br />
si nota che il segnale del filtro non intercalato<br />
decade più velocemente rispetto a quello dei<br />
campioni intercalati e in particolare la fluorescenza<br />
del sistema ZnAl-HTlc-EUS decade con<br />
una cinetica più lenta rispetto a quella di MgAl-<br />
HTlc-EUS (infatti dopo due ore di irradiamento<br />
solo il 15% della fluorescenza di ZnAl-HTlc-EUS è<br />
scomparsa contro il 22% di quella di MgAl-HTlc-<br />
EUS). Gli intercalati risultano chiaramente più<br />
Kosmetica • aprile 2008<br />
stabili all’irradiamento del solo filtro e, in questo<br />
caso, la matrice ZnAl-HTlc protegge in maniera<br />
più efficace il cromoforo. Dall’analisi di tutti i<br />
risultati ottenuti studiando il comportamento dei<br />
filtri solari intercalati in idrotalcite nei confronti<br />
dei filtri non intercalati sia da soli che formulati<br />
in crema, è possibile concludere che l’impiego di<br />
argille anioniche lamellari nella fotoprotezione è<br />
senza dubbio una strategia vincente.<br />
Le formulazioni messe a punto, rispetto ai classici<br />
“prodotti solari”, offrono i seguenti vantaggi:<br />
f aumento della protezione dai raggi UV;<br />
f protezione del filtro chimico dalla fotodegradazione<br />
con eliminazione dei problemi<br />
di fototossicità del prodotto;<br />
f mancanza di diretto contatto tra il filtro chimico<br />
e la pelle con eliminazione dei problemi<br />
di allergia indotti dal prodotto.<br />
Le idrotalciti quindi si sono dimostrate degli<br />
ottimi “contenitori” per filtri solari e la combinazione<br />
degli effetti che esse producono consente<br />
di preparare formulazioni cosmetiche per<br />
la protezione solare efficaci e sicure.<br />
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