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CAPITOLO 15 La fuga. La mia decisione maturava in un giorno quando mi era chiaro che ABIONA il gabbiano non tornava più, non si vedeva da due settimane. PIETRO il pavone era depresso, mangiava poco e gridava più del solito in un angolo del giardino. Non mi immaginavo con un parto tradizionale, nella posizione assurda e scomoda con gambe spalancate alla vista di tutti, il parto non e' una malattia allora a cosa serve tanta gente attorno? Ogni creatura partorisce da sola,nascosta forse in presenza di qualcuno della sua specie che non la aiuterà tanto. Un topo femmina di Malta quando partorisce nella sua tana, le altre femmine l'aiutano a rompere il cordone ombelicale dei nascituri e lavano i piccoli e la madre. Esiste una cosa del genere fra esseri umani? Gratuita, sincera, immediata! Non volevo leggere i libri sulla gravidanza apposta per non impressionarmi in anticipo, decidevo di seguire il mio istinto che suggeriva di nascondersi, morire o vincere, nessuno doveva vedere i miei occhi che soffrivano, il mio momento personale, la vittoria o la sconfitta. Fino ad ora mi aveva aiutato la buona sorte, da tutti, MATVEI, EDEL, GERALDINE. Cosa potevo creare personalmente senza aiuto di nessuno? Non vincevo ancora la mia sfida con la vita perchè ero sempre protetta, ma immagino che da sola non avrei potuto fare molto. Decidevo di partire per la Russia, da sola con condizioni di clima rigide e dure tipiche della primavera russa anche se non ancora cominciava, con gli alberi fioriti, la prima erba e le prime foglie verdi, con i lillà sbocciati e gli odori dei boschi scongelati... tutto succede più tardi, ma era sognato e previsto. Per fortuna MATVEI non ci faceva mancare niente, EDEL ed io avevamo le carte di credito. Avevo abbastanza soldi sul mio conto, dovevano bastarmi. Intanto cercavo di "isolare la mia testa" per non far leggere i miei pensieri da MATVEI, non volevo essere disturbata da nessuno per isolarmi dovevo sapere che al posto della testa avevo un sole ardente e dentro girava un disco viola che non si fermava mai. Immaginavo già l'arrivo a Mosca dove affittavo un appartamento con una bella e grossa vasca da bagno, dove potevo partorire da sola senza un minimo aiuto umano, e se la cosa non girasse nel verso giusto avrei deciso solo io come fare… Seppellisco i 76
miei bambini in qualche monastero moscovite dove la terra è un posto, per la gente sana che sa combattere per se stessa. Non volevo che le mie creature soffrissero, volevo eliminarle già alla partenza, dalla vasca nativa usciranno sani oppure no, nessuno saprà solo io avrò questo peso, non volevo che altri raddoppiassero la mia sofferenza, era un caso estremo, in realtà mi sentivo più ottimista. Immaginavo cosi il quadrerie tenevo i miei gemelli uno a destra l'altro a sinistra, sorridevano, ed io che guardavo i fiori dalla finestra, dove si vedeva una tempesta di neve che cadeva fitta, girando da tutte le direzioni. La stanza era luminosa e calda. I biglietti per Mosca, i vestiti caldi e tutto il necessario non erano un problema, bastava solo pagare generosamente e te li portavano subito. Chiedevo di lasciare queste cose nell'hotel di Rio de Janeiro per non portarli a casa e non essere scoperta. Dovevo fare in fretta perchè superavo già l'ottavo mese di gravidanza! bambini erano di sicuro posizionati nella mia pancia con la testa in giù con il mento abbassato contro il petto, ormai condannati a lasciare la prima casa,pronti per saltare nel mondo. Invece non avevo ancora raggiunto la vasca da bagno per il parto, sapevo che facevo una cosa assurda che altri non capiscono mai, però era cosi..., faccio affliggere e preoccupare tutti. Sparita anche ABBIONA gabbiano, ma fa niente un giorno torneremo tutti dalla guerra, dalla missione difficile dal campo di battaglia... torneremo nelle case e riposeremo. La strada per il ritorno non c'era, mi sentivo precipitare giù da una montagna, era impossibile fermarmi, avevo bisogno di purificarmi con il dolore, quando si mangia troppa roba dolce poi fa male. Uscivo dalla casa alle tre di notte e con un taxi andavo a Rio de Janeiro in quel hotel dove avevo lasciato tutta la roba necessaria per partire. Chiedevo al personale di fare una chiamata a casa a MATVEI, appena il mio aereo partiva per Mosca, non avendo il coraggio d'affrontare da sola il discorso con i miei. Avevo paura che potevano convincermi a non partire più, è così dovevo tornare a casa pentita, piangente, colpevole e continuare a scavare le tane, costruire i nidi nei miei sogni tormentosi e lugubri. La mattina dopo consegnavo le chiavi della stanza,pagavo. Il portiere con una faccia misteriosa mi dava la busta bianca , io gli davo la mancia nascondendo la busta nella borsetta e partivo per l’aeroporto. In taxi aprivo la busta, mi veniva da piangere... c'era un certificato rilasciato dalla clinica dei 77
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miei bambini in qualche monastero moscovite dove la terra è un<br />
posto, per la gente sana che sa combattere per se stessa. Non volevo<br />
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avrò questo peso, non volevo che altri raddoppiassero la mia<br />
sofferenza, era un caso estremo, in realtà mi sentivo più ottimista.<br />
Immaginavo cosi il quadrerie tenevo i miei gemelli uno a destra l'altro<br />
a sinistra, sorridevano, ed io che guardavo i fiori dalla finestra, dove si<br />
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queste cose nell'hotel di Rio de Janeiro per non portarli a casa e non<br />
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condannati a lasciare la prima casa,pronti per saltare nel mondo.<br />
Invece non avevo ancora raggiunto la vasca da bagno per il parto,<br />
sapevo che facevo una cosa assurda che altri non capiscono mai, però<br />
era cosi..., faccio affliggere e preoccupare tutti. Sparita anche<br />
ABBIONA gabbiano, ma fa niente un giorno torneremo tutti dalla<br />
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nelle case e riposeremo. La strada per il ritorno non c'era, mi sentivo<br />
precipitare giù da una montagna, era impossibile fermarmi, avevo<br />
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dolce poi fa male. Uscivo dalla casa alle tre di notte e con un taxi<br />
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casa a MATVEI, appena il mio aereo partiva per Mosca, non avendo<br />
il coraggio d'affrontare da sola il discorso con i miei. Avevo paura che<br />
potevano convincermi a non partire più, è così dovevo tornare a casa<br />
pentita, piangente, colpevole e continuare a scavare le tane, costruire i<br />
nidi nei miei sogni tormentosi e lugubri. La mattina dopo consegnavo<br />
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