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Il Labirinto Antropico - Swif

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<strong>Il</strong> labirinto antropico<br />

di<br />

Stefano Bettini<br />

betstef@libero.it<br />

Calls For Comments<br />

Servizio dello SWIF – Sito Web Italiano per la Filosofia<br />

www.swif.it/cxc


Stefano Bettini© 2004 – <strong>Il</strong> labirinto antropico<br />

Stefano Bettini<br />

Stefano Bettini ha studiato presso il dipartimento di filosofia dell'Università di Firenze e si è laureato con<br />

Paolo Rossi nel 1990. La sua tesi, dal titolo "Dalla Cabala dei Grandi Numeri ai Principi Antropici", è<br />

dedicata ad una ricostruzione storica della questione delle coincidenze fra grandi numeri adimensionali in<br />

cosmologia e copre un periodo che va dal presentarsi del problema nell'ambito della teoria unitaria di<br />

Weyl (1919) sino alla formulazione dei principi antropici.<br />

Recentemente l'autore ha conseguito il dottorato di ricerca con una tesi dedicata anch'essa alla storia della<br />

cosmologia scientifica. Tale lavoro (titolato: "Immagini dell'universo. Le due genesi della cosmologia")<br />

verte sul passaggio fra una cosmologia filosofica e una cosmologia quantitativa. Esso individua due fasi<br />

cruciali per la formazione di una cosmologia scientifica. La prima coincide con la formulazione dei primi<br />

modelli relativistici dell'universo nel 1917. La seconda coincide con l'accettazione dell'idea<br />

dell'espansione dell'universo attorno al 1930.<br />

email: betstef@libero.it<br />

NOTA: Nel presente saggio l'autore ha un duplice intento: a) mettere in luce la confusione esistente nella<br />

letteratura a proposito dell'uso del "principio antropico" anche nella stessa terminologia tecnica; b)<br />

inquadrare nell'ottica della storia della scienza l'origine del dibattito contemporaneo sui principi antropici<br />

in cosmologia, e l'intima relazione fra tali principi e la concezione di una collezione di universi.<br />

Poiché la stesura del lavoro risale al '97, l'autore ha quindi ritenuto opportuno aggiungere una postilla<br />

(realizzata nel febbraio 2001) in cui sono forniti alcuni aggiornamenti sulle più recenti applicazioni del<br />

"ragionamento antropico" in cosmologia.<br />

I numeri fra parentesi quadra rimandano alle note, disponibili sotto la voce "NOTE".<br />

Tutte le indicazioni bibliografiche fornite nel testo e nelle note sono reperibili sotto la voce<br />

"RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI"NOTA TECNICA: I numeri fra parentesi quadra rimandano alle<br />

note, disponibili sotto la voce "NOTE".<br />

Tutte le indicazioni bibliografiche fornite nel testo e nelle note sono reperibili sotto la voce<br />

"RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI".<br />

CxC - Calls for Comments è il servizio dello SWIF finalizzato alla discussione filosofica di testi che sono<br />

stati accettati per una presentazione al pubblico oppure per la pubblicazione, quali: testi di convegni e<br />

conferenze oppure già pubblicati o in corso di stampa. Non vengono, quindi, presi in considerazione testi<br />

inediti. Sono accettati anche brevi commenti che discutano esplicitamente, e da un punto di vista teorico e<br />

contenutistico, un testo disponibile online in CxC. Non verranno prese in considerazioni semplici note<br />

esplicative, richieste di informazioni, appunti sulla forma linguistica di un testo, dati bibliografici e altro<br />

materiale simile, che dovrà essere inviato direttamente all'autrice o autore del testo in questione. Per<br />

inserire un testo si vedano le Norme per l'inserimento: http://www.swif.it/cxc/add_paper.php<br />

È fatto divieto l'utilizzo di tutto il materiale senza il permesso degli autori.<br />

CxC - Calls for Comments – Sito Web Italiano per la Filosofia<br />

Responsabile progetto: Elvio Nozza<br />

Supervisione tecnica: Fabrizio Martina<br />

Supervisione al progetto: Gian Maria Greco e Luciano Floridi<br />

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1. Primi passi nel labirinto antropico<br />

Stefano Bettini© 2004 – <strong>Il</strong> labirinto antropico<br />

<strong>Il</strong> <strong>Labirinto</strong> antropico<br />

Stefano Bettini<br />

betstef@libero.it<br />

Sul finire degli anni settanta un fisico del CERN di Ginevra, Dimitri Nanopoulos, inviò<br />

alle Physics Letters B un intervento che cominciava con un'affermazione altamente<br />

evocativa: "Noi esistiamo!" [1].<br />

<strong>Il</strong> quel lavoro l'autore constatava che la presenza di "esseri umani" imponeva dei "limiti<br />

severi" al rapporto fra il numero dei fotoni e il numero dei barioni dell'universo e, su<br />

tale base, passava a dimostrare come, per "un'ampia classe di teorie unificate",<br />

l'esistenza di sei sapori dei quark divenisse una "necessità inevitabile".<br />

L'argomentazione addotta da Nanopoulos non era nuova. In particolare, i suoi colleghi<br />

cosmologi avevano già provveduto a coniare una terminologia con cui mettere in risalto<br />

l'esistenza di una "relazione simbiotica" fra l'uomo e l'universo [2]. In questo primo<br />

paragrafo prenderò in esame alcune definizioni molto generali del cosiddetto "principio<br />

antropico". Queste dovrebbero aiutare a fissare alcuni contenuti di fondo sulla natura di<br />

tale principio. La prima definizione è dovuta a George Ellis, secondo il quale il<br />

principio esprime<br />

the issue of why the universe is such to admit the existence of intelligent life such as<br />

ourselves [3]<br />

Secondo Frank J. Tipler invece:<br />

The Anthropic Principle is the drawing of scientific inferences from a consideration of<br />

Man's Place in Nature [4]<br />

Nella definizione più elaborata e dal carattere programmatico, di Yuri B. Balashov [5]:<br />

The Anthropic Principle … is an attempt to deduce nontrivial consequences from the rather<br />

trivial consideration that we observe around us not some arbitrary Universe but that<br />

compatible with our existence therein<br />

mentre, per Abramowicz e Ellis [6]:<br />

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The Anthropic Principle is a modern attempt to deal with a question as old as mankind:<br />

why does the Universe seem to have special and very peculiar properties supporting our<br />

existence?<br />

Quest'ultima constatazione coincide con quella suggerita dallo storico della scienza<br />

Helge Kragh, secondo il quale il principio antropico è "un'idea metascientifica antica<br />

quanto la scienza ma solo recentemente divenuta una nozione alla moda in alcuni settori<br />

delle scienze fisiche" [7].<br />

La questione diviene più intricata quando si abbandona il livello di generalità,<br />

caratteristico di tutte le definizioni menzionate, e si considerano "precetti espliciti" delle<br />

varie forme del principio antropico [8]. <strong>Il</strong> confronto fra i diversi enunciati mette infatti<br />

in evidenza l'esistenza di "principi" diversi e difficilmente conciliabili.<br />

La domanda se sia possibile accettare le varie forme del principio antropico come<br />

sfumature diverse di un medesimo criterio fondamentale o se, invece, sia più opportuno<br />

far riferimento esplicitamente a principi diversi è già stata saltuariamente posta [9].<br />

Alcuni filosofi della scienza hanno sottolineato che sotto la denominazione "principio<br />

antropico" sono raccolte un'intera "famiglia di proposte apparentemente unite da una<br />

singola forma di ragionamento" [10]. Ad esempio, John Earman ha scritto che:<br />

the AP is not a single, unified principle but rather a complicated network of postulates,<br />

techniques, and attitudes [11]<br />

mentre Ernan McMullin ha puntualizzato che:<br />

There are "anthropic" modes of explaining apparent "fine tuning" but they do not seem to<br />

rest on a common principle [12]<br />

Martin Rees, da parte sua, ha affermato che la scelta stessa del termine "principio" é<br />

piuttosto infelice e che - dal punto di vista del cosmologo - sarebbe più opportuno far<br />

ricorso ad un'"espressione meno pretenziosa" come anthropic reasoning [12a]. In una<br />

situazione del genere, la confusione è inevitabile. Steven Weinberg pertanto testimonia<br />

che:<br />

there are a number of different versions of this principle, ranging from those that are so<br />

weak as to be trivial to those that are so strong as to be absurd [13]<br />

Senza dubbio la confusione esistente è ulteriormente aggravata dal proliferare (ad opera<br />

non solo di autori diversi ma, talvolta, persino del medesimo autore in circostanze<br />

diverse) di versioni non coincidenti. Lo stesso principio antropico debole, che è<br />

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generalmente riconosciuto come non controverso o come un semplice "corollario di un<br />

truismo della teoria della conferma" (al punto che molti critici lo considerano<br />

semplicemente una tautologia), si presenta in versioni più o meno restrittive [14]. Nel<br />

seguito cercherò di mostrare che vi sono versioni non coincidenti del principio debole e<br />

confini incerti fra alcune versioni deboli e forti.<br />

2 Definizioni antropiche: un'esposizione<br />

<strong>Il</strong> fine di questo paragrafo è quello di fornire un campionario di "definizioni precise" per<br />

ogni forma del principio antropico. Le fonti utilizzate sono i lavori di quel "piccolo ma<br />

eminente gruppo di fisici" [15] che ha sostenuto l'importanza del principio (d'ora<br />

innanzi li chiamerò i "teorici antropici" [16]) e i contributi di alcuni filosofi della<br />

scienza.<br />

Definizioni del principio antropico debole (Weak Anthropic Principle, d'ora innanzi<br />

WAP) [17]:<br />

1) we must be prepared to take account of the fact that our location in the universe is<br />

necessarily privileged to the extent of being compatible with our existence as observers.<br />

2) the observed values of physical variables are not arbitrary but take on values V(x,t)<br />

restricted by the spatial requirement that x Є L, where L is the set of sites able to sustain<br />

life; and by the temporal constraint that t is bounded by the time-scales for biological and<br />

cosmological evolution of living organisms and life-supporting environments.<br />

3) The observed values of all physical and cosmological quantities are not equally probable<br />

but they take on values restricted by the requirements that there exist sites where carbonbased<br />

life can evolve and by requirement that the Universe be old enough for it to have<br />

already done so.<br />

4) The observed values of all physical and cosmological quantities are not equally probable,<br />

but rather take on values restricted by the fact that these quantities are measured by a<br />

carbon-based intelligent life-form which spontaneously evolved on an earthlike planet<br />

around a G2 type star.<br />

5) A weak principle can thus be formulated in either of two ways:WAP1: Theories of the<br />

universe must take account of the presence in the universe of humans …WAP2: What we<br />

observe is restricted by whatever conditions are necessary to allow the existence of<br />

observers.<br />

6) the necessary conditions for observers to exist restricts [sic] the times and places from<br />

which the Universe can be observed.<br />

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7) in un universo che è grande o infinito nello spazio e/o nel tempo, le condizioni necessarie<br />

per lo sviluppo della vita intelligente si troveranno solo in certe regioni che sono limitate<br />

nello spazio e nel tempo. Gli esseri viventi presenti in queste regioni non dovrebbero perciò<br />

sorprendersi nel constatare che la regione in cui essi vivono nell'universo soddisfa le<br />

condizioni che sono necessarie per la loro esistenza.<br />

Una variante del WAP, la cui definizione è proposta da John Leslie, è il "principio<br />

antropico super debole" [18]:<br />

If intelligent life's emergence, NO MATTER HOW HOSPITABLE THE<br />

ENVIRONMENT, always involves very improbable happenings, then any intelligent living<br />

beings that there are evolved where such improbable happenings happened. In a large<br />

enough universe it could be very likely that intelligent beings existed somewhere even if<br />

their existence could come about only in locations where very unlikely occurrences had<br />

occurred; and obviously it would be those locations which they observed when they<br />

crawled from the primeval time.<br />

Esistono denominazioni alternative a "principio antropico debole", legate al fatto che il<br />

termine "antropico" è apparso talvolta suggerire un pregiudizio verso eventuali specie<br />

intelligenti extraterrestri.<br />

Carter ha proposto di chiamare il WAP: observational biassing principle o observer self<br />

selection principle e, nel 1983, ha affermato [19]:<br />

If I have guessed that term 'anthropic principle' would come to be so widely adopted I<br />

would have been more careful in my original choice of words. The imperfection of this now<br />

standard terminology is that it conveys the suggestion that the principle applies only to<br />

mankind. However, although this is indeed the case as far as we can apply it ourselves, it<br />

remains true that the same self-selection principle would be applicable by any<br />

extraterrestrial civilization that may exist [20].<br />

Definizioni del principio antropico forte (Strong Anthropic Principle: SAP) [21]:<br />

1) the Universe (and hence the fundamental parameters on which it depends) must be such<br />

as to admit the creation of observers within it at some stage.<br />

2) intelligent life must evolve somewhere in any physically realistic universe.<br />

3) the Universe must contain life. An equivalent statement would be that the constants and<br />

laws of Nature must be such that life can exist.<br />

4) The Universe must have those properties which allow life to develop within it at some<br />

stage in its history.<br />

5) intelligent life is essential to the Universe.<br />

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6) it is necessary that intelligent life exist in the Universe; the presence of life is required in<br />

order that a universe model make sense.<br />

Anche per il SAP esistono denominazioni alternative. John Leslie lo chiama<br />

psychocentric principle, mentre Carter propone l'espressione cognition principle [22].<br />

Un caso a parte è costituito dal fisico russo I. L. Rozental. Questi infatti ritiene che la<br />

terminologia diffusasi nella "letteratura [di lingua] inglese" dia troppa enfasi<br />

all'"interconnessione fra i valori numerici delle costanti fondamentali e le forme<br />

(biologiche) complesse della materia". Tale interconnessione - afferma Rozental - "in<br />

realtà" si rivela già ai "livelli più bassi". Così anziché parlare di "vincoli" imposti<br />

dall'esistenza della complessità chimica e dalla vita, basta far riferimento a quelli<br />

derivanti dall'esistenza delle strutture stabili più elementari, come i nuclei atomici.<br />

Rozental preferisce usare espressioni quali principle of effectiveness (o appropriateness)<br />

o expediency principle [23]. Egli è consapevole che i suoi colleghi occidentali<br />

riconosceranno dietro quella terminologia un'applicazione del SAP, ma la sua scelta<br />

terminologica gli evita quello che ritiene un passo assai dubbio: "assumere come base di<br />

un principio fisico" un concetto, come quello di complessità biologica, che è<br />

ampiamente indefinito dal punto di vista fisico.<br />

Oltre al SAP propriamente detto vi sono comunque altre varianti "forti" del principio<br />

antropico. La prima è il cosiddetto principio antropico partecipatorio (Participatory<br />

Anthropic Principle: PAP), la cui definizione esprime l'interpretazione di John Barrow<br />

di alcune idee dovute a John Archibald Wheeler:<br />

Observers are necessary to bring the Universe into being [24].<br />

La seconda è il principio antropico finale (Final Anthropic Principle: FAP); del quale<br />

riporto una definizione dovuta a Barrow e Tipler [25]:<br />

Intelligent information-processing must come into existence in the Universe, and, once it<br />

comes into existence, it will never die out.<br />

e una del solo Tipler, che è senza dubbio il più tenace promotore del FAP [26]:<br />

the Universe is sufficiently benign so that once intelligence first evolves, the laws of<br />

physics permit its continued existence forever.<br />

3 La ricezione dei principi antropici<br />

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I teorici antropici hanno sostenuto l'utilità, l'importanza e l'appropriatezza del principio<br />

antropico. Una nutrita schiera di critici ha invece individuato nel principio la proposta di<br />

un ragionamento falso, "storicamente antiquato", che non ha diritto di cittadinanza nella<br />

scienza fisica e il cui unico scopo pare quello di causare una "momentanea impressione<br />

di meraviglia" [27]. Molti fra tali critici hanno sottoscritto l'idea che:<br />

Diversamente dai principi fisici consueti, il principio antropico non è soggetto a<br />

falsificazione sperimentale, e questo è un indizio certo che esso non è un principio<br />

scientifico. Non è possibile determinare sperimentalmente la sua validità, e quindi la<br />

discussione se sia vero o meno potrebbe proseguire all'infinito [27a].<br />

Nei lavori dei teorici antropici sono spesso invocate "spiegazioni" o "predizioni"<br />

antropiche di alcuni particolari valori numerici che emergono in fisica o di certe<br />

proprietà cosmologiche prima facie sorprendenti. Secondo i critici, però, le<br />

argomentazioni antropiche non portano ad alcuna predizione concreta e non<br />

costituiscono una spiegazione nel senso dell'usuale modello covering law di Hempel e<br />

Oppenheim [28]. Non è questa la sede per sviluppare questi temi. Mi limito perciò ad<br />

accennare che buona parte dello scontro fra sostenitori e critici del principio antropico<br />

verte proprio attorno al significato di termini chiave come "spiegazione", "predizione",<br />

"retrodizione", "verificabilità" e così via [29]. Per i teorici antropici un esempio<br />

evidente di "predizione" antropica è la determinazione di Hoyle dello stato eccitato del<br />

nucleo dell'atomo di carbonio dodici intorno a 7,6 MeV sopra lo stato fondamentale;<br />

predizione che consente di "spiegare" l'abbondanza cosmica osservata di carbonio e<br />

idrogeno [30]. C'è ampio accordo nell'interpretare la predizione di Hoyle come<br />

un'applicazione del WAP [31], nonostante le opinioni personali dell'astronomo inglese<br />

sul principio antropico [32]. I lavori dei teorici antropici abbondano poi di (presunte)<br />

predizioni e spiegazioni basate sia sul WAP che sul SAP. Nel caso del WAP, le più note<br />

sono la "spiegazione" di Dicke della coincidenza di Dirac (su cui tornerò nel seguito) e<br />

quelle basate sulla cosiddetta "coincidenza dell'età del sole" notata da Carter nel 1983<br />

[33]. Quest'ultima è un'applicazione del WAP indirizzata principalmente ai biologi e<br />

tendente a dimostrare che lo sviluppo progressivo documentato dall'esame dei fossili (e<br />

che porta alla comparsa dell'uomo) rappresenta un esito fortemente atipico dei<br />

meccanismi dell'evoluzione darwiniana. Secondo Carter il fatto che non si osservino<br />

esempi extraterrestri di evoluzione biologica può dipendere da un effetto di selezione<br />

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antropica. <strong>Il</strong> caso terrestre potrebbe costituire infatti un'evenienza particolarmente<br />

fortunata in cui, nonostante il carattere essenzialmente stocastico dei processi evolutivi,<br />

si è giunti al livello dell'intelligenza umana entro il tempo messo a disposizione dalla<br />

scala astrofisica stabilita dalla permanenza del Sole sulla sequenza principale. Sulla base<br />

di questa considerazione e di un "rudimentale" modello stocastico per "il processo<br />

erratico dell'evoluzione di lungo termine" [33a], sono state avanzate diverse<br />

"predizioni" antropiche. Carter ha concluso che non possono esservi stati più di due<br />

"passi critici" (la cui realizzazione cioè ha il carattere della necessità ma è<br />

intrinsecamente improbabile nell'arco di tempo a disposizione) nella linea evolutiva che<br />

ha condotto all'Homo Sapiens. Barrow e Tipler, Richard Gott III e il filosofo John<br />

Leslie hanno invece sviluppato delle ipotesi probabilistiche sul tempo futuro a<br />

disposizione della specie umana prima della sua scomparsa [34]. Le "previsioni" basate<br />

sul SAP riguardano, il più delle volte, i peculiari valori delle costanti fondamentali di<br />

natura, ma sono generalmente considerate - dagli stessi teorici antropici - come delle<br />

speculazioni da tenere distinte dalle argomentazioni deboli.<br />

Carter stesso ha avvisato che:<br />

It remains true however that whereas a prediction based only on the weak principle (as used<br />

by Dicke) can amount to a complete physical explanation, on the other hand even an<br />

entirely rigorous prediction based on the strong principle will not be completely satisfying<br />

from a physicist's point of view since the possibility will remain of finding a deeper<br />

underlying theory explaining the relationships that have been predicted [35].<br />

Per sottolineare la "vulnerabilità" scientifica del SAP, Carter ha anche proposto -<br />

seguendo un suggerimento di Barrow - di far riferimento a un "postulato forte" anziché<br />

ad un "principio" [36].<br />

La distinzione fra WAP e SAP che, alla luce delle definizioni originarie di Carter e di<br />

Barrow, pare netta e ben definita, è però rimessa in discussione da una serie di lavori in<br />

cui la separazione fra le due forme del principio assume contorni molto più sfumati. <strong>Il</strong><br />

problema non è di poco conto, poiché, al contrario del WAP, il SAP implica<br />

considerevoli problemi interpretativi di natura "filosofica".<br />

<strong>Il</strong> PAP e il FAP richiedono un'ulteriore discussione. Molti autori, infatti, pur<br />

riconoscendo un qualche ruolo all'interno della speculazione fisica a WAP e SAP,<br />

ritengono invece PAP e FAP del tutto estranei a quel contesto.<br />

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Nel caso del FAP, in particolare, i commenti esistenti sono quasi sempre estremamente<br />

negativi. George Ellis, ad esempio, ha scritto di non considerarlo degno di una<br />

"discussione seria" [37], mentre Martin Gardner ha addirittura sentenziato che "sarebbe<br />

meglio" chiamarlo "CRAP, the Completely Ridiculous Anthropic Principle" [38].<br />

Altri autori hanno invece tralasciato di occuparsi del FAP ritenendolo "collegato alla<br />

teoria dell'informazione e alla computer science" piuttosto che alla fisica [39]. Non a<br />

caso uno dei pochi a sostenere apertamente il principio di Tipler è un esperto di<br />

computazione quantistica come David Deutsch.<br />

Quest'ultimo ha paragonato il principio antropico alla tesi di Church-Turing [40] e ha<br />

dato credito alla teoria sul futuro dell'universo fisico elaborata da Tipler sulla base del<br />

FAP.<br />

Per Deutsch le tesi di Tipler vanno prese sul serio perché rappresentano uno dei pochi<br />

tentativi di soluzione del problema dei limiti della computazione in un universo finito.<br />

La stragrande maggioranza della comunità scientifica ha però giudicato che considerare<br />

seriamente le idee di Tipler è "impossibile" [41].<br />

Quest'ultimo è stato ritenuto colpevole di aver fatto:<br />

a considerable disservice to science by making incredible claims for what science can<br />

achieve way beyond what in fact lies within its capabilities [42].<br />

Nonostante le forti resistenze verso le speculazioni di Tipler, le quattro forme del<br />

principio antropico sin qui incontrate sono, in ultima analisi, quelle stabilitesi nella<br />

letteratura, a prescindere dalle applicazioni e dai giudizi di merito formulati su ciascuna<br />

di esse.<br />

L'etichetta antropico è stata però usata e abusata in altre circostanze. Ad esempio, Don<br />

Page ha fatto riferimento a versioni "deboli" sia del SAP (il SWAP: strong weak<br />

anthropic principle) che del FAP (il FWAP: final weak anthropic principle [42a],<br />

mentre il matematico della Kansas State University Louis Crane [43] ha proposto un<br />

Meduso Anthropic Principle da concepirsi come una variante dell'"ipotesi di selezione<br />

naturale" di Lee Smolin [44]. Da parte sua il filosofo della scienza Peter P.<br />

Kirschenmann ha distinto delle ulteriori "forme rafforzate" del SAP, quali il TAP<br />

(teleological anthropic principle) e il MAP (many worlds anthropic principle) [44a].<br />

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Queste ultime due denominazioni non sono però che varianti del SAP estrapolate da<br />

alcuni passi del saggio di Barrow e Tipler [45].<br />

Infine, sebbene possa apparire paradossale se si pensa che Carter introdusse la<br />

terminologia antropica come "reazione" contro l'abuso del principio copernicano,<br />

occorre segnalare persino un "principio antropico copernicano" dovuto a Richard J. Gott<br />

III di Princeton.<br />

Dopo aver associato al WAP di Carter l'idea secondo la quale un qualsiasi individuo<br />

intento oggi a valutare le sue "osservazioni dell'Universo" non ha niente di speciale<br />

rispetto a tutti gli osservatori intelligenti, tale autore ha infatti formulato - in un lavoro<br />

apparso nel maggio del 1993 - il seguente enunciato:<br />

the location of your birth in space and time in the Universe is privileged (or special) only to<br />

the extent implied by the fact that you are an intelligent observer, that your location among<br />

intelligent observers is not special but rather picked at random [45a].<br />

Quest'ultima forma del principio antropico è divenuta essenziale nel recente dibattito legato<br />

al cosiddetto Doomsday Argument (per il quale rimando qui alla nota n. 34).<br />

L'associazione fra argomenti antropici e l'assunto secondo il quale la nostra posizione è<br />

tipica risulta del resto una prospettiva abbastanza consueta nelle più recenti speculazioni<br />

sulla cosmologia inflazionaria.<br />

Alexander Vilenkin ha ad esempio da una parte presentato lo scenario di una collezione di<br />

universi "disconnessi l'uno dall'altro" e caratterizzati ciascuno da "valori differenti di alcune<br />

delle costanti" [45b]; dall'altra, ha sostenuto che il "principio di mediocrità" è subordinato<br />

alla selezione osservativa e va perciò visto come "una versione del 'principio antropico'"<br />

[45c].<br />

Secondo Vilenkin vi sono infinite regioni del metauniverso che presentano le condizioni<br />

appropriate allo sviluppo di civiltà intelligenti ed è necessario considerare la nostra forma di<br />

vita come una fra le "più comuni del metauniverso". Con "principio di mediocrità" occorre<br />

perciò intendere l'assunto secondo il quale la nostra è una delle "'tipiche' civiltà che vivono<br />

nel metauniverso" [45d]. Questo assunto è sfruttato dall'autore per determinare i valori<br />

"osservabili" più probabili delle costanti di natura nell'ambito della collezione di universi<br />

messa a disposizione da un approccio alla cosmologia quantistica in cui infiniti "universi"<br />

emergono spontaneamente dal nulla per effetto tunnel quantistico [45e].<br />

4 <strong>Il</strong> WAP come principio di selezione<br />

In questo paragrafo farò ritorno alla forma meno "speculativa o controversa" del<br />

principio antropico: il WAP. Nonostante lo scetticismo di numerosi critici, i teorici<br />

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antropici hanno difeso l'importanza del WAP e negato che possa essere considerato "un<br />

enunciato tautologico privo di potere" [46].<br />

Tale atteggiamento riflette l'idea che il principio debole riguardi essenzialmente un<br />

effetto di selezione. <strong>Il</strong> WAP estende ai nostri corpi, e a fortiori alla nostra esistenza, la<br />

considerazione di quei vincoli, intrinseci agli strumenti d'osservazione, nei cui confronti<br />

ogni scienziato sperimentale è sempre tenuto a cautelarsi. Si fa qui riferimento ad una<br />

"auto-selezione" dovuta al fatto che:<br />

Human bodies are measuring instruments whose self-selection properties must be taken into<br />

account, just as astronomers must take into account the self-selection properties of optical<br />

telescopes [47].<br />

Nell'attività sperimentale dobbiamo non solo valutare se i nostri strumenti di misura<br />

sono adatti a raccogliere dati di un tipo particolare (ad esempio riguardanti un certo<br />

intervallo dello spettro della radiazione elettromagnetica), ma anche aver cura dei<br />

vincoli e delle limitazioni imposte da "un effetto di selezione che abbraccia tutto: la<br />

nostra stessa esistenza" [48].<br />

Brandon Carter ha riassunto l'essenza del WAP nel motto Caveat observator! [49] e ha<br />

ricordato che:<br />

The practical scientific utility of this principle arises from its almost tautological corollary<br />

to the effect that in making general inferences from what we observe in the Universe, we<br />

must allow for the fact that our observations are inevitably biased by selection effects<br />

arising from the restriction that our situation should satisfy the conditions that are necessary<br />

a priori, for our existence [50]<br />

mentre John Barrow ha ribadito che il WAP:<br />

tells us that our astonishment at many properties of the Universe which appear unusual a<br />

priori must be tempered by the recognition that many of them simply must be present if a<br />

universe is to be studied by intelligent observers [51]<br />

In entrambi questi enunciati compaiono comunque dei risvolti che, già ad una prima analisi,<br />

risultano più impegnativi di quanto sia lasciato intendere. <strong>Il</strong> termine a priori, ad esempio,<br />

(che può essere interpretato nel senso di prima facie, o in quello più delicato di un insieme<br />

di possibilità teoriche alternative) o la dicotomia esistente fra il termine Universo (con la<br />

"U" maiuscola) e gli "universi" che compaiono nell'enunciato di Barrow [51a]. Questo tipo<br />

di constatazioni costituiscono una prima avvisaglia delle difficoltà che si incontrano sul<br />

terreno del rapporto fra il (matematicamente) possibile e il (fisicamente) reale; difficoltà<br />

sulle quali avrò modo di tornare.<br />

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Carter e Barrow hanno entrambi specificato che il WAP non è una teoria cosmologica<br />

alternativa, ma semplicemente "un principio metodologico che si può ignorare solo a<br />

proprio rischio" [52], e che:<br />

must be used as a complement to the standard deductive theories, otherwise there is a real<br />

danger of drawing erroneous conclusions or, more commonly, providing elaborate<br />

'explanations' for non-existent problems [53].<br />

Questo punto è in pratica ammesso anche da chi non ha alcuna intenzione di schierarsi<br />

né con la fazione dei sostenitori delle argomentazioni antropiche né con il versante degli<br />

oppositori. Un critico puntuale come John Earman riconosce di avere semplicemente a<br />

che fare con<br />

a special case of a familiar principle for judging the bearing of evidence on theory [54].<br />

I sostenitori del principio antropico si trovano ad affermare con tutte le risorse a loro<br />

disposizione la credibilità, l'importanza e il ruolo di un principio che, allo stesso tempo,<br />

pare sia da intendersi come un nuovo principio peculiare della cosmologia scientifica (al<br />

quale spetta la funzione di complemento e di compensazione dell'usuale principio<br />

cosmologico) e come un principio trascurato o dimenticato della pratica scientifica, al<br />

quale più volte è stato fatto ricorso nella storia della scienza.<br />

È curioso notare la differenza di valutazione fra il filosofo della scienza Earman e due<br />

"cosmologi" come Barrow e Tipler. Questi ultimi sottolineano che, a differenza dei<br />

filosofi e dei teologi (rei, a loro dire, di "possedere un attaccamento emozionale alle loro<br />

teorie e idee") i fisici sono unicamente interessati a "formulare molte possibilità<br />

logicamente consistenti" da sottoporre al vaglio dell'osservazione [55]. Laddove Earman<br />

scrive che il WAP altro non è che:<br />

a variant of the commonsensical observation that finding fishes exclusively of lengths six<br />

inches and greater is not good evidence that all the fish in the sea are longer than six inches<br />

if the nets used are not fine enough to hold smaller fish [56].<br />

Barrow e Tipler suggeriscono con enfasi che:<br />

the WAP is just a restatement, albeit a subtle restatement, of one of the most important and<br />

well-established principles of science: that it is essential to take into account the limitations<br />

of one's measuring apparatus when interpreting one's observation [57].<br />

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Un principio che - a detta dei medesimi autori - fu applicato già dallo stesso Copernico,<br />

il quale:<br />

showed that the epicycle was unnecessary; the retrograde motion was due to an<br />

anthropocentric selection effect: we were observing the planetary motions from the vantage<br />

point of the moving Earth [58].<br />

<strong>Il</strong> voluminoso trattato di Barrow e Tipler contiene una documentata (anche se in parte<br />

arbitraria) ricostruzione dei precedenti storici e dei precursori delle argomentazioni<br />

antropiche. Le mie ambizioni sono decisamente più modeste. Non ho intenzione di<br />

individuare quanti più precursori possibili ma di mostrare, attraverso l'esame di alcune<br />

versioni della forma debole del principio antropico, come il WAP sia stato presentato<br />

secondo formulazioni che denotano estensioni diverse.<br />

5 Precursori I: Boltzmann 1895<br />

Molti autori concordano nel ritenere un'anticipazione del WAP la "spiegazione"<br />

dell'apparente direzionalità del tempo proposta da Ludwig Boltzmann, in almeno tre<br />

occasioni fra il 1895 e il 1898, sulla base di un effetto di selezione osservativa [59].<br />

In nome della reversibilità temporale delle leggi della meccanica, Boltzmann condusse<br />

una battaglia personale contro il "flusso del tempo" e suggerì di considerare la<br />

direzionalità del tempo "come una mera illusione" proveniente dalla "nostra prospettiva<br />

particolarmente limitata" [60].<br />

In questa lotta il fisico austriaco dovette confrontarsi con una serie di argomenti centrati<br />

sull'apparente contraddizione fra l'"apparente irreversibilità di tutti i processi naturali<br />

conosciuti" e la reversibilità su scala atomica sancita dai principi della "scienza<br />

meccanicistica alla vecchia maniera"[61].<br />

Le obiezioni mosse da Loschmidt prima e da Culverwell e Zermelo poi, aprirono<br />

dispute ben note allo storico della scienza. <strong>Il</strong> punto nodale di tutti questi argomenti<br />

consisteva nel mostrare che l'inversione della variabile t nelle equazioni del moto,<br />

oppure una concezione ciclica del tempo, implicavano conseguenze assurde se<br />

confrontate con l'esperienza.<br />

Nella seconda metà degli anni settanta Loschmidt mostrò che era possibile concepire<br />

una violazione del principio di Carnot e Clausius, considerando un'inversione esatta<br />

delle traiettorie di tutte le particelle di un sistema di punti materiali.<br />

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Boltzmann riconobbe il "grande significato" del "paradosso" sollevato da Loschmidt e<br />

rinunciò conseguentemente al tentativo di dedurre i processi irreversibili direttamente<br />

dalle equazioni dinamiche. Da allora egli considerò l'irreversibilità come una proprietà<br />

statistica di un numero enorme di particelle che collidono e la seconda legge come "un<br />

teorema del calcolo delle probabilità". Un sistema tende allo stato d'equilibrio descritto<br />

dalla distribuzione delle velocità di Maxwell perché vi sono "infinitamente molti più<br />

stati iniziali" che conducono a una distribuzione uniforme che a una non uniforme [62].<br />

Questa conclusione trovò espressione matematica in quella che Paul Ehrenfest ha<br />

chiamato la formulazione "moderna" del "teorema del minimo" o, come fu<br />

comunemente chiamato dopo il 1890, "teorema H". La "funzione-H" descrive<br />

l'andamento dell'inverso dell'entropia di un sistema macroscopico isolato rispetto al<br />

tempo. Nel grafico di tale funzione, la curva si trova "per la grandissima maggioranza"<br />

del tempo presso un valore minimo che descrive lo stato di massima entropia.<br />

Attorno al significato del teorema H di Boltzmann sorse, nei primi anni novanta, un<br />

grande dibattito nel Regno Unito.<br />

Boltzmann partecipò attivamente al dibattito di lingua inglese, preoccupandosi, al<br />

tempo stesso, di rispondere ad una nuova obiezione di reversibilità sollevata da Edward<br />

Parnall Culverwell di Dublino e di difendere il carattere statistico della seconda legge e<br />

la prospettiva meccanicistica [63].<br />

Egli dovette inoltre rispondere a un quesito posto da Fitzgerald e ripreso dallo stesso<br />

Culverwell: perché "l'etere, il sistema solare e l'universo" rappresentano un'eccezione<br />

rispetto alla legge di distribuzione di Maxwell? [64] Tale problema o testimoniava<br />

un'inconsistenza fra il teorema H inteso come "un pezzo di matematica pura" e le sue<br />

applicazioni fisiche, oppure rendeva necessario spiegare perché l'universo circostante<br />

apparisse così sorprendentemente lontano dall'equilibrio termodinamico e dalla morte<br />

termica.<br />

Nel numero del 18 febbraio 1895, Nature ospitò un importante intervento di Boltzmann.<br />

In quella memoria, titolata On certain questions of the theory of gases, sono contenute<br />

repliche alle obiezioni di Culverwell ed è precisato come dedurre il comportamento<br />

della funzione H di un sistema isolato "dalle leggi della probabilità".<br />

Valori di H maggiori del minimo non sono "matematicamente impossibili" ma "soltanto<br />

molto improbabili". Diversamente dal 1877 Boltzmann conclude però che, a prescindere<br />

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dalle condizioni iniziali e disponendo di tempi molto lunghi, sono possibili delle<br />

deviazioni occasionali dallo stato d'equilibrio.<br />

Sia procedendo nella direzione positiva che in quella negativa lungo l'asse che<br />

rappresenta il tempo, il grafico della funzione H mostra infatti che:<br />

It is extremely probable that H is very near to its minimum; if it is greater, it may increase<br />

or decrease, but the probability that it decreases is always greater [65].<br />

Nell'ultimo paragrafo Boltzmann affronta gli argomenti formulati contro il teorema H<br />

sulla base dello stato osservato dell'universo. Dopo aver ammesso che, per il teorema H,<br />

l'universo - inteso come un sistema meccanico composto da un numero enorme di<br />

costituenti - "nel corso del tempo ... deve tendere a uno stato dove la vis viva di ogni<br />

atomo è in media la medesima" [66], egli riconosce che chiedersi perché questo stato<br />

non sia ancora stato raggiunto costituisce un notevole rompicapo. È a questo punto che<br />

fa riferimento a un'idea suggeritagli da un suo "vecchio assistente", il dr. Schütz [67]:<br />

We assume that the whole universe is, and rests forever, in thermal equilibrium. The<br />

probability that one (only one) part of the universe is in a certain state, is the smaller the<br />

farther this state is from thermal equilibrium; but this probability is greater, the greater the<br />

universe itself is. If we assume the universe great enough we can make the probability of<br />

one relatively small part being in a given state (however far from the state of thermal<br />

equilibrium), as great as we please. We can also make the probability great that, though the<br />

whole universe is so far from thermal equilibrium, our world is in its present state. It may<br />

be said that the world is so far from thermal equilibrium that we cannot imagine the<br />

improbability of such a state. But can we imagine, on the other side, how small a part of the<br />

whole universe this world is? Assuming the universe great enough, the probability that such<br />

a small part of it as our world should be in its present state, is no longer small.<br />

If this assumption were correct, our world would return more and more to thermal<br />

equilibrium; but because the whole universe is so great, it might be probable that at some<br />

future time some other world might deviate as far from thermal equilibrium as our world<br />

does at present. Then the aforementioned H-curve would form a representation of what<br />

takes place in the universe. The summits of the curve would represent the worlds where<br />

visible motion and life exist [68].<br />

Lo scenario che risulta da queste righe è quello di un universo che, nella sua globalità è<br />

nello stato della morte termica, ma contiene disseminate "qui e là" delle regioni speciali<br />

lontane dall'equilibrio: fluttuazioni che hanno alle spalle una "nascita termica" [69] e<br />

procedono verso la morte termica. All'interno di queste regioni si stabilisce una<br />

direzionalità del tempo, testimoniata dal comportamento dei fenomeni<br />

irreversibili.Sebbene senza alcun nuovo accenno a Schütz, questa stessa idea sarà<br />

ripresa da Boltzmann negli anni successivi. In particolare nel corso della celebre<br />

controversia con Ernst Zermelo [70].<br />

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Quest'ultimo non trovò alcuna "soluzione soddisfacente" nel dibattito avvenuto su<br />

Nature e professò una concezione pratica delle teorie fisiche in cui la conduzione<br />

termica costituiva un processo irriducibile alla "teoria meccanica". La sua "opinione<br />

personale" consisteva nel "credere che un singolo principio in grado di riassumere una<br />

grande quantità di fatti sperimentali stabiliti fosse "più affidabile di un teorema<br />

matematico" [71].<br />

Nel 1896 egli attaccò dall'interno la teoria cinetica, sfruttando la prova fornita da<br />

Poincaré - in un celebrato saggio sul problema dei tre corpi in meccanica celeste -<br />

secondo la quale lo stato di un sistema meccanico isolato deve necessariamente essere<br />

ciclico [72].<br />

Se un teorema della meccanica decretava l'impossibilità dei fenomeni irreversibili,<br />

allora la seconda Hauptsatz (cioè: proposizione fondamentale) della termodinamica,<br />

implicava la rinuncia ad ogni spiegazione meccanica dell'irreversibilità; compresa<br />

quella di Boltzmann che confondeva impropriamente i concetti di tempo e di<br />

probabilità.<br />

Alla controversia fra Boltzmann e Zermelo sono stati dedicati molti importanti studi.<br />

Qui mi limiterò a prendere in considerazione le argomentazioni cosmologiche fornite<br />

dal fisico austriaco nella sua seconda replica (scritta nel dicembre 1896) e ripresi,<br />

quindi, nel paragrafo 90 della seconda parte delle Vorlesungen über Gastheorie<br />

(pubblicata nel 1898).<br />

Boltzmann suggerì un'alternativa fra due particolari scenari: o "l'intero universo si trova<br />

attualmente in uno stato molto improbabile", oppure noi viviamo da eoni in una regione<br />

speciale e improbabile ma pur sempre minuscola a confronto "con l'età e le dimensioni<br />

dell'universo" [73].<br />

La prima alternativa rimanda a condizioni iniziali molto particolari per l'intero universo,<br />

mentre la seconda è quella già suggerita nel 1895. Boltzmann la giudica ora<br />

particolarmente idonea "per coloro che desiderano cedere ai loro impulsi" nel presentare<br />

conclusioni in accordo con la prospettiva atomistica. Mentre l'intero universo è<br />

"ovunque in equilibrio termico e pertanto morto", devono esservi "regioni relativamente<br />

piccole" che, "nel corso di un periodo di tempo relativamente breve di eoni, fluttuano in<br />

maniera evidente dallo stato d'equilibrio" [74]. Le dimensioni di questi "mondi singoli"<br />

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(Einzelwelten) sono paragonate da Boltzmann a quelle della distesa di stelle che ci<br />

circonda [75].<br />

Non è possibile parlare di una direzione globale del tempo per l'intero universo, poiché:<br />

proprio come in un certo luogo della superficie terrestre chiamiamo giù la direzione verso il<br />

centro della Terra, così un essere vivente che si trova in un certo intervallo temporale<br />

[Zeitphase] di tale mondo singolo, giudicherà diversamente la direzione del tempo verso<br />

una condizione più improbabile da quella opposta (l'una come il passato, l'inizio, l'altra<br />

come il futuro, la fine). Per via di questa denominazione tali piccole regioni isolate<br />

dell'universo si troveranno "inizialmente" sempre in uno stato improbabile. Questo metodo<br />

mi sembra l'unico secondo cui si può considerare la seconda legge [Hauptsatz], la morte<br />

termica di ciascun mondo singolo, senza un cambiamento unidirezionale dell'intero<br />

universo da un inizio stabilito verso uno stato finale conclusivo [76].<br />

Boltzmann ritiene che possano esservi dei "mondi singoli" - "da noi separati da eoni di<br />

tempo e da distanze spaziali di 10000000000 10 volte la distanza di Sirio" in cui la<br />

direzione del tempo è opposta relativamente a quella del nostro mondo [77].<br />

Di fronte a questo tipo di considerazioni, però, si preoccupa di poter suscitare il sorriso<br />

di qualche lettore e cerca di prevenire alcune difficoltà. A cominciare dall'obiezione, ad<br />

ogni modo non ritenuta valida, secondo la quale "non è economico e perciò inadeguato"<br />

supporre morta una parte così grande dell'universo per spiegare la vita di una piccola<br />

regione [78].<br />

Boltzmann puntualizzò che "indulgere in tali speculazioni" rappresentava una<br />

"questione di gusti" e, nelle Vorlesungen über Gastheorie, aggiunse:<br />

Nessuno certamente sosterrebbe speculazioni del genere come scoperte importanti o<br />

persino - come fecero gli antichi filosofi - come lo scopo più elevato della scienza. È però<br />

incerto, se sia giustificato deriderle come del tutto oziose. Chissà se non amplieranno<br />

l'orizzonte della nostra cerchia d'idee e se non promuoveranno, sviluppando la vivacità del<br />

pensiero, anche la conoscenza dei fatti d'esperienza? [79]<br />

<strong>Il</strong> fisico austriaco non mise mai in dubbio l'importanza della seconda legge ma mostrò<br />

che non vi era disaccordo fra le osservazioni e la "teoria meccanica". Pertanto non vi<br />

erano motivi per rinunciare, come desiderava Zermelo, a tale teoria. Era anzi proprio<br />

sulla base del meccanicismo e dell'atomismo che Boltzmann vedeva profilarsi la<br />

possibilità sia di "nuove osservazioni", che di risposte plausibili ad alcune "questioni<br />

inosservabili" (come: "il comportamento dell'universo o di di un sistema completamente<br />

isolato durante un periodo di tempo infinito") apparentemente in contrasto con le<br />

conseguenze del principio di Carnot-Clausius. In conclusione Boltzmann sottolineava i<br />

meriti del proprio modello cosmologico:<br />

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ma si deve ammettere, che l'immagine del mondo [Weltbild] qui sviluppata è una possibilità<br />

libera da contraddizioni interne e davvero utile, poiché ci rivela alcuni nuovi punti di vista e<br />

spesso ci induce non solo alla speculazione, ma anche a esperimenti (ad es.: sui limiti di<br />

divisibilità, sulle dimensioni della sfera d'azione e perciò sulle deviazioni dalle equazioni<br />

dell'idrodinamica, della diffusione, della conduzione del calore ecc...) cui nessun'altra teoria<br />

riesce a dare stimolo [80].<br />

L'argomento di Boltzmann è stato al centro di numerose critiche e ha incontrato i favori<br />

di alcuni decisi sostenitori [81]. Naturalmente le riletture recenti di Boltzmann<br />

comportano connessioni con la cosmologia relativistica che risultano ovviamente<br />

anacronistiche.<br />

Uno dei punti delicati dell'argomentazione concerne l'estensione dei "mondi singoli" e,<br />

in particolare, della peculiare fluttuazione in cui si è evoluto l'uomo.<br />

Molti critici hanno fatto notare che Boltzmann considera "mondi" troppo grandi sia in<br />

quanto a estensione che in quanto a durata. L'idea di fluttuazioni così colossali da<br />

consentire l'evoluzione della vita organica è stata giudicata "del tutto insostenibile",<br />

"sbagliata" e "ridicola" [82].<br />

A titolo di esempio riporto qui le conclusioni di un lavoro di Landau e Bronstein del<br />

1933:<br />

[Boltzmann] provò a spiegare il fatto che siamo in grado di osservare una fluttuazione così<br />

fantastica, dicendo che proprio la presenza di tale fluttuazione è una condizione necessaria<br />

per l'esistenza dell'osservatore (le condizioni favorevoli per l'evoluzione biologica degli<br />

organismi e così via). L'argomento comunque è del tutto falso. Poiché in un tal mondo di<br />

fluttuazioni, l'esistenza di un particolare osservatore senza i cieli che contengono miriadi di<br />

stelle corrisponde a un'entropia molto maggiore, e nondimeno a una probabilità molto più<br />

elevata. Da ciò concludiamo che il mondo che obbedisce alla statistica non mostrerà<br />

fluttuazioni importanti [83].<br />

Costituisce un'interessante curiosità storica notare come, l'anno successivo alla<br />

pubblicazione della nota appena citata, Sir Arthur Eddington esponesse, nelle sue<br />

Messengers Lectures, proprio a proposito del problema delle fluttuazioni,<br />

un'inconsapevole enunciazione del principio antropico:<br />

The crude argument is that at a particular epoch (1934) the chance of a fortuitous deviation<br />

of entropy from its maximum value sufficient to admit the phenomenon is too small to be<br />

considered seriously, and that the fluctuation must therefore ascribed to anti-chance. But<br />

the year 1934 is not a random date between t = -∞ and t = +∞. We must not argue that<br />

because fluctuations of the present magnitude occupy only 1/xth of the time between t = -∞<br />

and t = +∞, therefore the chances are x to 1 against such a fluctuation existing in the year<br />

1934. For our present purpose the important characteristic of the year 1934 is that it is<br />

selected as belonging to a period during which there exist in the universe beings capable of<br />

speculating about the universe and its fluctuations. It is clear that such creatures could not<br />

exist near thermodynamical equilibrium. Therefore it is perfectly fair for the supporters of<br />

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this suggestion to wipe out of the calculation all those multillions of years during which the<br />

fluctuations are less than the minimum required to permit of the evolution and the existence<br />

of mathematical physicists [83a].<br />

Le affermazioni di Eddington appena citate rivestono però un ruolo semplicemente<br />

incidentale rispetto alla sua analisi complessiva del problema della "morte termica".<br />

In anni recenti anche Stephen Hawking ha proposto una spiegazione antropica della<br />

direzionalità del tempo impostando in maniera profondamente diversa da quella di<br />

Boltzmann il problema delle condizioni iniziali [84]. Hawking, dopo lunghe<br />

vicissitudini, ha concluso che l'entropia di un universo chiuso continua ad aumentare<br />

durante tutta la sua storia evolutiva e che vi è un'unica freccia termodinamica (che<br />

determina quella psicologica) del tempo. La risposta all'interrogativo: "perché<br />

osserviamo che le frecce termodinamica e cosmologica puntano nella stessa direzione?"<br />

non va però cercata né nelle leggi della fisica, né nelle condizioni al contorno<br />

dell'universo, ma bensì nel WAP.<br />

La vita può infatti essere presente solo durante la fase dell'espansione e dobbiamo<br />

quindi necessariamente osservare che la direzione del tempo coincide con la direzione<br />

dell'espansione.<br />

<strong>Il</strong> WAP è un principio duttile. Può essere invocato a sostegno di opzioni teoriche o di<br />

programmi di ricerca eterogenei. Boltzmann sfrutta un argomento di tipo WAP per<br />

"spiegare" l'apparente undirezionalità locale del tempo nel contesto di una teoria che<br />

esclude una direzione globale; Hawking "spiega" la particolare situazione osservata<br />

considerandola come una proprietà dell'intero universo osservabile in questa fase della<br />

sua evoluzione.<br />

Compito del WAP, in linea di massima, è quello di connettere i fatti osservativi che<br />

risultano "strani", o difficili da spiegare all'interno di un certo contesto teorico, tramite<br />

una constatazione del tipo "altrimenti noi non saremmo qui a porci la domanda" o a<br />

contemplare la stranezza della faccenda [85].<br />

6 Precursori. II: Idlis 1958<br />

L'argomento di Boltzmann fu ripreso in uno scritto scarsamente conosciuto ma che è<br />

stato indicato da Jakov Borisevich Zel'dovich come la prima applicazione del "principio<br />

antropico" nel contesto della cosmologia relativistica [86]. Parlo di un lavoro intitolato<br />

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"tratti essenziali dell'universo astrofisico osservato come proprietà caratteristiche del<br />

sistema cosmico abitato" pubblicato in russo, nel 1958, dell'accademico delle scienze<br />

dell'allora repubblica socialista sovietica del Kazakistan Grigory Moiseevich Idlis.<br />

Lo scritto in questione risente del contesto storico e sociale nel quale si muovevano gli<br />

scienziati sovietici a cinque anni dalla morte di Stalin. Come in quelli di molti colleghi,<br />

nei lavori di Idlis si avverte una reciproca influenza fra le idee del materialismo<br />

dialettico e le ipotesi scientifiche in esame: le prime talvolta giustificano le seconde<br />

mentre, in altre occasioni, paiono essere proprio certe tesi scientifiche a essere invocate<br />

a sostegno della dottrina marxista-leninista.<br />

Indubbiamente, nella seconda metà degli anni cinquanta, l'intera produzione scientifica<br />

sovietica è pervasa dalla concezione dialettica. Proprio in quel medesimo periodo, del<br />

resto, molte discipline scientifiche (e in particolare la cosmologia che era stata<br />

condannata come idealismo e papismo nell'era staliniana) stavano via via acquistando in<br />

URSS una notevole autonomia dall'ideologia dominante, apportando - in accordo con le<br />

idee di Lenin - motivi di riflessione e di evoluzione nel dibattito interno al materialismo<br />

dialettico.<br />

Come risulta dalle analisi di Loren R. Graham, è fuorviante considerare il pensiero e le<br />

elaborazioni originali di molti importanti scienziati sovietici (ad esempio: Oparin, Fock<br />

o Ambartsumian; i quali sono, fra l'altro, tutti e tre citati da Idlis) frutto esclusivo di<br />

pressioni ideologiche o politiche [87]. È ingiusto negare (a prescindere da certi orpelli di<br />

maniera) un interesse intrinseco sincero di questi scienziati verso le idee filosofiche a<br />

cui fanno riferimento e delle quali, anche col passare degli anni, continueranno a<br />

ribadire la verità e la fruttuosità [87a].<br />

Questa constatazione vale anche per Idlis, il quale - ancora negli anni settanta -<br />

continuerà a pubblicare lavori sulla relazione fra lo studio dell'universo e la "ricchissima<br />

eredità filosofica" lasciata dalla dialettica leninista [88].<br />

Resta però innegabile che, nel periodo in esame, gli astronomi sovietici adottino ancora,<br />

nello studio della struttura di larga scala dell'universo, una serie di credenze diffuse che,<br />

"come un leitmotiv" costituiscono i "punti di partenza" di ogni indagine [89].<br />

Fra queste, l'idea dell'infinità dell'universo costituisce un "assioma fondamentale" dalle<br />

molteplici implicazioni [90].<br />

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L'estensione infinita e l'eternità dell'universo riflettono infatti una concezione della<br />

natura in cui la materia (o meglio: la materia/energia) è infinitamente suddivisibile,<br />

indistruttibile, increata e eterna. [91]<br />

La concezione di un universo infinito riguarda anche la complessità crescente denotata<br />

dallo sviluppo della materia/energia e l'inesauribilità di questo processo.<br />

Gli astrofisici sovietici affermano che le ipotesi semplificative che sottostanno ai<br />

modelli cosmologici "occidentali" sono lontane dalla realtà, che bisogna prendere atto di<br />

quella che lo stesso Idlis chiama "infinità strutturale" dell'universo e che la materia su<br />

larga scala non è omogeneamente distribuita [91a].<br />

Nella seconda metà degli anni cinquanta vi è grande diffidenza sia verso la linearità<br />

della relazione velocità distanza che verso il principio cosmologico, ma l'interpretazione<br />

usuale dei redshift e l'idea dell'espansione sono comunemente accettate nella letteratura<br />

sovietica [92].<br />

Nello scritto di Idlis, la "metagalassia" (termine con il quale gli astronomi sovietici<br />

indicano il sistema delle galassie in espansione nella parte osservabile dell'universo<br />

[92a]) rappresenta al tempo stesso una regione particolare dell'universo infinito e un<br />

esemplare "a pieno titolo" caratteristico del suo genere: un "tipico sistema di galassie<br />

abitate" esteso almeno cinque miliardi di anni luce, approssimabile in prima istanza a un<br />

modello cosmologico isotropo e uniforme, con un'età, una densità media, una<br />

temperatura media, e un tasso d'espansione caratteristici. Seguendo l'interpretazione di<br />

Fock [93] della "teoria gravitazionale" di Einstein, Idlis dice che:<br />

lo spazio fisico che fa da sfondo per questo o quell'agglomerato di galassie (o altri sistemi<br />

cosmici") non deve avere curvatura positiva [94].<br />

Poiché questo è l'unico modo per evitare strane idee sulle proprietà dello spazio e del<br />

tempo. Sulla base dell'analisi dei dati osservativi, aggiunge quindi che vi sono ragioni di<br />

"supporre che lo spazio metagalattico sia effettivamente uno spazio a curvatura<br />

negativa" o, in altre parole, uno "spazio di Friedman - Lobachevskii".<br />

L'ambito della metagalassia è discusso da Idlis nel V paragrafo del suo lavoro del 1958.<br />

<strong>Il</strong> fulcro della monografia consiste nelle connessioni esistenti fra i "tratti caratteristici"<br />

dell'universo osservato e le proprietà necessarie all'evoluzione della vita. Per<br />

caratterizzare quest'ultima, Idlis adotta l'interpretazione di Oparin della definizione data<br />

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da Engels nella "Dialettica della Natura" [95]. In accordo con la legge dialettica della<br />

trasformazione della quantità in qualità, la vita è pertanto vista come una qualità che<br />

emerge, con le proprie caratteristiche specifiche, a un certo stadio del processo di<br />

movimento della materia. In altre parole: è una forma molto speciale di moto della<br />

materia.<br />

Idlis ribadisce così la tesi secondo la quale la vita è un fenomeno raro (perché necessita<br />

di condizioni ambientali molto speciali) ma altresì comune nell'universo.<br />

A tale proposito è importante notare la vicinanza dello scienziato kazako con<br />

l'astronomo Vasilii Grigor'evich Fesenkov, del quale fu stretto collaboratore [96].<br />

Nel 1956 era stato pubblicato in URSS il celebre volume di Oparin e Fesenkov sulla<br />

"vita nell'universo" dove venivano analizzate le proprietà ambientali e astronomiche<br />

necessarie all'origine e allo sviluppo della vita. Gli autori, interessati a "fornire un'idea<br />

veritiera della possibilità che su un particolare corpo la vita si sia originata e<br />

successivamente sviluppata", avevano concluso che, nonostante la straordinarietà delle<br />

condizioni richieste una stella su un milione aveva "la probabilità di possedere un<br />

pianeta su cui, ad un particolare gradino del suo sviluppo, può formarsi la vita" [97].<br />

Secondo tale stima potevano esserci migliaia di pianeti "idonei alla vita (e parzialmente<br />

popolati)" nella nostra così come in ogni altra galassia tipica [98].<br />

I primi tre paragrafi del lavoro di Idlis ripercorrono in larga misura l'esposizione di<br />

Oparin e Fesenkov ed esaminano quali caratteristiche devono soddisfare gli ambienti<br />

planetari e quelli stellari per garantire proprietà essenziali come la stabilità delle<br />

proteine, la capacità di reazione biochimica o l'esistenza dei coacervati proteici (che è<br />

essenziale nella teoria di Oparin).<br />

Nel quarto paragrafo Idlis considera le caratteristiche necessarie per l'abitabilità di una<br />

galassia e, nel quinto, come già accennato, analizza da vicino le proprietà necessarie allo<br />

sviluppo della vita al livello della metagalassia in espansione. John Leslie, uno dei<br />

pochissimi "occidentali" a riferire del lavoro di Idlis, sottolinea la sintonia fine, notata<br />

dall'astronomo sovietico, fra le condizioni necessarie alla vita e la distribuzione di<br />

densità delle stelle all'interno di una galassia [99].<br />

Idlis sa di muoversi in una direzione opposta a quella usualmente seguita nello studio<br />

dell'universo e sottolinea l'importanza del suo approccio. Nell'introduzione del suo<br />

lavoro si chiede se sia possibile trovare una "soluzione coerente" alla questione della<br />

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particolare struttura della metagalassia e al problema "perché il mondo circostante è così<br />

com'è", a partire dal "fatto stesso della nostra esistenza" [100].<br />

La metagalassia, in quest'ottica, è una tipica regione abitata, caratterizzata da proprietà<br />

che non valgono per l'"infinità multiformità" dell'intero universo.<br />

L'intera parte osservata dell'universo costituisce un sistema isolato dove "la genesi e<br />

l'effettivo sviluppo della vita" non sono il risultato di "condizioni iniziali anomale" ma<br />

l'esito regolare dell'"evoluzione della materia cosmica". Poichè però in "altre regioni<br />

dell'universo" (dove prevalgono "condizioni fisiche radicalmente diverse in rapporto a<br />

densità, temperatura, composizione chimica ed età dell'ambiente") non può<br />

semplicemente esservi vita, le nostre osservazioni non riguardano "una regione<br />

arbitraria dell'universo" ma una regione peculiare che possiede le proprietà<br />

caratteristiche di una metagalassia abitata [101]. Estrapolare tali proprietà all'intero<br />

universo è semplicemente sbagliato.<br />

L'idea di collegare l'estensione e le proprietà dell'intero universo osservabile alla<br />

possibilità della vita non giungeva isolata. Proprio in quegli anni infatti George J.<br />

Whitrow aveva fatto cenno dapprima alla connessione fra l'esistenza di osservatori e la<br />

tridimensionalità dello spazio [102] e poi (senza ritenere opportuno pubblicare qualcosa<br />

su questa seconda idea) al collegamento fra le "enormi dimensioni e la complessità"<br />

dell'universo osservabile e la possibilità della vita sulla Terra [103]. Idlis non cita queste<br />

idee ed è sicuramente molto lontano dall'impostazione razionalista di Whitrow [103a].<br />

La sua prospettiva "rigenera" piuttosto "l'ipotesi delle fluttuazioni" di Boltzmann;<br />

ipotesi ben nota nel panorama intellettuale sovietico, dove l'idea di un'usura e di un<br />

decadimento globale dell'attività inesauribile della materia/energia (e, quindi, di una<br />

morte termica dell'intero universo) era stata energicamente respinta.<br />

Idlis riabilitava l'argomento di Boltzmann giudicando non convincenti le critiche<br />

specifiche mosse da Landau o quelle analoghe dovute a Zel'manov [103b]. Le<br />

considerazioni e i risultati quantitativi indicavano che la conclusione secondo cui è<br />

superfluo considerare l'enorme scala della metagalassia non era convincente.<br />

Infatti: l'esistenza di un osservatore (Idlis dice "essere pensante", oppure: "esseri viventi<br />

che osservano il quadro del mondo che si distende davanti a noi") è "improponibile" in<br />

assenza di una stringente serie di condizioni che riguardano vari livelli di complessità<br />

crescente.<br />

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Una fluttuazione che porti "alla comparsa di un sistema solare abitabile, deve, di regola,<br />

generare una quantità molto maggiore di sistemi planetari non abitabili", di stelle e di<br />

interi sistemi stellari [104]. Idlis conclude pertanto la sua monografia annotando che:<br />

la realizzazione di gigantesche (ma al tempo stesso inizialmente prive di struttura)<br />

fluttuazioni di scala metagalattica è più verosimile della comparsa di fluttuazioni inferiori<br />

per massa ma molto più complesse per struttura interna<br />

e ribadisce:<br />

non è da escludere che l'attuazione delle gigantesche fluttuazioni da noi studiate (con<br />

un'estensione non inferiore a tutta la parte nota dell'universo) sia necessaria per la comparsa<br />

degli esseri viventi che osservano il quadro del mondo che ci si distende innanzi [105].<br />

L'applicazione di un argomento di tipo WAP da parte di Idlis rimanda a una prospettiva<br />

che avrà, sia pur con altre motivazioni, grande rilevanza nel dibattito successivo.<br />

L'astronomo russo infatti riconosce l'esigenza di non estendere impropriamente il<br />

principio cosmologico. Quest'ultimo, per Idlis, costituisce un'idealizzazione appropriata<br />

solo per la nostra regione di universo o per regioni analoghe e, comunque, valida solo in<br />

prima approssimazione. Nel contempo però Idlis è lontano da ogni teoria cosmologica<br />

che contempli il concetto di un inizio dell'intero universo. In accordo con i dogmi degli<br />

scienziati materialisti egli ritiene che ogni modello cosmologico non rappresenti altro<br />

che una teoria locale della metagalassia, estrapolabile solo al prezzo di ingiustificate<br />

idealizzazioni [105a].<br />

7 <strong>Il</strong> WAP Di Dicke<br />

Idlis e Boltzmann ricorrono a un argomento di "auto-selezione" delle osservazioni.<br />

Entrambi ipotizzano un insieme molto grande o infinito e dei sottoinsiemi molto<br />

particolari in cui le condizioni, per quanto improbabili rispetto all'ambito di tutte le<br />

possibili configurazioni, rappresentano condizioni necessarie per la presenza della<br />

complessità chimica.<br />

<strong>Il</strong> fatto che ci troviamo all'interno di una di queste regioni non deve stupirci perché le<br />

nostre osservazioni sono necessariamente limitate a questo tipo di regioni.<br />

Nel WAP dei teorici antropici compare un elemento ulteriore che manca in Boltzmann e<br />

in Idlis: il riferimento a una relazione fra scale temporali.<br />

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Per questo generalmente si considera come prima applicazione effettiva del WAP quella<br />

di Robert Henry Dicke; applicazione in cui la relazione fra una scala temporale<br />

astrofisica e una cosmologica è il fulcro stesso dell'argomento.<br />

Spinto dal suo interesse per la teoria della gravitazione e il principio di Mach, Dicke si<br />

occupa - sul finire degli anni cinquanta - dell'Ipotesi dei Grandi Numeri (d'ora innanzi:<br />

LNH, dalle iniziali di Large Numbers Hypothesis) di Dirac e della sua teoria della<br />

gravitazione con G variabile col tempo.<br />

L'ipotesi di Dirac risale alla seconda metà degli anni trenta, quando il fisico di<br />

Cambridge s'interessò della relazione fra microfisica e cosmologia soffermandosi sul<br />

problema dei grandi numeri adimensionali [106]. Egli prese in considerazione, in<br />

particolare, due numeri puri della teoria fisica che erano stati al centro delle<br />

speculazioni di Eddington: il cosiddetto "numero di Eddington", (in breve: il numero dei<br />

protoni N contenuto entro il raggio di Hubble dell'universo, spesso inteso come la massa<br />

M dell'universo osservabile [107]) che ha ordine di grandezza 1078 , e il rapporto fra<br />

forza elettrostatica e forza gravitazionale che intercorre fra due particelle elementari (ad<br />

esempio un protone e un elettrone nell'atomo di idrogeno [107a])<br />

e 2 /(Gmpme) ≈ 10 39<br />

rapporto che Eddington aveva chiamato "costante di forza" e che è analogo a quello che<br />

oggi chiamiamo l'inverso della "costante di struttura fina gravitazionale": αG -1 ≡hc/Gmp 2 .<br />

Dirac notò un'interessante coincidenza fra l'ordine di grandezza di questi numeri e il<br />

numero puro che si ottiene esprimendo in unità atomiche (ad esempio: (e2 /mec3 ) ≈ 10-23 secondi; oppure: h/mpc2 ≈ 0.46 [e2 /(mec3 )] ) l'età attuale dell'universo (il cui ordine di<br />

grandezza è dato dall'inverso della costante di Hubble: H0 -1 )[108]. Anche [(mpc2H0 -1 )/h] è<br />

infatti un numero puro di ordine di grandezza 1039 .<br />

Poiché quest'ultima quantità deve ovviamente variare con il tempo, Dirac assunse che<br />

anche gli altri grandi numeri dovevano comportarsi allo stesso modo. Le coincidenze fra<br />

gli ordini di grandezza di questi numeri puri rivelavano infatti, a suo avviso,<br />

"connessioni profonde in natura fra la teoria cosmologica e quella atomica" e dovevano<br />

mantenersi in ogni epoca [109].<br />

Dirac ritenne di aver così stabilito una "nuova base per la cosmologia" che presentò, nel<br />

1938, sotto la forma di un "principio fondamentale": tutti i grandi numeri adimensionali<br />

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composti con le costanti fondamentali della fisica e della cosmologia sono funzioni<br />

semplici dell'età dell'universo espressa in unità atomiche.<br />

Secondo il principio di Dirac (che, in seguito, divenne appunto noto come LNH) tutti i<br />

numeri adimensionali di ordine (1039 ) n devono variare proporzionalmente a (H0 -1 ) n .<br />

La conseguenza più intrigante della LNH consiste nella variabilità temporale di una o<br />

più "costanti" fondamentali. <strong>Il</strong> fisico di Cambridge sostenne una variazione secolare del<br />

valore della "costante" di gravitazione G, discostandosi così dalla teoria gravitazionale<br />

einsteniana. Nel contesto teorico di Dirac il valore di G era stato maggiore in passato e<br />

avrebbe continuato a decrescere continuamente con l'età dell'universo.<br />

La LNH ebbe una certa risonanza nel contesto della fisica fondamentale e sollevò<br />

notevole attenzione per le sue conseguenze geologiche, astronomiche e cosmologiche.<br />

Negli anni quaranta, Pascual Jordan cercò di generalizzare la teoria gravitazionale<br />

einsteniana in uno schema di relatività proiettiva pentadimensionale in grado di<br />

contemplare la variabilità di G [110]. Nei primi anni cinquanta, le tesi di Dirac e dello<br />

stesso Jordan furono ampiamente discusse nel manuale di Bondi, Cosmology, che<br />

rappresentò un punto di riferimento per le generazioni successive e costituì un primo<br />

punto di contatto con il problema dei grandi numeri anche per Brandon Carter [111].<br />

Nella seconda metà degli anni cinquanta Dicke si impegnò in una profonda analisi delle<br />

fondamenta della relatività generale e di ogni teoria gravitazionale che intendesse porsi<br />

come alternativa a quella einsteniana. <strong>Il</strong> confronto con l'ipotesi di Dirac divenne<br />

inevitabile [112].<br />

I dubbi principali sulla teoria di Dirac sorgevano dall'assenza di corroborazioni<br />

sperimentali e dal disaccordo con i risultati più recenti della teoria dell'evoluzione<br />

stellare. <strong>Il</strong> fisico di Princeton dissentiva però anche nella valutazione dei criteri di<br />

"eleganza, semplicità e perfezione" formale che, al contrario di Dirac, non accettava<br />

come validi e affidabili sostituti di argomenti di natura fisica [113].<br />

Dicke rivelò un duplice atteggiamento a proposito del problema dei grandi numeri. Da<br />

una parte, una risposta a domande quali:<br />

Why is the gravitational coupling constant so small? Why does the square root of the<br />

number given by equation [M/mpc 3 ≈ 10 78 ] agree with the reciprocal of [αG]?<br />

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dovevano trovare, a suo avviso, una risposta nel programma machiano, come appendice<br />

della determinazione della geometria dello spazio/tempo da parte della distribuzione<br />

delle masse [114].<br />

Dicke considerò assai seriamente l'idea di una variabilità delle "costanti" e ritenne che<br />

"un'interazione gravitazionale variabile" non potesse essere "facilmente esclusa" [115].<br />

Una variabilità spazio/temporale di G discendeva però da basi concettuali diverse da<br />

quelle di Dirac e doveva eventualmente dipendere dall'equazione già notata da Sciama<br />

[116]:<br />

Gρ0H0 -2 ≈ 1<br />

ove la "piccolezza della costante d'accoppiamento gravitazionale" veniva connessa con<br />

"l'enorme quantità di materia dell'universo" [117].<br />

L'altro approccio proposto da Dicke al problema dei grandi numeri è l'argomento di<br />

autoselezione avanzato contro il "supporto statistico" che giustifica la teoria di Dirac.<br />

Dicke accenna all'argomento in questione già nel 1957:<br />

The age of the universe, "now", is not random but is conditioned by biological factors. The radiation rate<br />

of a star varies as ε -7/9 and for very much larger values of e than the present value, all stars would be cold.<br />

This would preclude the existence of man to consider this problem. On the other hand, if ε/ε0 were<br />

presently very much larger, the very rapid production of radiation at earlier times would have converted<br />

all hydrogen into heavier elements, again precluding the existence of man. This suggests that ε/ε0 is<br />

presently a relatively small number, perhaps under ten. The universe can be characterized as young [118]<br />

Dicke tornò ancora su questi temi nella sua Joseph Henry Lecture tenuta di fronte alla<br />

Philosophical Society of Washington il 18 aprile del 1958 [118a]. In tale occasione egli<br />

si soffermò a lungo sulla cosmologia di Dirac, riconoscendo la rilevanza della LNH ma,<br />

notando al tempo stesso, che:<br />

To infer the time dependence of the gravitational interaction requires more than a simple<br />

observation that the reciprocal of the gravitational constant and the age of the universe,<br />

when expressed dimensionlessly, are now nearly equal. It is also necessary to assume that<br />

now is a random time. But is it?<br />

The present epoch is conditioned by the fact that the biological conditions for the existence<br />

of man must be satisfied. This requires the existence of a planetary system and a hot star. If<br />

we assume an evolutionary cosmology starting with the formation of hydrogen 12 billion<br />

years ago, there is an upper limit for the epoch of man which is imposed by the following<br />

two conditions: First, hydrogen is being continually converted to helium and heavier<br />

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elements. Perhaps 20% has already been "burned." Second, there is an upper limit on the<br />

radiating life of a star.<br />

If the star is massive (10 times the sun's mass) it lives riotously, burning its hydrogen like a<br />

wastrel. For a light star (1/10 the sun's mass), hydrogen is burned slowly and the star is<br />

capable of living much longer than the sun, 100 times as long. However, if the star is much<br />

smaller than this, its central temperature never rises high enough to cause nuclear reactions<br />

to take place. Such a light star radiates until its gravitational energy is gone and then it<br />

cools off. It is seen therefore that the longest life of a star is very roughly 10 14 years and this<br />

puts an upper limit to the epoch of man.<br />

There is also a lower limit on the epoch of man. With the assumption that initially only<br />

hydrogen exists, it is necessary to produce other elements in the stellar caldrons and<br />

distribute them about the universe before a planetary system of our type can be formed. It is<br />

a bit difficult to estimate this time, but it would seem that 1 billion years would be a<br />

reasonable lower bound on the epoch of man.<br />

It is thus seen that the epoch of man is not random but is very roughly delineated [118b].<br />

Ho riportato estesamente questa lunga citazione perché questo scritto di Dicke,<br />

stranamente, è quasi sempre ignorato nella letteratura successiva. <strong>Il</strong> più delle volte,<br />

infatti, è affermato che queste idee di fondo (o quantomeno una loro esposizione più<br />

"quantitativa e convincente" [119]) siano per la prima volta esposte nella lettera Dirac's<br />

Cosmology and Mach's Principle pubblicata da Nature sul numero del 4 novembre<br />

1961.<br />

Alcuni passi di tale lettera sono diventati dei luoghi comuni nell'attuale dibattito sul<br />

principio antropico e, pertanto, preferisco, anche in questo caso, riportare estesamente<br />

un lungo estratto senza alterare le parole dell'autore:<br />

If the present value of [H0 -1 ] were to be considered conceptually as a random choice from a<br />

wide range of possible values of [H0 -1 ], the present 'choice' would have had a small a priori<br />

probability, and an accidental correspondence of the type exhibited by the three numbers<br />

would have been unlikely. In view of the inexactness of the interrelation between the three<br />

numbers, a very wide range of possible values of [H0 -1 ] and a small a priori probability<br />

must be assumed if Dirac's hypothesis is to receive support from this kind of argument.<br />

It will be shown that, with the assumption of an evolutionary universe, [H0 -1 ] is not<br />

permitted to take one of an enormous range of values, but is somewhat limited by the<br />

biological requirements to be met during the epoch of man.<br />

The first of these requirements is that the universe, hence galaxy, shall have aged<br />

sufficiently for there to exist elements other than hydrogen. It is well known that carbon is<br />

required to make physicists [120].<br />

L'argomento di autoselezione è evidente: perché il problema possa essere posto<br />

occorrono dei fisici e, quindi, del carbonio; perché vi sia del carbonio disponibile in un<br />

universo evolutivo occorre che sia trascorso un tempo sufficiente perché gli elementi<br />

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più pesanti dell'idrogeno e dell'elio siano stati "cucinati" negli interni delle stelle e<br />

diffusi negli spazi interstellari. <strong>Il</strong> "tempo minimo per l'inizio dell'epoca dell'uomo è<br />

stabilito dall'età delle stelle di vita più breve", poiché è al loro interno che si sono<br />

formati gli elementi pesanti. <strong>Il</strong> tempo massimo, a sua volta, dal fatto che il fisico<br />

necessita di una "casa ospitale"; ovvero: di un pianeta costantemente illuminato da una<br />

stella, condizione anch'essa determinata da vincoli astrofisici ben noti [121]. L'"epoca<br />

dell'uomo", in un universo in evoluzione, dipende dall'esistenza delle stelle e, quindi, da<br />

scale temporali determinate esclusivamente dalla teoria standard dell'evoluzione<br />

stellare.<br />

La consapevolezza di questo fatto rende meno sorprendente la coincidenza di Dirac di<br />

quanto, prima facie, potesse apparire. Nel linguaggio dei "teorici antropici" essa risulta<br />

anzi, grazie al WAP, prevedibile entro la teoria standard.<br />

Naturalmente questo tipo di ragionamento non dice niente sul particolare valore di G -1 .<br />

Dicke conclude semplicemente che "contrariamente alla nostra supposizione originaria,<br />

[H0 -1 ] non è una 'scelta casuale' fra un'ampia gamma di scelte possibili, ma è limitata dal<br />

criterio dell'esistenza dei fisici" [122].<br />

I "requisiti biologici" impongono dei vincoli all'epoca in cui vengono compiute le<br />

osservazioni e questi vanno tenuti presenti prima di trarre conclusioni valide per tutto<br />

l'universo in ogni epoca o di avvalorare ipotesi "esotiche" come quelle di Dirac.<br />

Nella lettera a Nature del 1961, così come nei lavori precedenti, non compare alcun<br />

riferimento all'idea di un ensemble di universi. Dicke utizza soltanto la teoria<br />

dell'evoluzione stellare, la concezione di un universo in evoluzione e l'argomento<br />

statistico che sarà poi detto WAP.<br />

Retrospettivamente, riconoscerà di aver fatto ricorso a un "enunciato molto<br />

conservatore" [123]:<br />

First of all, I think that in the form in which I stated the anthropic principle, there isn't a lot<br />

of controversy, because it's rather straightforward question [124].<br />

Inoltre affermerà di non aver fatto niente di "veramente eccitante" a confronto dell'idea di<br />

un "adattamento" (adjusting) fra "tutte le costanti fisiche" contemplata nel SAP di Carter<br />

[125]. Solo in questa forma, che contempla l'idea di una "selezione biologica delle costanti<br />

naturali" [126] e un riferimento a un insieme di universi, il principio potrebbe richiedere<br />

una "rivoluzione nel nostro modo di fare fisica" [127].<br />

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Tale atteggiamento emerge, ad esempio, nel celebre articolo scritto da Dicke nel '79<br />

assieme a Peebles e dedicato a "enigmi e panacee" della cosmologia standard del big<br />

bang. In tale occasione il principio antropico è associato indissolubilmente all'idea dei<br />

molti mondi:<br />

Imagine an ensemble of universes of all sorts. It should be no surprise that ours is not an<br />

'average' one, for conditions on the average might well be hostile. We could only be present<br />

in a universe that happens to supply our needs [128].<br />

Molti commentatori e molti critici non sono d'accordo con la valutazione del WAP data<br />

da Dicke. Alcuni hanno infatti giudicato "molto provocatoria" la sua posizione o l'hanno<br />

addirittura annoverata fra "quanto di più importante sia stato scritto dal punto di vista<br />

della metodologia fisica e cosmologica da Galileo a oggi" [129].<br />

La prospettiva indicata da Dicke nel 1961 ha sollevato grandi interrogativi in molteplici<br />

direzioni. Ad alcuni è parsa, almeno in parte, "metafisica" e comunque nient'altro che<br />

una "curiosità filosofica"; ad altri è sembrata favorire "un discostamento da una<br />

posizione realista ... difficile nella migliore delle ipotesi e privo di significato nella<br />

peggiore". Altri ancora, infine, hanno trovato le argomentazioni del fisico di Princeton<br />

adatte a "smussare" la rilevanza di una concezione che vede l'universo come "una<br />

gigantesca macchina indifferente alla vita o all'uomo" [130].<br />

Alberto Masani ha messo in grande rilievo come la nota di Dicke contribuisse a far<br />

rientrare in ambito scientifico il "problema dell'uomo", connettendolo al "fenomeno<br />

evolutivo" dell'universo:<br />

Quell'uomo che la metodologia galileiana aveva relegato nella posizione dell'osservatore di<br />

un universo che evolve e procede secondo leggi proprie, le quali con l'esistenza e la<br />

peculiarità dell'uomo non hanno nulla a che fare, tornava adesso sulla scena cosmica come<br />

condizionante l'evoluzione stessa dell'Universo tramite la propria facoltà conoscitiva di<br />

'physicist' [131].<br />

Naturalmente molti autori hanno messo in primo piano il carattere post hoc del WAP di<br />

Dicke e l'inversione rispetto alla direzione usuale della spiegazione scientifica [132]. Su<br />

questo terreno si è prodotta gran parte della confusione che caratterizza il dibattito<br />

attuale sul principio antropico; confusione che, come ha notato Wesley Salmon, è in<br />

parte riconducibile alla "similarità strutturale tra il modello nomologico - deduttivo ...<br />

proposto da Hempel per la spiegazione scientifica ... e il tradizionale schema ipotetico -<br />

deduttivo ... per la conferma scientifica [133]." Confusione, inoltre, senz'altro alimentata<br />

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dalle enfatizzazioni dovute ad alcune autorità scientifiche. Ad esempio a John A.<br />

Wheeler, secondo il quale:<br />

Dicke (1961) has pointed out that the right order of ideas may not be, here is the universe,<br />

so what must man be; but here is man, so what must the universe be? In other words: (1)<br />

What good is a universe without awareness of that universe? But: (2) Awareness demands<br />

life. (3) Life demands the presence of elements heavier than hydrogen (4) The production<br />

of heavy elements demands thermonuclear combustion (5) Thermonuclear combustion<br />

normally requires 10 9 years of cooking time in a star (6) Several 10 9 years of time will not<br />

and cannot be avalaible in a closed universe, according to general relativity, unless the<br />

radius-at-maximum expansion of that universe is several 10 9 years or more. So why on this<br />

view is the universe as big as it is? Because only so can man be here [134].<br />

Considerazioni come queste di Wheeler, ripetute anche dal neurofisiologo John Eccles,<br />

contribuiscono a rendere più controverso il WAP di quanto Dicke e altri teorici<br />

antropici abbiano intenzione di ammettere e fanno sorgere la sensazione che i confini<br />

fra WAP e SAP siano piuttosto sfumati. L'atteggiamento stesso di Dicke (che da una<br />

parte dice di non aver fatto niente di rivoluzionario, ma dall'altra cita il suo lavoro come<br />

il diretto antecedente del principio forte di Carter) non fa che alimentare questa<br />

sensazione [135].<br />

Sebbene assente nel 1961, l'idea dei molti universi si trova infine associata anche<br />

all'argomento originario di Dicke. Basti pensare a Martin J. Rees; il quale nel riferire il<br />

lavoro di Dicke, sostiene - nel 1972 - che la coincidenza fra la costante di struttura fine<br />

gravitazionale e l'età dell'universo" deve essere "automaticamente soddisfatta in ogni<br />

universo "conoscibile" (cognizable)" [136].<br />

La terminologia usata da Rees era d'altra parte ispirata dalle idee di Brandon Carter che,<br />

da alcuni anni, circolavano a Cambridge così come a Princeton. Già nel 1970 Carter<br />

aveva ad esempio notato che<br />

the existence of any organism describable as an observer will only be conceivable for<br />

certain restricted combinations of the fundamental constants, which distinguish within the<br />

world-ensemble an exceptional cognizable subset, to which our own universe must<br />

necessarily belong. (More detailed, but for practical purposes unfeasible, consideration of<br />

the detailed local conditions would distinguish within the cognizable suset a cognate<br />

subset in which observers actually occur) [136a].<br />

Su queste basi, ancora nel 1972, Freeman J. Dyson fa riferimento, forse per la prima<br />

volta in una pubblicazione ufficiale, a quello che di lì a poco sarà ufficialmente<br />

denominato "principio antropico forte", chiamandolo proprio Carter's 'principle of<br />

cognizability' [136b].<br />

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8 La Linea Di Pensiero Di Dicke-Carter<br />

Stefano Bettini© 2004 – <strong>Il</strong> labirinto antropico<br />

Nella seconda metà degli anni sessanta, a seguito della scoperta del fondo di radiazione<br />

cosmica, la teoria del big bang caldo si afferma in maniera definitiva come il modello<br />

cosmologico standard. L'altissimo grado di isotropia manifestato dal fondo a microonde<br />

conduce però ad alcune difficoltà. Attorno al 1969 compaiono così nella letteratura i<br />

primi articoli che pongono in maniera esplicita i cosiddetti problemi della "piattezza"<br />

(perché la densità media è così prossima al valore che separa un universo chiuso e<br />

destinato a ricontrarsi in una singolarità finale da un universo aperto?) e dell'"orizzonte"<br />

(perché regioni distanti del fondo a microonde, che non potevano essere in<br />

comunicazione causale fra loro, possiedono la stessa temperatura e densità di radiazione<br />

entro limiti di precisione impressionanti?) [137].<br />

L'isotropia dell'universo, che fino ad allora aveva rappresentato un assunto di partenza<br />

nella costruzione di un modello cosmologico, diveniva ora, alla luce dei nuovi dati<br />

osservativi, un enigma non indifferente all'interno del modello standard.<br />

Com'è noto, andarono sviluppandosi due indirizzi: da una parte coloro che<br />

interpretavano la situazione osservata come risultato di condizioni iniziali molto<br />

particolari e di un'eccezionale simmetria dell'universo iniziale; dall'altra coloro che<br />

invocavano un qualche meccanismo fisico (ad esempio: la "viscosità neutrinica"<br />

proposta da Misner) in grado di "spianare" le disuniformità [137a].<br />

Parallelamente a questo dibattito andò sviluppandosi anche una "linea di pensiero" in<br />

cui l'esigenza di fornire un sostegno al modello standard del big bang, tramite il ricorso<br />

ad argomentazioni antropiche, conviveva con l'idea di misurare la particolarità del<br />

nostro universo, o di un universo del nostro tipo, rispetto a una collezione di universi<br />

possibili.<br />

Celebre è a proposito il lavoro in cui Collins e Hawking, nel '73, si chiedevano "perché<br />

l'universo è isotropo?"; lavoro diretto contro il programma della "cosmologia caotica" di<br />

Misner e in cui è fatto esplicito riferimento alla "filosofia" di "un numero grandissimo<br />

di universi", o addirittura di "un insieme infinito di universi", che presentano "tutte le<br />

possibili combinazioni di dati iniziali e valori delle costanti fondamentali" [138].<br />

Tale concezione è descritta da Collins e Hawking come l'"idea di Dicke-Carter",<br />

sebbene, come si é visto, non compaia nei lavori di Dicke considerati nel paragrafo<br />

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precedente. La "filosofia" di una collezione di mondi è però suggerita nell'estensione<br />

della prospettiva di Dicke dovuta all'astrofisico del dipartimento di matematica<br />

applicata e fisica teorica di Cambridge, Brandon Carter.<br />

Quest'ultimo -"un francese barbuto, alto e affabile" - si era occupato, già nel 1967, di<br />

compilare una meticolosa rassegna sulle "coincidenze numeriche in natura" [138a]. In<br />

un lungo preprint mai pubblicato, Carter aveva analizzato il significato fisico di molte<br />

delle combinazioni delle costanti fondamentali rilevanti ai fini della struttura e<br />

dell'evoluzione delle stelle, con l'intento di presentare una "trattazione unificata" che<br />

fosse, al tempo stesso, accessibile ai "fisici in generale" e capace di suscitare "alcune<br />

nuove intuizioni [insights]" negli specialisti.<br />

Già in quello scritto veniva auspicato di ricercare "la connessione fra quantità locali e<br />

cosmologiche" nelle "scale temporali dell'evoluzione stellare", senza ricorrere - come<br />

avevano fatto Eddington e Dirac - a "rivoluzionari allontanamenti" dalla fisica e dalla<br />

cosmologia "convenzionali".<br />

Particolare risalto veniva dato da Carter al ruolo che il peculiare ordine di grandezza<br />

della costante di struttura fine α (≡ hc/e2 ≈ 137,0360) giocava nella suddivisione<br />

qualitativa fra stelle nane rosse e giganti blu sulla sequenza principale.<br />

L'idea che un'alterazione relativamente piccola del valore di a avrebbe reso impossibile<br />

l'esistenza stessa di stelle simili al sole e la formazione di sistemi planetari, andrà ad<br />

associarsi col tempo a quella di una collezione di universi [138b].<br />

Una variazione di a poteva essere ad esempio contemplata nel quadro di un universo<br />

ciclico, dove - in accordo con uno scenario indicato da John Wheeler e verso il quale lo<br />

stesso Dicke non aveva nascosto la propria simpatia - ad ogni nuovo ciclo avveniva una<br />

"rigenerazione" (reprocessing) dei valori stessi delle costanti fondamentali e delle<br />

masse delle particelle [139].<br />

Carter estese la portata delle proprie idee nel suo intervento al Clifford Centennial<br />

Meeting tenutosi nella Jadwin Hall della Princeton University il 21 febbraio 1970. In<br />

presenza, fra gli altri, di Wheeler - che aveva organizzato l'incontro - e di Freeman<br />

Dyson, Carter propose una peculiare suddivisione in tre "categorie" delle coincidenze e<br />

delle interrelazioni fra i grandi numeri puri che appaiono in "contesti cosmogonici"<br />

[139a].<br />

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Ad una prima categoria appartengono quei casi per cui è possibile stabilire una<br />

"spiegazione fisica completa basata su certezze oggettive" anziché su "probabilità<br />

statistiche" (ad esempio: la congettura secondo la quale il numero di nucleoni contenuto<br />

in una qualsiasi stella ha ordine di grandezza 1060 , che Jordan aveva sostenuto in base a<br />

una teoria cosmologica esotica con "creazione cosmica di materia", era mostrata<br />

"equivalente all'enunciato che le normali masse stellari non differiscono mai molto dalla<br />

massa di Landau" [139b]); in una seconda categoria rientrano "quelle coincidenze la cui<br />

spiegazione, sebbene semplice, richiede considerazioni soggettive e probabilistiche<br />

connesse alla nostra posizione come osservatori nell'universo" (ad esempio la "classica"<br />

coincidenza di Dirac fra αG -1 e [(mpc 2 H0 -1 )/h])[139c]; alla terza categoria appartengono<br />

infine "quelle coincidenze alle quali non può essere fornita una spiegazione fisica diretta<br />

dato che dipendono più o meno criticamente dai valori attuali delle costanti<br />

cosmologiche o microfisiche" (ad esempio: la coincidenza di Sciama fra ρ0 e H0 2 )[139d].<br />

Le coincidenze di quest'ultima categoria, al contrario delle altre, possono essere<br />

"spiegate" all'interno della fisica e della cosmologia convenzionale solo con l'ausilio di<br />

una delle seguenti opzioni: un'estensione della teoria a un livello "più profondo" in cui<br />

le costanti "cessano di essere fondamentali e divengono derivabili da qualcosa di più<br />

fondamentale"; oppure, in maniera meno soddisfacente, attraverso "l'adozione di una<br />

qualche specie di statistical world-ensemble philosophy" [139e].<br />

Quest'ultima idea con tutte le relative riserve espresse dall'autore nei suoi confronti, così<br />

come la suddivisione in tre categorie, i dettagli tecnici dei vari casi considerati e interi<br />

spezzoni della nota del 1970, si ritroveranno pressochè immutati in quel celebre talk del<br />

'73 che sarà preso in esame nel paragrafo successivo. In quell'occasione Carter chiamerà<br />

di "genere tradizionale" (che non richiedono cioè il principio antropico) le coincidenze<br />

di categoria I e assocerà quelle delle categorie II e III rispettivamente al WAP e al SAP.<br />

Per il momento basti ricordare che, nel '70, Carter fa già riferimento alla formulazione a<br />

stati relativi della meccanica quantistica e alla "filosofia di Everett" come all'unica<br />

interpretazione sensata della teoria dei quanta in ambito cosmologico. <strong>Il</strong> fisico di<br />

Cambridge non solo afferma che l'interpretazione di Copenaghen è, a tale proposito,<br />

"manifestamente inadeguata", ma a sostegno del passaggio da un singolo universo a una<br />

collezione di mondi, precisa:<br />

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In any case, the use of a statistical ensemble as a fundamental entity in its own right (rather<br />

than merely an approximation device for treating many particle systems) has already been<br />

made for theoretical purposes of a quite different nature connected with the foundations of<br />

quantum theory. Within a quantum statistical world-ensemble (where fundamental<br />

constants are treated as observables on the same footing as all other constants of the<br />

motion) the distinction between individual universes of the ensemble becomes rather<br />

blurred, because even the pure states composing the statistical state operator can<br />

simultaneously have components corresponding many different values of the fundamental<br />

constants [139f].<br />

Sebbene i tempi non fossero ancora maturi per la pubblicazione, le idee esposte da<br />

Carter a Princeton cominciarono a penetrare nell'ambiente degli astrofisici e dei<br />

relativisti. Non a caso, in conclusione della nota del '70, erano ringraziati, per le "molte<br />

utili discussioni" con loro intrattenute, specialisti come Dicke, Misner, Peebles, Saslaw,<br />

Sciama, Rees, Spiegel e Wheeler [139g].<br />

In occasione della commemorazione del settantesimo compleanno di Dirac, Dyson<br />

giudicò promettenti gli "argomenti speculativi" di Carter. In particolare, al contrario di<br />

Dicke, il fisico di Cambridge non aveva semplicemente considerato il limite inferiore<br />

della scala temporale associata alla permanenza sulla sequenza principale delle stelle<br />

più massive, ma aveva ampliato l'argomentazione interessandosi alla scala caratteristica<br />

di stelle che, come il Sole, appartengono al tipo spettrale G. La necessità dell'esistenza<br />

di tali stelle per la presenza di osservatori imponeva vincoli ancora più stringenti ai<br />

valori osservabili dei grandi numeri di Dirac [140].<br />

Martin Rees, da parte sua, riassunse gli argomenti di Carter in un articolo del 1972 e li<br />

ripropose nuovamente (pur citando Wheeler e non Carter) nel suo contributo al volume<br />

Cosmology Now pubblicato dalla BBC nel '73 [140a].<br />

Wheeler fu senz'altro il principale promotore sia dell'idea di una collezione di universi<br />

(che compare non solo nella concezione di un universo che si rigenera ad ogni big<br />

crunch, ma anche nell'idea di superspazio) sia di una connessione fra i valori delle<br />

costanti fisiche e la possibilità della vita.<br />

Già nel dicembre del '67 egli si chiedeva:<br />

But why then do we happen to be living in that part of superspace where we find ourselves?<br />

e rimandava al suggerimento, giudicato stimolante, "fatto da Dicke, in parte per scherzo,<br />

in parte seriamente" [140b].<br />

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Nei primi anni settanta Wheeler tornò più volte sulla "filosofia" di Dicke-Carter e sulle<br />

argomentazioni ancora non pubblicate dell'astrofisico di Cambridge; argomentazioni<br />

che, a suo dire, avevano condotto a un successo nella comprensione dell'annoso<br />

problema dei grandi numeri [140c].<br />

Nel settembre del 1972, al simposio on the development of the physicist's conception of<br />

nature tenutosi a Trieste, Wheeler ebbe uno scambio di opinioni con Dirac a proposito<br />

del problema dei grandi numeri e delle idee di Carter. Dirac però confermò di non<br />

sentirsi a suo agio con argomenti del tipo Dicke-Carter che - a suo dire - non fornivano<br />

un'autentica spiegazione della "ragione" per cui compariva un numero puro di ordine<br />

10 39 :<br />

J. A. Wheeler: How do you feel about the explanation of Brandon Carter that many cycles<br />

of the universe are possible and the constants in this particular cycle are such as will permit<br />

life?<br />

P.A. M. Dirac: That doesn't get over the difficulty that you have to explain this very big<br />

number [140d].<br />

Le idee di Carter conobbero quindi un certa risonanza prima della loro pubblicazione e,<br />

ad esse, fu strettamente associata la concezione di una collezione di universi. Si può<br />

congetturare che, forse, quelle stesse idee facessero parte di una più generale<br />

trasformazione dello status e delle mire della cosmologia; trasformazione che Charles<br />

Misner, pur preferendo la ricerca di una teoria più profonda alle speculazioni sui molti<br />

mondi, ricorda in questi termini:<br />

My main qualitative point was to ask that physics not just find the cosmos consistent with<br />

the laws of physics, but also try to show that no very different cosmos was allowed or was<br />

plausible. I was trying to change the goals of scientific cosmology from describing the<br />

universe to explain it [140e].<br />

Nel volume curato da Alan Lightman e Roberta Brawer, Misner sottolinea anche che,<br />

per la sua consapevolezza dei problemi cosmologici, ebbe grande importanza il<br />

semestre passato con Sciama a Cambridge nel 1966.Cambridge da una parte e Princeton<br />

dall'altra, furono le due università in cui il principio antropico venne maturando la<br />

propria credibilità.<br />

Sciama però non ritiene di aver avuto un ruolo particolare nell'evoluzione delle idee<br />

antropiche a Cambridge, ma sottolinea piuttosto l'importanza del clima psicologico in<br />

cui molti suoi studenti si sentivano incoraggiati a sostenere idee molto speculative<br />

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anche se magari nate, come aveva detto Wheeler a proposito delle idee di Dicke, "in<br />

parte per scherzo e in parte seriamente".<br />

Carter, Rees, Hawking, Collins, G. F. R. Ellis provenivano tutti da Cambridge; mentre il<br />

tedesco Reinhard A. Breuer (autore del primo volume interamente dedicato al principio<br />

antropico) ebbe anch'egli l'opportunità di lavorare con Sciama nei primi anni settanta.<br />

Questo, forse, costituisce motivo per riflettere non solo sulla modestia di una "persona<br />

stimolante e incoraggiante" come Sciama, ma anche sull'influsso avuto dalla sua<br />

predisposizione realistica e dal suo atteggiamento risolutamente contrario alla presenza<br />

di accidentalità e arbitrarietà in natura [140ee].<br />

Martin Rees mi ha fatto notare ad ogni modo come l'ambiente di Cambridge ruotasse da<br />

tempo attorno a individualità di grande influenza, fra le quali Bondi, Hoyle e,<br />

naturalmente, Dirac [140f]. Rees ha anche puntualizzato:<br />

I might mention that [the horizon problem] was well-known in the late 1960's (and indeed<br />

before, due to Rindler's very clear paper). Surmointing the horizon problem was the main<br />

motivation of, for instance, Misner in exploring anisotropic 'mixmaxter" models. I mention<br />

this because there is a tendency to believe that nobody worried about these issues before the<br />

Dicke Peebles article in 1979 [140g].<br />

Dicke stesso, peraltro, fu il primo a prendere atto esplicitamente del "problema della<br />

piattezza" nelle sue Jayne Lectures del 1969:<br />

how did the initial explosion become started wich such precision, the outward radial motion<br />

became so finely adjusted as to enable the various parts of the Universe to fly apart while<br />

continuosly slowing in the rate of expansion?<br />

There seems to be no fundamental theoretical reasons for such a fine balance. If the fireball<br />

had expanded only .1 per cent faster, the present rate of expansion would have been 3 X 10 3<br />

times as great. Had the initial expansion rate been .1 per cent less and the Universe would<br />

have expanded to only 3 X 10 6 of its present radius before collapsing. At this maximum<br />

radius the density of ordinary matter would have been 10 -12 gm/cm 3 , over 10 16 times as<br />

great as the present mass density. No stars could have formed in such a Universe, for it<br />

would not have existed long enough to form stars [140h].<br />

Sebbene il passo appena citato abbia molte risonanze con molti tipici "ragionamenti"<br />

antropici, il fisico di Princeton ha però negato di aver avuto in mente, nella sua<br />

esposizione del problema della piattezza, una qualche spiegazione antropica o una<br />

qualche relazione con il problema dei grandi numeri [140i].<br />

<strong>Il</strong> "paradosso di Dicke" [140j] consente ad ogni modo di far ritorno allo scritto di<br />

Collins e Hawking del 1973. Questi ultimi autori affermarono che la "filosofia" di<br />

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Dicke-Carter forniva la "risposta più attraente" all'"imbarazzante quesito" posto da<br />

caratteristiche del nostro universo che, come la prossimità alla piattezza e dal livello di<br />

isotropia, hanno misura nulla nel metaspazio di tutti i possibili dati iniziali che generano<br />

universi omogenei ma anisotropi. Essi conclusero:<br />

From the existence of the unstable anisotropic mode it follows that nearly all of the<br />

universes become highly anisotropic. However these universes would not be expected to<br />

contain galaxies, since condensations can grow only in universes in which the rate of<br />

expansion is just sufficient to avoid recollapse. The existence of galaxies would seem to be<br />

a necessary precondition for the development of any form of intelligent life. Thus there will<br />

be life only in those universes which tend toward isotropy at large times. The fact that we<br />

have observed the universe to be isotropic is therefore only a consequence of our own<br />

existence [141].<br />

o, in altre parole:<br />

Since it would seem that the existence of galaxies is a necessary condition for the<br />

development of intelligent life, the answer to the question "why is the universe isotropic?"<br />

is "because we are here" [142].<br />

9 WAP e SAP I: BRANDON CARTER<br />

La terminologia antropica e le prime definizioni esplicite di WAP e SAP furono<br />

ufficialmente introdotte in occasione del sessantatreesimo simposio dell'Unione<br />

Astronomica Internazionale che si tenne a Cracovia dal 10 al 12 settembre del '73. Quel<br />

congresso, dedicato al confronto fra teorie cosmologiche e dati osservativi, costituì<br />

anche l'occasione per celebrare il cinquecentesimo anniversario della nascita di<br />

Copernico.<br />

Una delle sezioni del simposio, presieduta da Wheeler, fu dedicata alla "struttura delle<br />

singolarità". La presenza di Hawking e Carter in tale sezione appare ovvia se si pensa ai<br />

fondamentali risultati stabiliti da entrambi con le loro ricerche sulle singolarità in<br />

cosmologia e le proprietà globali dello spazio/tempo nella seconda metà degli anni<br />

sessanta e sulle proprietà dei buchi neri nei primissimi anni settanta.<br />

Hawking ribadì in tale sede che "l'isotropia dell'Universo è una conseguenza della<br />

nostra esistenza" e che, pertanto, la "sola 'spiegazione'" dell'isotropia osservata<br />

dell'universo era quella basata sui suggerimenti di Dicke e Carter [142a].<br />

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Wheeler fece quindi il punto della situazione e delle prospettive aperte dalle<br />

"considerazioni di Hawking, Dicke e Carter". A suo avviso infatti queste rimandavano a<br />

"un soggetto così interessante" quale<br />

the question whether man is involved in the design of the Universe in a much more central<br />

way that one can previously imagine [142b].<br />

Può sembrare paradossale che Carter, nel rivolgersi a un audience riunitosi per offrire il<br />

proprio "tributo al creatore della prima teoria scientifica", cominciasse il prorio<br />

intervento - che, proprio per questo motivo è stato definito una "messinscena<br />

memorabile" dallo storico della scienza Stanley Jaki [143] - affermando:<br />

Prof. Wheeler has asked me to say something for the record about some ideas that I once<br />

suggested (at the Clifford Memorial meeting in Princeton in 1970) and to which Hawking<br />

and Collins have referred ... . This concerns a line of thought which I believe to be<br />

potentially fertile, but which I did not write up at the time because I felt (as I still feel) that<br />

it needs further development.<br />

However, it is not inappropriate that this matter should have cropped up again on the<br />

present occasion, since it consists basically of a reaction against exaggerated subservience<br />

to the 'Copernican principle' [144].<br />

<strong>Il</strong> "principio copernicano" a cui si fa qui riferimento ha comunque ben poco a che fare<br />

con le idee dell'autore del De revolutionibus orbium caelestium. Riguarda piuttosto quel<br />

criterio, accettato "da tutti gli uomini di scienza", che invita a non assumere, in maniera<br />

antropocentrica, che la Terra si trovi "in una posizione centrale e favorita" [144a].<br />

Carter aveva ripreso la denominazione dal manuale di Bondi, Cosmology, dal quale - fra<br />

l'altro - sono estratte le parti fra virgolette delle righe precedenti.<br />

Negli anni settanta il problema della relazione fra le osservazioni della struttura di larga<br />

scala dell'universo e il ruolo empiricamente non controllabile degli assunti ideali che<br />

erano alla base dell'usuale approccio alla cosmologia assunse via via un'importanza<br />

sempre maggiore. <strong>Il</strong> congresso di Cracovia costituì a tale proposito una tappa<br />

importante.<br />

Si stava infatti gradualmente acquistando una sempre maggiore consapevolezza del<br />

problema della verificabilità in cosmologia. Le osservazioni di regioni lontane sono<br />

necessariamente effettuate da una sola postazione all'interno dell'universo e limitate<br />

esclusivamente a quello che, in relatività generale, è detto il nostro "cono di luce<br />

passato" e da altri tipi di orizzonti. L'esistenza di limiti intrinseci alle nostre<br />

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osservazioni comportano che qualsiasi modello cosmologico (che specifica anzitutto la<br />

geometria di uno spazio-tempo e le linee d'universo che descrivono il moto medio della<br />

materia) risulti, in ultima analisi, "alla mercé degli assunti che facciamo" [144b].<br />

George Ellis, forse più di ogni altro, ha insistito sul fatto che tali assunti sono "principi<br />

filosofici" o "miscele ideologiche" (admixtures of ideology) e ha promosso un<br />

programma di cosmologia osservativa che ha lo scopo di bilanciare, su basi strettamente<br />

descrittive, l'usuale approccio teorico di costruzione di modelli [144c].<br />

Se l'inosservabilità di regioni lontane determina la "non verificabilità" degli assunti<br />

cosmologici, la disomogeneità osservata dell'universo su scale inferiori a cento<br />

megaparsec propone tutta una serie di problemi aperti divenuti centrali nel dibattito<br />

cosmologico più recente. Domande del tipo "Come conciliare la disomogeneità e<br />

l'anisotropia rivelata dalle surveys sulla distribuzione delle galassie con l'isotropia della<br />

radiazione cosmica?", "Su quale scala l'assunto di omogeneità spaziale comincia a<br />

rappresentare un'adeguata idealizzazione?" sono diventate sempre più importanti negli<br />

ultimi anni e si configuravano come cruciali già nel 1973 [144d].<br />

L'intervento di Carter a Cracovia va pertanto letto anche in questa prospettiva, ed è<br />

anzitutto necessario comprendere l'accezione del termine "principio" al quale egli fa<br />

riferimento. Carter infatti tende a sottolineare che la validità di un principio, al contrario<br />

di quella di una legge, non può essere decisa "a posteriori, su una base empirica" [144e].<br />

A proposito del "principio copernicano" - a parere di Carter - vi era "sfortunatamente"<br />

stata una "forte (e non sempre subcosciente) tendenza" a estendere in maniera<br />

dogmatica il contenuto fondamentale della lezione di Copernico [144f].<br />

La rottura con l'antropocentrismo propugnata da quest'ultimo, scriverà<br />

retrospettivamente Carter:<br />

was entirely justified by the goal of scientific objectivity, but it soon came to be carried<br />

unduly far as people came to the point of advocating the opposite extreme point of view,<br />

consisting in the assumption that our own situation in the Universe is not in any part<br />

privileged, but is typically representative in a Universe that is entirely homogeneous apart<br />

from minor local fluctuations. This extreme antithesis of the anthropocentric outlook was<br />

most dangerous as a source of biased thinking when it was adopted subconsciously [144g].<br />

La versione "più estrema" del dogma copernicano era consistita nel principio<br />

cosmologico perfetto di Bondi e Gold; ovvero nell'"ipotesi" secondo la quale "l'universo<br />

presenta lo stesso aspetto da ogni luogo in ogni tempo" [144h]. L'enunciato di Bondi e<br />

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Gold ampliava l'usuale principio cosmologico (cioè l'assunto che l'universo è<br />

spazialmente omogeneo) e conduceva a postulare un universo "omogeneo e stazionario<br />

nella sua costituzione di larga-scala così come nelle sue leggi fisiche" [144i].<br />

Con in mente l'argomento di Dicke sull'"epoca dell'uomo", Carter notava che l'adesione<br />

incondizionata al dogma copernicano promossa dai cosmologi della scuola razionalista<br />

diveniva "chiaramente insostenibile" se si considerava: "a) che condizioni<br />

particolarmente favorevoli (di temperatura, ambiente chimico, ecc...) sono prerequisiti<br />

per la nostra esistenza, e b) che l'universo evolve e non è in alcun modo omogeneo su<br />

scala locale" [144j].<br />

Tutto ciò lascia intendere che il pericolo di cadere nel dogmatismo, quantomeno in<br />

nuce, è presente ogniqualvolta ci accingiamo a semplificare un problema tramite un<br />

"principio di omologia" che ci invita a non introdurre "asimmetrie inutili".<br />

Sulla base di un criterio di semplicità si può essere infatti spinti a compiere un abuso<br />

pregiudiziale dell'ipotesi di omologia e a ritenere che la nostra posizione<br />

spazio/temporale, oltre a non essere centrale, non debba essere considerata in alcun<br />

modo particolare o privilegiata. L'appello a un principio razionale di estrema simmetria<br />

può condurre, come nel caso dei cosmologi dello stato stazionario, a gravi errori.<br />

Su queste basi Carter propone quindi il WAP come un principio metodologico che vale<br />

per tutta l'attività scientifica e che - come in seguito ebbe modo di scrivere - costituisce:<br />

a warning to astrophysical and cosmological theorists of the risk of error in the<br />

interpretation of astronomical and cosmological information unless due account is taken of<br />

the biological restraints under which the information was acquired [145].<br />

Diversi anni dopo il congresso di Cracovia, l'autore sosterrà che considerare gli effetti di<br />

selezione che influenzano le osservazioni è di fondamentale importanza se si vuole<br />

avere un'idea chiara di cosa significhi giudicare, in accordo con il rasoio di Occam, la<br />

relazione fra le osservazioni e le opzioni teoriche a disposizione. In particolare: un<br />

principio di simmetria o di omologia non deve costituire un pregiudizio "contro la<br />

possibilità di un'asimmetria intrinseca fra ciò che è osservato o osservabile e ciò che non<br />

lo è" e, pertanto, va bilanciato con un criterio supplementare come il WAP [146].<br />

Nel 1973 Carter afferma che Dicke aveva fornito una "buona illustrazione" dell'uso del<br />

WAP, mostrando come la teoria "convenzionale" [147] (cioè: "la teoria fisica standard<br />

in connessione con il modello dell'universo ortodosso del big bang caldo" [147a]), dove<br />

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G non varia, è appropriata e in grado di "predire" la coincidenza fra αG -1 e<br />

[(mpc 2 H0 -1 )/h)].<br />

<strong>Il</strong> fisico di Princeton aveva però trascurato un'"alternativa anch'essa possibile a priori".<br />

Ovvero l'eventualità secondo la quale, nel caso di un universo chiuso, l'età dell'universo<br />

adesso potrebbe già essere paragonabile, in ordine di grandezza, alla "durata totale della<br />

sua vita" [148].<br />

Siccome quest'ultima doveva ovviamente risultare maggiore o paragonabile all'ordine di<br />

grandezza caratteristico dei due termini αG -1 e [(mpc 2 H0 -1 ))/h)] diveniva possibile<br />

avanzare un esempio di "predizione basata su quello che può essere denominato il<br />

principio antropico 'forte'" e indicare:<br />

... a fairly severe restriction not merely on our location within the Universe but on one of<br />

the fundamental parameters of the Universe itself (in this case its lifetime τ) [149].<br />

Carter concentra la propria attenzione su due parametri cosmologici che, secondo il<br />

modello standard, costituiscono delle costanti in ogni universo chiuso che sia uscito<br />

dalla fase dominata dalla radiazione. Questi sono: η ≡ nb/T 3 (il rapporto fra il numero<br />

dei barioni e la terza potenza della temperatura di corpo nero) e K/T 2 (dove K è la<br />

curvatura scalare delle sezioni spaziali omogeneee).<br />

Fra questi due parametri, l'età dell'universo e il valore delle costanti fondamentali esiste<br />

una relazione che consente di porre dei v incoli. L'ipotesi di chiusura impone un limite<br />

superiore a K/T 2 (che si riflette nella relazione K/T 2 ≤ (η 2 /mp) 1/3 mp 3 ) [150]. Per ottenere<br />

un limite inferiore Carter invoca il fatto che le "galassie (la cui esistenza è<br />

presumibilmente necessaria per la formazione delle stelle e quindi della vita) sono<br />

formate da condensazioni, a partire da fluttuazioni di densità relativamente piccole di<br />

uno sfondo altrimenti omogeneo" [151].<br />

Poiché il disaccoppiamento fra materia e radiazione richiede nel modello standard un<br />

abbassamento di T sotto la soglia fissata dall'energia di ionizzazione di Rydberg [152], è<br />

fissata una condizione stringente che conduce alla disuguaglianza<br />

[-(K/T 2 ) « (e 4 me)(nb/T 3 )mp] e dipende dalla grandezza assegnata alle fluttuazioni<br />

iniziali.<br />

Seguendo queste argomentazioni, Carter conclude che la "famosa relazione di<br />

Eddington" fra la radice quadrata del "numero delle particelle dell'universo visibile" e il<br />

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valore di αG -1 è "prevedibile" nell'ambito della "teoria ortodossa". Ciò è ancora una volta<br />

interpretato come una testimonianza contraria all'"introduzione di teorie fortemente non<br />

convenzionali come quelle di Dirac e Eddington" [153].<br />

Tale conclusione comporta però di accettare (almeno per quelle coincidenze che già nel<br />

'70 Carter aveva definito di categoria III) l'idea di un Universo "confezionato su<br />

misura", con valori dei parametri fondamentali adatti a consentire la "creazione di<br />

osservatori" ad un certo stadio del suo sviluppo.<br />

Neppure lo stesso Carter ritiene che il ricorso al SAP (al quale associa il motto: Cogito<br />

ergo mundus talis est [154]) sia "completamente soddisfacente dal punto di vista di un<br />

fisico". Mentre una "predizione" basata soltanto sul WAP può infatti condurre ad una<br />

"spiegazione fisica completa", una predizione basata sul SAP, anche se "del tutto<br />

rigorosa", non esclude la possibilità e la "desiderabilità" di "una teoria fondamentale più<br />

profonda" (ad esempio: la teoria della "struttura machiana ... sottostante l'ordinaria<br />

teoria gravitazionale" prospettata da Sciama e da Dicke) in grado di render conto delle<br />

relazioni predette [155].<br />

<strong>Il</strong> SAP rimanda insomma a un approccio molto più speculativo del WAP e Carter<br />

insisterà sempre nel non dirsi pronto, nonostante l'"entusiasmo" provocato "in certi<br />

ambienti", a difendere il principio forte "con lo stesso grado di convinzione meritato dal<br />

suo analogo 'debole'" [156].<br />

È importante sottolineare, ad ogni modo che né Carter, né Collins e Hawking,<br />

propongono una "spiegazione" di tipo teleologico. L'uso del principio antropico in ogni<br />

sua forma da parte di questi autori rimanda, nonostante l'uso insistente del termine<br />

"spiegazione", al "desiderio di preservare la cosmologia standard del big bang tramite<br />

l'impiego di un effetto di selezione" [157].<br />

Almeno nelle varie applicazioni proposte negli anni settanta, il principio antropico -<br />

come ha notato John Earman - non ha mai preteso di sostituirsi ad una spiegazione,<br />

anche quando il termine "spiegazione" è stato, malgrado tutto, chiamato in causa.<br />

Va inoltre notato che, dagli esempi di predizioni basate sul SAP forniti da Carter a<br />

Cracovia, è possibile riconoscere due versioni non coincidenti del SAP: un "SAPa", che<br />

non chiama in causa una variazione delle costanti che regolano le interazioni<br />

fondamentali e un "SAPb" che - come sarà esposto in seguito - invece è incentrato<br />

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proprio sul confronto del nostro universo con mondi in cui alcune delle costanti<br />

d'accoppiamento possiedono valori differenti [157a].<br />

<strong>Il</strong> "SAPa", a cui anche fanno riferimento anche Collins e Hawking, implica una<br />

collezione di universi teorici possibili, di esiti alternativi delle equazioni di Einstein<br />

legati a condizioni iniziali diverse e manifestantisi in proprietà espresse da parametri<br />

cosmologici caratteristici; ma non prende in considerazione la modifica di una<br />

caratteristica che, come αG -1 , è da considerarsi immutabile in relatività generale.<br />

L'idea di "un insieme di universi" caratterizzati non solo "da tutte le possibili<br />

combinazioni di condizioni iniziali" ma anche delle costanti fondamentali è, d'altra<br />

parte, presentata da Carter proprio allo scopo di "promuovere" una "predizione" basata<br />

sul SAP "allo status di una spiegazione" [158].<br />

In momenti diversi, Carter tratterà la concezione secondo la quale "possono esistere<br />

molti universi, dei quali solo uno può essere da noi conosciuto", come un'ipotesi "non<br />

particolarmente plausibile", un'idea "filosoficamente indesiderabile" o un'"ultima<br />

risorsa" filosoficamente possibile ma da considerarsi solo in mancanza di un<br />

"argomento fisico più forte" [159]. Nel '73, una volta ribadito che l'esistenza di<br />

osservatori può essere possibile solo in un particolare sottoinsieme conoscibile di una<br />

collezione di mondi, egli aggiungerà che:<br />

A prediction based on the strong anthropic principle may be regarded as a demonstration<br />

that the feature under consideration is common to all members of the cognizable subset<br />

[160].<br />

Come accennato in precedenza, Carter aveva messo sin dal 1967 in evidenza la criticità<br />

del valore della costante gravitazionale nei confronti di quella di struttura fine a ai fini<br />

della divisione qualitativa fra stelle giganti blu (in cui l'energia è trasportata<br />

radiativamente) e nane rosse (in cui domina il trasferimento convettivo). Dalla<br />

connessione fra quella sua analisi e l'idea di cognizability risultavano scenari in cui una<br />

piccola variazione di αG -1 comportava o universi in cui la gravità è di poco più forte e le<br />

stelle sono tutte giganti blu che consumano velocemente le loro riserve di idrogeno<br />

morendo prima che la vita possa nascere; oppure universi dove, viceversa, la gravità è<br />

più debole e le stelle sono tutte nane rosse, troppo piccole e fredde per consentire la vita.<br />

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Questi mondi alternativi non godono della proprietà di essere conoscibili. Negli universi<br />

che godono di tale proprietà (e il nostro Universo ne gode) DEVE esserci una vita che<br />

conosce. In altre parole: la nostra esistenza impone vincoli alla struttura dell'universo.<br />

Carter, ad ogni modo, diffida da interpretare il SAP come un "principio di realtà",<br />

polemizzando apertamente con chi - come il "filosofo Gale" - ha a suo avviso frainteso<br />

che "la scienza non è interessata alla verità sottostante, ma più modestamente (e, per i<br />

propri criteri, più felicemente) a fornire la descrizione dell'apparenza più semplice,<br />

coerente e comprensiva possibile" [161].<br />

In tempi recenti Carter ha poi affermato di avere, con l'introduzione del SAP, ceduto<br />

alla tentazione di immergere un sistema tipicamente "confinitivo" come l'Universo, la<br />

cui unicità contraddistingue il carattere peculiare della cosmologia, in un sistema<br />

"infinitivo" di livello "puramente teorico". Da questo punto di vista il SAP aspira alla<br />

ricerca di una comprensione teorica più generale tramite il riferimento a un "sistema<br />

concettuale di universi", ma non consente di ottenere "alcuna informazione generale di<br />

tipo sperimentale e osservativo" [162].<br />

La pubblicazione dell'intervento di Carter nel 1974 apre (o meglio consolida) la strada a<br />

una lunghissima serie di lavori di "fisica qualitativa". Fra questi quelli di Victor F.<br />

Weisskopf nel '75, Joseph Silk nel 1977, Bernard Carr e Martin Rees nel 1979, Euan J.<br />

Squires nel 1981, William Press e Alan Lightman nel 1983 [163].<br />

Già lo stesso Carter, d'altra parte, propose di considerare "restrizioni a priori sui<br />

parametri fondamentali della fisica nucleare" [164]. Nel '70 a Princeton egli si soffermò<br />

su una serie di coincidenze che coinvolgono (oltre alla carica elementare e alla massa<br />

delle particelle) parametri importanti in fisica nucleare (quali: la costante<br />

d'accoppiamento pseudo-scalare gS delle interazioni forti e il parametro ∆n, che<br />

rappresenta l'eccesso della massa del neutrone su quella protonica) [164a]. Nel '73<br />

appuntò quindi come, con una costante d'accoppiamento dell'interazione forte più<br />

debole, non vi sarebbe stato altro elemento chimico che l'idrogeno, incompatibilmente<br />

"con l'esistenza della vita". In conclusione del suo intervento a Cracovia, Carter si<br />

sofferma sull'utilità (almeno momentanea in assenza di spiegazioni "basate su una<br />

struttura matematica più profonda") di procedere in un'"esplorazione sistematica dei<br />

limiti a priori" che, sulla base del SAP, possono essere assegnati ai parametri fisici<br />

fondamentali. Inoltre insiste nel sostenere che accettare le predizioni basate sul SAP<br />

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come spiegazioni implica una certa attitudine nei confronti del concetto di una<br />

collezione di universi.<br />

Egli ritiene che l'interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica possa<br />

adattarsi "in modo molto naturale" alla "filosofia" che ha tentato di descrivere. La<br />

"filosofia di una collezione di mondi", infatti, non "va in realtà molto oltre la dottrina di<br />

Everett" che Carter continua a ritenere un prodotto della "logica interna della meccanica<br />

quantistica" [165].<br />

In ultima analisi comunque, per Carter il SAP consiste nella:<br />

combination of the ordinary weak anthropic principle with a hypothesis of the existence of<br />

an ensemble of connected or disconnected branches of the universe over which<br />

'fundamental constants' would have an extended range of values. In such an ensemble the<br />

familiar observed values of the parameters would be interpretable as deriving from<br />

anthropic selection [166].<br />

A partire dal 1983, Carter - seguito in questo da altri teorici antropici [167] - esprimerà<br />

in maniera esplicita la relazione fra la selezione antropica e la "struttura del paradigma<br />

bayesiano" [168]. Così facendo, punterà soprattutto a distinguere l'accortezza familiare<br />

a "tutti gli scienziati empirici in attività" (che sanno molto bene di dover trattare<br />

probabilità a priori "rinormalizzate" attraverso la considerazione dei diversi effetti di<br />

selezione) dall'attitudine di alcuni "teorici puri" che preferiscono "lavorare<br />

esclusivamente al livello ab initio" della teoria astratta, dimenticandosi "facilmente" "la<br />

totalità di tutte le condizioni di selezione che sono implicate dall'ipotesi di applicazione<br />

della teoria a una situazione sperimentale o osservativa concreta" [169].<br />

In quest'ottica il WAP rappresenta un'"applicazione del teorema di Bayes" il cui unico<br />

"elemento nuovo" consiste nel riferimento alle "nostre limitazioni in quanto organismi<br />

viventi" [170]. <strong>Il</strong> SAP invece contempla non solo le restrizioni alla nostra situazione<br />

particolare, ma al livello globale del nostro universo. Per il SAP "l'esistenza della vita" -<br />

come hanno scritto Garrett e Coles - diviene "essa stessa una legge di natura" e un<br />

universo conoscibile (cognizable) deve rispettare tale legge [171].<br />

<strong>Il</strong> riferimento alle procedure dell'inferenza induttiva bayesiana (che Carter considera, in<br />

pratica, "la strategia fondamentale del metodo scientifico" [172]) rimanda a un<br />

approccio di fondo verso la cosmologia e, in genere, verso l'attività e la metodologia<br />

scientifica. In lavori recenti sia Carter che Garrett e Coles si soffermano in maniera<br />

specifica sui caratteri salienti di questo atteggiamento, sottolineandone le differenze sia<br />

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con l'approccio frequentista e logicista alla probabilità, sia con la scuola popperiana e<br />

post popperiana in filosofia della scienza.<br />

Questi autori considerano l'attività scientifica come un "esercizio di verifica di ipotesi<br />

induttive" e ritengono la prospettiva bayesiana l'unica in grado di costituire un sistema<br />

coerente per formulare ipotesi sull'universo come un tutto, superando il noto problema<br />

dell'unicità dell'oggetto di studio. I dati osservativi sono considerati in quest'ottica<br />

semplicemente dei numeri che possono essere incorporati, in qualità di proposizioni, in<br />

qualsivoglia teoria.<br />

Da qui il dissenso che Carter, Barrow, Garrett e Coles esprimono nei confronti del<br />

punto di vista di Popper sia a proposito dell'influenza della teoria sui dati osservativi, sia<br />

nei confronti della tesi secondo la quale le teorie scientifiche sono falsificabili [173].<br />

Contro Popper (e naturalmente anche contro Kuhn o Feyerabend) questi teorici<br />

antropici ritengono che disporre di prove favorevoli renda inevitabilmente più probabile<br />

una determinata ipotesi o teoria. Essi sostengono quindi che:<br />

The disparaging implication that scientists live only to prove themselves wrong comes from<br />

concentrating exclusively on the possibility that a theory might be found to be less probable<br />

than its challenger. In fact evidence does not confirm, or discount, a theory; it either makes<br />

the theory more probable (supports it) or makes it less probable. For a theory to be useful, it<br />

must be capable of having its probability altered by incoming data, and the appropriate<br />

criterion is therefore testability. Bayes theorem tells us, by inverse reasoning, that a testable<br />

theory will not predict all things with equal facility [174].<br />

Su queste basi non c'è da stupirsi dell'antipatia mostrata da alcuni teorici antropici verso<br />

cosmologie "razionaliste" come quelle dello stato stazionario o la stessa LNH.<br />

10 WAP e SAP II: DA BARROW A LINDE<br />

Nel 1983, John Barrow torna ad occuparsi della distinzione fra WAP e SAP. Suo scopo<br />

dichiarato è quello di chiarire la confusione che, a proposito del principio antropico, si<br />

era nel frattempo venuta a creare nella letteratura astronomica.<br />

Ho già riportato gli enunciati forniti da Barrow; è molto importante però soffermarsi<br />

sulle osservazioni che fanno seguito alla sua definizione del WAP (vedi la definizione 2<br />

del paragrafo 2) [175]. <strong>Il</strong> WAP:<br />

- riguarda soltanto vincoli a parametri cosmologici come "l'età, le dimensioni, la densità o il<br />

livello di inomogeneità dell'Universo" (tutte quantità che variano col tempo e la storia<br />

evolutiva dell'universo) e non quei parametri considerati costanti fondamentali di natura<br />

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- non introduce alcuna collezione di universi<br />

- come corollario, rimanda al tentativo di isolare il sottoinsieme delle proprietà<br />

cosmologiche necessarie per l'evoluzione e l'esistenza della vita.<br />

Passando al SAP e alle sue "sfumature metafisiche" [176], Barrow espone le possibili<br />

interpretazioni e propone, come alternativa all'idea dei molti mondi, il tradizionale<br />

"argomento del progetto" [177].<br />

L'interpretazione teleologica del SAP, che è fra l'altro collegata a quella idealistica della<br />

meccanica quantistica dovuta a Wheeler, diverrà oggetto di notevoli controversie<br />

interdisciplinari. Questo motivo non sarà però approfondito in questa sede. Mi preme<br />

infatti sottolineare piuttosto come le definizioni di Barrow indicassero un modo<br />

esplicito per discriminare fra WAP e SAP: solo il primo non contempla una "variabilità"<br />

delle costanti fondamentali e non implica l'introduzione di un insieme di universi.<br />

A questo punto la mia domanda è: sono davvero ben distinti WAP e SAP?<br />

la risposta pare essere SI se si considera il WAP come effetto di selezione rispetto a una<br />

scala temporale e lo si associa alla teoria standard; ma è NO se si considera il WAP<br />

come negli esempi di Boltzmann e Idlis: perché negli scenari descritti da questi ultimi si<br />

compie una selezione fra la nostra regione dell'universo e altre regioni non collegate<br />

causalmente.<br />

Non a caso la definizione del WAP di Barrow (analoga a quella di BARROW/TIPLER<br />

1986. Vedi la definizione 3 del paragrafo 2) è stata giudicata, proprio perché collegata<br />

in maniera specifica a un argomento basato su scale temporali, "considerevolmente più<br />

restrittiva del necessario" da parte di G. F. R. Ellis. Quest'ultimo ha aggiunto di trovare<br />

preferibile la definizione molto più generica data in BARROW/TIPLER 1986 a pagina<br />

3 [178].<br />

Anche il WAP pare quindi poter essere inteso secondo due modalità diverse:<br />

WAPa: è una versione più restrittiva che si applica quando si considera<br />

- in accordo con il principio cosmologico<br />

- indifferente la collocazione spaziale ma non l'epoca cosmica in cui si compiono le<br />

osservazioni. Con il WAPa è fondamentale un tempo cosmico universale ed è assunta<br />

una teoria evolutiva dell'intero universo (in cui parametri come l'età, il fattore di scala,<br />

la densità media assumono un significato preciso); è inoltre in genere assunta<br />

un'uniformità della natura tale che le leggi della fisica locale sono le stesse ovunque e<br />

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vale l'ipotesi di una distribuzione uniforme della materia/energia anche su scale più<br />

grandi dell'universo osservabile.<br />

WAPb) è una versione meno restrittiva in cui, in genere, sono contemplate scale<br />

temporali che non possiedono un significato globale e un universo che può essere eterno<br />

e infinito.<br />

L'intero universo osservabile, in questa prospettiva, costituisce un'evenienza di carattere<br />

locale [178a]. Oltre il raggio di Hubble vi sono regioni ove la distribuzione della<br />

materia, se non le stesse leggi fisiche locali, possono essere profondamente diverse. In<br />

quest'ultimo caso devono esserci meccanismi fisici che soprintendono al<br />

comportamento delle varie regioni e la differenziazione fra quest'ultime può dipendere<br />

da motivi statistici o stocastici.<br />

In questa versione il WAP giustifica la particolarità dell'universo osservabile tramite un<br />

effetto di selezione, per quanto improbabile "a priori" la nostra regione possa risultare<br />

nel contesto teorico considerato. <strong>Il</strong> WAPb, pertanto, rappresenta sia un espediente per<br />

evitare il problema delle condizioni iniziali che un'opzione importante di cui tener conto<br />

quando si affronta l'interrogativo "perché il mondo è così com'è?" [179].<br />

È importante notare come, in tempi recenti, Barrow abbia più volte notato un<br />

progressivo allargamento di consensi verso il WAPb. Si pensi a una definizione del<br />

WAP che compare nel volume scritto con Tipler e precedentemente non riportata:<br />

The Weak Anthropic Principle asserts that our Universe is 'selected' from amongst all<br />

imaginable universes by the presence of creatures - ourselves - which asks why the<br />

fundamental laws and the fundamental constants have the properties and values that they<br />

are observed to have<br />

oppure al seguente enunciato:<br />

The Anthropic Principle in each of its various forms attempts to restrict the structure of the<br />

Universe by asserting that intelligent life, or at least life in some form, in some ways selects<br />

out the actual Universe from among the different imaginable universes: the only 'real'<br />

universes are those which can contain intelligent life, or at the very least contain some form<br />

of life [180].<br />

Se si confrontano queste definizioni con quella data nel 1983 (o con la definizione 3 del<br />

paragrafo 2), è evidente un notevole cambiamento di prospettiva. Cambiamento che è<br />

sancito esplicitamente nel volume del 1986 dove si parla di una ensemble interpretation<br />

del WAP [181].<br />

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<strong>Il</strong> motivo sottostante a tale mutamento di prospettiva va ricercato in una trasformazione<br />

che ha coinvolto gli stessi "modelli di spiegazione scientifica" richiesti dalla ricerca<br />

cosmologica di punta [182].<br />

Nel corso degli anni ottanta, infatti, dal connubio fra cosmologia teorica e fisica<br />

fondamentale è emersa la possibilità che certe caratteristiche della struttura dell'universo<br />

(ad esempio: le dimensioni dell'universo osservato, la densità media, l'asimmetria<br />

materia/antimateria) siano esiti particolari di rotture di simmetria o a processi "pseudocasuali"<br />

avvenuti nei primissimi istanti dell'universo.<br />

La questione della relazione logica fra caratteristiche intrinseche delle leggi di natura e<br />

la particolare struttura dell'universo osservato (inclusa la possibilità stessa, richiesta da<br />

certe teorie caotiche di gauge e già accennata da Barrow nel 1983, che non vi siano<br />

affatto leggi di natura) costituisce uno dei motivi di fondo che hanno spinto a<br />

riconoscere e sottolineare come, in certi contesti, una "spiegazione scientifica nel senso<br />

usuale" non sia più possibile [183]. Infatti:<br />

... if there is any random element in the initial evolutionary history of the universe then a<br />

correct appraisal of the truth or falsity of cosmological theories must take our existence into<br />

account [184].<br />

Mentre le diverse teorie stabiliscono con quali "probabilità assolute" possano realizzarsi<br />

certi particolari esiti, bisogna interessarsi soltanto alle probabilità condizionate dalle<br />

condizioni necessarie all'evoluzione degli osservatori.<br />

Un grande problema è, a tale proposito, posto dall'origine dei particolari valori delle<br />

costanti fondamentali. Vi sono infatti contesti teorici secondo i quali tali valori<br />

potrebbero essere determinati da elementi "intrinsecamente casuali" contenuti nella<br />

struttura dell'universo primordiale o da processi avvenuti in prossimità dell'origine<br />

stessa dell'universo.<br />

In certi modelli inflazionari, ad esempio, processi del genere possono aver determinato<br />

l'esistenza di domini diversi dell'universo dove almeno alcune costanti fisiche<br />

possiedono un valore diverso da quello che hanno nella regione osservata.<br />

Questo tipo di considerazioni consente un'ulteriore distinzione fra due tipi di approccio<br />

a quello che si è qui definito WAPb:<br />

- un approccio del tipo Boltzmann/Idlis in cui vi è un universo infinito ma non è presa in<br />

considerazione la possibilità di una variazione delle costanti fondamentali (le costanti<br />

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fondamentali sono le stesse ovunque ma dobbiamo rinunciare a confidare negli assunti<br />

che descrivono appropriatamente la nostra regione al di là dei confini dell'universo<br />

osservabile)<br />

- un approccio sul tipo del modello di inflazione di Andrei Linde, in cui è fornito anche<br />

un meccanismo fisico (la rottura spontanea di simmetria di certe grandi teorie unificate)<br />

per generare "domini" o regioni con valori diversi delle costanti fondamentali.<br />

Le distinzioni appena viste, così come quella precedentemente osservata a proposito<br />

dell'introduzione del SAP da parte di Carter, suggeriscono che la confusione fra il WAP<br />

e il SAP è riconducibile in larga misura a quella esistente intorno al tema dei molti<br />

universi. Non c'è accordo infatti su cosa si debba intendere per universi diversi e<br />

persiste una confusione sottostante fra actual e possible, fra necessità e possibilità<br />

realizzate [185].<br />

John Leslie, dal canto suo, ha scritto che la differenza fra WAP e SAP è "vaga" [186] e<br />

"spesso puramente verbale", poiché:<br />

The Strong Principle concerns our universe; the Weak, our region or location; but ... there<br />

is just no single correct way of counting universes and thus of distinguishing them from<br />

mere regions or locations. And when one speaker's universe is another's large spatiotemporal<br />

region, the first's Strong Principle matter can be the second's Weak Principle affair<br />

[187].<br />

Garrett e Coles hanno giudicato l'idea dei molti universi come una fonte di confusione<br />

ispirata dall'approccio frequentista alla probabilità. Non per questo hanno però respinto<br />

scenari come quello di Linde, in cui ha senso parlare di regioni diverse dell'unico<br />

Universo.<br />

A loro avviso alcune applicazioni del SAP (e fra esse il "SAPa" di Carter ma anche - in<br />

genere - le "predizioni" che giustificano con una teoria fondata dal punto di vista<br />

bayesiano la considerazione di una variazione spazio/temporale delle costanti<br />

fondamentali nell'Universo) non sono altro che argomenti deboli mascherati e vanno<br />

considerate, a pieno merito, "applicazioni del metodo induttivo".<br />

Altre versioni del SAP (in particolare quelle che necessitano dei molti mondi di Everett)<br />

invece non possiedono né potere esplicativo, né capacità predittiva e vanno relegate<br />

nella categoria delle "speculazioni senza freno" [188].<br />

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Si aprono qui problemi molto controversi, che diventano via via più complessi quanto<br />

più ci si spinge a considerare le primissime fasi dell'universo. Nuovi problemi di natura<br />

fondamentale rendono infatti inevitabilmente la fisica speculazione fisica.<br />

Al livello delle grandi teorie unificate e dell'universo inflazionario, diviene così naturale<br />

pensare che:<br />

The search for theories in which the part of the world that surrounds us can have the<br />

properties that we observe is still a difficult problem, but it is much easier than a search for<br />

theories in which the whole world is not permitted to have properties different from those in<br />

the part where we now live [189].<br />

Speculazioni sempre più lontane dagli ambiti caratteristici delle teorie standard della<br />

cosmologia e delle particelle elementari (e che coinvolgono energie dell'ordine di<br />

almeno 10 19 GeV, il quesito stesso dell'origine delle leggi della fisica e la ricerca di una<br />

"teoria del tutto") hanno prodotto un interesse crescente verso l'idea di universi<br />

alternativi e per le argomentazioni antropiche.<br />

Molti lavori dedicati al grande problema della costante cosmologica o, in generale, a<br />

questioni poste da scale temporali e energetiche prossime a quelle di Planck, hanno fatto<br />

ricorso, negli ultimi anni, al principio antropico [190].<br />

Steven Weinberg e George Efstathiou, ad esempio, hanno indipendentemente dichiarato<br />

che, mentre si hanno motivi di ritenere che una teoria del tutto sarà in grado di<br />

prevedere i valori di tutte le altre costanti di natura, la costante cosmologica potrebbe<br />

essere determinata solo attraverso argomentazioni antropiche [191]. Weinberg,<br />

comunque, non rinuncia a sperare in una teoria finale capace di predire anche la<br />

costante Λ [192]. A suo parere infatti:<br />

... most physicists would regard the anthropic principle as a disappointing last resort to fall<br />

back only if we persistently fail to explain the constants of nature and other properties of<br />

nature in a purely microscopic way [193].<br />

Nel campo delle speculazioni recenti, d'altra parte, l'idea che le proprietà del nostro<br />

universo siano casuali, o comunque non "particolarmente speciali", ha portato Sciama a<br />

sostenere che l'esistenza dell'intera collezione di tutti gli universi logicamente possibili<br />

potrebbe essere, in linea di principio, sottoposta a verifica osservativa [194].<br />

Gli anni ottanta e novanta sono stati cruciali per il modello standard del big bang. Negli<br />

ultimi quindici anni si sono infatti moltiplicate sia le "sfide empiriche" [195] dovute a<br />

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tecnologie sempre più sofisticate nell'osservazione astronomica che gli interrogativi<br />

teorici. Da una parte così sono sorti i dubbi sull'effettiva linearità del flusso di Hubble o<br />

sulla distribuzione degli ammassi di galassie su scale effettivamente cosmologiche;<br />

dall'altra sono diventate di primaria importanza questioni come l'origine delle<br />

disomogeneità locali, la natura della materia oscura o la costante cosmologica. Tutto ciò<br />

ha portato alla proposta di molte teorie "sussidiarie" al modello standard che, per<br />

rispondere agli interrogativi aperti, rimandano alle situazioni estreme dei primissimi<br />

istanti di vita dell'universo e contemplano spesso il ricorso al WAP come un ingrediente<br />

importante o, quantomeno, come una via d'uscita.<br />

La situazione attuale pare diversa da quella in cui Carter intendeva fornire un sostegno<br />

alla teoria gravitazionale classica standard contro le tesi "esotiche" di Dirac. Mi sembra<br />

infatti che la tendenza oggi principalmente in atto consista soprattutto nella ricerca di<br />

schemi concettuali più potenti, in grado di ampliare gli orizzonti teorici del modello<br />

standard piuttosto che di porvisi in alternativa [196].<br />

Certo è che, negli ultimi tempi, l'appello a una qualche forma del principio antropico è<br />

divenuto più frequente nella letteratura di stampo fisico fondamentale che non in quella<br />

di carattere astrofisico.<br />

A tale proposito, è semplicemente curioso notare come, ancora nel 1983, Carter<br />

insistesse, nello spirito del WAPa, nel prendere le distanze dall'idea dell'inflazione, da<br />

lui giudicata una versione "più sofisticata" dello stato stazionario e un'applicazione del<br />

"concetto perennemente ingannevole" del principio cosmologico perfetto [197].<br />

Nonostante la proposta di una cosiddetta "inflazione antropica" [197a], era comune,<br />

ancora in quel periodo, interpretare il modello inflazionario come un'alternativa al<br />

principio antropico; come una di quelle teorie più profonde in grado di dare risposte ai<br />

problemi insoluti del modello standard su basi fisico-matematiche.<br />

A distanza di pochi anni il WAP (il WAPb), anche a causa dei problemi intrinseci ai<br />

primi modelli dell'universo inflazionario, fece il suo ingresso nei lavori di Linde<br />

divenendo un ausilio importante del modello di inflazione caotica [198].<br />

L'ultima versione del modello di Linde costituisce un'esplicita riabilitazione del<br />

programma dello stato stazionario. Lo sviluppo recente della cosmologia ha portato<br />

infatti a rompere il "cordone ombelicare" che legava i primi modelli inflazionari alla<br />

teoria del big bang e a dare, tramite lo scenario dell'inflazione eterna, una "nuova<br />

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formulazione della cosmologia stazionaria, senza la perdita di alcuno dei risultati<br />

acquisiti dalla cosmologia standard [199].<br />

Pertanto, secondo Linde:<br />

Now it seems more likely that the universe is an eternally existing, self-producing entity,<br />

that is divided into many mini-universes much larger than our observable portion, and that<br />

the laws of low energy physics and even the dimensionality of space-time may be different<br />

in each of these mini-universes. This modification of our picture of the universe and of our<br />

place in it is one of the most important consequences of the inflationary scenario.<br />

We have even gained a new understanding of why it was necessary to write a scenario<br />

when the performance is already over. The answer is that the performance is still going on,<br />

and it will continue eternally. In different parts of the universe different observers see its<br />

endless variations. We cannot see the whole play in all its greatness, but we can try to<br />

imagine its most essential parts, and perhaps ultimately understand its meaning [200].<br />

11 <strong>Il</strong> Principio della Vita Eterna<br />

Sebbene non sia in contraddizione con la credenza di una grande diffusione della vita<br />

nell'universo (diffusione che comunque deve essere avvenuta in infiniti luoghi se<br />

l'universo è infinito [201]) il principio antropico è stato usato più volte a sostegno<br />

dell'idea che l'evoluzione della specie Homo Sapiens costituisce un evento raro, se non<br />

unico, quantomeno al livello dell'universo osservabile [202].<br />

<strong>Il</strong> primo ricorso esplicito al WAP e al SAP nell'ambito del dibattito sulla vita<br />

extraterrestre è contenuto in appendice a uno degli articoli scritti - nei primi anni ottanta<br />

- da Frank Tipler contro il programma SETI e in difesa dell'idea dell'inesistenza degli<br />

alieni [203].<br />

Le posizioni di Tipler sull'unicità della civiltà terrestre e sul principio antropico, sono<br />

andate evolvendosi di pari passo nel corso degli anni successivi, per maturare nella<br />

proposta del FAP e nella messa a punto di una teoria fisica in grado di garantire la "vita<br />

eterna".<br />

Tipler ha sempre distinto nettamente fra il WAP e il SAP in ogni sua versione. Egli ha<br />

considerato quest'ultimo "MOLTO speculativo" e "indubbiamente, non un principio<br />

fisico ben stabilito" [204]. Ha però anche favorito un accostamento fra il WAP come<br />

principio di auto-selezione e la concezione di un insieme di universi.<br />

In alcuni suoi lavori si ha l'impressione di un contrasto fra quello che qui ho chiamato<br />

WAPb (ad esempio il WAP applicato nel contesto di Linde) e un'interpretazione<br />

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teleologica del SAP. In aperto contrasto con la definizione di Barrow del 1983, Tipler<br />

avverte infatti che [205]:<br />

In contrast to the self-selection aspects of Man's Place in Nature, consider the possibility<br />

that in some way, intelligent life is essential to the Universe. This idea is called The Strong<br />

Anthropic Principle (SAP). Note that there is no ensemble in SAP! In fact, the existence<br />

(or lack of) an ensemble is the basic difference between WAP and SAP.<br />

<strong>Il</strong> fisico di New Orleans parte dal suggerimento di Carter di considerare il SAP più un<br />

"postulato" o una "proposta" che un principio fisico per avanzare una serie di<br />

considerazioni fortemente speculative.<br />

<strong>Il</strong> FAP si configura così come una particolare versione del SAP da assumersi come<br />

ipotesi di lavoro e da seguire fino alle sue estreme conseguenze. Tale ipotesi conduce a<br />

una teoria sul lontano futuro dell'universo che rientra in quell'ambito di speculazioni<br />

futurologiche ed "escatologiche" che è divenuta "un ramo della fisica" [206] dopo le<br />

pubblicazioni di Martin J. Rees e, soprattutto, di Freeman J. Dyson e Steven Frautschi<br />

[207].<br />

Tipler si chiede in che modo può essere concepibile la sopravvivenza della "vita" nel<br />

lontano futuro e prospetta uno scenario "miglioristico" [208] del cosmo, in cui alla vita<br />

stessa spetta un ruolo di straordinaria importanza: non una semplice comparsa in un<br />

remoto e insignificante pianeta, ma bensì il compito di "colonizzare" l'intero universo e<br />

di intervenire addirittura sul suo comportamento dinamico al fine di prevenirne<br />

l'autodistruzione [209].<br />

IL FAP, l'idea che la vita durerà per sempre, pare in aperta contraddizione con il WAP<br />

di Dicke. Questa constatazione va però vista secondo una duplice prospettiva, poichè se<br />

da una parte è evidente che vi è un atteggiamento di fondo del tutto inconciliabile;<br />

dall'altra non vi è, da parte di Tipler, nessuna intenzione di violare il WAP, ma solo un<br />

tentativo di mostrare come una specie intelligente potrebbe superare le limitazioni<br />

astrofisiche e i vincoli antropici di Dicke riguardanti il futuro.<br />

<strong>Il</strong> punto nodale della questione concerne il significato da attribuirsi ai termini "vita<br />

intelligente". Tipler avvalora e fa ricorso alle tesi dell'intelligenza artificiale forte e a<br />

una definizione puramente funzionale della vita in cui gli aspetti legati a un particolare<br />

substrato chimico sono irrilevanti. Egli afferma:<br />

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I claim that a "living being" is any entity which codes 'information' (in the sense this word<br />

is used by physicists) with the information coded being preserved by natural selection. ...<br />

Thus 'life' is a form of information processing, and the human mind - and the human soul -<br />

is a very complex computer program. Specifically, a 'person' is defined to be a computer<br />

program which can pass the Turing Test [210].<br />

Nella prospettiva di Tipler il WAPa pone dei vincoli esclusivamente alla vita basata sul<br />

carbonio. Per quel che riguarda il passato dell'universo questi valgono per la vita in<br />

genere, ma lo stesso non può dirsi per il futuro.<br />

Ad esempio il momento in cui il Sole abbandonerà la sequenza principale, diventando<br />

una gigante rossa e distruggendo il nostro pianeta, non rappresenta che la prima di una<br />

serie di "scadenze improrogabili" a cui la vita va incontro in un universo evolutivo<br />

[211]. Nell'ottica di Tipler non solo gli esseri umani dovranno abbandonare il pianeta<br />

prima che sia troppo tardi, ma dovranno pensare molto più in grande e provvedere per<br />

tempo a garantirsi una "discendenza" in grado di sopravvivere all'estinzione di tutte le<br />

stelle e agli avvenimenti sempre più catastrofici previsti per il futuro remoto.<br />

I "discendenti intellettuali" dell'uomo saranno in una prima fase degli automi intelligenti<br />

in grado di replicarsi da soli e capaci di colonizzare la galassia in tempi relativamente<br />

brevi su scala cosmologica [212]. Ma a un certo punto anche questi robot dovranno<br />

provvedere a trasferire i programmi che costituiscono le loro menti su hardware<br />

adeguati alle condizioni sempre più inospitali che l'universo riserva; e a preoccuparsi<br />

così di un'ulteriore espansione della biosfera.<br />

La "teoria del Punto Omega" di Tipler è una proposta speculativa sul lontano futuro<br />

dell'universo fondata su due postulati praticamente equivalenti: il FAP e l'assunto che il<br />

flusso di informazione non si interromperà mai, ma si espanderà continuamente fino a<br />

occupare l'intero universo. Pertanto:<br />

The basic problem of physical eschatology is to determine if the forms of matter which will<br />

exist in the far future can be used as construction materials for computers that can run<br />

complex programs, if there is sufficient energy in the future environment to run the<br />

programs , and if there are other barriers to running a program [213].<br />

Le tesi di Tipler rimandano a problemi di grande rilevanza (come quelli legati alle<br />

limitazioni fisiche della computazione o ad alcune questioni classiche di filosofia della<br />

matematica) e hanno un loro interesse intrinseco anche come versione estrema<br />

dell'immagine dell'universo come calcolatore su cui girano i programmi che<br />

costituiscono le leggi fisiche [214].<br />

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Tipler sostiene che la sua teoria fornisce delle "previsioni verificabili", pur riconoscendo<br />

talvolta che esse non sono "molto forti né utili" [215]. Queste si presentano come<br />

conditio sine qua non della teoria.<br />

Le più evidenti sono due caratteristiche globali del modello. L'universo di Tipler è<br />

chiuso e quello che - nel linguaggio usuale dei diagrammi di Penrose dello spazio/tempo<br />

- si chiama il suo confine-c futuro consiste in un unico punto che è appunto il Punto<br />

Omega che da il nome alla teoria [215a].<br />

Le altre previsioni "classiche" riguardano la relazione fra la "densità degli stati delle<br />

particelle" e l'energia (che deve essere tale da garantire sempre l'utilizzazione<br />

dell'energia per immagazzinare le informazioni [216]), i vincoli posti alla massa di certe<br />

particelle (come il quark top e il bosone di Higgs) e ad alcuni importanti parametri<br />

cosmologici (come Ω0, H0 e il contrasto di densità ∆ρ/ρ0 che regola l'ampiezza delle<br />

disomogeneità della struttura di larga scala dell'universo).<br />

Questi vincoli alle proprietà attuali dell'universo sono imposte dall'esistenza stessa del<br />

Punto Omega. Cosicché si può parlare non solo di vincoli antropici richiesti dal FAP,<br />

ma anche - prendendo in considerazione gli aspetti quantistici della teoria del Punto<br />

Omega - di una condizione al contorno per la funzione d'onda dell'universo.<br />

Tipler dice di essere costretto dalla matematica e dalla natura deterministica della<br />

funzione d'onda ad assumere l'interpretazione a molti mondi della meccanica<br />

quantistica. Su tali basi egli figura uno scenario nel quale, al raggiungimento del Punto<br />

Omega<br />

life will have gained control of all matter and forces not only in a single universe, but in all<br />

universes whose existence is logically possible; life will have spread into all universes<br />

which could logically exist, and will have stored an infinite amount of information,<br />

including all bits of knowledge which is logically possible to know [217].<br />

Nella sua analisi del modello di Tipler, Willem B. Drees insiste molto nel sottolineare il<br />

duplice approccio di Tipler, il quale da una parte, sulla base del FAP, illustra in che<br />

modo la "vita" può condurre l'universo al Punto Omega; dall'altra pone il Punto Omega<br />

come condizione al contorno che determina e contiene l'intero svolgimento evolutivo<br />

dell'universo [218].<br />

Nella prima accezione vi è un progresso continuo testimoniato dall'incremento<br />

progressivo della biosfera e dell'informazione. La seconda accezione pone invece<br />

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l'accento sul fatto che il Punto Omega, che dal punto di vista classico corrisponde alla<br />

singolarità finale del big crunch, è un istante "trascendente e tuttavia immanente rispetto<br />

a ogni punto dello spazio/tempo" [219].<br />

<strong>Il</strong> Punto Omega non contempla progresso perché include già tutto lo spazio/tempo (e<br />

quindi ogni istante presente, passato e futuro della storia universale) pur essendo fuori<br />

dal tempo. È un concetto che rimanda "all'idea di Aeternitas della filosofia tomista"<br />

[220] e al "tempo di Dio" di Wolfhart Pannenberg.<br />

Tipler afferma che la teologia può essere ridotta, da un punto di vista epistemologico,<br />

alla fisica. Infatti la sua proposta:<br />

...leads naturally to a model of a God Who is evolving in His/Her immanent aspect (the<br />

events in spacetime) and yet is eternally complete in His/Her trascendent aspect. This<br />

trascendent aspect is the Omega Point, which is neither space nor time nor matter, but is<br />

beyond all these [221].<br />

I rimandi alle questioni tradizionali della filosofia e della teologia rappresentano gli<br />

aspetti più intriganti, ma anche più sconcertanti, delle pubblicazioni recenti di Tipler<br />

[221a]. A mio avviso, l'operazione di cucire insieme tesi, speculazioni e credenze fra le<br />

più disparate, costituisce un difetto congenito di fondo dell'intero edificio messo su dal<br />

fisico di New Orleans.<br />

Questa è in sostanza una critica analoga a quella mossa in molte recensioni del volume<br />

The Anthropic Cosmological Principle, ove è soventemente rilevata la disinvoltura con<br />

la quale gli autori si spostano attraverso le "barriere disciplinari", producendo un<br />

"poutpourri unico di aneddoti storici, argomenti filosofici, derivazioni matematiche e<br />

gergo fisico" e accreditando le loro tesi tramite una "fusione di materie scientifiche con<br />

articoli di fede individuale e credenze" [222].<br />

William Press, in particolare, ha accusato Barrow e Tipler di "disonestà intellettuale" ed<br />

è apparso chiaramente irritato per come i due autori abbiano fatto ricorso al principio<br />

antropico come ad un "tappeto magico intellettuale" capace di condurli nelle più ardite<br />

speculazioni [223].<br />

Questo vale, anche a maggior motivo, per la produzione recente del solo Tipler e<br />

legittima il dissenso e il biasimo manifestato dalla maggioranza dei suoi colleghi. Per<br />

molti di essi infatti egli si è spinto troppo oltre! Fino a proporre "considerazioni<br />

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puramente metafisiche" per spiegazioni scientifiche e a produrre un "capolavoro di<br />

pseudoscienza" [224].<br />

<strong>Il</strong> fisico di New Orleans, d'altra parte, non solo ha rivendicato il diritto di ridurre la<br />

teologia a una branca della fisica e di far rientrare il libero arbitrio, la resurrezione dei<br />

morti e l'aldilà nell'ambito della sua "teoria fisica e sperimentabile di un Dio<br />

onnipresente, onnisciente e onnipotente" [225]; ma ha anche stigmatizzato la scarsa<br />

profondità rivelata da altri autori che hanno recentemente rivolto la loro attenzione alle<br />

connessioni fra la fisica moderna e le questioni religiose [226]. Caso emblematico, la<br />

sua recensione del volume The fire in the equations: Science, Religion and the Search<br />

for God di Kitty Ferguson, apparsa su Nature nel 1994, in cui Tipler specifica:<br />

For scientists to take God-talk seriously, a book on science and religion would have to<br />

contain statements such as: "If God exists, then the top quark must have a mass of 185 ± 20<br />

GeV; if God is a Person, then the Higgs boson must have a mass of 220 ± GeV; and if She<br />

will one day raise us all to live forever in Heaven, then the temperature fluctuations T/T0 of<br />

the cosmic background radiation must be less than 6 X 10 -5 " [227].<br />

A proposito del FAP, Tipler ha anche adottato un criterio estetico di giustificazione.<br />

Egli ha scritto che i "fisici" sanno che "è più probabile che sia corretto un bel postulato<br />

che uno brutto" e ha affermato che "il FAP è basato sul più bello fra i postulati fisici":<br />

quello secondo il quale "la morte totale non è inevitabile" [228].<br />

Ciò mi riporta alla lettera di Dicke a Nature e alla reazione di Dirac, il quale fece<br />

seguire una breve nota di commento alla missiva del fisico di Princeton.<br />

Contro l'assunto di Dicke che "i pianeti abitabili potrebbero esistere soltanto per un<br />

periodo limitato di tempo" e a difesa della sua ipotesi, Dirac scrisse:<br />

With my assumption they [i pianeti abitabili] could exist indefinitely and life need never<br />

end.<br />

There is no decisive argument for deciding between these assumptions. I prefer the one that<br />

allows the possibility of endless life [229].<br />

A quasi tre decenni di distanza, Carter continuava ancora a chiedersi come mai Dirac<br />

potesse essersi appellato a motivi extrascientifici contro gli "inattaccabili" argomenti di<br />

Dicke; e come avesse fatto il fisico di Cambridge a cadere e perpetrare "in un così<br />

evidente errore a causa di un pio desiderio" [230].<br />

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Carter trovava tutto ciò "sbalorditivo" e l'unica risposta che sapeva darsi riguardava<br />

l'impreparazione mentale, tipica dei teorici puri, di confrontarsi adeguatamente con un<br />

"sistema scientificamente confinitivo" come l'universo.<br />

Carter giunge a scrivere che, non accettando il WAP, Dirac non si è dimostrato certo<br />

irrazionale, ma semplicemente unempirical.<br />

Tipler, per contro, invoca Dirac fra i precursori della teoria del Punto Omega e lo<br />

ricorda come "il primo fisico ad addurre argomenti a favore del postulato della vita<br />

eterna" [231]. Egli propone anche un modo alternativo di chiamare il FAP: il "principio<br />

di Dirac - Dyson della vita eterna" [232].<br />

12 Conclusione: che cos'è il principio antropico?<br />

Si sono visti sinora enunciati differenti accomunati dalla terminologia antropica e si<br />

sono incontrate argomentazioni che sembrerebbe più giusto assumere come principi<br />

diversi piuttosto che forme e versioni di un medesimo principio.<br />

Una prospettiva storica ha contribuito a chiarire l'evoluzione delle argomentazioni e<br />

delle prospettive elaborate dai teorici antropici. In particolare ha consentito di constatare<br />

il passaggio dall'idea secondo la quale la nostra presenza seleziona un'epoca non casuale<br />

dell'universo (il WAPa) a quella che estende la selezione a luoghi causalmente disgiunti<br />

dello spazio/tempo. Questo WAPb, sebbene come argomentazione preceda storicamente<br />

il WAPa, entra a pieno diritto nel dibattito antropico solo con quegli sviluppi recenti<br />

della speculazione cosmologica in cui l'Universo (il "Tutto Assoluto" [233]) è concepito<br />

come un insieme di sistemi separati che a, seconda dei casi o degli autori, sono detti<br />

regioni, domini, bubbles o - semplicemente - universi.<br />

Per quel che riguarda poi le forme forti del principio, penso che si possa essere<br />

fondamentalmente d'accordo con Ellis, il quale ha sostenuto che il "ruolo" del SAP<br />

"assomiglia molto a quello del principio di Mach" [234]. Entrambi infatti "sono difficili<br />

da formulare o sostenere", pur costituendo "la fonte di molte idee e indagini<br />

interessanti".<br />

Lo stesso Ellis, commentando insieme a Marek Abramowicz il convegno sul principio<br />

antropico tenutosi a Venezia, mise in grande rilievo la discordanza di opinioni fra i<br />

partecipanti:<br />

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Some partecipants maintained that the whole issue is not a real scientific question; others<br />

that it is a key issue in cosmology. It was clear, particularly during informal discussions,<br />

that this controversy has a philosophical as well as a scientific nature: opinions are based<br />

not only on the speakers' scientific knowledge or extrapolations thereof, but also to a great<br />

extent on their Weltanschauung [235].<br />

L'esame di una sterminata letteratura, in cui forme e versioni diverse sono<br />

frequentissimamente equivocate o reinterpretate per l'occasione, consente di prendere<br />

atto di come la confusione attorno al principio antropico sia grande, persistente e<br />

praticamente ineliminabile [236].<br />

Ciononostante, malgrado le tante differenze, è cosa comune riferirsi al "principio<br />

antropico" come a quella "collezione di idee" che, al di là delle sue specifiche<br />

espressioni e in ognuna delle sue varie forme, stabilisce un rapporto fra la struttura<br />

dell'universo e la vita intelligente [237].<br />

Così John Wheeler, nella prefazione al volume di Barrow e Tipler, usa il singolare e<br />

chiede:<br />

What is the status of the anthropic principle? Is it a theorem? No. Is it a mere tautology,<br />

equivalent to the trivial statement, "the universe has to be such as to admit life, at some<br />

point in its history, because we are here?" No. Is it a proposition testable by its predictions?<br />

Perhaps. Then what is the status of the anthropic principle? [238]<br />

Wheeler lascia libero il lettore di dare una risposta a quest'ultima domanda. Da parte<br />

mia credo che un qualsiasi tentativo di risposta debba spingersi a contemplare<br />

globalmente una situazione che coinvolge attitudini e ambizioni dell'intera ricerca fisica<br />

e cosmologica più avanzata e che ha radici nel problema profondo della relazione fra<br />

necessità e possibilità.<br />

A seconda dei casi le argomentazioni antropiche sono state viste come una sterile<br />

riproposta di idee obsolete e come un vuoto gioco di prestigio fatto per stupire [239],<br />

come un sussidio per problemi che non riusciamo a spiegare, come stimoli "per fare un<br />

po' di utile ginnastica mentale" [240], come sintomi di un sentimento di "disperazione"<br />

che pare pervadere certi ambiti della fisica fondamentale [240a], come metaprincipi di<br />

natura extrascientifica con una loro (autentica o presunta tale) utilità euristica o come<br />

enunciati che rivelano la loro importanza fondamentale quando è richiesto di giudicare<br />

opzioni teoriche concorrenti nell'ambito straordinario della cosmologia.<br />

Spesso il principio antropico è stato messo in alternativa a spiegazioni più profonde ma<br />

mancanti. Hawking, fra gli altri, ha detto che per evitare l'appello al principio occorre<br />

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una "teoria di unificazione che dia conto delle condizioni iniziali dell'universo e dei<br />

valori delle costanti fisiche" [241].<br />

<strong>Il</strong> grande problema sottostante all'intera discussione resta quello del significato di<br />

termini come statistica o probabilità in cosmologia dove ci si deve confrontare con il<br />

problema dell'unicità dell'Universo o, in maniera ancora più esplicita, quello della<br />

natura "peculiare" della cosmologia come scienza [242].<br />

Tale problema è divenuto ancora più delicato dopo l'avvenuto connubio con la fisica<br />

fondamentale. Se infatti la concezione dell'universo come "acceleratore di particelle dei<br />

poveri" [243] ha condotto lo studio della cosmologia a un grado di dignità scientifica<br />

molto più elevato rispetto agli anni in cui McCrea, Bondi, Sciama, Whitrow, Munitz e<br />

altri si occupavano dei problemi filosofici di tale scienza; le questioni irrisolte hanno,<br />

d'altra parte, indirizzato la speculazione fisico-cosmologica verso schemi<br />

matematicamente consistenti ma estremamente lontani dalle energie disponibili alla<br />

pratica sperimentale.<br />

A proposito della grande questione dell'apparente "sintonia fine" (fine tuning) fra le<br />

diverse costanti di natura o fra le proprietà dell'universo osservato, alcuni fisici sono<br />

rimasti incerti fra considerare una qualche forma del principio antropico come la miglior<br />

"spiegazione" possibile o come un "tappabuchi momentaneo" [244]. Alcuni hanno<br />

riconosciuto al principio antropico principalmente (e forse esclusivamente) la capacità<br />

di "alleviare" lo stato di perplessità e sorpresa sollevato dalle molte strane coincidenze<br />

che si manifestano nello studio della natura [245]. Altri hanno interpretato tali<br />

coincidenze come la testimonianza di un universo fatto a misura d'uomo e hanno<br />

considerato l'eventuale "rilevanza" o essenzialità della mente per l'esistenza stessa del<br />

cosmo [246].<br />

Nella prima pagina del loro saggio Barrow e Tipler hanno scritto che il principio<br />

antropico è "un mezzo per collegare direttamente la Mente e l'osservazione ai fenomeni<br />

tradizionalmente compresi entro le scienze fisiche".<br />

Ciò porta inevitabilmente a entrare nel tema della metafisica e dell'eventuale aspirazione<br />

alla trascendenza rivelata in generale dalla fisica più recente e, in particolare, proprio<br />

all'interno del dibattito sul principio antropico.<br />

Occorre comunque fare grande attenzione a non confondere fisica, metafisica e<br />

metafisiche personali che, su vari livelli, contraddistinguono le proposte dei fisici.<br />

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A tale proposito, Joe Rosen ha scritto che si può considerare "sostanzialmente<br />

metafisica" l'intera cosmologia [247]. Questa affermazione è però comprensibile solo se<br />

è anche precisato che, per metafisica, è qui inteso tutto ciò che non rientra nel dominio<br />

della scienza sperimentale usuale e che viene da lui considerato filosofia della fisica.<br />

Rosen nega che ci sia una ricerca di trascendenza nell'attitudine dei teorici antropici e ha<br />

la sua parte di ragione. Sicuramente infatti non c'è un contrasto fra una<br />

Lebensphilosophie e una visione deterministica della natura [248]. Nonostante alcune<br />

interpretazioni di senso opposto, i teorici antropici sono, almeno in una prospettiva<br />

ontologica, dichiaratamente dei riduzionisti convinti!<br />

Tipler, così come Weinberg, sostiene che "le forze e le particelle studiate dalla fisica<br />

sono la 'sostanza' che costituisce la realtà, al livello più elementare" [249] e aggiunge<br />

che "la verità della metafisica si saggia con le prove sperimentali della fisica" [250].<br />

Tipler e Weinberg, su un altro livello, manifestano d'altra parte credenze profondamente<br />

diverse. Si pensi ad esempio all'ottimismo cosmico di Tipler e alla nota indifferenza<br />

dell'uomo nel piano cosmico dichiarata da Weinberg in una celebre pagina de I Primi<br />

Tre Minuti [251].<br />

<strong>Il</strong> dibattito sul principio antropico implica una presa di posizione personale su molti<br />

temi in qualche modo collegati (considerare la vita essenziale all'Universo o, al<br />

contrario, un epifenomeno; assumere una credenza sull'esistenza di vita extraterrestre;<br />

credere o meno in una qualche "spiegazione ultima" ad un livello ontologico ecc...) ed<br />

alcuni fisici abbandonano ogni cautela e manifestano apertamente la loro aspirazione<br />

alla trascendenza. Si pensi ad esempio a Nicola Dallaporta, il quale ritiene che la<br />

cosmologia debba liberarsi dalle prevenzioni materialistiche e indirizzarsi anche in una<br />

prospettiva "verticale" che lasci intravedere "i piani non materiali" [252].<br />

Di fronte a questo ampio spettro di posizioni, talvolta palesemente contraddittorie, è<br />

importante ricordare (o, per meglio dire: riadattare) la distinzione indicata da Kragh fra<br />

una filosofia DELLA cosmologia (l'analisi filosofica e metodologica del campo di<br />

studio del cosmologo da parte del filosofo professionista) e la filosofia NELLA<br />

cosmologia (tutta la serie di considerazioni filosofiche che i ricercatori che si occupano<br />

dello studio dell'universo hanno introdotto o ancora introducono nelle loro indagini).<br />

In parte della speculazione cosmologica più recente le due aree sopra indicate spesso si<br />

confondono o vengono confuse [253]. Tant'è che molti cosmologi tendono, se non a<br />

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reclamare il diritto a occuparsi in esclusiva dell'analisi filosofica della loro disciplina,<br />

quantomeno a rivendicare il loro diritto a fornire sensate risposte a domande<br />

tradizionalmente di competenza della filosofia.<br />

Si pensi ad esempio a come molti interrogativi del tipo "perché ..." siano divenuti ormai<br />

abituali nella letteratura specialistica.<br />

Ora, la stessa evoluzione delle argomentazioni antropiche può essere messa in relazione<br />

con un percorso segnato da tre tipi di interrogativi cosmologici. I primi riguardano le<br />

evidenze osservative che non trovano soluzione nel modello standard e propongono<br />

questioni "tecniche" come: "perché Ω0 ≈ 1?", "perché l'espansione è così isotropa?",<br />

"perché vi sono nell'universo circa 10 8 fotoni per ogni barione?". Da questo tipo di<br />

interrogativi si passa a domande, magari non formulate come dei "perché", che però<br />

invocano meccanismi e scenari estranei al modello standard:<br />

1 What exist before the inflationary stage;<br />

2 can one imagine the creation of our universe from "nothing";<br />

3 does the possibility exist of the eternal (without any beginning) creation of "universes",<br />

tied together in a topological sense but totally unobservable to us;<br />

4 are there different universes characterized by different physical laws; and<br />

5 connected with the previous question, is our Universe (or our part of the Universe)<br />

distinguished by conditions conductive to life and human civilization (the anthropic<br />

principle)? [254]<br />

In questa lista, dovuta a Zel'dovich e Starobinskii, il principio antropico è lasciato<br />

significativamente per ultimo, come un preludio a domande ancora più profonde che<br />

nuovamente coinvolgono il termine "perché". Queste sono le domande classiche della<br />

metafisica trasportate nell'ambito della cosmologia scientifica.<br />

Interrogativi come "perché il mondo è così com'è?", o la grande questione di Leibniz e<br />

Heidegger: "perché c'è qualcosa anzichè niente?" non sono nuovi per i fisici. È abituale<br />

ricordare, ad esempio, che fu Einstein (in una conversazione con Straus spesso citata) a<br />

porre la domanda "Dio potrebbe creare diversamente il mondo?".<br />

<strong>Il</strong> punto è che tale questione, chiamata spesso il "problema dell'unicità" [255], è<br />

divenuta un problema della fisica (espresso, ad esempio, nel contesto di certe GUT)<br />

piuttosto che di alcuni fisici. Nel percorso è coinvolta la dicotomia fra principio<br />

antropico e esigenza di una spiegazione più profonda.<br />

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Le vicende storiche attraversate dai modelli inflazionari consentono di illustrare tre fasi<br />

in cui si svolge tale dicotomia: nella prima vi è l'alternativa rigida fra la selezione<br />

antropica e una "soluzione possibile" (più profonda) dei problemi dell'orizzonte e della<br />

piattezza [256]; nella seconda - dpo aver "trascinato" i vecchi enigmi "oltre l'orizzonte"<br />

[257] - sorge il problema di un certo parametro (il potenziale del campo scalare che<br />

regola le transizioni di fase) che: o rimanda al WAP o a una spiegazione ancora più<br />

profonda; nella terza fase, infine, il WAP "spiega" perché siamo qui, mentre gli esiti<br />

delle leggi comportano un universo caotico.<br />

<strong>Il</strong> fatto che oggi "nelle ricerche cosmologiche ci si imbatte in un interrogativo insistente<br />

e non facilmente eliminabile" come quello dell'unicità costituisce quantomeno un<br />

sintomo delle aspirazioni e delle ambizioni dei cosmologi contemporanei [258]. Essi<br />

molto spesso, anche se in modi diversi, hanno avvertito la necessità di "superare il<br />

confine" che sancisce la distinzione fra la cosmologia fisica e il tradizionale significato<br />

di Cosmologia. Quest'ultima (della quale la cosmologia fisica rappresenta un aspetto)<br />

"fa riferimento" - come scrive Ellis - "a una visione globale del mondo" in cui le<br />

domande sul significato del mondo non solo hanno diritto di cittadinanza ma sono il<br />

motore stesso che guida l'indagine [259].<br />

Nel dibattito sul principio antropico si confrontano e si confondono prospettive<br />

radicalmente diverse. Accanto alle forme più estreme del riduzionismo militante (in cui<br />

l'ambizione a una teoria del tutto coincide con la dimostrazione dell'irrilevanza di<br />

immotivate creature quali noi siamo [260]) trovano spazio la concezione di osservatore<br />

partecipante di Wheeler e quella di "osservatore cosmico universale" di Zabierowski, la<br />

Boundless Existence di Munitz, il "requisito etico" di Leslie, la dimensione verticale di<br />

Dallaporta e la "sintesi più profonda" a cui allude Ellis [261]. <strong>Il</strong> materialismo ortodosso<br />

di Idlis convive con l'idealismo assoluto insito nell'immagine dell'universo come<br />

Programma Universale Astratto [262]. Le risposte agli interrogativi che si incontrano in<br />

questo intricato labirinto possono essere e sono molteplici, i punti di vista possono<br />

essere e sono divergenti e molto lontani l'uno dall'altro, ma è la considerazione stessa di<br />

certi interrogativi entro l'ambito comune della ricerca cosmologica che rappresenta un<br />

dato saliente con il quale è divenuto indispensabile confrontarsi.<br />

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RINGRAZIAMENTI<br />

Stefano Bettini© 2004 – <strong>Il</strong> labirinto antropico<br />

Desidero ringraziare: Silvio Bergia, Giovanni Boniolo, Alberta Rebaglia, Arcangelo<br />

Rossi, Michael Stöltzner per aver letto una prima versione del manoscritto e per aver ad<br />

esso contribuito con critiche e suggerimenti; Cesare Bardaro per avermi aiutato nelle<br />

traduzioni dal russo; Tommaso Tozzi, Matteo Abbate e Marco Salmoiraghi per la loro<br />

pazienza e competenza nell'uso dei computer; Pina Basile e Antonella Gasperini, della<br />

biblioteca dell'Osservatorio astrofisico di Arcetri, per la loro insostituibile<br />

collaborazione; Yuri Balashov, John Barrow, Brandon Carter, Freeman Dyson, John<br />

Ellis, George Gale, Alex Gurshtein, Dominique Lambert, Martin Rees, Dennis Sciama,<br />

Miroslaw Zabierowski, per aver gentilmente risposto ad alcuni miei interrogativi.<br />

Chiudo con alcuni ringraziamenti particolari. <strong>Il</strong> primo va a Luciano Floridi e Roberto<br />

Miraglia per il loro lavoro editoriale e per aver consentito la pubblicazione di questo<br />

mio lavoro. <strong>Il</strong> secondo va a George F. R. Ellis per la sua disponibilità e per aver messo a<br />

mia disposizione fonti che, come i preprint inediti di Carter, parevano altrimenti essere<br />

stati perduti o dimenticati da tutti.<br />

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Stefano Bettini© 2004 – <strong>Il</strong> labirinto antropico<br />

POSTILLA (2001)<br />

Questo lavoro è stato scritto nel 1997. Originariamente destinato a una rivista che nel<br />

frattempo pare aver sospeso le pubblicazioni, è stato oggetto di varie traversie ed ha<br />

seriamente rischiato di cadere nell'oblio.<br />

A distanza di quasi quattro anni ho avuto finalmente la possibilità di pubblicarlo sul sito<br />

dello SWIF.<br />

Come spesso avviene, oggi avrei certamente scritto in modo diverso alcune parti del<br />

testo. Ho comunque preferito attenermi alla stesura originale, limitandomi<br />

semplicemente ad apportare alcune minime correzioni stilistiche o ortografiche in<br />

occasione della ri-scrittura del testo in formato html.<br />

Naturalmente, in questi quattro anni sono avvenute varie cose attorno ai "principi<br />

antropici" e agli altri temi discussi. Fra le altre cose, agli argomenti antropici sono stati<br />

dedicati vari siti web molto ben curati e facilmente raggiungibili a partire dal sito<br />

http://www.anthropic-principle.com/ Anche la letteratura si è espansa e, in questa<br />

postilla, cercherò di fornire una rassegna generale di alcuni dei lavori realizzati negli<br />

ultimi quattro anni.<br />

Preliminarmente, ritengo però necessario notare come la rete abbia introdotto delle<br />

novità sostanziali per quel che riguarda la comunicazione fra gli scienziati e la<br />

comunicazione del sapere in genere. Gran parte dei preprint dei fisici e degli astrofisici<br />

sono infatti oggi disponibili in rete e spesso accade che i suggerimenti o le critiche dei<br />

colleghi comportino revisioni dei testi originari in una sorta di continuo work in<br />

progress.<br />

Una simile interazione e la facilità di acquisizione di molti documenti rappresenta<br />

senz'altro una situazione senza precedenti della quale lo storico o il sociologo della<br />

scienza non può che prendere atto.<br />

Proprio in rete (o, se non altro, in prima istanza in rete) è possibile così prendere visione<br />

di una nutrita serie di lavori in cui sono state invocate o comunque discusse le<br />

applicazioni dei principi antropici alla cosmologia.<br />

Uno dei temi centrali discussi in questi ultimi anni da astronomi e cosmologi è stato<br />

quello delle anisotropie del fondo di radiazione cosmica. Non stupisce perciò che una<br />

delle più rilevanti applicazioni recenti del ragionamento antropico in cosmologia sia<br />

consistita nella determinazione dei vincoli imposti dalla nostra esistenza ai valori di<br />

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parametri quali l'ampiezza Q delle fluttuazioni di densità del fondo di radiazione<br />

cosmica, il parametro di curvatura Ω e la costante cosmologica Λ.<br />

Le osservazioni del satellite COBE nei primi anni novanta [263], le più recenti surveys<br />

sulla struttura di larga scala dell'universo osservabile e vari altri esperimenti, hanno<br />

mostrato che (assumendo che esso sia indipendente dalla scala considerata) il numero<br />

adimensionale Q = ∆T/T ha un valore molto piccolo: circa 10 -5 [264].<br />

Allo stato attuale delle conoscenze tale numero non è in alcun modo derivabile da<br />

principi primi ed è di fatto considerato come puramente casuale. Di conseguenza è stato<br />

praticamente inevitabile considerare gli effetti di selezione antropica su Q e porsi la<br />

domanda "perché il livello di fluttuazione del fondo di radiazione cosmica è 10-5 ?"<br />

In particolare, Max Tegmark e Martin Rees sollevarono tale interrogativo in un lavoro<br />

congiunto che apparve sul numero dell'1 giugno 1998 dell'Astrophysical Journal. Essi<br />

mostrarono che con Q ≤ 10-6 si sarebbero formati "oggetti cosmologici" con<br />

temperature viriali troppo basse per consentire la condensazione delle galassie, la<br />

formazione delle stelle e degli elementi pesanti necessari alla "vita planetaria"; mentre<br />

con Q ≥ 10-4 si sarebbero formate "galassie dense supermassive" che avrebbero reso<br />

instabili le orbite planetarie o addirittura provocato (per valori di Q molto maggiori di<br />

10-4 ) il collasso in buchi neri supermassivi di gran parte delle strutture legate<br />

gravitazionalmente [265].<br />

Come fondamento per i loro calcoli Rees e Tegmark hanno assunto Ω = 1 e Λ = 0.<br />

Naturalmente però fra i valori dei tre parametri Q, Ω e Λ vige un'interconnessione molto<br />

delicata. Valori diversi del parametro di densità e della costante cosmologica<br />

impongono pertanto una serie di considerazioni ulteriori [266] e un ulteriore appello a<br />

quegli "scenari cosmologici controfattuali" [267] ai quali Rees si è significativamente<br />

rivolto come alla fabric of other universes [268].<br />

I particolari valori di Ω e Λ sono stati d'altra parte a loro volta al centro di varie<br />

indagini, sorte il più delle volte nel contesto di una qualche proposta di cosmologia<br />

inflazionaria e spesso in qualche modo connesse con i principi antropici.<br />

A proposito delle speculazioni più recenti concernenti l'inflazione [269], occorrono<br />

comunque alcune considerazioni preliminari; considerazioni che non smentiscono, ma<br />

vanno anzi intese come complementari a quelle qui svolte nei paragrafi 10 e 12.<br />

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Negli ultimi anni si è avuta infatti un'enorme proliferazione di scenari inflazionari e<br />

sono state messe a punto idee e concezioni che non solo hanno pochi punti di contatto<br />

con le originarie proposte di Starobinsky, Sato o Guth [270], ma risultano per molti<br />

aspetti anche assai diverse fra loro.<br />

Una disamina critica del "programma di ricerca" che accomuna la "grande famiglia di<br />

teorie e modelli" inflazionari proposti è stata recentemente messa a punto in un lavoro<br />

di John Earman e Jesus Mosterin al quale rimando [271]. Qui mi limiterò a segnalare<br />

che gran parte dei più recenti modelli inflazionari sono caratterizzati da un campo<br />

scalare, chiamato "campo inflaton" [272], che non ha più niente a che vedere con il<br />

campo di Higgs (associato ai bosoni supermassivi X e Y di certe Grand Unified<br />

Theories) a suo tempo invocato da Guth [273].<br />

<strong>Il</strong> campo inflaton è infatti oggi fondamentalmente concepito come un meccanismo che<br />

ha semplicemente lo scopo di far svolgere il periodo inflazionario e implica di solito il<br />

ricorso ad una fisica fondamentale sostanzialmente nuova. I caratteri specifici di tale<br />

meccanismo variano di modello in modello [274] e - in certi casi - implicano per di più;<br />

la presenza di due distinti campi scalari e/o di due fasi inflazionarie.<br />

A dispetto delle ambizioni della teoria dell'inflazione nelle sua forma originaria, le<br />

opzioni teoriche attualmente in discussione vedono ripresentarsi il problema delle<br />

condizioni iniziali. Sebbene infatti una delle principali attrattive della "vecchia<br />

inflazione" fosse quella di cancellare la dipendenza dello stato attuale dell'universo<br />

osservato da condizioni iniziali molto peculiari, oggi si è costretti a tener presenti i<br />

vincoli sul potenziale scalare [275] e a non sottovalutare la questione delle condizioni<br />

iniziali della fase pre-inflazionaria. Non paiono infatti esservi spiegazioni prive di<br />

ambiguità o di aspetti ad hoc del perché il campo inflaton si trovasse inizialmente<br />

lontano dal minimo autentico del suo potenziale effettivo.<br />

L'inflazione "eterna", da questo punto di vista, rappresenta un tentativo di rendere<br />

superflua una teoria delle condizioni iniziali, ma va nondimeno incontro a una serie di<br />

problemi (la cosiddetta "predictability crisis") legati alla trattazione probabilistica di<br />

quantità infinite.<br />

Le novità e le difficoltà peraltro non si esauriscono qui.<br />

Un aspetto notevole delle ricerche più recenti consiste ad esempio nell'esistenza di una<br />

classe di modelli inflazionari che non richiedono al valore di Ω di approssimare<br />

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necessariamente l'unità al termine della fase di espansione accelerata. Questa<br />

caratteristica, condivisa da varie proposte teoriche, da una parte lascia aperta la<br />

possibilità di un accordo con quelle osservazioni che sembrano implicare un universo<br />

aperto di bassa densità dall'altra, sembra però inesorabilmente implicare l'accettazione<br />

di "una qualche manovra antropica" [276].<br />

Un'altra caratteristica notevole delle più recenti speculazioni riguarda poi i "problemi"<br />

[277] legati alla "costante cosmologica"; problemi che continuano a presentarsi come<br />

fondamentali e, allo stesso tempo, ineffabili.<br />

La costante Λ parrebbe infatti costituire non un semplice parametro libero della teoria<br />

cosmologica, ma una delle quantità autenticamente fondamentali della fisica teorica<br />

[278].<br />

<strong>Il</strong> "vecchio" grande problema della costante cosmologica consiste nella comprensione<br />

del meccanismo con il quale si passa da un valore estremamente elevato di Λ durante<br />

l'era inflazionaria ad un valore assai prossimo a 0 al termine di tale era. In altre parole,<br />

consiste nel chiarire perché l'energia del vuoto sia attualmente qualcosa come 120 ordini<br />

di grandezza più piccola di quello che ci si aspetterebbe che fosse.<br />

A questo problema ormai annoso, si è aggiunto un "nuovo" interrogativo, legato in gran<br />

parte al responso di una serie di osservazioni relative alle supernovae di tipo Ia lontane<br />

[279].<br />

Tali osservazioni sembrano infatti implicare un universo in accelerazione (un universo<br />

cioè in cui il parametro di decelerazione q è negativo [280]) e sembrano<br />

necessariamente richiedere la presenza di un piccolo valore positivo della costante<br />

cosmologica [281]. Ciò che intriga di più i fisici è la particolare sintonia fra l'ordine di<br />

grandezza che pare così doversi assegnare alla densità d'energia del vuoto e l'attuale<br />

densità di massa dell'universo.<br />

Per affrontare i "problemi" della costante cosmologica sono state elaborate varie linee<br />

d'azione, una delle quali - come già notato nel capitolo 10 - è incentrata<br />

sull'applicazione dei principi antropici.<br />

Negli ultimi quattro anni la questione delle soluzioni antropiche dei problemi della<br />

costante Λ è stata affrontata in numerosi lavori [282]. Uno degli argomenti centrali<br />

discussi in tali lavori è stato quello della distribuzione di probabilità a priori dei valori<br />

della costante cosmologica in una varietà di domini distinti dell'universo o, più<br />

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esplicitamente, di sub-universi. Non entrerò qui nei dettagli perché ciò porterebbe<br />

lontano dalle prerogative di questa postilla. Gran parte degli articoli segnalati nella nota<br />

282 sono comunque accessibili in rete e il lettore può scaricarseli senza problemi in<br />

formato PDF disponendo di Acrobat Reader.<br />

Tornando al contesto della cosmologia inflazionaria, e in particolare a quegli scenari<br />

che implicano Ω ≠ 1, sono a sua volta da segnalare una serie di lavori che - per un<br />

motivo o per l'altro - hanno contribuito ad alimentare il dibattito sui principi antropici e<br />

sulle loro applicazioni. Anche in questo caso il tema ricorrente riguarda la distribuzione<br />

di probabilità delle costanti di natura (inclusa ovviamente Λ).<br />

Un dibattito di una certa rilevanza si è ad esempio svolto a proposito dello scenario di<br />

inflazione aperta (dalla quale cioè può emergere un universo aperto con Ω ≠ 1) proposto<br />

da Hawking e Neil Turok nel febbraio del 1998 [283].<br />

Sfruttando l'approccio di Hartle e Hawking alla cosmologia quantistica [284] e alle<br />

condizioni iniziali dell'universo (approccio, detto "privo di confini" [no boundary], che<br />

presume il ricorso ai metodi euclidei per quantizzare la gravità e fa corrispondere ad un<br />

integrale di percorso la probabilità della creazione dal nulla di un universo con<br />

determinate proprietà) Hawking e Turok hanno costruito un modello inflazionario<br />

caratterizzato da un potenziale piuttosto semplice e che non richiede la presenza di uno<br />

stato di "falso vuoto".<br />

Tale modello consente l'evoluzione di un universo aperto creato dal nulla attraverso una<br />

regione finita in cui la coordinata temporale diviene immaginaria (tecnicamente<br />

l'instanton [285]). Questa regione si evolve nello spazio/tempo con sezioni spaziali di<br />

geometria iperbolica e finisce per essere raffigurabile come l'interno di una bolla che<br />

appare però di estensione infinita a un osservatore in essa collocato.<br />

<strong>Il</strong> punto è che l'instanton proposto da Hawking e Turok possiede una singolarità [286],<br />

la cui presenza è risultata assai controversa [287]. Solo in un secondo tempo Turok e<br />

collaboratori hanno infatti dimostrato che la singolarità in questione può essere<br />

eliminata con una particolare scelta del sistema di coordinate [288].<br />

Già in precedenza, ad ogni modo, Hawking e Turok erano riusciti - attraverso gli<br />

instanton da loro proposti - a calcolare la probabilità che un universo inflazionario<br />

avesse inizio con un particolare valore del campo scalare. In maniera piuttosto<br />

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sconcertante, essi avevano però trovato che gli universi più probabili generati attraverso<br />

la loro proposta erano caratterizzati da un valore assai basso di Ω.<br />

Per ovviare al problema i due autori hanno allora fatto ricorso (sia pur "con una qualche<br />

riluttanza") a un approccio bayesiano fondato su un "argomento antropico" [289].<br />

Anche in questo caso hanno però calcolato che il valore attuale più probabile di Ω deve<br />

essere prossimo a 0,01; un valore decisamente troppo basso [290] per accordarsi con<br />

quello dell'universo osservabile [291].<br />

Lo scenario di inflazione aperta presentato da Hawking e Turok e la loro "stima<br />

antropica di Ω0" [292] sono state al centro di un intenso scambio di vedute che ha<br />

coinvolto autori quali Alexander Vilenkin, Andrei Linde, Jaume Garriga e Vitaly<br />

Vanchurin. Tali autori hanno messo in discussione sia l'approccio di Hartle/Hawking<br />

alla funzione d'onda dell'universo, che alcuni degli assunti da loro adottati nella stima di<br />

Ω0.<br />

In particolare, Vilenkin si è fatto portavoce di un modello di inflazione eterna in cui<br />

nuovi domini inflazionari aperti vengono continuamente a crearsi attraverso un effetto<br />

tunnel quantistico [293]. Nello scenario da lui proposto non solo vi è un numero infinito<br />

di bolle inflazionarie, ma ogni bolla (pur possedendo ovunque i medesimi valori delle<br />

costanti fondamentali e di altri parametri cosmologici) contiene a sua volta "un numero<br />

infinito di regioni con valori differenti di Ω" [294].<br />

Un tale approccio è globale poiché figura un'immagine del "metauniverso" in cui<br />

l'inflazione non rappresenta semplicemente una breve fase di espansione accelerata<br />

avvenuta nei primi istanti dell'evoluzione di una certa bolla, bensì un processo che si<br />

ripresenta continuamente nelle regioni che presentano le opportune condizioni (quelle<br />

regioni, cioè, in cui il campo scalare assume valori sufficientemente elevati).<br />

Su queste basi, Vilenkin ha da una parte sottolineato che l'instanton di Hawking e Turok<br />

implica "conseguenze fisiche inaccettabili" [295] e - dall'altra - ha suggerito il ricorso ad<br />

una versione del principio antropico differente da quella usata dai suoi due colleghi.<br />

Secondo il cosmologo russo, infatti, il "fattore antropico" che fa la sua comparsa nei<br />

calcoli non deve essere proporzionale alla densità spaziale (come richiesto da Hawking<br />

e Turok), ma piuttosto "al numero di osservatori che misurano il corrispondente valore<br />

di Ω [296].<br />

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Questa richiesta è una conseguenza di quella che lo stesso Vilenkin ha definito la sua<br />

"versione favorita del principio antropico" e chiamato "principio di mediocrità [297]. Si<br />

tratta, come accennato in chiusura del paragrafo 3 (nella parte I del presente lavoro), di<br />

una versione del principio antropico che costituisce un'"estensione del principio<br />

copernicano" [298] e che vine presentata come "molto più quantitativa" [299] di quella<br />

adottata da Hawking e Turok e da altri autori in circostanze analoghe [300].<br />

Nel '98 Vilenkin ha riformulato il principio di mediocrità richiedendo che "i valori dei<br />

parametri cosmologici che stiamo andando a misurare non [siano] speciali" [301] (in<br />

altre parole: assumendo che "siamo osservatori tipici che devono osservare ciò che<br />

osserverebbe la grande maggioranza degli osservatori" [302]) ed ha quindi ridiscusso le<br />

caratteristiche del "fattore antropico" che entra nella stima del parametro Ω [303].<br />

Nello scenario proposto da Vilenkin la probabilità di trovare un certo valore di Ω in un<br />

certo intervallo dΩ deve essere "proporzionale al numero delle civiltà che misureranno<br />

Ω in quell'intervallo" [304]. Ne consegue che non dobbiamo stupirci di vivere in<br />

un'epoca in cui, nella nostra regione di un universo aperto, il parametro Ω differisce<br />

"sostanzialmente" sia da 0 che da 1 e in cui, allo stesso tempo, il contributo della<br />

curvatura sta per assumere un ruolo dominante.<br />

Fra le altre cose Vilenkin nota che, nel contesto del suo modello, non si può fornire<br />

un'ulteriore spiegazione della coincidenza antropica fra l'ordine di grandezza dell'epoca<br />

attuale, il tempo necessario alla formazione delle galassie tG (compreso fra 109 e 10 10<br />

anni e dipendente dal valore del parametro Q) e l'arco di vita caratteristico di una stella<br />

della sequenza principale tS (tempo di circa 10 10 anni che dipende dai valori delle<br />

costanti fondamentali [305]). Sulla base del principio di mediocrità egli mette quindi in<br />

evidenza che vi è invece un'alta probabilità di osservare una coincidenza fra il tempo tG<br />

(che è fisso nel contesto del suo modello) e l'epoca in cui la curvatura sta per divenire<br />

dominante (che risulta una variabile nel modello proposto).<br />

Aggiungo che Vilenkin è tornato sul calcolo della distribuzione di probabilità di Ω nel<br />

contesto dell'inflazione aperta in un lavoro scritto insieme a Garriga e Takahiro Tanaka.<br />

In quest'ultimo saggio i tre autori hanno precisato che la probabilità ricercata dipende da<br />

almeno tre fattori: un fattore legato all'effetto tunnel del campo scalare che determina la<br />

formazione di una bolla; un fattore legato all'entità del periodo inflazionario in diverse<br />

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regioni dell'interno della bolla e un "fattore antropico che determina il numero di<br />

galassie che si svilupperanno per unità di volume termalizzato" [306].<br />

Nel 1999, Vanchurin, Vilenkin e Winitzki hanno quindi riconsiderato la questione<br />

generale delle predizioni probabilistiche dei valori osservabili delle costanti di natura<br />

nel contesto dell'inflazione eterna ricorrendo al principio di mediocrità [307]. In questa<br />

circostanza, affidandosi ad una serie di metodi matematici che esulano dal contesto di<br />

questa rassegna, essi hanno ripreso una linea di ricerca già precedentemente sviluppata<br />

in numerose occasioni [308].<br />

Non voglio aggiungere altro sulle speculazioni legate all'inflazione aperta o alla<br />

cosmologia quantistica. In linea di massima risulta comunque evidente che questi settori<br />

di studi sono necessariamente caratterizzati dall'appello a una collezione di universi e<br />

che, in tali ambiti, la pratica di condizionare la misura della probabilità imponendo agli<br />

universi i vincoli antropici di un universo osservato o osservabile può rivelarsi un utile<br />

strumento di lavoro.<br />

Cionostante, l'uso di un principio antropico è il più delle volte riconosciuto come una<br />

sorta di ultima spiaggia o "un ripiego" [309] al quale si spera di poter trovare<br />

un'alternativa puramente teorica [310]. Tant'è che alcuni autori, non nascondendo la<br />

consueta preoccupazione per i pericoli delle interpretazioni teleologiche, hanno<br />

sostenuto che la teoria delle stringhe potrebbe rivelarsi capace di rendere del tutto<br />

superflua qualsiasi argomentazione antropica [311].<br />

Un'autorevole voce a favore di questa tesi è stata senz'altro quella di Brian Greene, il<br />

quale ha scritto - nel suo The Elegant Universe - che l'idea del principio antropico (e<br />

quella del multiverso con essa) è "diametralmente opposta al sogno di una teoria rigida,<br />

unificata, con un potere di previsione senza limiti, secondo la quale le cose sono come<br />

sono perché l'universo non potrebbe essere differente" [312].<br />

Per contro, Craig Hogan di Washington ha invece sottolineato che gli "argomenti<br />

antropici" formano "una parte importante della teoria cosmologica".<br />

In un'estesa rassegna dello status attuale del "ragionamento 'antropico'" apparsa sulla<br />

Reviews of Modern Physics [313] quest'ultimo autore ha formulato esplicitamente la<br />

domanda "quali cose del mondo sono accidentali, quali cose sono necessarie?"e ha<br />

suggerito che una serie di proprietà fisiche potrebbero essere irriducibili a simmetrie ed<br />

eludere così una "spiegazione matematica elegante".<br />

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L'età attuale dell'universo, la scala temporale caratteristica dell'evoluzione biologica, la<br />

sintonia fine dei parametri cosmologici e le coincidenze che coinvolgono una sempre<br />

più lunga serie di combinazioni fra i parametri del modello standard delle particelle<br />

elementari sono state presentate da Hogan (in un'analisi che amplia quelle precedenti di<br />

Carter, Carr e Rees ecc.) come proprietà "selezionate da un insieme di possibilità" e<br />

discusse "alla luce di recenti sviluppi in astrobiologia, cosmologia e fisica<br />

dell'unificazione".<br />

In particolare, Hogan ha avanzato la predizione secondo la quale le masse dei quark up<br />

e down e di una costante d'accoppiamento potrebbero essere, persino in una teoria del<br />

tutto, determinabili solo attraverso l'appello ad "una scelta fra un insieme grande o<br />

continuo".<br />

Di fronte a queste conclusioni, Kane, Perry e Zytkow hanno replicato che le tesi di<br />

Hogan e qualsiasi argomento antropico risulteranno irrilevanti "se la teoria delle<br />

stringhe è l'approccio corretto alla comprensione della/e legge/i di natura e dell'origine<br />

dell'universo" [314].<br />

Al di là delle usuali diatribe fra sostenitori e avversari dei principi antropici, resta<br />

comunque un fatto che molti fisici ammettono di trovarsi in una situazione un po'<br />

paradossale. Non a caso, Steven Weinberg ha paragonato il rischio a cui va incontro un<br />

fisico che discute del principio antropico con quello a cui si sottopone un prete che parla<br />

di pornografia. In entrambi i casi, anche di fronte a posizioni di esplicita ostilità, vi sarà<br />

sempre qualcuno che continuerà a biasimare il fisico o il prete attribuendogli un<br />

eccessivo interesse per l'argomento considerato [315].<br />

I filosofi e gli scienziati di inclinazione più filosofica hanno d'altra parte continuato a<br />

sostenere che, più che le singole "predizioni antropiche", sono la connessione fra l'uomo<br />

e l'universo e la possibilità di un "ruolo cosmico dell'Uomo" a costituire il motivo<br />

centrale del dibattito sui principi antropici [316].<br />

La summenzionata rassegna di Hogan consente in ogni caso di mettere in evidenza<br />

come le applicazioni dei principi antropici in ambito astrofisico e/o cosmologico non si<br />

siano limitate - anche nel corso degli ultimi quattro anni - ai valori dei parametri Q e Ω<br />

o della costante Λ.<br />

In qualche modo in controtendenza con gli scenari dell'inflazione eterna, l'astronomo<br />

serbo Milan M. Cirkovic ha ad esempio rielaborato i ragionamenti antropici di Tipler e<br />

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Davies contro le cosmologie stazionarie "che postulano un universo eternamente<br />

esistente" [317].<br />

Vorrei poi segnalare un paio di saggi (risalenti entrambi al '97) di V. Agrawal, S. M.<br />

Barr, J. F. Donoghue e D. Seckel dove "argomenti antropici" e l'idea di una collezione<br />

di universi sono stati sfruttati per "spiegare" come mai il valore del parametro di massa<br />

µ 2 che determina la scala dell'interazione debole sia più prossimo alla scala caratteristica<br />

della cromodinamica quantistica che a quella di Planck [318].<br />

Rifacendosi a questa conclusione Tesla E. Jeltema e Marc Sher hanno a loro volta<br />

indagato gli effetti del parametro µ 2 sul triplo processo α nelle stelle [319]. <strong>Il</strong> significato<br />

antropico di tale processo (che era stato a suo tempo messo in rilievo da Salpeter e -<br />

come si è visto [320] - da Hoyle) è stato quindi nuovamente analizzato dagli austriaci<br />

Heinz Oberhummer e Rudolf Pichler e dall'ungherese Attila Csoto [321].<br />

Una miscellanea di altri lavori recenti include inoltre:<br />

- Una memoria di Barrow in cui è presa in esame la questione della piccolezza<br />

dell'entropia di radiazione rispetto a quella di Bekenstein-Hawking entro il raggio di<br />

Hubble negli universi isotropi in espansione [322].<br />

Barrow ha considerato i vincoli antropici sui valori dell'entropia di materia e radiazione<br />

negli universi FLRW e sull'entropia di Bekenstein-Hawking nell'universo osservabile<br />

(un valore, quest'ultimo, che rappresenta la massima entropia possibile che può essere<br />

posseduta dalla parte osservabile del cosmo) ed ha messo in risalto che la nostra<br />

esistenza non sarebbe possibile se non si presentasse un sostanziale divario fra i due<br />

valori in questione.<br />

- La formulazione di un principio antropico di curvatura (curvature anthropic principle)<br />

che suggerisce di considerare la curvatura negativa come una condizione necessaria per<br />

un universo asimmetrico rispetto al tempo abitato [323].<br />

- Alcune considerazioni antropiche nell'ambito della cosmologia degli assioni [324].<br />

- Un'analisi di John F. Donoghue in cui sono considerati i possibili effetti sui vincoli<br />

antropici di una variazione delle masse fermioniche in regioni diverse di un universo<br />

inflazionario [325].<br />

Negli ultimi anni sono state proposte anche nuove applicazioni del principio antropico<br />

alla biologia. Fra queste ricordo qui una serie di articoli che riconsiderano alcuni dei<br />

punti toccati da Carter nell'83.<br />

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Mario Livio ha ad esempio concluso che, contrariamente a quanto allora sostenuto da<br />

Carter, la prossimità "fra l'arco di vita del sole e la scala temporale dell'evoluzione<br />

biologica sulla terra non implica necessariamente che le civiltà extraterrestri [siano]<br />

eccessivamente rare" [326].<br />

Gli argomenti sui passi cruciali dell'evoluzione, anch'essi discussi da Carter nell'83,<br />

sono invece stati ridiscussi in un lavoro di Robin Hanson [327] e in una memoria di A.<br />

Feoli e S. Rampone dell'Università di Salerno. I due autori di quest'ultima memoria<br />

hanno anch'essi avanzato una revisione della formula di Carter sui passi critici<br />

dell'evoluzione umana e (una volta tenuto conto della "quantità di posti in cui<br />

l'evoluzione può aver luogo") suggerito infine una "versione più forte" del SAP<br />

denominata Mediocrity Anthropic Principle (MAP) [328].<br />

Sul tema delle speculazioni futurologiche in generale e sulla discussione attorno alla<br />

teoria del Punto Omega in particolare vi sarebbe ancora molto da dire. Su questo tema si<br />

passa infatti dalle prese di posizione di scienziati allarmati dal "pericolo assai reale che<br />

la speculazione incontrollata rappresentata dalla teoria del Punto Omega" getti<br />

discredito sia sulla "ricerca scientifica seria" che sulla "seria ricerca teologica" [329],<br />

alle Frequently Asked Questions poste ai collaboratori dell'Extropy Institute [330].<br />

Gli appartenenti alla corrente di pensiero transumanista, pur essendo talvolta pronti a<br />

sottoscrivere che le idee di Tipler vanno al più considerate come "stravaganze" [331] (e<br />

sebbene mostrino talvolta di preferire l'approccio di Dyson all'escatologia cosmica<br />

[332]), condividono con l'autore della "fisica dell'immortalità" la prospettiva di una<br />

sopravvivenza "postumana" nel futuro remoto.<br />

<strong>Il</strong> lontano futuro dell'universo e delle civiltà tecnologiche è comunque un'area di ricerca<br />

che ha ottenuto un suo spazio nell'ambito della speculazione cosmologica. Molti autori<br />

si sono infatti soffermati negli ultimi tempi sulla questione della sopravvivenza di una<br />

qualche forma di civiltà intelligente nel lontano futuro di un universo aperto [333].<br />

Lawrence Krauss e Glenn Starkman hanno ad esempio sentenziato che in un universo<br />

infinito che si espande per sempre (e in assenza di effetti gravitazionali "esotici") la<br />

"vita non può essere eterna" [334].<br />

Bostrom e Cirkovic hanno rivolto la loro attenzione alla "strategia di sopravvivenza" nel<br />

caso di molti universi, considerando l'eventuale fallimento dell'ipotesi di Tipler nel caso<br />

del futuro di universi con costante cosmologica positiva [335]. I due autori hanno<br />

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preferito l'espressione "ipotesi antropica finale" (FAH) a FAP ed hanno distinto quindi<br />

fra un'interpretazione "individualistica" ("Vi è almeno una razza intelligente<br />

nell'universo che continuerà indefinitamente ad esistere") e un'interpretazione "olistica"<br />

("Ogni particolare razza intelligente potrebbe infine estinguersi, ma la vita intelligente<br />

nella sua interezza esisterà indefinitamente") della FAH.<br />

Dopo aver riformulato la FAH stessa in modo da renderla applicabile al contesto di una<br />

collezione di universi, Bostrom e Cirkovic hanno quindi mostrato che essa potrebbe<br />

avverarsi solo se: a) un modello di inflazione caotica fornisse una "descrizione<br />

soddisfacente della realtà"; b) fosse possibile "la migrazione fra domini non<br />

causalmente connessi del multiverso"; c) il tempo a disposizione prima dell'inizio della<br />

futura fase inflazionaria risultasse sufficiente allo sviluppo di una tecnologia adeguata al<br />

viaggio fra i differenti domini (inter-domain travel) del multiverso.<br />

In un lavoro congiunto di Garriga, Mukhanov, Olum e Vilenkin sono state invece<br />

affrontate le implicazioni per la sopravvivenza di lungo termine nel contesto<br />

dell'inflazione eterna e il problema dell'eventuale trasmissione di informazioni da parte<br />

di una civiltà destinata all'estinzione a civiltà collocate in altre regioni del metauniverso<br />

[336].<br />

Tale tema è stato quindi elaborato in un recentissimo contributo di Garriga e Vilenkin,<br />

dove i due autori hanno ribadito che la sopravvivenza indeterminata di una civiltà è<br />

estremamente improbabile. Ancora una volta i due autori hanno considerato<br />

l'eventualità di perpetuare "la nostra eredità inviando messaggi a nuove regioni<br />

termalizzate nel nostro futuro" [337].<br />

<strong>Il</strong> tema più discusso degli ultimi anni è stato però il cosiddetto "argomento del giorno<br />

del giudizio" (Doomsday Argument) al quale si è qui già accennato nella nota 34.<br />

All'argomento probabilistico reso celebre dal libro di Leslie The End of The World sono<br />

state dedicate svariate analisi e numerose obiezioni [338]. Non mi soffermerò però su di<br />

esse poiché è già disponibile in rete, sul sito http://www.anthropic-principle.com/,<br />

un'ampia documentazione sul tema.<br />

Curato dal filosofo della scienza Nick Bostrom, il sito in questione mette a disposizione<br />

molti dei principali saggi dedicati al Doomsday Argument e contiene inoltre alcune<br />

rassegne curate dallo stesso Bostrom sulle questioni probabilistiche sollevate da Carter,<br />

Gott III e Leslie e sul "ragionamento antropico" in generale [339].<br />

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Bostrom si è rivelato negli ultimi anni come uno degli autori più prolifici sia per quel<br />

che riguarda i temi legati al principio antropico (al quale ha fra l'altro dedicato la sua<br />

dissertazione di dottorato, titolata Observational Selection Effects and Probability) che<br />

alle questioni legate all'intelligenza artificiale e ad un futuro "postumano". Non a caso è<br />

stato nel 1998 fra i fondatori della World Transhumanist Association [340]:<br />

un'associazione (alla quale aderiscono attualmente oltre mille iscritti) che promuove lo<br />

sviluppo di un'intelligenza superumana e l'avvento di una specie "postumana" libera<br />

dalla sofferenza, dall'invecchiamento e dalle malattie.<br />

Naturalmente questi temi porterebbero qui troppo lontano. Grazie ala rete il lettore<br />

interessato ha però a disposizione la possibilità di un ulteriore approfondimento.<br />

Tornando all'argomento del giorno del giudizio, vale la pena di constatare come esso sia<br />

stato uno degli aspetti del dibattito sul principio antropico che più ha interessato i<br />

filosofi.<br />

La cosa non suona affatto strana se si considera che i paradossi legati alla teoria della<br />

probabilità sono da sempre uno dei temi che più intrigano i filosofi della scienza.<br />

In molti degli scritti dei filosofi sul Doomsday Argument, d'altra parte, la cosmologia (e<br />

spesso la stessa espressione "principio antropico") è soventemente del tutto ignorata.<br />

Questo è un segno che un principio di selezione fondato sul teorema di Bayes ha ormai<br />

una sua autonomia al di là delle sue applicazioni cosmologiche.<br />

Non a caso, in occasione di un'intervista da lui concessami presso l'osservatorio di<br />

Meudon (Parigi) il 9 novembre 1998, Brandon Carter sottolineò [341] che, a dispetto<br />

delle molte applicazioni cosmologiche del principio antropico e del titolo del volume di<br />

Barrow e Tipler (The Anthropic Cosmological Principle), il principio antropico non<br />

andava considerato un principio cosmologico ma un principio della scienza con (fra<br />

l'altro) le sue applicazioni in cosmologia.<br />

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IL LABIRINTO ANTROPICO<br />

NOTE<br />

1: NANOPOULOS 1980<br />

2: BARROW 1988a, p. 355<br />

3: ELLIS 1988a, p. 497<br />

4: TIPLER 1989b, p. 27<br />

5: BALASHOV 1990, p. 19<br />

6: ABRAMOWICZ/ELLIS 1989, p. 411<br />

7: KRAGH 1987, p. 191. Cfr. KRAGH 1996a, p. 400.<br />

8: L'espressione explicit precept è usata ad es. in CARTER 1988, p. 187<br />

9: Cfr. ad es. ELLIS 1988a, p. 510. BARROW/TIPLER 1986 ricorrono spesso al<br />

plurale per riferirsi alle diverse forme del principio (ad es.: p. 274 e titoli dei capitoli 3 e<br />

6) e così pure GARRETT/COLES 1993 p. 24 e BARROW 1993c. Nel volume di<br />

Barrow e Tipler è invocata la possibilità di "determinare sperimentalmente" quali delle<br />

diverse forme del principio si applicano al nostro universo (v. ad es. p. 496).<br />

10: DELTETE 1993, p. 285. Cfr. anche: BALASHOV 1992.<br />

11: EARMAN 1987, p. 307<br />

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12: McMULLIN 1995<br />

12a: REES 1997, cap. 15<br />

13: WEINBERG 1989, p. 6<br />

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14 EARMAN 1987, p. 309. Cfr. KIRSCHENMANN 1992 e 1994.<br />

15: LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 46<br />

16: Come in EARMAN 1987 o in DELTETE 1993.<br />

17: Dfn. 1: CARTER 1974, p. 293; dfn. 2: BARROW 1983, p. 147; dfn. 3:<br />

BARROW/TIPLER 1986, p. 16; dfn. 4: TIPLER 1989b, p. 27; dfn. 5: McMULLIN<br />

1993, p. 372/3; dfn. 6: ELLIS 1993b, p. 93; dfn. 7: HAWKING 1988, tr. it. p. 146. Tutti<br />

i corsivi sono degli autori.<br />

18: LESLIE 1989, p. 132; corsivi e maiuscole di Leslie. Anche in LESLIE 1986a, p.<br />

113.<br />

19: Cfr. rispettivamente CARTER 1988, p. 184; CARTER 1993, p. 38. Si noti che in<br />

WESSON 1978 è usato sempre il termine anthropomorfic anziché anthropic mentre in<br />

una delle traduzioni di ZEL'DOVICH 1981 è usato anthropogenic. ZABIEROWSKI<br />

1988a, p. 191, afferma che in alcune traduzioni è talvolta preferito il termine<br />

anthropological per esprimere il trasferimento di caratteristiche umane (ad es. la<br />

percezione o anche la volontà) alla Natura 'esterna'".<br />

20: CARTER 1983, p. 348<br />

21: Dfn. 1: CARTER 1974, p. 294; dfn. 2: TIPLER 1982, p. 37; dfn. 3: BARROW<br />

1983, p. 149; dfn. 4: BARROW/TIPLER 1986, p. 21; dfn. 5: TIPLER 1989b, p. 32; dfn.<br />

6: ELLIS 1993b, p. 93. Tutti i corsivi sono degli autori. Sulla presenza in queste<br />

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citazioni del problematico termine "dovere" vedi: MUNITZ 1986, cap. 7; SMART<br />

1987, LESLIE 1986b, KIRSCHENMANN 1992, GALE 1997.<br />

22: LESLIE 1982, p. 144; CARTER 1983, p. 352. Si noti inoltre che in GALE 1997, p.<br />

207, è proposta una definizione del SAP applicata a un "dominio super-Universale"<br />

denominata super-SAP: "The ensemble of all universes must have those properties<br />

which allow life to develop within it at some stage in its history".<br />

23: Cfr. rispettivamente: ROZENTAL 1981, p. 296 e ROZENTAL 1988. Un'altra<br />

denominazione alternativa è proposta in GELL-MANN 1994, tr. it. p. 246. Gell-Mann<br />

dice che la migliore versione del principio antropico "né banale né assurda" da lui<br />

trovata potrebbe essere chiamata "principio IGUS-ico", dove IGUS sta per "sistemi di<br />

raccolta e uso dell'informazione". <strong>Il</strong> contesto in cui si muove Gell-Mann è quello di una<br />

ramificazione dell'universo nell'ambito della cosmologia quantistica e in cui gli IGUS<br />

hanno la funzione di "osservatori dei risultati di ramificazioni quantomeccaniche".<br />

24: BARROW 1983, p. 150; anche BARROW/TIPLER 1986, p. 22. Si noti che Barrow<br />

denota qui come un "precetto esplicito" l'idea di genesis through observership che Jonn<br />

A. Wheeler [WHEELER 1977, p. 7/8] aveva posto in forma interrogativa, come una<br />

possibilità e non come una proposta. Su questo cfr. EARMAN 1987, p. 312/313.<br />

Si confronti anche BLODWELL 1985 dove è discussa la distinzione fra WAP e PAP in<br />

relazione al problema dell'esistenza di una collezione di mondi che coesistono in un<br />

superspazio. Blodwell propone una "versione alternativa del PAP" (p. 271) basata<br />

sull'idea di una pregeometria antecedente alla costruzione di un qualsiasi spazio-tempo.<br />

Un'altra peculiare elaborazione del PAP è proposta in ZABIEROWSKI 1988b, 1993 e<br />

GRABINSKA 1993, 1996. Miroslaw Zabierowski, dell'Università di Breslavia, ha<br />

definito "sensualistica" l'interpretazione di Wheeler e ha suggerito di rimandare il<br />

concetto di partecipazione a un "osservatore globale" a cui spetterebbe la funzione di<br />

preservare l'unità e la continuità del nostro mondo e dell'intera collezione di universi che<br />

discendono dall'"interpretazione dendrologica del vettore di stato dell'universo".<br />

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25: BARROW/TIPLER 1986, p. 23. ABRAMOWICZ/ELLIS 1989, p. 411, sostennero<br />

che durante il convegno sul principio antropico di Venezia del 1988 Barrow aveva<br />

apparentemente "abbandonato" il FAP. L'autore ribadì però di essere sorpreso per tale<br />

fuorviante affermazione. Cfr. BARROW 1989a.<br />

26: TIPLER 1989b, p. 32; corsivo di Tipler. Nota che nel loro saggio Barrow e Tipler<br />

figurano anche la possibilità di interpretare il PAP come FAP tramite l'introduzione del<br />

concetto di "Osservazione Finale" da parte di un Ultimate Observer cfr.:<br />

BARROW/TIPLER 1986,p. 471. Cfr. questa tesi con l'idea di "superosservatore" di<br />

Zabierowski a cui si é fatto riferimento sopra.<br />

27: Cfr.: GOULD 1983; ROWAN ROBINSON 1983 e 1993; PAGELS 1985a;<br />

GRATTON 1987<br />

27a: PAGELS 1985b, tr. it. p. 343<br />

28: Cfr. KANITSCHEIDER 1985a, 1985b e 1988; LEWIS 1986 (in part. § 2.7); Mc<br />

MULLIN 1981; WILSON 1991. Tipler [TIPLER 1983, p. 222] ha scritto che<br />

l'incapacità di fornire predizioni non è dovuta tanto allo "stile di ragionamento<br />

antropico" quanto alla cattiva volontà generale" di andare alla ricerca di tali predizioni.<br />

29: Per una varietà di punti di vista su questi temi v. ad es.: LESLIE 1982, 1983a,<br />

1983b, 1986a, 1986b, 1989, 1994a, 1994b, 1997; GALE 1986a, 1986b, 1997;<br />

EARMAN 1987; CRAIG 1988; HESSE 1988; KATZ 1988; KIRSCHENMANN 1992,<br />

1994; DELTETE 1993; DEMARET/LAMBERT 1994; BERGIA 1994, 1995, 1997;<br />

AGAZZI 1995; GHINS 1995; REBAGLIA 1996.<br />

30: Hoyle ha messo in evidenza che il C12 possiede un livello energetico di poco più<br />

alto della somma dell'energia della massa a riposo del Be8 e del nucleo dell'atomo di<br />

elio. Ciò comporta che l'abbondanza osservata di C12 dipende dall'esistenza di una<br />

reazione di risonanza particolarmente favorevole (che accelera la combustione dell'elio<br />

negli interni stellari, compensando l'instabilità caratteristica del Be8) e dalla<br />

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contemporanea assenza di una risonanza che avrebbe potuto favorire la conversione del<br />

C12 in O16 per cattura di una particella α. Vedi: HOYLE 1965a, cap. VI; cfr. HOYLE<br />

1975, p. 400 e ss. e, per una ricostruzione autobiografica, HOYLE 1997, cap. XVIII.<br />

Cfr. inoltre DAVIES 1982; JAKI 1990; DEMARET/LAMBERT 1994, p. 127 e s..<br />

I contributi di Hoyle vanno inquadrati, da un punto di vista storico, nelle ricerche sulla<br />

nucleosintesi dei primi anni cinquanta. Su tale argomento si può vedere ad es. KRAGH<br />

1996a, p. 295 e ss. e riferimenti bibliografici lì riportati. L'annuncio di un livello di<br />

risonanza del C12 attorno a 7,68 MeV fu fornito per la prima volta in<br />

DUNBAR/PIXLEY/WENZEL/WHALING 1953. Gli autori in questione riferirono di<br />

aver avuto notizia del "significato astrofisico" di quel livello del C12 attraverso una<br />

"comunicazione privata" di Hoyle. Tre di loro trattarono quindi l'argomento<br />

congiuntamente con Hoyle in occasione del meeting dell'American Physical Society<br />

tenutosi ad Albuquerque nei primi giorni del settembre 1953<br />

(HOYLE/DUNBAR/WENZEL/WHALING 1953).<br />

31: Cfr. ad es. BARROW 1981; BARROW/TIPLER 1986; DAVIES 1982; REEVES<br />

1993; LESLIE 1989 e 1994; JAKI 1990; per un'analisi specifica dell'argomento di<br />

Hoyle v. LIVIO/HOLLOWELL/WEISS/TRURAN 1989.<br />

32: Hoyle ha infatti ritenuto tale principio un "problema autocontraddittorio" [HOYLE<br />

1983, tr. it. p. 220], un "trucco" [HOYLE/WICKRAMASINGHE 1993, p. 32] o,<br />

quantomeno la sua forma forte, un "ragionamento a vicolo cieco" di sapore teologico.<br />

Va comunque notato che, in almeno un'occasione [HOYLE 1988], più che il SAP,<br />

Hoyle ha attaccato il presunto sostegno da esso offerto a quella che egli chiama la<br />

"religione del big bang". Cfr. anche: HOYLE/WICKRAMASINGHE 1991.<br />

33: CARTER 1983; cfr. anche CARTER 1982; MADDOX 1984. BARROW/TIPLER<br />

1986; DAVIES 1994. Per una critica radicale degli argomenti di Carter v. WILSON<br />

1994.<br />

Carter sottolinea che sebbene il corso seguito dall'evoluzione sulla terra sia<br />

estremamente improbabile se lo si considera come una genuina "combinazione di<br />

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sviluppi casuali", il WAP ne rende conto senza giustificare l'introduzione di forze<br />

evolutive non darwiniane.<br />

Con l'intento di dimostrare che il WAP è in grado di condurre a predizioni, l'autore si<br />

chiede quindi quanto tipica sia da considerarsi la nostra particolare storia evolutiva.<br />

L'argomentazione sviluppata nell'83 viene così suddivisa in due parti, la prima delle<br />

quali (che è alla base di entrambe) verte su una coincidenza "osservativa" fra due scale<br />

evolutive indipendenti:<br />

- la scala dell'evoluzione dell'intelligenza sulla terra, cioè l'età attuale tev del sistema di<br />

vita terrestre, che Carter identifica con l'età stessa del nostro pianeta (circa 4,5 109 anni)<br />

- la scala temporale di abitabilità della terra, il cui limite superiore è dato dalla stima del<br />

tempo τ durante il quale il sole si manterrà sulla sequenza principale, mantenendo<br />

stabilmente le attuali caratteristiche di luminosità, temperatura ecc. (circa 10 10 anni)<br />

La coincidenza fra l'ordine di grandezza di tev e τ è giudicata ancora più notevole di<br />

quella considerata nella controversia fra Dicke e Dirac.<br />

Oltre alle suddette scale temporali Carter ne chiama quindi in causa una terza:<br />

- l'intervallo di tempo medio T "intrinsecamente più probabile per l'evoluzione di un<br />

sistema di osservatori intelligenti".<br />

Una stima diretta di T è avvolta nella più totale ignoranza, ma l'autore sostiene che il<br />

WAP aiuta a comprendere come la coincidenza fra tev e τ diventi attendibile quando<br />

T >> τ. In tale eventualità, infatti, "l'auto-selezione assicura che il nostro deve essere<br />

uno di quei casi eccezionali in cui l'evoluzione è proceduta molto più rapidamente<br />

dell'usuale" (CARTER 1983, p. 353).<br />

Se la conclusione T >> τ è attendibile, la coincidenza fra le scale temporali tev e τ (così<br />

come lo stesso ordine di grandezza di tev) diviene meno sorprendente, poiché "non vi è<br />

alcuna ragione particolare" di supporre che il nostro sia uno di quei "casi ancora più<br />

eccezionali in cui l'evoluzione procede ancor più rapidamente" (Ibid., p. 353/354).<br />

Carter, da parte sua, esclude la possibilità che T


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T >> τ e - conseguentemente - dell'estrema rarità di civiltà extraterrestri anche in<br />

presenza di ambienti planetari particolarmente adatti.<br />

Nella seconda parte dell'articolo dell'83 Carter considera quindi la "predizione antropica<br />

meno triviale e più interessante" (Ibid., p. 361) a cui si arriva accostando la<br />

"coincidenza dell'età del sole" ad un semplice modello per l'evoluzione a lungo termine<br />

di un grande numero di specie "ecologicamente interagenti".<br />

L'autore parte qui dall'idea di fondo secondo la quale la "scala evolutiva" e il<br />

"progresso" che hanno condotto all'intelligenza umana sono il risultato di un processo<br />

non mirato che procede, attraverso una serie di "passi", in maniera irregolare e<br />

discontinua.<br />

Per semplificare la questione decide quindi di distinguere, in prima approssimazione, fra<br />

"passi facili" - che avvengono in maniera praticamente deterministica nel tempo messo<br />

a disposizione - e "passi difficili". Egli si propone quindi di stabilire la probabilità<br />

intrinseca del verificarsi di ogni passo rispetto ad una scala temporale connessa con la<br />

conservazione delle "proprietà geofisiche di fondo" (cfr. CARTER 1988).<br />

Nel nostro caso, in cui la scala temporale esterna ha come limite superiore , un passo è<br />

difficile se la sua realizzazione nel tempo messo a disposizione dalla permanenza del<br />

sole sulla sequenza principale è intrinsecamente improbabile; è "critico" se costituisce<br />

una condizione necessaria per la comparsa dell'Homo Sapiens.<br />

La parte più interessante dell'argomentazione consiste quindi nel considerare<br />

l'evoluzione dell'intelligenza umana come il prodotto di n passi critici.<br />

Considerando che la probabilità che si realizzi un particolare passo difficile crescerà<br />

linearmente rispetto al tempo e, in generale, la probabilità che si realizzino n passi<br />

difficili sarà proporzionale a tn , si deduce che: più grande è il numero n dei passi critici,<br />

più probabile diviene che l'n-simo passo avvenga in prossimità del limite superiore τ.<br />

Sulla base di questa considerazione Carter stabilisce una "relazione antropica" fra tre<br />

quantità: n, τ, e il valore "statisticamente atteso" per la realizzazione di tutti gli n passi<br />

critici; valore che - a suo avviso - risulta ben approssimato da tev . Tale relazione, che<br />

può essere scritta nella forma (CARTER 1983, formula 6.2, p. 361):<br />

τ - tev ≈ τ/n<br />

è sfruttata per "predire" ciascuna delle tre quantità implicate quando le altre due sono<br />

note.<br />

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In pratica, la relazione sopra riportata è usata da Carter per fornire una valutazione di n;<br />

mentre Barrow e Tipler - dopo aver fissato una stima di n sulla base di certe ipotesi - vi<br />

ricorrono per fornire una stima della scala temporale esterna inferiore a τ.<br />

Piuttosto sorprendentemente Carter trova che, inserendo nella formula i valori da lui<br />

indicati di tev e τ solo i valori n = 1 e n = 2 risultano "del tutto consistenti", mentre quelli<br />

"da n = 3 in avanti divengono rapidamente più difficili da conciliare con il periodo<br />

comparativamente lungo durante il quale le condizioni terrestri sembrano rimanere<br />

favorevoli" (Ibid., p. 361).<br />

Se si accetta questa conclusione per il suo valore testuale (e si esclude inoltre, come fa<br />

Carter, il caso n = 0), se ne deduce che - secondo il modello stocastico adottato - vi sono<br />

al massimo due passi "critici" nell'evoluzione che ha condotto all'Homo Sapiens. Come<br />

candidati l'autore indica: la formazione originaria del codice genetico e lo sviluppo<br />

cerebrale. Altri passi sebbene apparentemente molto importanti (ad esempio: lo<br />

sviluppo della placenta) sembrano invece da considerarsi o "meno difficili di quanto si<br />

potrebbe supporre oppure soltanto secondari e non così essenziali com'è ampiamente<br />

supposto" (Ibid., p. 362).<br />

In quest'ottica molti degli sviluppi salienti della nostra evoluzione parrebbero<br />

semplicemente incidentali e inessenziali per lo sviluppo dell'intelligenza, la quale<br />

sembrerebbe così poter essere l'esito di molti percorsi evolutivi alternativi.<br />

Ciò contrasta con l'opinione comune dei biologi, secondo i quali (in accordo col fatto<br />

che i fossili testimoniano un "trend consistente in direzione di un'evoluzione a lungo<br />

termine verso il nostro stato presente") n è invece un numero piuttosto grande.<br />

Proprio per questo motivo, Barrow e Tipler suggeriscono che il valore di n sia compreso<br />

fra 10 a 110000 e propongono di utilizzare tale stima per fissare l'adeguata scala<br />

temporale esterna da inserire al posto di τ nella formula di Carter.<br />

I dieci passi critici indicati per il caso del limite inferiore dell'intervallo sopra riportato,<br />

rispondono tutti a tre criteri che stabiliscono una definizione: un "passo critico può<br />

accadere una sola volta in tutta la storia evolutiva; ha carattere poligenetico; ed è<br />

essenziale per l'esistenza di una specie intelligente". Secondo un'evidente gerarchia i<br />

dieci candidati indicativamente proposti da Barrow e Tipler sono: lo sviluppo del codice<br />

genetico, la respirazione aerobica, la glicolisi negli eucarioti, la fotosintesi autotropica,<br />

l'origine dei mitocondri, la formazione del complesso centriole/kinetosome/undolipodia,<br />

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l'evoluzione di un precursore dell'occhio, lo sviluppo dell'endoscheletro, lo sviluppo dei<br />

cordati, lo sviluppo dell'Homo Sapiens.<br />

Accettando n ≈ 10, si trova che la biosfera potrà continuare in futuro ad esistere per un<br />

intervallo di tempo che ha un limite superiore di circa 4,5 108 anni.<br />

Al crescere di n naturalmente il "tempo di abitabilità rimasto" diminuisce.<br />

Alla luce di questi argomenti anche Carter si è dimostrato incline ad accettare l'idea che<br />

n, pur essendo "molto piccolo in rapporto al numero dei cambiamenti genetici coinvolti<br />

a livello microscopico", possa essere "forse grande in confronto all'unità" (CARTER<br />

1988).<br />

L'edificio costruito nell'articolo dell'83 si è dimostrato in ogni caso discutibile da molte<br />

angolazioni e sia per motivi specifici che per ragioni molto generali. Wilson, ad<br />

esempio, ha dato forma rigorosa a varie obiezioni suggerite dal buon senso ed è giunto<br />

alla conclusione che il WAP abia un ruolo del tutto triviale e ininfluente nel<br />

ragionamento di Carter.<br />

Wilson ha obiettato, fra le altre cose, che non ci sono motivi convincenti per escludere i<br />

casi T ≈ τ e T


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sviluppo della teoria sintetica ma sulle quali il giudizio dei biologi evoluzionisti non è<br />

unanime.<br />

In risposta a Carter, Paul Davies ha proposto addirittura un allontanamento consapevole<br />

dalla "tesi darwiniana della contingenza" (DAVIES 1994, p. 80), invocando a sostegno<br />

delle proprie idee le tesi di Stuart Kauffman sull'organizzazione dei polimeri catalitici.<br />

34: Questi argomenti avvalorano l'idea, solo accennata in CARTER 1983, che le<br />

condizioni geofisiche che continueranno a consentire la presenza della vita sulla Terra<br />

potrebbero essere "incredibilmente brevi" rispetto agli standard astronomici o geologici<br />

[cfr. BARROW/TIPLER 1986, p. 566; LESLIE 1996, p. 192/197]. Mentre il fine<br />

principale di Barrow e Tipler è però quello di mettere in dubbio la conclusione di Carter<br />

sui "passi critici", Gott e Leslie propongono invece - fondandosi sul teorema di Bayes -<br />

un drastico "argomento del giorno del giudizio" (Doomsday Argument) secondo il quale<br />

la fine della specie umana potrebbe essere questione di pochi secoli.<br />

Tale argomento è divenuto un tema frequentemente discusso nella letteratura di matrice<br />

filosofica specialmente dopo la pubblicazione del libro di John Leslie The End of the<br />

World. Proprio nelle pagine iniziali di quel saggio Leslie presenta il Doomsday<br />

Argument con le seguenti parole:<br />

"Suppose that many thousand intelligent races, all of about the same size, had been more or<br />

less bound to evolve in our universe. We couldn't at all expect to be in the very earliest,<br />

could we? Very similarly, it can seem, you and I couldn't at all expect to find ourselves<br />

among the very first of many hundred billion humans - or of the many trillions in a human<br />

race which colonized its galaxy. We couldn't at all expect to be in the first 0.1 per cent, let<br />

alone the first 0.001 per cent, of all humans who would ever have observed their positions<br />

in time. While technological advances encourage huge population explosions, they also<br />

bring new risks of sudden population collapse through nuclear war, industrial pollution, etc.<br />

If the human race came to an end soon after learning a little physics and chemistry, what<br />

would be remarkable in that? Suppose we were extremely confident that humans will have<br />

a long future. You and I would then simply have to accept that we are exceptionally early<br />

among all humans who would ever have been born. But mightn't it make more sense to<br />

think of ourselves as living at the same time as, say, 10 per cent of all humans? And<br />

shouldn't this consideration magnify any fears which we had for humanity's future, making<br />

our risk-estimates rather more pessimistic? The doomsday argument aims to show that we<br />

ought to feel some reluctance to accept any theory which made us very exceptionally early<br />

among all humans who would ever have been born."<br />

Sul tema vedi ad es. ad es. GOTT 1993, 1994; LESLIE 1990, 1992a, 1992b, 1994a (p.<br />

132/139), 1996 e cfr. NIELSEN 1989, p. 454/459.<br />

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Per una critica v. GARRETT/COLES 1993, p. 39 e ss.; DIEKS 1992;<br />

KOPF/KRTOUS/PAGE 1994; ECKARDT 1993, 1997; BUCH 1994; GOODMAN<br />

1994; MACKAY 1994; TÄNNSJÖ 1997.<br />

35: CARTER 1974, p. 295; cfr. KANITSCHEIDER 1993 e le conclusioni di<br />

CARR/REES 1979.<br />

36: CARTER 1993, p. 36<br />

37: ELLIS 1991, p. 589 e 1993, p. 143, nota 2; cfr. anche EARMAN 1987 p. 313.<br />

38: GARDNER 1986, p. 25<br />

39: Ad es.: KANITSCHEIDER 1991 p. 381; COVENEY/HIGHFIELD 1990, tr. it. nota<br />

84, p. 395/396.<br />

40: In DEUTSCH 1992, p. 61, l'autore chiama la tesi di Church-Turing "una specie di<br />

principio antropico senza l'esplicito riferimento antropico".<br />

41: MOSS 1995, p. 277<br />

42: ELLIS 1994, p.115<br />

42a: PAGE 1987; cfr. DREES 1990, p. 277, nota 8. Secondo Page il SWAP richiede<br />

che la vita deve evolversi non in tutti ma almeno in uno degli universi che fanno parte di<br />

una qualche collezione di mondi. Con questo l'autore intende precisare che, entro gli<br />

ambiti caratteristici dell'interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica e<br />

della cosmologia quantistica, l'accezione del SAP di Barrow e Tipler - secondo la quale<br />

"sono inesistenti mondi possibili senza vita intelligente" - comporta una condizione<br />

troppo "restrittiva sullo stato dell'universo (cioè, sull'insieme di probabilità per tutti i<br />

mondi possibili)". Drees ritiene però che non vi sia alcuna distinzione fondamentale fra<br />

il SWAP e il SAP.<br />

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<strong>Il</strong> FWAP è una variante del SWAP secondo la quale "la vita deve svilupparsi e<br />

persistere senza fine" in almeno uno dei molti universi (e non in ciascuno di essi come<br />

pare richiedere il FAP di Tipler).<br />

43: CRANE 1993<br />

44: SMOLIN 1992; cfr. ROTHMAN/ELLIS 1993; HARRISON 1994; BYL 1996;<br />

DAVIES 1992, tr. it. p. 274/276, REES 1997, p. 261 e ss.<br />

44a: KIRSCHENMANN 1992, p. 29. La sigla TAP è usata in DREES 1990, p. 85,<br />

come abbreviazione di un Theistic Anthropic Principle che rimanda ad "una prospettiva<br />

metafisica, che ben si adatta con la credenza in un Creatore a cui piacciono gli esseri<br />

viventi e che perciò creò uno o più 'universi'".<br />

45: Con beneficio di inventario fornisco alcune espressioni e definizioni raccolte ai<br />

margini del dibattito in corso. Navigando in Internet mi sono, ad esempio, imbattuto in<br />

un Individual Anthropic Metaprinciple (IAM), proposto da Michael Perry, ("The<br />

universe that I as an observer perceive is so structured that I am immortal") e in un<br />

Holistic Anthropic Principle (HAP).<br />

Sull'IAM cfr. PERRY 1995.<br />

45a: GOTT 1993, p. 316. A questa definizione fa eco quella, rintracciabile in rete fra le<br />

tante pagine web dedicate al principio antropico, che afferma:<br />

Observers must assume (as far as is possible) that they occupy an unexceptional<br />

location in the Universe and may infer statistical properties of like observers from this<br />

assumption.<br />

Per questa definizione v. PROVENZANO/PROVENZANO 1996 (gli autori usano<br />

l'acronimo CAP per Copernican Anthropic Principle).<br />

Si noti comunque che un'interpretazione "copernicana" del WAP è suggerita in<br />

BARROW/TIPLER 1986, p. 4 ed è implicita già nell'accostamento con un "principio di<br />

mediocrità" a cui si fa cenno in TIPLER 1981b.<br />

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45b: VILENKIN 1995a, citazioni da p. 847.<br />

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45c: V. ad es. VILENKIN 1995b, p. 3365, Cfr. LINDE 1988; VILENKIN 1995a,<br />

1995c). Cfr. anche BALASHOV 1992, in part. nota 2, p. 130 e PAGE 1997.<br />

45d: VILENKIN 1995a, p. 846<br />

45e: Nella sua comunicazione apparsa sul numero del 6 febbraio 1995 delle Physical<br />

Review Letters, Vilenkin ha ad esempio "predetto" che le caratteristiche più probabili<br />

degli universi osservabili sono (Ibid., p. 848): possedere "potenziali inflaton molto<br />

piatti, termalizzazione e bariogenesi alla scala elettrodebole, fluttuazioni di densità<br />

disseminati di difetti topologici e un [contributo alla densità dovuto alla costante<br />

cosmologica] non trascurabile".<br />

46: citazioni da BARROW/TIPLER 1986 p. 16 e 17<br />

47: BARROW/TIPLER 1986, p. 3; corsivi degli autori; cfr. la nota 178 sotto<br />

48: BARROW 1988a, p. 354<br />

49: CARTER 1988<br />

50: CARTER 1983, p. 137/138; corsivi di Carter.<br />

51: BARROW 1988a, p. 355<br />

51a: Cfr.: BARROW 1987, p. 488<br />

52: BARROW 1988a, p. 357<br />

53: Ibid p. 369/370; corsivi di Barrow.<br />

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54: EARMAN 1987, p. 308; vv anche DREES 1990, p. 81 e ss.<br />

55: BARROW/TIPLER 1986, p. 15, cfr. BARROW 1988a.<br />

56: EARMAN 1987, p. 308<br />

57: BARROW/TIPLER 1986, p. 23<br />

58: Ibid p. 4. <strong>Il</strong> prof Arcangelo Rossi ha richiamato la mia attenzione su come, non<br />

molto diversamente, anche Kant avesse già interpretato la "rivoluzione copernicana"<br />

come presa in considerazione del punto di vista del soggetto conoscente per la<br />

conoscenza dei fenomeni. Un approfondimento della relazione fra il criticismo kantiano<br />

e l'attuale dibattito sul principio antropico elude dai limiti del presente lavoro, ma è<br />

affrontato, ad es., in: BALASHOV 1992, HALLBERG 1988 e McLAUGHLIN 1985.<br />

59: ad es.: BARROW/TIPLER 1986; BARROW 1988a; DAVIES 1982, 1986, 1991;<br />

BALASHOV 1991; KANITSCHEIDER 1991; McCALL 1994. Cfr. anche<br />

ZABIEROWSKI 1988a, p. 337/338.<br />

60: BOLTZMANN 1898, prefazione e § 89; in particolare p. 256.<br />

61: Cfr BLACKMORE 1995, p. 21<br />

62: Cfr. Boltzmann in BRUSH 1966, p. 188 e ss. (in particolare p. 192).<br />

63: CULVERWELL 1890. Si noti che occorre tenere distinti i termini "paradosso" e<br />

"obiezione"; cfr. BRUSH 1983, p. 92.<br />

64: BRYAN 1894. Cfr: CULVERWELL 1894 e FITZGERALD 1895. <strong>Il</strong> dibattito su<br />

Nature ha luogo dopo la partecipazione di Boltzmann al meeting della British<br />

Association a Oxford nel 1894. È lì che Fitzgerald solleva per la prima volta la<br />

questione in esame.<br />

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65: BOLTZMANN 1895, p. 207<br />

66: Ibid p. 208<br />

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67: BLACKMORE 1995 (nota 16, p. 48) riferisce che la corrispondenza esistente<br />

mostra come Boltzmann fosse "piuttosto critico" riguardo alle capacità di Schütz<br />

68: BOLTZMANN 1895, p. 208/209<br />

69: L'espressione è di Brush. Cfr.: BRUSH 1974, p. 53. Per la citazione v.<br />

BOLTZMANN 1898, p. 257; tr. inglese p. 446.<br />

70: Vedi ad es. BRUSH 1966 (che contiene la traduzione inglese dei due articoli di<br />

Zermelo e delle due risposte di Boltzmann) 1974 e 1983; STECKLINE 1983; KLEIN<br />

1970 e riferimenti bibliografici forniti da questi testi e in BLACKMORE 1995.<br />

71: ZERMELO 1896b, p. 793; cfr. BRUSH 1966, p. 230.<br />

72: Per l'enunciazione di Zermelo del teorema di Poincaré v. ZERMELO 1896a, p. 485;<br />

cfr. BRUSH 1966, p. 208/209.<br />

73: BOLTZMANN 1897, p. 396; cfr. BRUSH 1966, p. 242.<br />

74: BOLTZMANN 1898, p. 257; tr. inglese p. 446/447.<br />

75: Ibidem. Boltzmann usa qui il termine Sternenraum che Brush traduce, piuttosto<br />

impropriamente, come la "nostra galassia". In precedenza Boltzmann aveva parlato<br />

delle "dimensioni del nostro cielo di stelle fisse" (Fixsternhimmel).<br />

76: BOLTZMANN 1898 p. 257; cfr. BOLTZMANN 1896, p. 396.<br />

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77: BOLTZMANN 1898, p. 258; cfr. a proposito REICHENBACH 1956, p. 139 e ss..<br />

78: BOLTZMANN 1896, p. 396<br />

79: BOLTZMANN 1898, p. 257/258<br />

80: BOLTZMANN 1898, p. 258/259<br />

81: Un sostegno alle tesi di Boltzmann è dato ad es. in REICHENBACH 1956.<br />

Hawking [HAWKING 1993, p. 559] ha scritto di essere rimasto molto deluso in<br />

gioventù dal libro di Reichenbach; volume che trovò "piuttosto oscuro", viziato da una<br />

logica apparentemente circolare e incapace di cogliere la concezione fisica di "leggi che<br />

determinano in maniera unica la direzione del tempo dell'universo" per via di una<br />

cattiva utilizzazione del concetto di causa.<br />

82: Ad es.: Von WEIZSÄCKER 1939; FEYNMAN 1965, tr. it. p. 130 e ss.; ZANSTRA<br />

1968, p. 33; Popper in SCHILLP 1974, p. 127/128. Cfr. inoltre DAVIES 1986 per una<br />

connessione esplicita con il principio antropico e LESLIE 1989, p. 99/100, per una<br />

critica della concezione di Boltzmann nella prospettiva delle teorie cosmologiche che<br />

ricorrono a una collezione di universi. Si noti inoltre che argomenti antropici contro<br />

l'idea di universi dove la direzione del tempo è rovesciata sono invocati in HARRISON<br />

1981, p. 139/140.<br />

83: BRONSTEIN/LANDAU 1933, p. 117, tr. ing. p. 72. È interessante notare che una<br />

critica analoga è fondata, in ZANSTRA 1968 p. 42/43, su un argomento che chiama in<br />

causa "l'influenza dell'Osservatore" e che fa riferimento al confronto fra l'abbondanza di<br />

idrogeno in diversi universi osservabili.<br />

83a: EDDINGTON 1935, p. 65, corsivi miei. La posizione di Eddington e la sua<br />

nozione di anti-chance come espressione di organizzazione sono esposte, oltre che nel<br />

testo citato, ad es. in EDDINGTON 1928 e 1931. Si noti che, nell'ambito della<br />

cosmologia relativistica, l'ipotesi delle fluttuazioni fu accreditata come una "possibilità<br />

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importante" ad esempio in TOLMAN 1931, p. 1642. In quel lavoro l'autore riferisce di<br />

aver appreso da una conversazione avuta con Tatiana Ehrenfest che l'"esistenza di esseri<br />

senzienti", in grado di osservare il "raro fenomeno" ipotizzato da Boltzmann, costituiva<br />

un "valido argomento" contro coloro che facevano appello all'"enorme improbabilità"<br />

della fluttuazione richiesta. Tolman avanzava anche alcune riserve alle quali, a suo<br />

stesso giudizio, andava assegnata una validità più "emotiva" che "intellettuale". Se si<br />

segue l'ipotesi di Boltzmann, infatti, si è costretti a concludere che l'umanità stessa sia<br />

"un fenomeno transitorio e improbabile, che i nostri dintorni siano ora diretti con<br />

certezza quasi completa verso una condizione almeno prossima a quella di massima<br />

entropia, e che le condizioni per le quali è possibile la vita così come la conosciamo non<br />

sono quasi mai presenti".<br />

Anche John B. S. Haldane si soffermò a lungo sulla plausibilità della tesi di Boltzmann<br />

nel capitolo dedicato ad "alcune conseguenze del materialismo" di HALDANE 1932. Su<br />

Haldane come precursore del WAP, relativamente a questo e ad altri argomenti, v.<br />

BARROW 1981; BARROW/TIPLER 1986, p. 176/177 - 244/245 e riferimenti<br />

bibliografici lì riportati; GRABINSKA 1996, p. 52.<br />

84: HAWKING 1988, cap. 9; Hawking in HAWKING/PENROSE 1996, p. 118 e ss.;<br />

HAWKING 1993, p. 562 e ss.; HAWKING/LAFLAMME/LYONS 1993. Per un'analisi<br />

critica v. COLLIER 1995 e Penrose in HAWKING/PENROSE 1996. Si noti che<br />

Penrose, oltre ad aver affermato di trovarsi a disagio con il principio antropico così<br />

come con l'interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica [cfr.:<br />

LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 433], ha usato l'idea di entropia gravitazionale come<br />

argomento contro il SAP [cfr.: BARROW/TIPLER 1986, p. 448].<br />

85: <strong>Il</strong> ricorso al WAP è presentato generalmente come sostegno del modello del big<br />

bang. Grazie al WAP, infatti, si ha una "spiegazione" naturale della coincidenza fra<br />

l'ordine di grandezza dell'età dell'universo e quello dell'età tipica delle stelle più antiche.<br />

Su queste basi, Barrow - seguendo un'idea di Martin J. Rees [REES 1972] - ha sostenuto<br />

che il WAP avrebbe potuto essere usato come argomento contro il modello dello stato<br />

stazionario anche prima che questo venisse smentito su basi osservative [BARROW<br />

1983 p. 147; BARROW/TIPLER 1986, p. 17].<br />

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Questa opinione è però convincentemente refutata da Earman, il quale ha fatto notare<br />

che nella cosmologia dello stato stazionario, al contrario di quella del big bang, non vi è<br />

un'età comune all'intero universo e possono esservi un'immensa pluralità di regioni in<br />

cui, prima o poi, possono stabilirsi le condizioni adatte all'evoluzione della vita<br />

[EARMAN 1987, p. 308]. Si noti che non sto qui considerando obiezioni allo stato<br />

stazionario basate sul SAP (come quelle sollevate in DAVIES 1978, e discusse in<br />

BARROW/TIPLER 1986, p. 601 e ss., e in TIPLER 1982).<br />

86: In una comunicazione personale l'ex vicedirettore dell'Istituto per la storia della<br />

scienza e della tecnologia di Mosca, Alex Gurschtein, ha affermato che a Idlis stesso<br />

"piace dichiarare di essere stato il primo a formulare il principio antropico". Cfr ad es.<br />

anche IDLIS 1985, p. 58.<br />

Ho trovato tracce di IDLIS 1958 nella letteratura "occidentale" solo in:<br />

BARROW/TIPLER 1986 (che dedicano a Idlis sette righe a p. 16, quattro righe nella<br />

nota 27 di p. 451 e sorprendentemente non considerano il suo lavoro nel capitolo<br />

dedicato alla "riscoperta del principio antropico"); LESLIE 1989, p. 32; FRACASSINI<br />

et al 1988; oltre naturalmente alla traduzione di ZEL'DOVICH 1981 a cui si fa<br />

riferimento nel testo. Un'ulteriore citazione è in IDLIS 1987 (abstract dell'intervento al<br />

congresso internazionale di logica, metodologia e filosofia della scienza tenutosi a<br />

Mosca nell'87) che, pur essendo in inglese, è una fonte per lo più sconosciuta.<br />

È molto strano che l'articolo di Idlis non sia ricordato nella "guida alla letteratura sul<br />

principio antropico" stilata dal russo Yuri Balashov in BALASHOV 1991. Balashov mi<br />

ha comunque personalmente assicurato che la sola ragione di tale omissione fu dovuta<br />

alla necessità editoriale di citare un "minimo ragionevole" di materiale con la preferenza<br />

per le voci più facilmente accessibili al pubblico americano. Particolare è anche notare<br />

come Zel'dovich associ il principio antropico, oltre a Idlis, a Carter, Wheeler e Rees -<br />

tutti autori in cui il principio è associato all'idea di una collezione di universi - ma non a<br />

Dicke.<br />

87: GRAHAM 1987<br />

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87a: Naturalmente sarebbe fuorviante anche sopravvalutare la valenza del materialismo<br />

dialettico nel lavoro dei fisici o degli astronomi.<br />

88: Cfr. IDLIS 1970, p. 3<br />

89: Le due citazioni sono prese rispettivamente da MERLEAU PONTY 1965, tr. it. p.<br />

369 e MIKULAK 1958 p. 49.<br />

90: Citato in GRAHAM 1987, p. 385.<br />

91: Maxim W. Mikulak [MIKULAK 1958] ha sostenuto che l'infinità e l'eternità del<br />

mondo rappresentano dei cardini di un punto di vista che offre pochi "contributi<br />

positivi" alla modellistica cosmologica. Nella sua analisi, che prende in esame i lavori di<br />

natura cosmologica apparsi sull'Astronomicheskii Zhurnal dal 1930 agli inizi del 1957,<br />

egli constata che "l'infinità dello spazio e del tempo" non veniva mai negata. L'universo<br />

finito era infatti ovviamente associato all'idealismo e respinto al pari dell'idea di un<br />

origine dell'universo. Helge Kragh ha comunque sottolineato che nei lavori di Mikulak,<br />

ove è espresso un atteggiamento antisovietico che riflette il clima della guerra fredda,<br />

sono deliberatamente ignorati molti lavori di cosmologia relativistica apparsi in URSS<br />

fra gli anni trenta e gli anni cinquanta [KRAGH 1996a, p. 259 e ss. e nota 198, p. 432].<br />

Gli anni successivi alla morte di Stalin, e in particolare quelli in cui si ebbero le riforme<br />

di Kruscev, furono contrassegnati da un certo "liberismo" e da una certa apertura verso<br />

temi culturali non discussi in precedenza, nuove pubblicazioni e numerose traduzioni di<br />

autori occidentali. Nei primi anni sessanta, in particolare con le pubblicazioni di<br />

Novikov e Zel'dovich, fecero comunque il loro ingresso sulle principali riviste<br />

scientifiche sovietiche anche modelli di universo finito. È interessante inoltre notare che<br />

le pubblicazioni di SOVIET ASTRONOMY - AJ in inglese cominciano, col corrispettivo<br />

del vol. 34, nel 1957.<br />

91a: IDLIS 1956<br />

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92: La non uniformità della materia che negli anni precedenti qualche autore aveva<br />

interpretato nell'ambito dei modelli gerarchici di Lambert e di Charlier, pareva inoltre<br />

un assunto necessario per sfuggire, nell'ambito di un universo infinito, sia al paradosso<br />

di Olbers che alla sua versione gravitazionale [cfr. ad es.: MIKULAK 1958, p. 43 e ss.;<br />

BRONSHTEN/McCUTCHEON 1995, p.334 e ss.]. Fra gli autori sovietici che presero<br />

parte all'elaborazione del modello gerarchico vi furono Fesenkov, Idlis [IDLIS 1956],<br />

Eigenson [cfr. ad es. EIGENSON 1939, che contiene anche una pagina riassuntiva in<br />

lingua inglese] e Zel'manov.<br />

92a: Cfr. ad es. BAKULIN/KONOKOVICH/MOROZ 1984, in part. tr. it. p. 181 e 512.<br />

<strong>Il</strong> termine "metagalassia", a suo tempo introdotto da Lundmark e Shapley, è<br />

caratteristico di alcuni modelli cosmologici in cui compare una concezione gerarchica<br />

della struttura di larga scala. Alcuni di tali modelli, come quelli proposti da Oskar Klein<br />

e da Hannes Alfven, ebbero una certa notorietà - a cavallo fra gli anni cinquanta e<br />

sessanta - come proposte di spiegazione dell'asimmetria fra materia e antimateria<br />

nell'universo conosciuto [cfr. ad es. ALFVEN 1966]. Anche in precedenza il termine in<br />

questione fu comunque sporadicamente adottato nella letteratura di lingua inglese. Vera<br />

Rubin, ad esempio, lo usò in sostituzione della troppo impegnativa parola "universo" nel<br />

celebre RUBIN 1951 [Cfr. LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 291].<br />

93: Per un'analisi delle idee di Fock v.: GRAHAM 1981 e 1982. Graham nota che la<br />

posizione di Fock fu, negli anni cinquanta, di isolamento anche rispetto agli altri fisici<br />

sovietici; in particolare per lo "status preferenziale" assunto nella sua interpretazione da<br />

un sistema di coordinate armoniche contro l'idea di covarianza generale.<br />

94: IDLIS 1958, p. 51<br />

95: "La vita è il modo d'esistenza delle sostanze proteiche" cfr.: OPARIN/FESENKOV<br />

1956, tr. it. p. 20/21 e p. 55; IDLIS 1958, p. 40; i termini Eiweiß o Eiweißkörper usati<br />

da Engels sono tradotti come sostanze albuminose o proteiche. È importante ricordare<br />

che la definizione di Engels era mirata a sostenere il ruolo dei corpi proteici come<br />

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portatori materiali della vita contro l'idea di Liebig di una vita eterna e antica come la<br />

materia stessa.<br />

96: La collaborazione fra Fesenkov e Idlis fu molto stretta. Nel 1941 - durante la<br />

seconda guerra mondiale - Fesenkov fu estradato nell'allora capitale del Kazakinstan,<br />

Alma Ata. Lì riuscì a organizzare un nuovo istituto d'astronomia del quale fu direttore<br />

fin quando, giunta la possibilità di far rientro a Mosca, non lasciò l'incarico al suo<br />

giovane collaboratore Idlis. Più tardi anche quest'ultimo si trasferì a Mosca dove entrò a<br />

far parte del personale dell'Istituto per la storia della scienza e della tecnologia. Fra le<br />

altre cose, Fesenkov e Idlis presentarono un lavoro comune al X simposio della IAU<br />

tenuto a Mosca nell'agosto del 1958 e proprio Idlis curò poi la biografia di Fesenkov per<br />

la grande enciclopedia sovietica (edizione inglese vol. 27, p. 169/170, 1981, Mac<br />

Millan, New York). Ringrazio A. Gurshtein per le preziose informazioni biografiche.<br />

97: Le due citazioni sono rispettivamente in: OPARIN/FESENKOV 1956, tr. it. p. 23 e<br />

p. 237. Nel volume in questione il primo capitolo è dovuto a Oparin, mentre gli altri<br />

sono scritti da Fesenkov. Cfr. anche OPARIN 1964.<br />

98: IDLIS 1958, p. 48<br />

99: LESLIE 1989, p. 32; cfr. IDLIS 1958, p. 47<br />

100: IDLIS 1958, p. 39<br />

101: Ibid., p. 52<br />

102: WHITROW 1955 e 1959. WHITROW 1959 è la seconda edizione di un volume<br />

originariamente pubblicato nel '49 e contiene un'appendice sul problema della<br />

dimensionalità dello spazio (p. 199/201). Tale appendice manca nella traduzione italiana<br />

del libro che è basata sulla prima edizione. Per una critica dell'argomento di Whitrow v.<br />

SMART 1987 e LESLIE 1982.<br />

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103: MASCALL 1956, cfr. BARROW 1981, p. 411; BARROW 1983;<br />

BARROW/TIPLER 1986, p. 247 e ss. È stato fatto notare che la connessione fra<br />

dimensioni ed età dell'universo e la vita, notata da Whitrow nell'ambito della<br />

cosmologia evolutiva relativistica, era stata anticipata nel contesto newtoniano da Edgar<br />

Allan Poe nel suo "poema in prosa" sulla cosmogonia dell'universo "Eureka" [POE<br />

1848]. Per questo si è sostenuto [CAPPI 1994] che si deve a Poe la "prima applicazione<br />

moderna" del principio antropico.<br />

103a: Sull'atteggiamento epistemologico di Whitrow v. ad es. MERLEAU PONTY<br />

1965, tr. it. p. 166 e ss..<br />

103b: Occorre notare che anche Abram Leonidovich Zel'manov (un altro studente di<br />

Fesenkov) ha espresso idee che sono state considerate anticipazioni del principio<br />

antropico [v. ad es. SHKLOVSKIJ 1985; LINDE 1990a, p. 309]. Anch'egli si è<br />

soffermato in particolare sulla "predisposizione" delle proprietà della metagalassia nei<br />

confronti dello sviluppo della vita.<br />

A causa delle sue origini ebraiche Zel'manov ebbe grandi difficoltà a pubblicare sulle<br />

usuali riviste astronomiche sovietiche ma, ciononostante, esercitò una grande influenza<br />

su molti dei cosmologi russi contemporanei. Negli anni cinquanta sfruttò le tesi del<br />

materialismo dialettico sull'"inesaustibilità della materia" e sull'"infinita multiformità<br />

della natura" per respingere il principio cosmologico. In quegli anni figurò quindi lo<br />

scenario di un "metauniverso" in cui sono realizzate tutte le condizioni e i fenomeni<br />

possibili ammessi dalle teorie note di fisica fondamentale. Zel'manov parlò, inoltre, di<br />

aree "qualitativamente differenti" dell'universo notando che altri universi "(se esistono)<br />

si evolvono 'senza testimoni'". Cfr: GRAHAM 1987, p. 416/421; KAZUTINSKI 1971,<br />

p. 343/346 e riferimenti bibliografici lì riportati.<br />

104: IDLIS 1958, p. 53<br />

105: Ibidem<br />

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105a: Negli anni ottanta Idlis è tornato a parlare del suo lavoro del 1958 interpretando il<br />

"principio antropico cosmologico-cosmogonico dell'armonia dell'universo" [così<br />

chiamato in IDLIS 1987] entro un progetto più ampio di unità delle scienze della natura.<br />

Si possono vedere i due volumi in russo IDLIS 1985 e 1986. Ringrazio Y. Balashov per<br />

avermi segnalato queste fonti.<br />

106: DIRAC 1937a, 1937b, 1938. Per una trattazione storica dell'argomento v. ad es.:<br />

KRAGH 1982; MERLEAU PONTY 1965; BARROW 1981, 1990; BETTINI 1990. Per<br />

gli sviluppi della cosmologia di Dirac, v.: WESSON 1978<br />

107: Sulle speculazioni di Eddington su N e sui diversi atteggiamenti tenuti<br />

storicamente di fronte alle coincidenze fra grandi numeri adimensionali v. BETTINI<br />

1990 e i riferimenti bibliografici lì riportati. Indipendentemente dalle tesi di Eddington,<br />

N può comunque essere espresso come (ρ0c3H0 -3 )/mp.<br />

107a: Dirac è interessato al fatto che, comunque si scelga la massa fondamentale, i<br />

numeri adimensionali (o i loro reciproci) che si incontrano in natura si ammassano<br />

attorno a tre poli: uno che comprende i numeri piccoli (come la costante di struttura fine<br />

o mp/me), uno nelle vicinanze di 1039 e uno nelle vicinanze di 1078 . Per quel che riguarda<br />

l'unità di tempo, Dirac nel '38 propose e2 /mec3 come "media geometrica fra tutte le unità<br />

di tempo costruibili" a partire dalle costanti atomiche (ad es.: e2 /mpc3 ; h/mec2 ; h/mpc2 ).<br />

Tale unità è stata battezzata dai fisici francesi "les tempon" [cfr. GAMOW 1967].<br />

Annoto inoltre che in DICKE 1961a c'è un errore di stampa che riguarda l'esponente di<br />

c in [(mpc2H0 -1 )/h].<br />

108: Ciò vale anche nella cosmologia di Dirac in cui è assunto il principio cosmologico,<br />

Λ = 0 e sono presenti, dal punto di vista dinamico, molti caratteri in comune con il<br />

modello di Einstein/de Sitter con k = 0 e Ω = 1. Dirac non abbandonò mai la LNH e<br />

ripropose più volte un modello cosmologico basato su tale ipotesi durante gli anni<br />

settanta, specialmente fra il 1972 e il 1975 [ad es.: DIRAC 1972a, 1972b, 1973a, 1973b,<br />

1974, 1975] e fra il 1978 e il 1979 [ad es.: DIRAC 1978a, 1978b, 1979; v. anche<br />

DAVIES 1974, GAUTREAU 1985 e cfr. BETTINI 1990.]. <strong>Il</strong> suo principio<br />

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fondamentale escludeva sia la cosmologia dello stato stazionario, sia un universo in<br />

evoluzione con sezioni spaziali chiuse. Contro la LNH, infatti, l'età di massima<br />

espansione di un universo chiuso espressa in unità atomiche è una costante.<br />

109: DIRAC 1938, p. 201<br />

110: La versione finale della teoria di Jordan è in JORDAN 1959 che segue a una<br />

nutrita serie di articoli (cfr. BETTINI 1990)<br />

111: BONDI 1961 cfr: CARTER 1974, p. 291 e CARTER 1988, p. 186<br />

112: cfr: DICKE 1957a, 1957b , 1959a, 1959b<br />

113: DICKE 1957b, p. 363<br />

114: DICKE 1961a, p. 440<br />

115: Cfr. DICKE 1957a. Com'è noto, Dicke mise a punto insieme a Carl Brans<br />

[BRANS/DICKE 1961] una teoria gravitazionale in cui erano sviluppate le tecniche<br />

matematiche di Jordan ed era prevista la variabilità spazio/temporale di G tramite<br />

l'introduzione di un campo scalare determinato dalla distribuzione della materia/energia.<br />

Un confronto fra le scale temporali tipiche della cosmologia standard e quelle del<br />

modello di Brans-Dicke è dato in DICKE 1961b.<br />

116: SCIAMA 1953, 1959. Sciama [SCIAMA 1959, tr. it. p. 114] riporta l'equazione<br />

data nel testo. Se in essa poniamo (a prescindere da fattori numerici non significativi)<br />

ρ0 = M/V = M/R 3 e H0 -2 = (c/R) -2 = R 2 /c 2 , si ottiene Gr0H0 -2 = G (M/R 3 ) (R 2 /c 2 ) =<br />

(GM/c 2 R) ≈ 1, che è la forma data in BRANS/DICKE 1961, p. 926.<br />

117: DICKE 1961a, p. 441<br />

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118: DICKE 1957b, p. 375/376. ε è qui la permittività (una costante che si incontra<br />

nella descrizione delle proprietà dielettriche dei materiali) ed è introdotta da Dicke per<br />

essere in grado (trascurando gli effetti quantistici) di trattare il vuoto come un medium<br />

dielettrico classico. Cfr. anche BARROW/TIPLER, nota 20, p. 282; KRAGH 1996a, p.<br />

347.<br />

118a: DICKE 1959b. <strong>Il</strong> testo fu però originariamente pubblicato nel volume 48 del 1958<br />

del Journal of the Washington Academy of Sciences.<br />

118b: DICKE 1959b, p. 33; corsivi di Dicke.<br />

119: BARROW/TIPLER 1986, p. 246; cfr. REES 1972.<br />

120: DICKE 1961a, p. 440. Si noti ad ogni modo che, nella lettera del 1961, Dicke<br />

presenta il proprio argomento senza collegarlo a quello della natura delle interazioni<br />

atomiche. L'indipendenza dalla posizione spazio/temporale della costante<br />

d'accoppiamento dell'interazione forte e la questione di un'eventuale variabilità<br />

temporale della costante d'accoppiamento dell'interazione debole avevano ricevuto<br />

grande rilievo nei suoi scritti di fine anni cinquanta (ad es.: DICKE 1957a e 1959a).<br />

121: È inutile soffermarsi qui nei dettagli quantitativi di questa parte dell'argomento<br />

(che furono approfonditi da Martin J. Rees e Freeman J. Dyson [REES 1972; DYSON<br />

1972, p. 232/235; v. anche DEMARET/BARBIER p. 467 e ss.; WESSON 1978 p. 94 e<br />

ss.]) e dei quali mi sono occupato altrove [BETTINI 1990, vol. 1, p. 317 e ss.].<br />

122: DICKE 1961a, p. 440<br />

123: Dicke in LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 21.0<br />

124: Ibid. p. 211<br />

125: Ibidem<br />

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126: MISNER/THORNE/WHEELER 1973, p. 1217<br />

127: Dicke in LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 211. Si noti che Heinz Pagels<br />

[PAGELS 1985a] ricorda un incontro con Dicke, avvenuto nei primi anni ottanta, in cui<br />

quest'ultimo avrebbe sostenuto che il principio antropico è degno di considerazione solo<br />

se un elemento di arbitrarietà irriducibile alle leggi fisiche gioca un ruolo fondamentale<br />

nel fissare il valore delle costanti fondamentali durante i primissimi istanti dell'universo.<br />

Questa posizione, come si vedrà nel seguito, è oggi molto accreditata e rimanda in<br />

maniera naturale alla concezione di una collezione di universi.<br />

128: DICKE/PEEBLES 1979, p. 514<br />

129: MASANI 1984a, 1984b.<br />

130: Rispettivamente: CARR/REES 1979 p. 605 e 612; HALL 1983, p. 447;<br />

WHEELER 1980, p. 59<br />

131: MASANI 1984a, p. 101<br />

132: CARR/REES 1979; HALL 1983; KANITSCHEIDER 1985a, 1985b; SMART<br />

1987; DE SABBATA 1984. Quest'ultimo autore suggerisce che una spiegazione delle<br />

coincidenze di Dirac va ricercata nell'idea di un momento angolare intrinseco<br />

dell'universo piuttosto che nel principio antropico. Cfr. DE SABBATA/GASPERINI<br />

1983.<br />

133: SALMON 1990, tr. it. p. 20; corsivi dell'autore.<br />

134: MISNER/THORNE/WHEELER 1973, p. 1216/1217; corsivi miei. La<br />

responsabilità di queste righe è di Wheeler; un passo analogo è, ad es., in WHEELER<br />

1977, p. 18. Cfr. anche WHEELER 1974 e ECCLES 1979.<br />

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135: DICKE/PEEBLES 1979, nota a p. 514.<br />

136: REES 1972, p. 181. Cfr. sotto, paragrafo 9.<br />

136a: CARTER 1970, p. 6, sottolineature di Carter. La parte fuori dalle parentesi si<br />

ritrova con le stesse identiche parole in CARTER 1974, p. 296. Barrow [BARROW<br />

1981, p. 413; BARROW 1983, p. 149; BARROW/TIPLER 1986, p. 19 e 250]<br />

suggerisce che la connessione fra osservatori e universi conoscibili fu discussa per la<br />

prima volta dal biologo di Cambridge Charles Pantin. Cfr. PANTIN 1965. Rees [REES<br />

1997, p. 259] ricorda di aver assistito, assieme a Carter, a una conferenza tenuta da<br />

Pantin a Cambridge "nei primi anni sessanta" in cui si sarebbe stata illustrata l'idea di<br />

una sorta di "principio di selezione naturale" in grado di favorire gli universi che<br />

presentano le condizioni adatte all'esistenza della vita.<br />

136b: DYSON 1972, p. 235. Edward Harrison, ancora ignaro della terminologia usata<br />

da Carter a Cracovia, criticò il principio di conoscibilità per la sua natura metafisica e<br />

per la "concezione antropomorfica dell'intelligenza" a cui dava adito. in HARRISON<br />

1974, p. 30/31.<br />

137: Cfr.: MISNER 1968 e 1969; Misner in LIGHTMAN/BRAWER 1990; DICKE<br />

1970.<br />

137a: Per una ricostruzione di questi avvenimenti v. ad es. BARROW 1982,<br />

BARROW/SILK 1983, BARROW/TIPLER 1986.<br />

138: COLLINS/HAWKING 1973, citazioni dalle p. 319 e 334.<br />

138a: CARTER 1967. Riferimenti a questo lavoro sono rintracciabili ad es. in: REES<br />

1972, nota a p. 183; MISNER/THORNE/ WHEELER 1973, p. 1216; WHEELER 1974,<br />

nota 42, p. 691; BARROW/TIPLER 1986, p. 452, nota 48; CARR 1982. La descrizione<br />

di Carter data nell'inciso è in OVERBYE 1991, tr. it. p. 122.<br />

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138b: È stata scarsamente notata l'influenza delle idee di Hoyle sulla concezione di<br />

Carter. Quest'ultimo, già nell'aprile del 1966, accennò alle idee ancora non pubblicate da<br />

Hoyle e Narlikar concernenti "una catena infinita di universi connessi successivamente<br />

nel tempo da wormholes" (CARTER 1966, p. 424). Una simile concezione derivava<br />

dalla "nuova teoria della gravitazione" esposta in HOYLE/NARLIKAR 1964 e fu<br />

all'origine del modello proposto in HOYLE/NARLIKAR 1966. In quest'ultimo lavoro i<br />

due autori, al fine di ottenere una spiegazione delle altissime energie delle quasar,<br />

proposero una "deviazione radicale" dall'usuale concezione dello stato stazionario<br />

fondata su un processo non omogeneo di creazione della materia e risultante appunto<br />

nello scenario di una serie di regioni isolate (bubbles) in cui si alternavano fasi di<br />

espansione e contrazione.<br />

139: Wheeler nel 1972 attribuirà tale idea a Carter stesso [MEHRA 1973, p. 58], ma la<br />

concezione di un universo chiuso ciclico è tipica del fisico di Princeton. Si vedano ad<br />

es.: MISNER/THORNE/WHEELER 1973; PATTON/WHEELER 1975; WHEELER<br />

1977; DICKE in LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 205. Cfr. anche BARROW 1981, p.<br />

412; BARROW/TIPLER 1986, p. 248 e ss.. Si noti che la concezione di un universo<br />

chiuso ciclico è stata abbandonata da Wheeler per motivi fisici ed è stata criticata dal<br />

punto di vista logico in HACKING 1988. Le tesi di quest'ultimo sono state, a loro volta,<br />

al centro delle critiche di WHITAKER 1988, McGRATH 1988 e LESLIE 1986b e<br />

1988.<br />

139a: CARTER 1970. Di questo lavoro non pubblicato riferiscono ad es.: DYSON<br />

1972; CARR 1982; GREENSTEIN/KROPF 1989, p. 747.<br />

139b: Jordan aveva esposto le sue tesi ad esempio in JORDAN 1949; v. BETTINI 1990<br />

per una prospettiva storica. <strong>Il</strong> limite superiore caratteristico delle masse stellari (circa<br />

1060 protoni) appariva connesso alla potenza 3/2 dell'età dell'universo espressa in unità<br />

elementari di tempo. Come sottolineato da Bondi [BONDI tr. it. p. 172], Jordan ritenne<br />

di aver ricondotto l'esistenza di tale limite superiore "alle operazioni della cosmologia<br />

piuttosto che alle leggi astrofisiche", sebbene quelle leggi offrissero "eccellenti<br />

spiegazioni della distribuzione osservata della massa". Stimolato dalla lettura del libro<br />

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di Bondi, Carter concluse già nel 1967 [CARTER 1967, p. 3] che la coincidenza notata<br />

da Jordan è problematica solo se non si prende atto del fatto che l'ordine di grandezza<br />

1060 è anche quello del numero di nucleoni caratteristici della cosiddetta "massa di<br />

Landau", ben nota nell'usuale teoria della struttura stellare come limite superiore della<br />

massa che spetta a un corpo sferico freddo in grado di opporsi, per via del principio di<br />

esclusione, al collasso gravitazionale [cfr.: CARTER 1970]. Cfr. anche CARTER 1974,<br />

p. 292; CARTER 1973; SALPETER 1966, WEISSKOPF 1975, p. 610/612;<br />

CARR/REES 1979, p. 607; REES 1983.<br />

139c: CARTER 1970, p. 2<br />

139d: Ibid. p. 4.<br />

In chiusura del suo intervento a Princeton, Carter si chiede se con l'assunzione di ipotesi<br />

specifiche sul vettore di stato fondamentale non sia possibile giungere anche a una<br />

quarta categoria di "spiegazioni". Egli immagina di poter anche escludere, seguendo<br />

questa via e considerando che αG possiede il "minimo valore estremo compatibile con<br />

l'esistenza di osservatori", che la costante di struttura fine gravitazionale possa assumere<br />

un valore ancora più piccolo.<br />

139e: Ibid. p. 5<br />

139f: Ibid. p. 10<br />

139g: Ibid. p. 11<br />

140: DYSON 1972 (citazione da p. 235); cfr. CARTER 1970, p. 3/4.<br />

140a: REES 1972 e in "<strong>Il</strong> lontano futuro" (saggio contenuto in: LAURIE 1973, tr. it.: p.<br />

175/197), in part. p 195 e ss.<br />

140b: WHEELER 1968, che è un adattamento di una comunicazione presentata a New<br />

York il 29 dicembre 1967 per l'American Association for the Advancement of Science.<br />

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140c: MISNER/THORNE/WHEELER 1973, p. 1216<br />

140d: Cfr. la discussione che fa seguito a DIRAC 1973a, in MEHRA 1973, p. 58.<br />

140e: Misner in LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 239; corsivi di Misner.<br />

140ee: Ho preso qui spunto da una conversazione avuta con Dennis Sciama il 18<br />

novembre 1997, e ho citato, su Sciama, parole riferite da M. Rees in<br />

LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 156. Ho inoltre fatto riferimento a BREUER 1981.<br />

140f: Non si può fare a meno di ricordare fra le grandi personalità di Cambridge anche<br />

Eddington: nonostante il suo influsso sulla nuova generazione di astrofisici dei primi<br />

anni settanta sia relativo, la sua influenza sulla formazione della generazione di Hoyle e<br />

Sciama è enorme ed è naturalmente riconosciuta dagli autori in questione (cfr. ad es.<br />

Sciama e Hoyle in LIGHTMAN/BRAWER 1990 e HOYLE 1997). Hoyle, da parte sua,<br />

si è soffermato su alcune delle tematiche caratteristiche del dibattito sul principio<br />

antropico in diverse occasioni. Ad es. in: HOYLE 1965b e HOYLE 1975, un manuale<br />

quest'ultimo in cui l'autore espone "strani pensieri" [cfr. p. 603] su alcune delle peculiari<br />

coincidenze che si incontrano in astrofisica.<br />

Hoyle favorisce una visione in cui le costanti di natura possono assumere valori diversi<br />

in altre regioni dell'universo e immagina l'esistenza di "un'infinita varietà di chimiche"<br />

e, quindi, di forme di vita.<br />

Rilevanza alle idee di Dicke, di Carter e di Rees fu attribuita, ad esempio, anche in<br />

ELLIS 1975 (in part. p. 258 e ss.). Gale [GALE 1990, p. 194 e ss. e nota 26, p. 204]<br />

congettura inoltre un'interessante relazione storica fra le idee di Carter e quelle analoghe<br />

contenute in TRYON 1973. Anche Tryon, dell'Hunter College di New York, associava<br />

l'idea di "universi multipli contemporanei" con un "principio di selezione biologica"<br />

che, a tutti gli effetti, costituisce una versione del principio antropico. Su quest'ultimo<br />

punto cfr. anche: LESLIE 1989, p. 79.<br />

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140g: Comunicazione personale di M. J. Rees all'autore datata 29 luglio 1997. I<br />

riferimenti riguardano RINDLER 1956 (lavoro con il quale fu per la prima volta<br />

"unificato e generalizzato" il problema dell'esistenza di orizzonti nei modelli<br />

relativistici) e DICKE/PEEBLES 1979. Si noti che Sciama (in LIGHTMAN/BRAWER<br />

1990, p. 146) afferma però di non aver avuto coscienza del problema dell'orizzonte fino<br />

alla pubblicazione di GUTH 1981. Si noti inoltre che, nei primi anni settanta, Rees<br />

adottò una prospettiva "caotica" (cfr. ad es. la discussione avvenuta al meeting della<br />

Royal Astronomical Society l'8 ottobre 1971 in The Observatory vol. 92, 1972, in part.<br />

p. 6/8).<br />

140h: DICKE 1970, p. 62. Si noti che Hawking [in LIGHTMAN/BRAWER 1990, p.<br />

397] ha detto di essere stato consapevole del problema della piattezza sin dal 1967,<br />

indicando Misner come il primo ad averlo reso noto. Lo stesso Misner però ritiene che<br />

la prima esposizione del problema sia da rintracciarsi nel passo riportato di Dicke.<br />

Hawking comunque afferma chiaramente che "a quel tempo, la sola spiegazione<br />

sembrava essere il principio antropico" discusso da Carter nel '70.<br />

In tempi recenti l'argomentazione antropica di Dicke è stata riconsiderata in TRIAY<br />

1997. Triay ha messo in discussione l'intera impostazione tradizionale del problema<br />

della piattezza e ha suggerito che i punti sollevati da Dicke e i vincoli osservativi paiono<br />

favorire un universo chiuso.<br />

140i: LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 208<br />

140j: L'espressione è usata da Misner in LIGHTMAN/BRAWER 1990, p. 240.<br />

141: COLLINS/HAWKING 1973, p. 319<br />

142: Ibid. p. 334. Supporre l'universo "giovane" comporta un'alternativa alla<br />

conclusione che esso sia membro di un insieme di misura nulla. Anche se l'anisotropia<br />

dell'universo sta crescendo, un effetto sull'isotropia della radiazione di fondo potrebbe<br />

divenire notabile solo in un lontano futuro. Questa eventualità è approfondita da<br />

Barrow, il quale suggerisce che un argomento di selezione antropica costituisce una<br />

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"buona base" anche per una conclusione di questo genere. L'argomento di Dicke impone<br />

infatti al fisico di osservare l'universo prima che siano trascorsi 1012 anni dall'inizio<br />

dell'espansione. Cfr. ad es.: BARROW 1982, 1984; BARROW/SONODA 1985, 1986;<br />

BARROW/TIPLER 1986. Barrow cominciò ad interessarsi del problema dell'isotropia<br />

già negli anni settanta. In BARROW 1976, p. 369 egli concluse che la soluzione del<br />

problema dell'isotropia dipendeva o da qualche "processo quantistico esotico" avvenuto<br />

alle scale di Planck, oppure da "una qualche forma di effetto di selezione antropico o<br />

machiano".<br />

142a: HAWKING 1974, citazioni rispettivamente da p. 286 e 285. Per un'analisi e una<br />

ricostruzione storica dei problemi delle singolarità e degli orizzonti in cosmologia v.<br />

TIPLER/CLARKE/ELLIS 1980, dove è riportata anche un'ampia bibliografia che<br />

include gli studi di Hawking e di Carter.<br />

142b: Cfr. LONGAIR 1974, p. 287/288.<br />

143: JAKI 1990, tr. it. p. 105. L'altra citazione riportata nel testo è tratta dall'Inaugural<br />

Address rivolto ai partecipanti al congresso da Ya. B. Zel'dovich [v. LONGAIR 1974, p.<br />

IX/XI]. Dal discorso di Zel'dovich si avverte che la comunità degli astrofisici e dei<br />

cosmologi sentiva di stare attraversando, grazie alla "struttura definita" fornita dal<br />

modello dell'universo caldo, un "punto di svolta".<br />

144: CARTER 1974, p. 291<br />

144a: BONDI 1961, tr. it. p. 13<br />

144b: ELLIS 1975, p. 246. Ellis ha fornito dei notevoli contributi sul ruolo degli assunti<br />

filosofici e non verificabili in cosmologia. Le sue analisi sono assai rilevanti anche per<br />

altri punti toccati nel presente lavoro, dove sono presi in considerazione modelli e<br />

scenari in cui la struttura dell'universo è profondamente diversa al di là dell'orizzonte<br />

dell'universo osservabile. Cfr. ad es. ELLIS 1978, 1979, 1984, 1987, 1991, 1993b;<br />

ELLIS/MAARTENS/NEL 1978.<br />

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144c: Le citazioni sono tratte, rispettivamente da ELLIS 1984, p. 259 e<br />

HAWKING/ELLIS 1973, p. 134. Per una rassegna delle idee del programma di<br />

cosmologia osservativa, vedi ad es. MATRAVERS/ELLIS/STOEGER 1995.<br />

144d: Due rassegne, che coprono aspetti diversi, sono ad es.: BARROW 1989b e<br />

TRIMBLE 1992.<br />

144e: CARTER 1988, p. 184<br />

144f: CARTER 1974, p. 291<br />

144g: CARTER 1983, p. 347<br />

144h: BONDI 1961, tr. it. p. 12<br />

144i: BONDI/GOLD 1948, p. 254<br />

144j: CARTER 1974, p. 291<br />

145: CARTER 1983, p. 347<br />

146: CARTER 1988, p. 184<br />

147: CARTER 1974, citazioni rispettivamente a p. 293 e 291.<br />

147a: CARTER 1970, p. 1<br />

148: CARTER 1974, p. 293. Un'estensione del genere dell'argomento di Dicke era stata<br />

implicitamente suggerita anche in HARRISON 1972. Harrison (a p. 32) aveva<br />

comunque notato che l'"ingegnosa spiegazione" di Dicke lo lasciava con "un sentimento<br />

vago e spiacevole che fosse forse ancora in agguato una qualche relazione fondamentale<br />

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sconosciuta" fra i due grandi numeri adimensionali considerati da Dirac. Parte<br />

dell'argomentazione di Carter era comunque già presente in CARTER 1970.<br />

149: CARTER 1974, p. 293; corsivi di Carter.<br />

150: Vale la relazione t ≈ [(hmp K)/T2 ] -3/2 con t maggiore o uguale a H0 -1 . Carter fa<br />

ricorso al sistema di unità di Planck con c = G = h/(2π) = 1. Per le temperature sono<br />

usate le unità corrispondenti, ponendo anche la costante di Boltzmann K = 1.<br />

151: CARTER 1974, p. 294<br />

152: Cfr. ad es. MISNER/THORNE/WHEELER 1973, cap. 28.<br />

153: CARTER 1974, p. 295. Per dei controargomenti vedi WESSON 1978, p. 96 e ss..<br />

154: CARTER 1974, p. 293<br />

155: Ibid., p. 295<br />

156: CARTER 1983, p. 351<br />

157: EARMAN 1987, p. 309<br />

157a: Nel 1970 Carter aveva annotato che la distinzione fra condizioni iniziali e costanti<br />

fondamentali risultava poco chiara per via del fatto che le prime facevano "riferimento a<br />

caratteristiche essenzialmente locali e le seconde a caratteristiche essenzialmente<br />

globali". In tale occasione Carter aveva giudicato che l'obiettivo di ridurre tutte "le<br />

principali costanti globali da uno stato fondamentale a uno derivato tramite la<br />

costruzione di teorie fisiche e cosmologiche più profonde" avrebbe anche potuto non<br />

essere mai soddisfacentemente raggiunto proprio a causa "della mancanza di una<br />

distinzione rigida e salda (hard and fast) fra parametri globali e locali" [CARTER 1970,<br />

p. 5/6].<br />

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158: CARTER 1974, p. 295. Una posizione contraria è sostenuta in<br />

DEAKIN/TROUP/GRANT 1983. Secondo questi autori (p. 6) "la via più sicura è<br />

scartare il concetto di collezione di mondi, o considerarlo come un mero congegno<br />

computazionale". Cfr. anche SMITH 1985 e 1986.<br />

159: citazioni da CARTER 1974, p. 295 e 298; CARTER 1983, p. 352.<br />

160: CARTER 1974, p. 296; cfr. la nota 136a sopra.<br />

161: CARTER 1983, p. 352. Cfr. GALE 1981, tr. it. p. 68; GALE 1990. Vedi però<br />

ELLIS 1993b, p. 96. Considerando l'idea che un insieme di universi si realizzerà "nella<br />

realtà", perché "tutto ciò che è possibile, si verificherà" (cfr. SCIAMA 1993), Ellis<br />

distingue il SAP ("se si verifica tutto ciò che è possibile , allora deve verificarsi anche la<br />

vita") da quello che qui chiamerò WAPb ("la vita si verificherà soltanto in alcune delle<br />

possibilità che si sono realizzate"). Su questo punto v. anche BARROW/TIPLER 1986,<br />

p. 503 e cfr. EARMAN 1987, p. 310, PAGE 1987.<br />

162: CARTER 1988, p. 190. Alla conferenza di Venezia sul principio antropico,<br />

tenutasi nel novembre 1988, Carter ha considerato "antiquata" la posizione da lui tenuta<br />

negli anni settanta. Ha usato questo termine nella discussione successiva all'intervento<br />

di Sciama che non è riportata negli atti, ma il suo cambiamento di prospettiva risulta<br />

evidente sia dal suo contributo, che dal suo intervento nella discussione di ELLIS<br />

1993a.<br />

163: v. le rispettive voci in bibliografia; v. anche: REEVES 1982 e 1988;<br />

GREENSTEIN/KROPF 1987 (pubblicato in forma ridotta come<br />

GREENSTEIN/KROPF 1989); KREUZER et al 1985; CARR 1991; MURDIN 1991;<br />

DALLAPORTA/SECCO 1993; NAKAMURA/UEHARA/CHIBA 1997. Fra i pionieri<br />

di questo tipo di indagini, centrate sul delicato equilibrio fra la presenza della vita e la<br />

"sintonia fine" fra i valori delle costanti fondamentali, vanno ricordati: John B. S.<br />

Haldane [cfr. ad es. HALDANE 1928] e, in tempi più recenti, Freeman Dyson. [cfr.<br />

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DYSON 1971], E. E. Salpeter [SALPETER 1966] e il già citato V. F. Weisskopf<br />

[WEISSKOPF 1970 e 1975]. A quest'ultimo si deve, fra l'altro, l'espressione "fisica<br />

qualitativa" usata nel testo.<br />

Si noti che studi di questo tipo sono stati condotti anche da biologi, ad es.: DAVIES R.<br />

E./KOCH 1991. Le affinità fra quest'ultimo lavoro e quelli dei teorici antropici sono<br />

sottolineate in MADDOX 1992.<br />

164: CARTER 1974, p. 298. Cfr. CARR 1982, p. 148/149.<br />

164a: Nel 1970 Carter sviluppò alcuni temi affrontati nel preprint del '67. Egli<br />

concentrò la propria attenzione su quattro coincidenze quali:<br />

- a): gS 2 ≈ (2mN)/mπ<br />

che mette in evidenza l'"uguaglianza aprossimativa" fra la cosiddetta "course structure<br />

constant", gS 2 ≈ 15, e il rapporto fra una grandezza caratteristica dello stato legato di due<br />

nucleoni e il raggio tipico del'intervallo massimo d'azione effettiva dell'interazione forte<br />

(che è determinato dalla massa del mesone π.<br />

- b): ∆n/me ≈ 2<br />

dalla quale discende che, sebbene i neutroni isolati siano instabili poiché decadono<br />

tramite il decadimento β, possono esistere neutroni in presenza di un gas degenere<br />

relativistico di elettroni.<br />

- c): α ≈ ∆n/mπ<br />

dove α è la costante di struttura fina e la coincidenza in questione illustra come l'energia<br />

elettrostatica nei nuclei leggeri (pari a circa αmπ) sia paragonabile alla differenza di<br />

massa fra un neutrone e un protone ∆n.<br />

- d) gS ≈ (1/3)α1/2 che, alla luce della coincidenza a), mostra come l'energia elettrostatica sia piccola a<br />

confronto di quella di legame nucleare per i nuclei leggeri. <strong>Il</strong> fatto che la parte destra<br />

del'equazione sia di poco inferiore a 1 implica anche che l'energia elettrostatica assume<br />

un ruolo rilevante nei nuclei degli atomi con numero atomico Z > 30, i quali divengono<br />

instabili rispetto a una scissione elettromagnetica.<br />

Nel '70 Carter affermò che queste quattro coincidenze comportano "restrizioni<br />

necessarie" sulle costanti coinvolte in ogni universo conoscibile. In particolare, dalla a)<br />

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segue che se gS fosse di poco più debole esisterebbe "soltanto idrogeno"; mentre se<br />

fosse di poco più forte "probabilmente ... potrebbero esistere nuclei stabili di una<br />

dimensione quasi illimitata" (CARTER 1970, p. 6a del preprint. Su questo cfr. anche<br />

CARR/REES 1979, p. 611).<br />

A Cracovia l'autore dedicò quindi solo poche righe alle "restrizioni a priori" che<br />

possono essere imposte sui "parametri fondamentali dalla fisica nucleare". Come riferito<br />

nel testo egli ribadì ad ogni modo che se gS fosse stata "più debole" non sarebbe stato<br />

possibile altro elemento che l'idrogeno.<br />

Ulteriori coincidenze legate a gS furono discusse ad es. in SALPETER 1966 e in<br />

CARR/REES 1979. Sull'argomento cfr. anche BARROW/TIPLER 1986, p. 398/400.<br />

165: CARTER 1974, p. 298<br />

166: CARTER 1993, p. 54<br />

167: CARTER 1983. Vedi anche: BARROW/TIPLER 1986, p. 17; GARRETT/COLES<br />

1993.<br />

168: CARTER 1993, p. 33. Per un punto di vista critico v. KIRSCHENMANN 1992, p.<br />

79 e ss. e 1994, p. 478 e ss.; HACKING 1987.<br />

169: CARTER 1983, p. 348<br />

170: BARROW/TIPLER 1986, p. 17. Si noti che, affrontando il tema delle applicazioni<br />

antropiche del teorema di Bayes, Demaret e Lambert hanno parlato esplicitamente di<br />

una "formula di Carter-Bayes". V. DEMARET/LAMBERT 1994, p. 292.<br />

171: GARRETT/COLES 1993, p. 37<br />

172: CARTER 1993, p. 33<br />

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173: Cfr: GARRETT/COLES 1993, p. 3o e ss.; CARTER 1983, p. 352; CARTER 1993,<br />

p. 51 e ss.; BARROW 1988a, p. 4; Barrow dissente comunque soprattutto da Kuhn<br />

[BARROW 1988a, p. 334 e ss.] e rivendica un approccio whig alla storia della scienza<br />

[cfr. BARROW/TIPLER 1986, p. 9 e ss.]. Per una presa di posizione di Popper sul<br />

problema dell'induzione in cosmologia v. SCHILLP 1974, in particolare p. 1027.<br />

È curioso ad ogni modo notare che in ZABIEROWSKI 1995 si è tentata una<br />

connessione fra l'interpretazione popperiana della meccanica quantistica e una<br />

particolare prospettiva antropica.<br />

174: GARRETT/COLES 1993, p. 32; corsivi degli autori.<br />

175: BARROW 1983, p. 147<br />

176: Ibid, p. 148<br />

177: La considerazione del contesto quantistico conduce Barrow a due ulteriori possibili<br />

interpretazioni del SAP. La prima è l'elaborazione dell'idea di genesis through<br />

observership di Wheeler; l'altra implica "un'intera classe di altri mondi reali", che va<br />

ricercata nel contesto dell'interpretazione a molti mondi di Everett o in approcci del tipo<br />

"somma sulle storie" alla gravità quantistica. È in questo contesto che Barrow introduce<br />

le definizioni di PAP e di FAP.<br />

178: ELLIS 1988a, p. 508. La definzione a cui si fa riferimento è quella data qui nella<br />

prima citazione del par. 4 (Human bodies ...).<br />

178a: Vale la pena a proposito ricordare che in BARROW 1983 l'autore dedica parte<br />

della trattazione a quella che lui chiama (p. 146) "una nuova base per l'esistenza di<br />

'molti mondi'"; base che definisce "puramente fisica" e "verificabile, in via di principio,<br />

tramite esperimenti di fisica delle alte energie".<br />

Ciò a cui fa riferimento è lo scenario delle cosiddette "teorie caotiche di gauge" o<br />

"teorie stocastiche di gauge". Ovvero: quelle teorie secondo le quali le leggi e le<br />

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simmetrie osservate rappresentano caratteristiche accidentali del nostro mondo di basse<br />

energie.<br />

Tali teorie sono state proposte, ad esempio, da autori quali Förster, Ninimiya, Shenker,<br />

Brene e Chadha. <strong>Il</strong> caso forse più noto è però quello del danese H. B. Nielsen.<br />

Secondo quest'ultimo (v. ad es. NIELSEN 1983) a temperature prossime a 1032 ° K,<br />

qualsiasi tipo di simmetria scompare e non vi sono affatto leggi di natura. Le regolarità<br />

che noi percepiamo come tali sono perciò, in un certo senso, semplici illusioni legate ad<br />

un'origine puramente casuale.<br />

In un simile contesto alcune delle costanti fondamentali hanno un'origine che è statistica<br />

in via di principio e possono assumere valori diversi in regioni diverse del cosmo.<br />

Barrow, nella sua nota del'83, introduce idee analoghe e mette in antitesi lo spirito del<br />

programma delle teorie caotiche di gauge e la "completa anarchia microscopica" che<br />

esso comporta con la ricerca di una teoria finale e con quella prospettiva (sostenuta ad<br />

esempio da Hawking) che ambisce ad individuare una sola legge logicamente possibile<br />

(su quest'ultimo punto cfr. anche BARROW/TIPLER 1986, p. 257).<br />

Al tempo stesso Barrow giustifica la rilevanza di un insieme di universi possibili come<br />

quello generato dalla dinamica casuale delle teorie caotiche di gauge e - a dispetto<br />

dell'antipatia di Carter per il termine "realtà" - sostiene (BARROW 1983, p. 152) che un<br />

simile insieme mette in evidenza "universi alternativi reali [real] come possibilità senza<br />

associare la simultanea presenza di un numero infinito di molti mondi".<br />

179: Cfr. il capitolo 12 sotto.<br />

180: Le due definizioni sono contenute, rispettivamente, in BARROW/TIPLER 1986, p.<br />

523 e 510. Nella seconda i corsivi sono miei.<br />

181: Ibid. p. 19. Cfr. anche McCALL 1994, p. 62 dove si sostiene che il WAP e l'idea di<br />

una collezione di universi eliminano la necessità del SAP in cosmologia. Si noti però<br />

che altri autori [ad es. ZABIEROWSKI 1993 e GRABINSKA 1996] in pratica<br />

sostengono che l'esistenza di una collezione di universi è tacitamente assunta in<br />

qualsiasi forma del WAP.<br />

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182: BARROW 1993a. Cfr. ad es. LESLIE 1989, cap. IV.<br />

183: BARROW 1988a, p. 15. Cfr. BARROW 1993b; Barrow nel meeting della Royal<br />

Astronomical Society del 9/10/1992 (in: Observatory 113, p. 105/114).<br />

184: BARROW 1993b, p. 131<br />

185: Cfr. DREES 1990, p. 83; su questi temi v. DALLA CHIARA/TORALDO 1988.<br />

186: LESLIE 1994a, p. 117<br />

187: LESLIE 1989, p. 135<br />

188: GARRETT/COLES 1993, p. 34 e ss.. Gli autori includono in tale categoria gran<br />

parte delle proposte attuali nell'ambito della cosmologia quantistica.<br />

189: LINDE 1990a, p. 310 corsivi di Linde.<br />

190: Sull'interpretazione antropica di Λ vedi: DAVIES/UNWIN 1981 (dove si sostiene<br />

[p. 147] che "forse l'eccessiva piccolezza di Λ è un aspetto che caratterizza soltanto la<br />

nostra particolare regione dell'universo"); HAWKING 1982 (un intervento di Hawking<br />

tenuto al Nuffield Workshop dell'Imperial College di Londra nell'agosto 1981. Sia il<br />

lavoro di Hawking che quello di Davies e Unwin fanno appello a quello che si è qui<br />

definito WAPb) e HAWKING 1983; BARROW/TIPLER 1986; EFSTATHIOU 1995,<br />

1996; LINDE 1989, 1989a, 1990a, 1990b; SAKHAROV 1984; SHEVCHENKO 1993;<br />

TANGHERLINI 1989; TIPLER 1989b; WEINBERG 1987a, 1989, 1993, 1997. Per<br />

altre recenti applicazioni del principio antropico v. DOWRICK/McDOUGALL 1988;<br />

BALASHOV 1990; GARCIABELLIDO et al 1994; PAGE 1997;<br />

RUBIKOV/SHAPOSHNIKOV 1989; SHAPOSHNIKOV/TKACHEV 1990;<br />

TEGMARK 1997; VILENKIN 1995a, 1995b.<br />

191: EFSTATHIOU 1996; WEINBERG 1993, tr. it. p. 230.<br />

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192: WEINBERG 1993, tr. it. p. 237.<br />

193: WEINBERG 1987b, p. 436<br />

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194: SCIAMA 1993; cfr. SCIAMA 1980 (in part. p. 395), 1995 e 1996;<br />

ABRAMOWICZ/ELLIS 1989 195: OLDERSHAW 1990. Cfr. ad es.: PEEBLES/SILK<br />

1990; KASHLINSKY et al 1991; sullo stato attuale del modello standard, vedi ad es.<br />

PEEBLES/SCHRAMM/TURNER/KRON 1991; BARROW 1987.<br />

196: Cfr. MUNITZ 1986, in particolare cap. 5.<br />

197: CARTER 1983, p. 347<br />

197a: Nel 1983 J. Ellis, Nanopoulos e Steigman progettarono un modello di "inflazione<br />

antropica" per giustificare, sulla base dell'"esistenza dei cosmologi", un valore attuale di<br />

Ω = 100±1 contro la predizione di molti modelli inflazionari che predicevano Ω = 1. <strong>Il</strong><br />

lavoro non fu mai completato, ma le idee di fondo sono menzionate ad es. in: ELLIS J.<br />

1984, in particolare p. 444.<br />

198: Confronta i lavori di Linde citati in bibliografia. Vedi anche BARROW 1988b e<br />

1993a. Per un'esauriente panoramica dei problemi dell'universo inflazionario nelle sue<br />

verie versioni v. OLIVE 1990.<br />

199: citazioni da LINDE/LINDE/MEZHLUMIAN 1994, rispettivamente: p. 1784 e<br />

1824.<br />

200: LINDE 1987a, p. 68<br />

201: ELLIS/BRUNDRIT 1986<br />

202: Vedi CARTER 1983. Cfr. nota 34 sopra.<br />

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203: TIPLER 1981b. Altrove [BETTINI 1991] mi sono occupato da vicino della<br />

polemica fra Tipler e i sostenitori di SETI, ma è curioso notare in questa sede come uno<br />

dei più autorevoli fra i promotori della ricerca di messaggi di civiltà extraterestri, Carl<br />

Sagan, ritenesse il principio antropico più un ostacolo che un sostegno per la posizione<br />

di Tipler. Cfr.: Sagan comunicazione personale a F. Tipler citata in TIPLER 1981b p.<br />

288.<br />

204: Rispettivamente: TIPLER 1989b, p. 32 maiuscole di Tipler; BARROW/TIPLER<br />

1986, p. 23.<br />

205: TIPLER 1989b, p. 32 maiuscole e neretto di Tipler.<br />

206: BARROW/TIPLER 1986, p. 658; cfr.: TIPLER 1989a, in part. p. 222.<br />

207: REES 1969 (cfr. anche Rees in LAURIE 1973); DYSON 1979a, 1979b;<br />

FRAUTSCHI 1982. Per una rassegna sul problema del futuro dell'universo v.<br />

ADAMS/LAUGHLIN 1997. <strong>Il</strong> tema della vita (sebbene considerato dagli autori<br />

"seducente") non è però considerato in tale lavoro. Si veda anche PAGE/McKEE 1983:<br />

a p. 23 i due autori chiamano biotic principle quell'"estensione fortemente speculativa<br />

del principio antropico" secondo la quale "poiché le condizioni dell'universo sono tali<br />

che la vita può esistere adesso, la vita deve continuare per sempre".<br />

208: BARROW/TIPLER 1986, p. 675<br />

209: Ibid., p. 674<br />

210: TIPLER 1989b, p. 32<br />

211: Cfr.: DEUTSCH 1997, tr. it. p. 318.<br />

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212: Tempi dell'ordine di centinaia di milioni di anni, se si assume l'attuale tecnologia<br />

missilistica. Cfr: TIPLER 1981a; BARROW/TIPLER 1986, cap. 9.<br />

213: BARROW/TIPLER 1986, p. 659<br />

214: Cfr. ad es. BARROW/TIPLER 1986, p. 154 e ss.; DAVIES 1992, cap. 5. In<br />

particolare si veda TIPLER 1986: qui Tipler non usa esplicitamente il termine "vita" ma<br />

si limita a far riferimento a computer o, in altre parole, a "un'autentica macchina di<br />

Turing universale" che "in via di principio potrebbe essere costruita" se si accetta che il<br />

nostro universo sia chiuso e abbia una singolarità finale del tipo Punto Omega.<br />

215: TIPLER 1994a, tr. it. p. 140.<br />

215a: Cfr. in particolare TIPLER 1986. Oltre che a Teilhard de Chardin, Tipler rimanda,<br />

con questa scelta terminologica, alla concezione di Schelling di una divinità che evolve<br />

insieme al cosmo. Cfr.: BARROW/TIPLER 1986, p. 156/157.<br />

216: TIPLER 1989b, p. 35, 1994a, tr. it. p. 139.<br />

217: BARROW/TIPLER 1986, p. 677; corsivi degli autori.<br />

218: DREES 1990, p. 128 e ss..<br />

219: TIPLER 1994a, tr. it. p. 149<br />

220: TIPLER 1989b, p. 35. Cfr. TIPLER 1988, 1989a.<br />

221: TIPLER 1989a, p. 231<br />

221a: A fare le spese del carattere sconcertante dei temi toccati da Tipler sono stati ad<br />

esempio G. F. R. Ellis e D. H. Coule, i quali si sono visti rifiutare un loro articolo di<br />

risposta a Tipler sia dalle Physics Letters B che da un'altra rivista di fisica teorica della<br />

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quale i due autori preferiscano non fare il nome. ELLIS/COULE 1994 fu infine<br />

pubblicato su General Relativity and Gravitation. Una delle tesi centrali di quel lavoro<br />

fu che nessun tipo di computer fisico o di sistema di immagazzinamento delle<br />

informazioni potrebbe continuare a operare alle energie caratteristiche di una fase di<br />

estrema contrazione dell'universo. Gli autori posero seri dubbi sul meccanismo<br />

suggerito da Tipler per ammettere l'esistenza di una "vita" intelligente "incorporata"<br />

nella materia a simili energie e aggiunsero che, vista la difficoltà nel distinguere le idee<br />

di Tipler su questo punto dalla fantascienza o dalla fantasia, sarebbe stato più opportuno<br />

se il fisico di New Orleans avesse evitato di pubblicare simili tesi su una rivista<br />

scientifica.<br />

222: Citazioni rispettivamente da: SILK 1986 e PRESS 1986.<br />

223: Citazioni rispettivamente da: PRESS 1986, p. 316 e 315. Cfr. anche le conclusioni<br />

tirate in GALE 1987, p. 490/491.<br />

224: Citazioni rispettivamente da: SKLAR 1989, p. 50 e ELLIS 1994, p. 115. Cfr. però<br />

BIRTEL 1995 ove è proposta una "critica delle critiche del lavoro di Tipler" [p. 315] e<br />

che, comunque, ritiene TIPLER 1994a "il miglior tentativo sinora offerto di integrare<br />

scienza e religione" [p. 327].<br />

225: TIPLER 1994a, tr. it. p. 3.<br />

226: Cfr. ad es. TIPLER 1985.<br />

227: TIPLER 1994b, p. 198; si noti che i recenti risultati del Tevatron Collider Project<br />

accreditano una massa del top quark di 175 ± 8 GeV. Cfr. CAMPAGNARI/FRANKLIN<br />

1997, p. 198.<br />

228: TIPLER 1989b, p. 32; cfr.: TIPLER 1989a, nota 2, p. 250.<br />

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229: DIRAC 1961, p. 441. Si noti che, secondo Overbye [OVERBYE 1990, tr. it. p.<br />

110], anche Sciama - negli anni sessanta - avrebbe affermato di preferire la teoria dello<br />

stato stazionario perché era "l'unica" a incarnare "un ideale così bello" come quello<br />

secondo il quale "la vita sarà sempre possibile da qualche parte".<br />

230: CARTER 1988, p. 188<br />

231: TIPLER 1994a, tr. it. rispettivamente p. 4 e 13.<br />

232: Ibid. p. 284<br />

233: Cfr: LESLIE 1994a, p. 117<br />

234: ELLIS 1988a, p. 511<br />

235: ABRAMOWICZ/ELLIS 1989, p. 411. Cfr. ad es. ORTOLAN/SECCO 1996.<br />

236: Le bibliografie più cospicue sono in: BARROW/TIPLER 1986; BALASHOV<br />

1991; BETTINI 1990.<br />

237: Citazione da BARROW/TIPLER 1986, p. 1.<br />

238: BARROW/TIPLER 1986, p. VII/VIII, corsivi di Wheeler.<br />

239: PAGELS 1985a e 1985b, GOULD 1983, MEROPE 1989, GRATTON 1987.<br />

240: SOSIO 1988<br />

240a: James Cushing, citato in GALE 1986c, p. 396.<br />

241: HAWKING 1981, p. 4; cfr. ad es. REES 1987, p. 47.<br />

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242: BERTOTTI 1979; v. anche ad es.: SCIAMA 1959; WHITROW/BONDI 1954;<br />

McCREA 1962, Sciama e McCrea in LAURIE 1973, tr. it. p. 76/95 e 119/134.<br />

243: OVERBYE tr. it. ad es. p. 250. Cfr. LINDE 1987a, p. 61. Per una panoramica<br />

recente sull'intima connessione fra fisica delle particelle e cosmologia v. ad es.: KOLB<br />

et al 1996.<br />

244: KIRSCHENMANN 1994; cfr.: REES 1981, p. 123 e PAGE 1987.<br />

245: EARMAN 1987, p. 315/316. Vedi anche LESLIE 1989.<br />

246: Ad es. BARROW/TIPLER 1986, p. 125. Un punto di vista diverso è reperibile nei<br />

lavori di Miroslaw Zabierowski e Teresa Grabinska [ZABIEROWSKI 1986, 1988b e<br />

1993; GRABINSKA 1993]. Costoro affrontano anzitutto la questione della relazione fra<br />

soggetto e oggetto nella fisica contemporanea e, quindi, interpretano il principio<br />

antropico - associato apertamente all'idea di una collezione di universi - come uno dei<br />

motivi che - insiemi a quelli provenienti da certe interpretazioni della meccanica<br />

quantistica e della termodinamica dei processi irreversibili - conducono a una critica e a<br />

un'emancipazione del concetto "newtoniano/cartesiano" della relazione fra soggetto e<br />

oggetto. Zabierowski ha indicato nella "modificazione antropica della cognizione fisica<br />

oggettiva" un "punto di svolta" sia della cosmologia che della filosofia. A mio avviso,<br />

comunque, la tendenza assai diffusa di accostare le argomentazioni antropiche con la<br />

critica mossa in certi ambienti verso l'intero "paradigma cartesiano/newtoniano" [questa<br />

traspare ad es. in HARRIS 1991 e MORIN 1988] può essere assai fuorviante. Non è<br />

possibile affrontare in questa sede tale questione poiché essa necessita di un'indagine<br />

profonda sul ruolo giocato, nelle scienze fisiche, dalla metafisica nelle sue varie<br />

accezioni.<br />

247: ROSEN 1985, 1986, 1988. Per altri punti di vista v.: GALE 1986c, 1997;<br />

PACHOLCZYK 1984; POLLARD 1984; JAKI 1987; KANITSCHEIDER 1991;<br />

BALASHOV 1992.<br />

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248: Com'è illustrato ad es. nel "classico" FORMAN 1971.<br />

249: TIPLER 1994a, tr. it. p. 280. Tipler chiama "riduzionismo ontologico" quello che<br />

Weinberg chiama "riduzionismo oggettivo". Altrove (TIPLER 1988, p. 315) Tipler ha<br />

affermato chiaramente di credere nel riduzionismo ontologico e nell'anti-riduzionismo<br />

epistemologico.<br />

250: Ibid., p. 198/199<br />

251: WEINBERG 1977, tr. it. p. 170. Forman ha scritto di recente, citando K. Knopp,<br />

che "per gli scienziati la trascendenza è inseguita considerando l'umanità 'soltanto un<br />

effimero abbellimento che ravviva per un momento il grande paesaggio del cosmo'".<br />

Questo può essere associato alla "dignità di una tragedia" di cui parla Weinberg. Cfr:<br />

FORMAN 1991, p. 84.<br />

252: DALLAPORTA 1986, 1993, 1997.<br />

253: KRAGH 1996b<br />

254: ZEL'DOVICH 1992, p. 98<br />

255: Cfr.: LINDE 1987a, p. 62, 1987b, p. 169. Cfr. ad es. DAVIES 1992, cap. VII. Per<br />

una prospettiva filosofica v. ad es.: RESCHER 1984; NOZICK 1981; un volume<br />

quest'ultimo di cui Barrow e Tipler significativamente sconsigliano la lettura<br />

[BARROW/TIPLER 1986, p. 121, nota 244].<br />

256: GUTH 1981<br />

257: BARROW 1988b, p. 106. Su questi punti v. le osservazioni di Leslie in LESLIE<br />

1989, p. 79.<br />

258: HARRISON 1985, tr. it. p. 330<br />

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259: ELLIS 1993b, p. 1<br />

260: ATKINS 1981<br />

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261: WHEELER 1977; ZABIEROWSKI 1988b, 1993; MUNITZ 1986; LESLIE 1970,<br />

1978, 1979, 1986a; DALLAPORTA 1986; ELLIS 1993b, cap. 9.<br />

262: BARROW/TIPLER 1986, p. 154<br />

263: V. ad es. SMOOT et al 1992; SMOOT 1993 e il saggio "divulgativo" SMOOT<br />

1993b. Per una rassegna recente v. BARREIRO 2000.<br />

264: Questi temi sono stati già accennati sopra nel cap. 11, in particolare in<br />

corrispondenza della nota 227.<br />

265: TEGMARK/REES 1998; citazioni da p. 526<br />

266: Svolte da Tegmark e Rees alle p. 530/531 del lavoro nominato nela nota<br />

precedente.<br />

267: Ibid., p. 531<br />

268: REES 1997, p. 137<br />

269: Delle quali è stato scritto che consentono all'immaginazione di "vagare<br />

liberamente". V. BARTUSIAK 1986, p. 249.<br />

270: Due recenti ricostruzioni dell'evoluzione della cosmologia inflazionaria sono<br />

fornite in LINDE 1996 e WATSON 2000. Una raccolta dei primi lavori sull'inflazione è<br />

disponibile in ABBOTT/PI 1986.<br />

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271: EARMAN/MOSTERIN 1999; citazioni da p. 1 e 10. Più avanti (p. 35) Earman e<br />

Mosterin parlano di "zoo di modelli cosmologici che incorporano l'inflazione".<br />

272: Per tradurre "inflaton field" ho adottato l'espressione "Campo inflaton". In questo<br />

seguo, ad esempio, la traduzione italiana di BUCHER/SPERGEL 1999.<br />

273: Fra le altre cose, una simile identificazione comporterebbe infatti un valore del<br />

parametro Q troppo elevato per essere accettabile.<br />

274: Per una rassegna v. WATSON 2000, p. 50 e ss., e riferimenti bibliografici lì<br />

riportati.<br />

275: Presumibilmente tali vincoli furono considerati per la prima volta in<br />

ADAMS/FREESE/GUTH 1991.<br />

276: Espressione usata in EARMAN/MOSTERIN 1999, p. 38.<br />

277: <strong>Il</strong> plurale è qui usato da Weinberg che, come si vedrà sotto, distingue un "vecchio"<br />

e un "nuovo" problema della costante cosmologica. V. WEINBERG 2000b. Un'analoga<br />

terminologia è adottata ad es. anche in GARRIGA/VILENKIN 2000b. Per una rassegna<br />

generale sullo status delle ricerche concernenti la costante cosmologica v.:<br />

CARROLL/PRESS/TURNER 1992 e SAHNI/STAROBINSKY 2000.<br />

278: Alla stregua ad esempio delle costanti d'accoppiamento di gauge.<br />

279: V. ad es. RIESS et al 1998; PERLMUTTER et al 1999, ZAHAVI/DEKEL 1999;<br />

RIESS 2000. Per un sommario v. HOGAN/KIRSHNER/SUNTZEFF 1998. Ulteriori<br />

informazioni sono reperibili presso i siti http://www-supernova.lbl.gov/ http://cfa-<br />

www.harvard.edu/cfa/oir/Research/supernova/HighZ.html<br />

280: In presenza di una costante cosmologica si ha: q0 = [(Ωmat./2) - ΩΛ].<br />

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281: Fra le altre cose, è stata suggerita una connessione fra l'accelerazione dell'universo<br />

implicata dale supernovae e una variabilità del valore della costante di struttura fina α<br />

dipendente dai redshift. V. ad es. BARROW/MAGUEIJO 1999.<br />

Barrow e Maguejio poggiano le loro idee sull'eventualità che la luce potesse propagarsi<br />

più velocemente nelle fasi iniziali dell'universo. Una teoria che propone una simile<br />

"velocità della luce variabile" (Varying Speed of Light, VSL) è stata sviluppata da<br />

Andreas Albrecht e dallo stesso Maguejio (ALBRECHT/MAGUEIJO 1999).<br />

Barrow, Bean e Magueijo hanno anche avanzato la possibilità che l'accelerazione<br />

dell'universo sia un fenomeno che, sebbene oggi dominante, non durerà per sempre<br />

(BARROW/BEAN/MAGUEIJO 2000).<br />

Per una rassegna generale sullo status delle teorie che invocano una variazione di α<br />

come soluzione di vari problemi cosmologici v. BARROW/MAGUEIJO 1998 e<br />

riferimenti bibliografici lì riferiti.<br />

282: Ad es.: ARKANI-HAMED/HALL/KOLDA/MURUYAMA 2000;<br />

BANKS/DINE/MOTTL 2000; BLUDMAN 2000a, 2000b, 2001; DONOGHUE 2000a,<br />

2000b, 2001; GARRIGA 1997; GARRIGA/LIVIO/VILENKIN 2000;<br />

GARRIGA/VILENKIN 2000a, 2000b; HAWKING/TUROK 1998b;<br />

MARTEL/SHAPIRO/WEINBERG 1998; SIVARAM 1999; WEINBERG 2000a.<br />

283: HAWKING/TUROK 1998a. In precedenza "lo scenario naturale per ottenere un<br />

universo aperto ... attraverso l'inflazione" era stato presentato in<br />

BUCHER/GOLDHABER/TUROK 1995 e BUCHER/TUROK 1995 mantenendo però<br />

l'idea di uno stato di falso vuoto per l'universo e ricorrendo a due fasi inflazionarie. La<br />

possibilità di universi inflazionari che conducono a Ω0 < 1 è del resto più volte apparsa<br />

nella letteratura a partire da GOTT III 1982.<br />

La questione dell'ammissibilità di modelli inflazionari con Ω0 ≠ 1 fu in particolare<br />

discussa in ELLIS 1988b, ed è stata nuovamente sottoposta ad indagine critica in<br />

COLES/ELLIS 1997, p. 29 e s..<br />

Occorre notare infineche un tentativo di riconciliare un universo aperto di bassa densità<br />

con l'inflazione "senza contare né sul principio antropico né su condizioni iniziali<br />

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speciali fu avanzato nel '95 da Luca Amendola, Carlo Baccigalupi e Franco Occhionero<br />

(AMENDOLA/BACCIGALUPI/OCCHIONERO 1995).<br />

284: Presentato originariamente in HARTLE/HAWKING 1983. Turok ha precisato che<br />

la proposta no boundary è particolarmente "attraente" in cosmologia quantistica "perché<br />

è basata su idee semplici e generali che hanno una giustificazione al di là della<br />

cosmologia". V. TUROK 2000, p. 2 del preprint.<br />

285: Gli instanton sono soluzioni delle equazioni della relatività generale e della materia<br />

che descrivono le condizioni iniziali dell'universo (o, per meglio dire, la probabilità che<br />

si formino certi universi). Hawking e Turok hanno da parte loro sfruttato una serie di<br />

soluzioni instanton che hanno la forma della proposta di Hartle e Hawking.<br />

Come ammesso dai medesimi autori tali instanton sono peculiari sotto diversi aspetti (v.<br />

la nota successiva).<br />

In ogni caso Hawking e Turok hanno esteso, nel loro lavoro del 1998, un concetto<br />

inizialmente presentato in COLEMAN/DE LUCCIA 1980 (anche se il nome instanton<br />

non compare in quel lavoro), escludendo però dalla loro trattazione la presenza del falso<br />

vuoto che caratterizzava l'instanton di Coleman e de Luccia.<br />

Anche Vilenkin, nel 1982, ricorse ad un instanton per illustrare la creazione dal niente<br />

di uno spazio/tempo di de Sitter (cioè: di un universo in espansione esponenziale).<br />

Nell'ottica di Vilenkin però l'universo doveva essere chiuso. V. VILENKIN 1982.<br />

286: Gli instanton di Hawking e Turok riescono ad evitare il ricorso al falso vuoto solo<br />

al prezzo dell'introduzione di singolarità in cui la curvatura e il campo scalare<br />

divengono infiniti. Secondo gli autori, ad ogni modo, ciò non pregiudica il modello<br />

perché la singolarità risulta integrabile e l'azione dell'instanton finita.<br />

287: La singolarità dell'instanton di Hawking e Turok è discussa criticamente in<br />

particolare in UNRUH 1998 e VILENKIN 1998a. Sono state invece ulteriormente<br />

indagate d es. in TUROK 1999; GRATTON/TUROK 1999, 2000. Per una<br />

presentazione dei vari problemi in gioco v. in particolare TUROK 2000.<br />

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288: KIRKLIN/TUROK/WISEMAN 2000. Gli autori di questo lavoro hanno mostrato<br />

come rimuovere la singolarità attraverso una modifica delle variabili del campo. <strong>Il</strong><br />

processo "regolarizza" gli instanton (rendendo le singolarità, singolarità di coordinata<br />

nel superspazio) ma non sembra dissolvere tutte le difficoltà.<br />

289: HAWKING/TUROK 1998a, p. 7 del preprint. 290: In un universo del genere le<br />

galassie sarebbero attualmente separate da distanze dell'ordine di 10100000000 anni luce e<br />

l'"universo sarebbe praticamente privo di struttura". Sulla base di questa constatazione<br />

Linde ha concluso che "la funzione d'onda di Hartle/Hawking non descrive la<br />

probabilità di creazione dell'universo", concordando con Vilenkin sulla necessità di<br />

ricorrere invece all'effetto tunnel quantistico. V. LINDE 1998. Hawking e Turok hanno<br />

replicato a Linde in HAWKING/TUROK 1998c.<br />

Un tentativo di mediare fra la proposta "no boundary" di Hartle/Hawking e l'effetto<br />

tunnel suggerito da Linde e Vilenkin è stato presentato in PAGE 1997. Quest'ultimo ha<br />

sottolineato (p. 2066) che il WAP non riguarda soltanto la nostra collocazione spaziale e<br />

temporale nell'universo, ma anche la nostra collocazione "nello stato quantistico<br />

dell'universo (ad es. dove siamo all'interno della distribuzione di probabilità per<br />

configurazioni differenti dell'universo)".<br />

291: Nel '98 essi suggerirono il ricorso a "più campi o dimensioni extra" per risolvere il<br />

problema.<br />

292: HAWKING/TUROK 1998a, p. 7 del preprint.<br />

293: Per un primo approccio all'inflazione eterna (o più propriamente "semi-eterna") v.<br />

GUTH 2000. In VILENKIN 1999, l'autore prende comunque in considerazione vari<br />

modelli di inflazione aperta. In particolare: modelli con un solo campo scalare, modelli<br />

con due campi e - in particolare - i cosiddetti modelli di inflazione "quasi-aperta". Su<br />

questi si v. ad es. LINDE 1998; VILENKIN 1998a, 1998b;<br />

GARRIGA/TANAKA/VILENKIN 1999; GARCIA-BELLIDO 1998 e GARCIA-<br />

BELLIDO/GARRIGA/MONTES 1997.<br />

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294: VILENKIN 1999, p. 3 del preprint.<br />

295: VILENKIN 1998a<br />

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296: VILENKIN 1999, nota 2, p. 8 del preprint.<br />

297: Ibid., p. 2. Cfr. VILENKIN 1995a, 1995c (in particolare p. 3/4 del preprint) e<br />

l'articolo "divulgativo" VILENKIN 1998b.<br />

298: VILENKIN 1999, p. 4 del preprint.<br />

299: Ibid., p. 3<br />

300: Ad es. WEINBERG 1987a.<br />

301: VILENKIN 1999, p. 4 del preprint.<br />

302: GARRIGA/TANAKA/VILENKIN 1999, p. 2 della versione 2 del preprint.<br />

303: VILENKIN 1999, p. 4/6 del preprint; GARRIGA/TANAKA/VILENKIN 1999, p.<br />

10 e s. della versione 2 del preprint.<br />

304: VILENKIN 1999, p. 3<br />

305: Cioè il grande numero adimensionale notato a suo tempo da Dicke.<br />

306: GARRIGA/TANAKA/VILENKIN 1999, p. 23 della versione 2 del preprint.<br />

307: VANCHURIN/VILENKIN/WINITZKI 2000. Questo lavoro segue una linea di<br />

ricerca già perseguita con VILENKIN 1995b, 1999 e WINETZKI/VILENKIN 1996. <strong>Il</strong><br />

problema è sostanzialmente quello di definire quali eventi o proprietà sono probabili e<br />

quali improbabili per un universo che comincia ad evolversi nel contesto dell'inflazione<br />

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eterna (dove, nel metauniverso, ogni cosa che puà accadere accadrà in effetti infinite<br />

volte. Per avvicinare questi problemi e i metodi di Vilenkin e collaboratori si può vedere<br />

ad es. GUTH 2000, TUROK 2000 VILENKIN 2000.<br />

308: In particolare: un metodo basato sull'equazione di Fokker/Planck dell'inflazione<br />

stocastica e un metodo basato sulla simulazione diretta dello spaziotempo inflazionario.<br />

309: Turok, ad esempio, ha scritto che una formulazione del principio antropico<br />

rappresenta "per molti fisici un passo indietro dall'obiettivo di spiegare l'Universo da<br />

principi matematici fondamentali" (v. TUROK 2000, p. 15 del preprint).<br />

Si tenga presente inoltre la posizione di Lee Smolin, il quale - nel capitolo titolato "al di<br />

là del principio antropico" di SMOLIN 1997 - ha affermato che il principio antropico (o,<br />

meglio, quello che ho qui chiamato WAPb) è una di quelle "idee sbagliate eppure utili e<br />

necessarie in certi stadi di sviluppo della scienza". Secondo Smolin, è necessario da una<br />

parte riservare "grande rispetto" nei confronti degli inventori del principio antropico<br />

poiché esso ha "fino ad oggi giocato un ruolo utile nello sviluppo della cosmologia", ma<br />

- dall'altra - è nondimeno giunto il momento di lasciare le argomentazioni antropiche<br />

"alle spalle". Questo sia perché il WAP non è in grado di produrre una predizione che<br />

possa essere falsificata dall'osservazione"; sia perché - forse - nei contesti delle teorie<br />

fondamentali che "postulano l'esistenza di un gran numero di universi alternativi" si può<br />

"far di meglio" che limitarsi (ricorrendo al ragionamento antropico) a tentare di "salvare<br />

le sorti della battaglia".<br />

310: BARVINSKY 1998. Barvinsky aggiunge che il principio antropico "può spiegare<br />

praticamente qualsiasi cosa senza essere in grado di prevedere alcunché" (p. 2 del<br />

preprint). V. anche BARVINSKY 1999.<br />

Si noti che un'alternativa agli argomenti antropici per spiegare l'eventualità di un<br />

universo attualmente in espansione accelerata è stata avanzata in ARMENDIRAZ-<br />

PICON/MUKHANOV/STEINHARDT 2000 ricorrendo al concetto di "essenza-k".<br />

311: KANE/PERRY/ZYTKOW 2000<br />

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312: GREENE 1999, tr. it. p. 346. Ad onor del vero Greene ammette comunque che il<br />

"concetto di multiverso ... ci mette in guardia dal rischio di pretendere troppo da una<br />

[teoria del tutto]". Auspica in ogni caso che qualora la teoria ultima non fosse in grado<br />

di spiegare "le specifiche proprietà delle masse delle particelle, delle cariche di gauge e<br />

delle forze", si potrebbe comunque ottenere una "'teoria ultima estesa' in grado di<br />

spiegare come e perché i valori dei parametri fondamentali si distribuiscano nella<br />

moltitudine di universi che costituiscono" (p. 347).<br />

<strong>Il</strong> rapporto fra teorie del tutto e il WAP come principio di selezione è indagato anche in<br />

TEGMARK 1998. Tegmark si è chiesto se il mondo fisico può essere considerato<br />

"isomorfo a una qualche struttura matematica" e ha discusso la tesi estrema secondo la<br />

quale "tutte le strutture che esistono in senso matematico ..., esistono anche in senso<br />

fisico". Le idee di Tegmark sono discusse ad es. in STENGER 2000 e in STANDISH<br />

2000a, 2000b.<br />

Infine, l'opposizione fra tendenze riduzioniste e antropiche negli scienziati<br />

contemporanei è considerata in KING 1999.<br />

313: HOGAN 2000<br />

314: KANE/PERRY/ZYTKOW 2000, p. 11 del preprint.<br />

315: Weinberg cit. in BANKS/DINE/MOTL 2000, nota 1, p. 2 del preprint.<br />

316: V. ad es. GRANDPIERRE 1999<br />

317: CIRKOVIC 2000<br />

318: AGRAWAL/BARR/DONOGHUE/SECKEL 1998a, 1998b.<br />

319: JELTEMA/SHER 2000<br />

320: V. il capitolo 3 del presente lavoro (in particolare, la nota n. 30.<br />

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321: OBERHUMMER/PICHLER/CSOTO 1999<br />

322: BARROW 1999<br />

323: ALLAHVERDYAN/GURZADYAN 1999<br />

324: Ad es.: SHELLARD/BATTYE 1998a e 1998b.<br />

325: DONOGHUE 1998. Ai lavori nominati nel testo aggiungo qui: - una memoria<br />

degli estoni Palgi e Kaanik dedicata all'applicazione del principio antropico al<br />

rompicapo dei neutrini solari (PALGI/KAANIK 1999);<br />

- un tentativo di fornire una risposta antropica di alcune proprietà del sole (incluse la sua<br />

massa e la sua età) firmato dallo svedese B. Gustafsson (GUSTAFSSON 1998);<br />

- la proposta di un modello cosmologico in cui l'introduzione di una particolare funzione<br />

per la creazione di materia è accompagnata da considerazioni antropiche (JOHRI 1999).<br />

326: LIVIO 1998. Cfr. anche BARROW 1998.<br />

Livio avanza una dimostrazione del fatto che T ≈ τ rappresenta, contrariamente a quanto<br />

asserito da Carter nell'83, un'eventualità assai probabile.<br />

Per gli argomenti di Carter e il significato dei simboli riportati v. la n. 33 sopra.<br />

327: HANSON 1998b<br />

328: FEOLI/RAMPONE 1998. Per motivi diversi, fra gli scritti dedicati alla<br />

connessione fra principi antropici e biologia v. anche: HOYLE/WICKRAMASINGHE<br />

1999 e AKIFIEV/DEGTYAREV 1999.<br />

329: STOEGER/ELLIS 1995<br />

330: The Transhumanist FAQ (di Nick Bostrom et al) è disponibile presso il sito<br />

http://www.transhumanist.org/; I principi extropiani e le relative frequently asked<br />

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questions sono disponibili ad es. presso il sito dell'Extropy Institute o presso il portale<br />

www.extrodot.org/eo/.<br />

331: Espressione usata ad es. da George Johnson in JOHNSON 1994.<br />

332: Ciò si deduce ad es. dalla bibliografia consigliata sul testo degli Extropian<br />

Principles reperibile sul sito dell'Extropy Institute ed è in un certo senso piuttosto<br />

autoevidente viste le posizioni sulle "illimitate potenzialità dell'universo" tipiche<br />

dell'autore di "infinito in ogni dirrezione". Cfr. DYSON 1988 (citazione da p. 119 della<br />

traduzione italiana).<br />

Colgo l'occasione per notare che il tema della "resurrezione scientifica" ha una sua<br />

storia alle spalle; storia che affonda nella corrente filosofica del cosmismo russo e negli<br />

scritti di Nikolai Federovich Fedorov. Purtroppo la letteratura non in cirillico<br />

sull'argomento è assai esigua. Si v. ad es. LYTKIN/FINNEY/ALEPKO 1995; PERRY<br />

1995 e i riferimenti bibliografici riportati in tali lavori.<br />

333: Oltre alle fonti già citate nel cap. 11 del presente lavoro, v. ad es.<br />

ADAMS/LAUGHLIN 1999 e i lavori citati nella nota successiva.<br />

334: KRAUSS/STARKMAN 2000a, 2000b<br />

335: CIRKOVIC/BOSTROM 2000<br />

336: GARRIGA/MUKHANOV/OLUM/VILENKIN 2000<br />

337: GARRIGA/VILENKIN 2001<br />

338: Inter alia: GOTT 1997; LESLIE 1997*; BOSTROM 1998a, 1998b, 1999a, 1999b,<br />

2000a, 2000b, 2001b, 2001c, 2001d, 2001e; BARTHA/HITCHCOCK 1999, 2000;<br />

HANSON 1998a; FERRIS 1999; GROSMANN/LIPTON 1999; FRANCESCHI 1999;<br />

GREENBERG 1999; KORB/OLIVER 1999; CAVES 2000; OLUM 2000; SOBER<br />

2001.<br />

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339: Alle voci citate nella nota precedente va aggiunta ad es. la rassegna BOSTROM<br />

2001a.<br />

340: I lavori di Bostrom dedicati alla filosofia analitica e al futuro sono reperibili sul<br />

sito www.nickbostrom.com dove sono anche disponibili i link con la World<br />

Transhumanist Association e il Journal of Transhumanism.<br />

341: Come aveva d'altra parte già fatto in occasione della conferenza di Venezia sul<br />

principio antropico.<br />

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Stefano Bettini© 2004 – <strong>Il</strong> labirinto antropico<br />

IL LABIRINTO ANTROPICO<br />

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