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APPUNTI DI ECONOMIA SOCIALE - greenfvg.it

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<strong>APPUNTI</strong> <strong>DI</strong><br />

<strong>ECONOMIA</strong> <strong>SOCIALE</strong>


CRE<strong>DI</strong>TI<br />

La presente pubblicazione fa parte di un progetto turistico ambientale volto all’inserimento<br />

lavorativo di soggetti disabili, realizzato da Il Mosaico Consorzio di cooperative<br />

sociali di Gorizia, grazie al contributo concesso dalla Regione Autonoma Friuli Venezia<br />

Giulia ai sensi della L.R. 01/2007, art. 4 comma 53.<br />

Su mandato de Il Mosaico - Consorzio di cooperative sociali – la Cooperativa sociale<br />

Thiel ha curato la progettazione, il coordinamento e la realizzazione dell’opera.<br />

AUTORI<br />

Angelo Righetti<br />

Anna Matellon<br />

Devid Strussiat<br />

Francesco Comar<br />

Gabriella De Simon<br />

Gaetano Giunta<br />

Luca Fontana<br />

Marco Bertoli<br />

Meri Marin<br />

Monica Gregorat<br />

Paolo Del Negro<br />

Paolo Midena<br />

Umberto Sarcinelli<br />

PREFAZIONE<br />

a cura di Giulio Antonini<br />

GRAFICA<br />

Cooperativa sociale Thiel<br />

STAMPA<br />

Grafica Goriziana<br />

Settembre 2008


IN<strong>DI</strong>CE<br />

Ringraziamenti<br />

Prefazione / di Giulio Antonini<br />

LA NOSTRA <strong>ECONOMIA</strong> <strong>SOCIALE</strong><br />

di Marco Bertoli e Angelo Righetti<br />

TEORIA E PRATICA dEL BENE COMuNE<br />

di Gaetano Giunta<br />

uN MATTO PRESO IN PRESTITO ALLA NORMALITA’<br />

di Francesco Comar<br />

LA FORZA (E LA FATICA) dELL’INCLuSIONE<br />

di Anna Matellon e Monica Gregorat<br />

RIFLESSIONI dA VICINO<br />

di Paolo del Negro<br />

IL SIGNIFICATO dELLA RELAZIONE<br />

di Gabriella de Simon<br />

TRACCE dI RISPOSTE<br />

di Luca Fontana<br />

GLI INTRECCI E LE ISPIRAZIONI dEL FIuME<br />

di devid Strussiat<br />

IL SEGRETO dEL TEdESCO<br />

di Paolo Midena<br />

dAL MITO ALL’ARMONIA<br />

di umberto Sarcinelli<br />

LA REALIZZAZIONE dI uN SOGNO<br />

INTERVISTA A MASSIMO E ROBERTA<br />

a cura di Marco Bertoli e Meri Marin<br />

Parole di chiusura / di Mauro Perissini<br />

Note sugli autori<br />

pag. 6<br />

pag. 7<br />

pag. 12<br />

pag. 26<br />

pag. 36<br />

pag. 42<br />

pag. 49<br />

pag. 54<br />

pag. 62<br />

pag. 68<br />

pag. 74<br />

pag. 88<br />

pag. 94<br />

pag. 100<br />

pag. 101


RINGRAZIAMENTI<br />

Quest’opera è il risultato del coinvolgimento di numerose persone<br />

che credono in nuovi modelli di welfare e di sviluppo del terr<strong>it</strong>orio.<br />

un ringraziamento a tutti coloro che hanno creduto e sostenuto questo<br />

lavoro in particolare a Franco Brussa, per aver sostenuto le iniziative<br />

che il Consorzio di Cooperative sociali Il Mosaico intraprende nel<br />

campo dello sviluppo del terr<strong>it</strong>orio in un’ ottica di Welfare di Comun<strong>it</strong>à.<br />

A Giulio Antonini per la sua capac<strong>it</strong>à di grandi visioni del mondo e<br />

lo spir<strong>it</strong>o di abnegazione con cui le persegue, persegu<strong>it</strong>ando tutti noi.<br />

A devid Strussiat per gli spunti creativi e le allucinazioni a cui ci ha<br />

ab<strong>it</strong>uati e che si caratterizzano per l’alternativ<strong>it</strong>à con cui disegnano il<br />

mondo.<br />

A Massimiliano Pinat per aver contribu<strong>it</strong>o nella fase ideativa con le<br />

sue suggestioni.<br />

A Francesca Visintin per aver alimentato lo spir<strong>it</strong>o e nutr<strong>it</strong>o il corpo<br />

durante le cene a casa sua.<br />

Ad Albert Pimas per aver portato un po’ di sapori catalani.<br />

A Luca Fontana per aver svolto il difficile ruolo di pastore di questo<br />

variegato gregge.


PREFAZIONE<br />

Appare sempre più necessario dimostrare<br />

l’esistenza e il senso di un’ economia locale<br />

intesa come prodotto complesso<br />

ispirato dalla ricerca del bene comune.<br />

Per questo motivo nasce “Appunti di economia sociale”, un viaggio<br />

non organizzato in cui è facile perdersi leggendo di lavoro, amore,<br />

speranza, dolore, dir<strong>it</strong>ti, dign<strong>it</strong>à, sol<strong>it</strong>udine, famiglia, natura, coraggio,<br />

bellezza, sogni, e di poesia.<br />

un viaggio in cui, tuttavia, la rotta è naturalmente tracciata, ed è<br />

quella che porta il destino delle persone, anche quelle in condizione<br />

di disagio sociale, ad animare pol<strong>it</strong>iche e azioni a favore dello sviluppo<br />

economico e sociale di un terr<strong>it</strong>orio.<br />

è la rotta di un’ economia in cui l’intrapresa privata assolve una<br />

funzione pubblica e la salute delle persone è l’imprescindibile risultato<br />

di un agire comune e comun<strong>it</strong>ario.<br />

una rotta importante, dunque, soprattutto in un’epoca in cui appare<br />

corretto separare in maniera netta ciò che è sociale da ciò che è<br />

compet<strong>it</strong>ivo, l’agire per inclusione dall’agire per lo sviluppo, il fare innovazione<br />

dal tenere conto delle persone e dei loro contesti di v<strong>it</strong>a.<br />

un’ epoca di un’ economia forte e democratica in cui “che i prof<strong>it</strong>ti<br />

siano individuali ma le perd<strong>it</strong>e, almeno quelle, siano di tutti”.<br />

Si parla di economia sociale pur nell’impossibil<strong>it</strong>à di definirla in<br />

modo compiuto, perciò abbiamo chiesto ai nostri autori di raccontare<br />

come vivono e costruiscono la loro esperienza di economia sociale.<br />

I linguaggi e i saperi da loro proposti sono quelli della psichiatria,<br />

della m<strong>it</strong>ologia, dello sviluppo urbano e paesaggistico, delle energie<br />

rinnovabili, del giornalismo, della letteratura, dell’ecoturismo, della<br />

grafica, dell’arte e della cultura, dello sviluppo rurale, della tutela ambientale,<br />

dell’assistenza e della riabil<strong>it</strong>azione psicosociale, del pubblico<br />

e del privato.<br />

Grazie ad essi conosciamo esperienze diverse di economia comuni-


taria in cui il cap<strong>it</strong>ale è dato dall’uomo, la mission è costruire la salute<br />

di persone, di famiglie, del terr<strong>it</strong>orio e della comun<strong>it</strong>à, e il prof<strong>it</strong>to è<br />

dato dalla coesione sociale. In cui l’innovazione sta nel trasformare i<br />

costi assistenziali a favore di pochi in investimenti a favore di molti e<br />

la compet<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à sta nel tenere insieme bisogni anche complessi delle<br />

persone con le risorse formali e informali del terr<strong>it</strong>orio.<br />

Se non fosse che la realizzazione di questo libro ha richiesto diversi<br />

mesi di gestazione, la crisi planetaria di una certa economia farebbe<br />

pensare ad un instant book, preferiamo più semplicemente pensare<br />

che questo sia solo un k<strong>it</strong> di sopravvivenza.<br />

Giulio Antonini<br />

Settembre 2008


Perchè ha ancora senso parlare<br />

di economia sociale?<br />

Poiché l’economia di mercato non gode di buona salute, anzi, in<br />

certi momenti pare effettivamente impazz<strong>it</strong>a, è utile che a questa<br />

domanda diano risposta due medici psichiatri, Angelo Righetti e<br />

Marco Bertoli che da diversi anni, lavorando in psichiatria, sostengono<br />

l’affermazione di sistemi di welfare locale in cui il rapporto<br />

di co-gestione pubblico-privato sociale favorisce l’ampliamento<br />

delle opportun<strong>it</strong>à di inclusione sociale e lavorativa di persone con<br />

problemi di salute mentale e di esclusione sociale.


LA NOsTRA <strong>ECONOMIA</strong> sOCIALE<br />

di Angelo Righetti e Marco Bertoli<br />

Termini ant<strong>it</strong>etici, che richiamano e alludono a valori separati.<br />

L’economia richiama comportamenti, valori e orizzonti di libertà,<br />

impresa, guadagno, ricchezza, potere come destino, individual<strong>it</strong>à,<br />

successo, bei vest<strong>it</strong>i firmati, buone scuole private, mer<strong>it</strong>o, evoluzione,<br />

Pil, sviluppo, accesso alle tecniche e al gioco di borsa, vacanze esotiche,<br />

consumi qual<strong>it</strong>ativi, cultura esclusiva.<br />

Sociale richiama solidarietà, giustizia sociale, collettiv<strong>it</strong>à, comun<strong>it</strong>à,<br />

famiglie, risparmio, condivisione, bene pubblico o comune, lavoro<br />

dipendente, redd<strong>it</strong>o di c<strong>it</strong>tadinanza, Fap (Fondo per l’autonomia possibile),<br />

dir<strong>it</strong>ti da rivendicare, vest<strong>it</strong>i non firmati ma pul<strong>it</strong>i, vacanze a<br />

Rimini, cultura televisiva, precarietà, quartiere popolare, potere come<br />

chimera, consumi a rate, casa a rate, v<strong>it</strong>a a rate, cooperazione, volontariato,<br />

gruppi di acquisto, auto-costruzione, scuole pubbliche.<br />

dal desiderio di tenere insieme questi due mondi è nata l’economia<br />

sociale come final<strong>it</strong>à e come pratica. dal desiderio di tenerli separati<br />

sono nati i cap<strong>it</strong>al game, la finanza e il welfare dei consumatori, che<br />

trasforma in business privato il bene comune.<br />

da questo scontro è nata una cultura di confondimento, che riesce<br />

a rendere impossibili le distinzioni fra chi questi due mondi cerca di<br />

tenere insieme e chi utilizza le stesse parole per separarli. una cultura<br />

di immagini che richiamano parole, che riproducono i poteri e una<br />

canzone di sottofondo, sempre quella: tutto ciò che è pubblico e comune<br />

è brutto, non funziona e danneggia i c<strong>it</strong>tadini. Tutto ciò che è<br />

privato è bello, funziona e dà successo e danaro a chi lo mer<strong>it</strong>a.<br />

Per chi mette in pericolo il bene privato non bastano le leggi a<br />

fermarlo: ci vuole tolleranza zero.<br />

Per chi danneggia il bene pubblico e la struttura dei dir<strong>it</strong>ti di tutti,<br />

massima tolleranza perché oggi i dir<strong>it</strong>ti sono percep<strong>it</strong>i come una minaccia<br />

alla propria libertà.<br />

La cultura della tolleranza zero è una rivolta violenta contro i dir<strong>it</strong>ti<br />

di tutti ed è una rivolta del potere che sequestra la responsabil<strong>it</strong>à<br />

per sé, estraendola dai portatori di dir<strong>it</strong>ti.<br />

dir<strong>it</strong>to è infatti parola doppia: dice ciò che tutti devono avere e<br />

assegna loro responsabil<strong>it</strong>à per gli altri. dir<strong>it</strong>to senza possibil<strong>it</strong>à e


esponsabil<strong>it</strong>à di estensione a tutti è parola vuota, che parla solo del<br />

dir<strong>it</strong>to di alcuni sui molti, del privilegio, del potere.<br />

“Tolleranza zero” è la seminagione che il potere fa per estrarre il<br />

dir<strong>it</strong>to universalistico dalle persone, trasgredendo le leggi ed approdando<br />

all’extralege della violenza.<br />

Chi vuole, persona o comun<strong>it</strong>à, cercare di tenere insieme economia<br />

e sociale attingendo ad entrambe le filiere dei valori, dovrà contrastare<br />

le forze separative che violentemente cercano di tenerli separati.<br />

Seminando odio e paura. Manovrando poteri sovra-terr<strong>it</strong>oriali<br />

ed espropriando i terr<strong>it</strong>ori di ogni potere. Immagini e parole sono,<br />

a questo fine separativo, sequestrate dal potere. Per distinguere chi<br />

lavora ad unire, tenere insieme, difendere la comun<strong>it</strong>à e la famiglia,<br />

toccherà guardare le opere, le pratiche ed il coefficiente di gioia che<br />

esse esprimono.<br />

Ma le opere non sono neutrali. E non sopportano definizioni etiche.<br />

Non sono il sociale dell’economia. Neppure rappresentano l’economia<br />

del bene. Sono, al contrario, il segno che può esistere una<br />

re-distribuzione delle risorse verso il bene collettivo, i c<strong>it</strong>tadini, le<br />

famiglie. Ma per ridistribuire è necessario produrre le risorse il più<br />

possibile. Crescere economicamente e culturalmente, trasformando<br />

parte della cresc<strong>it</strong>a in formazione, lavoro, strade, scuole, ospedali, che<br />

a loro volta incrementeranno la cresc<strong>it</strong>a, l’intelligenza, l’innovazione,<br />

la conoscenza, la capac<strong>it</strong>à compet<strong>it</strong>iva dell’economia. diminuiranno<br />

altresì la schiav<strong>it</strong>ù necessaria del lavoro. I sistemi di welfare devono<br />

investire sullo sviluppo; interagire e co-gestire con le ist<strong>it</strong>uzioni, le<br />

comun<strong>it</strong>à locali, le famiglie, i c<strong>it</strong>tadini gestendo e trasformando le risorse<br />

ora incarcerate nei sistemi di welfare ist<strong>it</strong>uzionale verso un più<br />

gratificante welfare di comun<strong>it</strong>à. Certo non sarà facile. L’assistenza è<br />

diventata mercato e risponde a regole economiche di guerra (appalti,<br />

cordate, posizioni dominanti, concorrenza falsata dalle apparenze,<br />

speculazione finanziaria...) verso le quali si è piegata molta parte della<br />

cooperazione. L’economia sociale deve cambiare il sistema dell’offerta<br />

togliendo le persone con disabil<strong>it</strong>à dal mercato, ricostruendo<br />

insieme a loro e le loro famiglie la sicurezza dei dir<strong>it</strong>ti.


IL TARLO DELL’IDEOLOGIA<br />

L’economia e il sociale quando sono separati e contrapposti, producono<br />

e diffondono l’ideologia un<strong>it</strong>aria che tutto per l’individuo<br />

è possibile con il danaro, la tecnica, la competizione, lo sviluppo. E<br />

poiché la produzione di beni è stata resa facile e fruibile a basso<br />

costo e soprabbondante, dalla tecnica e dalla competizione globale e<br />

quindi è diventata scarsamente remunerativa - il tempo di accumulo<br />

si è allungato - il prof<strong>it</strong>to si è organizzato su un nuovo prodotto: il<br />

danaro.<br />

Il prodotto finanziario permette oggi grandi utili senza più tenere<br />

conto delle decime (tasse) e quindi della necess<strong>it</strong>à di dover contribuire<br />

al bene comune. Si è capovolto il sistema: è il bene comune,<br />

sono i c<strong>it</strong>tadini, è il sociale a dover contribuire all’utile dei prodotti<br />

finanziari, attratto dagli investimenti in borsa e costretto dal maggior<br />

consumo di beni a basso costo a pagare il conto energetico per accendere<br />

la luce, muoversi, smaltire i rifiuti, costruire case, mangiare, avere<br />

accesso ai servizi san<strong>it</strong>ari e sociali. Il conto energetico a sua volta si<br />

trasforma in prodotto finanziario. una grande massa di danaro che si<br />

muove gonfiando questo o quel prodotto di borsa, attraendo danaro<br />

per poi sgonfiarlo, dopo aver guadagnato, regolando poi il sistema<br />

finanziario sulla base dell’offerta che sia in grado di “tosare” i risparmiatori<br />

alienati dal facile guadagno, che l’offerta costruisce e dissemina<br />

nelle postazioni delle borse, delle banche e delle finanziarie,<br />

come vere e proprie esche. è per garantire a se stesso immensi utili<br />

in danaro che l’ideologia del “tutto è possibile con il danaro” si diffonde.<br />

Nessuna autor<strong>it</strong>y la può fermare. Troppi sono ormai costretti<br />

a convincersi che il danaro sia l’unica tutela. Il sistema finanziario<br />

imploderà perché ha preteso troppo e non può fermare la sua implic<strong>it</strong>a<br />

vorac<strong>it</strong>à. due terzi dei c<strong>it</strong>tadini vive a rate, un terzo le incassa e<br />

le trasforma in prodotto finanziario concentrando la ricchezza nelle<br />

mani di pochi. destabilizza i prezzi dei beni e dei servizi, la gente<br />

non può più pagare, le banche ricap<strong>it</strong>alizzano, ma per riavere liquid<strong>it</strong>à<br />

devono di nuovo spennare di rate i c<strong>it</strong>tadini alzando ed abbassando il<br />

costo del denaro ed il controvalore dei beni e dei servizi. Aumentare<br />

il senso di insicurezza dei c<strong>it</strong>tadini di avere sufficiente denaro per<br />

vivere è la strada obbligata che il prodotto finanziario deve seguire<br />

per assicurarsi prof<strong>it</strong>ti e potere. Per converso la sicurezza è divenuta<br />

il bisogno e la richiesta più pressante dei c<strong>it</strong>tadini: è l’ideologia che<br />

copre la continua vorace implosione del sistema finanziario.<br />

Secondo il rapporto della Banca dei Regolamenti Internazionali la


quota di prof<strong>it</strong>to in Italia rispetto al Prodotto interno lordo, era del<br />

23% nel 1983, passa al 28% nel 1988, cresce al 29% nel 1994, balza al<br />

32% nel 1998 e si mantiene al 31% nel 2005, risale al 33% nel 2008.<br />

L’impennata più vistosa (32%) si verifica nel primo Governo Prodi e<br />

continua con il successivo Governo Berlusconi. Abbiamo avuto negli<br />

ultimi dieci anni governi di segno opposto. Gli industriali ed i gestori<br />

del welfare hanno avuto valanghe di danari e stipendi, i salari sono<br />

rimasti stabili (fermi al 2001) - di fronte al tripudio dei prof<strong>it</strong>ti.<br />

I lavoratori si r<strong>it</strong>rovano in mano ben 18 punti di Pil in meno, pari a<br />

140 miliardi di euro, che, divisi per 23 milioni di lavoratori, sarebbero<br />

6.200 euro in più all’anno considerando anche gli autonomi, 8 mila<br />

euro all’anno se ci riferiamo solo ai lavoratori dipendenti.<br />

C’è da provare vergogna per le corporazioni sindacali, oltre che per<br />

i governi.<br />

Ciò che più conta, per quanto ci riguarda, è il clima, il midium sociale<br />

che si genera da questi dati strutturali. Quando prevale in modo<br />

così consistente il prof<strong>it</strong>to sulla re-distribuzione, il valore ideologico<br />

dominante diviene il denaro anche nelle professioni di aiuto. Ci<br />

piegheremo ad occuparci degli altri per danaro e per incrementare i<br />

nostri prof<strong>it</strong>ti.<br />

L’ideologia che si è generata non imploderà. Aver fatto credere che<br />

la felic<strong>it</strong>à è nel possedere danaro e la libertà si esprima nel perseguire<br />

l’interesse individuale, trasformando il bene comune in affare privato,<br />

ha già causato la rimozione della libertà come bene da perseguire<br />

per tutti, mettendo al suo posto la sicurezza come bene supremo da<br />

perseguire per sè, lim<strong>it</strong>ando l’altrui libertà. Come ricordava Freud in<br />

“Il disagio della civiltà”, sicurezza e libertà sono due valori difficili da<br />

conciliare anche se sono indispensabili entrambi. Il continuo progresso<br />

della libertà individuale di espressione, di scelta ha raggiunto<br />

il punto in cui il prezzo da pagare all’allargamento della libertà è<br />

giudicato esorb<strong>it</strong>ante. Si è bloccata la re-distribuzione. I rischi della<br />

individualizzazione e privatizzazione della ricerca della felic<strong>it</strong>à, un<strong>it</strong>i<br />

allo smantellamento interessato delle reti di sicurezza offerta a livello<br />

sociale come beni di tutti, si sono dimostrati enormi. Anche il concetto<br />

di uguaglianza è stato trasformato dalla ideologia del danaro in<br />

par<strong>it</strong>à di possesso di beni, di accesso, di opportun<strong>it</strong>à.<br />

La fratellanza, infine, attiene ormai alla sfera della solidarietà da<br />

somministrare in rete con un ricavo e con un potenziamento dell’ident<strong>it</strong>à<br />

individuale di chi la offre. La libertà, l’uguaglianza, la fratern<strong>it</strong>à,<br />

come dir<strong>it</strong>to di nasc<strong>it</strong>a e non di mer<strong>it</strong>o, proclamata in Francia<br />

durante la rivoluzione come sintetica espressione di una filosofia di


v<strong>it</strong>a per il perseguimento della felic<strong>it</strong>à, si sono trasformate in sicurezza,<br />

par<strong>it</strong>à, solidarietà di rete. Per conseguire la felic<strong>it</strong>à gli uomini<br />

avevano bisogno di essere liberi, uguali e affratellati. La felic<strong>it</strong>à si è<br />

trasformata in ricchezza di alcuni e nell’ideologia di molti, trasformando<br />

la libertà in sicurezza, l’uguaglianza in par<strong>it</strong>à. La fratellanza<br />

che proponeva e riconosceva il dir<strong>it</strong>to naturale di riconoscersi fratelli<br />

e su questa base mettere insieme le risorse per donare a tutti istruzione<br />

e aiuto nelle malattie e nelle avvers<strong>it</strong>à (sistemi di welfare), partendo<br />

ed affermando dir<strong>it</strong>ti universalistici e quindi diseguali per persone<br />

diseguali, si è trasformata in solidarietà di mercato, uno strumento<br />

per privatizzare e assaltare il bene pubblico. Trasformando l’etica in<br />

mercato. Perseguendo interessi privati o di gruppo attraverso strumenti<br />

o risorse pubbliche. Producendo, infine, solidarietà sotto forma<br />

di assistenza tariffata.<br />

I sIsTEMI <strong>DI</strong> WELFARE E L’<strong>ECONOMIA</strong> sOCIALE<br />

Vale la pena di tenere separati gli argomenti poiché il sociale non<br />

equivale ai sistemi di welfare. Meglio, non corrisponde più, e da<br />

molto tempo. I sistemi di welfare sono oggi a tutti gli effetti parte<br />

dell’economia. Ne sono le infrastrutture come è giusto che sia. dovrebbero<br />

esserne anche il lim<strong>it</strong>e e uno strumento essenziale di investimento<br />

per lo sviluppo economico delle comun<strong>it</strong>à locali, ma questo<br />

comporta e proporrà una serie di passaggi “liberativi” dal bisogno di<br />

sicurezza che oggi rendono difficile la progressiv<strong>it</strong>à dei cambiamenti.<br />

L’ economia sociale per progredire ha bisogno di modificare i sistemi<br />

di welfare. I s<strong>it</strong>emi di welfare per migliorare devono investire sull’economia<br />

sociale. Entrambi non sanno da dove partire. Sarà il caso di<br />

proporre un racconto che è part<strong>it</strong>o dal peggior prodotto dei sistemi<br />

di welfare e dell’economia sociale: il manicomio/psichiatria.<br />

IL CAsO DEL FRIULI VENEZIA GIULIA O<br />

DELLA sPERANZA sARà L’ULTIMA A MORIRE<br />

Molto presto saranno 50 anni che in questa Regione e per la cura<br />

delle persone con malattia mentale è stata immessa una grande contraddizione<br />

tra la libertà, dign<strong>it</strong>à e sacral<strong>it</strong>à della persona e la scienza


e il metodo. Tra la persona umana e la malattia centinaia di famiglie,<br />

persone, e soprattutto tecnici e amministratori hanno scelto di<br />

occuparsi delle persone e delle famiglie. Nella prima fase o periodo<br />

che va dagli anni ‘60 alla fine degli anni ‘70 questa contraddizione e<br />

confl<strong>it</strong>to fu rappresentato dai manicomi, che per il lavoro di Franco<br />

Basaglia e della sua equipe, divenne simbolo e metafora estesa della<br />

necess<strong>it</strong>à che, per raggiungere la salute mentale, si doveva iniziare<br />

sempre dalla liberazione esteriore dei malati e, quindi, dal potere che<br />

sceglie per curare la malattia, di opprimere, distorcere ed escludere<br />

l’uman<strong>it</strong>à e l’intelligenza degli uomini.<br />

dalla necess<strong>it</strong>à della sua chiusura iniziò davvero l’aumento della<br />

“contrattual<strong>it</strong>à” delle persone e famiglie dentro a un processo di cura.<br />

Soprattutto sancì che la liberazione esteriore da un potere oppressivo<br />

e disumano doveva essere interminabile e infin<strong>it</strong>o atto cost<strong>it</strong>utivo dei<br />

sistemi d’aiuto in un pubblico servizio. dagli inizi degli anni ‘80 alla<br />

fine degli anni ‘90 c’è stata la stagione dei dir<strong>it</strong>ti universali durante la<br />

quale si è cercato di costruire e perequare le risposte dei servizi. Rispondendo<br />

in modo concreto ai bisogni di manicomi delle famiglie<br />

e delle comun<strong>it</strong>à locali attraverso la presa in carico chiamata “globale”<br />

delle persone, cercando di modificare in pos<strong>it</strong>ivo le determinanti<br />

economiche sociali e culturali dell’espressione dei dir<strong>it</strong>ti. Ovvero<br />

cercando di riconoscere dir<strong>it</strong>ti diseguali per persone diseguali. dare<br />

di più a chi ha già meno o avrà meno a causa di una disabil<strong>it</strong>à psichica<br />

di lungo periodo. La costruzione dei servizi di salute mentale<br />

aperti 24h su 24, dei servizi ospedalieri, la domiciliarietà delle cure<br />

e l’investimento sulle cooperative finalizzate all’inserimento formativo<br />

e lavorativo dei pazienti gravi, la ricerca di ab<strong>it</strong>azioni accud<strong>it</strong>e<br />

e se necessario protette, la ricostruzione dei legami e delle relazioni<br />

famigliari e sociali attraverso l’assistenza domiciliare con il coinvolgimento<br />

dei medici di medicina generale, il superamento defin<strong>it</strong>ivo<br />

del cosiddetto residuo psichiatrico.<br />

Questo è stato l’indirizzo prevalente nella Regione Friuli Venezia<br />

Giulia promosso e sostenuto in tutta la prima fase dalla ancora<br />

insuperata Legge 72/81 e dal Centro Studi per la salute mentale<br />

area collaborativa dell’Organizzazione Mondiale della San<strong>it</strong>à della<br />

Regione.<br />

dalla seconda metà degli anni ‘90 ad oggi ad affermarsi è il fondamento<br />

di tutti i dir<strong>it</strong>ti universali, l’unico non soggetto ad una pesatura<br />

differenziale ma alla base dell’uguaglianza nei dir<strong>it</strong>ti stessi. è<br />

il dir<strong>it</strong>to che evoca in modo contemporaneo la libertà connessa alla<br />

responsabil<strong>it</strong>à. è il dir<strong>it</strong>to di ognuno e di tutti ad occuparsi degli


altri senza final<strong>it</strong>à di potere e di denaro: è il dir<strong>it</strong>to all’affettiv<strong>it</strong>à e<br />

alla v<strong>it</strong>a. è il dir<strong>it</strong>to che dà valore al bene comune. è l’individual<strong>it</strong>à<br />

(la persona) che mette il suo valore nella comun<strong>it</strong>à, local<strong>it</strong>à, famiglia,<br />

nei legami e attraverso questo si mette in relazione con il Comune,<br />

la Regione, lo Stato. Combatte la globalizzazione espropriante di<br />

poteri economici che per riprodursi hanno bisogno di terr<strong>it</strong>ori senza<br />

più poteri. E lo fa sviluppando la capac<strong>it</strong>à associativa locale: gruppi<br />

d’acquisto, associazioni, mutual<strong>it</strong>à locale, autocostruzione e autorecupero,<br />

banche del tempo, gestione locale ad impronta familiare<br />

dei servizi sociosan<strong>it</strong>ari, educativi, fondazioni di comun<strong>it</strong>à, tendenza<br />

delle famiglie a non espellere i membri anziani e disabili rivendicando<br />

il dir<strong>it</strong>to ad occuparsene loro (hanno cap<strong>it</strong>o che la qual<strong>it</strong>à è nel<br />

legame affettivo) e chiedendo alla collettiv<strong>it</strong>à il sostegno quant<strong>it</strong>ativo<br />

e tecnico (in defin<strong>it</strong>iva economico produttivo) per poterlo fare.<br />

Chiedono ed eserc<strong>it</strong>ano, insomma, la sussidiarietà che la modifica<br />

del t<strong>it</strong>olo V° della Cost<strong>it</strong>uzione ha promosso, ma che le Regioni non<br />

hanno ancora messo nei propri statuti perchè tutt’oggi convinte che<br />

sussidiarietà voglia dire più servizi e più mercato e non più autonoma<br />

iniziativa dei c<strong>it</strong>tadini singoli o associati, delle famiglie, delle<br />

organizzazioni e s<strong>it</strong>uazioni san<strong>it</strong>arie sociali, enti civili e religiosi che<br />

convergano a costruire e cost<strong>it</strong>uire il bene comune.<br />

Per i servizi pubblici è la stagione della presa in carico personalizzata<br />

e della caratterizzazione dei sistemi di welfare ad investire sulla<br />

central<strong>it</strong>à della persona e sulle determinanti del suo essere persona<br />

ovvero i legami con la famiglia e la comun<strong>it</strong>à locale. Scoprono in<br />

questo modo come si può sostenere lo sviluppo economico locale.<br />

Investire per implementare il funzionamento sociale di una persona<br />

con malattia cronica o cronico-degenerativo vuol dire, in molti casi<br />

psichiatrici, guarire dalla malattia mentale o al minimo conviverci<br />

bene. Vuol dire soprattutto non abbandonare le famiglie e le comun<strong>it</strong>à<br />

locali all’impotenza. Il confl<strong>it</strong>to che stiamo vivendo oggi è tra<br />

i sistemi ist<strong>it</strong>uzionali pubblici e privati-convenzionati, sociali e non,<br />

e quelli volti ad espressione della ricerca del benessere comun<strong>it</strong>ario<br />

e famigliare e quindi centrati sulla persona protagonista dei processi<br />

di cura che la riguardano. Questo confl<strong>it</strong>to avviene in un momento<br />

di grave crisi dello sviluppo economico-finanziario che ne acuisce i<br />

termini e i toni e rende i servizi ist<strong>it</strong>uzionali sempre più distaccati<br />

e arroccati e difensivi rispetto alle persone e alle famiglie che a loro<br />

volta ev<strong>it</strong>ano sempre di più i servizi pubblici e si rifugiano nell’individualismo<br />

rompendo la coesione sociale. due spinte contrapposte,<br />

insomma. Complicate anche dalla molta confusione che una molti-


tudine di intermediari di mercato, interessati tra welfare ist<strong>it</strong>uzionale<br />

e welfare di comun<strong>it</strong>à, pongono al centro del dibatt<strong>it</strong>o tendendo a<br />

svellere senso e direzione della nascente sussidiarietà. La sussidiarietà<br />

infatti è opera di riconoscimento che tra ist<strong>it</strong>uzioni e persone-famiglie-espressioni<br />

associative locali-strumenti di benessere comun<strong>it</strong>ario,<br />

c’è una dialettica insopprimibile che per essere tale deve<br />

tendere alla par<strong>it</strong>à dei poteri. O almeno riequilibrarsi un po’ di più.<br />

Co-gestire i servizi attraverso sistemi misti (welfare mix, fondazioni<br />

di comun<strong>it</strong>à, ecc.). Lo scopo di entrambi i sistemi rimane infatti<br />

identico: la persona umana e i dir<strong>it</strong>ti di tutti che essa contiene.<br />

dentro i sistemi di welfare ist<strong>it</strong>uzionale sono cresciuti in questi<br />

anni e sulla spinta della privatizzazione dei servizi san<strong>it</strong>ari e sociali,<br />

tendenze forclusive delle persone portatrici di malattie croniche e<br />

cronico-degenerative verso il mercato. una grande quant<strong>it</strong>à di intermediari,<br />

professionisti della sussidiarietà, che non sono portatori<br />

dei bisogni delle persone, delle famiglie e delle comun<strong>it</strong>à locali<br />

ma del mercato residuale dell’assistenza, si sono fatti portatori delle<br />

sottaciute, delegative e forclusive ideologie ist<strong>it</strong>uzionali. Si cerca di<br />

riassorbire la crisi delle ist<strong>it</strong>uzioni pubbliche avvenuta a partire dagli<br />

anni ‘60 e culminata con la grande conquista della 833/78 dove il<br />

dir<strong>it</strong>to alla salute divenne universalistico, indipendente dal redd<strong>it</strong>o,<br />

integrato con il sociale.<br />

In molte parti d’Italia le ist<strong>it</strong>uzioni pubbliche più attente stanno<br />

cercando di costruire strumenti diretti di sostegno, investimento, dislocativi<br />

delle risorse umane ed economiche alle persone, famiglie<br />

e comun<strong>it</strong>à locali, co-gestendo progetti personalizzati e comun<strong>it</strong>ari<br />

concretamente spendibili e fruibili dalle persone portatrici di bisogno.<br />

I budget di salute. Ciò anche per significare che dalla trasformazione,<br />

innovazione e cambiamento dei pubblici servizi ci si deve aspettare<br />

un contributo decisivo alla cresc<strong>it</strong>a concreta della sussidiarietà. Più<br />

welfare di comun<strong>it</strong>à come fondamento e valore del welfare dei servizi<br />

che fortunatamente in questa Regione esistono e devono essere reinnervati,<br />

integrati e valorizzati dai nuovi e riconosciuti portatori del<br />

dir<strong>it</strong>to universalistico di occuparsi degli altri: le persone con bisogni<br />

sociosan<strong>it</strong>ari, i loro famigliari, la comun<strong>it</strong>à locale, i tecnici.<br />

Siamo, io credo, dentro questo periodo storico. Ci siamo come servizi<br />

e come tecnici in modo diverso, con minore o maggiore convinzione.<br />

Ma ci siamo. Il lavoro di tutti questi anni ha permesso di fare<br />

della salute mentale una matrice indispensabile e utile per la cura, la<br />

riabil<strong>it</strong>azione finalizzata all’integrazione sociale (ab<strong>it</strong>ativa, lavorativa,<br />

educativa) di tutte le persone, le famiglie e le comun<strong>it</strong>à locali por-


tatrici di bisogni sociosan<strong>it</strong>ari dentro i quali non è produttivo ed è<br />

fuorviante la separazione.<br />

Se può essere diversa, infatti, l’espressiv<strong>it</strong>à della sofferenza di una<br />

persona con disabil<strong>it</strong>à primaria, i sintomi, l’epicrisi; se sarà certamente<br />

diversa la disabil<strong>it</strong>à secondaria che dipende dalla appropriatezza<br />

delle cure e da come al paziente viene fatta vivere da noi operatori<br />

la disabil<strong>it</strong>à primaria, sottraendo o donando significato e senso alla<br />

sofferenza, certamente uguale è la disabil<strong>it</strong>à terziaria o handicap che<br />

tutta dipende dagli impedimenti, dallo stigma, esterni che bloccano<br />

o mutilano il funzionamento sociale delle persone, l’esercizio dei loro<br />

dir<strong>it</strong>ti e rendono a volte fonte di mortificazione e dileggio, quello<br />

fondamentale di volersi a sua volta occupare degli altri (quante volte<br />

i nostri pazienti ci hanno chiesto di diventare operatori? di dare un<br />

contributo per gli altri?).<br />

è ripartendo da qui, dalle disabil<strong>it</strong>à terziarie e dagli impedimenti<br />

esterni all’esercizio dei dir<strong>it</strong>ti, dallo stigma, dal funzionamento<br />

sociale delle persone, famiglie, comun<strong>it</strong>à locali, che si può lim<strong>it</strong>are<br />

i danni delle disabil<strong>it</strong>à secondarie e diminuire fortemente le ricadute<br />

di quelle primarie. Ma soprattutto sostenere e concretamente<br />

costruire prognosi pos<strong>it</strong>ive per le grandi sofferenze (le persone con<br />

schizofrenia), prevenzione e cura efficace per le disabil<strong>it</strong>à primarie e<br />

secondarie. Come mai quando lo sguardo dal tecnico si rivolge all’oggetto<br />

(la disabil<strong>it</strong>à mentale) e da esso apprende e si lascia guidare<br />

senza nessuna ostentazione esteriore di potenza tecnica o di soggetto<br />

supposto sapere, le persone riagganciano l’indipendenza personale<br />

esprimendo la propria posizione esistenziale nella s<strong>it</strong>uazione di cura?<br />

Non sarà che lo spostamento dello sguardo è un atto di liberazione<br />

esteriore della persona dal potere e dal giudizio psichiatrico? Non è<br />

forse la liberazione esteriore una sorta di rassegnato ed eterno inizio<br />

del cammino che prima di raggiungere la libertà interiore deve occuparsi<br />

di quella esteriore?<br />

A questo punto dovrebbe essere del tutto chiaro che la sofferenza<br />

dei pazienti e la nevrosi ist<strong>it</strong>uzionale degli operatori che si manifesta<br />

nell’assenza di indipendenza interiore e quindi della capac<strong>it</strong>à di avere<br />

un atteggiamento personale di fronte alle s<strong>it</strong>uazioni di esistenza<br />

ricorrendo invece a slogan, motti, ideologie interpretative, non può<br />

essere vinta impartendo insegnamenti ma solo con un atto di liberazione.<br />

Ci si dovrà rassegnare al fatto che un’autentica liberazione<br />

è possibile solo se viene preceduta dalla liberazione esteriore dei pazienti<br />

e degli operatori affinchè possano raggiungere una posizione<br />

personale di fronte all’esistenza. In questo senso tutto dipenderà dal-<br />

0


l’atteggiamento di coloro che detengono il potere: se essi ripongano<br />

le loro aspettative più sulla manifestazione di potenza sottrattiva<br />

dell’indipendenza interiore dei molti o più nell’autonomia interiore<br />

e nell’intelligenza degli uomini. Più sulle persone o più sulla malattia.<br />

Più sulla liberazione della sacral<strong>it</strong>à della persona e dei suoi legami<br />

che sulla sua costruzione nella malattia divenuta oggi di mercato. Nel<br />

lavoro psichiatrico questa liberazione esteriore dai vincoli cristallizzati<br />

e inespressivi della malattia pare essere il fondamento stesso della<br />

possibil<strong>it</strong>à terapeutica. Al contrario avviene che proprio per una<br />

malattia di cui ancora poco si sa e molto si potrebbe fare, molto si<br />

finge di sapere irrigidendo e impoverendo i codici di lettura dell’uomo<br />

e poco si fa, praticando, senza dirlo, il pessimismo prognostico<br />

attraverso la riduzione della sofferenza mentale al modello medico<br />

che poi si occupa di espellere le determinanti economiche, famigliari,<br />

sociali, culturali e spir<strong>it</strong>uali della sofferenza mentale, curando l’organismo,<br />

il cervello o il suo prodotto – il linguaggio, ricevendone potere<br />

e danaro, recuperando con la forza vendicativa coloro che non si<br />

piegano. di sol<strong>it</strong>o i meno contrattuali e i più poveri. è dato assodato,<br />

infatti, che le persone più povere e con malattia mentale correlano in<br />

modo inversamente proporzionale con i trattamenti coattivi, quelli<br />

in strutture protette, in Opg (Ospedale psichiatrico giudiziario), Rsa<br />

(Residenza san<strong>it</strong>aria assistenziale) o casa di riposo. Già la povertà,<br />

anche quella più estrema, non è affatto scomparsa. Si scompone sempre<br />

più in povertà non soccorribile (destinata all’abbandono) e in<br />

povertà produttiva destinata a divenire prof<strong>it</strong>to per le organizzazioni<br />

di assistenza che invece di usare le risorse di tutti per capac<strong>it</strong>are le<br />

persone e le famiglie povere e ammalate, inventano luoghi dove metterle<br />

passivizzate e lontano dallo sguardo. Sradicando dai caseggiati<br />

e dalle comun<strong>it</strong>à le persone non più produttive, povere e con disabil<strong>it</strong>à;<br />

bruciando le biblioteche viventi della nostra memoria e uman<strong>it</strong>à,<br />

fomentando l’ideologia del prof<strong>it</strong>to solidale di mercato. Quando<br />

prevale in modo così consistente il prof<strong>it</strong>to sulla redistribuzione, il<br />

valore dominante diviene il denaro anche nelle professioni di aiuto.<br />

Ci piegheremo ad occuparci degli altri per denaro e per incrementare<br />

i nostri prof<strong>it</strong>ti attraverso la cura della malattia. Il nostro punto<br />

di osservazione e di pratica diverrà la malattia, non la persona. disquisiremo<br />

in modo sempre più parolaio della malattia, della clinica,<br />

rendendo astratto ed elucubrante il nostro intervento.<br />

La persona, la sua famiglia, i suoi legami, il suo corpo, la material<strong>it</strong>à<br />

della sua esistenza, la sua comun<strong>it</strong>à spariranno. Al suo posto<br />

compariranno i luoghi artificiali e costosi dove curare o controllare


la malattia trasformando il dir<strong>it</strong>to di tutti ad occuparsi degli altri in<br />

un dovere esclusivamente nostro di liberare la società, la comun<strong>it</strong>à,<br />

la famiglia di un peso insopportabile, improduttivo e pericoloso.<br />

La psichiatria delle soluzioni marcia trionfante sulla parola d’ordine<br />

“dove lo metto” e se ha già riemp<strong>it</strong>o i luoghi “non è di competenza,<br />

la malattia è Borderline a doppia e tripla diagnosi”. Quindi abbandono<br />

la persona perchè agganciata a una malattia che non entra negli<br />

schemi. Quali sono questi schemi che mi portano a selezionare? I<br />

pazienti poco malati e prof<strong>it</strong>tevoli per il mio portafoglio o il mio potere.<br />

di più non chiedo. degli altri se ne occuperanno i servizi sociali<br />

o dell’ordine pubblico. Ecco in quale modo il primato strutturale del<br />

prof<strong>it</strong>to perverte le professioni d’aiuto e può rendere più facilmente<br />

succube la psichiatria che è scienza ad epistema debole, del denaro e<br />

del potere. In linea perfetta con la struttura economica che prevede<br />

il primato del prof<strong>it</strong>to. Quanto c’è bisogno di sostenere il cammino<br />

dei Sistemi di Welfare comun<strong>it</strong>ario e famigliare! Ripartendo magari<br />

dallo statuto regionale che dovrebbe riconoscere e favorire l’autonoma<br />

iniziativa dei c<strong>it</strong>tadini, singoli e associati, delle famiglie, delle<br />

formazioni e delle ist<strong>it</strong>uzioni sociali, delle associazioni e degli enti<br />

civili e religiosi, garantendo il loro apporto nella programmazione e<br />

nella realizzazione, nella co-gestione dei diversi servizi e interventi<br />

pubblici. Seguirebbe così la nasc<strong>it</strong>a della sussidiarietà come cultura<br />

e opera.<br />

Corre infine l’obbligo di segnalare che la parola sussidiarietà risale<br />

alla tradizione del cattolicesimo liberale di Rosmini e Manzoni e<br />

affonda le sue radici pol<strong>it</strong>iche ai Gracchi, San Benedetto, Sant’Anselmo<br />

di Cividale, i Padri cost<strong>it</strong>uenti e tanti tanti altri. Partendo dalla<br />

sacral<strong>it</strong>à della persona, ne vedevano il prolungamento naturale nella<br />

famiglia e nella comun<strong>it</strong>à locale per poi approdare alla comun<strong>it</strong>à<br />

regionale, a quella nazionale e a quella internazionale. Rispettando<br />

il principio di sussidiarietà è possibile rispettare i vari livelli di competenza<br />

e realizzare processi sempre più aggreganti di integrazione<br />

sociosan<strong>it</strong>aria e comun<strong>it</strong>aria. Gli stessi principi si r<strong>it</strong>rovano nella<br />

dottrina sociale della Chiesa che ha sempre cercato di anteporre la<br />

difesa delle comun<strong>it</strong>à naturali (la famiglia, la comun<strong>it</strong>à locale, l’organizzazione<br />

professionale) alle cosiddette comun<strong>it</strong>à artificiali rappresentate<br />

dallo Stato (le strutture protette, i manicomi, gli ospizi, gli<br />

orfanotrofi, le cooperative di assistenza), dai part<strong>it</strong>i, dal sindacato. In<br />

questo senso è diversa l’impostazione presente con maggiore o minore<br />

intens<strong>it</strong>à in tutta l’Italia che, nata e affermatisi all’inizio del ‘900,<br />

prevede un patto tra part<strong>it</strong>i, sindacato, ist<strong>it</strong>uzioni, tra governo locale


e cooperazione che concentra il potere nelle mani di poche persone.<br />

In quella specific<strong>it</strong>à l’autoalimentazione del sistema di potere che<br />

ne discende tende ad escludere le persone e la loro rappresentativ<strong>it</strong>à<br />

relegata a partecipazione, ininfluente e propagandistica.<br />

Si è prodotto in alcune regioni più che in altre, un sistema pervasivo<br />

e di controllo sociale dove persino i ruoli tecnici tendono ad essere<br />

assegnati a coloro che assecondano e sostengono il sistema.<br />

La psichiatria in questa s<strong>it</strong>uazione diventa uno degli apparati centrali<br />

per la riproduzione della ist<strong>it</strong>uzional<strong>it</strong>à separata, immettendo<br />

i pazienti nelle porte girevoli degli ambulatori, dei ricoveri in diagnosi<br />

e cura, delle case di cura convenzionate, delle strutture protette<br />

convenzionate, delle Rsa e delle case di riposo convenzionate.<br />

Costringendoli dentro al modello san<strong>it</strong>ario-ist<strong>it</strong>uzionale di sistema.<br />

R<strong>it</strong>rasformando i servizi psichiatrici in manicomio diffuso. Non a<br />

caso questo modello produce il maggior numero di coazioni (Tso -<br />

Trattamento san<strong>it</strong>ario obbligatorio), ricoveri ospedalieri, contenzioni,<br />

ricoveri in strutture protette e in Opg e, quello che più conta, un<br />

enorme impoverimento delle persone, delle loro famiglie e delle loro<br />

comun<strong>it</strong>à di riferimento. Sarà il caso di continuare in questa Regione<br />

da dove cominciammo, a rinverdire, finanziare ed estendere la legge<br />

72, alla salute mentale dei minori e degli anziani e alle tossicodipendenze<br />

estendendo non i poteri separati dei dipartimenti di Salute<br />

Mentale e della cooperazione sociale dell’assistenza di mercato, ma<br />

lo stile e i poteri di intervento integrato basato sui progetti personalizzati:<br />

i budget di salute. Facendo di essi uno strumento di riconversione<br />

dei costi san<strong>it</strong>ari e assistenziali in investimenti produttivi di<br />

salute per le persone, le famiglie, le comun<strong>it</strong>à. Facendolo di nuovo,<br />

a partire dai pubblici servizi che si lasciano valorizzare dagli utenti,<br />

dai famigliari, dalla comun<strong>it</strong>à locale. un grande progetto regionale<br />

sociosan<strong>it</strong>ario, della salute mentale che punti sull’intelligenza e<br />

l’uman<strong>it</strong>à della persona.


Oltre 200 persone<br />

Oggi la rete dei cluster dà occupazione ad oltre 200 persone, ovvero,<br />

l’economia sociale può essere un motore dello sviluppo economico<br />

locale. Accade in Sicilia, nell’area di Messina, lo racconta Gaetano<br />

Giunta, fisico, ricercatore sociale, profondo interprete dell’integrazione<br />

delle conoscenze e delle risorse a favore dello sviluppo umano<br />

e del terr<strong>it</strong>orio.


TEORIA E PRATICA DEL BENE COMUNE<br />

di Gaetano Giunta<br />

LE TEORIE ECONONOMIChE <strong>DI</strong> sFONDO<br />

Le persone scelgono e agiscono sulla base dei loro desideri e delle<br />

loro paure. Il peso, però, che ciascuna persona attribuisce a paure e<br />

desideri dipende fortemente dalla propria condizione. Le economie<br />

non si basano, solo, su presupposti di razional<strong>it</strong>à fondati su principi<br />

di massimizzazione dell’utile o di util<strong>it</strong>à.<br />

Le persone deprivate di libertà tendono a rimanere intrappolate<br />

dalla loro necess<strong>it</strong>à di sopravvivere e possono di conseguenza non<br />

avere il coraggio di chiedere cambiamenti e/o agire per essi. I loro<br />

stessi desideri e le loro aspettative vengono schiacciati, senza alcuna<br />

ambizione, alle poche cose considerate possibili. La paura di perdere<br />

quel poco che si ha, pesa molto più del desiderio di rischiare per<br />

uscire dalla condizione di povertà, di dipendenza, di deprivazione.<br />

Le pol<strong>it</strong>iche devono creare le condizioni perché le persone abbiano<br />

una vera possibil<strong>it</strong>à di giudicare quale tipo di v<strong>it</strong>a vorrebbe vivere.<br />

L’espansione delle libertà reali è dunque il fine, ma anche il mezzo<br />

dello sviluppo.<br />

Se uno dei nostri scopi è, dunque, quello di capire le possibil<strong>it</strong>à reali<br />

che ciascuna persona ha di perseguire e realizzare i propri obiettivi<br />

si deve tener conto non solo dei beni principali da essa in possesso,<br />

ma anche delle caratteristiche personali e relazionali che governano i<br />

processi di conversione dei beni principali in capac<strong>it</strong>à di promuovere<br />

i propri scopi (in tale prospettiva, per esempio, una persona anziana o<br />

disabile o cagionevole di salute può essere svantaggiata anche con un<br />

pacchetto di beni principali più consistente rispetto ad una persona<br />

giovane e fisicamente sana). Gli elementi che influenzano il rapporto<br />

fra redd<strong>it</strong>o, benessere e libertà sono molteplici. La personalizzazione<br />

delle pol<strong>it</strong>iche ci appare una opzione strategica assolutamente necessaria.<br />

A tale propos<strong>it</strong>o ricordiamo che Amartya Sen definisce funzionamento<br />

ciò che una persona può desiderare, ciò a cui una persona<br />

dà valore (dall’essere nutr<strong>it</strong>o, all’essere curato, dal bisogno di partecipare<br />

a quello di socializzare, ecc.) e capac<strong>it</strong>azione l’insieme delle<br />

combinazioni alternative di funzionamenti che ciascuna persona è in<br />

grado di realizzare. Le capac<strong>it</strong>azioni sono dunque una sorta di libertà


sostanziale, libertà di mettere in atto più stili di v<strong>it</strong>a alternativi.<br />

Il peso che ciascuna persona dà alle paure di perdere quel poco che<br />

si ha rispetto al desiderio di uscire dalle condizioni di povertà, di dipendenza,<br />

di deprivazione non dipende soltanto dal livello di libertà<br />

individuali (di capac<strong>it</strong>azioni) ma anche dalla lettura che ciascuna<br />

persona fa della rete relazionale dei suoi primi vicini e dei principali<br />

stakeholders ist<strong>it</strong>uzionali e non con cui interagisce. Le scelte si fondano<br />

su equilibri di contesto, non individuali, più correttamente, su<br />

dinamiche collettive alla Aoki. Se le persone percepiscono contesti<br />

prevalentemente di falchi (per c<strong>it</strong>are il linguaggio delle teorie dei<br />

giochi) le scelte saranno determinate più dalle paure, se al contrario<br />

vengono percep<strong>it</strong>i contesti di colombe, cioè di coesione, scattano<br />

più facilmente meccanismi di condivisione, di cooperazione e di<br />

proiezione di desideri. Certamente la percezione più diffusa di una<br />

società (l’atteggiamento antropico-culturale dominante) condiziona<br />

fortemente la percezione dei singoli. Pol<strong>it</strong>iche di lotta alla povertà,<br />

alle dipendenze ed alle deprivazioni in alcune aree del mezzogiorno,<br />

dominate da forme criminali di controllo di pezzi interi di economie<br />

e società, nonché da pratiche clientelari spesso soffocanti desideri e<br />

libertà, devono necessariamente prevedere azioni strutturali rivolte<br />

a sistema e finalizzate alla promozione della coesione e di contesti<br />

socio-economici fecondi rispetto allo sviluppo di progetti personalizzati<br />

di espansione delle libertà personali.<br />

L’attesa nuova di una possibile cresc<strong>it</strong>a di libertà e quindi dei desideri<br />

personali e collettivi cost<strong>it</strong>uisce l’orizzonte umano necessario<br />

per orientare lo sviluppo delle persone, delle società e perfino delle<br />

economie.<br />

L’ANALIsI qUANTITATIVA<br />

Per fondare scientificamente una seria proposta funzionale-operativa<br />

di welfare comun<strong>it</strong>ari orientati alla lotta alla povertà, alle dipendenze<br />

ed alle deprivazioni appare necessario costruire un modello<br />

di funzionamenti la cui appropriatezza ed efficacia sarà verificata<br />

quant<strong>it</strong>ativamente. In coerenza con le più avanzate ricerche in amb<strong>it</strong>o<br />

economico e psichiatrico e con le più evolute sperimentazioni<br />

di welfare locali proponiamo i seguenti funzionamenti come griglia,<br />

prima di analisi e poi metodologica, per sviluppare progetti personalizzati<br />

finalizzati a potenziare le libertà dei soggetti deboli:<br />

• Superamento delle deprivazioni dovute all’assenza e/o all’insuffi-


cienza di redd<strong>it</strong>o/lavoro ed alla precarietà dell’ab<strong>it</strong>are;<br />

• Affettiv<strong>it</strong>à - Socializzazione;<br />

• Conoscenza;<br />

• Accessibil<strong>it</strong>à, partecipazione e democrazia;<br />

Per verificare la bontà del paradigma teorico interpretativo qui proposto<br />

è stata recentemente sviluppata un’analisi fondata sulla costruzione<br />

di regressioni lineari fra funzionamenti e coesione (da un lato)<br />

e ricchezza media delle regioni <strong>it</strong>aliane (dall’altro) . L’indagine quant<strong>it</strong>ativa<br />

prova che i differenziali del Pil procap<strong>it</strong>e fra le regioni sono il<br />

risultato di una complessa interazione fra fatti di natura economica,<br />

fatti di natura sociale e fatti di natura terr<strong>it</strong>oriale. Più in particolare<br />

questi risultati evidenziano, dal punto di vista esplorativo, una connessione<br />

chiara fra sviluppo economico locale e libertà, che a buon<br />

dir<strong>it</strong>to ora possiamo chiamare strumentali, fra sviluppo economico<br />

locale e coesione sociale. Ancora di più la prova di tali relazioni funzionali<br />

sono un chiaro indicatore della bontà del modello operativo<br />

costru<strong>it</strong>o con la definizione dei funzionamenti.<br />

Infine ci piace sottolineare come non sorprende neanche l’inesistenza<br />

di correlazioni fra la presenza di reti corte parentali e di<br />

vicinato ed il livello di sviluppo di un terr<strong>it</strong>orio. Queste ultime, infatti,<br />

sono più funzionali ad auto-organizzare sul terr<strong>it</strong>orio pratiche<br />

informali di ammortizzatori sociali e di economie piuttosto che a<br />

supportare lo sviluppo dei mercati locali:<br />

• Non c’è dubbio che numerosissime famiglie allargate vivono con<br />

una sorta di bilancio aggregato che si costruisce attorno ad un<br />

unico redd<strong>it</strong>o da lavoro stabile o più spesso da pensione e si completa<br />

attraverso redd<strong>it</strong>i da lavoro precario, saltuario, irregolare<br />

o sommerso o addir<strong>it</strong>tura sfruttando razionalmente le filiere di<br />

aiuti del welfare nazionale e/o regionale (per esempio indenn<strong>it</strong>à<br />

di disoccupazione, aiuti all’agricoltura, ecc.);<br />

• Specie nelle aree dell’interno delle Regioni meridionali sono molto<br />

diffuse pratiche di micro-auto produzioni agricole e di economie<br />

di scambio fra parenti e reti di vicinato che generano in taluni<br />

terr<strong>it</strong>ori significativi redd<strong>it</strong>i equivalenti;<br />

• Analogamente sono molto diffuse pratiche di scambi di servizi<br />

all’interno dei nuclei familiari allargati, specie nei servizi di prossim<strong>it</strong>à<br />

(assai frequentemente cura dei bambini e degli anziani) e<br />

questo permette di rendere sopportabile l’assenza di servizi sociali<br />

organizzati, quali gli asili nido.<br />

Le reti corte inoltre, se non riescono a diventare tessuto di coesione<br />

e senso civico diffuso e condiviso, finiscono col divenire geometria


frammentata e quindi il tessuto socio-antropologico funzionale a<br />

strutturare sui terr<strong>it</strong>ori meridionali pratiche padronali di sudd<strong>it</strong>anza<br />

clientelare.<br />

LE sCELTE sTRATEGIChE<br />

In questi anni si è operato promuovendo in modo interdipendente<br />

progetti personalizzati di inclusione e sistemi socio-economici responsabili<br />

sul piano ambientale e sociale, capaci di generare climi di<br />

fiducia e costru<strong>it</strong>i a partire dal riconoscimento delle reti di vicinato<br />

e parentali.<br />

Sul piano funzionale promuovere sistemi socio-economici è significato:<br />

• Strutturare sui terr<strong>it</strong>ori processi olistici di Responsabil<strong>it</strong>à Sociale,<br />

quali metodologie dinamiche e partecipative di valutazione e di<br />

supporto alla riprogrammazione delle pol<strong>it</strong>iche e delle prassi degli<br />

attori ist<strong>it</strong>uzionali nonché delle pratiche delle organizzazioni<br />

e delle imprese, perché queste (pol<strong>it</strong>iche, prassi e pratiche) siano,<br />

senza semplificazioni al singolare, progressivamente convergenti<br />

con i desideri ed i principi (il quadro valoriale) dei c<strong>it</strong>tadini, delle<br />

comun<strong>it</strong>à e delle società locali;<br />

• Promuovere forme di economie sociali e solidali a cluster e reti di<br />

cluster;<br />

• Promuovere azioni di riqualificazione urbana sistemiche alla creazione<br />

di patti socio-educativi;<br />

• Promuovere processi di infrastrutturazione sociale capaci di stabilizzare<br />

sui terr<strong>it</strong>ori reti, insieme di ricerca ed economia sociale e<br />

solidale che siano terzi e liberi rispetto alle dinamiche padronali<br />

e clientelari che intrappolano molte aree del mezzogiorno e che<br />

siano capaci di elaborare e trasferire innovazione nei sistemi di<br />

welfare locali ed, interdipendentemente, nelle economie locali.<br />

Coerentemente con il modello costru<strong>it</strong>o e verificato quant<strong>it</strong>ativamente,<br />

i progetti personalizzati finalizzati al potenziamento delle<br />

capac<strong>it</strong>azioni personali sono stati impostati secondo i seguenti assi<br />

di intervento:<br />

• dell’ab<strong>it</strong>are autonomo;<br />

• del redd<strong>it</strong>o-lavoro;<br />

• della formazione permanente;<br />

• dell’accessibil<strong>it</strong>à e della partecipazione;<br />

• dell’affettiv<strong>it</strong>à e della socializzazione;


LE RETI DEI cLustER<br />

Ecos-Med, centro di ricerca/azione per la promozione dell’Economia<br />

Sociale nel Med<strong>it</strong>erraneo, ha in questi anni co-promosso la rete<br />

di tre cluster socio-economici.<br />

Il primo cluster è la Fondazione Horcynus Orca. Si tratta di un grappolo<br />

di 18 attori ist<strong>it</strong>uzionali, della ricerca scientifica, del terzo sistema<br />

e del mercato eticamente orientato. Fra essi ricordiamo: l’univers<strong>it</strong>à<br />

degli Studi di Messina, l’univers<strong>it</strong>à degli Studi di Reggio Calabria,<br />

l’Ist<strong>it</strong>uto Talassografico Iacm-Cnr, lo stesso centro di ricerca/azione<br />

Ecos-Med, Ids Informatica - una delle principali aziende <strong>it</strong>aliane<br />

di ITC (Tecnologie dell’Informazine e della Comunicazione)-, la<br />

casa ed<strong>it</strong>rice med<strong>it</strong>erranea GEM-Mesogea ed altri. La Fondazione<br />

è lo strumento di internazionalizzazione e di attrazione creativa della<br />

rete nata per la valorizzazione ambientale, culturale, sociale dello<br />

Scill’e Cariddi. L’Area dello Stretto di Messina è un’area cuspidale<br />

dove culture, antropologie nei secoli si sono incontrate e confuse con<br />

una natura assai varia e ricca di biodivers<strong>it</strong>à e geodinamic<strong>it</strong>à. La forza<br />

simbolica ed evocativa di quest’area è evidente. Pochi chilometri<br />

sono un laboratorio naturale di tutto il Med<strong>it</strong>erraneo e insieme uno<br />

dei più importanti nodi delle culture m<strong>it</strong>ologiche classiche. Non a<br />

caso l’area dello Stretto di Messina è il baricentro di un importantissimo<br />

sistema di aree protette, Riserve Naturali e Parchi naturalistici:<br />

i Nebrodi, l’Aspromonte, l’Etna, le Eolie, l’Isola Bella, la laguna di<br />

Ganzirri e di Marinello, ecc.<br />

Saperi scientifici e umanistici sono qui fortemente interdipendenti<br />

ed il loro confine nella storia non può essere rigidamente delineato.<br />

Per alcuni aspetti lo Stretto di Messina è da sempre uno spazio<br />

complesso, fortemente caratterizzato dalla plural<strong>it</strong>à degli approcci<br />

conosc<strong>it</strong>ivi. La varietà e la ricchezza dei microclimi, dei sistemi ambientali<br />

e dei mondi v<strong>it</strong>ali che qui vivono si intrecciano in modo<br />

interdipendente con la v<strong>it</strong>a delle comun<strong>it</strong>à, che da millenni ab<strong>it</strong>ano<br />

questi spazi, e con la loro capac<strong>it</strong>à di costruire modelli di rappresentazione,<br />

poetiche, segni.<br />

In questi luoghi paradigmatici del Med<strong>it</strong>erraneo la Fondazione<br />

interunivers<strong>it</strong>aria Horcynus Orca ha promosso un omonimo parco<br />

culturale a carattere interdisciplinare. Il complesso monumentale di<br />

Capo Peloro, il Castello dei Ruffo (per eventi), la ex stazione ferroviaria<br />

a Scilla e la piattaforma off shore Kobold (primo prototipo al<br />

mondo per la produzione di energia dalle correnti marine) sono le<br />

0


sedi principali. Sin dalla premessa iniziale del progetto è stata proposta<br />

l’idea di nessi culturali e di labirinto quali metafore del parco e<br />

quali possibili chiavi di lettura del romanzo laboratorio cui il Parco si<br />

ispira. Il progetto, infatti così come il romanzo, coinvolge un sistema<br />

complesso di saperi (dalla biologia marina, alla fisica del caos, dalle<br />

scienze naturali all’archeologia, dall’arte alle scienze della terra, dalla<br />

letteratura all’antropologia, dalla sapienza dei pescatori alla ecologia<br />

marina) che cost<strong>it</strong>uiscono la grammatica e la sintassi di questo spazio<br />

millenario: lo Scill’e Cariddi.<br />

Il Parco Horcynus Orca è pensato come un organismo vivente sempre<br />

nuovo, un sistema di relazioni in continua osmosi fra saperi ed<br />

esperienza. Esso cost<strong>it</strong>uisce un ponte innovativo fra ricerca scientifica,<br />

innovazione tecnologica, linguaggi creativi, incontri fra culture,<br />

sperimentazione di economie solidali e divulgazione partecipata. Il<br />

Parco, fedelmente all’impostazione epistemologica data e ai contenuti<br />

sviluppati, si propone come una sorta di ipertesto reale dove il<br />

viaggiatore può disegnare un proprio percorso di ricerca e di fruizione<br />

personalizzato.<br />

Oggi tre sono le aree di impegno fra esse correlate della Fondazione:<br />

1. il Centro internazionale sulle scienze e le tecnologie marine ed<br />

ambientali, sotto l’egida dell’unido/Onu orientato alla documentazione,<br />

ricerca, trasferimento tecnologico e sviluppo di<br />

competenze specialistiche. Le prime azioni di ricerca e trasferibil<strong>it</strong>à<br />

riguardano la possibil<strong>it</strong>à di produrre energie dalle correnti<br />

marine (il Parco sta attualmente sperimentando l’utilizzo<br />

dell’unico prototipo esistente al mondo per la microgenerazione<br />

elettrica da correnti marine);<br />

2. il Polo delle culture med<strong>it</strong>erranee, che attraverso i progetti di indagine<br />

sul cinema, sulle arti visive, su quelle performative e non<br />

(che annualmente emergono attraverso l’Horcynus Festival e gli<br />

eventi di arte contemporanea), i laboratori di estetica e di economia<br />

sociale e solidale, ha creato presso il Parco un forum civile<br />

permanente, una sorta di parlamento civile dell’economia sociale,<br />

dell’arte, delle culture, dell’ambiente e delle pari opportun<strong>it</strong>à.<br />

L’idea è quella di elaborare proposte e valorizzare prassi capaci di<br />

contaminare il processo di integrazione euro-med<strong>it</strong>erranea verso<br />

cr<strong>it</strong>eri di equ<strong>it</strong>à spaziale e di reciproc<strong>it</strong>à fra i nord ed i sud del<br />

Mare Nostrum;<br />

3. il Polo di divulgazione scientifica e del turismo culturale ed educativo.<br />

A Capo Peloro – nel complesso monumentale ai margini


dell’omonima riserva naturale – e nello Stretto di Messina sulla<br />

piattaforma off shore Enermar, primo prototipo al mondo per la<br />

produzione di energia dalle correnti marine, è localizzato il cuore<br />

del Parco, sede degli spazi creativi, di divulgazione scientifica,<br />

multimediali, di animazione alla lettura, della biblioteca, delle<br />

sperimentazioni visivo-teatrali, dei percorsi interattivi multidisciplinari,<br />

degli spazi per l’arte contemporanea, delle istallazioni<br />

immersive, delle dirette audio/video subacquee, degli ambienti<br />

attrezzati a studiare le fonti energetiche del mare ed osservare i<br />

fenomeni caotici dello Stretto, i pesci abissali, i fossili, i reperti<br />

archeologici, delle scuole di sub e di vela. da questo spazio partono<br />

anche percorsi esplorativi, <strong>it</strong>inerari etnografici, subacquei,<br />

mini crociere a vela, la pesca turismo a bordo delle tradizionali<br />

feluche ed escursioni storico artistiche, etno-antropologiche<br />

e naturalistiche in un’area dove altissima è la concentrazione di<br />

riserve, aree protette, s<strong>it</strong>i ad alto interesse di natural<strong>it</strong>à, ricchi<br />

di millenarie stratificazioni culturali (dai Nebrodi ai Pelor<strong>it</strong>ani<br />

all’Aspromonte, dalle isole Eolie allo Stretto di Messina fino a<br />

Taormina e l’Etna).<br />

Per costruire una ricaduta educativa dei processi di ricerca e di internazionalizzazione<br />

del Parco, la Fondazione ha promosso percorsi<br />

di democrazia locale secondo la metodologia dei Terr<strong>it</strong>ori Socialmente<br />

Responsabili (TSR®) ed un patto educativo, capace di coinvolgere<br />

tutte le univers<strong>it</strong>à, le scuole e le agenzie formative ist<strong>it</strong>uzionali,<br />

formali ed informali del terr<strong>it</strong>orio.<br />

Il secondo cluster è la Fondazione Padre Pino Puglisi, nata come<br />

strumento di lotta all’usura ed all’economia criminale e quale strumento<br />

finanziario per la promozione dell’economia sociale ed etica.<br />

Suoi fondatori sono: l’Arcidiocesi di Messina, Lipari e S. Lucia del<br />

Mela, la Fisac-Cgil, l’Arci-Sicilia, il Mo.V.I. Nazionale, e altri.<br />

Il terzo cluster socio-economico è il Consorzio Sol.E. Esso raccoglie<br />

15 attori dell’economia sociale messinese ed è creatore e gestione<br />

del Parco sociale di Forte Petrazza, s<strong>it</strong>o in un grande edificio mil<strong>it</strong>are<br />

di epoca umbertina, per anni abusivamente occupato dalla mafia, e<br />

poi a proprio carico risanato e rifunzionalizzato. Il Parco sociale è<br />

pensato come luogo di integrazione del mondo dei saperi (formazione<br />

avanzata nell’amb<strong>it</strong>o dell’economia e del lavoro sociale), dei<br />

saperi del fare (è agenzia di sviluppo e sperimentazione di modelli<br />

di welfare comun<strong>it</strong>ari), dei saperi della relazione (è spazio di social<strong>it</strong>à<br />

– foresteria, spazi culturali, astro-café, ecc.).


Questi tre cluster e la loro rete si fondano su processi partecipativi<br />

di coorganizzazione e messa a sistema di un partenariato locale come<br />

si è visto assai ampio, caratterizzato dalla condivisione di una vision<br />

e da una complementarietà funzionale, che si esplic<strong>it</strong>a in relazioni<br />

ed interdipendenze sistemiche e/o di filiera. Il raggruppamento ha<br />

negli anni prodotto alto valore aggiunto nelle idee progettuali e nella<br />

qual<strong>it</strong>à realizzativa.<br />

Il sistema socio-economico ha, in questi anni, messo in rete:<br />

• Azioni di co-marketing;<br />

• Management avanzato;<br />

• Azioni di ricerca e sviluppo e trasferimento dell’innovazione tecnologica;<br />

• Servizi di finanza etica;<br />

• Formazione mirata;<br />

• Economie interne;<br />

• Servizi in rete;<br />

ed ha prodotto progressivamente lo sviluppo di:<br />

• Economie interne;<br />

• Professionalizzazione delle risorse umane e sviluppo di capac<strong>it</strong>à di<br />

management diffuso;<br />

• Rafforzamento dell’esistente e del potere contrattuale complessivo;<br />

• Creazione di nuove imprese.<br />

Sul piano economico-sociale dunque la rete dei cluster è uno strumento<br />

che favorisce lo sviluppo locale e specialmente l’inclusione di<br />

soggetti deboli coinvolti nella gestione delle iniziative. Per esempio:<br />

il diving è una cooperativa sociale di tipo B, l’ecogestione degli spazi<br />

nei due Parchi è affidata ad una cooperativa sociale che inserisce<br />

uomini e donne con patologie psichiatriche, lo spazio degustazione<br />

ed i servizi di fruizione del mare sono gest<strong>it</strong>i da una impresa giovanile<br />

multiculturale, l’astro-café a forte Petrazza è una cooperativa<br />

sociale di tipo B, i servizi tecnologici sono gest<strong>it</strong>i da una nuova impresa<br />

giovanile, tutti gli arredi sono stati creati da una cooperativa<br />

che nasce dalla relazione di arch<strong>it</strong>etti design, artigiani ed ex internati<br />

dell’Ospedale Psichiatrico giudiziario.<br />

Oggi la rete dei cluster dà occupazione ad oltre 200 persone.


Alla ricerca della sostenibil<strong>it</strong>à,<br />

la rivoluzione possibile<br />

Secondo il giornalista Patricio Ramonet “la globalizzazione porta<br />

a diversi tipi di distruzione, sul piano industriale, economico, ecologico,<br />

sociale …esiste soltanto una resistenza contadina ed è quella<br />

che ha meglio, e per prima, compreso i pericoli della globalizzazione:<br />

rispetto al libero scambio, alla perd<strong>it</strong>a di biodivers<strong>it</strong>à, all’acqua, a<br />

certe materie prime. I leader antiglobalizzazione più importanti,<br />

poi, vengono tutti dal mondo contadino…”<br />

Tra di essi pensiamo di poter inserire anche Francesco Comar, imprend<strong>it</strong>ore<br />

agricolo, appassionato di cultura e tradizione contadina e<br />

uno dei più preziosi operatori nel campo della salute mentale.…<br />

da alcuni anni Francesco e il suo staff, nell’amb<strong>it</strong>o della cooperativa<br />

sociale La Cisile, gestiscono l’Azienda Agricola Molin Novacco<br />

in local<strong>it</strong>à Aiello del Friuli. un’impresa sociale che svolge attiv<strong>it</strong>à<br />

agricola (in gran parte attraverso la produzione di prodotti biologici)<br />

e che, alla ricerca della sostenibil<strong>it</strong>à anche economica, ha ampliato<br />

l’attiv<strong>it</strong>à tradizionale verso nuovi settori dell’economia rurale quali<br />

la didattica, la valorizzazione e la commercializzazione dei prodotti<br />

tipici, il recupero delle tradizioni locali e il tempo libero.<br />

A questa ricerca di sostenibil<strong>it</strong>à partecipano ogni giorno circa venti<br />

ragazzi segu<strong>it</strong>i dai servizi di salute mentale e/o dai servizi sociali.


UN MATTO PREsO IN PREsTITO ALLA NORMALITA’<br />

di Francesco Comar<br />

“Basta un gesto per seppellire un fallimento”. devo dire che le parole<br />

di E. Vendrame dipingono perfettamente l’inizio della mia attuale<br />

esperienza lavorativa.<br />

dopo varie ed intricate viciss<strong>it</strong>udini ho scoperto un mondo così<br />

vicino e così sconosciuto, ma di una bellezza e di una energia pos<strong>it</strong>iva<br />

da farmi dimenticare le mie “passioni tristi” e farmi riappropriare di<br />

un’ident<strong>it</strong>à ormai quasi perduta.<br />

L’ epoca delle “passioni tristi”, così Spinosa definiva la crisi della<br />

civiltà occidentale, è un’epoca in cui la crisi è rifer<strong>it</strong>a non tanto al<br />

dolore o alla malattia ma all’impotenza, alla disgregazione, all’indifferenza,<br />

alla mancanza di senso che sembrano pilastri sui quali la<br />

società attuale si è colpevolmente adattata.<br />

La mia rivoluzione è quella di andare al di là del puro tecnicismo<br />

che alle volte salva ma al prezzo di snaturare l’animo delle persone<br />

coinvolte.<br />

Viviamo in un’ epoca della tecnica che ci ha fatto perdere il valore<br />

umano delle cose. Le domande di senso non trovano risposte che<br />

abbiano una connotazione emotiva, in una tecnica che per definizione<br />

risponde con dei protocolli che non tengono conto del bisogno<br />

di soggettiv<strong>it</strong>à.<br />

La tecnica relativizza tutti i simboli e le immagini che l’uomo aveva<br />

fatto di sé per orientarsi nel mondo e dominarlo. Questo evidenzia<br />

quanto l’uomo da “primato”, abbia perso il primato rispetto alla<br />

gestione del proprio essere.<br />

Nelle mie passate ricerche di laboratorio mi rendevo conto che<br />

l’uomo stava lasciando la sua interior<strong>it</strong>à ad un “di fuori” in continuo<br />

cambiamento. Ma l’uomo rimane lo stesso, dentro e fuori. Le cose<br />

che cambiano sono il modo e le opportun<strong>it</strong>à, alle volte di accanirsi,<br />

per cercare di fermare un tempo che inesorabilmente passa e porta<br />

dei cambiamenti.<br />

Alle volte sembra che l’uomo venga travolto dalle sue scoperte forse<br />

perché non riesce più a governarle e soprattutto perché ha un po’<br />

perso la dimestichezza nel gestire le proprie emozioni. La v<strong>it</strong>a va così<br />

in fretta, che anche chi è più dotato fa fatica a fermarsi ed aspettare<br />

i più lenti.


Per molto tempo mi sono sent<strong>it</strong>o un Caronte al contrario, con la<br />

spinta e il desiderio di portare fuori dall’inferno coloro che non avevano<br />

il coraggio di mostrare le loro “passioni tristi”.<br />

Mi sono preso l’onere di remare alle volte andando anche contro<br />

al volere espresso da altri, ma con l’intento di rompere delle barriere<br />

che un giorno speravo avessero portato gli stessi a remare da soli.<br />

Mi piace pensare che all’ interno della fattoria ci siano vari ruoli<br />

tutti di grande rispetto, con la presunzione di essere io una sorta di<br />

timoniere che scandisce un tempo, che senza i vogatori, non avrebbe<br />

senso.<br />

Quello che si cerca di promuovere è la costruzione di un senso di<br />

fiducia di base, quel nucleo caldo, che rappresenta la prima condizione<br />

per essere al mondo, senza essere soverchiati dall’angoscia (M.<br />

Balint).<br />

Vivere quotidianamente in un contesto dove si cerca di condividere<br />

un entusiasmo, favorisce l’accoglienza del sé in tutte le sue parti.<br />

Lavorando si può ripristinare un’ educazione all’emotiv<strong>it</strong>à, che non<br />

è coerc<strong>it</strong>iva bensì favorente la liberazione delle emozioni, che non<br />

devono più fare paura.<br />

Coltiviamo la terra ma cerchiamo di coltivare anche i prodotti del<br />

cuore. Le emozioni e i sentimenti vanno nutr<strong>it</strong>i e forse quotidianamente<br />

innaffiati, in modo da creare opportun<strong>it</strong>à di autocontrollo<br />

verso sé e compassione verso gli altri.<br />

Prima del farmaco o della psicoterapia, o comunque insieme, si<br />

può provare a condividere un contesto in cui le emozioni vengono<br />

scambiate ad un livello primario, dove le carezze o gli scambi fisici<br />

urlano molto più esplic<strong>it</strong>amente un dolore e una sofferenza, che non<br />

trovano altro modo per essere tradotti.<br />

Concordo con l’affermazione di Goleman, secondo il quale “l’educazione<br />

alle emozioni ci porta a quell’empatia che è la capac<strong>it</strong>à di<br />

leggere le emozioni degli altri, e siccome senza percezione delle esigenze<br />

e della disperazione altrui non può esserci preoccupazione per<br />

gli altri, la radice dell’altruismo sta nell’empatia, che si raggiunge<br />

con quell’educazione emotiva che consente a ciascuno di conseguire<br />

quegli atteggiamenti morali dei quali i nostri tempi hanno grande<br />

bisogno: l’autocontrollo e la compassione appunto”.<br />

Questi aspetti parlano di noi, e quanta fatica si prova alle volte<br />

nel rivelare parti di sé che possono risultare contradd<strong>it</strong>torie. Fare un<br />

bilancio dei propri pregi è fondamentale, ma riconoscere e cercare di<br />

prevenire i propri difetti rappresenta forse quella grande scoperta di<br />

sé che può essere anche molto dolorosa.


Ecco che l’interior<strong>it</strong>à risulta essere più forte rispetto alla minaccia<br />

di un futuro a fondo cieco, determinato da un lato dalle promesse di<br />

falsi paradisi e dall’altro da un’ estrema negativ<strong>it</strong>à dovuta alla casual<strong>it</strong>à<br />

degli eventi, che non possiamo predire e quindi governare.<br />

da tutto questo possiamo uscire attraverso quello che brevemente<br />

vado a narrarvi.<br />

Novacco mi rappresenta bene, è quasi una traduzione iconografica<br />

di quello che sono io. E’ come una gerla, dove le sfortune pesanti che<br />

porti sempre con te diventano più leggere. Si traduce in quelle gocce<br />

di resina che sai che ci sono, ma riesci a sopportare. Per me è stato<br />

ed è un’opportun<strong>it</strong>à di confronto e di scontro, con un piano di realtà<br />

che ti rende vivo.<br />

Ho sempre pensato che potesse essere un’opportun<strong>it</strong>à per tutti coloro<br />

che lo attraversano. Non un luogo perfetto, perché r<strong>it</strong>engo che<br />

la perfezione non sia dell’essere umano. Altresì la ricerca della perfezione<br />

è alle volte il motore che mi muove verso l’appagamento dei<br />

miei tratti più narcisistici.<br />

A differenza di Narciso però, non ne ho mai abbastanza. R<strong>it</strong>engo<br />

che questo alle volte sia difficile da gestire per me e per tutte le persone<br />

che mi stanno vicino.<br />

Ma se l’ideale è quello di rendere reale la comunicazione del sé<br />

attraverso degli oggetti (animali, colture, ecc.), la soddisfazione che<br />

ne consegue ripaga la possibile fatica.<br />

Tutto ciò può avvenire in un luogo dove non ci sia la paura di<br />

esporsi e pertanto di potersi vergognare. Attraverso questo la persona<br />

riesce ad avere un concetto di proprietà del sé che non deve per forza<br />

essere omologato agli altri.<br />

Mantenere l’intim<strong>it</strong>à del sé significa avere una propria ident<strong>it</strong>à e<br />

rafforzare quella parte pos<strong>it</strong>iva dell’essere individuo e pertanto dell’essere<br />

SOGGETTO.<br />

Tutto questo ci permette di avere dei segreti nell’anima che sono<br />

fari, rifugio o scoglio di tutti gli esseri umani. E’ proprio da qui che<br />

parte l’empatia e cioè, che pur essendo diversi c’è una condivisione e<br />

una comunione dei dolori altrui.<br />

Secondo me esistono due tipi di pazzia, una concava e una convessa.<br />

La prima è interiore, normale, nascosta e viene gest<strong>it</strong>a, la seconda<br />

è esteriore, anormale nel senso della follia, espressa e alle volte<br />

ingovernabile. Paradossalmente la seconda si rifà in alcuni casi alla<br />

genial<strong>it</strong>à. E ci si chiede perché alcuni geni sono considerati folli o<br />

alcuni folli vengono considerati geniali, mentre la maggior parte dei


“matti”sono….semplicemente “matti”.<br />

La cosa simpatica è che mi sembra alle volte di aver la possibil<strong>it</strong>à di<br />

attraversare tutte le possibili definizioni della follia. Forse per questo<br />

mi avvicino e mi allontano dalle persone, quando soffrono o tornano<br />

a stare meglio, in una danza che mi è molto naturale.<br />

E’ una rivoluzione che passa principalmente attraverso l’utilizzo<br />

delle mie emozioni, dirompenti alle volte, più sop<strong>it</strong>e in altri casi,<br />

consapevole comunque, che la linea che separa il bene dal male attraversa<br />

il cuore di tutti.<br />

La battaglia più grande la voglio fare verso il riconoscimento di<br />

quello che di buono tutti portano con sé. Se questa è la guerra noi<br />

siamo guerriglieri e non soldati, perché i guerriglieri non sono inquadrati<br />

in una s<strong>it</strong>uazione ben defin<strong>it</strong>a. Puntano sullo sviluppo creativo<br />

delle risorse del popolo da cui derivano, puntano sulla volontà di<br />

cambiare partendo dalla v<strong>it</strong>a reale.<br />

Non voglio descrivere apertamente come Novacco si anima ogni<br />

giorno, come i ragazzi si incontrano e si scontrano per gestire una<br />

fattoria che io cerco di rendere ogni giorno più complessa. Mi piacerebbe<br />

che il lettore si incuriosisse e venisse là, per condividere con noi<br />

le emozioni quotidiane, fatte di fatica, ma anche di tanta solidarietà,<br />

vedesse i nostri animali e si nutrisse dei nostri prodotti, cercando di<br />

andare al di là di ciò che si può scrutare inizialmente.<br />

Pertanto intraprendere l’<strong>it</strong>inerario della scoperta dell’anima, che dà<br />

v<strong>it</strong>a alle cose e spinge l’uomo in qualsiasi circostanza, permettendo di<br />

stabilire una relazione intima che in alcuni casi è una vera e propria<br />

“umana convivenza”(A. Solzenicyn).


Testimoni<br />

della chiusura di un manicomio<br />

di v<strong>it</strong>a e di molte v<strong>it</strong>e<br />

testimoni di nozze<br />

La svolta è stata rappresentata dall’assumere la consapevolezza che<br />

la prima inclusione da fare era quella di permetterci che le persone con<br />

le quali lavoravamo e soprattutto stavamo quotidianamente, facessero<br />

parte di noi e delle nostra storia. Per settimane abbiamo convissuto<br />

e ci siamo conosciuti e riconosciuti nei nostri pregi e difetti.


LA FORZA (E LA FATICA) DELL’INCLUsIONE<br />

Ovvero includere significa escludere la follia?<br />

di Anna Matellon e Monica Gregorat<br />

Quello che proviamo a raccontarvi è il frutto di dieci anni di esperienza<br />

vissuta cercando di tradurre il concetto di economia sociale nel<br />

campo della salute mentale e creando opportun<strong>it</strong>à di inclusione per<br />

persone a rischio di emarginazione sociale.<br />

Vi raccontiamo la nostra esperienza quasi decennale, sotto forma<br />

di pensieri in libertà: ci sentiamo operatori di trincea, che si mettono<br />

quotidianamente in rapporto con delle persone che possono avere<br />

timore a raccontare un sé in difficoltà, in maniera diversa dalla pura<br />

manifestazione sintomatologica.<br />

Ci rendiamo conto che molto spesso le sole parole non bastano ma<br />

diventa necessario creare tempi, spazi e opportun<strong>it</strong>à diversi dove si<br />

possano dare significati nuovi a esperienze vissute e che si stanno vivendo.<br />

La storia di tutti ha radici lontane, come la sperimentazione di metodologie<br />

che possano favorire il benessere delle persone. Ed è proprio<br />

da lontano che noi vogliamo cominciare.<br />

Correva l’estate del ‘99 (non quella dei ragazzi del ‘99) quando a me,<br />

Sonia ed Anna, venne proposta (imposta) una straordinaria opportun<strong>it</strong>à:<br />

dopo un anno particolarmente intenso, cosa potevano chiedere di<br />

più utenti e operatori, per rilassarsi un po’, se non una vacanza nell’accogliente<br />

local<strong>it</strong>à di Piani di Luzza, nel comprensorio delle meravigliose<br />

Alpi Carniche?<br />

Il soggiorno, nelle buone intenzioni degli organizzatori, doveva rappresentare<br />

una parentesi paradisiaca e un’occasione per sperimentare il<br />

valore dell’inclusione in un contesto nuovo e favorente come quello di<br />

una vacanza.<br />

Accompagnate da una cinquantina di utenti, sub<strong>it</strong>o dopo l’ultima<br />

curva ci si presentò uno scenario che inizialmente ci raggelò: ci sembrava<br />

di essere cap<strong>it</strong>ati sul set di Shining!<br />

un casermone disab<strong>it</strong>ato, le cui camere erano dotate di letti a castello<br />

assolutamente disfunzionali per le capac<strong>it</strong>à motorie di alcune nostre<br />

compagne di viaggio, per le quali il salto ad ostacoli e il salto in alto<br />

non erano esattamente le abil<strong>it</strong>à che più di altre avevano bisogno di<br />

essere sviluppate.<br />

Passato il primo momento di sconcerto, abbiamo necessariamente<br />

defin<strong>it</strong>o un piano di sopravvivenza per la possibile permanenza.<br />

Applicato il principio delle operazioni di salvataggio, per il quale per<br />

primi vanno messi in sicurezza i bambini (che non avevamo), le donne


incinte (che per fortuna non abbiamo avuto nemmeno al termine di<br />

questa esperienza) e gli anziani, che invece avevamo in gran numero,<br />

abbiamo assegnato una sistemazione che a noi sembrava confortevole,<br />

per ognuna delle persone coinvolte.<br />

una volta completate queste operazioni organizzative, abbiamo iniziato<br />

ad esplorare il contesto illudendoci che tutto sarebbe andato per<br />

il meglio.<br />

Voi vi immaginereste g<strong>it</strong>e, escursioni, picnic nei boschi, usc<strong>it</strong>e al bar,<br />

conoscenza degli ab<strong>it</strong>anti del luogo ecc. ecc..<br />

In realtà non è stato proprio così: le g<strong>it</strong>e fuori porta avevano lo scopo<br />

di procacciare il cibo voracemente consumato al di là di ogni possibile<br />

scorta, le escursioni e i picnic nei boschi erano finalizzate a recuperare<br />

le persone che tentando di fuggire da questo luogo, vi si erano perse,<br />

le usc<strong>it</strong>e al bar si verificavano per riaccompagnare quegli utenti che, in<br />

crisi di astinenza da caffeina, determinata dal fatto che gli addetti alla<br />

cucina r<strong>it</strong>enevano più salutare somministrare esclusivamente ingenti<br />

quant<strong>it</strong>à di caffè d’orzo, rotolavano giù per le pendici montane fino al<br />

bar più vicino e stremati dalla fatica, non erano fisicamente in grado di<br />

tornare alla base.<br />

Il com<strong>it</strong>ato di benvenuto degli indigeni fu rappresentato da: il medico<br />

del paese che abbiamo strappato alla sua tranquilla attiv<strong>it</strong>à pomeridiana<br />

di orticoltura per eserc<strong>it</strong>are un intervento di sutura a una persona<br />

che era precip<strong>it</strong>ata dalle scale della struttura dove alloggiavamo; dai<br />

boscaioli che ci hanno riportato la signora Ada che si era persa nei<br />

boschi e che pur essendo sordomuta è riusc<strong>it</strong>a ad esprimere la sua delusione<br />

nel dover lasciare quei quattro omaccioni simpatici e sensibili;<br />

dalla guardia medica e dagli operatori del 118 che sono intervenuti una<br />

notte di luna piena quando Valerio ha urlato tutta la sua sofferenza,<br />

non legata tanto alla consapevolezza di una v<strong>it</strong>a difficile, quanto alla<br />

frustrazione di trovarsi in un luogo così sperduto. Confessiamo che ad<br />

un certo punto avremmo voluto urlare con lui!<br />

Personalmente non conoscevo molto bene Anna, ma l’immagine che<br />

mi porterò sempre dentro è quella di Anna/Lorenz che passeggiava<br />

con sei donnine che sembravano riconoscere lei come l’unica base sicura<br />

per muoversi. Ed era proprio così, visto che i miei primi tentativi<br />

di avvicinamento a quel gruppetto allegro e festoso, sono risultati fallimentari<br />

e alle volte dolorosi….<br />

Anna mi ha insegnato come relazionarsi a loro e se inizialmente mi<br />

è sembrato facile, tutta la fatica l’ho vissuta quando lei non c’era, ed io<br />

per prove ed errori, cercavo di interpretare i bisogni di ognuna. Ad un<br />

certo punto ho anche pensato che i loro scambi comunicativi fossero<br />

caratterizzati da un codice segreto: Anna riusciva a far fare a queste signore<br />

tutto e in un tempo straordinariamente breve, mentre io e Sonia<br />

quando dovevamo accudirle, fin<strong>it</strong>o con l’ultima dovevamo ricomin-


ciare con la prima, e nel frattempo le altre quarantaquattro persone si<br />

disperdevano...<br />

Tutto sommato possiamo dire che quest’avventura ci ha consent<strong>it</strong>o<br />

di conoscerci come operatori e di conoscere la storia di persone che<br />

sono state defraudate di tutto.<br />

Condividere del tempo, programmare ed eseguire le normali azioni<br />

quotidiane del curare sé e i luoghi che si vivono, ridere e sorridere delle<br />

cose che accadevano, fu un’esperienza, vista oggi, sicuramente eccezionale.<br />

La svolta è stata rappresentata dall’assumere la consapevolezza che<br />

la prima inclusione da fare era quella di permetterci che le persone con<br />

le quali lavoravamo e soprattutto stavamo quotidianamente, facessero<br />

parte di noi e delle nostra storia. Per settimane abbiamo convissuto e ci<br />

siamo conosciuti e riconosciuti nei nostri pregi e difetti.<br />

Abbiamo imparato a non farci invadere dall’ansia salvifica, ovvero<br />

dall’idea che solo noi operatori potevamo proporre il meglio e ridare il<br />

tutto a queste persone. Altresì abbiamo costru<strong>it</strong>o un percorso insieme<br />

trovando la giusta distanza, che non era simbiosi ma neanche indifferenza,<br />

rispetto alle emozioni che si scambiavano all’interno del gruppo,<br />

seppur numeroso.<br />

Includere la propria storia in quella degli altri, da un lato permette di<br />

trovare insieme la giusta dimensione, e dall’altro favorisce la scoperta<br />

di un motivo sempre nuovo per rincontrarsi domani.<br />

Ed è per questo che non neghiamo che alla fine del soggiorno, tra le<br />

emozioni provate, ci fosse anche la nostalgia del lasciarsi. Ci rassicurava<br />

il fatto di potersi rincontrare in condizioni meno avventurose ma<br />

altrettanto emozionanti.<br />

Negli incontri tra operatori, molte volte ci siamo chieste che cosa differenziasse<br />

il perfetto ricoverato descr<strong>it</strong>to da Franco Basaglia da colui<br />

che ostinatamente mantiene l’immagine del folle che molto spesso lo<br />

stigmatizza.<br />

In questo caso ci siamo scontrate con la nostra ostinazione nel voler<br />

includere una persona attraverso l’esclusione della sua divers<strong>it</strong>à.<br />

Riconoscere la divers<strong>it</strong>à favorisce la creazione di un’area di frontiera<br />

che permette di esplorare l’imprevisto, di darsi una possibil<strong>it</strong>à di riscoperta<br />

attraverso sé e attraverso gli altri.<br />

C<strong>it</strong>ando M. Colucci: chi è più disposto a essere colp<strong>it</strong>o dalla forza<br />

della follia? Cioè dall’irruzione di qualcosa che non si vuole e non si<br />

può adattare, perché resiste alle strategie di invalidazione e mette permanentemente<br />

in crisi la c<strong>it</strong>tadinanza nei suoi meccanismi di inclusione<br />

sociale?<br />

detto questo, ricordo con Anna quella volta che portai umana dall’oculista<br />

e lei ostinatamente, invece di leggere sul panello lettera per lettera,<br />

condensava queste, in parole tipo “SVRT”, “CNART”, “TACN”


ecc... Incurante dei miei inv<strong>it</strong>i a fare bene e attenta di più al continuo<br />

sgranare degli occhi dell’oculista, ad un certo punto aggiunse: “certo<br />

che lei dottor deve vedere bene con quegli occhioni così grandi…”<br />

Il dott. Righetti ci ha sempre insegnato che la cosa più importante è<br />

quella di creare una relazione: una relazione di senso. Sorrideva quando<br />

vedeva che per noi era molto difficile trovarne uno nei discorsi criptati<br />

che alcuni pazienti ci proponevano. “Il segreto, diceva, passa attraverso<br />

una mediazione oggettuale, un oggetto di cui voi potete parlare. Parlare<br />

dell’oggetto permette poi di poter parlare dei soggetti”.<br />

L’ oggetto, è transizionale, e può essere tutto: può essere la casa, il lavoro<br />

o semplicemente lo stare insieme davanti ad un caffè e raccontarsi<br />

i sogni, gli insuccessi, le emozioni contenute all’ interno dell’anima,<br />

nella narrazione di una storia che è co-costru<strong>it</strong>a da tutti i soggetti coinvolti<br />

ognuno con il suo ruolo.<br />

In un contesto del genere tutto diventa potenzialmente “oggetto” sul<br />

quale proiettare le proprie sensazioni. In primis noi come operatori entriamo<br />

nel gioco intenso delle proiezioni e delle identificazioni che si<br />

possono intrecciare all’interno di un rapporto duale o di gruppo. Forti<br />

sono le risonanze che il disagio psichico può muovere dentro: fondamentale<br />

in questo caso, diventa la funzione di buon conten<strong>it</strong>ore che<br />

l’operatore deve essere consapevole di eserc<strong>it</strong>are. Quella funzione di<br />

madre sufficientemente buona che filtra il mondo esterno e lo ridà al<br />

bambino con il giusto peso che lui può sopportare (Winnicott), passando<br />

da uno stato di dipendenza al raggiungimento della massima<br />

autonomia possibile.<br />

Rendere le persone autonome, significa renderle libere.<br />

A questo propos<strong>it</strong>o vogliamo ricordare quanto detto dal dottor Bertoli<br />

e dal dottor Righetti.<br />

Secondo il primo “La pos<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à nasce riconoscendo la libertà, la responsabil<strong>it</strong>à,<br />

la dign<strong>it</strong>à che ogni uomo porta, sano e malato. Se ognuno<br />

non ha un punto pos<strong>it</strong>ivo per sé non può valorizzare neppure gli altri,<br />

chiunque e comunque essi siano”.<br />

Il secondo dice che “in una professione di aiuto l’esposizione umana<br />

è rischiosa ma inev<strong>it</strong>abile. L’angoscia e la disperazione dei pazienti<br />

possono essere soccorse solo prendendosele su di sé per trasformarle in<br />

modo visibile ed accettabile”.<br />

Vorremmo agganciarci in questo caso al discorso sull’aggressiv<strong>it</strong>à del<br />

malato proposto da Basaglia: lo stesso r<strong>it</strong>eneva che questa non fosse<br />

repressa ma che dovesse trovare libera espressione.<br />

L’ operatore in questo caso stabilendo una buona relazione dovrebbe<br />

riuscire a far esprimere adeguatamente gli impulsi aggressivi che animano<br />

ogni personal<strong>it</strong>à, trovando con la persona stessa, il modo più<br />

giusto per orientarla magari in modo strategicamente funzionale.<br />

Per svolgere un’attiv<strong>it</strong>à del genere è indispensabile prestare attenzio-


ne a ciò che accade e a ciò che viene detto esplic<strong>it</strong>amente, ma altrettanta<br />

attenzione deve essere posta ai non detti, agli sguardi sfuggenti, alle<br />

richieste di attenzione che spesso possono sembrare dei veri e propri<br />

attacchi al sistema accogliente.<br />

di conseguenza per molto tempo è stato difficile sopportare la nostra<br />

delusione derivante dal rifiuto da parte dell’altro delle nostre proposte,<br />

dimenticando così un presupposto essenziale rappresentato dal fatto<br />

che la conoscenza dell’altro passa attraverso il riconoscimento delle<br />

differenze: non posso imparare nulla se penso che valga solo la mia<br />

conoscenza e non permetto all’altro di perturbare la stessa.<br />

Lunghe sono state le discussioni relative alle g<strong>it</strong>e e alle usc<strong>it</strong>e fuori<br />

porta che molto spesso finivano con “…e vabbè allora andiamo a prenderci<br />

un caffè a Firenze”, sintesi metaforica del desiderio dell’operatore<br />

di accompagnare le persone alla esplorazione di un mondo nuovo e<br />

il reale desiderio della persona di trasporre la sua quotidian<strong>it</strong>à in un<br />

luogo nuovo.<br />

L’operatore buon conten<strong>it</strong>ore deve essere in grado di creare un contesto<br />

relazionale di par<strong>it</strong>à, dove l’utente non si senta in obbligo di fare per<br />

compiacere ma di fare per stare all’interno di una relazione.<br />

uno strumento che nella nostra esperienza è risultato fondamentale<br />

per l’inclusione, o per tentare di arrivare all’inclusione, è il lavoro, eserc<strong>it</strong>ato<br />

in settori differenti e in diverse forme dove con non poca fatica,<br />

si cerca di coniugare il mondo dell’imprend<strong>it</strong>oria con quello del terzo<br />

settore, partendo dallo strumento della borsa lavoro fino ad arrivare all’assunzione<br />

vera e propria in qual<strong>it</strong>à di socio lavoratore di cooperativa.<br />

Queste attiv<strong>it</strong>à lavorative si articolano in una compless<strong>it</strong>à che rimette<br />

al centro i luoghi interni delle persone, con un luogo esterno che si<br />

definisce in base ai significati che ognuno gli attribuisce.<br />

C’è chi si dedica alla cura degli animali, chi alla cura delle piante, chi<br />

alla ristorazione, chi alle pulizie, chi si dedica ai lavori di segreteria:<br />

ognuno con i propri tempi, secondo le proprie possibil<strong>it</strong>à all’interno di<br />

un contesto che ti permette fallimenti non giudicati, dove conta quello<br />

che sei e non quello che hai.<br />

Queste esperienze lavorative rappresentano dei terr<strong>it</strong>ori che le diverse<br />

persone che li ab<strong>it</strong>ano possono descrivere con mappe diverse, ma se<br />

la ricchezza è rappresentata dalle differenze (Bateson) questa non può<br />

essere che una esperienza arricchente.<br />

Il lavoro permette di dare una struttura temporale alla giornata, favorisce<br />

esperienze che promuovono l’integrazione sociale attribuendo<br />

alla persona uno status che contribuisce a definire l’ident<strong>it</strong>à.<br />

Il lavoro, però, non deve diventare l’unico punto fermo nella v<strong>it</strong>a di<br />

una persona: è uno strumento, non il fine, per la creazione di una rete<br />

sociale che permetta l’opportun<strong>it</strong>à di eserc<strong>it</strong>are i dir<strong>it</strong>ti di c<strong>it</strong>tadinanza.<br />

deve rappresentare il punto di partenza di un’inclusione intesa come


opportun<strong>it</strong>à di reinserirsi nel ciclo v<strong>it</strong>ale che la maggior parte delle<br />

persone considera normale: la possibil<strong>it</strong>à di condividere ogni giorno la<br />

fatica del lavoro permette una conoscenza approfond<strong>it</strong>a di sé e dell’altro<br />

tanto da sviluppare un legame affettivo profondo che può portare<br />

al matrimonio.<br />

Ricordo l’emozione provata quando Roberta un giorno venne in comun<strong>it</strong>à<br />

e mi chiese di poter parlare un attimo: mi guardava con i suoi<br />

occhi scuri e io non capivo bene come mai avessero quella luce così<br />

diversa e nuova. Quando mi disse: “Monica vorrei che tu fossi la mia<br />

testimone di nozze” compresi che la luce era di felic<strong>it</strong>à mentre i miei<br />

occhi si riempivano di commozione. Il giorno del matrimonio, faceva<br />

un freddo terribile in quella chiesa, ma bastava girarsi e guardare lei e<br />

Massimo, per sentire un calore al cuore che ti riscaldava tutto il corpo.<br />

Vorremmo chiudere il racconto di una parte delle nostre esperienze,<br />

parlando della persona che, secondo noi, ha rappresentato una sintesi<br />

del nostro lavoro, pur con tutte le sue contraddizioni e difetti: Roberto<br />

alias Mr. Gunner.<br />

Roberto ha cercato di eserc<strong>it</strong>are i principi dell’uguaglianza con il solo<br />

difetto di portarli all’esasperazione.<br />

“…mi sono preso una condanna perché ho fatto una rapina in un<br />

distributore per reperire i soldi con i quali ho comprato i fuochi d’artificio<br />

per festeggiare la mia morosa che compiva gli anni”.<br />

Antisociale per accezione nell’assunzione di un ruolo che paradossalmente<br />

trovava il suo scopo nelle radici di una normal<strong>it</strong>à che ha<br />

sempre combattuto ma che allo stesso tempo ha sempre tenacemente<br />

cercato.<br />

Misure di sicurezza, disoccupazione, senza fissa dimora, tossicodipendente:<br />

è questo il Roberto che abbiamo preso in carico.<br />

Faticosamente, con svariati fallimenti e delusioni, con mille peripezie,<br />

costantemente in bilico tra il legale e l’illegale (la v<strong>it</strong>a di Roberto<br />

potrebbe essere condensata nella frase “il pericolo è il mio mestiere”),<br />

Roberto è riusc<strong>it</strong>o a raggiungere una certa stabil<strong>it</strong>à lavorativa e ab<strong>it</strong>ativa<br />

e a costruirsi una rete di social<strong>it</strong>à straordinaria che si è manifestata<br />

nella sua forza il giorno dei suoi funerali.<br />

Abbiamo voluto c<strong>it</strong>are questo come esempio di inclusione nella v<strong>it</strong>a<br />

reale e normale, di uno spir<strong>it</strong>o ribelle che non ha mai cercato di liberarsi<br />

completamente dal suo essere folle e che ci ha lasciato comunque<br />

un senso di magia.<br />

Se questo è il mondo dei folli, “Chi dunque guarirà coloro che si<br />

r<strong>it</strong>engono sani? ” (Seneca).


RIFLEssIONI DA VICINO<br />

di Paolo Del Negro<br />

Brevi frasi, per racchiudere attraverso un linguaggio un po’ diverso<br />

alcune delle esperienze che in questi nove anni di lavoro hanno caratterizzato<br />

la nasc<strong>it</strong>a, la cresc<strong>it</strong>a e lo sviluppo della Cooperativa Sociale<br />

Contea in seno al Consorzio di cooperative sociali Il Mosaico.<br />

Sono momenti di riflessione che cercano di cogliere alcuni degli<br />

elementi di senso e alcune considerazioni maturate durante questo<br />

percorso intrapreso in amb<strong>it</strong>o sociale.<br />

L’ ambiente di lavoro, le relazioni tra le persone coinvolte, svantaggiate<br />

e non, sono esperienze ricche di significato, come del resto tutte<br />

le attiv<strong>it</strong>à che ci mettono di fronte alla divers<strong>it</strong>à e all’emarginazione.<br />

La costruzione di realtà come questa, così eterogenea e complessa<br />

dal punto di vista delle persone coinvolte, passa attraverso un impegno<br />

costante per trovare anche a livello economico la sostenibil<strong>it</strong>à di<br />

cui necess<strong>it</strong>a.<br />

L’ elemento di integrazione con la comun<strong>it</strong>à locale assume un significato<br />

di condivisione non solo dei progetti tecnici ma anche di<br />

valori e di senso.<br />

Spesso sono questi gli elementi fondamentali che permettono di<br />

dare consapevolezza sociale al nostro lavoro.


IL LAVORO NEL sILENZIO<br />

Lavoriamo nel silenzio sopra la nostra terra sporcata dal fango di<br />

tutti alla ricerca di uno spazio per camminare accettando i nostri<br />

pensieri.<br />

Ognuno con il suo passo, ognuno con la sua idea, ognuno con la sua<br />

gioia, ognuno con il suo dolore,<br />

ma come è difficile camminare assieme.<br />

Qualcuno avanza con passo veloce e si guarda indietro, qualcuno con<br />

passo lento e guarda avanti, qualcuno non sa di camminare perché<br />

conosce solo il dolore.<br />

Ma come è difficile camminare assieme<br />

NON sO<br />

In realtà non conosco quelle persone che ogni giorno bagnano la mia<br />

terra con il loro sudore<br />

In realtà non so niente di loro,<br />

so solo ciò che devono fare<br />

In realtà non conosco e non mi importa di farlo<br />

In realtà non so chi sono...........................io.<br />

sTAI CON ME<br />

La nostra struttura vuole impegnarsi in campo sociale, per questo<br />

siamo disposti a lavorare con il privato sociale o ad attivare dei percorsi<br />

di lavoro presso la nostra realtà produttiva.<br />

Lo faremo a patto di non avere alcun decremento di tipo produttivo<br />

e qual<strong>it</strong>ativo.<br />

Non siamo mica matti!!!!<br />

LA COsA PIÙ <strong>DI</strong>FFICILE<br />

Muratore erem<strong>it</strong>a erigo il mio castello di granelli asciutti, incapace di<br />

condividere la fonte legante con il mio strano vicino,<br />

lui possiede un solo granello,<br />

ma è bagnato.<br />

0


NON sONO ABBAsTANZA FORTE<br />

Non sono abbastanza forte per rompere ogni giorno i muri della mia<br />

indifferenza<br />

Non sono abbastanza forte per sgretolare le colonne allineate e uguali<br />

del tempio che osp<strong>it</strong>a poteri ingiusti<br />

Non sono abbastanza forte,<br />

ti prego dimmi una parola.<br />

LA GUERRA IN CAsA<br />

Ho dichiarato guerra al mio strano vicino<br />

Non mi permette di raggiungere i miei scopi<br />

Sì, i miei scopi, cosa diranno di me...........<br />

Non posso permetterlo<br />

Sento profondamente che il mio vicino ha qualcosa contro di me<br />

Il mio strano vicino è un bastardo<br />

Il mio vicino deve andarsene, perché io sto male<br />

Ho dichiarato guerra al mio strano vicino<br />

Lui non è come me<br />

Sì, lui non è giusto<br />

Non posso permettermelo<br />

Ho dichiarato guerra al mio ............<br />

COCCI sGRETOLATI<br />

Raccolgo ogni giorno i cocci dispersi della mia anima alla ricerca di<br />

una nuova figura<br />

Raccolgo ogni giorno le mie parti estranee, lacerate da brezze leggere<br />

nella speranza di ricostruire l’esile scheletro del mio nome<br />

Ti prego ascolta,<br />

Ti prego resisti,<br />

Riesci a vedermi??


Relazioni<br />

Tra persone, luoghi, idee, sviluppo umano e sociale,<br />

con l’attenzione al significato dell’azione più che alla sua elaborazione<br />

complessa e culturalmente articolata…<br />

Attingendo a piene mani dalla mia esperienza professionale, svolta<br />

in organismi privati e pubblici, ho lavorato parecchio per portare<br />

l’associazionismo regionale fuori da un agire ansioso e rivendicativo,<br />

poco propos<strong>it</strong>ivo seppur comprensibile, nel quale si stava al tempo<br />

inaridendo, costruendo assieme spazi di comunicazione migliori.


IL sIGNIFICATO DELLA RELAZIONE<br />

di Gabriella De Simon<br />

Relazione tra persone, luoghi, idee, sviluppo umano e sociale, con<br />

l’attenzione al significato dell’azione più che alla sua elaborazione<br />

complessa e culturalmente articolata.<br />

La malattia della psiche l’ho vista nascere, svilupparsi parallelamente<br />

all’involversi della persona che ne soffriva, alla sua morte quotidiana,<br />

nella nostra famiglia.<br />

Come proponeva Franco Basaglia ai suoi collaboratori nei tempi di<br />

Gorizia, mettendo per un momento la malattia tra parentesi, quale<br />

primo motivo d’esclusione, è possibile agire meglio.<br />

Ho segu<strong>it</strong>o questo suggerimento per venirne a capo, in qualche<br />

modo, ev<strong>it</strong>ando di sprofondare nella formulazione di mille insoluti<br />

perché. un percorso basato sull’ ascoltare e comprendere le ragioni<br />

dell’altro per mantenere o recuperare la relazione, acquisendo competenze<br />

cosiddette informali nello stabilire una comunicazione nuova<br />

nel vissuto e nelle esigenze quotidiane, ricavandone significati, con il<br />

coraggio di ogni giorno, con i risultati del possibile.<br />

dato innegabile è che un ambiente di v<strong>it</strong>a confortato da buone relazioni<br />

permette di attingere forza e stimolo nelle diverse s<strong>it</strong>uazioni<br />

dell’esistenza: il contesto famigliare, l’amicizia, l’attiv<strong>it</strong>à lavorativa, gli<br />

interessi e le risorse personali ecc. Lo è di tutti gli esseri umani, ma<br />

quando le s<strong>it</strong>uazioni divengono insufficienti e la fiducia in sé stessi<br />

viene a mancare o fatta mancare? L’abbiamo constatato con il senno<br />

di poi, la persona con maggiore fragil<strong>it</strong>à non è più in grado di gestire<br />

questi percorsi e, soffocata da una crisi non compresa, inizia ad attuare<br />

una sistematica esclusione, rinchiudendosi nel suo “Io” sempre<br />

più confuso, perdendo ogni ragionevole relazione con sé stessa e con<br />

gli altri. La famiglia si trova nella medesima condizione, dovendo affrontare<br />

problemi sconosciuti, priva di strumenti adeguati per comprendere<br />

un’involuzione dell’essere così radicale. L’intervento medico<br />

specialistico avviene nella maggioranza dei casi troppo tardi, quando<br />

le relazioni, con sé e con l’altro, sono già gravemente compromesse e,<br />

quindi, molto più difficili da recuperare.<br />

Tutto questo mondo personale in frantumi può essere ricomposto?<br />

Questa domanda me la sono posta più volte, in tempi e s<strong>it</strong>uazioni


diverse, sempre considerando che un disagio personale debba essere<br />

innanzi a tutto rispettato e, pertanto, ascoltato. Cure e saperi diversi<br />

non hanno reso possibile una soluzione maggiormente costruttiva per<br />

la persona da me segu<strong>it</strong>a.<br />

L’ esperienza ha, però, aperto nuove conoscenze, impedendo che il<br />

potenziale della comunicazione fosse interrotto, così come il desiderio<br />

ed il dovere di operare meglio anche per altri. L’incontro con l’associazionismo<br />

è stato un punto nodale di condivisione del dolore e delle<br />

problematiche personali, ma anche un luogo dove è divenuto obiettivo<br />

comune oltre che personale il voler rendere possibile opportun<strong>it</strong>à<br />

di scelta e di significato a richieste/proposte personali di persone con<br />

disagio mentale, come pure migliore conoscenza di sé e delle proprie<br />

emozioni.<br />

Attingendo a piene mani dalla mia esperienza professionale, svolta<br />

in organismi privati e pubblici, ho lavorato parecchio per portare<br />

l’associazionismo regionale fuori da un agire ansioso e rivendicativo,<br />

poco propos<strong>it</strong>ivo seppur comprensibile, nel quale si stava al tempo<br />

inaridendo, costruendo assieme spazi di comunicazione migliori.<br />

Tra incontri con le realtà pubbliche, convegni di comunicazione,<br />

corsi di formazione, è stato conseguente predisporre un percorso associativo<br />

integrato tra richieste associative “ist<strong>it</strong>uzionali” e realizzazione<br />

di esperienze personali e collettive, per dare attuazione pratica e<br />

significato di senso concreto a quanto si voleva proporre e chiedere.<br />

una lenta osmosi, dovuta ad una più diretta collaborazione tra noi<br />

associati e la cooperazione sociale, i servizi e le amministrazioni pubbliche,<br />

ha permesso di condividere idee, atteggiamenti culturali, prospettive<br />

d’azione in modo più progettuale.<br />

Ne sono una riprova il sostegno dato alla sperimentazione dei progetti<br />

personalizzati di cura e riabil<strong>it</strong>azione, condivisi tra terapeuta,<br />

persona in difficoltà, familiari ove possibile (attuazione del consenso<br />

informato), dando pieno supporto, perché da noi tutti compresa<br />

ed auspicata, alla proposta/percorso di casa-lavoro-socializzazione,<br />

formulata in modo sistemico dal dipartimento di salute mentale del<br />

Basso Friuli assieme al Consorzio di cooperative sociali Il Mosaico,<br />

che permette alle persone con disturbo mentale di entrare in relazione<br />

prima con i loro saperi e le loro emozioni per poi affrontare le loro<br />

necess<strong>it</strong>à di v<strong>it</strong>a, con strumenti e percorsi notevolmente più efficaci<br />

del solo uso di psicofarmaci.<br />

Operare, quindi, interventi per favorire questo percorso diviene<br />

una costante, in particolare per la socializzazione. L’ esperienza e la


scienza ci hanno insegnato che la malattia mentale compromette non<br />

solo l’adattamento socio-relazionale, ma anche la capac<strong>it</strong>à stessa di<br />

organizzare la comunicazione tra mondo interiore e realtà esterna.<br />

L’atto creativo ripristina in qualche modo questa capac<strong>it</strong>à comunicativa<br />

in quanto attinge ai vissuti interni esprimendoli all’interno dei<br />

lim<strong>it</strong>i tecnici usati (conoscere le regole della rec<strong>it</strong>azione per l’attore,<br />

la metrica per il poeta, le modal<strong>it</strong>à di scr<strong>it</strong>tura per lo scr<strong>it</strong>tore, ecc.).<br />

E’ proprio questa felice unione tra libera espressione e lim<strong>it</strong>e imposto<br />

dalla tecnica che, abbiamo potuto constatare, ridà vigore al potenziale<br />

di comunicazione, che la malattia mentale potrebbe aver interrotto.<br />

A questo sono valsi i percorsi d’espressione artistica, organizzati in<br />

collaborazione con operatori, attori, musicisti, registi, sfociati ben presto<br />

in performance teatrali d’ottimo spessore. L’attiv<strong>it</strong>à ha coinvolto<br />

molte persone, disturbate da forte depressione, con gravi problemi<br />

d’equilibrio ed ident<strong>it</strong>à, o con problematiche ancor più gravi, con es<strong>it</strong>i<br />

di fertile relazione.<br />

Il teatro cost<strong>it</strong>uisce in questa prospettiva un forte mezzo di comunicazione<br />

e d’espressione che apre a nuovi processi di relazione<br />

sociale. E’ uno strumento che consente alle persone in difficoltà o che<br />

sperimentano forme diverse di disagio, d’esprimere, attraverso l’assunzione<br />

di ruoli scenici e di relazioni di gruppo, le proprie risorse<br />

e potenzial<strong>it</strong>à sperimentando relazioni sociali par<strong>it</strong>arie come esprime<br />

l’assessore alle pol<strong>it</strong>iche sociali della Provincia di Gorizia Licia<br />

Morsolin nel presentare la Rassegna provinciale “Altre Espressiv<strong>it</strong>à”,<br />

originariamente ideata e realizzata da una nostra socia con l’apporto<br />

associativo.<br />

Questa opportun<strong>it</strong>à offre, nel contempo, alla realtà sociale, stimoli<br />

di cambiamento culturale, per un atteggiamento diverso verso tutti<br />

quelli che si trovano a vivere un disagio variamente problematico, ma<br />

porta anche un arricchimento sul piano artistico e culturale, che cost<strong>it</strong>uisce<br />

percorso di rinnovamento del teatro stesso, come la letteratura<br />

teatrale ha messo ben in evidenza in questi ultimi decenni.<br />

Il filmato di 20’ “Tambours” coinvolge più di cinquanta persone<br />

nell’integrazione con una plural<strong>it</strong>à di modi espressivi (musica, danza,<br />

fotografia, scenografia, sartoria, rec<strong>it</strong>azione, sceneggiatura, regia<br />

e ripresa cinematografica), per oltre tre mesi. E’ l’estate del 2003, incredibilmente<br />

calda, la ricordo bene poiché ogni giorno rischiavo un<br />

infarto per sopperire a tutte le necess<strong>it</strong>à della produzione, ma rimasta<br />

indelebilmente legata all’aggettivo meravigliosa, ancora oggi usata da<br />

tutti i partecipanti nel ricordarla. Rammento emozioni forti e belle,


coesione e fraterna collaborazione, lavoro intenso e serate conviviali<br />

in piena allegria, ma anche resistenze iniziali e crisi esistenziali, peraltro<br />

ben superate. Ricordi intensi che rimangono nell’anima per sempre<br />

ed ai quali si può attingere nei momenti bui. Molte delle persone<br />

più fragili, mi hanno detto, non avevano dei ricordi così belli…da<br />

ricordare. Noi, commossi d’aver contribu<strong>it</strong>o a momenti di v<strong>it</strong>a vera,<br />

normale, per tutti.<br />

due primi premi vinti per la colonna sonora e la fotografia, nella<br />

sezione “Memoria e speranza”- i modi e le forme della riabil<strong>it</strong>azione<br />

- al Primo concorso nazionale d’audiovisivi sulla salute mentale di<br />

Nocera Inferiore (Sa), con la presenza di alcuni di noi. Ricordi altrettanto<br />

gioiosi ed indimenticabili.<br />

Ancor oggi il filmato è presentato in rassegne di corti, con ottimo<br />

riscontro di pubblico e cr<strong>it</strong>ica e malcelato orgoglio dei diversi partecipanti.<br />

Tutto questo permette di superare esperienze e vissuti di relazioni<br />

oppos<strong>it</strong>ive come l’ ev<strong>it</strong>amento, la delusione, l’insofferenza, il fastidio,<br />

di superare il peso della sofferenza riscoprendo il valore e la dign<strong>it</strong>à<br />

della persona.<br />

Altri filmati sono stati realizzati traendo spunto dalle performance<br />

teatrali, dal laboratorio di scr<strong>it</strong>tura, i corti da “La Rivolta”, la performance<br />

“Frammenti” ecc. E quanta sana energia hanno trasmesso,<br />

quante opportun<strong>it</strong>à di conoscere proprie risorse inespresse, d’incontri.<br />

Come con alcuni ragazzi del dams di Gorizia, che hanno condotto<br />

le riprese, condiviso le tematiche e gli entusiasmi, una collaborazione<br />

che dura da oltre cinque anni.<br />

Era giusto non sprecare nulla di queste ricerche di senso, d’armonia,<br />

di Sé, proseguendo con lo sviluppo di laboratori di scr<strong>it</strong>tura che sono<br />

sfociati in incontri di scr<strong>it</strong>ture autobiografiche “che avrebbero non<br />

potuto finire mai in quanto a voglia e passione”, completati con la<br />

pubblicazione in un volume ed<strong>it</strong>o da Campanotto Ed<strong>it</strong>ore, di tutte<br />

le autobiografie raccolte, “per invogliare altri a scoprire i propri percorsi,<br />

dentro vecchi e nuovi momenti di difficoltà, cercando di capire<br />

il significato dell’essenza più che della forma… dall’Io egoico verso<br />

sensibil<strong>it</strong>à ed intu<strong>it</strong>o, consapevolezze nuove...”.<br />

Continuo nella ricerca di percorsi che diano possibil<strong>it</strong>à d’espressioni<br />

nuove a persone con poche occasioni nella v<strong>it</strong>a di mettersi in gioco,<br />

attivare processi, azioni, idee, culture, domande, ricerche, scambi. Non<br />

supponendo che ci siano soggetti con teste vuote, o assenza di risorse,<br />

o crisi perenni, ma solo persone da accompagnare nella scoperta della


loro ricchezza interiore.<br />

Laboratori creativi come gruppi relazionali auto-gest<strong>it</strong>i, che diventano<br />

luogo ed occasione di ricongiungimento di parti frammentate<br />

del sé nell’incontro con l’altro da sé, appunto il gruppo che ha nel<br />

maestro d’arte il suo leader, per un agire creativo successivo che prescinda<br />

dal continuo confronto con i lati bui della propria mente.<br />

un progetto da noi proposto anni or sono alla Provincia di Gorizia,<br />

per la creazione di un Museo Basaglia nella c<strong>it</strong>tà, che oggi l’Ente<br />

pubblico pare riscoprire, avrebbe l’obiettivo di rendere permanente<br />

la conoscenza di questi temi terapeutici, derivati dall’intuizione e coraggiosa<br />

esperienza basagliana, una delle esperienze di valorizzazione<br />

umana più straordinarie del secolo scorso, che potrebbe meglio<br />

valorizzare un bene ambientale importante come il ”Parco Franco<br />

Basaglia” di Gorizia, di proprietà dell’Azienda per i servizi san<strong>it</strong>ari<br />

dell’Isontino, che peraltro necess<strong>it</strong>a di un profondo recupero ambientale,<br />

da noi proposto.<br />

Esiste ancora una radicale frattura tra il mondo della riabil<strong>it</strong>azione<br />

socio-san<strong>it</strong>aria ed il mondo dell’impresa e della produzione. Sul confine<br />

di questi due mondi c’è lo spazio per pensare a come potrebbe<br />

essere un’azione sociale condivisa che “intraprenda”<br />

Nasce da quest’assunto il Progetto “Grafica In Rete”, promosso dall’unione<br />

regionale delle associazioni per la salute mentale del Friuli<br />

Venezia Giulia in collaborazione con l’iniziativa regionale Sì Lavoro,<br />

finanziata con fondi europei.<br />

dopo un Corso di grafica pubblic<strong>it</strong>aria, proposto a persone portatrici<br />

di disagio sociale derivato da problemi di salute mentale, realizzato<br />

con lo I.a.l. di Gorizia e conclusosi brillantemente con sei allievi<br />

certificati, è stato ideato e proposto un Laboratorio di costruzione<br />

d’impresa che possa raccogliere le capac<strong>it</strong>à e l’impegno delle persone<br />

coinvolte nel predetto progetto formativo per gestire una specifica<br />

attiv<strong>it</strong>à imprend<strong>it</strong>oriale che, attraverso un più vero concetto di lavoro,<br />

non inteso come qualcosa di “subìto” ed “alienato” dal contesto naturale<br />

di v<strong>it</strong>a, favorisca l’integrazione di relazioni nella v<strong>it</strong>a quotidiana<br />

della persona.<br />

Il progetto ha previsto la creazione di una nuova impresa in forma<br />

associativa – l’Associazione di promozione sociale “La saga dei diamanti”<br />

– promossa da urasam Fvg e sostenuta dai partners di progetto,<br />

per gestire il Laboratorio di grafica con l’assunzione di persone con<br />

diverso disagio, coordinandone lo sviluppo in un contesto lavorativo a<br />

carattere familiare per permettere un’attiv<strong>it</strong>à aperta ad altre collabo-


azioni ed espressioni creative.<br />

Il laboratorio sta sviluppando ottimi progetti grafici per clienti privati<br />

e pubblici, con buona ricaduta sulla riabil<strong>it</strong>azione psico-sociale<br />

dei due soggetti coinvolti.<br />

Arrivati al terzo anno di sperimentazione, è iniziata la collaborazione<br />

con la Cooperativa sociale Thiel con sede legale in Gorizia, che già<br />

opera nel settore, per uno sbocco naturale del laboratorio Graphicamente<br />

nell’impresa sociale, un’attiv<strong>it</strong>à che continuerà a svilupparsi<br />

nell’Alto Isontino<br />

un nuovo laboratorio sperimentale si sta sviluppando – Laboratorio<br />

di restauro su legno – per una formazione lavorativa a carattere<br />

artigianale di giovani con diverso disagio, che funziona come gruppo<br />

di relazione auto-gest<strong>it</strong>o provvedendo al restauro di piccoli mobili<br />

antichi anche di pregio, d’oggetti personali dei partecipanti. Il gruppo<br />

sarà coordinato da persona professionalmente preparata nel settore,<br />

operante in regime di semi-volontariato.<br />

Rimane in corso d’attuazione un necessario obiettivo di Casa-famiglia<br />

permanente, che possa accogliere presenti e future persone<br />

non autosufficienti, disabili per età e disturbo mentale, per i quali,<br />

pur conclusa la fase di cura psichiatrica, è ancora possibile un segu<strong>it</strong>o<br />

ri-abil<strong>it</strong>ativo a carattere sociale/residenziale, con progetto innovativo<br />

mirato al “dopo di noi” ed al benessere sociale, le caratteristiche della<br />

quale sono state già in parte formulate a livello regionale.<br />

Concludo questa carrellata su relazioni ed azioni, lasciando ai tecnici<br />

esprimere una disamina sui percorsi culturali ed operativi che la<br />

determinano, ma che appaiono chiari a chi pone la persona in disagio<br />

al centro dell’interesse, poiché le azioni intraprese la coinvolgono di<br />

continuo, e cercano di stimolare altri soggetti, con possibil<strong>it</strong>à di ruolo<br />

ed organizzative migliori, e nuove professional<strong>it</strong>à come il counseling,<br />

a portare a compimento percorsi con azioni condivise, atte a sostenere<br />

la persona stessa, e si auspica la sua famiglia, in tutto l’arco del suo<br />

disagio ed a volte dell’intera sua v<strong>it</strong>a.


L’economia vive nella comun<strong>it</strong>à<br />

Se vive anche la libera e consapevole intrapresa fatta di rischi e<br />

scelte individuali a favore e in nome della comun<strong>it</strong>à…<br />

piccole imprese crescono, ragione e sentimento in una scelta di comun<strong>it</strong>à.


TRACCE <strong>DI</strong> RIsPOsTE<br />

di Luca Fontana<br />

Non rifiuto la scala delle conquiste che permette all’uomo di salire più in alto.<br />

Ma non ho confuso il mezzo con lo scopo, la scala e il tempio.<br />

È urgente che la scala permetta l’accesso al tempio, altrimenti esso rimarrà deserto.<br />

Ma il tempio, solo, è importante.<br />

È urgente che l’uomo trovi intorno a sé i mezzi per ingrandirsi, ma essi non sono<br />

che la scala che porta all’uomo.<br />

L’anima che gli edificherò sarà cattedrale, perché essa, sola, è importante.<br />

Antoine de Saint-Exupèry<br />

Ogni giorno ci troviamo di fronte a molteplici scelte, scelte quotidiane<br />

che ci portano ad avere delle ricadute sul domani, scelte che ci<br />

porteranno a condividere le nostre azioni con qualcuno oppure che<br />

rimarranno solo nostre, nei pensieri e nei gesti. Credo che dinnanzi<br />

alle scelte ci sia una profonda sol<strong>it</strong>udine, ci troviamo soli, soli con il<br />

nostro bagaglio, piccolo o grande, leggero o pesante che sia. Possiamo<br />

scegliere di essere terra fertile oppure possiamo essere terra arida per<br />

le esperienze della v<strong>it</strong>a. Ed è il gioco della v<strong>it</strong>a, un continuo fluire di<br />

energie v<strong>it</strong>ali tra l’io ed il noi, tra lo star soli con noi stessi e il condividere<br />

con gli altri.<br />

Le scelte che siamo chiamati a fare, a volte, possono essere ricerca di<br />

risposte. E la ricerca è un viaggio senza lim<strong>it</strong>i, che può finire o iniziare<br />

ad ogni nostro sguardo. Sguardi che possono incrociare oggetti, persone,<br />

relazioni, e che possono divenire eventi osservati o solo visti.<br />

Trovo che alcuni temi possano essere importanti spunti per poter<br />

intraprendere la ricerca di tracce di risposte.<br />

Il primo tema è quello della gratu<strong>it</strong>à, ovvero quell’atteggiamento di<br />

dono che diventa importante perché sostiene l’armonia dei sentimenti<br />

che tendono alla bellezza dei gesti quotidiani. diviene importante<br />

concentrarsi sia sulla global<strong>it</strong>à sia sui singoli aspetti. Per fare questo è<br />

rilevante non lasciarsi passivamente vivere ma ricercare una bellezza<br />

interiore personale e non stabil<strong>it</strong>a da modelli esterni.<br />

Ricordo un viaggio fatto tempo fa nel corso del quale incontrai una<br />

suora di clausura. Questo incontro segnò la mia v<strong>it</strong>a. Contribuì a dar<br />

sale alle decisioni che in futuro avrei preso.<br />

Avevo sedici anni, naturalmente facevo fatica a comprendere il motivo<br />

di tale scelta, anzi non la comprendevo affatto. Pensavo che ci


fossero così tante cose da fare nel mondo che considerare di rinchiudersi<br />

in un convento a pregare tutto il giorno lo r<strong>it</strong>enevo da pazzi. Ma<br />

l’incontro mi ha offerto delle sorprese. La suora di clausura trasmetteva<br />

una tranquill<strong>it</strong>à inaspettata, gentile, dai modi dolci che mi hanno<br />

toccato profondamente l’anima. Quello che trasmetteva era voglia di<br />

vivere, energia v<strong>it</strong>ale. Mi ricordo che era come se Lei fosse artefice del<br />

mondo come chi semina, come chi costruisce, come chi raccoglie. Offriva<br />

la netta impressione che anche lei contribuisse alla v<strong>it</strong>a di questo<br />

mondo. Nella sol<strong>it</strong>udine della preghiera e della v<strong>it</strong>a di clausura pervasa<br />

dall’energia del mondo v<strong>it</strong>ale.<br />

Il tema dell’educarsi al sentimento, esso implica una scoperta continua,<br />

una riscoperta quotidiana del valore che esso ha. Perché venga<br />

valorizzato esso va sostenuto dall’impegno e dai progetti, non va lasciato<br />

in balia di se stesso. L’educarsi al sentimento trova una strada<br />

importante dell’ educarsi al vivere la cultura del quotidiano che significa<br />

impegnarsi dentro la realtà, cercando di far nuovo ciò che è apparentemente<br />

ripet<strong>it</strong>ivo.<br />

Ricordo ancora in maniera molto vivida il primo giorno di lavoro<br />

dopo aver fin<strong>it</strong>o le scuole superiori. Era una cooperativa sociale. Iniziai<br />

col fare traslochi, poi sgomberi, successivamente ebbi anche un<br />

incarico all’interno del gruppo dirigenziale. In questa avventura incontrai<br />

persone tra le più varie, dall’ex carcerato, a chi dopo un po’ fu<br />

incarcerato, tossicodipendenti, i cosiddetti matti, uomini e donne in<br />

lotta quotidiana con l’esclusione dai più basilari dir<strong>it</strong>ti di c<strong>it</strong>tadino e<br />

perennemente sul confine dall’essere esclusi dalla società.<br />

Altro momento di forti sentimenti lo vissi quando venne il tempo di<br />

scegliere tra il fare il servizio mil<strong>it</strong>are o l’eserc<strong>it</strong>are il dir<strong>it</strong>to di obiezione<br />

di coscienza. Scelsi di fare l’obiettore presso una struttura per minori.<br />

La sorte mi portò a svolgere il servizio presso una comun<strong>it</strong>à, ma<br />

anche in una casa di riposo. due luoghi molto diversi, due luoghi che<br />

raccontano del tempo, del passato, del presente e del futuro. un tempo<br />

che non è indifferente, che racconta storie e destini molto diversi,<br />

ma tutti che raccontano di intrecci di relazioni, di storie accadute per<br />

caso o per scelta. Qui vidi persone anziane morire e ragazzi minorenni<br />

abbandonati dalla famiglia, e gli operatori e noi obiettori di coscienza<br />

diventavamo la loro famiglia.<br />

Anche la guerra nei Balcani fu per me un tempo di emozioni. La<br />

guerra nella ex Jugoslavia aveva coinvolto con un effetto domino tutti i<br />

Balcani, l’Albania, il Kosovo, la Macedonia, il Montenegro, Bosnia Erzegovina,<br />

la Serbia, la Croazia e la Slovenia. decisi di rendermi dispo-


nibile per aiutare le popolazioni colp<strong>it</strong>e da questa catastrofe nei campi<br />

profughi in Italia, in Croazia, poi in Albania. Fu per me un’esperienza<br />

unica. Il rumore delle bombe di notte, le incursioni dei soldati croati<br />

nel campo profughi, i bambini kosovari rap<strong>it</strong>i dal campo profughi in<br />

Albania e trattati come oggetti per vendere il proprio corpo o parti<br />

di esso. I molti caffè musulmani bevuti nelle tende dei profughi nel<br />

campo in Albania, i volti di queste persone quando venivano riportati<br />

al campo dopo essere stati ingannati per un trasporto verso la propria<br />

patria, invece venivano abbandonati dopo pochi chilometri in mezzo<br />

al nulla.<br />

Emerge un altro tema, l’affettiv<strong>it</strong>à. Lasciarsi unire, avvicinare, amare,<br />

portare in una condizione dinamica, relazionale. una relazione con<br />

me stesso ma anche con tutte le realtà. L’affettiv<strong>it</strong>à è anche presenza,<br />

scambio, disponibil<strong>it</strong>à ad entrare in contatto. Essa dà origine a quelle<br />

condizioni per creare le motivazioni necessarie all’agire.<br />

Nel lavoro che faccio ho la fortuna di incontrare molte persone, dal<br />

medico al naturalista, dal biologo allo psicologo, dall’assistente sociale<br />

all’economista, dall’operatore socio-assistenziale al sindaco, dalla persona<br />

con difficoltà al bambino.<br />

Nell’incontro con questi volti, da tempo mi chiedo qual è la differenza<br />

con alcuni di loro che scelgono di rispondere, con le loro azioni a domande<br />

intrinsecamente affettive.<br />

Perché ci sono delle persone che si dedicano gratu<strong>it</strong>amente all’assistenza<br />

di altre persone?<br />

Perché ci si arrabbia per i dir<strong>it</strong>ti offesi di chi non riesce a difendersi?<br />

Perché c’è chi si indigna dinnanzi a spregiudicate azioni economiche?<br />

Perché c’è chi crea momenti di festa per chi di sol<strong>it</strong>o non festeggia mai?<br />

Perché c’è chi mette la propria faccia per chi crede di non averla?<br />

Perché c’è chi spende i propri soldi per chi non ne ha?<br />

Perché ci sono persone che si meravigliano di un fiore sbocciato o di un<br />

volo di gabbiano?<br />

Perchè?<br />

durante il tirocinio svolto come psicologo sulla mia strada, il caso, o<br />

forse la sorte, ha voluto che incontrassi sulla mia strada delle persone<br />

che stavano perseguendo un progetto di società, di comun<strong>it</strong>à che si<br />

avvicinava alle mie idee, alle mie esperienze, a quello che fin lì avevo<br />

maturato.<br />

Era arrivato il momento di dare voce, attraverso il FARE, alle emozioni<br />

maturate fin lì attraverso le esperienze vissute.<br />

Cercai di creare le condizioni nelle quali le persone potessero realiz-


zarsi liberamente, utilizzando le potenzial<strong>it</strong>à che ciascuno possedeva.<br />

All’interno della comun<strong>it</strong>à.<br />

Il tema del sogno. è importante ascoltare i propri sogni e desideri,<br />

ascoltare quelle tensioni magiche che amplificano le nostre esperienze.<br />

diviene v<strong>it</strong>ale avere sogni e desideri. Accade che, grazie all’energia<br />

prodotta dal desiderio, si dà avvio alla costruzione sapiente del futuro.<br />

I sogni vanno tradotti in progetti, quei desideri che possono maturare<br />

in visioni di strategie di obiettivi di v<strong>it</strong>a. I progetti sono un insieme<br />

di sogno e di realismo, sostegni indispensabili alla v<strong>it</strong>a di ogni persona<br />

perché senza motivazioni, senza tensioni a realizzare qualcosa, è molto<br />

difficile essere felici.<br />

Sogni, desideri, utopie, aspirazioni vanno tradotti in progetti considerando<br />

la realtà quotidiana del vivere.<br />

Tommaso d’Aquino sostiene che mai potremmo amare se l’oggetto<br />

o il soggetto che attira il nostro interesse non ci apparisse bello. La<br />

nostra v<strong>it</strong>a di fatto si muove solo perché o vede, o crede di vedere cose<br />

belle.<br />

Se ciascuno di noi è mosso da pulsioni interne che mirano al soddisfacimento<br />

dei propri bisogni, quale significato vogliamo dare a tale<br />

soddisfacimento? Significa raggiungere una seren<strong>it</strong>à, una felic<strong>it</strong>à soggettiva<br />

ma che va condivisa con chi ci sta accanto. La tensione a raggiungere<br />

uno stato di seren<strong>it</strong>à, di felic<strong>it</strong>à, è realizzare il più possibile se<br />

stessi nella concretezza di una visione equilibrata, in grado di gestire le<br />

emozioni in relazione con chi ci sta accanto.<br />

diviene importante riscoprire ciò che sta dentro le nostre azioni,<br />

quali elementi sostengono le motivazioni della e alla v<strong>it</strong>a. R<strong>it</strong>engo che<br />

il creare relazioni possa essere e possa offrire senso al vivere di ciascuno<br />

di noi e può essere ad esempio per l’azione di altri. Penso che l’essere<br />

presente nelle azioni quotidiane può dar significato alla propria v<strong>it</strong>a e<br />

di riflesso a quella degli altri.<br />

Nel 1999 assieme ad altri compagni di strada abbiamo dato v<strong>it</strong>a alla<br />

cooperativa Thiel, strumento che voleva e tutt’oggi vuole rispondere ai<br />

bisogni del terr<strong>it</strong>orio fabbricando sogni e cercando strade per realizzarli.<br />

Il continuo ricercare è parte integrante dell’essere umano, guardando<br />

una stella si può solo immaginare di lei, certo è che si può vedere la<br />

luce.


L’economia della conoscenza<br />

Se la trama sono i luoghi, i corsi d’acqua, le vie, allora l’ord<strong>it</strong>o sono<br />

le persone, le associazioni, le amministrazioni…<br />

L’integrazione della visione aperta del sociale si sposa perfettamente<br />

con l’economia delle aree naturali (entrambi settori considerati<br />

troppo spesso come un costo, a queste lat<strong>it</strong>udini) e favorisce una<br />

sinergia tra lo sviluppo della qual<strong>it</strong>à della v<strong>it</strong>a e le qual<strong>it</strong>à degli<br />

ambienti di questo terr<strong>it</strong>orio.


GLI INTRECCI E LE IsPIRAZIONI DEL FIUME<br />

genesi ed evoluzioni di LAND on eARTh - ecosistemi culturali di arte e natura<br />

di Devid Strussiat<br />

Parlare e cercar di fissare con segni e parole le esperienze che stanno<br />

scorrendo attorno a noi e con noi è un po’ come lasciare dei segnali<br />

lungo un percorso… Se c’è un senso di util<strong>it</strong>à nelle esperienze<br />

credo che questo emerga quando, guardandoci indietro, riconosciamo<br />

quanto siamo cambiati, evoluti, in ambizioni, modi d’essere e di<br />

agire, coerenti e in trasformazione con noi stessi.<br />

Parlare di questi luoghi, delle persone, degli intrecci tra le cose,<br />

parlarne ora, è sicuramente un modo per lasciare un marcatore in un<br />

percorso, in desideri e sogni che grazie alla condivisione di pensieri<br />

prendono forma e delineano nuove prospettive.<br />

Sento scorrere questi luoghi da sempre nei miei sguardi. Passando<br />

il tempo qui, di fronte a questa acqua, ai segni trascorsi della gente.<br />

Riconosco negli umori e nei caratteri delle persone, nei riflessi del<br />

tempo, nel loro modo di porsi il mio modo di riconoscerli. di capirmi.<br />

Il carattere delle genti lo impariamo viaggiando, attraverso i luoghi,<br />

le cose e i sensi delle nostre radici.<br />

Con la distanza ho incontrato il riflesso dei miei modi di riconoscere<br />

le cose, e dal viaggio le radici si sono confrontate con altri cieli<br />

ed altre acque. Le scelte su come agire sono emerse cercando di<br />

toccare sentieri sconosciuti, in equilibrio con l’armonia dei luoghi e<br />

delle genti. Nel desiderio di percorrere cambiamenti capaci di emozionare<br />

il senso profondo di noi.<br />

LANd on eARTh - Ecosistemi culturali di arte e natura è un progetto<br />

che nasce anche da questa passione e più nel particolare da<br />

un’opportun<strong>it</strong>à realizzata nel contesto della Riserva Naturale della<br />

Foce del Fiume Isonzo. è un progetto nato dalla passione condivisa,<br />

in primo luogo con amici, coinvolgendo sempre più gente in un certo<br />

modo di guardare.<br />

L’opportun<strong>it</strong>à e il modo di condurre strategie d’azione per questo


progetto è stata intravista sul come il Consorzio di Cooperative sociali<br />

Il Mosaico ha intrapreso la gestione della Riserva. In questo<br />

contesto è stato possibile integrare pos<strong>it</strong>ivamente attiv<strong>it</strong>à e progetti<br />

capaci di conservare e ripristinare luoghi naturali distrutti o minacciati,<br />

con attiv<strong>it</strong>à lavorative reali per persone con problematiche sociali.<br />

Queste persone sono considerate (nelle visoni mercificate della<br />

società) come elementi marginali o vere e proprie spese per la collettiv<strong>it</strong>à.<br />

L’integrazione, della visione aperta del sociale, si sposa perfettamente<br />

con l’economia delle aree naturali (entrambi settori considerati<br />

troppo spesso come un costo, a queste lat<strong>it</strong>udini) e favorisce<br />

una sinergia tra lo sviluppo della qual<strong>it</strong>à della v<strong>it</strong>a e degli ambienti<br />

di questo terr<strong>it</strong>orio.<br />

In sintesi... l’integrazione tra sociale e natura ha reso qui possibile<br />

la creazione di posti di lavoro (il mio compreso) e attiv<strong>it</strong>à socialmente<br />

utili per l’intera comun<strong>it</strong>à e il suo terr<strong>it</strong>orio.<br />

Quest’ottica ha generato in questi anni numerose azioni, progetti e<br />

intenti, i cui obiettivi comuni, per i luoghi e la qual<strong>it</strong>à della v<strong>it</strong>a delle<br />

genti danno spazio e stimolano le potenzial<strong>it</strong>à delle persone che qui<br />

lavorano, creando e sperimetando modelli sociali possibili e reali.<br />

Anche da questa base è part<strong>it</strong>o il progetto di LANd on eARTh.<br />

dal connubio tra Natura e Cultura, verso soluzioni economicamente<br />

propos<strong>it</strong>ive e attiv<strong>it</strong>à di integrazione tra soggetti del terr<strong>it</strong>orio, nell’obiettivo<br />

di far conoscere e coinvolgere attivamente le genti e i luoghi.<br />

Inizialmente lo stimolo è part<strong>it</strong>o con l’obiettivo di consolidare e<br />

dare forma ad una rete tra esperienze culturali del terr<strong>it</strong>orio con uno<br />

sguardo verso il mondo della natura.<br />

da questo incip<strong>it</strong> è stato attivato un percorso condiviso (tuttora<br />

in atto) tra associazioni culturali, artistiche e persone già attive sul<br />

terr<strong>it</strong>orio con l’obiettivo di potenziare le varie proposte già sviluppate<br />

dai singoli soggetti (festival, manifestazioni, mostre, incontri, luoghi<br />

di aggregazione, ...)<br />

I vantaggi che emergono dall’interazione e dalla condivisione di<br />

questi principi sembra siano innumerevoli. dallo scambio di materiali<br />

tecnici, al coordinamento nella stesura dei reciproci programmi<br />

(così da ev<strong>it</strong>are sovrapposizioni con gli appuntamenti che spesso<br />

portano al “rubarsi” il pubblico gli uni con gli altri), dall’allargare le


proprie conoscenze in termini di contatti con artisti, curatori, amministratori<br />

pubblici e professionisti, all’approfondire i reciproci bacini<br />

di utenza grazie ad una promozione capillare basata sulle conoscenze<br />

maturate singolarmente in questi anni.<br />

Partire da una Riserva Naturale per promuovere questi modi di<br />

pensare ed agire, credo possa esser un modo per coinvolgere, sperimentare<br />

ed estendere sempre più l’idea di un ecologia della natura<br />

e dell’uomo che non è distante dalle necess<strong>it</strong>à di sostentamento e di<br />

produzione di ricchezza del terr<strong>it</strong>orio. dal ripristino degli hab<strong>it</strong>at distrutti<br />

alla conservazione e valorizzazione degli stessi, dallo sviluppo<br />

di attiv<strong>it</strong>à turistiche ecocompatibili alla sperimentazione di forme<br />

di economia sociale, dall’apertura ad esperienze culturali multiformi<br />

fino alla promozione delle fonti energetiche rinnovabili.<br />

Per rendere reale questo processo è fondamentale intraprendere<br />

costanti e perseveranti dialoghi con le amministrazioni del terr<strong>it</strong>orio<br />

e i soggetti pol<strong>it</strong>ici responsabili delle varie realtà: direzione Parchi e<br />

Riserve, Corpi Forestali, dipartimenti di Salute Mentale, Assessorati<br />

all’Ambiente, alla Cultura, Centri di Servizi per il Volontariato,<br />

Amministrazioni Comunali, soggetti responsabili di progetti europei<br />

e altri soggetti che operano in amb<strong>it</strong>i simili al nostro, sono solo<br />

alcune delle realtà coinvolte.<br />

Per poter raggiungere gli obiettivi del progetto è stato fondamentale<br />

porsi come elemento legante per il dialogo dei vari soggetti.<br />

A t<strong>it</strong>olo di cronaca c’è da dire che quest’operazione rappresenta<br />

forse la ricchezza più importante di questo lavoro ed è anche l’aspetto<br />

più intricato e macchinoso... Creare attiv<strong>it</strong>à capaci di sviluppare<br />

dialoghi tra settori diversi dell’amministrazione pubblica, per esempio,<br />

è per natura stessa di questi luoghi atto piuttosto complesso.<br />

Burocrazie e r<strong>it</strong>ardi costanti nelle risposte da parte degli uffici competenti,<br />

rendono ancor più strutturato il percorso di intenti descr<strong>it</strong>to<br />

sopra. Questa difficoltà però rappresenta una tappa fondamentale<br />

per la vera assimilazione dei principi di sviluppo sostenibile cui si<br />

mira. Il senso d’essere in un labirinto non manca...<br />

Ma anche questo background è stato parte del percorso della prima<br />

edizione di LANd on eARTh. una ricchezza di conoscenze che ha<br />

permesso di condividere un modo di guardare alla natura.<br />

un modo per vivere la natura e i suoi luoghi come momenti per<br />

riflettere e sviluppare idee su di noi.<br />

un modo per legare gruppi e individui impegnati nell’arte e nel-<br />

0


la cultura a proporre possibil<strong>it</strong>à e riflessioni per prospettive ben più<br />

ampie.<br />

un’ arte la cui speculazione intellettuale mira ad ispirare anche<br />

modelli per lo sviluppo sociale oltre che la carne e la mente soggettiva...<br />

La parte più emozionante è forse stata proprio l’avvicinarsi a questo<br />

progetto da parte di persone che, con la loro sensibil<strong>it</strong>à, hanno messo<br />

in gioco idee ed opere in grado di diventare momento di condivisione<br />

di spazi inusuali e di aprire in modo attivo la discussione delle<br />

tematiche ambientali e sociali in una chiave artistica e culturale.<br />

Il manifestarsi di questo complesso progetto ideativo e organizzativo<br />

ha dato alla luce istallazioni e opere d’arte, performance,<br />

workshop, feste, esplorazioni, documentari video, fotografici, publicazioni,<br />

momenti ist<strong>it</strong>uzionali e momenti informali dove far vivere<br />

in modo compatibile e rispettoso le bellezze della natura ed il Fare<br />

delle persone.<br />

Costruendo LANd on eARTh, ci piace pensare che stia fermentando<br />

una certa consapevolezza condivisa del terr<strong>it</strong>orio. dedicandosi<br />

e approfondendo i possibili significati di questo strumento, si è notato<br />

come siano reali le possibil<strong>it</strong>à per incentivare una rassegna di<br />

Arte/natura come una risorsa ecoturistica reale, viste anche le buone<br />

prospettive date dalla vicinanza a Grado, Aquileia, Trieste e Slovenia,<br />

sempre più importanti soggetti di riferimento nel panorama delle<br />

vacanze dell’Alto Adriatico.<br />

Agire poi… in azioni che possono rafforzare i legami e il rispetto<br />

con le cose.<br />

In dimensioni che rispettino la compless<strong>it</strong>à di tensioni che circolano<br />

tra l’individuo, i luoghi e le sue genti…<br />

Luoghi dove la salute è elemento propos<strong>it</strong>ore per la qual<strong>it</strong>à del fare...<br />

In un rapporto intimo ma condiviso tra l’anima, la sua terra, le sue<br />

acque o i suoi cieli.<br />

Per le immagini, video, contributi sul progetto e le opere:<br />

www.isoladellacona.<strong>it</strong>


…tra sogno e realtà<br />

Ancora un racconto che trae ispirazione dallo splendido paesaggio<br />

della Riserva Naturale Regionale della Foce dell’Isonzo, un’area<br />

protetta ai sensi della normativa comun<strong>it</strong>aria Natura 2000, da alcuni<br />

anni luogo di economia sociale, area naturalistica a forte vocazione<br />

turistica in grado di conciliare la tutela dell’hab<strong>it</strong>at naturale,<br />

una presenza antropica sostenibile, l’utilizzo di fonti energetiche<br />

rinnovabili ed una gestione economica che promuove l’integrazione<br />

sociale e lavorativa di fasce deboli.


IL sEGRETO DEL TEDEsCO<br />

di Paolo Midena<br />

sogna, ragazzo, sogna<br />

non cambiare un verso della tua canzone<br />

non lasciare un treno fermo alla stazione<br />

non fermarti tu<br />

(R. Vecchioni)<br />

Era un vero richiamo per lui quell’armadio, in piedi sul ciglio dello<br />

scivolo delle immondizie, un po’ sbilenco, pronto a scivolare giù fino<br />

in fondo dove nessuno lo avrebbe potuto vedere e, forse, recuperare.<br />

Il ragazzo passava spesso da quelle parti e si fermava alla “busata” a<br />

vedere se c’era qualcosa di interessante da recuperare e da valorizzare.<br />

Si stupiva sempre di tutto quello che la gente buttava via mentre lui<br />

avrebbe tenuto tutto. E poi, quell’armadio lì, era praticamente intatto:<br />

le ante si aprivano e si chiudevano bene e uno dei cassetti pure;<br />

aveva tutte e quattro le manigliette e i quattro piedini intatti. Certo<br />

era sporco, graffiato, ma si vedeva che era solido anche se in qua e in<br />

là qualche buchetto di tarlo avrebbe potuto tradirne la compattezza.<br />

Non ci pensò su e corse a casa a prendere il carretto. Quello stesso<br />

pomeriggio, nella stalla, da tempo usata da tutti come magazzino,<br />

officina, laboratorio ed altro ancora, con secchio, sapone e straccio se<br />

lo stava lavando con cura. Non era un mobile monumentale, anzi, e<br />

lasciarlo come stava avrebbe potuto benissimo tenerlo lì, in un angolo,<br />

per metterci i suoi attrezzi ma per portarlo in casa avrebbe dovuto<br />

smontarlo, carteggialo e disinfettarlo e per prima cosa doveva<br />

aprire quel cassetto e trovare le chiavi per chiudere l’altro e le ante<br />

altrimenti se lo sarebbe trovato pieno in pochi giorni, usato da tutti.<br />

In quella casa tutto era di tutti e tra gen<strong>it</strong>ori, cugine, zii, fratelli,<br />

nonni e ascendenti vari, il saliscendi di armonie, l<strong>it</strong>igate, musi lunghi,<br />

chiacchierate era in continuo variare e spesso non ci capiva niente;<br />

a scuola e in classe era la stessa cosa: lui cercava semplicemente un<br />

posto per sé stesso, per restare da solo.<br />

Se non aveva comp<strong>it</strong>i per casa o se li aveva fin<strong>it</strong>i i suoi pomeriggi<br />

li passava in bicicletta in giro per i campi: Staranzano, Bistrigna, la<br />

Checa, la vecchia Strada della Colussa, il bosco del Rondon, il ponte<br />

di villa Luisa, la Garzaia, posti dove andava da solo, per restare solo.<br />

Adesso intanto doveva trovare le chiavi per chiudere l’armadio.<br />

Nel cassetto di una vecchia credenza, dove sapeva che ci fossero, le


prese e le provò tutte, ma nessuna andava bene, solo due, forse … e<br />

con l’occhio incollato ad un buco di serratura, con una candela accesa,<br />

cercava di capire se limando il pettine di una chiave avrebbe potuto<br />

adattarla per poterla usare, e così, soprapensiero vide la svastica.<br />

Le maniglie in bronzo, belle e solide anche se molto ossidate, in<br />

mezzo ed in rilievo facevano vedere, come elemento decorativo, una<br />

piccola aquila con le ali aperte e con una coroncina di foglie tra gli<br />

artigli e nel centro una svastica piccola-piccola, invisibile da lontano<br />

ma con il naso a dieci centimetri si vedeva, a stento, ma si vedeva.<br />

Ecco allora spiegata la particolare solid<strong>it</strong>à dell’armadio, il legno duro,<br />

e il cassetto chiuso: materiale della guerra.<br />

Con vecchie lime e limette consumate e la morsa (di tutti) adattò<br />

una chiave finche non funzionò, ma solo per le due portelle. Con il<br />

cassetto aperto rifece il lavoro adattando un’altra chiave vecchia, ma<br />

con quello chiuso non fu possibile, prima di lui qualcuno, forzandola,<br />

aveva rotto una chiave all’interno della serratura. doveva per forza<br />

lasciare tutto chiuso o spaccare il davanti del cassetto per arrivare alla<br />

serratura visto che la schiena dell’armadio, di dietro, era incastrata<br />

ai quattro lati, imprigionata al momento dell’assemblaggio. distese<br />

l’armadio su due cavalletti, tirò il filo a due scalpelli e con il mazzuolo<br />

iniziò ad intaccare il davanti del cassetto; recuperò la maniglia<br />

e continuò pensando di forarlo ma lo scalpello incontrò del ferro<br />

rovinandone il filo. Pensava fosse la serratura, ma, man mano che<br />

rompeva il legno si accorse che tutto era foderato di lamiera zincata,<br />

solida, molto ben ribattinata.<br />

In pratica nel vano che doveva accogliere il cassetto di legno era<br />

stata infilata una cassa di ferro e un cassetto di ferro vi scorreva dentro<br />

con solo il davanti in legno, avv<strong>it</strong>ato dall’interno, a mascherare<br />

tutto.<br />

Ma era ancora chiuso.<br />

Infilò nella stretta fessura tra cassa e cassetto uno spezzone di lama<br />

di sega e, con pazienza, segò la barra di chiusura e il cassetto di metallo<br />

si aprì, finalmente.<br />

Conteneva carte ingiall<strong>it</strong>e scr<strong>it</strong>te a mat<strong>it</strong>a: numeri, cifre, lettere,<br />

trattini, freccette: incomprensibile. un libro in lingua tedesca a caratteri<br />

gotici; ancora incomprensibile e una cartella di cuoio di quelle<br />

che usano gli impiegati, bella, intatta, la aprì. dentro, accuratamente<br />

ripiegate, otto carte nautiche che assieme formavano il golfo di Trieste,<br />

vecchie, belle, tutte scr<strong>it</strong>te in tedesco. Su tutte erano tracciate<br />

delle rotte che si intersecavano ed erano segnate con numeri, lettere,<br />

segni ma nessuna partiva dalla costa; tutte incominciavano in mare


aperto e finivano in mare aperto e pareva che neanche tra di loro<br />

avessero riferimenti.<br />

Non ci capiva niente.<br />

Avrebbe voluto appenderle in camera sua, ma il cugino con cui la<br />

divideva aveva già tappezzato i muri con i manifesti dei suoi cantanti<br />

prefer<strong>it</strong>i. Ad ogni buon conto aveva un armadio tutto per sé in stalla.<br />

Mise una serratura nuova al posto della vecchia; avv<strong>it</strong>ò un nuovo<br />

pezzo a sost<strong>it</strong>uire quello rotto; e, dopo aver dato la cera alla cartella<br />

la rimise, con le carte e il libro che aveva trovato, nello stesso cassetto<br />

e non lo aprì più.<br />

Lo chiamò il suo armadio del silenzio. Tutti sapevano che cosa<br />

contenesse, non c’erano segreti in quella casa, ma lui preferiva avere<br />

uno spazio personale dove nessuno, ma proprio nessuno, potesse<br />

muovere qualcosa.<br />

E intanto aveva scoperto la Cona.<br />

Ogni estate si spingeva sempre più là, in bici: se partiva dalla Crozera<br />

prendeva la strada della Colussa, dir<strong>it</strong>ta come una schioppettata<br />

fino al ponte di legno sull’Isonzo, fatto saltare dagli Austriaci prima<br />

della guerra del diciotto, poi tagliava a sinistra e su e giù dall’argine<br />

fino ai sifoni della diga della Quarantia, i portelloni e avanti fino in<br />

fondo: la casetta del pescatore e il canale del taglio. Se partiva da Bistrigna<br />

andava fino alla Checa e poi costeggiava il Brancolo fin quasi<br />

a Villa Luisa per tagliare passando davanti alle due case coloniche<br />

gemelle; oppure veniva da San Canzian sulla strada del Rondon passando<br />

il dosso del ponticello in pietra sul rio omonimo. Non gli dava<br />

fastidio farsi la pedalata fino in fondo, anzi, stava finalmente lunghe<br />

ore con sé stesso: gli piaceva fantasticare, sognare ad occhi aperti,<br />

inventare storie sue per i luoghi che passava e cercava di cambiare<br />

strada spesso per inventarsi storie diverse per lo stesso posto. Non si<br />

stancava mai.<br />

Erano posti quelli dove le storie nascevano da sole, bastava viverli,<br />

percorrerli, fare silenzio, dentro, anzi, essere silenzio!<br />

Immaginava il mugnaio del Rondon, solo, a manovrare quella macchina<br />

di legno come un vecchio alchimista, conoscendone ogni piolo<br />

di ingranaggio, ogni cinghia di cuoio di trasmissione, ogni tramoggia,<br />

ogni vibratore, ogni asse, ogni cardano, ogni minuscolo pezzo per<br />

far sì che tutto funzionasse armonicamente, giorno e notte, per fare<br />

farina, solo, per tutti, non era un lavoro, era un’impresa, una missione,<br />

un’avventura.<br />

Oppure immaginava i tre mugnai del Rondon, uno con lo schippo,<br />

fuori, a vigilare che i pirati di fiume, venuti da Grado o da Marano,


non li accoppassero, per rubare i grani o le farine, per portarsi via<br />

le ruote delle macine, di gran<strong>it</strong>o, rare, costose, mentre gli altri due,<br />

dentro, facevano funzionare tutto per tutti. Immaginava il guardiano<br />

della diga, chiuso nella garr<strong>it</strong>ta, a misurare le onde dei marosi<br />

penetrate fin dentro la Quarantia a mettere a dura prova i sifoni e a<br />

scagliarsi contro i portelloni per tenere il corso dell’Isonzo regolare e<br />

le burrasche del golfo, fuori portata.<br />

Immaginava, inventava, sognava.<br />

Inventava un naufragio epico ed eroico, dopo aver trovato una vecchia<br />

battana capovolta e marcia, di un qualcuno che, dopo giorni e<br />

giorni di digiuni e di sofferenze, riusciva finalmente a portare un<br />

messaggio segretissimo a qualcun’altro che avrebbe cambiato il destino<br />

della gente di quei posti o di qualche persona importante che lo<br />

avrebbe usato per fini nobili e v<strong>it</strong>ali. Inventava un’improbabile guardiano<br />

di faro, dopo aver trovato le fondamenta di un edificio raso<br />

al suolo, che, da solo, segnalava le incursioni di pirati inesistenti per<br />

salvare dalla rapina e dalla guerra popolazioni pacifiche e laboriose.<br />

Aveva intravisto un qualcosa nell’erba alta e si era fermato. Non<br />

sapeva che cosa ci facesse lì quel manufatto in pietra, raso terra, in<br />

mezzo a quell’immenso nulla, eppure credeva che qualcuno lo avesse<br />

costru<strong>it</strong>o per motivi impotranti ed elevati e non semplicemente per<br />

attraversare, pratico ponticello, una semplice scolina.<br />

Tutto, inventava lui, tutto per lui era occasione di sogno, di immaginazione,<br />

di fantastico. Tutto era favoleggiato, importante, segreto.<br />

Tutto emanava l’odore del probabile, del magico, dell’incredibile, ma,<br />

per lui, tutto vero, tutto assolutamente impresso nei luoghi, negli attimi<br />

nascosti, nei colori, negli oggetti vivi, nei posti. Tutto, per lui,<br />

era v<strong>it</strong>a velata, storia dimenticata, immagini di immaginazioni da<br />

recuperare, da non perdere, da portare avanti, oltre.<br />

C’erano volute due estati per girovagare da per tutto, per scoprire<br />

boschetti e stradine, per memorizzare angoli interessanti, per non<br />

lasciarsi perdere nessun posto ma dove si trovava veramente bene era<br />

là in fondo, in Cona. La vasta distesa di cannelle; il canto del tarabuso,<br />

onnipresente ed invisibile; l’incessante frinire delle cavallette e<br />

delle cicale; il gracchiare dei corvi e dei gabbiani; il fischio dei falchi<br />

e … nessuno, lui da solo. Sognava per sé un mondo così, luoghi dove<br />

stare con tutti e luoghi dove rimanere solo; non gli dava fastidio il<br />

continuo viavai di casa, c’era ab<strong>it</strong>uato, ma voleva trovarsi, tutto per sé,<br />

un posto dove non era costretto a parlare, a rispondere un luogo non<br />

senza suoni ma senza voci, e lì, tra le canne e sull’argine si immergeva:<br />

non c’era mai nessuno.


Era troppo bello per durare.<br />

Quando vide quell’ometto che stava raccogliendo qualcosa e che se<br />

ne stava fermo intere ore, sperava che non tornasse più, ma da come si<br />

muoveva era certo che quel posto lo conosceva bene quasi quanto lui.<br />

dopo aver raccolto bracciate di steli da bassi cespugli d’erba, si<br />

sedeva all’ombra di un albero e confezionava decine di mazzetti legandoli<br />

accuratamente e sistemandoli nel portapacchi posteriore di<br />

una robusta bicicletta da fornaio, poi si allontanava. Per un puro caso<br />

non si erano mai incontrati ma quell’ometto, pensava, era assiduo<br />

frequentatore della Cona, come lui, anzi, molto probabilmente più<br />

di lui e molto, molto prima di lui.<br />

Non si rassegnava, si sentiva un re esautorato, un proprietario invaso<br />

da un nemico subdolo e silenzioso che avrebbe dovuto neutralizzare<br />

e vincere.<br />

Incominciò a seguirlo.<br />

dopo aver fatto provvista di erba e confezionati i mazzetti andava<br />

a zonzo per i paesi vicini, entrava nei portoni e nelle case, parlava<br />

con le donne e il cesto del portapacchi lentamente si vuotava. Chiaramente<br />

vendeva quell’erba per le case; doveva vivere di quel precario<br />

mestiere e solo d’estate; era perfettamente lec<strong>it</strong>o ma a lui quell’uomo<br />

dava fastidio. Chiese informazioni a casa e una delle zie gli disse<br />

che era il “sior del Santonego” (Artemisia absentium)decantando le<br />

proprietà curative della preziosa essenza tradizionale, che vendeva<br />

per poche lire, elencando sciroppi, decotti e ricette varie e il loro<br />

corretto uso.<br />

Ne sapeva abbastanza: non se lo sarebbe tolto di torno mai più.<br />

Ma non demordeva, continuava a seguirlo.<br />

E mentre lui seguiva l’uomo, l’uomo, avendolo più volte notato,<br />

seguiva lui.<br />

E se lo trovò davanti all’improvviso che lo sgridava in brutta maniera.<br />

Preso di sorpresa ammutolì, non sapeva che cosa rispondere.<br />

L’uomo parlava un linguaggio misto di tedesco-<strong>it</strong>aliano, bisiach-furlan,<br />

e, anche se non era riusc<strong>it</strong>o a capire tutto, il tono e la voce erano<br />

più che comprensibili. Il ragazzo si allontanò con il cuore in tumulto<br />

e con un groppo dentro ma continuò caparbio a seguirlo. Continuava<br />

ancora ad immaginare storie e a fantasticare ma ogni volta che<br />

arrivava là in fondo e da lontano lo vedeva, si irr<strong>it</strong>ava, e quando non<br />

lo vedeva aspettava che arrivasse. Si metteva in un angolino nascosto<br />

e attendeva. Eppure, pensava, le vacanze di quell’estate dovevano in<br />

qualche maniera essere diverse dalle altre.<br />

Nel “suo” posto di osservazione e di attesa, un pomeriggio, trovò il


tedesco.<br />

Questa volta parlava calmo in un <strong>it</strong>aliano impeccabile e corretto<br />

anche se tradiva l’inflessione teutonica, e gli stava chiedendo che<br />

cosa avesse di strano da seguirlo con tanta costanza: in fondo non<br />

faceva niente di illegale; lui, invece, il ragazzo, perché non era con gli<br />

amici, i compagni di scuola, a divertirsi, al bagno, perché era sempre<br />

tutto solo.<br />

Gli parlava del Santonego e di altre erbe che conosceva e che raccoglieva<br />

solo per lui, perché su, al nord, non crescevano. C<strong>it</strong>ava a<br />

memoria nomi scientifici in latino o in greco e sapeva distinguere il<br />

verso di tantissimi uccelli, e li indicava, sia in <strong>it</strong>aliano sia in tedesco;<br />

lo portò a vedere un nido di pendolino che aveva scoperto e rimasero<br />

in silenzio a sentire il pigolio ovattato dei pulcini all’interno e<br />

a guardare l’andirivieni indaffarato degli adulti per alimentarli. una<br />

mattina lo chiamò per fargli vedere in un tratto di spiaggia sabbiosa<br />

orme di uccelli riferendone le varietà e i nomi ma, di tanto in tanto,<br />

interrompeva tutto e s’intrufolava in mezzo alle canne spaccando e<br />

forzando un passaggio per andare da qualche parte.<br />

Il ragazzo pensava che, in quel momento, avesse trovato un’ erba<br />

rara e, pur di coglierla, facesse tutto quel rimestare furioso, ma r<strong>it</strong>ornava<br />

sempre a mani vuote e riprendeva da dove si era interrotto, così,<br />

come se niente fosse.<br />

Era affascinato dall’autorevolezza e dalle conoscenze del tedesco,<br />

ma diffidava ancora.<br />

Come mai, pensava, con lui parlava in <strong>it</strong>aliano corretto e quando<br />

andava per le case si esprimeva in quella maniera ridicola: certo, per<br />

non pagare il dazio, come si usava dire; e quel suo cercare furioso un<br />

qualcosa che non trovava mai per poi esibire una tranquilla indifferenza.<br />

E perché all’incrocio del distributore di benzina, a Staranzano,<br />

voleva che si dividessero: certo non voleva fargli sapere dove viveva,<br />

forse si vergognava. un uomo così istru<strong>it</strong>o forse dormiva in un luogo<br />

di fortuna, una baracca nascosta. Era sempre molto pul<strong>it</strong>o e ordinato<br />

anche se vestiva dimesso e semplice ma non da povero. Non ci capiva<br />

niente, e non voleva parlare con i suoi a casa, rifletteva ma doveva rischiare:<br />

doveva mettersi a parlare anche lui, e non restarsene sempre<br />

muto ad ascoltare soltanto.<br />

Quando si rividero incominciò a raccontargli le sue storie, certo,<br />

tutte inventate, ma trovandosi di fronte qualcuno pronto ad ascoltare,<br />

tutto cambiava: arricchiva, perfezionava, ingigantiva o trascurava,<br />

si dilungava in particolari e chiedeva se si era spiegato bene, si scusava<br />

di carenze nel suo fantasticare o di eventuali contraddizioni, si


lasciava andare nel racconto.<br />

Il tedesco annuiva, sorrideva, lo inc<strong>it</strong>ava con gli occhi, pareva non si<br />

stancasse, continuava a raccogliere erbe in silenzio, non interrompeva.<br />

Quando una storia era fin<strong>it</strong>a, l’uomo, batteva le mani e sorrideva<br />

dicendo che tutti gli <strong>it</strong>aliani erano fantasiosi, creativi, gioiosi, solari,<br />

med<strong>it</strong>erranei e che era veramente contento di aver conosciuto il ragazzo<br />

e ne chiedeva un’altra.<br />

Ma anche così il ragazzo sentiva che quel tedesco proprio non gli<br />

andava giù, non capiva perché, ma era ancora guardingo.<br />

Spesso stavano tutti e due a guardare il mare perdendosi con lo<br />

sguardo alla ricerca di riferimenti conosciuti: Miramare, duino,<br />

Trieste, Grado, l’Istria o altro ed osservandolo, con la coda dell’occhio,<br />

ebbe la certezza che quel mare lì, lui, il tedesco, lo conoscesse fin<br />

troppo bene, ma poi subentrò il dubbio e pensò di essersi sbagliato,<br />

comunque un’altro tarlo gli si era infilato dentro e risposte possibili<br />

non ne trovava.<br />

Le giornate intanto si stavano accorciando appena e tutti e due,<br />

reciprocamente consapevoli, rimandavano a domani un qualcosa di<br />

indistinto, latente, affascinante e pericoloso, ingombrante e segreto.<br />

Il tedesco gli chiese, apparentemente distratto, quando avrebbe ricominciato<br />

la scuola e lui chiese all’uomo da quanti anni venisse lì,<br />

alla Cona, a cercare il Santonego.<br />

Non ci furono risposte e si lasciarono all’incrocio di sempre, sottilmente<br />

nemici, ancora indecisi, reciprocamente attratti.<br />

Il ragazzo sapeva di avere il cassetto di lamiera in quel suo armadio<br />

con le svastiche stampigliate sulle maniglie, sperava che fosse una<br />

buona esca da lanciare al tedesco, un asso di briscola in quella part<strong>it</strong>a<br />

e voleva rischiare ma non voleva che l’uomo si r<strong>it</strong>irasse sul più bello,<br />

non aveva ancora tante estati di vacanze che la scuola gli avrebbe<br />

dato e non sapeva quanti anni ancora il tedesco sarebbe r<strong>it</strong>ornato.<br />

Andò in stalla, e dal cassetto di lamiera prese solo il libro, quello<br />

scr<strong>it</strong>to in gotico e lasciò il pacco di carta con le scr<strong>it</strong>te a mat<strong>it</strong>a, incomprensibili<br />

a lui, e la cartella di cuoio. due giorni dopo, con il libro<br />

avvolto in carta di giornale e legato al manubrio con lo spago, trovò<br />

il tedesco che andava verso la Cona e glielo diede. dopo averlo liberato<br />

dalla carta l’uomo s’irrigidì, guardò a lungo il libro e il ragazzo.<br />

– dove lo hai trovato. – chiese – In un armadio – rispose il ragazzo.<br />

– Vieni - aggiunse.<br />

Pedalarono in silenzio, r<strong>it</strong>ornando indietro, strade bianche, a tratti<br />

affiancati a tratti il ragazzo dietro. L’uomo seguiva meccanicamente<br />

un percorso che il ragazzo cercava di capire e ne individuava di tanto<br />

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in tanto, parti che conosceva finche il tedesco imboccò una capezzagna<br />

di erba appena segnata dai passaggi. Cento metri dopo circa,<br />

scese, e con la bici a mano entrò in un boschetto.<br />

La baracca nascosta era molto bella. Fatta con legname di recupero<br />

ma tinteggiata in verde, aveva il tettuccio a due falde e davanti porta<br />

e finestra a vetri: un marciapiede in legno e una tettoia incernierata<br />

che calandosi fino a terra ricopriva tutta la parete dando sicurezza ai<br />

vetri degli infissi quando veniva chiusa per l’inverno.<br />

Il ragazzo la guardò ammirato mentre il tedesco, appoggiata la bicicletta<br />

e aperta la porta con la chiave indicava dentro. – un armadio<br />

come questi? -. - Si! – rispose il ragazzo guardando in fondo due<br />

armadi gemelli identici al suo – C’era altro ancora con questo libro?<br />

– R<strong>it</strong>ornò a dire il tedesco – Si! – gli rispose il ragazzo. L’uomo lo<br />

guardò dir<strong>it</strong>to negli occhi – Per favore, posso vederlo? -. – Certo!<br />

– Rispose sorridendo il ragazzo. – Vado a casa a prenderlo.<br />

Non erano più nemici, pensava correndo verso casa, e certamente<br />

quell’uomo sapeva rischiare, poteva solo immaginare quanta reticenza<br />

aveva dovuto vincere per riuscire e chiedere, semplicemente chiedere,<br />

a lui, che in fondo era solo un ragazzo, ciò che aveva chiesto.<br />

Con l’animo in tumulto era certo che questa volta avrebbe ascoltato<br />

un’avventura vera, sperava epica e gloriosa.<br />

Mise nella cartella di cuoio tutto quello che era rimasto nel cassetto<br />

di metallo e r<strong>it</strong>ornò di corsa alla casetta di legno, nel boschetto.<br />

Impaziente, emozionato, forse commosso, il tedesco lo guidò dietro<br />

alla baracca dove, sotto un pergolato di v<strong>it</strong>e americana, un grezzo<br />

tavolo di legno e due panche robuste formavano una specie di studio-soggiorno<br />

all’aperto.<br />

Il libro aveva già delle strisce di carta a segnare pagina e su altri<br />

fogli accanto erano gia segnate cifre, sigle, date. Sfiorò con il palmo<br />

della mano la cartella, prima di aprirla, e rimase con il pacco di vecchi<br />

fogli in mano per un lungo momento e poi con decisione incominciò<br />

a dividerli facendone cinque plichi. Parlava con se stesso piano, in<br />

tedesco, guardando a tratti il ragazzo, concentrato, sfogliando lentamente<br />

i vecchi fogli e prendeva nota meccanicamente, su fogli nuovi.<br />

Quando aprì le carte nautiche gli tremavano le mani; continuava a<br />

guardare il ragazzo parlando a se stesso in tedesco; si alzò, andò nella<br />

casetta, e r<strong>it</strong>ornò con una carta topografica terrestre della foce dell’Isonzo,<br />

era segnata a mat<strong>it</strong>a: riferimenti, coordinate, angoli.<br />

Guardò il ragazzo – Fatica sprecata! – disse – Non è serv<strong>it</strong>o a niente.<br />

–<br />

Era passato altro tempo e adesso pareva svuotato, vecchio, vinto.


Incominciò a parlare.<br />

La sua era stata un’infanzia serena in tempi difficili e da sempre<br />

voleva essere maestro di scuola. Incoraggiato dai suoi, dopo elementari<br />

e medie, s’iscrisse alle Magistrali e con ottimi risultati si licenziò.<br />

Incominciò sub<strong>it</strong>o ad insegnare: si trovava bene con i bambini, e loro<br />

con lui. Erano anni belli, intensi, anche se attorno a lui si andavano<br />

accumulando sofferenze e tragedie ma a lui e ai suoi bambini non<br />

accadeva niente fuorché l’apprendere e l’insegnare.<br />

Tutto crollò in un attimo.<br />

A lui pol<strong>it</strong>iche, part<strong>it</strong>i, adunate, uniformi non dicevano niente, si<br />

sentiva fluire nella realtà del quotidiano come un chiunque altro.<br />

Solo la scuola lo illuminava: saper insegnare, vedere i bambini capire,<br />

apprendere. Il resto lo lasciava tiepido. Era stato pesantemente inv<strong>it</strong>ato<br />

ad arruolarsi e visto che non si sentiva un rinunciatario timoroso<br />

si arruolò. Non sapeva fare altro che il maestro e conoscendo la sua<br />

poca propensione alle vicende guerresche, marziali e conquistatrici<br />

lo mandarono a fare un corso di nautica e lo assegnarono alle forze<br />

che operavano in Adriatico, e, con un foglio di via, si r<strong>it</strong>rovò in un<br />

minuscolo porto, in un comando periferico, in una zona tranquilla:<br />

duino.<br />

Il suo comandante invece era uno sfegatato arrivista che aveva sognato<br />

e studiato per comandare sommergibili oceanici, ed era effettivamente<br />

tale, ma un incidente nelle eserc<strong>it</strong>azioni lo aveva lasciato<br />

leggermente zoppicante e con una lesione permanente e invece degli<br />

sterminati oceani adesso comandava un sommergibile tascabile a<br />

pattugliare un golfo e a controllarne i movimenti locali. Il comandante<br />

delle operazioni era proprio lui, anche se i sommergibili erano<br />

due e non dovevano farsi vedere assieme mai.<br />

Il tedesco diceva al ragazzo che la sua guerra era stata solo una noia<br />

mil<strong>it</strong>arizzata: navigare di notte sempre al buio e dormire di giorno<br />

sempre al sole; attracchi e soste sempre diverse ma sempre negli<br />

stessi posti; darsene minuscole e mimetizzate per un mezzo stretto e<br />

soffocante dentro, pieno d’esplosivo fuori; fare sempre le stesse rotte<br />

ma sempre diverse per non essere intercettati; e poi tutto preciso,<br />

meticoloso, ordinato.<br />

Lui doveva solo eseguire, non sapeva niente di niente perché era il<br />

comandante che doveva programmare le operazioni e a lui, giustamente,<br />

non diceva niente. Anche quando era alla radio, il comandante,<br />

parlava sempre per codici e lui, il tedesco, non doveva saperli.<br />

Certo, a forza di sentirli, li aveva imparati anche lui, ma faceva finta<br />

di non saperne niente, tanto, non gli interessavano. Ricordava invece,


nei momenti di calma, quando lasciava la postazione per inoltrarsi<br />

nell’entroterra e, con la scusa che in caso di emergenza avrebbero dovuto<br />

cercare viveri di fortuna, andava a vedere se ci fossero nei paraggi<br />

erbe commestibili e nutrienti. Ogni tanto arrivava una staffetta in<br />

moto, con il carrozzino, la sentivano da lontano, e il comandante gli<br />

dava degli ordini e lo lasciava solo, allontanandosi. Erano ore, per il<br />

tedesco, meravigliose. La moto-carrozzino r<strong>it</strong>ornava il giorno dopo,<br />

con il comandante e altre carte, altri ordini.<br />

Tanti anni prima aveva conosciuto la Cona così.<br />

E poi l’ordine di r<strong>it</strong>irarsi, disinnescare i siluri, affondare i sommergibili,<br />

distruggere i documenti e le postazioni, riunirsi ad altri per il<br />

rientro in patria.<br />

Affondarono uno dei due mezzi là, nella Cona, in una minuscola<br />

darsena fangosa facendogli crollare sopra le strutture di legno del<br />

mascheramento mimetico, non ricordava dove, e dopo tanti anni il<br />

posto ormai era irriconoscibile. Il comandante aveva lasciato, correttamente,<br />

la cassa del comando nello stipetto blindato dei documenti<br />

a bordo, portando con sè la chiave.<br />

Gli era morto tra le braccia, in un bombardamento degli Alleati<br />

alle colonne in r<strong>it</strong>irata e gli aveva lasciato la chiave dicendogli di<br />

andare a recuperarlo e riportarlo al comando, a Berlino.<br />

Lui, il tedesco, adesso, non si sentiva più legato a quell’ordine eppure<br />

percepiva un qualcosa di incompleto, di sospeso. Certo non era<br />

un “tesoro” da r<strong>it</strong>rovare ma almeno poteva dire di avere umanamente<br />

tentato.<br />

dopo la guerra era r<strong>it</strong>ornato a fare il maestro e d’estate, sua moglie<br />

lo sapeva, r<strong>it</strong>ornava nei posti delle operazioni a vedere se poteva fare<br />

qualcosa. Erano già anni che r<strong>it</strong>ornava e aveva trovato anche lui, per<br />

caso, quegli armadi; la casetta di legno l’aveva costru<strong>it</strong>a lui su quel<br />

terreno che aveva aff<strong>it</strong>tato. Adesso anche quell’ultima speranza si era<br />

rivelata inconsistente: il libro dei codici e le relazioni dei movimenti<br />

non precisavano le postazioni diurne perché le rotte degli attracchi<br />

erano mandate a memoria. E poi, dopo tanti anni, non se la sentiva<br />

di continuare: non avrebbe fatto il maestro ancora per molto e il<br />

tempo passava e le forze venivano meno e anche economicamente<br />

non se lo poteva permettere più.<br />

Il ragazzo si fece spiegare e rispiegare i risultati delle ricerche sulle<br />

carte che gli aveva portato, e come si potevano riferire alle mappe<br />

più recenti, e se era possibile restringere le ricerche in un tratto più<br />

lim<strong>it</strong>ato. Forse chiedendo in prest<strong>it</strong>o una barca a qualcuno, rivisti i<br />

posti dal mare qualche riferimento avrebbe potuto ricordarlo ancora


e adesso in due, uno da terra e uno dal fiume, si sarebbe potuto fare<br />

un ulteriore tentativo … - Ci penseremo domani. – finì col dire il<br />

tedesco.<br />

Quella sera, a letto, il ragazzo pensava che la storia era veramente<br />

bella ma epica e gloriosa no, proprio no.<br />

Adesso era lui che inc<strong>it</strong>ava il tedesco a cercare; che si intrufolava a<br />

forza tra le canne; che chiedeva riferimenti e ricordi che cercava una<br />

trave interrata e marcia, un pezzo di lamiera, un segno qualsiasi. Ma<br />

… non trovarono niente.<br />

dovevano r<strong>it</strong>ornare a scuola: quella vacanza stava finendo.<br />

uno degli ultimi giorni il tedesco fece per rest<strong>it</strong>uirgli la cartella di<br />

cuoio, lo aveva inv<strong>it</strong>ato alla casetta di legno, ma il ragazzo non la volle,<br />

voleva lasciarla a lui e l’uomo non sapeva con cosa ricambiare quel<br />

gesto. Si tolse di tasca la chiavetta dell’ armadietto blindato, quella<br />

del sommergibile affondato, e gliela diede. - Conservala per l’anno<br />

prossimo. – aggiunse.<br />

Ma il tedesco non r<strong>it</strong>ornò più.<br />

Si scambiarono gli indirizzi e l’impegno reciproco di comunicarsi<br />

notizie nuove ed aiuto per nuove eventuali ricerche assieme ad indirizzi<br />

dove ricercare fonti storiche attendibili.<br />

Il ragazzo avrebbe voluto accompagnarlo alla stazione del treno<br />

quando sarebbe part<strong>it</strong>o, ma il tedesco non volle, era arrivato da solo<br />

e così sarebbe ripart<strong>it</strong>o. Si lasciarono sulla capezzagna d’erba come<br />

facevano sempre quando andava fino alla casetta di legno.<br />

Si scrissero alcune cartoline di saluti e poi, prima di Natale, il ragazzo<br />

si vide recap<strong>it</strong>are per posta un pacco pieno di francobolli tedeschi<br />

e di timbri davanti e dietro; proprio per lui. dentro c’era un<br />

binocolo nuovo fiammante, un vero Zeiss. A casa, tutti gli chiesero<br />

chi fosse quel tedesco lì, segnato ben chiaro al m<strong>it</strong>tente; e perché<br />

mai quel regalo a lui. Ma il ragazzo rispose evasivamente pensando<br />

in cuor suo che le notizie importanti, che il tedesco dopo aver ricontrollato<br />

con calma le carte vecchie,che gli aveva lasciato, trovate nel<br />

cassetto di metallo, avrebbero dovuto arrivargli in segu<strong>it</strong>o e che questo<br />

sarebbe stato un nuovo ciclo di ricerche l’estate prossima, quella<br />

decisiva: doveva quindi mantenere una certa riservatezza.<br />

Ma dopo quel pacco, la posta non gli fece avere più niente. Lui<br />

scrisse e riscrisse, persino una lettera, ma il tedesco rimase per sempre<br />

su al nord, era come se dopo avergli dato la chiavetta della piccola<br />

cassaforte nel sommergibile avesse rinunciato al suo incarico per nominare<br />

lui il successore.<br />

L’ultima estate di vacanza la passò così, cercando il sommergibile


interrato da qualche parte, nella Cona.<br />

Qualche volta, stanco e deluso, il ragazzo pensava che tutta quella<br />

storia fosse proprio una tra le tante storie fantasiose che si inventava<br />

lui e che fosse soltanto … proprio una bella storia, e nient’altro. Ma<br />

poi, superata la stanchezza e la delusione, si rimetteva di nuovo a ricercare<br />

quel rel<strong>it</strong>to nascosto e, assieme, a ricercare storie fantastiche,<br />

affascinanti, nuove.<br />

Non si sarebbe stancato mai.<br />

Anni dopo, il padrone del boschetto, visto che il tedesco non gli<br />

pagava più l’aff<strong>it</strong>to, gli disse se voleva lui prendersi i due armadi gemelli<br />

nella casetta di legno e anche la bicicletta da fornaio. Adesso<br />

doveva smantellarla, era una costruzione diventata abusiva ma le assi<br />

erano ancora in ottimo stato.<br />

Il ragazzo continuò caparbiamente a cercare, anno dopo anno, e di<br />

tanto in tanto pensava bene di smettere quella ricerca e di mettere<br />

via tutte le sue fantasticherie, di nasconderle nel cassetto di ferro,<br />

negli armadi gemelli, adesso che ne aveva tre, carteggiati, riverniciati,<br />

pieni di libri, nel suo studio, in un’ala della vecchia casa ristrutturata,<br />

adesso che non era più un ragazzo, che aveva fin<strong>it</strong>o la scuola e che<br />

lavorava.<br />

Ma quel posto lo richiamava con forza, e continuava ad andarci<br />

quando poteva, in qualsiasi stagione anche se adesso c’era sempre<br />

qualcuno ma questo non gli impediva di cercare.<br />

E di cercare, lo sapeva fin troppo bene, non si sarebbe stancato mai<br />

… mai.


Dal m<strong>it</strong>o all’armonia<br />

La formazione del m<strong>it</strong>o non è solo un esercizio culturale o spir<strong>it</strong>uale,<br />

è una condivisione di simboli, è una convenzione fra individui<br />

che comprendono e che si identificano in determinati valori. E’<br />

una visione della v<strong>it</strong>a.<br />

Quali m<strong>it</strong>i per l’economia locale?


DAL MITO ALL’ARMONIA<br />

di Umberto Sarcinelli<br />

Tutto ruota intorno all’acqua. A cominciare dalla genesi di questa<br />

parola e del suo significato. Le radici antiche indoeuropee e sanscr<strong>it</strong>e<br />

indicano nella consonante “n” l’associazione con l’acqua che un<strong>it</strong>a a<br />

“k”, movimento secondo una curva, “a”, avvio, e “g”, moto tortuoso,<br />

formano molti significati.<br />

Le acque cosmiche danno origine al mondo, sono confuse fra aria,<br />

terra e, naturalmente, l’acqua propriamente detta. Nelle prime lingue<br />

indoeuropee il termine nudo, nagna richiama il muoversi tortuosamente<br />

nell’acqua (nackt, tedesco, naked, inglese, nu, francese, desnudo,<br />

spagnolo, derivano da participi passati che significano nudo). Acqua,<br />

“n”, che si pronuncia “na” in indoeuropeo forma anche la nakta (radice<br />

nak), notte, l’acqua che si muove curvilinea, la volta celeste.<br />

Tutto ruota intorno all’acqua: cielo e terra, v<strong>it</strong>a e sapere. Laddove<br />

le acque si intrecciano e si incontrano, in indoeuropeo veni dha<br />

(cioè posta in un intreccio di acque correnti), in latino diventa veneti<br />

e quindi Venezia, signora della laguna, dove i fiumi sfociano e le<br />

correnti si intrecciano, dove il mare (etimologicamente non dolce)<br />

incontra e penetra nella terra, formando il pelago.<br />

Sono luoghi, questi, di confine e nello stesso tempo di commistione,<br />

che segnano un passaggio fra uno stato e l’altro, fra luoghi diversi<br />

senza stacchi bruschi. Senza soluzione di continu<strong>it</strong>à e di tempo.<br />

Le lagune accompagnano, non spingono; mostrano il cambiamento,<br />

non lo impongono. Creano un’infin<strong>it</strong>à di luoghi diversi permettendo<br />

varie forme di essere e determinando le condizioni perchè<br />

possano coesistere e spesso cooperare.<br />

La laguna attenua i moti violenti della natura, assorbe veleni e<br />

energie.<br />

La laguna attira i viventi che si muovono nell’aria, gli uccelli, gli<br />

ab<strong>it</strong>anti delle acque e offre spazi e opportun<strong>it</strong>à a chi si muove sulla<br />

terra.<br />

Nella laguna sfociano i fiumi che raccolgono le montagne nel loro<br />

inesorabile sgretolarsi, si infrangono le onde soffiate dai venti e dalle<br />

dinamiche termiche del sole e grav<strong>it</strong>azionali della luna.<br />

Ma acque e terre non sono immobili, nemmeno le rocce sono solide


e stabili nei confronti del tempo e dell’entropia. L’una corrode l’altra,<br />

quest’ultima cerca di scacciare la prima, in una perenne trasformazione<br />

che modella e crea, che sommerge e fa emergere secondo un<br />

r<strong>it</strong>mo e una logica che obbediscono a complesse leggi fisiche.<br />

Nella laguna anche gli uomini trovano sintesi e complementi, incontri<br />

e orizzonti. dal mare arrivarono per conoscere e scoprire popoli<br />

adriatici e egei, costruendovi templi e porti, formando m<strong>it</strong>i e<br />

consolidando commerci.<br />

Anche dalle terre pannoniche arrivano popoli e culture, che i greci<br />

chiamano eneti, sfruttando i grandi fiumi, come il danubio. Attraverso<br />

queste vie arrivano gli argonauti dopo aver rubato il vello d’oro,<br />

alla ricerca del mercurio che sulla pelle di montone serve a catalizzare<br />

il metallo degli dei.<br />

Adorarono le fonti misteriose, la Fons Timavi, il Timavo, che sgorgavano<br />

dalle viscere della terra, dagli inferi, ma portavano la preziosa<br />

acqua.<br />

Tra Timavo e Isonzo nell’età del ferro e, prima ancora, del bronzo,<br />

c’era il crocevia dell’ambra, l’elettra, che raccolta alle foci della Vistola,<br />

nel mar Baltico, attraverso antichissime vie arrivava a Emona<br />

(Lubiana) e quindi in un porto presumibilmente vicino a Monfalcone,<br />

alla foce dell’Isonzo. E proprio questo fiume, secondo autorevoli<br />

studiosi, sarebbe il m<strong>it</strong>ico Eridano, mentre le Elettridi si potrebbero<br />

identificare con due isolette del cordone lagunare, ora legate alla<br />

terraferma. Sarebbero le insulae clare di cui parla Plinio, s<strong>it</strong>uate ante<br />

ostia Timavi.<br />

Molte testimonianze archeologiche, legate alla cultura di Halstatt,<br />

rimandano a questi m<strong>it</strong>i, con manufatti e iscrizioni che sono stati<br />

rinvenuti da Caporetto a Santa Lucia, di Tolmino, oltre che lungo la<br />

storica via dell’ambra.<br />

M<strong>it</strong>i che si ricollegano ad antichi culti pagani, come quello di<br />

diomede (alle foci del Timavo forse c’era un tempio), ma soprattutto<br />

quello di Beleno (o Belenus, Belinus) un dio di influenza celtica,<br />

associato ai complessi di acque termali (con aperture iatriche, cioè<br />

curative).<br />

Beleno era una divin<strong>it</strong>à “regionale”, posta in epoca romana in contrapposizione<br />

agli dei dell’urbe, a rivendicare una specific<strong>it</strong>à ident<strong>it</strong>aria.<br />

Beleno è associato ad Apollo, e testimonianza di questo ci<br />

sono molte dediche ed epigrafi da Grado a Barbana, fino ad Altino e<br />

Spinea, a sottolineare una grande via di navigazione endolagunare.<br />

Aquileia non fa altro che accentuare questo carattere particolare,


con la rifior<strong>it</strong>ura del culto di Beleno nel II e III secolo dopo Cristo.<br />

Galli-celti, illiri, venetici (ricordate l’etimo?) arrivarono dalle terre<br />

“asciutte” per rifugiarsi dalle invasioni provenienti da Oriente, creando<br />

c<strong>it</strong>tà e fortificazioni, portando i loro dei e le loro leggi. Ma tutti,<br />

prima o poi, si confusero fra loro, si sovrapposero religioni, si intrecciarono<br />

usanze, si mescolarono sangue.<br />

La laguna è un grande crogiolo che però non riesce ad amalgamare<br />

in un’unica sostanza tutti gli elementi che vi confluiscono.<br />

Li disgrega, li rimescola, ma sono riconoscibili, frammenti reali di<br />

mondi ormai perduti.<br />

E’ questo il m<strong>it</strong>o, il fascino di un luogo che produce nebbie dello<br />

stesso colore delle acque e terre della stessa consistenza delle acque.<br />

Il m<strong>it</strong>o della laguna è fatto anche di simboli e arcane connessioni.<br />

Prendete un suo leggiadro ab<strong>it</strong>ante, il cigno. uccello m<strong>it</strong>ico in tutte<br />

le culture e in tutte le età, uccello immacolato, quasi un’epifania della<br />

luce. Ma anche carico di mistero sacro e di profane indecenze (vedi il<br />

m<strong>it</strong>o greco di Leda), femminile nella bellezza, maschile nell’azione.<br />

Il cigno ab<strong>it</strong>a in numero considerevole la Riserva Naturale Regionale<br />

della Foce dell’Isonzo, a poca distanza dai giacimenti di mercurio<br />

che cercavano gli argonauti. Ebbene, questo grande uccello bianco<br />

in alchimia simboleggiava proprio questo metallo liquido e l’unione<br />

degli opposti (acqua-fuoco).<br />

Inser<strong>it</strong>e la laguna di Grado e Marano in una regione crocevia di<br />

popoli e idee e vi troverete di fronte infin<strong>it</strong>i orizzonti culturali. E<br />

altrettanti m<strong>it</strong>i.<br />

I m<strong>it</strong>i e i simboli non sono vaneggiamenti o sogni ma proiezioni<br />

della realtà. Intorno a questo terr<strong>it</strong>orio intriso d’acqua, o questo mare<br />

interrato, ha vissuto, vive e vivrà l’uomo.<br />

L’uomo che, più di ogni altro vivente, può modificare, plasmare, rimodellare<br />

profondamente l’ambiente, ma di cui conserverà sempre le<br />

tracce delle sue paure, dei suoi incubi e della sua lotta per sopravvivere.<br />

Ed ecco la “laguna umana”, che si forma nella mente e nel cervello<br />

delle persone, mescolando e armonizzando esperienze, storie e m<strong>it</strong>i.<br />

Il crogiolo laguna non è il truogolo delle streghe del Macbeth dove<br />

tutto brucia e gorgoglia, è un luogo aperto e accogliente.<br />

Il m<strong>it</strong>o di questi luoghi si forma in epoca protostorica, si consolida<br />

e si trasforma seguendo l’evoluzione della cultura dei popoli che vi si<br />

intrecciano. un movimento complesso e r<strong>it</strong>mico, come quello della<br />

marea, di flusso e riflusso: dall’Est e dal Nord arrivano le invasioni<br />

che devastano e innovano; gli ab<strong>it</strong>anti si rifugiano o in montagna o<br />

0


nella laguna. Passato il pericolo, scemate le orde devastratrici, insediate<br />

nuove comun<strong>it</strong>à, tornano nelle pianure, riportando i propri dei<br />

e la propria cultura, accogliendo nuovi dei e altra cultura.<br />

E anche quando il commercio d’ambra decade, quando il ricordo<br />

degli argonauti sfuma nella memoria e non si r<strong>it</strong>rova nei libri (pol<strong>it</strong>icamente<br />

e commercialmente è più “conveniente” l’associazione<br />

Eridano=Po, Elettridi =isole del delta padano), quando le invasioni<br />

non sono più di genti ma di eserc<strong>it</strong>i, la laguna passa dal m<strong>it</strong>o a uno<br />

stato d’animo. Quello della natura, soprattutto, anche se rimangono<br />

tracce del m<strong>it</strong>o, o almeno di quel qualcosa di inafferrabile e indescrivibile<br />

che tocca l’emozione. Ecco le streghe di Grado, raccontate da<br />

Ippol<strong>it</strong>o Nievo, ecco le poesie di Biagio Marin.<br />

La formazione del m<strong>it</strong>o non è solo un esercizio culturale o spir<strong>it</strong>uale,<br />

è una condivisione di simboli, è una convenzione fra individui<br />

che si comprendono e che si identificano in determinati valori. E’<br />

una visione della v<strong>it</strong>a.<br />

La laguna e l’intreccio delle acque non sono di esclusiva proprietà<br />

dei “veneti”, ma diventano un luogo aperto dove la natura evoca stati<br />

d’animo universali.<br />

dove ognuno può trovare spazio, dimensione e armonia.<br />

dove il granello di sabbia mostra la sua storia di progressive usure<br />

come l’oca collorosso porta sulle sue penne il ricordo di tempeste<br />

lontane.<br />

dove chi guarda con il binocolo striature di ali e forme di becchi è<br />

vicino alla natura come chi raccoglie rami secchi e riassesta sentieri.<br />

Questa laguna è un conten<strong>it</strong>ore di realtà in trasformazione e di<br />

emozioni antiche. un lavoro di individual<strong>it</strong>à e di social<strong>it</strong>à, di armonie<br />

naturali e umanissime debolezze.<br />

Oggi non sono più riconoscibili i templi e i sacelli dedicati a dionisio<br />

e Beleno, la Fons Timavi è oggetto di studio idrogeologico,<br />

l’ambra non alimenta più commerci mondiali, le miniere d’oro delle<br />

Alpi Giulie coltivate dai Taurisci non vengono più prese in considerazione,<br />

le invasioni di popoli sono diventate arrivi di turisti, nessuno<br />

sfrutta la laguna come una via per percorrere in relativa tranquill<strong>it</strong>à<br />

tutto l’Alto Adriatico, le streghe sono diventate spettacolo teatrale o<br />

multimediale, la stessa natura è osservata e ammirata, più che compresa<br />

e contemplata.<br />

Molto è cambiato, soprattutto nella percezione degli uomini. Ma<br />

in fondo tutto ruota ancora intorno all’acqua, perchè siamo fatti tutti<br />

delle sue varie sfumature.


Parlami di te, parlami di Voi<br />

Questo è quello che ho sempre desiderato, una moglie, un lavoro, una casa<br />

27 gennaio 2008<br />

un colloquio tra Marco, Massimo, Anna e Meri


LA REALIZZAZIONE <strong>DI</strong> UN sOGNO<br />

Massimo arriva da Portoviro. Sua madre conosce l’esperienza del Dipartimento<br />

della Bassa Friulana attraverso un settimanale.<br />

I parenti sono spaventati soprattutto dal fatto che questo suo stato di<br />

malattia non si risolve.<br />

La trafila è sempre la stessa: viene regolarmente ricoverato ogni qual<br />

volta il suo tono dell’umore varia.<br />

A Palmanova Massimo viene accolto e inser<strong>it</strong>o in un progetto riabil<strong>it</strong>ativo.<br />

Il progetto riabil<strong>it</strong>ativo è uno strumento che, valutando le potenzial<strong>it</strong>à<br />

della persona, propone un progetto di v<strong>it</strong>a che implica la possibil<strong>it</strong>à di<br />

ottenere un lavoro, di vivere una casa, di relazionarsi con altri.<br />

Massimo segue tale percorso, aderendo decisamente al progetto soprattutto<br />

per la nov<strong>it</strong>à di essere trattato con strumenti diversi dai sol<strong>it</strong>i (psicofarmaci<br />

e ricoveri).<br />

Ora è soddisfatto: il suo tono dell’umore è stabile, non ricovera più,<br />

lavora, vive in un appartamento con sua moglie, pagandosi l’aff<strong>it</strong>to.<br />

E’ diventato protagonista della sua v<strong>it</strong>a grazie ad una filosofia di intervento<br />

proposta dagli operatori del Dipartimento di Salute Mentale,<br />

che vede gli altri non solo come portatori di bisogni, ma anche e soprattutto<br />

come portatori di molte risorse.<br />

Marco Bertoli


INTERVIsTA A MAssIMO E ROBERTA<br />

a cura di Marco Bertoli e Meri Marin<br />

I due ragazzi sono segu<strong>it</strong>i dal Centro di Salute Mentale da alcuni<br />

anni. Le sol<strong>it</strong>e storie di dolore della psichiatria. I sol<strong>it</strong>i richiami di<br />

aiuto, vissuti come devianze insopportabili, ingiustificabili e quindi<br />

assolutamente eliminabili.<br />

Massimo soffre di un disturbo che viene classificato come bipolare,<br />

Roberta è ammalata di schizofrenia. Fino ad un certo punto della<br />

loro v<strong>it</strong>a queste erano le uniche ident<strong>it</strong>à che potevano essere da loro<br />

manifestate. E quindi storie di ricoveri, psicofarmaci, servizi più o<br />

meno accoglienti, confl<strong>it</strong>tual<strong>it</strong>à in famiglia...<br />

poi l’incontro con una realtà diversa. diversa non tanto in quanto a<br />

sopraffine capac<strong>it</strong>à tecniche ma soprattutto per uno sguardo diverso<br />

sulla loro realtà, su chi loro erano.<br />

Non solo più relazioni diverse, ma anche scambi. Riappropriazione<br />

di altre ident<strong>it</strong>à (cioè quelle di lavoratore, di coniuge, di proprietario)<br />

e di nuove opportun<strong>it</strong>à di v<strong>it</strong>a.<br />

Massimo lavora oggi come portinaio presso un campus univers<strong>it</strong>ario,<br />

consegna pasti e riviste; ab<strong>it</strong>a una casa in aff<strong>it</strong>to con Roberta.<br />

Vivono insieme avendo riaffermato una dimensione affettiva che li<br />

ha un<strong>it</strong>i e li lancia in una v<strong>it</strong>a che non vede più ricoveri e medici.<br />

Massimo e Roberta si presentano mano nella mano, timidi e silenziosi.<br />

Si siedono e attendono le prime domande con curios<strong>it</strong>à. Le<br />

prime risposte sono cariche di pudore e stupore, perché possono finalmente<br />

raccontare la loro storia.<br />

QuANdO HAI COMINCIATO A STARE MALE?<br />

A 25 anni, nel 1987. Ho studiato fino a 19 anni, ho fatto le scuole<br />

elementari, le medie e fino al terzo anno di segretario di azienda: poi<br />

sono stato bocciato e non ho più continuato. Avevo 19 anni. dai 19<br />

ai 25 anni apparentemente andava tutto bene, lavoravo in macelleria<br />

da mio fratello a Sottomarina in provincia di Venezia e ab<strong>it</strong>avo a<br />

Portoviro.


COSA FACEVI IN MACELLERIA?<br />

Il banconiere, stavo alla cassa, mi occupavo della preparazione dei<br />

piatti da mettere nel banco. Solo non disossavo, perché non ne ero<br />

capace.<br />

COME HAI COMINCIATO A STAR MALE?<br />

Verso i 25 anni sentivo un’angoscia, un “magone” che si somatizzava<br />

alla gola: non sapevo come farvi fronte. Mi sono stancato e<br />

“ho dato di matto”. Ho cominciato a parlare, parlare, parlare, in casa<br />

mia non erano ab<strong>it</strong>uati a questo continuo parlare. Non siamo grandi<br />

parlatori.<br />

CON CHI VIVEVI?<br />

In casa c’erano mia mamma, mio papà e mio fratello Maurizio. Mio<br />

fratello Paolo era già sposato e viveva fuori casa. Anche Maurizio si è<br />

sposato, durante la mia seconda crisi, ero ricoverato e mi hanno dato<br />

un permesso per partecipare al matrimonio. Nella prima crisi sono<br />

stato ricoverato in SPdC a Cavarzere. Lì mi hanno dato psicofarmaci.<br />

Ci sono stato alcuni giorni, poi sono andato a casa. Sostanzialmente<br />

finivo una volta, due all’anno al Centro di Igiene Mentale per<br />

crisi depressive o iperattive. Mi ricoveravano in ospedale.<br />

QuANTI RICOVERI HAI FATTO?<br />

Più o meno uno all’anno per 13 anni (dall’87 al 2000, circa 15 o 16).<br />

Nel 2001 ho sub<strong>it</strong>o l’ultimo ricovero, non volevo più farmi curare.<br />

dopo tre anni di battaglie amministrative per venire a Palmanova,<br />

sono riusc<strong>it</strong>o a concludere le pratiche e venire qua.<br />

HAI AVuTO dEI TRATTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI?<br />

uno, ma non ricordo quando.<br />

IN QuESTI 13 ANNI HAI LAVORATO?<br />

I primi anni, dal 1987 al 1989, ho lavorato con mio fratello Paolo,<br />

in macelleria a Portoviro.<br />

SIETE uNA FAMIGLIA dI MACELLAI?<br />

No, di contadini. In macelleria ha cominciato mio fratello Paolo,<br />

poi il negozio è passato a Maurizio e, infine, l’ha ripreso Paolo. Maurizio,<br />

per problemi di salute, adesso fa la guardia ecologia. In questi<br />

anni ho fatto 5 anni di psicoterapia privata.


CONTINuAVI A LAVORARE?<br />

dopo l’89 lavoravo saltuariamente in campagna, perché non andavo<br />

d’accordo con mio fratello. Lavoravo con mio papà in campagna,<br />

ma non sempre perché stavo male.<br />

TI dAVANO dEI SOLdI?<br />

una specie di paga, una mancia.<br />

TI RICORdI I FARMACI CHE PRENdEVI?<br />

Neurolettici che mi intontivano anche per 3-4 giorni. Serenase,<br />

Haldol solo qualche volta, a volte mi facevano un’iniezione, nei casi<br />

di iperattiv<strong>it</strong>à: nelle crisi depressive, prendevo i farmaci normali.<br />

COME ERI NELLE CRISI IPERATTIVE?<br />

Nelle fasi iperattive ero frenetico, avevo sempre voglia di uscire con<br />

la macchina e con la vespa, ma i miei non mi lasciavano per paura<br />

che provocassi incidenti. Potevo uscire solo a piede: bastava che uno<br />

dicesse una cosa storta e facevo baruffa. Andavo nei bar, bevevo ¾<br />

birre e poi davo in escandescenze.<br />

dA QuANdO SEI A PALMANOVA?<br />

dall’ 1° ottobre 2001.<br />

HAI MAI AVuTO CRISI dI IPERATTIVITA’?<br />

No, da allora non ho avuto momenti di iperattiv<strong>it</strong>à: un po’ per il<br />

farmaco, un po’ perché mi sfogavo sul lavoro. depressione sì l’ho avuta,<br />

mi ricoveravo al Centro di salute mentale 24 ore per qualche giorno,<br />

ma solo fino al 2004, quando ho conosciuto Roberta.<br />

PERCHE’ SECONdO TE NON HA AVuTO PIu’ CRISI?<br />

Per il farmaco, che era diverso da quelli che prendevo prima, con<br />

lo Ziprexa stavo meglio e per il lavoro: lavoravo diverse ore al giorno.<br />

Mi scaricavo, il lavoro era una forma di realizzazione, era uno sfogo<br />

di energia, accresceva la mia autostima.<br />

All’inizio ho trovato difficoltà a legare con i compagni di lavoro,<br />

all’inizio lavoravo solo di mattina, avevo i pomeriggi liberi e dormivo,<br />

ero sfasato. Quando ho cominciato a lavorare anche i pomeriggi, il<br />

pasto lo facevo in trattoria con i miei compagni, uscivo dopo il lavoro<br />

con gli altri a bere qualcosa, stavo meglio.


Tu SEI STATO ASSuNTO?<br />

Nel 2001 sono stato assunto dalla Cooperativa sociale Nemesi di<br />

San Giorgio di Nogaro. Ho lavorato quattro anni a Novacco e poi ho<br />

fatto la work experience, perché pensavo di tornare a casa, ma poi ho<br />

cambiato idea perché qua mi trovo bene. da 3 anni lavoro al Bertoni<br />

a udine, un conv<strong>it</strong>to univers<strong>it</strong>ario dove io faccio il portiere. Lavoro<br />

dalle 19 alle 24 per tre giorni settimanali e sabato dalle ore 12.30 alle<br />

ore 19.00 e la domenica dalle ore 19.00 alle ore 24.00. Vado su e giù<br />

in auto.<br />

CHE FARMACI PRENdI AdESSO?<br />

2.5 mg di Risperdal al giorno.<br />

E dOVE ABITI?<br />

Ho fatto 5 traslochi: all’inizio vivevo nella comun<strong>it</strong>à di Borgo<br />

Aquileia; poi sono andato nella casetta a Sottoselva; ho vissuto 2<br />

anni a Ruda, in appartamento con Michele, poi due ani a Novacco<br />

ed infine un anno a Ruda con Roberta.<br />

Adesso ab<strong>it</strong>iamo in un appartamento a Cervignano e paghiamo<br />

417 euro di aff<strong>it</strong>to al mese.<br />

E POI VI SIETE SPOSATI…<br />

Ci siamo sposati il 27 gennaio 2008, il 23 settembre sono 4 anni<br />

che stiamo insieme.<br />

Roberta ha scelto di stare a casa e di lavorare un giorno alla settimana<br />

aiutando Massimo nella distribuzione dei giornali nei locali<br />

pubblici: Massimo distribuisce i giornali gratu<strong>it</strong>i il venerdì e il sabato,<br />

consegna i pasti ad una casa di riposo per completare il monte ore<br />

settimanale.<br />

QuANTO GuAdAGNATE?<br />

900 euro al mese io e 160 euro Roberta.<br />

In più io ho la pensione di invalid<strong>it</strong>à di 400 euro.<br />

CON QuESTI SOLdI CE LA FATE A VIVERE?<br />

Facciamo fatica, specie per l’aff<strong>it</strong>to.<br />

CHE GIudIZIO dAI dI QuESTO TuO PERCORSO?<br />

Massimo si toglie gli occhiali e risponde:<br />

Questo è quello che ho sempre desiderato, una moglie, un lavoro e<br />

una casa.


PERCHE’, QuESTO PERCORSO CHE Tu HAI FATTO,<br />

NON E’ STATO POSSIBILE A PORTOVIRO?<br />

Perché qui ho trovato la capac<strong>it</strong>à vostra di farmi lavorare, se mi<br />

avessero fatto lavorare là, sarei rimasto là. un conto è lavorare in<br />

famiglia, dove pretendono un’efficienza al 100%, un conto è lavorare<br />

in un amb<strong>it</strong>o che tollera le tue difficoltà.<br />

Anche il cambiamento di ambiente è stato importante, io mi sentivo<br />

giudicato: se uscivo e vedevo la gente ridere, pensavo che ridesse<br />

di me.<br />

ROBERTA CHE FARMACI PRENdI?<br />

Seroquel 300 mg per 3 volte al giorno, qualche goccia di EN al<br />

giorno. Sono contenta di stare a casa con Massimo.<br />

Abbiamo fin<strong>it</strong>o. Massimo e Roberta si allontanano abbracciati. Ad un<br />

certo punto Massimo si volta e dice: grazie, se non ci foste stati voi...


PAROLE <strong>DI</strong> ChIUsURA<br />

un saluto che porta inev<strong>it</strong>abilmente ad esprimersi con un grazie a<br />

ciascuno di coloro che – dentro e fuori “Il Mosaico” – hanno voluto<br />

questo libro e hanno lavorato per scriverlo, ordinarlo, illustrarlo,<br />

stamparlo. un libro che vuole fissare alcuni pensieri, dare testimonianza<br />

di quanto fatto, dare forza ed entusiasmo alle nuove esperienze<br />

dimostrando che le cose si possono fare davvero. Anche quelle<br />

difficili, anche quelle apparentemente sorrette da una logica molto<br />

diversa da quella dominante del mercato e del prof<strong>it</strong>to. E, credetemi,<br />

non è che vogliano per forza andare controcorrente, in una sorte di<br />

moderni don Chisciotte, ma ci accorgiamo che, parlare di interesse<br />

generale stride tremendamente con gli interessi di pochi. E questi<br />

pochi non sempre, anzi quasi mai, vogliono perdere i loro privilegi e<br />

le loro rend<strong>it</strong>e mentre tanti, davvero tanti, invece restano esclusi da<br />

ogni fruizione di dir<strong>it</strong>to e soprattutto dal dir<strong>it</strong>to di avere speranza<br />

nel futuro.<br />

Ecco, per me, il senso di questi appunti, perché non vogliamo scrivere<br />

la storia ma lasciare un segno di speranza per la v<strong>it</strong>a di tante<br />

persone. Presunzione? Forse si! Ma qualche volta ce l’abbiamo fatta<br />

davvero.<br />

Mauro Perissini - Presidente del Consorzio “IL MOSAICO”<br />

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NOTE sUGLI AUTORI<br />

Angelo Righetti<br />

Imprend<strong>it</strong>ore di salute mentale, Psichiatra, neurologo, farmacologo ed<br />

epidemiologo.<br />

Per anni Direttore del Dipartimento di salute mentale e del sociosan<strong>it</strong>ario.<br />

Oggi è responsabile delle pol<strong>it</strong>iche di welfare nell’amb<strong>it</strong>o del Com<strong>it</strong>ato Permanente<br />

per il Partenariato Euromed<strong>it</strong>erraneo dei Poteri Locali e Regionali<br />

- Coppem.<br />

Promotore di progetti di economia sociale nel campo della diffusione delle<br />

fonti energetiche rinnovabili .<br />

Responsabile di progetti per il superamento degli OPG e delle altre forme<br />

di ist<strong>it</strong>uzionalizzazione, e per il rafforzamento delle pratiche di inclusione<br />

sociale e lavorativa nel campo della salute mentale.<br />

Marco Bertoli<br />

Psichiatra, direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASS 5<br />

Bassa Friulana, Palmanova, Udine. Nasce a Udine, si laurea in medicina e<br />

chirurgia all’univers<strong>it</strong>à di Trieste, dove anche si specializza in psichiatria.<br />

Ha consegu<strong>it</strong>o il diploma di psicoterapeuta presso la scuola milanese di psicoterapia<br />

di Cremerius e Benedetti.<br />

Dal 1997 coordina il progetto regionale ed aziendale denominato “Le catene<br />

della libertà”, sviluppato in Costa D’Avorio ed in Benin a favore delle<br />

persone con disturbo mentale, che in quelle terre vengono segregate e legate<br />

agli alberi.<br />

Particolarmente sensibile ai problemi della riabil<strong>it</strong>azione e reintegrazione<br />

sociale, partecipa a diversi progetti consulenziali di Dipartimenti di Salute<br />

Mentale di numerose Aziende San<strong>it</strong>arie.<br />

Gaetano Giunta<br />

Fisico teorico, studioso di fenomeni e sistemi complessi – esperto internazionale<br />

di pol<strong>it</strong>iche ed economia sociale, presiede oggi Ecos-Med e la<br />

fondazione inter-univers<strong>it</strong>aria Horcynus Orca (centro internazionale sui<br />

saperi e sulle tecnologie marine sotto l’egida dell’Unido/Onu e polo delle<br />

culture med<strong>it</strong>erranee) ed è delegato responsabile della rete europea Reves<br />

per lo sviluppo in Europa dei Terr<strong>it</strong>ori Socialmente Responsabili. Sono<br />

più di 100 i progetti socio-culturali complessi da lui progettati e coordinati<br />

e oltre 40 le pubblicazioni ed i saggi a carattere internazionale, con un<br />

impact factor medio di circa 2.<br />

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Francesco Comar<br />

Operatore presso la Cooperativa sociale La Cisile, è responsabile dell’azienda<br />

agricola “Novacco”. Esperto conosc<strong>it</strong>ore dei prodotti agricoli<br />

ed umani della sua terra. È impegnato nella valorizzazione di prodotti<br />

agroalimentari e animali autoctoni.<br />

Anna Matellon<br />

Socia lavoratrice della Società cooperativa sociale Nemesi dal 1999,<br />

collabora con Monica al mon<strong>it</strong>oraggio dei prp Salute Mentale di competenza<br />

dell’ASS 5 Bassa Friulana.<br />

Monica Gregorat<br />

Psicologa-psicoterapeuta, socia lavoratrice di Duemme SCS dal 1999,<br />

referente per il Consorzio Il Mosaico dei Prp Salute Mentale di competenza<br />

dell’ ASS 5 Bassa Friulana.<br />

Paolo Del Negro<br />

Laureato in Scienze Agrarie, è presidente della Cooperativa sociale<br />

Contea. Attualmente è responsabile per il Mosaico delle attiv<strong>it</strong>à operative<br />

di gestione della Riserva Naturale Regionale Foce dell’Isonzo e referente<br />

Consortile per le attiv<strong>it</strong>à di manutenzione del verde.<br />

Gabriella De Simon<br />

Nata e residente a Gorizia, è famigliare di persona con disturbo mentale<br />

e, per questo, ha avuto modo di conoscere dapprima la realtà manicomiale<br />

con i suoi dannosi trattamenti e quindi l’esperienza basagliana di Gorizia.<br />

Ha collaborato alla creazione di diverse associazioni dedicate alla<br />

salute mentale. Dall’anno 2000 è presidente di URASaM Fvg - Unione<br />

regionale delle associazioni per la salute mentale del Friuli Venezia Giulia<br />

- e membro del Direttivo nazionale UNASaM, che unisce a livello<br />

nazionale tutte le proprie associazioni terr<strong>it</strong>oriali, presenti nelle diverse<br />

Regioni <strong>it</strong>aliane.<br />

Luca Fontana<br />

Psicologo, psicoterapeuta, cooperatore sociale, è impegnato nel sostenere<br />

attraverso diversi strumenti, lo sviluppo sostenibile delle comun<strong>it</strong>à nella<br />

Bassa Friulana e nell’Isontino.<br />

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Devid Strussiat<br />

Laureato in Disegno Industriale al Pol<strong>it</strong>ecnico di Milano, ha passato<br />

alcuni intensi anni viaggiando, studiando all’estero, raccogliendo stagioni<br />

e ponendo segnalibri. Ora coltiva e semina interazioni dalla cooperativa<br />

Thiel e al momento non vede una grossa divisione tra il lavoro e le passioni.<br />

Paolo Midena<br />

Ha 67 anni, ab<strong>it</strong>a a Fiumicello, attualmente pensionato, ha frequentato<br />

la scuola di mosaico di Spilimbergo, ex operatore del Cisi, appassionato<br />

di letteratura, falegname, appassionato del lavoro manuale e delle cose<br />

della terra, sogna progetti e progetta sogni.<br />

Umberto Sarcinelli<br />

Giornalista professionista, da vent’anni si occupa di ambiente, natura e<br />

scienza, per il giornale in cui lavora, il Gazzettino e varie riviste. Ha collaborato<br />

con il Wwf Italia nei progetti Life ed è consulente del gruppo grandi<br />

carnivori del Dipartimento di scienze animali dell’univers<strong>it</strong>à di Udine, in<br />

particolare per quanto riguarda gli aspetti della zooantropologia.<br />

Meri Marin<br />

Infermiera, nasce a Feltre (Bl), consegue il diploma di infermiera nel<br />

1986 a Latisana e dal 1993 lavora in salute mentale, dopo aver consegu<strong>it</strong>o<br />

la specializzazione in assistenza psichiatrica presso la scuola di San Daniele<br />

del Friuli. Dal 2000 è referente infermieristica del Dipartimento di Salute<br />

Mentale dell’ASS 5 Bassa Friulana, Palmanova (Ud). Frequenta il primo<br />

anno del corso di Laurea Specialistica in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche<br />

presso l’Univers<strong>it</strong>à di Udine e svolge attiv<strong>it</strong>à di docenza in corsi di<br />

formazione sulle tematiche dell’assistenza in salute mentale.<br />

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Devid Strussiat<br />

Devid Strussiat<br />

Devid Strussiat<br />

Luca Fontana<br />

Devid Strussiat<br />

Mario Puglisi<br />

Devid Strussiat<br />

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Devid Strussiat<br />

Luca Fontana<br />

Devid Strussiat<br />

Mario Puglisi<br />

Mario Puglisi<br />

Kajetan Kravos<br />

R<strong>it</strong>a Nogherotto


Per informazioni, contatti e<br />

per richiedere l’opera in formato dig<strong>it</strong>ale:<br />

Consorzio di Cooperative Sociali IL MOSAICO<br />

Tel. (+39) 0432 997320<br />

info@coopthiel.<strong>it</strong><br />

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