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ATTI II - Area Download - Scuola Normale Superiore

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SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA<br />

Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico<br />

QUARTE<br />

GIORNATE INTERNAZIONALI DI<br />

STUDI SULL’AREA ELIMA<br />

(Erice, 1-4 dicembre 2000)<br />

<strong>ATTI</strong><br />

<strong>II</strong><br />

Pisa 2003


Il presente volume è stato curato da Alessandro Corretti.<br />

ISBN 88-7642-122-X


AD ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS:<br />

NUOVI DATI SULLA THYSIA DI FONDAZIONE<br />

MARIA CECILIA PARRA<br />

Nel 1994 ebbi modo di presentare – nella seconda edizione<br />

di queste Giornate 1 – il piccolo deposito votivo fortuitamente<br />

rinvenuto nelle fondazioni dell’edificio noto come granaio di<br />

Entella 2 . Non è mia intenzione in questa sede – a distanza di sei<br />

anni – tornare sui singoli contenuti di quel contesto: lo scopo di<br />

questa comunicazione è piuttosto quello di riesaminare alcune<br />

osservazioni di allora, in base alle quali avevo prospettato possibili<br />

linee interpretative. Perché adesso, alla luce dei dati che<br />

l’ampliamento delle indagini di scavo nell’area a N dell’edificio<br />

ellenistico hanno fornito, si impone ripensare – e correggere in<br />

parte – quanto affermato allora.<br />

Ricordo soltanto, in brevissima sintesi, i lineamenti del<br />

deposito votivo 3 .<br />

Certa è la natura di qusiva urania di tipo alimentare, con la<br />

quale sia le offerte che i residui del rito (ricordo le analisi<br />

paleobotaniche che hanno verificato la presenza di carboni di<br />

leccio e di cariossidi di cereali) furono deposti con ordine nella<br />

fondazione del muro perimetrale del granaio, secondo una pratica<br />

ben nota dall’area mesopotamica alla Grecia propria ed a quella<br />

occidentale 4 .<br />

Tra le offerte predominano le statuette fittili, soprattutto le<br />

figure femminili con porcellino (14 esemplari), mentre tre esemplari<br />

recano il porcellino e la fiaccola ovvero la fiaccola e la<br />

corona; due soli i busti di figura femminile modiata, di piccole<br />

dimensioni. La ceramica è rappresentata essenzialmente da esemplari<br />

acromi – grandi coppe biansate, coppette biansate e<br />

monoansate con vasca a profilo continuo poco profonda, coppette


1030<br />

M. C. PARRA<br />

biansate con vasca profonda e carenata, uno skyphos miniaturistico,<br />

un piattello su alto piede, lucerne monolicni (tav. CLXXVI, 1-3).<br />

È presente un solo fondo di skyphos a vernice nera, forse tagliato<br />

in modo intenzionale poco sopra il piede 5 .<br />

Se la ceramica trova per lo più buoni riferimenti tra i<br />

materiali già noti da Entella e da molti altri siti sicelioti – ferma<br />

restando la grossa oscillazione cronologica (dal VI al IV/<strong>II</strong>I sec.<br />

a. C.) che questi tipi acromi comportano – non si può dire<br />

altrettanto per le offerte vere e proprie, vale a dire per la<br />

coroplastica, contraddistinta da una notevole varietà tipologica.<br />

Basta valutare i due piccoli busti ed i cinque tipi diversi di<br />

portatrici di porcellino, insieme ai pochi esemplari di portatrici di<br />

altre offerte 6 .<br />

Per quanto riguarda il luogo d’origine di tali prodotti, sembra<br />

evidente che le statuette fittili presentano per lo più solo analogie<br />

di schemi – o meglio di singoli particolari degli schemi – rispetto<br />

ad esemplari agrigentini, geloi o camarinesi, ma non una vera<br />

identità di forme e/o di materia prima, che possa far ipotizzare<br />

forme di importazione, diretta o di matrici. Tengo dunque a<br />

sottolineare ancora una volta in questa sede la necessità di usare<br />

prudenza nel definire produzioni geloe o agrigentine alcune delle<br />

statuette, anche se i rapporti politici tra Entella e le colonie rodie<br />

di Gela ed Agrigento attestati dai decreti potrebbero essere visti<br />

nello sfondo di rapporti commerciali e/o di trasferimento di<br />

tecniche in campo artigianale. Indagini archeometriche sugli<br />

impasti permetteranno forse di dire qualcosa di più in proposito,<br />

anche se al momento ritengo – sulla base del semplice esame<br />

macroscopico – che si tratti soprattutto di prodotti locali, la cui<br />

presenza trova riscontro in quella diversità formale che sembra<br />

caratterizzarli ed anche, in termini più generali, nei dati sempre<br />

più consistenti circa una vivace fisionomia di Entella come centro<br />

di produzioni artigianali di altra tipologia 7 .<br />

Se è lecito dedurre su base archeologica forme di interazione<br />

tra insediamenti – ferma restando la necessità di usare ogni<br />

cautela – non sarà forse da trascurare anche un confronto specifico<br />

istituibile per alcuni oggetti del deposito entellino con una<br />

precisione assai sorprendente, che sembra quasi rasentare l’iden-


A ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS<br />

1031<br />

tità formale (forse di matrice?): mi riferisco a materiali rinvenuti<br />

nell’abitato del sito fortificato di Rocca Nadore presso Sciacca,<br />

in particolare un piccolo busto fittile femminile – con un tipo di<br />

testa ripetuto anche in una figura di recumbente –, e tre esemplari<br />

in ceramica acroma, una grande coppa biansata, una lucerna ed un<br />

piattello su alto piede modanato 8 .<br />

Mi sembra infatti che questo nuovo dato venga ad inserirsi<br />

con forza in quel quadro, ormai ben delineato nell’analisi di P.<br />

Anello su base sia storica che archeologica, secondo cui a partire<br />

dal terzo trattato siracusano-punico del 374 a. C. nella cuspide<br />

occidentale della Sicilia si evidenzia il ruolo del regime oligarchico<br />

post-magonide – vale a dire dell’aristocrazia cartaginese dei<br />

proprietari terrieri – che portò, tra Belice e Platani, ad un ‘fenomeno<br />

connesso ed integrato’ di sviluppo di insediamenti rurali e<br />

di una catena di centri e di phrouria 9 : non solo dunque «una linea<br />

di difesa alle spalle dei porti, ma anche una linea articolata «lungo<br />

l’asse Minoa-Thermae (e quindi Solus-Panormo)», creata per<br />

difendere «una vera e propria presa di possesso del territorio» 10 .<br />

Rocca Nadore e Monte Adranone sono tra i vari centri da<br />

inserire in questo ambito strategico, il primo sorto ‘ad hoc’ «poco<br />

dopo l’ultima spedizione di Dionisio di Siracusa nell’Occidente<br />

dell’isola, nel 368 a. C.; spedizione che passò sicuramente per la<br />

zona di Sciacca, poiché si diresse contro Selinunte per proseguire<br />

poi per Entella ed Erice» 11 (Diod., 15, 73, 1); il secondo integrato<br />

nella sfera cartaginese forse proprio con la pace del 374 a. C.,<br />

come segnala la sistematica punicizzazione del IV sec. a. C.<br />

rilevata dalle indagini archeologiche 12 .<br />

Entella, con le sue alterne vicende filopuniche di ‘città di<br />

confine’, non può esulare in questa fase dal medesimo quadro di<br />

rapporti, anche in assenza di forme esplicite ed archeologicamente<br />

tangibili, in termini urbanistici e/o monumentali, di punicizzazione<br />

dell’insediamento. E chissà anche se non si possa inserire nella<br />

serie di ‘prese di possesso’ di territori già greci, mediante una<br />

«presenza militare, soprattutto nelle aree di confine» 13 , un sito di<br />

notevoli dimensioni, occupato fin dall’età del Bronzo (e fino al<br />

Medioevo), che le recenti ricognizioni della <strong>Scuola</strong> <strong>Normale</strong> nel<br />

territorio di Rocca di Entella hanno individuato sulla sommità di


1032<br />

M. C. PARRA<br />

un pianoro in località Piano Cavaliere, tra Entella e Monte<br />

Adranone 14 : un sito che nella sua fase protoellenistica potrebbe<br />

far pensare, per caratteristiche di cultura materiale e per assenza<br />

di forme insediative stabili, a quelle «guarnigioni regolari puniche»<br />

presenti in Sicilia (e plausibilmente, credo, anche in questo<br />

territorio), almeno dal 357 a. C. 15 .<br />

Tornando ad esaminare gli esemplari coroplastici del nostro<br />

deposito, mi preme sottolineare ancora la disomogeneità<br />

cronologica dei tipi presenti, che si possono inquadrare in un arco<br />

cronologico compreso tra gli inizi del V e la fine del IV sec. a. C.;<br />

ed a prevalere sono gli esemplari più antichi 16 .<br />

Questo quadro aveva suscitato senza dubbio, al momento del<br />

rinvenimento, qualche perplessità, che non mancai di esplicitare<br />

in occasione della prima presentazione dei materiali. Allora, pur<br />

sottolineando la necessaria datazione della qusiva ad una data<br />

coeva o immediatamente posteriore al materiale più recente, mi<br />

ero chiesta: «questi esemplari ‘antichi’ (e avevo segnato l’aggettivo<br />

con virgolette) sono prodotti nel V sec. a. C. e utilizzati ancora<br />

nel IV? ovvero sono prodotti nel IV sec. a. C. con matrici che<br />

continuano a ripetere o riprendono schemi di oltre un secolo<br />

prima?» 17 .<br />

Anche se resto fermamente convinta che per una corretta<br />

valutazione della plastica fittile necessita sempre grande prudenza<br />

nella definizione cronologica di tipi e di schemi, che non<br />

possono essere trasferiti automaticamente ai contesti di provenienza<br />

– come allora tenni a sottolineare –, devo indubbiamente<br />

ammettere che oggi non serve più pensare che il piccolo contesto<br />

votivo entellino possa essere «un esempio ulteriore di quel gusto<br />

per la conservazione, il riuso e/o l'imitazione dell'antico che<br />

anche l'antichità greca manifestò»; e citavo i casi ‘timoleontei’ di<br />

una bottega e di un sacello di Gela 18 .<br />

Il problema deve affrontarsi adesso alla luce dei dati delle<br />

ultime campagne di scavo condotte nell’area ubicata sul versante<br />

E del vallone orientale della Rocca (tav. CLXXIV), dove edifici<br />

a carattere pubblico dovevano prospettare su un’area aperta ed<br />

allinearsi fino almeno a quell'impianto artigianale prossimo alle<br />

mura – che forse altro non fu in origine che una fontana pubblica


A ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS<br />

1033<br />

-, in prossimità di un asse scandito a N da una delle porte della<br />

città 19 .<br />

A ridosso del magazzino ellenistico, sul lato N, un possente<br />

muro – costruito seguendo l’andamento del banco roccioso naturale<br />

con blocchi parallelepipedi di dimensioni variabili (tav.<br />

CLXXV, 1)– esercitava funzione di contenimento rispetto ad un<br />

cospicuo terrapieno, sul quale furono edificati ambienti riferibili a<br />

fasi diverse e distinti, forse, anche per tipologia d’uso: i vani si<br />

conservano per buona parte al di sotto dei piani di calpestio a causa<br />

della forte erosione subìta verso valle dall’intero contesto, una<br />

volta venuto meno il sostegno del muro di analemma (tav. CLXXV,<br />

2). Nella porzione più a N, due vani (Amb. A1/D1) di dimensioni<br />

diverse, erano scanditi da semplici ante (resta solo quella orientale):<br />

una struttura a pianta originariamente quadrangolare, costruita<br />

con blocchi irregolarmente sbozzati, si disponeva quasi al centro.<br />

Difficile valutare se questi vani fossero o meno a cielo aperto,<br />

perché l’erosione ha cancellato ogni traccia di crolli delle murature<br />

e di eventuali elementi di coperture sommitali; e rimane del tutto<br />

imprecisabile anche la posizione del punto d’ingresso.<br />

Lo scavo di alcune porzioni del terrapieno ha fornito concreti<br />

indizi per inquadrarne la cronologia di formazione non più tardi<br />

degli anni iniziali del V sec. a. C.: dunque, già in età tardoarcaica<br />

l’area conobbe forme di edificazione a carattere monumentale<br />

che precedettero quelle del granaio ellenistico costruito, come<br />

noto, nell’ultimo quarto del IV sec. a. C. A questa stessa fase<br />

appartengono i due ambienti F1 ed E1, èsito di una parziale<br />

sovrapposizione e di un riutilizzo di strutture più antiche. Non ci<br />

sono dati tangibili per calcolare quanto l’edificio tardoarcaico<br />

potesse svilupparsi verso S – dove poi fu costruito il granaio; né<br />

per avanzare valide ipotesi sulla destinazione funzionale dei vani<br />

F1 ed E1, che presentano solo dimensioni analoghe (ma solo per<br />

larghezza e non per profondità) rispetto a quelli già noti del<br />

magazzino pubblico entellino, con i quali non avevano peraltro<br />

alcuna comunicazione diretta. L’accesso a questi vani poteva<br />

avvenire dunque solo dall’Ambiente D1, pertinente all’edificio<br />

tardoarcaico, ma con tracce quanto meno di frequentazione di età<br />

ellenistica.


1034<br />

M. C. PARRA<br />

Dal punto di vista funzionale, è soprattutto l’articolazione<br />

planimetrica, anche se nota parzialmente, che indirizza verso<br />

forme edilizie a destinazione cultuale proprie dei sacelli privi di<br />

peristasi, le cui forme si consolidarono già nella Grecia geometrica<br />

e che in varie attestazioni magnogreche e siceliote sono<br />

ritenute forma architettonica peculiare di contesti di culto a<br />

divinità femminili legate alla terra. Riferendoci alla recente<br />

classificazione della Romeo, potremmo forse inserirlo nel tipo<br />

degli oikoi, quello cioè del sacello ad ambiente unico o plurimo,<br />

e con accesso su un lato corto, distinto dai sacelli del tipo in antis<br />

e del tipo a sviluppo trasversale 20 . Ma dobbiamo sempre ricordare<br />

il ‘monito’ di Mertens, che cioè tali edifici, privi di ogni<br />

monumentalità, rispecchiano nelle loro forme singole esigenze di<br />

culto, sfuggendo in realtà ad ogni canone che ne regoli misure,<br />

proporzioni e articolazione di ambienti e di strutture annesse,<br />

finanche alla presenza o meno di una copertura sommitale 21 : e<br />

dunque, nell’ambito dei molteplici esempi di tali architetture,<br />

anche se ormai ampiamente indagate e classificate 22 , mi limito a<br />

ricordare in relazione all’edificio entellino – ex. gr. ed in tema di<br />

varietà di forme – il ‘sacello A’ del santuario geloo di via Fiume<br />

ed il caso del ‘recinto 2’ nel settore ad O di Porta V del<br />

thesmophorion agrigentino 23 .<br />

Anche la presenza della struttura quadrangolare interna ai<br />

vani A1/D1, che ben si configura come un altare (o come una base<br />

per offerte?) costruito a secco con pietre irregolari sovrapposte,<br />

può ritenersi elemento probante di questa interpretazione funzionale<br />

a carattere sacro dell’edificio. È certo tuttavia che manca una<br />

conferma da rinvenimenti di ex voto in diretta connessione: si<br />

deve tuttavia tener conto della presenza diffusa nell’area – anche<br />

se per lo più soltanto in strati d’interro – di materiali coroplastici<br />

che si distribuiscono tra la fine del VI ed il IV sec. a. C. Tra gli<br />

esemplari più tardi vanno segnalate cinque testine di piccoli busti<br />

ed un frammento di pinax di tipo ‘liparese’ con suonatrice di<br />

doppio aulos tra due figure femminili (Demetra e Kore?), dietro<br />

un altare, tutti provenienti dal settore immediatamente a Nord<br />

dell’oikos 24 : le testine di busti sembrano prodotti da identica<br />

matrice rispetto all’esemplare recenziore attestato nel deposito


A ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS<br />

1035<br />

votivo, che – come già sottolineato – trova un esatto confronto a<br />

Rocca Nadore.<br />

In questo settore limitrofo al sacello gli scavi più recenti<br />

hanno portato ad individuare un’altra serie di vani che costituiscono<br />

forse un ulteriore corpo del medesimo complesso. Nell’area<br />

compresa tra i vani G1-I1 e l’oikos (Ambiente C1) – dove<br />

lo scavo non è ancora completato – è stata per il momento<br />

individuata una fase d’uso della prima età ellenistica, con compatti<br />

strati di crollo di coperture di tetto concentrati sul lato S, in<br />

un settore terrazzato con muretti di contenimento del pendio:<br />

significativa, anche se ne resta da definire la cronologia, la<br />

presenza di una struttura circolare di pietre che può connotarsi<br />

come un altare – secondo schemi di riferimento sicelioti, quelli<br />

akragantini ad esempio 25 – ponendosi così accanto all’altare<br />

quadrangolare interno ai vani A1/D1.<br />

Ad età tardoarcaica sono riconducibili almeno due ambienti<br />

(G1, I1, cui si deve forse aggiungere un terzo ad O, H1), la cui<br />

costruzione – come già quella degli ambienti A1 e D1 dell’oikos<br />

– è caratterizzata da evidenti forme di estrazione in situ del<br />

materiale edilizio. Di notevole interesse la presenza, nella pur<br />

minima porzione residua dello strato di crollo interno agli ambienti,<br />

di numerosi lembi di intonaco parietale dipinto in rosso,<br />

bianco e giallo, che dovevano rivestire anche partiture<br />

architettoniche dell’alzato a superficie curvilinea: l’associazione<br />

in strato con frammenti di ceramica diagnostica della fine del VI<br />

sec. a. C. 26 , permettono di inquadrare fin da ora questo significativo<br />

campione – in attesa di analisi archeometriche, già avviate,<br />

che possano dire di più – fra gli esempi più antichi di rivestimento<br />

parietale pittorico policromo, tenuta presente anche l’elevata<br />

qualità dello strato di finitura della superficie.<br />

Mi domando se anche questo piccolo, nuovo dato materiale<br />

non possa leggersi come una delle ormai numerose espressioni di<br />

quelle dinamiche di contatto tra Greci ed Elimi, a proposito delle<br />

quali di recente si è con acume sottolineata la necessità di un<br />

inquadramento in termini meno stretti di quelli propri del concetto<br />

di ‘ellenizzazione’ 27 . Dinamiche di contatto tra Greci e popolazioni<br />

locali certo segnalate in modo più incisivo da testimonian-


1036<br />

M. C. PARRA<br />

ze di maggiore spessore storico e/o monumentale: penso naturalmente<br />

alle importazioni di materiali – che per Entella vanno<br />

delineandosi ormai in termini più articolati e proiettati con forza<br />

sempre maggiore verso Himera, rispetto ad una più semplice ed<br />

univoca matrice selinuntina 28 . Ma non credo si debba trascurare<br />

in questo quadro neppure la ‘capillare’ diffusione di oikoi in aree<br />

interne controllate da popolazioni non solo elime: ai casi già noti<br />

– da Monte Iato a Polizzello, Sabucina, Vassallaggi e Monte<br />

Saraceno, per restare in area centro-occidentale 29 – si deve<br />

aggiungere adesso, accanto al nostro, il già citato edificio di culto<br />

messo in luce nell’insediamento sicano di Colle Madore, reso<br />

ancora più significativo dall’associazione con una nuova ‘presenza’<br />

di «Eracle in terra indigena», per giunta di matrice imerese 30 .<br />

E forse non sarà illegittimo chiedersi se ad un’analoga matrice sia<br />

lecito ricondurre anche testimonianze minori, ma di più complessa<br />

interpretazione, quali il pinax di ‘tipo locrese’ con scena di<br />

ratto restituito dal santuario extramuraneo di Entella 31 .<br />

Credo che, pur restando in attesa di dati di scavo completi e<br />

sistematicamente elaborati, si possa sostenere con verisimiglianza<br />

l’ipotesi che l’oikos entellino ed il corpo a N di esso abbiano avuto<br />

una fisionomia unitaria e di tipo cultuale; anche se resta al<br />

momento sub iudice in termini propriamente archeologici una<br />

loro continuità d’uso, da età tardoarcaica fino alla prima età<br />

ellenistica, quando nel settore S si costruì il granaio pubblico. Ma<br />

sono proprio forse i materiali coroplastici deposti in occasione<br />

della thysia di fondazione del magazzino, che confortano e<br />

sottolineano non solo la funzione cultuale dell’intero complesso<br />

(o almeno della sua porzione settentrionale); ma anche l’idea di<br />

una continuità funzionale. Vista infatti l’identità tipologica, o<br />

addirittura di matrice, tra i cinque busti rinvenuti a N dell’oikos<br />

ed uno degli esemplari del deposito votivo, si può recuperare<br />

proprio quell’insieme di materiali usati ritualmente a breve<br />

distanza, interpretandoli come ex voto provenienti da un limitrofo<br />

contesto a carattere sacro – quello dell’oikos (e degli altri<br />

ambienti annessi a N): un edificio che – costruito in quella fase di<br />

sviluppo urbanistico di Entella di cui nelle fonti troviamo solo<br />

cenno indiretto, ma ormai resa concreta dalle ricerche


A ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS<br />

1037<br />

archeologiche anche in termini di tangibile monumentalità 32 –<br />

subì trasformazioni ed ampie variazioni planimetriche nella<br />

prima età ellenistica, quando un piccolo gruppo di statuette di<br />

Demetra con porcellino e/o con fiaccola di varia tipologia e di<br />

cronologia assai difforme, furono depositate insieme nelle fondamenta<br />

del nuovo edificio. Costruito in parte s opra e con<br />

elementi di precedenti strutture di cui inglobò anche delle parti,<br />

si allineò ad esse con un disassamento impercettibile in alzato,<br />

sviluppando a S quel prospetto monumentale che forse già<br />

delimitava l’agora di Entella sul lato orientale: e nelle sue<br />

fondazioni confluirono statuette vecchie e nuove, unite da un atto<br />

di devozione a scandire questa vicenda edilizia, perfino – credo<br />

– con una non casuale scelta del luogo di deposizione.<br />

Sulla base di tutto questo, credo che sia possibile fare alcune<br />

considerazioni circa l’interpretazione dell’intero complesso, che<br />

al momento sembrano indirizzare verso ‘letture alternative’.<br />

Nel 1994 avevo affermato, a conclusione del mio breve<br />

discorso sul deposito votivo: «Fermo resta, a mio avviso, il<br />

legame con le divinità eleusinie che la Sicilia greca … onorò in<br />

santuari piccoli e grandi, con riti pubblici e privati, con una<br />

religiosità comunque tutta legata alla fertilità dei suoli, che non<br />

dovette mancare neppure ad Entella anche in forme maggiori di<br />

quella espressa dal nostro piccolo deposito di fondazione: l'immagine<br />

di Demetra scelta dalla città come tipo monetale per le<br />

litrai bronzee coniate nel IV sec. a. C. è senz'altro una buona spia<br />

in tal senso» 33 . Adesso, la recente scoperta del deposito votivo<br />

extramuraneo 34 sembra orientare verso ben più consistenti presenze<br />

di religiosità ctonia ad Entella, canonicamente configurate<br />

– con la loro posizione immediatamente suburbana – secondo<br />

schemi topografici ben consolidati così in Grecia, fin da età<br />

altoarcaica, come in Occidente.<br />

E certo è difficile, su questa linea, non volgere un pensiero<br />

anche alla «nuova laminella ‘orfica’ … trovata nel centro occidentale<br />

della Sicilia (a Petro, presso Entella?) dentro una lampada<br />

di terracotta, perduta, forse del 3. secolo», che Frel ha reso<br />

recentemente nota alla comunità degli studiosi da un (ahimé


1038<br />

M. C. PARRA<br />

abituale) circuito clandestino 35 . Mi pare del tutto plausibile<br />

l’ipotesi subito avanzata da Nenci, che quel toponimo Petro,<br />

malamente tràdito, debba sostituirsi con Petraro e che dunque<br />

quella «lampada di terracotta» sia appartenuta al corredo di una<br />

tomba della necropoli B di Entella, quella appunto ubicata in<br />

contrada Petraro sul versante N/NO della Rocca 36 . Forse dunque,<br />

non lungi dal sito della nuova area di culto, un mystes kai bakchos,<br />

un iniziato membro di un sodalizio cultuale dionisiaco portò con<br />

sé nella tomba, riposta in una lucerna, una laminetta d’oro recante<br />

un testo inciso, che doveva guidarlo nell’Aldilà a scegliere la via<br />

giusta verso la fonte degli iniziati, quella della Memoria, ed a<br />

ricordargli le parole da pronunciare di fronte ai custodi dell’acqua<br />

di Mnemosyne: come la defunta di Hipponion, che portò nella<br />

tomba, riposto in bocca, un viatico del tutto affine nel contenuto<br />

e forse anche non troppo lontano cronologicamente, se quel <strong>II</strong>I<br />

sec. a. C. indicato da Frel per la lucerna che conteneva la lamina<br />

entellina deve rialzarsi di un secolo, come ha proposto su base<br />

paleografica Bernabé nella sua recente disamina del testo<br />

entellino 37 .<br />

Siamo dunque di fronte a forme di religiosità iniziatica<br />

dionisiaca e di escatologia legate anche ad una dimensione<br />

ctonia, demetriaca e persefonea, di matrice filosofico-religiosa<br />

ed a logoi che ruotano intorno a figure divine tra cui le coppie<br />

Zeus/Demetra, che generò Persefone, e Zeus/Persefone, che<br />

generò Dioniso Zagreus: ma il problema è troppo complesso per<br />

chi scrive, soprattutto se si tratta di discutere di questa presenza<br />

‘orfica’ nella Sicilia occidentale, di non facile interpretazione. Mi<br />

domando solo se sia lecito porsi una domanda, volgendo per un<br />

attimo il pensiero anche ai rapporti pitagorismo/orfismo, ai<br />

Pitagorici rifugiatisi a Reggio dopo la seconda rivolta<br />

antipitagorica, ai rapporti tra centri della Sicilia e della Magna<br />

Grecia interessati da ‘forti presenze’ di Campani, ad esempio<br />

quelli già segnalati per Reggio da Cristofani da oltre trent’anni in<br />

base alle attestazioni di ceramica siceliota in tombe reggine<br />

databili tra la metà del IV e la metà del <strong>II</strong>I sec. a. C. 38 : possiamo<br />

pensare che quell’iniziato, la cui presenza sembra attestata ad<br />

Entella in un momento imprecisato del IV sec. a. C., appartenesse


A ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS<br />

1039<br />

alla componente etnica di origine italica consolidatasi a partire<br />

dall’insediamento dei mercenari campani, a quella componente<br />

cioè conservatrice di tradizioni italiche, di ‘identità campana’<br />

insomma, che ben traspare ancora nel <strong>II</strong>I sec. a. C. dai testi dei<br />

decreti, e che di recente ha iniziato a restituire anche elementi<br />

archeologicamente tangibili della fine del IV sec. a. C. 39 ?<br />

Tornando intra moenia, si dovrà forse valutare – continuando<br />

peraltro a cercare conferme da future ricerche in questa così<br />

nodale area urbana di Entella – se sussista o meno la possibilità<br />

di essere di fronte ad un’ulteriore luogo di culto di Demetra e di<br />

Persefone, che potrebbe così inserirsi tra i casi sicelioti di<br />

attestazioni plurime di culto reso alle divinità ctonie nella stessa<br />

polis – basta pensare ai noti casi di Gela (quattro attestazioni<br />

certe, una incerta, tutte periurbane) e di Agrigento (quattro<br />

attestazioni certe, due urbane, due periurbane), ovvero a quelli di<br />

Morgantina (sei attestazioni certe, di cui una sola periurbana) e di<br />

Eloro (con i due santuari, il Vecchio ed il Nuovo, l’uno periurbano,<br />

l’altro urbano), senza contare naturalmente il caso plurimo di<br />

Siracusa: a Entella, il culto sarebbe stato reso sia fuori che dentro<br />

i limiti urbani, come ad Agrigento e ad Eloro. E di conseguenza<br />

si potrebbe forse valutare anche – limitatamente alla fase ellenistica<br />

– se siamo di fronte ad un’altra attestazione di un contesto in cui<br />

edifici per la lavorazione e l’immagazzinamento di prodotti<br />

agricoli (granai o fattorie) ed un edificio di culto ctonio sono<br />

vicini e connessi, come è stato ipotizzato per Monte Adranone nel<br />

citato contributo della Hinz 40 .<br />

È difficile tuttavia non pensare ancora una volta, come feci<br />

in occasione delle precedenti Giornate 41 , ad Hestia, il cui iJero;n<br />

deve essere tenuto presente – da chi scava ad Entella – tra gli<br />

obiettivi di ricerca suggeriti dai decreti.<br />

Oggi, alla luce di possibili nuovi dati in merito, è significativo<br />

ricordare il quadro delineato da Giangiulio nell’ ’82, in totale<br />

assenza di documentazione archeologica: « … si dovrà concepire<br />

lo hieron di Entella come una struttura pubblica intimamente<br />

legata alla vita civica della comunità. Non necessariamente però<br />

si tratterà di un pritaneo in senso proprio … occorrerà dunque<br />

ipotizzare che ad Entella quell’edificio della koine hestia cui


1040<br />

M. C. PARRA<br />

spesso le fonti accennano a proposito di molte poleis … fosse<br />

considerato quale il santuario della dea e che avesse una struttura<br />

in qualche modo articolata, magari con un peribolo e degli oikoi,<br />

in modo che l’edificio potesse svolgere anche le funzioni di luogo<br />

di riunione delle massime magistrature della città» 42 . Adesso,<br />

potrebbe forse individuarsi qualche elemento per cominciare ad<br />

inserire quel quadro in una cornice concreta, quella degli edifici<br />

del vallone orientale della Rocca finora esaminati, se lètti tutti<br />

insieme nella fase edilizia di età ellenistica, anche se non ancora<br />

verificata per tutta l’estensione delle strutture messe in luce.<br />

Ubicazione nell’agora o in zona limitrofa; presenza in un ambiente<br />

di un altare/focolare – la koine hestia 43 , l’hestia tes poleos<br />

che Polluce (1, 7 e 9, 40) definisce eschara e bomos –; presenza<br />

di vani adibiti a magazzini di arredi e di generi alimentari;<br />

presenza di un ambiente per la preparazione dei cibi: sono questi,<br />

gli elementi propri di un pritaneo 44 che potremmo con una<br />

qualche approssimazione individuare nel complesso entellino;<br />

dove però le ‘assenze’ sarebbero ancora molte, dalla sala per i<br />

banchetti, al cortile/peristilio, alla prostas.<br />

Ma bisogna ricordare anche che la forma architettonica<br />

propria del pritaneo – definita con fatica dal Miller negli anni<br />

’70 45 – è stata di recente ricondotta più concretamente da Fischer<br />

Hansen ad una generica «mescolanza di caratteristiche<br />

architettoniche pubbliche e domestiche» che mai si codificò in<br />

schemi ricorrenti. Da qui le difficoltà di identificare con sicurezza<br />

i pritanei: addirittura, tra le cento ipotetiche attestazioni sono<br />

enucleati, in questo nuovo censimento, tre soli casi certi 46 .<br />

Su questa linea, si potrebbe recuperare e sottoporre ad<br />

ulteriori verifiche alla luce dei nuovi dati un’idea già in parte<br />

timidamente avanzata, quella cioè di guardare, insieme allo iJero;n<br />

ta`" ÔIstiva" citato nei decreti, all’oikos ora noto archeologicamente<br />

ed ai materiali coroplastici del deposito votivo alla luce del/la o{Éh{<br />

pai`" ajf∆ eJstiva" attestati ad Eleusi: in via del tutto ipotetica i<br />

nobili fanciulli e fanciulle di Eleusi, i «bambini del focolare,<br />

usciti dal focolare» che rappresentano la polis presso le divinità<br />

eleusinie 4 , potrebbero infatti riconoscersi con l’Esdaile nello<br />

schema dell’offerente con porcellino 48 . Ma resta e resterà aperto,


A ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS<br />

1041<br />

credo, un problema di fondo in quella vecchia ipotesi: il focolare<br />

è quello delle dee eleusinie o quello della città, è di Demetra e<br />

Kore o di Hestia?<br />

A ciò si aggiunge che da una parte l'indeterminatezza<br />

iconografica di Hestia e dall’altra la possibile ambiguità rispetto<br />

alla sorella Demetra, data per esempio dall’attributo della torcia,<br />

svolgendo un ruolo contrastante nella questione, rendono ancor<br />

più arduo l’affrontarla 49 .<br />

Il quesito finale da porsi è forse dunque di fondo: è lecito<br />

andare oltre su questa linea d’indagine – nella quale la suggestione<br />

dei decreti pesa notevolmente – pensando che Hestia e Demetra<br />

si possano contendere ancora questo contesto di Entella?<br />

NOTE<br />

1 M. C. PARRA, Un deposito votivo di fondazione ad Entella nel IV<br />

sec. a. C., in «Atti delle Seconde Giornate Internaz. di Studi sull’<strong>Area</strong> Elima,<br />

Gibellina 1994», Pisa-Gibellina 1997, 1203-1214.<br />

2 A proposito del quale rinvio, in sintesi con lett., a M. C. PARRA,<br />

L’edificio ellenistico nella conca orientale, in G. NENCI (a cura di), Entella I,<br />

Pisa 1995, 9-76 (con sintesi sulle principali classi di materiali a cura di C. A.<br />

Di Noto, M. Gargini, C. Michelini, M. C. Parra). Per un aggiornamento dei<br />

dati vd. M. DE CESARE - M. C. PARRA, Gli edifici lungo il vallone orientale<br />

della Rocca, in AA. VV., Entella. Relazioni preliminari delle campagne di<br />

scavo 1992, 1995, 1997 e delle ricognizioni 1998, ASNP, S. IV, IV, 1999,<br />

V<strong>II</strong>-XXV e 1-188, 37-55.<br />

3 Al contributo cit. in n. 1, si aggiunga ora DE CESARE – PARRA, Gli<br />

edifici... cit., 38-40. Per l’edizione sistematica del contesto, vd. Entella <strong>II</strong>, in<br />

preparazione.<br />

4 Agli esempi sicelioti già citati in PARRA, Un deposito votivo... cit.,<br />

1209, vorrei ora aggiungere il caso del sacello arcaico di Colle Madore, dove<br />

fu deposto nella fondazione dell’angolo sud-occidentale un nucleo di materiali<br />

di varia cronologia, dalla seconda metà del IX alla metà del VI sec. a. C.:<br />

cf. S. VASSALLO, L’indagine archeologica, in S. VASSALLO (a cura di), Colle<br />

Madore. Un caso di ellenizzazione in terra sicana, Palermo 1999, 23-58, 46-<br />

50 (con citazione di altri depositi votivi rinvenuti in centri indigeni ellenizzati,<br />

che tuttavia non rientrano nella categoria delle thysiai di fondazione); cui<br />

aggiungi adesso S. VASSALLO, Colle Madore. Terra di frontiera, in Sicani,<br />

Elimi e Greci. Storie di contatti e terre di frontiera. Catalogo della mostra,<br />

Palermo 2002, Palermo 2002, 98-113, 102-103.


1042<br />

M. C. PARRA<br />

A proposito del termine qusiva (spesso impropriamente utilizzato nella<br />

letteratura archeologica per indicare le offerte intese in termini concreti<br />

anziché il concetto astratto dell’azione dell’offerta, del sacrificio con il suo<br />

rituale) vd. J. CASABONA, Recherches sur le vocabulaire des sacrifices en grec<br />

des origines à la fin de l’époque classique, Aix en Provence 1966, 126-138.<br />

5 Rinvio in sintesi a PARRA, Un deposito votivo... cit., 1205-1206 e<br />

DE CESARE - PARRA, Gli edifici... cit., 39, fig. 32, a-i.<br />

6 Cf. DE CESARE – PARRA, Gli edifici... cit., 39, figg. 24-31.<br />

7 Accanto ai forni da vasaio tardoarcaici messi in luce presso la<br />

necropoli A (per cui cf. R. GUGLIELMINO, Entella: un’area artigianale<br />

extraurbana di età tardoarcaica, in «Atti delle Terze Giornate Internaz. di<br />

Studi sull’<strong>Area</strong> Elima, Gibellina - Erice - Contessa Entellina 1997», Pisa-<br />

Gibellina 2000, 701-713 e ID., La necropoli A, in AA. VV., Entella. Relazioni<br />

preliminari... 1992, 1995, 1997... cit., 147-154, 152-154), per l’età ellenistica<br />

deve ricordarsi quanto ipotizzato in forma indiretta sulla base dell’analisi di<br />

materiali finiti da C. MICHELINI, La ceramica ellenistica di Entella. Notizie<br />

preliminari, in «Atti delle Giornate Internaz. di Studi sull’<strong>Area</strong> Elima,<br />

Gibellina 1991», Pisa - Gibellina 1992, 463-481 e EAD., Ceramica a vernice<br />

nera ellenistica. Ceramica acroma di età ellenistica, in PARRA et alii,<br />

L’edificio ellenistico... cit., Pisa 1995, 46-57), a proposito della ceramica a<br />

vernice nera e di quella acroma; e da A. CORRETTI - C. CAPELLI, in questa sede,<br />

cf. supra, 287-351, a proposito delle anfore, anche con il supporto di analisi<br />

minero-petrografiche.<br />

8 Editi in G. BEJOR, L’abitato e le fortificazioni di Rocca Nadore<br />

presso Sciacca: una notizia preliminare, in «∆Aparcaiv. Nuove ricerche e<br />

studi sulla Magna Grecia e la Sicilia antica in onore di P. E. Arias», Pisa 1982,<br />

445-458, 453, tav. 115, 1-4. Per l’insediamento di Rocca Nadore cf. ora in<br />

sintesi G. BEJOR, s. v. Rocca Nadore, BTCGI, XVI, 2001, 296-299.<br />

Nell’ambito di questo confronto, colpisce anche il fatto che il tipo di<br />

testa del bustino fittile sembra aver goduto ad Entella una popolarità particolare,<br />

dato che dalla sola area qua in esame ne provengono altri sei esemplari<br />

identici: cf. DE CESARE - PARRA, Gli edifici... cit., 52-53 e 55, figg. 45-49 e 55.<br />

Il tipo è ora attestato anche nel santuario extramuraneo di Demetra (vd. infra<br />

n. 31): cf. F. SPATAFORA, Entella. Il santuario delle divinità ctonie di Contrada<br />

Petraro, in Sicani, Elimi e Greci. Storie di contatti e terre di frontiera.<br />

Catalogo della mostra, Palermo 2002, Palermo 2002, 26, nr. 36.<br />

9 P. ANELLO, Il trattato del 405/4 a. C. e la formazione della<br />

“eparchia” punica di Sicilia, Kokalos, XXX<strong>II</strong>, 1986, 115-179, 152-179<br />

(sotto l’aspetto archeologico, si vedano in particolare i riferimenti, con lett.,<br />

alle ricerche di G. Bejor per Rocca Nadore, e di E. De Miro - G. Fiorentini per<br />

Monte Adranone). Cf. anche P. ANELLO, L’area elima tra V e nel IV secolo a.<br />

C., in «Atti delle Terze Giornate Internaz. di Studi sull’<strong>Area</strong> Elima, Gibellina<br />

- Erice - Contessa Entellina 1997», Pisa - Gibellina 2000, 13-39, 27.


A ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS<br />

1043<br />

10 Così ANELLO, Il trattato... cit., 172, citando G. BEJOR, Intervento,<br />

in «Forme di contatto e processi di trasformazione nelle società antiche. Atti<br />

del Convegno, Cortona 1981», Pisa - Roma 1983, 401.<br />

11<br />

BEJOR, L’abitato... cit., 456.<br />

12 Cf. in sintesi G. FIORENTINI, Monte Adranone, Roma 1995 (con<br />

lett.).<br />

13<br />

ANELLO, Il trattato... cit., 174.<br />

14 I dati della ricognizione nel territorio di Entella, appena completata<br />

(ottobre 2001), sono ancora in corso di elaborazione. Brevi e parziali<br />

sintesi sono state presentate a nome di tutti i responsabili del lavoro, afferenti<br />

al Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico della<br />

<strong>Scuola</strong> <strong>Normale</strong> <strong>Superiore</strong>, da M. A. Vaggioli in occasione del Convegno<br />

«Insediamenti della Sicilia centro-occidentale nell’età dell’eparchia punica»,<br />

tenutosi a Prizzi nel maggio 2000 (gli atti sono inediti, ma il testo della<br />

relazione è ora edito a cura della medesima in SicA, XXXIV, 2001, 51-66);<br />

e in AA. VV., Entella. Relazioni preliminari... 1992, 1995, 1997... cit. (M. A.<br />

VAGGIOLI, Per una carta archeologica del Comune di Contessa Entellina.<br />

Relazione preliminare delle campagne di ricognizione 1998, 177-188, in<br />

part. 182 per il sito di Piano Cavaliere). Cf. anche A. CORRETTI - M. A.<br />

VAGGIOLI, Entella: il territorio, in «Da un’antica città di Sicilia. I decreti di<br />

Entella e Nakone. Catalogo della mostra», Pisa 2001, 187-195, 190-193.<br />

Le ricognizioni sul terreno sono solo una parte di un progetto di ricerca<br />

più ampio realizzato dal Laboratorio della <strong>Scuola</strong> <strong>Normale</strong> per incarico<br />

dell’Assessorato BB.CC.AA. della Regione Sicilia, per cui cf. M. C. PARRA,<br />

Modelli di carte archeologiche per un GIS di pianificazione paesistica (un<br />

caso siciliano), Archeologia e Calcolatori, 10, 1999, 159-163; A. ARNESE, Un<br />

SIT per Entella (Comune di Contessa Entellina, PA), Archeologia e Calcolatori,<br />

11, 2000, 339-346.<br />

15<br />

ANELLO, Il trattato... cit., 174.<br />

16 Cf. le sintesi cit. supra, n. 5.<br />

17<br />

PARRA, Un deposito votivo... cit., 1206.<br />

18<br />

PARRA, Un deposito votivo... cit., 1206-1207.<br />

19 Per tutti i dati di dettaglio, qua di seguito solo sintetizzati, cf. DE<br />

CESARE - PARRA, Gli edifici... cit., 37-55.<br />

20 Cf. I. ROMEO, Sacelli arcaici senza peristasi nella Sicilia greca,<br />

Xenia, 17, 1989, 5-54, 5-6, secondo la cui classificazione il tipo più diffuso,<br />

per quel che riguarda le attestazioni siceliote, è quello dell’oikos a più<br />

ambienti, piuttosto che quello singolo o di quelli ad ante. Sul ‘tipo<br />

architettonico’ si veda, oltre all’ampio articolo della Romeo, D. MERTENS,<br />

Der Tempel von Segesta und die Dorische Tempelbaukunst des Griechischen<br />

Westens in Klassischer Zeit, Mainz am Rhein 1984, 159-163, e per ultima V.<br />

HINZ, Der Kult von Demeter und Kore auf Sizilien und in der Magna Graecia,<br />

Wiesbaden 1998, 51-53, entrambi con lett.


1044<br />

M. C. PARRA<br />

Agli esempi già noti si può ora aggiungere il sacello arcaico (del tipo<br />

‘Breit-Haus’) di Colle Madore, sopra citato per la presenza di un deposito<br />

votivo di fondazione: cf. VASSALLO, L’indagine... cit., 40-54 e ID., Colle<br />

Madore. Terra... cit., 101-102.<br />

21 MERTENS, Der Tempel... cit., 159. Ricordo che non è da escludere<br />

che l’edificio entellino fosse privo di tetto, cf. supra.<br />

22 Mi riferisco ai lavori di D. Mertens, I. Romeo e V. Hinz citt. in n.<br />

20.<br />

23 Santuario di Gela - via Fiume: oikos arcaico ad ambiente unico,<br />

coperto da tetto, con altare centrale, seconda metà del VI sec. a. C., cf. ROMEO,<br />

Sacelli... cit., 22; HINZ, Der Kult... cit., 66-67.<br />

Agrigento, santuario ctonio: oikos a tre vani, uno dei quali con tre altari<br />

interni, VI sec. a. C., probabilmente privo di tetto, cf. ROMEO, Sacelli... cit.,<br />

26; HINZ, Der Kult... cit., 81-82; soli cenni in E. DE MIRO, Agrigento. I. I<br />

santuari urbani. L’area sacra tra il tempio di Zeus e Porta V, Roma 2000,<br />

dedicato al settore orientale del santuario (cf. ivi, 81-96, lettura complessiva<br />

del contesto sacro, in part. 93-94).<br />

24 L’esemplare più antico è una figura femminile in trono, di un tipo<br />

già attestato ad Entella da uno strato d’interro superficiale del granaio, cf.<br />

Entella 1990, 458-459, nr. 7, tav. C<strong>II</strong>, 1, con bibl. (fine VI - inizi V sec. a. C.).<br />

Per questo e per gli esemplari protoellenistici citati, vd. in dettaglio DE CESARE<br />

- PARRA, Gli edifici... cit., 52-53 e n. 53 (cf. supra, n. 8) cui aggiungi ora per<br />

il pinax ‘liparese’ l’ampio studio tipologico di A. SARDELLA - M. G. VANARIA,<br />

Le terrecotte figurate di soggetto sacrale del santuario dell’ex proprietà<br />

Maggiore di Lipari, in Meligunìs Lipàra, X. Scoperte e scavi ARCHEOLOGICI<br />

NELL’AREA URBANA E SUBURBANA DI LIPARI, ROMA 2000, 87-180, 94-102.<br />

25 Cf. ad esempio il caso del tempio C del santuario delle divinità<br />

ctonie sulle pendici orientali dell’Acropoli, sintesi con lett. in DE MIRO,<br />

Agrigento... cit., 94-95.<br />

26 Si tratta di un fr. di coppa del tipo ‘Iato K480’, di un minuto fr. di<br />

coppa di tipo ionico B2 e di un fr. di coppetta emisferica con orlo ingrossato<br />

del tipo arcaico su alto piede (per cui cf. ex gr. i varii esemplari da Entella editi<br />

in AA. VV., Entella. Relazione preliminare delle campagne di scavo 1990-<br />

1991, ASNP, S. <strong>II</strong>I, XXIV, 1994, 85-336, 116-117, nrr. 1-3, tavv., IV, 5 e V,<br />

1-2; 177-178, nr. 3, tav. XXVI, 5; 186, nrr. 2-3, tav. XXIX, 1-2; 224, nr. 4, tav.<br />

XL, 14; 245, nr. 13, tav. XLVI, 6; 261-262, nr. 1, tav. LI, 8).<br />

27 S. DE VIDO, Orizzonti politici e culturali dell’area elima, in «Atti<br />

delle Seconde Giornate Internaz. di Studi sull’<strong>Area</strong> Elima, Gibellina 1994»,<br />

Pisa - Gibellina 1997, 549-580; cf. anche più parti di DE VIDO, Gli Elimi... cit.<br />

Come quadro di riferimento per il problema, in generale, è di grande interesse<br />

il recente contributo di G. COLONNA, Il santuario di Pyrgi dalle origini<br />

mitistoriche agli altorilievi frontonali dei Sette a Tebe e di Leucotea, Scienze<br />

dell’Antichità. Storia, Archeologia, Antropologia, 10, 2000, 251-336, 303-


A ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS<br />

1045<br />

309. Si vedano anche, adesso, i vari contributi editi in Sicani, Elimi e Greci...<br />

cit.<br />

28 Cf. DE VIDO, Orizzonti politici... cit., 557-563. In questo quadro si<br />

può forse inserire l’applique vascolare di impasto grigio ‘buccheroide’<br />

configurata a protome femminile, proveniente da livelli di riempimento<br />

sottopavimentale di un ambiente del granaio ellenistico (cf. AA. VV.,<br />

Entella. Relazione…1994... cit., 155-156 e 182, nr. 11, tav. XXI, 5-6). Il fr.<br />

– per il quale resta a mio avviso aperto il problema della produzione locale o<br />

dell’importazione – presenta caratteristiche formali e tecniche che lo collegano<br />

a prototipi tardo-dedalici, di tradizione corinzia, attestati non solo in<br />

esemplari di bucchero etrusco, ma anche di ‘bucchero grigio’ di supposta<br />

produzione campana, lucana e forse anche della Sicilia centro-meridionale ed<br />

orientale (si vedano in particolare le attestazioni di Gela e di Siracusa, per cui<br />

cf. E. MEOLA, Terrecotte orientalizzanti di Gela, Roma 1971, in part. 70-71<br />

e 76, tavv. XX<strong>II</strong>-XX<strong>II</strong>I). Come tale, l’esemplare entellino potrebbe dunque<br />

essere significativo se inquadrato nei termini di quella «…apertura di Imera<br />

verso il Tirreno degli Etruschi…» sottolineata dalla De Vido (ibid., 560-561):<br />

credo infatti che la De Vido abbia a giusta ragione sottolineato come «...<br />

quando si è trattato di delineare la rete di rapporti di Imera, gli Elimi parevano<br />

troppo lontani e malamente dislocati per pensare a relazioni condotte per valli<br />

ardue e da una viabilità ancora incerta, e troppo chiusi all’interno per<br />

condividere quella vivacità marina che invece caratterizzava Fenici ed<br />

Etruschi» (ibid., 561).<br />

Ferma resta, in questo quadro, la necessità di valutare anche, in una più<br />

approfondita ed articolata disamina futura, il peso che ad Entella poterono<br />

avere in età arcaica ‘apporti meridionali’ diversi da quelli selinuntini, vale a<br />

dire quelli geloi (cf. R. M. ALBANESE PROCELLI, Kokalos, XXVI-XXV<strong>II</strong>, 1980-<br />

1981, 139-148, 144, a proposito del ruolo svolto da Gela nella diffusione dei<br />

bacini ‘etrusco-campani’ ad orlo perlato nella Sicilia interna).<br />

Per una recente lettura del fenomeno dell’ellenizzazione di Entella fatta<br />

attraverso i materiali archeologici, cf. R. GUGLIELMINO, Materiali arcaici e<br />

problemi di ellenizzazione ad Entella, in «Atti delle Seconde Giornate<br />

Internaz. di Studi sull’<strong>Area</strong> Elima, Gibellina 1994», Pisa-Gibellina 1997,<br />

923-956, in part. 932-949.<br />

29 Si veda una pianta distribuzione in ROMEO, Sacelli... cit., fig. 1, p.<br />

6.<br />

30 Se infatti, come è stato ipotizzato in base alla presenza di un’edicola<br />

con ‘eroe alla fontana’ seppure non in situ, l’edificio era dedicato ad<br />

Eracle, il contesto restituirebbe un’altra importante testimonianza nella<br />

Sicilia occidentale del culto dell’eroe ‘dell’acculturazione’, in un insediamento<br />

nodale dell’entroterra di Himera, ubicato sullo spartiacque tra il bacino<br />

del fiume Torto e del Platani. I ‘segni di Eracle’ nella Sicilia occidentale sono<br />

stati di recente riesaminati dalla DE VIDO, Gli Elimi. Storie di contatti e di -


1046<br />

M. C. PARRA<br />

rappresentazioni, Pisa 1997, 115-204. Sull’interpretazione e sulla valenza<br />

storica della nuova attestazione di Colle Madore, cf. C. MARCONI, Eracle in<br />

terra indigena?, in VASSALLO (a cura di), Colle Madore... cit., 293-305; e le<br />

recenti osservazioni di O. BELVEDERE, Il territorio di Himera e il problema<br />

della chora coloniale in Sicilia, in «Problemi della chora coloniale dall’Occidente<br />

al Mar Nero. Atti XL Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto<br />

2000», Taranto 2001, 707-755, 739-743, che ha riesaminato l’intero contesto,<br />

sottolineandone con forza la multiforme ‘grecità’ espressa in profonda<br />

interazione con l’élite locale.<br />

31 Cf. F. SPATAFORA - A. RUVITUSO - G. MONTALI, infra, 1189-1201 e<br />

SPATAFORA, Entella. Il santuario delle divinità ctonie... cit., 13-15 (e 24, nr. 29:<br />

scheda del pinax di A. Ruvituso, con datazione troppo bassa alla fine del V -<br />

inizi IV sec. a. C. Pur dall’esame della sola riproduzione fotografica sembra<br />

trattarsi del tipo 79 Prüchner (H. PRÜCKNER, Die Lokrischen Tonreliefs, Mainz<br />

1968, 72: Kore su carro tirato da due pegasi, rapitore giovane che sale, tre figure<br />

femminili a terra) corrispondente al tipo 2/3, 289-444, tavv. XXXIV-C<strong>II</strong>I, della<br />

recente e definitiva classificazione dei pinakes con scene di ratto, edita in E.<br />

LISSI CARONNA - C. SABBIONE - L. VLAD BORRELLI (a cura di), I pinakes di Locri<br />

Epizefiri. Musei di Reggio Calabria e Locri, Parte I, 2-4 (scene di ratto), ASMG,<br />

S. IV, 1996-1999. Da rivedere, anche alla luce di questa nuova attestazione<br />

entellina, l’affermazione di p. 267 secondo cui il tipo più diffuso fuori di Locri<br />

sarebbe il 2/22 = 57 Prüchner, con scena di ratto concitato da parte di rapitore<br />

barbato (cf. l’elenco dato da Spigo, per cui cf. infra).<br />

Ormai numerose sono le attestazioni di pinakes di tipo locrese in Sicilia:<br />

accanto all’eccezionale complesso di Francavilla in territorio di Naxos – che<br />

costituisce un caso a se stante per numero e varietà tipologica di pinakes<br />

riconducibili nella stragrande maggioranza ad una produzione locale anche<br />

per i tipi più propriamente locresi (importazione di matrici?) – sono noti i casi<br />

di Siracusa, Selinunte, Naxos e forse Solunto. Alla lista dobbiamo senz’altro<br />

aggiungere per via indiretta Himera, dove due tipi di arule attestano chiare<br />

riprese di schemi figurativi propri di pinakes locresi. I contatti Locri (e<br />

subcolonie)/Himera – che potrebbe essere stata, al pari di Selinunte, il tramite<br />

d’arrivo del pinax locrese ad Entella – sono del resto ben documentati da altri<br />

tipi coroplastici (cf. ad esempio quanto segnalato, ma sminuendo senz’altro<br />

gli apporti magno-greci, da N. ALLEGRO, Tipi della coroplastica imerese, in<br />

«Quaderno Imerese, 1», Roma 1972, 27-51, 37-39, cui credo interessante<br />

aggiungere il tipo di un’antefissa fittile a testa femminile con diadema a girali<br />

vegetali chiaramente collegata, come altri esemplari sicelioti e magno-greci<br />

distribuiti lungo un ‘circuito calcidese’, a schemi decorativi di tradizione<br />

etrusco-campana: per quest’ultimo rimando a M. C. PARRA, Artemide tra<br />

Locri, Reggio e Siracusa: un contributo da Francavilla di Sicilia?, Klearchos,<br />

XXX<strong>II</strong>I-XXXIV, 1991-1992, 77-90, 85, n. 23; EAD., Il teatro di Locri tra<br />

spettacolo e culto, ASNP, S. IV, <strong>II</strong>I, 1-2, 303-322, 315-316).


A ENTELLA, TRA UN GRANAIO ED UN OIKOS<br />

1047<br />

Per il complesso dei pinakes di Francavilla di Sicilia si veda, con lett.,<br />

la recentissima presentazione sistematica della materia di U. SPIGO, I pinakes<br />

di Francavilla di Sicilia, BA, LXXXV, 111, 1-60 (Parte I) e BA, LXXXV,<br />

113, 1-78 (Parte <strong>II</strong>), dove si troverà anche un elenco esaustivo, con lett., delle<br />

attestazioni di pinakes locresi o ‘di tipo locrese’ fuori di Locri, nonché la<br />

citazione di una delle arule imeresi collegabili ai pinakes (tipo 116 Prüchner,<br />

con Dioscuri e divinità femminile); a questa si deve aggiungere il fr. di arula<br />

con serpenti e figura femminile già ricollegata alla scena del ricevimento di<br />

Trittolemo nell’Ade del pinax locrese tipo 122 Prüchner da O. BELVEDERE,<br />

Tipologia e analisi delle arule imeresi, in «Secondo Quaderno Imerese»,<br />

Roma 1982, 61-113, 100-101.<br />

32 Cf. DE CESARE - PARRA, Gli edifici... cit., 51 e in sintesi C. MICHELINI<br />

- M. C. PARRA, Entella: la città, in «Da un’antica città di Sicilia. I decreti di<br />

Entella e Nakone. Catalogo della mostra», Pisa 2001, 157-172, passim.<br />

33<br />

PARRA, Un deposito votivo... cit., 1208.<br />

34 Cf. SPATAFORA - RUVITUSO - MONTALI, infra, 1189-1201.<br />

35 J. FREL, Una nuova laminella “orfica”, Eirene, XXX, 1994, 183-<br />

184.<br />

36 G. NENCI, Varia elyma: novità epigrafiche, numismatiche,<br />

toponomastiche e cultuali dall’area elima, in «Atti delle Terze Giornate<br />

Internaz. di Studi sull’<strong>Area</strong> Elima, Gibellina - Erice - Contessa Entellina<br />

1997», Pisa - Gibellina 2000, 809-821, 814-815. Sulla plausibilità della<br />

provenienza entellina della nuova laminetta sono stati espressi dubbi sia da<br />

M. L. Lazzarini in un seminario tenutosi a Vibo Valentia nel 1998 (Atti<br />

inediti), sia nei recentissimi contributi di G. PUGLIESE CARRATELLI, Intorno<br />

alla lamina orfica di Entella (?), PP, LVI, 2001, 297-307 e ID., Le lamine<br />

d’oro orfiche. Istruzioni per il viaggio oltremondano degli iniziati greci,<br />

Milano 2001, 76-77.<br />

Per un quadro di sintesi delle aree sepolcrali entelline, vd. ora A. DI<br />

NOTO - R. GUGLIELMINO, Entella: le necropoli, in «Da un’antica città di Sicilia.<br />

I decreti di Entella e Nakone. Catalogo della mostra», Pisa 2001, 173-185.<br />

37 A. BERNABÉ, La laminetta orfica di Entella, in «Sicilia Epigraphica.<br />

Atti del Convegno di Studi, Erice, 15-18 ottobre 1998», ASNP, S. IV,<br />

Quaderni, 1, Pisa 1999, 53-63, dove si potrà trovare tutta l’ormai ampia<br />

bibliografia, cui aggiungi i due contributi di G. Pugliese Carratelli, citt. supra.<br />

38 M. CRISTOFANI, I Campani a Reggio, SE, XXXVI, 1968, 37-53. Sui<br />

mercenari campani in Sicilia (e ad Entella) – argomento ormai ampiamente<br />

sondato in relazione alle diverse tipologie di dati – rinvio solo alla sintesi di<br />

U. FANTASIA, I mercenari italici in Sicilia, in «Da un’antica città di Sicilia. I<br />

decreti di Entella e Nakone. Catalogo della mostra», Pisa 2001, 49-57, con<br />

esaustiva bibliografia ragionata.<br />

39 Mi riferisco alla recentissima scoperta nella necropoli A di Entella<br />

(quella meridionale) di due tombe degli ultimi decenni del IV sec. a. C.


1048<br />

M. C. PARRA<br />

inequivocabilmente riconoscibili come sepolture di un guerriero e di una<br />

donna di etnia campana, l’uno con cinturone bronzeo, l’altra con fibula con<br />

corallo: ancora inedite, soli cenni in DI NOTO - GUGLIELMINO, Entella: le<br />

necropoli... cit., 184. Sono di grande interesse nell’ambito del tema degli<br />

apporti campani anche i dati ricavabili dalle attestazioni ceramiche, per cui<br />

cf. M. DE CESARE, supra.<br />

Per tutto quanto riguarda i decreti di Entella, si vedano ora i contributi<br />

raccolti in «Da un’antica città di Sicilia. I decreti di Entella e Nakone.<br />

Catalogo della mostra», Pisa 2001, (in particolare, per l’aspetto in questione,<br />

quelli di C. AMPOLO, Per una riconsiderazione dei decreti di Entella e<br />

Nakone, V<strong>II</strong>-XVI; di U. FANTASIA, Le istituzioni, 59-68; di B. GAROZZO,<br />

Onomastica, 75-80; e cf. anche B. BLECKMANN, Rom und die Kampaner von<br />

Rhegion, Chiron, XXIX, 1999, 123-146, 130).<br />

40<br />

HINZ, Der Kult von Demeter... cit., 135-137; a questo recente<br />

contributo rimando per un esaustivo quadro di sintesi, con ampia lett., di tutti<br />

i casi citati sopra.<br />

41<br />

PARRA, Un deposito votivo... cit., 1208.<br />

42 M. GIANGIULIO, Edifici pubblici e culti nelle nuove iscrizioni da<br />

Entella, ASNP, S. <strong>II</strong>I, X<strong>II</strong>, 3, 1982, 945-992, 960-961 (sui medesimi temi cf.<br />

ora la sintesi di C. MICHELINI, Edifici e culti, in «Da un’antica città di Sicilia.<br />

I decreti di Entella e Nakone. Catalogo della mostra», Pisa 2001, 69-73).<br />

43 Sul cui significato vd. L. GERNET, Sul simbolismo politico: il<br />

focolare comune, in Antropologia della Grecia antica, Milano 1968, 319-<br />

336.<br />

44 Sui pritanei, alla bibliografia segnalata in GIANGIULIO, Edifici<br />

pubblici... cit., si aggiunga M. H. HANSEN - T. FISCHER-HANSEN, Monumental<br />

political Architecture in Archaic and Classical Greek Poleis. Evidence and<br />

Historical Significance, in D. WHITEHEAD (ed.), From Political Architecture<br />

to Stephanus Byzantius. Sources for the Ancient Greek Polis, Stuttgart 1994,<br />

23-90, 30-37.<br />

45 S. G. MILLER, The Prytaneion. Its Function and Architectural<br />

Form, Berkeley - Los Angeles - London 1978.<br />

46<br />

HANSEN - FISCHER HANSEN, Monumental political Architecture...<br />

cit., 31.<br />

47 Cf. J. P. VERNANT, Hestia-Hermès. Sur l’expression religieuse de<br />

l’espace et du mouvement chez les Grecs, in Mythe et pensée chez les Grecs.<br />

Études de psychologie historique, Paris 1966, 97-143, 106-107.<br />

48<br />

PARRA, Un deposito votivo... cit., 1208 e n. 32.<br />

49 Cf. in sintesi H. SARIAN, s. v. Hestia, in Lexicon Iconographicum<br />

Mythologiae Classicae, V, Basel 1990, 407-412.


TAV. CLXXIV<br />

Entella (PA). SAS 3/30. Pianta generale.


1. Entella (PA). SAS 30. Prospetto O.<br />

2. Entella (PA). SAS 30. Veduta da N.<br />

TAV. CLXXV


TAV. CLXXVI<br />

1-3. Entella (PA). SAS 3/30. Materiali ceramici dal deposito votivo.

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