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Lezione VI - “Renovatio classica” - Francesco Ridolfi

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Renovatio classica<br />

Tra il V e il XIV secolo distinguiamo tre periodi: 1) Tardo-Antico (V-<strong>VI</strong>I sec.); 2)<br />

Alto Medievo (<strong>VI</strong>II-XII sec.); 3) Basso Medioevo (XIII-XIV sec.).<br />

Nel primo periodo si ha continuità con la tradizione classica: l’architettura<br />

paleocristiana costituì un esempio di particolare grandiosità; la forma basilicale fu<br />

imitata nel IV e V secolo in occidente; ma tra <strong>VI</strong> e <strong>VI</strong>II secolo la tecnica della malta<br />

di calce fu dimenticata. L’assimilazione da parte dei popoli germanici che<br />

occuparono le regioni europee dell’impero romano (gli Anglosassoni in<br />

Inghilterra, i Franchi in Gallia e in Germania occidentale, i Visigoti nella penisola<br />

iberica e i Longobardi in Italia), assimilazione delle tradizioni culturali latine<br />

attraverso la conversione al Cristianesimo, il ruolo svolto dalla Chiesa e dal<br />

monachesimo benedettino risultarono in questo contesto determinanti, e in<br />

Occidente, più che altrove in Europa, si manifestarono fenomeni di continuità<br />

nell’ambito sociale, economico, nonché culturale. Le chiese in laterizio del <strong>VI</strong>I<br />

secolo, edificate durante la missione di S. Agostino presso gli Anglosassoni a<br />

Canterbury, nell’Essex e a Durhan testimoniano la continuità con la tradizione<br />

classica.<br />

Anche nei secoli della decadenza le arti figurative furono coltivate nell’ambiente<br />

romano; il venerabile Beda narra che Bebedict Biscop (<strong>VI</strong>II sec.) portò da Roma<br />

icone per il recinto presbiteriale della sua chiesa e dipinti su tavola per il convento<br />

di Wearmouth in Inghilterra (dei quali alcuni illustravano episodi biblici ed<br />

evangelici) e altri per il convento di Jarrow.<br />

Roma e i centri di scuola cassinese conservano molti tra i maggiori documenti<br />

della pittura dell’alto Medioevo; pur restando nell’orbita del bizantinismo, i pittori<br />

operanti a Roma guardano i modelli paleocristiani e la tradizione tardoromana<br />

(senso energico della linea e dinamica delle figure); pur avendo affermato un<br />

nuovo modo di sentire e di vedere, cioè una civiltà nuova, in seno a questa il<br />

Medioevo cristiano conservò tradizioni classiche. La sopravvivenza dell’antico<br />

avvenne per la forza della tradizione.<br />

L’emergere precoce in Italia, dopo la furia devastatrice delle invasioni barbariche e<br />

il decadere della cultura, di esperienze artistiche che preludono alla rinascita<br />

carolingia, è un problema che si lega a quello della continuità dell’antico nei secoli<br />

<strong>VI</strong>I e <strong>VI</strong>II. Gli affreschi di Castelseprio in Lombardia (sec. <strong>VI</strong>I-<strong>VI</strong>II), opera forse di<br />

artisti venuti da Roma, in assoluto la più alta opera d’arte dell’alto Medioevo<br />

europeo a tutt’oggi nota, così in Oriente come in Occidente, hanno motivi stilistici<br />

dal vibrato impressionismo che li fanno considerare un ”insula“ di classicismo<br />

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precarolingio, classicismo attestato anche dalla presenza in area lombarda di<br />

“scriptoria” di grande livello e raffinatezza basati sulla cultura di matrice<br />

ellenistica, diffusa dall’Oriente bizantino nel <strong>VI</strong> secolo; è il classicismo che<br />

ritroviamo nelle pitture di molte chiese di Roma (S. Maria Antiqua, S. Clemente, S.<br />

Lorenzo fuori le mura, S. Maria in Trastevere, ecc.), di quelle di altre parti d’Italia e<br />

d’Europa tra il <strong>VI</strong>I e il IX secolo.<br />

Un più deciso ritorno ad uno stile aulico in tutte la arti si ha nel periodo<br />

carolingio tra la metà del secolo <strong>VI</strong>II e la fine del X, caratterizzato dal recupero<br />

programmatico dei valori formali del mondo romano e mediterraneo, in contrasto<br />

con l’islamismo e le culture barbariche che li avevano negati; si ha un’arte nata<br />

nei centri culturali della corte imperiale. La “rinascenza carolingia” deve molto alla<br />

riscoperta dei classici, particolarmente ai dieci libri di architettura di Vitruvio,<br />

studiati da Severino Boezio, oggetto della ricerca di Eginardo, biografo di Carlo<br />

Magno. Strumenti per gli impasti di malta di calce e i forni per la calce furono<br />

impiegati nei cantieri.<br />

Eginardo fu incaricato della costruzione del palazzo di Aquisgrana (cappella<br />

palatina di Carlomagno; 792-805) che si ispira al triclinio papale del palazzo del<br />

Laterano; la cappella con materiali di spoglio dall’Italia evoca S. Vitale a Ravenna.<br />

La pianta del monastero di San Gallo in Svizzera si ispira al palazzo del Laterano.<br />

Furono riscoperti criteri di progettazione classica, compresi alcuni principi di<br />

ingegneria,come quelli alla base della costruzione delle volte.<br />

La “renovatio <strong>classica”</strong>, l’idea del ritorno all’antico si manifesta in tutti gli aspetti ,<br />

culturali , politici e artistici, anche se l’idea di antico si estende in modo assai<br />

fecondo all’arte paleocristiana. Occorre premettere che nel periodo delle<br />

migrazioni barbariche l’Europa centro-settentrionale è dominata da una<br />

produzione d’arte caratteristica delle popolazioni germaniche in movimento dai<br />

loro territori verso le nuove sedi dell’Europa occidentale e meridionale. Il campo<br />

della loro attività si restringe alla sola oreficeria e a una serie di monumenti di<br />

pietra scolpiti. Il periodo della massima fioritura dell’arte barbarica è compreso tra<br />

il IV e l ‘<strong>VI</strong>II secolo ; in antitesi con il mondo classico quello germanico bandisce la<br />

figura umana o la disintegra nelle sue parti, trasformandola in elemento<br />

decorativo. Nel corso del secolo <strong>VI</strong>II, le popolazioni germaniche, convertite ormai<br />

al Cristianesimo, subiscono l’influsso della cultura mediterranea; i temi<br />

tradizionali si trasformano e si amalgamano con motivi tratti direttamente dal<br />

mondo classico, per cui con l’impero carolingio il ciclo del mondo barbarico può<br />

considerarsi pressoché concluso.<br />

Riprendiamo il discorso sulla “renovatio <strong>classica”</strong>, dicendo che l’eredità di Roma si<br />

avverte naturalmente nell’architettura del periodo carolingio. Tutte le costruzioni<br />

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più importanti dipendono dalle tecniche costruttive e dalle forme del tardo-<br />

antico, con un vivo senso di imitazione non solo per le forme basilicali romane,<br />

ma anche per la tradizione vitruviana sempre presente (ad Aquisgrana nel 962 si<br />

prescriveva agli architetti di studiare Euclide e Vitruvio).<br />

I caratteri fondamentali dell’architettura carolingia sono nella ripresa dello schema<br />

basilicale a tre navate con transetto sporgente a T (sul modello delle basiliche<br />

costantiniane); nel tipo di chiesa a due absidi contrapposte (cioè con absidi su<br />

entrambi i lati brevi del transetto, già esistente in epoca paleocristiana); nella<br />

cripta a forma anulare (già esistente a Roma in S. Pietro dal tempo di papa<br />

Gregorio Magno, e a Ravenna), in quella semianulare (tipo ripreso nell’abbazia di<br />

S. Denis), e in quelle a navate che sarà la più diffusa (il cui esempio più antico si<br />

trova in S. Maria in Cosmedin del 790).<br />

La connessione con la Roma paleocristiana è già riaffermata a Fulda, monastero<br />

fondato nel 742; sia nella prima fase che nella seconda (IX sec.) si vollero ricalcare<br />

i grandi modelli di S. Pietro in Vaticano e di S. Giovanni in Laterano: alla facciata fu<br />

addossato un atrio, le navate furono separate da colonnati, fu posto un lungo<br />

transetto a T. Le stesse caratteristiche presenta la chiesa di Seligenstadt. La<br />

primitiva chiesa abbaziale di S. Denis (775) ha la pianta basilicale a tre navate,<br />

ampio transetto e abside; analoga forma presenta l’abbazia di Lorsch, dello stesso<br />

periodo, priva però del transetto, con il portale che riprende il propileo di S. Pietro<br />

in Vaticano, e le antiche porte murali con rivestimento classico e con ingresso<br />

monumentale a tre fornici, accostato a un arco trionfale romano. La stessa forma<br />

basilicale è nelle abbazie di Corvey (822), di Ratisbona (X sec.), di Limburgo e di<br />

Hersfeld (XI sec.), e nelle cattedrali di Augusta, Strasburgo, Bamberga, Worms<br />

(sec. X-XI). Altro gruppo importante di chiese è quello costituito da basiliche con<br />

cori contrapposti: sono a pianta cruciforme e presentano due absidi da una parte<br />

e dall’altra della navata centrale, di derivazione paleocristiana (come nella basilica<br />

di S. Maurice d’Agaune, nelle chiese delle abbazie di S. Gallo e di Fulda e nella<br />

basilica di Paderborn). Un terzo tipo fondamentale di chiese carolingie è quello a<br />

pianta centrale, di ispirazione romana e ravennate. La cappella di Carlomagno ad<br />

Aquisgrana era preceduta da un quadriportico, al cui centro stava una grande<br />

pigna di bronzo, in funzione di fontana, a ricordo di quella posta davanti S. Pietro<br />

in Vaticano; la cappella, costruita da Ottone di Metz tra gli anni 792 e 805, è<br />

direttamente ispirata nella cupola al S. Vitale di Ravenna (vedi lez. n.3), ed è<br />

ornata di colonne, marmi, bronzi, transenne e porte dai finissimi particolari<br />

decorativi che si rifanno alla classicità e i capitelli sono di riutilizzo romano; una<br />

profonda nicchia ricorda quella dell’esarcato (anche il materiale era antico e in<br />

parte importato da Ravenna). L’adiacente palazzo regio, una rielaborazione del<br />

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palazzo lateranense, si chiamava Laterano e come quello di Roma aveva un<br />

monumento equestre (Teodorico, ad imitazione di quello di Marco Aurelio),<br />

proveniente da Ravenna, mentre nel vestibolo del palazzo era una lupa. Al S.<br />

Vitale di Ravenna si rifanno anche le cappelle di Valkhof e di Muitzen e le<br />

successive derivazioni ottoniane.<br />

Contemporanea del palazzo di Aquisgrana è l’abbazia di Centula, presso<br />

Abbeville, costruita sotto Carlomagno, ”romano opere”, cioè con planimetria<br />

basilicale, e come per il palazzo di Aquisgrana si usarono colonne e modanature<br />

portate dall’Italia.<br />

Il vescovo Willigis (X sec.) eresse la cattedrale di Magonza ispirata nei colonnati<br />

alle basiliche costantiniane con transetto a T; riecheggiano le antiche forme<br />

classiche il S. Pietro di Hirsau, il S. Martino di Ainay a Lione, l’abbazia di Cluny<br />

(Xsec.), a pianta cruciforme, con tre navate divise da colonne. La chiesa di<br />

Germigny-des-Près ha la cupola costruita in materiale fittile come quelle di Roma<br />

pagana.<br />

L’arte ottoniana, fiorita durante la sovranità degli imperatori di Sassonia, da<br />

Ottone I (912) a Enrico II (1024), e al successivo periodo salico fino al termine del<br />

secolo XI, presenta opere caratterizzate, oltre che dalla visione della “renovatio<br />

<strong>classica”</strong>, anche dalla presa di contatto col mondo artistico bizantino, in armonia<br />

con la unificazione dei due imperi, invano perseguita con il matrimonio di Ottone<br />

II con Teofano, figlia dell’imperatore d’Oriente, nozze volute dal papa romano<br />

Giovanni XIII. Le opere figurative delle due capitali, Roma e Bisanzio, furono<br />

copiate e imitate con tanto entusiasmo da soppiantare la pur mirabile<br />

stilizzazione dell’arte irlandese, più consona al gusto barbarico, a vantaggio di<br />

una civiltà rappresentativa legata al mondo classico e ai modi che da esso aveva<br />

tratto il linguaggio bizantino. In linea di massima nell’architettura ottoniana<br />

rimangono di valore fondamentale i numerosi riferimenti alla tarda antichità e i<br />

molteplici impulsi provenienti dalle regioni del Mediterraneo, soprattutto dai<br />

territori meridionali e orientali. Il grande architetto Berwald di Hildesheim, che fu<br />

in Italia e a Roma nel 1001 al seguito di Ottone III, costruì la chiesa di S. Michele<br />

ad Hildesheim, di chiarezza architettonica e monumentalità romane.<br />

Anche la grande pittura murale carolingia appare esemplata sull’iconografia<br />

romana; gli “Angeli” della chiesa di Germigny-des-Près (IX sec.) arieggiano quelli<br />

di S. Maria Antiqua al Foro romano, così come gli affreschi (Vita di s. Stefano)<br />

della cripta di S. Germain ad Auxerre (865); a Munster un ciclo di affreschi nella<br />

chiesa del convento rivela una derivazione comunque italica; lo stesso si può dire<br />

per quelli della cripta di S. Massimino a Treviri, dal punto di vista iconografico.<br />

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Anche per la scultura monumentale carolingia una delle fonti è sicuramente da<br />

cercarsi in Italia; nel castello di Moosburg e nel convento di Millstatt troviamo<br />

bassorilievi di scultori lombardi del IX secolo. Il repertorio di plutei, pilastrini,<br />

amboni e cibori era diffuso in tutto l’impero carolingio.<br />

Del periodo ottoniano ricordiamo il ciclo di affreschi di Oberzell nella Reichenau<br />

(X sec.) che rivelano la mano di un pittore lombardo oppure in stretti rapporti con<br />

artisti di S. Vincenzo a Galliano presso Milano. Sappiamo di sicuro che l’abate<br />

Gauzelin (X sec.) fece venire alcuni pittori italiani a Fleury presso Orléans; altri ne<br />

furono chiamati dall’arcivescovo Adalberto a Brema e altri ancora dall’imperatore<br />

Ottone III di Sassonia ad Aquisgrana; qui nel 997 lavorò nel duomo Johannes,<br />

chiamato “pretiosus artifex, ordine episcopus et arte pictor egregius”, che lasciò<br />

scritto su un suo affresco “A patriae nido me rapuit tertius Otto”, cioè” Ottone III<br />

mi rapì dal nido della patria”; l’imperatore, nato a Roma, che sognava di fare di<br />

Aquisgrana una seconda Roma, chiamò questo artista, incaricandolo di affrescare<br />

l’oratorio del principe.<br />

La porta in bronzo del duomo di Hildesheim (1008-1015) è ispirata ai modelli<br />

della tarda antichità classica; il racconto delle storie bibliche è espresso con<br />

veemenza di atti e gesti sul pittorico sfondo di uno spazio indefinito, suggerito<br />

dalle sagome degli alberetti e dagli sghembi edifici, memori dell’illusionismo<br />

tardo antico; nel cero pasquale in bronzo dello stesso duomo la fascia a rilievo,<br />

attorta a forma di spirale, si richiama alle colonne trionfali romane di Traiano e<br />

Marco Aurelio, ricche di figure. Verso esemplari paleocristiani si orienta invece la<br />

porta lignea di S. Maria in Campidoglio a Colonia (1065).<br />

In sommo grado la Chiesa durante il Medioevo intese dare valore estetico a tutte<br />

le forme di uso pratico e pertanto guardò all’antichità classica; la liturgia sacra,<br />

per esempio, ebbe un particolare rilievo, testimoniato dalla raffinatezza degli<br />

oggetti necessari alle funzioni (calici, croci, ecc.) e di quelli raffiguranti azioni<br />

liturgiche; nello stesso tempo assunse particolare importanza la devozione nei<br />

confronti, oltre che dei luoghi sacri, delle immagini, sotto forma di tavole dipinte,<br />

statue lignee, marmoree e bronzee, reliquiari figurati, avori, affreschi, mosaici,<br />

ecc.<br />

Fra i trattatisti medievali ricordiamo l’anonimo del codice di Lucca (<strong>VI</strong>II sec.) che<br />

ha trascritto un originale tardoantico, riguardante le tecniche della vetraria, della<br />

ceramica, dei manufatti in ferro, ecc.<br />

Nel X secolo Eraclio scrisse “De coloribus et artibus Romanorum” con viva<br />

ammirazione dell’arte e dell’antichità romana, concepita come una specie di<br />

paradiso perduto del sapere e del potere magico degli uomini; l’autore tratta i<br />

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procedimenti tecnici della miniatura, della vetraria, dell’oreficeria e della<br />

preparazione dei colori.<br />

Nel XII secolo il monaco Teofilo scrisse “Diversarum artium schedula” in tre libri<br />

sulla pittura, sulle arti del vetro e dei metalli, nozioni di tecnica artistica, riprese<br />

dai Romani.<br />

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