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Sarcofago paleocristiano dell'isola d'Ischia * - La Rassegna d'Ischia

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il primo stende i vestimenta, un largo<br />

drappo, dalle lunghe pieghe. <strong>La</strong> scena<br />

ricorre identica, sostanzialmente, nel<br />

<strong>La</strong>teranese e nel sarcofago di Tarragona<br />

; varia il numero dei personaggi,<br />

davanti al Cristo, tre adulti e due<br />

fanciulli a Tarragona; due adulti e tre<br />

fanciulli nel <strong>La</strong>teranese.<br />

Ma sul sarcofago d’Ischia c’è un<br />

particolare, che costituisce un unicum<br />

in tutti i sarcofagi del tipo Bethesda:<br />

un piccolo puledro, dalle orecchie<br />

ritte, che sgambetta sotto la pancia<br />

dell’asina. L’autore della scena s’ispira<br />

al vangelo di Matteo, poiché è il<br />

solo Matteo che vuol mostrare come<br />

nell’avvenimento si avveri la profezia<br />

d’Isaia: « Ecce Rex tuus venit...<br />

sedens super asinam et pullum filium<br />

subiugalis » (MT. XXI, 5).<br />

Degli esemplari, numerosi, dell’entrata<br />

di Gesù a Gerusalemme, dieci<br />

(25) mostrano il puledro, ma esso sta<br />

quasi sempre col collo abbassato verso<br />

terra e col muso proteso a mangiare<br />

le foglie di uno dei rami sparsi dalla<br />

turba. In due esemplari di questi, soltanto,<br />

il puledro è ritto come nel sarcofago<br />

d’Ischia, in un sarcofago di S.<br />

Trofimo, ad Arles (26) nella testata<br />

destra, e in un sarcofago romano, trovato<br />

sotto il pavimento della basilica<br />

vaticana, ed ora al Museo <strong>La</strong>teranese<br />

(27). Ma di sarcofagi Bethesda il solo<br />

che presenti il pullus asinae è il sarcofago<br />

d’Ischia.<br />

Di dove proviene il sarcofago d’Ischia?<br />

O non è, per caso, oriundo<br />

dell’isola? Il solo scrittore che ci fornisca<br />

qualche elemento, purtroppo<br />

assai vago, e diluito in ipotesi senza<br />

un fondamento concreto, è il Buonocore.<br />

Egli scrive (28): «Giova notare<br />

che la tabula, con alto senso conservatore,<br />

andò incastrata dove ora si trova,<br />

l’anno 1866; fu trasportata dalla Villa<br />

estiva vescovile del Cilento, quando<br />

il palazzo e i vasti vigneti furono indemaniati<br />

dalle leggi eversive del 7<br />

luglio 1866; su quella villa di ameno<br />

soggiorno era stata condotta il 1809.<br />

Il Can. Antonio Conte soleva dirci<br />

d’avere ammirato spesse volte il prezioso<br />

marmo in una sala del palazzo<br />

vescovile del Cilento isclano ». E a<br />

pag. 17: «fu murata a quel posto (la<br />

tabula) il 1866; prima si trovava nella<br />

villa estiva vescovile, nella contrada<br />

detta Cilento... è la faccia anteriore<br />

del sarcofago monumentale di Giovanni<br />

Cossa, Governatore d’Ischia,<br />

padre del papa Giovanni XXIII, eretto<br />

nell’antica Cattedrale del Castello<br />

(d’Ischia) l’anno 1397... I preziosi<br />

avanzi del monumento Cossa, data<br />

la presenza di pezzi rispondenti ad<br />

epoche diverse, lasciano pensare che<br />

le varie parti siano state raccolte qua<br />

e là dall’autorevole grado dei figli del<br />

Governatore. Se si riuscisse a provare<br />

che, in origine, quei vari pezzi vennero<br />

adoperati nell’isola, escludendo la<br />

provenienza di fuori, ci troveremmo<br />

al cospetto degli avanzi paleocristiani<br />

più memorabili ». <strong>La</strong> tomba del Cossa<br />

sarebbe stata, secondo il Buonocore,<br />

opera della scuola di Tino da Camaino.<br />

Che a cotesta tomba fosse appartenuta,<br />

come fronte del sarcofago, la<br />

lastra marmorea che abbiamo illustrata,<br />

è soltanto una affermazione del<br />

Buonocore, non confortata da nessuna<br />

prova. Osservo, inoltre, 1° che il Giovanni<br />

Cossa rinchiuso nel monumento<br />

sepolcrale di cui egli parla, non è il<br />

padre del papa, morto nel 1327, ma un<br />

altro Giovanni Cossa morto nel 1346,<br />

se è esatto quanto scrive la Algranati<br />

(29). Pertanto la potenza del Cardinale<br />

Baldassarre Cossa, e degli altri figli di<br />

Giovanni, valorosi ammiragli, non ha<br />

niente a che vedere con il monumento<br />

isclano, e con il supposto trasporto dei<br />

pezzi rari «da Roma o altrove». 2° è<br />

poco verosimile che la scuola del senese<br />

Tino da Camaino, che creò gli<br />

altri pezzi della tomba del Cossa, di<br />

cui restano ancora imponenti avanzi<br />

ad Ischia, non abbia saputo o voluto<br />

creare un sarcofago ex novo (30). II<br />

mausoleo di Giovanni Cossa, a quanto<br />

scrive il più accurato Mirabella (30) fu<br />

scomposto nel 1722, ed il coperchio<br />

(si noti, non la fronte) fu spedito nella<br />

sua vigna del Cilento, dal vescovo Capecelatro.<br />

Qual era poi questo coperchio,<br />

e, se istoriato, il Mirabella non<br />

dice.<br />

Più cauta la Algranati (31) prima del<br />

Buonocore, aveva scritto che al principio<br />

del sec. XVI, l’epoca di Vittoria<br />

Colonna, che con Ischia ebbe rapporti<br />

strettissimi, si raccolsero nel Castello<br />

(d’Ischia) tesori immensi e mirabili<br />

opere d’arte, e, si vuole, fino i tesori<br />

rapiti nel sacco di Roma, e che «forse<br />

a qualche bottino di guerra o di saccheggio<br />

si deve se nel castello pervenne<br />

uno dei meglio conservati rilievi<br />

evangelici pari a quelli che ornavano<br />

le catacombe».<br />

In conclusione, nessuno di questi<br />

scrittori ci consente di dire con precisione<br />

se e quando il sarcofago isclano<br />

sia stato importato nell’isola. Ammettendo<br />

che sia stato importato, che cosa<br />

c’è che vieti di supporre che, invece<br />

che nel sec. XIV, come immagina il<br />

Buonocore, o nel sec. XVI, come immagina<br />

l’Algranati, esso vi sia venuto<br />

invece in un’epoca molto più remota,<br />

tra la fine del sec. IV, ad esempio, o<br />

nel secolo V, quando è fuori dubbio<br />

che nell’isola d’Ischia non solo si professava<br />

il cristianesimo, ma vi erano<br />

certamente sepolture cristiane?<br />

Se della presenza del cristianesimo<br />

a Ischia, e precisamente nella parte,<br />

dove l’antichità greca e romana ha<br />

lasciato tracce eloquenti (32) a <strong>La</strong>cco<br />

Ameno, non avessimo prove positive,<br />

ci autorizzerebbero ad ammetterla i<br />

rapporti frequenti e intensi non solo<br />

con Napoli, ma con la più vicina Pozzuoli.<br />

Se i testi agiografici relativi a Santa<br />

Restituta (33) la cui salma essi dicono<br />

che dall’Africa approdò all’isola<br />

d’Ischia, nel luogo detto Heraclium,<br />

e fu ivi sepolta, non meritano credito<br />

se non nella notizia del culto reso alla<br />

santa nell’isola, e precisamente a <strong>La</strong>cco,<br />

sta il fatto che gli scavi eseguiti,<br />

sia pure in maniera non sistematica,<br />

hanno messo in luce, nel 1950 e 1951,<br />

proprio a <strong>La</strong>cco e sotto la chiesa di S.<br />

Restituta, avanzi di un edificio che fu<br />

forse una basilica paleocristiana; varie<br />

tombe terragne, varie lucerne e di<br />

esse, in un arcosolio, una lucerna fìttile<br />

rossa che reca nel disco i portatori<br />

del grappolo della terra promessa, che<br />

è il secondo esemplare campano dopo<br />

quelli ritrovati a Boscoreale (34) alla<br />

fine del secolo scorso, e un’altra con<br />

una croce monogrammatica gemmata,<br />

e, finalmente, di epoca più tarda<br />

<strong>La</strong> <strong>Rassegna</strong> d’Ischia n. 4/2012 15

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