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Sarcofago paleocristiano dell'isola d'Ischia * - La Rassegna d'Ischia

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Nel Seminario di Ischia Ponte, ora anche sede museale<br />

<strong>Sarcofago</strong> <strong>paleocristiano</strong> dell’isola d’Ischia *<br />

Nella sala d’aspetto dell’episcopio d’Ischia, una volta<br />

adibita a cappella, sull’architrave dell’uscio che mette<br />

quella sala in comunicazione con l’anticamera, è murata<br />

una lastra marmorea, di m. 2,08 di lunghezza su 0,58-<br />

0,59 di altezza, istoriata con una serie di scene che si succedono<br />

procedendo da sinistra verso destra. Nel 1914 ne<br />

fa cenno, per primo, Vincenzo Mirabella (1). Più ampia<br />

informazione ne diedero Gina Algranati (2) e, pochi anni<br />

fa, il Nestore degli storici isclani, mons. Buonocore (3).<br />

Degli studiosi citati dal Buonocore, non esiste, che io sappia,<br />

nessuna pubblicazione in proposito; è evidente che<br />

egli allude a scambi personali. Il certo è che la lastra marmorea<br />

d’Ischia è rimasta sconosciuta non solo al Wilpert<br />

(4), ma agli egregi studiosi che hanno particolarmente<br />

trattato del gruppo di sarcofagi, a cui il monumento isclano<br />

appartiene.<br />

Si tratta di un esemplare nuovo del celebre gruppo di<br />

sarcofagi del tipo cosiddetto «Bethesdà», gruppo, sulla<br />

cui fronte campeggia, al centro, con ampio sviluppo, la<br />

scena della guarigione del paralitico alla piscina chiamata<br />

Betsaidà (5), Betesdà (6), Bezata, Betzata, Beseta (7)<br />

<strong>Sarcofago</strong> <strong>La</strong>teranense 125<br />

<strong>Sarcofago</strong> di Tarragona<br />

* Domenico Mallardo in Atti del V Congresso Internazionale<br />

di Archeologia Cristiana (13-19 settembre 1954)<br />

12 <strong>La</strong> <strong>Rassegna</strong> d’Ischia n. 4/2012<br />

<strong>Sarcofago</strong> d’Ischia<br />

– la piscina che era presso la «porta probatica» o, come<br />

traduce inesattamente la Volgata, la piscina probatica.<br />

Sui sarcofagi di quesro tipo, si succedono costantemente<br />

nello stesso ordine, da sinistra a destra, la guarigione di<br />

due ciechi, dell’emorroissa, del paralitico, la chiamata<br />

di Zaccheo e l’entrata solenne del Cristo a Gerusalemme.<br />

Gli schemi iconografici sono, sostanzialmente, i medesimi:<br />

la scena della piscina, interrompendo il ritmo delle<br />

altre, è suddivisa in due scene orizzontali sovrapposte, il<br />

paralitico sul letto nella inferiore, il paralitico che cammina<br />

col letto sulle spalle nella superiore.<br />

Dei sarcofagi di questo tipo si potevano segnalare finora,<br />

tra interi e frammentari, dieci esemplari, qualora si<br />

include anche il frammento di Valence (8). Di essi, due<br />

sono romani (9), uno spagnolo (10), uno africano (11) sei<br />

della Gallia (12); ma due soli ci sono arrivati con tutte<br />

e cinque le scene cristologiche, il <strong>La</strong>teranense 125 e il<br />

Tarragonese. A questi due esemplari se ne aggiunge ora<br />

un terzo, quello di Ischia, rimasto fino ad oggi sconosciuto,<br />

per cui non ne hanno tratto, per i loro studi eccellenti,<br />

tutto il vantaggio che se ne poteva, gli insigni studiosi<br />

che si sono occupati in particolare dei sarcofagi del tipo<br />

Bethesda, la <strong>La</strong>wrence (13), il Gerke (14) il Simon (15) e<br />

mons. De Bruyne (16). Persino il Wilpert lo aveva ignorato.<br />

Lo sfondo architetturale del sarcofago d’Ischia è strettamente<br />

imparentato con quello del <strong>La</strong>teranese 125. Dapprima<br />

una porta di città, merlata; seguono tre riquadri formati<br />

da coppie di colonne scanalate a spira; sulla prima<br />

coppia poggia un architrave, sulla seconda un frontone<br />

triangolare con, nel centro, una corona lemniscata, sulla<br />

terza un arco. Nessuno degli altri esemplari concorda col<br />

sarcofago d’Ischia, per questa prima parte architettonica,<br />

come il <strong>La</strong>teranese; Tarragona, Pretestato. Arles, Clermont,<br />

se ne distaccano più o meno. Nella scena del paralitico<br />

si ritrovano i soliti tre archetti poggianti su pilastrini<br />

scanalati con semplici capitelli lisci a tronco di piramide


capovolta. Dopo l’albero con Zaccheo tra i rami, chiude<br />

la fronte del sarcofago una seconda porta merlata, che fa<br />

esatto riscontro a quella che all’estremità opposta dà inizio<br />

allo sfondo. Davanti alla prima porta merlata ed al<br />

primo intercolunnio si svolgono, rispettivamente, le scene<br />

della guarigione dei ciechi e della guarigione dell’emorroissa;<br />

davanti ai due intercolunni successivi sono<br />

collocati due apostoli e il Cristo che appartengono alla<br />

scena del paralitico. Nel <strong>La</strong>teranese il rapporto tra sfondo<br />

e scene è diverso. <strong>La</strong> guarigione dei ciechi è davanti alla<br />

porta e al primo intercolunnio; l’emorroissa è davanti al<br />

terzo invece che davanti al secondo; il Cristo con i due<br />

apostoli, della scena del paralitico, tutti raggruppati davanti<br />

al terzo, invece che distribuiti tra secondo e terzo.<br />

Nel sarcofago d’Ischia il senso dell’armonia spaziale è<br />

più accentuato ed ha un respiro più largo; Tarragona gli si<br />

avvicina di più.<br />

<strong>La</strong> guarigione dei ciechi presenta oltre ai due ciechi il<br />

Cristo e un personaggio della folla; manca l’apostolo dietro<br />

il Cristo, come manca negli esemplari di Tarragona e<br />

di Pretestato; e mentre tutti gli esemplari rappresentano<br />

due personaggi della folla, il sarcofago d’Ischia soltanto<br />

ne rappresenta uno. Nulla di particolare nell’iconografia<br />

dei personaggi. <strong>La</strong> seconda scena rappresenta la guarigione<br />

dell’emorroissa. I personaggi sono tre, come nel <strong>La</strong>teranese,<br />

il Cristo, un apostolo a sinistra, l’inferma. Negli<br />

altri esemplari (Tarragona, Pretestato, Arles, Clermont)<br />

gli apostoli sono due, uno da ciascun lato del Cristo. Gesù<br />

tiene la mano destra aperta ed abbassata sul capo della<br />

donna, in atto di chi voglia parlare, ma anche mostrare<br />

qualche cosa. Questo gesto della mano del Cristo presso<br />

<strong>Sarcofago</strong> d’Ischia - Particolare della guarigione del paralitico<br />

il capo dell’emorroissa ricorre identico in altri otto esemplari<br />

(17), il confronto più calzante l’offrono il sarcofago<br />

<strong>La</strong>teranese 174 (18) e, dei sarcofagi Bethesda, il <strong>La</strong>teranese<br />

125. È merito di mons. De Bruyne (19) l’aver dipanato<br />

l’imbrogliata matassa di questo gesto e della personalità<br />

della donna genuflessa; dopo quanto egli ha scritto,<br />

è impossibile pensare ancora alla Cananea, e negare che<br />

il gesto della mano del Cristo sul capo della donna genuflessa<br />

sia un gesto di imposizione della mano, e quindi un<br />

gesto di guarigione. <strong>La</strong> donna genuflessa pertanto è una<br />

donna miracolata; non la Cananea come si è tanto indugiato<br />

a sostenere il Wilpert (20) o la sorella di <strong>La</strong>zzaro,<br />

come ha sostenuto il Simon (21) ma l’emorroissa.<br />

<strong>La</strong> terza scena, la guarigione del paralitico , è quella che<br />

occupa uno spazio di gran lunga maggiore di tutte le altre.<br />

<strong>La</strong> prima parte rappresenta l’arrivo del Cristo, seguito da<br />

due apostoli, alla piscina. Nessun altro dei sarcofagi del<br />

tipo Bethesda offre una distribuzione spaziale delle figure<br />

così larga come il nostro. Con questa scena, comincia<br />

veramente, e non prima, il movimento verso destra. Dei<br />

due apostoli che seguono il Cristo, quello che gli viene<br />

immediatamente appresso ha, chiari, i tratti iconografici<br />

dell’apostolo Pietro, barbuto, con capelli corti e ricciuti;<br />

l’altro è imberbe, ha capelli lunghi e inanellati, tutti e due<br />

fanno con la destra il gesto della acclamazione. Il Cristo<br />

è di pieno profilo rivolto a destra, con la mano sinistra<br />

stringe il lembo del pallio che gli scende giù dalla spalla,<br />

e tende il braccio (guasto) e la mano destra, che va a finire<br />

sulla colonna, un po’ più in su della sinistra.<br />

<strong>La</strong> seconda parte della grande scena è divisa, come al<br />

solito, in senso orizzontale, in due sezioni separate da un<br />

<strong>La</strong> <strong>Rassegna</strong> d’Ischia n. 4/2012 13


<strong>Sarcofago</strong> d’Ischia - Particolari di Zaccheo sull’albero e dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme<br />

listello con linee ondulate, simbolo<br />

dell’acqua della piscina. Nella sezione<br />

inferiore il paralitico disteso sul letto,<br />

e quattro altri personaggi, due a capo<br />

e due a piedi del letto. L’ammalato ha<br />

il braccio sinistro abbandonato sulla<br />

sponda del letto, il braccio destro disteso<br />

e poggiato sul ginocchio della<br />

gamba destra sollevata, il capo rivolto<br />

non verso il Cristo che arriva, come<br />

in altri sarcofagi del gruppo (Tarragona,<br />

Arles e Clermont), ma indietro, in<br />

un atteggiamento che può sembrare<br />

di conversazione con gl’infermi che<br />

gli sono alle spalle, ma potrebbe anche<br />

essere espressione di una crisi di<br />

dolore. Verso di lui sono rivolti tutti<br />

e quattro gli infermi, quelli di dietro<br />

più chiaramente levano verso di lui le<br />

mani in gesto di allocuzione; indossano<br />

la stessa alicula dei ciechi di Gerico.<br />

<strong>La</strong> scena superiore è composta di<br />

cinque personaggi, il Cristo seguito<br />

da Pietro, e davanti a lui il paralitico,<br />

in piedi, che cammina recando sulle<br />

spalle il lettuccio; tutti e tre incedono<br />

verso destra, ai due estremi della scena,<br />

simmetricamente disposti e rivolti<br />

l’uno verso l’altro, due infermi, tutti e<br />

due seduti, e tutti e due con un bastone<br />

14 <strong>La</strong> <strong>Rassegna</strong> d’Ischia n. 4/2012<br />

a cui si appoggiano; quello di destra<br />

tende la mano in un gesto che ha più<br />

della supplica, che dell’allocuzione.<br />

Segue la chiamata di Zaccheo. Nello<br />

sfondo, il sicomoro; tra i rami Zaccheo<br />

è rappresentato di prospetto, col<br />

piede della gamba sinistra, abilmente<br />

flessa, puntellato ad un ramo e, per<br />

stare ben saldo, con la mano sinistra<br />

aggrappata allo stesso ramo, in una<br />

posa assai naturale ed espressiva. Il<br />

braccio destro è proteso verso Gesù<br />

come ad invitarlo a casa sua. In basso,<br />

Gesù, seguito da un apostolo imberbe,<br />

tutti e due di profilo, incede verso destra<br />

e leva la destra verso Zaccheo, per<br />

dirgli: Zacchaee, festinans descende<br />

(Lc. XIX, 5). Nel <strong>La</strong>teranense la scena<br />

di Zaccheo è gravemente alterata<br />

da un restauro.<br />

<strong>La</strong> scena finale, l’entrata trionfale<br />

di Gesù a Gerusalemme, ha come<br />

sfondo la porta della città. Cristo assiso<br />

sull’asina, si dirige verso Gerusalemme,<br />

volto a destra, come nelle<br />

due scene precedenti, con la destra<br />

levata e atteggiata nel solito gesto<br />

oratorio. L’asina, contrariamente a<br />

quanto avviene nel maggior numero<br />

degli esemplari (22) è bardata, si discernono<br />

chiaramente la correggia e la<br />

bardatura della sella. Dei tre sarcofagi<br />

Bethesda che hanno conservato la<br />

scena (<strong>La</strong>teranense, Tarragona, Arles<br />

(descrizione del Peiresc), Tarragona<br />

ed Arles presentano addosso all’asina<br />

la cinghia della bardatura; il <strong>La</strong>teranense,<br />

invece, mostra l’asina con la<br />

sola cavezza. Un frammento di bassorilievo<br />

ritrovato nella cappella di S.<br />

Genesio a S. Onorato, ora al museo di<br />

Arles (23), mostra il Cristo a cavallo:<br />

la parte superiore del Cristo, e la parte<br />

anteriore dell’asina sono perduti: si<br />

tratta dell’entrata trionfale a Gerusalemme.<br />

Qui l’asina è bardata. Non è<br />

improbabile che il frammento appartenga<br />

al sarcofago del tipo Bethesda,<br />

di Arles, di cui ci sono giunti un frammento<br />

della parte superiore della scena<br />

del paralitico (24) e la descrizione<br />

del Peiresc. Il Cristo è seguito da un<br />

personaggio di bassa statura, che non<br />

è un apostolo, ma uno della turba.<br />

Altri personaggi, invece, vengono incontro<br />

a Gesù, l’uno con un ramo di<br />

palma nella destra, l’altro regge con le<br />

due mani un festone : sono personaggi<br />

della turba, che «acceperunt ramos<br />

palmarum et processerunt obviam<br />

ei» (Ioh. XII, 13). Davanti all’asina<br />

due giovanetti, i pueri Hebraeorum ;


il primo stende i vestimenta, un largo<br />

drappo, dalle lunghe pieghe. <strong>La</strong> scena<br />

ricorre identica, sostanzialmente, nel<br />

<strong>La</strong>teranese e nel sarcofago di Tarragona<br />

; varia il numero dei personaggi,<br />

davanti al Cristo, tre adulti e due<br />

fanciulli a Tarragona; due adulti e tre<br />

fanciulli nel <strong>La</strong>teranese.<br />

Ma sul sarcofago d’Ischia c’è un<br />

particolare, che costituisce un unicum<br />

in tutti i sarcofagi del tipo Bethesda:<br />

un piccolo puledro, dalle orecchie<br />

ritte, che sgambetta sotto la pancia<br />

dell’asina. L’autore della scena s’ispira<br />

al vangelo di Matteo, poiché è il<br />

solo Matteo che vuol mostrare come<br />

nell’avvenimento si avveri la profezia<br />

d’Isaia: « Ecce Rex tuus venit...<br />

sedens super asinam et pullum filium<br />

subiugalis » (MT. XXI, 5).<br />

Degli esemplari, numerosi, dell’entrata<br />

di Gesù a Gerusalemme, dieci<br />

(25) mostrano il puledro, ma esso sta<br />

quasi sempre col collo abbassato verso<br />

terra e col muso proteso a mangiare<br />

le foglie di uno dei rami sparsi dalla<br />

turba. In due esemplari di questi, soltanto,<br />

il puledro è ritto come nel sarcofago<br />

d’Ischia, in un sarcofago di S.<br />

Trofimo, ad Arles (26) nella testata<br />

destra, e in un sarcofago romano, trovato<br />

sotto il pavimento della basilica<br />

vaticana, ed ora al Museo <strong>La</strong>teranese<br />

(27). Ma di sarcofagi Bethesda il solo<br />

che presenti il pullus asinae è il sarcofago<br />

d’Ischia.<br />

Di dove proviene il sarcofago d’Ischia?<br />

O non è, per caso, oriundo<br />

dell’isola? Il solo scrittore che ci fornisca<br />

qualche elemento, purtroppo<br />

assai vago, e diluito in ipotesi senza<br />

un fondamento concreto, è il Buonocore.<br />

Egli scrive (28): «Giova notare<br />

che la tabula, con alto senso conservatore,<br />

andò incastrata dove ora si trova,<br />

l’anno 1866; fu trasportata dalla Villa<br />

estiva vescovile del Cilento, quando<br />

il palazzo e i vasti vigneti furono indemaniati<br />

dalle leggi eversive del 7<br />

luglio 1866; su quella villa di ameno<br />

soggiorno era stata condotta il 1809.<br />

Il Can. Antonio Conte soleva dirci<br />

d’avere ammirato spesse volte il prezioso<br />

marmo in una sala del palazzo<br />

vescovile del Cilento isclano ». E a<br />

pag. 17: «fu murata a quel posto (la<br />

tabula) il 1866; prima si trovava nella<br />

villa estiva vescovile, nella contrada<br />

detta Cilento... è la faccia anteriore<br />

del sarcofago monumentale di Giovanni<br />

Cossa, Governatore d’Ischia,<br />

padre del papa Giovanni XXIII, eretto<br />

nell’antica Cattedrale del Castello<br />

(d’Ischia) l’anno 1397... I preziosi<br />

avanzi del monumento Cossa, data<br />

la presenza di pezzi rispondenti ad<br />

epoche diverse, lasciano pensare che<br />

le varie parti siano state raccolte qua<br />

e là dall’autorevole grado dei figli del<br />

Governatore. Se si riuscisse a provare<br />

che, in origine, quei vari pezzi vennero<br />

adoperati nell’isola, escludendo la<br />

provenienza di fuori, ci troveremmo<br />

al cospetto degli avanzi paleocristiani<br />

più memorabili ». <strong>La</strong> tomba del Cossa<br />

sarebbe stata, secondo il Buonocore,<br />

opera della scuola di Tino da Camaino.<br />

Che a cotesta tomba fosse appartenuta,<br />

come fronte del sarcofago, la<br />

lastra marmorea che abbiamo illustrata,<br />

è soltanto una affermazione del<br />

Buonocore, non confortata da nessuna<br />

prova. Osservo, inoltre, 1° che il Giovanni<br />

Cossa rinchiuso nel monumento<br />

sepolcrale di cui egli parla, non è il<br />

padre del papa, morto nel 1327, ma un<br />

altro Giovanni Cossa morto nel 1346,<br />

se è esatto quanto scrive la Algranati<br />

(29). Pertanto la potenza del Cardinale<br />

Baldassarre Cossa, e degli altri figli di<br />

Giovanni, valorosi ammiragli, non ha<br />

niente a che vedere con il monumento<br />

isclano, e con il supposto trasporto dei<br />

pezzi rari «da Roma o altrove». 2° è<br />

poco verosimile che la scuola del senese<br />

Tino da Camaino, che creò gli<br />

altri pezzi della tomba del Cossa, di<br />

cui restano ancora imponenti avanzi<br />

ad Ischia, non abbia saputo o voluto<br />

creare un sarcofago ex novo (30). II<br />

mausoleo di Giovanni Cossa, a quanto<br />

scrive il più accurato Mirabella (30) fu<br />

scomposto nel 1722, ed il coperchio<br />

(si noti, non la fronte) fu spedito nella<br />

sua vigna del Cilento, dal vescovo Capecelatro.<br />

Qual era poi questo coperchio,<br />

e, se istoriato, il Mirabella non<br />

dice.<br />

Più cauta la Algranati (31) prima del<br />

Buonocore, aveva scritto che al principio<br />

del sec. XVI, l’epoca di Vittoria<br />

Colonna, che con Ischia ebbe rapporti<br />

strettissimi, si raccolsero nel Castello<br />

(d’Ischia) tesori immensi e mirabili<br />

opere d’arte, e, si vuole, fino i tesori<br />

rapiti nel sacco di Roma, e che «forse<br />

a qualche bottino di guerra o di saccheggio<br />

si deve se nel castello pervenne<br />

uno dei meglio conservati rilievi<br />

evangelici pari a quelli che ornavano<br />

le catacombe».<br />

In conclusione, nessuno di questi<br />

scrittori ci consente di dire con precisione<br />

se e quando il sarcofago isclano<br />

sia stato importato nell’isola. Ammettendo<br />

che sia stato importato, che cosa<br />

c’è che vieti di supporre che, invece<br />

che nel sec. XIV, come immagina il<br />

Buonocore, o nel sec. XVI, come immagina<br />

l’Algranati, esso vi sia venuto<br />

invece in un’epoca molto più remota,<br />

tra la fine del sec. IV, ad esempio, o<br />

nel secolo V, quando è fuori dubbio<br />

che nell’isola d’Ischia non solo si professava<br />

il cristianesimo, ma vi erano<br />

certamente sepolture cristiane?<br />

Se della presenza del cristianesimo<br />

a Ischia, e precisamente nella parte,<br />

dove l’antichità greca e romana ha<br />

lasciato tracce eloquenti (32) a <strong>La</strong>cco<br />

Ameno, non avessimo prove positive,<br />

ci autorizzerebbero ad ammetterla i<br />

rapporti frequenti e intensi non solo<br />

con Napoli, ma con la più vicina Pozzuoli.<br />

Se i testi agiografici relativi a Santa<br />

Restituta (33) la cui salma essi dicono<br />

che dall’Africa approdò all’isola<br />

d’Ischia, nel luogo detto Heraclium,<br />

e fu ivi sepolta, non meritano credito<br />

se non nella notizia del culto reso alla<br />

santa nell’isola, e precisamente a <strong>La</strong>cco,<br />

sta il fatto che gli scavi eseguiti,<br />

sia pure in maniera non sistematica,<br />

hanno messo in luce, nel 1950 e 1951,<br />

proprio a <strong>La</strong>cco e sotto la chiesa di S.<br />

Restituta, avanzi di un edificio che fu<br />

forse una basilica paleocristiana; varie<br />

tombe terragne, varie lucerne e di<br />

esse, in un arcosolio, una lucerna fìttile<br />

rossa che reca nel disco i portatori<br />

del grappolo della terra promessa, che<br />

è il secondo esemplare campano dopo<br />

quelli ritrovati a Boscoreale (34) alla<br />

fine del secolo scorso, e un’altra con<br />

una croce monogrammatica gemmata,<br />

e, finalmente, di epoca più tarda<br />

<strong>La</strong> <strong>Rassegna</strong> d’Ischia n. 4/2012 15


però, un pilastrino terminale di cancello<br />

d’altare, alto m. 1,33, di sezione<br />

quadrata di m. 0,20 per lato. Nulla di<br />

strano, per sé, che in questa comunità<br />

cristiana di <strong>La</strong>cco ci siano state anche<br />

sepolture in sarcofagi: resterebbe solo<br />

da spiegare come il sarcofago in questione<br />

sia passato da <strong>La</strong>cco a Ischia<br />

città, cosa, almeno in ipotesi, niente<br />

affatto impossibile.<br />

Ma al disopra di questi problemi<br />

particolari e locali, ce n’è un altro<br />

d’indole generale e di portata più vasta.<br />

Quale posto occupa il sarcofago<br />

d’Ischia nel gruppo di sarcofagi Bethesda?<br />

E quale contributo esso arreca<br />

alla soluzione dei problemi che pone<br />

questa classe di sarcofagi; quali prospettive<br />

offre alle teorie in corso su<br />

questi sarcofagi?<br />

Prima conclusione. Il sarcofago d’Ischia<br />

relega al secondo piano il sarcofago<br />

<strong>La</strong>teranese 125, giudicato dal<br />

Wilpert (35) e da altri che lo hanno<br />

seguito, come il prototipo del gruppo.<br />

Secondo: mentre il Wilpert ha ripetutamente<br />

affermato che il sarcofago di<br />

Tarragona è copia fedele del <strong>La</strong>teranese,<br />

la <strong>La</strong>wrence mette il sarcofago di<br />

Tarragona avanti al <strong>La</strong>teranense (36)<br />

e considera come prototipo della sequenza<br />

di scene peculiari dei sarcofagi<br />

Bethesda il sarcofago di Clermont<br />

(37) e di essi redige questa lista cronologica<br />

(38): 1° Tarragona; 2° <strong>La</strong>terano;<br />

3° Vienne; 4° Die (=Wilpert, 230,<br />

2) in cui comparisce Cristo col nimbo;<br />

5 0 Arles. D’ora in poi per ricostruire le<br />

origini e il cammino progressivo del<br />

tipo, il confronto va fatto non tra Tarragona<br />

e il <strong>La</strong>teranese, che ci è giunto<br />

per di più malamente restaurato, ma<br />

tra Tarragona e Ischia.<br />

Terzo: il particolare del puledro che<br />

sgambetta sotto l’asina, estraneo a<br />

tutti gli esemplari che ci sono giunti<br />

del tipo Bethesda, crea un altro problema.<br />

Fuori del gruppo Bethesda,<br />

due esemplari presentano il particolare<br />

del puledro, uno romano ed uno<br />

arlesiano. Questo particolare non può<br />

derivare da una miniatura o da un mosaico<br />

absidale che avrebbe costituito<br />

il modello dei sarcofagi Bethesda:<br />

se fosse così, come si spiegherebbe<br />

che l’artefice isclano abbia introdotto<br />

16 <strong>La</strong> <strong>Rassegna</strong> d’Ischia n. 4/2012<br />

un particolare che nessuno di quanti<br />

hanno copiato il modello ha copiato?<br />

Sarebbe un po’ difficile, poi, sostenere<br />

che sia uscito dallo stesso atelier, gallico.<br />

<strong>La</strong> <strong>La</strong>wrence che (39) ha creduto<br />

di poter restituire 6 ateliers, dei quali<br />

quattro gallici e due romani, assegna<br />

al III atelier, quello dei sarcofagi Red-<br />

Sea (Mar Rosso), il <strong>La</strong>teranese 125 e<br />

il Tarragonese, e li pone tra il 390 e il<br />

400 (40).<br />

<strong>La</strong> seguo quanto alla data, ma non<br />

mi sento di poterla seguire quanto<br />

all’atelier. <strong>La</strong> provenienza gallica per<br />

il <strong>La</strong>teranese 125, e meno ancora per<br />

il sarcofago d’Ischia, non l’accetto. E<br />

non so se l’avrebbe sostenuta la stessa<br />

<strong>La</strong>wrence, se avesse conosciuto il sarcofago<br />

di Pretestato e quello d’Ischia.<br />

E più che a sarcofagi viaggianti, originari<br />

di una sola officina, propendo<br />

ad ammettere un modello viaggiante.<br />

Occidentale, od orientale, questo modello?<br />

Problema da riesaminare (41).<br />

Ma l’iter Oriente-Gallia (Arles)-Roma<br />

non lo ritengo accettabile. Né l’argomento<br />

tratto dal numero prevalente<br />

degli esemplari gallici sui romani, sei<br />

su uno, può avere la forza che gli si<br />

è data. A prescindere che degli esemplari<br />

gallici, la quasi totalità è formata<br />

da minuti frammenti, e su di essi un<br />

esame a fondo è impossibile, ora gli<br />

esemplari italiani sono saliti a tre, dei<br />

quali due, quello di Ischia e il <strong>La</strong>teranese,<br />

sono i più rappresentativi.<br />

Che i sarcofagi Bethesda, con la sequenza<br />

delle loro scene, abbiano un<br />

andamento narrativo, sta bene; ma è<br />

proprio certo che vogliano rappresentare<br />

un viaggio di Gesù da Gerico a<br />

Gerusalemme con i miracoli compiuti<br />

nelle varie tappe di questo viaggio?<br />

Questa tesi ha sostenuto nel suo studio,<br />

vivace e interessante, il Simon<br />

(42). Con tutta l’ammirazione per l’illustre<br />

studioso, non posso seguirlo; la<br />

seconda scena rappresenta indubbiamente<br />

l’emorroissa, non la sorella di<br />

<strong>La</strong>zzaro che va incontro al Cristo in<br />

Betania. E l’emorroissa con l’iter da<br />

Gerico a Gerusalemme non ha nulla a<br />

che vedere.<br />

Il Simon ha ammesso una origine<br />

palestinese per il modello dei sarcofagi<br />

Bethesda, e poiché la guarigione<br />

del paralitico occupa la parte più vistosa<br />

di tutto il campo, egli ha avanzato<br />

l’ipotesi che quel modello derivi da<br />

una decorazione della chiesa del paralitico,<br />

che è attestata nella prima metà<br />

del sec. V. Ma, si può dimostrare che<br />

quella chiesa è anteriore ai sarcofagi<br />

Bethesda, ossia all’età teodosiana?<br />

Non lo credo.<br />

I problemi, che già prima presentava<br />

il gruppo Bethesda, si prospettano<br />

ora, dopo che è venuto ad arricchirne<br />

la serie il nuovo sarcofago d’Ischia,<br />

sotto nuova luce. Per la risoluzione dei<br />

problemi che ancora pone il gruppo,<br />

il sarcofago d’Ischia, che viene a collocarsi<br />

in un posto eminente tra quelli<br />

della serie, è destinato non solo ad<br />

arricchire il patrimonio monumentale<br />

<strong>paleocristiano</strong>, ma a recare un contributo<br />

decisivo.<br />

Domenico Mallardo<br />

1) V. Mirabella, Cenni storici e guida dell’isola<br />

d’Ischia (Napoli 1914), p. 71, nota 1.<br />

2) G. Algranati, Ischia: collezione Italia<br />

artistica (Bergamo, Arti grafiche, 1931), p.<br />

91.<br />

3) O. Buonocore, <strong>La</strong> diocesi d’Ischia<br />

dall’origine ad oggi (Napoli, s. d., ma del<br />

1948), p. 17, 124.<br />

4) G. Wilpert, I sarcofagi cristiani antichi<br />

(Roma 1929, 1923, 1936).<br />

5) Codd. B Y W, mss. copti, molti mss. latini,<br />

Taziano, Tertulliano, Girolamo.<br />

6) Nella maggioranza dei codici siro-antiocheni.<br />

7) Codd. B Y W, mss. copti, molti mss. latini,<br />

Taziano, Tertulliano, Girolamo.<br />

7) Cod. 6, mss. dell’antica latina, Ireneo,<br />

Eusebio.<br />

8) Wilpert, op. cit., tav. 214, 6; pag. 295 s.<br />

9) Museo <strong>La</strong>teranense 125: Ibid., tav. 230,<br />

6; pag. 293 s., 313 s.; cimitero di Pretestato:<br />

ibid., tav. 207, 1; pagg. 11*, 239, 243.<br />

10) Tarragona: ibid., tav. 230, 3; pagg. 294<br />

s., 311 s.<br />

11) Ibid., pag. 294 e tav. 102, 1 (fianco con<br />

il battesimo di Cornelio).<br />

12) Arles-Avignone : ibid., pagg. 294 s.,<br />

fig. 184, [cf. F. Benoit, Sarcophages paléochrétiens<br />

d’Arles et de Marseille (Paris<br />

1954) p. 43, num. 36, Tav. XIV, 1]; - Clermont:<br />

ibid., tav. 230, 5 e pag. 294; - Die<br />

: ibid., tav. 230, 1 e pagg. 294, 299, 310,<br />

312 e tav. 230, 2 pagg. 294, 311; - Vienne<br />

(museo): ibid., tav. 230, 4, pagg. 294, 310; -<br />

Valence (museo): citato alla n. 8.


13) M. <strong>La</strong>wrence, City-Gate Sarcophagi;<br />

The Art Bulletìn, 10 (1927), pp. 1-45, figg.<br />

34 e 35; Columnar Sarcophagi in the latin<br />

West: The Art Bulletin, 14 (1932), pp. 103-<br />

183, in particolare pp. 121. 159, 167 num.<br />

15, 175 nn. 114, 115, 116, 117, 118; figg.<br />

21, 24.<br />

14) F. Gerke, Studien zur Sarkophagplastik<br />

der theodosianischen Renaissance : Romische<br />

Quartalschrift. 42 (1934); Idem, Das<br />

Verhältnis von Malerei und Plastik in der<br />

Theodosianisch-Honorianischen Zeit: Rivista<br />

di archeologia cristiana, XII (1935), p.<br />

119-163, in particolare p. 127, 159.<br />

15) M. Simon, Sur l’origine des sarchophages<br />

chrétiens du type Bethesda: Mélanges<br />

d’archeologie et d’histoire, 55 (1938), pp.<br />

201-223.<br />

16) L. De Bruyne L’imposition des mains<br />

dans l’art chrétien ancien: Rivista di archeologia<br />

cristiana, 20 (1943), pp. 135, 147,<br />

149, 160, 167, 168.<br />

17) Wilpert, op. cit., vol. I, Tavv. 109, 7;<br />

121, 2; 145, 7; vol. II, Tav. 240, 1; Tavv.<br />

207, 1; 230, 3, 5, 6 (Bethesda); L. de<br />

Bruyne, op. cit., p. 158 e nota 3.<br />

18) Wilpert, op. cit., vol. I, Tav. 121, 2.<br />

19) L. de Bruyne L., op. cit.<br />

20) Wilpert, op. cit., vol. II, p. 298 s.<br />

21) M. Simon, op. cit., p. 215.<br />

22) Wilpert, op. cit., voi. I, Tav. 151, 2; vol.<br />

II, Tavv. 205, 4; 212, 2; 235, 7; pag. 312.<br />

23) F. Benoit, Fragments de sarcophages<br />

inédits provenant du cimetière des Aliscamps<br />

à Arles, in Riv. di archeologia cristiana,<br />

17 (1940), p. 252 s., fig. 3; Idem, Sarcophages<br />

paléochr. d’Arles et de Marseille, p. 43,<br />

nn. 35.<br />

24) F. Benoit, Sarcophages paléochrét.<br />

d’Arles et de Marseille, p. 43, num. 35,<br />

Tav. XXVI, 4; Idem, Riv. archeol. crist., 17<br />

(1940) p. 253, fig. 3.<br />

25) Wilpert, op. cit., vol. I, Tav. 167, 1; vol.<br />

II, Taw. 212, 2; 235, 5 e 7; 242, 1; fig. 195<br />

a pag. 311; Garrucci, Tav. 358, 1; 372, 12;<br />

402, 1; 334, 2.<br />

26) Wilpert, op. cit., vol. II, Tav. 242, 1 ;<br />

F. Benoit, Sarcoph. paléochr. d’’Arles et de<br />

Marseille, pag. 47-48, num. 45, Tav. XVII.<br />

27) Lo pubblicò il Bottari, Roma sott., I,<br />

XXII, p. 82; cf. Aringhi, Roma subterr. p.<br />

294-295. Il Garrucci, vol. V, pag. 58, scrisse:<br />

«ora ci è ignoto se esista e dove si trovi,<br />

e lo riprodusse dal Bottari, nella Tav. 334,<br />

2. Si trova al <strong>La</strong>terano, cf. O. Marucchi, I<br />

monumenti del Museo cristiano Pio-<strong>La</strong>teranense,<br />

Tav. XXXVI, 1 ; ne ha dato un’ottima<br />

riproduzione la <strong>La</strong>wrence, City-Gate<br />

Sarcophagi, in The Art Bulletin, X (1927)<br />

p. 22, fig. 25.<br />

28) Op. cit., p. 124.<br />

29) Op. cit., p. 67.<br />

30) Op. cit., p. 56, nota I.<br />

31) Op. cit., p. 91.<br />

<strong>Sarcofago</strong> d’Ischia - Particolare: Zaccheo<br />

32) C.I.L. X, pars I, p. 679; Beloch, Die<br />

Campanien, pp. 202-210. Per i rapporti con<br />

Pozzuoli, v. anche le iscrizioni dei Faenii,<br />

thurarìi, a Ischia e a Pozzuoli, C.I.C. X,<br />

6802, 1962.<br />

33) Bibliotheca hagiographica latina, 7190;<br />

D. Mallardo, Il calendario marmoreo di<br />

Napoli (Roma 1947). p. 201 ss.<br />

34) D. Mallardo, <strong>La</strong> questione dei cristiani<br />

a Pompei (Napoli 1935) = estratto dalla Rivista<br />

di studi Pompeiani, anno I (1934-35)<br />

p. 82 s.<br />

35) Wilpert, op. cit., voi. II, p. 295, 311,<br />

313.<br />

36) M. <strong>La</strong>wrence, Columnar Sarcophagi:<br />

The Art Bull. 14 (1932), p. 175.<br />

37) Ibidem, p. 121.<br />

38) Ibidem, p. 175.<br />

39) Ibidem, p. 184.<br />

40) Ibidem., p. 185.<br />

41) Cf. F. Gerke, Sarkophagplastik: Ramisene<br />

Quartalschrift, 42 (1934) p. 21, 25;<br />

Idem, Das Verhältnìs von Mal. u. Plast.:<br />

Riv. di archeol. crisi., 12 (1935) p. 159;<br />

Idem, Christus in der spätantike Plastik, 3a<br />

Aufl. (1948) p. 41, p. 86 nota 52 e p. 85<br />

nota 50.<br />

42) M. Simon, in Mélanges d’archéol. et<br />

d’hist., 55 (1938).<br />

***<br />

<strong>La</strong> <strong>Rassegna</strong> d’Ischia n. 4/2012 17

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