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<strong>Indice</strong><br />

Introduzione vii<br />

1 Teoria dell’elasticità 1<br />

1.1 I materiali piezoelettrici . . . . . . . . . . . . . . . 2<br />

1.2 Il campo elasto-elettrico . . . . . . . . . . . . . . . 5<br />

1.2.1 Variabili meccaniche . . . . . . . . . . . . . 5<br />

1.2.2 Equazioni del moto . . . . . . . . . . . . . . 9<br />

1.2.3 Variabili elettriche . . . . . . . . . . . . . . 10<br />

1.2.4 Condizioni al contorno . . . . . . . . . . . . 12<br />

1.3 Legge di Hooke . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14<br />

1.4 Equazioni costitutive di campo . . . . . . . . . . . 18<br />

1.5 Numero di costanti indipendenti nei sistemi cristal-<br />

lografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20<br />

2 Onde in mezzi elastici 24<br />

2.1 Equazione d’onda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25<br />

2.1.1 Propagazione nei solidi . . . . . . . . . . . . 25<br />

2.1.2 Propagazione nei materiali piezoelettrici . . 28<br />

2.1.3 Propagazione nei fluidi . . . . . . . . . . . . 30


INDICE ii<br />

2.1.4 Attenuazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 33<br />

3 Oscillazioni non lineari 37<br />

3.1 Oscillatore unidimensionale di Duffing . . . . . . . 38<br />

3.2 Risonanze armoniche e subarmoniche . . . . . . . . 46<br />

3.3 Onde in mezzi elastici non lineari . . . . . . . . . . 49<br />

3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche<br />

frazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51<br />

3.4.1 Equazione di Mathieu . . . . . . . . . . . . 52<br />

3.4.2 Soglia della fondamentale per la generazione<br />

della subarmonica di ordine 1/2 . . . . . . . 59<br />

4 Risultati Sperimentali 64<br />

4.1 Strumentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64<br />

4.1.1 Descrizione della strumentazione . . . . . . 64<br />

4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati<br />

teorici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77<br />

4.2.1 I campioni piezoelettrici . . . . . . . . . . . 77<br />

4.2.2 Misure sperimentali relative al cilindro . . . 78<br />

4.2.3 Misure sperimentali relative alla piastrina . 94<br />

5 CONCLUSIONI e SVILUPPI FUTURI 104


Elenco delle figure<br />

1.1 Deformazioni in un elemento piezoelettrico. . . . . . 5<br />

1.2 Deformazione di un solido. . . . . . . . . . . . . . . 6<br />

1.3 Equilibrio meccanico di un volume interno ad un<br />

solido. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8<br />

1.4 Curva tensione-deformazione del PZT-8 ([6]). . . . 17<br />

2.1 Vettori spostamento dell’onda quasi-longitudinale (A (1) )<br />

e delle onde quasi-trasversali (A (2) , A (3) ) nel caso<br />

di mezzo anisotropo. . . . . . . . . . . . . . . . . . 28<br />

2.2 Sistema di coordinate cilindriche associate al tubo<br />

piezoelettrico di raggio interno a, raggio esterno b<br />

ed altezza l. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36<br />

3.1 Oscillatore di Duffing. . . . . . . . . . . . . . . . . 39<br />

3.2 Risposta in frequenza dell’oscillatore di Duffing pri-<br />

vo di smorzamento. (a) Caso di molla dura. (b)<br />

Caso di molla soffice. . . . . . . . . . . . . . . . . . 43<br />

3.3 Risposta in frequenza dell’oscillatore di Duffing smorza-<br />

to. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45<br />

4.1 Circuito equivalente di un elemento piezoelettrico. . 65


ELENCO DELLE FIGURE iv<br />

4.2 Schema a blocchi rappresentante la strumentazione<br />

impiegata nella misura dello spostamento radiale<br />

dei punti della superficie esterna dei provini. . . . . 70<br />

4.3 Interferometro acusto-ottico. . . . . . . . . . . . . . 73<br />

4.4 Tubi piezoelettrici. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77<br />

4.5 Impedenza del cilindro. . . . . . . . . . . . . . . . . 79<br />

4.6 Spostamenti relativi tra raggio laser e tubo piezoelet-<br />

trico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82<br />

4.7 Spettro in frequenza del segnale rilevato (Cilindro,<br />

6 V, 16.9 kHz). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83<br />

4.8 Spettro in frequenza del segnale rilevato (Cilindro,<br />

14.5 V, 16.9 kHz). . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83<br />

4.9 Livello di soglia [V] rispetto alla frequenza [kHz] del<br />

segnale di pilotaggio (Cilindro). . . . . . . . . . . . 85<br />

4.10 Livello di soglia [V] rispetto alla frequenza [kHz] del<br />

segnale di pilottagio (dettaglio del Cilindro). . . . . 85<br />

4.11 Andamento della soglia al variare della frequenza di<br />

pilotaggio per diversi punti lungo l’asse del cilindro. 86<br />

4.12 Andamento dell’ampiezza della fondamentale e delle<br />

subarmoniche rispetto all’ampiezza di pilotaggio (Cilin-<br />

dro). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87<br />

4.13 Andamento dell’ampiezza della fondamentale e delle<br />

subarmoniche lungo l’asse del cilindro. . . . . . . . 89


ELENCO DELLE FIGURE v<br />

4.14 Andamento dell’ampiezza della fondamentale e del-<br />

l’armonica di ordine 1/2 lungo l’asse del cilindro<br />

rispetto al livello di soglia (sotto soglia). . . . . . . 91<br />

4.15 Andamento dell’ampiezza della fondamentale e del-<br />

l’armonica di ordine 1/2 lungo l’asse del cilindro<br />

rispetto al livello di soglia (sopra soglia). . . . . . . 92<br />

4.16 Spettri in frequenza al variare della posizione di<br />

rilevazione del segnale (Cilindro). . . . . . . . . . . 92<br />

4.17 Spettri in frequenza al variare dell’ampiezza di pi-<br />

lotaggio di rilevazione del segnale (Cilindro). . . . . 93<br />

4.18 Impedenza della piastrina. . . . . . . . . . . . . . . 95<br />

4.19 Spettro in frequenza del segnale rilevato (Piastrina,<br />

5,8 V, 12.9 kHz). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96<br />

4.20 Spettro in frequenza del segnale rilevato (Piastrina,<br />

53,4 V, 12.9 kHz). . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96<br />

4.21 Livello di soglia [V] rispetto alla frequenza [kHz] del<br />

segnale di pilottagio (Piastrina). . . . . . . . . . . . 98<br />

4.22 Andamento della soglia al variare della frequenza di<br />

pilotaggio in corrispondenza del centro della piastrina. 98<br />

4.23 Andamento dell’ampiezza della fondamentale e delle<br />

subarmoniche rispetto all’ampiezza di pilotaggio (Pi-<br />

astrina). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99<br />

4.24 Andamento dell’ampiezza della fondamentale e delle<br />

subarmoniche rispetto alla posizione lungo l’asse mag-<br />

giore della piastrina. . . . . . . . . . . . . . . . . . 100


ELENCO DELLE FIGURE vi<br />

4.25 Spettri in frequenza al variare della posizione di<br />

rilevazione del segnale (Piastrina). . . . . . . . . . 102<br />

4.26 Spettri in frequenza al variare dell’ampiezza di pi-<br />

lotaggio di rilevazione del segnale (Piastrina). . . . 103<br />

5.1 Spazio delle Fasi sotto soglia. . . . . . . . . . . . . . 107<br />

5.2 Spazio delle Fasi all’avvicinarsi della soglia. . . . . 107<br />

5.3 Spazio delle Fasi sopra soglia. . . . . . . . . . . . . 108


INTRODUZIONE<br />

Le vibrazioni non lineari in un mezzo limitato, alla frequen-<br />

za corrispondente ai suoi modi propri, costituiscono un fenomeno<br />

complesso di interesse sia per chi studia le caratteristiche dei ma-<br />

teriali, sia per gli ingegneri meccanici o per i progettisti di dis-<br />

positivi elettronici, per lo scopo comune di valutare la risposta in<br />

dispositivi non lineari e di evitare effetti indesiderati nei sistemi<br />

che devono mantenere caratteristiche di linearità.<br />

La generazione di subarmoniche è l’effetto più sottile dell’an-<br />

armonicità, essendo un processo di soglia con elementi di impreve-<br />

dibilità legato allo stabilirsi di comportamento caotico in sistemi<br />

meccanici ed elettronici.<br />

Un semplice oscillatore non lineare monodimensionale eccita-<br />

to armonicamente alla sua frequenza fondamentale presenta nella<br />

risposta uno spettro in frequenza contenente una sequenza di sub-<br />

armoniche e ultrarmoniche: se il sistema è smorzato, le frequenze<br />

subarmoniche vengono generate quando l’ampiezza di oscillazione<br />

alla frequenza fondamentale supera un livello di soglia.


Inoltre, nei risonatori macroscopici la nonlinearità causa ac-<br />

coppiamento tra modi normali, e in tal modo si stabilisce un<br />

flusso netto di energia tra il modo alla frequenza fondamentale<br />

e oscillazioni a frequenze superiori e inferiori.<br />

In questa tesi è stato affrontato uno studio teorico e sperimen-<br />

tale della risposta di ceramiche piezoelettriche eccitate in regime<br />

di vibrazione non lineare. La geometria dei trasduttori esaminati<br />

è di due categorie: cilindrica circolare cava (tubi) e a lastra sot-<br />

tile (piastrina); il materiale di cui essi sono composti è ceramica<br />

piezoelettrica Navy type III, noto anche come PZT-8.<br />

Eccitando i campioni con una tensione sinusoidale a una fre-<br />

quenza pari a quella di un modo proprio, sono state effettuate<br />

misure del campo degli spostamenti superficiali. In regime non<br />

lineare, è stata messa in evidenza la presenza di una componente<br />

fondamentale di vibrazione e di armoniche superiori e, in partico-<br />

lare, inferiore. Inoltre è stato mostrato come all’aumentare della<br />

ampiezza di eccitazione si presenti uno spettro in frequenza quasi<br />

continuo, indice di una vibrazione di tipo caotico.<br />

Schema della Tesi<br />

La prima parte della presente tesi riporta alcuni elementi di<br />

teoria che sono stati utilizzati per l’elaborazione dei risultati spe-<br />

rimentali.<br />

Il primo capitolo presenta la teoria dell’elasticità sviluppata per


ELENCO DELLE FIGURE ix<br />

i materiali piezoelettrici: in esso sono ricavate le equazioni costi-<br />

tutive che governano il comportamento elastico di tali materiali.<br />

Nel secondo capitolo è affrontato, inizialmente, lo studio della<br />

propagazione ondosa libera in mezzi elastici, introducendo, suc-<br />

cessivamente, l’equazione d’onda per i solidi e per i fluidi.<br />

Nel terzo capitolo si introducono alcuni concetti sulle oscil-<br />

lazioni non lineari: riferendosi all’oscillatore di Duffing, viene data<br />

una giustificazione analitica della nascita di armoniche e subar-<br />

moniche in condizioni non lineari. Inoltre, dopo un’introduzione<br />

all’equazione di Mathieu, viene sviluppato un modello analitico<br />

che descrive il fenomeno della generazione delle armoniche frazion-<br />

ali, proprio basato sull’equazione di Mathieu.<br />

Nel quarto capitolo sono illustrati la catena di misura utilizzata<br />

nelle misure sperimentali e sono descritti i risultati sperimentali<br />

ottenuti nello studio delle vibrazioni non lineari in cui si verifica<br />

l’insorgenza di armoniche frazionali.<br />

Questi risultati sperimentali, che ottengono riscontro nel mo-<br />

dello analitico sviluppato, hanno consentito di dimostrare come il<br />

fenomeno della generazione delle armoniche frazionali sia a carat-<br />

tere ”locale”. Conseguenza della ”localizzazione” del fenomeno è<br />

anche l’indipendenza del processo e delle condizioni sotto cui si<br />

generano le armoniche frazionali dalla geometria dei campioni.


Capitolo 1<br />

Teoria dell’elasticità<br />

In questo capitolo sono presentati i principali risultati della<br />

teoria dell’elasticità, alcuni validi per un qualsiasi corpo continuo<br />

ed omogeneo, altri rivolti in particolare alla caratterizzazione dei<br />

materiali piezoelettrici, dei quali sono date alcune informazioni<br />

preliminari al paragrafo 1.1.<br />

In generale, la deformazione di un corpo è dovuta all’azione di<br />

forze esterne: se tali forze variano nel tempo, una perturbazione<br />

elastica si propaga nel materiale. L’aspetto della propagazione è<br />

affrontato con maggior dettaglio nel successivo capitolo. Di segui-<br />

to invece, si introducono nel paragrafo 1.2.1 le variabili meccaniche<br />

tensione e deformazione descritte dai relativi tensori; al paragrafo<br />

successivo si prendono in esame le condizioni per l’equilibrio di un<br />

volume solido interno al corpo per scrivere l’equazione del moto.<br />

Inoltre, per materiali piezoelettrici, è necessario tener conto<br />

delle variabili elettriche del campo: risulta lecita l’assunzione di<br />

approssimazione quasi-statica del campo elettromagnetico, di cui<br />

al paragrafo 1.2.3. Il problema assume la fisionomia della propaga-


1.1 I materiali piezoelettrici 2<br />

zione di una perturbazione elasto-elettrica, con l’interazione di<br />

grandezze meccaniche ed elettriche.<br />

Le equazioni costitutive sono presentate al paragrafo 1.3, in<br />

cui si ricava il legame tensione-deformazione (legge di Hooke),<br />

e al paragrafo 1.4, dove si specializza la trattazione ai materiali<br />

piezoelettrici. I legami tra le variabili di campo sono forniti da<br />

tensori che comprendono, nel caso più complesso, 41 costanti signi-<br />

ficative 1 . La simmetria dei cristalli interviene poi nella riduzione<br />

del numero di costanti indipendenti (par. 1.5).<br />

È opportuno sottolineare che le costanti elastiche qui considera-<br />

te assumono il valore relativo ad un processo adiabatico. Quando<br />

un corpo viene posto in vibrazione, a causa di effetti dissipativi in-<br />

terni, esso presenta una temperatura dipendente dal tempo e dallo<br />

spazio. Tuttavia, il trasferimento di calore per conduzione avviene<br />

con tempi molto più lunghi dei periodi di oscillazione in genere<br />

considerati, per cui diviene accettabile l’ipotesi di trasformazione<br />

adiabatica, riferendo a questa i valori delle costanti elastiche.<br />

1.1 I materiali piezoelettrici<br />

Il termine piezoelettricità indica la proprietà di alcuni cristalli<br />

di manifestare una polarizzazione elettrica se sollecitati da una<br />

deformazione meccanica, circostanza a cui si dà il nome di effetto<br />

piezoelettrico diretto. Viceversa, per effetto piezoelettrico inver-<br />

so si intende la situazione reciproca, in cui l’applicazione di una<br />

1 Si suddividono in 21 elastiche, 18 piezoelettrche, 6 dielettriche.


1.1 I materiali piezoelettrici 3<br />

polarizzazione elettrica è in grado di indurre nel materiale una<br />

deformazione meccanica. La totale invertibilità dei due effetti fa<br />

inserire la piezoelettricità tra i fenomeni fisici di tipo reversibile.<br />

Caratteristiche piezoelettriche si riscontrano in natura nei cri-<br />

stalli privi di un centro di simmetria (quarzo, sale di Rochelle). In<br />

realtà, l’effetto è stato evidenziato anche in cristalli monoatomi-<br />

ci come il tellurio (Te) ed il selenio (Se): in questi casi la po-<br />

larizzazione elettrica prodotta dalla deformazione è attribuita ad<br />

un cambiamento nella distribuzione della nube elettronica degli<br />

atomi.<br />

Attualmente i materiali più utilizzati nelle applicazioni sono<br />

di tipo artificiale: si tratta di ceramiche policristalline tra cui il<br />

titanato di bario (BaTiO3), il titanato di piombo (PbTiO3), lo<br />

zirconato di piombo (PbZrO3) e composti zirconio/titanio (cir-<br />

ca in rapporto di 53/47), le ultime tre comunemente indicate<br />

nella nomenclatura industriale con la sigla PZT (Piezoelectric<br />

lead Zirconium Titanate ceramics); specifici additivi possono in-<br />

oltre essere aggiunti per dare a ciascuna composizione le proprietà<br />

fisico-chimiche desiderate.<br />

Il processo tecnologico di fabbricazione delle ceramiche piezoe-<br />

lettriche prevede una prima lavorazione per sinterizzazione 2 : si<br />

giunge ad un solido composto da una moltitudine di domini fer-<br />

roelettrici orientati in modo casuale e conseguentemente incapaci<br />

2 Si tratta di un procedimento per cui da un miscuglio di polveri cristalline, si passa ad<br />

un solido di forma opportuna (barre, piastre, anelli, dischi, cilindri cavi, etc.) attraverso la<br />

compressione ed il riscaldamento in forno delle polveri.


1.1 I materiali piezoelettrici 4<br />

di infondere nel materiale proprietà piezoelettriche. Dopo aver<br />

disposto sulla superficie del solido elettrodi di argento per fusione<br />

o elettrodi di nickel per deposizione chimica, ad esempio, si passa<br />

all’applicazione di un elevato campo elettrico (pooling process),<br />

tipicamente 200 V/m a temperature di 100 ◦ C, che causa l’allinea-<br />

mento dei domini rendendo piezoelettrica la ceramica. La piezoe-<br />

lettricità, anche detta elettrostrizione nel caso delle ceramiche,<br />

permane all’annullarsi del campo elettrico ed a temperatura am-<br />

biente, ma viene perduta al di sopra della temperatura di Curie,<br />

generalmente tra i 200 e i 400 ◦ C, in relazione alla ceramica.<br />

La direzione di polarizzazione definisce, per convenzione, l’asse<br />

z di un sistema di coordinate ortogonali. Si è soliti utilizzare una<br />

notazione degli assi che sostituisce alle lettere x, y e z i numeri 1,<br />

2 e 3, utilizzando il 4, 5 e 6 per indicare le distorsioni intorno agli<br />

assi 1, 2 e 3 rispettivamente.<br />

Facendo riferimento all’effetto inverso, in figura 1.1 sono illu-<br />

strate le tipologie di deformazione che possono avvenire in un<br />

elemento piezoelettrico. Il caso (a) si riferisce ad un campione<br />

il cui asse di polarizzazione è parallelo alla direzione di un cam-<br />

po elettrico. Un campo applicato della stessa polarità del campo<br />

di polarizzazione causa elongazione lungo l’asse 3 e contrazione<br />

in tutte le direzioni perpendicolari. Un campo inverso provoca<br />

contrazione secondo l’asse 3 ed espansione nelle direzioni trasver-<br />

sali. Il caso (b) mostra invece la condizione con asse di polariz-<br />

zazione perpendicolare al campo elettrico. Le deformazioni che ne


1.2 Il campo elasto-elettrico 5<br />

3<br />

(+)<br />

Elettrodi<br />

(−)<br />

(−)<br />

(a) (b)<br />

(+)<br />

Figura 1.1: Deformazioni in un elemento piezoelettrico.<br />

scaturiscono sono di taglio e possono realizzarsi solo se l’elemento<br />

è vincolato rigidamente 3 .<br />

1.2 Il campo elasto-elettrico<br />

1.2.1 Variabili meccaniche<br />

Deformazioni<br />

La figura 1.2 mostra due punti M ed N appartenenti ad un<br />

corpo elastico sottoposto a deformazione ed individuati nel sis-<br />

tema di riferimento cartesiano Ox1x2x3 dai vettori posizione xM<br />

e xN. L’elemento infinitesimo di lunghezza dx sia soggetto ad<br />

una deformazione tale da trasferire M ed N in M ′ ed N ′ attraver-<br />

so gli spostamenti uM ed uN. Indicati i nuovi vettori posizione<br />

con x ′ M e x′ N , risultano definite le seguenti componenti del vettore<br />

3 Diversamente si avrebbe una violazione del principio di conservazione del momento della<br />

quantità di moto.<br />

3


1.2 Il campo elasto-elettrico 6<br />

x1<br />

spostamento:<br />

x3<br />

xN<br />

N<br />

dx<br />

M<br />

xM x ′ N<br />

x ′ M<br />

uM<br />

x2<br />

M ′<br />

uN<br />

dx ′<br />

Figura 1.2: Deformazione di un solido.<br />

uM,i(xj, t) = x ′ M,j(t) − xM,j<br />

N ′<br />

(1.1a)<br />

uN,i(xj + dxj, t) = uN,i(xj, t) + ∂uN,i<br />

dxj , (1.1b)<br />

∂xj<br />

nelle quali la variabile temporale t tiene conto del movimento lo-<br />

cale intorno la posizione di equilibrio di ciascun punto e gli indici<br />

i e j assumono i valori 1, 2 e 3. Il tensore del secondo ordine<br />

∂uN,i/∂xj che compare nella equazione (1.1b) prende il nome di<br />

gradiente di spostamento 4 ; il corpo subirà deformazione solo nel<br />

caso in cui il gradiente sia diverso da zero.<br />

In questa forma, tuttavia, il tensore non è adatto a descrivere<br />

deformazioni, in quanto risulterebbe non nullo anche in corrispon-<br />

denza di una rotazione rigida. Il problema può essere risolto de-<br />

componendo ∂ui/∂xj [1] in una parte antisimmetrica Ωij e in una<br />

4 Nelle relazioni successive si ometterà l’indicazione del pedice N.


1.2 Il campo elasto-elettrico 7<br />

simmetrica Sij<br />

Ωij(xj, t) = 1<br />

<br />

∂ui<br />

−<br />

2 ∂xj<br />

∂uj<br />

<br />

∂xi<br />

(1.2)<br />

Sij(xj, t) = 1<br />

<br />

∂ui<br />

+<br />

2 ∂xj<br />

∂uj<br />

<br />

.<br />

∂xi<br />

(1.3)<br />

Lo spostamento descritto dalla (1.1b) diventa:<br />

ui(xj + dxj, t) = ui(xj, t) + Sijdxj + Ωijdxj , (1.4)<br />

in cui i termini del secondo membro tengono conto rispettivamente<br />

di una traslazione, di una deformazione, di una rotazione locale<br />

del corpo.<br />

Nella successiva scrittura delle equazioni di campo (1.35) e<br />

(1.38) il tensore Ωij non sarà considerato: esso, infatti, porterebbe<br />

ad avere un termine inerziale trascurabile rispetto agli altri e quin-<br />

di non fondamentale per lo studio della propagazione delle onde<br />

elastiche.<br />

Indicato con dV un volume infinitesimo del corpo, si definisce<br />

dilatazione il rapporto S = (dV ′ −dV )/dV , che risulta esprimibile<br />

come:<br />

S = div u = ∂ui<br />

∂xi<br />

= Sii , (1.5)<br />

cioè, la variazione di volume S è uguale alla traccia Sii del tensore<br />

di deformazione.<br />

I termini Sij, con i = j, si riferiscono, invece, a spostamenti<br />

duj perpendicolari all’elemento dxi e corrispondono ad una defor-<br />

mazione di taglio responsabile della variazione dell’angolo tra due<br />

elementi infinitesimi inizialmente perpendicolari.


1.2 Il campo elasto-elettrico 8<br />

x1<br />

x3<br />

fdV<br />

Figura 1.3: Equilibrio meccanico di un volume interno ad un solido.<br />

Tensioni<br />

n<br />

ds<br />

La deformazione di un solido è dovuta all’azione di forze es-<br />

terne: queste possono essere forze superficiali di contatto o forze<br />

di volume (gravitazionali, elettromagnetiche, etc.). L’equilibrio<br />

meccanico sarà garantito solo se nel corpo nascono forze interne<br />

di reazione.<br />

Considerato un elemento di superficie arbitrario, interno al soli-<br />

do e di area ds su cui agisce una forza dF (Figura 1.3), si definisce<br />

il vettore tensione meccanica T come forza per unità di area<br />

dF /ds; la sua intensità e direzione dipendono dall’orientamen-<br />

to dell’elemento ds, per cui introdotto il versore n = (n1, n2, n3)<br />

normale a ds si può scrivere:<br />

T (n) = lim<br />

ds→0<br />

x2<br />

<br />

dF<br />

ds<br />

s<br />

dV<br />

V<br />

pds<br />

. (1.6)<br />

Si prenda in esame un volume V interno al solido; siano pi ed fi<br />

le componenti delle forze di superficie e di volume. La risultante


1.2 Il campo elasto-elettrico 9<br />

F delle forze applicate al volume V è la somma della tensione<br />

T (n) sulla superficie s, che racchiude V , e delle forze di volume<br />

agenti all’interno di V :<br />

<br />

Fi =<br />

s<br />

<br />

Ti(n)ds +<br />

V<br />

fidV = 0 . (1.7)<br />

L’applicazione del teorema della divergenza consente di scrivere:<br />

<br />

V<br />

<br />

fidV = −<br />

V<br />

<br />

∂Tik<br />

dV = − Tiknkds<br />

∂xk<br />

s<br />

(1.8)<br />

e sostituendo nella (1.7) si ottiene:<br />

Ti(n) = Tiknk . (1.9)<br />

Quest’ultima esprime la tensione meccanica attraverso le nove<br />

componenti Tik appartenenti al tensore delle tensioni di rango<br />

due ed espresse in [N/m 2 ].<br />

1.2.2 Equazioni del moto<br />

La conoscenza del tensore delle tensioni consente di scrivere le<br />

equazioni di equilibrio dinamico per un volume interno al solido.<br />

Sostituendo l’integrale di superficie della (1.7) con l’integrale<br />

di volume fornito dall’ultima uguaglianza della (1.8), la risultante<br />

delle forze agenti sul volume V diventa:<br />

<br />

Fi =<br />

V<br />

<br />

∂Tik<br />

∂xk<br />

<br />

+ fi dV = 0 . (1.10)<br />

L’applicazione della seconda equazione della dinamica porta quin-<br />

di alla:<br />

∂Tik<br />

∂xk<br />

+ fi = ρ ∂2ui , (1.11)<br />

∂t2


1.2 Il campo elasto-elettrico 10<br />

la quale va sotto il nome di equazione elastodinamica del moto per<br />

un mezzo solido continuo.<br />

Si prenda ora in considerazione un piccolo volume dV soggetto<br />

ad una rotazione θk intorno all’asse coordinato Oxk. L’equazione<br />

di equilibrio alla rotazione [1] si riduce 5 alla<br />

Tji − Tij + Gk = 0 , (1.12)<br />

avendo indicato con Gk il momento delle forze esterne per unità<br />

di volume.<br />

Nel caso in cui Gk sia nullo, la (1.12) fornisce la relazione<br />

Tji = Tij , (1.13)<br />

che esprime la simmetria del tensore delle tensioni, le cui compo-<br />

nenti indipendenti si riducono quindi a sei.<br />

A rigore, per lo studio dei cristalli polari sottoposti ad un cam-<br />

po elettrico sarebbero necessarie tutte le componenti del tensore;<br />

tuttavia, la torsione è piccola rispetto alle deformazioni prodotte<br />

dalle tensioni normali e di taglio e, nella pratica, la simmetria del<br />

tensore è assunta anche quando non direttamente verificata.<br />

1.2.3 Variabili elettriche<br />

Nei paragrafi precedenti, lo stato meccanico del solido è sta-<br />

to descritto mediante i tensori di deformazione e delle tensioni:<br />

queste quantità variabili nel tempo e nello spazio costituiscono il<br />

campo elastico.<br />

5 Nella semplificazione si considera che il momento di inerzia Ik → 0 per dV → 0.


1.2 Il campo elasto-elettrico 11<br />

Nei materiali piezoelettrici l’interdipendenza delle variabili mec-<br />

caniche ed elettriche implica accoppiamento tra le onde elastiche<br />

ed elettromagnetiche. Contributi dovuti al campo elettrico inter-<br />

vengono nelle equazioni dinamiche e termini relativi alla defor-<br />

mazione vanno considerati nelle equazioni elettromagnetiche.<br />

Teoricamente la distribuzione del campo può essere trovata<br />

solo risolvendo simultaneamente le equazioni dinamiche e quelle<br />

di Maxwell, ottenendo soluzioni rappresentate da onde ”elasto-<br />

elettromagnetiche”: in particolare, tre onde elastiche accompa-<br />

gnate da un campo elettrico e due elettromagnetiche seguite da<br />

una deformazione meccanica.<br />

Il problema può essere semplificato, essendo la velocità delle<br />

onde elastiche molto minore della velocità delle onde elettromagne-<br />

tiche 6 : questo va imputato al fatto che il campo elastico coinvolge<br />

spostamento di materia, con un trasferimento di deformazioni e<br />

tensioni da un punto ad un altro molto lento rispetto alla velocità<br />

di propagazione del campo elettrico. Di conseguenza, i campi elet-<br />

trico e magnetico associati alle vibrazioni meccaniche, propagan-<br />

tisi con la velocità della perturbazione elastica diventano trascur-<br />

abili. Diventa lecita l’approssimazione di considerare il campo<br />

elettromagnetico associato al campo elastico, di tipo quasi-statico<br />

e, le equazioni di Maxwell forniscono<br />

∇ × E = − ∂B<br />

∂t<br />

0 , (1.14)<br />

in cui B è il campo magnetico ed E è il campo elettrico derivabile,<br />

6 c = (10 4 ÷ 10 5 )V , c: velocità onde elettromagnetiche, V : velocità onde elastiche.


1.2 Il campo elasto-elettrico 12<br />

come in elettrostatica, dal potenziale scalare Φ secondo la<br />

Ei = − ∂Φ<br />

. (1.15)<br />

∂xi<br />

L’energia magnetica prodotta dalla deformazione è trascura-<br />

bile se paragonata alla quotaparte elettrica, così come, nel caso<br />

dell’onda elettromagnetica, l’energia elastica lo è rispetto a quella<br />

elettromagnetica.<br />

Da tali considerazioni ne deriva che l’interazione tra le tre onde<br />

elastiche e le due elettromagnetiche è debole e, conseguentemente,<br />

i fenomeni di propagazione ad esse associati possono essere trattati<br />

separatamente.<br />

Insieme al campo elettrico, l’altra variabile necessaria alla de-<br />

scrizione dei solidi piezoelettrici è il vettore spostamento elettrico<br />

D; esso segue l’equazione di Poisson<br />

∂Dj<br />

∂xj<br />

dove ρe è la densità volumica di cariche.<br />

= ρe , (1.16)<br />

Per materiali conduttori, infine, dovrà essere verificata l’equazio-<br />

ne di conservazione della carica<br />

∂Ji<br />

∂xi<br />

+ ∂ρe<br />

∂t<br />

= 0 , (1.17)<br />

avendo indicato con Ji la densità di corrente di conduzione per<br />

unità di area.<br />

1.2.4 Condizioni al contorno<br />

Quando siano riferite ad un mezzo di dimensioni finite, le solu-<br />

zioni delle precedenti equazioni devono soddisfare opportune con-


1.2 Il campo elasto-elettrico 13<br />

dizioni al contorno tra il materiale in esame e quello ad esso<br />

adiacente.<br />

Se i due materiali sono solidi rigidamente a contatto, lo sposta-<br />

mento deve essere continuo in tutti i punti del contorno di sepa-<br />

razione, per cui<br />

u (1)<br />

i<br />

= u(2)<br />

i , (1.18)<br />

dove l’apice (2) è riferito al materiale in contatto con la superficie<br />

del mezzo piezoelettrico (1). Per il caso particolare di contatto<br />

solido-fluido, la precedente condizione si applica alla sola compo-<br />

nente normale dello spostamento, in quanto il fluido è libero di<br />

muoversi in direzioni parallele alla superficie.<br />

Scrivendo l’equilibrio per ogni punto della superficie del solido<br />

[1], si giunge inoltre all’espressione<br />

T (1)<br />

i<br />

− T (2)<br />

i = pi . (1.19)<br />

Essendo pi la forza esterna di superficie per unità di area; in as-<br />

senza di quest’ultima, la tensione Ti è continua. Se il mezzo (2) si<br />

riduce al vuoto, allora<br />

T (1)<br />

i<br />

(1)<br />

= T ij nj = 0 , (1.20)<br />

cioè la tensione meccanica è nulla in corrispondenza di superficie<br />

libera.<br />

Le condizioni elettriche, in virtù dell’approssimazione quasi-<br />

statica (paragrafo 1.2.3), sono quelle che si riferiscono al campo<br />

elettrostatico. Sulla superficie di separazione tra i due mezzi, si ha


1.3 Legge di Hooke 14<br />

conservazione della componente tangenziale del campo elettrico e<br />

del potenziale scalare:<br />

E (2)<br />

t = E (1)<br />

t<br />

(1.21)<br />

Φ (2) = Φ (1) . (1.22)<br />

La componente normale dello spostamento elettrico rispetta la<br />

condizione<br />

con σ densità superficiale di carica libera.<br />

D (2)<br />

n − D (1)<br />

n = σ , (1.23)<br />

Infine, la densità di corrente di conduzione richiede che:<br />

1.3 Legge di Hooke<br />

J (1)<br />

n − J (2)<br />

n = dσ<br />

. (1.24)<br />

dt<br />

Al paragrafo 1.2.1 si è visto come l’equilibrio meccanico di un<br />

solido soggetto a deformazione sia garantito dalla nascita di ten-<br />

sioni interne di reazione; è intuibile l’esistenza di una relazione che<br />

leghi tensione e deformazione.<br />

In generale, si può distinguere tra materiali duttili e materiali<br />

fragili; i primi, al nascere della sollecitazione, sono caratterizzati<br />

da un legame tensione-deformazione di tipo lineare (campo elas-<br />

tico), quindi con andamento discostantesi dalla linearità all’au-<br />

mentare del carico (campo plastico), per poi giungere al collasso<br />

in corrispondenza della tensione di rottura; i secondi, invece, pre-<br />

sentano il solo campo elastico e il superamento di tale limite li<br />

porta direttamente a rottura.


1.3 Legge di Hooke 15<br />

In campo elastico, al cessare della sollecitazione si ha un re-<br />

cupero totale della deformazione. Raggiunto il campo plasti-<br />

co, la deformazione elastica è ancora recuperata all’annullarsi del<br />

carico, ma sarà presente anche una quotaparte di deformazione<br />

permanente.<br />

Si consideri un materiale elastico e si sviluppi in serie di Taylor<br />

intorno al valore Skl = 0 il tensore delle tensioni:<br />

Tij(Skl) = Tij(0) + ∂Tij<br />

<br />

<br />

Skl<br />

∂Skl<br />

+<br />

Skl=0<br />

+ 1 ∂<br />

2<br />

2 <br />

Tij <br />

SklSmn + . . . ; (1.25)<br />

∂Skl∂Smn<br />

<br />

Skl=0,Smn=0<br />

nell’ipotesi di piccole deformazioni, quando cioè il gradiente di<br />

spostamento assume valori di 10 −4 o 10 −3 , tale sviluppo può essere<br />

arrestato al primo ordine ed essendo Tij(0) = 0 si ottiene<br />

in cui<br />

Tij = cijklSkl , (1.26)<br />

<br />

<br />

<br />

cijkl = ∂Tij<br />

∂Skl<br />

<br />

Skl=0<br />

. (1.27)<br />

L’equazione (1.26) è nota come legge di Hooke e costituisce la<br />

relazione di proporzionalità tra tensioni e deformazioni attraverso<br />

le 81 componenti cijkl del tensore di rigidità, espresse in newton<br />

al metro quadrato.<br />

La simmetria dei tensori Tij e Skl consente di scambiare la<br />

coppia di indici ij e la coppia kl, per cui<br />

cijkl = cjikl cijkl = cijlk (1.28)<br />

ed il numero di costanti indipendenti si riduce da 81 a 36.


1.3 Legge di Hooke 16<br />

Facendo uso nella (1.26) dell’espressione (1.3) del tensore sim-<br />

metrico Skl, la legge di Hooke può essere riscritta in termini di<br />

spostamenti come:<br />

Tij = 1<br />

2 cijkl<br />

∂uk<br />

∂xl<br />

+ 1<br />

2 cijkl<br />

∂ul<br />

∂xk<br />

ed essendo cijkl = cijlk si ottiene in definitiva<br />

Tij = cijkl<br />

(1.29)<br />

∂ul<br />

. (1.30)<br />

∂xk<br />

È opportuno sostituire la notazione tensoriale che fa uso degli<br />

indici i, j, k, l, con quella matriciale; poste le seguenti corrispon-<br />

denze<br />

(11) ↔ 1 (22) ↔ 2 (33) ↔ 3<br />

(23) = (32) ↔ 4 (31) = (13) ↔ 5 (12) = (21) ↔ 6 ,<br />

(1.31)<br />

è sufficiente utilizzare due indici α e β con valori da 1 a 6, in modo<br />

che α sia associato a (ij) e β a (kl) 7 .<br />

Impiegando tale notazione, la legge di Hooke (1.26) può essere<br />

riscritta nella forma<br />

ma questo richiede che Sβ sia definito come<br />

Tα = cαβSβ, (1.32)<br />

S1 = S11, S2 = S22, S3 = S33, S4 = 2S23, S5 = 2S13, S6 = 2S12 .<br />

L’inversione della legge di Hooke consente di esprimere le de-<br />

formazioni in termini di tensioni:<br />

7 Ad esempio: cαβ = c14 = cijkl = c1123 = c1132.<br />

Sij = sijklTkl . (1.33)


1.3 Legge di Hooke 17<br />

Tensioni (10 9 Pa)<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

Scarico<br />

C<br />

Carico<br />

-0.6 -0.5 -0.4 -0.3 -0.2 -0.1 0.0<br />

Deformazioni (%)<br />

Figura 1.4: Curva tensione-deformazione del PZT-8 ([6]).<br />

Il legame tra le due grandezze è ora realizzato dalle componenti<br />

sijkl del tensore di elasticità, che gode delle stesse proprietà di<br />

simmetria del tensore cijkl. Facendo uso della simbologia (1.31) si<br />

avrà:<br />

Sα = sαβTβ . (1.34)<br />

Una tipica curva tensione-deformazione per materiali piezoelet-<br />

trici ceramici (PZT-8) è illustrata in figura 1.4. Essa è stata ot-<br />

tenuta da uno studio sperimentale [6] compiuto su dischi ceramici<br />

sottoposti a prove di compressione parallelamente all’asse di po-<br />

larizzazione. Sollecitando i provini in modo tale che il tasso di<br />

crescita della tensione fosse di 0.25·10 9 Pa/s in fase di carico e<br />

di 0.5·10 9 Pa/s in fase di scarico, è stata messa in evidenza la<br />

comparsa di un ciclo di isteresi. L’andamento iniziale della curva<br />

è circa lineare. All’aumentare del carico si ha un discostamento


1.4 Equazioni costitutive di campo 18<br />

dalla linearità con una riduzione del modulo elastico tangente 8 fin<br />

quando, procedendo ulteriormente nell’incremento di tensione, si<br />

giunge ad un valore critico in corrispondenza del punto di flesso C<br />

caratterizzato dalla minima rigidità. Si ha quindi un irrigidimento<br />

del materiale con un riavvicinamento alla linearità. Raggiunta la<br />

tensione massima e procedendo allo scarico del campione, si segue<br />

un ramo della curva differente dal percorso di andata. Al valore<br />

nullo di tensione si riscontra una deformazione residua.<br />

Da tale fenomenologia si deduce un comportamento del mate-<br />

riale contraddistinto da un graduale rilassamento elastico, seguito<br />

da un irrigidimento a partire dal punto C della curva di carico.<br />

Evidenti sono le caratteristiche di inelasticità dovute all’isteresi e<br />

quindi l’applicazione della legge di Hooke alle ceramiche piezoelet-<br />

triche andrà fatta rispettando rigorosamente l’ipotesi di piccole<br />

deformazioni. Diversamente, bisognerebbe utilizzare un modello<br />

teorico più complesso [6] che permetta di prendere in considera-<br />

zione i fenomeni descritti.<br />

1.4 Equazioni costitutive di campo<br />

Si è detto che nei materiali piezoelettrici alla propagazione delle<br />

grandezze elastiche si accompagna quella di un campo elettrico,<br />

che risultano così quantità tra loro accoppiate; dopo aver trattato,<br />

con la legge di Hooke, l’aspetto puramente meccanico, occorre<br />

8 Il modulo tangente indica la pendenza della curva tensione-deformazione.


1.4 Equazioni costitutive di campo 19<br />

introdurre equazioni che siano contemporaneamente funzione delle<br />

variabili di campo deformazione meccanica S e campo elettrico E.<br />

La prima equazione si riferisce allo spostamento elettrico Di ed<br />

assume la forma<br />

in cui il tensore e E ijk<br />

Di = ɛ S ijEj + e E ijkSjk , (1.35)<br />

di rango tre contiene le costanti piezoelettriche<br />

espresse in coulomb al metro quadrato e fornisce la variazione di<br />

Di rispetto Sij, quando si tenga costante il campo elettrico:<br />

e E ijk =<br />

<br />

∂Di<br />

∂Sjk<br />

E<br />

. (1.36)<br />

La simmetria del tensore Sjk consente di scambiare tra loro gli ulti-<br />

mi due indici del tensore e E ijk<br />

indipendenti passa così da 27 a 18.<br />

Il tensore ɛ S ij<br />

ed il numero di costanti piezoeletriche<br />

del secondo ordine è costituito dalle costanti dielet-<br />

triche (permittività) espresse in F/m e tiene conto della variazione<br />

dello spostamento dovuta al campo elettrico, in condizioni di de-<br />

formazione costante:<br />

ɛ S ij =<br />

<br />

∂Di<br />

∂Ej<br />

S<br />

. (1.37)<br />

La seconda equazione deriva da considerazioni termodinamiche<br />

[1] relative alla variazione di energia interna durante una trasfor-<br />

mazione reversibile cui sia soggetto il materiale piezoelettrico.<br />

Essa consente di esprimere la variabile tensione meccanica come<br />

Tjk = −e S ijkEi + c E jklmSlm . (1.38)<br />

I coefficienti di proporzionalità che compaiono nel secondo mem-<br />

bro della precedente, mostrano che un campo elettrico o una de-


1.5 Numero di costanti indipendenti nei sistemi cristallografici 20<br />

formazione sono capaci di produrre una tensione meccanica Tjk,<br />

rispettivamente in condizioni di deformazione o campo elettrico<br />

costante 9 :<br />

e S ijk = −<br />

∂Tjk<br />

<br />

∂Ei<br />

<br />

c E <br />

∂Tjk<br />

jklm =<br />

∂Slm<br />

S<br />

E<br />

(N/Vm) (1.39)<br />

(N/m 2 ) . (1.40)<br />

Facendo uso della notazione matriciale in accordo alle conven-<br />

zioni (1.31), le equazioni (1.35) e (1.38) possono essere riscritte<br />

come<br />

Di = ɛ S ijEj + e E iαSα<br />

(1.41a)<br />

Tα = c E αβSβ − e S iαEi ; (1.41b)<br />

esse rappresentano le equazioni costitutive che governano il com-<br />

portamento elastico e piezoelettrico, fornendo lo spostamento elet-<br />

trico e la tensione meccanica in termini delle variabili indipendenti<br />

campo elettrico e deformazione.<br />

1.5 Numero di costanti indipendenti nei siste-<br />

mi cristallografici<br />

In questo paragrafo ci si limiterà a riportare alcuni risultati<br />

notevoli relativi all’argomento in esame; una trattazione appro-<br />

fondita del problema può comunque trovarsi nei riferimenti bibli-<br />

ografici [1], [3], [4].<br />

La matrice 6 × 6 dei moduli elastici c E αβ<br />

presenta simmetria<br />

rispetto la diagonale principale, per cui il numero di costanti<br />

9 Nella simbologia si è omesso di indicare la costanza dell’entropia.


1.5 Numero di costanti indipendenti nei sistemi cristallografici 21<br />

indipendenti passa da 36 a 21:<br />

(c E <br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

αβ) = <br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

c11 c12 c13 c14 c15 c16<br />

c12 c22 c23 c24 c25 c26<br />

c13 c23 c33 c34 c35 c36<br />

c14 c24 c34 c44 c45 c46<br />

c15 c25 c35 c45 c55 c56<br />

c16 c26 c36 c46 c56 c66<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

triclino. (1.42)<br />

Ulteriori semplificazioni possono derivare dalla simmetria propria<br />

di ciascun sistema cristallografico. I casi estremi sono rappresen-<br />

tati dal sistema triclino, per il quale il numero di costanti rimane<br />

inalterato a 21 come nella matrice (1.42), e dai solidi isotropi,<br />

che, dotati di elevata simmetria 10 , sono caratterizzabili attraverso<br />

le due sole costanti elastiche, dette costanti di Lamè, λ e µ, tali<br />

che<br />

c11 = c22 = c33 = λ + 2µ<br />

c12 = c23 = c13 = λ<br />

c44 = c55 = c66 = c11−c12<br />

2<br />

e le restanti componenti della (1.42) nulle 11 :<br />

= µ,<br />

(1.43)<br />

10 Il tensore di rigidità per solidi isotropi è invariante rispetto a cambiamenti di assi,<br />

rotazioni e simmetrie rispetto un punto o un piano.<br />

11 In alternativa a λ e µ, si possono utilizzare il modulo di Young Y ed il coefficiente di<br />

Poisson ν.


1.5 Numero di costanti indipendenti nei sistemi cristallografici 22<br />

(c E αβ) =<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

c11 c12 c12 0 0 0<br />

c12 c11 c12 0 0 0<br />

c12 c12 c11 0 0 0<br />

0 0 0 c44 0 0<br />

0 0 0 0 c44 0<br />

0 0 0 0 0 c44<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

isotropo. (1.44)<br />

I rimanenti sistemi cristallini sono descrivibili da un numero di<br />

costanti che oscilla all’interno dei suddetti limiti. In particolare,<br />

si vogliono ancora citare i cristalli della classe 6mm appartenenti<br />

al sistema esagonale 12 , la cui matrice di rigidità presenta 5 com-<br />

ponenti indipendenti:<br />

(c E αβ) =<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

con c66 = (c11 − c12)/2.<br />

c11 c12 c13 0 0 0<br />

c12 c11 c13 0 0 0<br />

c13 c13 c33 0 0 0<br />

0 0 0 c44 0 0<br />

0 0 0 0 c44 0<br />

0 0 0 0 0 c66<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

classe 6mm, (1.45)<br />

Le matrici piezoelettriche e dielettriche dispongono, nel caso<br />

più generale di anisotropia (sistema triclino), rispettivamente di<br />

18 e 6 costanti significative. Facendo ancora riferimento alla classe<br />

12 Il sistema esagonale dispone di un asse principale cristallografico proveniente dalla<br />

combinazione di un asse diadico con uno triadico.


1.5 Numero di costanti indipendenti nei sistemi cristallografici 23<br />

6mm, la simmetria cristallografica riduce il numero di costanti in-<br />

dipendenti a 3 e 2, nell’ordine:<br />

(e E iα) =<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

0 0 0 0 e15 0<br />

0 0 0 e15 0 0<br />

e31 e31 e33 0 0 0<br />

(ɛ S ij) =<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

ɛ11 0 0 <br />

<br />

<br />

<br />

<br />

0 ɛ11 0 <br />

<br />

<br />

<br />

<br />

0 0 ɛ33 <br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

classe 6mm, (1.46)<br />

classe 6mm. (1.47)<br />

Si può dimostrare che le proprietà elasto-elettriche di un cristallo<br />

della classe 6mm sono invarianti per rotazioni intorno l’asse prin-<br />

cipale; i piani che contengono questo asse sono equivalenti tra loro<br />

e il materiale è trasversalmente isotropo.<br />

Nelle ceramiche piezoelettriche (PZT), tale isotropia si manife-<br />

sta perpendicolarmente alla direzione di polarizzazione e ciò rende<br />

possibile rappresentare le caratteristiche elastiche, piezoelettriche<br />

e dielettriche dei PZT (Tabella 1.1) attraverso le matrici proprie<br />

della classe 6mm.<br />

c11 c12 c13 c33 c44 c66 e15 e31 e33 ɛ11 ɛ33<br />

(10 10 N/m 2 ) (C/m 2 ) (10 −11 F/m)<br />

14.9 8.11 8.11 13.2 3.13 3.39 12.7 -5.2 15.1 650 560<br />

Tabella 1.1: Costanti elastiche, piezoelettriche e dielettriche della ceramica<br />

PZT-8.


Capitolo 2<br />

Onde in mezzi elastici<br />

Dopo aver introdotto nel precedente capitolo le equazioni fon-<br />

damentali della teoria dell’elasticità, si vuole ora procedere allo<br />

studio della propagazione di onde nei materiali.<br />

Al paragrafo 2.1 si considera il caso di propagazione libera<br />

introducendo l’equazione d’onda dapprima nella forma generale<br />

valida per i solidi, estesa poi al caso dei materiali piezoelettrici ed<br />

infine ricavata anche per i fluidi.<br />

Rimane ancora una precisazione circa l’ipotesi di corpo con-<br />

tinuo: essa richiede che la lunghezza d’onda sia molto maggiore<br />

delle distanze interatomiche nel materiale; quando infatti le due<br />

grandezze diventino comparabili, il mezzo non è più continuo<br />

rispetto alla scala di variazione spaziale delle variabili meccaniche,<br />

ed assume proprietà dispersive. Nota la velocità di propagazione,<br />

risulta fissato un limite superiore per la frequenza dell’onda oltre il<br />

quale la propagazione è impedita. Tuttavia, le comuni applicazioni<br />

dei risonatori piezoelettrici, anche quando avvengano alle più alte<br />

frequenze (10 GHz), permettono di ritenere verificata l’ipotesi di


2.1 Equazione d’onda 25<br />

corpo continuo senza necessità di imporre restrizioni alcune.<br />

2.1 Equazione d’onda<br />

2.1.1 Propagazione nei solidi<br />

Si consideri un solido localmente in moto per effetto di un di-<br />

sturbo propagantesi al suo interno. Nell’ipotesi semplificativa di<br />

assenza di forze di volume fi, l’equazione del moto (1.11) si riduce<br />

a<br />

ρ ∂2ui ∂t2 ∂Tik<br />

= .<br />

∂xk<br />

(2.1)<br />

Combinando la precedente con l’espressione del tensore delle ten-<br />

sioni Tik fornita dalla legge di Hooke nella forma (1.30), si giunge<br />

ad un’equazione nella sola incognita spostamento u:<br />

ρ ∂2 ui<br />

∂t<br />

2 = cijkl<br />

∂ 2 ul<br />

. (2.2)<br />

∂xj∂xk<br />

Quest’ultima rappresenta l’equazione delle onde valida in tre di-<br />

mensioni per un mezzo elastico lineare in assenza di forze ester-<br />

ne e di dissipazione, e costituisce un sistema di tre equazioni<br />

differenziali del secondo ordine nelle incognite ui.<br />

Una soluzione immediata è fornita da un’onda piana monocro-<br />

matica di ampiezza A, pulsazione ω e vettore d’onda k, esprimi-<br />

bile in forma complessa come<br />

u = Ae j(ωt−k·x)<br />

(2.3)<br />

che, sostituita nell’equazione (2.2), consente di eliminare la dipen-<br />

denza temporale e studiare il problema attraverso la cosiddetta


2.1 Equazione d’onda 26<br />

equazione di Christoffel [1]<br />

ρω 2 Ai = cijklkjkkAl , (2.4)<br />

la quale può essere scritta in forma migliore introducendo il ten-<br />

sore di Kronecker δil ed il tensore di Christoffel Γil = cijklkjkk:<br />

(ρω 2 δil − Γil)Al = 0 . (2.5)<br />

Il sistema omogeneo (2.5) mostra che la polarizzazione Al dell’on-<br />

da, indicante la direzione dello spostamento delle particelle costi-<br />

tuenti il mezzo 1 , è un autovettore del tensore Γil con autovalore<br />

γ = ρω 2 legato alla velocità di propagazione dell’onda o velocità<br />

di fase 2 V f = ω/k.<br />

Per una data direzione, ci sono in generale tre velocità di fase<br />

che sono le soluzioni dell’equazione secolare<br />

|ρω 2 δil − Γil| = 0 , (2.6)<br />

che esprime la relazione di dispersione fra la frequenza dell’onda<br />

ed il suo numero d’onda. Come detto, per ciascuna velocità, cioè<br />

per ciascun autovalore, esiste un corrispondente autovettore che<br />

fornisce la direzione di spostamento delle particelle. La simmetria<br />

del tensore di rigidità cijkl trasferisce la stessa proprietà al tensore<br />

Γil, che risulterà così dotato di autovalori reali e autovettori or-<br />

togonali. Da ciò si desume che tre onde piane con polarizzazioni<br />

1 Una convenzione alternativa considera come direzione di polarizzazione quella ortogonale<br />

allo spostamento delle particelle.<br />

2 La definizione indica la velocità con cui un ipotetico osservatore si deve muovere per<br />

vedere l’onda con la medesima fase in ogni istante.


2.1 Equazione d’onda 27<br />

ortogonali tra loro possono propagarsi nella stessa direzione con<br />

differenti velocità.<br />

Un’onda è detta dispersiva se la sua velocità di propagazione<br />

non è costante, ma dipende da k e quindi dalla frequenza. Questo<br />

deriva dal fatto che una soluzione generale dell’equazione d’onda è<br />

rappresentata dalla sovrapposizione di diverse onde di tipo (2.3),<br />

costituenti un pacchetto di onde. Se la velocità di fase non è la<br />

stessa per tutti i k, quindi ω = ck, dove c è una costante, allora le<br />

soluzioni con diversi vettori d’onda si propagano a velocità diverse,<br />

ossia si disperdono. La quantità importante per un pacchetto<br />

d’onde aventi diversi k diviene quindi la velocità di gruppo definita<br />

come V g = dω/dk.<br />

Per mezzi isotropi ogni direzione di propagazione è equivalente.<br />

Considerando ad esempio un’onda monocromatica u = Ae j(ωt−kx1)<br />

in moto lungo l’asse x1 di un sistema di riferimento ortogonale<br />

Ox1x2x3, l’equazione di Christoffel restituisce le tre relazioni<br />

<br />

ω<br />

2 A1 =<br />

k<br />

c11<br />

ρ A1<br />

(2.7a)<br />

<br />

ω<br />

2 A2 =<br />

k<br />

c44<br />

ρ A2<br />

<br />

ω<br />

2 A3 =<br />

k<br />

(2.7b)<br />

c44<br />

ρ A3 . (2.7c)<br />

La prima rappresenta un’onda polarizzata longitudinalmente in<br />

direzione x1 con velocità di fase VL = c11/ρ, le rimanenti si<br />

riferiscono a due onde trasversali polarizzate secondo gli assi x2<br />

ed x3 e che viaggiano alla medesima velocità VT = c44/ρ =<br />

(c11 − c12)/2ρ.


2.1 Equazione d’onda 28<br />

A (3)<br />

A (2)<br />

k<br />

A (1)<br />

Figura 2.1: Vettori spostamento dell’onda quasi-longitudinale (A (1) ) e delle<br />

onde quasi-trasversali (A (2) , A (3) ) nel caso di mezzo anisotropo.<br />

Nel caso di mezzi anisotropi la propagazione ha invece carattere<br />

direzionale. Il vettore spostamento u non è generalmente paral-<br />

lelo o perpendicolare alla direzione di propagazione individuata<br />

da k, come appare in figura 2.1. L’onda con polarizzazione più<br />

vicina a k è chiamata quasi-longitudinale, le altre due sono dette<br />

quasi-trasversali. Queste ultime, di solito, si propagano a velocità<br />

minore delle onde quasi-longitudinali.<br />

2.1.2 Propagazione nei materiali piezoelettrici<br />

Al paragrafo 1.2.3 si è detto che nello studio della propagazione<br />

delle onde elastiche nei materiali piezoelettrici il campo elettri-<br />

co può essere assunto di tipo quasi-statico e quindi derivato dal<br />

potenziale scalare Φ secondo la relazione Ek = −(∂Φ/∂xk). Sosti-<br />

tuendo tale relazione ed il tensore simmetrico di deformazione<br />

<br />

nell’equazione costitutiva (1.38), si ottiene<br />

Skl = 1<br />

2<br />

∂ul<br />

∂xk<br />

+ ∂uk<br />

∂xl<br />

Tij = c E ijkl<br />

∂ul<br />

∂xk<br />

+ e S kij<br />

∂Φ<br />

, (2.8)<br />

∂xk


2.1 Equazione d’onda 29<br />

che inserita nell’equazione del moto (2.1) in assenza di forze di<br />

volume, restituisce<br />

ρ ∂2 ui<br />

∂ 2 ul<br />

∂t2 = cEijkl ∂xj∂xk<br />

+ e S kij<br />

∂2Φ . (2.9)<br />

∂xj∂xk<br />

Effettuando le analoghe sostituzioni nell’equazione costitutiva<br />

(1.35), si giunge a<br />

Dj = e E jkl<br />

∂ul<br />

∂xk<br />

− ɛ S ∂Φ<br />

jk , (2.10)<br />

∂xk<br />

con lo spostamento elettrico Dj che deve soddisfare l’equazione di<br />

Poisson ∂Dj/∂xj = 0, per cui<br />

e E jkl<br />

∂2ul − ɛ<br />

∂xj∂xk<br />

S ∂<br />

jk<br />

2Φ = 0 . (2.11)<br />

∂xj∂xk<br />

Anche in questo caso si può pensare di ricercare una soluzione<br />

alle equazioni (2.9) e (2.11) nella forma di un’onda piana monocro-<br />

matica propagantesi secondo la direzione k, del tipo<br />

u = Ae j(ωt−k·x)<br />

e Φ = Φ0e j(ωt−k·x) , (2.12)<br />

le quali, per sostituzione, consentono di ricavare il sistema di<br />

equazioni accoppiate di campo<br />

⎧<br />

⎨<br />

⎩<br />

ρω 2 Ai = ΓilAl + γiΦ0<br />

γlAl − ɛΦ0 = 0<br />

in cui si sono definite le quantità<br />

, (2.13)<br />

Γil = c E ijklkjkk , γi = e E kijkjkk , ɛ = ɛ S jkkjkk .<br />

Dalla seconda equazione del sistema (2.13) si ricava Φ0 = γlAl/ɛ e<br />

sostituendo nella prima si ottiene l’equazione di Christoffel valida


2.1 Equazione d’onda 30<br />

per materiali piezoelettrici, e cioè<br />

<br />

ρω 2 <br />

−<br />

Γil + γiγl<br />

ɛ<br />

<br />

Al = 0 , (2.14)<br />

che ha come soluzioni tre onde piane elastiche propagantesi se-<br />

condo k, le cui velocità di fase V f = ω/k sono ricavabili dagli<br />

autovalori ¯γ = ρω 2 di un tensore simmetrico di rango due definito<br />

in questo caso come<br />

¯Γil = Γil + γiγl<br />

ɛ<br />

, (2.15)<br />

mentre le polarizzazioni Al, mutuamente ortogonali, sono date dai<br />

corrispondenti autovettori.<br />

L’influenza della piezoelettricità nell’equazione d’onda appare<br />

quindi esprimibile in termini di costanti elastiche modificate, di<br />

natura fittizia in quanto definite solo per onde piane e dipendenti<br />

dalla direzione di propagazione, del tipo<br />

¯cijkl = c E ijkl + (eE pij kp)(e E qkl kq)<br />

ɛ S jk kjkk<br />

che fanno assumere al tensore di Christoffel la forma ¯ Γil = ¯cijklkjkk.<br />

2.1.3 Propagazione nei fluidi<br />

Paragonata al caso dei solidi, la propagazione in un fluido com-<br />

pressibile, come ad esempio l’aria, può trattarsi in maniera più<br />

semplice impiegando un parametro di tipo scalare con cui sia pos-<br />

sibile caratterizzare l’ampiezza di oscillazione di una particella di<br />

fluido 3 .<br />

3 Col termine particella di fluido si indica un volume di materiale sufficientemente ampio<br />

da poter ignorare l’aspetto molecolare, ma molto più piccolo della lunghezza d’onda in modo<br />

da verificare l’ipotesi di mezzo continuo.<br />

,


2.1 Equazione d’onda 31<br />

Si consideri, in particolare, la propagazione tridimensionale in<br />

un fluido continuo, omogeneo, isotropo, perfettamente compres-<br />

sibile (elastico) e nel quale siano assenti fenomeni di dissipazione.<br />

Indicata con p(x, t) la pressione istantanea nel punto x, è conve-<br />

niente scegliere come variabile scalare associata all’onda acustica<br />

la sovrappressione δp(x, t), cioè la pressione locale riferita alla<br />

pressione di equilibrio p0(x):<br />

δp(x, t) = p(x, t) − p0(x) . (2.16)<br />

Sotto l’azione della sovrappressione δp, un elemento di superficie<br />

di area ds subisce uno spostamento u(x, t); indicato con n il ver-<br />

sore normale alla superficie, il volume spazzato è (u · n)ds, con<br />

una variazione pari a<br />

<br />

∆V = (u · n)ds (2.17)<br />

s<br />

e, facendo uso del teorema della divergenza, quest’ultima diviene<br />

<br />

<br />

∆V = (∇ · u)dV = S(x)dV , (2.18)<br />

V<br />

in cui S(x) = δ(dV )/dV è la dilatazione locale che fornisce il<br />

cambiamento relativo di volume di una particella di fluido come<br />

divergenza del vettore spostamento:<br />

V<br />

S(x) = ∇ · u . (2.19)<br />

In assenza di forze esterne applicate, scrivendo la seconda equa-<br />

zione della dinamica per un cubo elementare di volume fluido [1]<br />

si giunge all’equilibrio secondo gli assi ortogonali di un sistema di


2.1 Equazione d’onda 32<br />

riferimento Ox1x2x3, espresso da equazioni che legano la pressione<br />

p alle componenti ui dello spostamento e che assumono la forma<br />

ρ0 ∂2 u1<br />

∂t 2 = − ∂p<br />

∂x1 riferendosi, ad esempio, all’asse x1. Volendo sinte-<br />

tizzare le tre equazioni in un’unica espressione vettoriale, si può<br />

scrivere<br />

ρ0<br />

∂2u = −∇(δp) = −grad δp , (2.20)<br />

∂t2 ed applicando l’operatore divergenza ad entrambi i membri, si<br />

ottiene<br />

ρ0<br />

∂2S = −∆(δp) , (2.21)<br />

∂t2 nella quale si è tenuto conto del risultato (2.19) e si è indicato con<br />

∆ l’operatore Laplaciano 4 .<br />

La sovrappressione δp è in relazione al cambiamento di vo-<br />

lume attraverso il coefficiente di compressibilità χ, sufficiente a<br />

caratterizzare il comportamento elastico di un fluido non viscoso<br />

e definito come<br />

χ = − 1<br />

dV<br />

δ(dV )<br />

δp<br />

(1/Pa) . (2.22)<br />

Nel campo dell’acustica lineare, il coefficiente χ consente di espri-<br />

mere il legame tra dilatazione e sovrappressione interpretabile<br />

come l’equivalente della legge di Hooke per il caso dei fluidi:<br />

δp = − S<br />

. (2.23)<br />

χ<br />

Eliminando la dilatazione S tra le equazioni (2.21), (2.23), si<br />

giunge alla ricercata equazione d’onda, valida in campo lineare per<br />

4 ∆ = ∇ · ∇ = ∂ 2<br />

∂x 2 + ∂2<br />

∂y 2 + ∂2<br />

∂z 2 .


2.1 Equazione d’onda 33<br />

fluidi non viscosi in assenza di forze esterne applicate:<br />

∆(δp) = 1<br />

c2 ∂2 (δρ)<br />

∂t2 , (2.24)<br />

dove c = 1/ √ ρ0χ è la velocità di propagazione dell’onda, che as-<br />

sume valori dipendenti dalla trasformazione termodinamica segui-<br />

ta dal fluido.<br />

Un’onda viaggiante in un fluido presenta tipicamente polariz-<br />

zazione longitudinale, ovvero parallela al vettore d’onda k; ciò è<br />

connesso all’incapacità di un fluido non viscoso di trasmettere al<br />

suo interno sforzi di taglio e quindi di presentare moti trasversali;<br />

appare così giustificato l’impiego di una variabile scalare adatta a<br />

fornire l’unica soluzione dell’equazione d’onda (2.24).<br />

2.1.4 Attenuazione<br />

Finora si è ammesso che l’ampiezza di oscillazione dei punti<br />

investiti da un’onda piana armonica fosse ovunque la stessa. In<br />

realtà, in un mezzo reale, sono sempre presenti fenomeni dissi-<br />

pativi che convertono parte dell’energia di vibrazione in energia<br />

termica; di conseguenza l’ampiezza di oscillazione delle particelle<br />

e quindi l’ampiezza dell’onda si attenua con la distanza dalla sor-<br />

gente. Molteplici sono le forme di assorbimento dell’energia ela-<br />

stica che possono presentarsi nel mezzo: per i cristalli, se ne tiene<br />

conto inserendo un termine dissipativo nella legge di Hooke, che<br />

così diventa [1]<br />

∂Skl<br />

Tij = cijklSkl + ηijkl<br />

∂t<br />

(2.25)


2.1 Equazione d’onda 34<br />

e mostra come il tensore di attrito viscoso ηijkl, in unità newton<br />

al secondo al metro quadrato, determini col proprio contributo<br />

un ritardo temporale nella risposta del sistema. L’impiego della<br />

relazione generalizzata (2.25) fa comparire un termine aggiuntivo<br />

nell’equazione d’onda (2.2), che assume l’aspetto<br />

ρ ∂2 ui<br />

∂t<br />

2 = cijkl<br />

∂ 2 ul<br />

∂xj∂xk<br />

∂ 3 ul<br />

+ ηijkl . (2.26)<br />

∂xj∂xk∂t<br />

Analoghe considerazioni, applicate alla relazione (2.23), con-<br />

sentono di modificare l’equazione d’onda valida nel caso dei fluidi.<br />

Si introduce, inoltre, un coefficiente di assorbimento α, con di-<br />

mensioni fisiche pari all’inverso di una lunghezza, che permette di<br />

valutare l’attenuazione di ampiezza per mezzo di un’esponenziale<br />

decrescente con lo spazio percorso dall’onda, cioè<br />

Al(xi) = A0,l e −αxi , (2.27)<br />

avendo indicato con A0,l l’ampiezza dello spostamento di una par-<br />

ticella di fluido in corrispondenza della sorgente.<br />

Si riportano di seguito i principali effetti dissipativi che possono<br />

presentarsi in mezzi solidi e fluidi (si vedano i riferimenti [1], [7],<br />

[9]).<br />

• Le successive compressioni e decompressioni del mezzo du-<br />

rante la propagazione dell’onda causano rispettivamente ri-<br />

scaldamento e raffreddamento: se il mezzo fosse ideale, l’ener-<br />

gia vibrazionale trasformata in energia termica durante la<br />

compressione dovrebbe essere integralmente restituita durante<br />

la decompressione. La natura del fenomeno si presenta in


2.1 Equazione d’onda 35<br />

realtà diversamente sia per la conducibilità termica del flui-<br />

do sia per l’irraggiamento: energia termica fluisce dalle zone<br />

calde a quelle fredde sottraendosi all’onda. Il coefficiente di<br />

assorbimento dovuto alla conducibilità termica dipende dal<br />

quadrato della frequenza f ed è dato per onde longitudinali<br />

da [9]<br />

αc = 2π2 f 2<br />

V 3<br />

µ − 1<br />

K , (2.28)<br />

essendo V la velocità dell’onda, µ il rapporto tra il calore<br />

specifico a pressione costante cp e quello a volume costante<br />

cV , K il coefficiente di conducibilità termica.<br />

• I domini che costituiscono i materiali ferroelettrici (si veda il<br />

paragrafo 1.1) si comportano come regioni elementari ciascu-<br />

na con una propria polarizzazione elettrica. Quando un’onda<br />

ultrasonora attraversa una di tali regioni, il dominio è in-<br />

teressato da tensioni periodiche che causano un controeffetto<br />

elettrostrittivo e quindi un cambiamento nell’intensità di po-<br />

larizzazione. Ciò determina un’isteresi elettrica locale, con<br />

conseguente attenuazione dell’onda in virtù della conversione<br />

di energia meccanica in calore.<br />

• Anche nei fluidi il moto delle particelle investite dall’onda è<br />

ostacolato dalla viscosità: si ha per il coefficiente di assorbi-<br />

mento [7]<br />

αη = 8<br />

3<br />

cp<br />

π2f 2<br />

η , (2.29)<br />

V 2


2.1 Equazione d’onda 36<br />

θ<br />

O<br />

z<br />

θ<br />

r<br />

Figura 2.2: Sistema di coordinate cilindriche associate al tubo piezoelettrico<br />

di raggio interno a, raggio esterno b ed altezza l.<br />

con η coefficiente di viscosità. Il coefficiente αc nei fluidi è in<br />

genere minore di αη e spesso può essere trascurato.<br />

b<br />

a<br />

l


Capitolo 3<br />

Oscillazioni non lineari<br />

Definire un sistema fisico di tipo lineare, presuppone di specifi-<br />

care l’intervallo di variabilità dei parametri all’interno del quale il<br />

comportamento lineare è verificato. Ad esempio, la relazione tra<br />

forza di richiamo elastico ed elongazione di una molla è di tipo pro-<br />

porzionale solo rimanendo nel campo delle piccole deformazioni.<br />

Oltrepassato tale limite, la forza di richiamo cresce ad un tasso<br />

maggiore dell’elongazione nel caso delle cosidette molle dure e con<br />

un tasso minore nel caso di molle soffici. Nel paragrafo 3.1, si de-<br />

scrive il cosiddetto oscillatore di Duffing, le cui caratteristiche non<br />

lineari sono rappresentate da una dipendenza della forza elastica<br />

dal cubo dell’elongazione. Sono discusse alcune particolarità della<br />

curva di risposta in frequenza di un tale tipo di oscillatore.<br />

La non linearità arrichisce enormemente la varietà di compor-<br />

tamento che un sistema può presentare. Il paragrafo 3.2 riporta<br />

considerazioni sulle modalità di risposta dell’oscillatore di Duffing<br />

ad un segnale monocromatico in ingresso. A differenza del caso<br />

lineare, la risposta può differire da una semplice oscillazione al-


3.1 Oscillatore unidimensionale di Duffing 38<br />

la medesima frequenza della forzante. L’oscillatore non lineare è<br />

infatti capace di rispondere ad un segnale monocromatico in in-<br />

gresso, con delle oscillazioni le cui frequenze sono rispettivamente<br />

multipli interi o frazionari della frequenza di pilotaggio (risonanze<br />

armoniche e subarmoniche).<br />

Le equazioni d’onda presentate al capitolo 2, sono state rica-<br />

vate sfruttando l’approssimazione lineare: nello sviluppo (1.25)<br />

del tensore degli sforzi si sono trascurati i termini del tensore<br />

delle deformazioni di ordine superiore al primo, giungendo alla<br />

legge di Hooke da cui si è ottenuta l’equazione d’onda in cam-<br />

po lineare. Se il fenomeno vibratorio presenta caratteristiche non<br />

lineari è necessario considerare nello sviluppo del tensore anche<br />

i contributi di ordine superiore al primo. Questi vengono detti<br />

termini anarmonici, ad indicare che le soluzioni delle equazioni<br />

non sono più rappresentate dalla sovrapposizione di armoniche<br />

semplici. Il paragrafo 3.3 riporta alcune modifiche da apportare<br />

all’equazione d’onda per mezzi elastici non lineari.<br />

3.1 Oscillatore unidimensionale di Duffing<br />

Un esempio di sistema oscillatorio non lineare è riportato in<br />

figura 3.1a, in cui una massa m appesa ad un filo elastico AB viene<br />

posta in vibrazione lungo l’asse x per effetto di una sollecitazione<br />

esterna sinusoidale. Per semplicità si assuma lo schema di prin-<br />

cipio equivalente in figura 3.1b costituito da una massa, da una<br />

molla non lineare e da un eventuale elemento smorzatore.


3.1 Oscillatore unidimensionale di Duffing 39<br />

A<br />

m x ≡<br />

B<br />

Figura 3.1: Oscillatore di Duffing.<br />

In assenza di smorzamento, si trova [22] che l’equazione dif-<br />

ferenziale del moto ha la forma<br />

¨x + ω 2 x = ε[−ω 2 (αx + βx 3 ) + F0 cos Ωt] ε ≪ 1 (3.1)<br />

con ω frequenza naturale del sistema, ε parametro variabile molto<br />

più piccolo di 1, α e β parametri noti legati massa e costante<br />

elastica, εF0 ampiezza della forza armonica esterna (per unità di<br />

massa) e Ω frequenza di pilotaggio. L’equazione 3.1 è nota come<br />

equazione di Duffing per un sistema privo di smorzamento: la non<br />

linearità è dovuta alla forza di richiamo elastico che presenta un<br />

termine cubico con l’elongazione della molla.<br />

Si vogliono analizzare le soluzioni periodiche dell’equazione<br />

(3.1), in particolare la possibilità dell’esistenza di una soluzione<br />

di periodo T = 2π/Ω.<br />

È conveniente cambiare la scala temporale<br />

in modo tale che il periodo di oscillazione diventi 2π: si effettuino<br />

le sostituzioni Ωt = τ + φ, d/dt = Ωd/dτ, con τ nuova varia-<br />

x


3.1 Oscillatore unidimensionale di Duffing 40<br />

bile temporale e φ fase angolare incognita, che fanno assumere<br />

all’equazione del moto l’aspetto<br />

Ω 2 x ′′ + ω 2 x = ε[−ω 2 (αx + βx 3 ) + F0 cos(τ + φ)] , (3.2)<br />

avendo indicato la differenziazione rispetto τ con l’apice ′ . Sfrut-<br />

tando un metodo perturbativo [20], si ricerchi una soluzione alla<br />

nuova equazione nella forma di serie di potenze in ε per le variabili<br />

x(τ) e φ:<br />

x(τ) = x0(τ) + εx1(τ) + ε 2 x2(τ) + . . . (3.3a)<br />

φ = φ0 + εφ1 + ε 2 φ2 + . . . . (3.3b)<br />

Per prevenire la comparsa di termini secolari, cioè termini che<br />

crescono indefinitamente nel tempo, devono essere soddisfatte le<br />

condizioni di periodicità xi(τ + 2π) = xi(τ), con i = 1, 2, . . .. La<br />

presenza di una fase φ incognita consente inoltre di scegliere le con-<br />

dizioni iniziali nella forma conveniente x ′ i (0) = 0. Introducendo le<br />

relazioni (3.3a,b) nell’equazione (3.2) ed uguagliando i coefficienti<br />

che moltiplicano le potenze di ε di stesso ordine a sinistra e destra<br />

dell’uguale, si ottiene il sistema di equazioni<br />

⎧<br />

Ω<br />

⎪⎨<br />

2x ′′<br />

0 + ω2x0 = 0<br />

Ω2x ′′<br />

1 + ω2x1 = −ω2 (αx0 + βx3 0) + F0 cos(τ + φ0)<br />

⎪⎩<br />

Ω 2 x ′′<br />

2 + ω 2 x2 = −ω 2 (αx1 + 3βx 2 0x1) − F0φ1 sin(τ + φ0)<br />

. . . ,<br />

(3.4)<br />

che deve essere risolto in sequenza per i vari xi, nel rispetto delle<br />

condizioni di periodicità ed iniziali. Dalla prima equazione si trova


3.1 Oscillatore unidimensionale di Duffing 41<br />

che<br />

<br />

ω<br />

x0(τ) = A0 cos<br />

Ω τ<br />

<br />

, (3.5)<br />

con A0 costante da determinare; il rispetto della condizione di<br />

periodicità per i = 0 richiede ω = Ω. Sostituendo il risultato (3.5)<br />

nella seconda equazione del sistema, si procede all’individuazione<br />

del termine successivo, del tipo<br />

x1(τ) = A1 cos τ + 1<br />

32 βA3 0 cos 3τ . (3.6)<br />

In questo caso si trova che la condizione di periodicità con i = 1<br />

è soddisfatta solo se<br />

αA0 + 3<br />

4 βA30 ∓ F0<br />

= 0 (3.7)<br />

ω2 dove il segno che precede l’ultimo termine è negativo se φ0 = 0 e<br />

positivo se φ0 = π. Nel primo caso la risposta del primo ordine<br />

x0 è in fase con la forza esterna, mentre nel secondo caso x0 è in<br />

controfase con la sollecitazione; quest’ultima situazione tuttavia,<br />

è equivalente ad una risposta in fase con ampiezza negativa, per<br />

cui ci si può limitare a considerare nella relazione (3.7) il termine<br />

negativo corrispondente a sfasamento φ0 nullo. La stessa relazione<br />

determina univocamente il valore di A0 da inserire nella soluzione<br />

del primo ordine (3.5).<br />

Le risposte di ordine superiore (i > 1) si trovano iterando il<br />

procedimento per sostituzioni successive fin qui seguito; ad esem-<br />

pio per i = 2, il termine x2(τ) è fornito dalla terza equazione<br />

del sistema (3.4) facendo uso dei risultati già noti per x0 ed x1.


3.1 Oscillatore unidimensionale di Duffing 42<br />

La condizione di periodicità fornisce inoltre il valore di A1 (con<br />

φ1 = 0) da inserire nella risposta (3.6) del passo precedente.<br />

Seguendo il metodo illustrato, la soluzione approssimata al<br />

secondo ordine per l’equazione di Duffing (3.1) risulta essere<br />

x(t) = (A0 + εA1 + ε 2 A2) cos ωt +<br />

+ ε<br />

32 βA2 0[A0 + ε(3A1 + 1<br />

8 αA0 + 3<br />

16 βA3 0)] cos 3ωt +<br />

+ 1<br />

1024 β2 A 5 0 cos 5ωt , (3.8)<br />

avendo fatto uso della variabile indipendente originaria t. La fase<br />

φ per il sistema privo di smorzamento è nulla indipendentemente<br />

dall’ordine di approssimazione.<br />

È interessante analizzare la curva di risposta del sistema in<br />

esame per mettere in luce un tipico comportamento degli oscilla-<br />

tori non lineari. Si introduca la notazione<br />

ω 2 0 = (1 + εα)ω 2<br />

(3.9)<br />

per indicare la frequenza naturale ω0 del sistema linearizzato cor-<br />

rispondente al caso β = 0. Utilizzando tale espressione per elimi-<br />

nare α dall’equazione (3.7) in cui si assuma il segno meno e si<br />

consideri che ε è molto minore di uno, si giunge a<br />

ω 2 = ω 2 0(1 + 3<br />

4εβA2 0) − εF0<br />

. (3.10)<br />

A0<br />

Se si considera εβ noto, la relazione (3.10) consente di traccia-<br />

re la curva |A0| in funzione di ω espressa in termini di ω0, con<br />

εF0 assunto come parametro. La figura 3.2 riporta nel caso (a)<br />

la risposta di un oscillatore non smorzato la cui molla presenti la


3.1 Oscillatore unidimensionale di Duffing 43<br />

(a)<br />

(b)<br />

Figura 3.2: Risposta in frequenza dell’oscillatore di Duffing privo di<br />

smorzamento. (a) Caso di molla dura. (b) Caso di molla soffice.<br />

tendenza ad un irrigidimento all’aumentare dell’elongazione (mol-<br />

la dura con β > 0). Per β = 0 (oscillatore lineare) si osservano due<br />

rami di curva parametrici in εF0 che tendono asintoticamente alla<br />

retta verticale ω = ω0 corrispondente alla vibrazione libera con<br />

F0 = 0. Quando εβ > 0 l’oscillazione libera è rappresentata da<br />

un tratto di parabola che interseca l’asse ω in ω0. I rami di curva<br />

variabili con εF0 si dispongono superiormente ed inferiormente a<br />

tale parabola. L’effetto della non linearità consiste quindi in una<br />

flessione verso destra dell’asintoto verticale ω = ω0 e dei diversi<br />

rami che rappresentano le curve di risposta. Un comportamento


3.1 Oscillatore unidimensionale di Duffing 44<br />

analogo, ma con flessione verso sinistra, si riscontra nel caso (b)<br />

della stessa figura, che si riferisce ad un oscillatore la cui molla<br />

abbia rigidezza decrescente all’aumentare dell’elongazione (molla<br />

soffice con β < 0).<br />

In assenza di smorzamento un sistema massa-molla non lineare<br />

non presenta risonanza. Si indichi con T il punto in cui un asse<br />

verticale risulta tangente ad una particolare curva A0 e con ωT<br />

la corrispondente frequenza. Facendo riferimento ad una molla<br />

dura, il punto di tangenza si posiziona sul ramo di curva al di<br />

sotto della parabola rappresentante le oscillazioni libere. Un asse<br />

verticale per ω < ωT interseca il ramo di curva superiore alla<br />

parabola e fornisce l’unica soluzione al problema oscillatorio. Per<br />

ω > ωT le soluzioni possibili sono invece rappresentate da tre<br />

intersezioni: la teoria non lineare prevede quindi l’esistenza di<br />

tre distinte ampiezze di risposta per una data intensità F0 della<br />

forza eccitatrice. Caratteristica del problema rimane comunque<br />

l’assenza di un valore di frequenza che faccia divergere l’ampiezza<br />

ad infinito.<br />

Per un sistema smorzato, l’equazione di Duffing assume la<br />

forma<br />

¨x+ω 2 x = ε[−2ζω ˙x−ω 2 (αx+βx 3 )+F0 cos Ωt] ε ≪ 1 , (3.11)<br />

in cui si è indicato con ζ il coefficiente di smorzamento.<br />

Seguendo la stessa procedura sfruttata per il sistema non smorza-<br />

to, si conclude che x1 è periodica se le seguenti condizioni sono


3.1 Oscillatore unidimensionale di Duffing 45<br />

soddisfatte:<br />

2ζA0 − F0<br />

ω 2 sin φ0 = 0 (α + 3<br />

4 βA2 0)A0 − F0<br />

ω 2 cos φ0 = 0 (3.12)<br />

Dalle relazioni (3.12) si ottiene la fase approssimata all’ordine zero<br />

con espressione<br />

φ0 = tan −1 2ζ<br />

α + 3<br />

4βA2 (3.13)<br />

0<br />

e quindi l’effetto dello smorzamento è quello di introdurre un ri-<br />

tardo della risposta rispetto all’eccitazione. Inoltre, facendo uso<br />

della definizione (3.9) nelle medesime relazioni, si trova<br />

[ω 2 0(1 + 3<br />

4εβA20) − ω 2 ] 2 + (2εζω 2 0) 2 2 εF0<br />

= , (3.14)<br />

che può essere sfruttata per tracciare |A0| in funzione di ω, come<br />

riportato in figura 3.3 per un oscillatore dotato di molla dura.<br />

In presenza di smorzamento viscoso, sebbene la curva di risposta<br />

sia continua, nel senso che non presenta più due rami separati,<br />

rimane la possibilità di discontinuità nella risposta. Partendo da<br />

basse frequenze, si osserva che al crescere di ω anche l’ampiezza<br />

Figura 3.3: Risposta in frequenza dell’oscillatore di Duffing smorzato.<br />

A0


3.2 Risonanze armoniche e subarmoniche 46<br />

|A0| subisce un incremento fin quando si raggiunge il punto 1 nel<br />

quale la tangente alla curva è infinita e l’ampiezza subisce un salto<br />

improvviso al punto 2 con successvo decremento. Se invece si parte<br />

da un valore sufficientemente alto di frequenza e si procede verso<br />

frequenze più basse, l’ampiezza aumenta fino al punto 3, dove la<br />

tangente è ancora infinita e si verifica un salto della risposta al<br />

punto 4 dove ha inizio una risposta decrescente. La porzione di<br />

curva tra i punti 1 e 3 si riferisce ad una risposta di tipo instabile,<br />

che non può manifestarsi nel sistema. Mentre il salto 3-4 può avere<br />

luogo anche se il sistema non è smorzato, il salto 1-2 è tipico di<br />

sistemi con smorzamento viscoso. La stessa fenomenologia nella<br />

risposta ha luogo anche con molle soffici, ma i salti nell’ampiezza<br />

avvengono con direzioni invertite.<br />

3.2 Risonanze armoniche e subarmoniche<br />

Quando un sistema lineare è eccitato da una forzante armoni-<br />

ca, la sua risposta è armonica con la stessa frequenza dell’ecci-<br />

tazione. Si è visto che se un sistema non lineare, come quello<br />

descritto dall’equazione di Duffing, risponde periodicamente ad<br />

una forzante armonica, allora la frequenza fondamentale della<br />

soluzione è uguale alla frequenza naturale del sistema lineariz-<br />

zato ed a questa dovrà inoltre essere uguale la frequenza di ecci-<br />

tazione. Bisogna osservare comunque, che caratteristica comune<br />

ai sistemi non lineari è quella di presentare risonanze armoniche e<br />

subarmoniche, ovvero di essere capaci di rispondere ad un segnale


3.2 Risonanze armoniche e subarmoniche 47<br />

monocromatico in ingresso con delle oscillazioni le cui frequenze<br />

sono rispettivamente multipli interi o frazionari della frequenza di<br />

pilotaggio.<br />

Una semplice giustificazione della nascita di frequenze armoni-<br />

che può essere fornita considerando lo sviluppo in serie della rispo-<br />

sta x in funzione della sollecitazione F0:<br />

x(t) = aF (t) + bF 2 (t) + cF 3 (t) + . . . . (3.15)<br />

Assumendo per F l’espressione sinusoidale F (t) = F0 sin Ωt, dalla<br />

precedente, arrestata al terzo ordine, si ottiene<br />

x(t) = aF0 sin Ωt + bF 2 0 sin 2 Ωt + cF 3 0 sin 3 Ωt = (3.16)<br />

= aF0 sin Ωt + 1<br />

2 bF 2 0 (1 − cos 2Ωt) + 1<br />

4 cF 3 0 (3 sin Ωt − sin 3Ωt)<br />

che mostra la comparsa di frequenze doppie, triple o superiori della<br />

frequenza in ingresso, a seconda dell’ordine della non linearità<br />

condiderata.<br />

Anche la modalità di generazione delle risonanze subarmoniche<br />

può essere illustrata ricorrendo allo sviluppo (3.15), arrestato per<br />

brevità al secondo ordine. Sostituendo una sollecitazione costitui-<br />

ta da due frequenze distinte, del tipo<br />

ne risulta una risposta<br />

F (t) = F01 cos Ω1t + F02 cos Ω2t (3.17)<br />

x(t) = aF01 cos Ω1t + aF02 cos Ω2t +<br />

+ bF01F02 cos[(Ω1 + Ω2)t] + bF01F02 cos[(Ω1 − Ω2)t] +<br />

+ 1<br />

2 bF 2 01 + 1<br />

2 bF 2 02 + 1<br />

2 bF 2 01 cos 2Ω1t + 1<br />

2 bF 2 02 cos 2Ω2t , (3.18)


3.2 Risonanze armoniche e subarmoniche 48<br />

che mostra in aggiunta alle usuali componenti oscillanti alle fre-<br />

quenze di ingresso, anche le seconde armoniche e le frequenze<br />

somma e differenza di Ω1 ed Ω2.<br />

Si consideri come esempio notevole di risonanza subarmonica,<br />

una particolare soluzione dell’equazione di Duffing (3.1). La pre-<br />

senza di un termine non lineare di terzo grado in x, suggerisce<br />

di ricercare una soluzione periodica con frequenza fondamentale<br />

ω = Ω/3. Il problema è ancora affrontabile col metodo perturbati-<br />

vo di cui al paragrafo precedente. Servendosi dello sviluppo (3.3)<br />

in cui si faccia uso della variabile temporale t, si trova il seguente<br />

sistema di equazioni da risolvere per sostituzioni successive:<br />

⎧<br />

¨x0 +<br />

⎪⎨<br />

⎪⎩<br />

<br />

Ω 2<br />

3<br />

x0 = F0 cos Ωt<br />

¨x1 + <br />

Ω 2<br />

3<br />

x1 = − <br />

Ω 2<br />

3 (αx0 + βx3 0)<br />

¨x2 + <br />

Ω 2<br />

3<br />

x2 = − <br />

Ω 2<br />

3 (αx1 + 3βx2 (3.19)<br />

0x1)<br />

. . . ;<br />

la soluzione del primo ordine è del tipo<br />

x0(t) = A0 cos Ω<br />

3<br />

9F0<br />

t − cos Ωt , (3.20)<br />

8Ω2 in cui la costante A0 va determinata dalle condizioni di periodicità<br />

da associare alla seconda equazione del sistema: si trova<br />

A0 = 1<br />

<br />

9F0 1 9F0<br />

± −7<br />

2 8Ω2 2 8Ω2 2 − 16<br />

1/2 α<br />

, (3.21)<br />

3 β<br />

la quale mostra che affinchè A0 sia una quantità reale, ovvero pos-<br />

sa esistere la subarmonica, i termini sotto radice devono essere<br />

maggiori o uguali a zero. Tale richiesta si traduce in una con-<br />

dizione da imporre alla frequenza della forzante, che, sfruttando


3.3 Onde in mezzi elastici non lineari 49<br />

la relazione (3.9) con ω = Ω/3, viene espressa dalla disuguaglianza<br />

Ω 2 <br />

≥ 9 ω 2 0 + 21<br />

16 εβ<br />

<br />

2<br />

3F0<br />

. (3.22)<br />

8Ω<br />

Si può concludere che l’oscillatore di Duffing privo di smorzamen-<br />

to ammette una soluzione rappresentata da una subarmonica di<br />

frequenza fondamentale Ω/3 solo se è soddisfatta la condizione<br />

(3.22).<br />

3.3 Onde in mezzi elastici non lineari<br />

Il problema può essere affrontato facendo riferimento all’energia<br />

elastica per unità di volume immagazzinata da un solido deforma-<br />

to, legata al tensore di deformazione Sij dall’espressione<br />

V = 1<br />

2 cijklSijSkl + 1<br />

3! cijklmnSijSklSmn + . . . , (3.23)<br />

con i, j, k, l, m, n = 1, 2, 3. Arrestando lo sviluppo al primo ter-<br />

mine, i coefficienti di proporzionalità sono rappresentati dalle co-<br />

stanti elastiche della teoria lineare. I contributi di ordine superi-<br />

ore vengono invece considerati attraverso costanti che, riferite ad<br />

esempio al terzo ordine, sono individuate da sei indici variabili da<br />

1 a 3, oppure da tre indici da 1 a 6 secondo la notazione (1.31).<br />

In campo non lineare, l’espressione (1.3) del tensore di defor-<br />

mazione va riscritta con l’aggiunta di un termine misto:<br />

Sik = 1<br />

<br />

∂ui<br />

+<br />

2 ∂xk<br />

∂uk<br />

+<br />

∂xi<br />

∂ul<br />

<br />

∂ul<br />

. (3.24)<br />

∂xi ∂xk<br />

La sostituzione di tale espressione nell’energia elastica (3.23) per-<br />

mette di passare alla variabile spostamento u. Si può quindi


3.3 Onde in mezzi elastici non lineari 50<br />

ricavare il tensore delle tensioni dal differenziale<br />

Tik =<br />

∂V<br />

, (3.25)<br />

∂(∂ui/∂xk)<br />

che, inserito nell’equazione del moto (2.1), fornisce l’equazione<br />

d’onda cercata.<br />

Limitandosi al semplice caso di propagazione di un’onda piana<br />

longitudinale in un solido approssimabile ad un corpo monodi-<br />

mensionale, gli sviluppi suddetti portano al risultato<br />

∂2u ∂t2 = ∂2u ∂x2 <br />

c11<br />

ρ + 3c11<br />

<br />

+ 2c111 ∂u<br />

ρ ∂x<br />

(3.26)<br />

dove sono stati omessi gli indici, essendovi un’unica componente<br />

di interesse nella propagazione.<br />

In generale nella propagazione non lineare, un’onda inizial-<br />

mente sinusoidale è soggetta a distorsione man mano che procede,<br />

dato che porzioni diverse del profilo dell’onda viaggiano a dif-<br />

ferenti velocità. Le più alte velocità si destano in corrispondenza<br />

dei punti del profilo interessati da forti deformazioni.<br />

La distorsione è anche giustificata dalla variazione delle ampiezze<br />

dei contributi spettrali che costituiscono l’onda. Durante la<br />

propagazione si verifica cioè una crescita delle intensità delle ar-<br />

moniche superiori, con un trasferimento continuo di energia dalla<br />

fondamentale ad esse. Si consideri in proposito un’onda inizial-<br />

mente sinusoidale di vettore d’onda k0 e frequenza ω; dopo un<br />

tragitto di lunghezza x l’espressione dell’onda è<br />

u = A cos(kx − ωt), con k nuovo vettore d’onda. Imponendo che<br />

questa sia soluzione dell’equazione (3.26), si determina la velocità


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 51<br />

di propagazione<br />

Vf = ω<br />

k <br />

c11<br />

ρ<br />

<br />

<br />

3 c111<br />

1 + k0A + sin(k0x − ωt)<br />

2 c11<br />

visibilmente diversa dal semplice valore V0 = c11/ρ riferito al<br />

caso lineare. Di conseguenza, anche il vettore d’onda viene modi-<br />

ficato in<br />

k = ω<br />

Vf<br />

=<br />

V0<br />

<br />

3 1 + k0A 2<br />

ω<br />

+ c111<br />

c11<br />

<br />

.<br />

sin(k0x − ωt)<br />

Rimane infine da notare che nell’espressione della velocità di<br />

propagazione, da cui è possibile ottenere la relazione di disper-<br />

sione, compare la dipendenza dall’ampiezza della sollecitazione,<br />

caratteristica questa tipica dei sistemi non lineari.<br />

3.4 Modello analitico per la generazione di ar-<br />

moniche frazionali<br />

Scopo di questa sezione è quello di fornire gli strumenti teorici<br />

e analitici necessari alla comprensione del fenomeno della gener-<br />

azione di vibrazioni subarmoniche.<br />

Dopo un’introduzione all’equazione di Mathieu, si mostrerà<br />

come essa possa essere utilizzata a questo fine, partendo dal sem-<br />

plice caso di un oscillatore nonlineare, descritto come un punto<br />

massa forzato all’oscillazione in un pozzo quantico di potenziale<br />

cubico.


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 52<br />

3.4.1 Equazione di Mathieu<br />

Va sotto il nome di equazione di Mathieu un’equazione differen-<br />

ziale del tipo:<br />

d2x + (α + β cos(t)) x = 0 (3.27)<br />

dt2 che descrive il moto di un oscillatore forzato, in cui è presente<br />

un termine elastico periodico, β cos(t), che si comporta come una<br />

sorgente di energia e prende il nome di eccitazione parametrica.<br />

Per alcuni valori dei parametri α e β le soluzioni delle equazione<br />

3.27 possono essere illimitate.<br />

tica<br />

Infatti, l’equazione di Mathieu, avrà una soluzione caratteris-<br />

x(t) = e ρ1t p1(t) + e ρ2t p2(t) (3.28)<br />

dove ρ1 e ρ2 sono costanti complesse e coniugate e p1(t) e p2(t) sono<br />

funzioni di t. Come riportato in [22] , gli esponenti caratteristici<br />

sono legati ai numeri caratterisitici µ1 e µ2 (e ρT = µ) attraverso il<br />

determinante dell’equazione, e sono dati da:<br />

µ1, µ2 = 1<br />

<br />

φ ±<br />

2<br />

(φ 2 <br />

− 4)<br />

(3.29)<br />

dove φ = φ(α, β) non è nota esplicitamente. Si possono comunque<br />

fare alcune osservazioni.<br />

1) φ > 2, i numeri caratterisitici sono numeri reali distinti e<br />

positivi, e uno di loro (ad esempio µ1) supera l’unità; i corrispon-


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 53<br />

denti esponenti caratteristici sono reali del tipo: ρ1 = σ > 0,<br />

ρ2 = −σ < 0. La soluzione generale acquisisce la forma [22] :<br />

x(t) = c1e σ1t p1(t) + c2e σ2t p2(t) (3.30)<br />

dove c1, c2 sono costanti e p1(t), p2(t) sono funzioni periodiche di<br />

periodo 2π. Quindi i valori del piano α, β per cui cui φ(α, β) ><br />

2 corrispondono a soluzioni illimitate ed è chiamata regione dei<br />

parametri instabile.<br />

2) φ = 2, quindi µ1 = µ2 = 1 e ρ1 = ρ2 = 0, conseguentemente<br />

[22] è presente una sola soluzione di periodo 2π.<br />

3) −2 < φ < 2, i numeri caratteristici µ1, µ2 sono complessi<br />

coniugati con modulo unitario |µ1| = |µ2| = 1, quindi gli esponenti<br />

caratteristici diventano ρ1 = iν e ρ2 = −iν, con ν reale. La<br />

soluzione generale acquisisce la forma:<br />

x(t) = c1e iνt p1(t) + c2e −iνt p2(t) (3.31)<br />

tutte le soluzioni per cui −2 < φ < 2 sono, quindi, limitate, Ques-<br />

ta è la regione dei parametri α, β, detta stabile; le soluzioni sono<br />

oscillanti, ma non periodicamente (oltre al periodo 2π è presente<br />

la frequenza ν).<br />

4) φ = −2, quindi µ1 = µ2 = 1 (ρ1 = ρ2 = 1<br />

2i), c’è una<br />

soluzione periodica di periodo 4π per tutti i valori di α, β, per cui<br />

φ(α, β) = −2.<br />

5) φ < −2, quindi µ1, µ2 sono reali e negativi e µ1µ2 = 1:


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 54<br />

1 σ+i<br />

x(t) = c1e 2t 1 −σ−i<br />

p1(t) + c2e 2t p2(t) (3.32)<br />

dove σ > 0 e p1(t) e p2(t) sono funzioni periodiche di periodo 2π,<br />

forma alternativa è la seguente:<br />

x(t) = c1e σt q1(t) + c2e −σt q2(t) (3.33)<br />

con q1(t), q2(t) sono funzioni periodiche di periodo 4π.<br />

E’ evidente che, nel piano dei parametri dell’equazione di Math-<br />

ieu, α e β, esistono due curve (φ(α, β) = ±2) che separano le re-<br />

gioni dei paramateri dove esistono soluzioni non limitate (|φ(α, β)| ><br />

2) dalle regioni dove tutte le tutte le soluzioni sono limitate (|φ(α, β)| <<br />

2).<br />

Queste funzioni corrispondono a soluzioni dell’equazione di Math-<br />

ieu perodiche di periodo 2π (e quindi frequenza 1) o 4π (e quindi<br />

frequenza 1/2). Queste curve φ(α, β) = ±2 sono dette curve di<br />

transizione.<br />

Le soluzioni di periodo 2π possono essere trovate a partire dallo<br />

sviluppo in serie di Fourier complesse di x(t):<br />

x(t) =<br />

+∞<br />

n=−∞<br />

cne int<br />

sostituendo nell’equazione di Mathieu si ottiene:<br />

x(t) =<br />

+∞<br />

n=−∞<br />

(3.34)<br />

1<br />

2 βcn+1 + (α − n 2 )cn + 1<br />

2 βcn−1 e int = 0 (3.35)


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 55<br />

per ogni valore di t. La 3.35 potrà essere soddisfatta solo se tutti<br />

i coefficienti sono nulli:<br />

1<br />

2 βcn+1 + (α − n 2 )cn + 1<br />

2 βcn−1 = 0 n = 0, ±1, ±2, ...<br />

(3.36)<br />

Questo insieme infinito di equazioni omogenee in cn ha soluzioni<br />

non banali se e solo se il determinante, di dimensioni infinite, dei<br />

coefficienti è nullo, per α = n 2<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

. . . . . . <br />

<br />

<br />

<br />

<br />

. γ1 1 γ1 0 0 <br />

<br />

<br />

<br />

= 0 (3.37)<br />

<br />

<br />

. 0 γ0 1 γ0 0 <br />

<br />

<br />

<br />

. 0 0 γ1 1 γ1 <br />

dove γn = β/2(α − n 2 ) con n = 0, 1, 2, .... Questo corrisponde a<br />

φ(α, β) = 0e definisce le curve di transizione sul piano α, β.<br />

Analogamente per le soluzione periodiche 4π partendo dalla<br />

serie di Fourier:<br />

x(t) =<br />

+∞<br />

n=−∞<br />

1 i<br />

dne 2nt si ricava immediatamente il determinante dei coefficienti:<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

γ2 1 γ2 0 0 0<br />

0 γ1 1 γ1 0 0<br />

0 0 γ1 1 γ1 0<br />

0 0 0 γ2 1 γ2<br />

(3.38)<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

= 0 (3.39)


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 56<br />

dove γ1 = β/2(α−1/41 2 ), γ2 = β/2(α−1/43 2 ) con α = 1/4(2m+<br />

1) 2 , per ogni valore di m, che corrisponde alle curve di transizione<br />

per le soluzioni periodiche di periodo 4π.<br />

Calcolo delle curve di transizione con il metodo perturbativo<br />

Per piccoli valori di β si può adottare il metodo perturbativo<br />

per stabilire le curve di transizione per il cosidetto diagramma di<br />

stabilità delle soluzioni delle equazione di Mathieu.<br />

sia<br />

Nell’equazione<br />

con corrispondente soluzione:<br />

¨x + (α + β cos(t)) x = 0 (3.40)<br />

α = α(β) = α0 + βα1 + ... (3.41)<br />

x(t) = x0(t) + βx1(t) + ... (3.42)<br />

dove le funzioni xn (n = 0, 1, ...) hanno periodo 2π o 4π.<br />

Sostituendo le 3.41 e 3.42 nella 3.40 si ricava:<br />

¨x0 + α0x0 = 0 (3.43)<br />

¨x1 + α0x = −(α1 cos(t))x0<br />

¨x2 + α0x2 = −x0α2 − (α1 + cos(t))x1<br />

(3.44)<br />

(3.45)


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 57<br />

la 3.43 ha periodo minimo di 2π per α0 = n 2 e un periodo massimo<br />

di 4π se α0 = (n + 2) 2 , condizione che può essere unificata con:<br />

3.44<br />

α0 = 1<br />

4 n2<br />

n = 0, 1, ... (3.46)<br />

1) per n = 0 la 3.43 ha soluzione periodica x0(t) = a0, dalla<br />

d 2 x1<br />

dt 2 = −(α1 + cos(t))α0 (3.47)<br />

che ha soluzione periodica solo se α1 = 0, che è della forma:<br />

Mentre la 3.45 diventa:<br />

x1 = a0 cos(t) + a1<br />

(3.48)<br />

d 2 x2<br />

dt 2 = −a0α2 − 1<br />

2 a0 − 1<br />

2 a0 cos(2t) − a1 cos(t) (3.49)<br />

che ha soluzione periodica (di periodo 2π) solo se: a0α+1/2α0 = 0<br />

o se α2 = −1/2, quindi per piccoli valori di β:<br />

2) per n = 1 si α0 = 1/4 e<br />

la 3.44 diventa:<br />

α = − 1<br />

2 β2 + O(β 3 ) (3.50)<br />

<br />

1<br />

x0(t) = a0 cos<br />

2 t<br />

<br />

1<br />

+ b0 sin<br />

2 t<br />

<br />

(3.51)


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 58<br />

−b0<br />

<br />

d2x1 1<br />

+<br />

dt2 4 x1<br />

<br />

= −a0 α1 − 1<br />

<br />

1<br />

cos<br />

2 2 t<br />

<br />

−<br />

α1 − 1<br />

<br />

1<br />

sin<br />

2 2 t<br />

<br />

− 1<br />

2 a0<br />

<br />

3<br />

cos<br />

2 t<br />

<br />

− 1<br />

2 b0<br />

<br />

3<br />

sin<br />

2 t<br />

<br />

(3.52)<br />

Ci sono soluzioni periodiche (di periodo 4π) solo se b0 = 0,<br />

α1 = −1/2 o se a0 = 0, α1 = 1/2. Per piccoli β:<br />

α = 1<br />

4<br />

1<br />

± β (3.53)<br />

2<br />

descriva la curva di transizione prossima al punto (α = 1/4, β = 0)<br />

del piano dei parametri.<br />

Equazione di Mathieu con smorzamento<br />

Si consideri l’equazioni opportunamente modificata con la pre-<br />

senza dello smorzamento:<br />

dove ν > 0, κ > 0, scrivendo:<br />

si ottiene nella 3.54<br />

d2x + κdx + (ν + β cos(t)) x = 0 (3.54)<br />

dt2 dt<br />

1 −<br />

x(t) = e 2κt η(t) (3.55)<br />

d2 <br />

η<br />

+ ν −<br />

dt2 1<br />

4 κ2 <br />

+ β cos(t) η = 0 (3.56)<br />

che si riconduce all’equazione di Mathieu imponendo:<br />

α = ν − 1<br />

4 κ2<br />

(3.57)


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 59<br />

Quando α e β sono tali per cui le soluzioni di 3.56 sono limi-<br />

tate, anche le soluzioni di 3.54, per 3.55 sono limitate. Inoltre è<br />

consentito un margine di crescita esponenziale di η, pur rimanen-<br />

do limitate le soluzioni x(t). Quindi, le regioni di stabilità delle<br />

soluzioni dell’equazione 3.54 sono un’estensione delle regioni di<br />

stabilità dell’equazione di Mathieu, senza smorzamento.<br />

La prima regione di instabilità, per la 3.56, si verifica essere<br />

vicino a α = 1/4 (ν = 1/4(1 + κ 2 )), dalla sezione precedente è<br />

noto che sulle curve che limitano tale regione si ha una soluzione<br />

periodica di periodo 4π. Corrisponde, quindi, a φ = −2, dentro<br />

la regione si ha, quindi, φ < −2. Quindi, dalla 3.55, x(t) prende<br />

la forma:<br />

1<br />

(σ−<br />

x(t) = c1e 2iκ) 1<br />

(−σ−<br />

q1(t) + c2e 2iκ) q2(t) (3.58)<br />

con σ > 0 e q1(t), q2(t) di periodo 4π. Applicando il metodo<br />

perturbativo [22] si ricava la regione di stabilità:<br />

<br />

ν − 1<br />

2 −<br />

4<br />

1<br />

4 β2 1 − κ 2 > 0 (3.59)<br />

3.4.2 Soglia della fondamentale per la generazione della<br />

subarmonica di ordine 1/2<br />

Si consideri un semplice oscillatore nonlineare forzato alla vi-<br />

brazione in un pozzo di potenziale cubico [22] , che soddisfi la<br />

seguente equazione:


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 60<br />

d2x + adx + bx(1 + cx) = F cos(ωt) (3.60)<br />

dt2 dt<br />

dove a, b, c e F sono costanti che descrivono rispettivamente:<br />

smorzamento, costante elastica, costante non lineare, ampiezza<br />

del pilotaggio.<br />

La presenza del termine quadratico dovuta alla non linearità,<br />

fa sì che si generino armoniche di ordine 2, cioè a frequenza pari<br />

a 2ω, nell’ipotesi più che probabile che si verifichi la presenza di<br />

una perturbazione a ω/2 (è sufficiente un solo fotone), a seguito<br />

dell’interazione con la componente fondamentale a ω, vengono<br />

generate componenti a ω, 2ω, 3/2ω e a ω/2. Quest’ultimo termine<br />

è proprio quello di interesse nel presente studio, la subarmonica<br />

frazionale di ordine 1/2.<br />

Inoltre, se accade che il termine a 1/2ω così generato, risul-<br />

ta in quantità maggiore di quello di perturbazione, si verifica<br />

una retroazione positiva, causando la generazione stabile e con-<br />

sistente della componente a 1/2ω. Proprio il valore del termine<br />

a 1/2ω che deve essere raggiunto dall’interazione costituisce la<br />

soglia per la generazione di subarmoniche frazionali. Risulta an-<br />

che che il pilotaggio a omega è in prossimità della risonanza del<br />

sistema vibrante, le probabilità per cui venga generato la subar-<br />

monica frazionale aumentano, aumentando l’energia di vibrazione<br />

che viene a trovarsi nel sistema.<br />

Tornando all’equazione 3.60 e considerando un termine di per-<br />

turbazione piccolo ξ = x − x ′ dove:


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 61<br />

è la soluzione dell’equazione lineare:<br />

x ′ = U cos(ωt + φ) (3.61)<br />

d2x ′<br />

+ adx′<br />

dt2 dt + bx′ = F cos(ωt) (3.62)<br />

dove U = F [(ω 2 − ω 2 0) 2 + a 2 ω 2 ] −1/2 e φ = tan −1 [aω/(ω 2 − ω 2 0)]<br />

sono rispettivamente l’ampiezza e la fase della componente fonda-<br />

mentale e ω0 = b 1/2 . L’equazione 3.60 diventa, attraverso semplici<br />

sostituzioni:<br />

d2ξ + adξ<br />

dt2 dt + ξb(1 + 2cx′ ) + bcξ 2 + bcx ′2 = 0 (3.63)<br />

In questa equazione il penultimo termine può essere trascurato<br />

perché del secondo ordine rispetto a ξ, mentre l’ultimo termine<br />

può essere trascurato nello studio delle generazione delle subar-<br />

moniche ω/2, dato che x ′2 contiene solo il termine di ordine zero<br />

e la seconda armonica (2ω), non di interesse per l’attuale studio.<br />

Così, sostituendo nella equazione 3.63 l’espressione 3.61 per x ′ ,<br />

si ottiene l’equazione di Mathieu:<br />

d2ξ + adξ<br />

dt2 dt<br />

+ ξb(1 + 2cU cos(ωt + φ)) = 0 (3.64)<br />

come mostrato in [22] e nella sezione precedente, l’equazione<br />

3.64 può essere risolta da oscillazioni alle frequenza armoniche<br />

frazionali della frequenza circolare di eccitazione ω, nel caso in cui<br />

opportune condizioni siano verficate dai paramteri a, b e c. La


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 62<br />

soglia di oscillazione della componente fondamentale Uth, per la<br />

frequenza dell’oscillazione della subarmonica di ordine 1/2, può<br />

essere facilmente calcolata risolvendo ricorsivamente l’equazione<br />

3.64 alla frequenza ω/2, cercando l’effetto di amplificazione.<br />

Si trova così [19]<br />

Uth = 1<br />

<br />

∆ω′4 ∆ω′3<br />

+<br />

c 16 2 +<br />

<br />

1 + a′2<br />

<br />

∆ω<br />

4<br />

′2 + a ′2 ∆ω ′ + a ′2<br />

1/2 (3.65)<br />

dove a ′ = a/ω0 e ∆ω ′ = (ω − 2ω0)/ω0. Nel caso in cui sia a = 0,<br />

condizione che si verifica per sistemi non dissipativi, si ricava un<br />

valore nullo per l’ampiezza di soglia che deve avere l’ampiezza di<br />

eccitazione, in corrispondenza della frequenza di pilotaggio ω =<br />

2ω0. Per valori di ω sufficientemente vicini a 2ω0, e per valori della<br />

dissipazione sufficientemente piccoli, si ricava dalla 3.65<br />

Uth = 1 ′2 ′2<br />

a + ∆ω<br />

c<br />

1/2 (3.66)<br />

che mostra un andamento parabolico rispetto a ∆ω ′ intorno al<br />

valore minimo a ′ /c a ∆ω ′ = 0: un massimo di efficienza nella<br />

generazione della subarmonica si trova per una frequenza di pi-<br />

lotaggio che sia due volte la frequenza circolare propria del sistema<br />

oscillante ω0.<br />

Nel caso qui descritto, comunque, dove devono essere consider-<br />

ate onde e non oscillatori, non c’è un valore massimo. In realtà,<br />

non ci sono forze di richiamo, vere e proprie, agenti sulle singole<br />

masse oscillanti, come il terzo termine nell’equazione 3.60; piut-


3.4 Modello analitico per la generazione di armoniche frazionali 63<br />

tosto, ciascun elemento della struttura vibrante è pilotato verso<br />

la sua posizione di equilibrio (x = 0) dalla stessa configurazione<br />

della deformazione dell’elemento adiacente, come nel caso in cui<br />

si consideri una equazione d’onda nella generica variabile z:<br />

∂2z ∂z<br />

+ γ<br />

dt2 dt<br />

+ κ<br />

ρ<br />

∂ 2 z<br />

= 0 (3.67)<br />

∂x2 dove κ è il valore proprio della costante elastica, γ è il termine<br />

di viscosità, ρ è la densità di massa del mezzo in cui avviene<br />

la propagazione. Quindi non si presenta nessuna frequenza di<br />

risonanza da considerare ω0 per le masse oscillanti; piuttosto, è<br />

la frequenza d’onda stessa che deve essere considerata come fre-<br />

quenza di risonanza locale. Conseguentemente la frequenza del<br />

modo risonante Ω0, all’interno della struttura, non ha influenza<br />

nella definizione della forza di richiamo. La frequenza del mo-<br />

do risonante risulta direttamente limitata alla frequenza di oscil-<br />

lazione, quindi la ”frequenza di risonanza locale” è la la frequenza<br />

di propagazione stessa, e nella 3.65 si deve porre ω = ω0, in tal<br />

modo sarà ∆ω ′ = −1.<br />

Il valore di soglia deve quindi essere calcolato dalla equazione<br />

3.65 e si riduce a [19]<br />

Uth = 1<br />

′2 a<br />

c 4<br />

1<br />

2 9<br />

+<br />

16<br />

(3.68)<br />

che è costante rispetto alla frequenza, nella zona dell’iperbole cor-<br />

rispondente ai valori misurati e mostrati nella sezione successiva.


Capitolo 4<br />

Risultati Sperimentali<br />

4.1 Strumentazione<br />

In questa sezione viene descritta la strumentazione utilizzata<br />

nelle misure sperimentali effettuate al fine di studiare il compor-<br />

tamento anarmonico di risonatori piezoelettrici ceramici di forma<br />

cilindrica circolare cava. Questi ultimi sono stati analizzati per<br />

quanto concerne la risposta in frequenza e il campo degli sposta-<br />

menti superficiali in regime di vibrazione non lineare. L’inter-<br />

esse è qui rivolto alle caratteristiche ed alle qualità metrologiche<br />

degli strumenti, fornendo alcune informazioni riguardo alle tec-<br />

niche sfruttate nei rilievi sperimentali. I risultati ottenuti sono<br />

invece riportati nel successivo capitolo.<br />

4.1.1 Descrizione della strumentazione<br />

Di seguito viene presentata la strumentazione impiegata, sud-<br />

dividendola in base alla tipologia di misura effettuata.


4.1 Strumentazione 65<br />

C0<br />

R L C<br />

Figura 4.1: Circuito equivalente di un elemento piezoelettrico.<br />

Misure di ammettenza<br />

L’identificazione dei modi propri di oscillazione di campioni<br />

piezoelettrici può essere effettuata analizzando il comportamento<br />

elettrico del sistema, che a tutti gli effetti costituisce un circuito<br />

dotato di propria resistenza, induttanza e capacità.<br />

I risonatori piezoelettrici, vibranti nella vicinanza di un modo<br />

proprio, possono essere rappresentati elettricamente da una serie<br />

RLC in parallelo con una capacità fissata C0 (Figura 4.1). Si riesce<br />

cioè a stabilire [3]<br />

un’analogia elettromeccanica tra il risonatore piezolettrico ed<br />

un circuito elettrico le cui costanti resistive, induttive e capacitive<br />

sono, nell’ordine, equivalenti alle grandezze meccaniche smorza-<br />

mento, massa ed elasticità. Si utilizza inoltre la capacità C0 per<br />

tener conto degli effetti dovuti agli elettrodi sulla superficie del<br />

piezoelettrico.<br />

La risposta in frequenza delle strutture piezoelettriche può pre-<br />

sentare caratteristiche imprevedibili dal punto di vista teorico, ed<br />

un calcolo analitico delle risonanze è spesso laborioso ([15]). La<br />

stessa indagine compiuta tramite il circuito equivalente è il più<br />

delle volte applicabile solo per la prima frequenza fondamentale


4.1 Strumentazione 66<br />

del sistema e restituisce risultati attendibili se gli altri modi sono<br />

sufficientemente distanti nello spettro.<br />

Diventa fondamentale ricorrere alla verifica sperimentale. In<br />

particolare, è stato utilizzato un’analizzatore HP4194A funzio-<br />

nante nella modalità di analizzatore di ammettenza (o impeden-<br />

za).<br />

Indicata con Z = R + jX (Ω) l’impedenza di un circuito elet-<br />

trico costituito da una resistenza R in serie a una reattanza X =<br />

ωL − 1/ωC, si chiama ammettenza l’inverso di Z<br />

Y = G − jB (Ω −1 ≡ S) , (4.1)<br />

in cui G = R/|Z| 2 è la conduttanza e B = X/|Z| 2 la suscettanza.<br />

Se V = V0e jωt è la tensione applicata ai capi del circuito, ne nasce<br />

una corrente I = V/Z = V Y = V0(G − jB)e jωt sfasata rispetto<br />

a V di ϕ = arctan X/R = arctan B/G e con ampiezza massima<br />

I0 = V0/|Z| = V0|Y |.<br />

L’analizzatore suddetto compie una misura indiretta dell’am-<br />

mettenza elettrica del provino piezoelettrico collegato allo stru-<br />

mento tramite un opportuno banco elettrico (HP45951A), i cui<br />

terminali possono fornire una tensione selezionabile dall’opera-<br />

tore. Si tratta cioè di un impedenzimetro in grado di eseguire una<br />

spazzolata in frequenza (sweep) nell’intervallo desiderato. I modi<br />

propri della struttura sono indicati da un picco nell’ammetten-<br />

za, in corrispondenza del quale lo strumento registra un massimo<br />

(locale) nella corrente che attraversa la struttura analizzata.<br />

Si riportano il campo di variabilità dei parametri impostabili


4.1 Strumentazione 67<br />

dall’operatore ed alcune specifiche dell’analizzatore HP4195A.<br />

⋄ Campo di frequenze 10 5 ÷5·10 11 Hz<br />

⋄ Campo di tensione ±40 V<br />

⋄ Campo di impedenza 30·10 −3 ÷ 30 · 10 3 Ω<br />

⋄ Risoluzione 10 mV<br />

⋄ Accuratezza ±(0.12%+12 mV)<br />

⋄ Impedenza di uscita 50 Ω<br />

Rilevamento del campo di spostamento dei punti della superficie della<br />

struttura vibrante<br />

La figura 4.2 riporta lo schema a blocchi della strumentazione<br />

adottata per misurare lo spostamento normale della superficie<br />

esterna di un campione piezoelettrico di forma tubolare. Gli stru-<br />

menti di cui si è fatto uso e le specifiche ad essi relative sono<br />

elencate di seguito:<br />

(a) Generatore di funzione HP3324A<br />

⋄ Campo di frequenze 10 −3 ÷ 210 · 10 15 Hz<br />

⋄ Risoluzione in frequenza 10 −3 Hz fino a 10 6 Hz<br />

⋄ Accuratezza in frequenza ±5 ppm del valore selezionato<br />

⋄ Campo di ampiezze 10 −3 ÷ 10 V (p-p)<br />

⋄ Risoluzione in ampiezza 4 digit<br />

⋄ Accuratezza in ampiezza ±0.2 dB tra +23.98÷-56.02<br />

dBm con 10 −3 ÷ 100 · 10 3 Hz<br />

⋄ Impedenza di uscita 50±1 Ω tra 0÷10 · 10 3 Hz


4.1 Strumentazione 68<br />

(b) Amplificatore di potenza ENI 240L<br />

⋄ Campo di frequenze 20·10 3 ÷ 10 · 10 9 Hz<br />

⋄ Guadagno 50 dB fisso<br />

⋄ Uscita lineare 40 W<br />

⋄ Distorsione armonica >28 dB sotto la<br />

⋄ Impedenza ingresso/uscita 50 Ω<br />

fondamentale a 40 W<br />

(c)-(d) Interferometro ottico Polytec OFV 353 con proces-<br />

sore di segnale Polytec OFV 2700<br />

⋄ Campo di misura ±75 · 10 −9 m<br />

⋄ Sensibilità 50·10 −9 m/V con carico di 50 Ω<br />

25·10 −9 m/V con carico >50 Ω<br />

⋄ Rapidità per un segnale a gradino in ingresso:<br />

−tempo di ritardo 100·10 −9 s<br />

−tempo di salita 25·10 −9 s<br />

−tempo di discesa 25·10 −9 s<br />

−sovraelongazione 10%<br />

(e) Lock-in EGεG INSTRUMENT 7220<br />

CANALE DEL SEGNALE (tensione in ingresso)<br />

⋄ Tensione 2·10 −9 ÷ 1 V<br />

⋄ Impedenza 100·10 9 Ω, 25·10 −12 F<br />

⋄ Riserva dinamica da 0 a 100 dB


4.1 Strumentazione 69<br />

CANALE DI RIFERIMENTO<br />

⋄ Campo di frequenze 0.5÷120 · 10 3 Hz<br />

⋄ Trigger seno (200·10 −3 V p-p)<br />

⋄ Impedenza 10 9 Ω, 25·10 −12<br />

⋄ Risoluzione di fase 0.001 gradi<br />

(f) Oscilloscopio TEKTRONIX TDS 340A<br />

⋄ Banda passante 100·10 9 Hz<br />

⋄ Freq. di campionamento 500·10 9 campioni/s<br />

⋄ Interv. temp. a divisione 5·10 −9 ÷ 5 s/div<br />

⋄ Accuratezza temporale ±(100 ppm ×Lett.+0.4·10 −9 ) s<br />

⋄ Interv. in amp. a div. (2 ÷ 10)·10 −3 V/div<br />

⋄ Accuratezza in amp. ±(3 mV+0.1 div×V/div),<br />

tra 100 mV/div e 1 V/div<br />

⋄ Impedenza di ingresso 10 9 Ω, 20·10 −12 F (parallelo)<br />

(g) Analizzatore di spettro HP4195A<br />

⋄ Campo di frequenze 10÷500 · 10 9 Hz<br />

⋄ Accuratezza in frequenza ±20 ppm<br />

⋄ Impedenza di ingresso 50 Ω<br />

⋄ Attenuazione 0÷50 dB a passi da 10 dB<br />

⋄ Campo di ampiezze -135÷20 dBm<br />

⋄ Accuratezza in ampiezza ±1.0 dB a 50·10 9 Hz<br />

Come si evince dallo schema, il segnale inviato al tubo piezoelet-<br />

trico è fornito dal generatore di segnale (a) e


4.1 Strumentazione 70<br />

Figura 4.2: Schema a blocchi rappresentante la strumentazione impiegata nella<br />

misura dello spostamento radiale dei punti della superficie esterna dei provini.


4.1 Strumentazione 71<br />

amplificato dall’amplificatore di potenza (b) a guadagno fisso<br />

di 50 dB. Tale amplificatore, oltre a consentire l’applicazione di<br />

potenze opportune al raggiungimento di un regime di vibrazione<br />

non lineare, svolge la funzione di adattare elettricamente l’impe-<br />

denza del provino piezoelettrico a quella del generatore di segnale.<br />

A fronte dei 50 Ω in uscita dal generatore, si possono avere<br />

valori di impedenza delle ceramiche dell’ordine dell’unità in cor-<br />

rispondenza alle risonanze. In assenza del blocco di amplificazione,<br />

il segnale inviato dal generatore sarebbe quasi interamente riflesso,<br />

consentendo un minimo trasferimento di potenza al provino e dan-<br />

neggiando il generatore stesso. Lavorando, inoltre, con impedenze<br />

così piccole, per raggiungere tensioni che portino la ceramica in<br />

regime non lineare bisognerebbe ricorrere all’applicazione di cor-<br />

renti superiori alle possibilità del generatore. L’impiego dell’am-<br />

plificatore (b) ha permesso quindi di disporre di un guadagno atto<br />

a raggiungere le potenze richieste e di risolvere i suddetti problemi<br />

di adattamento elettrico.<br />

Il rilevamento dello spostamento della superficie del tubo<br />

avviene impiegando un metodo acusto-ottico. L’interferometro (c)<br />

emette un fascio laser che incide ed è riflesso sulla superficie del<br />

provino; il segnale di ritorno dalla superficie viene quindi elaborato<br />

dal processore (d), secondo quanto riportato al paragrafo 4.1.1.<br />

È stata effettuata una scansione della superficie tenendo fisso<br />

lo spot del laser e muovendo il campione. Il tubo è stato poggiato<br />

di base in posizione verticale su un goniometro con il quale è stato


4.1 Strumentazione 72<br />

ruotato intorno al suo asse di simmetria; in questo modo si è ot-<br />

tenuta la scansione lungo una circonferenza. Per gli spostamenti<br />

lungo l’asse si sono sfruttate guide micrometriche centesimali, con<br />

cui si è ottenuta la traslazione del goniometro, e quindi del cilin-<br />

dro, in direzione verticale: ne è risultata la scansione lungo una<br />

direttrice del tubo.<br />

Il segnale processato in (d) è inviato nel lock-in (e), strumento<br />

su cui si leggono i valori dell’ampiezza e della fase dello spostamen-<br />

to. Il valore della fase è riferito al segnale emesso dal generatore,<br />

per cui è necessario il collegamento diretto dei blocchi (a) ed (e).<br />

Tramite l’analizzatore di spettro (h), si può invece ottenere<br />

l’informazione in frequenza del segnale processato. Lo spettro<br />

ottenuto, oltre a fornire le frequenze e le intensità delle diverse<br />

componenti presenti nel segnale, è anche indicativo dell’eventuale<br />

rumore di fondo presente nella misura. Nel caso in cui si faccia uso<br />

del lock-in (e), la presenza di rumore può essere invece evidenziata<br />

monitorando con l’oscilloscopio (f) il segnale ricevuto in (e).<br />

Principi di funzionamento dell’interferometro acusto-ottico<br />

Il sensore ottico di vibrazioni utilizza una tecnica di misura<br />

interferometrica. L’interferometria ottica consente la misura di<br />

spostamenti molto più piccoli della lunghezza d’onda della luce,<br />

sfruttando una relazione sinusoidale tra il segnale d’uscita<br />

dell’interferometro e la differenza dei cammini ottici percorsi da<br />

due raggi laser generati dalla stessa sorgente. Come sarà mostra-


4.1 Strumentazione 73<br />

ωL<br />

Sorgente<br />

laser<br />

(A)<br />

(2) (D)<br />

(1)<br />

Al processore di segnale<br />

(B) (C)<br />

(F)<br />

(E)<br />

Lente<br />

Figura 4.3: Interferometro acusto-ottico.<br />

d = d0 cos ωt<br />

to, l’intensità risultante dopo la ricombinazione dei raggi varia in<br />

maniera sinusoidale con la differenza di fase relativa. Tale dif-<br />

ferenza di fase è generata dallo spostamento della superficie in<br />

vibrazione che modula la lunghezza del percorso compiuto da uno<br />

dei due raggi.<br />

Un dispositivo che realizza il processo descritto, è l’interfero-<br />

metro Mach-Zehnder schematizzato in figura 4.3. La luce polar-<br />

izzata orizzontalmente e proveniente dalla sorgente laser di fre-<br />

quenza angolare ωL è ripartita in due raggi di uguale intensità da<br />

un divisore di fascio (A). Il primo (1) attraversa la cella di Bragg<br />

(B), che sposta la pulsazione ad un valore ωL + ωB (dove ωB = 70<br />

MHz), passa nel prisma (C) (polarizzato orizzontalmente) senza<br />

subire modifiche e arriva alla lamina ottica (E) di spessore λ/8,<br />

che ruota il piano di polarizzazione del raggio incidente sul divi-<br />

sore (C) di π/2. Una lente convergente lo focalizza sulla superficie<br />

in vibrazione. Il raggio riflesso torna quindi sulla lamina (E), dove


4.1 Strumentazione 74<br />

subisce un’ulteriore rotazione di π/2 del piano di polarizzazione 1<br />

(risultando, quindi, un percorso ottico totale pari a λ/4) prima<br />

di incidere sul prisma (C) dove si ricombina con il secondo rag-<br />

gio (2) 2 , che ha invece compiuto il suo cammino nel prisma (D)<br />

senza essere alterato. I raggi ricombinati vengono mandati ad un<br />

fotodiodo (F), che fornisce una corrente in uscita proporzionale<br />

all’intensità luminosa che lo colpisce.<br />

Al fine di valutare lo sfasamento introdotto dalla superficie<br />

in vibrazione, è necessario effettuare un confronto fra la fase del<br />

primo fascio e quella del secondo fascio, che ha subito una vari-<br />

azione dovuta proprio alla vibrazione. E’ necessario partire dal<br />

campo elettrico uscente dalla sorgente laser e considerare tutte le<br />

componenti di fase introdotte dal cammino ottico che compie:<br />

la cui intensità è:<br />

E = E0e iωLt<br />

I = E 2 = E · E ∗<br />

(4.2)<br />

(4.3)<br />

avendo indicato con E ∗ il complesso coniugato del campo elettrico<br />

E.<br />

Il campo elettrico del primo fascio, quando incide sul fotodiodo<br />

(F) è diventato:<br />

1 Le due rotazioni di π/2 hanno lo scopo di invertire la polarizzazione del raggio (1).<br />

2 Questo è possibile perchè (C) è un polarizzatore, altrimenti il fascio di ritorno dal<br />

campione lo attraverserebbe.


4.1 Strumentazione 75<br />

E1 = 1 iωLt<br />

E0e<br />

2<br />

dove il fattore 1/2 è dovuto al divisore di fascio (A).<br />

(4.4)<br />

Mentre il campo elettrico del secondo, fascio quello riflesso dalla<br />

superficie in vibrazione, quando incide sul fotodiodo (F) è espresso<br />

da:<br />

E2 = 1 i[(ωL+ωB)t+φ(t)]<br />

E0e<br />

2<br />

(4.5)<br />

dove il fattore 1/2 è dovuto al divisore di fascio (A), ωB è la<br />

pulsazione introdotta dalla cella di Bragg, che si comporta come<br />

in modulatore di frequenza, e φ(t) è la fase, variabile nel tempo,<br />

prodotta dallo spostamento superficiale.<br />

Sul fotodiodo (F) arriva, quindi, un campo totale:<br />

ET OT = E1 + E2<br />

(4.6)<br />

Dato che il fotodiodo (F) non risponde al campo elettrico,<br />

ma alla sua intentensità I, data dall’equazione 4.3, è necessario<br />

calcolarla:<br />

IT OT = (E1 + E2) · (E1 + E2) ∗<br />

che, sostituendo le equazione 4.4 e 4.5, diventa:<br />

da cui<br />

IT OT = 1<br />

4 E2 <br />

0 2 + 2 ei(ωBt+φ(t)) <br />

−i(ωBt+φ(t))<br />

+ e<br />

2<br />

(4.7)<br />

(4.8)


4.1 Strumentazione 76<br />

IT OT = 1<br />

2 E2 0[1 + cos(ωBt + φ(t))] (4.9)<br />

tale intensità di campo, una volta fatto passare il fascio risultante<br />

attraverso un filtro passa alto diventa:<br />

IT OT = 1<br />

2 E2 0 cos(ωBt + φ(t)) (4.10)<br />

tale fascio risultante viene ulteriormente processato moltiplican-<br />

dolo per la corrente di pilotaggio della cella di Bragg (I0 cos(ωBt+<br />

φ(t))), ottenendo:<br />

IT OT = α cos(ωBt + φ(t)) + β cos(φ(t)) (4.11)<br />

dove α e β sono costanti dipendenti da E0 e I0.<br />

Infine, il fascio risultante viene filtrato attraverso un passabas-<br />

so, ottenendo un’intensità legata alla variazione di fase introdotta<br />

dalla vibrazione sulla superficie su cui incide il fascio iniziale:<br />

IT OT = β cos[φ(t)] (4.12)<br />

Tutto ciò evidenzia come la funzione della cella di Bragg sia<br />

quella di rendere il segnale d’uscita sensibile a spostamenti della<br />

superficie in un verso o nell’altro. Infatti, senza la frequenza ωB,<br />

il segnale di uscita sarebbe quello fornito dall’equazione (4.12),<br />

dipendente tramite la funzione coseno alla fase ϕ(t): fasi uguali e<br />

di segno opposto quindi, avrebbero prodotto la stessa corrente di<br />

uscita.


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 77<br />

Figura 4.4: Tubi piezoelettrici.<br />

4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risul-<br />

tati teorici<br />

4.2.1 I campioni piezoelettrici<br />

Le misure sono state effettuate su campioni di geometria cilin-<br />

drica a sezione circolare cava e su campioni a geometria di lastra<br />

sottile a sezione rettangolare (piastrine). Il materiale di cui sono<br />

costituiti è ceramica piezoelettrica in titanato zirconato di piombo<br />

di tipo Navy type III, anche indicato con la sigla PZT-8. La figura<br />

4.4 riporta un’immagine di tipici tubi piezoeletrrici.<br />

Le caratteristiche geometriche dei due campioni utilizzati sono<br />

elencate nelle tabelle 4.1 e 4.2.<br />

Il tubo è dotato di elettrodi di nickel applicati per deposizione<br />

elettrochimica sull’intera superficie interna ed esterna. I cavi elet-


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 78<br />

Cilindro<br />

Lunghezza assiale l (mm) 76±0.25<br />

Diametro esterno de (mm) 50±0.64<br />

Spessore s (mm) 5±0.51<br />

Spessore elettrodi (µm) 2.54<br />

Tabella 4.1: Dimensioni geometriche e tolleranze meccaniche del Cilindro<br />

piezoelettrico utilizzato, dichiarate da catalogo.<br />

Piastrina<br />

Lunghezza l1 (mm) 20.0±0.1<br />

Larghezza l2 (mm) 10.0±0.1<br />

Spessore s (mm) 1±0.11<br />

Spessore elettrodi (˚A) 3000<br />

Tabella 4.2: Dimensioni geometriche e tolleranze meccaniche della piastrina<br />

piezoelettrica utilizzata, dichiarate da catalogo.<br />

trici sono invece stati fissati tramite una vernice costituita da ar-<br />

gento metallico e da un solvente volatile a contatto con l’aria.<br />

L’asse di polarizzazione della ceramica è disposto in perpendico-<br />

lare alla superficie sia per il cilindro sia per la piastrna.<br />

Sulla piastrina gli elettrodi di alluminio sono depositati sull<br />

superfici maggiori per sputtering. I cavi elettrici sono fissati in<br />

maniera analoga al cilindro.<br />

4.2.2 Misure sperimentali relative al cilindro<br />

Per ambedue i campioni si sono effettuati le seguenti misure:<br />

• Misura dell’impedenza elettrica e meccanica, per la rilevazione<br />

della modo di vibrazione fondamentale della struttura;


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 79<br />

Impedenza [Ω]<br />

70<br />

50<br />

30<br />

10<br />

-10<br />

15 17 19 21 23<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.5: Impedenza del cilindro.<br />

• Misura degli spettri del segnale rilevato sulla superficie in<br />

vibrazione mediante tecnica inteferometrica;<br />

• Misura dell’ampiezza di pilotaggio di soglia al variare della<br />

frequenza di pilotaggio;<br />

• Misura dell’ampiezza fondamentale di soglia al variare della<br />

frequenza di pilotaggio;<br />

• Misura e confronto delle ampiezze della fondamentale e delle<br />

armoniche frazionali al variare dell’ampiezza di pilotaggio;<br />

• Misura e confronto delle ampiezze della fondamentale e delle<br />

armoniche frazionali al variare della posizione lungo gli assi<br />

delle strutture.<br />

In figura 4.5 si riporta l’impedenza misurata sul cilindro cavo,<br />

descritto nel capitolo precedente.


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 80<br />

La figura evidenza la presenza di una risonanza alla frequenza<br />

di 16.9 kHz. A questa frequenza per il cilindro si presenta un<br />

modo d’oscillazione A1,0,0 che corrisponde al suo modo assiale.<br />

Come appare nel diagramma, i vari modi sono accomunati da<br />

una forma snella delle curve di risonanza, cioè da un alto valore<br />

del fattore meccanico. Questo è indice di un trascurabile smorza-<br />

mento interno della ceramica piezoelettrica. Le possibili fonti di<br />

dissipazione sono dovute, nelle applicazioni pratiche dei risonatori<br />

studiati, a cause esterne, quali vincoli di supporto o fluidi viscosi<br />

a contatto con la struttura.<br />

La snellezza della forma dei picchi determina curve di risposta,<br />

relative a ciascun modo, non sovrapposte tra loro. In questa con-<br />

dizione, i modi di vibrazione risultano disaccoppiati: eccitando il<br />

campione su una certa risonanza, esso risponderà con il solo modo<br />

di vibrazione relativo a quella frequenza. Non interverranno, in-<br />

vece, i modi di vibrazione caratteristici di altre risonanze. Finché<br />

si verifica questa condizione la vibrazione risulta essere in regime<br />

lineare.<br />

Bisogna osservare come gli spettri rilevati sperimentalmente<br />

varino in relazione alla tensione applicata al campione [21]: all’au-<br />

mentare della tensione (o potenza) applicata al campione piezoelet-<br />

trico analizzato, si verifica una traslazione dei picchi di risonanza<br />

verso frequenze più basse, con una diminuzione del fattore mec-<br />

canico relativo a ciascuna risposta. Il fenomeno è una chiara indi-<br />

cazione dell’instaurarsi nella struttura di un regime di vibrazione


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 81<br />

non lineare; si pensi, ad esempio, a quanto ricordato per l’oscilla-<br />

tore di Duffing (paragrafo 3.1) con molla soffice: la flessione verso<br />

sinistra della curva di risposta è un comportamento paragonabile<br />

allo spostamento del picco di risonanza verso frequenze più basse<br />

nel caso del tubo piezoelettrico.<br />

Verifica della presenza di vibrazioni subarmoniche di ordine 1/2<br />

Vengono dette vibrazioni subarmoniche o armoniche frazionali<br />

di ordine 1/2 le vibrazioni che si instaurano ad una frequenza pari<br />

alla metà (1/2) della frequenza dell’armonica frazionale.<br />

In questo paragrafo verrà mostrata la presenza di frequenze di<br />

vibrazione a frequenze pari a 1/2 della frequenza fondamentale.<br />

Al paragrafo 4.1.1 è stata descritta la catena di misura utilizza-<br />

ta nel rilievo del campo degli spostamenti dei punti della superficie<br />

del campione. Come detto, il tubo piezoelettrico è stato poggiato<br />

di base, in posizione verticale, su un supporto adatto a realizzare<br />

spostamenti in direzione verticale. Muovendo in tal maniera il<br />

campione, con il fascio laser incidente sulla superficie esterna si<br />

sono realizzate scansioni lungo le direttrici del campione. La figu-<br />

ra 4.6 schematizza gli spostamenti relativi tra raggio laser e tubo<br />

piezoelettrico.<br />

La figura 4.7 mostra, nel punto che si trova a mezza altezza<br />

dell’asse del cilindro, lo spettro del segnale rilevato quando agli<br />

elettrodi viene applicata una tensione alternata alla frequenza di<br />

risonanza di 16.9 kHz con ampiezza 6 V. Come previsto è pre-


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 82<br />

z<br />

Figura 4.6: Spostamenti relativi tra raggio laser e tubo piezoelettrico.<br />

sente una vibrazione abbastanza pronunciata alla frequenza fon-<br />

damentale, corrispondente alla frequenza di pilotaggio. Inoltre, si<br />

verifica, già a quest’ampiezza di eccitazione, la presenza di non<br />

linearità del secondo e terzo ordine con la presenza di frequenze<br />

di vibrazioni al doppio e triplo del valore della fondamentale.<br />

Le misure effettuate sono state indirizzate allo studio del regime<br />

di vibrazione non lineare dei risonatori. In particolare sono stati<br />

evidenziati i comportamenti tenuti dal campione al superamento<br />

della soglia di eccitazione di vibrazioni a frequenze 1/2 da parte<br />

della tensione di pilotaggio. Inoltre, a seguito del battimento<br />

tra la frequenza 1/2 e quella di pilotaggio (a 1) nasce anche una<br />

vibrazione a frequenza pari a 3/2 la frequenza di pilotaggio [17].<br />

Per il cilindro tale ampiezza di soglia risulta essere di 14.5


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 83<br />

Ampiezza [dBm]<br />

0<br />

-20<br />

-40<br />

-60<br />

-80<br />

10 20 30 40<br />

Frequenza<br />

Figura 4.7: Spettro in frequenza del segnale rilevato (Cilindro, 6 V, 16.9 kHz).<br />

Ampiezza [dBm]<br />

-20<br />

-40<br />

-60<br />

-80<br />

10 20 30 40<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.8: Spettro in frequenza del segnale rilevato (Cilindro, 14.5 V, 16.9<br />

kHz).<br />

V. Come evidenziato dalla figura 4.8, che mostra lo spettro in<br />

frequenza della vibrazione rilevata dal sistema di misura al cen-<br />

tro dell’asse del cilindro, sono presenti due vibrazioni a frequenze<br />

rispettivamente 8.45 kHz (1/2 volte 16.9 kHz) e 25.35 kHz (3/2


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 84<br />

volte 16.9 kHz).<br />

Verifica del fenomeno della soglia e confronto con il modello analitico<br />

Uno degli aspetti che caratterizza i fenomeni di oscillazione a<br />

frequenze che siano frazione della fondamentale (armoniche frazion-<br />

ali), che come è stato illustrato nel paragrafo precedente prende<br />

il nome di oscillazione parametrica, è la presenza di un livello di<br />

soglia che deve essere raggiunto dall’ampiezza della fondamentale.<br />

Infatti la generazione delle vibrazioni a frequenze frazionali ri-<br />

portate nella figura 4.8 avviene al superamento di un valore pre-<br />

ciso di un’ampiezza di eccitazione, oltre il quale si sono presen-<br />

tate tali vibrazioni con ampiezze non trascurabili rispetto alla vi-<br />

brazione fondamentale. Questo è sintomatico della presenza di un<br />

fenomeno di soglia nella generazione delle armoniche frazionali.<br />

Nella figura 4.9 è riportato l’andamento dell’ampiezza di soglia<br />

della tensione di pilotaggio rispetto alla frequenza di pilotaggio<br />

del campione (l’unità di misura dell’ampiezza di soglia deve essere<br />

moltiplicata per il fattore di amplificazione, che risulta costante<br />

alle frequenze analizzate). L’ampiezza dell’armonica fondamen-<br />

tale è direttamente proporzionale all’ampiezza di pilotaggio, in<br />

modo lineare, almeno fino al raggiungimento del livelo di soglia.<br />

Si evidenzia come sia presenta un minimo in corrispondenza della<br />

frequenza di 16.9 kHz, cioé la frequenza del modo fondamentale.<br />

Questo è un comportamento tipico delle oscillazioni parametriche<br />

quali quelle descritte dall’equazione di Mathieu, analizzata nella


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 85<br />

Livello di Soglia dell’Ampiezza di Pilotaggio [V]<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

16.0 16.5 17.0 17.5 18.0 18.5 19.0<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.9: Livello di soglia [V] rispetto alla frequenza [kHz] del segnale di<br />

pilotaggio (Cilindro).<br />

Livello di Soglia dell’Ampiezza di Pilotaggio [V]<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

16.6 16.7 16.8 16.9<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.10: Livello di soglia [V] rispetto alla frequenza [kHz] del segnale di<br />

pilottagio (dettaglio del Cilindro).<br />

parte teorica del presente capitolo.<br />

La figura 4.10 mostra un dettaglio del comportamento del-<br />

l’ampiezza di soglia rispetto alla frequenza di eccitazione.<br />

Un’altro aspetto sperimentale che trova riscontro anche nel


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 86<br />

Ampiezza di Vibrazione [nm]<br />

12.2<br />

11.8<br />

11.4<br />

11.0<br />

16.4 16.5 16.6 16.7 16.8 16.9 17.0 17.1<br />

Frequenza [kHz]<br />

Centro<br />

5 mm dal Centro<br />

25 mm dal Centro<br />

Figura 4.11: Andamento della soglia al variare della frequenza di pilotaggio<br />

per diversi punti lungo l’asse del cilindro.<br />

modello analitico descritto in 3.4.2 riguarda l’indipendenza della<br />

solgia che deve assumere l’ampiezza di vibrazione fondamentale<br />

al variare della frequenza di pilotaggio (si veda l’equazione 3.68).<br />

Nella seguente figura 4.11 sono mostrate le curve rappresentan-<br />

ti l’ampiezza di soglia che la fondamentale deve superare al fine<br />

di generare le armoniche frazionali al variare della frequenza di<br />

pilotaggio. Inoltre sono anche riportate diverse curve per diversi<br />

punti lungo l’asse del cilindro. Ciò è una prima affermazione del<br />

carattere ”locale” dell’interazione non lineare per la generazione<br />

dell’armonica frazionale di ordine 1/2, in maniera coerente con<br />

l’equazione 3.68 [16].<br />

Risulta evidente l’indipendenza del fenomeno di soglia sia dal<br />

modo di vibrazione che si è instaurato (frequenza) sia dalla po-<br />

sizione lungo le superfici vibranti.


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 87<br />

Ampiezza [a. u.]<br />

60<br />

40<br />

20<br />

0<br />

A1/2<br />

A1<br />

A3/2<br />

5 10 15 20 25<br />

Ampiezza di Pilotaggio [mV]<br />

Figura 4.12: Andamento dell’ampiezza della fondamentale e delle subar-<br />

moniche rispetto all’ampiezza di pilotaggio (Cilindro).<br />

Verifica dell’andamento spaziale di armoniche e subarmoniche<br />

Uno degli aspetti singolari rilevati nel presente studio con-<br />

siste della dipendenza spaziale delle oscillazioni a frequenze pari<br />

a frazioni della frequenza fondamentale. Questo fenomeno di-<br />

mostra come la generazione delle armoniche frazionali sia legata<br />

al raggiungimento ”locale” di un’ampiezza di soglia da parte del-<br />

l’ampiezza dell’armonica fondamentale, direttamente proporzionale<br />

all’ampiezza di pilotaggio, che è il vero e proprio pilotaggio del<br />

fenomeno delle armoniche frazionali.<br />

A dimostrazione della ”localizzazione” del fenomeno di gener-<br />

azione dell’armonica fraziionale di ordine 1/2 (e conseguentemente<br />

di ordine 3/2,) sono riportate le figure 4.12 e 4.13.<br />

Nella prima è riportato l’andamento delle ampiezze dell’armon-<br />

ica fondamenentale e delle subarmonica di ordine 1/2 e 3/2, in fun-


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 88<br />

zione dell’ampiezza di pilotaggio. Le misure sono state effettuate<br />

con lo spot del fascio laser dell’interferomentro in posizione cor-<br />

rispondente al centro dell’asse del cilindro, dove l’ampiezza della<br />

fondamentale risulta massima [15], [18].<br />

Risulta evidente come all’aumentare dell’ampiezza di pilotaggio<br />

l’ampiezza della fondamentale cresca linearmente, fenomeno pre-<br />

visto anche in regime non lineare, ma prima del raggiungimento<br />

del valore di soglia, in cui risultano presenti armoniche di ordine<br />

superiore (secondo, terzo, ecc. ordine) [15], [18]. D’altra parte<br />

l’armonica frazionale di ordine 1/2, risulta inesistente, cioé non è<br />

ancora stata eccitata.<br />

Le armoniche frazionali risultano presenti solo al superamento<br />

da parte dell’ampiezza di pilotaggio di un valore di soglia (si veda<br />

il paragrafo 3.4.2 per i dettagli teorici), superato il quale queste<br />

ampiezze risultano bene evidenti e acquistano valori stabili pari<br />

al 30 − 40% dell’ampiezza della fondamentale. Inoltre, si verifi-<br />

ca un abbattimento dell’ampiezza della fondamentale di circa il<br />

30 − 35%, ciò è dovuto alla necessità di far fluire energia dalla<br />

fondamentale alle armoniche frazionali appena generate.<br />

La figura 4.13 mostra l’andamento dell’ampiezza della fonda-<br />

mentale e delle armoniche frazionali di ordine 1/2 e 3/2, al variare<br />

della posizione dello spot dell’interferometro lungo l’asse del cilin-<br />

dro. Il punto indicato a 0 mm corrisponde al punto più distante<br />

dal centro dell’asse, che si trova in corrispondenza del punto indi-<br />

cato a 36 mm. E’ riportata solo la prima metà del cilindro essendo


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 89<br />

Ampiezza [a. u.]<br />

60<br />

40<br />

20<br />

0<br />

A1/2<br />

A1<br />

A3/2<br />

0 4 8 12 16 20 24 28 32 36<br />

Posizione [mm]<br />

Figura 4.13: Andamento dell’ampiezza della fondamentale e delle subar-<br />

moniche lungo l’asse del cilindro.<br />

l’altra metà simmetrica sia in termini geometrici sia in termini di<br />

vibrazioni.<br />

L’ampiezza di pilotaggio in queste misure è tale da superare<br />

il livello di soglia per la generazione di armoniche frazionali in<br />

corrispondenza del centro dell’asse del cilindro. E’ stata utilizzata<br />

quella ricavata dalle precedente misure sperimentali, pari a 14, 5<br />

V.<br />

Le misure sono state effettuate a partire dal bordo superiore<br />

del cilindro scendendo lungo il suo asse spostando lo spot di 2 mm<br />

alla volta.<br />

Nonostante il raggiungimento del livello di soglia da parte del<br />

pilotaggio, nella fase iniziale dell’esperimento (cioé nei punti più<br />

lontani dal centro), non si evidenziano armoniche frazionali e l’am-<br />

piezza della fondamentale cresce linearmente all’avvicinarsi al cen-


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 90<br />

tro dell’asse del cilindro, come già verificato nel comportamento<br />

non lineare sotto soglia [18].<br />

La crescita lineare della fondamentale continua fino a 10 mm<br />

dal centro dell’asse, punto a partire dal quale subisce una riduzione,<br />

dovuta al fluire dell’energia meccanica delle vibrazioni verso le ar-<br />

moniche frazionali, non ancora evidenziatesi in maniera stabile.<br />

Le armoniche frazionali di ordine 1/2 e 3/2 risultano formate e<br />

stabili, con ampiezza di circa il 30% della fondamentale solo in<br />

corrispondenza del centro.<br />

Questo fenomeno evidenzia inequivocabilmente come la genera-<br />

zione parametrica delle armoniche frazionali, di ordine 1/2 e 3/2,<br />

sia localizzata in corrispondenza dei soli punti in cui l’ampiez-<br />

za della fondamentale supera la soglia, facendovi fluire l’energia<br />

meccanica necessaria alla loro generazione.<br />

Ulteriormente esplicative sono le seguenti due figure, che ri-<br />

portano le misure sperimentali effettuate lungo tutto l’asse del<br />

cilindro.<br />

La figura 4.14 mostra l’andamento dell’ampiezza della fonda-<br />

mentale e dell’armonica frazionale di ordine 1/2 rispetto all’ampiez-<br />

za di soglia (ampiezza di pilotaggio a 11.6 V)(non si riporta l’ampiez-<br />

za dell’armonica di ordine 3/2, dato che, essendo generata dal<br />

battimento delle due precendenti, risulta superflua). In queste<br />

misura il comportamento del sistema in vibrazione risulta essere<br />

lineare, in fatti risulta immediatamente evidente come l’ampiezza<br />

della fondamentale non abbia raggiunto il livello di soglia. Si noti


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 91<br />

Ampiezza (nm)<br />

12<br />

8<br />

4<br />

0<br />

Livello di Soglia<br />

Α1<br />

Α1/2<br />

0 15 30 45 60 75<br />

Posizione (mm)<br />

Figura 4.14: Andamento dell’ampiezza della fondamentale e dell’armonica di<br />

ordine 1/2 lungo l’asse del cilindro rispetto al livello di soglia (sotto soglia).<br />

che in questa figura è riportato l’andamento rispetto a tutto l’asse<br />

del cilindro, e l’ampiezza della fondamentale mostra l’andamento<br />

previsto in [18] per il comportamento non lineare sotto soglia.<br />

La figura 4.15, mostra, invece, cosa avviene nei punti in cui<br />

la soglia per la generazione delle armoniche frazionali è raggiunta<br />

dall’ampiezza della fondamentale (ampiezza di pilotaggio 14.5 V):<br />

quest’ultima subisce un decremento (come già descritto in prece-<br />

denza del 30 − 35%) dovuto al fluire dell’energia meccanica della<br />

vibrazione verso le armoniche frazionali, che a loro volta diven-<br />

tano stabili e con valori non più trascurabili rispetto all’armonica<br />

fondamentale (come già descritto in precedenza arrivano ad avere<br />

un’ampiezza del 30 − 40% della fondamentale)<br />

Inoltre, nella figura 4.16 sono riportati gli spettri in frequenza<br />

del segnale di vibrazione rilevato sulla superficie del cilindro al


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 92<br />

Ampiezza (nm)<br />

12<br />

8<br />

4<br />

0<br />

Livello di Soglia Α1<br />

Α1/2<br />

0 15 30 45 60 75<br />

Posizione (mm)<br />

Figura 4.15: Andamento dell’ampiezza della fondamentale e dell’armonica di<br />

ordine 1/2 lungo l’asse del cilindro rispetto al livello di soglia (sopra soglia).<br />

-10<br />

-40<br />

-70<br />

10<br />

-10<br />

-30<br />

10 20 30 40<br />

10 20 30 40<br />

Frequenza [kHz]<br />

(a)<br />

(c)<br />

Ampiezza [dBm]<br />

Ampiezza [dBm]<br />

10<br />

-10<br />

-30<br />

-10<br />

-40<br />

-70<br />

10 20 30 40<br />

10 20 30 40<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.16: Spettri in frequenza al variare della posizione di rilevazione del<br />

segnale (Cilindro).<br />

variare della posizione: l’ampiezza di pilotaggio viene mantenuta<br />

costante.<br />

La (a) corrisponde a un punto distante 9 mm dal centro del<br />

cilindro, la (b) a 6 mm e la (c) a 3 mm, mentre lo spettro del<br />

(b)<br />

(d)


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 93<br />

-10<br />

-40<br />

-70<br />

10<br />

-10<br />

-30<br />

10 20 30 40<br />

10 20 30 40<br />

Frequenza [kHz]<br />

(a)<br />

(c)<br />

Ampezza [dBm]<br />

Ampezza [dBm]<br />

10<br />

-10<br />

-30<br />

-10<br />

-40<br />

-70<br />

10 20 30 40<br />

10 20 30 40<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.17: Spettri in frequenza al variare dell’ampiezza di pilotaggio di<br />

rilevazione del segnale (Cilindro).<br />

segnale mostrato nella (d) è rilevato proprio in corrispondenza del<br />

centro dell’asse del cilindro, dove l’ampiezza di vibrazione della<br />

componente fondamentale è in corrispondenza del suo massimo<br />

[18]. Questa figura dimostra ulteriormente come il fenomeno del-<br />

la generazione delle armoniche frazionali sia legato all’ampiezza<br />

di pilotaggio. Infatti, all’avvicinarsi al centro dell’asse del cilin-<br />

dro e, quindi, all’aumentare dell’ampiezza dell’armonica fonda-<br />

mentale, si sviluppa il fenomeno delle armoniche frazionali, fi-<br />

no a consolidarsi in maniera stabile una volta raggiunto il centro<br />

dell’asse.<br />

La figura 4.17 illustra una figura analoga alla precedenta, solo<br />

che risulta da misure effettuate al variare non della posizione, ma<br />

dell’ampiezza di pilotaggio((a) 11.6 V, (b) 12.5 V, (c) 13.5 V, (d)<br />

14.5 V).<br />

(b)<br />

(d)


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 94<br />

Anche queste misure evidenziano, quindi, come il fenomeno<br />

della generazione delle subarmoniche sia ”locale” e dipendente<br />

dall’ampiezza della vibrazione fondamentale. Infatti, se l’ampiez-<br />

za della fondamentale supera la soglia, che sia ciò dovuto allo<br />

spostarsi lungo l’asse del cilindro o che sia dovuto all’aumentare<br />

dell’ampiezza di pilotaggio (a cui l’ampiezza della fondamentale<br />

è direttamente proporzionale) si verifica comunque il fenomeno<br />

dell’insorgenza delle armoniche frazionali.<br />

4.2.3 Misure sperimentali relative alla piastrina<br />

Nella presente sezione si illustrano i risultati sperimentali ot-<br />

tenuti per la piastrina, la cui struttura geometrica è stata descritta<br />

nel Paragrafo precedente 4.2.1 e risulta completamente diversa da<br />

quella del cilindro. Nonostante tale diversità, i risultati sperimen-<br />

tali ottenuti sono analoghi e confortano i risultati analitici descritti<br />

nella prima Sezione del presente Capitolo.<br />

Le misure sperimentali effettuate hanno seguito lo stesso per-<br />

corso delle misure effettuate sul cilindro, al fine di consentire un<br />

valido confronto.<br />

In figura 4.18 si riporta l’impedenza misurata sulla piastrina,<br />

la lastra sottile a sezione rettangolare le cui caratteristiche ge-<br />

ometriche, meccaniche ed elettriche sono descritte nella seconda<br />

sezione del Capitolo.<br />

La figura evidenza la presenza di una risonanza alla frequenza<br />

di 12.9 kHz, corrispondente al suo modo assiale.


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 95<br />

Impedenza [ Ω]<br />

12<br />

8<br />

4<br />

0<br />

10 12 14 16 18<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.18: Impedenza della piastrina.<br />

Le osservazioni effettuate per il cilindro riguardo le curve di<br />

risonanza e l’accoppiamento dei modi di vibrazione hanno lo stesso<br />

valore anche per la piastrina.<br />

Verifica della presenza di vibrazioni subarmoniche di ordine 1/2<br />

La figura 4.19 mostra lo spettro in frequenza del segnale rile-<br />

vato al centro della piastrina quando agli elettrodi viene applicata<br />

una tensione alternata alla frequenza di risonanza di 12.9 kHz con<br />

ampiezza 5, 8 V. Come previsto è presente una vibrazione abbas-<br />

tanza pronunciata e si verifica, già a quest’ampiezza di eccitazione,<br />

la presenza di non linearità del secondo e terzo ordine con la pre-<br />

senza di frequenze di vibrazioni al doppio e triplo del valore della<br />

fondamentale, come risulta evidenziato dalla figura stessa.<br />

Anche per la piastrina le misure sono state indirizzate al fine<br />

di evidenziare i comportamenti che si presentano al superamento


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 96<br />

Ampiezza [dBm]<br />

-20<br />

-40<br />

-60<br />

-80<br />

10 20 30 40<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.19: Spettro in frequenza del segnale rilevato (Piastrina, 5,8 V, 12.9<br />

kHz).<br />

Ampiezza [dBm]<br />

0<br />

-20<br />

-40<br />

-60<br />

-80<br />

10 20 30 40<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.20: Spettro in frequenza del segnale rilevato (Piastrina, 53,4 V, 12.9<br />

kHz).<br />

della soglia di eccitazione di vibrazioni alla frequenza 1/2 (armon-<br />

ica frazionale di ordine 1/2) da parte della tensione di pilotaggio<br />

e della fondamentale.<br />

Per la piastrina tale ampiezza di soglia risulta essere di 53, 4


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 97<br />

V. Come evidenziato dalla figura 4.20, che mostra lo spettro in<br />

frequenza della vibrazione rilevata dal sistema di misura al cen-<br />

tro dell’asse del cilindro, sono presenti due vibrazioni a frequen-<br />

ze rispettivamente 6, 45 kHz (1/2 volte 12.9) e 19, 35 kHz (3/2<br />

volte 12.9), quest’ultima derivante dal fenomeno di battimento<br />

tra l’armonica fondamentale e l’armonica frazionale di ordine 1/2.<br />

Verifica del fenomeno della soglia e confronto con il modello analitico<br />

Nella figura 4.21 è riportato l’andamento dell’ampiezza di soglia<br />

rispetto alla frequenza di pilotaggio del campione (l’unità di misura<br />

dell’ampiezza di soglia deve essere moltiplicato per il fattore di<br />

amplificazione, che risulta costante alle frequenze analizzate). Si<br />

evidenzia come sia il minimo presente in corrispondenza della fre-<br />

quenza di 12.9 kHz, cioé la frequenza del modo fondamentale,<br />

come avviene anche per il Camione 1.<br />

Anche per la piastrina si è proceduto nel valutare l’indipenden-<br />

za che l’ampiezza di soglia dalla frequenza di pilotaggio (si veda<br />

il modello analitico nel paragrafo 3.4.2.<br />

Il risutlato di tale analisi sperimentale è riportato nella figura<br />

4.22 e risulta analogo a quanto mostrato per il cilindro; come<br />

analoghi sono i commenti che ne scaturiscono: l’ampiezza che la<br />

fondamentale deve assumere per generare le armoniche frazionali<br />

è costante al variare della frequenza di pilotaggio, coerentemente<br />

con il modello analitico (equazione 3.68)


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 98<br />

Livello di Soglia dell’ampiezza di Pilotaggio [mV]<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

12.7 12.8 12.9 13.0 13.1<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.21: Livello di soglia [V] rispetto alla frequenza [kHz] del segnale di<br />

pilottagio (Piastrina).<br />

Ampiezza della Vibrazione [nm]<br />

12.0<br />

11.8<br />

11.6<br />

11.4<br />

11.2<br />

11.0<br />

10.8<br />

12.70 12.75 12.80 12.85 12.90 12.95<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.22: Andamento della soglia al variare della frequenza di pilotaggio<br />

in corrispondenza del centro della piastrina.<br />

Verifica dell’andamento spaziale di armoniche e subarmoniche<br />

Anche in questa fase sperimentale della presenti tesi si è potuto<br />

verificare il carattere della dipendenza spaziale delle oscillazioni a


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 99<br />

Ampiezza [a. u.]<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

A1/2<br />

A1<br />

A3/2<br />

65 70 75 80 85 90<br />

Ampiezza Pilotaggio [mV]<br />

Figura 4.23: Andamento dell’ampiezza della fondamentale e delle subar-<br />

moniche rispetto all’ampiezza di pilotaggio (Piastrina).<br />

frequenze pari a frazioni della frequenza fondamentale.<br />

Infatti le figure 4.23 e 4.24 risultano del tutto analoghe alle<br />

figure 4.12 e 4.13 (in quest’ultima di evidenzia un diverso profilo<br />

di vibrazione della fondamentale, dovuto alla geometria)<br />

Anch’esse dimostrano come il fenomeno della generazione delle<br />

armoniche frazionali sia ”localizzato” spazialmente in quei punti in<br />

cui l’armonica fondamentale supera il valore di soglia necessario.<br />

Nella figura 4.23 ottenuta all’aumentare dell’ampiezza di pi-<br />

lotaggio e, conseguentemente, dell’ampiezza della fondamentale,<br />

le armoniche frazionali sorgono al superamento della soglia e ac-<br />

quistano un valore stabile pari a circa il 25 − 30% quello della<br />

fondamentale, che a sua volta subisce una riduzione del 30% a<br />

causa del fluire della sua energia di vibrazione verso le armoniche<br />

frazionali.


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 100<br />

Ampiezza [a. u.]<br />

600<br />

400<br />

200<br />

0<br />

A1/2<br />

A1<br />

A3/2<br />

0 5 10 15 20<br />

Posizione [mm]<br />

Figura 4.24: Andamento dell’ampiezza della fondamentale e delle subar-<br />

moniche rispetto alla posizione lungo l’asse maggiore della piastrina.<br />

La figura 4.24 mostra l’andamento dell’ampiezza della fonda-<br />

mentale e delle armoniche frazionali di ordine 1/2 e 3/2, al variare<br />

della posizione dello spot dell’interferometro lungo l’asse centrale<br />

della piastrina. Il punto indicato a 0 mm corrisponde al punto più<br />

distante dal centro di tale asse, che si trova in corrispondenza del<br />

punto indicato a 20 mm.<br />

L’ampiezza di pilotaggio in queste misure è tale da superare<br />

il livello di soglia per la generazione di armoniche frazionali in<br />

corrispondenza del centro dell’asse del cilindro. E’ stata utilizzata<br />

quella ricavata dalle precedente misure sperimentali, pari a 38, 9<br />

V.<br />

Nonostante il raggiungimento del livello di soglia da parte del<br />

pilotaggio, nella fase iniziale dell’esperimento (cioé nei punti più<br />

lontani dal centro), non si evidenziano armoniche frazionali e l’am-


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 101<br />

piezza della fondamentale cresce linearmente all’avvicinarsi al cen-<br />

tro dell’asse.<br />

La crescita lineare della fondamentale continua fino a 5 mm dal<br />

centro dell’asse, punto a partire dal quale subisce una riduzione,<br />

dovuta al fluire dell’energia meccanica delle vibrazioni verso le<br />

armoniche frazionali, non ancora evidenziatesi in maniera stabile.<br />

Le armoniche frazionali di ordine 1/2 e 3/2 risultano formate e<br />

stabili, con ampiezza di circa il 30% della fondamentale solo in<br />

corrispondenza del centro.<br />

Come commentatato per il cilindro, anche per la piastrina si<br />

può dire che la generazione parametrica delle armoniche frazionali,<br />

di ordine 1/2 e 3/2, è localizzata in corrispondenza dei soli punti<br />

in cui l’ampiezza della fondamentale supera la soglia, facendovi<br />

fluire l’energia meccanica necessaria alla loro generazione.<br />

Analogamente a quanto fatto per il cilindro, nella figura 4.25<br />

sono riportati gli spettri in frequenza del segnale di vibrazione<br />

rilevato sulla superficie della piastrina al variare della posizione:<br />

l’ampiezza di pilotaggio viene mantenuta costante.<br />

La (a) corrisponde a un punto distante 9 mm dal centro del<br />

cilindro, la (b) a 6 mm e la (c) a 3 mm, mentre lo spettro del<br />

segnale mostrato nella (d) è rilevato proprio in corrispondenza del<br />

centro dell’asse del cilindro. Anche in questa figurasi dimostra<br />

ulteriormente come il fenomeno della generazione delle armoniche<br />

frazionali sia legato all’ampiezza di pilotaggio. Infatti, all’avvic-<br />

inarsi al centro dell’asse della piastrina e, quindi, all’aumentare


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 102<br />

-10<br />

-40<br />

-70<br />

-10<br />

-40<br />

-70<br />

10 20 30 40<br />

10 20 30 40<br />

Frequenza [kHz]<br />

(a)<br />

(c)<br />

Ampiezza [dBm]<br />

Ampiezza [dBm]<br />

-10<br />

-40<br />

-70<br />

-10<br />

-40<br />

-70<br />

10 20 30 40<br />

10 20 30 40<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.25: Spettri in frequenza al variare della posizione di rilevazione del<br />

segnale (Piastrina).<br />

dell’ampiezza dell’armonica fondamentale, si sviluppa il fenomeno<br />

delle armoniche frazionali, fino a consolidarsi in maniera stabile<br />

una volta raggiunto il centro dell’asse.<br />

La figura 4.26 illustra una figura analoga alla precedenta, solo<br />

che risulta da misure effettuate al variare non della posizione, ma<br />

dell’ampiezza di pilotaggio ((a) 47.5 V, (b) 49.5 V, (c) 51.5 V, (d)<br />

53.4 V).<br />

In conclusione, tutta la presenta sezione, in cui è stato descritto<br />

il comportamento della piastrina, è stato possibile rilevare come<br />

il fenomeno della generazione delle armoniche frazionali sia in-<br />

dipendente dalla forma geometrica assunta dal campione in esame.<br />

Infatti, le due strutture esaminate sono estremamente diverse tra<br />

loro, ma presentano un comportamento analogo dal punto di vista<br />

delle armoniche frazionali. Anche questa osservazione, oltre a es-<br />

(b)<br />

(d)


4.2 Risultati sperimentali e confronto con i risultati teorici 103<br />

-10<br />

-40<br />

-70<br />

-14<br />

-36<br />

-58<br />

10 20 30 40<br />

10 20 30 40<br />

Frequenza [kHz]<br />

(a)<br />

(c)<br />

Ampiezza [dBm]<br />

Ampiezza [dBm]<br />

-5<br />

-20<br />

-35<br />

-10<br />

-40<br />

-70<br />

10 20 30 40<br />

10 20 30 40<br />

Frequenza [kHz]<br />

Figura 4.26: Spettri in frequenza al variare dell’ampiezza di pilotaggio di<br />

rilevazione del segnale (Piastrina).<br />

sere di supporto al modello analitico sviluppato sull’equazione di<br />

Mathieu, è un’ulteriore prova della ”localizzazione” del fenomeno.<br />

(b)<br />

(d)


Capitolo 5<br />

CONCLUSIONI e SVILUPPI<br />

FUTURI<br />

CONCLUSIONI<br />

Il presente lavoro di tesi ha permesso di analizzare ed appro-<br />

fondire diversi aspetti riguardanti le vibrazione non lineari di cam-<br />

pioni piezoelettrici, in particolare per ciò che riguarda la generazio-<br />

ne di vibrazioni corrispondenti ad armoniche frazionali di ordine<br />

1/2.<br />

E’ stato fornito un modello analitico, che attraverso l’equazione<br />

di Mathieu descrive l’insorgere di armoniche frazionali; tale model-<br />

lo è stato verificato sperimentalmente attraverso misure effettuate<br />

su due campioni piezoelettrici di geometrie diverse.<br />

Per ambedue i campioni:<br />

• E’ stato dimostrato analiticamente e verificato sperimental-<br />

mente come il fenomeno della generazione delle armoniche


105<br />

frazionali sia dipendente dal raggiungimento da parte del-<br />

l’ampiezza della fondamentale di un livello di soglia;<br />

• E’ stato verificato analiticamente e sperimentalmente che, per<br />

generare vibrazioni alle frequenze delle armoniche frazion-<br />

ali, è necessario che l’ampiezza della fondamentale superi un<br />

valore di soglia. Questa soglia è risultata indipendente dal-<br />

la frequenza di pilotaggio e quindi dal modo di vibrazione<br />

isntauratosi nella struttura in esame;<br />

• E’ stato dimostrato analiticamente e dimostrato sperimen-<br />

talmente come il fenomeno della generazione delle armoniche<br />

frazionali sia a carattere ”locale”.<br />

Il fenomeno della generazione delle armoniche frazionali è risul-<br />

tato indipendente dalla geometria del campione analizzato, ciò<br />

come conseguenza della ”localizzazione” del fenomeno stesso. In-<br />

fatti, per tutti i coampioni esaminati, indipendentemente dalla<br />

loro configarazione geometrica, il processo e le condizioni sotto<br />

cui si generano le armoniche frazionali sono identiche.<br />

SVILUPPI FUTURI<br />

Lo studio sperimentale della generazione delle armoniche fra-<br />

zionali ha messo in evidenza una fase di transizione nel processo<br />

messo in atto dipendente sia dal valore ”locale” dell’ampiezza di<br />

vibrazione dell’oscillazione alla frequenza fondamentale sia dalla<br />

frequenza di pilotaggio dei campioni piezoelettrici. Osservando


106<br />

le figure 4.16 e 4.17 per il cilindro e 4.25 e 4.26 per la piastrina<br />

si osserva l’innalzamento della base dello spettro del segnale ((b)<br />

e (c)) rispetto a prima dell’instaurarsi delle armoniche frazionali<br />

((a)): tale base passa da -70 dBm a -30 dBm, ritornando a -70<br />

dBm una volta generate le armoniche frazionali.<br />

Mentre nelle sottofigure (a) e (d) è evidente che si tratti di<br />

rumore spettrale, nelle figure (b) e (c) sorge il dubbio che si tratti<br />

di un fenomeno più complesso.<br />

Questo può essere spiegato attraverso la fenomenologia di un<br />

processo a catena: una volta generatasi la componente a ω/2, ne<br />

consegue la generazione di una componente a ω/4 e di un’altra a<br />

ω/2, da cui consegue la generazione di una componente a ω/8 e a<br />

ω/4 e così, fino a raggiungere uno spettro in frequenza continuo.<br />

Partendo dalla teoria del caos, attraverso le funzionalità del-<br />

l’oscilloscopio descritto nella Catena di Misura, è stata eseguita<br />

un’analisi nello spazio delle fasi delle serie temporali delle ampiezze<br />

di vibrazione ottenute dal campionamento del segnale rilevato<br />

tramite il sistema interferometrico; nelle figure 5.1, 5.2 e 5.3 sono<br />

riportati gli spazi delle fasi rilevati nelle tre fasi delle generazione<br />

delle armoniche frazionali. Vengono riportati sull’asse x(t) la<br />

vibrazione rilevata al variare del tempo e su x(t + n) la stessa<br />

vibrazione con un opportuno ritardo di fase [23], [24].<br />

Le figure 5.1 e 5.3 sono relative ai segnali rilevati in corrispon-<br />

denza di ampiezza della fondamentale rispettivamente al di sotto<br />

e al di sopra della soglia, mentre la figura 5.2 corrisponde allo


x(t+n)<br />

x(t+n)<br />

0.5<br />

0.0<br />

-0.5<br />

-1.0<br />

0.3<br />

0.2<br />

0.1<br />

0.0<br />

-0.1<br />

-0.2<br />

-0.2 -0.1 0.0 0.1 0.2<br />

x(t)<br />

Figura 5.1: Spazio delle Fasi sotto soglia.<br />

-0.95 -0.70 -0.45 -0.20 0.05 0.30 0.55 0.80<br />

x(t)<br />

Figura 5.2: Spazio delle Fasi all’avvicinarsi della soglia.<br />

107<br />

spazio delle fase del segnale rilevato in prossimità della soglia per<br />

la generazione delle armoniche frazionali.<br />

E’ evidente come prima e dopo la soglia i punti delle curve<br />

nello spazio delle fasi sono posti lungo curve continue, il rumore<br />

(a -70 dBm) non causa un loro eccessivo scostamento, mentre


x(t+n)<br />

1.4<br />

0.9<br />

0.4<br />

-0.1<br />

-0.6<br />

-1.1<br />

-1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0<br />

x(t)<br />

Figura 5.3: Spazio delle Fasi sopra soglia.<br />

108<br />

in prossimità della soglia si verifica una maggiore dispersione dei<br />

punti, che non sono più riconducibili a una sola curva.<br />

A questo punto, è lecito supporre che in queste fasi del fenomeno<br />

di generazione delle armoniche frazionali siano presenti vibrazioni<br />

di tipo caotico. Al fine di arrivare a risposte certe su questo punto<br />

interrogativo sarà necessario svolgere i seguente punti:<br />

• Effettuare un’accurata analisi delle serie temporali del segnale<br />

di vibrazione rilevato dall’interferomentro, che attraverso al-<br />

goritmi numerici (come ad esempio il metodo del box counting<br />

[25]) indichino se tali vibrazioni non lineari hanno carattere<br />

caotico;<br />

• Definire un modello analitico che descriva il comportamento<br />

delle vibrazioni caotiche;<br />

• Effettuare ulteriori misure sperimentali che diano ulteriore


109<br />

conferma del carattere caotico del fenomeno in esame e della<br />

correttezza del modello analitico sviluppato.


Bibliografia<br />

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Heidelberg, 2000.<br />

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