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lE PaROlE PER DiRlO<br />

di Franco Bomprezzi<br />

era una volta “la mano<br />

Handicap C’ sul cappello”, ovvero<br />

“hand <strong>in</strong> cap”. Un’espressione<br />

usata <strong>in</strong> Inghilterra per <strong>in</strong>dicare il fant<strong>in</strong>o più<br />

veloce, costretto allo svantaggio di correre<br />

tenendo la mano sul cappello, e dunque tornando<br />

a essere più o meno alla pari con gli<br />

altri. Leggenda o realtà, fatto è che su questa<br />

<strong>in</strong>terpretazione, molti anni fa, il term<strong>in</strong>e “handicap”<br />

visse una stagione fortunata, anche<br />

presso le persone con disabil<strong>it</strong>à che ancora<br />

non sapevano di chiamarsi così, perché l’espressione<br />

“persons w<strong>it</strong>h disabil<strong>it</strong>ies” arrivò<br />

molto più tardi, durante la costruzione della<br />

Convenzione Onu. In Italia ricordo con grande<br />

rimpianto Gianni Pellis, precursore di Enil Italia<br />

(European network on <strong>in</strong>dependent liv<strong>in</strong>g),<br />

utilizzare con passione questo racconto, per<br />

rappresentare con efficacia due concetti<br />

pos<strong>it</strong>ivi: da un lato l’immag<strong>in</strong>e plastica dello<br />

svantaggio, resa efficacemente dall’handicap<br />

nell’ippica; dall’altro le capac<strong>it</strong>à del fant<strong>in</strong>o più<br />

bravo, quello con la mano nel cappello.<br />

E allora perché la parola “handicap” è precip<strong>it</strong>ata<br />

rapidamente di valore? Attenzione, <strong>in</strong><br />

Francia non è avvenuto: “handicapé” resiste<br />

alle <strong>in</strong>temperie e pers<strong>in</strong>o alla Convenzione,<br />

senza imbarazzi, senza t<strong>it</strong>ubanza. Come<br />

mai? Forse perché Oltralpe la parola non si è<br />

connotata <strong>in</strong> negativo, è rimasta una constatazione<br />

dello svantaggio, non si è appiccicata<br />

alle persone come una cappa <strong>in</strong>gombrante<br />

e stigmatizzante. In Italia “handicap” è diventato<br />

ben presto “portatore di handicap”<br />

e poi “handicappato”. Un modo brutale per<br />

sp<strong>in</strong>gere nuovamente nell’angolo milioni di<br />

c<strong>it</strong>tad<strong>in</strong>i, uom<strong>in</strong>i e donne, <strong>in</strong> attesa di vedere<br />

riconosciuti pari dign<strong>it</strong>à e pari dir<strong>it</strong>ti. Ecco<br />

perché oggi ripensare alle orig<strong>in</strong>i, alla solid<strong>it</strong>à<br />

concettuale del term<strong>in</strong>e “handicap”, che di<br />

per sé rappresenta semplicemente lo “svantaggio”,<br />

ci consente di riflettere sulla fatica<br />

che facciamo ad abbandonare l’ipocrisia del<br />

giudizio formulato da chi r<strong>it</strong>iene di non essere<br />

“toccato”. Ed ecco perché oggi non possiamo<br />

non difendere con forza l’espressione “persone<br />

con disabil<strong>it</strong>à”. F<strong>in</strong>o a quando non si<br />

logorerà di nuovo.<br />

controcorrente<br />

In un video l’Italia osp<strong>it</strong>ale<br />

Una sorta di “pubblic<strong>it</strong>à progresso”<br />

per promuovere il turismo accessibile.<br />

Dove una coppia, lui è <strong>in</strong> sedia<br />

a ruote, gira <strong>in</strong> lungo e <strong>in</strong> largo per<br />

lo Stivale sotto sorrisi benevoli e piccoli<br />

grandi gesti di attenzione. Dalle<br />

vacanze sulla neve alle c<strong>it</strong>tà d’arte. È<br />

Italia, un Paese osp<strong>it</strong>ale, uno spot voluto<br />

dal m<strong>in</strong>istero per gli Affari regionali, il<br />

turismo e lo sport e dalla struttura di<br />

Missione per il rilancio dell’immag<strong>in</strong>e<br />

<strong>it</strong>aliana, su <strong>in</strong>dicazione del Com<strong>it</strong>ato per<br />

la promozione e il sostegno del turismo<br />

accessibile. Realizzato <strong>in</strong> collaborazione<br />

con la Uildm (Unione <strong>it</strong>aliana lotta alla<br />

distrofia muscolare) per la regia dello<br />

stesso protagonista, Aldo Bisacco, che<br />

nella v<strong>it</strong>a è anche autore, l’idea di fondo<br />

della campagna è che «l’osp<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à non<br />

è una cosa che si impara a scuola: è una<br />

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cosa che hai nel sangue, è qualcosa che<br />

respiri nell’aria del luogo dove nasci».<br />

Il viaggio, durato 15 giorni, è part<strong>it</strong>o<br />

da Venezia toccando Ferrara, Mantova,<br />

il Trent<strong>in</strong>o, la Val d’Aosta, la Puglia e<br />

la Sicilia. «Lo so che il nostro non è un<br />

Paese completamente accessibile –<br />

racconta Bisacco –, ma tutto quello che<br />

ho fatto <strong>in</strong>sieme alla mia compagna è<br />

stato possibile nonostante le barriere<br />

arch<strong>it</strong>ettoniche. Abbiamo riscontrato<br />

un grande spir<strong>it</strong>o di accoglienza. Non<br />

ci sono figuranti nel video: tutte le<br />

persone riprese le abbiamo <strong>in</strong>contrate<br />

per davvero, e i sorrisi ricevuti erano<br />

spontanei». L’appuntamento, oltre che<br />

su Youtube, dove c’è la versione <strong>in</strong>tegrale<br />

dello spot, è anche sulla Rai con la<br />

versione s<strong>in</strong>tetica. [M.T.]

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