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lezioni di Analisi Complessa del Prof.Bruschi (La sapienza)

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1 Intro<br />

<strong>Analisi</strong> complessa<br />

(appunti <strong>di</strong> viaggio)<br />

Mario <strong>Bruschi</strong><br />

Dipartimento <strong>di</strong> Fisica - Università ’<strong>La</strong> <strong>sapienza</strong>’ - Roma<br />

mario.bruschi@roma1.infn.it<br />

Questo è un corso <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> matematici <strong>del</strong>la fisica per fisici. I fisici usano<br />

"moltissimo" la matematica, spesso inventano la matematica. Perchè? Galileo<br />

<strong>di</strong>sse che il secondo ’libro <strong>di</strong> Dio’, cioè la Natura, è scritto in linguaggio matematico<br />

(Pitagora sarebbe stato daccordo). Ma perchè? Nessuno ha dato finora<br />

una risposta convincente. Certo semplificando, si può <strong>di</strong>re che esistono due<br />

scuole <strong>di</strong> pensiero: la ’idealista’ e la ’creazionista’. <strong>La</strong> seconda afferma che la<br />

matematica è una invenzione/creazione <strong>del</strong>la mente umana, cioè che 2+2 non<br />

fa necessariamente 4, che gli spazi <strong>di</strong> Banach non esistevano prima <strong>di</strong> Banach,<br />

che il teorema <strong>di</strong> Pitagora è una invenzione <strong>di</strong> Pitagora ( o forse degli Egizi).<br />

<strong>La</strong> prima afferma invece che le "verità" matematiche esistono in "sé": l’uomo<br />

sagace può solo scoprirle... l’America esisteva anche prima <strong>di</strong> Colombo, gli spazi<br />

<strong>di</strong> Banach erano lì, soli e sconsolati in un mondo ideale, prima <strong>del</strong>la nascita <strong>di</strong><br />

Banach. Insomma i matematici non sono inventori ma esploratori e se hanno<br />

successo firmano con il proprio nome le terre scoperte. Scopritori o inventori?<br />

Nella seconda ipotesi (invenzione) è chiaro che non fa più meraviglia il fatto che<br />

la matematica sia così incre<strong>di</strong>bilmente utile nel lavoro <strong>del</strong> fisico. Dato che essa<br />

è una invenzione <strong>del</strong>la mente umana e dato che in buona parte è stata creata<br />

per "descrivere" il mondo, sarebbe invero sorprendente che non descrivesse (+<br />

o - bene) il mondo... Gli ’idealisti’ obietteranno (forse a ragione) che spesso la<br />

matematica è stata sviluppata ’a prescindere’ e comunque prima che fosse anche<br />

pensabile un possibile utilizzo (i fisici quantistici ne sanno qualcosa). Ma allora<br />

rimane aperto il problema <strong>del</strong> perchè la matematica sia tanto efficace nella descrizione<br />

<strong>del</strong>la realtà ( a meno <strong>di</strong> non ipotizzare che la realtà fisica, qualunque<br />

cosa essa sia, e il mondo ’ideale’ abbiano una sorgente intelligente comune...<br />

ma le ipotesi metafisiche sono da molti secoli inaccettabili per gli scienziati).<br />

Ritorneremo ancora su questo <strong>di</strong>lemma. Comunque, se dovessi esprimere un<br />

parere personale, dovrei ammettere che io sono idealista e creazionista a giorni<br />

alterni... Come chiunque abbia lavorato nel campo, sono cosciente che larga<br />

parte <strong>di</strong> quello che si ’produce’ è irrilevante (e allora sono tentato dalla ipotesi<br />

"invenzione", perchè attribuire all’Universo o ad<strong>di</strong>rittura ad un ente sovrannaturale<br />

la pochezza <strong>del</strong> proprio ingegno?). Ma, seppure raramente, ci si imbatte a<br />

volte in qualcosa <strong>di</strong> veramente "bello", (e allora mi piace pensare che sia anche<br />

qualcosa <strong>di</strong> "vero", in<strong>di</strong>pendente da me: a me basta il piacere <strong>di</strong> aver per primo<br />

visitato la "terra incognita") 1 .<br />

1 Altra stranezza su cui forse torneremo: benchè la "bellezza" o " eleganza" non siano ovviamente<br />

misurabili e quin<strong>di</strong>, a rigore, non facciano parte <strong>del</strong>la scienza, tuttavia hanno guidato,<br />

1


Ma ritorniamo al corso. Da studente ebbi come professore <strong>di</strong> ’meto<strong>di</strong>’ B.<br />

Toushek e ricordo ancora che già dal primo giorno ci <strong>di</strong>sse: "sapete qual’è il<br />

migliore metodo matematico per un fisico?... avere per amico un (buon) matematico!".<br />

Voleva <strong>di</strong>re che non vi è speranza che vi possa essere insegnata tutta<br />

la matematica che vi servirà nella vostra ’carriera’ <strong>di</strong> Fisici (e, a voler esser<br />

pignoli, vista la <strong>di</strong>spersione/specializzazione in atto anche nel campo matematico,<br />

forse bisognerebbe oggi <strong>di</strong>re: "avere per amico il matematico giusto al<br />

momento giusto"). Comunque in questo corso ci occuperemo essenzialmente<br />

<strong>di</strong> analisi complessa, ma ce ne occuperemo essenzialmente da fisici. Intendo<br />

<strong>di</strong>re che (salva, speriamo, la correttezza) daremo poco peso al rigore formale.<br />

Cercheremo invece <strong>di</strong> farvi vedere e capire i perchè e i come: la matematica<br />

come strumento, da usare, rinnovare o scartare a seconda dei bisogni. Quin<strong>di</strong><br />

poche <strong>di</strong>mostrazioni 2 e notazione semplice, quando possibile ( su che cosa sia<br />

poi ’semplice’ ci sarebbe da <strong>di</strong>scutere, ma l’importanza anche euristica <strong>di</strong> una<br />

notazione "buona" è ben nota agli addetti ai lavori). Con<strong>di</strong>remo il tutto con<br />

esempi, esercizi, problemi, quesiti (anche non convezionali: lo studente troppo<br />

spesso si abitua a pensare che un problema DEVE avere una - e una sola -<br />

risposta: la vita non è così e nemmeno la ricerca scientifica...).<br />

Problem 1 Perchè due più due fa quattro? perchè la prima branca <strong>del</strong>la<br />

matematica è stata l’aritmetica? sarebbe lo stesso in qualunque ipotetica civiltà<br />

aliena?<br />

2 Numeri e numeri Complessi<br />

Un matematico (Erdos?) <strong>di</strong>sse: "Dio ci ha dato i numeri naturali, il resto lo<br />

abbiamo fatto noi..."<br />

In effetti, storicamente, in tutte le civiltà conosciute, i primi ’numeri’ introdotti<br />

sono stati gli interi 1, 2, 3, ... Notate che manca lo zero! In effetti lo zero<br />

è stata una "invenzione" notevole, <strong>di</strong>fficile e abbastanza recente (In<strong>di</strong>a, quinto<br />

secolo? Maia, decimo secolo?). Se seguissimo un or<strong>di</strong>ne storico dovremmo<br />

ora mettere come secon<strong>di</strong> i numeri razionali (le frazioni... note sicuramente<br />

agli Egizi, ai Babilonesi, ai Cinesi e poi ai Greci, pur con <strong>di</strong>verse sfumature).<br />

Seguono i numeri relativi (l’utilità dei numeri ’negativi’ fu forse riscontrata dai<br />

contabili <strong>del</strong> Me<strong>di</strong>o Evo, tuttavia fino al tardo Rinascimento i matematici dubitavano<br />

sulla loro <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> numeri a tutti gli effetti, tanto è vero che gli Italiani<br />

li chiamavano numeri ’finti’, Cartesio li chiamava numeri ’falsi’ e anche il termine<br />

moderno ha memoria <strong>di</strong> questa sfiducia). Vengono poi i numeri irrazionali<br />

(le ra<strong>di</strong>ci). Veramente la "scoperta" 3 dei numeri irrazionali è da attribuire<br />

spesso con ottimi risultati, l’opera <strong>di</strong> moltissimi scienziati (Dirac, Einstein, Bernar<strong>di</strong>ni, ...)<br />

2 E tuttavia ci saranno anche abbastanza <strong>di</strong>mostrazioni ... e per lo studente interessato e<br />

per dare almeno un feeling <strong>di</strong> rigore matematico<br />

3 notate come si salta naturalmente dalla interpretazione "idealista" a quella "creazionista"!<br />

2


ai Greci (scuola pitagorica). In effetti essi <strong>di</strong>mostrarono elegantemente che la<br />

ra<strong>di</strong>ce quadrata <strong>di</strong> due non può essere un numero razionale.<br />

Problem 2 <strong>di</strong>mostrare!<br />

Tuttavia, anche per ragioni extra-matematiche (mistiche!), rifiutarono recisamente<br />

<strong>di</strong> ammetterlo... e così gli irrazionali passarono in pratica nel limbo<br />

fino al 1500, per essere successivamente inglobati nel vasto mondo dei numeri reali<br />

( comprendente l’affascinante continente dei numeri trascendenti: la trascendenza<br />

<strong>di</strong> Pi greco è una invenzione/scoperta relativamente recente...). Sempre<br />

nel 1500 (Cardano, Tartaglia, Bombelli) fu riconosciuta la necessità/utilità <strong>del</strong>le<br />

ra<strong>di</strong>ci pari <strong>di</strong> numeri negativi. Nacquero quin<strong>di</strong> gli immaginari (il termine è<br />

dovuto a Cartesio) e quin<strong>di</strong> i numeri complessi (con le poco frequentate estensioni:<br />

quaternioni, ottonioni, sedenioni). Per quanto riguarda il corso potremmo<br />

fermarci qui, ma l’invenzione umana non si è fermata: forse avremo occasione<br />

<strong>di</strong> fare riferimento ai recenti numeri surreali (Conway -l’inventore <strong>di</strong> life!- anni<br />

’70).<br />

Tentiamo ora <strong>di</strong> vedere la "necessità" logica <strong>del</strong>l’introduzione successiva dei<br />

vari corpi numerici. Partiamo dai naturali (quelli donateci da Dio...). Come<br />

sappiamo dalle scuole elementari, vi sono <strong>del</strong>le "operazioni" che possiamo fare<br />

con questi numeri: somma, prodotto... Consideriamo il prodotto (che in realtà<br />

sarebbe una forma abbreviata <strong>di</strong> somma, quin<strong>di</strong> andrebbe visto dopo ).<br />

Come ci <strong>di</strong>cono i sacri testi, il prodotto è una operazione binaria cioè una legge<br />

(applicazione) che associa a 2 numeri naturali un terzo numero naturale:<br />

(a1, a2) =⇒ a3, ak ∈ N, N = {1, 2, ...} , k = 1, 2, 3. (1)<br />

<strong>La</strong> notazione usata comunemente è<br />

o anche<br />

o semplicemente<br />

a1 · a2 = a3<br />

a1 × a2 = a3<br />

a1a2 = a3<br />

Ora ve<strong>di</strong>amo questa operazione in modo leggermente <strong>di</strong>verso, cioè consideriamo<br />

la moltiplicazione come una famiglia <strong>di</strong> "operatori" moltiplicativi applicati<br />

ai naturali (dominio in N) e che, ’operando’, producono come risultato un numero<br />

naturale (codominio in N) 4 . Quin<strong>di</strong> avremo formalmente:<br />

Ŏ×a1 a2 = a3 = a1a2<br />

che si potrebbe leggere: "pren<strong>di</strong> a2,applicaci l’operatore <strong>di</strong> moltiplicazione<br />

per a1 ( cioè Ŏ×a1) e ottieni a3". In fondo abbiamo solo riscritto "moltiplica<br />

4 cos’è un "operatore"? per ora è, come <strong>di</strong>rebbe Catalano, qualsiasi cosa che opera... basta<br />

sapere come opera.<br />

3<br />

(2)<br />

(3)<br />

(4)<br />

(5)


a2 per a1", anzi sembrerebbe che la notazione ora usata sia stupida in quanto<br />

più pesante 5 . Però... ve<strong>di</strong>amo alcune proprietà <strong>di</strong> questo operatore. Dalle note<br />

proprietà <strong>del</strong>la moltiplicazione (quali? ricordate!) è facile vedere che<br />

Ŏ×a Ŏ×b = Ŏ×b Ŏ×a<br />

Abbiamo qui implicitamente definito una nuova ’operazione’ (o legge <strong>di</strong> composizione)<br />

non tra i numeri ma tra gli operatori stessi; non abbiamo usato alcun<br />

simbolo per in<strong>di</strong>carla ma semplicemente la giustapposizione or<strong>di</strong>nata (cioè li<br />

abbiamo scritti in fila...). Tuttavia il tutto dovrebbe essere intuitivamente sem-<br />

plice<br />

Ŏ×a Ŏ×bc = Ŏ×a<br />

(6)<br />

<br />

Ŏ×bc = Ŏ×abc = abc (7)<br />

Quin<strong>di</strong> abbiamo anche implicitamente detto che la composizione <strong>di</strong> due operatori<br />

moltiplicativi è ancora un operatore moltiplicativo. Formalmente<br />

<br />

<br />

Ŏ×a ∈ , Ŏ×b ∈ =⇒ Ŏ×aŎ×b <br />

= Ŏ×ab ∈<br />

(8)<br />

Ŏ×<br />

Ŏ×<br />

Ŏ×<br />

Sembra astruso ma in soldoni significa solo che se prendete un qualsiasi numero<br />

e lo moltiplicate prima per 3 e poi per 2 avrete lo stesso risultato <strong>di</strong> quando<br />

moltiplicate il numero <strong>di</strong>rettamente per 6 !. Comunque questa apparente complicazione<br />

<strong>di</strong> notazione ha i suoi vantaggi. Innanzitutto abbiamo una legge <strong>di</strong><br />

composizione non più sui numeri ma sugli operatori. Come suggerisce la notazione<br />

usata potremmo chiamare tale legge "prodotto" ma tenendo sempre<br />

bene in mente che NON è il prodotto tra numeri! Inoltre la vali<strong>di</strong>tà ovvia <strong>del</strong>la<br />

6 ci fornisce una importante proprietà <strong>di</strong> tali operatori: essi COMMUTANO,<br />

cioè l’or<strong>di</strong>ne <strong>del</strong>le operazioni eseguite è ininfluente sul risultato. Che tale proprietà<br />

sia speciale e niente affatto banale dovrebbe essere ovvio... ma forse si<br />

può apprezzarla maggiormente se si tenta <strong>di</strong> costruire classi <strong>di</strong> operatori astratti<br />

(non necessariamente in campo matematico!) che godano <strong>di</strong> tale proprietà.<br />

Problem 3 portare qualche esempio non matematico <strong>di</strong> "operazioni" commutanti<br />

e non commutanti.<br />

Un’altra "ovvia" proprietà <strong>di</strong> questi operatori e <strong>del</strong> loro "prodotto" è che<br />

esiste un operatore<br />

’pigro ′ , cioè un operatore che non fa niente. Lo chiameremo operatore Identità:<br />

Ĭ×a = a, ∀a ∈ N (9)<br />

Ovviamente<br />

Ĭ× = Ŏ×1<br />

(10)<br />

5 In effetti qualcuno potrebbe <strong>di</strong>re che siamo in contrad<strong>di</strong>zione con il proposito espresso<br />

nell’introduzione <strong>di</strong> usare per quanto possibile una notazione semplice. Ma, a parte le perplessità<br />

già espresse su cosa sia "semplice", cre<strong>di</strong>amo che sia utile per lo studente imparare a<br />

non scoraggiarsi quando inevitabilmente si imbatterà in notazioni "astruse" ...<br />

4


e altrettanto ovviamente<br />

Ĭ× Ŏ×a = Ŏ×a Ĭ× = Ŏ×a<br />

(11)<br />

Ora chiunque abbia una qualche nozione <strong>di</strong> Algebra sa che un qualsiasi insieme <strong>di</strong><br />

’oggetti’ dotato <strong>di</strong> una legge <strong>di</strong> composizione e chiuso rispetto a questa (cioè tale<br />

che applicando comunque la legge si ottiene un elemento <strong>del</strong>l’insieme) e dotato<br />

inoltre <strong>di</strong> un elemento Identità (definito sopra) forma una struttura Algebrica<br />

dalle proprietà molto interessanti detta Gruppo, se... se esiste per ogni elemento<br />

<strong>del</strong>l’insieme un elemento inverso cioè tale che la composizione <strong>di</strong> un elemento<br />

e <strong>del</strong>l’inverso sia l’identità. Il nostro insieme <strong>di</strong> operatori moltiplicativi ha una<br />

legge <strong>di</strong> composizione, è chiuso, esiste l’identità.... se esistesse l’inverso sarebbe<br />

un Gruppo (anzi sarebbe un gruppo speciale detto "Abeliano", dato che vale<br />

anche la proprietà commutativa, non richiesta in genere per la ’gruppalità’).<br />

Quin<strong>di</strong> ve<strong>di</strong>amo se:<br />

<br />

∀Ŏ×a ∈ Ŏ×<br />

<br />

∃Ŏ×ã = Ŏ −1<br />

<br />

×a ∈ Ŏ×<br />

Ŏ −1<br />

×a Ŏ×a = Ĭ× ? (12)<br />

Ma che cos’è l’inverso <strong>del</strong>la moltiplicazione? ovviamente la <strong>di</strong>visione. L’inverso<br />

Ŏ −1<br />

×2 <strong>del</strong>l’operatore Ŏ×2 dovrebbe quin<strong>di</strong> essere l’operatore che prende un qualsiasi<br />

numero naturale e lo <strong>di</strong>vide per 2. Evidentemente il risultato non è più un<br />

numero naturale se il numero <strong>di</strong> partenza è <strong>di</strong>spari. Questo già taglia la testa<br />

al topo... Ma notate che la 12 richiederebbe qualcosa <strong>di</strong> più: in realtà dovrebbe<br />

esistere, per ogni intero positivo a, un "numero" ã che moltiplicato per ax <strong>di</strong>a<br />

x (per ogni intero positivo x). Certo avrete capito che, volendo, il "numero" ã<br />

esiste! solo che non è più un numero intero positivo ma una frazione (numero<br />

razionale positivo):<br />

ã = 1<br />

∈ Q+<br />

(13)<br />

a<br />

Abbiamo quin<strong>di</strong> mostrato (invero prolissamente) che si può pensare che la<br />

necessità <strong>di</strong> ampliare il campo dei numeri naturali introducendo (scoprendo? inventando?)<br />

nuovi "numeri" nasca dalla necessità <strong>di</strong> trovare l’inverso <strong>del</strong>l’operatore<br />

<strong>di</strong> moltiplicazione. Possiamo ora procedere più spe<strong>di</strong>tamente. Cosa succede infatti<br />

se consideriamo l’altra operazione nota sugli interi positivi, cioè lasomma? <br />

E’ chiaro che possiamo introdurre la classe degli operatori <strong>di</strong> somma Ŏ+ , è<br />

chiaro inoltre che esiste una legge <strong>di</strong> composizione e che questa è commutativa:<br />

Ŏ+a Ŏ+b = Ŏ+b Ŏ+a<br />

Esiste l’identità? cioè esiste un intero positivo (<strong>di</strong>ciamo x) tale che<br />

Ŏ+x Ŏ+a = Ŏ+a<br />

(14)<br />

(15)<br />

per qualsiasi a ∈ N = {1, 2, 3, ...}? certo che no! e allora lo "inventiamo"...<br />

poi lo chiamiamo zero (e lo in<strong>di</strong>chiamo con il simbolo 0) e infine lo aggiungiamo<br />

a N ottenendo N0 = {0, 1, 2, 3, ...} .<br />

5


Ok, ora abbiamo l’identità, la chiusura è ovvia: esiste l’inverso? sappiamo<br />

che l’operazione inversa <strong>del</strong>la somma è la sottrazione ma valgono (mutatis mutan<strong>di</strong>s)<br />

gli argomenti <strong>di</strong> sopra. Risultato: la nascita dei numeri "negativi" che<br />

aggiunti allo zero e ai "positivi" danno l’insieme dei numeri interi (relativi):<br />

Z = {... − 3, −2, −1, 0, 1, 2, 3, ...}. Come naturale estensione introduciamo anche<br />

le frazioni negative ottenendo il campo dei numeri razionali Q.<br />

Problem 4 parafrasare i ragionamenti <strong>di</strong> sopra per introdurre i numeri irrazionali<br />

Per quanto riguarda i numeri reali (R) facciamo affidamento sulle nozioni già<br />

apprese in altre se<strong>di</strong>... solo una nota: i numeri reali possono essere considerati<br />

numeri decimali con parte decimale infinita (e non perio<strong>di</strong>ca)<br />

1 + 2√ 2 = 2.41421356237309504880168872421... (16)<br />

Problem 5 perchè i numeri reali non esistono in Fisica?<br />

Anche l’introduzione dei numeri immaginari è nata dalla necessità <strong>di</strong> dare<br />

soluzione a problemi senza soluzione nel campo dei numeri fino allora conosciuti<br />

(i reali). <strong>La</strong> domanda era:<br />

2√ −1 = x? (17)<br />

ovviamente x non può essere un numero reale (dovrebbe essere x 2 = −1) e<br />

quin<strong>di</strong> lo "inventiamo", lo chiamiamo ’unità immaginaria’ e lo in<strong>di</strong>chiamo con<br />

il simbolo i. Abbiamo così infiniti nuovi numeri immaginari, dato che<br />

2√ −x = i 2 √ x, x ∈ R+<br />

(18)<br />

E veniamo infine ai numeri complessi, che ingloberanno sia i reali che gli<br />

immaginari (notate la struttura a scatole cinesi dei vari campi numerici...).<br />

Ci sono molti mo<strong>di</strong> per introdurre i numeri complessi: in molti testi troverete<br />

il modo "formale". Voglio darvene un’idea... supponete che io ora <strong>di</strong>ca:<br />

introduciamo un campo numerico (userò un nome fittizio: -F) costituito<br />

dall’insieme <strong>del</strong>le classi <strong>di</strong> equivalenza indotte sulle coppie or<strong>di</strong>nate dei numeri<br />

interi<br />

-F = {(p, q)} , p ∈ Z, q ∈ Z, p = 0 (19)<br />

dalla relazione <strong>di</strong> uguaglianza<br />

z1 ≡ (p1, q1) = z2 ≡ (p2, q2) iff q1p2 = p1q2 (20)<br />

<strong>La</strong> struttura algebrica <strong>di</strong> campo è data dall’introduzione <strong>del</strong>le seguenti operazioni<br />

<strong>di</strong> somma e prodotto:<br />

somma<br />

prodotto<br />

z1 + z2 = z3 ⇐⇒ (p3 = p1p2, q3 = q1p2 + p1q2) (21)<br />

z1z2 = z3 ⇐⇒ (p3 = p1p2, q3 = q1q2) (22)<br />

6


Exercise 6 <strong>di</strong>mostrare che le operazioni così definite godono <strong>del</strong>le dovute proprietà...<br />

Problem 7 ma <strong>di</strong> che accidenti si sta parlando?<br />

Vi consiglio <strong>di</strong> fermarvi e me<strong>di</strong>tare se non siete riusciti a rispondere alla<br />

domanda precedente...<br />

Volevo mostrare che la formalizzazione <strong>del</strong>la matematica (pur spesso utile,<br />

pur spesso necessaria) tuttavia è anche (molto) spesso <strong>di</strong>sastrosa e per la comprensione<br />

e per l’intuizione (ma questo è un mio giu<strong>di</strong>zio personale). Comunque,<br />

dato che abbiamo iniziato, introduciamo formalmente i numeri complessi sulla<br />

falsariga <strong>del</strong>l’esempio precedente.<br />

Il campo numerico numerico dei complessi C è costituito dall’insieme <strong>del</strong>le<br />

coppie or<strong>di</strong>nate dei numeri reali<br />

Relazione <strong>di</strong> uguaglianza<br />

C = {(x, y)} , x ∈ R, y ∈ R. (23)<br />

z1 ≡ (x1, y1) = z2 ≡ (x2, y2) iff x1 = x2, y1 = y2 (24)<br />

<strong>La</strong> struttura algebrica <strong>di</strong> campo è data dall’introduzione <strong>del</strong>le seguenti operazioni<br />

<strong>di</strong> somma e prodotto:<br />

somma<br />

z1 + z2 = z3 ⇐⇒ (x3 = x1 + x2, y3 = y1 + y2) (25)<br />

prodotto<br />

z1z2 = z3 ⇐⇒ (x3 = x1x2 − y1y2, y3 = x1y2 + y1x2) (26)<br />

Exercise 8 <strong>di</strong>mostrare che le operazioni così definite godono <strong>del</strong>le dovute proprietà...<br />

Di nuovo: ma <strong>di</strong> che accidenti si sta parlando?<br />

Ripartiamo: ho detto che posso considerare una coppia or<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> numeri<br />

reali come un nuovo numero che chiamo numero complesso:<br />

z = (x, y) , x ∈ R, y ∈ R (27)<br />

OK, per poter <strong>di</strong>re che z è in effetti un numero ho bisogno <strong>del</strong>le 24,25,26 ( e<br />

<strong>del</strong>le giuste loro proprietà la cui verifica ho lasciato come esercizio per lo studente<br />

<strong>di</strong>ligente...). Va bene, posso essere d’accordo sul fatto che C sia un campo<br />

numerico, ma perchè dovevo introdurlo e perchè ho definito le operazioni così<br />

come le ho definite e non altrimenti? Inoltre posso anche capire intuitivamente le<br />

7


y<br />

φ<br />

x<br />

r<br />

Figure 1:<br />

24,25 (sono <strong>del</strong> resto meno misteriose <strong>del</strong>le equivalenti per -F...), ma la definizione<br />

<strong>del</strong> prodotto 26 è indubbiamente astrusa.<br />

Ripartiamo... (approssimazioni successive, il segreto <strong>del</strong> metodo scientifico).<br />

Dato che il complesso z è per definizione una coppia or<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> numeri reali,<br />

è spontaneo pensare tali numeri come coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> un punto (z) nel piano (xy):<br />

Abbiamo ora a <strong>di</strong>sposizione tutto ciò che conosciamo sulla geometria. Per<br />

esempio possiamo pensare <strong>di</strong> passare dalle coor<strong>di</strong>nate cartesiane a quelle polari<br />

6 :<br />

z<br />

x = r cos(φ) r 2 = x 2 + y 2<br />

y = r sin(φ) tan(φ) = y<br />

x<br />

e ovviamente avremo una corrispondenza biunivoca (vero? )<br />

(28)<br />

z ⇐⇒ (r, φ) (29)<br />

Possiamo anche naturalmente pensare <strong>di</strong> passare ai vettori posizione<br />

z ⇐⇒ r ≡ (x, y) (30)<br />

allora sarà naturale definire come modulo <strong>di</strong> z il ben noto modulo <strong>di</strong> r :<br />

|z| = |r| = r = 2 x 2 + y 2 (31)<br />

6 ricor<strong>di</strong>amo che gli angoli sono sempre espressi in ra<strong>di</strong>anti!<br />

8


1<br />

x1<br />

Figure 2:<br />

Per correttezza, essendo il modulo non-negativo, dovremmo scrivere |z| = |r| =<br />

<br />

r = 2 x2 + y2 <br />

<br />

, ma quando possibile, ci risparmieremo le minuzie... Tuttavia<br />

la formula<br />

tan(φ) = y<br />

(32)<br />

x<br />

può portare ad equivoci ed errori (una non_ minuzia. perchè?): ci torneremo<br />

in seguito.<br />

Per inciso l’angolo φ sarà chiamato argomento <strong>di</strong> z.<br />

Ora dovrebbe essere chiara la ragione <strong>del</strong>la definizione <strong>di</strong> uguaglianza 24 ed<br />

anche <strong>del</strong>la somma che non è altro che la usuale somma dei vettori (regola <strong>del</strong><br />

parallelogramma)<br />

Rimane però fortemente sospetta e misteriosa l’origine <strong>del</strong>la regola <strong>del</strong> prodotto<br />

(26). Infatti il prodotto complesso ovviamente ha come risultato un numero<br />

complesso e quin<strong>di</strong> un vettore (nella rappresentazione nel piano) . Che la regola<br />

26 rappresenti un prodotto tra vettori? Ma i prodotti tra vettori ’conosciuti’<br />

sono il prodotto scalare il cui risultato non è un vettore e quin<strong>di</strong> è da scartare;<br />

c’è poi il prodotto vettoriale il cui risultato è sì un vettore tuttavia un vettore<br />

ortogonale ai due fattori e quin<strong>di</strong> ortogonale al piano (xy): non può quin<strong>di</strong><br />

corrispondere a nessun numero complesso (che appunto è su tale piano).<br />

9<br />

z1<br />

r3<br />

r2<br />

z2<br />

x2<br />

z3


Tuttavia (anche se ammetto non è intuitivo) la rappresentazione dei complessi<br />

come vettori ci può suggerire <strong>di</strong> guardare anche alle trasformazioni su tali<br />

vettori cioè, per chi ha pratica <strong>di</strong> spazi vettoriali, alle matrici e in particolare<br />

alle matrici 2 × 2 (dato che devono agire su vettori bi<strong>di</strong>mensionali).<br />

Tentiamo una corrispondenza (per ora calata dall’alto):<br />

<br />

<br />

z ≡ (x, y) ↔ Z ≡ <br />

<br />

x −y<br />

y x<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

(33)<br />

E’ imme<strong>di</strong>ato verificare, seguendo le regole <strong>di</strong> calcolo per le matrici, la vali<strong>di</strong>tà<br />

sia <strong>del</strong>la 24 che <strong>del</strong>la 25:<br />

<br />

<br />

Z1≡ <br />

x1<br />

<br />

−y1 <br />

<br />

= Z2≡ <br />

x2<br />

<br />

−y2 <br />

<br />

iff x1 = x2, y1 = y2 (34)<br />

y1<br />

x1<br />

y1<br />

x1<br />

y2 x21<br />

<br />

<br />

Z1+Z2≡ Z3 = <br />

x1<br />

<br />

−y1 <br />

<br />

+<br />

<br />

<br />

<br />

x2<br />

<br />

−y2 <br />

<br />

=<br />

<br />

<br />

<br />

x1<br />

<br />

+ x2 − (y1 + y2) <br />

<br />

(35)<br />

y2<br />

x2<br />

y1 + y2<br />

x1 + x2<br />

Ma ve<strong>di</strong>amo che cosa è il prodotto (con le consueta legge <strong>del</strong> prodotto tra<br />

matrici righe per colonne):<br />

<br />

<br />

Z1Z2≡ Z3 = <br />

x3<br />

<br />

−y3 <br />

<br />

=<br />

<br />

<br />

<br />

x1x2<br />

<br />

− y1y2 − (y1x2 + x1y2) <br />

<br />

(36)<br />

y3<br />

x3<br />

y1x2 + x1y2<br />

x1x2 − y1y2<br />

Miracolo! la 26 è sod<strong>di</strong>sfatta e quin<strong>di</strong> le normali operazioni tra matrici<br />

spiegano le proprietà <strong>del</strong>le operazioni tra i complessi se questi sono rappresentati<br />

come particolari matrici 2x2 (ve<strong>di</strong> 33)<br />

Altre interessanti osservazioni emergono da questa rappresentazione. Per esempio<br />

chie<strong>di</strong>amoci cosa fa una matrice <strong>del</strong> tipo "complesso" (33) quando opera<br />

su un vettore <strong>del</strong> piano (che può essere esso stesso visto come un numero complesso,<br />

ve<strong>di</strong> 30)<br />

<br />

<br />

z1z2 = z3 ↔ Z1r2 = r3 ↔ <br />

x1<br />

y1<br />

−y1<br />

x1<br />

<br />

<br />

<br />

x2<br />

y2<br />

<br />

<br />

<br />

=<br />

<br />

<br />

<br />

x3<br />

y3<br />

<br />

<br />

<br />

=<br />

<br />

<br />

<br />

x1x2<br />

Analogamente<br />

− y1y2<br />

y1x2 + x1y2<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

(37)<br />

<br />

<br />

z1z2 = z3 ↔ Z2r1 = r3 ↔ <br />

x2<br />

<br />

−y2 <br />

<br />

<br />

y2<br />

x2<br />

x1<br />

y1<br />

<br />

<br />

<br />

=<br />

<br />

<br />

<br />

x3<br />

y3<br />

<br />

<br />

<br />

=<br />

<br />

<br />

<br />

x1x2<br />

<br />

− y1y2 <br />

<br />

y1x2 + x1y2 <br />

(38)<br />

Exercise 9 verificare che Z1r2 porta, come deve, allo stesso risultato<br />

Exercise 10 verificare che il vettore r3 ha il modulo <strong>di</strong> r2"scalato" <strong>del</strong> fattore<br />

|r1| ed è ruotato rispetto ad r2 <strong>di</strong> un angolo φ 1 =arg(z1) in senso antiorario (se<br />

φ 1 > 0).<br />

10


Vi consiglio <strong>di</strong> provare a fare l’esercizio <strong>di</strong> sopra ( esempio <strong>di</strong> applicazione<br />

<strong>del</strong>la ’forza bruta’). In pratica abbiamo detto che moltiplicare due numeri complessi<br />

equivale a una operazione <strong>di</strong> ’scala’ e a una rotazione come forse è più<br />

chiaro riscrivendo la matrice Z (33) in coor<strong>di</strong>nate polari (28):<br />

<br />

<br />

Z ≡r <br />

<br />

cos(φ) − sin(φ)<br />

sin(φ) cos(φ)<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

(39)<br />

da cui si vede appunto (per chi lo sa...) che tale la matrice è essenzialmente<br />

la matrice <strong>di</strong> rotazione nel piano (con un fattore <strong>di</strong> scala r), cioè "allunga" i<br />

vettori a cui è applicata <strong>di</strong> un fattore r e li ruota <strong>di</strong> un angolo φ.Vedremo fra<br />

poco come tutto questo che è faticoso in questa notazione sia evidente in un’altra<br />

notazione.<br />

Ricapitoliamo: vedendo un numero complesso come punto (o vettore) nel<br />

piano e/o come matrice <strong>di</strong> scala/rotazione nel piano abbiamo ’capito’ (forse) il<br />

perchè <strong>del</strong>le definizioni astratte <strong>di</strong> uguaglianza/somma/prodotto (24, 25, 26).<br />

Rimaniamo nella rappresentazione vettore (30):<br />

• quale è lo zero <strong>del</strong>la somma (l’identità nella classe degli operatori somma)?<br />

ovviamente<br />

(provare e credere: z + 0 = 0 + z = z)<br />

0 = (0, 0) (40)<br />

• quale è l’inverso <strong>del</strong>l’operazione <strong>di</strong> somma? cioè quale è l’elemento ’inverso’<br />

rispetto la somma (che ovviamente viene chiamato comunemente<br />

opposto) <strong>di</strong> un qualsiasi z ∈ C? <strong>La</strong>sciamo allo studente l’ovvia risposta .<br />

• quale è l’uno <strong>del</strong> prodotto (l’identità nella classe degli operatori prodotto)?<br />

Non è <strong>del</strong> tutto banale: capirei che uno studente, in analogia con 40 <strong>di</strong>cesse<br />

1 = (1, 1) (41)<br />

Ovviamente la risposta sarebbe errata. Infatti deve essere<br />

ma, tenendo conto <strong>del</strong>la 26, avremmo invece<br />

1z = z1 = z (42)<br />

1z = (1x − 1y, 1y + 1x) = (x − y, x + y) = z = (x, y) (43)<br />

Exercise 11 fermatevi qui, e cercate la risposta giusta... prima <strong>di</strong> guardare<br />

sotto<br />

<strong>La</strong> risposta si trova risolvendo la 42; ponendo<br />

1 = (X, Y ) (44)<br />

11


cioè<br />

cioè<br />

1z = z ↔ (Xx − Y y, Xy + Y x) = (x, y) (45)<br />

Xx − Y y = x (46)<br />

Xy + Y x = y (47)<br />

X = 1, Y = 0 (48)<br />

e quin<strong>di</strong> l’identità moltiplicativa complessa (il numero complesso 1) è:<br />

che è il versore sull’asse x...<br />

1 = (1, 0) (49)<br />

1 = (1, 0) = ûx<br />

(50)<br />

Facciamolo in altro modo (cambiare metodo è sempre strategia salutare, specie<br />

negli esercizi): voglio<br />

z1 = z (51)<br />

cioè nella rappresentazione mista (matrice-vettore)<br />

<br />

<br />

x<br />

y<br />

−y<br />

x<br />

<br />

<br />

<br />

X<br />

Y<br />

<br />

<br />

<br />

=<br />

<br />

<br />

<br />

x<br />

y<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

e quin<strong>di</strong><br />

<br />

<br />

<br />

X<br />

Y<br />

<br />

<br />

<br />

=<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

x −y<br />

y x<br />

<br />

−1<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

x <br />

<br />

y =<br />

1<br />

x 2 + y 2<br />

<br />

<br />

x y <br />

<br />

−y x x<br />

<br />

<br />

<br />

y =<br />

<br />

<br />

<br />

1<br />

<br />

<br />

<br />

0 <br />

(52)<br />

(53)<br />

• qual’è l’inverso <strong>di</strong> un numero complesso, o in altri termini come si fà la<br />

<strong>di</strong>visione?<br />

Exercise 12 rispondere in base alla rappresentazione matriciale 33<br />

Exercise 13 rispondere in base alla definizione <strong>di</strong> prodotto 26<br />

daremo comunque la risposta in seguito.<br />

Remark 14 Nota bene: abbiamo usato il simbolo 0 e il simbolo 1 per in<strong>di</strong>care<br />

l’elemento identità complesso rispetto alla somma e al prodotto. Tuttavia lo<br />

studente dovrebbe aver presente che questi ’numeri’ sono complessi e quin<strong>di</strong><br />

a rigore <strong>di</strong>versi dallo zero e dall’uno finora conosciuti (tanto è vero che 0 =<br />

(0, 0), 1 = (1, 0)) Avremmo quin<strong>di</strong> forse dovuto usare due simboli <strong>di</strong>versi come<br />

avremmo dovuto usare simboli <strong>di</strong>versi per in<strong>di</strong>care somma e prodotto complessi.<br />

Per economia non lo facciamo, ma lo studente è pregato <strong>di</strong> porre comunque la<br />

dovuta attenzione.<br />

12


Ma ora la 49, stimola la nostra curiosità: se il versore sull’asse x è l’unità,<br />

che cosa è il versore sull’asse y , visto come numero complesso?<br />

˜z = (0, 1)? (54)<br />

Ovviamente il modulo (non solo <strong>del</strong> versore ma anche <strong>del</strong> numero complesso)<br />

è 1 (provare!): tuttavia<br />

˜z 2 = ˜z˜z = ˜x 2 − ˜y 2 , 2˜x˜y = (0 − 1, 0) = (−1, 0) (55)<br />

cioè l’opposto <strong>del</strong> versore (1, 0) che abbiamo identificato come z = 1: e quin<strong>di</strong><br />

˜z 2 = −1 (56)<br />

Questa equazione, che non aveva soluzione nel campo dei numeri reali, ha<br />

invece soluzione nel campo dei complessi. Anzi, ve<strong>di</strong> sopra, abbiamo già un<br />

nome per tale numero: lo chiamiamo unità immaginaria e lo in<strong>di</strong>chiamo con la<br />

lettera i:<br />

i = (0, 1) = ûy<br />

(57)<br />

e<br />

Siccome ogni vettore sull’asse x può essere scritto<br />

i 2 = −1 (58)<br />

z = x = xûx, x ∈ R (59)<br />

analogamente un vettore (numero complesso!) sull’asse y sarà<br />

ma per la 57<br />

z = y = yûy, y ∈ R (60)<br />

z = yûy = iy (61)<br />

Ergo: i numeri complessi sull’asse x sono numeri reali (e quin<strong>di</strong> l’asse x<br />

sarà detto asse reale) mentre i complessi sull’asse y sono numeri immaginari (e<br />

quin<strong>di</strong> l’asse y sarà detto asse immaginario).<br />

Si può pensare quin<strong>di</strong> al piano xy , in cui stiamo rappresentando i numeri<br />

complessi, come un piano geometrico in cui però vi sono due unità <strong>di</strong> misura<br />

<strong>di</strong>verse sugli assi : sull’asse x l’unità <strong>di</strong> misura è la solita unità dei reali (1),<br />

mentre sull’asse y l’unità <strong>di</strong> misura è l’unità immaginaria (i). Tale piano è<br />

detto piano complesso (o piano <strong>di</strong> Argand o piano <strong>di</strong> Gauss... tanti nomi, che<br />

riporto perchè potreste incontrarli sui testi e così almeno saprete <strong>di</strong> che si parla.<br />

Comunque i nomi non sono le cose! (forse! vecchia <strong>di</strong>sputa filosofica me<strong>di</strong>evale).<br />

Dato che vettorialmente per un arbitrario vettore z nel piano xy<br />

e considerando le 59, 60, 61, abbiamo naturalmente<br />

z = x + y (62)<br />

z = x + iy (63)<br />

13


cioè il numero complesso z è la somma (complessa!) <strong>del</strong>la sua parte reale x<br />

(x = Re (z)) e la sua parte immaginaria y (y = Im(z)). Questa è la notazione<br />

(cartesiana) più conveniente per i numeri complessi (ma ci siamo volutamente<br />

giunti con fatica... sperando che nel travaglio abbiate capito <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto<br />

avreste capito con il percorso ’rovesciato’, che d’altra parte potete trovare su<br />

innumerevoli testi).<br />

Dalla 63 è facile ’recuperare’ molte cose per esempio la 24, o la 25<br />

Exercise 15 provate!<br />

Ve<strong>di</strong>amo per esempio la 26 nella notazione cartesiana:<br />

z1z2 = (x1 + iy1) (x2 + iy2) (64)<br />

applicando le varie proprietà <strong>di</strong> somma e prodotto (per una volta sarebbe bene<br />

che le enumeraste via via che le applicate, ormai <strong>di</strong> certo automaticamente ...)<br />

nonchè la 58, abbiamo:<br />

z1z2 = x1x2 + x1iy2 + iy1x2 + iy1iy2<br />

(65)<br />

z1z2 = z3 = x3 + iy3 = (x1x2 − y1y2) + i (x1y2 + y1x2) (66)<br />

e quin<strong>di</strong>, uguagliando la parte reale alla parte reale e la parte immaginaria<br />

alla parte immaginaria (24!), abbiamo la 26:<br />

cioè<br />

x3 = x1x2 − y1y2, y3 = x1y2 + y1x2 (67)<br />

Ve<strong>di</strong>amo ora cosa succede in coor<strong>di</strong>nate polari (28):<br />

z = x + iy = r cos(φ) + ir sin(φ) (68)<br />

z = r (cos(φ) + i sin(φ)) (69)<br />

C’è un modo più elegante ( e comodo) <strong>di</strong> scrivere questa fomula, usando la<br />

cosiddetta formula <strong>di</strong> Eulero (in molti testi è anche detta formula <strong>di</strong> Eulero-De<br />

Moivre) che adesso giustifichiamo. Sappiamo che<br />

cos(φ) = 1 − φ2<br />

2!<br />

+ φ4<br />

4!<br />

− φ6<br />

6!<br />

+ ... (70)<br />

sin(φ) = φ φ3 φ5 φ7<br />

− + − + ... (71)<br />

1! 3! 5! 7!<br />

e θ = 1 + θ θ2 θ3 θ4 θ5 θ6 θ7<br />

+ + + + + + + ... (72)<br />

1! 2! 3! 4! 5! 6! 7!<br />

proviamo ora (formalmente! ancora non abbiamo introdotto le funzioni complesse...)<br />

a porre nella 72<br />

θ = iφ (73)<br />

14


e teniamo conto <strong>del</strong>la 58 e <strong>del</strong>le sue ovvie conseguenze<br />

i 2 = −1 (74)<br />

i 3 = −i (75)<br />

i 4 = 1 (76)<br />

i 5 = i (77)<br />

etc. (78)<br />

Exercise 16 scrivere in modo compatto la formula generale<br />

abbiamo:<br />

e iφ = 1 + i φ φ2 φ4 φ6<br />

− − iφ3 + + iφ5 − − iφ7 + ...<br />

1! 2! 3! 4! 5! 6! 7!<br />

cioè (separando parte reale e parte immaginaria)<br />

(79)<br />

e iφ <br />

= 1 − φ2<br />

<br />

φ4 φ6<br />

φ φ3 φ5 φ7<br />

+ − + ... + i − + − + ...<br />

2! 4! 6! 1! 3! 5! 7!<br />

(80)<br />

e quin<strong>di</strong> (formula <strong>di</strong> Eulero 7 )<br />

e iφ = cos(φ) + i sin(φ) (82)<br />

Quin<strong>di</strong> (ve<strong>di</strong> 69) un numero complesso in forma polare si scrive<br />

z = re iφ<br />

(83)<br />

Abbiamo già detto che chiamiamo φ = arg(z). Ora la formula <strong>di</strong> Eulero che<br />

coinvolge i seni e coseni <strong>di</strong> φ, entrambe funzioni perio<strong>di</strong>che, ci fa capire che<br />

anche e iφ è una funzione perio<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> periodo 2π<br />

e iφ = e i(φ+k2π) , k = 0, ±1, ±2, ... (84)<br />

cioè l’argomento <strong>di</strong> un complesso è definito a meno <strong>di</strong> multipli <strong>del</strong>l’angolo<br />

giro. Chiameremo valor principale <strong>del</strong>l’argomento (argomento principale) la sua<br />

determinazione ’principale’: 0 ≤ φ < 2π. Ovviamente avremmo potuto scegliere<br />

(come è in alcuni testi) altri valori per l’intervallo principale, ad esempio (−π, π)<br />

al posto <strong>di</strong> (0, 2π).Inoltre... ritornando al cambio <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate polari-cartesiane<br />

(28): dalla formula <strong>di</strong> Eulero e dalla 24 abbiamo<br />

sin(φ) =<br />

y<br />

x 2 + y 2<br />

(85a)<br />

7 Eulero (come dopo <strong>di</strong> lui moltissimi matematici e non) restò stupefatto nello ’scoprire’ la<br />

bellissima relazione tra i numeri più significativi allora noti:<br />

e iπ + 1 = 0 (81)<br />

15


Ovviamente le 85a,85b implicano<br />

già scritta in 28. Quin<strong>di</strong><br />

x<br />

cos(φ) = <br />

x2 + y2 tan(φ) = y<br />

x<br />

φ = arctan<br />

<br />

y<br />

<br />

x<br />

(85b)<br />

(86a)<br />

(86b)<br />

ma l’arcotangente è funzione a più valori... Tuttavia è possibile eliminare<br />

ogni ambiguità: infatti basta vedere i segni <strong>di</strong> x, y per sapere in quale quadrante<br />

siamo <strong>del</strong>l’intervallo principale (0, 2π) (ve<strong>di</strong> esrcizi dopo).<br />

Questa rappresentazione polare rende imme<strong>di</strong>atamente conto <strong>di</strong> cose già<br />

dette (ve<strong>di</strong> esercizio ...); infatti<br />

da cui<br />

z1z2 = z3 = r3e iφ 3 = r1e iφ 1r2e iφ 2 = r1r2e i(φ 1 +φ 2 )<br />

r3 = r1r2<br />

φ 3 = φ 1 + φ 2<br />

(87)<br />

(88)<br />

(89)<br />

cioè moltiplicando z2 per z1 si ’scala’ il modulo <strong>di</strong> z2 con il modulo <strong>di</strong> z1, e<br />

inoltre si aggiunge all’argomento <strong>di</strong> z2 l’argomento <strong>di</strong> z1( cioè si ruota z2 <strong>di</strong> un<br />

angolo φ1, o viceversa).<br />

Ritorniamo alla questione <strong>del</strong>l’inverso <strong>di</strong> un complesso e quin<strong>di</strong> <strong>del</strong>la <strong>di</strong>visione<br />

nel campo complesso.<br />

Anche qui si vede come le <strong>di</strong>verse "rappresentazioni" hanno <strong>di</strong>versa utilità<br />

a seconda dei casi. In effetti in questo caso la rappresentazione vettoriale è <strong>di</strong><br />

scarsa utilità (dato che non sappiamo bene cosa sia l’inverso <strong>di</strong> un vettore). la<br />

rappresentazione matriciale è più utile, dato che conosciamo l’inverso <strong>di</strong> una<br />

matrice.<br />

Dunque se il complesso z = (x, y) è rappresentato dalla matrice<br />

<br />

<br />

Z = <br />

<br />

allora z−1 = (X, Y ) dovrebbe essere<br />

z −1 = (X, Y ) = Z −1 <br />

<br />

= x<br />

y<br />

−y<br />

x<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

dove ∆ è il deteminante <strong>di</strong> Z cioè<br />

x −y<br />

y x<br />

−1<br />

= 1<br />

∆<br />

∆ = x 2 + y 2<br />

16<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

x y<br />

-y x<br />

<br />

<br />

<br />

=<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

X −Y<br />

Y X<br />

(90)<br />

<br />

<br />

<br />

(91)<br />

(92)


cioè il modulo quadro <strong>di</strong> z (cosa che non avevamo precedentemente notato!).<br />

Tirando le somme:<br />

e dunque<br />

z −1 =<br />

X =<br />

Y =<br />

x<br />

x 2 + y 2<br />

−y<br />

x 2 + y 2<br />

<br />

x<br />

x2 −y<br />

,<br />

+ y2 x2 + y2 <br />

(93)<br />

(94)<br />

(95)<br />

Exercise 17 <strong>di</strong>mostrare, per prova <strong>di</strong>retta, che questo è effettivamente l’inverso:<br />

zz −1 = z −1 z = 1 = (1, 0)<br />

Nella rappresentazione cartesiana saremmo <strong>di</strong> nuovo nei guai.<br />

z = x + iy allora<br />

Infatti se<br />

z −1 = 1 1<br />

=<br />

z x + iy<br />

(96)<br />

1 ma x+iy NON è in forma cartesiana! (ovviamente tramite la 95 sappiamo come<br />

riscriverlo in tale forma).<br />

<strong>La</strong> rappresentazione polare (83) invece è utile:<br />

z = re iφ −→ z = r −1 e −iφ = 1<br />

r<br />

e quin<strong>di</strong> si ottiene facilmente la (95)<br />

1<br />

(cos (φ) − i sin (φ)) = (r cos (φ) − ir sin (φ))<br />

r2 (97)<br />

Remark 18 ho allungato (volutamente) il brodo... ma spero <strong>di</strong> aver mostrato<br />

che per affrontare un problema ci sono spesso molte vie, alcune più semplici<br />

<strong>del</strong>le altre. Ovviamente scegliere quale via sia conveniente non è semplice! ci si<br />

basa sicuramente sull’esperienza ma anche sull’intuito, sulla fantasia (qualcuno<br />

<strong>di</strong>rebbe sulla fortuna...): tutte cose che non si possono insegnare!<br />

Ovviamente, definito l’inverso, è definita la <strong>di</strong>visione<br />

z1 : z2 = z1<br />

= z1 (z2)<br />

z2<br />

−1<br />

Le formule precedenti ci hanno in<strong>di</strong>cato l’importanza <strong>del</strong> complesso<br />

x − iy = r cos (φ) − ir sin (φ) = re −iφ<br />

(98)<br />

(99)<br />

Sembra quin<strong>di</strong> utile introdurre per ogni numero complesso z il suo complesso<br />

coniugato che in<strong>di</strong>cheremo con ¯z ( leggasi zeta barra, in molti testi è in<strong>di</strong>cato<br />

con z ∗ , leggasi zeta star...)<br />

17


Definizione :<br />

se<br />

allora<br />

z = x + iy = re iφ<br />

¯z = x − iy = re −iφ<br />

(100)<br />

(101)<br />

Che cosa è il complesso coniugato? dalle formule sopra è chiaro che è il<br />

numero/punto/vettore ottenuto da z per riflessione rispetto all’asse reale<br />

Exercise 19 <strong>di</strong>segnatelo nel piano complesso<br />

Ve<strong>di</strong>amo alcune utili proprietà:<br />

• cerchiamo il modulo <strong>di</strong> un complesso z , dalla definizione 31<br />

ma è facile vedere che, in forma cartesiana<br />

e in forma polare<br />

|z| = |r| = r = 2 x 2 + y 2 (102)<br />

z¯z = (x + iy) (x − iy) = x 2 + y 2 = |z| 2<br />

z¯z = re iφ re −iφ = r 2 = |z| 2<br />

(103)<br />

(104)<br />

• cerchiamo l’inverso <strong>di</strong> un numero complesso cioè il numero complesso ˜z =<br />

z −1 tale che<br />

z˜z = 1 (105)<br />

allora, dalla rappresentazione polare, è naturale porre<br />

˜z = z −1 = re iφ−1 −1 −iφ re<br />

= r e = −iφ ¯z<br />

=<br />

r2 |z| 2<br />

quin<strong>di</strong> la <strong>di</strong>visione tra due numeri complessi <strong>di</strong>venta ’semplice’:<br />

z1 : z2 = z1<br />

= z1 (z2)<br />

z2<br />

−1 = z1<br />

¯z2<br />

|z2|<br />

r1<br />

2 =<br />

r2<br />

e i(φ 1 −φ 2 )<br />

(106)<br />

(107)<br />

• <strong>La</strong> regola pratica per trovare la forma cartesiana <strong>di</strong> una frazione <strong>di</strong> numeri<br />

complessi è:<br />

" prendete la frazione e moltiplicate numeratore e denominatore per il<br />

complesso coniugato <strong>del</strong> denominatore"<br />

In forma cartesiana:<br />

z1<br />

z2<br />

= (x1 + iy1) (x2 − iy2)<br />

x 2 2 + y2 2<br />

z1<br />

z2<br />

= z1¯z2<br />

=<br />

z2¯z2<br />

z1¯z2<br />

|z2| 2<br />

= (x1x2 + y1y2) + i (y1x2 − x1y2)<br />

x 2 2 + y2 2<br />

18<br />

(108)<br />

= x1x2 + y1y2<br />

x2 2 + y2 2<br />

(109)<br />

+i y1x2 − x1y2<br />

x 2 2 + y2 2


E’ tempo ora <strong>di</strong> applicare quanto detto, cioè è tempo <strong>di</strong> esercizi... alcuni<br />

’tipici’ saranno svolti, altri proposti (moltissimi potrete trovarli su libri <strong>di</strong> testo,<br />

altri potrete inventarli in base alla vs curiosità e fantasia).<br />

• forme cartesiane e polari<br />

Exercise 20 trovare modulo e argomento principale dei seguenti numeri complessi<br />

z1 = 1 + i √ 3; z2 = −1 + i √ 3; z3 = −1 − i √ 3; z4 = 1 − i √ 3;<br />

Svolgimento:<br />

è evidente che i 4 numeri hanno la stessa parte reale e la stessa parte immaginaria<br />

a meno dei segni...<br />

quin<strong>di</strong> avranno lo stesso modulo:<br />

r = |z1| = |z2| = |z3| = |z4| = √ 1 + 3 = +2 (110)<br />

per trovare l’argomento (principale), dovremmo usare la 86b , facendo attenzione!<br />

Potrebbe essere conveniente usare<br />

tan (ϕ) = |y|<br />

|x|<br />

(111)<br />

determinando ϕ nel primo quadrante e poi aggiungere un angolo opportuno per<br />

passare al quadrante in<strong>di</strong>cato dai segni <strong>di</strong> x, y.<br />

Cioè<br />

tan (ϕ) = |y|<br />

|x| = √ 3 (112)<br />

e quin<strong>di</strong><br />

ϕ = π<br />

(113)<br />

3<br />

(ricordate che gli angoli sono misurati in ra<strong>di</strong>anti).<br />

Poi ve<strong>di</strong>amo che z1 (x e y positivi: (+, +)) è nel primo quadrante e dunque<br />

φ 1 = ϕ (114)<br />

π i<br />

z1 = 2e 3 (115)<br />

Invece z2 (−, +) è nel secondo quadrante e dunque il suo argomento sarà<br />

(graficate!)<br />

φ 2 = π − ϕ (116)<br />

e<br />

Analogamente procedendo, avremo (graficate!)<br />

2π i<br />

z2 = 2e 3 (117)<br />

φ 3 = π + ϕ (118)<br />

z2 = 2e i 4π 3 (119)<br />

19


φ 4 = 2π − ϕ (120)<br />

π i(−<br />

z4 = 2e 3 +2π) π −i<br />

= 2e 3 (121)<br />

Exercise 21 esprimere i seguenti numeri complessi in forma cartesiana<br />

1) 3ei π 4 ; 2) i−1<br />

i+1 ; 3) 2 − i √ 2 2 3<br />

; 4) √ 3ei π 2 ;5) 2−i 3√ 3<br />

1−2i ; 6) 1 − i √ 3 3<br />

i ;7)e π 6 ;8)<br />

2+i 3√ 3<br />

2−i 3√ 3i ; 9) (a − ib)4 ;10) 3i222−i 331<br />

−1+2i<br />

svolgimento:<br />

1) dalla 82<br />

√ <br />

π i π<br />

<br />

π<br />

<br />

√ <br />

2 2<br />

3e 4 = 3 cos + i sin = 3 + i =<br />

4 4 2 2<br />

3√2 2 + i3√ 2<br />

(122)<br />

2<br />

2) usando la 108<br />

i − 1 (i − 1) (1 − i) −1 + 2i − i2<br />

= =<br />

i + 1 (1 + i) (1 − i) 1 − i2 = i (123)<br />

check (da fare quando il risultato è sorprendente e/o non vi convince! 8 )<br />

CHECK ok!<br />

3)<br />

i (i + 1) = i 2 + i = i − 1 (124)<br />

<br />

2 − i √ 2 2 = 2 2 <br />

+ −i √ 2 <br />

2 + 2 (2) −i √ <br />

2 = 4 − 2 − i4 √ 2 = 2 − 4 √ 2i (125)<br />

7)<br />

3i222 − i331 −1 + 2i = 3 i2111 <br />

2 − i i 165 = (126)<br />

−1 + 2i<br />

= 3 (−1)111 − i (−1) 165<br />

−1 + 2i<br />

= −3 + i<br />

= (127)<br />

−1 + 2i<br />

(−3 + i) (−1 − 2i)<br />

= 1 + i (128)<br />

(−1 + 2i) (−1 − 2i)<br />

Exercise 22 esprimere i seguenti numeri complessi in forma polare (0 arg (z) <<br />

2π)<br />

8 come quando una volta, alle elementari!, si faceva la prova <strong>del</strong> nove per le moltiplicazioni...<br />

problem in nota: qualcuno sa ancora che cosa è la prova <strong>del</strong> nove e perchè funziona?<br />

20


1) i; 2) √ 3 + i; 3) 1 − i; 4)−i;5) 2−i 3√ 2<br />

1−i ; 6) 2 − i √ 3 3 2<br />

;7) √ −3;5) 3√ −5; 6)<br />

(a − ib) 2<br />

svolgimento:<br />

1) dalle 28<br />

r = 1, tan (φ) = 1<br />

π<br />

= ∞ =⇒ φ = (129)<br />

0 2<br />

cioè<br />

2)<br />

π i<br />

i = e 2 (130)<br />

r = √ 3 + 1 = 2, tan (φ) = 1<br />

√ 3 =⇒ φ = π<br />

6<br />

(131)<br />

cioè √ 3 + i = 2e i π<br />

6 (132)<br />

3)<br />

cioè<br />

Exercise 23 dato<br />

r = √ 1 + 1 = √ 2, tan (φ) = −1<br />

1<br />

trovare in forma cartesiana e polare<br />

1. z 2 (R: −1 − 2i √ 6; 5 exp(arctan(2 √ 6) − π))<br />

2. 1<br />

z (R: 1 √ 2 − i 1 √ 3 ; 1 √ 5 exp(arctan(2 √ 6)))<br />

i−z 3. z3 10 1<br />

+i (R: 219 − 73<br />

√ 3 − i 13<br />

219<br />

• complessi e vettori<br />

Exercise 24 mostrare che<br />

=⇒ φ = −π<br />

4<br />

(133)<br />

1 − i = √ π −i<br />

2e 4 (134)<br />

z = √ 2 − i √ 3 (135)<br />

√ 6;.2861187546 exp(−1.494055737))<br />

1) se Re(¯z1z2) = 0 allora i due vettori z1 e z2 sono ortogonali; 2a) vale il<br />

solo se?; 3)se Im(¯z1z2) = 0 allora i due vettori z1 e z2 sono paralleli; 3a)quale<br />

altra con<strong>di</strong>zione abbiamo trascurato?; 3b) vale il solo se?<br />

2) |z1 ∧ z2| = area <strong>del</strong> parallelogramma <strong>di</strong> lati z1, z2<br />

3) trovare l’area <strong>del</strong> triangolo con vertici in z1, z2, z3<br />

svolgimento:<br />

1)<br />

allora<br />

¯z1z2 = (x1 − iy1) (x2 + iy2) = (x1x2 + y1y2) + i (x1y2 − y1x2) (136)<br />

Re(¯z1z2) = 0 ↔ x1x2 + y1y2 = 0 (137)<br />

21


ma questo è il prodotto scalare tra vettori bi<strong>di</strong>mensionali e quin<strong>di</strong>...<br />

D’altra parte consideriamo l’angolo tra z1 e z2<br />

ma<br />

quin<strong>di</strong> (trigonometria spicciola)<br />

cioè<br />

φ = φ 2 − φ 1<br />

tan (φ 1) = y1<br />

x1<br />

tan (φ 2) = y2<br />

tan (φ) = tan (φ 2 − φ 1) = tan (φ 2) − tan (φ 1)<br />

1 + tan (φ 1) tan (φ 2)<br />

tan (φ) =<br />

y2 y1 − x2 x1<br />

1 + y1y2<br />

x1x2<br />

quin<strong>di</strong> se l’ipotesi è vera abbiamo<br />

x2<br />

= x1y2 − y1x2<br />

x1x2 + y1y2<br />

tan (φ) = ∞ =⇒ φ = π<br />

2<br />

(138)<br />

(139)<br />

(140)<br />

(141)<br />

(142)<br />

(143)<br />

(lo studente attento avrà notato che abbiamo contemporaneamente risolto<br />

anche il quesito 3...)<br />

• Prodotto scalare e vettoriale<br />

Abbiamo trovato in pratica la rappresentazione complessa <strong>del</strong> prodotto scalare<br />

nel piano:<br />

Re(¯z1z2) = z1 ◦ z2<br />

(144)<br />

Ma abbiamo anche<br />

<br />

<br />

<br />

z1 ∧ z2 = <br />

<br />

<br />

ê1 ê2 ê3<br />

x1 y1 0<br />

x2 y2 0<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

= (x1y2 − y1x2) ê3<br />

(145)<br />

dove ê3 è il versore sull’asse ortogonale al piano complesso; (ê1, ê2, ê3) formano<br />

una terna sinistrorsa e ovviamente (come avevamo già in<strong>di</strong>cato) il prodotto<br />

vettoriale <strong>di</strong> due complessi esce dal piano e quin<strong>di</strong> non è più un complesso. Tuttavia:<br />

z1 ∧ z2 = (x1y2 − y1x2) ê3 = Im(¯z1z2)ê3<br />

(146)<br />

cioè Im(¯z1z2) è la proiezione <strong>di</strong> z1 ∧ z2 sull’asse 3 (non il modulo! dato che<br />

Im(¯z1z2) =x1y2 − y1x2 può essere negativo).<br />

E’ quin<strong>di</strong> naturale definire il prodotto scalare e vettoriale tra complessi come<br />

z1 ◦ z2 = Re(¯z1z2) = x1x2 + y1y2<br />

22<br />

(147)


z1 ∧ z2 = Im(¯z1z2) = x1y2 − y1x2<br />

Notare che, come deve, il prodotto vettoriale complesso è antisimmetrico:<br />

(148)<br />

z1 ∧ z2 = x1y2 − y1x2 = − (z2 ∧ z1) = − (x2y1 − y2x1) (149)<br />

ed è anche antisimmetrico rispetto alla coniugazione...<br />

z1 ∧ z2 = Im(¯z1z2) = − Im(z1¯z2) = − Im(¯z2z1) = − (z2 ∧ z1) (150)<br />

Exercise 25 mostrare che invece il prodotto scalare è simmetrico sia rispetto<br />

allo scambio dei vettori sia rispetto allo scambio <strong>del</strong>la coniugazione<br />

• Complessi e geometria (<strong>del</strong> piano)<br />

Exercise 26 si mostri che<br />

1) z = k + iy (k ∈ R), cioè Re(z) = k, è la retta parallela all’asse y che<br />

interseca l’asse x in x = k<br />

2) z = x + ik (k ∈ R), cioè Im(z) = k, è la retta parallela all’asse x che<br />

interseca l’asse y in y = k<br />

3) z = R e iφ (R, φ ∈ R) è la circonferenza con centro nell’origine e percorsa<br />

in senso antiorario (φ = 0...2π)<br />

4) z = r e iΦ (r, Φ ∈ R) è la semiretta che parte dall’origine e forma un angolo<br />

Φ con l ′ asse reale(r = 0...∞)<br />

5) z = z1 + t(z2 − z1) è l’equazione parametrica <strong>del</strong>la retta che passa per z1<br />

e z2<br />

6) |z − z0| = R e z¯z − z¯z0 − z0¯z + z0¯z0 = R 2 sono equazioni (equivalenti)<br />

per la circonferenza con centro in z0 e raggio R<br />

7) c¯z+¯cz = 2 è una retta incontra l’asse x in ˜x (?) e forma con esso un’angolo<br />

˜φ (?)<br />

8) scrivere, in termini complessi (...), l’equazione <strong>del</strong>l’ellisse con fuochi in<br />

z1 = (−f, 0) , z1 = (f, 0) e avente lunghezza <strong>del</strong>l’asse maggiore pari ad 2a<br />

(a > f)<br />

9) <strong>di</strong>suguaglianze triangolari: mostrare che<br />

a)<br />

|z1 + z2| ≤ |z1| + |z2| (151)<br />

b)<br />

c)<br />

|z1 − z2| ≥ |z1| − |z2| (152)<br />

|z1 + z2 + z3| ≤ |z1| + |z2| + |z3| (153)<br />

10) trovare il luogo dei punti nel piano complesso tali che (a, b ∈ R)<br />

23


a) <br />

z − a<br />

<br />

z + a<br />

= b (154)<br />

b) <br />

z − a<br />

<br />

z + a<br />

> b (155)<br />

Svolgimento:<br />

1,2,3,4,5 sono banali...<br />

6)<br />

<br />

|z − z0| = (x − x0) 2 + (y − y0) 2 =⇒ (x − x0) 2 + (y − y0) 2 = R 2<br />

(156)<br />

e<br />

z¯z−z¯z0−z0¯z+z0¯z0 = x 2 +y 2 − xx0 + yy0 + i (−xy0 + yx0) + i (xy0 − yx0) + x 2 0 + y 2 0<br />

(157)<br />

e quin<strong>di</strong> OK.<br />

––––––––-<br />

7) sia<br />

c = a + ib, a, b ∈ R (158)<br />

allora<br />

quin<strong>di</strong><br />

e così<br />

c¯z + ¯cz = (a + ib) (x − iy) + (a − ib) (x + iy) = 2ax + 2by = 2 (159)<br />

cioè (verificare!)<br />

e<br />

y = − a 1<br />

x +<br />

b b<br />

tan( ˜ φ) = − a<br />

b<br />

(160)<br />

(161)<br />

˜φ = arg(ic) (162)<br />

˜x = 1 1<br />

=<br />

a Re (c)<br />

ovviamente l’intersezione con l’asse y avviene a<br />

˜y = 1 1<br />

=<br />

b Im (c)<br />

(163)<br />

(164)<br />

––––––––––<br />

8) Per definizione l’ellisse è il luogo (insieme) dei punti <strong>del</strong> piano tali che<br />

la somma <strong>del</strong>le <strong>di</strong>stanze dai fuochi è costante (lunghezza <strong>del</strong>l’asse maggiore ).<br />

24


Ma nel piano complesso la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un generico punto z da un altro z ′ è<br />

ovviamente |z − z ′ | e quin<strong>di</strong><br />

|z − z1| + |z − z2| = 2a (165)<br />

Per convincersi proviamo a scrivere la eq. <strong>di</strong> sopra in coor<strong>di</strong>nate cartesiane,<br />

cercando <strong>di</strong> riottenere la nota equazione cartesiana <strong>del</strong>l’ellisse<br />

<br />

(x + f) 2 + y2 <br />

+ (x − f) 2 + y2 = 2a (166)<br />

<br />

(x + f) 2 + y 2 + (x − f) 2 + y 2 − 4a 2 2 <br />

= 4 (x + f) 2 <br />

+ y<br />

2<br />

(x − f) 2 + y 2<br />

4<br />

(167)<br />

x 2 + y 2 + f 2 − 2a 22 4 4 4 2 2 2<br />

= 4 x + f + y − 2x f + 2y x 2 + f 2<br />

(168)<br />

4a 4 +2 x 2 y 2 + x 2 f 2 − 2x 2 a 2 + y 2 f 2 − 2y 2 a 2 − 2f 2 a 2 = −2x 2 f 2 +2y 2 x 2 + f 2<br />

4a<br />

(169)<br />

4 − 4f 2 a 2 + x 2 4f 2 − 4a 2 + y 2 −4a 2 = 0 (170)<br />

x2 y2<br />

+<br />

a2 a2 = 1 (171)<br />

− f 2<br />

che è appunto la canonica equazione cartesiana <strong>del</strong>l’ellisse (semiasse minore<br />

b = a 2 − f 2 )<br />

––––––––––<br />

9a,b) queste <strong>di</strong>suguaglianze triangolari sono importanti. Si consiglia allo<br />

studente <strong>di</strong> provarle analiticamente, cioè effettuando i conti richiesti. Ovviamente<br />

se uno passa all’interpretazione geometrica dei complessi come vettori, le<br />

formule sono già note: la prima <strong>di</strong>ce che un lato <strong>di</strong> un triangolo è minore <strong>del</strong>la<br />

somma degli altri due, la seconda <strong>di</strong>ce che un lato <strong>di</strong> un triangolo è maggiore<br />

<strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza degli altri due (fare il grafico <strong>del</strong>le formule!). <strong>La</strong> terza e la sua<br />

generallizzazione allo studente!<br />

10)<br />

a) abbiamo il sospetto che sia una circonferenza... (perchè?). Consigliamo<br />

<strong>di</strong> svolgerlo usando le coor<strong>di</strong>nate cartesiane. Noi prenderemo una scorciatoia.<br />

<br />

<br />

<br />

z − a<br />

<br />

z<br />

+ a<br />

= b ↔ |z − a| = b |z + a| ↔ |z − a|2 = b 2 |z + a| 2<br />

(172)<br />

e quin<strong>di</strong><br />

(z − a) (¯z − a) = b 2 (z + a) (¯z + a) (173)<br />

b 2 − 1 z¯z + az b 2 + 1 + a¯z b 2 + 1 + a 2 (b 2 − 1) = 0 (174)<br />

cioè<br />

1 + b2 + b2<br />

z¯z − za − ¯za1<br />

1 − b2 1 − b2 + a2 <br />

1 + b2<br />

+ a<br />

1 − b2 25<br />

2<br />

<br />

1 + b2<br />

− a<br />

1 − b2 2<br />

= 0 (175)


definiamo<br />

1 + b2<br />

c = a<br />

1 − b2 R 2 = c 2 − a 2 = a 2<br />

<br />

2 1 + b 2 <br />

2 − 1 − b 2 (1 − b2 ) 2<br />

<br />

=<br />

e riconosciamo che<br />

z¯z − zc − ¯zc + c 2 = R 2<br />

<br />

2ab<br />

(1 − b2 )<br />

2 (176)<br />

(177)<br />

(178)<br />

che dall’esercizio 6 precedente è una circonferenza con centro in z0 = (c, 0)<br />

e raggio R.<br />

D’altra parte è anche<br />

cioè<br />

z¯z − zc − ¯zc + c 2 = (z − c) (z − c) = |z − c| 2 = R 2<br />

(179)<br />

|z − c| = R (180)<br />

la forma più semplice per una circonferenza <strong>di</strong> centro c e raggio R.<br />

–––––––––<br />

Negli esercizi precedenti lo studente attento forse avrà notato che<br />

z1¯z2 + ¯z1z2 ∈ R (181)<br />

Questo è ovviamente vero per z1 = z2, e si può facilmente <strong>di</strong>mostrare in<br />

generale<br />

z1¯z2 + ¯z1z2 = (x1 + iy1) (x2 − iy2) + (x1 − iy1) (x2 + iy2) = 2 (x1x2 + y1y2)<br />

(182)<br />

Tuttavia è forse interessante vederlo in modo più astratto introducendo<br />

l’operatore <strong>di</strong> coniugazione (complessa)<br />

o anche esplicitamente in forma cartesiana<br />

o,in forma polare,<br />

Ŏ_z = ¯z (183)<br />

Ŏ_ (x + iy) = (x − iy) (184)<br />

Ŏ_re iφ = re −iφ<br />

(185)<br />

<strong>La</strong> notazione dovrebbe essere chiara. In soldoni... per coniugare una formula<br />

cambiate i con −i<br />

Exercise 27 <strong>di</strong>mostrare!<br />

Ma ve<strong>di</strong>amo alcune proprietà <strong>di</strong> tale operatore (verificare!):<br />

26


•<br />

•<br />

Ŏ_ (z) = z ⇐⇒ z ∈ R (186)<br />

Ŏ_ (z) = −z ⇐⇒ z ∈ iR (187)<br />

(stiamo in<strong>di</strong>cando con iR l’insieme degli immaginari ’puri’).<br />

•<br />

•<br />

e quin<strong>di</strong><br />

il che implica che<br />

Ŏ_ (z1 + z2) = Ŏ_z1 + Ŏ_z2<br />

Ŏ_ (z1z2) =<br />

Ŏ_z1<br />

Ŏ_z2<br />

<br />

(188)<br />

(189)<br />

Ŏ_ Ŏ_z = Ŏ_re −iφ = re iφ = z, ∀z ∈ C (190)<br />

Ŏ 2 _<br />

= Ĭ_<br />

(191)<br />

Ŏ −1<br />

_ = Ŏ_ (192)<br />

Nel nostro caso tutto questo a parole significa che se coniugate il coniugato<br />

riottenete il complesso <strong>di</strong> partenza...<br />

(¯z) = z (193)<br />

il che comporta scorciatoie notevoli nell’uso pratico dei complessi (ovviamente<br />

vale anche per ogni espressione contenente i complessi).<br />

Exercise 28 mostrate (come volete, ma preferibilmente usando le proprietà <strong>di</strong><br />

Ŏ_ ) che<br />

1) z + ¯z ∈ R<br />

2) z − ¯z ∈ iR<br />

3) z¯z ∈ R<br />

4) z1¯z2 + ¯z1z2 ∈ R<br />

5) ¯z1<br />

∈ iR<br />

z2<br />

− z1<br />

¯z2<br />

6) |z1z2| = |z1| |z2|<br />

svolgiamo:<br />

4)<br />

Ŏ_ (z1¯z2 + ¯z1z2) = ¯z1z2 + z1¯z2 = z1¯z2 + ¯z1z2<br />

e quin<strong>di</strong> z1¯z2 + ¯z1z2 ∈ R per la 186.<br />

6:)<br />

|z1z2| 2 = (z1z2) (z1z2) = z1z2 Ŏ_ (z1z2) = z1z2<br />

27<br />

Ŏ_z1<br />

Ŏ_z2<br />

<br />

(194)<br />

(195)


|z1z2| 2 <br />

=<br />

z1 Ŏ_z1<br />

O=S<br />

Figure 3:<br />

<br />

N<br />

z2 Ŏ_z2<br />

γ<br />

P<br />

φ<br />

<br />

= |z1| 2 |z2| 2<br />

z<br />

(196)<br />

Terminiamo questo capitolo introducendo succintamente una sua particolare<br />

rappresentazione, la cosiddetta Sfera <strong>di</strong> Riemann<br />

Cioè: pren<strong>di</strong>amo il piano complesso con il suo bravo riferimento cartesiano,<br />

poggiamo sopra l’origine una sfera unitaria (<strong>di</strong> raggio=1, detta appunto sfera<br />

<strong>di</strong> Riemann) , chiamiamo il punto <strong>di</strong> contatto con l’origine polo sud <strong>del</strong>la sfera<br />

(S = O) e il suo punto opposto polo nord (N). E’ ora evidente che se colleghiamo<br />

con un segmento un arbitrario punto z <strong>del</strong> piano con il polo nord intercetteremo<br />

la sfera in un determinato punto P (z ←→ P , ve<strong>di</strong> figura ). Si crea così una<br />

corrispondenza biunivoca tra i punti <strong>del</strong> piano (i numeri complessi) e i punti <strong>del</strong>la<br />

sfera salvo... il polo nord stesso. Chiaramente i corrispondenti complessi dei<br />

punti vicini al polo nord hanno modulo sempre maggiore (via via che l’angolo γ si<br />

avvicina all’angolo retto): è quin<strong>di</strong> naturale rendere la corrispondenza completa<br />

assegnando come corrispondente <strong>del</strong> polo nord il punto all’infinito (∞ ↔ N).<br />

Il metodo sopra in<strong>di</strong>cato <strong>di</strong> rappresentazione si chiama proiezione stereografica<br />

e il piano complesso comprendente anche il punto all’infinito si chiama<br />

piano complesso espanso.<br />

Notare che i complessi corrispondenti ai due poli <strong>del</strong>la sfera non hanno un<br />

argomento ben definito: per il polo sud abbiamo infatti lo zero e quin<strong>di</strong> un<br />

28


vettore <strong>di</strong> modulo zero che non ha <strong>di</strong>rezione definita, per il polo nord abbiamo<br />

un modulo infinito e quin<strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>rezione è giusta (in parole povere esiste un solo<br />

punto all’infinito ed è raggiunto da qualsiasi <strong>di</strong>rezione - tutte le strade portano<br />

a Roma...).<br />

Exercise 29 trovare esplicitamente la corrispondenza (r, φ) ↔ SP, γ <br />

2.1 Postilla<br />

Si presuppone che lo studente abbia <strong>di</strong>mestichezza con alcuni concetti e definizioni<br />

standard per gli insiemi in generale (noi li useremo nel piano complesso):<br />

• sottoinsiemi<br />

• unione e intersezione e complemento<br />

• numerabilità<br />

• intorno<br />

• punto <strong>di</strong> accumulazione<br />

• aperti e chiusi<br />

• limitati<br />

• punti interni, esterni, <strong>di</strong> frontiera<br />

• connessi<br />

• compatti<br />

• chiusura<br />

• dominio<br />

• regione<br />

Spenderemo solo due parole sull’uso che faremo <strong>del</strong> termine ’regione’:<br />

def: <strong>di</strong>ciamo regione un dominio (cioè un aperto connesso) a cui sono stati<br />

aggiunti alcuni o tutti o nessuno dei suoi punti <strong>di</strong> accumulazione.<br />

In pratica se al dominio non è stato aggiunto niente la regione è il dominio<br />

(aperto... e se non specificheremo varrà regione=dominio) : d’altra parte, se<br />

sono stati aggiunti tutti i punti <strong>di</strong> accumulazione, la regione è la chiusura <strong>di</strong> un<br />

dominio e quin<strong>di</strong> essa stessa è chiusa.<br />

Lo studente può testare la sua familiarità con tali concetti tentando i seguenti<br />

esercizi:<br />

29


Exercise 30 Si consideri M ≡ {|z| < 1, Re (z) , Im (z) ∈ Q} (cioè tutti i punti<br />

interni al cerchio unitario con coor<strong>di</strong>nate cartesiane razionali). Si domanda per<br />

tale insieme:<br />

1. è limitato?<br />

2. è aperto?<br />

3. è chiuso?<br />

4. è connesso?<br />

5. è compatto?<br />

6. è numerabile?<br />

7. quali sono i punti <strong>di</strong> accumulazione?<br />

8. e i punti interni?<br />

9. e i punti <strong>di</strong> frontiera?<br />

10. la chiusura?<br />

11. la chiusura è un compatto?<br />

Exercise 31 rispondere alle stesse domande per l’insieme M ≡ {|z − z0| < R, R ∈ R}<br />

<br />

k<br />

i Exercise 32 rispondere alle stesse domande per M ≡ , k ∈ N<br />

Diamo solo alcuni hint per l’ultimo esecizio (che forse andrebbe svolto per<br />

primo):<br />

1) cercate un punto <strong>del</strong>l’insieme con modulo 100...<br />

6) la numerabilità è autoevidente...<br />

7) essendo un insieme infinito e limitato sia per l’intuizione sia per il Teorema<br />

<strong>di</strong> Bolzano-Weierstrass deve avere almeno un punto <strong>di</strong> accumulazione.<br />

Non vi preoccupate se non avete risposto ad alcune domande: ma se siete<br />

stati in <strong>di</strong>fficoltà su molte dovreste ri_vedere (ri_stu<strong>di</strong>are) un pò.<br />

3 Funzioni elementari in campo complesso<br />

Premessa: in questo capitolo faremo matematica da Fisici (ve<strong>di</strong> Intro) cioè non<br />

preoccupandoci troppo <strong>del</strong>le definizioni e <strong>di</strong>mostrazioni rigorose... una matematica<br />

’pratica’ (i matematici forse <strong>di</strong>rebbero ’ingenua’, ergo ’catastrofica’). Alcuni<br />

argomenti (ma non tutti!) saranno ripresi in seguito ed approfon<strong>di</strong>ti.<br />

30<br />

k


Useremo il termine funzione nel senso più imme<strong>di</strong>ato cioè: la funzione f è<br />

una legge <strong>di</strong> corrispondenza (trasformazione) tra un regione <strong>del</strong> piano complesso<br />

(dominio <strong>del</strong>la funzione Df : attenzione! in principio niente a che vedere con il<br />

dominio=insieme aperto e connesso, anche se spesso le funzioni hanno dominio<br />

in un dominio..) e una (possibilmente e probabilmente <strong>di</strong>versa) regione <strong>del</strong><br />

piano complesso ( detta codominio ˜Df )<br />

ossia, con notazione usuale<br />

z<br />

f<br />

−→ w, z ∈ Df ⊆ C; w ∈ ˜Df ⊆ C (197)<br />

w = f(z) (198)<br />

Dato che abbiamo introdotto il prodotto nel campo complesso (ed esso gode<br />

<strong>del</strong>le usuali proprietà ) e abbiamo anche introdotto l’inverso <strong>di</strong> un complesso, non<br />

dovremmo avere alcuna <strong>di</strong>fficoltà nell’introdurre la più semplice (...) funzione<br />

complessa cioè la<br />

• potenza<br />

w = z n , n ∈ Z (199)<br />

Notare che le potenze si possono si calcolare in coor<strong>di</strong>nate cartesiane, ma la<br />

forma polare si presta meglio:<br />

w = z n = re iφn = r n e inφ<br />

(200)<br />

A parole: la potenza ennesima <strong>di</strong> un numero complesso è un complesso con<br />

modulo la potenza ennesima <strong>del</strong> modulo (siamo nei reali!) e con argomento pari<br />

a n-volte l’argomento (siamo sempre nei reali)<br />

Usando la fomula <strong>di</strong> Eulero:<br />

w = z n = r n e inφ = r n (cos(nφ) + i sin(nφ)) (201)<br />

Abbiamo involontariamente "<strong>di</strong>mostrato" il Teorema <strong>di</strong> De Moivre: tale<br />

teorema afferma<br />

(cos(φ) + i sin(φ)) n = (cos(nφ) + i sin(nφ)) (202)<br />

e in effetti, da quanto sopra detto, si ha<br />

OK...<br />

Exercise 33 calcolare<br />

1. − √ 3e i π 3 + i 3<br />

2.<br />

√ −2 i 2−1<br />

1+i<br />

r n (cos(nφ) + i sin(nφ)) = z n = (r (cos(φ) + i sin(φ))) n<br />

31<br />

(203)


3.<br />

11<br />

3<br />

2 (1 + i)<br />

Svolgiamo:<br />

3) abbiamo w = z11 con z = √ <br />

1√2 3 + i 1 <br />

√ =<br />

2<br />

√ π i 3e 4<br />

quin<strong>di</strong><br />

w = z 11 = 3 11 11<br />

2 i<br />

e 4 π<br />

(204)<br />

Notare che ora l’argomento <strong>di</strong> w non è nell’intervallo principale... riscrivere<br />

l’argomento principale.<br />

....................................<br />

Passiamo ad una combinazione lineare <strong>di</strong> potenze (con somma e prodotto<br />

ben definiti è anch’essa ben definita...<br />

• combinazione <strong>di</strong> potenze<br />

Exercise 34 calcolare<br />

S(z) = n<br />

k=m<br />

akz k ; ak, z ∈ C; n, m ∈ Z (205)<br />

1. w = az 2 + bz −2 con a = 1 + i, b = 1 − i, z = √ 2 + i √ 3<br />

2. w = az −2 + bz −1 + c con a = 1 + i, b = 1, c = i, z = √ 2 − i √ 3<br />

Il caso più noto e interessante si ha con<br />

dove<br />

w = P(z) = n<br />

akz k<br />

k=0<br />

(206)<br />

ak, z ∈ Z; n ∈ N0, an = 0 (207)<br />

Abbiamo introdotto un polinomio <strong>di</strong> grado n nel campo complesso ( i complessi<br />

ak sono detti coefficienti <strong>del</strong> polinomio)<br />

A volte è comodo in<strong>di</strong>care <strong>di</strong>rettamente il grado <strong>di</strong> P (z)<br />

Pn(z) = n<br />

akz k<br />

k=0<br />

(208)<br />

Il polinomio più semplice è ovviamente la costante (grado zero), segue il<br />

polinomio lineare (grado uno), detto anche ’trasformazione lineare’.<br />

L’estensione naturale successiva sono le funzioni algebriche razionali o semplicemente<br />

funzioni razionali (o anche trasformazioni razionali):<br />

w =<br />

P (z)<br />

Q(z)<br />

32<br />

(209)


ove P (z) e Q(z) sono polinomi complessi (non necessariamente <strong>del</strong>lo stesso<br />

grado!).<br />

<strong>La</strong> funzione razionale più semplice (non banale) è la frazione tra due polinomi<br />

lineari<br />

w = a0 + a1z<br />

b0 + b1z<br />

(210)<br />

detta anche trasformazione bilineare o trasformazione <strong>di</strong> Moebius (ci ritorneremo...).<br />

Ma ritorniamo ai polinomi, per considerare<br />

cioè<br />

Pn(z) = 0 (211)<br />

a0 + a1z + a2z 2 + ... + an−1z n−1 + anz n = 0 (212)<br />

Tutti vi riconosceranno una equazione algebrica <strong>di</strong> grado n. I valori <strong>di</strong> z<br />

per cui l’uguaglianza vale sono detti ra<strong>di</strong>ci <strong>del</strong>l’equazione o zeri <strong>del</strong> polinomio<br />

Pn(z).<br />

Remark 35 dato che an = 0 (ve<strong>di</strong> 207) si potrebbe scrivere la 212 come<br />

con<br />

b0 + b1z + b2z 2 + ... + bn−1z n−1 + z n = 0 (213)<br />

Il polinomio Pn(z) con an = 1 è detto monico<br />

bk = ak<br />

, k = 0, 1, 2, ..., n (214)<br />

an<br />

Dimostreremo in seguito che un’equazione algebrica <strong>di</strong> grado n in campo<br />

complesso ha n ra<strong>di</strong>ci complesse (alcune possono essere coincidenti). Equivalentemente<br />

Pn(z) ha n zeri complessi (eventualmente alcuni coincidenti). Se<br />

chiamiamo zs (s = 1, 2, ..., n) tali zeri è evidente (?) che il polinomio Pn(z) può<br />

essere scritto nella cosiddetta forma fattoriale<br />

n<br />

Pn(z) = an (z − zs) (215)<br />

cioè<br />

s=1<br />

a0 + a1z + a2z 2 + ... + an−1z n−1 + anz n = an (z − z1) (z − z2) ... (z − zn) (216)<br />

Exercise 36 giustificare!<br />

<strong>La</strong> relazione 216 induce relazioni interessanti e in generale non lineari tra i<br />

coefficienti <strong>del</strong> polinomio e i suoi zeri (le scriveremo e useremo in alcune applicazioni).<br />

Per ora :<br />

Exercise 37 trovare l’espressione dei coefficienti <strong>di</strong> un polinomio <strong>di</strong> secondo<br />

grado in termini dei suoi zeri (dovrebbe essere già ben nota!)<br />

33


Exercise 38 trovare l’espressione dei coefficienti <strong>di</strong> un polinomio <strong>di</strong> terzo grado<br />

in termini dei suoi zeri<br />

Le ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> un’equazione algebrica sono numeri in generale complessi... se<br />

i coefficienti <strong>del</strong>l’equazione sono numeri interi (ak ∈ Z; k = 0, 1, ..., n; an = 0)<br />

allora tali ra<strong>di</strong>ci cioè tali numeri sono detti numeri algebrici, se viceversa un<br />

numero NON è ra<strong>di</strong>ce (soluzione) <strong>di</strong> nessuna equazione algebrica a coefficienti<br />

interi allora tale numero è detto trascendente.<br />

Remark 39 capirete subito che è molto <strong>di</strong>fficile provare la trascendenza <strong>di</strong> un<br />

numero, tanto è vero che benchè sia stata provata sia per π sia per e, tuttavia<br />

non è ancora provata (a quanto mi risulta...) ad esempio per eπ !<br />

Exercise 40 provare l’algebricità <strong>di</strong> z = i+√ 3<br />

i−1<br />

svolgimento:<br />

in forma cartesiana<br />

quadriamo<br />

z = (−1 − i) i + √ 3 <br />

4z 2 =<br />

2<br />

= −<br />

√ 3 − 1 <br />

2<br />

− i<br />

√ 3 + 1 <br />

2<br />

(217)<br />

√ 2 √ 2 3 − 1 − 3 + 1 + i2 (3 − 1) (218)<br />

4z 2 = −4 √ 3 + 4i (219)<br />

z 2 <br />

= i − √ <br />

3<br />

(220)<br />

ma da z = i+√ 3<br />

i−1 √ 3 = −z + iz − i (221)<br />

quin<strong>di</strong><br />

QED<br />

z 2 − z = −i(z − 2) (222)<br />

z 4 − 2z 3 + 2z 2 − 4z + 4 = 0 (223)<br />

Exercise 41 trovare dei valori <strong>del</strong> parametro t che rendono i seguenti numeri<br />

algebrici:<br />

1. √ 2t − i √ 3<br />

2.<br />

3√ 3e itπ<br />

svolgimento:<br />

34


1. proviamo il quadrato <strong>di</strong> z = √ 2t − i √ 3<br />

z 2 √ √ 2 = 2t − i 3 = 2t 2 − 3 − 2it √ 6 (224)<br />

ve<strong>di</strong>amo subito una (banale) soluzione: infatti per t = 0<br />

z 2 + 3 = 0 (225)<br />

i coefficienti sono interi e quin<strong>di</strong> z = −i √ 3 è algebrico. Una seconda soluzione<br />

semplice si indovina facilmente... t = i m dà<br />

cioè<br />

ora quadrando per eliminare la ra<strong>di</strong>ce:<br />

z 2 = −2m 2 − 3 + 2m √ 6 (226)<br />

z 2 + 3 + 2m 2 = 2m √ 6 (227)<br />

z 4 + 2 3 + 2m 2 z 2 + 3 + 2m 2 2 = 24m 2<br />

OK per qualsiasi m 2 ∈ Q<br />

ovviamente ci sono infinite altre soluzioni...<br />

(228)<br />

Exercise 42 mostrare che z è soluzione <strong>di</strong> 212 con tutti i coefficienti reali,<br />

allora anche z è soluzione<br />

cioè<br />

svolgimento:<br />

Supponiamo per assurdo che z non sia soluzione<br />

a0 + a1z + a2z 2 + ... + an−1z n−1 + anz n = b; b = 0, b ∈ C (229)<br />

ora coniughiamo (tenendo conto che i coefficienti sono reali):<br />

a0 + a1z + a2z 2 + ... + an−1z n−1 + anz n = b (230)<br />

a0 + a1z + a2z 2 + ... + an−1z n−1 + anz n = b (231)<br />

ma per ipotesi z è soluzione,quin<strong>di</strong><br />

cioè<br />

e quin<strong>di</strong><br />

a0 + a1z + a2z 2 + ... + an−1z n−1 + anz n = 0 = b (232)<br />

b = 0 (233)<br />

b = 0 (234)<br />

QED<br />

Quin<strong>di</strong>, a parole, gli zeri <strong>di</strong> un polinomio reale (cioè a coefficienti reali) sono<br />

complessi coniugati.<br />

––––-35<br />

35


• Serie <strong>di</strong> potenze<br />

L’estensione naturale <strong>di</strong> una combinazione lineare finita <strong>di</strong> potenze è ovviamente<br />

una serie <strong>di</strong> potenze, cioè la 205 con n = ∞ e/o m = −∞. Per ora ci<br />

occuperemo solo <strong>del</strong> caso m = 0, n = ∞<br />

S(z) = ∞<br />

akz k ; ak, z ∈ C (235)<br />

k=0<br />

Abbiamo già usato formalmente una serie per giustificare la formula <strong>di</strong> Eulero.<br />

Però affinchè la 235 definisca davvero una funzione dobbiamo accertarci<br />

che la serie converga.<br />

Claim 43 Questo può essere fatto semplicemente ’traducendo’ in campo<br />

complesso concetti e teoremi noti in campo reale.<br />

Per esempio, nel caso in questione, definisco la successione complessa <strong>del</strong>le<br />

somme parziali<br />

e per definizione<br />

Sn(z) = n<br />

akz k ; ak, z ∈ C, n = 0, 1, 2, ... (236)<br />

k=0<br />

S(z) = lim<br />

n→∞ Sn(z) (237)<br />

se tale limite esiste! se esiste, la serie è convergente altrimenti è detta <strong>di</strong>vergente.<br />

Si può <strong>di</strong>mostrare che , come nel caso reale, con<strong>di</strong>zione necessaria per la<br />

convergenza è<br />

lim<br />

n→∞ (anz n ) = 0 (238)<br />

Proof. Infatti, se la serie converge e dato che ovviamente<br />

abbiamo<br />

cioè<br />

Sn(z) = Sn−1(z) + anz n<br />

lim<br />

n→∞ Sn(z) = lim<br />

n→∞ (Sn−1(z) + anz n ) = lim<br />

n→∞ Sn−1(z)<br />

n<br />

+ lim anz<br />

n→∞<br />

e quin<strong>di</strong><br />

n<br />

S(z) = S(z) + lim anz<br />

n→∞<br />

(239)<br />

(240)<br />

(241)<br />

lim<br />

n→∞ (anz n ) = 0 (242)<br />

QED<br />

Tuttavia, sempre come nel caso reale, la 238 NON è sufficiente (per la convergenza).<br />

36


Il matematico avrebbe già obiettato che abbiamo usato i limiti (e anche<br />

alcuni teoremi sui limiti) senza averli ancora definiti in campo complesso. Per<br />

avvalorare quanto già premesso nel precedente claim, "traduciamo" i limiti dal<br />

reale...<br />

Limiti <strong>di</strong> successioni complesse:<br />

Sia data la successione infinita complessa<br />

{wn} = w0, w1, w2, ... (243)<br />

Se esiste un numero complesso L tale che dato un qualsiasi reale positivo ε si<br />

possa trovare un numero intero positivo N(ε) in modo che per n > N(ε) sia<br />

|wn − L| < ε allora la successione ha limite (converge) e il limite è L<br />

lim<br />

n→∞ wn = L (244)<br />

Exercise 44 <strong>di</strong>mostrare che se il limite esiste è unico, che il limite <strong>del</strong>la somma<br />

(prodotto) è la somma (prodotto) dei limiti<br />

Nel linguaggio comune si <strong>di</strong>ce che wn al crescere <strong>di</strong> n tende a (si avvicina<br />

sempre più a) L; in effetti spesso, come regola empirica, si vede "a occhio"<br />

dove va a "parare" wn , cioè si indovina L, e solo successivamente, se bisogna,<br />

si <strong>di</strong>mostra che L è il limite.<br />

Exercise 45 dove va a parare wn = in<br />

n ?<br />

"Traduciamo" ora anche la definizione <strong>di</strong> limite per una funzione complessa,<br />

ma lasceremo allo studente le "traduzioni" <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> continuità e continuità<br />

uniforme.<br />

LIMITE <strong>di</strong> una funzione complessa<br />

Sia z0 un punto nel piano complesso e sia w = f (z) una funzione (ad un<br />

solo valore!) definita in un intorno <strong>di</strong><br />

z0 (ma non necessariamente in z0). Allora <strong>di</strong>remo che il numero complesso<br />

L è il limite <strong>del</strong>la funzione per z che tende a z0<br />

lim f (z) = L (245)<br />

z→z0<br />

se per ogni reale positivo ε è possibile trovare un reale positivo δ (ε) tale che<br />

0 < |z − z0| < δ (ε) =⇒ |f (z) − L| < ε (246)<br />

Cioè, intuitivamente, se il punto nel dominio z è "abbastanza" vicino a<br />

z0 (entro il cerchio <strong>di</strong> raggio δ (ε) con centro in z0) allora il punto nel codominio<br />

w = f (z) è vicino quanto si vuole al punto L (entro il cerchio <strong>di</strong> raggio ε con<br />

centro in L e ε può essere scelto piccolo a piacere)<br />

37


Exercise 46 <strong>di</strong>mostrare che se il limite esiste è unico, che il limite <strong>del</strong>la somma<br />

(prodotto) è la somma (prodotto) dei limiti<br />

Exercise 47 estendere al piano complesso le nozioni <strong>di</strong> continuità e continuità<br />

uniforme<br />

Exercise 48 se una funzione w = f (z) è continua in un dominio, allora sono<br />

ivi continue anche la sua parte reale ed immaginaria<br />

Exercise 49 se una funzione è continua in una regione chiusa, allora è limitata<br />

Exercise 50 se una funzione è continua in una regione chiusa, allora è ivi<br />

uniformemente continua<br />

–––––––––—<br />

Ora che abbiamo introdotto le serie in campo complesso potremmo, in linea<br />

<strong>di</strong> principio, estendere al campo complesso tutte le funzioni (e tutte le nozioni)<br />

basate sullo sviluppo in serie nel campo reale (approccio <strong>di</strong> Weierstrass). Introdurremo<br />

così alcune funzioni elementari.<br />

• esponenziale complesso<br />

ma anche<br />

w = e z = ∞<br />

k=0<br />

zk ; z ∈ C (247)<br />

k!<br />

w = e z = e x+iy = e x e iy ; x, y ∈ R (248)<br />

quin<strong>di</strong> in forma polare e z è il complesso che ha per modulo l’esponenziale <strong>del</strong>la<br />

parte reale <strong>di</strong> z e per argomento la parte immaginaria <strong>di</strong> z.<br />

Exercise 51 <strong>di</strong>mostrare che<br />

e z1 e z2 = e (z1+z2)<br />

(249)<br />

Attenzione! contrariamente al caso reale l’esponenziale complesso è una<br />

funzione perio<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> periodo 2πi :<br />

Proof.<br />

e z+2kπi = e z e i2kπ = e z (cos (2kπ) + i sin (2kπ)) = e z ; k ∈ Z (250)<br />

Exercise 52 trovare tutti gli zeri <strong>di</strong><br />

1. e 2z = 1<br />

2. e 2z = i<br />

38


3. e z = 0<br />

svolgimento:<br />

2) constatiamo che<br />

<br />

π<br />

<br />

π<br />

<br />

π<br />

i = cos + 2kπ + i sin + 2kπ = e<br />

i( 2<br />

2 2 +2kπ) ; k = 0, ±1, ±2, ... (251)<br />

quin<strong>di</strong><br />

e 2z π<br />

= e<br />

i( 2 +2kπ) (252)<br />

e dunque<br />

<br />

π<br />

<br />

z = i + kπ ; k = 0, ±1, ±2, ...<br />

4<br />

(253)<br />

3) ovviamente impossibile se |z| < ∞<br />

• funzioni trigonometriche complesse<br />

Exercise 53 Notiamo dapprima che la formula <strong>di</strong> Eulero permette <strong>di</strong> scrivere<br />

le funzioni trigonometriche reali in (apparenti) termini complessi. Infatti<br />

implicano<br />

e quin<strong>di</strong> anche<br />

e iφ = r (cos (φ) + i sin (φ)) (254)<br />

e −iφ = r (cos (φ) − i sin (φ)) (255)<br />

tan (φ) =<br />

cos (φ) = eiφ + e −iφ<br />

2<br />

sin (φ) = eiφ − e −iφ<br />

2i<br />

sin (φ)<br />

cos (φ) = −ieiφ − e−iφ eiφ + e−iφ (256)<br />

(257)<br />

(258)<br />

Exercise 54 provare che le funzioni così scritte sono in realta reali (hint: usare<br />

la 186)<br />

Allora è naturale passare alle trigonometriche complesse ponendo<br />

tan (z) =<br />

cos (z) = eiz + e −iz<br />

2<br />

sin (z) = eiz − e −iz<br />

2i<br />

sin (z)<br />

cos (z) = −ieiz − e−iz eiz + e−iz Ovviamente, come per l’esponenziale, si poteva partire dalle serie..<br />

39<br />

(259)<br />

(260)<br />

(261)


Exercise 55 trovare l’espansione in serie <strong>di</strong> potenze <strong>del</strong>le funzioni trigonometriche<br />

complesse<br />

Le funzioni trigonometriche in campo complesso godono <strong>di</strong> molte proprietà<br />

analoghe a quelle da esse godute in campo reale<br />

Exercise 56 mostrare che<br />

1. e iz = cos (z) + i sin (z)<br />

2. sin(z1 + z2) = sin(z1) cos(z2) + sin(z2) cos(z1)<br />

3. cos(z1 + z2) = cos(z1) cos(z2) − sin(z2) sin(z1)<br />

4. sin e tan sono <strong>di</strong>spari, cos è pari<br />

5. sin 2 (z) + cos 2 (z) = 1<br />

6. sin 2 ( z 1−cos(z)<br />

2 ) = 2<br />

7. cos2 ( z 1+cos(z)<br />

2 ) = 2<br />

8. sin (z) = sin(z) (e analoghe)<br />

9. gli zeri <strong>di</strong> sin(z) e cos(z) sono tutti reali<br />

10. sin(z) = sin(x + iy) = sin(x) cosh(y) + i cos(x) sinh(y)<br />

cioè<br />

svolgimento:<br />

9) facciamolo per sin(z) = eiz−e −iz<br />

2i .Quin<strong>di</strong> gli zeri sono soluzione <strong>di</strong><br />

o anche<br />

Quin<strong>di</strong><br />

e iz − e −iz<br />

2i<br />

e iz = e −iz<br />

= 0 (262)<br />

(263)<br />

e 2iz = 1 = cos (2kπ) + i sin (2kπ) = e i2kπ ; k = 0, ±1, ±2, ... (264)<br />

z = kπ; k = 0, ±1, ±2, ... (265)<br />

facciamolo per cos(z) = eiz +e −iz<br />

2i .Quin<strong>di</strong> gli zeri sono soluzione <strong>di</strong><br />

e iz + e −iz<br />

2<br />

= 0 (266)<br />

e 2iz = −1 = e i(2k+1)π ; k = 0, ±1, ±2, ... (267)<br />

2z = (2k + 1) π; k = 0, ±1, ±2, ... (268)<br />

z = π<br />

+ kπ; k = 0, ±1, ±2, ...<br />

2<br />

(269)<br />

40


• funzioni iperboliche complesse<br />

Si possono introdurre e come estensioni al complesso <strong>del</strong>le serie che le rappresentano<br />

o meramente <strong>del</strong>le loro definizioni:<br />

cosh (z) = ez + e −z<br />

tanh (z) =<br />

2<br />

sinh (z) = ez − e −z<br />

2<br />

sin (z)<br />

cos (z) = ez − e−z ez + e−z (270)<br />

(271)<br />

(272)<br />

Exercise 57 trovare l’espansione in serie <strong>di</strong> potenze <strong>del</strong>le funzioni iperboliche<br />

complesse<br />

Exercise 58 mostrare che<br />

1. sinh(z1 + z2) = sinh(z1) cosh(z2) + sinh(z2) cosh(z1)<br />

2. cosh(z1 + z2) = cosh(z1) cosh(z2) + sinh(z2) sinh(z1)<br />

3. sinh e tanh sono <strong>di</strong>spari, cosh è pari<br />

4. cosh 2 (z) − sinh 2 (z) = 1<br />

Nota bene! le funzioni trigonometriche e iperboliche nel complesso sono<br />

strettamente legate!<br />

infatti:<br />

Exercise 59 mostrare che<br />

F(iz) = i P Fh(z) (273)<br />

Fh(iz) = i P F (z) (274)<br />

ove F sta per sin . cos, tan e P esprime la ’parità’ <strong>del</strong>la funzione:P = 0 =<br />

funzione pari ; P = 1 = funzione <strong>di</strong>spari ;<br />

svolgimento:<br />

limitiamoci a<br />

sin(iz) = i sinh(z) (275)<br />

dalle definizioni:<br />

QED<br />

–––––––––<br />

sin(iz) = ei(iz) − e −i(iz)<br />

2i<br />

41<br />

<br />

−z z e − e<br />

= −i<br />

2<br />

(276)


3.1 Funzioni inverse<br />

Dalle 197,198 si può capire che una funzione complessa può essere in astratto<br />

considerata come un operatore che agisce su un certo insieme <strong>di</strong> numeri complessi<br />

( o su tutti) e dà come risultato un numero complesso.<br />

w = ˘ f z; z ∈ Df ⊆ C; w ∈ ˜Df ⊆ C (277)<br />

Remark 60 si vede già che considerare l’isieme <strong>del</strong>le funzioni/operatori è veramente<br />

"ingenuo" , se non altro per la questione dei ’domini’ che possono essere<br />

<strong>di</strong>versi da funzione a funzione, ma per ora sorvoliamo<br />

allora<br />

Esiste una legge <strong>di</strong> composizione ("prodotto" tra gli operatori)?<br />

In generale sì, è la funzione <strong>di</strong> funzione. Cioè se<br />

u = ˘ fz; w = ˘gu (278)<br />

˘h = ˘ f ˘g ↔ w = g (f (z)) ↔ z f → u g → w ↔ z h → w (279)<br />

ATTENZIONE! <strong>La</strong> notazione sembra evidente, ma il lettore dovrebbe considerare<br />

già attentamente la questione dei domini...<br />

In pratica se a.e. ˘ f = sin e ˘g = cos abbiamo ˘ h = ˘ f ˘g = sin cos, cioè<br />

h(z) = sin(cos(z) (280)<br />

NOTA BENE: gli operatori NON commutano (in generale)<br />

In effetti<br />

˘f ˘g = ˘g ˘ f (281)<br />

sin(cos( π<br />

)) = .6496369389... = .7602445972 = cos(sin(π )) (282)<br />

4 4<br />

Certamente per questo insieme <strong>di</strong> operatori (le funzioni complesse) esiste<br />

l’operatore ’pigro’<br />

Ĭz = z; z ∈ Z; (283)<br />

che è rappresentato, per esempio, dalla potenza con esponente 1 : cioè dalla<br />

funzione<br />

w = z (284)<br />

Allora poniamoci il problema <strong>del</strong>l’inverso... in generale per l’operatore inverso<br />

( ˘ f −1 ) deve valere, come abbiamo già detto:<br />

˘f −1 ˘ f = ˘ f ˘ f −1 = Ĭ (285)<br />

42


Remark 61 In alcune strutture algebriche si richiede solo l’inverso sinistro<br />

o l’inverso destro<br />

˘f −1 ˘ f = Ĭ (286)<br />

˘f ˘ f −1 = Ĭ (287)<br />

Nella notazione non operatoriale quin<strong>di</strong> data una funzione f dovremmo<br />

trovare una funzione g tale che<br />

g(f(z)) = z (288)<br />

g a rigori sarebbe solo l’inverso sinistro , dovrebbe possibilmente anche valere<br />

f(g(z)) = z (289)<br />

Veniamo al concreto e ve<strong>di</strong>amo se le funzioni (elementari) introdotte ammettono<br />

inverso.<br />

3.1.1 Ra<strong>di</strong>ce ennesima <strong>di</strong> un complesso<br />

Iniziamo dalla potenza:<br />

u = f(z) = z n ; n ∈ Z; u, z ∈ C (290)<br />

Le nostre cognizioni sulle proprietà <strong>del</strong>le potenze (che conosciamo dal campo<br />

reale e vorremmo mantenere nel campo complesso) ci suggeriscono:<br />

w = g(u) = f −1 (u) = u 1<br />

n = (z n ) 1<br />

1<br />

n n<br />

= z n = z 1 = z (291)<br />

nella usuale notazione quin<strong>di</strong><br />

f −1 (u) = u 1<br />

n = n√ u; n ∈ Z; u ∈ C (292)<br />

cioè, per ora formalmente, la funzione inversa <strong>del</strong>la potenza ennesima è la<br />

ra<strong>di</strong>ce ennesima...<br />

Exercise 62 mostrare che formalmente questo ˘ f −1 è anche l’inverso destro<br />

Exercise 63 mmm... che succede per n = 0 ?<br />

Ma ve<strong>di</strong>amo più da vicino che cosa è la ra<strong>di</strong>ce ennesima <strong>di</strong> un complesso:<br />

anzi partiamo dalla ra<strong>di</strong>ce ennesima <strong>di</strong> un reale... anzi ancora più specificamente<br />

cerchiamo la ra<strong>di</strong>ce ennesima <strong>di</strong> uno. In altri termini vogliamo le soluzioni<br />

<strong>del</strong>l’equazione algebrica<br />

z n = 1 (293)<br />

o, ancora in altri termini, gli zeri <strong>del</strong> polinomio monico<br />

Pn(z) = z n − 1 (294)<br />

43


Sappiamo che ad esempio per n = 2 la 293 ha soluzione già nel campo reale.<br />

Purtroppo la soluzione non è unica, gli zeri <strong>di</strong> z 2 − 1 sono ±1. D’altra parte<br />

abbiamo anticipato che in campo complesso gli zeri <strong>di</strong> un polinomio <strong>di</strong> grado n<br />

sono proprio n (nel campo complesso! e con eventuali sovrapposizioni).Quin<strong>di</strong><br />

ci aspettiamo che la funzione n√ z non sia più una funzione monodroma, cioè ad<br />

un solo valore, bensì sia una funzione polidroma, cioè a più valori (nello specifico<br />

a n valori).<br />

Tuttavia prima "indoviniamo" le n soluzioni complesse <strong>del</strong>la 293, cioè le n<br />

ra<strong>di</strong>ci ennesime <strong>del</strong>l’unità:<br />

Che ogni zk sia soluzione è evidente<br />

(zk) n =<br />

k i<br />

zk = e n 2π ; k = 0, 1, 2, ..., n − 1 (295)<br />

<br />

k i<br />

e n 2π n<br />

= e ik2π = cos (2kπ) + i sin (2kπ) = 1 (296)<br />

Pure evidente che siano punti <strong>di</strong>versi nel piano complesso:<br />

|zk| = 1; 0 ≤ arg(zk) = k<br />

2π < 2π (297)<br />

n<br />

Cioè sono tutti numeri <strong>di</strong> modulo uno (sono punti sul cerchio unitario) ma<br />

<strong>di</strong> argomenti <strong>di</strong>versi (entro l’intervallo principale). Anzi:<br />

φ k+1 − φ k = arg (zk+1) − arg (zk) =<br />

k + 1<br />

n<br />

k 2π<br />

2π − 2π =<br />

n n<br />

(298)<br />

Quin<strong>di</strong> tutti questi punti sono equispaziati angolarmente sul cerchio unitario<br />

(unendoli si otterrebe un ennagono regolare iscritto nel cerchio: graficare!)<br />

Exercise 64 graficare le 5 ra<strong>di</strong>ci quinte <strong>del</strong>l’unità<br />

e<br />

In genere si in<strong>di</strong>ca con ω la ra<strong>di</strong>ce ’fondamentale’ z1<br />

Ovviamente<br />

1 i<br />

ω = e n 2π<br />

Exercise 65 calcolare ω 3 + ω per n = 5<br />

(299)<br />

zk = ω k ; k = 0, 1, 2, ..., n − 1 (300)<br />

ω n = 1 (301)<br />

Exercise 66 mostrare che 1 + ω + ω 2 + ω 3 = 0 per n = 4<br />

Problem 67 trovare una <strong>di</strong>mostrazione rapida ed elegante per il seguente claim<br />

n−1 <br />

k=0<br />

k i<br />

e n 2π = 0 (302)<br />

44


Quanto abbiamo finora detto possiamo parafrasarlo nel caso generale <strong>del</strong>la<br />

ra<strong>di</strong>ce ennesima <strong>di</strong> un numero complesso. Sarà dunque una funzione a n valori<br />

, tali valori sono le soluzioni (ra<strong>di</strong>ci) <strong>del</strong>l’equazione algebrica<br />

z n = α; z, α ∈ C, n ∈ Z (303)<br />

Dovrebbe essere anche evidente la "sorgente" <strong>del</strong>la polidromia.<br />

Se infatti in forma polare<br />

α = ρe iθ+i2kπ<br />

(304)<br />

al valore <strong>di</strong> α contribuisce solo la parte principale <strong>del</strong> suo argomento (cioè θ),<br />

ma se pren<strong>di</strong>amo la ra<strong>di</strong>ce ennesima abbiamo<br />

n√ α = n √ ρ n√ e iθ+i2kπ = n√ ρ e iθ+i2kπ 1<br />

n = n √ ρe iθ+i2kπ<br />

n (305)<br />

e quin<strong>di</strong> l’argomento <strong>di</strong> n√ α è<br />

arg n √ α =<br />

iθ + i2kπ<br />

n<br />

+ i2sπ; k, s ∈ Z (306)<br />

Perciò accade che angoli superiori all’angolo giro (che non contribuivano<br />

all’argomento principale <strong>di</strong> α) ora contribuiscono all’argomento principale <strong>del</strong>la<br />

sua ra<strong>di</strong>ce ennesima. In soldoni: considerando α un argomento <strong>di</strong> 420 ◦ (fuori<br />

dall’intervallo principale (0 ◦ , 360 ◦ ) è equivalente a 420 ◦ − 360 ◦ = 60 ◦ (valore<br />

riportato nell’intervallo principale). In altre parole il punto complesso con argomento<br />

φ 1 = 420 ◦ = 60 ◦ + (1)360 ◦ coincide con il punto nel piano complesso con<br />

argomento φ 0 = 60 ◦ = 60 ◦ + (0)360 ◦ (ovviamente girando intorno all’origine <strong>di</strong><br />

un angolo giro ritorno al punto <strong>di</strong> partenza...). Tuttavia per la ra<strong>di</strong>ce quadrata<br />

l’argomento <strong>di</strong>venta<br />

o<br />

φ 0<br />

2<br />

= 60◦<br />

2<br />

= 30◦<br />

(307)<br />

oppure<br />

φ1 420◦<br />

= = 210◦<br />

(308)<br />

2 2<br />

che è anch’esso nel’intervallo principale e quin<strong>di</strong> definisce un numero complesso<br />

<strong>di</strong>verso dal precedente.<br />

Notare che, se facessimo un’ulteriore giro completo intorno all’origine, per α<br />

si avrebbe ovviamente ancora lo stesso punto nel piano complesso <strong>di</strong> argomento<br />

φ 2 = 780 ◦ = 60 ◦ + (2)360 ◦<br />

e per la ra<strong>di</strong>ce quadrata 2√ α si avrebbe come argomento<br />

φ 2<br />

2<br />

= 780◦<br />

2 = 390◦ = 30 ◦ + (1)360 ◦<br />

45<br />

(309)<br />

(310)


cioè saremmo tornati "sopra" lo stesso punto <strong>del</strong>la prima determinazione <strong>del</strong>la<br />

ra<strong>di</strong>ce<br />

φ2 2 = φ0 mod 360◦<br />

(311)<br />

2<br />

Quin<strong>di</strong> le cose stanno come se, per tornare allo stesso punto, si dovesse girare<br />

DUE volte intorno all’origine... (se parlassimo <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ce ennesima ovviamente<br />

-mutatis mutan<strong>di</strong>s- si dovrebbe girare n volte). Ed è altresì chiaro che si possono<br />

avere solo (ma tutti!) n valori equispaziati angolarmente per la ra<strong>di</strong>ce ennesima<br />

<strong>di</strong> un numero complesso e tali valori giacciono sul cerchio con centro nell’origine<br />

e raggio pari alla ra<strong>di</strong>ce ennesima <strong>del</strong> modulo <strong>del</strong> numero complesso stesso (ve<strong>di</strong><br />

305).<br />

Remark 68 nonostante il "caveat" precedentemente espresso, ho preferito le<br />

misure degli angoli in gra<strong>di</strong> anzichè in ra<strong>di</strong>anti, dappoichè so per esperienza<br />

che in genere le persone (anche gli studenti, anche molti fisici...) visualizzano<br />

meglio in gra<strong>di</strong> che in ra<strong>di</strong>anti.<br />

Exercise 69 graficare quanto detto<br />

Riassumiamo: la ra<strong>di</strong>ce ennesima <strong>di</strong> un complesso<br />

è una funzione polidroma e assume n valori<br />

w = z 1<br />

n = n√ z (312)<br />

wk = n√ re iφ+i2kπ<br />

n ; k = 0, 1, 2, ..., n − 1 (313)<br />

dove come al solito r è il modulo <strong>di</strong> z e φ è il suo argomento principale.<br />

Tali valori sono evidentemente tutti sul cerchio con centro nell’origine e raggio<br />

r 1<br />

n e sono angolarmente equispaziati con un angolo<br />

ϕ =<br />

iφ + i2 (k + 1) π<br />

n<br />

−<br />

iφ + i2kπ<br />

n<br />

= i2π<br />

n<br />

Essi sono quin<strong>di</strong> i vertici <strong>di</strong> un poligono regolare <strong>di</strong> n lati iscritto nel cerchio<br />

Exercise 70 graficare per vari valori <strong>di</strong> n<br />

(314)<br />

Si può <strong>di</strong>re, per comprendere, che un determinato valore nel codominio<br />

<strong>del</strong>la funzione viene raggiunto a seconda <strong>di</strong> quanti giri abbiamo fatto intorno<br />

all’origine nel dominio <strong>del</strong>la funzione per in<strong>di</strong>viduare il punto z : se abbiamo<br />

fatto 2 giri otteniamo w2 , se abbiamo fatto k giri otteniamo wk, facendo attenzione<br />

che se aggiungiamo altri n giri ritorniamo ad avere wk. Detto in termini<br />

leggermente <strong>di</strong>versi:<br />

se considerassimo solo l’argomento principale <strong>di</strong> z<br />

0 ≤ φ < 2π (315)<br />

46


la ra<strong>di</strong>ce ennesima sarebbe ad un solo valore e questo valore sarebbe w0 : si<br />

<strong>di</strong>ce allora che siamo nel ramo principale <strong>del</strong>la funzione polidroma; viceversa se<br />

pren<strong>di</strong>amo l’argomento <strong>di</strong> z in un altro intervallo<br />

k2π ≤ φ < k2π + 2π; k = 1, 2, ...n − 1 (316)<br />

allora abbiamo ancora una funzione monodroma ma il suo valore è wk : siamo<br />

nel ramo k − simo <strong>del</strong>la funzione polidroma. Si potrebbe <strong>di</strong>re che la funzione<br />

a n − valori è la "collezione" <strong>di</strong> n funzioni monodrome (i rami <strong>del</strong>la funzione<br />

polidroma). Ovviamente se<br />

k2π + n2π ≤ φ < k2π + 2π + n2π; k = 0, 1, 2, ...n − 1 (317)<br />

siamo ancora nel ramo k − simo <strong>del</strong>la funzione.<br />

Exercise 71 Illustrate graficamente per n = 3<br />

Se ci ponessimo l’obiettivo <strong>di</strong> rendere monodroma la funzione polidroma<br />

avremmo essenzialmente due strade.<br />

Potremmo per esempio alzare metaforicamente <strong>del</strong>le mura per tenere fuori<br />

la polidromia, erigere impenetrabili barriere... fuor <strong>di</strong> metafora:<br />

1. si sceglie nel dominio l’intervallo in cui considerare gli argomenti tra gli n<br />

possibili ’fondamentali’:<br />

k2π ≤ φ < k2π + 2π; k = 0, 1, 2, ...n − 1 (318)<br />

2. si deve ora impe<strong>di</strong>re <strong>di</strong> completare un giro intorno all’origine. Allora si<br />

sbarra il semiasse reale positivo (nella figura lo sbarramento è rappresentato<br />

dallo spessore <strong>di</strong>verso...): ogni tentativo <strong>di</strong> rotazione completa intorno<br />

all’origine si infrange sulla barriera. In altri termini si assume che il semiasse<br />

reale positivo sia invalicabile.<br />

Ovviamente abbiamo selezionato il ramo k − simo <strong>del</strong>la funzione e abbiamo<br />

con legge tirannica vietato il passaggio ad altri rami.<br />

Remark 72 pignoleggiando: si dovrebbe consentire il passaggio a chi assicura<br />

che farà un multiplo <strong>di</strong> n giri...ve<strong>di</strong> 317<br />

Notare che un giro completo nel dominio che non includa l’origine non<br />

porterebbe ad un nuovo valore <strong>del</strong>la ra<strong>di</strong>ce (dato che non farebbe uscire l’argomento<br />

<strong>di</strong> z dall’intervallo selezionato). Esprimiamo ciò <strong>di</strong>cendo che l’origine è un punto<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione e chiameremo retta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione la barriera che poniamo per<br />

impe<strong>di</strong>re il passaggio da un ramo all’altro (nel nostro caso è in realtà una<br />

semiretta).<br />

47


O<br />

φ<br />

Figure 4:<br />

Remark 73 ovviamente si poteva scegliere un qualsiasi determinazione <strong>di</strong>versa<br />

per gli intervalli angolari, per esempio si poteva porre l’intervallo principale in<br />

(−π, +π) e allora il tutto, parafrasando, cambierebbe <strong>di</strong> conseguenza<br />

Remark 74 per esattezza l’origine non è l’unico punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione... infatti<br />

qualsiasi curva chiusa che circonda l’origine circonda nel piano complesso<br />

espanso anche il punto all’infinito (ve<strong>di</strong> la sfera <strong>di</strong> Riemann). Quin<strong>di</strong> si vede<br />

che la barriera, che abbiamo chiamato (alquanto impropriamente) retta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione,<br />

in realtà può essere una qualsiasi linea continua che collega i punti <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ramazione (nel nostro caso l’origine e l’infinito)<br />

NOTA BENE: se considero la ra<strong>di</strong>ce ennesima <strong>di</strong> z − z0<br />

z<br />

w = (z − z0) 1 n (319)<br />

tutto va (mutatis mutan<strong>di</strong>s) allo stesso modo ( la mo<strong>di</strong>fica <strong>del</strong>le formule allo<br />

studente!). Basti pensare che ho effettuato una semplice traslazione nel piano<br />

complesso (dominio <strong>del</strong>la funzione). In pratica è come se avessi messo l’origine<br />

in z0. Quin<strong>di</strong> z0 sarà il nuovo punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione (al finito: resta il punto<br />

all’infinito), una linea continua da z0 a z = ∞ sarà la nuova barriera, etc.<br />

• Discontinuità sulla retta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione<br />

48


Dovrebbe essere chiaro che l’erezione <strong>di</strong> una barriera porta a una <strong>di</strong>scontinuità<br />

<strong>del</strong>la funzione sulla stessa cioè il valore <strong>del</strong>la funzione in punto arbitrariamente<br />

vicino alla barriera da un certo lato non è lo stesso valore assunto dalla<br />

funzione in punto arbitrariamente vicino ma dal lato opposto. Esemplifichiamo<br />

con la ra<strong>di</strong>ce quadrata avendo eretto la barriera lungo il semiasse reale positivo;<br />

allora nelle vicinanze <strong>del</strong>la barriera ma sopra abbiamo<br />

mentre sotto<br />

<strong>La</strong> <strong>di</strong>scontinuità è data da<br />

• superfici <strong>di</strong> Riemann<br />

z+ = 2√ z = 2√ ε i<br />

ρe 2 (320)<br />

z− = 2√ z = 2√ 2π−ε<br />

i<br />

ρe 2 (321)<br />

lim<br />

ε−→0 (z+ − z−) = 2 2√ ρ (322)<br />

Veniamo al secondo preannunciato modo per rendere monodroma la funzione<br />

polidroma.<br />

In astratto la funzione polidroma è una funzione che fa corrispondere ad un<br />

punto <strong>del</strong> dominio più punti <strong>del</strong> codominio (cioè non è più una corrispondenza<br />

biunivoca e nemmeno una corrispondenza molti a uno ma è una corrispondenza<br />

uno a molti)<br />

Remark 75 ovviamente ogni volta che una funzione rappresenta una corrispondenza<br />

non biunivoca siamo nei guai (polidromia)... se evitiamo i guai per la<br />

funzione stessa, li avremo per l’inversa.<br />

Abbiamo già in<strong>di</strong>viduato la "sorgente" <strong>del</strong> problema che ora riesprimiamo<br />

in altri termini.<br />

<strong>La</strong> fonte dei guai, parlando liberamente, è che già la corrispondenza tra<br />

coor<strong>di</strong>nate cartesiane e coor<strong>di</strong>nate polari non è biunivoca! (ma in fondo è anche<br />

una ricchezza <strong>del</strong> ’piano complesso’).<br />

Infatti date le coor<strong>di</strong>nate polari (r, φ) troviamo una sola coppia <strong>di</strong> cartesiane<br />

(x, y)<br />

x = r cos(φ) (323)<br />

y = r sin(φ) (324)<br />

Ma non è vero il viceversa: date le coor<strong>di</strong>nate cartesiane il modulo è univocamente<br />

determinato mentre l’argomento è determinato a meno <strong>di</strong> multipli<br />

<strong>del</strong>l’angolo giro (per questo siamo stati costretti a scegliere un argomento principale).<br />

Cioé l’applicazione (x, y) → (r, φ) è polidroma anzi è a infiniti valori (in φ).<br />

Graficamente : un punto (numero complesso) nel piano complesso (x, y)<br />

corrisponde ad infiniti punti nel semipiano r > 0 <strong>del</strong> piano (r, φ) .<br />

49


y<br />

O<br />

r<br />

φ<br />

x<br />

z<br />

Figure 5:<br />

Possiamo visualizzare in un altro modo: pensate al piano (x, y) come ad un<br />

foglio <strong>di</strong> carta su cui è segnato il riferimento cartesiano e il punto z . Ora, in<br />

termini <strong>di</strong> (r, φ) , avete in<strong>di</strong>viduato solo la determinazione principale (il foglio<br />

rappresenta il punto z con il suo argomento principale a.e: 0 ≤ φ < 2π) .<br />

Ma esistono gli altri angoli che danno lo stesso punto... quin<strong>di</strong> pensiamo che<br />

sopra il foglio sia attaccato un secondo foglio in cui gli angoli sono nell’intervallo<br />

0 + 2π ≤ φ < 2π + 2π, mentre sotto è attaccato un altro foglio in cui 0 − 2π ≤<br />

φ < 2π − 2π, e così via.<br />

Remark 76 i fogli sono ideali e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> spessore zero!<br />

Abbiamo così infiniti fogli sia sopra che sotto il foglio principale e gli angoli<br />

<strong>di</strong>fferiscono <strong>di</strong> 2π al passaggio da un foglio al successivo (o al precedente), ma il<br />

punto z è sempre sovrapposto a se stesso e quin<strong>di</strong> (finora) è (stato) identificato<br />

come un solo punto nel piano complesso. Ma niente ci impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> pensare<br />

ai punti sui fogli sovrapposti come a punti <strong>di</strong>versi: così per ogni z nel foglio<br />

principale avremmo infinite repliche negli altri fogli<br />

z = (x, y) ↔ {zk = (r, φ k)} ; k ∈ Z; φ k = φ + k2π (325)<br />

Ora una funzione polidroma w = f(z) può essere pensata come funzione monodroma<br />

cioè come una corrispondenza biunivoca tra i punti <strong>di</strong> un certo numero<br />

<strong>di</strong> fogli <strong>del</strong> ’dominio’ - cioè, liberamente parlando, <strong>di</strong> z (n fogli nel caso <strong>del</strong>la<br />

ra<strong>di</strong>ce ennesima, ve<strong>di</strong> 316) - e il foglio principale <strong>del</strong> codominio, cioè <strong>di</strong> w.<br />

50<br />

φ<br />

r<br />

2π<br />

P


Foglio principale:<br />

0=


Foglio superiore:<br />

2π =


Remark 77 chiaramente le superfici <strong>di</strong> Riemann non assomigliano più ad un<br />

piano... anzi in generale non sono neanche più ’topologicamente equivalenti’<br />

alla sfera <strong>di</strong> Riemann (il piano complesso espanso, tuttavia lo sono per z 1<br />

n ...):<br />

ma non ci occuperemo (né ci preoccuperemo) <strong>di</strong> ciò. Notare comunque che i<br />

vari fogli riuniti nella Riemanniana sono connessi nell’origine e all’infinito (i<br />

punti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione nell’esempio).<br />

Exercise 78 trovare tutti i valori <strong>di</strong> (3 − 2i) 1<br />

5<br />

Exercise 79 trovare le ra<strong>di</strong>ci cubiche <strong>di</strong> (z − i), trovare i punti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione,<br />

<strong>di</strong>scutere la polidromia e la riemanniana.<br />

Svolgimento: Il modo più veloce e semplice consiste nell’effettuare un<br />

cambiamento <strong>di</strong> variabile<br />

z = ζ + i (326)<br />

allora dobbiamo calcolare semplicemente le ra<strong>di</strong>ci cubiche <strong>di</strong> ζ e sappiamo già<br />

che<br />

ζ 1 3 = 3√ ρe iϕ+ik2π<br />

3 (327)<br />

ove ρ e ϕ sono ovviamente il modulo e l’argomento principale <strong>di</strong> ζ che sono<br />

facilmente esprimibili analiticamente e/o geometricamente in termini <strong>del</strong>le coor<strong>di</strong>nate<br />

cartesiani o polari <strong>di</strong> z. Lo studente consideri che abbiamo semplicemete<br />

spostato l’origine nel punto z = i. la <strong>di</strong>scussione <strong>del</strong>la polidromia e <strong>del</strong>la <strong>di</strong>ramazione<br />

e <strong>del</strong>la riemannina sono già state fatte per il piano ζ, basta ritradurle<br />

nel piano z originale. Sarebbe opportuno fare un grafico.<br />

Exercise 80 trovare le ra<strong>di</strong>ci quadrate <strong>di</strong> z 2 − 1 , trovare i punti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione,<br />

<strong>di</strong>scutere la polidromia e la riemanniana.<br />

Svolgimento:<br />

abbiamo<br />

w = 2 z 2 − 1 = (z − 1) 1<br />

2 (z + 1) 1<br />

2 (328)<br />

Ora ambedue le funzioni (z − 1) 1<br />

2 e (z + 1) 1<br />

2 sono polidrome hanno punti <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ramazione rispettivamente in 1 e −1 ed entrambe sono a due valori (hanno<br />

due rami). Se esprimiamo le basi (z − 1) e (z + 1) in forma polare (ve<strong>di</strong> figura)<br />

z + 1 = r−e iϕ − +ik2π<br />

z − 1 = r+e iϕ + +ik2π<br />

abbiamo ovviamente due valori per ambedue le ra<strong>di</strong>ci. Per<br />

(329)<br />

(330)<br />

w− = √ z + 1 (331)<br />

(w−) 0 = √ r−e iϕ −<br />

2 (332)<br />

(w−) 1 = √ r−e iϕ −<br />

2 +iπ<br />

53<br />

(333)


-1<br />

φ−<br />

O<br />

r-<br />

Figure 8:<br />

54<br />

z<br />

r+<br />

φ+<br />

+1


e analogamente per<br />

w+ = √ z − 1 (334)<br />

(w+) 0 = √ r+e iϕ +<br />

2 (335)<br />

(w+) 1 = √ r+e iϕ +<br />

2 +iπ<br />

Potrebbe sembrare che ci siano allora 4 valori <strong>di</strong>versi per<br />

Ma<br />

(336)<br />

w = 2 z 2 − 1 = (z − 1) 1<br />

2 (z + 1) 1<br />

2 (337)<br />

w1 = (w−) 0 (w+) 0 = √ r−r+e iϕ −<br />

2 + iϕ +<br />

2 (338)<br />

w2 = (w−) 0 (w+) 1 = √ r−r+e iϕ −<br />

2 + iϕ +<br />

2 +iπ<br />

w3 = (w−) 1 (w+) 0 = √ r−r+e iϕ −<br />

2 + iϕ +<br />

2 +iπ<br />

w4 = (w−) 1 (w+) 1 = √ r−r+e iϕ −<br />

2 + iϕ +<br />

2 +i2π<br />

Quin<strong>di</strong> ci sono solo due valori <strong>di</strong>stinti<br />

(339)<br />

(340)<br />

(341)<br />

w1 = w4 = √ r−r+e i(ϕ − +ϕ +)<br />

2 (342)<br />

w2 = w3 = √ r−r+e i(ϕ− +ϕ +)<br />

2 +iπ<br />

(343)<br />

ed è chiaro che passo dall’uno all’altro girando intorno o a z = 1 o a z = −1:<br />

ma sefaccio un giro completo intorno a tutte e due questi punti (<strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione)<br />

non cambia il valore <strong>del</strong>la funzione. Quin<strong>di</strong> devo tagliare il piano complesso in<br />

modo da evitare <strong>di</strong> girare intorno ad un singolo punto. Questo può essere fatto<br />

in due mo<strong>di</strong> (ve<strong>di</strong> figura)<br />

Si lascia allo studente il compito <strong>di</strong> immaginare la riemanniana.<br />

3.1.2 Logaritmo naturale nel piano complesso<br />

In analogia al caso reale è naturale definire il logaritmo nel campo complesso<br />

come la funzione inversa <strong>del</strong>la funzione esponenziale (ve<strong>di</strong> 247 e seguenti).<br />

Quin<strong>di</strong><br />

w = ln(z) (344)<br />

è una corrispondenza tra il piano complesso z e il piano w tale che<br />

O ancora<br />

Allora:<br />

z = e w<br />

(345)<br />

e ln(z) = z = ln (e z ) (346)<br />

55


dove<br />

-1 +1<br />

-1<br />

+1<br />

Figure 9:<br />

w = ln(z) = ln re iφ+ik2π = ln (r) + iφ + ik2π (347)<br />

ln (r) = ln (|z|) (348)<br />

è il solito logaritmo reale (essendo r reale). E’ imme<strong>di</strong>atamente visibile che non<br />

solo il logaritmo naturale complesso 347 è una funzione polidroma ma è per <strong>di</strong><br />

più una funzione a infiniti valori. Definiamo come ramo principale:<br />

• esponenziali e logaritmi non naturali<br />

w = ln(z) = ln (r) + iφ (349)<br />

Ovviamente definito il logaritmo naturale possiamo anche definire il logaritmo<br />

per una base qualsiasi purchè reale e positiva (e <strong>di</strong>versa da 1) cosi come<br />

possiamo ora definire l’esponenziale in una base qualsiasi (reale positiva):<br />

QED<br />

Giustifichiamo la 350:<br />

a z z ln(a)<br />

= e<br />

w = log a(z) = ln(z)<br />

ln(a)<br />

a z = e z ln(a) =<br />

<br />

e ln(a) z<br />

= (a) z<br />

56<br />

(350)<br />

(351)<br />

(352)


QED<br />

Giustifichiamo la 351:<br />

loga(z) = ln(z)<br />

=⇒<br />

ln(a)<br />

(353)<br />

ln(z) = loga(z) ln(a) =⇒ (354)<br />

z = e ln(z) = e log a (z) ln(a) =<br />

• potenza con esponente complesso<br />

<br />

e ln(a log a (z)<br />

= a log a (z)<br />

(355)<br />

w = z γ ; z, γ ∈ C (356)<br />

Ve<strong>di</strong>amo... se vale la formula sopra facendo il logaritmo <strong>di</strong> entrambi i membri<br />

<strong>del</strong>l’uguaglianza:<br />

ln(w) = ln (z γ ) = γ ln(z) (357)<br />

e quin<strong>di</strong><br />

Per estensione<br />

γ ln(z)<br />

w = e<br />

w = (f (z)) g(z) g(z) ln(f(z))<br />

= e<br />

(358)<br />

(359)<br />

Exercise 81 mostrare che se z è sul cerchio unitario allora z i è una funzione<br />

polidroma a infiniti valori ma tutti questi valori sono reali. Trovare il valore<br />

principale. Calcolare il valor principale <strong>di</strong> w = i i .<br />

Svolgimento:<br />

Dalla 358 e dalla 347 abbiamo<br />

Ma sul cerchio unitario<br />

e quin<strong>di</strong><br />

infiniti valori reali. Il valor principale è<br />

z i = e i ln(z) = e i(ln(r)+iφ+ik2π)<br />

(360)<br />

r = 1 → ln (r) = 0 (361)<br />

z i = e −φ+k2π ; k = 0, ±1, ±2, ... (362)<br />

z i = e −φ<br />

e naturalmente per z = i abbiamo φ = π<br />

2<br />

(363)<br />

i i π −<br />

= e 2 (364)<br />

57


3.1.3 Funzioni algebriche e funzioni trascendenti<br />

Esten<strong>di</strong>amo la nozione <strong>di</strong> numero algebrico e numero trascendente alle funzioni.<br />

Sia:<br />

A0 + A1f + A2f 2 + ... + An−1f n−1 + Anf n = 0; n ∈ N (365)<br />

dove però l ′ incognita f è una funzione nel campo complesso (f = f(z)) e i<br />

coefficienti <strong>del</strong>l’equazione ’algebrica’ sono ora polinomi (generalmente <strong>di</strong> grado<br />

<strong>di</strong>verso) in campo complesso:<br />

Ak = Pmk (z) ; An = 0 (366)<br />

Se una certa funzione f è una ra<strong>di</strong>ce (soluzione ) <strong>di</strong> una equazione <strong>del</strong> tipo<br />

365, allora è detta funzione algebrica, altrimenti (cioè se non è soluzione <strong>di</strong><br />

NESSUNA equazione <strong>del</strong> tipo 365) è detta funzione trascendente.<br />

Exercise 82 mostrare che la ra<strong>di</strong>ce ennesima è una funzione algebrica<br />

Svolgimento:<br />

ma allora è soluzione <strong>di</strong><br />

QED<br />

w = f(z) = z 1 n (367)<br />

w n = z (368)<br />

Exercise 83 mostrare che la funzione w = 3√ z 2 −1<br />

z+1 è algebrica<br />

Tutte le funzioni legate all’esponenziale (logaritmo, funzioni trigonometriche<br />

ed iperboliche e le loro inverse) sono funzioni trascendenti.<br />

NOTA: in alcuni degli esercizi precedentementi proposti le risposte erano<br />

errate... non <strong>di</strong>co quali! Ma trattasi <strong>di</strong> errore intenzionale (ci saranno sicuramente<br />

errori preterintenzionali...). Il fatto è che nella vita e nella ricerca non si<br />

sa in anticipo quali siano le risposte ’giuste’ e lo studente dovrebbe abituarsi ad<br />

affinare il suo senso critico e a fidarsi <strong>del</strong>lo stesso (equivale al Galileiano: "me<br />

ne frego se IPSE DIXIT").<br />

4 Funzioni analitiche<br />

Abbiamo introdotto le funzioni in campo complesso e <strong>di</strong>scusso alcune funzioni<br />

’elementari’ mentendo (e sapendo <strong>di</strong> mentire...).<br />

Il punto è che una funzione in campo complesso deve essere una corrispondenza<br />

(biunivoca o no) tra i punti <strong>del</strong> dominio (una regione <strong>del</strong> campo complesso)<br />

e i punti <strong>del</strong> codominio (una possibilmente <strong>di</strong>versa regione <strong>del</strong> campo<br />

complesso, che per chiarezza pensiamo separato...). In sostanza la funzione collega<br />

il piano (o parti <strong>del</strong> piano) z = (x, y) che chiameremo Cz con il piano<br />

58


"immagine", say w = (u, v), che chiameremo Cw (anche se sempre <strong>del</strong> piano<br />

complesso trattasi è bene graficamente vederli come due piani <strong>di</strong>stinti). Quin<strong>di</strong>,<br />

date le coor<strong>di</strong>nate cartesiane <strong>di</strong> un punto z = (x, y) ∈ Cz la funzione f mi fa<br />

passare alle coor<strong>di</strong>nate (u, v) <strong>del</strong> punto "immagine" w ∈ Cw. Cioè<br />

(x, y) f → (u, v) (369)<br />

L’inganno finora perpetrato è stato quello <strong>di</strong> scrivere<br />

il che in genere NON è vero!<br />

Disproviamo con un esempio:<br />

w = f(z) (370)<br />

Example 84 Scrivere in forma 370 la funzione che fa passare dal punto <strong>di</strong><br />

coor<strong>di</strong>nate cartesiane (x, y) al punto <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate cartesiane (u, v) con<br />

u = x 2 + y 2<br />

(371)<br />

v = x + y (372)<br />

<strong>La</strong> funzione è ovviamente ben definita, nel senso che per ogni z ottengo un<br />

determinato w: ma sfido il lettore a scrivere<br />

w = u + iv = f(x + iy) (373)<br />

Quale è f?<br />

Però iniziamo a vedere l’origine <strong>del</strong> problema: se scrivo una funzione nella<br />

forma 370, sto ipotizzando che le due variabili reali x, y appaiano sempre e<br />

solo nella combinazione x + iy. E’ quello che succede quando voglio la funzione<br />

<strong>di</strong> un’onda uni<strong>di</strong>mensionale (rammentare!): la funzione può essere quello che<br />

volete, ma le variabili spazio (x) e tempo (t) devono entrarvi solo nella combinazione<br />

x ± vt (v è la velocità <strong>del</strong>l’onda). Come le funzioni che descrivono<br />

l’onda sono indubbiamente una classe particolare <strong>del</strong>le funzioni a due variabili<br />

reali, così le funzioni complesse esprimibili in forma 370 sono solo una classe<br />

e molto particolare ( anche se molto importante!) <strong>del</strong>le funzioni complesse.<br />

Queste funzioni particolari, almeno se sono monodrome 9 e definite su un dominio,<br />

le chiamiamo funzioni analitiche (o anche regolari o olomorfe). Una<br />

funzione analitica su tutto il piano complesso si <strong>di</strong>ce intera.<br />

Ripren<strong>di</strong>amo da un punto <strong>di</strong> vista leggermente <strong>di</strong>verso: la 373 e le 371,372<br />

(nonchè le chiacchiere precedenti) ci in<strong>di</strong>cano che cosa sia in generale una funzione<br />

complessa:<br />

z f → w ⇐⇒ (x, y) f → (u, v) ⇐⇒ w = u(x, y) + iv(x, y) (374)<br />

9 se la funzione fosse polidroma, avremmo comunque visto come monodromizzarla... o<br />

considerando i vari rami o definendola su una opportuna superficie <strong>di</strong> Riemann.<br />

59


A parole: la parte reale e la parte immaginaria <strong>del</strong>l’immagine w <strong>di</strong> z sono<br />

funzioni (reali!) <strong>di</strong> (x, y): ergo la funzione complessa è data da una coppia<br />

or<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> due funzioni reali <strong>di</strong> due variabili reali:<br />

f ≡ (u(x, y), v(x, y)) (375)<br />

Si potrebbe dunque pensare che l’analisi complessa non possa offrire più<br />

<strong>di</strong> quanto sia in grado <strong>di</strong> offrire la ben nota teoria <strong>del</strong>le funzioni reali in due<br />

variabili... ma vedremo che non è affatto così. E non è così proprio per le<br />

peculiari proprietà <strong>del</strong>le funzioni in forma 370 che provvisoriamente abbiamo<br />

chiamato analitiche (o regolari o olomorfe).<br />

Ancora da un <strong>di</strong>verso punto <strong>di</strong> vista. Potremmo vedere una funzione complessa<br />

come trasformazione <strong>di</strong> variabili : da (x, y) a (u, v) (con conseguenti<br />

trasformazioni geometriche , vedremo in qualche esempio). Ma allora la richiesta<br />

373 appare subito ’forte’: stiamo passando da due variabili in<strong>di</strong>pendenti<br />

(x, y) a una lora particolare e fissata combinazione (x + iy): in pratica da due<br />

variabili ad una (z)! Difficile... Non dovrebbero esserci <strong>di</strong>fficoltà invece nel<br />

passaggio da 2 a 2. In effetti se considerassimo accanto a z il suo complesso<br />

coniugato z allora<br />

z = x + iy (376)<br />

z = x − iy (377)<br />

che vista come trasformazione <strong>di</strong> variabili si inverte facilmente<br />

x =<br />

z + z<br />

2<br />

(378)<br />

z − z<br />

y = (379)<br />

2i<br />

E’ quin<strong>di</strong> evidente che in generale una funzione complessa può essere espressa<br />

in funzione <strong>di</strong> z e z.<br />

Ripren<strong>di</strong>amo l’esempio sopra usando le 378,379 abbiamo:<br />

u = x 2 + y 2 2 2 z + z z − z<br />

= + = zz (380)<br />

2 2i<br />

(era ovvio!) e<br />

v = x + y =<br />

z + z<br />

2<br />

+ z − z<br />

2i<br />

(1 − i)<br />

= z +<br />

2<br />

(1 + i)<br />

z (381)<br />

2<br />

e quin<strong>di</strong><br />

(1 − i) (1 + i)<br />

w = u + iv = z + z + zz (382)<br />

2 2<br />

Tale funzione non è evidentemente funzione SOLO <strong>di</strong> z e quin<strong>di</strong> non è analitica.<br />

Questo è un test molto pratico <strong>di</strong> analicità: se passando dalle coor<strong>di</strong>nate<br />

(x, y) alle coor<strong>di</strong>nate ’coniugate’ (z, z) attraverso le 378,379 accade che z scompare,<br />

allora la funzione è analitica.<br />

60


Exercise 85 provare l’analiticità <strong>del</strong>la funzione<br />

w = x 2 − y 2 + 2ixy (383)<br />

Svolgimento: applicate le 378,379... comunque si vede a vista che<br />

e quin<strong>di</strong> è analitica.<br />

w = z 2<br />

Exercise 86 <strong>di</strong>scutere l’analiticità <strong>del</strong>le funzioni<br />

1. w = x<br />

y<br />

x2 +y2 + i x2 +y2 2. w = 1 + e 2x cos(x) + ie 2x sin(x)+<br />

3. w =<br />

x2 +y 2 −1<br />

2y<br />

(x−1) 2 +(y−1) 2 + i<br />

(x−1) 2 +(y−1) 2<br />

4. w = x y−x<br />

y − i y+x<br />

(384)<br />

ATTENZIONE! la notazione a volte trae in inganno. Ad esempio se io <strong>di</strong>co<br />

o<br />

o ancora<br />

w = Re(z) (385)<br />

w = Im(z) (386)<br />

w = |z| 2<br />

(387)<br />

sembrerebbe che abbia ottemperato alla richiesta 370 e che quin<strong>di</strong> stia parlando<br />

<strong>di</strong> funzioni analitiche. In realtà, come sappiamo:<br />

w = Re(z) =<br />

w = Im(z) =<br />

e quin<strong>di</strong> nessuna <strong>del</strong>le tre funzioni è analitica.<br />

A volte l’inganno è più sottile:<br />

z + z<br />

2<br />

z − z<br />

2i<br />

(388)<br />

(389)<br />

w = |z| 2 = zz (390)<br />

w = z<br />

|z| 2<br />

(391)<br />

è analitica?<br />

A vista sembra <strong>di</strong> no (<strong>di</strong>pende da z, ed è comunque una combinazione <strong>di</strong><br />

funzioni non analitiche). Ma<br />

w = z z 1<br />

2 = =<br />

|z| zz z<br />

61<br />

(392)


che è analitica in tutto il piano complesso escluso ovviamente z = 0 in cui non<br />

è definita.<br />

Quin<strong>di</strong> la regola pratica <strong>di</strong> sopra va presa (come tutto) ’cum grano salis’:<br />

scrivete la funzione in termini <strong>di</strong> (x, y) , passate a (z, z)... se eliminate la z siete<br />

arrivati. Se no, controllate bene!<br />

In fondo posso sempre scrivere<br />

e <strong>di</strong>re : accidenti! <strong>di</strong>pende da z ! ergo non va...<br />

w = z + z − z (393)<br />

Remark 87 notare che il cambiamento <strong>di</strong> variabile 378, 379 ci permette anche<br />

<strong>di</strong> scrivere un funzione reale <strong>di</strong> due variabili reali in termini (apparentemente)<br />

complessi:<br />

a.e.<br />

ψ(x, y) = ψ(<br />

z + z<br />

2<br />

ψ(x, y) = x + z<br />

= iz<br />

y z − z<br />

z − z<br />

, ) (394)<br />

2i<br />

Notare che il test <strong>di</strong> "realtà" 186 vi mostra che comunque la funzione è reale:<br />

<br />

z + z<br />

i<br />

z − z<br />

z + z + z<br />

= −i = iz<br />

z − z z − z<br />

(395)<br />

(396)<br />

Remark 88 dovrebbe essere chiaro che non ha senso parlare <strong>di</strong> funzione analitica<br />

in un punto, una funzione analitica deve essere tale almeno in un intorno<br />

<strong>del</strong> punto. In un solo punto tutti i gatti sono bigi... ad esempio le funzioni z 2 e<br />

z 2 assumendo lo stesso valore in zero sarebbero ambedue analitiche in zero.<br />

4.1 Derivata complessa<br />

Ora siamo pronti per tentare la "traduzione" nel complesso <strong>del</strong>la derivata.<br />

Se la funzione fosse nella forma 370 <strong>di</strong>remmo senz’altro che la derivata <strong>di</strong><br />

w = f(z) (397)<br />

nel punto z0 dovrebbe, essere per analogia al caso reale, il numero complesso<br />

che chiamiamo w ′ = f ′<br />

(z0) ottenuto con il seguente limite<br />

w ′ = f ′ f(z − z0) − f (z0)<br />

(z) = lim<br />

z→z0 z − z0<br />

(398)<br />

cioè il limite <strong>del</strong> rapporto incrementale che possiamo anche scrivere ( descrivere)<br />

così:<br />

62


<strong>di</strong>amo al punto z0 = (x0, y0) un incremento (arbitrario) ∆z = (∆x, ∆y)<br />

portandoci nel punto z = (x, y) = z0 + ∆z = (x0 + ∆x, y0 + ∆y) e ve<strong>di</strong>amo se<br />

esiste il limite<br />

f(z0 + ∆z) − f (z0)<br />

lim<br />

∆z−0 ∆z<br />

(399)<br />

se il limite esiste allora <strong>di</strong>ciamo che la funzione è derivabile in z0 e il valore<br />

<strong>di</strong> tale limite è la derivata (complessa) <strong>del</strong>la funzione in z0.<br />

Notate che siamo nel piano e quello che abbiamo detto richiede attenzione...<br />

ripetiamo:<br />

... pren<strong>di</strong>amo una funzione e un punto nel piano, poi avviciniamoci al punto<br />

in qualsiasi modo e in particolare da qualsiasi <strong>di</strong>rezione: se così facendo ci<br />

avviciniamo sempre ad uno stesso valore per il rapporto incrementale (’sempre’<br />

vuol <strong>di</strong>re comunque abbiamo scelto la modalità <strong>di</strong> avvicinamento...) allora il<br />

limite complesso esiste ed assume appunto tale valore e viene detto derivata (in<br />

z0).<br />

Notate che se siamo partiti dalla 370, eppure possiamo usare anche la definizione<br />

generale funzione complessa (374, se abbiamo capito che cosa stiamo facendo):<br />

Infatti quanto detto equivale a<br />

w(x, y) = u(x, y) + iv(x, y) (400)<br />

w ′ u(x0 + ∆x, y0 + ∆y) + iv(x0 + ∆x, y0 + ∆y) − (u(x0, y0) + iv(x0, y0))<br />

(x0, y0) = lim<br />

∆x→0,∆y→0<br />

∆x + i∆y<br />

(401)<br />

da cui è evidente la possibile fonte <strong>di</strong> ambiguità: (∆x + i∆y) → 0 ma può<br />

andarci in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi ( ad esempio ∆x = 0 e ∆y → 0 o viceversa..) mentre il<br />

risultato deve essere lo stesso .<br />

Forse è più chiaro con esempi (anche banali):<br />

Example 89 sia<br />

w(x, y) = u(x, y) + iv(x, y) = x + iy (402)<br />

applichiamo la 401 nel punto z0 = (x0, y0) . Dobbiamo ’calcolare’<br />

u(x0 + ∆x, y0 + ∆y) + iv(x0 + ∆x, y0 + ∆y) − (u(x0, y0) + iv(x0, y0))<br />

lim<br />

∆x→0,∆y→0<br />

∆x + i∆y<br />

(403)<br />

cioè<br />

x0 + ∆x + i (y0 + ∆y) − (x0 + iy0)<br />

∆x + i∆y<br />

lim<br />

= lim<br />

= 1<br />

∆x→0,∆y→0<br />

∆x + i∆y<br />

∆x→0,∆y→0 ∆x + i∆y<br />

(404)<br />

comunque scegliamo ∆x e ∆y e in qualunque punto z0 : <strong>di</strong>ciamo quin<strong>di</strong> che<br />

questa funzione è derivabile su tutto il piano complesso e la sua derivata vale 1<br />

ovunque...<br />

63


Remark 90 Nota che<br />

w(x, y) = u(x, y) + iv(x, y) = x + iy = f(z) = z (405)<br />

che è ovviamente analitica e inoltre "ingenuamente" sarebbe<br />

Example 91 sia<br />

w ′ = df<br />

= 1 (406)<br />

dz<br />

w(x, y) = u(x, y) + iv(x, y) = x − iy (407)<br />

applichiamo la 401 nel punto z0 = (x0, y0) . Dobbiamo ’calcolare’<br />

u(x0 + ∆x, y0 + ∆y) + iv(x0 + ∆x, y0 + ∆y) − (u(x0, y0) + iv(x0, y0))<br />

lim<br />

∆x→0,∆y→0<br />

∆x + i∆y<br />

(408)<br />

cioè<br />

x0 + ∆x − i (y0 + ∆y) − (x0 − iy0)<br />

∆x − i∆y<br />

lim<br />

= lim<br />

∆x→0,∆y→0<br />

∆x + i∆y<br />

∆x→0,∆y→0 ∆x + i∆y<br />

(409)<br />

ora se scegliamo<br />

∆x = 0 (410)<br />

cioè ci avviciniamo a z0 parallelamente all’asse y , abbiamo<br />

viceversa con<br />

−i∆y<br />

lim = −1 (411)<br />

∆x→0,∆y→0 +i∆y<br />

∆y = 0 (412)<br />

cioè avvicinandoci a z0 parallelamente all’asse x , abbiamo<br />

∆x<br />

lim = +1 (413)<br />

∆x→0,∆y→0 ∆x<br />

e quin<strong>di</strong> i due "limiti" non coincidono (sarebbe più corretto <strong>di</strong>re che il rapporto<br />

incrementale NON ha limite) e quin<strong>di</strong> la funzione non è derivabile in nessun<br />

punto <strong>del</strong> piano complesso.<br />

Remark 92 Nota che<br />

w(x, y) = u(x, y) + iv(x, y) = x − iy = z (414)<br />

che in base a quanto sopra NON è analitica.<br />

64


Exercise 93 Le seguenti funzioni sono derivabili? e dove?<br />

1. w = 1<br />

z 2 −3i<br />

2. w(x, y) = e (x+y) − ie (x−y)<br />

3. w = zz<br />

svolgimento:<br />

3) usiamo la 399<br />

f(z0 + ∆z) − f (z0) (z0 + ∆z) (z0 + ∆z) − z0z0<br />

lim<br />

= lim<br />

= (415)<br />

∆z→0 ∆z<br />

∆z→0<br />

∆z<br />

(z0 + ∆z)<br />

lim<br />

∆z→0<br />

z0 + ∆z − z0z0<br />

∆z<br />

lim<br />

∆z→0<br />

z0∆z + z0∆z + ∆z∆z<br />

= lim<br />

= (416)<br />

∆z→0 ∆z<br />

<br />

z0<br />

+ ∆z + z0∆z<br />

<br />

(417)<br />

∆z<br />

ovviamente se ∆z = (∆x + i∆y) → 0 anche ∆z = (∆x − i∆y) → 0. Però il<br />

limite deve essre in<strong>di</strong>pendente dal "cammino"... mentre qui abbiamo la libertà<br />

<strong>di</strong> scegliere per ∆z<br />

∆z . In effetti se per esempio scegliamo ∆z = ∆x allora ∆z =<br />

∆z = ∆x e quin<strong>di</strong> <br />

lim z0 + ∆z<br />

∆z→0<br />

<br />

+ z0 = z0 + z0<br />

(418)<br />

ma se scegliamo ∆z = i∆y allora ∆z = −i∆y = −∆z e quin<strong>di</strong><br />

<br />

lim z0 + ∆z<br />

∆z→0<br />

<br />

− z0 = z0 − z0<br />

(419)<br />

Perciò la funzione è derivabile al più nel solo punto <strong>del</strong> piano complesso z0 =<br />

z0 = 0.<br />

Remark 94 nota che w = zz = |z| 2 NON è analitica.<br />

Visto quanto sopra e gli esempi, ci sorge il forte sospetto che analiticità<br />

(così come sopra definità) e derivabilità (almeno in un intorno) siano concetti<br />

strettamenti legati. Ed è in effetti così.<br />

Sia una funzione complessa analitica (nel senso <strong>di</strong> sopra, cioè non <strong>di</strong>pendente<br />

da z ma solo da z = x + iy):<br />

w = u(x, y) + iv(x, y) = f(z) (420)<br />

Allora ve<strong>di</strong>amo se esiste il limite <strong>del</strong> rapporto incrementale<br />

f(z0 + ∆z) − f (z0)<br />

lim<br />

= (421)<br />

∆z−0 ∆z<br />

lim<br />

∆x→0,∆y→0<br />

u(x0 + ∆x, y0 + ∆y) + iv(x0 + ∆x, y0 + ∆y) − (u(x0, y0) + iv(x0, y0))<br />

(422)<br />

∆x + i∆y<br />

65


Ma, se le funzioni reali <strong>di</strong> variabili reale u(x, y) e v(x, y) ammettono<br />

derivate parziali prime rispetto a x e y, sappiamo dall’analisi che in prima<br />

approssimazione (cioè se ∆x è sufficientemente piccolo) vale:<br />

<br />

∂<br />

u(x0 + ∆x, y) = u(x0, y) + ∆x u(x, y) + O (∆x)<br />

∂x x=x0<br />

2<br />

e analoghe.<br />

Useremo spesso la notazione semplificata (da fisici..)<br />

(423)<br />

∂<br />

u = ux<br />

(424)<br />

∂x<br />

<br />

∂<br />

u(x, y) = ux (x0, y) (425)<br />

∂x<br />

x=x0<br />

e analoghe.<br />

Quin<strong>di</strong>, dopo alcuni passaggi algebrici (check!), per il rapporto incrementale<br />

(e per ∆x, ∆y piccoli), abbiamo<br />

f(z0 + ∆z) − f (z0)<br />

∆z<br />

≈ [ux(x0, y0) + ivx(x0, y0)] + (426)<br />

+<br />

∆y<br />

∆x + i∆y {[uy(x0, y0) + vx(x0, y0] − i [ux(x0, y0) − vy(x0, y0]} (427)<br />

Ma, se come ipotizzato, nella forma funzionale <strong>di</strong> w (ve<strong>di</strong> 420) le variabili x, y<br />

compaiono solo nella combinazione x + iy, allora chiaramente x e iy giuocano<br />

lo stesso ruolo e che quin<strong>di</strong> derivare w rispetto a x è la stessa cosa che derivarlo<br />

rispetto a iy :<br />

∂ ∂ ∂<br />

w = w = −i w (428)<br />

∂x ∂iy ∂y<br />

Sviluppando dalla 420 abbiamo<br />

∂<br />

∂x w = ux + ivx = −i ∂<br />

∂y w = −i (uy + ivy) (429)<br />

cioè, eguagliando parte reale con parte reale e parte immaginaria con parte<br />

immaginaria:<br />

ux = vy<br />

uy = −vx<br />

(430)<br />

(431)<br />

Queste due relazioni sono dette relazioni o equazioni o con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Cauchy o <strong>di</strong><br />

Cauchy-Riemann , sono importantissime: noi le (ri)chiameremo semplicemente<br />

con la sigla CR. Ovviamente si possono riassumere usando la 428:<br />

wx + iwy = 0 (432)<br />

66


Abbiamo visto che la vali<strong>di</strong>tà <strong>del</strong>le CR poggia su 2 fatti:<br />

1. w = u(x, y) + iv(x, y) = f(x + iy) (analiticità)<br />

2. u(x, y) e v(x, y) ammettono derivate parziali prime<br />

Conseguenza <strong>del</strong>le CR:<br />

la parentesi graffa nella 427 si annulla identicamente e quin<strong>di</strong> il rapporto<br />

incrementale ha un limite (ben definito) e quin<strong>di</strong> la funzione supposta analitica<br />

è anche derivabile in tutti i punti in cui valgono le CR e la derivata (ve<strong>di</strong> 426)<br />

è data da<br />

w ′ = f ′<br />

(z) = df ∂f<br />

=<br />

dz ∂z = fz = ux + ivx = fx<br />

(433)<br />

Abbiamo voluto riassumere in una sola riga molte notazioni equivalenti ma<br />

ovviamente la vali<strong>di</strong>tà <strong>del</strong>le CR permette <strong>di</strong> scrivere la derivata ancora in <strong>di</strong>verse<br />

forme equivalenti, a.e.<br />

w ′ = vy + ivx<br />

(434)<br />

Exercise 95 scrivere esplicitamente tutte le possibili espressioni <strong>del</strong>la derivata<br />

Avremmo così mostrato che l’analicità implica le con<strong>di</strong>zioni CR che garantiscono<br />

la derivabilità- D’altra parte uno sguardo attento alla (426,427) mostra<br />

che se si vuole la derivabilità occorrono le CR...<br />

Exercise 96 mostrare!<br />

Ma un matematico obietterebbe che in realtà le CR sono con<strong>di</strong>zione necessaria<br />

e sufficiente per la derivabilità solo se le derivate parziali prime ux, vx, uy, vy<br />

sono funzioni continue.<br />

Problem 97 dove entra in ballo la continuità? hint: rifare minuziosamente i<br />

conti che portano a (426,427).<br />

Abbiamo visto come l’analicità porti alle CR: è anche vero il contrario?<br />

Sappiamo dall’analisi che se abbiamo una trasformazione <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate, a.e.<br />

allora (sorvolando su minuzie matematiche...) si ha<br />

∂<br />

∂X<br />

∂<br />

∂Y<br />

x = ρ(X, Y ) (435)<br />

y = σ(X, Y ) (436)<br />

= ∂ρ<br />

∂X<br />

= ∂ρ<br />

∂Y<br />

∂ ∂σ<br />

+<br />

∂x ∂X<br />

∂ ∂σ<br />

+<br />

∂x ∂Y<br />

∂<br />

∂y<br />

∂<br />

∂y<br />

(437)<br />

(438)<br />

Consideriamo allora il cambio <strong>di</strong> variabili nelle 378,379, per quanto sopra avremo<br />

∂<br />

∂z<br />

1 ∂ ∂<br />

= + i1<br />

2 ∂x 2 ∂y<br />

67<br />

(439)


Ma le con<strong>di</strong>zioni CR implicano (ve<strong>di</strong> 429)<br />

∂ ∂<br />

w + i w = 0 = 2∂w<br />

∂x ∂y ∂z<br />

ergo la w non <strong>di</strong>pende da z e quin<strong>di</strong> è analitica.<br />

Remark 98 ovviamente<br />

e quin<strong>di</strong><br />

w ′ = ∂f<br />

∂z<br />

∂<br />

∂z<br />

1 ∂ ∂<br />

= − i1<br />

2 ∂x 2 ∂y<br />

(440)<br />

(441)<br />

= 1<br />

2 [(ux − iuy) + i ((vx − ivy))] CR<br />

= 1<br />

2 [ux + ivx + ivx + ux] = ux + ivx<br />

(442)<br />

Remark 99 Le 441,439 possono essere facilmente invertite:<br />

∂ ∂ ∂<br />

= +<br />

∂x ∂z ∂z<br />

(443)<br />

<br />

∂ ∂ ∂<br />

= i − (444)<br />

∂y ∂z ∂z<br />

––––––––––-<br />

Perciò (a meno <strong>di</strong> minuzie matematiche che non fanno perdere il sonno ad<br />

un fisico...) abbiamo<br />

ANALICIT A ′ ⇐⇒ CR ⇐⇒ DERIV ABILIT A ′<br />

(445)<br />

Remark 100 In realtà, come vedremo e <strong>di</strong>mostreremo in seguito, l’analicità<br />

non implica soltanto la derivabilità <strong>del</strong>la funzione ma anche l’esistenza <strong>del</strong>le<br />

derivate successive e la convergenza <strong>del</strong>lo sviluppo in serie <strong>di</strong> Taylor (almeno<br />

in un intorno <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> analiticità). Quin<strong>di</strong> le funzioni analitiche hanno<br />

tutte le buone proprietà <strong>del</strong>le funzioni a una sola variabile reale e qualcosa (anzi<br />

molto ) in più. E, per inciso, l’esistenza <strong>del</strong>le derivate successive assicura la<br />

continuità <strong>del</strong>le derivate parziali richiesta prima.<br />

Remark 101 Se la funzione complessa è analitica cioè solo funzione <strong>di</strong> z è<br />

chiaro dalla definizione <strong>di</strong> derivata (e ve<strong>di</strong> anche gli esercizi seguenti) che valgono<br />

per la derivata tutte le regole che valgono per la derivata <strong>di</strong> una funzione<br />

reale <strong>di</strong> variabile reale. In soldoni f(z) si comporta come se fosse una f(x)...<br />

Problem 102 Ma allora... se derivo una f(z) seguendo le regole <strong>di</strong> derivazione<br />

ottengo ovviamente un funzione solo <strong>di</strong> z e quin<strong>di</strong> per definizione analitica. Ma<br />

abbiamo appeno <strong>di</strong>mostrato che una funzione analitica è derivabile: questo non<br />

implica che debbano esistere tutte le derivate successive? perchè nel Remark 100<br />

si <strong>di</strong>ce che lo <strong>di</strong>mostreremo in seguito? che bisogno c’è? è già <strong>di</strong>mostrato...<br />

68


Exercise 103 sia<br />

con<br />

Trovare la derivata in vari mo<strong>di</strong>.<br />

Svolgimento:<br />

Se esiste la derivata allora<br />

e quin<strong>di</strong><br />

ma deve essere anche (ve<strong>di</strong> 432)<br />

o ancora ( ve<strong>di</strong> 434)<br />

w = u (x, y) + iv (x, y) (446)<br />

u (x, y) = x 2 − y 2<br />

(447)<br />

v (x, y) = 2xy (448)<br />

w ′ = wx = ux + ivx<br />

(449)<br />

w ′ = 2x + i2y = 2z (450)<br />

w ′ = −iwy = −i (uy + ivy) (451)<br />

= −i (−2y + i2x) (452)<br />

= 2x + i2y = 2z (453)<br />

w ′ = vy + ivx (454)<br />

= 2x + i2y = 2z (455)<br />

etc. D’altra parte se uno fosse passato dalle variabili (x, y) a (z, ¯z) si sarebbe<br />

accorto che<br />

w = x 2 − y 2 + i (2xy) = z 2<br />

(456)<br />

che è a vista analitica e le derivate <strong>del</strong>la funzione espressa in termini <strong>di</strong> z si<br />

fanno esattameente come si fanno nel campo reale<br />

Exercise 104 sia<br />

con<br />

Trovare la derivata in vari mo<strong>di</strong>.<br />

w ′ = d 2<br />

z<br />

dz<br />

= 2z (457)<br />

w = u (x, y) + iv (x, y) (458)<br />

u (x, y) = x 2 + y 2<br />

(459)<br />

v (x, y) = 2xy (460)<br />

69


Svolgimento:<br />

Di nuovo proviamo<br />

e anche<br />

w ′ = wx = ux + ivx (461)<br />

= 2x + i2y = 2z (462)<br />

w ′ = −iwy = −i (uy + ivy) (463)<br />

= −i (2y + i2x) (464)<br />

= 2x − i2y = 2¯z (465)<br />

?????????????????????!<br />

Accidenti... ci eravamo <strong>di</strong>menticati <strong>di</strong> vedere se la funzione era analitica...<br />

(provate a vedere se le CR sono sod<strong>di</strong>sfatte)<br />

4.1.1 Differenziali<br />

Se una funzione è analitica ergo derivabile è facile estendere la nozione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziale<br />

<strong>del</strong>la funzione:<br />

Da cui i fisici ricavano la notazione<br />

’<strong>di</strong>videndo’ la<br />

w = f(z) =⇒ dw = df = f ′<br />

(z)dz (466)<br />

f ′<br />

(z) = df<br />

dz<br />

(467)<br />

df = f ′<br />

(z)dz (468)<br />

per dz ... I matematici inorri<strong>di</strong>scono, ma i fisici lo hanno sempre fatto (e quasi<br />

sempre con successo!) 10 . Useremo questa libertà per ’giustificare’ (non "<strong>di</strong>mostrare"!)<br />

alcune regole.<br />

• Derivata <strong>del</strong>la funzione composta<br />

Se<br />

è analitica nel dominio Dg ⊆ C e<br />

è analitica nel dominio Df ⊆ C allora<br />

q = g(z) (469)<br />

w = f(q) (470)<br />

w = h(z) = f(q) = f(g(z)) (471)<br />

10 I Fisici sono stati alla fine ven<strong>di</strong>cati: queste operazioni hanno senso, solo che hanno senso<br />

nel campo, recentemente introdotto, dei numeri surreali.<br />

70


è analitica in Dh = Df ∩ Dg, Dh ⊆ C.<br />

In effetti<br />

w ′ = df df dq df dg ′<br />

= = = f g<br />

dz dq dz dq dz ′<br />

(nel passaggio interme<strong>di</strong>o abbiamo ’<strong>di</strong>viso’ e ’moltiplicato’ per dq).<br />

Exercise 105 <strong>di</strong>mostrare la ben nota regola in modo più ortodosso<br />

• Derivata <strong>del</strong>la funzione inversa<br />

Se<br />

è analitica, cioè esiste<br />

w ′ = df<br />

dz<br />

ed è anche invertibile, cioè esiste<br />

(472)<br />

w = f(z) (473)<br />

= dw<br />

dz<br />

allora esiste anche la derivata <strong>del</strong>la funzione inversa<br />

df −1<br />

dw<br />

(474)<br />

z = f −1 (w) (475)<br />

= dz<br />

dw<br />

= 1<br />

dw<br />

dz<br />

(476)<br />

ATTENZIONE! Lo studente attento avrà intuito che vi può essere una<br />

questione <strong>del</strong>icata <strong>di</strong> dominii/codominii... specialmente se la funzione e/o l’inversa<br />

sono polidrome.<br />

Exercise 106 trovare la derivata <strong>di</strong> 2√ w, tenendo in debito conto la polidromia<br />

<strong>del</strong>la ra<strong>di</strong>ce ennesima<br />

Svolgimento:<br />

Allora<br />

z = w 1<br />

2 (477)<br />

ha due rami, per interderci: quello in cui 2√ 1 = 1 e quello in cui 2√ 1 = −1. Ma<br />

in tutti e due i casi si ha:<br />

w = z 2<br />

(478)<br />

che è analitica e monodroma e quin<strong>di</strong><br />

dw 1 2<br />

dw<br />

= dz<br />

dw<br />

= 1<br />

dw<br />

dz<br />

= 1 1<br />

=<br />

2z 2 w− 1 2 = 1<br />

2 2√ w<br />

(479)<br />

come se si fosse <strong>di</strong>rettamente applicata la ben nota legge per le derivate <strong>del</strong>le<br />

potenze...<br />

Ma comunque la funzione derivata 1<br />

2 2√ w<br />

è polidroma...<br />

Remark 107 nota che la derivata non esiste nel punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione w = 0<br />

71


Exercise 108 <strong>di</strong>mostrare che<br />

Svolgimento:<br />

ora:<br />

e quin<strong>di</strong><br />

d (ln(w))<br />

dw<br />

d (ln(w))<br />

dw<br />

= 1<br />

w<br />

(480)<br />

w = e z ↔ z = ln (w) (481)<br />

= df −1<br />

dw<br />

dw<br />

dz<br />

= ez<br />

= dz<br />

dw<br />

= 1<br />

dw<br />

dz<br />

= 1 1<br />

=<br />

ez w<br />

(482)<br />

(483)<br />

Remark 109 nota che la derivata non esiste nel punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione w = 0<br />

Exercise 110 nell’esercizio precedente che ruolo hanno il punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione<br />

e la polidromia <strong>del</strong> logaritmo?<br />

Exercise 111 si mostri che la derivata complessa gode anche <strong>del</strong>le altre proprietà<br />

<strong>del</strong>la derivata <strong>di</strong> una funzione a una variabile reale (derivata <strong>del</strong>la somma,<br />

regola <strong>di</strong> Leibniz)<br />

Exercise 112 Usando le regole <strong>di</strong> derivazioni calcolare le seguenti derivate,<br />

segnalando anche gli eventuali punti <strong>di</strong> non analiticità:<br />

1. w = (iz 3 − 3z + i)<br />

2. w = (z 2 + i) 3<br />

3. w = (z2 +i) 3<br />

iz 2 −1<br />

4. w = ie z2<br />

5. w = cos 2 (z 2 + i)<br />

6. w = 1<br />

cos(z)<br />

7. w = tan(z)<br />

Exercise 113 calcolare la derivata <strong>di</strong> w = z 1<br />

3 e <strong>di</strong> w = ln(iz) nel punto z =<br />

1 + i<br />

Exercise 114 mostrare che<br />

d<br />

1<br />

ln (f (z)) =<br />

dz f (z)<br />

Exercise 115 calcolare (se esistono!) i seguenti limiti<br />

72<br />

d<br />

f (z) (484)<br />

dz


1.<br />

2.<br />

1 − cos(z)<br />

lim<br />

z→0 z2 1 + z<br />

lim<br />

z→i<br />

6<br />

1 + z2 Exercise 116 calcolare le derivate <strong>del</strong>le seguenti funzioni (se esistono)<br />

1. w = 1+x2 −y 2 +2ixy<br />

y+ix<br />

2. w = 1+x2 +y 2 −2ixy<br />

y+ix<br />

3. w = e −x xy + cos(y) + i x 2 − y 2 + 2 sin(y) <br />

Exercise 117 mostrare se la derivabilità implica la continuità e il viceversa<br />

4.2<br />

4.3 Singolarità e loro classificazione<br />

(485)<br />

(486)<br />

I punti <strong>del</strong> piano complesso in cui una funzione w = f(z) è analitica si <strong>di</strong>cono<br />

punti regolari o or<strong>di</strong>nari <strong>del</strong>la funzione. I punti in cui non è analitica <strong>di</strong> <strong>di</strong>cono<br />

punti singolari o singolarità <strong>del</strong>la funzione. Tali punti possono essere isolati o<br />

non isolati. Il significato <strong>del</strong>la definizione è intuitivo:<br />

• un punto singolare è isolato se esiste un intorno <strong>del</strong> punto che non contiene<br />

altre singolarità <strong>del</strong>la funzione<br />

Ve<strong>di</strong>amo una rapida classificazione <strong>del</strong>le singolarità.<br />

<strong>La</strong> singolarità più ’innocua’ è quella ’eliminabile’:<br />

• <strong>di</strong>cesi singolarità eliminabile un punto z0 in cui la funzione non è definita<br />

ma esiste il limite<br />

lim f(z) = L (487)<br />

z→z0<br />

(ovviamente è eliminabile perchè si può definire una nuova funzione che<br />

coincida ovunque con quella originale e assuma in z0 il valore L <strong>del</strong> limite)<br />

Example 118 la funzione w = f(z) = sin(z)<br />

z ha una singolarità eliminabile in<br />

z = 0. Infatti<br />

sin(z)<br />

lim = 1 (488)<br />

z→0 z<br />

• se la funzione è polidroma i punti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione sono singolarità <strong>del</strong>la<br />

funzione<br />

73


• un punto singolare z0 <strong>di</strong>cesi polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne n se<br />

lim (z − z0)<br />

z→z0<br />

n f(z) = L = 0 = ∞ (489)<br />

• un polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne uno è detto polo semplice<br />

Example 119 la funzione<br />

1 − 3iz + z 3<br />

(z − i) 3 (z + 1)<br />

ha un polo semplice in z = −1 e un polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 3 in z = i (check!)<br />

(490)<br />

Remark 120 si potrebbe formalmente <strong>di</strong>re che una singolarità eliminabile è un<br />

polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne zero (giustificare!)<br />

• nel piano complesso espanso la eventuale singolarità all’infinito <strong>di</strong> una<br />

funzione f(z) va stu<strong>di</strong>ata usando il cambiamento <strong>di</strong> variabile<br />

z = 1<br />

ζ<br />

=⇒ z = ∞ ↔ ζ = 0 (491)<br />

Cioè f(z) nel punto all’infinito z = ∞ ’acquisisce’ il tipo <strong>di</strong> singolarità<br />

<strong>del</strong>la funzione f(ζ) in ζ = 0<br />

Example 121 la funzione<br />

<strong>di</strong>viene<br />

f(z) = z2 + 1<br />

z − 1<br />

f(ζ) = 1 ζ<br />

ζ<br />

2 + 1<br />

1 − ζ<br />

che ha un polo semplice in ζ = 0 : quin<strong>di</strong> f(z) ha un polo semplice in z = ∞<br />

(492)<br />

(493)<br />

• <strong>di</strong>cesi singolarità essenziale un punto singolare che non sia nè <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione<br />

nè un polo nè eliminabile<br />

Example 122 la funzione w = f(z) = e 1<br />

z ha una singolarità essenziale in<br />

z = 0. infatti la funzione non è definita né ha limite in zero che d’altronde non<br />

è un punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione. Potrebbe essere un polo? Cambiamo variabile<br />

z = 1<br />

ζ → f(ζ) = eζ = 1 + ζ + ζ2 ζ3<br />

+ + ... (494)<br />

2! 3!<br />

cioè<br />

f(z) = 1 + 1 1 1<br />

+ + + ...<br />

z 2!z2 3!z3 (495)<br />

Ci si convince facilmente che non esiste nessun n (finito) tale che<br />

lim z<br />

z→z0<br />

n f(z) = L = 0 = ∞ (496)<br />

74


Remark 123 solo a livello ’informale’, potremmo <strong>di</strong>re che z = 0 è un polo <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>ne infinito...<br />

Exercise 124 In<strong>di</strong>care che tipo <strong>di</strong> singolarità hanno le seguenti funzioni nel<br />

piano complesso (considerando possibilmente anche il punto all’infinito)<br />

z (z + i)<br />

a) ; b)1 − z + iz<br />

z − i<br />

2 − z 5 1<br />

; c)<br />

z + iz2 ; d) − 3iez (z − 1)<br />

; f)<br />

3<br />

(z + 1) (z − 2)<br />

(497)<br />

1<br />

1<br />

g) ; h)<br />

(498)<br />

sin(z) 1 − cos(z)<br />

Svolgimento:<br />

a) la funzione ha un polo semplice in z = i . Per vedere in z = ∞ stu<strong>di</strong>amo<br />

<br />

1 1<br />

ζ ζ + i (ζ − i)<br />

= −1<br />

(499)<br />

− i ζ (ζ + i)<br />

in ζ = 0. Evidentemente ha un polo semplice.<br />

h) usando la serie <strong>di</strong> Taylor si ha<br />

1<br />

ζ<br />

1<br />

1 − cos(z) =<br />

= 1<br />

z 2<br />

1 − 1 − z2<br />

2!<br />

1<br />

1<br />

1 z2<br />

2! − 4! + z4<br />

z4 + 4! + z6<br />

(500)<br />

e quin<strong>di</strong> siamo in presenza <strong>di</strong> un polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 2 in z = 0.<br />

....................<br />

4.4 Analiticità e ’armonia’<br />

Ricor<strong>di</strong>amo (dallo stu<strong>di</strong>o <strong>del</strong>le funzioni reali a N variabili reali):<br />

(501)<br />

Definition 125 <strong>di</strong>cesi funzione armonica ogni soluzione <strong>del</strong>l’equazione <strong>di</strong> <strong>La</strong>place<br />

ove<br />

e l’operatore <strong>La</strong>placiano ∆ è dato da<br />

∆ψ = 0 (502)<br />

ψ = ψ (x1, x2, ..., xN) , xk ∈ R (503)<br />

∆ = N<br />

∂ 2<br />

k=1 ∂2xk 75<br />

(504)


Remark 126 Le funzioni armoniche giuocano un ruolo molto importante nella<br />

Fisica.<br />

Nel piano (N = 2) esse sono dunque soluzione <strong>di</strong><br />

ψ xx + ψ yy = 0 (505)<br />

ove abbiamo usato (come faremo spesso in seguito) la notazione abbreviata (ve<strong>di</strong><br />

424) per le derivate parziali.<br />

Dimostreremo ora un importante legame tra funzioni armoniche e funzioni<br />

analitiche.<br />

Theorem 127 Due funzioni reali <strong>di</strong> due variabili reali (u(x, y), v(x, y)) costituiscono<br />

la parte reale (immaginaria) <strong>di</strong> una funzione analitica se e solo se sono<br />

armoniche:<br />

{∆u = 0, ∆v = 0, } ⇐⇒ w = u + iv = f(z) (506)<br />

Proof.<br />

• Proviamo dapprima la ’necessità’:<br />

w = u + iv = f(z) =⇒ {∆u = 0, ∆v = 0, } (507)<br />

cioè: se una funzione è analitica allora sia la sua parte reale sia la sua parte<br />

immaginaria sono armoniche. Ma se la funzione è analitica allora esistono le<br />

derivate prime parziali <strong>di</strong> u, v (e sono anche continue) e inoltre valgono le CR:<br />

Derivando ulteriormente abbiamo<br />

QED<br />

ux = vy<br />

uy = −vx<br />

uxx = vxy<br />

uyx = vyy<br />

uxy = −vxx<br />

uyy = −vyx<br />

e quin<strong>di</strong> abbiamo (da 510+513 e da 511-512):<br />

(508)<br />

(509)<br />

(510)<br />

(511)<br />

(512)<br />

(513)<br />

uxx + uyy = 0 (514)<br />

vxx + vyy = 0 (515)<br />

76


• Proviamo ora la ’sufficienza’:<br />

Anzi: proviamo che data una funzione armonica u (x, y) (oppure v (x, y))<br />

allora esiste ed è determinata (a meno <strong>di</strong> una costante) una funzione v (x, y)<br />

(oppure u (x, y)) tale che w = u + iv è analitica.<br />

Consideriamo solo il caso in cui conosciamo la parte reale u (x, y) (armonica!)<br />

e mostriamo come costruire, a meno <strong>di</strong> una costante, la parte immaginaria<br />

v (x, y) <strong>del</strong>la funzione analitica w = u + iv (allo studente lo sviluppo analogo<br />

<strong>del</strong>l’altro caso).<br />

Sappiamo quin<strong>di</strong> per ipotesi che<br />

Costruiamo la forma <strong>di</strong>fferenziale<br />

∆u = uxx + uyy = 0 (516)<br />

Φd = −uydx + uxdy (517)<br />

(ovviamente dall’ipotesi le derivate parziali ux, uy esistono... sono anche<br />

continue?)<br />

Ora dall’analisi sappiamo che se sono tale forma è un <strong>di</strong>fferenziale esatto se<br />

sono verificate le Con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Schwartz:<br />

(−uy) y = (ux) x<br />

(518)<br />

Ma la con<strong>di</strong>zione sopra è verificata per ipotesi (armonicità <strong>del</strong>l u). Ergo Φd<br />

è il <strong>di</strong>fferenziale esatto <strong>di</strong> una qualche funzione a due variabili che chiameremo<br />

v (x, y) :<br />

dv = −uydx + uxdy (519)<br />

. Ma se conosciamo il <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> una funzione allora la funzione è determinabile<br />

(a meno <strong>di</strong> una costante c ). Infatti siccome il <strong>di</strong>fferenziale (esatto) è<br />

l’operatore inverso <strong>del</strong>l’Integrale (a meno <strong>di</strong> una costante) abbiamo<br />

<br />

c + dv = v (520)<br />

o anche<br />

v (x, y) = c +<br />

(x,y) <br />

(x0,y0),Γ<br />

dv =<br />

(x,y) <br />

(x0,y0),Γ<br />

(−uy (x ′ , y ′ ) dx ′ + ux (x ′ , y ′ ) dy ′ ) (521)<br />

dove l’integrale <strong>di</strong> linea è calcolato lungo una qualsiasi curva Γ che partendo<br />

da un punto arbitrariamente pre-scelto (x0, y0) porti al punto generico (x, y) .<br />

L’in<strong>di</strong>pendenza <strong>del</strong>l’integrale dal cammino Γ è dovuta proprio al fatto che<br />

l’integrando è un <strong>di</strong>fferenziale esatto. Il punto <strong>di</strong> partenza (x0, y0) può essere<br />

scelto arbitrariamente ma una volta scelto è chiaro che<br />

c = v (x0, y0) (522)<br />

77


ok, abbiamo costruito (a meno <strong>di</strong> una costante) una funzione v (x, y) partendo<br />

dalla conoscenza <strong>del</strong>la funzione u (x, y) (armonica!). Ora costruiamo la<br />

funzione complessa<br />

w = u + iv (523)<br />

Tale funzione è analitica?<br />

Ovviamente sì, dato che abbiamo implicitamente imposto la vali<strong>di</strong>tà <strong>del</strong>le<br />

CR. Infatti abbiamo visto che<br />

dv = −uydx + uxdy (524)<br />

ma sappiamo dall’analisi che il <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> una funzione <strong>di</strong> due variabili è<br />

e quin<strong>di</strong>, confrontando, devono valere le CR.<br />

QED<br />

dv = vxdx + vydy (525)<br />

Remark 128 Benchè il cammino Γ sia arbitrario, è chiaro che una scelta oculata<br />

<strong>del</strong>lo stesso può facilitare i conti... (ve<strong>di</strong> successivi esercizi).<br />

Exercise 129 Determinare se le seguenti funzioni reali (in due variabili reali)<br />

costituiscono la parte reale <strong>di</strong> una funzione analitica e, in caso positivo, determinare<br />

la parte immaginaria e scrivere quin<strong>di</strong> la funzione analitica in termini<br />

<strong>del</strong>la variabile complessa<br />

1. u(x, y) = xy<br />

2. u(x, y) = x<br />

y<br />

3. u(x, y) = x + y<br />

4. u(x, y) = x 2 + y 2<br />

5. u(x, y) = x 2 − y 2<br />

6. u(x, y) = cos(x 2 − y 2 )<br />

7. u(x, y) = e 2y sin(2x)<br />

8. u(x, y) = e y cos(2x)<br />

9. u(x, y) = sin(x) cosh(y)<br />

10. u(x, y) = e −x (x sin(y) − y cos(y))<br />

Svolgimento:<br />

5) u(x, y) = x 2 − y 2<br />

78


• ve<strong>di</strong>amo se è armonica<br />

ux = 2x, uy = −2y (526)<br />

uxx = 2 = −uyy<br />

quin<strong>di</strong> OK, posso costruire la parte immaginaria.<br />

• Uso la 521:<br />

v (x, y) = c+<br />

(527)<br />

(x,y) <br />

(−uy (x<br />

(x0,y0),Γ<br />

′ , y ′ ) dx ′ + ux (x ′ , y ′ ) dy ′ ) = c+<br />

(x,y) <br />

(2y<br />

(x0,y0),Γ<br />

′ dx ′ + 2x ′ dy ′ )<br />

(528)<br />

Devo scegliere un cammino: spesso la scelta più semplice è la linea da (x0, y0)<br />

a (x, y0) e poi da (x, y0) a (x, y) .nel primo tratto avrò dunque<br />

e quin<strong>di</strong><br />

nel secondo tratto<br />

(x,y0) <br />

(x0,y0)<br />

(x,y) <br />

(x,y0)<br />

y ′ = y0 =⇒ dy ′ = 0 (529)<br />

(2y0dx ′ ′ x<br />

) = 2y0 x ⌋ = 2y0 (x − x0) (530)<br />

x0<br />

x ′ = x =⇒ dx ′ = 0 (531)<br />

(2xdy ′ ) = 2x y ′ ⌋ y y0<br />

quin<strong>di</strong> sommando i due contributi<br />

ovviamente<br />

= 2xy − 2xy0<br />

v (x, y) = c + 2xy − 2xy0 + 2xy0 − 2x0y0 = c + 2xy − 2x0y0<br />

(532)<br />

(533)<br />

v (x0y0) = c (534)<br />

Per esercizio constatiamo che lo stesso risultato si raggiunge seguendo un<br />

altro cammino. Prenderemo ora la retta che va da (x0, y0) a (x, y) :<br />

con<br />

allora<br />

y ′ = ax ′ + b; dy ′ = adx ′<br />

a =<br />

x<br />

v (x, y) = c +<br />

y − y0<br />

; b = y0 − ax0<br />

x − x0<br />

x0<br />

(535)<br />

(536)<br />

(2 (ax ′ + b) dx ′ + 2x ′ (adx ′ )) (537)<br />

Si lascia allo studente la verifica. Si consiglia <strong>di</strong> provare per esercizio ad usare<br />

altre curve per il cammino.<br />

79


• modo alternativo (forse più semplice?):<br />

Sappiamo che<br />

ma allora devono valere<br />

vx = −uy = 2y; vy = ux = 2x (538)<br />

v (x, y) = x<br />

v (x, y) =<br />

x0<br />

y<br />

y0<br />

vx (x ′ , y) dx ′ + α (y) + k1<br />

vy (x, y ′ ) dy ′ + β (x) + k2<br />

(539)<br />

(540)<br />

ove le funzioni α (y) , β (x) sono funzioni per ora arbitrarie <strong>del</strong> loro argomento e<br />

k1, k2 sono costanti numeriche arbitrarie.<br />

Quin<strong>di</strong> abbiamo<br />

ma anche<br />

v (x, y) = x<br />

2ydx ′ + α (y) + k1 = 2xy − 2x0y + α (y) + k1<br />

v (x, y) =<br />

x0<br />

y<br />

2xdy ′ + β (x) + k2 = 2xy − 2y0x + β (x) + k2<br />

y0<br />

(541)<br />

(542)<br />

confrontando (cioè imponendo l’uguaglianza dei due risultati apparentemente<br />

<strong>di</strong>versi) si fissano le funzioni finora arbitrarie<br />

−2x0y + α (y) = 0 = −2y0x + β (x) ; k1 = k2 = v (x0y0) − 2x0y0<br />

(543)<br />

Remark 130 lo studente dovrebbe già avere incontrato problemi analoghi, a.e.<br />

nella ricostruzione <strong>del</strong> potenziale dalla conoscenza <strong>del</strong>le componenti <strong>di</strong> una forza<br />

conservativa.<br />

• funzione in termini <strong>di</strong> z<br />

Dunque abbiamo la parte reale u(x, y) = x 2 − y 2 e la parte immaginaria<br />

v (x, y) = 2xy + k. <strong>La</strong> funzione analitica è<br />

w = x 2 − y 2 + i (2xy + k) (544)<br />

Scriviamola in termini <strong>di</strong> z : tutti avranno indovinato (potevano farlo dall’inizio)<br />

ma tuttavia controlliamo usando le 378,379<br />

<br />

z + ¯z<br />

w =<br />

2<br />

2<br />

<br />

z − ¯z<br />

−<br />

2i<br />

2<br />

che non <strong>di</strong>pende da ¯z e quin<strong>di</strong> è analitica<br />

<br />

+ i k +<br />

z + ¯z<br />

2<br />

<br />

z − ¯z<br />

2i<br />

(545)<br />

w = z 2 + costante (546)<br />

80


––––––––––––––––––—<br />

I mo<strong>di</strong> illustrati e nella <strong>di</strong>mostrazione <strong>del</strong> teorema e nello svolgimento <strong>del</strong><br />

precedente esercizio sono effettivi ma te<strong>di</strong>osi. In realtà esistono mo<strong>di</strong> più rapi<strong>di</strong><br />

(scorciatoie) per ricostruire una funzione analitica dalla conoscenza <strong>del</strong>la sua<br />

parte reale (o immaginaria). Ovviamente prima bisogna accertare l’armonicità<br />

<strong>del</strong>la supposta parte reale/immaginaria oppure a posteriori verificare che la<br />

funzione analitica ricostruita abbia effettivamente le giuste proprietà...)<br />

• Scorciatoie:<br />

Supponiamo <strong>di</strong> aver verificato l’armonicità <strong>di</strong> u(x, y) = x 2 − y 2 . Allora sappiamo<br />

che esiste una funzione analitica e quin<strong>di</strong> derivabile con u(x, y) = x 2 − y 2<br />

come parte reale (funzione definita a meno <strong>di</strong> una costante ad<strong>di</strong>tiva numerica)<br />

Dalla 433 sappiamo anche che a.e.<br />

Usando le CR scriviamo<br />

w ′ = fx = ux + ivx<br />

(547)<br />

w ′ = ux(x, y) − iuy(x, y) (548)<br />

ma la u è nota e così anche le derivate parziali, quin<strong>di</strong><br />

w ′ = 2x − i(−2y) = 2x + i2y (549)<br />

Ora passiamo alle variabili complesse usando le 378,379 (e sapendo già a priori<br />

che otterremo una funzione solo in z... in realtà non lo abbiamo ancora <strong>di</strong>mostrato<br />

ma abbiamo premesso che <strong>di</strong>mostreremo che se una funzione è derivabile<br />

nel complesso è ivi derivabile indefinitamente: cioè la derivata <strong>di</strong> una<br />

funzione analitica è analitica)<br />

e quin<strong>di</strong><br />

w ′ = f ′ (z) = 2z (550)<br />

w = f ′ (z)dz + k = z 2 + k (551)<br />

Notare che, come deve essere (giustificare!)<br />

In effetti<br />

w ′ = f ′ (z) = ux(z, 0) − iuy(z, 0) (552)<br />

w ′ = 2z − i(0) (553)<br />

Quin<strong>di</strong> bastava calcolare le derivate prime <strong>di</strong> u per ricostruire rapidamente<br />

la f ′ (z) e dopo per ’normale’ integrazione la f(z).<br />

Exercise 131 investigare tutte le ’varianti’ <strong>di</strong> quanto sopra detto<br />

81


Exercise 132 <strong>di</strong>mostrare in generale che se w = u(x, y) + iv(x, y) è analitica<br />

allora<br />

w = f(z) = u(z, 0) + iv(z, 0) = u(0, z z<br />

) + iv(0, )<br />

i i<br />

(554)<br />

Come preannunciato si può fare uso imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> questa scorciatoia<br />

per vedere a posteriori se siamo arrivati sani e salvi o siamo caduti da un <strong>di</strong>rupo.<br />

Proviamo con<br />

Exercise 133 trovare la funzione analitica con parte reale<br />

Svolgimento:<br />

cioè<br />

calcoliamo<br />

u(x, y) = e x (x cos(y) − y sin(y)) (555)<br />

ux = e x (x cos(y) − y sin(y)) + e x cos(y) (556)<br />

uy = −e x x sin(y) − e x sin(y) − e x y cos(y) (557)<br />

Applichiamo tentativamente la 552:<br />

da cui per integrazione<br />

w ′ = f ′ (z) = ux(z, 0) − iuy(z, 0) = (558)<br />

e z (z cos(0) − 0 sin(0)) + e z cos(0) + (559)<br />

−i (−e z z sin(0) − e z sin(0) − e z 0 cos(0)) (560)<br />

w ′ = f ′ (z) = ze z + e z<br />

(561)<br />

w = f(z) = ze z + k (562)<br />

e’ andata bene!<br />

check: la parte reale <strong>di</strong> tale funzione è effettivamente (a meno <strong>di</strong> costanti)<br />

u(x, y) = e x (x cos(y) − y sin(y))<br />

Exercise 134 trovare la funzione analitica con parte reale<br />

Svolgimento:<br />

allora<br />

e quin<strong>di</strong> sarebbe<br />

u(x, y) = x 2 + y 2<br />

(563)<br />

ux = 2x; uy = 2y (564)<br />

w ′ = f ′ (z) = ux(z, 0) − iuy(z, 0) = 2z − i(0) = 2z (565)<br />

w = f ′ (z)dz + k = z 2 + k (566)<br />

MA E’ ANDATA MALE!<br />

check: la parte reale <strong>di</strong> z 2 è Re z 2 = x 2 −y 2 = u(x, y). Ergo la u proposta<br />

non era armonica! (check!)<br />

82


Problem 135 esiste una scorciatoia ancora più ripida (che non passa nemmeno<br />

attraverso le derivate):<br />

Giustificare!<br />

w = f(z) = 2u( z<br />

2<br />

, −iz<br />

2<br />

) = 2iv(z<br />

2<br />

Exercise 136 usando la 567 rifare l’esercizio 133<br />

Svolgimento:<br />

per la formula <strong>di</strong> Eulero<br />

, −iz ) (567)<br />

2<br />

u(x, y) = e x (x cos(y) − y sin(y)) =⇒ (568)<br />

f(z) = 2e z <br />

z<br />

2<br />

2 cos<br />

<br />

−i z<br />

<br />

+ i<br />

2<br />

z<br />

2 sin<br />

<br />

−i z<br />

<br />

(569)<br />

2<br />

= ze z <br />

2 cos −i z<br />

<br />

+ i sin −i<br />

2<br />

z<br />

<br />

(570)<br />

2<br />

f(z) = ze z z i(−i 2 e 2) (571)<br />

= ze z<br />

(572)<br />

....................................................................<br />

<strong>La</strong> stessa definizione <strong>di</strong> analiticità e poi le CR già facevano chiaramente<br />

intendere che la parte reale e la parte immaginaria <strong>di</strong> una funzione analitica<br />

non possono essere in<strong>di</strong>pendenti... il teorema precedente ci <strong>di</strong>ce che in realtà la<br />

conoscenza <strong>di</strong> una <strong>del</strong>le due è praticamente sufficiente per conoscere l’altra. E<br />

quin<strong>di</strong>, mentre in generale le funzioni sono la collezione <strong>di</strong> DUE funzioni reali <strong>di</strong><br />

due variabili reali, le funzioni analitiche sono costituite in pratica da UNA sola<br />

funzione reale <strong>di</strong> due variabili reali...<br />

Gli esercizi e i remarks ci hanno offerto utili scorciatoie per la ricostruzione<br />

<strong>di</strong> una funzione analitica complessa da dati parziali. Il teorema successivo ci<br />

fornisce un’ulteriore bella e importante proprietà geometrica <strong>di</strong> una funzione<br />

analitica.<br />

Theorem 137 Sia data la funzione analitica<br />

Consideriamo<br />

w = u(x, y) + iv(x, y) (573)<br />

u(x, y) = k1<br />

v(x, y) = k2<br />

(574)<br />

(575)<br />

Al variare dei parametri reali k1, k2 le equazioni precedenti descrivono due famiglie<br />

<strong>di</strong> curve nel piano. Queste due famiglie sono ortogonali (cioè ogni curva <strong>del</strong>la<br />

prima famiglia è ortogonale ad ogni curva <strong>del</strong>la seconda famiglia)<br />

83


O<br />

u(x,y)=k1 v(x,y)=k2<br />

φ2<br />

φ<br />

Figure 10:<br />

φ1<br />

Proof. Si scelgano due particolari curve (fissando i parametri)<br />

Differenziamo:<br />

u(x, y) = ˜ k1<br />

v(x, y) = ˜ k2<br />

ma allora (’<strong>di</strong>videndo’ 578 per dx...)<br />

(576)<br />

(577)<br />

du(x, y) = uxdx + uydy = d ˜ k1 = 0 (578)<br />

dv(x, y) = vxdx + vydy = d ˜ k2 = 0 (579)<br />

dy<br />

dx = −ux(x, y)<br />

uy(x, y)<br />

(580)<br />

e ricor<strong>di</strong>amo che questa è l’espressione <strong>del</strong>la tangente alla curva u(x, y) (ve<strong>di</strong><br />

figura):<br />

tan (φ1) = − ux(x, y)<br />

(581)<br />

uy(x, y)<br />

Analogamente<br />

tan (φ 2 ) = − vx(x, y)<br />

vy(x, y)<br />

e ovviamente l’angolo tra le tangenti alle curve è<br />

φ = φ 1 − φ 2<br />

84<br />

(582)<br />

(583)


Allora<br />

Ma, usando le CR, abbiamo<br />

e quin<strong>di</strong><br />

tan (φ) = tan (φ 1 − φ 2) = tan (φ 1) − tan (φ 2)<br />

1 + tan (φ 1) tan (φ 2)<br />

tan (φ) =<br />

ux<br />

uy<br />

vx<br />

vy<br />

− vy vx<br />

1 − vy vx<br />

vx vy<br />

= − vy<br />

vx<br />

= ∞ =⇒ φ = π<br />

2<br />

(584)<br />

(585)<br />

(586)<br />

QED<br />

Ovviamente tutto ciò dovrebbe essere familiare ai Fisici... Infatti consideriamo<br />

per il momento la fisica bi<strong>di</strong>mensionale (nel piano) ed interpretiamo u (x, y)<br />

come un potenziale. Allora u(x, y) = k1 sono le ’superfici’ (ma nel piano sono<br />

curve...) equipotenziali legate al campo <strong>di</strong> forza conservativo<br />

F = ∇u ≡ (F1 (x, y) , F2 (x, y)) ≡ (ux, uy) (587)<br />

Ora chie<strong>di</strong>amoci quali sono le linee <strong>di</strong> forza <strong>di</strong> tale campo (cioè le linee tali<br />

che in ogni punto il vettore forza è tangente alla linea stessa - sono dette anche<br />

linee <strong>di</strong> campo, o <strong>di</strong> corrente, o <strong>di</strong> flusso...). Ovviamente presa la retta tangente<br />

in un punto <strong>di</strong> tale linea, la tangente trigonometrica <strong>del</strong>l’angolo φ formato dalla<br />

tangente geometrica con l’asse <strong>del</strong>le x è:<br />

Ma usando le CR<br />

tan(φ) = F2<br />

F1<br />

= uy<br />

ux<br />

tan(φ) = − vx<br />

vy<br />

(588)<br />

(589)<br />

e quin<strong>di</strong>, dalla 582, audemus <strong>di</strong>cere che se la parte reale <strong>di</strong> una funzione analitica<br />

rappresenta il potenziale <strong>di</strong> un campo conservativo allora la parte immaginaria<br />

rappresenta le linee <strong>di</strong> forza <strong>di</strong> tale campo (e viceversa). Dovrebbe essere arcinoto<br />

che le linee <strong>di</strong> forza sono ortogonali alle ’superfici’ equipotenziali (se lo<br />

studente rimanesse perplesso, consideri il lavoro fatto da una eventuale componente<br />

<strong>del</strong>la forza tangente alla ’superficie’ equipotenziale’).<br />

Exercise 138 trovare la famiglia <strong>del</strong>le curve ortogonali a<br />

1. xy = k<br />

2. xy(x 2 − y 2 ) = k<br />

3. r 2 cos(2θ) = k<br />

L’analisi complessa può essere impiegata anche per risolvere problemi in<br />

campo reale... ad esempio per risolvere un’equazione <strong>di</strong> <strong>La</strong>place non-omogenea.<br />

Ve<strong>di</strong> i seguenti esercizi.<br />

85


Exercise 139 mostrare che il lapaciano ∆ = ∂2<br />

∂2x coor<strong>di</strong>nate complesse come<br />

e<br />

Svolgimento:<br />

Dalle 443 , 444 abbiamo<br />

e quin<strong>di</strong>, sommando, la tesi.<br />

∆ = 4 ∂2<br />

∂z∂¯z<br />

+ ∂2<br />

∂ 2 y<br />

può essere scritto in<br />

(590)<br />

∂xx = (∂z + ∂¯z) (∂z + ∂¯z) (591)<br />

= ∂zz + ∂¯z¯z + 2∂z¯z (592)<br />

∂yy = i (∂z − ∂¯z) i (∂z − ∂¯z) (593)<br />

= − (∂zz + ∂¯z¯z − 2∂z¯z) (594)<br />

Exercise 140 usare il risultato <strong>del</strong>l’esercizio precedente per risolvere l’equazione<br />

<strong>di</strong>fferenziale (equazione <strong>di</strong> <strong>La</strong>place non-omogenea)<br />

Svolgimento:<br />

∆f (x, y) = 8(x + y) (595)<br />

passiamo alle coor<strong>di</strong>nate complesse<br />

4 ∂2<br />

<br />

z + ¯z − ¯z<br />

f (z, ¯z) = 8 − iz = 4 [(1 − i) z + (1 + i) ¯z] (596)<br />

∂z∂¯z 2 2<br />

allora integrando rispetto a z (e tenendo ¯z costante) abbiamo<br />

∂<br />

z2<br />

f (z, ¯z) = (1 − i) + (1 + i) ¯zz + ˜g(¯z) (597)<br />

∂¯z 2<br />

dove la ˜g(¯z) è una funzione arbitraria <strong>del</strong> suo argomento (dovuta al fatto che<br />

abbiamo ’invertito’ una derivata parziale... allo studente converrebbe sempre<br />

fare dei check dei risultati parziali: ad esempio ora si calcoli la derivata parziale<br />

rispetto a z <strong>del</strong>la 597 per riottenere la 596)<br />

Ora integriamo la 597 rispetto a ¯z (e tenendo z costante)<br />

f (z, ¯z) = (1 − i) z2¯z 2 + (1 + i) ¯z2 z<br />

+ g(¯z) + h(z) (598)<br />

2<br />

ove le funzioni h e g (che è l’integrale <strong>di</strong> ˜g(¯z)) sono funzioni arbitrarie <strong>del</strong> loro<br />

argomento. Abbiamo quin<strong>di</strong> la soluzione particolare <strong>del</strong>la equazione <strong>di</strong> <strong>La</strong>place<br />

non-omogenea<br />

˜f (z, ¯z) = (1 − i) z2¯z 2 + (1 + i) ¯z2 z<br />

(599)<br />

2<br />

86


più la soluzione generale <strong>del</strong>l’omogenea<br />

ˆf (z, ¯z) = g(¯z) + h(z) (600)<br />

Possiamo ora tornare alle coor<strong>di</strong>nate cartesiane per avere la soluzione (particolare)<br />

<strong>del</strong>l’equazione <strong>di</strong> <strong>La</strong>place originaria in campo reale<br />

<br />

˜f<br />

z + ¯z − ¯z<br />

(x, y) = z¯z − iz =<br />

2 2<br />

x 2 + y 2 (x + y) (601)<br />

Exercise 141 verificare che la 599 è effettivamente reale (come deve essere).<br />

Exercise 142 verificare che la 601 è effettivamente soluzione <strong>del</strong>l’equazione <strong>di</strong><br />

<strong>La</strong>place <strong>di</strong> partenza.<br />

Problem 143 dall’esercizio precedente sembrerebbe che la funzione generale armonica,<br />

cioè la soluzione generale <strong>del</strong>l’equazione <strong>di</strong> <strong>La</strong>place omogenea, sia<br />

∆f = 0 =⇒ f(x, y) = g(x − iy) + h(x + iy) (602)<br />

ove h e g sono funzioni arbitrarie <strong>del</strong> loro argomento. Cioè<br />

f = g(z) + h(z) (603)<br />

Ma allora come si concilia tutto ciò con il terorema che <strong>di</strong>ce che sia la parte reale<br />

sia la parte immaginaria <strong>di</strong> una funzione analitica DEVONO essere armoniche<br />

? (la funzione generale armonica appare qui essere funzione sia <strong>di</strong> z che <strong>di</strong> z<br />

...). E ancora: se ho considerato l’equazione <strong>di</strong> <strong>La</strong>place omogenea in campo<br />

reale, come mai mi ritrovo una funzione complessa? Sfrugugliare con giu<strong>di</strong>zio...<br />

5 Integrazione complessa<br />

Partiamo, come al solito, tentando estensioni imme<strong>di</strong>ate al campo complesso<br />

<strong>del</strong>le conoscenze maturate nel campo reale. Data una curva (una linea) Γ nel<br />

piano complesso che congiunga i punti z0 e z1, ve<strong>di</strong>amo cosa significa<br />

ove<br />

z1 <br />

z0,Γ<br />

è una generica funzione complessa e ovviamente<br />

wdz (604)<br />

w = u (x, y) + iv(x, y (605)<br />

dz = dx + idy (606)<br />

87


Allora 604 è chiaramente<br />

z1 <br />

z0,Γ<br />

wdz =<br />

(x1,y1) <br />

(x0,y0),Γ<br />

Separando parte reale e parte immaginaria abbiamo:<br />

z1 <br />

z0,Γ<br />

wdz =<br />

(x1,y1) <br />

(x0,y0),Γ<br />

[u (x, y) dx − v(x, y)dy] + i<br />

(u (x, y) + iv(x, y)) (dx + idy) (607)<br />

(x1,y1) <br />

(x0,y0),Γ<br />

[v(x, y)dx + u (x, y) dy]<br />

(608)<br />

Quin<strong>di</strong>, in generale, un integrale nel piano complesso non è altro che la somma<br />

(complessa) <strong>di</strong> due integrali <strong>di</strong> linea reali. Come nel caso <strong>del</strong>la derivazione,<br />

sembrerebbe che tutta la teoria sia già nota e tutto sia riconducibile allo stu<strong>di</strong>o<br />

<strong>del</strong>le funzioni <strong>di</strong> due variabili complesse. Vedremo che l’esistenza <strong>del</strong>le funzioni<br />

analitiche cambia drasticamente le carte in tavola e incontreremo interessanti<br />

novità. Perintanto però la 608 permette <strong>di</strong> estendere al campo complesso tutta<br />

una serie <strong>di</strong> nozioni note in campo reale.<br />

5.1 Proprietà degli integrali<br />

1. <br />

wdz = − <br />

wdz (609)<br />

Γ<br />

ove con −Γ in<strong>di</strong>chiamo ovviamente la curva Γ percorsa in senso inverso<br />

(cioè da z1 a z0 ).<br />

2. <br />

(αw) dz = α <br />

wdz (610)<br />

ove α è una costante (complessa).<br />

Γ<br />

Γ<br />

3. <br />

(w + ˜w) dz = <br />

wdz + <br />

˜wdz (611)<br />

cioè, a parole, l’integrale <strong>del</strong>la somma è la somma degli integrali (ad<strong>di</strong>tività:<br />

unita alla precedente proprietà, fà <strong>del</strong>l’integrale un operatore lineare).<br />

4. <br />

(ad<strong>di</strong>tività sul percorso)<br />

Γ=Γ1+Γ2<br />

5. <br />

<br />

Γ<br />

wdz = <br />

Γ<br />

Γ1<br />

−Γ<br />

Γ<br />

Γ<br />

wdz + <br />

Γ2<br />

wdz (612)<br />

<br />

<br />

wdz<br />

≤<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

|w| dz<br />

≤ LM (613)<br />

ove L è la lunghezza <strong>del</strong>la curva Γ, mentre M è il massimo valore assunto<br />

dal modulo <strong>del</strong>la funzione w lungo la curva stessa.<br />

Γ<br />

88


Remark 144 lo studente può facilmente <strong>di</strong>mostrare le proprietà suddette che<br />

sono tuttavia intuitive se si si tiene presente il concetto ’naive’ <strong>del</strong>l’integrale<br />

come somma degli infiniti contributi <strong>del</strong>la funzione lungo il percorso (un pò più<br />

precisamente: spezzare il percorso Γ in N tratti <strong>di</strong> lunghezza ∆, moltiplicare<br />

un valore <strong>del</strong>la funzione nel tratto - uno qualsiasi - per ∆, sommare il tutto e<br />

considerare il limite per N → ∞, ∆ → 0, ma N∆ = L, la lunghezza <strong>del</strong>la curva)<br />

. Le rappresentazioni ’naive’ possono essere pericolose (a volte portano ad abbagli)<br />

ma non dovrebbero essere trascurate come mezzo euristico. Ad esempio<br />

la proprietà 613 <strong>di</strong>viene evidente: se invece <strong>del</strong>la funzione prendo il massimo<br />

<strong>del</strong> modulo ovviamente maggioro e siccome per ogni tratto devo sommare una<br />

costante (M) per la lunghezza <strong>del</strong> tratto avrò il massimo M per la lunghezza L<br />

<strong>del</strong>la curva.<br />

5.2 Integrali ’parametrici’<br />

Se la curva Γ è regolare (o regolare a tratti - ve<strong>di</strong> dopo) e ha equazioni parametriche<br />

allora<br />

(x1,y1) <br />

(x0,y0),Γ<br />

[u (x, y) dx − v(x, y)dy] =<br />

x = φ(t) (614)<br />

y = ψ(t) (615)<br />

(x1,y1) <br />

(x0,y0),Γ<br />

(abbiamo ’<strong>di</strong>viso’ e ’moltiplicato’ per dt ...); e quin<strong>di</strong><br />

(x1,y1) <br />

(x0,y0),Γ<br />

[u (x, y) dx − v(x, y)dy] =<br />

Analogamente<br />

(x1,y1) <br />

(x0,y0),Γ<br />

[v(x, y)dx + u (x, y) dy] =<br />

t1 <br />

t0<br />

t1 <br />

t0<br />

<br />

dt u (x, y) dx<br />

<br />

− v(x, y)dy<br />

dt dt<br />

(616)<br />

dt u (φ(t), ψ(t)) φ ′ (t) − v(φ(t), ψ(t))ψ ′ (t) <br />

(617)<br />

dt v (φ(t), ψ(t)) φ ′ (t) + u(φ(t), ψ(t))ψ ′ (t) <br />

(618)<br />

e quin<strong>di</strong> l’integrale complesso viene in pratica ricondotto ad un normale<br />

integrale reale <strong>di</strong> variabile reale (un altro modo per mostrare che le proprità<br />

classiche degli integrali valgono ancora in campo complesso).<br />

––––––––––-<br />

Exercise 145 calcolare<br />

z1 <br />

z0,Γ<br />

(¯z − i)dz (619)<br />

ove z0 = 0, z1 = 2 (1 − i) e la curva Γ è data in equazione cartesiana<br />

y 2 = 2x (620)<br />

89


Svolgimento:<br />

passiamo alla forma 608<br />

(x1,y1) <br />

(x0,y0),Γ<br />

[u (x, y) dx − v(x, y)dy] + i<br />

(2,−2) <br />

(0,0),Γ<br />

ma sulla curva<br />

e quin<strong>di</strong><br />

(−2) <br />

(0),Γ<br />

y 3<br />

w = ¯z − i = x − i(y + 1) (621)<br />

(x1,y1) <br />

(x0,y0),Γ<br />

(2,−2) <br />

[xdx − (y + 1)dy] + i<br />

2<br />

<br />

− (y + 1)<br />

y − y2<br />

2<br />

+ y4<br />

8<br />

(0,0),Γ<br />

[v(x, y)dx + u (x, y) dy] = (622)<br />

[(y + 1)dx + xdy] (623)<br />

x = y2<br />

; dx = ydy (624)<br />

2<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

dy + i<br />

−2<br />

0<br />

(−2) <br />

(0),Γ<br />

+ i y2<br />

2<br />

<br />

+ y3<br />

2<br />

(y + 1)y + y2<br />

2<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

−2<br />

0<br />

<br />

dy = (625)<br />

= 4 + 6i (626)<br />

metodo alternativo:<br />

è chiaro che la curva può essere scritta in forma parametrica come<br />

y = t; x = t2<br />

2<br />

e il parametro corre da t0 = 0 a t1 = −2<br />

e quin<strong>di</strong> passiamo alla forma parametrica. Parte reale:<br />

t1 <br />

t0<br />

Parte immaginaria<br />

(627)<br />

dt u (φ(t), ψ(t)) φ ′ (t) − v(φ(t), ψ(t))ψ ′ (t) = (628)<br />

−2 <br />

0<br />

−2 <br />

0<br />

<br />

3 t<br />

dt − (t − 1) = 4 (629)<br />

2<br />

<br />

dt<br />

(t − 1) t + t2<br />

2<br />

<br />

= 6 (630)<br />

Exercise 146 provate a calcolare lo stesso integrale usando cammini <strong>di</strong>versi (vi<br />

aspettate lo stesso risultato?)<br />

Exercise 147 calcolare<br />

<br />

(z − z0) −1 dz; Γ ≡ |z − z0| = ρ (631)<br />

Svolgimento:<br />

Γ<br />

90


<strong>La</strong> linea Γ è quin<strong>di</strong> una linea chiusa ed è evidentemente il cerchio <strong>di</strong> centro<br />

z0 e raggio ρ. Conviene esprimerla in forma parametrica passando alle coor<strong>di</strong>nate<br />

polari (ma lo studente provi lo stesso a svolgere l’esercizio in coor<strong>di</strong>nate<br />

cartesiane)<br />

z − z0 = ρe iθ ; 0 ≤ θ < 2π (632)<br />

(in realtà potremmo usare θ0 ≤ θ < θ0 + 2π con θ0 arbitrario). Il parametro<br />

è quin<strong>di</strong> θ mentre ρ è ovviamente una costante e quin<strong>di</strong><br />

Perciò<br />

dz = iρe iθ dθ = i (z − z0) dθ (633)<br />

<br />

(z − z0) −1 dz = 2π <br />

(z − z0) −1 i (z − z0) dθ = i2π (634)<br />

Γ<br />

0<br />

Remark 148 notare che l’integrale NON <strong>di</strong>pende dal raggio <strong>del</strong> cerchio! in<br />

effetti <strong>di</strong>mostreremo che il suo valore è lo stesso per QUALSIASI curva chiusa<br />

Γ che abbia al suo interno z0 e sia percorsa una sola volta (in senso antiorario)<br />

5.3 Miscellanea<br />

Richiamiamo alcune definizioni e nozioni che, pur te<strong>di</strong>ose, sono necessarie.<br />

• una linea continua chiusa e semplice (cioè senza intersezioni) è detta curva<br />

<strong>di</strong> Jordan<br />

• una linea è detta regolare se la tangente è ben definita in ogni punto <strong>del</strong>la<br />

linea (a.e. una circonferenza)<br />

• una linea è detta regolare a tratti se può essere sud<strong>di</strong>visa in un numero<br />

(finito) <strong>di</strong> linee regolari (a.e. un poligono<br />

• una regione <strong>di</strong>cesi semplicemente connessa se qualsiasi linea chiusa completamente<br />

appartenente alla regione può essere deformata fino a ridursi<br />

ad un punto senza uscire dalla regione. Se questo non è possibile parliamo<br />

<strong>di</strong> regione multiplamente connessa. In altre parole immaginate <strong>di</strong> avere<br />

un cappio nella regione e <strong>di</strong> farlo in tutti i mo<strong>di</strong> possibili, se stringendo il<br />

cappio niente mai è impiccato... la regione è semplicemente connessa. In<br />

termini ancora più semplici non devono esserci ’buchi’: ve<strong>di</strong> la figura:<br />

• Una curva <strong>di</strong> Jordan <strong>di</strong>vide il piano in due regioni: una regione limitata che<br />

viene detta interno <strong>del</strong>la curva e l’altra illimitata che viene detta esterno<br />

<strong>del</strong>la curva (Teorema <strong>del</strong>la curva <strong>di</strong> Jordan). Si vede facilmente che<br />

la regione interna è semplicemente connessa e la curva <strong>di</strong> Jordan è la sua<br />

frontiera.<br />

91


Semplicemente connessa<br />

Figure 11:<br />

Multiplamente connessa<br />

• CONVENZIONE SUL VERSO DI PERCORRENZA DI UN CAMMINO<br />

CHIUSO: la frontiera <strong>di</strong> una regione è percorsa in senso (o verso) positivo<br />

se un camminatore su <strong>di</strong> essa vede sempre la regione alla sua sinistra<br />

. Notare che se la regione è semplicemente connessa la frontiera è una<br />

curva chiusa Γ che per la convenzione <strong>di</strong> sopra verrà percorsa in senso<br />

anti-orario. Se invece la regione è multiplamente connessa la frontiera Γ<br />

è una collezione <strong>di</strong> curve chiuse e le curve che <strong>del</strong>imitano i ’buchi’ sono<br />

percorse in senso orario (ve<strong>di</strong> figura). L’integrale lungo Γ (contorno <strong>di</strong><br />

una regione) è detto spesso integrale <strong>di</strong> contorno. e viene in<strong>di</strong>cato con<br />

<br />

(635)<br />

• Lemma <strong>di</strong> Gauss:<br />

Γ<br />

<br />

f(x, y)dx = − <br />

fy(x, y)dxdy (636)<br />

Γ<br />

{Γ}<br />

<br />

f(x, y)dy = <br />

fx(x, y)dxdy (637)<br />

Γ<br />

{Γ}<br />

ove con {Γ} in<strong>di</strong>chiamo la regione ℜ che ha per contorno Γ (e Γ è percorsa nel<br />

verso positivo)<br />

• Teorema <strong>di</strong> Green nel piano : è una conseguenza imme<strong>di</strong>ata <strong>del</strong> Lemma<br />

<strong>di</strong> Gauss<br />

<br />

[f(x, y)dx + g(x, y)dy] = <br />

[gx(x, y) − fy(x, y)] dxdy (638)<br />

Γ<br />

{Γ}<br />

92


Remark 149 Per la precisione: le funzioni coinvolte dovrebbero essere continue<br />

e avere derivate parziali prime continue sia in Γ sia nella regione {Γ} .<br />

• Forma complessa <strong>del</strong> teorema <strong>di</strong> Green<br />

Consideriamo le trasformazioni <strong>di</strong> variabile (x, y) ↔ (z, ¯z) e le conseguenti<br />

espressioni per le derivate parziali. Allora (check!)<br />

<br />

Γ<br />

[f(x, y)dx + g(x, y)dy] = 1 <br />

{[F (z, ¯z) − iG (z, ¯z)] dz + [F (z, ¯z) + iG (z, ¯z)] d¯z} =<br />

2 Γ<br />

(639)<br />

= i <br />

{[F¯z (z, ¯z) − iG¯z (z, ¯z)] − [Fz (z, ¯z) + iGz (z, ¯z)]} dS (640)<br />

ove<br />

{Γ}<br />

<br />

<br />

z + ¯z z − ¯z<br />

z + ¯z z − ¯z<br />

F (z, ¯z) = f , ; G (z, ¯z) = g ,<br />

2 2i<br />

2 2i<br />

(641)<br />

e dS è l’elemento <strong>di</strong> superficie <strong>del</strong>la regione {Γ} (dxdy in coor<strong>di</strong>nate cartesiane).<br />

Quin<strong>di</strong>, ridefinendo le funzioni, abbiamo<br />

<br />

{A (z, ¯z) dz + B (z, ¯z) d¯z} = 2i <br />

{A¯z (z, ¯z) − Bz (z, ¯z)} dS (642)<br />

Γ<br />

{Γ}<br />

(con A, B funzioni continue e aventi derivate parziali prime continue sia in<br />

Γ sia nella regione ℜ = {Γ}).<br />

In particolare per B (z, ¯z) = 0 si ha<br />

<br />

A (z, ¯z) dz = 2i <br />

A¯z (z, ¯z) dS (643)<br />

Γ<br />

che è considerata in molti testi appunto la forma complessa <strong>del</strong> teorema <strong>di</strong><br />

Green.<br />

• Aree in forma complessa<br />

Questa è un’utile aplicazione <strong>del</strong>la 642. Ovviamente l’area <strong>di</strong> una regione ℜ<br />

con contorno Γ è<br />

S = <br />

dS (644)<br />

Ora dalla 642<br />

con<br />

S = <br />

{Γ}<br />

Abbiamo quin<strong>di</strong> molte opzioni... a.e.<br />

{Γ}<br />

{Γ}<br />

dS = 1 <br />

{A (z, ¯z) dz + B (z, ¯z) d¯z} (645)<br />

2i Γ<br />

A¯z (z, ¯z) − Bz (z, ¯z) = 1 (646)<br />

B = 0; A = ¯z (647)<br />

93


che porta a<br />

Oppure<br />

che porta a<br />

Figure 12:<br />

A B<br />

S = 1 <br />

¯zdz (648)<br />

2i Γ<br />

B = − z ¯z<br />

; A =<br />

2 2<br />

(649)<br />

S = 1 <br />

(¯zdz − zd¯z) (650)<br />

4i Γ<br />

Potete investigare liberamente per forme alternative, magari ritornando infine<br />

alle coor<strong>di</strong>nate cartesiane.<br />

Exercise 150 mostrare che<br />

S = <br />

{Γ}<br />

dS = 1 <br />

(xdy − ydx) (651)<br />

2 Γ<br />

Exercise 151 supposto valido il teorema <strong>di</strong> Green per una regione semplicemente<br />

connessa <strong>di</strong>mostrare che è valido anche per una regione multiplamente<br />

connessa (Hint: tagliare dal ’buco’ al contorno esterno come in figura)<br />

94


Exercise 152 Calcolare l’area <strong>del</strong> cerchio <strong>di</strong> raggio R (!)<br />

quin<strong>di</strong><br />

Svolgimento: mettiamo il centro nell’origine e usiamo<br />

Ora dalla 648<br />

|z| 2 = z¯z = R 2<br />

¯z = R2<br />

z<br />

S = 1 <br />

¯zdz =<br />

2i Γ<br />

R2 1 R2 R2<br />

dz = ln(z) = ln (R) + iφ|φ=2π<br />

φ=0 = πR2<br />

2i Γ z 2i 2i<br />

(652)<br />

(653)<br />

(654)<br />

Exercise 153 calcolare <br />

|z| 2 dz (655)<br />

lungo il triangolo con vertici (−1, 0) , (1, 0) , (0, i)<br />

Γ<br />

<br />

¯z 2 dz (656)<br />

Γ<br />

Exercise 154 mostrare che il baricentro <strong>di</strong> una regione ℜ = {Γ} ha coor<strong>di</strong>nate<br />

complesse<br />

zB = − 1 <br />

z<br />

4iS Γ<br />

2 d¯z; ¯zB = 1 <br />

¯z<br />

4iS Γ<br />

2 dz; (657)<br />

(fisicamente il baricentro <strong>di</strong> una lamina omogenea ℜ)<br />

–––––––––––<br />

5.4 Integrazione e analiticità<br />

Quanto finora detto sull’integrazione nel piano complesso vale per qualsiasi funzione<br />

complessa (e ragionevole...). Tuttavia abbiamo prannunciato che per le<br />

funzioni analitiche troveremo particolari ed importanti risultati. Il primo è dato<br />

dal Teorema <strong>di</strong> Cauchy:<br />

Theorem 155 Sia la funzione<br />

w = u(x, y) + iv(x, y) = f(z) (658)<br />

analitica in una regione <strong>di</strong> contorno Γ(contorno compreso) e sia la sua derivata<br />

w ′ = f ′ (z) = ux + ivx = vy − iuy<br />

(659)<br />

continua nella stessa regione (contorno compreso). Allora<br />

<br />

f(z)dz = 0 (660)<br />

Γ<br />

95


Proof. <strong>La</strong> prova è imme<strong>di</strong>ata. Dato che la funzione è analitica allora è continua<br />

e dato che la derivata per ipotesi è continua allora sono continue tutte le derivate<br />

parziali prime e quin<strong>di</strong> possiamo applicare il teorema <strong>di</strong> Green. Usiamo la forma<br />

cartesiana 638<br />

<br />

f(z)dz = <br />

[u(x, y) + iv(x, y)] (dx + idy) = (661)<br />

Γ<br />

Γ<br />

= <br />

(udx − vdy) + i <br />

(vdx + udy) = (662)<br />

Γ<br />

Γ<br />

= − <br />

(uy + vx) dxdy + i <br />

(ux − vy) dxdy (663)<br />

{Γ}<br />

ma la funzione è analitica, quin<strong>di</strong> per CR questi ultimi integrali sono nulli. QED<br />

.Si può provare il teorema ancora più rapidamente facendo uso <strong>del</strong>la versione<br />

complessa <strong>del</strong> Teorema <strong>di</strong> Green (ve<strong>di</strong> 643)<br />

<br />

f(z)dz = 2i <br />

f¯z (z) dS = 0 (664)<br />

QED.<br />

Γ<br />

{Γ}<br />

Il teorema è dovuto a Cauchy e fà uso <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione apparentemente<br />

superflua cioè <strong>del</strong>la continuità <strong>del</strong>la derivata <strong>di</strong> una funzione analitica. Infatti<br />

abbiamo detto che ogni funzione analitica è infinitamente derivabile e quin<strong>di</strong><br />

tutte le derivate sono continue... epperò NON lo abbiamo ancora <strong>di</strong>mostrato!<br />

In effetti la con<strong>di</strong>zione è veramente superflua nel senso che si può <strong>di</strong>mostrare<br />

il teorema senza farne uso. Questa <strong>di</strong>mostrazione è dovuta a Goursat : non è<br />

<strong>di</strong>fficile ma te<strong>di</strong>osa e lasciamo allo studente interessato il compito <strong>di</strong> ritrovarla<br />

sui sacri testi. Noi ci limitiamo ad enunciare il teorema così semplificato che<br />

prende il nome <strong>di</strong> Teorema <strong>di</strong> Cauchy-Goursat (e nel seguito lo in<strong>di</strong>cheremo<br />

con teorema CG o semplicemente CG)<br />

Theorem 156 Sia la funzione<br />

{Γ}<br />

w = u(x, y) + iv(x, y) = f(z) (665)<br />

analitica in una regione <strong>di</strong> contorno Γ(contorno compreso) . Allora<br />

<br />

f(z)dz = 0 (666)<br />

Γ<br />

Remark 157 dato che il teorema si basa sul teorema <strong>di</strong> Green e questo è valido<br />

anche per domini multiplamente connessi, allora il teorema stesso è valido per<br />

domini multiplamente connessi<br />

In soldoni il teorema <strong>di</strong>ce che l’integrale <strong>di</strong> contorno <strong>di</strong> una funzione analitica<br />

è nullo lungo qualsiasi curva chiusa posta nel dominio <strong>di</strong> analiticità <strong>del</strong>la<br />

funzione (semplicemente connesso) . Ovviamente quin<strong>di</strong> l’integrale <strong>di</strong> una funzione<br />

analitica da z0 a z1 NON <strong>di</strong>pende dal cammino (cioè è lo stesso qualunque<br />

96


z0<br />

Γ2<br />

Γ1<br />

Figure 13:<br />

siano i cammini usati per andare da z0 a z1, purchè tali cammini siano entro il<br />

dominio <strong>di</strong> analiticità <strong>del</strong>la funzione). <strong>La</strong> <strong>di</strong>mostrazione è classica e ovvia (ve<strong>di</strong><br />

figura)<br />

0 = <br />

Γ<br />

f(z)dz = z1 <br />

z0,Γ1<br />

f(z)dz + z0 <br />

z1,Γ2<br />

f(z)dz =⇒ z1 <br />

z0,Γ1<br />

z1<br />

f(z)dz = z1 <br />

z0,−Γ2<br />

f(z)dz<br />

(667)<br />

Tutto questo ci dovrebbe ricordare qualcosa... e in effetti il teorema <strong>di</strong><br />

Cauchy-Goursat implica che sia la parte reale sia la parte immaginaria <strong>di</strong><br />

sono <strong>di</strong>fferenziali esatti.<br />

wdz = (udx − vdy) + i (vdx + udy) (668)<br />

Remark 158 per gli studenti matematicamente puntigliosi: la forma <strong>di</strong>fferenziale<br />

a(x, y)dx + b(x, y)dy (669)<br />

costituisce un <strong>di</strong>fferenziale esatto se il suo integrale <strong>di</strong> linea non <strong>di</strong>pende dal cammino...<br />

la con<strong>di</strong>zione necessaria e sufficiente è che esista uba funzione φ(x, y)<br />

tale che<br />

a(x, y) = φx; b(x, y) = φy (670)<br />

e<br />

φ xy = φ yx<br />

(671)<br />

Problem 159 perchè non potevamo semplicemente <strong>di</strong>re che se w = f(z) è<br />

analitica allora per le con<strong>di</strong>zioni CR wdz è un <strong>di</strong>fferenziale esatto e quin<strong>di</strong> segue<br />

il teorema <strong>di</strong> Cauchy? cioè in sostanza era veramente necessario <strong>di</strong>mostrare il<br />

teorema CG?<br />

97


––––––––––––<br />

Possiamo ora ben definire la funzione primitiva W = F (z) <strong>di</strong> una funzione<br />

analitica w = f(z)<br />

W = F (z) = F (z0) + z<br />

f(z ′ )dz ′<br />

(672)<br />

ove nell’integrale è inutile in<strong>di</strong>care il cammino e il punto z0 può essere scelto<br />

arbitrariamente (entro il dominio <strong>di</strong> analiticità <strong>di</strong> f(z); d’altronde la primitiva<br />

è sempre definita a meno <strong>di</strong> una costante che viene appunto fissata scegliendo<br />

z0).In molti testi si <strong>di</strong>ce che F (z) (la primitiva) è l’integrale indefinito <strong>di</strong> f(z)<br />

z0<br />

F (z) = f(z)dz (673)<br />

(ovviamente, come nel caso reale, gli integrali indefiniti ’definiscono’ una funzione<br />

a meno <strong>di</strong> una costante...) Riassumendo possiamo <strong>di</strong>re che la primitiva<br />

gode <strong>del</strong>le seguenti proprietà<br />

F ′ = dF<br />

dz<br />

= f (674)<br />

(il che ovviamente <strong>di</strong>ce che la primitiva <strong>di</strong> una funzione analitica è analitica...)<br />

e inoltre<br />

β<br />

β<br />

f(z)dz = F ′ β<br />

(z)dz =<br />

α<br />

α<br />

α<br />

dF β<br />

dz = dF = F (z)|<br />

dz α<br />

β<br />

α = F (β) − F (α) (675)<br />

Ossia abbiamo nel campo complesso (ma limitatamente a funzioni analitiche!)<br />

proprietà ben note in campo reale (detto in termini <strong>di</strong>scorsivi: una funzione<br />

analitica, pur essendo nel piano complesso, si comporta come -e meglio <strong>di</strong>- una<br />

funzione <strong>di</strong> una sola variabile reale...cioè ha tutte le proprietà <strong>di</strong> tale funzione<br />

più qualcosa).<br />

Un’altra conseguenza degna <strong>di</strong> nota <strong>del</strong> Teorema <strong>di</strong> Cauchy-Goursat è nel<br />

seguente teorema:<br />

Theorem 160 Siano Γ1 e Γ2 due curve <strong>di</strong> Jordan e sia Γ2 nella regione interna<br />

<strong>di</strong> Γ1.Allora se w = f(z) è analitica nella regione tra Γ1 e Γ2 abbiamo<br />

<br />

f(z)dz = <br />

f(z)dz (676)<br />

Proof. <strong>di</strong>amo uno sguardo alla figura<br />

<strong>La</strong> tesi <strong>di</strong>ce che dobbiamo <strong>di</strong>mostrare<br />

<br />

f(z)dz = <br />

f(z)dz =⇒ <br />

Γ1<br />

Γ1<br />

Γ2<br />

Γ2<br />

Γ1−Γ2<br />

f(z)dz = 0 (677)<br />

Ma Γ = Γ1 − Γ2 è il contorno <strong>di</strong> una regione multiplamente connessa (percorso<br />

giustamente nel verso positivo) in cui la funzione f(z) è per ipotesi analitica.<br />

Quin<strong>di</strong> per il teorema <strong>di</strong> Cauchy-Goursat l’integrale <strong>di</strong> contorno è effettivamente<br />

è nullo. QED.<br />

..................<br />

98


Figure 14:<br />

Γ2<br />

Exercise 161 estendere il risultato a regioni con più ’buchi’<br />

Γ1<br />

......................<br />

Dunque se dobbiamo calcolare l’integrale <strong>di</strong> una funzione analitica lungo un<br />

cammino chiuso possiamo impunemente cambiare il cammino e sceglierne uno<br />

a nostro piacimento (interno al primo e nella regione <strong>di</strong> analiticità). Questo ci<br />

fa sospettare che la conoscenza <strong>di</strong> una funzione analitica sul ’bordo’ implichi in<br />

qualche modo la conoscenza <strong>del</strong>la funzione all’interno. O, in altri termini e generalizzando,<br />

che una funzione analitica non possa avere valori arbitrariamente<br />

assegnati nel suo dominio ma tali valori siano necessariamente (e fortemente...)<br />

correlati tra loro. Ed è vero! Lo vedremo già (in parte) nella prossima sezione.<br />

Exercise 162 <strong>di</strong>mostrare la regola <strong>del</strong>la integrazione per parti nel campo complesso<br />

<br />

f(z)g ′ <br />

(z)dz = f(z)g(z) − f ′ (z)g(z)dz (678)<br />

Exercise 163 determinare le primitive <strong>del</strong>le seguenti funzioni<br />

1. 1<br />

z 2 +1<br />

2. ze iz<br />

3. z 2 sin(z)<br />

99


4. tan(3z − 1)<br />

Svolgimento:<br />

1) <strong>La</strong> funzione si può scrivere come<br />

1<br />

z 2 + 1 =<br />

1 i<br />

=<br />

(z + i) (z − i) 2<br />

<br />

1 1<br />

−<br />

(z + i) (z − i)<br />

allora la primitiva (a meno <strong>di</strong> una costante) è<br />

<br />

1<br />

z2 <br />

i<br />

dz =<br />

+ 1 2<br />

<br />

1 i<br />

−<br />

(z + i) 2<br />

1 i (z + i)<br />

= ln<br />

(z − i) 2 (z − i)<br />

(679)<br />

(680)<br />

ovviamente il dominio <strong>di</strong> anliticità è il piano complesso meno i punti ±i<br />

2) la funzione è analitica in tutto il piano, la primitiva è (a meno <strong>di</strong> costante)<br />

<br />

ze iz dz (681)<br />

Integriamo per parti, prendendo f(z) = z e g(z) = −ie iz ; (g ′ (z) = e iz ).Dalla<br />

678 abbiamo (check!)<br />

<br />

ze iz dz = −ize iz <br />

+ i<br />

Exercise 164 calcolare il seguente integrale<br />

(2,1) <br />

(0,0),Γ<br />

e iz dz = −ize iz + e iz = (1 − iz) e iz<br />

(682)<br />

e −y {[x cos (x) − y sin (x)] dx − [x sin (x) + y cos (x)] dy} (683)<br />

lungo il percorso Γ dato da<br />

4y 3 − x 2 y = 0 (684)<br />

Svolgimento:<br />

Lo studente provi pure a calcolare l’integrale <strong>di</strong> linea. Tuttavia l’integrale<br />

in questione non è altro che la parte reale <strong>di</strong> zeizdz, proposto nell’esecizio<br />

precedente, ed è in<strong>di</strong>pendente dal cammino. Abbiamo già la sua primitiva e<br />

quin<strong>di</strong> il risultato sarà<br />

<br />

Re (1 − iz) e iz 2+i<br />

<br />

= Re 0<br />

(2 − 2i) e −1+2i − 1 = (685)<br />

= Re (2 − 2i) e −1 (cos(2) + i sin(2)) − 1 = (686)<br />

= 2e −1 (cos(2) + sin(2)) − 1 (687)<br />

100


5.5 Formule integrali <strong>di</strong> Cauchy<br />

Il prossimo teorema e la sua successiva estensione sono a ragione considerati<br />

fondamentali nell’analisi complessa.<br />

Theorem 165 Sia w = f(z) una funzione analitica lungo una curva <strong>di</strong> Jordan<br />

Γ e nel suo interno (cioè nella regione semplicemente connessa ℜ = {Γ}). Allora<br />

per qualsiasi punto z interno a ℜ = {Γ} vale la seguente rappresentazione<br />

integrale <strong>di</strong> Cauchy <strong>del</strong>la funzione w = f(z) :<br />

Proof. la funzione<br />

Γ<br />

f(z) = 1<br />

i2π<br />

<br />

Γ<br />

g(ζ) = f(ζ)<br />

ζ − z<br />

f(ζ)<br />

dζ (688)<br />

ζ − z<br />

(689)<br />

è ovviamente analitica in ℜ = {Γ} salvo un punto <strong>di</strong> singolarità in ζ = z.Allora<br />

usiamo l’ultimo teorema <strong>del</strong>la sezione precedente<br />

<br />

<br />

f(ζ) f(ζ)<br />

dζ = dζ (690)<br />

ζ − z ζ − z<br />

scegliendo per Γε il cerchio <strong>di</strong> centro z e raggio ε (ovviamente ε sarà abbastanza<br />

piccolo in modo che Γε sia interno a Γ). Quin<strong>di</strong> su Γε abbiamo<br />

per cui<br />

Γ<br />

Γε<br />

ζ − z = εe iθ ; 0 ≤ θ < 2π (691)<br />

dζ = iεe iθ dθ = i (ζ − z) dθ (692)<br />

<br />

<br />

2π<br />

f(ζ) f(ζ)<br />

dζ = dζ = i f(z + εe<br />

ζ − z ζ − z iθ )dθ (693)<br />

Γε<br />

Ora pren<strong>di</strong>amo il limite <strong>del</strong>l’ultimo integrale per ε → 0, e teniamo in debito<br />

conto il fatto che<br />

lim<br />

ε→0 f(z + εeiθ ) = f(z) (694)<br />

essendo f analitica e quin<strong>di</strong> continua. Abbiamo infine<br />

QED<br />

..................................<br />

Γ<br />

0<br />

0<br />

<br />

2π<br />

f(ζ)<br />

dζ = if(z) dθ = i2πf(z) (695)<br />

ζ − z<br />

Remark 166 se z fosse esterno a Γ allora l’integrale <strong>di</strong> contorno sarebbe nullo<br />

per il teorema <strong>di</strong> Cauchy-Goursat<br />

101


Il seguente teorema (che include il precedente come caso speciale) può essere<br />

<strong>di</strong>mostrato per induzione. Noi lasceremo la <strong>di</strong>mostrazione allo studente<br />

interessato limitandoci all’enunciato:<br />

Theorem 167 Sia w = f(z) una funzione analitica lungo una curva <strong>di</strong> Jordan<br />

Γ e nel suo interno (cioè nella regione semplicemente connessa ℜ = {Γ}). Allora<br />

per qualsiasi punto z interno a ℜ = {Γ} esistono tutte le derivate successive <strong>di</strong><br />

f(z) e tali derivate ennesime sono date dalla seguente rappresentazione integrale<br />

<strong>di</strong> Cauchy<br />

f (n) (z) = n!<br />

<br />

i2π<br />

Γ<br />

f(ζ)<br />

n+1 dζ; n = 0, 1, 2, ... (696)<br />

(ζ − z)<br />

• Abbiamo in<strong>di</strong>cato con f (n) (z) la derivata ennesima <strong>di</strong> f(z).<br />

• Notare che per n = 0 si ottiene il risultato precedente.<br />

Dimostrazione:<br />

Lo <strong>di</strong>mostriamo per induzione. Supponiamo che 696 sia valido fino a n :<br />

ve<strong>di</strong>amo ora se è vero per n + 1. Dobbiamo quin<strong>di</strong> far vedere che<br />

Ma per definizione<br />

f (n+1) (z) =<br />

(n + 1)!<br />

i2π<br />

f (n+1) f<br />

(z) = lim<br />

∆z→0<br />

(n) (z + ∆z) − f (n) (z)<br />

∆z<br />

<br />

Γ<br />

f(ζ)<br />

n+2 dζ (697)<br />

(ζ − z)<br />

(698)<br />

Usando la 696 (per ipotesi vera) e varie proprietà dei limiti e degli integrali,<br />

abbiamo<br />

f (n+1) (z) = n!<br />

<br />

<br />

1 1<br />

1<br />

dζf(ζ) lim<br />

i2π<br />

∆z→0 ∆z<br />

n+1 −<br />

(ζ − z − ∆z) (ζ − z) n+1<br />

<br />

(699)<br />

Ora notiamo che<br />

e quin<strong>di</strong><br />

ma<br />

Γ<br />

f (n+1) (z) = n!<br />

<br />

i2π<br />

Γ<br />

1<br />

ζ − z − ∆z =<br />

1<br />

<br />

(ζ − z) 1 − ∆z<br />

(700)<br />

ζ−z<br />

⎛<br />

f(ζ) 1 ⎜ 1<br />

dζ n+1 lim ⎝<br />

(ζ − z) ∆z→0 ∆z<br />

1 − ∆z<br />

⎟<br />

n+1 − 1⎠<br />

(701)<br />

ζ−z<br />

1<br />

1 − ε = 1 + ε + ε 2<br />

102<br />

⎞<br />

(702)


e quin<strong>di</strong> per l’espansione binomiale<br />

Cioè<br />

n+1 1<br />

=<br />

1 − ε<br />

1 + ε + ε 2n+1 2<br />

= 1 + (n + 1) ε + ε <br />

f (n+1) (z) = n!<br />

<br />

i2π<br />

= n!<br />

i2π<br />

= (n + 1)!<br />

Γ<br />

<br />

f(ζ)<br />

dζ n+1 lim<br />

(ζ − z)<br />

∆z→0<br />

f(ζ)<br />

dζ n+1 lim<br />

(ζ − z)<br />

Γ<br />

<br />

f(ζ)<br />

dζ<br />

i2π (ζ − z) n+2<br />

Γ<br />

∆z→0<br />

⎛<br />

⎞<br />

(703)<br />

1 ⎜ 1<br />

⎝<br />

∆z<br />

1 − ∆z<br />

⎟<br />

n+1 − 1⎠<br />

(704)<br />

ζ−z<br />

<br />

1<br />

1 + (n + 1)<br />

∆z<br />

∆z<br />

<br />

− 1 + (∆z)2 (705)<br />

ζ − z<br />

Dato la 696 è vera per n = 0 abbiamo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrato che è vera per ogni<br />

n = 0, 1, 2, ...<br />

QED<br />

–––––––––<br />

I risultati dei due teoremi precedenti, ottenuti finora per regioni semplicemente<br />

connesse, possono essere estesi a regioni multiplamente connesse.<br />

Giustifichiamo questo claim per n = 0.Si proceda esattamente come nella<br />

prova <strong>del</strong> primo teorema <strong>di</strong> questa sezione: tutte le considerazioni rimangono<br />

valide (check!) salvo che Γ è ora il contorno <strong>del</strong>la regione multiplamente connessa<br />

cioè la somma <strong>del</strong> contorno ’esterno’ e dei contorni dei ’buchi’ (vale la<br />

solita convenzione sui versi <strong>di</strong> percorrenza).<br />

Remark 168 la rappresentazione per la derivata ennesima si ottiene dalla rappresentazione<br />

<strong>di</strong> Cauchy per la funzione "derivando sotto il segno <strong>di</strong> integrale"<br />

(anche se ora questo è integrale <strong>di</strong> contorno...):<br />

f (n) (z) = n!<br />

<br />

f(ζ) dn dn<br />

i2π<br />

n+1 dζ = f(z) =<br />

(ζ − z) dzn dz<br />

Γ<br />

n<br />

<br />

n<br />

1 f(ζ) 1 d<br />

dζ =<br />

i2π ζ − z i2π dz<br />

Γ<br />

Γ<br />

n<br />

(707)<br />

Nota bene (per i puristi! ) che questa NON è una <strong>di</strong>mostrazione <strong>del</strong> teorema<br />

(nessuno ci autorizzava a ’passare’ la derivata sotto il segno <strong>di</strong> integrale...)<br />

Exercise 169 che<br />

d n<br />

dz n<br />

1<br />

ζ − z =<br />

(706)<br />

n!<br />

n+1 , n = 0, 1, 2, ... (708)<br />

(ζ − z)<br />

dovrebbe essere ovvio. Dimostriamolo comunque per induzione (un’altro esempio<br />

<strong>del</strong>la ’potenza’ <strong>del</strong>l’induzione!). Supponiamo che sia vero fino a n e ve<strong>di</strong>amo che<br />

103<br />

<br />

f(ζ)<br />

dζ<br />

ζ − z


è vero per n + 1<br />

QED<br />

d n+1<br />

dz n+1<br />

1<br />

ζ − z<br />

n d d<br />

=<br />

dz dzn <br />

1<br />

ζ − z<br />

= d<br />

dz<br />

= n! (n + 1)<br />

<br />

n!<br />

(ζ − z) n+1<br />

(ζ − z) n+2<br />

<br />

(709)<br />

(710)<br />

(711)<br />

In realtà le rappresentazioni integrali <strong>di</strong> Cauchy (pur importantissime) non<br />

sono certo le uniche rappresentazioni integrali possibili... anzi esistono molte<br />

rappresentazioni integrali già nel campo reale (e che possono utilmente essere<br />

estese al campo complesso). Citiamo solo le cosiddette formule integrali <strong>di</strong><br />

Poisson per il semipiano (senza <strong>di</strong>mostrazione):<br />

Theorem 170 se una funzione g (x, y) è armonica allora<br />

g (x, y) = 1<br />

π<br />

+∞<br />

−∞<br />

g (ξ, 0)<br />

Corollary 171 se una funzione f (z) è analitica allora<br />

f (z) = 1<br />

π<br />

+∞<br />

−∞<br />

(ξ − x) 2 dξ (712)<br />

+ y2 f (ξ)<br />

(ξ − x) 2 dξ (713)<br />

+ y2 Si lascia allo studente l’ovvia giustificazione <strong>di</strong> questo corollario.<br />

Ricapitolando: le formule integrali <strong>di</strong> Cauchy non solo ci <strong>di</strong>cono come ’(ri)costruire’<br />

il valore <strong>di</strong> una funzione analitica in un qualsiasi punto dalla conoscenza <strong>del</strong>la<br />

funzione stessa su una curva qualsiasi che includa il punto (purchè si resti nel<br />

dominio <strong>di</strong> analiticità) ma anche e soprattuto ci <strong>di</strong>cono che una funzione analitica<br />

è indefinitamente derivabile e quin<strong>di</strong> anche la derivata è analitica and<br />

so on. Ricordando che nella sezione precedente abbiamo mostrato dal teorema<br />

<strong>di</strong> Cauchy-Goursat che ogni funzione analitica ammette una primitiva che per<br />

definizione è analitica (ha derivata!) e quin<strong>di</strong> a sua volta avrà una primitiva<br />

che è analitica and so on... abbiamo quin<strong>di</strong> per ogni funzione analitica una<br />

catena infinita <strong>di</strong> funzioni analitiche fortemente legate tra loro (le derivate e<br />

le primitive). Questo non succede necessariamente con le funzioni <strong>di</strong> variabile<br />

reale.<br />

104


5.6 Teoremi connessi con la rappresentazione integrale <strong>di</strong><br />

Cauchy<br />

Un semplice e utile corollario <strong>del</strong> teorema 165 mostra come esprimere una funzione<br />

analitica in un punto tramite i valori assunti dalla funzione nelle vicinanze<br />

<strong>del</strong> punto.<br />

Theorem 172 se una funzione è analitica in una regione ℜ allora i suo valore<br />

in un punto z ∈ ℜ è la me<strong>di</strong>a dei valori assunti dalla funzione lungo un cerchio<br />

<strong>di</strong> arbitrario raggio ρ (purchè il cerchio sia incluso in ℜ)<br />

Proof. è imme<strong>di</strong>ata conseguenza <strong>del</strong>la rappresentazione integrale <strong>di</strong> Cauchy.<br />

Infatti<br />

f(z) = 1<br />

<br />

i2π<br />

f(ζ)<br />

dζ<br />

ζ − z<br />

(714)<br />

ma siamo su un cerchio <strong>di</strong> centro z e raggio ρ, per cui<br />

e quin<strong>di</strong><br />

Γ<br />

ζ − z = ρe iθ ; 0 ≤ θ < 2π (715)<br />

dζ = iρe iθ dθ = i (ζ − z) dθ (716)<br />

f(z) = 1<br />

2π<br />

<br />

2π<br />

0<br />

f(z + ρe iθ )dθ (717)<br />

che è appunto la me<strong>di</strong>a dei valori assunti dalla funzione lungo il cerchio.<br />

Tale corollario <strong>del</strong> teorema 165 è detto Teorema <strong>del</strong>la me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Gauss.<br />

Le rappresentazioni integrali <strong>di</strong> Cauchy e le loro conseguenze ci permettono<br />

anche <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare facilmente il Teorema <strong>di</strong> Morera che può essere visto<br />

come l’inverso <strong>del</strong> teorema <strong>di</strong> Cauchy-Goursat (tale teorema può anche essere<br />

<strong>di</strong>mostrato in modo <strong>di</strong>verso, ma con la necessità <strong>di</strong> ipotesi più forti).<br />

Theorem 173 ( Morera) Sia w = f(z) continua in una regione ℜ semplicemente<br />

connessa <strong>del</strong> piano complesso e sia inoltre<br />

<br />

f(z)dz = 0 (718)<br />

Γ<br />

lungo QUALSIASI curva <strong>di</strong> Jordan Γ inclusa in ℜ. Allora w = f(z) è analitica<br />

in ℜ.<br />

Proof. <strong>di</strong>mostriamolo nel modo più <strong>di</strong>retto: la 718 implica l’in<strong>di</strong>pendenza dal<br />

cammino e l’esistenza <strong>di</strong> una primitiva analitica (ve<strong>di</strong> 672,674). Ma allora essendo<br />

f(z) la derivata <strong>di</strong> una funzione analitica è essa stessa derivabile e quin<strong>di</strong><br />

analitica (formule integrali <strong>di</strong> Cauchy)<br />

105


Exercise 174 che succede su una regione multiplamente connessa?<br />

........<br />

Una sorprendente proprietà <strong>del</strong>le funzioni analitiche è data dal seguente Teorema<br />

<strong>di</strong> Liouville<br />

Theorem 175 ( Liouville) Una funzione è analitica e limitata su tutto il piano<br />

complesso se e solo se è una costante<br />

Proof. Il ’se’ (la sufficienza) è banale. Proviamo il ’solo se’ (la necessità):<br />

pren<strong>di</strong>amo due punti arbitrari <strong>del</strong> piano complesso z1, z2 e un cerchio Γ <strong>di</strong><br />

raggio ρ > 2 |z2 − z1| e centro in z1. Per ipotesi la funzione è limitata e quin<strong>di</strong><br />

|f (z)| ≤ M. Usiamo le rappresentazioni integrali <strong>di</strong> Cauchy per f (z1) , f (z2) :<br />

<br />

1 f(ζ)<br />

f (z2) − f (z1) =<br />

dζ −<br />

i2π ζ − z2<br />

Γ<br />

1<br />

<br />

f(ζ)<br />

dζ = (719)<br />

i2π ζ − z1<br />

Γ<br />

= (z2<br />

<br />

− z1) f(ζ)<br />

dζ (720)<br />

i2π (ζ − z2) (ζ − z1)<br />

Γ<br />

Usiamo ora la 613 tenendo in conto che |ζ − z1| = ρ e |ζ − z2| = |ζ − z1 + z1 − z2| ≥<br />

ρ − |z2 − z1| ≥ ρ<br />

2<br />

|f (z2) − f (z1)| ≤ |z2 − z1| M2πρ<br />

2πρ ρ<br />

2<br />

= 2 |z2 − z1| M<br />

ρ<br />

(721)<br />

Ma le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> analiticità e limitatezza valgono per ipotesi su tutto il piano<br />

complesso quin<strong>di</strong> possiamo passare al limite ρ −→ ∞. abbiamo perciò<br />

|f (z2) − f (z1)| = 0 =⇒ f (z2) = f (z1) = costante (722)<br />

QED<br />

Una prova più <strong>di</strong>retta si poteva dare usando la cosiddetta Disuguaglianza <strong>di</strong><br />

Cauchy la cui <strong>di</strong>mostrazione lasciamo allo studente volenteroso:<br />

f (n) (z) ≤ Mn!<br />

ρ n<br />

(723)<br />

valida nell’ipotesi che la funzione f(z) sia analitica e limitata in un cerchio <strong>di</strong><br />

raggio ρ e centro in z.<br />

Exercise 176 <strong>di</strong>mostrare il Teorema <strong>di</strong> Liouville usando la <strong>di</strong>suguaglianza <strong>di</strong><br />

Cauchy<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che una funzione analitica su tutto il piano complesso si <strong>di</strong>ce<br />

intera. Il teorema <strong>di</strong> Liouville ci <strong>di</strong>ce quin<strong>di</strong> che tutte le funzioni intere non<br />

106


anali (cioè non costanti) devono necessariamente <strong>di</strong>vergere per |z| −→ ∞ (al<br />

finito, essendo analitiche, sono limitate). Forse è utile anche ricordare che il<br />

punto all’infinito viene raggiunto da qualsiasi <strong>di</strong>rezione (sfera <strong>di</strong> Riemann!),<br />

quin<strong>di</strong> per non contrad<strong>di</strong>re il teorema basterà che la funzione intera <strong>di</strong>verga in<br />

qualche <strong>di</strong>rezione. Esempi <strong>di</strong> funzioni intere sono i polinomi, l’esponenziale, i<br />

seni, i coseni..<br />

Exercise 177 in che <strong>di</strong>rezione (lungo quale retta) <strong>di</strong>verge sin (z) ?<br />

Un’altra sorprendente proprietà <strong>del</strong>le funzioni analitiche è data dal seguente<br />

teorema detto <strong>del</strong> massimo modulo:<br />

Theorem 178 sia w = f(z) una funzione analitica non banale (cioè non costante)<br />

lungo una curva <strong>di</strong> Jordan Γ e nella regione ℜ = {Γ} . Allora il valore massimo<br />

<strong>del</strong> modulo <strong>del</strong>la funzione sarà assunto su Γ.<br />

Proof. <strong>di</strong>amo una prova qualitativa... (può essere facilmente resa rigorosa). Il<br />

teorema afferma che se una funzione è analitica nella regione ℜ il monte più alto<br />

deve essere al bordo <strong>di</strong> ℜ (spero che sia chiaro cosa intendo per monte). Anzi<br />

<strong>di</strong> più: all’interno <strong>di</strong> ℜ non può esservi nessuna cima isolata (perchè altrimenti<br />

potremmo prendere un sentiero tutto intorno alla cima (la cima è ove il modulo<br />

assume un massimo anche relativo) e varrebbero le con<strong>di</strong>zioni <strong>del</strong> teorema e<br />

quin<strong>di</strong> sul sentiero che è più in basso <strong>del</strong>la cima dovrebbero esserci dei punti<br />

più alti <strong>del</strong>la cima stessa... il che in soldoni vuol <strong>di</strong>re che in qualsiasi punto z<br />

interno a Γ deve esserci almeno un sentiero in salita in qualche <strong>di</strong>rezione. Questo<br />

è implicito nel teorema <strong>del</strong>la me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Gauss: infatti la 717 implica<br />

|f(z)| ≤ 1<br />

2π<br />

<br />

0<br />

2π<br />

<br />

iθ<br />

f(z + ρe ) dθ (724)<br />

Cioè in ogni punto il modulo non è superiore alla me<strong>di</strong>a dei moduli <strong>del</strong>la funzione<br />

su un cerchio intorno al punto. Ma se la funzione non è costante nel cerchio<br />

allora deve esistere un tratto <strong>di</strong> cerchio in cui il modulo è maggiore cioè un<br />

sentiero in salita (ovviamente esisterà anche un sentiero in <strong>di</strong>scesa, ve<strong>di</strong> dopo).<br />

Remark 179 se non avete apprezzato questo tipo <strong>di</strong> prova, lasciate perdere...<br />

o cambiate corso e vi iscrivete a matematica o trovatevi un buon amico matematico...<br />

E come preannunciato alla fine <strong>del</strong>la ’prova’ precedente vale anche il teorema<br />

<strong>del</strong> minimo modulo:<br />

Theorem 180 sia la w = f(z) = 0 una funzione analitica non banale (cioè<br />

non costante) lungo una curva <strong>di</strong> Jordan Γ e nella regione ℜ = {Γ} . Allora il<br />

valore minimo <strong>del</strong> modulo <strong>del</strong>la funzione sarà assunto su Γ.<br />

107


Proof. se w = f(z) = 0 allora 1<br />

w<br />

è analitica in ℜ...<br />

Remark 181 in molti teoremi precedenti abbiamo ammesso per ipotesi che la<br />

funzione sia analitica nella regione E sul contorno. In realtà spesso questa ultima<br />

ipotesi può essere attenuata cioè basterebbe che la funzione fosse continua sul<br />

contorno (ma non ci occuperemo né preoccuperemo <strong>di</strong> ciò).<br />

Remark 182 abbiamo anche sempre implicitamente ammesso che le curve siano<br />

buone... <strong>di</strong> lunghezza limitata se circondano una regione limitata. Ma è ben noto<br />

che esistono linee <strong>di</strong> lunghezza infinita in una regione finita. Questo potrebbe<br />

occasionalmente causare eccezioni ed altri guai. Assumeremo quin<strong>di</strong> che tutte le<br />

curve considerate siano sempre <strong>di</strong> lunghezza finita in una regione finita .<br />

Exercise 183 calcolare i seguenti integrali lungo il cerchio unitario<br />

1. <br />

Γ<br />

2. <br />

Γ<br />

3. <br />

Γ<br />

4. <br />

Γ<br />

5. <br />

Γ<br />

6. <br />

Γ<br />

7. <br />

Γ<br />

1<br />

z−2 dz<br />

1<br />

z− 2 dz<br />

3<br />

z 5<br />

2iz−1 dz<br />

1<br />

(2z−1)(3iz−1) dz<br />

1<br />

(z−2) 2 (2iz−1) dz<br />

1<br />

(z−2)(2iz−1) 3 dz<br />

e iz<br />

z 13 dz<br />

1. provate a farlo <strong>di</strong>rettamente in qualche modo! (coor<strong>di</strong>nate cartesiane,<br />

polari, primitiva....). probabilmente incorrereste in qualche errore. Ovviamente<br />

invece è molto semplice alla luce dei teoremi precedenti. In effetti<br />

1<br />

la funzione integranda z−2 è analitica entro il cerchio unitario e quin<strong>di</strong><br />

l’integrale è zero (mai fare conti se si può evitarli!)<br />

2. Ora la funzione NON è analitica entro il cerchio unitario (ha un polo<br />

semplice in z = 2<br />

3 ). Epperò riconosciamo nell’integrale proposto la rappresentazione<br />

integrale <strong>di</strong> Cauchy (a meno <strong>di</strong> un fattore) <strong>del</strong>la funzione<br />

nel punto z = 2<br />

3 ... e quin<strong>di</strong><br />

<br />

Γ<br />

w = f (z) = 1 (725)<br />

1<br />

z − 2 dz = i2πf<br />

3<br />

108<br />

<br />

2<br />

= i2π (726)<br />

3


3. la funzione integranda <strong>di</strong> nuovo NON è analitica entro il cerchio unitario.<br />

tuttavia riscriviamo<br />

<br />

z<br />

Γ<br />

5 <br />

1 z<br />

dz =<br />

2iz − 1 2i<br />

Γ<br />

5<br />

z − 1<br />

(727)<br />

2i<br />

che riconosciamo come rappresentazione integrale <strong>di</strong> Cauchy (a meno <strong>di</strong><br />

un fattore) <strong>del</strong>la funzione<br />

nel punto z = 1<br />

2i e quin<strong>di</strong><br />

<br />

Γ<br />

4. riscriviamo:<br />

z5 <br />

1<br />

dz = i2πf<br />

2iz − 1 2i<br />

=<br />

e quin<strong>di</strong>...<br />

5. <strong>di</strong> nuovo la funzione<br />

Γ<br />

w = f (z) = 1<br />

2i z5<br />

<br />

<br />

1<br />

1<br />

dz =<br />

(2z − 1) (3iz − 1) 6i<br />

Γ<br />

⎛<br />

<br />

1<br />

⎝<br />

3i − 2<br />

<br />

1<br />

dz 1 −<br />

z − 2<br />

Γ<br />

w = f (z) =<br />

(728)<br />

= i2π 1<br />

5 1<br />

= −<br />

2i 2i<br />

1<br />

iπ (729)<br />

32<br />

Γ<br />

1<br />

z − 1<br />

3i<br />

1<br />

(z − 2) 2<br />

è analitica entro il cerchio unitario, e quin<strong>di</strong>...<br />

1<br />

dz 1 1 = (730)<br />

z − 2 z − 3i<br />

⎞<br />

dz⎠<br />

(731)<br />

(732)<br />

6. ora abbiamo un polo <strong>del</strong> terzo or<strong>di</strong>ne entro il cerchio unitario<br />

<br />

1<br />

2i<br />

1<br />

(z − 2) z − 1<br />

3 dz<br />

2i<br />

(733)<br />

ma la funzione<br />

Γ<br />

f(z) =<br />

1<br />

2i (z − 2)<br />

(734)<br />

è analitica sempre dentro il cerchio.confrontiamo con la rappresentazione<br />

integrale <strong>di</strong> Cauchy per le derivate (la 696, riscritta con un leggero cambiamento<br />

<strong>di</strong> notazione)<br />

f (n) (ζ) = n!<br />

i2π<br />

109<br />

<br />

Γ<br />

f(z)<br />

n+1 dz (735)<br />

(z − ζ)


Identifichiamo<br />

<strong>La</strong> derivate <strong>di</strong> f(z)<br />

e quin<strong>di</strong><br />

<br />

1<br />

2i<br />

Γ<br />

n = 2; f(z) =<br />

1 1<br />

; ζ =<br />

2i (z − 2) 2i<br />

f (1) 1<br />

= −<br />

2i (z − 2) 2 ; f (2) 1<br />

=<br />

i (z − 2) 3<br />

1<br />

(z − 2) z − 1<br />

3 dz =<br />

2i<br />

i2π<br />

2!<br />

1<br />

i (ζ − 2) 3<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

ζ= 1<br />

2i<br />

π<br />

= <br />

1<br />

2i − 2 3<br />

(736)<br />

(737)<br />

(738)<br />

7. la funzione integranda ha un polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 13 entro il cerchio unitario...<br />

ma niente paura! proce<strong>di</strong>amo come nell’esercizio precedente identificando<br />

Ovviamente<br />

e quin<strong>di</strong><br />

n = 12; f(z) = e iz ; ζ = 0 (739)<br />

f (12) = (i) 12 e iz = e iz<br />

<br />

Γ<br />

eiz i2π<br />

dz =<br />

z13 12!<br />

(740)<br />

(741)<br />

Exercise 184 che succede se tutti i precedenti integrali vengono calcolati non<br />

più sul cerchio unitario ma sul cerchio ’trinitario’ (cioè centro nell’origine e<br />

raggio 3)?<br />

Dimostriamo ora un teorema importantissimo che non a caso va sotto il<br />

nome <strong>di</strong> Teorema fondamentale <strong>del</strong>l’Algebra:<br />

Theorem 185 ( fondamentale <strong>del</strong>l’algebra) Una equazione algebrica <strong>di</strong> grado<br />

n ≥ 1 ammette almeno una ra<strong>di</strong>ce (in campo complesso). Ovvero un polinomio<br />

<strong>di</strong> grado n ≥ 1 possiede almeno uno zero (in campo complesso).<br />

Proof. ricor<strong>di</strong>amo da 211,212 cosa è un’equazione algebrica <strong>di</strong> grado n<br />

Pn(z) = a0 + a1z + a2z 2 + ... + an−1z n−1 + anz n = 0; an = 0 (742)<br />

Ora ammettiamo per assurdo che non esista una ra<strong>di</strong>ce, cioè che il polinomio<br />

Pn(z) non si annulli mai. Ma allora la funzione<br />

f(z) = 1<br />

Pn(z)<br />

(743)<br />

è analitica su tutto il piano complesso ed è anche limitata (anzi |f(z)| −→<br />

|z|→∞ 0).<br />

Quin<strong>di</strong> per il teorema <strong>di</strong> Liouville tale funzione è costante epperciò il polinomio<br />

deve essere costante. Ma questo va contro l’ipotesi (n ≥ 1).QED.<br />

Il teorema ammette un imme<strong>di</strong>ato e importantissimo corollario:<br />

110


Corollary 186 Una equazione algebrica <strong>di</strong> grado n ≥ 1 ammette n ra<strong>di</strong>ci (in<br />

campo complesso e tenuto conto <strong>del</strong>l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> molteplicità). Ovvero un polinomio<br />

<strong>di</strong> grado n ≥ 1 possiede sempre n zeri in campo complesso, eventualmente<br />

alcuni possono essere ripetuti.<br />

Proof. per il teorema fondamentale <strong>del</strong>l’algebra Pn(z) possiede almeno un zero,<br />

cioè esiste un numero complesso z1 tale che<br />

Pn(z1) = a0 + a1z1 + a2z 2 1 + ... + an−1z n−1<br />

1 + anz n 1 = 0 (744)<br />

Ma allora possiamo scrivere<br />

Quin<strong>di</strong><br />

Pn(z) = Pn(z) − Pn(z1) = (745)<br />

2 2 n−1 n−1<br />

a1 (z − z1) + a2 z − z1 + ... + an−1 z − z1 + an (z n − z n 1 (746) )<br />

Pn(z) = (z − z1) ˜Pn−1(z) (747)<br />

Ma anche il polinomio ˜Pn−1(z) , se n − 1 ≥ 1,deve avere uno zero (<strong>di</strong>ciamo z2,<br />

eventualmente coincidente con z1), e quin<strong>di</strong><br />

Iterando, segue la tesi.<br />

Pn(z) = (z − z1) (z − z2) ˆPn−2(z) (748)<br />

6 Serie in campo complesso<br />

Come già accennato a pag. 35 e seguenti, si possono tradurre nel campo complesso<br />

concetti e teoremi per le successioni e le serie già noti in campo reale. Una<br />

sintesi verrà data, per la convenienza <strong>del</strong>lo studente, nell’appen<strong>di</strong>ce A. Perintanto<br />

comunque lo studente dovrebbe rivedere concetti e teoremi riguardanti la<br />

convergenza, la convergenza assoluta, la convergenza uniforme e infine i criteri<br />

<strong>di</strong> convergenza per le serie.<br />

Per estensione dal campo reale scriviamo la serie <strong>di</strong> Taylor per una funzione<br />

complessa w = f(z)<br />

∞ f<br />

f(z) =<br />

(n) (z0)<br />

(z − z0)<br />

n!<br />

n<br />

(749)<br />

n=0<br />

ove abbiamo in<strong>di</strong>cato con f (n) (z0) la derivata ennesima in z0, convenendo<br />

che f (0) (z) = f(z)<br />

Tale serie è detta anche sviluppo <strong>di</strong> Taylor <strong>del</strong>la funzione f(z) (nel punto z0,<br />

se z0 = 0 allora si parla <strong>di</strong> serie <strong>di</strong> Maclaurin). <strong>La</strong> serie <strong>di</strong> Taylor converge<br />

ovviamente in z = z0 che in linea <strong>di</strong> principio potrebbe essere l’unico punto <strong>di</strong><br />

convergenza. Tuttavia essendo una serie <strong>di</strong> potenze se converge in altri punti<br />

111


allora convergerà all’interno <strong>di</strong> un cerchio <strong>di</strong> centro z0 e raggio R (che viene detto<br />

raggio <strong>di</strong> convergenza). Anzi si può <strong>di</strong>mostrare anche in campo complesso che<br />

una serie <strong>di</strong> potenze converge assolutamente e uniformemente in ogni regione<br />

all’interno <strong>del</strong> cerchio <strong>di</strong> convergenza.<br />

Questo è molto importante perchè (all’interno <strong>del</strong> cerchio <strong>di</strong> convergenza)<br />

allora è lecito:<br />

• cambiare l’or<strong>di</strong>ne dei termini <strong>del</strong>la serie (la nuova serie converge allo stesso<br />

valore)<br />

• sommare e/o moltiplicare due serie ottenendo una nuova serie (assolutamente<br />

convergente)<br />

• derivare termine a termine, cioè scambiare la somma con la derivata:<br />

d<br />

dz<br />

= d<br />

dz<br />

• integrare <br />

termine a termine, cioè scambiare la somma con l’integrale:<br />

=<br />

Γ<br />

Γ<br />

Una ben nota e importante serie <strong>di</strong> potenze è la serie geometrica<br />

∞<br />

n=0<br />

q n = 1<br />

; |q| < 1 (750)<br />

1 − q<br />

che converge entro il cerchio unitario (|q| < 1).<br />

<strong>La</strong> mera forma dei coefficienti <strong>del</strong>la serie <strong>di</strong> Taylor suggerisce uno stretto<br />

legame tra lo sviluppo <strong>di</strong>Taylor<br />

e le funzioni analitiche. In effetti è così. Mostreremo ora che una funzione<br />

analitica è sviluppabile in serie <strong>di</strong> Taylor e <strong>di</strong>scuteremo poi il raggio <strong>di</strong><br />

convergenza <strong>di</strong> tale serie.<br />

Sia dunque la funzione w = f(z) analitica su un contorno Γ e nella regione<br />

ℜ = {Γ}. Pren<strong>di</strong>amo un punto arbitrario z0 interno a tale regione e consideriamo<br />

un cerchio <strong>di</strong> centro z0 e <strong>di</strong> raggio R tale che tutto il cerchio sia incluso nella<br />

regione stessa. Pren<strong>di</strong>amo poi un arbitrario punto ζ <strong>del</strong> contorno Γ e un<br />

arbitrario punto z interno al cerchio (ve<strong>di</strong> figura 15 ove abbiamo per semplicità<br />

considerato una regione semplicemente connessa)<br />

Consideriamo la serie geometrica<br />

∞<br />

<br />

z − z0<br />

n=0<br />

ζ − z0<br />

n<br />

(751)<br />

E’ evidente, per costruzione, che per ogni valore <strong>di</strong> z e <strong>di</strong> ζ<br />

<br />

<br />

<br />

z − z0 <br />

<br />

ζ<br />

− z0<br />

< 1 (752)<br />

112


ζ<br />

z<br />

z0<br />

R<br />

Figure 15:<br />

e quin<strong>di</strong> (ve<strong>di</strong> 750) la serie 751 converge assolutamente e uniformemente<br />

∞<br />

<br />

z − z0<br />

n=0<br />

ζ − z0<br />

n<br />

=<br />

1<br />

1 − z−z0<br />

ζ−z0<br />

= ζ − z0<br />

ζ − z<br />

Γ<br />

(753)<br />

per ogni valore <strong>di</strong> z e <strong>di</strong> ζ. <strong>La</strong> assoluta e uniforme convergenza <strong>del</strong>la 753 ci<br />

permette <strong>di</strong> riscriverla come<br />

poi <strong>di</strong> moltiplicare per f(ζ)<br />

i2π<br />

1<br />

ζ − z =<br />

∞<br />

n=0<br />

1 f(ζ) 1<br />

=<br />

i2π ζ − z i2π<br />

(z − z0) n<br />

(ζ − z0) n+1<br />

∞ f(ζ) (z − z0) n<br />

n=0<br />

(ζ − z0) n+1<br />

e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> integrare su Γ<br />

<br />

1<br />

i2π<br />

Γ<br />

dζ f(ζ)<br />

<br />

1<br />

=<br />

ζ − z i2π<br />

Γ<br />

∞ f(ζ) (z − z0)<br />

dζ<br />

n=0<br />

n<br />

(ζ − z0) n+1<br />

e infine <strong>di</strong> scambiare la somma con l’integrale (nel lato destro sopra)<br />

<br />

1<br />

dζ<br />

i2π<br />

Γ<br />

f(ζ) 1<br />

=<br />

ζ − z i2π<br />

∞<br />

n=0<br />

(z − z0) n<br />

<br />

Γ<br />

f(ζ)<br />

dζ<br />

(ζ − z0) n+1<br />

(754)<br />

(755)<br />

(756)<br />

(757)<br />

Ma per ipotesi la funzione è analitica in ℜ = {Γ} e quin<strong>di</strong> valgono le rappresentazioni<br />

integrali <strong>di</strong> Cauchy 696 che riconosciamo sia a sinistra che a destra<br />

113


<strong>del</strong>l’uguaglianza precedente. Otteniamo dunque<br />

∞ f<br />

f(z) =<br />

(n) (z0)<br />

(z − z0)<br />

n!<br />

n<br />

n=0<br />

(758)<br />

cioè lo sviluppo <strong>di</strong> Taylor per ogni z nel cerchio <strong>di</strong> raggio R e centro z0 incluso<br />

nella regione <strong>di</strong> analiticità. Quin<strong>di</strong> una funzione analitica è sviluppabile in serie<br />

<strong>di</strong> Taylor in un intorno <strong>di</strong> ogni suo punto <strong>di</strong> analiticità. Ma è vero anche il<br />

contrario... cioè la funzione analitica può essere definita da una serie <strong>di</strong> potenze<br />

convergente (approccio <strong>di</strong> Weierstrass)<br />

∞<br />

cn (z − z0) n<br />

n=0<br />

(759)<br />

Infatti, ammettendo che tale serie (con coefficienti cn complessi)e converga<br />

entro un cerchio <strong>di</strong> raggio R e centro z0 ( per ogni valore <strong>del</strong> ’parametro’ z<br />

entro il cerchio), allora definirà una funzione w = f(z)<br />

f(z) =<br />

∞<br />

cn (z − z0) n = c0 + c1 (z − z0) + c2 (z − z0) 2 + ... (760)<br />

n=0<br />

Tale funzione sarà analitica in accordo alla primitiva definizione <strong>di</strong> analiticità (la<br />

funzione <strong>di</strong>pende solo da z e non da ¯z). Ma c’è <strong>di</strong> più. Infatti, essendo la serie<br />

759 una serie <strong>di</strong> potenze per ipotesi convergente, la convergenza sarà assoluta e<br />

uniforme entro il cerchio <strong>di</strong> convergenza e questo ci permette <strong>di</strong> derivarla termine<br />

a termine. Quin<strong>di</strong> dalla 760 otteniamo<br />

Derivando la 760<br />

abbiamo<br />

c0 = f(z0) (761)<br />

f (1) (z) = c1 + 2c2 (z − z0) + 3c2 (z − z0) 2 + ... (762)<br />

e quin<strong>di</strong>, iterando, è facile vedere che<br />

c1 = f (1) (z0) (763)<br />

cn = f (n) (z0)<br />

n!<br />

(764)<br />

epperciò la 759, che definisce la funzione, è proprio la serie <strong>di</strong> Taylor <strong>del</strong>la<br />

funzione stessa (ve<strong>di</strong> 749). Ergo: analiticità <strong>di</strong> una funzione in un intorno e<br />

sviluppabilità in serie <strong>di</strong> Taylor sono concetti equivalenti. Abbiamo mostrato<br />

che una funzione analitica è sviluppabile in serie <strong>di</strong> Taylor in un cerchio intorno a<br />

qualsiasi punto <strong>di</strong> analiticità. Ovviamente il raggio <strong>di</strong> convergenza R0 <strong>del</strong>la serie<br />

per un dato z0 sarà pari alla <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> z0 dal più vicino punto singolare <strong>del</strong>la<br />

funzione (chiamiamolo zs, quin<strong>di</strong> R0 = |zs − z0|). In particolare se la funzione è<br />

intera e non ha quin<strong>di</strong> singolarità al finito allora è sviluppabile intorno a qualsiasi<br />

punto <strong>del</strong> piano complesso e la serie convergerà su tutto il piano complesso.<br />

114


Exercise 187 sviluppare w = cos(z) in serie <strong>di</strong> Taylor intorno a z0 = π<br />

4 e<br />

determinare il raggio <strong>di</strong> convergenza <strong>del</strong>la serie<br />

Svolgimento: si può procedere in <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong>. Il più rapido consiste nel<br />

cambiamento <strong>di</strong> variabile<br />

ζ = z − z0 = z − π<br />

(765)<br />

4<br />

Allora w = cos(z) = cos ζ + π<br />

<br />

π<br />

π<br />

1<br />

4 = cos 4 cos (ζ)−sin 4 sin (ζ) = √2 (cos (ζ) − sin (ζ)) .<br />

Ma z0 = π<br />

4 → ζ0 = 0 e le serie <strong>di</strong> Maclaurin <strong>del</strong> seno e <strong>del</strong> coseno sono ben<br />

note... quin<strong>di</strong><br />

cos(z) = 1 √ (cos (ζ) − sin (ζ)) =<br />

2 1 <br />

√ 1 −<br />

2<br />

ζ2 ζ4 ζ3 ζ5<br />

+ ... − ζ + −<br />

2! 4! 3! 5! ...<br />

<br />

(766)<br />

Approfittando <strong>del</strong> fatto che le due serie sono assolutamente convergenti rimescoliamo<br />

le carte:<br />

cos(z) = 1<br />

<br />

√ 1 − ζ −<br />

2<br />

ζ2 ζ3 ζ4 ζ5<br />

+ + −<br />

2! 3! 4! 5! ...<br />

<br />

= (767)<br />

<br />

1<br />

<br />

√ 1 − z −<br />

2<br />

π<br />

<br />

<br />

π 2 <br />

π 3 <br />

π 4 <br />

π 5<br />

z − 4 z − 4 z − 4 z − 4<br />

− + + − ... (768)<br />

4 2! 3! 4! 5!<br />

Ovviamente si poteva partire <strong>di</strong>rettamente dalla definizione e calcolare le<br />

derivate successive <strong>del</strong>la funzione in z0 = π<br />

4 ottenendo lo stesso risultato (sperabilmente...<br />

check!). Siccome il coseno non ha singolarità al finito il raggio<br />

<strong>del</strong>la convergenza <strong>del</strong>la serie sarà infinito, cioè la serie converge su tutto il piano<br />

complesso.<br />

Exercise 188 sviluppare w = ln(1 + iz) in serie <strong>di</strong> Taylor intorno a z0 = 0 e<br />

determinare il raggio <strong>di</strong> convergenza <strong>del</strong>la serie<br />

Svolgimento: calcoliamo le derivate:<br />

e quin<strong>di</strong><br />

f (0) (z) = ln(1 + iz) −→ f (0) (0) = 0 (769)<br />

f (1) (z) = +i (1 + iz) −1 −→ f (1) (0) = i (770)<br />

f (2) (z) = −i 2 (1 + iz) −2 −→ f (2) (0) = −i 2<br />

f (3) (z) = +2i 3 (1 + iz) −3 −→ f (3) (0) = +2i 3<br />

f (4) (z) = −3!i 4 (1 + iz) −4 −→ f (3) (0) = −3!i 4<br />

(771)<br />

(772)<br />

(773)<br />

.. (774)<br />

f (n) (z) = (−1) n−1 (n − 1)!i n (1 − z) −n −→ f (n) (0) = (−1) n−1 (n − 1)!i n ; n (775) > 0<br />

ln(1 + iz) =<br />

∞<br />

n=1<br />

(−1) n−1 i n<br />

n<br />

z n = iz + z2<br />

2<br />

115<br />

− iz3<br />

3<br />

− z4<br />

4<br />

+ iz5 ... (776)<br />

5


Abbiamo trovato lo sviluppo ma la funzione logaritmo è polidroma: implicitamente<br />

abbiamo scelto il ramo in cui f (0) (0) = 0. <strong>La</strong> serie converge fino alla<br />

singolarità (punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione data da 1 + iz = 0 cioè z = i che ovviamente<br />

è sul cerchio unitario. Si può mostrare che (eccettuata la singolarità) la serie<br />

converge anche sul cerchio unitario.<br />

Exercise 189 determinare i raggi <strong>di</strong> convergenza <strong>del</strong>le serie <strong>di</strong> Maclaurin <strong>del</strong>le<br />

seguenti funzioni<br />

a)<br />

sin (2z)<br />

; b) e−z2 sinh(i + z); c)<br />

(z − 2i) (z + 3)<br />

z<br />

; (777)<br />

1 + ez Exercise 190 sviluppare le seguenti funzioni in serie <strong>di</strong> Maclaurin e determinare<br />

il raggio <strong>di</strong> convergenza <strong>del</strong>le serie:<br />

<br />

2z − i<br />

1 + z<br />

a) sin ; b) ln ; c) arctan(z); (778)<br />

1 − z<br />

1 − z<br />

Exercise 191 mostrare che lo sviluppo <strong>di</strong> Mclaurin <strong>di</strong> (1 + z) α è dato da<br />

(1 + z) α = 1 + αz +<br />

α (α − 1)<br />

z<br />

2!<br />

2 +<br />

e la serie converge entro il cerchio unitario.<br />

α (α − 1) (α − 2)<br />

z<br />

3!<br />

3 + ... (779)<br />

Remark 192 <strong>La</strong> formula 779 è detta formula binomiale. Interessanti sono i<br />

casi il caso α = N ≥ 1 e α = −1. Nel primo caso la serie termina a z N<br />

(1 + z) N N (N − 1)<br />

= 1+Nz+ z<br />

2!<br />

2 N (N − 1) (N − 2)<br />

+ z<br />

3!<br />

3 N (N − 1) .. (N − (N − 1))<br />

+... z<br />

3!<br />

N<br />

(780)<br />

e abbiamo lo sviluppo <strong>del</strong>la potenza <strong>di</strong> un binomio. Nel secondo caso<br />

1<br />

1 + z = 1 − z + z2 − z 3 + ...; |z| < 1 (781)<br />

Abbiamo detto che la serie <strong>di</strong> Taylor converge fino alla più vicina singolarità.<br />

Ma è notevole che se tale singolarità zs è isolata allora possiamo in qualche<br />

modo ’aggirarla’. Infatti ammettiamo <strong>di</strong> sviluppare la funzione in serie <strong>di</strong> Taylor<br />

intorno a un certo z0. Allora la serie, come già detto, converge entro il cerchio<br />

C0 con centro z0 che tocca zs . Ma, essendo la singolarità isolata, i punti vicini<br />

a zs anche se non appartenti al cerchio sono punti <strong>di</strong> anliticità <strong>del</strong>la funzione e<br />

possono essere raggiunti sviluppando <strong>di</strong> nuovo la funzione in un punto z1 entro<br />

il cerchio <strong>di</strong> raggio R0.<strong>La</strong> nuova serie infatti convergerà in un nuovo cerchio<br />

C1 <strong>di</strong> raggio R1 = |zs − z1| che avrà un intersezione non nulla con il cerchio<br />

precedente ma conterrà anche punti non appartenenti al cerchio precedente. Il<br />

proce<strong>di</strong>mento può essere iterato fino a ’circondare’ la singolarità isolata. Tale<br />

116


z0<br />

z1<br />

z2<br />

zs<br />

Figure 16:<br />

proce<strong>di</strong>mento va sotto il nome <strong>di</strong> prolungamento analitico e può essere forse più<br />

chiaramente compreso guardando la 16.<br />

Tale proce<strong>di</strong>mento ovviamente fallirebbe se invece <strong>di</strong> una singolarità isolata<br />

incontrassimo una vera e propria barriera <strong>di</strong> singolarità, cioè singolarità densamente<br />

<strong>di</strong>stribuite su una linea chiusa che circon<strong>di</strong> la zona <strong>di</strong> analiticità. Questo<br />

è improbabile ma non impossibile! Diamo un classico esempio. Consuderiamo<br />

la funzione w = f(z) definita dalla serie<br />

∞<br />

w = f(z) = z n!<br />

(782)<br />

<strong>La</strong> serie converge entro il cerchio unitario (e quin<strong>di</strong> la funzione è ivi ben definita<br />

e analitica). Infatti per un noto criterio <strong>di</strong> convergenza la serie converge se<br />

la serie dei moduli converge. Ma entro il cerchio unitario la serie dei moduli<br />

può essere chiaramente maggiorata da un serie geometrica ( che entro il cerchio<br />

unitario è convergente)<br />

∞<br />

|z| n! ∞<br />

< |z| n ; |z| < 1 (783)<br />

n=1<br />

n=1<br />

e quin<strong>di</strong>, per un altro noto criterio <strong>di</strong> convergenza la serie a sinistra converge.<br />

Ma che succede sul cerchio unitario? abbiamo sicuramente punti singolari, per<br />

esempio per z = 1 la serie 782 sicuramente <strong>di</strong>verge. Comunque a noi basterebbe<br />

un varco da cui passare, un intervallo comunque piccolo sul cerchio privo <strong>di</strong><br />

punti <strong>di</strong> singolarità. Ma non è così: infatti per tutti i numeri <strong>del</strong> tipo<br />

n=1<br />

z = e i2π k M (784)<br />

117


la serie 782 sicuramente non converge (dato che zn! k i2π = e M n! , e chiaramente,<br />

comunque si scelgano k e M , per n abbastanza grande sarà k<br />

M n! = N intero<br />

e quin<strong>di</strong> la serie conterrà la somma <strong>di</strong> infiniti uno...). Epperò sappiamo<br />

k i2π che e M sono le ra<strong>di</strong>ci M-sime <strong>del</strong>l’unità e giacciono equispaziate sul cerchio<br />

unitario. Dato che possiamo prendere M arbitrariamente grande allora in ogni<br />

intorno per quanto piccolo <strong>di</strong> un qualsiasi punto <strong>del</strong> cerchio unitario troveremo<br />

una ra<strong>di</strong>ce <strong>del</strong>l’unità. Ergo: la barriera è invalicabile (stranamente una barriera<br />

invalicabile, che è cosa rara, è detta barriera naturale). Ancora alcune considerazioni<br />

sul prolungamento analitico. Forse non è subito evidente che ad esempio<br />

la serie <strong>di</strong> Taylor che definisce la funzione analitica nel cerchio C0 <strong>di</strong> raggio R0<br />

centrato su z0, cioè<br />

∞ f (n) (z0)<br />

(z − z0)<br />

n!<br />

n<br />

(785)<br />

n=0<br />

è formalmente <strong>di</strong>versa dalla serie nel cerchio C1 <strong>di</strong> raggio R1 centrato su z1, cioè<br />

∞<br />

n=0<br />

f (n) (z1)<br />

n!<br />

(z − z1) n<br />

(786)<br />

Ma la funzione deve essere la stessa nonostante la <strong>di</strong>versità <strong>del</strong>la rappresentazione<br />

e non solo nell’intersezione dei due cerchi C0 ∩C1 ma ovunque possiamo<br />

giungere con il prolungamento analitico. Ci poniamo quin<strong>di</strong> il problema: partendo<br />

da z0 (o da un altro punto interno al cerchio C0 ove la funzione è definita<br />

dalla 785 ) e raggiungendo un generico punto z lungo un cammino Γ1(che attraversa<br />

una certa serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>schi <strong>del</strong> prolungamento) otterremo un certo valore<br />

w <strong>di</strong> f(z) (se z fosse in C1 avremmo quello dato dalla serie 786) , se percorressimo<br />

invece un cammino <strong>di</strong>verso, <strong>di</strong>ciamo Γ1(che attraversa una <strong>di</strong>versa serie<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>schi <strong>del</strong> prolungamento) otterremo un valore ˜w <strong>di</strong>verso per f(z)?Ve<strong>di</strong>amo<br />

dalla Figura 17 cosa può succedere.<br />

<strong>La</strong> funzione w = f(z) è analitica in ℜ (l’unione dei <strong>di</strong>schi <strong>del</strong> prolungamento)<br />

e così la sua derivata w ′ = f ′ (z). Quin<strong>di</strong><br />

mentre<br />

<br />

w = f(z0) + f ′ (z)dz (787)<br />

Γ1<br />

<br />

˜w = f(z0) +<br />

Γ2<br />

f ′ (z)dz (788)<br />

Ma il teorema <strong>di</strong> Cauchy ci <strong>di</strong>ce che se all’interno <strong>del</strong> cammino chiuso Γ = Γ2 −<br />

Γ1non ci sono singolarità allora i due integrali a destra <strong>del</strong>le formule precedenti<br />

sono uguali e quin<strong>di</strong> ˜w = w.Ma se il prolungamento aveva circondato una (o più)<br />

singolarità allora l’integrale lungo Γ non è più necessariamente nullo e quin<strong>di</strong><br />

potremmo avere ˜w = w.Come mai? bene, la funzione sarebbe ancora analitica<br />

ma polidroma e facendo percorsi <strong>di</strong>versi saremmo finiti su rami <strong>di</strong>versi...<br />

In pratica basta che due funzioni analitiche monodrome coincidano su un<br />

tratto <strong>di</strong> curva appartenente all’intersezione dei dominii <strong>di</strong> analiticità affinchè<br />

118


z0<br />

Γ1<br />

Figure 17:<br />

si possa affermare che allora coincidono ovunque cioè sono la stessa funzione<br />

analitica sull’unione dei dominii.<br />

Exercise 193 giustificare!<br />

Exercise 194 mostrare che 1<br />

2+i<br />

∞<br />

n=0<br />

z−i<br />

2−i<br />

n z−i<br />

2−i<br />

∞<br />

n=0<br />

z<br />

Γ2<br />

n z+i<br />

1<br />

2+i è il prolungamento analitico <strong>di</strong> 2−i<br />

Svolgimento: la serie è ovviamente una serie geometrica <strong>di</strong> ’ragione’ q =<br />

<br />

e quin<strong>di</strong> converge all’interno <strong>del</strong> cerchio z−i<br />

<br />

<br />

= 1.Cioè<br />

2−i<br />

|z − i| = |2 − i| = √ 5 (789)<br />

che è il cerchio <strong>di</strong> raggio √ 5 e centro in i. <strong>La</strong> serie può essere sommata (ve<strong>di</strong><br />

750) per ogni z entro tale cerchio e quin<strong>di</strong><br />

analogamente<br />

1<br />

2 − i<br />

1<br />

2 + i<br />

∞<br />

n z − i<br />

=<br />

2 − i<br />

1 1<br />

2 − i 1 − z−i<br />

2−i<br />

n=0<br />

∞<br />

n z + i<br />

=<br />

2 + i<br />

1 1<br />

2 + i 1 − z+i<br />

2+i<br />

n=0<br />

119<br />

= 1<br />

2 − z<br />

= 1<br />

2 − z<br />

(790)<br />

(791)


Questa seconda serie converge nel cerchio <strong>di</strong> centro −i e raggio √ 5. Quin<strong>di</strong> il<br />

centro <strong>di</strong> questa serie è dentro il cerchio <strong>di</strong> convergenza <strong>del</strong>la prima serie e le<br />

due serie coincidono nell’intersezione. Perciò sono il prolungamento analitico<br />

l’una <strong>del</strong>l’altra.<br />

Exercise 195 trovare un prolungamento analitico <strong>di</strong> f(z) =<br />

∞<br />

n=0<br />

z n<br />

5 n+1 che con-<br />

verga nel punto z = 4 − 3i e calcolare il valore assunto da tale prolungamento<br />

in questo punto.<br />

C’è ancora molto da <strong>di</strong>re sul prolungamento analitico ma ci torneremo in<br />

seguito.<br />

6.1 Serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent<br />

I questa sezione ci limiteremo a trattare funzioni con singolarità isolate e monodrome<br />

(se la funzione fosse polidroma dovremmo pensarla come ’monodromizzata’<br />

o attraverso la scelta <strong>di</strong> un ramo o passando alla superficie <strong>di</strong> Riemann).<br />

Remark 196 abbiamo già dato un esempio <strong>di</strong> barriera naturale (ve<strong>di</strong> 782 e<br />

seguenti) cioè una linea chiusa in cui le singolarità sono ’dense’. Funzioni con<br />

singolarità non isolate sono (relativamente) rare. Tuttavia esistono funzioni<br />

non ’esotiche’ che presentano addensamenti <strong>di</strong> singolarità (cioè singolarità non<br />

isolate). Per esempio si consideri<br />

1<br />

f(z) =<br />

sin <br />

1<br />

(792)<br />

z<br />

<strong>La</strong> funzione è ovviamente singolare in z = 0 (non è neanche definita) e per<br />

tutti i valori <strong>di</strong> z per cui sin <br />

1<br />

z = 0. Ma<br />

<br />

1<br />

sin =<br />

z<br />

e i<br />

i<br />

z − − e z<br />

(793)<br />

2i<br />

Quin<strong>di</strong><br />

sin<br />

e quin<strong>di</strong> la funzione è singolare per<br />

<br />

1<br />

= 0 → e<br />

z<br />

2i<br />

z = 1 = e i2kπ ; k = 0, ±1, ±2, ... (794)<br />

zk = 1<br />

, k = ±1, ±2, ... (795)<br />

kπ<br />

e quin<strong>di</strong> in ogni intorno comunque piccolo <strong>di</strong> z = 0 vi saranno (infiniti) punti<br />

<strong>di</strong> singolarità.<br />

Definiamo ora come dominio anulare la corona circolare {R1,2}<strong>di</strong> raggio<br />

interno R1e raggio esterno R2 centrata su un punto z0 (ve<strong>di</strong> 18) , contorno<br />

compreso.<br />

120


R2<br />

z0<br />

Figure 18:<br />

Si supponga ora che la funzione w = f(z) sia analitica e monodroma nel<br />

dominio anulare. <strong>La</strong> funzione potrebbe invece avere una singolarità isolata in z0:<br />

ma essendo comunque la eventuale singolarità in z0 isolata possiamo comunque<br />

trovare un dominio anulare <strong>di</strong> analiticità con R1 > 0 e R2 < |zs − z0| ove zs è<br />

la eventuale singolarità <strong>del</strong>la funzione più vicina a z0. Allora <strong>di</strong>mostreremo che<br />

la funzione ammette uno sviluppo in serie assolutamente convergente nel<br />

dominio anulare: tale sviluppo è detto sviluppo <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent ed è dato da<br />

f(z) =<br />

∞<br />

n=−∞<br />

R1<br />

an (z − z0) n ; z ∈ {R1,2} (796)<br />

con i coefficienti complessi an dati da<br />

an = 1<br />

<br />

i2π<br />

f(ζ)<br />

n+1 dζ; n = 0, ±1, ±2, ...<br />

(ζ − z0)<br />

(797)<br />

Γ<br />

ove Γ è una qualsiasi curva <strong>di</strong> Jordan appartenente al dominio anulare {R1,2}<br />

percorsa una sola volta nel verso positivo (antiorario) e tale da includere il<br />

punto z0 (ve<strong>di</strong> Figura 19).<br />

<strong>La</strong> serie ?? è detta serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent. Prima <strong>di</strong> provare quanto sopra detto,<br />

alcune considerazioni:<br />

• <strong>La</strong> serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent ?? potrebbe ’bloccarsi’ sia dalla parte <strong>del</strong>le potenze<br />

positive sia dalla parte <strong>del</strong>le potenze negative o da entrambi i lati (in questo<br />

ultimo caso sarebbe ancora uno ’sviluppo’ ma non più propriamente una<br />

serie)<br />

121


Γ<br />

R2<br />

z0<br />

Figure 19:<br />

• nel caso che tutti i coefficienti negativi fossero nulli la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent<br />

coinciderebbe con la serie <strong>di</strong> Taylor (ve<strong>di</strong> la forma dei coefficienti data da<br />

797; ovviamente in tal caso z0 non sarebbe un punto singolare)<br />

• viceversa se z0 non fosse un punto singolare allora i coefficienti negativi<br />

f(ζ) (ζ − z0) n−1 dζ; n = 1, 2, ...ma allora la fun-<br />

sarebbero a−n = 1<br />

i2π<br />

Γ<br />

zione f(ζ) (ζ − z0) n−1 entro l’integrale sarebbe analitica entro il contorno<br />

Γ e quin<strong>di</strong> per il teorema <strong>di</strong> Cauchy l’integrale (e tutti i coefficienti negativi)<br />

sarebbe zero.<br />

• se la serie si fermasse nella parte ’negativa’ per n = −N (N > 0) allora<br />

il punto z0 sarebbe un polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne N per la funzione . Infatti allora si<br />

avrebbe<br />

R1<br />

f(z) = a−N a−N+1<br />

+ N<br />

(z − z0) (z − z0) N+1 + ...a0 + a1 (z − z0) + ... (798)<br />

e quin<strong>di</strong> evidentemente<br />

lim (z − z0)<br />

z−→z0<br />

N f(z) = a−N<br />

epperciò per definizione (ve<strong>di</strong> 489) z0 sarebbe un polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne N<br />

(799)<br />

• se la serie non si ’blocca’ nella sua parte ’negativa’ (cioè se la serie parte<br />

effettivamente da −∞) allora è evidente che z0 , non essendo un punto<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione (la funzione è monodroma) né un polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne finito (e<br />

quin<strong>di</strong>, per estensione, neanche una singolarità eliminabile, ve<strong>di</strong> 120), deve<br />

essere una singolarità essenziale (un polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne infinito, ve<strong>di</strong> 4.3,123 ).<br />

122


z<br />

Γ3<br />

z0<br />

Figure 20:<br />

• quella che abbiamo finora chiamato parte ’negativa’ <strong>del</strong>la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent<br />

cioè<br />

f(z) =<br />

−1<br />

n=−∞<br />

Γ2<br />

an (z − z0) n<br />

Γ1<br />

(800)<br />

viene detta nei sacri testi parte principale <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent o anche<br />

parte singolare mentre la parte ’positiva’ è detta parte regolare<br />

Veniamo ora a provare la vali<strong>di</strong>tà <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent 796. Consideriamo<br />

una funzione w = f(z) monodroma e analitica nel dominio anulare<br />

centrato in z0 e <strong>del</strong>imitato dai cerchi Γ1, Γ2 <strong>di</strong> raggio R1, R2(ve<strong>di</strong> figura 20).<br />

Ovviamente se z0 è una singolarità isolata (o un punto regolare) il raggio R2<br />

può essere preso piccolo a piacere; il raggio R1 può invece essere esteso fino alla<br />

eventuale singolarità più vicina a z0. Consideriamo un generico punto z interno<br />

al dominio e un cerchio Γ3 centrato in z <strong>di</strong> raggio R3 contenuto interamente<br />

entro l’anello (ve<strong>di</strong> figura 20).<br />

Abbiamo così costruito una regione multiplamente connessa (grigia in figura)<strong>di</strong><br />

contorno Γ = Γ1 + Γ2 + Γ3. Entro questa regione la funzione g(ζ) = f(ζ)<br />

ζ−z è monodroma<br />

e analitica quin<strong>di</strong> per il teorema <strong>di</strong> Cauchy (ve<strong>di</strong> anche remark 157)<br />

abbiamo <br />

f (ζ)<br />

dζ = 0 (801)<br />

ζ − z<br />

Γ<br />

ove il contorno Γ è come al solito percorso in senso positivo, il che significa<br />

che Γ1è percorso in senso antiorario mentre Γ2, Γ3 sono percorsi in senso orario.<br />

123


Quin<strong>di</strong> l’integrale sopra può essere spezzato nella somma <strong>di</strong> 3 integrali<br />

<br />

<br />

f (ζ)<br />

dζ =<br />

ζ − z<br />

<br />

f (ζ)<br />

dζ −<br />

ζ − z<br />

<br />

f (ζ)<br />

dζ −<br />

ζ − z<br />

f (ζ)<br />

dζ = 0<br />

ζ − z<br />

(802)<br />

Γ<br />

Γ1<br />

Γ2<br />

ove i segni meno sono dovuti al fatto che ora percorriamo Γ2, Γ3 nel verso<br />

positivo antiorario. Ma il terzo integrale è essenzialmente la rappresentazione<br />

<strong>di</strong> Cauchy <strong>del</strong>la funzione in z<br />

e quin<strong>di</strong><br />

<br />

Γ3<br />

f(z) = 1<br />

<br />

i2π<br />

Γ1<br />

Γ3<br />

f (ζ)<br />

dζ = i2πf(z) (803)<br />

ζ − z<br />

<br />

f (ζ) 1<br />

dζ −<br />

ζ − z i2π<br />

Γ2<br />

f (ζ)<br />

dζ (804)<br />

ζ − z<br />

Ora si ripeta, mutatis mutan<strong>di</strong>s, il ragionamento che dalla 751 porta alla<br />

754. Avremo quin<strong>di</strong><br />

1<br />

ζ − z =<br />

∞ (z − z0) n<br />

(ζ − z0) n+1<br />

(805)<br />

n=0<br />

ove la serie geometrica converge (assolutamente e uniformemente) per<br />

<br />

<br />

<br />

z − z0 <br />

<br />

ζ<br />

− z0<br />

< 1 (806)<br />

Tale con<strong>di</strong>zione è ovviamente so<strong>di</strong>sfatta per ζ ∈ Γ1 e dunque<br />

<br />

Γ1<br />

<br />

f (ζ)<br />

dζ =<br />

ζ − z<br />

Γ1<br />

f (ζ) dζ<br />

∞<br />

n=0<br />

(z − z0) n<br />

(ζ − z0) n+1<br />

(807)<br />

Sfruttando la uniforme convergenza <strong>del</strong>la serie integriamo termine a termine<br />

<br />

Γ1<br />

∞ (z − z0)<br />

f (ζ) dζ<br />

n ∞<br />

n+1 = (z − z0)<br />

(ζ − z0) n<br />

<br />

n=0<br />

n=0<br />

D’altra parte invertendo nella 754 il ruolo <strong>di</strong> ζ e z abbiamo<br />

1<br />

z − ζ =<br />

∞<br />

m=0<br />

(ζ − z0) m<br />

Γ1<br />

(z − z0) m+1<br />

f (ζ)<br />

n+1 dζ (808)<br />

(ζ − z0)<br />

(809)<br />

ove la serie geometrica converge (assolutamente e uniformemente) per<br />

<br />

<br />

<br />

ζ − z0 <br />

<br />

z<br />

− z0<br />

< 1 (810)<br />

124


Tale con<strong>di</strong>zione è ovviamente so<strong>di</strong>sfatta per ζ ∈ Γ2 e dunque<br />

<br />

<br />

f (ζ)<br />

dζ = −<br />

ζ − z<br />

∞ (ζ − z0)<br />

f (ζ) dζ<br />

m<br />

(z − z0) m+1<br />

Γ2<br />

Γ2<br />

m=0<br />

(811)<br />

Sfruttando la uniforme convergenza <strong>del</strong>la serie integriamo termine a termine<br />

<br />

−<br />

∞ (ζ − z0)<br />

f (ζ) dζ<br />

m ∞<br />

m+1 = − (z − z0)<br />

(z − z0) −m−1<br />

<br />

f (ζ)<br />

−m dζ<br />

(ζ − z0)<br />

(812)<br />

Γ2<br />

m=0<br />

m=0<br />

che riscriviamo come (ponendo n = m − 1)<br />

<br />

Γ2<br />

f (ζ)<br />

dζ = −<br />

ζ − z<br />

−1<br />

n=−∞<br />

quin<strong>di</strong> abbiamo dalla 804 con 807 e 813<br />

f(z) = 1<br />

i2π<br />

∞<br />

n=0<br />

(z − z0) n<br />

<br />

Γ1<br />

(z − z0) n<br />

<br />

f (ζ) 1<br />

n+1 dζ+<br />

(ζ − z0) i2π<br />

Γ2<br />

Γ2<br />

f (ζ)<br />

n+1 dζ (813)<br />

(ζ − z0)<br />

−1<br />

n=−∞<br />

(z − z0) n<br />

<br />

Γ2<br />

f (ζ)<br />

n+1 dζ<br />

(ζ − z0)<br />

(814)<br />

che sarebbe la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent (lo sviluppo <strong>di</strong> laurent <strong>del</strong>la funzione) salvo che i<br />

coefficienti <strong>del</strong>le potenze positive sono ora definiti da un integrale su Γ1 mentre<br />

f(ζ)<br />

quelli <strong>del</strong>le potenze negative sono su Γ2. Epperò la funzione<br />

(ζ−z0) n+1 è analitica<br />

nel dominio anulare e quin<strong>di</strong> per il teorema 160 è possibile spostare gli integrali<br />

su una curva qualsiasi all’interno <strong>del</strong>la regione <strong>di</strong> analiticità. QED.<br />

Remark 197 la serie converge assolutamente nel dominio anulare con centro<br />

z0 (possibile singolarità isolata) <strong>di</strong> raggio interno piccolo a piacere e raggio<br />

esterno esten<strong>di</strong>bile fino alla più vicina singolarità. Ma si può anche <strong>di</strong>mostrare<br />

che la convergenza è uniforme in ogni dominio anulare chiuso strettamente<br />

contenuto nel dominio <strong>di</strong> convergenza.<br />

Remark 198 i coefficienti positivi <strong>del</strong>la 797 non sono (a parte n!) la rappresentazione<br />

<strong>di</strong> Cauchy <strong>del</strong>la derivate n-sime a meno che z0 non sia un punto<br />

regolare (ve<strong>di</strong> esercizi successivi)<br />

Remark 199 i coefficienti <strong>del</strong>la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent sono spesso e profittevolmente<br />

calcolati non usando la 797, cioè non vi è bisogno <strong>di</strong> calcolare integrali <strong>di</strong> contorno<br />

(<strong>di</strong> nuovo ve<strong>di</strong> esercizi successivi)<br />

Exercise 200 Sviluppare in serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent la funzione<br />

f(z) = e−2iz<br />

3 , (815)<br />

(z − i)<br />

intorno a z = i, determinare il dominio <strong>di</strong> convergenza <strong>del</strong>la serie e classificare<br />

le singolarità <strong>del</strong>la funzione stessa.<br />

125


Svolgimento:<br />

<strong>La</strong> funzione ha evidentemente un polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 3 in z = i. Cambiamo<br />

variabile:<br />

f(z) =<br />

ζ = z − i; z = ζ + i (816)<br />

e−2iz (z − i) 3 −→ ˜ f(ζ) = e−2i(ζ+i)<br />

ζ 3<br />

= e2<br />

3<br />

e−i2ζ<br />

ζ<br />

(817)<br />

<strong>La</strong> ’nuova’ funzione ˜f(ζ) = e2<br />

ζ3 e−i2ζ ha ancora un polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 3 ma in ζ = 0;<br />

inoltre e−i2ζ è analitica ovunque (al finito) e possiamo quin<strong>di</strong> svilupparla in<br />

serie <strong>di</strong> Mclaurin<br />

<br />

<br />

˜f(ζ) = e2<br />

ζ 3<br />

1 − i2ζ + (−i2ζ)2<br />

2!<br />

˜f(ζ) = e 2<br />

<br />

1<br />

ζ<br />

2i 2<br />

3 − 2 −<br />

ζ ζ<br />

+ (−i2ζ)3<br />

3!<br />

ritornando alla variabile originale<br />

f(z) = e 2<br />

<br />

1<br />

3 −<br />

(z − i) 2i 2<br />

2 −<br />

(z − i) (z − i)<br />

+ 4i<br />

3<br />

+ 4i<br />

3<br />

+ (−i2ζ)4<br />

4!<br />

+ 2ζ<br />

3<br />

<br />

+ ...<br />

+ 2 (z − i)<br />

3<br />

+ ...<br />

+ ...<br />

<br />

(818)<br />

(819)<br />

(820)<br />

che è la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent richiesta. Notare che abbiamo trovato i coefficienti<br />

senza calcolare alcun integrale (ve<strong>di</strong> 199). Notare inoltre che a.e. il coefficiente<br />

è<br />

a1 = 2<br />

3 e2<br />

(821)<br />

mentre se fosse il coefficiente <strong>del</strong>la serie <strong>di</strong> Taylor sarebbe<br />

f ′ (i)<br />

1! =<br />

<br />

−2i e−2iz e−2iz<br />

3 − 3<br />

(z − i) (z − i) 4<br />

<br />

z=i<br />

→ <strong>di</strong>vergente (822)<br />

a conferma <strong>del</strong> Remark 198. Ovviamente la serie si ’blocca’ nella parte principale<br />

per n = −3 a conferma che z = i era un polo <strong>del</strong> terzo or<strong>di</strong>ne. <strong>La</strong> serie<br />

converge nel dominio anulare {ε, ∞} centrato in z0 = i.<br />

Exercise 201 Sviluppare in serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent la funzione<br />

f(z) =<br />

2z<br />

(z2 , (823)<br />

+ 1)<br />

intorno a a z0 = −i; determinare il dominio <strong>di</strong> convergenza <strong>del</strong>la serie e classificare<br />

le singolarità <strong>del</strong>la funzione stessa.<br />

126


Svolgimento:<br />

<strong>La</strong> funzione ha evidentemente due poli semplici in z = ±i. Riscriviamola<br />

f(z) =<br />

e cambiamo variabile (check!)<br />

2z<br />

(z2 + 1) =<br />

2z<br />

(z + i) (z − i)<br />

(824)<br />

ζ = z + i; z = ζ − i (825)<br />

f(z) −→ ˜ <br />

2ζ − 2i iζ + 1<br />

f(ζ) = = 1 + i<br />

ζ (ζ − 2i) ζ<br />

ζ<br />

−1 (826)<br />

2<br />

<br />

Ora possiamo sviluppare<br />

1 + i ζ<br />

2<br />

−1<br />

in serie <strong>di</strong> Maclaurin (z0 = −i → ζ 0 = 0)<br />

, tenendo presente la 781 che sarà valida per<br />

<br />

<br />

<br />

iζ <br />

<br />

<br />

2<br />

< 1 cioè |ζ| < 2 −→ |z + i| < 2 (827)<br />

Tenere presente anche che il cerchio esterno <strong>del</strong> dominio anulare per la serie <strong>di</strong><br />

<strong>La</strong>urent in z0 = −i non può oltrepassare la seconda singolarità posta in zs = i<br />

e che <strong>di</strong>sta da z0 appunto |i + i| = 2. Quin<strong>di</strong> la con<strong>di</strong>zione 827 è rispettata.<br />

Abbiamo<br />

˜f(ζ) =<br />

iζ + 1<br />

ζ<br />

Facendo un pò <strong>di</strong> attenzione...<br />

<br />

1 − i ζ<br />

2 +<br />

˜f(ζ) = 1 i<br />

+<br />

ζ 2<br />

<br />

i ζ<br />

2<br />

2<br />

<br />

− i ζ<br />

2<br />

3<br />

+ ...<br />

<br />

(828)<br />

1 i<br />

+ ζ −<br />

4 8 ζ2 ... (829)<br />

ritornando alla variabile originale abbiamo lo sviluppo <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent<br />

f(z) = 1 i 1 i<br />

+ + (z + i) −<br />

z + i 2 4 8 (z + i)2 .. (830)<br />

a conferma che z = −i era un polo semplice. Ancora a conferma che se z0<br />

è un punto sigolare i coefficienti <strong>del</strong>le potenze positive NON sono i coefficienti<br />

<strong>di</strong> Taylor ve<strong>di</strong>amo quali sarebbero i primi 2 coefficienti secondo lo sviluppo<br />

<strong>di</strong> Taylor e confrontiamoli con quelli già calcolati <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent (a0 = i<br />

2 , a1 =<br />

).Dunque secondo lo sviluppo <strong>di</strong> Taylor<br />

1<br />

4<br />

ã0 = f (z0) = f (−i) = −2i<br />

−→ <strong>di</strong>vergente<br />

(−1 + 1)<br />

(831)<br />

ã1 = f ′ <br />

2<br />

(z0) =<br />

(z2 + 1) −<br />

4z2<br />

(z2 + 1) 2<br />

<br />

z=−i<br />

−→ <strong>di</strong>vergente (832)<br />

127


Problem 202 se nella 826 avessimo scelto <strong>di</strong> porre (ζ − 2i) = ζ<br />

1 − 2i<br />

ζ<br />

<br />

(<strong>del</strong><br />

tutto legittimo!) avremmo ottenuto una serie con infiniti termini nella parte<br />

singolare... come succede per una singolarità essenziale. Spiegare.<br />

Exercise 203 Sviluppare in serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent la funzione<br />

f(z) = z<br />

, (833)<br />

z − 3<br />

intorno a a z0 = 0; determinare il dominio <strong>di</strong> convergenza <strong>del</strong>la serie e classificare<br />

le singolarità <strong>del</strong>la funzione stessa.<br />

Svolgimento:<br />

Dato che z0 = 0 non è un punto singolare <strong>del</strong>la funzione ci aspettiamo che<br />

la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent coincida con quella <strong>di</strong> Taylor-Maclaurin e converga fino alla<br />

prima singolarità posta in zs = 3. Ve<strong>di</strong>amo la serie <strong>di</strong> Maclaurin<br />

e quin<strong>di</strong><br />

f(z) = f(0) + f (1) (0)<br />

1!<br />

f (1) z − 3 − z −3<br />

(z) = 2 =<br />

(z − 3) (z − 3) 2<br />

f (2) (z) =<br />

z + f (2) (0)<br />

z<br />

2!<br />

2 + ... (834)<br />

6<br />

(z − 3) 3<br />

(835)<br />

(836)<br />

f(z) = − 1 1<br />

z −<br />

3 9 z2 + (837)<br />

Ve<strong>di</strong>amo ora la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent calcolando <strong>di</strong>rettamente i coefficienti dalla<br />

797. Possiamo riservarci <strong>di</strong> scegliere il cammino entro la regione <strong>di</strong> analiticità:<br />

scegliamo il cerchio unitario. E’ chiaro che per i coefficienti ’negativi’<br />

(n = −1, −2, −3, ...) abbiamo<br />

am = 1<br />

<br />

i2π<br />

ζ m f(ζ)dζ; m = 0, 1, 2, .. (838)<br />

Γ<br />

ma la funzione ζ m f(ζ) è analitica entro il cerchio unitario e quin<strong>di</strong> gli integrali<br />

e i coefficienti sono nulli. Anche per n = 0 la funzione è analitica e quin<strong>di</strong> il<br />

primo coefficiente <strong>del</strong>la serie <strong>di</strong> laurent è nullo (in accordo con la serie <strong>di</strong> Taylor)<br />

Calcoliamo allora<br />

a0 = 1<br />

i2π<br />

<br />

Γ<br />

a1 = 1<br />

<br />

i2π<br />

Γ<br />

<br />

f(ζ) 1<br />

0+1 dζ =<br />

(ζ) i2π<br />

Γ<br />

<br />

f(ζ) 1<br />

1+1 dζ =<br />

(ζ) i2π<br />

128<br />

ζ<br />

dζ = 0 (839)<br />

ζ (ζ − 3)<br />

Γ<br />

1<br />

dζ (840)<br />

ζ (ζ − 3)


e scegliamo per Γ il cerchio unitario che è entro l’anello <strong>di</strong> analiticità. Riscriviamo<br />

a1 = − 1<br />

<br />

1<br />

3 i2π<br />

<br />

1<br />

ζ<br />

Γ<br />

−<br />

<br />

1<br />

dζ = −<br />

(ζ − 3)<br />

1<br />

⎛<br />

<br />

1<br />

⎝<br />

3 i2π<br />

<br />

1<br />

dζ −<br />

ζ<br />

1<br />

(ζ − 3)<br />

Γ<br />

Γ<br />

dζ<br />

⎞<br />

⎠ (841)<br />

Il primo integrale è già stato calcolato (ve<strong>di</strong> 634) e vale i2π, il secondo è nullo<br />

essendo la funzione integranda analitica entro il cerchio unitario.<br />

a1 =<br />

e dunque<br />

−1<br />

3 in accordo con lo sviluppo <strong>di</strong> Taylor.<br />

Calcoliamo anche sempre sul cerchio unitario<br />

a2 = 1<br />

<br />

i2π<br />

<br />

f(ζ) 1<br />

2+1 dζ =<br />

(ζ) i2π<br />

1<br />

ζ 2 dζ<br />

(ζ − 3)<br />

(842)<br />

Riscriviamo<br />

a2 = 1<br />

i2π<br />

<br />

Γ<br />

Γ<br />

<br />

f(ζ) 1<br />

2+1 dζ = −1<br />

(ζ) 9 i2π<br />

Γ<br />

Γ<br />

1<br />

ζ<br />

<br />

3 1<br />

+ 2 − dζ (843)<br />

ζ ζ − 3<br />

Il primo integrale dà ancora i2π e il terzo è nullo. Resta da vedere il secondo<br />

che calcoliamo esplicitamente considerando che sul cerchio unitario<br />

e quin<strong>di</strong><br />

Epperciò a2 = − 1<br />

9 , come previsto.<br />

ζ = e iφ ; dζ = ie iφ dφ (844)<br />

2π<br />

1<br />

2 dζ = i e<br />

ζ −iφ dφ = 0 (845)<br />

Exercise 204 Sviluppare in serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent la funzione<br />

f(z) =<br />

0<br />

1 − cos(z)<br />

z 2 , (846)<br />

intorno a a z0 = 0; determinare il dominio <strong>di</strong> convergenza <strong>del</strong>la serie e classificare<br />

le singolarità <strong>del</strong>la funzione stessa.<br />

cioè<br />

Svolgimento:<br />

sviluppiamo il coseno in serie <strong>di</strong> Maclaurin<br />

1 − cos(z)<br />

f(z) =<br />

z2 = 1<br />

z2 <br />

1 − 1 − z2<br />

<br />

z4<br />

+ − ...<br />

2! 4!<br />

(847)<br />

f(z) = 1 z2<br />

− + ... (848)<br />

2 4!<br />

Quin<strong>di</strong> manca la parte principale <strong>del</strong>la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent, la singolarità era eliminabile<br />

(polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne zero...) , la serie converge ovunque.<br />

129


Exercise 205 Sviluppare in serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent la funzione<br />

f(z) = (z − i) 3 <br />

1<br />

sin<br />

(z − i)<br />

(849)<br />

intorno a z0 = i; determinare il dominio <strong>di</strong> convergenza <strong>del</strong>la serie e classificare<br />

le singolarità <strong>del</strong>la funzione stessa.<br />

Svolgimento:<br />

abbiamo<br />

(z − i) 3<br />

<br />

1<br />

(z − i) −<br />

<br />

1<br />

1<br />

3 +<br />

5 + ...<br />

3! (z − i) 5! (z − i)<br />

(850)<br />

quin<strong>di</strong> z0 = i è una singolarità essenziale. <strong>La</strong> serie converge ovunque eccetto<br />

z = i.<br />

–––––––––––––-<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che una funzione analitica ovunque si <strong>di</strong>ce funzione intera ; per<br />

tali funzioni le serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent e <strong>di</strong> Taylor intorno a un punto qualsiasi convergono<br />

ovunque e coincidono.<br />

Una funzione analitica ovunque salvo un numero finito <strong>di</strong> poli si <strong>di</strong>ce funzione<br />

meromorfa; una funzione meromorfa può essere sviluppata in serie <strong>di</strong><br />

Taylor e <strong>La</strong>urent coincidenti intorno a un qualsiasi punto che non sia un suo<br />

polo: la convergenza si estenderà fino al polo più vicino). Intorno ad un polo<br />

avremo la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent convergente nell’anello che esclude il polo e ’sfiora’<br />

l’eventuale polo più vicino a quello al centro <strong>del</strong>l’anello.<br />

Forse è evidente ma mostreremo comunque che una funzione sviluppabile<br />

in serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent non può essere limitata nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> una sua singolarità<br />

(isolata) sia che sia un polo sia che sia una singolarità essenziale. In effetti sia<br />

w = f(z) monodroma e analitica in un anello intorno a z0 polo o singolarità<br />

essenziale. Allora ci saranno coefficienti <strong>del</strong>la parte principale <strong>del</strong>la serie <strong>di</strong><br />

<strong>La</strong>urent non nulli. Tali coefficienti sono <strong>del</strong>la forma<br />

a−N = 1<br />

i2π<br />

<br />

Γ<br />

f(ζ)<br />

dζ; N ≥ 1 (851)<br />

−N+1<br />

(ζ − z0)<br />

ove possiamo scegliere il cammino Γ entro l’anello <strong>di</strong> analiticità e lo scegliemo<br />

per como<strong>di</strong>tà come un cerchio <strong>di</strong> raggio ρ e centro z0. Ma se la funzione è limitata<br />

allora |f(ζ)| < M e quin<strong>di</strong><br />

<br />

<br />

|a−N| = 1<br />

2π<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Γ<br />

<br />

f(ζ) <br />

dζ<br />

−N+1 <br />

(ζ − z0) <br />

≤ 1<br />

2π ρN−1 M2πr = Mρ N<br />

(852)<br />

E tuttavia z0 è una singolarità isolata e quin<strong>di</strong> possiamo prendere ρ piccolo a<br />

piacere: ma allora a−N = 0 e dato che era un generico coefficiente <strong>del</strong>la parte<br />

principale (potenze negative) <strong>del</strong>la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent tutta la parte principale è<br />

130


nulla e la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent coincide con la serie <strong>di</strong> Taylor. Ma allora z0 dovrebbe<br />

essere un punto non singolare contrariamente all’ipotesi. Ergo: la funzione<br />

analitica non può essere limitata nelle vicinanze <strong>di</strong> una sua singolarità.<br />

Ma c’è <strong>di</strong> più: se la singolarità isolata non è un polo ma una singolarità<br />

essenziale allora il comportamento <strong>del</strong>la funzione analitica nelle sue vicinanze è<br />

ancora più ’fantasioso’... questo ci viene detto da due teoremi che non <strong>di</strong>mostreremo.<br />

Theorem 206 (Casorati-Weierstrass). In un intorno arbitrariamente piccolo<br />

<strong>di</strong> una singolarità isolata essenziale per una funzione (generalmente) analitica,<br />

la funzione stessa assume valori arbitrariamente vicini a qualsiasi numero complesso.<br />

C’è <strong>di</strong> meglio... ve<strong>di</strong>amo il (piccolo) teorema <strong>di</strong> Picard (che non è, forse,<br />

il favoloso Capitano Jean Luc Picard , Enterprise - Star Trek, Second Generation...)<br />

Theorem 207 (Picard). Una funzione generalmente analitica assume in un<br />

intorno arbitrariamente piccolo <strong>di</strong> una sua singolarità isolata essenziale tutti i<br />

valori (complessi) possibili con al più una eccezione.<br />

Exercise 208 mostrare che w = f(z) = e 1 z ha una singolarità essenziale in<br />

z = 0. Trovare il valore che non può essere assunto dalla funzione.<br />

6.2 Residui<br />

Consideriamo una funzione w = f(z) sviluppabile in serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent intorno a<br />

un certo punto z0.Il primo coefficiente <strong>del</strong>la parte principale, cioè a−1, è detto<br />

residuo <strong>del</strong>la funzione. Ma ve<strong>di</strong>amo la sua forma esplicita (dalla 797):<br />

a−1 = 1<br />

i2π<br />

<br />

Γ<br />

<br />

f(ζ) 1<br />

−1+1 dζ = f(ζ)dζ (853)<br />

(ζ − z0) i2π<br />

ove Γ è una curva <strong>di</strong> Jordan qualsiasi all’interno <strong>del</strong> dominio <strong>di</strong> analiticità <strong>del</strong>la<br />

funzione, percorsa una sola volta e circumnavigante .z0 Ma allora<br />

<br />

f(ζ)dζ = i2πa−1<br />

(854)<br />

Γ<br />

e quin<strong>di</strong> è possibile calcolare un integrale <strong>di</strong> contorno includente z0 semplicemente<br />

calcolando il residuo <strong>del</strong>la funzione in z0 e tale residuo può essere<br />

calcolato in<strong>di</strong>pendentemente e abbastanza facilmente (ve<strong>di</strong> esercizi <strong>del</strong>la sottosezione<br />

precedente). E’ evidente l’utilità pratica <strong>di</strong> questa osservazione ai fini<br />

131<br />

Γ


<strong>del</strong> calcolo degli integrali <strong>di</strong> contorno in campo complesso ( e in seguito estenderemo<br />

tale risultato in molte <strong>di</strong>rezioni). Per esempio in un esercizio precedente<br />

(ve<strong>di</strong> abbiamo dovuto mostrare esplicitamente che<br />

<br />

1<br />

2 dζ = 0 (855)<br />

ζ<br />

Γ<br />

ove Γ era il cerchio unitario che circonda la singolarità isolata (polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />

2) ζ = 0. Alla luce <strong>di</strong> quanto sopra detto il risultato è imme<strong>di</strong>ato per qualsiasi<br />

Γ che circon<strong>di</strong> ζ = 0. Infatti 1<br />

ζ 2 è l’espansione in serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent <strong>di</strong>... 1<br />

ζ 2 ! con<br />

tutti i coefficienti nulli eccetto a−2 = 1. Quin<strong>di</strong> a−1 = 0 e dunque l’integrale <strong>di</strong><br />

sopra è nullo.<br />

Exercise 209 calcolare<br />

<br />

Γ<br />

2z<br />

(z2 dz; Γ ≡ |z + i| = 1 (856)<br />

+ 1)<br />

Svolgimento:<br />

Abbiamo già calcolato la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent <strong>del</strong>la funzione integranda (che<br />

ha poli semplici in ±i). Siccome il cammino <strong>di</strong> integrazione cade nel dominio<br />

anulare <strong>di</strong> convergenza <strong>del</strong>la serie e il residuo vale uno (dalla 830) allora<br />

<br />

Γ<br />

2z<br />

(z2 dz = i2π (857)<br />

+ 1)<br />

...................<br />

Abbiamo già sottolineato il fatto che l’utilità <strong>del</strong>la 854 risiede nel fatto che<br />

i residui sono più facili da calcolare che gli integrali...<br />

In effetti se z0 è un polo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne N <strong>del</strong>la funzione w = f(z) è facile vedere<br />

che il residuo è dato da:<br />

a−1 = lim<br />

z−→z0<br />

1 d<br />

(N − 1)!<br />

(N−1)<br />

dz (N−1)<br />

<br />

(z − z0) N <br />

f(z)<br />

(858)<br />

Exercise 210 si lascia allo studente come esercizio la <strong>di</strong>mostrazione <strong>del</strong>la formula<br />

precedente (hint: sviluppare f(z) in serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent e...)<br />

Exercise 211 applicare la formula 858 per trovare tutti i residui <strong>del</strong>le seguenti<br />

funzioni<br />

Svolgimento:<br />

a) e−2iz 2z − i<br />

3 ; b)<br />

(z − i) z3 ; c)<br />

− z5 132<br />

z 2<br />

(z 2 + 1) 2<br />

(859)


a) chiaramente z = i è un polo <strong>del</strong> terzo or<strong>di</strong>ne e peraltro abbiamo già<br />

calcolato la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent per questa funzione in un esercizio precedente (ve<strong>di</strong><br />

820) e il residuo risultava<br />

a−1 = −2e 2<br />

(860)<br />

ve<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> ritrovare tale risultato applicando <strong>di</strong>rettamente la formula (senza<br />

passare per la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent)<br />

1 d<br />

a−1 = lim<br />

z−→i (3 − 1)!<br />

2<br />

dz (2)<br />

<br />

(z − i) 3 e−2iz (z − i) 3<br />

<br />

1 d<br />

= lim<br />

z−→i 2<br />

2<br />

dz2 −2iz<br />

e =(861)<br />

−2i d −2iz<br />

lim e<br />

z−→i 2 dz<br />

−2i d −2iz<br />

= lim e<br />

z−→i 2 dz<br />

= lim<br />

z−→i −2 e −2iz = −2e 2<br />

(862)<br />

................................................<br />

Ma anche se z0 fosse una singolarità essenziale abbiamo visto che spesso è<br />

possibile trovare facilmente la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent e quin<strong>di</strong> i residuo <strong>del</strong>la funzione<br />

Exercise 212 trovare il residuo <strong>del</strong>la funzione<br />

f(z) = (z − i) 3 <br />

1<br />

sin<br />

(z − i)<br />

in z0 = i<br />

(863)<br />

Svolgimento:<br />

abbiamo già visto che z0 = i è una singolarità essenziale per la funzione e<br />

abbiamo anche calcolato la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent, ve<strong>di</strong> 850. Dalla 850 risulta<br />

a−1 = − 1<br />

6<br />

Exercise 213 trovare il residuo <strong>del</strong>la funzione<br />

f(z) = z n<br />

<br />

1<br />

1 − cos<br />

z<br />

in z = 0 per ogni n ∈ N<br />

(864)<br />

(865)<br />

–––––––––-<br />

Siamo ora pronti ad estendere il risultato 854 con il celebrato Teorema dei<br />

Residui<br />

Theorem 214 (dei residui). Sia la funzione w = f(z) monodroma e analitica<br />

all’interno <strong>di</strong> una curva <strong>di</strong> Jordan Γ ad eccezione dei punti zm, m = 1, 2, ...M<br />

ove la funzione ha singolarità isolate e siano a (m)<br />

−1 i residui <strong>del</strong>la funzione in tali<br />

punti. Allora<br />

<br />

M<br />

f(ζ)dζ = i2π<br />

(866)<br />

Γ<br />

133<br />

m=1<br />

a (m)<br />

−1


z1<br />

zm<br />

Figure 21:<br />

Γ1<br />

z2<br />

Γm<br />

Γ2<br />

Cioè, a parole, l’integrale <strong>di</strong> contorno <strong>di</strong> una funzione generalmente analitica<br />

su una curva <strong>di</strong> Jordan Γ è pari a i2π la somma dei residui <strong>del</strong>la funzione nei<br />

punti <strong>di</strong> singolarità (isolata) che giacciono all’interno <strong>del</strong>la regione {Γ} .<br />

Proof. (teorema dei residui) . Sulla falsariga <strong>di</strong> un ragionamento già precedentemente<br />

usato, sappiamo che la funzione è analitica nella regione multiplamente<br />

connessa racchiusa da {Γ, Γm, m = 1, 2, ..M} (ve<strong>di</strong> figura 21).<br />

Allora, tenendo al solito in conto il verso positivo per i vari percorsi, per il<br />

teorema <strong>di</strong> Cauchy si ha<br />

<br />

Γ<br />

f(ζ)dζ =<br />

M<br />

<br />

m=1<br />

Γm<br />

Γ<br />

f(ζ)dζ (867)<br />

ove tutte le curve sono percorse in senso antiorario. Ora, tenendo in conto la<br />

854, segue la tesi. QED.<br />

Remark 215 Il teorema dei residui cioè la formula 866 contiene come sottocasi<br />

sia ovviamente la 854 ma anche il teorema <strong>di</strong> Cauchy le formule integrali <strong>di</strong><br />

Cauchy<br />

Problem 216 Dimostrare che la 866 implica la 696<br />

134


Problem 217 Quanto valgono i residui <strong>del</strong>la derivata <strong>di</strong> una funzione analitica?<br />

e <strong>di</strong> una funzione generalmente analitica (meromorfa)? giustificare..<br />

Problem 218 Ammettiamo che i residui <strong>del</strong>la derivata <strong>di</strong> una funzione generalmente<br />

analitica siano tutti nulli... ma la funzione analitica è la derivata<br />

<strong>del</strong>la sua primitiva quin<strong>di</strong> tutti i residui <strong>del</strong>le funzioni meromorfe sono nulli!<br />

ovviamente errato: mostrare.<br />

.............<br />

Exercise 219 calcolare il seguente integrale sui cerchi |z| = 1 e |z| = 3<br />

<br />

z<br />

z2 dz<br />

+ 4<br />

(868)<br />

Γ<br />

Svolgimento:<br />

la funzione integranda ha due poli semplici in z = ±i2. Nel primo caso (Γ ≡<br />

(|z| = 1)) nessuna <strong>del</strong>le due singolarità è entro il contorno e quin<strong>di</strong> l’integrale è<br />

nullo. Nel secondo caso entrambe le singolarità sono all’interno <strong>del</strong> contorno e<br />

quin<strong>di</strong> calcoliamo l’integrale usando il teorema dei residui. Calcoliamo i residui<br />

utilizzando sia la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent che la formula 858. Serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent in z0 =<br />

−2i<br />

z<br />

z2 + 4 =<br />

z<br />

(z + 2i) (z − 2i) =<br />

z<br />

1<br />

= (869)<br />

(z + 2i) (z − 2i + 2i − 2i)<br />

z 1 i z 1<br />

=<br />

(z + 2i) (−4i + (z + 2i)) 4 (z + 2i) 1 + i(z+2i)<br />

= (870)<br />

4<br />

<br />

<br />

2<br />

i z + 2i − 2i i (z + 2i) i (z + 2i)<br />

1 − +<br />

− ... = (871)<br />

4 (z + 2i)<br />

4<br />

4<br />

<br />

<br />

2<br />

i i (z + 2i) i (z + 2i)<br />

1 − +<br />

− ... +<br />

4 4<br />

4<br />

1<br />

<br />

<br />

1 i (z + 2i)<br />

− − + (872) ...<br />

2 (z + 2i) 4 16<br />

Quin<strong>di</strong> (salvo errori!) il residuo cercato è<br />

Controprova, calcolando dalla 858<br />

a (−2i)<br />

−1<br />

a (−2i)<br />

−1<br />

1<br />

=<br />

2<br />

z −2i 1<br />

= lim (z + 2i)<br />

= =<br />

z−→−2i (z + 2i) (z − 2i) −4i 2<br />

(e così potete apprezzare l’utilità <strong>del</strong>la formula 858).<br />

Il residuo in z0 = 2i sarà<br />

a (2i)<br />

−1<br />

z 2i 1<br />

= lim (z − 2i)<br />

= =<br />

z−→2i (z + 2i) (z − 2i) 4i 2<br />

135<br />

(873)<br />

(874)<br />

(875)


e quin<strong>di</strong> dal teorema dei residui abbiamo<br />

<br />

z<br />

z2 <br />

1 1<br />

dz = i2π + = i2π<br />

+ 4 2 2<br />

(876)<br />

|z|=3<br />

Con un pò <strong>di</strong> fantasia si poteva fare anche in <strong>di</strong>versi altri mo<strong>di</strong>... ad esempio<br />

ma<br />

z<br />

z + 2i − 2i<br />

=<br />

(z + 2i) (z − 2i) (z + 2i) (z − 2i) =<br />

1<br />

1<br />

− 2i<br />

(z − 2i) (z + 2i) (z − 2i)<br />

e quin<strong>di</strong><br />

epperciò<br />

<br />

1 1<br />

=<br />

(z + 2i) (z − 2i) 4i<br />

1<br />

(z − 2i) −<br />

<br />

1<br />

(z + 2i)<br />

z<br />

(z + 2i) (z − 2i) =<br />

1 1 1 1 1<br />

− +<br />

(z − 2i) 2 (z − 2i) 2 (z + 2i)<br />

= 1 1 1 1<br />

+<br />

2 (z + 2i) 2 (z − 2i)<br />

<br />

|z|=3<br />

z<br />

z2 ⎛<br />

<br />

1 ⎜<br />

dz = ⎝<br />

+ 4 2<br />

|z|=3<br />

1<br />

dz +<br />

(z + 2i)<br />

<br />

|z|=3<br />

ma ora i due integrali sono imme<strong>di</strong>ati e il risultato segue...<br />

⎞<br />

(877)<br />

(878)<br />

(879)<br />

(880)<br />

1<br />

(z − 2i) dz<br />

⎟<br />

⎠ (881)<br />

Exercise 220 calcolare il seguente integrale sui cerchi |z| = 1 e |z − 2| = 1<br />

<br />

Γ<br />

ez (ez dz (882)<br />

− 1) (z − 2)<br />

Svolgimento:<br />

<strong>La</strong> funzione integranda ha un polo semplice in z = 2 e una singolarità da<br />

definire in z = 0.<br />

Nel percorso |z − 2| = 1 solo il polo semplice è incluso e quin<strong>di</strong> basta calcolare<br />

il residuo <strong>del</strong>la funzione in z = 2 :<br />

epperciò l’integrale vale<br />

<br />

a (2)<br />

−1 = lim (z − 2)<br />

z−→2<br />

|z−2|=1<br />

e z<br />

(e z − 1) (z − 2)<br />

e z<br />

(e z − 1) (z − 2) =<br />

136<br />

e 2<br />

(e 2 − 1)<br />

e<br />

dz = i2π<br />

2<br />

(e2 − 1)<br />

(883)<br />

(884)


Nel percorso |z| = 1 il polo z = 2 non è incluso, quin<strong>di</strong> bisogna vedere il<br />

residuo <strong>del</strong>la funzione in z = 0. Dato che non siamo sicuri <strong>del</strong> tipo <strong>di</strong> singolarità<br />

sviluppiamo in serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent in z0 = 0 :<br />

ez (ez − 1) (z − 2) =<br />

<br />

1 + z + z2<br />

<br />

z3<br />

2 + 3! + ...<br />

1<br />

<br />

(z − 2)<br />

z 1 + z + 2<br />

z3<br />

2 + 3! + ... − 1 = (885)<br />

<br />

1 + z + z2<br />

<br />

z3<br />

2 + 3! + ...<br />

z 1 + z<br />

1<br />

z2<br />

2 + 3! + .. −2 1 − z<br />

= (886)<br />

2<br />

<br />

−1 1<br />

1 + z +<br />

2 z<br />

z2<br />

<br />

z3<br />

+ + ... 1 −<br />

2 3! z<br />

2 ..<br />

<br />

1 + z<br />

2 ..<br />

<br />

(887)<br />

e quin<strong>di</strong> z0 = 0 è un polo semplice con residuo<br />

Controprova:<br />

a (0)<br />

−1 = lim<br />

z−→0 z<br />

ez (ez − 1) (z − 2)<br />

Quin<strong>di</strong> <br />

|z|=1<br />

a (0)<br />

−1 = −1<br />

2<br />

= e0<br />

(0 − 2) lim<br />

z−→0<br />

ez (ez <br />

dz = i2π −<br />

− 1) (z − 2) 1<br />

<br />

2<br />

Exercise 221 calcolare il seguente integrale<br />

<br />

|z|=1<br />

Svolgimento:<br />

sembrerebbe analogo al precedente, ma...<br />

z<br />

(ez = −1<br />

− 1) 2 lim<br />

z−→0<br />

z + z2<br />

2<br />

(888)<br />

z<br />

= −1<br />

z3 + 3! + 2<br />

(889)<br />

= −iπ (890)<br />

e2z − 3ez + 2<br />

(ez dz (891)<br />

− 1) (z − 2)<br />

e 2z − 3e z + 2 = (e z − 1) (e z − 2) (892)<br />

e quin<strong>di</strong> in realtà dobbiamo calcolare<br />

<br />

ez − 2<br />

dz<br />

(z − 2)<br />

(893)<br />

|z|=1<br />

Ma la funzione integranda è analitica entro il cerchio unitario e dunque l’integrale<br />

è nullo.<br />

HINT: scomporre sempre se possibile numeratore e denominatore,<br />

onde evitare calcoli inutili<br />

137


Γ<br />

3<br />

Figure 22:<br />

Exercise 222 calcolare il seguente integrale<br />

<br />

cos(z)<br />

<br />

5π<br />

(z − ei 9 ) z − e<br />

ove Γ è il quadrato <strong>di</strong> lato 3 dato in figura 22<br />

i 3π<br />

7<br />

3<br />

Γ<br />

dz (894)<br />

Svolgimento:<br />

5π<br />

3π<br />

i <strong>La</strong> funzione integranda ha due poli semplici in z1 = e 9 i e z2 = e 7 ; entrambi<br />

sono sul cerchio unitario ma solo z2 ha un argomento 3π π<br />

7 < 2 e quin<strong>di</strong><br />

entro il cammino <strong>di</strong> integrazione. Si lascia allo studente il completamento<br />

<strong>del</strong>l’esercizio.<br />

Exercise 223 calcolare il seguente integrale sul cerchio unitario<br />

<br />

2 (z + 1)<br />

z7 dz<br />

(2z − 3i)<br />

(895)<br />

|z|=1<br />

Svolgimento:<br />

<strong>La</strong> funzione integranda ha due poli: un polo semplice in z1 = 3i<br />

2 e un polo <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>ne 5 in z2 = 0. Solo quest’ultimo cade entro il cerchio unitario. Dobbiamo<br />

perciò calcolare il residuo <strong>del</strong>la funzione in z2 = 0 :<br />

a (0) 1 d<br />

−1 = lim<br />

z−→0 6!<br />

6<br />

dz6 <br />

(z − 0) 7 2 (z + 1)<br />

z7 <br />

=<br />

(2z − 3i)<br />

1 d<br />

lim<br />

6! z−→0<br />

6<br />

dz6 <br />

(z + 1)<br />

, a =<br />

(z − a)<br />

3i<br />

2<br />

(896)<br />

138


Calcoliamo le derivate<br />

d1 dz1 <br />

(z + 1) 1 (z + 1)<br />

= −<br />

(z − a) (z − a) (z − a) 2<br />

d2 dz2 <br />

(z + 1)<br />

=<br />

(z − a)<br />

−1 − 1 (z + 1) −2 (z + 1)<br />

2 + 2 3 = 2 + 2<br />

(z − a) (z − a) (z − a) (z − a) 3<br />

d3 dz3 <br />

(z + 1)<br />

=<br />

(z − a)<br />

+2 ∗ 2 + 2 (z + 1) 3! (z + 1)<br />

3 − 3! 4 = 3 − 3!<br />

(z − a) (z − a) (z − a) (z − a) 4<br />

d4 dz4 <br />

(z + 1)<br />

=<br />

(z − a)<br />

−6 ∗ 3 − 6 (z + 1) −4! (z + 1)<br />

4 − 4! 5 = 4 − 4!<br />

(z − a) (z − a) (z − a) (z − a) 5<br />

(897)<br />

(898)<br />

(899)<br />

(900)<br />

è evidente (ma check! e per esecizio mostrare per induzione la formula per la<br />

derivata ennesima) che<br />

d6 dz6 <br />

(z + 1)<br />

=<br />

(z − a)<br />

−6! (z + 1)<br />

6 + 6!<br />

(z − a) (z − a) 7<br />

(901)<br />

per cui<br />

a (0) 1 d<br />

−1 = lim<br />

6! z−→0<br />

6<br />

dz6 <br />

(z + 1)<br />

=<br />

(z − a)<br />

1<br />

<br />

−6! (z + 1)<br />

lim<br />

6! z−→0<br />

6 + 6!<br />

(z − a) (z − a) 7<br />

<br />

(902) =<br />

1<br />

1<br />

lim<br />

z−→0 7 (−z + a + z + 1) = − (1 + a) (903)<br />

(z − a) a7 e quin<strong>di</strong> l’integrale è calcolato.<br />

Ma proviamo per mera curiosità (!) a calcolare il residuo <strong>del</strong>la funzione<br />

integranda nel polo semplice z1 = a = 3i<br />

2<br />

a (a)<br />

−1 = lim (z − a)<br />

z−→a<br />

(z + 1)<br />

z 7 (z − a)<br />

1<br />

= (1 + a) (904)<br />

a7 dunque a (a)<br />

−1 = −a(0) −1 (accidenti! se lo avessi saputo avrei faticato molto meno...).<br />

––––––-<br />

In realtà il risultato ottenuto al termine <strong>del</strong>l’esercizio precedente non è affatto<br />

accidentale. Si può infatti mostrare che se una funzione monodroma e<br />

generalmente analitica (cioè con un numero finito <strong>di</strong> singolarità isolate) va a<br />

zero all’infinito un pò più velocemente <strong>di</strong> 1<br />

|z| allora la somma <strong>di</strong> tutti i residui<br />

<strong>del</strong>la funzione è zero. <strong>La</strong> prova è semplice: basta calcolare l’integrale <strong>del</strong>la funzione<br />

su un cerchio centrato nell’origine e <strong>di</strong> raggio ρ = |z| abbastanza grande<br />

da includere tutte le singolarità al finito. Per il teorema dei residui tale integrale<br />

è proporzionale alla somma dei residui. Ma l’integrale stesso può essere<br />

maggiorato da 2πMρ (ve<strong>di</strong> 613). Ma nell’ipotesi fatta<br />

lim Mρ = 0 (905)<br />

ρ−→∞<br />

139


e quin<strong>di</strong> la somma <strong>di</strong> tutti i residui è nulla. Perciò la somma dei residui<br />

<strong>del</strong>le singolarità interne a una qualsiasi curva <strong>di</strong> Jordan Γ è pari alla somma dei<br />

residui <strong>del</strong>le singolarità esterne alla curva cambiata <strong>di</strong> segno . Questo risultato,<br />

come nell’esercizio precedente, può essere utilmente usato per semplificare la<br />

vita...<br />

Remark 224 il risultato precedente poteva essere previsto intuitivamente. Infatti<br />

nelle con<strong>di</strong>zioni poste non vi può essere una singolarità all’infinito. Consideriamo<br />

che <br />

= −<br />

(906)<br />

Γ<br />

Epperò la curva −Γ, cioè Γ percorsa in senso orario, per la convenzione sul<br />

verso <strong>di</strong> percorrenza ha per ’interno’ quello che era l’esterno <strong>del</strong>la curva Γ e<br />

quin<strong>di</strong> le sue singolarità ’interne’ sono le singolarità esterne a Γ più una eventuale<br />

singolarità all’infinito, caso che però abbiamo escluso. Quin<strong>di</strong> il risultato<br />

precedente non è altro che l’applicazione <strong>del</strong> teorema dei residui...<br />

Exercise 225 calcolare il seguente integrale sul cerchio |z| = 5<br />

<br />

|z|=5<br />

−Γ<br />

3z3 − iz2 + i<br />

(z − 1) 3 (z − 2) 4 (z + i) 3 dz (907)<br />

(z − 6)<br />

Svolgimento:<br />

<strong>La</strong> funzione integranda ha 3 poli all’interno ma un solo polo semplice all’esterno.<br />

D’altra parte si vede che va all’infinito come |z|3<br />

|z| 11 . Quin<strong>di</strong> basterà calcolare il<br />

residuo nel polo semplice esterno<br />

a (6)<br />

−1 = lim (z − 6)<br />

z−→6<br />

3z3 − iz2 + i<br />

(z − 1) 3 (z − 2) 4 (z + i) 3 (z − 6) = 3 ∗ 63 − 36i + i<br />

5344 (6 + i) 3<br />

sarà quin<strong>di</strong><br />

<br />

3z3 − iz2 + i<br />

(z − 1) 3 (z − 2) 4 (z + i) 3 (z − 6) dz = −i2π 3 ∗ 63 − 36i + i<br />

5344 (6 + i) 3<br />

|z|=5<br />

Exercise 226 calcolare il seguente integrale sul cerchio |z − 1| = 10<br />

<br />

|z−1|=10<br />

(908)<br />

(909)<br />

z2 dz (910)<br />

(z − i) (z − 2i) (z − 3i)<br />

Svolgimento:<br />

Il cerchio include tutte le sigolarità (poli semplici in i, 2i, 3i ) (CHECK!) e<br />

quin<strong>di</strong> si dovrebbero calcolare i residui (cosa <strong>del</strong> resto semplice). Non è possibile<br />

usare la scorciatoia <strong>di</strong> vedere l’esterno (ove non vi è alcuna singolarità al<br />

140


finito) perchè la funzione tende a zero all’infinito come 1<br />

|z|<br />

più velocemente come richiesto dalle considerazioni precedenti...).<br />

OK, calcoliamo i residui<br />

a (2i)<br />

−1<br />

a (i)<br />

−1 = lim (z − i)<br />

z−→i<br />

a (3i)<br />

−1<br />

= lim (z − 2i)<br />

z−→2i<br />

= lim (z − 3i)<br />

z−→3i<br />

z 2<br />

(z − i) (z − 2i) (z − 3i) =<br />

z 2<br />

(z − i) (z − 2i) (z − 3i) =<br />

z 2<br />

(z − i) (z − 2i) (z − 3i) =<br />

i2 1<br />

=<br />

(i − 2i) (i − 3i) 2<br />

(CHECK!) (e non<br />

(911)<br />

4i2 = −4 (912)<br />

(2i − i) (2i − 3i)<br />

9i2 9<br />

=<br />

(3i − i) (3i − 2i) 2<br />

(913)<br />

<strong>La</strong> somma dei residui è pari a 1 (non a zero! ...)<br />

e quin<strong>di</strong><br />

<br />

z2 dz = 2πi<br />

(z − i) (z − 2i) (z − 3i)<br />

(914)<br />

|z−1|=10<br />

ma (ve<strong>di</strong> sviluppo binomiale)<br />

1<br />

1 − ki<br />

z<br />

<br />

= 1 −<br />

− ki<br />

z<br />

<br />

+<br />

1<br />

z − ki =<br />

− ki<br />

z<br />

2<br />

1<br />

z 1 − ki<br />

z<br />

<br />

− − ki<br />

z<br />

3<br />

(915)<br />

<br />

1<br />

+ <br />

z4 <br />

, k = 1, 2, 3 (916)<br />

<strong>La</strong> serie converge assolutamente e uniformemente per<br />

<br />

<br />

<br />

−ki <br />

<br />

<br />

z < 1 (917)<br />

cioè per |z| > k (fuori dal cerchio |z| = k) e quin<strong>di</strong><br />

z2 (z − i) (z − 2i) (z − 3i)<br />

= 1<br />

<br />

1 − −<br />

z<br />

i<br />

<br />

+ −<br />

z<br />

i<br />

<br />

2<br />

.. 1 −<br />

z<br />

<br />

− 2i<br />

z<br />

<br />

+<br />

− 2i<br />

z<br />

2 <br />

.. 1 −<br />

− 3i<br />

z<br />

e l’espansione converge fuori dal cerchio |z| = 3 e quin<strong>di</strong> sul percorso <strong>di</strong> integrazione.<br />

Ma la convergenza è assoluta e uniforme quin<strong>di</strong> posso moltiplicare le<br />

141<br />

<br />

+<br />

− 3i<br />

z<br />

(918)<br />

<br />

2<br />

(919) ..


serie e posso integrare termine a termine. In<strong>di</strong><br />

<br />

z2 dz<br />

(z − i) (z − 2i) (z − 3i)<br />

(920)<br />

|z|= 5<br />

2<br />

=<br />

=<br />

|z−1|=10<br />

<br />

|z−1|=10<br />

<br />

|z−1|=10<br />

1<br />

z<br />

1<br />

dz +<br />

z<br />

<br />

6i 1<br />

+ + <br />

z2 z3 <br />

dz (921)<br />

<br />

|z−1|=10<br />

6i<br />

dz + ... (922)<br />

z2 è quin<strong>di</strong> ovvio che solo il primo integrale da un contributo (2πi) e tutti gli altri<br />

sono nulli: ritroviamo così per una via alternativa il risultato precedente.<br />

Proviamo a calcolare l’integrale questa volta sul cerchio |z| = 5<br />

2 . Ora solo i<br />

poli in i, 2i sono all’interno e quin<strong>di</strong> per il teorema dei residui<br />

<br />

z2 dz = 2πi(a(i) −1 + a(2i) −1 ) = −7πi (923)<br />

(z − i) (z − 2i) (z − 3i)<br />

proviamo la via alternativa espandendo come prima per le singolarità in i, 2i<br />

ma ponendo<br />

1<br />

z − 3i =<br />

1<br />

−3i 1 − z<br />

=<br />

<br />

3i<br />

(924)<br />

i<br />

<br />

1 − −<br />

3<br />

z<br />

<br />

+ −<br />

3i<br />

z<br />

<br />

2<br />

...<br />

3i<br />

(925)<br />

e questa serie converge per <br />

z − <br />

3i < 1 cioè |z| < 3 (entro il cerchio trinitario,<br />

sigh). Quin<strong>di</strong><br />

z2 (z − i) (z − 2i) (z − 3i)<br />

= i<br />

<br />

1 − −<br />

3<br />

z<br />

<br />

+ −<br />

3i<br />

z<br />

<br />

2<br />

...<br />

3i<br />

<br />

1 − − i<br />

<br />

+ −<br />

z<br />

i<br />

<br />

2 <br />

.. 1 − −<br />

z<br />

2i<br />

<br />

+ −<br />

z<br />

2i<br />

z<br />

siccomr le ultime due serie convergono per |z| > 2 mentre la prima converge per<br />

|z| < 3 l’espansione è valida nell’anello 2 < |z| < 3.<br />

Purtroppo è <strong>di</strong> scarsa utilità in quanto dovremmo calcolare la somma degli<br />

infiniti termini 1<br />

z<br />

Exercise 227 calcolare il seguente integrale sul cerchio |z| = 2<br />

<br />

1<br />

(z − i) 3 dz<br />

(z − 3i)<br />

(928)<br />

|z|=2<br />

142<br />

(926)<br />

<br />

2<br />

(927) ..


Svolgimento:<br />

Il cammino include il polo <strong>di</strong> terzo or<strong>di</strong>ne i . Però questa volta la funzione<br />

si annulla abbastanza velocemente all’infinito e quin<strong>di</strong> la somma dei residui è<br />

zero. Perciò <br />

1<br />

(z − i) 3 dz = −2πia(3i) −1<br />

(z − 3i)<br />

(929)<br />

e<br />

a (3i)<br />

−1<br />

|z|=2<br />

1<br />

= lim (z − 3i)<br />

z−→3i (z − i) 3 (z − 3i) =<br />

1 i<br />

3 =<br />

(3i − i) 8<br />

(930)<br />

L’esercizio sarebbe finito ma non è mai male trovare il risultato per vie <strong>di</strong>verse.<br />

Calcoliamo la serie <strong>di</strong> <strong>La</strong>urent ma senza calcolare i coefficienti con gli integrali.<br />

Innanzitutto cambiamo variabile<br />

avremo<br />

1<br />

(z − 3i) =<br />

1<br />

ζ − 2i =<br />

= i<br />

2<br />

<br />

1 −<br />

ζ = z − i (931)<br />

z = ζ + i (932)<br />

1<br />

<br />

−2i 1 + − ζ<br />

2i<br />

<br />

− ζ<br />

<br />

+ −<br />

2i<br />

ζ<br />

2i<br />

(933)<br />

2<br />

<br />

− − ζ<br />

<br />

3<br />

+ ..<br />

2i<br />

(934)<br />

<br />

<br />

valida per − ζ<br />

<br />

<br />

2i<br />

< 1 cioè |ζ| < 2 cioè nel cerchio <strong>di</strong> centro i e raggio<br />

2 : |z − i| < 2.(come deve dato che la prossima singolarità è a 3i)<br />

Abbiamo quin<strong>di</strong><br />

1<br />

(z − i) 3 (z − 3i)<br />

= i 1<br />

2 ζ 3<br />

<br />

1 − − ζ<br />

<br />

+ −<br />

2i<br />

ζ<br />

2i<br />

= i<br />

<br />

1 1 1<br />

2 3 + 2 − + ...<br />

ζ 2iζ 4ζ<br />

da cui si vede che il residuo è − i<br />

8 (come deve).<br />

.................................<br />

2<br />

<br />

− − ζ<br />

<br />

3<br />

+ ..<br />

2i<br />

6.2.1 Integrali reali calcolati in campo complesso<br />

(935)<br />

(936)<br />

(937)<br />

L’integrazione in campo complesso e il Teorema dei Residui permettono <strong>di</strong> calcolare<br />

molti integrali definiti in campo reale scegliendo opportunamente una<br />

funzione complessa ed un cammino chiuso. Per fare ciò occorre ’intuito’, una<br />

facoltà <strong>di</strong>fficilmente definibile ed esportabile... Comunque ci sono <strong>del</strong>le tipologie<br />

standard che esemplificheremo.<br />

143


-R<br />

Figure 23:<br />

Integrali <strong>del</strong> primo tipo Sono gli integrali <strong>del</strong> tipo<br />

<br />

+∞<br />

−∞<br />

R<br />

f(x)dx (938)<br />

ove la funzione f(x) è una funzione razionale tale che la sua estensione<br />

complessa f(z) va a zero per |z| −→ ∞ più rapidamente <strong>di</strong> 1<br />

|z| . In tal caso si<br />

considera il percorso chiuso Γ costituito dal segmento (−R, R) e dal semicerchio<br />

γ con centro nell’origine e <strong>di</strong> raggio R (ve<strong>di</strong> figura 23)<br />

Allora<br />

<br />

Γ<br />

f(z)dz =<br />

R<br />

−R<br />

<br />

f(x)dx +<br />

γ<br />

f(z)dz (939)<br />

Ma nel limite R −→ ∞ il primo integrale a destra <strong>di</strong>viene l’integrale reale che<br />

si doveva calcolare (f(z) = f(x) sull’asse reale ) mentre il secondo integrale sul<br />

semicerchio <strong>di</strong> raggio <strong>di</strong>vergente va a zero per quanto detto prima. Dunque<br />

<br />

+∞<br />

−∞<br />

<br />

f(x)dx = f(z)dz (940)<br />

144<br />

Γ


e l’integrale complesso, essendo la funzione razionale, può essere facilmente calcolato<br />

con il Teorema dei Residui.<br />

Anzi, siccome il semicerchio può essere impunemente preso nel semipiano<br />

superiore (come in figura 23) o nel semipiano inferiore, sembrerebbe opportuno<br />

dare uno sguardo preventivo alla funzione per vedere quale scelta è più conveniente<br />

(ovviamente se si ’chiude’ sopra conteranno nel teorema dei residui solo<br />

le singolarità poste nel semipiano immaginario positivo, viceversa se si ’chiude’<br />

sotto).<br />

Problem 228 In realtà tale consiglio è per ora superfluo... perchè?<br />

Remark 229 Se la funzione integranda è una funzione pari ovviamente possi-<br />

+∞<br />

amo anche calcolare gli integrali f(x)dx<br />

0<br />

Remark 230 ci siamo limitati finora a considerare funzioni razionali: in realtà<br />

i risultati possono essere estesi a funzioni più generali purchè continuabili<br />

analiticamente o nel semipiano superiore o in quello inferiore (ve<strong>di</strong> 236 ).<br />

.....................<br />

Exercise 231 Calcolare<br />

+∞<br />

−∞<br />

x + 1<br />

(x2 + 1) (x2 dx (941)<br />

− 4x + 5)<br />

Svolgimento: consideriamo la funzione ’complessificata’ z+1<br />

(z 2 +1)(z 2 −4z+5) :<br />

questa è razionale e si annulla abbastanza velocemente all’infinito (come |z| −3 )<br />

. Quin<strong>di</strong> applichiamo la 940. <strong>La</strong> funzione ha ovviamente poli semplici in z1 =<br />

+i, z2 = −i. Daltronde le ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> z 2 − 4z + 5 si trovano facilmente e sono<br />

z3 = 2 − i, z4 = 2 + i. Se ’chiu<strong>di</strong>amo sopra’ avremo bisogno dei residui in<br />

z1 = +i, z4 = 2 + i<br />

a (i)<br />

−1 =<br />

i + 1<br />

(i + i) (i 2 − 4i + 5)<br />

mentre il residuo in z4 = 2 + i vale (check!)<br />

e quin<strong>di</strong><br />

+∞<br />

−∞<br />

Exercise 232 Calcolare<br />

a (2+i)<br />

−1<br />

1 1 − i<br />

=<br />

8 1 − i<br />

= 1<br />

8<br />

(942)<br />

= −1 (1 + 2i) (943)<br />

8<br />

x + 1<br />

(x2 + 1) (x2 1<br />

π<br />

dx = i2π (1 − 1 − 2i) =<br />

− 4x + 5) 8 2<br />

(944)<br />

+∞<br />

x<br />

0<br />

2<br />

(x8 dx (945)<br />

+ 1)<br />

145


Integrali <strong>del</strong> secondo tipo Sono gli integrali <strong>del</strong> tipo<br />

oppure<br />

<br />

+∞<br />

−∞<br />

<br />

+∞<br />

−∞<br />

f(x) cos (ax) dx (946)<br />

f(x) sin (ax) dx (947)<br />

ove a è una costante reale e la funzione f(x) è una funzione razionale tale<br />

che la sua estensione complessa f(z) va a zero per |z| −→ ∞ .In questo caso si<br />

considera<br />

<br />

Γ<br />

f(z)e iaz dz =<br />

R<br />

−R<br />

f(x)e iax <br />

dx +<br />

γ<br />

f(z)e iaz dz (948)<br />

ove il percorso Γ è lo stesso <strong>del</strong> caso precedente. Si può <strong>di</strong>mostrare, ma lasciamo<br />

la <strong>di</strong>mostrazione allo studente <strong>di</strong>ligente, che l’integrale sul semicerchio γ<br />

<strong>di</strong><br />

raggio R (e per a > 0) si annulla nel limite R −→ ∞ e quin<strong>di</strong> calcolando<br />

Γ<br />

f(z)e iaz dz con il Teorema dei Residui (notare che f(z) è razionale e e iaz è<br />

intera) abbiamo<br />

epperciò sarà<br />

<br />

+∞<br />

−∞<br />

<br />

f(x) (cos (ax) + i sin(ax)) dx = f(z)e iaz dz (949)<br />

<br />

+∞<br />

−∞<br />

<br />

+∞<br />

−∞<br />

Exercise 233 calcolare<br />

⎛<br />

<br />

f(x) cos (ax) dx = Re ⎝ f(z)e iaz ⎞<br />

dz⎠<br />

(950)<br />

Γ<br />

⎛<br />

<br />

f(x) sin (ax) dx = Im ⎝ f(z)e iaz ⎞<br />

dz⎠<br />

(951)<br />

+∞<br />

−∞<br />

Svolgimento: la funzione razionale<br />

Γ<br />

Γ<br />

x sin (πx)<br />

x2 dx (952)<br />

+ 2x + 2<br />

z<br />

z 2 +2z+2<br />

si annulla all’infinito come 1<br />

|z|<br />

(questo basta per gli integrali <strong>del</strong> secondo tipo! non sarebbe stato sufficiente<br />

per un integrale <strong>del</strong> primo tipo). Quin<strong>di</strong> consideriamo<br />

<br />

Γ<br />

zeiπz z2 dz (953)<br />

+ 2z + 2<br />

146


con Γ il solito percorso dato da figura 23. Si vede facilmente che la funzione ha<br />

due poli semplici in z1 = −1 + i, z2 = −1 − i e il residuo nel polo ’sopra’ è<br />

per cui<br />

<br />

Γ<br />

<br />

Γ<br />

ze iπz<br />

z 2 + 2z + 2<br />

a (−1+i)<br />

−1<br />

= − 1<br />

(1 + i) e−π<br />

2<br />

zeiπz z2 <br />

dz = i2π −<br />

+ 2z + 2 1<br />

<br />

(1 + i) e−π = (1 − i) πe<br />

2 −π<br />

dz =<br />

+∞<br />

−∞<br />

x cos (πx)<br />

x 2 + 2x + 2<br />

+∞<br />

−∞<br />

+∞<br />

−∞<br />

dx + i<br />

+∞<br />

−∞<br />

x cos (πx)<br />

x2 dx = πe−π<br />

+ 2x + 2<br />

x sin (πx)<br />

x2 dx = −πe−π<br />

+ 2x + 2<br />

(954)<br />

(955)<br />

x sin (πx)<br />

x 2 + 2x + 2 dx = πe−π − iπe −π<br />

Abbiamo così calcolato anche un secondo integrale oltre quello <strong>di</strong> partenza.<br />

Si può notare anche che il residuo nel polo ’sotto’ vale<br />

a (−1−i)<br />

−1<br />

= 1<br />

(−1 + i) eπ<br />

2<br />

(956)<br />

(957)<br />

(958)<br />

(959)<br />

e dunque la somma dei residui non è zero, come era da aspettarsi dato che la<br />

con<strong>di</strong>zione 905 non è rispettata.<br />

Integrali <strong>del</strong> terzo tipo Sono gli integrali <strong>del</strong> tipo<br />

<br />

0<br />

2π<br />

F (sin(φ), cos (φ)) dφ (960)<br />

ove la funzione F è una funzione razionale. Allora sul cerchio unitario avremo<br />

z = e iφ ; dz = ie iφ dφ = izdφ; (961)<br />

sin(φ) = eiφ − e−iφ = −<br />

2i<br />

i<br />

<br />

z −<br />

2<br />

1<br />

<br />

; (962)<br />

z<br />

cos(φ) = eiφ + e−iφ =<br />

2<br />

1<br />

<br />

z +<br />

2<br />

1<br />

<br />

; (963)<br />

z<br />

allora è chiaro che l’integrale dato si traduce nel piano complesso in<br />

<br />

F − i<br />

<br />

z −<br />

2<br />

1<br />

<br />

,<br />

z<br />

1<br />

<br />

z +<br />

2<br />

1<br />

<br />

−i<br />

z<br />

dz<br />

<br />

=<br />

z<br />

<br />

f (z) dz (964)<br />

|z|=1<br />

147<br />

|z|=1


Cosa sia la funzione f (z) dovrebbe essere chiaro ed è inoltre chiaro che essendo<br />

la funzione F (sin(φ), cos (φ)) una funzione razionale nei suoi argomenti allora<br />

la f (z) sarà una funzione razionale e f (z) dz potrà essere fruttuosamente<br />

|z|=1<br />

calcolato tramite il Teorema dei Residui.<br />

Exercise 234 calcolare<br />

2π<br />

0<br />

dφ<br />

sin(φ) − 2 cos (φ) + 3<br />

Svolgimento: passiamo sul cerchio unitario <strong>del</strong> piano complesso:<br />

2π<br />

0<br />

<br />

|z|=1<br />

dφ<br />

sin(φ) − 2 cos (φ) + 3 =<br />

<br />

|z|=1<br />

2dz<br />

(1 − 2i) z 2 + 6iz − (1 + 2i) =<br />

<br />

−i dz<br />

<br />

z<br />

<br />

|z|=1<br />

3 + 1<br />

2i<br />

z − 1<br />

z<br />

1<br />

− 2 1<br />

2<br />

(965)<br />

<br />

1 (966) =<br />

z + z<br />

2dz<br />

(z − (2 − i)) z − 2−i<br />

(967)<br />

5<br />

solo il polo z1 = 2−i<br />

5 è entro il cerchio untiario, il residuo <strong>del</strong>la funzione in tale<br />

polo semplice vale<br />

e quin<strong>di</strong><br />

2π<br />

Exercise 235 calcolare<br />

0<br />

2−i ( 5 ) i<br />

a −1 = −<br />

2<br />

dφ<br />

= i2π<br />

3 − 2 sin(φ) + 2 cos (φ)<br />

2π<br />

0<br />

dφ<br />

5 + 4 sin(φ)<br />

(968)<br />

<br />

− i<br />

<br />

= π (969)<br />

2<br />

Svolgimento: passiamo sul cerchio unitario <strong>del</strong> piano complesso:<br />

2π<br />

0<br />

<br />

|z|=1<br />

dφ<br />

5 + 4 sin(φ) =<br />

<br />

|z|=1<br />

dz<br />

2z 2 + 5iz − 2 =<br />

<br />

−i dz<br />

<br />

z<br />

<br />

|z|=1<br />

5 − 4 i<br />

2<br />

1<br />

z − 1<br />

z<br />

dz<br />

(2z + i) (z + 2i)<br />

(970)<br />

= (971)<br />

(972)<br />

solo il polo z1 = − i<br />

2 è entro il cerchio untiario, il residuo <strong>del</strong>la funzione in<br />

tale polo semplice vale<br />

a (− i 2)<br />

−1<br />

= −1 i (973)<br />

3<br />

148


e quin<strong>di</strong><br />

2π<br />

0<br />

dφ<br />

5 + 4 sin(φ)<br />

2<br />

= π (974)<br />

3<br />

Miscellanea integrale Passiamo ora ad alcuni esempi <strong>di</strong> integrali definiti<br />

reali che possono essere calcolati nel campo complesso attraverso opportune e<br />

fortunate scelte...<br />

Example 236 calcolare<br />

∞<br />

Si consideri <br />

0<br />

Γ<br />

ln 1 + x 2<br />

1 + x 2 dx (975)<br />

ln (i + z)<br />

dz (976)<br />

1 + z2 ove Γ è <strong>di</strong> nuovo il percorso in figura 23. Allora, considerando la determinazione<br />

principale <strong>del</strong> logaritmo, abbiamo entro il percorso solo il polo semplice z = i<br />

(check!). Quin<strong>di</strong><br />

per il quale il residuo è ln(2i)<br />

2i<br />

<br />

Γ<br />

ln (i + z) ln (2i)<br />

dz = i2π = π ln (2i) (977)<br />

1 + z2 2i<br />

Ma spezziamo questo integrale in tre parti: la prima lungo il segmento (−R, 0),<br />

poi lungo (0, R) e quin<strong>di</strong> sul semicerchio γ R <strong>di</strong> raggio R<br />

<br />

Γ<br />

ln (i + z)<br />

dx =<br />

1 + z2 0<br />

−R<br />

ln (i + x)<br />

dx +<br />

1 + x2 R<br />

0<br />

<br />

ln (i + x)<br />

dx +<br />

1 + x2 γR Ora il primo integrale può essere convenientemente riscritto<br />

ma<br />

R<br />

0<br />

<br />

0<br />

R<br />

0<br />

−R<br />

ln (i − x)<br />

dx +<br />

1 + x2 ln (i + x)<br />

dx =<br />

1 + x2 R<br />

0<br />

R<br />

0<br />

ln (i + x)<br />

dx =<br />

1 + x2 ln (−1) + ln 1 + x2 1 + x2 dx =<br />

R<br />

0<br />

149<br />

ln (i + z)<br />

dz = π ln (2i)<br />

1 + z2 (978)<br />

ln (i − x)<br />

dx (979)<br />

1 + x2 R<br />

0<br />

ln i 2 − x 2<br />

1 + x 2 dx = (980)<br />

ln 1 + x2 1 + x2 <br />

dx + iπ<br />

0<br />

R<br />

1<br />

dx (981)<br />

1 + x2


e quin<strong>di</strong><br />

π ln (2i) =<br />

R<br />

0<br />

tenendo conto che<br />

ln 1 + x2 1 + x2 <br />

dx + iπ<br />

0<br />

R<br />

<br />

1<br />

dx +<br />

1 + x2 γR ln (2i) = ln(2) + ln (i) = ln(2) + ln e<br />

e prendendo la parte reale <strong>del</strong>la 982 abbiamo<br />

R<br />

0<br />

ln 1 + x 2<br />

1 + x 2<br />

<br />

dx + Re<br />

γ R<br />

i π<br />

2<br />

ln (i + z)<br />

dz (982)<br />

1 + z2 = ln(2) + i π<br />

2<br />

(983)<br />

ln (i + z)<br />

dz = π ln(2) (984)<br />

1 + z2 Ma nel limite R −→ ∞ l’integrale sul semicerchio va a zero (ve<strong>di</strong> remark 230,<br />

) e quin<strong>di</strong><br />

in effetti la funzione va a zero più rapidamente <strong>di</strong> 1<br />

|z|<br />

∞<br />

0<br />

ln 1 + x 2<br />

1 + x 2 dx = π ln(2) (985)<br />

Lo studente anche volenteroso starà ora almeno brontolando tra sé: "OK, ma<br />

come accidenti riuscivo ad indovinare funzione e percorso?". Il fatto è che molto<br />

spesso si procede al contrario, cioè si cerca sotto la luce 11 . Voglio <strong>di</strong>re che si<br />

può partire da integrali in qualche modo calcolabili nel campo complesso e vedere<br />

dopo se implicano integrali + o - interessanti nel campo reale. In altre parole,<br />

invece <strong>di</strong> cercare la soluzione <strong>di</strong> un problema si vede qual’è il problema per cui<br />

abbiamo una soluzione...<br />

Example 237 calcolare<br />

∞<br />

0<br />

sin(x)<br />

dx (986)<br />

x<br />

Uno sarebbe tentato <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che trattasi <strong>di</strong> integrale <strong>del</strong> secondo tipo... tuttavia<br />

anche per un fisico sorge qualche dubbio: la funzione integranda ha una singolarità<br />

sul cammino <strong>di</strong> integrazione. E’ pur vero che la singolarità è eliminabile<br />

e la funzione non <strong>di</strong>verge e quin<strong>di</strong> forse potremmo ignorarla (nel tal caso, in assenza<br />

<strong>di</strong> altre singolarità l’integrale sarebbe nullo: check! ). Epperò adottiamo<br />

una sana prudenza e suggeriamo una me<strong>di</strong>cina comune in questi casi: aggirare<br />

la singolarità (ve<strong>di</strong> figura ??)Quin<strong>di</strong> consideriamo il percorso Γ che va nel senso<br />

solito antiorario sul segmento (−R, −ε), poi sul semicerchio γ ε <strong>di</strong> raggio ε, e<br />

11 Si fa riferimento al noto aneddotto: un ubriaco stava cercando qualcosa sotto un lampione;<br />

passa un amico e gli chiede cosa stesse cercando "la mia chiave <strong>di</strong> casa" "e dove l’hai persa?"<br />

"vicino al portone <strong>di</strong> casa""e allora perchè la cerchi qui?""perchè qui c’è luce..."<br />

150


-R<br />

−ε<br />

ε<br />

Figure 24:<br />

ancora sul segmento (ε, R) per chiudersi infine con il semicerchio γ R <strong>di</strong> raggio<br />

R. Allora possiamo scrivere<br />

ma<br />

e quin<strong>di</strong><br />

<br />

Γ<br />

eiz dz =<br />

z<br />

<br />

Γ<br />

e iz<br />

z<br />

−ε<br />

−R<br />

e ix<br />

x<br />

−ε<br />

−R<br />

<br />

dz = 2i<br />

ε<br />

<br />

dx +<br />

e ix<br />

x<br />

R<br />

γ ε<br />

e iz<br />

z<br />

<br />

dx = −<br />

sin (x)<br />

x<br />

<br />

dz +<br />

ε<br />

R<br />

<br />

dx +<br />

γ ε<br />

ε<br />

R<br />

e ix<br />

x<br />

R<br />

<br />

dx +<br />

γ R<br />

eiz dz (987)<br />

z<br />

e−ix dx (988)<br />

x<br />

e iz<br />

z<br />

<br />

dz +<br />

γ R<br />

eiz dz (989)<br />

z<br />

Inoltre l’integrale <strong>di</strong> sinistra è nullo per il teorema <strong>di</strong> Cauchy (non ci sono<br />

singolarità entro il cammino) e anche l’ultimo integrale a destra è nullo nel<br />

limite R −→ ∞ (ve<strong>di</strong> integrali <strong>del</strong> secondo tipo). Resta<br />

<br />

2i<br />

ε<br />

∞<br />

sin (x)<br />

x<br />

<br />

dx = −<br />

151<br />

γ ε<br />

eiz dz (990)<br />

z


ma l’integrale a destra è facilmente calcolabile nel limite ε −→ 0<br />

e quin<strong>di</strong><br />

lim<br />

0<br />

ε−→0<br />

π<br />

∞<br />

0<br />

e iεeiφ<br />

εe iφ iεeiφ dφ = −iπ (991)<br />

sin (x)<br />

dx =<br />

x<br />

π<br />

2<br />

(992)<br />

Notare che il valore non nullo <strong>del</strong>l’integrale viene dal ’giro’ intorno singolarità<br />

in zero (anche se era una singolarità eliminabile: avevamo ragione ad essere<br />

prudenti!). Notare anche che se avessimo preso il semicerchio γ ε nel semipiano<br />

inferiore, includendo quin<strong>di</strong> la singolarità in zero, il risultato non sarebbe<br />

cambiato (si lascia la verifica allo studente).<br />

Example 238 calcolare<br />

∞<br />

0<br />

1<br />

(1 + x) 3√ dx (993)<br />

x<br />

Saremmo tentati <strong>di</strong> passare alla versione complessa <strong>del</strong>la funzione<br />

1<br />

(1 + z) 3√ z<br />

(994)<br />

ma avremmo un polo semplice in z = −1, che tuttavia non sarebbe sul cammino<br />

<strong>di</strong> integrazione, ma soprattutto un punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione in z = 0, con acclusa<br />

retta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione (a.e. il semiasse reale positivo). Adottiamo la ’me<strong>di</strong>cina’<br />

suggerita nell’esempio precedente: aggiriamo gli ostacoli e scegliamo il percorso<br />

Γ dato in figura 25:In tale figura abbiamo esagerato la separazione δ che invece<br />

sarà un infinitesimo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne superiore a ε, quin<strong>di</strong> i due percorsi paralleli al<br />

semiasse reale positivo collasseranno sullo stesso semiasse (notare che nel cammino<br />

Γ sono percorsi in senso inverso), il ’cerchio’ Cε collasserà nell’origine<br />

mentre invece come al solito faremo <strong>di</strong>vergere il ’cerchio’ esterno CR. Quin<strong>di</strong><br />

essendo il residuo in z = −1<br />

Daltronde<br />

a (−1)<br />

−1<br />

<br />

Γ<br />

= lim (1 + z)<br />

z−→−1<br />

<br />

Γ<br />

1<br />

(1 + z) 3√ z dz = i2π e<br />

1<br />

(1 + z) 3√ dz =<br />

z<br />

π −i 3<br />

(995)<br />

1<br />

(1 + z) 3√ φ<br />

= lim e−i 3 = e<br />

z φ−→π −i π 3 (996)<br />

<br />

CR<br />

<br />

+<br />

152<br />

Cε<br />

+<br />

<br />

R+iδ/2<br />

ε+iδ/2<br />

+<br />

ε−iδ/2 <br />

R−iδ/2<br />

(997)


-R<br />

-1 −ε δ<br />

Figure 25:<br />

Ora nel limite R −→ ∞, δ −→ 0, ε −→ 0 si ha<br />

<br />

−→ 0; −→ 0 (998)<br />

mentre<br />

e<br />

CR<br />

R+iδ/2 <br />

ε+iδ/2<br />

ε−iδ/2 <br />

R−iδ/2<br />

−→<br />

Cε<br />

∞<br />

0<br />

<br />

−→ −<br />

0<br />

∞<br />

x− 1 3<br />

dx (999)<br />

(1 + x)<br />

e −i 2 3 π x − 1 3<br />

(1 + x)<br />

dx (1000)<br />

ove si è tenuto conto <strong>del</strong>la rotazione <strong>di</strong> 2π per la parte polidroma. Quin<strong>di</strong><br />

cioè<br />

<br />

1 − e −i 2 ∞<br />

3 π<br />

∞<br />

0<br />

0<br />

x− 1 3<br />

dx =<br />

(1 + x)<br />

1 − x 3<br />

(1 + x) dx = i2πe−i π 3 (1001)<br />

i2π<br />

e i π 3 − e −i π 3<br />

153<br />

π<br />

=<br />

sin <br />

π<br />

(1002)<br />

3


Remark 239 la tecnica usata in questo ultimo esempio si può estendere per<br />

calcolare integrali <strong>del</strong> tipo<br />

∞<br />

x α f(x)dx (1003)<br />

0<br />

ove la funzione f(x) è una funzione razionale e la costante α può anche essere<br />

complessa. <strong>La</strong> con<strong>di</strong>zione da rispettare è<br />

−1 − q < Re(α) < −1 − p (1004)<br />

ove q, p marcano l’andamento <strong>del</strong>la funzione razionale f(x) in zero e all’infinito<br />

f(x) ≁<br />

x−→0 x q<br />

f(x) ≁<br />

x−→∞ xp<br />

(1005)<br />

(1006)<br />

In effetti la con<strong>di</strong>zione 1004 garantisce l’annullarsi dei contributi sul cerchio<br />

esterno <strong>di</strong> raggio R −→ ∞ e sul cerchio <strong>di</strong> raggio ε −→ 0<br />

Example 240 calcolare<br />

<br />

0<br />

∞<br />

cos x 2 dx (1007)<br />

<strong>La</strong> scelta <strong>del</strong>la funzione complessa è fortemente suggerita: eiz2... Ma quale<br />

percorso Γ scegliere? In accordo alla cabala (...) scegliamo quello in figura 26<br />

percorso come al solito in senso antiorario.Ora consideriamo che per il teorema<br />

<strong>di</strong> Cauchy abbiamo <br />

e iz2<br />

dz = 0 (1008)<br />

Divi<strong>di</strong>amo l’integrale in tre parti<br />

<br />

Γ<br />

Γ<br />

e iz2<br />

dz = 0 =<br />

R<br />

0<br />

<br />

+<br />

γ R<br />

<br />

+<br />

ove il primo integrale è sull’asse reale dall’origine a R e quin<strong>di</strong><br />

R<br />

0<br />

e ix2<br />

dx =<br />

R<br />

0<br />

R<br />

0<br />

(1009)<br />

cos x 2 + i sin x 2 dx (1010)<br />

Nel secondo integrale siamo sull’arco <strong>di</strong> cerchio <strong>di</strong> raggio R e quin<strong>di</strong> z =<br />

e iθ R; dz = ie iθ Rdθ<br />

<br />

γ R<br />

=<br />

φ<br />

o<br />

e ie2iθ R 2<br />

ie iθ Rdθ (1011)<br />

154


φ<br />

Figure 26:<br />

155<br />

R


ora scegliendo φ = π/4 si può <strong>di</strong>mostrare (check!)<br />

<br />

<br />

π/4<br />

<br />

e<br />

<br />

<br />

ie2iθR 2<br />

ie iθ <br />

<br />

<br />

<br />

Rdθ<br />

≤<br />

<br />

<br />

π 1 − e<br />

4<br />

−R2<br />

R<br />

<br />

e quin<strong>di</strong> nel limite R −→ ∞ l’integrale<br />

che riporta all’origine ove scriviamo<br />

0<br />

R<br />

o<br />

γ R<br />

(1012)<br />

vanisce. Resta l’integrale sul segmento<br />

z = re iπ/4 ; dz = e iπ/4 dr (1013)<br />

= e iπ/4<br />

0<br />

e ir2e iπ/2<br />

dr = e iπ/4<br />

<br />

Ma è ben noto (consultate le tavole degli integrali...) che<br />

e quin<strong>di</strong> nel limite R −→ ∞ abbiamo<br />

<br />

0<br />

∞<br />

R<br />

<br />

0<br />

∞<br />

cos x 2 + i sin x 2 dx =<br />

e −r2<br />

dr =<br />

Uguagliando parte reale con parte reale<br />

<br />

0<br />

∞<br />

0<br />

√ π<br />

2<br />

R<br />

√<br />

π<br />

2 eiπ/4 = 1<br />

<br />

π π<br />

+ i1<br />

2 2 2 2<br />

cos x 2 dx = 1<br />

<br />

π<br />

2 2<br />

0<br />

e −r2<br />

dr (1014)<br />

(1015)<br />

(1016)<br />

(1017)<br />

e nel contempo abbiamo anche mostrato (parte immaginaria=parte immaginaria)<br />

che<br />

∞<br />

sin x 2 dx = 1<br />

<br />

π<br />

2 2<br />

(1018)<br />

Nell’esempio 237 ci siamo imbattuti in un integrale con una singolarità sul<br />

cammino <strong>di</strong> integrazione. Ricor<strong>di</strong>amo che in campo reale in tal caso, cioè nel<br />

caso che la funzione integranda abbia una singolarità <strong>di</strong>ciamo in x0 , si definisce<br />

come valore <strong>del</strong>l’integrale il seguente limite (se esiste!)<br />

x2<br />

x1<br />

f(x)dx = lim<br />

ξ−→x −<br />

0 ,χ−→x+ 0<br />

⎛<br />

ξ<br />

x2<br />

⎞<br />

⎝ f(x)dx + f(x)dx⎠<br />

(1019)<br />

156<br />

x1<br />

χ


Notare che i due limiti dovrebbero essere in<strong>di</strong>pendenti. A volte però può<br />

succedere che il doppio limite a destra nella formula sopra non esista facendo i<br />

limiti in<strong>di</strong>pendentemente, ma invece esista prendendo<br />

ξ = x0 − ε; χ = x0 + ε (1020)<br />

e poi facendo il limite per ε −→ 0. In tal caso il valore <strong>di</strong> tale limite è detto<br />

valore principale <strong>di</strong> (alla) Cauchy <strong>del</strong>l’integrale dato.<br />

x2<br />

⎛<br />

x0−ε <br />

x2<br />

⎞<br />

℘ f(x)dx = lim ⎝ f(x)dx + f(x)dx⎠<br />

(1021)<br />

x1<br />

Example 241 si calcoli<br />

ε−→0<br />

x1<br />

2<br />

−3<br />

dx<br />

x 5<br />

x0+ε<br />

(1022)<br />

<strong>La</strong> funzione integranda ha una singolarità in x0 = 0 che è nel cammino <strong>di</strong><br />

integrazione. Proviamo ad applicare la 1019<br />

2<br />

−3<br />

dx<br />

x5 = lim<br />

ξ−→0 − ,χ−→0 +<br />

<br />

− 1<br />

4x4 −1<br />

4<br />

lim<br />

ξ−→0 − ,χ−→0 +<br />

<br />

1<br />

ξ<br />

evidentemente <strong>di</strong>vergente. Ma proviamo la 1021<br />

<br />

ξ<br />

<br />

−<br />

−3<br />

1<br />

4x4 <br />

2<br />

<br />

=<br />

χ<br />

(1023)<br />

1 1 1<br />

4 − + −<br />

34 24 χ4 <br />

(1024)<br />

2<br />

dx<br />

℘ =<br />

x5 −3<br />

<br />

lim −<br />

ε−→0<br />

1<br />

4x4 −ε<br />

<br />

<br />

−<br />

−3<br />

1<br />

4x4 <br />

2 <br />

<br />

=<br />

ε<br />

(1025)<br />

−1<br />

4 lim<br />

<br />

1 1 1 1<br />

ε−→0 4 − + −<br />

(−ε) 34 24 (ε) 4<br />

<br />

<br />

−1<br />

−<br />

4<br />

= (1026)<br />

1 1<br />

+<br />

34 24 <br />

(1027)<br />

il limite esiste grazie ad una provvidenziale cancellazione...<br />

Si può riportare tale proce<strong>di</strong>mento sul campo complesso. Noi ci limiteremo<br />

al caso in cui la funzione integranda abbia un polo semplice sul cammino <strong>di</strong><br />

integrazione: cioè considerermo integrali <strong>del</strong> tipo<br />

<br />

Γ<br />

f (z)<br />

dz (1028)<br />

z − z0<br />

ove Γ è una linea nel piano complesso (possibilmente chiusa), f (z) è analitica<br />

su Γ e il polo semplice z0 cade sul cammino <strong>di</strong> integrazione (z0 ∈ Γ). Allora<br />

157


A<br />

C<br />

B<br />

Figure 27:<br />

circon<strong>di</strong>amo il polo con un cerchio <strong>di</strong> raggio ǫ e consideriamo uno dei due possibili<br />

percorsi alternativi Γ+, Γ− in<strong>di</strong>cati nella figura 27<br />

Precisamente in<strong>di</strong>chiamo con Γ+ il percorso A → B → C → E → F e con<br />

Γ− il percorso A → B → D → E → F . Notare che comunque sia il percorso<br />

originale Γ da B a E, considerando che il cerchio ha raggio ε piccolo (faremo<br />

poi il limite ε −→ 0), lo abbiamo in pratica approssimato con il <strong>di</strong>ametro BE<br />

tangente a Γ in z0 e quin<strong>di</strong> sostituito con uno dei due semicerchi. L’angolo φ<br />

in figura è quin<strong>di</strong> l’inclinazione <strong>del</strong>la tangente a Γ in z0.Notare che ovviamente<br />

tutti e due i percorsi Γ+, Γ− tendono a Γ per ε −→ 0. E’ chiaro quin<strong>di</strong> che<br />

<br />

Γ+(Γ−)<br />

=<br />

B<br />

A,Γ<br />

+<br />

F<br />

E,Γ<br />

+<br />

<br />

z0<br />

BCE(BDE)<br />

D<br />

φ<br />

E<br />

(1029)<br />

ove abbiamo in<strong>di</strong>cato con BCE (BDE) il semicerchio <strong>di</strong> centro z0 e raggio<br />

ε che va da B a C a E (B a D a E ).Ma nel limite ε −→ 0 sia B che E tendono<br />

a z0 (e insieme), quin<strong>di</strong> viene naturale per analogia al caso reale chiamare valor<br />

principale alla Cauchy tale limite<br />

<br />

℘<br />

Γ<br />

f (z)<br />

dz = lim<br />

z − z0 ε−→0<br />

158<br />

⎛<br />

<br />

⎝<br />

B<br />

A,Γ<br />

+<br />

F<br />

E,Γ<br />

⎞<br />

⎠ (1030)<br />

F


Inoltre nello stesso limite ve<strong>di</strong>amo quanto valgono gli integrali sui semicerchi.<br />

<br />

f (z)<br />

dz =<br />

z − z0<br />

<br />

f z0 + εeiθ εeiθ iεe iθ dθ = i<br />

<br />

f z0 + εe iθ dθ<br />

BCE(BDE)<br />

BCE(BDE)<br />

Nel limite ε −→ 0 (f (z) è analitica!)<br />

<br />

f (z)<br />

dz = if (z0)<br />

z − z0<br />

BCE(BDE)<br />

<br />

BCE(BDE)<br />

ora occorre <strong>di</strong>stinguere.. per gli angoli (ve<strong>di</strong> figura 27)<br />

<br />

BCE<br />

<br />

BDE<br />

dθ =<br />

dθ =<br />

φ<br />

φ+π<br />

<br />

2π+φ<br />

φ+π<br />

e quin<strong>di</strong> ricapitolando (ve<strong>di</strong> anche 1029,1030)<br />

<br />

f (z)<br />

℘ dz = ±iπf (z0) +<br />

z − z0<br />

Γ<br />

BCE(BDE)<br />

(1031)<br />

dθ (1032)<br />

dθ = −π (1033)<br />

dθ = π (1034)<br />

<br />

Γ+(Γ−)<br />

f (z)<br />

dz (1035)<br />

z − z0<br />

Qualche studente attento avrè obiettato che avrei dovuto scrivere<br />

lim<br />

ε−→0<br />

<br />

f (z)<br />

dz<br />

z − z0<br />

(1036)<br />

Γ+(Γ−)<br />

in realtà essendo la funzione integranda analitica almeno in una regione intorno<br />

a z0, posso deformare a piacere le curve Γ+ (Γ−) a patto che rimangano senza<br />

cappi e fino alla prossima singolarità <strong>di</strong> f (z) .<br />

Se la curva Γ è una curva chiusa allora<br />

<br />

Γ+(Γ−)<br />

f (z)<br />

dz potrebbe essere<br />

z − z0<br />

calcolabile con il teorema dei residui, epperò la scelta <strong>di</strong> Γ+ o Γ− può includere<br />

o meno il polo z0 . Tuttavia il risultato è lo stesso! infatti ammettiamo che Γ<br />

sia chiusa "sopra" in modo che Γ+ non include z0. Sia<br />

Allora<br />

<br />

℘<br />

Γ<br />

<br />

Γ+<br />

f (z)<br />

dz = α (1037)<br />

z − z0<br />

f (z)<br />

dz = +iπf (z0) + α (1038)<br />

z − z0<br />

159


Ma allora Γ− include tutte le singolarità già incluse in Γ+ con inoltre il polo<br />

semplice z0 ove la funzione integranda ha residuo<br />

e quin<strong>di</strong> <br />

a (z0)<br />

− = lim (z − z0)<br />

z−→z0<br />

Γ−<br />

ma allora<br />

<br />

<br />

f (z)<br />

℘ dz = −iπf (z0)+<br />

z − z0<br />

Γ<br />

f (z)<br />

= f (z0) (1039)<br />

z − z0<br />

f (z)<br />

dz = α + i2πf (z0) (1040)<br />

z − z0<br />

Γ−<br />

f (z)<br />

dz = −iπf (z0)+α+i2πf (z0) = +iπf (z0)+α<br />

z − z0<br />

(1041)<br />

Problem 242 a prima vista sembra che il converso (cioè chiusura ’sotto’ ) non<br />

funzioni... spiegare!<br />

7 Funzioni complesse come trasformazioni (rappresentazioni)<br />

Abbiamo già visto che la più generale funzione complessa è la somma (complessa)<br />

<strong>di</strong> due funzioni reali <strong>di</strong> due variabili reali:<br />

w = u(x, y) + iv(x, y) (1042)<br />

<strong>La</strong> funzione w ovviamente stabilisce una corrispondenza tra i punti <strong>del</strong><br />

piano complesso, precisamente fa corrispondere ad un certo punto P <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate<br />

x, y <strong>del</strong> suo dominio un punto P ′ <strong>del</strong> codominio avente coor<strong>di</strong>nate<br />

u(x, y), v(x, y).Ovviamente a <strong>del</strong>le linee corrisponderanno (in genere!) <strong>del</strong>le linee,<br />

a <strong>del</strong>le figure geometriche altre figure geometriche... Conviene però a volte<br />

considerare separati i piani complessi <strong>del</strong> dominio e <strong>del</strong> codominio <strong>del</strong>la funzione,<br />

cioè considerare la funzione come una rappresentazione <strong>del</strong> piano complesso Cz<br />

, cioè il piano in cui le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> un punto (z) sono x, y, nel piano Cw in<br />

cui le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> un punto (w) sono u, v. Una funzione quin<strong>di</strong> ’rappresenta’<br />

cioè crea un’immagine nel piano Cw <strong>di</strong> punti, linee, regioni <strong>del</strong> piano Cz. Consideriamo<br />

alcune trasformazioni elementari (che sono state in vario modo già<br />

menzionate).<br />

• Omotetia (scala, stiramento)<br />

e quin<strong>di</strong><br />

w = az; a ∈ ℜ+<br />

(1043)<br />

|w| = a |z| (1044)<br />

160


Figure 28:<br />

E’ forse la più semplice trasformazione: agisce ovviamente sul modulo <strong>del</strong><br />

vettore −→ z cosicchè i punti sono allontanati dall’origine se a > 1 oppure avvicinati<br />

se a < 1. Ovviamente ci sarà un effetto <strong>di</strong> ingran<strong>di</strong>mento per le figure nel primo<br />

caso, <strong>di</strong> contrazione nel secondo.<br />

• Traslazione<br />

o in coor<strong>di</strong>nate cartesiane<br />

w = z + α (1045)<br />

u = x + Re (α) (1046)<br />

v = y + Im (α) (1047)<br />

E’ anche questa una trasformazione molto semplice: sposta punti, linee,<br />

figure <strong>di</strong> un tratto pari a |α| nella <strong>di</strong>rezione e verso <strong>del</strong> vettore −→ α<br />

Example 243 Trovare il trasformato <strong>del</strong> rettangolo con vertici A ≡ (0, 0) , B ≡<br />

(1, 0) , C ≡ (1, 2i) , B ≡ (0, 2i) sotto l’azione <strong>del</strong>la traslazione w = z+1−3i.Ve<strong>di</strong><br />

figura<br />

161


• Rotazione<br />

e quin<strong>di</strong> in coor<strong>di</strong>nate polari<br />

w = e iθ z (1048)<br />

arg (w) = arg (z) + θ (1049)<br />

E’chiaro che ruota i vettori (e quin<strong>di</strong> le figure) <strong>di</strong> un angolo θ, rotazione<br />

antioraria per θ positivo, rotazione oraria per θ negativo.<br />

• Inversione<br />

w = 1<br />

z<br />

L’effetto <strong>di</strong> tale trasformazione è chiaro in coor<strong>di</strong>nate polari<br />

(1050)<br />

|w| = 1<br />

|z|<br />

(1051)<br />

arg(w) = − arg (z) (1052)<br />

Quin<strong>di</strong> ogni punto viene ’riflesso’ secondo l’asse reale e poi portato entro<br />

il cerchio unitario se era fuori, fuori dal cerchio unitario se era dentro (0 e<br />

∞ sono punti corrispondenti).<br />

Chiaramente due o più trasformazioni possono essere composte tra <strong>di</strong> loro<br />

dando origine a una trasformazione in genere più complessa.<br />

Per esempio il prodotto (complesso)<br />

w = αz (1053)<br />

è chiaramente la combinazione <strong>di</strong> uno stiramento e <strong>di</strong> una rotazione (come avevamo<br />

già notato)<br />

w = |α| e i arg(α) z (1054)<br />

Così una trasformazione lineare<br />

w = αz + β (1055)<br />

è combinazione <strong>di</strong> uno stiramento, <strong>di</strong> una rotazione e <strong>di</strong> una traslazione.<br />

<strong>La</strong> trasformazione <strong>di</strong> Moebius (o bilineare o fratta)<br />

w =<br />

αz + β<br />

; αδ − βγ = ∆ = 0 (1056)<br />

γz + δ<br />

è una combinazione <strong>di</strong> tutte le trasformazioni elementari (omotetia, traslazione,<br />

rotazione, inversione). Infatti si può facilmente vedere che<br />

αz + β<br />

γz + δ<br />

= λ + µ<br />

z + ν<br />

162<br />

(1057)


con<br />

λ = α<br />

γ<br />

µ =<br />

αδ − βγ<br />

−<br />

γ2 ν = δ<br />

γ<br />

(1058)<br />

(1059)<br />

(1060)<br />

Una trasformazione potrà essere ’annullata’ con la successiva applicazione<br />

<strong>del</strong>la trasformazione inversa, ovviamente se e dove la funzione che la esprime è<br />

invertibile!. Dall’analisi reale sappiamo che la trasformazione<br />

cioè<br />

(x, y) T<br />

−→ (u, v) (1061)<br />

u = u(x, y) (1062)<br />

v = v(x, y) (1063)<br />

è invertibile se lo Jacobiano <strong>del</strong>la trasformazione è non nullo. Ricor<strong>di</strong>amo<br />

che lo Jacobiano <strong>del</strong>la trasformazione T è definito come<br />

<br />

∂ (u, v) <br />

JT = = det <br />

∂ (x, y) ∂xu<br />

<br />

∂yu <br />

<br />

∂xv ∂yv = uxvy − uyvx (1064)<br />

Se esiste la trasformazione inversa<br />

(u, v)<br />

T (−1)<br />

−→ (x, y) (1065a)<br />

x = x(u, v) (1065b)<br />

y = y(u, v) (1065c)<br />

allora si <strong>di</strong>mostra che il suo Jacobiano è l’inverso <strong>del</strong>lo Jacobiano <strong>del</strong>la<br />

trasformazione ’<strong>di</strong>retta’<br />

JT (−1) = (JT ) −1<br />

(1066)<br />

cioè −1 ∂ (u, v)<br />

=<br />

∂ (x, y)<br />

∂ (x, y)<br />

∂ (u, v)<br />

(a giustificazione <strong>del</strong>la notazione). <strong>La</strong> prova è semplice:<br />

ma se esiste la trasformazione inversa dalle 1065<br />

(1067)<br />

du = uxdx + uydy (1068)<br />

dv = vxdx + vydy (1069)<br />

dx = xudu + xvdv (1070)<br />

dy = yudu + yvdv (1071)<br />

163


e quin<strong>di</strong><br />

perciò deve essere<br />

e analogamente<br />

du = ux (xudu + xvdv) + uy (yudu + yvdv) (1072)<br />

= (uxxu + uyyu) du + (uxxv + uyyv) dv (1073)<br />

uxxu + uyyu = 1 (1074)<br />

uxxv + uyyv = 0 (1075)<br />

vxxu + vyyu = 0 (1076)<br />

vxxv + vyyv = 1 (1077)<br />

ma il determinante <strong>del</strong> prodotto è il prodotto dei determinanti e quin<strong>di</strong><br />

<br />

<br />

JT JT (−1) = det <br />

∂xu<br />

<br />

∂yu <br />

<br />

∂xv ∂yv . det <br />

∂ux<br />

<br />

∂vx <br />

<br />

∂uy ∂vy = (1078)<br />

<br />

<br />

det <br />

uxxu<br />

<br />

+ uyyu uxxv + uyyv <br />

<br />

= det 1 0 <br />

<br />

0 1 = 1 (1079)<br />

vxxu + vyyu vxxv + vyyv<br />

da cui la 1066. Si può quin<strong>di</strong> riassumere così: se in una certa regione lo Jacobiano<br />

non si annulla mai in quella regione la trasformazione è invertibile (cioè<br />

biunivoca; in realtà occorrerebbe aggiungere che le funzioni u(x, y), v(x, y) siano<br />

infinitamente derivabili). Quanto detto degli Jacobiani vale (mutatis mutan<strong>di</strong>s)<br />

anche per spazi a 3 o più <strong>di</strong>mensioni e non solo nel piano. Però nel piano complesso<br />

abbiamo una espressione felice per lo Jacobiano se la funzione 1042 è<br />

analitica<br />

w = u(x, y) + iv(x, y) = f(z) (1080)<br />

Infatti è facile vedere che<br />

JT =<br />

∂ (u, v)<br />

∂ (x, y) = uxvy − uyvx = |f ′ (z)| 2<br />

In effetti se w = f(z) è analitica allora per CR<br />

ma<br />

e dunque<br />

QED.<br />

JT = uxvy − uyvx = (ux) 2 + (vx) 2<br />

w ′ = f ′ (z) = fx = ux + ivx<br />

JT = (ux) 2 + (vx) 2 =<br />

164<br />

<br />

<br />

w ′ 2<br />

(1081)<br />

(1082)<br />

(1083)<br />

(1084)


Quin<strong>di</strong> le trasformazioni indotte da funzioni analitiche sono biunivoche e<br />

invertibili ovunque non sia nulla la derivata <strong>del</strong>la funzione. Gli eventuali punti<br />

in cui la derivata si annulla sono detti punti critici .<br />

Il valore <strong>del</strong> modulo <strong>del</strong>la derivata in un punto z0, cioè |f ′ (z0)| , è detto<br />

fattore <strong>di</strong> amplificazione lineare in z0. Infatti si può <strong>di</strong>mostrare (ma non lo<br />

faremo) che ’piccole’ <strong>di</strong>stanze nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> z0 e quin<strong>di</strong> nel piano complesso Cz,<br />

sono ingran<strong>di</strong>te (o ridotte) nel piano immagine Cw <strong>di</strong> un fattore <strong>del</strong>l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

|f ′ (z0)| mentre ’piccole’ aree sempre nell’intorno <strong>di</strong> z0 sono ingran<strong>di</strong>te (o ridotte)<br />

<strong>di</strong> un fattore <strong>del</strong>l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> |f ′ (z0)| 2 (lo Jacobiano!) e quin<strong>di</strong> |f ′ (z0)| 2 viene detto<br />

fattore <strong>di</strong> amplificazione superficiale. Ma c’è una ulteriore importante proprietà<br />

<strong>del</strong>le funzioni analitiche viste come trasformazioni: esse sono trasformazioni<br />

(rappresentazioni) conformi.<br />

Definition 244 <strong>di</strong>cesi trasformazione (rappresentazione) conforme in z0 ≡ (x0, y0)<br />

una trasformazione che lascia gli angoli invariati in ampiezza e verso. Cioè:<br />

prese due curve qualsiasi Γ1, Γ2 che passano per z0 ≡ (x0, y0) l’angolo φ 1,2 formato<br />

dalle tangenti alle curve in z0 è lo stesso angolo (in ampiezza e verso)<br />

formato dalle immagini <strong>del</strong>le curve nell’immagine <strong>di</strong> z0<br />

Definition 245 una trasformazione che lascia invariate le ampiezze degli angoli<br />

ma non necessariamente il verso <strong>di</strong>cesi trasformazione isogonale.<br />

Quin<strong>di</strong> la trasformazione conforme è una speciale trasformazione isogonale.<br />

Per <strong>di</strong>mostrare che una funzione analitica costituisce una rappresentazione conforme<br />

in tutti i punti non critici, abbiamo bisogno <strong>di</strong> un lemma (che <strong>di</strong> per sè<br />

garantisce una importante proprietà <strong>di</strong> queste trasformazioni):<br />

Lemma 246 sia data la trasformazione w = f(z) e sia z0 un punto non critico<br />

(cioè f ′ (z0) = 0). Consideriamo una generica curva Γz nel piano Cz passante<br />

per z0 data dall’equazione parametrica z = z(t) e consideriamo la sua immagine<br />

Γw nel piano Cw passante per w0 = f (z0) e data dall’equazione parametrica<br />

w = f(z (t)) = w(t) (1085)<br />

allora la curva Γw in w0 = f (z0) è ruotata rispetto a Γz in z0 <strong>di</strong> un angolo pari<br />

a arg(f ′ (z0))<br />

Proof. consideriamo che la tangente a Γz in z0 è data ovviamente da dz<br />

<br />

<br />

dt =<br />

z=z0<br />

r0eiφ0 (piano<br />

Cz) e analogamente nel piano Cw la tangente a Γw in w0 è data<br />

= R0eiθ0 . Ma<br />

da dw<br />

dt<br />

w=w0<br />

dw<br />

dt<br />

dw dz<br />

=<br />

dz dt = f ′ (z) dz<br />

dt<br />

(1086)<br />

(essendo w = f(z) analitica). Se calcoliamo l’espressione precedente in z0, w0 e<br />

in forma polare abbiamo<br />

R0e iθ0 = |f ′ (z0)| e i arg(f ′ (z0)) r0e iφ 0 (1087)<br />

165


e quin<strong>di</strong><br />

θ0 = φ 0 + arg(f ′ (z0)) (1088)<br />

QED<br />

Quin<strong>di</strong> tutte le curve vengono ruotate nello stesso verso e <strong>del</strong>lo stesso angolo,<br />

per cui l’angolo tra due curve rimane invariato. Notare che nei punti critici<br />

arg(f ′ (z0)) = arg (0) quin<strong>di</strong> l’angolo <strong>di</strong> rotazione è indeterminato.<br />

Le trasformazioni conformi, lasciando invariati gli angoli, trasformano ’piccole’<br />

figure in figure simili (ma ciò non inganni! figure ’gran<strong>di</strong>’ hanno generalmente<br />

come immagine figure tutt’altro che simili...).<br />

Spesso nello stu<strong>di</strong>o <strong>del</strong>le trasformazioni oltre ai punti critici è importante<br />

trovare i cosiddetti punti fissi ( o invarianti) <strong>del</strong>la trasformazione stessa, cioè<br />

quei punti che, sovrapponendo il piano immagine Cw a Cz , non si ’muovono’<br />

(sono corrispondenti <strong>di</strong> se stessi). Questi punti sono ovviamente soluzione<br />

<strong>del</strong>l’equazione<br />

w = f (z) = z (1089)<br />

Exercise 247 Considerare la trasformazione conforme data da<br />

w = f (z) = z 2<br />

(1090)<br />

Trovare lo Jacobiano, i punti critici e i punti fissi. Trovare il fattore <strong>di</strong> amplificazione<br />

lineare e <strong>di</strong>mostrare che effettivamente piccole <strong>di</strong>stanze da un generico<br />

punto z0 sono amplificate (ridotte) <strong>del</strong> fattore trovato a meno che il punto z0<br />

non sia un punto critico.<br />

Svolgimento:<br />

Lo Jacobiano <strong>del</strong>la trasformazione è dato da<br />

|f ′ (z)| 2 = 4 |z| 2<br />

(1091)<br />

L’unico punto in cui si annulla e quin<strong>di</strong> l’unico punto critico è z = 0 (notare che<br />

questo è un punto singolare <strong>di</strong> <strong>di</strong>ramazione per la funzione inversa).<br />

I punti fissi sono soluzione <strong>di</strong><br />

e quin<strong>di</strong> sono z1 = 0, z2 = 1.<br />

Il fattore <strong>di</strong> amplificazione lineare è<br />

Pren<strong>di</strong>amo un punto ˆz vicino a un generico z0, cioè<br />

<strong>La</strong> <strong>di</strong>stanza nel piano Cz è<br />

z 2 = z (1092)<br />

|f ′ (z)| = 2 |z| (1093)<br />

ˆz = z0 + ε (1094)<br />

|ˆz − z0| = |ε| (1095)<br />

166


<strong>La</strong> <strong>di</strong>stanza tra le immagini (cioè nel piano Cw ) sarà<br />

<br />

ˆz 2 − z 2 <br />

<br />

0 = |(ˆz − z0) (ˆz + z0)| = |ε| |ˆz − z0 + 2z0| ≈ (2 |z0|) |ε| (1096)<br />

e quin<strong>di</strong> il fattore <strong>di</strong> amplificazione lineare è effettivamente 2 |z0| .<br />

Notare che abbiamo preso ε abbastanza piccolo in modulo da essere trascurabile<br />

rispetto al modulo <strong>di</strong> z0: questo è evidentemente sempre possibile a meno<br />

che z0 = 0 (che guarda caso è il punto critico...).<br />

Exercise 248 mostrare che la trasformazione w = ln(z) trasforma corone circolari<br />

nel piano Cz in rettangoli nel piano Cw<br />

Exercise 249 mostrare che la trasformazione<br />

w = e π<br />

L z<br />

(1097)<br />

trasforma una striscia orizzontale illimitata <strong>di</strong> ampiezza L nel piano Cz nel<br />

semipiano superiore <strong>del</strong> piano Cw<br />

Exercise 250 mostrare che la trasformazione<br />

w = z n ; n ∈ N (1098)<br />

trasforma una settore illimitato <strong>di</strong> ampiezza π<br />

n nel piano Cz nel semipiano superiore<br />

<strong>del</strong> piano Cw<br />

Le trasformazioni <strong>di</strong> Moebius, essendo una sintesi <strong>del</strong>le trasformazioni elementari,<br />

sono molto interessanti e meritano qualche ulteriore riflessione. Innanzitutto<br />

formano un gruppo (non commutativo).<br />

In effetti se consideriamo la trasformata <strong>di</strong> Moebius come un operatore as-<br />

tratto M<br />

allora<br />

con<br />

w = M z =<br />

˜MM z = ˜Mw = ˜αw + ˜ β<br />

˜γw + ˜ δ<br />

αz + β<br />

γz + δ<br />

αz+β<br />

˜α γz+δ<br />

= + ˜β<br />

˜γ αz+β<br />

γz+δ + ˜δ = ˆαz + ˆ β<br />

ˆγz + ˆδ (1099)<br />

(1100)<br />

ˆα = ˜αα + ˜ βγ (1101a)<br />

ˆβ = ˜αβ + ˜ βδ (1101b)<br />

ˆγ = ˜γα + ˜δγ (1101c)<br />

˜δ = ˜γβ + ˜δδ (1101d)<br />

Quin<strong>di</strong> la composizione (prodotto) <strong>di</strong> due trasformazioni <strong>di</strong> Moebius è ancora<br />

una trasformazione <strong>di</strong> Moebius (esistenza <strong>del</strong> prodotto e chiusura ). Che il<br />

167


prodotto non sia commutativo è evidente dalle 1101: non sono invarianti nello<br />

scambio ˜α ↔ α, etc.<br />

Vale invece la proprietà associativa <strong>del</strong> prodotto (la prova è lasciata come<br />

utile esecizio allo studente).<br />

Esiste l’identità che è evidentemente la trasformazione <strong>di</strong> Moebius con parametri<br />

Esiste la trasformazione inversa che è<br />

infatti<br />

MM −1 z =<br />

δz−β<br />

α −γz+α + β<br />

γ δz−β<br />

−γz+α<br />

α = 1; β = γ = δ = 0 (1102)<br />

w = M −1 z =<br />

δz − β<br />

−γz + α<br />

+ δ = α (δz − β) + β (−γz + α)<br />

γ (δz − β) + δ (−γz + α)<br />

(1103)<br />

= z (1104)<br />

Quin<strong>di</strong> le trasformazioni <strong>di</strong> Moebius formano un gruppo non-commutativo (che<br />

ha anche interessanti sottogruppi...).<br />

Exercise 251 trovare i punti fissi e i punti critici <strong>di</strong> una trasformazione <strong>di</strong><br />

Moebius<br />

Un’altra interessante proprità <strong>del</strong>le trasformazioni <strong>di</strong> Moebius consiste nel<br />

fatto che trasformano cerchi in cerchi. In effetti essendo la trasformazione<br />

<strong>di</strong> Moebius una combinazione <strong>di</strong> traslazione, rotazione, omotetia e inversione<br />

basterà mostrare che singolarmente queste trasformazioni portano cerchi in cerchi.<br />

Per la traslazione e la rotazione e omotetia il fatto è evidente (ciè è evidente<br />

per una trasformazione lineare). Resta da verificare cosa succede con una inversione<br />

w = 1 1<br />

; z = (1105)<br />

z w<br />

Partiamo da un generico cerchio nel piano Cz <strong>di</strong> centro z0 e raggio R<br />

cioè<br />

|z − z0| = R (1106)<br />

z¯z − ¯z0z − z0¯z + z0¯z0 = R 2<br />

allora applicando la trasformazione avremo nel piano Cw<br />

ovvero<br />

w0<br />

w ¯w− ¯w<br />

1 − R2 |w0|<br />

1 1 1 1<br />

− − + = R<br />

w ¯w ¯w0w w0 ¯w w0 ¯w0<br />

2<br />

(1107)<br />

(1108)<br />

w0 ¯w0 − w0 ¯w − ¯w0w + w ¯w = R 2 w0 ¯w0w ¯w (1109)<br />

2 −w<br />

¯w0<br />

1 − R2 w0 ¯w0<br />

2 + <br />

|w0|<br />

1 − R2 |w0| 22 =<br />

w0 ¯w0<br />

<br />

1 − R2 |w0| 22 −<br />

w0 ¯w0<br />

1 − R2 |w0| 2<br />

168<br />

(1110)


che è il cerchio <strong>di</strong> centro<br />

e raggio quadrato<br />

cioè raggio<br />

wC =<br />

w0<br />

1 − R 2 |w0| 2<br />

ρ 2 <br />

w0 ¯w0 1 − 1 + R<br />

=<br />

2 |w0| 2<br />

<br />

1 − R2 |w0| 22 R |w0|<br />

ρ =<br />

2<br />

<br />

<br />

1 − R2 |w0| 2 <br />

se riesprimiamo il centro e il raggio in termini <strong>di</strong> z abbiamo<br />

Notiamo che se<br />

wC =<br />

1<br />

z0<br />

1 − R 2 1<br />

|z0| 2<br />

=<br />

R<br />

ρ = <br />

<br />

|z0| 2 − R2 <br />

<br />

<br />

¯z0<br />

|z0| 2 − R 2<br />

(1111)<br />

(1112)<br />

(1113)<br />

(1114)<br />

(1115)<br />

|z0| = R (1116)<br />

allora il punto z = 0 è un punto sul cerchio originale, ma l’inversione manda<br />

questo punto nel punto all’infinito <strong>del</strong> piano immagine e qui<strong>di</strong> ci aspettiamo che<br />

l’immagine <strong>del</strong> cerchio <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong>venti un poco strana... in effetti è facile<br />

vedere (da 1110) che abbiamo<br />

wz0 + ¯w¯z0 = 1 (1117)<br />

cioè una retta (che comunque può essere considerata come un cerchio degenere<br />

<strong>di</strong> raggio infinito (ve<strong>di</strong> 1115).<br />

Un’ultima considerazione: la trasformazione <strong>di</strong> Moebius sembra avere 4<br />

parametri complessi ma in realtà ha solo tre parametri liberi. Infatti è possibile<br />

<strong>di</strong>videre ad esempio per α numeratore e denominatore ottenendo<br />

w = z + ˜ β<br />

˜γz + ˜δ ; ˜ β = β γ<br />

; ˜γ =<br />

α α ; ˜δ = δ<br />

α ; ˜δ − ˜ β˜γ = 0; (1118)<br />

che è ovviamente la stessa trasformazione. Questo a volte può essere sfruttato<br />

per scegliere un parametro a piacere, spesso si sceglie il <strong>di</strong>scriminante<br />

αδ − βγ = ∆ = 1.Dato che la trasformazione ha 3 paramenteri (complessi)<br />

liberi allora è possibile scegliere a piacere 3 punti (eventualmente anche il punto<br />

all’infinito) <strong>del</strong> piano Cw come corrispondenti <strong>di</strong> 3 assegnati punti nel piano Cz<br />

(e viceversa). Si può facilmente <strong>di</strong>mostrare (ma lo lasciamo come utile esecizio<br />

169


per lo studente che dati i tre punti zk ∈ Cz e i corrispondenti wk ∈ Cw, k = 1, 2, 3<br />

allora vale<br />

(w − w1) (w2 − w3)<br />

(w − w3) (w2 − w1) = (z − z1) (z2 − z3)<br />

(z − z3) (z2 − z1)<br />

(1119)<br />

Questo tipo <strong>di</strong> rapporto (a sinistra per w, a destra per z) viene detto rapporto<br />

incrociato e aiuta a determinare la trasformazione bilineare cercata (ve<strong>di</strong> esercizi).<br />

Exercise 252 trovare la trasformazione <strong>di</strong> Moebius che porta i punti i, 0, −1<br />

nei punti 0, 1, i<br />

Svolgimento:<br />

Imponiamo i −→ 0<br />

Imponiamo 0 −→ 1<br />

Imponiamo −1 −→ i<br />

i =<br />

−α + β<br />

−γ + δ<br />

0 =<br />

αi + β<br />

γi + δ<br />

1 = +β<br />

+δ<br />

=⇒ β = −iα (1120)<br />

=⇒ δ = −iα (1121)<br />

−α − iα<br />

= =⇒ γ = −i (2 + i) α = (1 − 2i) α (1122)<br />

−γ − iα<br />

notare che α è rimasto indeterminato e può essere preso a piacere purchè il<br />

<strong>di</strong>scriminante sia non nullo. Allo stesso risultato si poteva giungere risolvendo<br />

in w la 1119:<br />

(w − 0) (1 − i) (z − i) (0 + 1)<br />

= (1123)<br />

(w − i) (1 − 0) (z + 1) (0 − i)<br />

w =<br />

−iw (1 − i) (z + 1) = (z − i) (w − i) = (z − i) w − i (z − i) (1124)<br />

−i (z − i)<br />

(z + 1) (−1 − i) − (z − i) =<br />

che è la stessa <strong>di</strong> prima con α = 1<br />

−iz − 1<br />

(−2 − i) z − 1 =<br />

z − i<br />

(1 − 2i) − i<br />

(1125)<br />

Exercise 253 trovare la più generale trasformazione <strong>di</strong> moebius che trasformi<br />

il cerchio unitario <strong>del</strong> piano Cz nel cerchio unitario <strong>del</strong> piano Cw<br />

Svolgimento:<br />

Allora dobbiamo imporre<br />

quin<strong>di</strong><br />

1 = w ¯w =<br />

αz + β<br />

γz + δ<br />

¯α¯z + ¯ β<br />

¯γ¯z + ¯δ = |α|2 |z| 2 + α¯ βz + ¯αβ¯z + |β| 2<br />

|γ| 2 |z| 2 + γ¯δz + ¯γδ¯z + |δ| 2<br />

|γ| 2 |z| 2 + γ ¯ δz + ¯γδ¯z + |δ| 2 = |α| 2 |z| 2 + α ¯ βz + ¯αβ¯z + |β| 2<br />

170<br />

(1126)<br />

(1127)


con<br />

perciò<br />

z¯z = 1 (1128)<br />

γ¯δz 2 <br />

+ |γ| 2 + |δ| 2<br />

z + ¯γδ = α¯ βz 2 <br />

+ |α| 2 + |β| 2<br />

z + ¯αβ (1129)<br />

Pren<strong>di</strong>amoci la libertà <strong>di</strong> porre (possiamo farlo !)<br />

Allora uguagliando i coefficienti in z 2<br />

Uguagliando i coefficienti in z 0<br />

la stessa informazione!<br />

Uguagliando i coefficienti in z 1<br />

δ = ¯ δ = 1 (1130)<br />

γ = α ¯ β (1131)<br />

¯γ = ¯αβ (1132)<br />

|γ| 2 + 1 = |α| 2 + |β| 2 = |α| 2 |β| 2 + 1 (1133)<br />

cioè <br />

|α| 2 <br />

− 1 |β| 2 <br />

− 1 = 0 (1134)<br />

scegliamo la soluzione<br />

allora<br />

la trasformazione sarà<br />

|α| 2 = 1 (1135)<br />

α = e iϑ<br />

(1136)<br />

γ = e iϑ¯ β (1137)<br />

w = eiϑ z + β<br />

e iϑ¯ βz + 1<br />

che si può convenientemente scrivere come<br />

iϑ z + σ<br />

w = e<br />

¯σz + 1<br />

cioè la trasformazione si riduce a 2 parametri: ϑ ∈ R e σ = e −iϑ β ∈ C<br />

171<br />

(1138)<br />

(1139)


8 Applicazioni Fisiche<br />

8.1 Fluido<strong>di</strong>namica<br />

Ricor<strong>di</strong>amo alcuni concetti sia fisici che matematici (nello spazio or<strong>di</strong>nario tri<strong>di</strong>mensionale):<br />

• Un fluido è ideale se è incompressibile e non viscoso (cioè non si attacca<br />

alle pareti...)<br />

• Il moto <strong>del</strong> fluido è stazionario se la velocità <strong>del</strong> fluido in ogni punto<br />

<strong>di</strong>pende dalla posizione ma non dal tempo (il fluido passa nello stesso<br />

punto con la stessa velocità)<br />

• il moto <strong>di</strong> un tale fluido è descritto da un campo vettoriale (campo <strong>del</strong>le<br />

velocità): in ogni punto è definito il vettore velocità che <strong>di</strong>pende solo dalle<br />

coor<strong>di</strong>nate <strong>del</strong> punto<br />

−→ V ≡ (V1 (x, y, z) , V2 (x, y, z) , V3 (x, y, z)) (1140)<br />

• le linee <strong>di</strong> corrente ( o anche linee <strong>di</strong> flusso) sono le linee lungo le quali il<br />

campo è tangente (sono quin<strong>di</strong> le traiettorie <strong>del</strong>le particelle <strong>di</strong> fluido)<br />

• il flusso <strong>del</strong> campo attraverso una superficie S è definito come<br />

<br />

<br />

−→ −→<br />

V • dS = dS −→ V • −→ <br />

n = VndS (1141)<br />

S<br />

S<br />

• ove −→ n è la normale alla superficie infinitesima dS (normale orientata verso<br />

l’esterno se la superficie è chiusa, se la superficie è <strong>del</strong>imitata dalla curva<br />

orientata Γ allora la normale è orientata in modo da vedere il circuito Γ<br />

percorso in senso antiorario); Vn è ovviamente la componente <strong>del</strong> campo<br />

lungo la <strong>di</strong>rezione −→ n .<br />

• il flusso ’misura’ quanto fluido entra o esce dalla superficie (adottando la<br />

regola <strong>di</strong> Faraday, misura il numero <strong>del</strong>le linee <strong>di</strong> corrente entranti - flusso<br />

negativo- e uscenti -flusso positivo-).<br />

• Se, per un fluido incomprimibile, il flusso è zero su una superficie chiusa arbitraria<br />

in una data regione allora il fluido nella regione non ha né sorgenti<br />

né pozzi<br />

• per il teorema <strong>del</strong>la <strong>di</strong>vergenza (o <strong>di</strong> Gauss) si ha che il flusso <strong>di</strong> un campo<br />

vettoriale su una superficie chiusa è pari all’integrale <strong>di</strong> volume <strong>del</strong>la <strong>di</strong>vergenza<br />

<strong>del</strong> campo<br />

<br />

<br />

−→ −→<br />

V • dS = ∇ • −→ V dτ (1142)<br />

S<br />

172<br />

τ S<br />

S


ove τ S è il volume racchiuso dalla superficie chiusa S .l’operatore nabla (o<br />

<strong>del</strong>) è dato da<br />

∇ ≡ (∂x, ∂y, ∂z) (1143)<br />

e quin<strong>di</strong> la <strong>di</strong>vergenza è lo scalare (funzione <strong>del</strong>le coor<strong>di</strong>nate x, y, z)<br />

∇ • −→ V = ∂xV1 + ∂yV2 + ∂zV3<br />

(1144)<br />

• quin<strong>di</strong> se il flusso <strong>del</strong> campo vettoriale è nullo su ogni superficie chiusa in<br />

una regione allora la <strong>di</strong>vergenza <strong>del</strong> campo è nulla nella regione e il campo<br />

si <strong>di</strong>ce solenoidale<br />

• un campo vettoriale si <strong>di</strong>ce irrotazionale (consevativo!) se la rotazione <strong>del</strong><br />

campo è nulla in una regione<br />

• ovviamente la rotazione <strong>del</strong> campo è data da<br />

∇ ∧ −→ <br />

<br />

<br />

V = <br />

<br />

<br />

î<br />

∂x<br />

ˆj<br />

∂y<br />

kˆ<br />

∂z<br />

∇ ∧ −→ V = 0 (1145)<br />

V1 V2 V3<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

(1146)<br />

• per il teorema <strong>di</strong> Stokes si ha che il flusso <strong>del</strong>la rotazione <strong>di</strong> un campo<br />

vettoriale su una superficie concatenata ad una curva chiusa Γè pari alla<br />

circuitazione ( o nel caso dei flui<strong>di</strong> circolazione) <strong>del</strong> campo lungo il con-<br />

torno Γ <br />

SΓ<br />

∇ ∧ −→ V<br />

<br />

• −→ dS =<br />

<br />

Γ<br />

−→ V • −→ dl (1147)<br />

• quin<strong>di</strong> se il campo è irrotazionale in una regione allora la circuitazione<br />

è nulla lungo qualsiasi curva chiusa appartenente alla regione (integrale<br />

in<strong>di</strong>pendente dal cammino) e dunque −→ V • −→ dl = dU (x, y, z) e dunque il<br />

campo vettoriale è il gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> un potenziale (U funzione <strong>di</strong> punto)<br />

−→ V = ∇U (1148)<br />

Ora porteremo queste nozioni(sperabilmente familiari allo studente) nel piano<br />

complesso. Perchè ciò abbia fisicamente senso bisogna ammettere che il<br />

moto <strong>del</strong> fluido sia sostanzialmente bi<strong>di</strong>mensionale, cioè che le caratteristiche<br />

<strong>del</strong> moto (velocità, traiettorie, etc) siano le stesse per un set (possibilmente infinito)<br />

<strong>di</strong> piani paralleli. Ciò ci permette <strong>di</strong> limitare lo stu<strong>di</strong>o ad uno solo <strong>di</strong><br />

tali piani che assumeremo come piano complesso Cz. Ovviamente questo è un<br />

mo<strong>del</strong>lo ideale ma che può essere sufficiente per trattare il moto <strong>del</strong> fluido su<br />

sezioni opportunamente lontane dagli ’effetti <strong>di</strong> bordo’.<br />

173


Tutte le formule <strong>di</strong> sopra (interpretate cum grano salis) restano valide. Ovviamente<br />

non avremo più <strong>di</strong>pendenza dalla terza variabile cartesiana spaziale z<br />

che ora invece in<strong>di</strong>cherà il numero complesso z = x + iy.<br />

Allora il campo <strong>del</strong>le velocità sarà a due componenti<br />

−→ V ≡ (V1 (x, y) , V2 (x, y)) (1149)<br />

Particolare attenzione va riservata alla ’traduzione sul piano <strong>del</strong>le formule<br />

<strong>di</strong> flusso e circuitazione. (circolazione).<br />

<strong>La</strong> circuitazione (o circolazione) lungo una curva Γ sarà<br />

<br />

−→V<br />

<br />

−→ −→<br />

Ξ , Γ = V • dl = Vtdl = (V1dx + V2dy) (1150)<br />

Γ<br />

Γ<br />

essendo il vettore infinitesimo −→ dl tangente alla curva Γ e orientato in accordo<br />

a questa e con componenti<br />

−→ dl ≡ (dx, dy) (1151)<br />

Ovviamente Vt in<strong>di</strong>ca la componente <strong>del</strong> campo tangente alla curva. Se la curva<br />

è chiusa (e percorsa nel solito verso antiorario)<br />

<br />

−→V<br />

<br />

Ξ , Γ = (V1dx + V2dy) (1152)<br />

Γ<br />

Ma considerando il flusso dobbiamo tenere in conto che sul piano non abbiamo<br />

superfici ma linee e quin<strong>di</strong> si parla <strong>di</strong> flusso attraverso una linea Γ (possibilmente<br />

chiusa). Cioè la 1141 si ’traduce’ in<br />

<br />

−→V<br />

<br />

<br />

−→<br />

̥ , Γ = V • ˆndl = Vndl (1153)<br />

Γ<br />

ove Vn in<strong>di</strong>ca la componente <strong>del</strong> campo normale alla curva.<br />

Il flusso attraverso una curva chiusa Γ sarà<br />

<br />

−→V<br />

<br />

−→<br />

̥ , Γ = V • ˆndl (1154)<br />

ove ˆn è il versore normale alla curva che punta verso l’esterno. E’ facile vedere<br />

che se la curva è percorsa in senso antiorario allora le componenti <strong>di</strong> ˆndl sono<br />

ve<strong>di</strong> figura 29<br />

e quin<strong>di</strong><br />

<br />

−→V<br />

<br />

̥ , Γ =<br />

Γ<br />

Γ<br />

Γ<br />

ˆndl ≡ (dy, −dx) (1155)<br />

Γ<br />

<br />

−→<br />

V • ˆndl = (V1dy − V2dx) (1156)<br />

174<br />

Γ


Γ<br />

Figure 29:<br />

175<br />

dl dl<br />

ndl<br />

dx<br />

dy


Supponiamo ora <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are il moto bidemensionale <strong>di</strong> un fluido ideale ed il<br />

campo <strong>di</strong> velocità sia solenoidale e irrotazionale. Poichè la <strong>di</strong>vergenza è nulla<br />

abbiamo (ve<strong>di</strong> 1144)<br />

ma anche la rotazione è nulla e quin<strong>di</strong> (ve<strong>di</strong> 1146)<br />

∂xV1 + ∂yV2 = 0 (1157)<br />

∂xV2 − ∂yV1 = 0 (1158)<br />

Se la rotazione è nulla deve esistere una funzione potenziale Φ (x, y) <strong>di</strong> cui il<br />

campo è il gra<strong>di</strong>ente:<br />

−→ V = ∇Φ (1159)<br />

cioè<br />

ma allora da 1157 segue<br />

V1 = Φx (1160a)<br />

V2 = Φy (1160b)<br />

∂xΦx + ∂yΦy = Φxx + Φyy = ∆Φ = 0 (1161)<br />

cioè il potenziale Φ (detto anche potenziale <strong>di</strong> velocità) sod<strong>di</strong>sfa l’equazione <strong>di</strong><br />

<strong>La</strong>place ed è quin<strong>di</strong> una funzione armonica: perciò può essere vista come la<br />

parte reale <strong>di</strong> una funzione analitica Ω (z)<br />

Ω (z) = Φ (x, y) + iΨ (x, y) (1162)<br />

<strong>La</strong> funzione armonica coniugata Ψ (x, y) può essere determinata (a meno <strong>di</strong> una<br />

costante) con i meto<strong>di</strong> già noti.<br />

<strong>La</strong> funzione analitica Ω (z) è detta potenziale complesso. Che senso fisico<br />

dare alla sua parte immaginaria Ψ (x, y)? Sappiamo già che le curve<br />

sono ortogonali alle curve<br />

Ψ (x, y) = b (1163)<br />

Φ (x, y) = a (1164)<br />

Queste ultime sono le curve a potenziale costante e si <strong>di</strong>cono quin<strong>di</strong> equipotenziali.<br />

D’altra parte è noto che il gra<strong>di</strong>ente è ortogonale alla ’superficie’ (qui alla<br />

curva...) equipotenziale e quin<strong>di</strong> la velocità 1159 sarà tangente alle curve 1163<br />

che dunque rappresentano le linee <strong>di</strong> corrente <strong>del</strong> fluido (in effetti la funzione<br />

Ψ (x, y) è spesso detta nei testi funzione <strong>di</strong> corrente). Dato che Ω (z) è analitica<br />

consideriamo la sua derivata<br />

Ω ′ (z) = Ωx = Φx + iΨx<br />

176<br />

(1165)


Per le CR<br />

Ma per 1160<br />

Ω ′ (z) = Φx − iΦy<br />

(1166)<br />

Ω ′ (z) = V1 (x, y) − iV2 (x, y) (1167)<br />

E dunque la derivata <strong>del</strong> potenziale complesso è strettamente legata alla velocità.<br />

In effetti si suole introdurre il campo <strong>di</strong> velocità complesso<br />

allora<br />

V = V1 (x, y) + iV2 (x, y) = Ω ′ (z) (1168)<br />

|V| =<br />

<br />

<br />

−→ V<br />

<br />

<br />

=<br />

<br />

<br />

Ω ′ <br />

<br />

(z) = |Ω ′ (z)| (1169)<br />

Considerando il potenziale complesso come una trasformazione (conforme!)<br />

allora il modulo <strong>del</strong> campo <strong>di</strong> velocità è il fattore <strong>di</strong> amplificazione lineare <strong>del</strong>la<br />

trasformazione e i punti critici sono i punti in cui la velocità si annulla... detti<br />

appropriatamente punti <strong>di</strong> stagnazione.<br />

Ma è interessante considerare l’integrale <strong>di</strong> Ω ′ (z) lungo una curva chiusa Γ<br />

<br />

Ω ′ <br />

(z) dz = (Re (Ω ′ ) dx − Im (Ω ′ <br />

) dy) + i (Re (Ω ′ ) dy + Im (Ω ′ ) dx)<br />

Γ<br />

Γ<br />

(1170)<br />

Usando la 1167 è chiaro che<br />

<br />

Re Ω ′ <br />

(z) dz = (V1dx + V2dy) (1171)<br />

e anche<br />

Γ<br />

<br />

Im<br />

Γ<br />

Γ<br />

Γ<br />

Γ<br />

Ω ′ <br />

(z) dz = (V1dy − V2dx) (1172)<br />

Quin<strong>di</strong> (ve<strong>di</strong> 1150 e 1156) la parte reale <strong>di</strong> questo integrale <strong>di</strong> contorno<br />

fornisce la circolazione <strong>del</strong> campo mentre la sua parte immaginaria dà il flusso.<br />

Ovviamente se la funzione Ω (z) è analitica all’interno <strong>di</strong> Γ allora Ω ′ (z) dz = 0<br />

e quin<strong>di</strong> circolazione e flusso saranno nulli (campo irrotazionale e solenoidale).<br />

Tuttavia consideremo interessanti esempi <strong>di</strong> ciò che accade se all’interno <strong>di</strong><br />

Γ ci sono singolarità (isolate).<br />

Dovrebbe essere altresì chiaro che ogni moto bi<strong>di</strong>mensionale corrisponde a<br />

un particolare potenziale complesso e viceversa a ogni funzione (generalmente)<br />

analitica può essere associato un determinato moto bi<strong>di</strong>mensionale <strong>del</strong> fluido.<br />

Consideriamo alcuni semplici esempi.<br />

Example 254 Un fluido ideale si muove <strong>di</strong> moto bi<strong>di</strong>mensionale uniforme ( −→ V<br />

è costante): determinare il potenziale, la funzione <strong>di</strong> corrente, gli eventuali punti<br />

<strong>di</strong> stagnazione e le equazioni <strong>del</strong>le linee equipotenziali e <strong>del</strong>le linee <strong>di</strong> corrente<br />

177<br />

Γ


Il campo è costante, le sue componenti sono<br />

e quin<strong>di</strong> dalla 1167<br />

V1 = |V | cos(α) (1173)<br />

V2 = |V | sin(α) (1174)<br />

Ω ′ (z) = |V | cos(α) − i |V | sin(α) = |V | e −iα<br />

(1175)<br />

evidentemente non ci sono punti <strong>di</strong> stagnazione (a meno <strong>del</strong> caso banale |V | = 0)<br />

Integrando e mettendo a zero la costante <strong>di</strong> integrazione<br />

E quin<strong>di</strong><br />

Ω (z) = |V | e iα z (1176)<br />

Φ (x, y) = Re (Ω (z)) = |V | (x cos(α) + y sin(α)) (1177)<br />

Le linee equipotenziali Φ (x, y) = a hanno equazioni cartesiane<br />

y = −x cot (α) + a<br />

|V |<br />

sono quin<strong>di</strong> rette <strong>di</strong> coefficiente angolare α + π/2.<br />

<strong>La</strong> funzione <strong>di</strong> corrente è<br />

(1178)<br />

Ψ (x, y) = Im (Ω (z)) = |V | (y cos(α) − x sin(α)) (1179)<br />

Le linee <strong>di</strong> corrente Ψ (x, y) = b hanno equazioni cartesiane<br />

y = x tan (α) + b<br />

|V |<br />

(1180)<br />

sono dunque rette parallele al vettore −→ V e evidentemente perpen<strong>di</strong>colari alle<br />

linee equipotenziali (ve<strong>di</strong> Figura 30)<br />

Example 255 Un fluido ideale si muove <strong>di</strong> moto bi<strong>di</strong>mensionale sotto l’azione<br />

<strong>del</strong> potenziale complesso<br />

<br />

Ω (z) = A z + R2<br />

<br />

; A, R ∈ R+<br />

(1181)<br />

z<br />

determinare il campo <strong>del</strong>la velocità, le equazioni <strong>del</strong>le linee equipotenziali e <strong>del</strong>le<br />

linee <strong>di</strong> corrente e gli eventuali punti <strong>di</strong> stagnazione. Descrivere succintamente<br />

il moto <strong>del</strong> fluido.<br />

Si ha:<br />

Ω ′ <br />

(z) = A 1 − R2<br />

z2 <br />

178<br />

(1182)


Linee equipotenziali<br />

In coor<strong>di</strong>nate polari z = re iφ<br />

V<br />

α<br />

Figure 30:<br />

Ω ′ <br />

= A 1 − R2<br />

<br />

e−2iφ<br />

r2 e quin<strong>di</strong> la velocità complessa è<br />

V = V1 + iV2 = Ω ′ <br />

(z) = A 1 − R2<br />

<br />

e2iφ<br />

r2 per cui<br />

Notare che per r >> R si ha<br />

<br />

V1 = A 1 − R2<br />

<br />

cos (2φ)<br />

r2 Linee <strong>di</strong><br />

corrente<br />

(1183)<br />

(1184)<br />

(1185)<br />

V2 = −A R2<br />

sin (2φ) (1186)<br />

r2 V1 ≈ A (1187)<br />

V1 ≈ 0 (1188)<br />

cioè il fluido si muove nella <strong>di</strong>rezione e verso <strong>del</strong>l’asse x con velocità costante.<br />

Il potenziale complesso è (in coor<strong>di</strong>nate polari)<br />

<br />

Φ = Re (Ω (z)) = Re A re iφ + R2<br />

r e−iφ<br />

<br />

(1189)<br />

179


cioè<br />

<br />

Φ = A<br />

mentre la funzione <strong>di</strong> corrente è<br />

cioè<br />

Ψ = Im (Ω (z)) = Im<br />

<br />

Ψ = A<br />

r + R2<br />

r<br />

<br />

cos (φ) (1190)<br />

<br />

A re iφ + R2<br />

r e−iφ<br />

<br />

r − R2<br />

r<br />

(1191)<br />

<br />

sin (φ) (1192)<br />

Quin<strong>di</strong> in coor<strong>di</strong>nate polari le equazioni <strong>del</strong>le linee equipotenziali e <strong>di</strong> corrente<br />

sono<br />

<br />

A r + R2<br />

<br />

cos (φ) = a (1193)<br />

r<br />

<br />

A r − R2<br />

<br />

sin (φ) = b (1194)<br />

r<br />

Particolarmente interessante è il caso<br />

<br />

Ψ = A r − R2<br />

<br />

sin (φ) = 0 (1195)<br />

r<br />

Infatti qui abbiamo 3 soluzioni<br />

cioè il cerchio con centro nell’origine e raggio r. Poi<br />

r = R (1196)<br />

φ = 0 (1197)<br />

φ = π (1198)<br />

che sarebbero l’asse (o il semiasse) reale. Epperò è chiaro che due linee <strong>di</strong><br />

corrente non possono incrociarsi (altrimenti nel punto <strong>di</strong> incrocio avremmo due<br />

tangenti e quin<strong>di</strong> due vettori <strong>del</strong> campo <strong>di</strong>stinti) . Possono unirsi quin<strong>di</strong> solo<br />

dove −→ V = 0. E in effetti i punti <strong>di</strong> stagnazione sono dati dalle soluzioni <strong>di</strong><br />

Ω ′ <br />

(z) = A 1 − R2<br />

z2 <br />

= 0 (1199)<br />

cioè sono in<br />

z± = ±R (1200)<br />

Quin<strong>di</strong> la linea <strong>di</strong> corrente corrispondente a Ψ = 0 è in realtà <strong>di</strong>visa in tre parti:<br />

la semiretta reale da −∞ a −R, poi il cerchio <strong>di</strong> raggio R e infine la semiretta<br />

reale da +R a ∞. Quin<strong>di</strong>, per continuità, è chiaro cosa accade alle altre linee <strong>di</strong><br />

corrente: sono comunque parallele all’asse reale per r >> R, curvano intorno al<br />

cerchio <strong>di</strong> raggio R ma sempre più debolmente al crescere <strong>del</strong>la <strong>di</strong>stanza sull’asse<br />

immaginario dall’origine. Anche intuitivamente si capisce che questo è il moto<br />

180


Figure 31:<br />

<strong>di</strong> un fluido che incontra un ostacolo circolare (un palo <strong>di</strong> raggio R nell’origine)<br />

Un’idea <strong>del</strong>le linee <strong>di</strong> corrente la abbiamo dalla figura 31.<br />

E’ anche interessante dare uno sguardo alla pressione <strong>del</strong> fluido. Se il piano<br />

è orizzontale, il teorema <strong>di</strong> Bernoulli ci <strong>di</strong>ce<br />

P + 1<br />

2 σV 2 = costante (1201)<br />

ove P è la pressione e σ la densità (costante) <strong>del</strong> fluido. Allora, detta P∞<br />

la pressione molto lontano dall’origine ( e quin<strong>di</strong> dall’ostacolo stesso, è facile<br />

mostrare (lasciamo come esercizio allo studente) che sull’ostacolo (z = Reiφ ) si<br />

ha<br />

P (φ) = P∞ + 1<br />

2 σA2 1 − 4 sin 2 (φ) <br />

(1202)<br />

da cui si potrebbe risalire alla forza complessiva esercitata sull’ostacolo. Da<br />

tale formula è anche possibile comprendere il fenomeno fisico <strong>del</strong>la cavitazione.<br />

Infatti pren<strong>di</strong>amo ad esempio i punti φ ± = ± π (incrocio <strong>del</strong> cerchio con l’asse<br />

immaginario): si ha<br />

e quin<strong>di</strong> se<br />

2<br />

P± = P∞ − 3<br />

2 σA2<br />

A 2 ≥ 2 P∞<br />

3 σ<br />

181<br />

(1203)<br />

(1204)


si avrebbe una pressione nulla o negativa... Fisicamente questo vuol <strong>di</strong>re in tali<br />

punti si crea il vuoto e tali punti sono detti punti <strong>di</strong> cavitazione.<br />

.....................................................<br />

Nell’esercizio precedente abbiamo esemplificato un uso fisico interessante<br />

<strong>del</strong>le trasformazioni conformi. Supponiamo <strong>di</strong> voler conoscere cosa succede<br />

quando un moto uniforme <strong>del</strong> fluido <strong>di</strong>retto per esempio lungo l’asse reale<br />

incontra un qualche ostacolo (la cui sezione nel piano complesso sia la regione<br />

{Γ} <strong>del</strong>imitata da una curva chiusa Γ. Allora lontano dall’ostacolo il potenziale<br />

complesso sarà (ve<strong>di</strong> 1176)<br />

Ω0(z) = V0z (1205)<br />

Ora se troviamo una trasformazione conforme cioè una funzione analitica w =<br />

f(z) tale che una sua linea <strong>di</strong> corrente sia proprio Γ e tale che il ’<strong>di</strong>sturbo’<br />

lontano dall’ostacolo sia trascurabile, cioè che il suo campo <strong>di</strong> velocità svanisca<br />

all’infinito<br />

lim<br />

|z|−→∞ f ′ (z) = 0 (1206)<br />

allora il potenziale complesso<br />

Ω(z) = V0z + f(z) (1207)<br />

descriverà adeguatamente il moto in presenza <strong>del</strong>l’ostacolo. Confrontare quanto<br />

detto in generale con l’esempio sopra. Notare anche che il potenziale complesso<br />

22 è generalmente analitico ma ha un punto <strong>di</strong> singolarità in z = 0. Esaminiamo<br />

allora alcuni potenziali con singolarità.<br />

Example 256 determinare le linee <strong>di</strong> corrente e le linee equipotenziali corrispondenti<br />

al moto regolato dal potenziale complesso<br />

Ω(z) = k 4√ 1 ln (z) , k ∈ R+<br />

(1208)<br />

<strong>La</strong> funzione ln (z) ha un punto <strong>di</strong>ramazione in z = 0: quin<strong>di</strong> prenderemo la<br />

sua determinazione principale ed escluderemo il punto z = 0. Poi abbiamo 4√ 1<br />

che ha quattro valori<br />

ω1 = ω = i (1209)<br />

ω2 = ω 2 = −1 (1210)<br />

ω3 = ω 3 = −i (1211)<br />

ω4 = ω 4 = 1 (1212)<br />

quin<strong>di</strong> in realtà stiamo trattando 4 potenziali complessi.<br />

Consideriamo dapprima<br />

Ω±(z) = ±k ln (z) = ±k (ln (|z|) + i arg (z)) , k ∈ R+<br />

<strong>La</strong> funzione potenziale sarà quin<strong>di</strong><br />

(1213)<br />

Φ = Re (Ω± (z)) = ±k ln (|z|) (1214)<br />

182


Figure 32:<br />

e le curve equipotenziali sono evidentemente cerchi con centro nell’origine (|z| = cost) .<br />

<strong>La</strong> ’funzione corrente’ sarà<br />

Ψ = Im (Ω±(z)) = ±k (arg (z)) (1215)<br />

quin<strong>di</strong> le linee <strong>di</strong> corrente saranno semirette entranti o uscenti dall’origine. Per<br />

specificare ve<strong>di</strong>amo:<br />

Ω ′ ±(z) = ±k 1<br />

z<br />

allora (ve<strong>di</strong> 1167) il campo <strong>del</strong>le velocità avrà componenti<br />

1<br />

= ±k 2 (x − iy) (1216)<br />

|z|<br />

V1 = ±k 1<br />

(1217a)<br />

2 x, k ∈ R+<br />

|z|<br />

V2 = ±k 1<br />

(1217b)<br />

2 y, k ∈ R+<br />

|z|<br />

quin<strong>di</strong> il vettore −→ V sarà ’uscente’ per Ω+ e ’entrante’ per Ω−. <strong>La</strong> situazione per<br />

Ω+ (linee equipotenziali e <strong>di</strong> corrente) è graficata in Figura 32<br />

E’ evidente il significato fisico: siccome le linee <strong>di</strong> corrente sono le traiettorie<br />

<strong>del</strong> fluido ne segue che il fluido ’sgorga’ dall’origine e si <strong>di</strong>sperde ra<strong>di</strong>almente (con<br />

183


velocità che decresce in modulo come 1<br />

|z| , ve<strong>di</strong> 1217). Cioè z = 0 è una sorgente.<br />

Ma allora il flusso lungo una curva chiusa che circon<strong>di</strong> l’origine non può essere<br />

nullo ma anzi dovrebbe essere proporzionale alla quantità <strong>di</strong> fluido emessa dalla<br />

sorgente nell’unità <strong>di</strong> tempo. In effetti, a causa <strong>del</strong>l’assunta incomprimibilità<br />

<strong>del</strong> fluido cioè <strong>del</strong>la costanza <strong>del</strong>la sua densità σ, si può facilmente vedere che il<br />

flusso elementare attraverso un tratto <strong>di</strong> curva dl è<br />

d̥ = −→ V • ˆndl = 1 dm<br />

σ dt<br />

(1218)<br />

ove dm<br />

dt è la quantità <strong>di</strong> fluido che attraversa la curva nell’unità <strong>di</strong> temo (si<br />

lascia la <strong>di</strong>mostrazione allo studente volenteroso). Quin<strong>di</strong> il flusso lungo una<br />

curva chiusa che circonda la sorgente ’misura’ la forza o intensità <strong>del</strong>la sorgente.<br />

Ma quanto vale in questo caso tale flusso? Dalla 1172 sappiamo che è pari alla<br />

parte immaginaria <strong>di</strong> Ω ′ (z) dz : ma per il teorema dei residui<br />

e quin<strong>di</strong><br />

Γ<br />

<br />

Γ<br />

Ω ′ <br />

(z) dz = k<br />

Γ<br />

1<br />

dz = ik2π (1219)<br />

z<br />

<br />

−→V<br />

<br />

̥ , Γ = k2π (1220)<br />

<strong>La</strong> costante k viene detta intensità <strong>del</strong>la sorgente (ovviamente esistono sorgenti<br />

ad intensità non costante...). Notare che la parte reale <strong>del</strong>l’integrale è nulla e<br />

quin<strong>di</strong> il campo è ancora irrotazionale.<br />

Cosa cambia se consideriamo Ω−(z) = −k ln (z)? Le linee equipotenziali<br />

rimangono le stesse mentre le semirette che costituiscono le linee <strong>di</strong> corrente<br />

cambiano verso e convergono in z = 0 . Quin<strong>di</strong> nell’origine abbiamo ora un<br />

pozzo <strong>di</strong> intensità k.<br />

Consideriamo ora Ω±i(z) = ±ik ln (z) . Appare evidente che stiamo essenzialmente<br />

scambiando parte reale con parte immaginaria quin<strong>di</strong> le linee <strong>di</strong> corrente<br />

<strong>di</strong>verranno linee equipotenziali mentre le ex linee equipotenziali (cioè i cerchi<br />

con centro nell’origine) <strong>di</strong>verranno linee <strong>di</strong> corrente (percorse in senso orario<br />

per Ω+i , in senso antiorario per Ω−i - verificare!). Allora il fluido sta ruotando<br />

intorno all’origine, cioè abbiamo un vortice . Ovviamente adesso sarà nulla la<br />

parte immaginaria <strong>di</strong> Ω ′ (z) dz e quin<strong>di</strong> il campo è solenoidale (cioè non vi<br />

Γ<br />

sono sorgenti ne pozzi) ma la parte reale è <strong>di</strong>versa da zero cioè il campo non<br />

è più irrotazionale e la circolazione su una curva chiusa circondante il vortice<br />

(z = 0) vale 2πk . Ora k misura l’intensità <strong>del</strong> vortice.<br />

Ovviamente poco cambia se consideriamo il potenziale<br />

≥ Ω(z) = k 4√ 1 ln (z − z0) , k ∈ R+<br />

(1221)<br />

Semplicemente il vortice/pozzo/ sorgente è spostato dall’origine al punto z0.<br />

184


Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questi moti elementari aiuta anche per moti più complessi.<br />

Infatti se consideriamo il potenziale complessa come trasformazione, sappiamo<br />

che le trasformazioni si possono combinare (sovrapporre). per esempio<br />

Ω(z) = k ln (z − z1) − k ln (z − z2) (1222)<br />

descriverà il moto piano <strong>di</strong> un fluido ideale con una sorgente <strong>di</strong> intensità k in z1<br />

e un pozzo <strong>di</strong> pari intensità in z2.<br />

Exercise 257 Sia il moto bi<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> un fluido ideale regolato dal potenziale<br />

complesso<br />

(z − 1)<br />

Ω(z) = ln (1223)<br />

(z + 1)<br />

Determinare le linee <strong>di</strong> corrente, le linee equipotenziali, la velocità in ogni punto,<br />

la circolazione e il flusso lungo le curve |z| = 1<br />

2<br />

e |z| = 3<br />

2<br />

Exercise 258 stu<strong>di</strong>are il moto <strong>di</strong> un fluido con potenziale complesso<br />

Ω (z) = 3e iπ<br />

2 z + (1 − i) ln(z − i) (1224)<br />

Exercise 259 stu<strong>di</strong>are il moto bi<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> un fluido ideale con una sorgente<br />

<strong>di</strong> intensità k posta in z0 e un ostacolo circolare <strong>di</strong> raggio R con centro<br />

nell’origine<br />

185

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