Capitolo 44
Capitolo 44
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CAPITOLO <strong>44</strong><br />
Gianluca M. Sampietro<br />
Massimo Cristaldi<br />
EMBRIOLOGIA<br />
ANATOMIA<br />
Anatomia macroscopica<br />
Anatomia microscopica<br />
FISIOLOGIA<br />
Digestione e assorbimento<br />
MOTILITÀ<br />
FUNZIONE ENDOCRINA<br />
Ormoni gastrointestinali<br />
Recettori<br />
FUNZIONE IMMUNITARIA<br />
OCCLUSIONE INTESTINALE<br />
L’intestino tenue è un prodigio di complessità ed efficienza. La sua<br />
funzione principale è la digestione e l’assorbimento dei componenti<br />
della dieta una volta che hanno lasciato lo stomaco. Questo processo<br />
dipende da una quantità di fattori di tipo strutturale, fisiologico, endocrino<br />
e chimico. Le secrezioni esocrine del fegato e del pancreas<br />
rendono possibile la completa digestione degli alimenti, mentre la<br />
grande superficie della mucosa intestinale ha poi il compito di assorbire<br />
i nutrienti. Oltre alla sua funzione di digestione e di assorbimento,<br />
il piccolo intestino è il più grande organo endocrino del corpo<br />
umano e uno dei più importanti per la funzione immunitaria. Considerati<br />
il suo ruolo essenziale e la sua complessità, stupisce come le<br />
malattie dell’intestino tenue non siano molto frequenti. In questo capitolo<br />
sono descritte sia l’anatomia e la fisiologia dell’intestino tenue<br />
che i suoi processi patologici, che includono l’ostruzione, le malattie<br />
infiammatorie, le neoplasie, la malattia diverticolare e problemi vari.<br />
EMBRIOLOGIA<br />
B. Mark Evers<br />
Intestino tenue<br />
L’intestino primitivo si forma durante la quarta settimana della gestazione<br />
fetale umana 5a, 86 .Il foglietto endodermico dà origine al rivestimento<br />
epiteliale del tubo digerente e il mesoderma splancnico che<br />
circonda l’endoderma dà origine al tessuto connettivo e muscolare e<br />
a tutti gli altri strati dell’intestino. Ad eccezione del duodeno, che è<br />
una struttura appartenente al primitivo intestino anteriore, l’intestino<br />
tenue deriva dall’intestino medio. Nel corso della quinta settimana<br />
dello sviluppo fetale, quando la lunghezza dell’intestino aumenta<br />
rapidamente, si ha un’erniazione dell’intestino medio attraverso<br />
l’ombelico (Fig. <strong>44</strong>-1). Quest’ansa di intestino medio possiede sia un<br />
lembo craniale che un lembo caudale, il primo si sviluppa nel duodeno<br />
distale, nel digiuno e nell’ileo prossimale, il secondo diviene l’ileo<br />
distale e i due terzi prossimali del colon trasverso. Il punto di congiunzione<br />
dei lembi craniale e caudale è dove il dotto vitellino si unisce<br />
alla sacco vitellino. Questa struttura tubulare solitamente si oblitera<br />
prima della nascita; tuttavia, può persistere come diverticolo di<br />
Meckel approssimativamente nel 2% della popolazione. Questa er-<br />
Eziologia<br />
Fisiopatogenesi<br />
Manifestazioni cliniche e diagnosi<br />
Esami radiologici e di laboratorio<br />
Ostruzione semplice o da<br />
strangolamento<br />
Trattamento<br />
Risoluzione di problemi specifici<br />
MALATTIE INFIAMMATORIE<br />
Malattia di Crohn<br />
Enterite tifoide<br />
Enteriti nel paziente<br />
immunocompromesso<br />
NEOPLASIE<br />
Considerazioni generali<br />
Neoplasie benigne<br />
Neoplasie maligne<br />
Neoplasie metastatiche<br />
MALATTIA DIVERTICOLARE<br />
Diverticoli duodenali<br />
Diverticoli digiunali ed ileali<br />
Diverticolo di Meckel<br />
PROBLEMI VARI<br />
Ulcerazioni dell’intestino tenue<br />
Ingestione di corpi estranei<br />
Fistole dell’intestino tenue<br />
Pneumatosi intestinale<br />
Sindrome dell’ansa cieca<br />
Enterite da radiazioni<br />
Sindrome dell’intestino corto<br />
Compressione vascolare del duodeno<br />
niazione dell’intestino medio perdura circa fino alla decima settimana<br />
della gestazione fetale, quando l’intestino ritorna nella cavità addominale.<br />
Dopo aver completato una rotazione di 270 gradi a partire<br />
dalla sua posizione iniziale, il digiuno prossimale rientra nell’addome<br />
andando ad occuparne il lato sinistro, con le anse successive che restano<br />
più a destra. Il cieco rientra per ultimo e va a posizionarsi temporaneamente<br />
nel quadrante superiore destro; tuttavia, col tempo, discende<br />
nella sua posizione normale nel quadrante inferiore destro.<br />
Durante questo processo possono verificarsi anomalie congenite a<br />
causa della mal rotazione e fissazione dell’intestino.<br />
L’intestino tenue primitivo è ricoperto da uno strato di cellule cubiche<br />
fino all’incirca alla nona settimana di gestazione, quando i villi iniziano<br />
a formarsi nell’intestino prossimale, procedendo poi in direzione<br />
caudale fintanto che l’intero piccolo intestino ed il colon, per un periodo<br />
di tempo, vengono ricoperti da queste sporgenze digitiformi. La<br />
formazione delle cripte inizia tra la decima e la dodicesima settimana<br />
di gestazione. Lo strato delle cripte del piccolo intestino è il luogo in<br />
cui avviene la continua proliferazione e il rinnovo della componente<br />
cellulare. Mentre le cellule risalgono l’asse cripta-villo la proliferazione<br />
cessa e le cellule si differenziano in uno dei quattro principali tipi cellulari:<br />
gli enterociti assorbenti,che costituiscono approssimativamente<br />
il 95% della popolazione cellulare dell’intestino; le cellule caliciformi;le<br />
cellule di Paneth; e le cellule enteroendocrine 20,120 .Infine, le cellule vengono<br />
espulse nel lume intestinale. Sorprendentemente, questo intero<br />
processo di completo rinnovamento del rivestimento intestinale avviene<br />
nell’uomo in meno di una settimana.<br />
ANATOMIA<br />
Anatomia macroscopica<br />
Descrizione generale<br />
L’intero intestino tenue, che si estende dal piloro al cieco, misura all’incirca<br />
270-290 cm, il duodeno è approssimativamente lungo 20<br />
873
874 ADDOME<br />
Ansa<br />
dell’intestino<br />
medio<br />
Legamento<br />
falciforme<br />
B<br />
Vena<br />
ombelicale<br />
Fegato<br />
Mesentere<br />
ventrale<br />
Tratto<br />
craniale<br />
e caudale<br />
Sacco vitellino<br />
Arteria vitellina<br />
Sacco vitellino<br />
in degenerazione<br />
A<br />
Diverticolo<br />
ciecale<br />
Stomaco<br />
A1 Piano della<br />
Arteria<br />
sezione A<br />
mesenterica<br />
1<br />
inferiore<br />
Intestino posteriore<br />
B 1<br />
Duodeno<br />
Piccolo intestino<br />
Piano della<br />
sezione B 1<br />
Borsa<br />
omentale<br />
Ultima<br />
posizione<br />
del sacco<br />
vitellino<br />
Forame<br />
omentale<br />
Arteria<br />
mesenterica<br />
superiore<br />
Flessura<br />
epatica<br />
D E<br />
D 1<br />
Ombelico<br />
cm, il digiuno misura all’incirca da 100 a 110 cm e l’ileo da 150 a<br />
160 cm 52 .Il digiuno comincia all’angolo duodeno-digiunale, che è<br />
sorretto da una piega del peritoneo nota come il legamento di<br />
Treitz. Non c’è una chiara linea di demarcazione tra digiuno ed ileo,<br />
tuttavia, si ritiene comunemente che il digiuno costituisca approssimativamente<br />
i due quinti dell’intestino tenue, mentre l’ileo completi<br />
i rimanenti tre quinti. Il digiuno ha una circonferenza più larga<br />
dell’ileo, è più spesso, e può essere identificato chirurgicamente<br />
esaminando i vasi mesenterici (Fig. <strong>44</strong>-2). Nel digiuno soltanto una<br />
o due arcate inviano lunghi e rettilinei vasa recta sul versante mesenterico,<br />
mentre l’apporto sanguineo dell’ileo può essere costituito<br />
da quattro o cinque arcate distinte con vasa recta più corti. La<br />
mucosa dell’intestino tenue è caratterizzata da pliche circolari (plicae<br />
circulares) altrimenti dette valvole conniventi, particolarmente<br />
cospicue nel duodeno distale e nel digiuno.<br />
Apporto neurovascolare e linfatico<br />
Aorta dorsale<br />
Arteria celiaca<br />
Appendice Cieco<br />
L’intestino tenue è raggiunto da un ricco apporto vascolare, neurale<br />
e linfatico, che passa attraverso il mesentere. La base del mesentere<br />
origina sulla parete posteriore dell’addome a sinistra della<br />
seconda vertebra lombare e si dirige obliquamente in basso e a<br />
destra, fino alla giunzione sacroiliaca destra. La vascolarizzazione<br />
dell’intestino tenue, ad eccezione del duodeno prossimale che vie-<br />
C<br />
Mesentere dorsale allungato<br />
Arteria mesenterica superiore<br />
Tratto craniale<br />
Arteria mesenterica superiore<br />
Tratto caudale<br />
C 1<br />
Diverticolo ciecale<br />
Aorta<br />
Arteria<br />
mesenterica<br />
superiore<br />
Piccolo<br />
omento<br />
Grande<br />
omento<br />
Flessura<br />
splenica<br />
Piccolo<br />
intestino<br />
Grosso<br />
intestino<br />
Figura <strong>44</strong>-1. Stadi della rotazione intestinale durante lo<br />
sviluppo fetale. Approssimativamente durante la quinta<br />
settimana dello sviluppo fetale, si ha un’erniazione dell’intestino<br />
medio nella parte prossimale al cordone ombelicale.<br />
Si verifica una rotazione totale di 270 gradi attorno<br />
all’asse dell’arteria mesenterica superiore con alla<br />
fine la fissazione dell’intestino nella sua localizzazione<br />
normale. (Adattata da Moore KL, Persaud TVN: The<br />
Developing Human: Clinically Oriented Embryology, 5 th<br />
ed. Philadelphia, WB Saunders, 1993, p. 249).<br />
ne rifornito da rami del tronco celiaco, deriva interamente dall’arteria<br />
mesenterica superiore (Fig. <strong>44</strong>-3). Questa decorre anteriormente<br />
al processo uncinato del pancreas e alla terza porzione<br />
duodenale, dove si divide per irrorare il pancreas, il duodeno distale,<br />
l’intero intestino tenue e il colon ascendente e trasverso. Le<br />
arcate vascolari che decorrono nel mesentere forniscono un abbondante<br />
apporto sanguigno all’intestino tenue. Il drenaggio venoso<br />
del piccolo intestino decorre parallelo all’apporto arterioso,<br />
e il sangue viene drenato nella vena mesenterica superiore, la quale<br />
si unisce alla vena splenica dietro al collo del pancreas per formare<br />
la vena porta.<br />
L’innervazione dell’intestino tenue è fornita sia da rami simpatici<br />
che parasimpatici del sistema nervoso autonomo, che a sua volta fornisce<br />
l’innervazione efferente al piccolo intestino. Le fibre parasimpatiche<br />
derivano dal vago e attraversano il ganglio celiaco influendo<br />
sulla secrezione, sulla motilità e probabilmente sulle funzioni intestinali.<br />
Sono presenti anche fibre afferenti vagali, ma apparentemente<br />
non trasmettono stimoli dolorifici. Le fibre simpatiche provengono<br />
da tre gruppi di nervi splancnici e hanno in genere le loro cellule<br />
gangliari posizionate in un plesso posto intorno alla base dell’arteria<br />
mesenterica superiore. Gli impulsi motori agiscono sulla motilità dei<br />
vasi sanguigni e probabilmente sulla secrezione e sulla motilità dell’intestino<br />
stesso. Il dolore proveniente dall’intestino è mediato da<br />
generiche fibre viscerali afferenti nel sistema simpatico.
Digiuno<br />
Ileo<br />
Figura <strong>44</strong>-2. La mucosa del digiuno è relativamente spessa con pliche trasversali<br />
prominenti; i vasi mesenterici formano solo uno o due arcate con lunghi<br />
vasa recta. L’ileo è più piccolo di circonferenza e ha delle pareti più sottili, i<br />
vasi mesenterici formano numerose arcate vascolari con corti vasa recta. (Adattata<br />
da Thompson JC: Atlas of Surgery of the Stomach, Duodenum, and Small<br />
Bowel. St. Louis, Mosby-Year Book, 1992, p. 263).<br />
A. pancreatico-<br />
duodenale<br />
A. colica destra<br />
A. ileocolica<br />
A. ileale<br />
A. colica<br />
media<br />
Vasa recta<br />
Arcata<br />
vascolare<br />
Vasa recta<br />
Figura <strong>44</strong>-3. La vascolarizzazione dell’intestino tenue e del duodeno distale<br />
deriva interamente dall’arteria mesenterica superiore, che corre anteriormente<br />
alla terza porzione del duodeno. Il tripode celiaco irrora il duodeno prossimale.<br />
(Adattata da Thompson JC: Atlas of Surgery of the Stomach, Duodenum, and<br />
Small Bowel. St. Louis, Mosby-Year Book, 1992, p. 265).<br />
INTESTINO TENUE 875<br />
Arcate<br />
vascolari<br />
multiple<br />
Arteria mesenterica<br />
superiore<br />
I linfatici del piccolo intestino sono presenti in grossi depositi di<br />
tessuto linfatico, in modo particolare nelle placche di Peyer dell’intestino<br />
tenue distale. Il drenaggio linfatico procede dalla mucosa<br />
attraverso la parete intestinale a un gruppo di linfonodi nel mesentere<br />
adiacenti all’intestino. Il drenaggio continua prima in un gruppo<br />
di linfonodi adiacenti alle arcate arteriose mesenteriche e poi in<br />
un gruppo alla base dei vasi mesenterici superiori, da cui prosegue<br />
verso la cisterna del chilo e quindi nel dotto toracico per svuotarsi<br />
infine nel sistema venoso del collo. Il drenaggio linfatico del piccolo<br />
intestino costituisce una via di trasporto importante nella circolazione<br />
dei lipidi assorbiti e verosimilmente svolge un ruolo importante<br />
nella difesa immunitaria, nonché nella disseminazione<br />
delle cellule che originano dai tumori intestinali.<br />
Anatomia microscopica<br />
L’intestino tenue è composto da quattro strati: la sierosa, la muscularis<br />
propria, la sottomucosa e la mucosa (Fig. <strong>44</strong>-4).<br />
La sierosa è lo strato più esterno del piccolo intestino ed è costituita<br />
dal peritoneo parietale, un singolo strato di cellule mesoteliali<br />
piatte che circondano il digiuno, l’ileo e la superficie anteriore<br />
del duodeno.<br />
La muscularis propria è composta da due strati di muscolatura liscia,<br />
uno esterno, longitudinale e sottile, l’altro interno, circolare e<br />
più spesso. Le cellule gangliari, che formano il plesso mioenterico (di<br />
Auerbach), sono interposte tra gli strati muscolari e inviano fibre<br />
nervose in entrambi gli strati, fornendo così continuità nello stimolo<br />
elettrico tra la cellule muscolari lisce e permettendo la conduzione<br />
attraverso gli strati della muscolatura.<br />
La sottomucosa, costituita da uno strato di tessuto connettivo fibroelastico<br />
che contiene vasi sanguigni e nervi, è la componente<br />
più resistente della parete intestinale e va quindi inclusa nelle suture<br />
anastomotiche. Essa contiene una complessa rete di linfatici,<br />
arterie e venule e un esteso plesso di fibre nervose e cellule gangliari<br />
(plesso di Meissner). I nervi che originano dagli strati muscolari<br />
della mucosa e della sottomucosa sono interconnessi per<br />
mezzo di piccole fibre nervose e sono state anche descritte interconnessioni<br />
tra gli elementi adrenergici e colinergici.<br />
La mucosa può essere suddivisa in tre strati: la muscularis mucosa,<br />
la lamina propria e lo strato epiteliale (Fig. <strong>44</strong>-5). La muscularis mucosa<br />
è costituita da un sottile strato di muscolo che separa la mucosa dalla<br />
sottomucosa. La lamina propria è uno strato di tessuto connettivo<br />
tra le cellule epiteliali e la muscularis mucosa che contiene una varietà<br />
di cellule, incluse plasma-cellule, linfociti, mast cellule, eosinofili, macrofagi,<br />
fibroblasti, cellule muscolari lisce e tessuto connettivo non cellulare.<br />
La lamina propria, sulla base della quale si dispongono le cellu-<br />
Lume<br />
Epitelio<br />
Membrana superiore<br />
Lamina propria<br />
Muscularis Mucosa<br />
SUBMUCOSA<br />
Muscolatura circolare<br />
Plesso mioenterico<br />
Muscolatura<br />
longitudinale<br />
Mesotelio (SIEROSA)<br />
MUCOSA<br />
MUSCULARIS<br />
PROPRIA<br />
Figura <strong>44</strong>-4. I quattro strati del piccolo intestino: sierosa, muscularis propria, sottomucosa<br />
e mucosa. (Adattata da Madara JL: Epithelial: Biological principles of organization.<br />
In Yamada T., Alpers DH, Laine L. et al. [eds]: Textbook of Gastroenterology,<br />
3 rd ed. Vol 1. Philadelphia, Lippincott Williams & Wilkins, 1999, p. 142).
876 ADDOME<br />
Epitelio<br />
villoso<br />
Muscularis<br />
Mucosae<br />
Cellule<br />
assorbenti<br />
Cellule<br />
caliciformi<br />
Figura <strong>44</strong>-5. Disegno schematico dell’organizzazione istologica della mucosa dell’intestino tenue. (Adattata da Keljo DJ, Squires RH Jr: Anatomy and anomalies of<br />
the small and large intestines. In Feldman M, Scharschmidt BF, Sleisenger MH [eds]: Gastrointestinal and Liver Disease: Pathophysiology, Diagnosis, Management.<br />
Philadelphia, WB Saunders, 1998, p. 1424).<br />
le epiteliali, ha una funzione protettiva nell’intestino, infatti grazie al<br />
suo ricco apporto di cellule immunitarie combatte quei microrganismi<br />
che penetrano l’epitelio sovrastante. Le plasmacellule sintetizzano<br />
attivamente le immunoglobuline e altre cellule del sistema immunitario<br />
presenti nella lamina propria e rilasciano vari mediatori (e. g. citochine,<br />
metaboliti dell’acido arachidonico e istamina), che possono<br />
modulare varie funzioni cellulari dell’epitelio sovrastante. Lo strato<br />
epiteliale è un foglietto continuo di cellule epiteliali che ricoprono i villi<br />
e rivestono le cripte. Le funzioni principali dell’epitelio delle cripte<br />
sono il rinnovamento cellulare e la secrezione esocrina, endocrina e<br />
idroelettrolitica; mentre quelle dell’epitelio dei villi sono la digestione<br />
e l’assorbimento. Nello strato mucoso sono presenti quattro tipi principali<br />
di cellule: (1) le cellule caliciformi, che secernono muco; (2) le<br />
cellule di Paneth, che secernono lisozima, tumor necrosis factor (TNF)<br />
e le criptidine, che sono omologhi delle difensine leucocitarie e si pensa<br />
siano correlate al sistema difensivo della mucosa dell’ospite; (3) enterociti<br />
assorbenti e (4) cellule enteroendocrine, di cui esistono più di<br />
dieci diverse popolazioni che producono ormoni gastrointestinali.<br />
Microscopicamente la mucosa è progettata per ottenere la massima<br />
superficie assorbente con i villi che protrudono all’interno del lume<br />
77 .I villi sono più alti nel duodeno distale e nel digiuno prossimale<br />
e più corti nell’ileo distale. Gli enterociti assorbenti costituiscono<br />
la principale variante cellulare della mucosa e sono responsabili della<br />
digestione e dell’assorbimento. La loro superficie sul versante luminale<br />
è ricoperta da microvilli che costituiscono l’estrema propaggine<br />
tissutale e che aumentano la capacità assorbente di trenta volte.<br />
Per aumentare ulteriormente l’assorbimento i microvilli sono ricoperti<br />
da uno strato sfrangiato di glicoproteine, il glicocalice.<br />
FISIOLOGIA<br />
Digestione e assorbimento<br />
Zona di espulsione<br />
delle cellule<br />
Lume<br />
della<br />
Cripta<br />
Il complesso processo di digestione e di conseguente assorbimento di<br />
nutrienti, acqua, elettroliti e minerali, costituisce la funzione principale<br />
dell’intestino tenue 32 .Nell’intestino transitano quotidianamente nu-<br />
Cellule indifferenziate<br />
Cellule caliciformi<br />
Mitosi<br />
Cellule enterocromaffini<br />
Cellule di Paneth<br />
Vasi sanguigni<br />
Vasi linfatici<br />
Nervi<br />
Cellule muscolari lisce<br />
Tessuto connettivo<br />
Linfociti<br />
Plasmacellule<br />
Eosinofili<br />
Epitelio<br />
delle cripte<br />
merosi litri di acqua e centinaia di grammi di cibo, e con notevole efficienza<br />
quasi tutto il cibo viene assorbito ad eccezione della cellulosa che<br />
non è digeribile. Lo stomaco dà inizio al processo di digestione con la<br />
disgregazione dei solidi in particelle di 1 mm o meno, che vengono rilasciate<br />
nel duodeno dove gli enzimi pancreatici, la bile e gli enzimi dell’orletto<br />
a spazzola continuano il processo di digestione e il conseguente<br />
assorbimento attraverso la parete del piccolo intestino 26,32 .<br />
Carboidrati<br />
Lamina<br />
propria<br />
Un adulto che segua la normale dieta di un paese occidentale ingerisce<br />
all’incirca da 350 a 400 g di carboidrati al giorno, di cui circa il<br />
60% come amido, il 30% come saccarosio e il 10% come lattosio 32,79 .<br />
L’amido assorbito con la dieta è un polisaccaride costituito da lunghe<br />
catene di molecole di glucosio (Fig. <strong>44</strong>-6). L’amilosio costituisce approssimativamente<br />
il 20% dell’amido e viene scisso dalle amilasi<br />
pancreatiche e salivari a livello dei legami α-1,4, che lo convertono in<br />
malto triosio e maltosio. L’amilopectina, che costituisce circa l’80%<br />
dell’amido della dieta, ha dei punti di ramificazione ogni 25 moleco-<br />
AMILOSIO<br />
AMILOPECTINA<br />
α-amilasi<br />
MALTOTRIOSIO MALTOSIO<br />
α-TERMINALE DESTRINE<br />
Figura <strong>44</strong>-6. Azione dell’α-amilasi pancreatica sulle forme lineari (amilosio) e<br />
ramificate (amilopectina) dell’amido per ottenere i prodotti terminali della digestione:<br />
il malto triosio, il maltosio e le destrine. (Adattata da Alpers DH: Digestion<br />
and absorption of carbohydrates and proteins. In Johnson LR, Alpers DH,<br />
Christensen J et al. [eds]: Physiology of the Gastrointestinal Tract, 3 rd ed. Vol. 2<br />
New York, Raven, 1994, p. 1727).
le lungo le catene rettilinee di glucosio; i legami α-1,6 di glucosio<br />
nell’amilopectina forniscono i prodotti terminali della digestione<br />
delle amilasi: il maltosio, il malto triosio e le ramificazioni residue<br />
saccaridiche, le destrine. La digestione dell’amido da parte delle amilasi<br />
avviene principalmente nel lume del tratto digerente e la sua digestione<br />
è spesso completata prima che il chimo transiti nel digiuno.<br />
Gli enzimi responsabili della digestione finale delle molecole di<br />
amido sono concentrati sull’orletto a spazzola della superficie luminale<br />
(Fig. <strong>44</strong>-7). Dopo che i carboidrati assunti con la dieta sono ridotti<br />
a monosaccaridi per mezzo della digestione di superficie, il trasporto<br />
degli esosi che ne derivano (glucosio, galattosio e fruttosio) si<br />
svolge per mezzo di specifici meccanismi. Il glucosio e il galattosio<br />
vengono assorbiti per mezzo di un trasporto attivo mediato da un<br />
trasportatore (carrier-mediato), il loro assorbimento dipende dal<br />
movimento del sodio all’interno della cellula per mezzo della pompa<br />
Na + -K + -ATPasi localizzata sulla membrana baso-laterale della cellula.<br />
Il fruttosio, l’altro importante monosaccaride, è assorbito nel<br />
lume intestinale attraverso un processo di diffusione facilitata.<br />
Proteine<br />
La digestione delle proteine inizia nello stomaco dove i succhi gastrici<br />
le denaturano 32,79 ,e continua nel piccolo intestino dove entrano in contatto<br />
con le proteasi pancreatiche. Il tripsinogeno pancreatico viene rilasciato<br />
nell’intestino dal pancreas in una forma inattiva, ma viene attivato<br />
dall’enzima enterochinasi secreto dalla mucosa intestinale. Una<br />
volta attivata, la tripsina attiva a sua volta gli altri precursori degli enzimi<br />
proteolitici pancreatici. Le endopeptidasi, che includono la tripsina,<br />
la chimotripsina e l’elastasi, agiscono sui legami peptidici nella parte interna<br />
della molecola proteica, producendo peptidi che a loro volta costituiscono<br />
il substrato delle esopeptidasi (carbossipeptidasi), che rimuovono<br />
in successione i singoli aminoacidi dal terminale carbossilico<br />
della proteina. L’azione intraluminale delle proteasi pancreatiche è alquanto<br />
efficiente e produce un 70% di peptidi a catena corta e un 30%<br />
di singoli aminoacidi (Fig. <strong>44</strong>-8). L’assorbimento degli aminoacidi dal<br />
lume intestinale avviene per mezzo di un trasporto attivo carrier-mediato.<br />
I peptidi a catena corta sono il substrato per quei meccanismi di<br />
trasporto peptidico che portano dipeptidi e tripeptidi all’interno della<br />
cellula. Almeno il 90% dei peptidi che sono assimilati intatti viene<br />
idrolizzato a formare aminoacidi liberi per mezzo di peptidasi citoplasmatiche<br />
prima di essere rilasciati nel sistema venoso portale. Nell’essere<br />
umano normale, la digestione e l’assorbimento delle proteine vengono<br />
normalmente completati per l’80-90% nel digiuno.<br />
LATTOSIO<br />
LUME CELLULA INTESTINALE<br />
AMIDO α-amilasi<br />
postille<br />
Maltosio<br />
+<br />
Maltotriosio<br />
+<br />
α-terminale destrine<br />
Orletto<br />
a spazoletta<br />
Lattasi<br />
Maltasi<br />
α-destrinasi<br />
Invertasi<br />
Trasporto attivo<br />
Figura <strong>44</strong>-7. Digestione e assorbimento dei carboidrati. (Adattata da Gray GM:<br />
Mechanisms of digestion and absorption of food. In Sleisenger MH, Frodtran JS<br />
[eds]: Gastrointestinal Disease, Pathophysiology, Diagnosis, Management. Philadelphia,<br />
WB Saunders, 1983, p. 853).<br />
G<br />
A<br />
L<br />
A<br />
T<br />
T<br />
O<br />
S<br />
I<br />
O<br />
G<br />
L<br />
U<br />
C<br />
O<br />
S<br />
I<br />
O<br />
Barriera<br />
cellulare<br />
F<br />
R<br />
U<br />
T<br />
T<br />
O<br />
S<br />
I<br />
O<br />
INTESTINO TENUE 877<br />
Interno<br />
della<br />
cellula<br />
Diffusione facilitata<br />
LUME CELLULA INTESTINALE<br />
Peptidi C 3-C 6<br />
AMINOACIDI, PEPTIDI<br />
TRIPEPTIDI<br />
DIPEPTIDI<br />
AMINOACIDI<br />
Figura <strong>44</strong>-8. Digestione e assorbimento delle proteine. (Adattata da Alpers DH:<br />
Digestion and absorption of carbohydrates and proteins. In Johnson LR, Alpers<br />
DH, Christensen J et al. [eds]: Physiology of the Gastrointestinal Tract, 3 rd ed.<br />
Vol. 2 New York, Raven, 1994, p. 1733).<br />
Grassi<br />
Proteine<br />
strutturali<br />
PROTEINE SECRETE<br />
∼25%<br />
∼70%<br />
La maggior parte degli adulti nordamericani consuma approssimativamente<br />
60-100 g di grasso al giorno sotto forma di trigliceridi. Benché<br />
l’emulsificazione dei grassi avvenga nello stomaco, la loro digestione<br />
fine avviene nel piccolo intestino, dove i trigliceridi divengono<br />
parzialmente idrolizzati dalle lipasi pancreatiche, che separano i<br />
due acidi grassi più esposti per lasciare una singola catena di acido<br />
grasso ancora combinata al glicerolo (2-monogliceridi) 32,79 (Fig. <strong>44</strong>-<br />
9). I monogliceridi e gli acidi grassi sono poco solubili in acqua; pertanto,<br />
si combinano con i sali biliari che sono idrosolubili ad un’estremità<br />
della molecola e liposolubili all’altra. In soluzione queste sostanze<br />
si aggregano a formare micelle che sono in grado di mantenere<br />
disciolti i grassi. Una micella mista è composta da sali biliari, acidi<br />
grassi e monogliceridi e può anche includere colesterolo, vitamine<br />
liposolubili e lecitina, un fosfolipide che aumenta di molto la capacità<br />
dei sali biliari di formare micelle e di disciogliere i grassi.<br />
La micella entra nella cellula epiteliale per mezzo di un processo<br />
passivo e attraversando la cellula intestinale può rilasciare i suoi acidi<br />
grassi e i suoi componenti monogliceridi. Dopo la disgregazione<br />
della micella, i sali biliari rimangono all’interno del lume intestinale<br />
per partecipare nuovamente alla formazione di altre micelle, e gli<br />
acidi grassi e i monogliceridi rilasciati attraversano la membrana plasmatica<br />
per entrare nella cellula epiteliale. La ricostituzione dei trigliceridi<br />
avviene nella cellula per mezzo delle interazioni di enzimi<br />
intracellulari che sono associati al reticolo endoplasmatico.<br />
I trigliceridi nella cellula si combinano successivamente con il colesterolo,<br />
i fosfolipidi e le apoproteine per formare i chilomicroni, costituiti<br />
da un nucleo interno contenente trigliceridi e uno strato<br />
esterno membranoso contenente fosfolipidi e apoproteine. I chilomicroni<br />
dalle cellule epiteliali passano nei dotti chiliferi, dove, attraverso<br />
i dotti linfatici, passano nel sistema venoso. Tutti i grassi a catena<br />
lunga vengono assorbiti con questo meccanismo. I trigliceridi a<br />
catena media (da C 8 a C 10) possono essere assorbiti senza idrolisi e<br />
passare direttamente attraverso la cellula nei capillari per essere convogliati<br />
nella vena porta. La maggior parte dell’assimilazione dei chilomicroni<br />
da parte delle cellule intestinali avviene attraverso i linfatici,<br />
ma è possibile una quota di trasferimento diretto nel sistema<br />
portale, in particolare nei periodi tra un pasto e l’altro.<br />
Il digiuno assorbe la maggior parte dei grassi della dieta. Anche se<br />
gli acidi biliari non coniugati vengono assorbiti nel digiuno per diffusione<br />
passiva, gli acidi biliari coniugati che costituiscono le micelle<br />
vengono assorbiti nell’ileo con trasporto attivo e sono poi riassorbiti<br />
dall’ileo distale nel contesto del loro ricircolo enteroepatico. Gli<br />
acidi biliari passano quindi attraverso il sistema venoso portale fino<br />
al fegato per essere risecreti come bile. La riserva totale di sali biliari<br />
nell’uomo è approssimativamente di 5 g che ricircolano ogni 24 ore<br />
circa sei volte (il ricircolo enteroepatico dei sali biliari). Quasi tutti i<br />
grassi assunti con la dieta vengono assorbiti, salvo una perdita giornaliera<br />
approssimativa nelle feci di 500-600 mg, che viene rimpiazzata<br />
per mezzo della risintesi a partire dal colesterolo.<br />
?
878 ADDOME<br />
ACIDI GRASSI<br />
(FA)<br />
Sali biliari<br />
LUME<br />
α<br />
β<br />
α<br />
TRIGLICERIDI<br />
(TG)<br />
Acqua, elettroliti e vitamine<br />
Nel piccolo intestino entrano all’incirca da 8 a 10 litri di acqua al<br />
giorno, la maggior parte dei quali viene assorbita, mentre solo 500 ml<br />
o anche meno lasciano l’ileo per raggiungere il colon 32,79 (Fig. <strong>44</strong>-10).<br />
L’acqua può essere assorbita per mezzo di un semplice processo di<br />
diffusione, oppure può entrare e uscire dalla cellula seguendo un<br />
gradiente di pressione osmotica, che risulta dal trasporto attivo di<br />
sodio, glucosio o aminoacidi all’interno della cellula.<br />
Il sodio e il cloro vengono assorbiti nell’intestino tenue per trasporto<br />
attivo, per accoppiamento con soluti organici e per cotrasporto nel-<br />
Elettroliti<br />
e acqua<br />
Lipasi<br />
Colipasi<br />
Micelle<br />
Figura <strong>44</strong>-10. Assorbimento di acqua ed elettroliti nell’intestino tenue e nel colon.<br />
(Adattata da Westergaard H: Short bowel syndrome. In Feldman M, Scharschmidt<br />
BF, Sleisenger MH [eds]: Gastrointestinal and Liver Disease: Pathophysiology,<br />
Diagnosis, Management. Philadelphia, WB Saunders, 1998, p. 1549).<br />
β<br />
2-MONOGLICERIDI<br />
(MG)<br />
Digliceridi<br />
Aciltransferasi<br />
MG<br />
CELLULA INTESTINALE<br />
DG<br />
Monogliceridi<br />
Aciltransferasi<br />
FA<br />
Grassi<br />
Proteine<br />
Carboidrati<br />
Minerali: Ca, Mg, Fe<br />
B, C, Folati<br />
Vitamine < A, D, E, K<br />
Elementi rari (oligoelementi): Zn, Cu<br />
B 12<br />
Sali biliari<br />
TG<br />
+ Proteine<br />
+ Fosfolipidi<br />
+ Colesterolo<br />
CoA<br />
ATP<br />
Mg ++<br />
C 16<br />
C 10<br />
TG<br />
Chilomicron<br />
FA-CoA<br />
Acidi grassi<br />
CoA ligasi<br />
LINFA<br />
VENA<br />
PORTA<br />
Figura <strong>44</strong>-9. Schema della digestione<br />
e dell’assorbimento dei grassi.<br />
ATP, adenosin trifosfato; CoA, coenzima<br />
A; DG, digliceridi; FA, acidi<br />
grassi; MG, 2-monogliceridi; TG, trigliceridi.<br />
(Adattata da Gray GM: Mechanisms<br />
of digestion and absorption<br />
of food. In Sleisenger MH, Frodtran<br />
JS [eds]: Gastrointestinal Disease,<br />
Pathophysiology, Diagnosis, Management.<br />
Philadelphia, WB Saunders,<br />
1983, p. 845).<br />
le pompe Na + -K + .Il bicarbonato è assorbito per mezzo di uno scambio<br />
tra sodio e idrogeno cosicché uno ione bicarbonato viene rilasciato<br />
nel fluido interstiziale per ogni ione idrogeno che viene secreto. Il<br />
calcio viene assorbito, in modo particolare nell’intestino prossimale<br />
(duodeno e digiuno), con un processo di trasporto attivo; l’assorbimento<br />
sembra facilitato da un ambiente acido ed è aumentato dalla vitamina<br />
D e dall’ormone paratiroideo. Il potassio sembra essere assorbito<br />
nell’intestino per diffusione passiva. Il ferro è assorbito nel duodeno<br />
con un processo attivo sia come componente dell’eme che libero,<br />
per poi essere depositato nella cellula come ferritina o per essere<br />
trasferito nel plasma legato alla transferrina. L’assorbimento totale di<br />
ferro dipende dalle scorte dell’organismo e dall’andamento dell’eritropoiesi;<br />
ogni suo incremento aumenta l’assorbimento di ferro.<br />
Le vitamine possono essere sia liposolubili (e.g.: A, D, E e K) che<br />
idrosolubili (e.g.: acido ascorbico {vitamina C}, biotina, acido nicotinico,<br />
acido folico, riboflavina, tiamina, piridossina {vitamina<br />
B 6} e cobalamina {vitamina B 12}). Le vitamine liposolubili vengono<br />
trasportate nelle micelle miste e quindi nei chilomicroni attraverso<br />
i linfatici fino al dotto toracico e nel sistema linfatico. L’assorbimento<br />
delle vitamine idrosolubili sembra più complesso di<br />
quanto non si fosse pensato in origine. La vitamina C è assorbita<br />
con un processo di trasporto attivo che coinvolge sia un meccanismo<br />
accoppiato al sodio che un sistema di trasporto specifico. La<br />
vitamina B 6 sembra essere rapidamente assorbita nell’intestino<br />
prossimale con un semplice processo di diffusione; la tiamina è assorbita<br />
nel digiuno con un processo attivo simile al sistema di trasporto<br />
accoppiato al sodio della vitamina C. La riboflavina è assorbita<br />
nell’intestino prossimale probabilmente attraverso un sistema<br />
di trasporto attivo. L’assorbimento della vitamina B 12 avviene<br />
principalmente nell’ileo terminale. Questa vitamina è derivata<br />
dalla cobalamina, che è risparmiata nel duodeno dalle proteasi<br />
pancreatiche. La cobalamina si lega al fattore intrinseco, secreto<br />
dallo stomaco ed è così protetta dalla digestione proteolitica. Specifici<br />
recettori nell’ileo terminale assorbono il complesso cobalamina-fattore<br />
intrinseco con un trasporto attivo. Anche se la maggior<br />
parte della vitamina B 12 è assorbita per mezzo di un trasporto<br />
attivo, una piccola quantità può essere assorbita passivamente.
MOTILITÀ<br />
Il cibo viene sospinto attraverso l’intestino tenue per mezzo di una serie<br />
complessa di contrazioni muscolari 24 . La peristalsi consiste in contrazioni<br />
intestinali che si propagano in senso aborale ad una velocità<br />
di 1-2 cm al secondo. La funzione principale della peristalsi è di far<br />
progredire il chimo intestinale attraverso il tubo digerente. Le caratteristiche<br />
della motilità del piccolo intestino variano molto in funzione<br />
del digiuno o dell’assunzione di cibo. Una serie iniziale di potenziali,<br />
che si pensa originino nel duodeno, dà inizio dopo un pasto ad una<br />
serie di contrazioni che sospingono il cibo attraverso il piccolo intestino.<br />
Durante il periodo interdigestivo tra un pasto e l’altro (digiuno),<br />
l’intestino viene regolarmente attraversato da contrazioni cicliche<br />
che si muovono lungo il suo decorso in senso aborale ogni 75-90<br />
minuti. Queste contrazioni vengono attivate dai complessi mioelettrici<br />
migranti che sono sotto il controllo sia nervoso che umorale. Le<br />
innervazioni estrinseche che raggiungono il piccolo intestino sono sia<br />
vagali che simpatiche. Le fibre vagali hanno due effetti funzionalmente<br />
diversi: uno colinergico ed eccitatorio, l’altro peptidergico e<br />
probabilmente inibitorio. L’attività simpatica inibisce la funzione motoria,<br />
mentre l’attività parasimpatica la stimola. Anche se è noto che<br />
gli ormoni intestinali hanno un effetto sulla motilità, l’unico peptide<br />
di cui si è chiaramente dimostrata la funzione a tale riguardo è la motilina,<br />
che potrebbe regolare i complessi mioelettrici migranti.<br />
FUNZIONE ENDOCRINA<br />
Ormoni gastrointestinali<br />
Gli ormoni gastrointestinali sono distribuiti lungo l’intera lunghezza<br />
del piccolo intestino con caratteristiche diverse a seconda dei vari<br />
segmenti. Infatti, l’intestino tenue è il più grande organo endocrino<br />
dell’organismo 132, 134 .Anche se spesso sono classificati come ormoni,<br />
questi agenti non sempre agiscono in un modo realmente endocrino<br />
(i.e., rilascio nel torrente sanguigno con un effetto svolto a distanza)<br />
(Fig. <strong>44</strong>-11). A volte, questi peptidi vengono rilasciati e agiscono localmente<br />
in modo paracrino o autocrino. Inoltre, questi peptidi possono<br />
agire come neurotrasmettitori (e.g. peptide intestinale vasoattivo).<br />
Gli ormoni gastrointestinali svolgono un ruolo importante<br />
nella secrezione pancreatico-biliare e intestinale e nella motilità.<br />
Inoltre, alcuni ormoni gastrointestinali esercitano un effetto trofico<br />
sulla mucosa intestinale sia normale che neoplastica e sul pancreas.<br />
La localizzazione, gli stimoli principali per il rilascio, le azioni principali<br />
e gli usi terapeutici o diagnostici dei più importanti ormoni<br />
gastrointestinali sono riassunti nella Tabella <strong>44</strong>-1.<br />
Gastrina<br />
La gastrina viene prodotta nelle cellule G localizzate principalmente<br />
nell’antro gastrico e in parte sparse nel duodeno. Gli stimoli per<br />
1. ENDOCRINA<br />
Cellula<br />
bersaglio<br />
INTESTINO TENUE 879<br />
la secrezione della gastrina sono costituiti dalla presenza di proteine<br />
o aminoacidi nel lume gastrico, dalla distensione antrale, dalla<br />
stimolazione vagale e dal peptide per il rilascio della gastrina; mentre<br />
hanno effetto inibitorio sulla secrezione il pH inferiore a 3, la<br />
somatostatina e alcune prostaglandine. La funzione principale della<br />
gastrina è di stimolare la secrezione acida dello stomaco. Inoltre,<br />
la gastrina ha un effetto trofico sulla mucosa gastrica e su alcuni tumori<br />
positivi per i recettori della gastrina.<br />
Secretina<br />
La scoperta della secretina da parte di Bayliss e Starling nel 1902 aprì<br />
il campo dell’endocrinologia. La secretina è un peptide costituito da<br />
27 aminoacidi presente in cellule specializzate della mucosa duodenale<br />
(cellule S), che viene rilasciato in caso di acidificazione o per<br />
contatto con la bile e forse coi grassi. Il ruolo principale della secretina<br />
è di stimolare il rilascio di acqua e bicarbonati da parte delle cellule<br />
duttali pancreatiche. Questa azione favorisce l’ingresso degli enzimi<br />
pancreatici e garantisce un pH favorevole per la digestione dei<br />
grassi. Inoltre, la secretina agisce stimolando il flusso biliare e inibendo<br />
il rilascio di gastrina, la secrezione gastrica acida e la motilità<br />
intestinale. Paradossalmente la secretina è stata usata come strumento<br />
diagnostico per determinare la presenza di un gastrinoma, per la<br />
sua peculiare capacità di far secernere gastrina a questi tumori.<br />
Colecistochinina<br />
La colecistochinina (CCK) venne per la prima volta purificata come<br />
un peptide residuale di 33 aminoacidi, tuttavia ne sono state descritte<br />
e caratterizzate anche forme più grandi e più piccole. La CCK viene<br />
rilasciata dalla mucosa intestinale quando questa è a contatto con<br />
alcuni aminoacidi (in particolare: triptofano e fenilalanina) e con acidi<br />
grassi a catene medie o lunghe. La concentrazione di tripsina intraluminale<br />
e di acidi biliari regola in senso negativo il rilascio della<br />
CCK. La CCK e la gastrina condividono lo stesso tetrapeptide carbossil-terminale,<br />
il che spiega molte delle analogie nelle loro azioni. I<br />
principali effetti della CCK sono: la stimolazione dello svuotamento<br />
della colecisti, il rilasciamento dello sfintere di Oddi e la stimolazione<br />
della secrezione degli enzimi da parte delle cellule acinari pancreatiche.<br />
Inoltre, la CCK stimola la crescita della mucosa intestinale e del<br />
pancreas, la motilità del piccolo intestino ed il rilascio di insulina.<br />
Motilina<br />
La motilina è un peptide di 22 aminoacidi che si trova principalmente<br />
nel digiuno. Esso inibisce lo svuotamento gastrico, altera i<br />
complessi mioelettrici interdigestivi e provoca modificazioni dello<br />
sfintere esofageo inferiore. Questo ormone serve probabilmente per<br />
coordinare durante il digiuno l’attività motoria dello sfintere esofageo<br />
inferiore e dello stomaco con quella del piccolo intestino.<br />
2. AUTOCRINA 3. NEUROCRINA 4. PARACRINA<br />
Figura <strong>44</strong>-11. L’azione degli ormoni intestinali può avvenire per via endocrina, autocrina, neurocrina o paracrina. (Adattata da Miller LJ: Gastrointestinal hormones<br />
and receptors. In Yamada T. Alpers DH, Laine L. et al. [eds]: Textbook of Gastroenterology, 3 rd ed. Vol 1 Philadelphia. Lippincott Williams&Wilkins, 1999, p. 37).
TABELLA <strong>44</strong>-1. Ormoni gastrointestinali<br />
880<br />
Usi diagnostici/terapeutici<br />
Effetti primari<br />
Principali stimolatori<br />
della secrezione peptidica<br />
Localizzazione<br />
Ormoni<br />
Analogo della gastrina (pentagastrina) utilizzato<br />
per misurare la secrezione acida gastrica<br />
massimale.<br />
Stimola la secrezione acida gastrica e il pepsinogeno.<br />
Stimola la crescita della mucosa gastrica.<br />
Peptidi, aminoacidi, distensione antrale,<br />
stimolazione vagale e adrenergica,<br />
peptide di rilascio della gastrina<br />
(bombesina)<br />
Grassi, peptidi, aminoacidi<br />
Antro, duodeno (cellule G)<br />
Gastrina<br />
Studio per immagini della contrazione<br />
della colecisti.<br />
Duodeno, digiuno (cellule I)<br />
CCK (colecistochinina)<br />
Test di provocazione per il gastrinoma.<br />
Misurazione della secrezione pancreatica<br />
massimale.<br />
Acidi grassi, acidità luminale, sali biliari<br />
Duodeno, digiuno (cellule S)<br />
Secretina<br />
Trattamento della diarrea e delle eruzioni cutanee<br />
da carcinoide.<br />
Riduce la secrezione delle fistole intestinali (in<br />
particolare fistole pancreatiche).<br />
Migliora i sintomi associati ai tumori endocrini con<br />
sovrapproduzione ormonale.<br />
Trattamento dei sanguinamenti da varici esofagee.<br />
Stimola la secrezione degli enzimi pancreatici.<br />
Stimola la contrazione della colecisti.<br />
Rilasciamento dello sfintere di Oddi.<br />
Inibisce lo svuotamento gastrico.<br />
Stimola il rilascio di acqua e bicarbonati da parte delle<br />
cellule duttali pancreatiche.<br />
Stimola il flusso e l’alcalinità della bile.<br />
Inibisce la motilità e la secrezione acida gastrica.<br />
Inibisce il rilascio della gastrina.<br />
“Interruttore di spegnimento” universale.<br />
Inibisce il rilascio degli ormoni gastrointestinali.<br />
Inibisce la secrezione acida gastrica.<br />
Inibisce la secrezione di acqua e elettroliti<br />
nell’intestino tenue.<br />
Inibisce la secrezione degli ormoni pancreatici.<br />
Intestino: grassi, proteine, acidi, altri<br />
ormoni (e.g.: gastrina, CCK)<br />
Pancreas: glucosio, aminoacidi, CCK<br />
Isole pancreatiche (cellule D),<br />
antro, duodeno<br />
Somatostatina<br />
“Interruttore di accensione” universale.<br />
Stimola il rilascio di tutti gli ormoni gastrointestinali<br />
(tranne la secretina).<br />
Stimola la secrezione e la motilità gastrointestinale.<br />
Stimola la secrezione acida gastrica e il rilascio<br />
antrale di gastrina.<br />
Stimola la crescita della mucosa intestinale e del<br />
pancreas.<br />
Inibisce la secrezione acida gastrica e della pepsina.<br />
Stimola il rilascio dell’insulina pancreatica in risposta<br />
ad una iperglicemia.<br />
Stimola la motilità del tratto gastrointestinale superiore.<br />
Può stimolare i complessi mioelettrici migranti<br />
Funziona principalmente come un neuropeptide.<br />
Potente vasodilatatore.<br />
Stimola la secrezione pancreatica ed intestinale.<br />
Inibisce la secrezione acida gastrica.<br />
Stimola la secrezione di acqua e bicarbonati da parte<br />
del pancreas.<br />
Inibisce la secrezione gastrica.<br />
Stimola la crescita della mucosa del piccolo e<br />
grande intestino.<br />
Peptide 1 glucagone-simile<br />
Stimola il rilascio di insulina.<br />
Inibisce il rilascio pancreatico di glucagone.<br />
Peptide 2 glucagone-simile<br />
Potente fattore enterotrofico.<br />
Inibisce la secrezione gastrica e pancreatica.<br />
Inibisce la contrazione della colecisti.<br />
Stimolazione vagale<br />
Intestino tenue<br />
Peptide di rilascio della<br />
gastrina (l’equivalente<br />
nei mammiferi della<br />
bombesina)<br />
Glucosio, grasso, proteine,<br />
stimolazione adrenergica<br />
Duodeno, digiuno (cellule K)<br />
Polipeptide inibitorio<br />
gastrico<br />
Distensione gastrica, grassi<br />
Duodeno, digiuno<br />
Motilina<br />
Stimolazione vagale<br />
Neuroni lungo tutto il tratto<br />
gastrointestinale<br />
Peptide intestinale<br />
vasoattivo<br />
Grassi<br />
Intestino tenue (cellule N)<br />
Neurotensina<br />
Glucosio, grassi<br />
Intestino tenue (cellule L)<br />
Enteroglucagone<br />
Acidi grassi, CCK<br />
Intestino tenue distale, colon<br />
Peptide YY<br />
Abbreviazione: CCK, colecistochinina.
Polipeptide inibitorio gastrico<br />
Il polipeptide inibitorio gastrico (GIP) è un peptide di 43 aminoacidi<br />
appartenente alla famiglia della secretina-glucagone, il cui rilascio<br />
viene stimolato dai grassi. Il GIP inibisce la secrezione gastrica ed è il<br />
principale candidato nella funzione di incretina, poiché stimola la<br />
secrezione di insulina quando i livelli di glucosio sono elevati. Il GIP<br />
è rilasciato dalle cellule K, prevalentemente nel digiuno, su stimolazione<br />
di carboidrati o lipidi. Quindi, il suo ruolo fisiologico più significativo<br />
è l’azione insulinotropica.<br />
Peptide intestinale vasoattivo<br />
Il peptide intestinale vasoattivo (VIP) è un peptide basico di 28 aminoacidi<br />
appartenente alla famiglia della secretina-glucagone, che<br />
funziona principalmente come un neuropeptide. Il VIP è un potente<br />
vasodilatatore che stimola le secrezioni pancreatiche ed intestinali<br />
ed inibisce la secrezione acida gastrica. Esso è l’agente principale della<br />
sindrome diarroica acquosa provocata dai tumori endocrini pancreatici<br />
(VIPomi).<br />
Neurotensina<br />
La neurotensina (NT) è un tridecapeptide distribuito in tutta la mucosa<br />
intestinale, ma la concentrazione maggiore di cellule produttrici di<br />
NT (cellule N) è situata nell’ileo distale. Il principale fattore di stimolo<br />
del rilascio di NT è la presenza intraluminale dei grassi. La NT è un importante<br />
ormone intestinale che stimola la secrezione da parte del pancreas<br />
di acqua e bicarbonato, inibisce la secrezione gastrica e esercita un<br />
effetto trofico sulla mucosa del piccolo e grande intestino, così come su<br />
alcuni tumori positivi per i recettori della NT. Inoltre, la NT facilita l’assorbimento<br />
dei grassi da parte dell’intestino tenue prossimale.<br />
Peptide di rilascio della gastrina<br />
Il peptide di rilascio della gastrina, l’equivalente nei mammiferi della<br />
bombesina, si trova nella mucosa dell’intestino tenue dove svolge<br />
la funzione di “interruttore di accensione” universale, stimolando il<br />
rilascio di tutti gli ormoni gastrointestinali (eccetto la secretina) e<br />
stimolando la secrezione e la motilità intestinale. Le funzioni principali<br />
del peptide di rilascio della gastrina sono: la stimolazione della<br />
secrezione acida gastrica ed il rilascio della gastrina antrale. Questo<br />
peptide stimola altresì la crescita della mucosa del piccolo e grande<br />
intestino e del pancreas.<br />
Somatostatina<br />
La somatostatina è un tetradecapeptide che venne identificato per la<br />
sua capacità di inibire il rilascio dell’ormone della crescita. Mentre la<br />
bombesina può essere considerata come un “interruttore di accensione”<br />
universale, la somatostatina è un “interruttore di spegnimento”<br />
universale, che inibisce il rilascio di molti ormoni, nonché delle<br />
secrezioni gastriche e pancreatiche e della motilità intestinale. La somatostatina<br />
si trova nel cervello, nello stomaco, nell’intestino e nel<br />
pancreas, dove probabilmente funziona con modalità paracrina. Tra<br />
gli utilizzi clinici più importanti della somatostatina vi sono l’uso come<br />
agente inibitore per ridurre la secrezione da vari tipi di fistole intestinali,<br />
principalmente le fistole pancreatiche, e il trattamento delle<br />
varici esofagee sanguinanti. Inoltre, la somatostatina migliora<br />
molti dei sintomi associati ai tumori endocrini con elevata produzione<br />
ormonale. Un certo ruolo della somatostatina nella inibizione<br />
della crescita tumorale è stata dimostrata in vitro e in esperimenti su<br />
animali; tuttavia, i risultati di studi clinici sono stati insoddisfacenti.<br />
Enteroglucagone<br />
Enteroglucagone era un termine utilizzato per identificare una famiglia<br />
di peptidi che reagiva con anticorpi per il glucagone, che si credeva avesse<br />
degli effetti trofici sulla mucosa dell’intestino tenue. Questa convinzione<br />
era basata sull’osservazione di un caso di un tumore enteroglucagone-secernente<br />
del rene associato ad iperplasia della mucosa dell’inte-<br />
INTESTINO TENUE 881<br />
stino tenue. È stato poi dimostrato che il peptide 2 glucagone-simile<br />
(GLP-2), un peptide di 33 aminoacidi, è un potente fattore enterotrofico,nonché<br />
membro della famiglia di peptidi dell’enteroglucagone.<br />
Peptide YY<br />
Il peptide YY (PYY) è un peptide di 36 aminoacidi, localizzato<br />
principalmente nell’intestino tenue distale e nel colon prossimale.<br />
Il PYY inibisce la secrezione gastrica e pancreatica e svolge effetti<br />
trofici sulla mucosa intestinale. Il PYY è rilasciato con il transito di<br />
grassi nel colon e può essere coinvolto nell’inibizione fisiologica<br />
della secrezione pancreatica.<br />
Recettori<br />
Gli ormoni gastrointestinali interagiscono con i propri recettori cellulari<br />
di superficie per dare inizio ad una cascata di eventi per la trasmissione<br />
del segnale che alla fine danno luogo ai loro effetti fisiologici.<br />
Gli ormoni gastrointestinali trasmettono il segnale principalmente<br />
attraverso recettori associati a proteina G che attraversano la<br />
membrana plasmatica sette volte e che rappresentano il più ampio<br />
gruppo di recettori riscontrati nell’organismo 132 .Le proteine G eterodimeriche,<br />
composte da sub-unità α, β e γ, sono gli interruttori<br />
molecolari per la trasduzione del segnale. Si ritiene che un agonista<br />
legandosi al dominio transmembrana del recettore dia luogo ad una<br />
trasformazione conformazionale del recettore che gli consenta di interagire<br />
con la proteina G. I secondi messaggeri intracellulari che<br />
possono essere attivati sono l’adenosina monofosfato ciclico, il Ca 2+ ,<br />
la guanosina monofosfato ciclico e l’inositolo fosfato.<br />
Sulla mucosa, oltre agli ormoni gastrointestinali, si trovano molti altri<br />
peptidi e fattori della crescita, tra cui il fattore di crescita dell’epidermide,<br />
i fattori di trasformazione α e β, il fattore della crescita insulinosimile,<br />
il fattore della crescita dei fibroblasti e il fattore della crescita derivato<br />
dalle piastrine 59 .Questi peptidi svolgono un ruolo nella crescita<br />
e nella differenziazione cellulare e agiscono attraverso i recettori della tirosina<br />
chinasi, che possiedono un singolo dominio transmembrana.<br />
FUNZIONE IMMUNITARIA<br />
Nel corso di una normale giornata ingeriamo numerosi batteri, parassiti<br />
e virus. L’ampia superficie della mucosa del piccolo intestino<br />
rappresenta potenzialmente la più grande porta di ingresso per questi<br />
patogeni, ma in realtà l’intestino tenue, oltre alle sue importanti<br />
funzioni di digestione e secrezione endocrina, svolge un rilevante<br />
ruolo di barriera immunologica. In conseguenza di una costante<br />
esposizione antigenica, l’intestino possiede abbondanti cellule linfatiche<br />
(i.e., linfociti B e T) e mieloidi (macrofagi, neutrofili, eosinofili<br />
e mast cellule) 61 .Dovendo garantire un continuo sbarramento a<br />
potenziali tossine e antigeni, l’intestino si è evoluto dando luogo a<br />
meccanismi altamente strutturati ed efficienti di elaborazione degli<br />
antigeni, di immunità umorale e di immunità cellulare. Il tessuto linfatico<br />
dell’intestino è localizzato in tre zone: le placche di Peyer, le<br />
cellule linfatiche della lamina propria e i linfociti intraepiteliali.<br />
Le placche di Peyer sono noduli linfatici privi di capsula che costituiscono<br />
una propaggine afferente del tessuto linfatico intestinale, con<br />
il compito di riconoscere gli antigeni per mezzo di un meccanismo<br />
specializzato di campionamento basato su cellule con microrecessi<br />
(cellule M), contenute nell’epitelio follicolare (Fig. <strong>44</strong>-12). Gli antigeni<br />
che raggiungono le placche di Peyer attivano e innescano le cellule<br />
B e T che si trovano in tale sede. Le cellule M ricoprono i follicoli linfatici<br />
del tubo digerente fornendo un luogo per il campionamento selettivo<br />
di antigeni intraluminali. I linfociti attivati dai follicoli linfatici<br />
intestinali lasciano poi il tubo digerente per migrare nei dotti linfatici<br />
afferenti che drenano nei linfonodi mesenterici. Inoltre, queste cellule<br />
migrano anche nella lamina propria. I linfociti B divengono linfoblasti<br />
la cui superficie è ricoperta da immunoglobuline (Ig)A, che svolgono<br />
un ruolo fondamentale nell’immunità della mucosa.<br />
I linfociti B e le plasmacellule, i linfociti T, i macrofagi, le cellule<br />
dendritiche, gli eosinofili e le mast cellule sono sparsi lungo tutto il<br />
tessuto connettivo della lamina propria. Circa il 60% delle cellule linfatiche<br />
sono cellule T, un gruppo eterogeneo di cellule che possono
882 ADDOME<br />
BARRIERA IMMUNITARIA<br />
IgA e IgM secretorie<br />
linfociti<br />
Immunoglobuline<br />
secrete nella bile<br />
Fegato<br />
Vena<br />
porta<br />
Vena<br />
epatica<br />
Antigeni<br />
della dieta<br />
Cellule B Cellule T<br />
Linfociti della<br />
lamina propria<br />
Cellule<br />
denditriche<br />
Rete linfocitaria<br />
Cellule M<br />
che ricoprono<br />
le placche<br />
di Peyer<br />
differenziarsi in diversi tipi di cellule T effettrici. Le cellule T effettrici<br />
con funzione citotossica danneggiano direttamente le cellule bersaglio,<br />
mentre le T-helper contribuiscono all’induzione di altre cellule<br />
T o alla produzione di anticorpi umorali da parte delle cellule B.<br />
Le cellule T-suppressor svolgono esattamente la funzione opposta.<br />
Circa il 40% delle cellule linfatiche della lamina propria sono cellule<br />
B, direttamente derivate da precursori nelle placche di Peyer. Queste<br />
cellule B e la loro progenie, le plasmacellule, sono focalizzate principalmente<br />
nella sintesi di IgA e, in quantità minore, di IgM, IgG e IgE.<br />
I linfociti intraepiteliali sono localizzati negli spazi tra le cellule<br />
epiteliali che delimitano la superficie della mucosa e sono a ridosso<br />
della membrana basale. Si pensa che la maggior parte dei linfociti intraepiteliali<br />
siano cellule T. Una volta attivati, i linfociti intraepiteliali<br />
possono acquisire funzioni citotossiche che contribuirebbero alla<br />
morte delle cellule epiteliali per mezzo dell’apoptosi. Queste cellule<br />
potrebbero essere importanti nella immunosorveglianza contro cellule<br />
epiteliali anormali.<br />
Come già accennato, la sintesi e la secrezione di IgA è uno dei principali<br />
meccanismi di protezione immunitaria del tratto intestinale. Nell’intestino<br />
sono contenute oltre il 70% delle cellule produttrici di IgA<br />
dell’organismo. Le IgA vengono prodotte dalle plasmacellule nella lamina<br />
propria e poi secrete nell’intestino dove possono legare antigeni<br />
sulla superficie della mucosa. Gli anticorpi IgA attraversano la cellula<br />
epiteliale fino al lume per mezzo di una proteina di trasporto (il componente<br />
di secrezione), che non solo trasporta le IgA, ma le protegge<br />
dai lisosomi intracellulari. Le IgA non attivano il complemento e non<br />
favoriscono l’opsonizzazione cellulo-mediata o la distruzione di organismi<br />
infettivi o di antigeni, in netto contrasto con il ruolo svolto da altre<br />
immunoglobuline. Le IgA secrete inibiscono l’adesione dei batteri<br />
alle cellule epiteliali e prevengono la loro colonizzazione e moltiplicazione.<br />
Inoltre, le IgA neutralizzano le tossine batteriche e l’attività virale<br />
e bloccano l’assorbimento di antigeni da parte dell’intestino.<br />
BARRIERA NON-IMMUNITARIA<br />
enzimi digestivi, muco<br />
peristalsi, flora intestinale<br />
Macrofagi<br />
Linfociti delle<br />
placche di Peyer<br />
Linfonodi<br />
mesenterici<br />
Immunoglobuline<br />
di secrezione<br />
trasportate attraverso<br />
le cellule epiteliali<br />
Plasma cellule<br />
secernenti<br />
immunoglobuline<br />
Circolazione<br />
sistemica<br />
Milza<br />
Linfonodi<br />
periferici<br />
Figura <strong>44</strong>-12. La barriera mucosa dell’intestino.<br />
Gli antigeni entrano in contatto con le<br />
cellule microfold (M) che ricoprono le placche<br />
di Peyer, che successivamente elaborano<br />
e presentano l’antigene al sistema immunitario.<br />
Quando i linfociti B vengono stimolati<br />
da materiale antigenico si trasformano<br />
in cellule che producono anticorpi e che<br />
secernono vari tipi di immunoglobuline (Igs),<br />
le più importanti delle quali sono le IgA.<br />
(Adattata da Duerr RH, Shanahan F: Food<br />
allergy. In Targan SR, Shanahan F. [eds]:<br />
Immunology and Immunopathology of the<br />
Liver abd Gastrointestinal Tract, New York.<br />
Igaku-Shoin, 1990, p. 510).<br />
OCCLUSIONE INTESTINALE<br />
La descrizione di pazienti affetti da ostruzione dell’intestino tenue risale<br />
al III-IV secolo, quando Prassagora creò per la prima volta una<br />
fistola enterocutanea per risolvere una ostruzione. Nonostante questo<br />
successo con una terapia chirurgica, il trattamento non operativo<br />
di questi pazienti con tentativi di riduzione delle ernie, lassativi, ingestione<br />
di metalli pesanti (e.g. piombo o mercurio) e salassi per rimuovere<br />
agenti tossici dal sangue era la prassi fino al tardo ’800,<br />
quando l’antisepsi e le tecniche chirurgiche asettiche fecero della chirurgia<br />
una pratica più sicura ed accettabile. Una migliore comprensione<br />
della fisiopatologia delle ostruzioni intestinali e l’uso di soluzioni<br />
isotoniche per la reidratazione, di sondini per la decompressione<br />
intestinale e di antibiotici, ha grandemente ridotto il tasso di mortalità<br />
dei pazienti con ostruzione intestinale meccanica 51, 1<strong>44</strong> .Tuttavia,<br />
ancora oggi, i pazienti con ostruzione intestinale rappresentano uno<br />
dei problemi più complessi e difficili che i chirurghi devono affrontare<br />
con riguardo alla correttezza della diagnosi, e alla migliore tempistica<br />
e all’adeguatezza della terapia. La decisione clinica definitiva<br />
sul trattamento di questi pazienti richiede una raccolta anamnestica<br />
ed uno studio del paziente approfonditi e la consapevolezza delle<br />
possibili complicanze.<br />
Eziologia<br />
Le cause dell’ostruzione intestinale possono essere divise in tre categorie:<br />
(1) ostruzione che ha origine da cause extraluminali, quali<br />
aderenze, ernie, carcinomi e ascessi; (2) ostruzione intrinseca della<br />
parete intestinale (e.g. tumori primitivi); e (3) ostruzione da cause<br />
intraluminali (e.g. calcoli biliari, enteroliti, corpi estranei e bezoar)<br />
(Tab. <strong>44</strong>-2). Le cause di ostruzione dell’intestino tenue sono radicalmente<br />
cambiate nel corso del ’900 10 .All’inizio del ventesimo secolo,
TABELLA <strong>44</strong>-2. Cause dell’ostruzione meccanica del piccolo<br />
intestino negli adulti<br />
Lesioni estrinseche alla parete intestinale<br />
Aderenze (in genere postoperatorie)<br />
Ernie<br />
Esterne: (e.g.: inguinale, femorale, ombelicale o ventrale)<br />
Interne: (e.g.: da difetti congeniti come la paraduodenale<br />
attraverso il forame di Winslow e ernie diaframmatiche<br />
o postoperatorie in seguito a difetti mesenterici)<br />
Neoplastiche<br />
Carcinomatosi<br />
Neoplasie extraintestinali<br />
Ascessi intra-addominali<br />
Lesioni intrinseche alla parete intestinale<br />
Congenite<br />
Malrotazioni<br />
Duplicazioni/cisti<br />
Infiammatorie<br />
Malattia di Crohn<br />
Infettive<br />
Tubercolosi<br />
Actinomicosi<br />
Diverticolite<br />
Neoplastiche<br />
Neoplasie primitive<br />
Neoplasie metastatiche<br />
Traumatiche<br />
Ematomi<br />
Stenosi ischemica<br />
Varie<br />
Intussuscezione<br />
Endometriosi<br />
Enteropatia /stenosi da radiazioni<br />
Intraluminale<br />
Calcolo biliare<br />
Enteroliti<br />
Bezoar<br />
Corpi estranei<br />
Adattata da Tito WA, Sarr MG, Intestinal Obstruction. In Zuidema GD (ed)<br />
Surgery of the Alimentary Tract, Philadelphia, WB Saunders, 1996, pp. 375-416.<br />
le ernie costituivano più della metà delle ostruzioni intestinali meccaniche,<br />
ma in seguito alla riparazione routinaria delle ernie in elezione,<br />
questa causa di ostruzione è scivolata al terzo posto nei Paesi<br />
industrializzati. Le aderenze in seguito ad un precedente intervento<br />
chirurgico sono di gran lunga le cause più comuni di ostruzione del<br />
piccolo intestino (Fig. <strong>44</strong>-13).<br />
Le aderenze, in particolare dopo interventi pelvici (e.g. procedure<br />
ginecologiche, appendicectomia e resezioni colorettali), sono responsabili<br />
di oltre il 60% di tutte le cause di ostruzione negli Stati<br />
Uniti. Si ritiene che gli interventi addominali bassi abbiano un ruolo<br />
predominante nella formazione di aderenze che causano ostruzione,<br />
Aderenze<br />
(~60%)<br />
Varie (
884 ADDOME<br />
A B<br />
Figura <strong>44</strong>-14. Lastra diretta dell’addome di paziente con ostruzione completa dell’intestino tenue. A, La lastra con il paziente in posizione supina mostra le anse del<br />
piccolo intestino distese con sistemazione ordinata, senza evidenza di distensione colica. B, La lastra con il paziente in posizione eretta mostra multipli, piccoli livelli<br />
idroaerei disposti come a formare una scalinata. (A e B, per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch).<br />
ticolare nei pazienti con ostruzione da ansa chiusa, in cui si possono<br />
raggiungere elevate pressioni intraluminali. Un’ostruzione da ansa<br />
chiusa, normalmente causata da una torsione intestinale, se non trattata<br />
può arrivare fino all’occlusione arteriosa con ischemia e può potenzialmente<br />
causare una perforazione intestinale e una peritonite.<br />
In assenza di ostruzione intestinale, il digiuno e l’ileo prossimale<br />
nell’uomo sono virtualmente sterili. Con l’ostruzione, tuttavia, la<br />
flora del piccolo intestino cambia drasticamente sia nel genere di organismi<br />
(più comunemente Escherichia coli, Streptococcus faecalis e<br />
Klebsiella) che nella quantità, con concentrazioni che arrivano a 10 9 -<br />
10 10 per ml. Alcuni studi hanno dimostrato un aumento nel numero<br />
di batteri indigeni localizzati a livello dei linfonodi mesenterici e anche<br />
degli organi sistemici 112 .Tuttavia, l’importanza globale di questa<br />
traslocazione batterica sull’andamento clinico non è ancora stata interamente<br />
definita.<br />
Manifestazioni cliniche e diagnosi<br />
Un’anamnesi ed un esame obiettivo accurati sono essenziali per stabilire<br />
la diagnosi ed il trattamento dei pazienti con ostruzione intestinale.<br />
Nella maggior parte dei pazienti un’anamnesi meticolosa e<br />
un esame obiettivo, completato con un Rx diretto dell’addome, sono<br />
necessari per effettuare la diagnosi e per decidere la strategia di trattamento.<br />
Studi radiografici più sofisticati possono rendersi necessari<br />
in alcuni pazienti nei quali la diagnosi e le cause siano incerte. Tuttavia,<br />
una tomografia assiale computerizzata (TAC) dell’addome non<br />
dovrebbe essere considerata l’esame di partenza nello studio di un<br />
paziente con ostruzione intestinale.<br />
Anamnesi<br />
I sintomi principali dell’ostruzione intestinale, che possono variare a<br />
seconda della sua localizzazione e durata, sono: il dolore addominale<br />
di tipo colico, la nausea, il vomito, la distensione addominale e l’alvo<br />
chiuso ai gas e alle feci (i.e.: costipazione). Il tipico dolore addominale<br />
crampiforme associato all’ostruzione si presenta con parossismi ad<br />
intervalli di 4-5 minuti ed è meno frequente nelle ostruzioni distali.<br />
La nausea ed il vomito sono più comuni nelle ostruzioni prossimali e<br />
possono essere l’unico sintomo in pazienti con ostruzione gastrica e<br />
con ostruzioni intestinali alte. Un’ostruzione localizzata distalmente è<br />
meno associata al vomito, e il sintomo iniziale e preponderante è il<br />
dolore addominale crampiforme. La distensione addominale si instaura<br />
con il progredire dell’ostruzione ed è dovuta all’aumentare della<br />
dilatazione dell’intestino prossimale. La costipazione si instaura<br />
successivamente e va sottolineato che i pazienti, particolarmente nelle<br />
fasi precoci dell’ostruzione, possono riferire episodi diarroici dovuti<br />
ad un incremento della peristalsi, quindi, è importante ricordare<br />
che una diagnosi di ostruzione intestinale completa non può essere<br />
esclusa in presenza di tali episodi. Un altro elemento importante da<br />
considerare nell’anamnesi sono le caratteristiche del vomito, il quale,<br />
mano a mano che si instaura l’ostruzione e aumenta la componente<br />
batterica, diviene caratteristicamente fecaloide, indicando un’ostruzione<br />
intestinale consolidata da lungo tempo.<br />
Esame obiettivo<br />
Il paziente con ostruzione intestinale può presentarsi con tachicardia<br />
ed ipotensione a causa del severo stato di disidratazione, mentre la<br />
presenza della febbre può suggerire la possibilità di uno strangolamento.<br />
All’ispezione l’addome si presenta disteso, in misura maggiore<br />
o minore a seconda del livello di ostruzione, e va notata la presenza<br />
di eventuali pregresse cicatrici chirurgiche. Nelle fasi precoci dell’ostruzione<br />
intestinale si possono osservare le onde peristaltiche, particolarmente<br />
nei pazienti magri, e l’auscultazione dell’addome può<br />
evidenziare una iperattività dei rumori intestinali con tipici rumori<br />
associati ad una peristalsi vigorosa (i.e.: i borborigmi). Nelle fasi tardive<br />
dell’ostruzione, invece, i rumori intestinali sono minimi o assenti.<br />
Una modesta dolorabilità addominale può essere presente con o<br />
senza una massa palpabile; tuttavia, una dolorabilità localizzata, una<br />
manovra di Blumberg positiva ed una reazione di difesa suggeriscono<br />
la presenza di una peritonite e verosimilmente di uno strangolamento.<br />
Si deve eseguire un attento esame per escludere la presenza di er-
nie incarcerate a livello inguinale, del triangolo femorale e del forame<br />
otturatorio. Dovrebbe essere eseguita un’esplorazione rettale per accertare<br />
la presenza di masse intraluminali e per esaminare le feci alla<br />
ricerca di sangue occulto, che può essere indicativo di una neoplasia,<br />
di un’intussuscezione o di un infarto intestinale.<br />
Esami radiologici e di laboratorio<br />
Spesso la diagnosi di ostruzione intestinale appare immediatamente<br />
evidente dopo un’anamnesi ed un esame obiettivo accurati. Quindi,<br />
una lastra senza mezzo di contrasto normalmente conferma il sospetto<br />
clinico e definisce con maggiore precisione il sito dell’ostruzione.<br />
L’accuratezza nella diagnosi di ostruzione dell’intestino tenue<br />
con un Rx diretto dell’addome viene valutata del 60% circa, con una<br />
diagnosi equivoca o non specifica nei restanti casi. Le anse distese del<br />
piccolo intestino senza evidenza di distensione colica sono i reperti<br />
caratteristici di una lastra con paziente in posizione supina, mentre<br />
in posizione eretta si evidenziano multipli livelli idroaerei, che spesso<br />
si dispongono come a formare una scala (Fig. <strong>44</strong>-14). La lastra diretta<br />
dell’addome può anche evidenziare la causa dell’ostruzione<br />
(e.g.: corpi estranei o calcoli biliari) (Fig. <strong>44</strong>-15). Nei casi dubbi o<br />
quando non si è in grado di differenziare un’ostruzione parziale da<br />
una completa si rendono necessarie altre procedure diagnostiche.<br />
In pazienti più complessi nei quali la diagnosi resta dubbia, si è dimostrata<br />
utile la TAC 78 , uno strumento particolarmente sensibile per<br />
la diagnosi di ostruzioni complete o di grado elevato del piccolo intestino<br />
e per la determinazione della localizzazione e della causa di<br />
ostruzione. La TAC, tuttavia, è meno sensibile in pazienti con ostruzione<br />
parziale del tenue. Inoltre, la TAC è utile nel caso in cui si sospetti<br />
una causa estrinseca di ostruzione intestinale (e.g.: tumori addominali,<br />
malattie infiammatorie o ascessi) (Fig. <strong>44</strong>-16), oppure nel<br />
determinare gli strangolamenti, anche se, sfortunatamente, i reperti<br />
TAC associati allo strangolamento sono quelli di un’ischemia irreversibile<br />
e di una necrosi.<br />
Gli studi con il bario forniscono un utile apporto in pazienti con<br />
sospetta ostruzione, in particolare il clisma del tenue, che comporta<br />
Figura <strong>44</strong>-15. Lastra diretta dell’addome mostra un’ostruzione completa dell’intestino<br />
causata da un grosso calcolo biliare radiopaco (v. freccia) che ostruisce<br />
l’ileo distale.<br />
INTESTINO TENUE 885<br />
Figura <strong>44</strong>-16. TAC dell’addome di un paziente con ostruzione meccanica dell’intestino<br />
secondaria ad un ascesso nel quadrante inferiore destro (v. freccia). Si<br />
notano anse dell’intestino tenue dilatate e ripiene di liquido. (Per gentile concessione<br />
di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch).<br />
l’inserimento di un sondino nel duodeno per instillare aria e bario<br />
direttamente nel piccolo intestino e di seguirne i movimenti al fluoroscopio<br />
78 .Il clisma del tenue è stato proposto come esame definitivo<br />
nei pazienti in cui una diagnosi di ostruzione del tenue di basso<br />
grado e intermittente resta clinicamente dubbia. Inoltre, gli studi con<br />
il bario possono mostrare con precisione il livello dell’ostruzione e in<br />
certi casi anche la causa (Fig. <strong>44</strong>-17). I principali svantaggi del clisma<br />
del tenue sono costituiti dalla necessità di una intubazione naso-en-<br />
Figura <strong>44</strong>-17. Lo studio con il bario mostra l’intussuscezione digiunodigiunale.<br />
(Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas<br />
Medical Branch).
886 ADDOME<br />
terica, dal transito rallentato del mezzo di contrasto in pazienti con<br />
intestino tenue ripieno di liquidi ipotonici e dall’elevata esperienza<br />
richiesta al radiologo per eseguire la procedura.<br />
L’ecografia si è dimostrata utile nelle pazienti in gravidanza, per le<br />
quali è un problema l’esposizione alle radiazioni. La risonanza magnetica<br />
nucleare (RMN) è stata utilizzata in pazienti con ostruzione,<br />
senza tuttavia dare risultati diagnostici migliori rispetto alla TAC.<br />
Riassumendo, l’Rx diretto dell’addome è diagnostico di un’ostruzione<br />
intestinale in oltre il 60% dei casi, ma un ulteriore approfondimento<br />
(eventualmente con TAC o con clisma del tenue) può essere<br />
necessario nel 20-30% dei casi. Lo studio con la TAC è particolarmente<br />
utile nei pazienti con in anamnesi neoplasie addominali, nel<br />
periodo postoperatorio o in quei pazienti che pur in assenza di precedenti<br />
interventi chirurgici si presentano con una sintomatologia di<br />
ostruzione intestinale. Gli esami con il mezzo di contrasto sono raccomandati<br />
in quei pazienti che riferiscono ostruzioni ricorrenti o<br />
ostruzioni meccaniche di modesta entità per definire con precisione<br />
il segmento ostruito ed il grado di ostruzione.<br />
Gli esami di laboratorio non sono utili nella diagnosi dei pazienti<br />
con ostruzione dell’intestino tenue, ma sono estremamente importanti<br />
nel valutare il grado di disidratazione. I pazienti con ostruzione<br />
dovrebbero essere sottoposti routinariamente al controllo dei valori<br />
ematici di sodio, cloro, potassio, bicarbonato e creatinina. Controlli<br />
seriati degli elettroliti andrebbero eseguiti per controllare l’adeguatezza<br />
della reidratazione, in quanto la disidratazione può causare<br />
una emoconcentrazione, come si può desumere da un ematocrito<br />
elevato. Quest’ultimo valore deve essere monitorato in quanto la reidratazione<br />
può causarne una riduzione e alcuni pazienti (e.g.: quelli<br />
con neoplasie intestinali) possono aver bisogno di trasfusioni di sangue<br />
prima dell’intervento chirurgico. Inoltre, va valutata la conta dei<br />
globuli bianchi in quanto si può riscontrare una leucocitosi in pazienti<br />
con strangolamento; tuttavia i globuli bianchi elevati non denotano<br />
necessariamente uno strangolamento, così come l’assenza<br />
della leucocitosi non ne esclude l’eventualità.<br />
Ostruzione semplice o da strangolamento<br />
La maggior parte dei pazienti con ostruzione dell’intestino tenue ha<br />
ostruzioni semplici causate dal blocco meccanico del flusso del contenuto<br />
luminale, senza compromissione della vitalità della parete intestinale.<br />
Al contrario, le ostruzioni con strangolamento, che normalmente<br />
sono causate dalla completa chiusura di un’ansa il cui apporto<br />
vascolare risulta compromesso, possono causare un infarto intestinale.<br />
Le ostruzioni con strangolamento sono associate ad un aumento<br />
della morbidità e della mortalità, e quindi, il loro riconoscimento precoce<br />
è importante per poterle differenziare dalle ostruzioni semplici.<br />
I segni “classici” dello strangolamento sono stati descritti in precedenza<br />
ed includono la tachicardia, la febbre, la leucocitosi e un costante<br />
dolore addominale non crampiforme. Tuttavia, vari studi hanno<br />
dimostrato in modo convincente che nessun parametro clinico né<br />
alcun esame di laboratorio possono accuratamente evidenziare o<br />
escludere in tutti i pazienti la presenza di strangolamento 115 .<br />
Un esame TAC è utile solo per rilevare gli stadi avanzati di un’ischemia<br />
irreversibile. Vari parametri ematochimici, incluso la lattico<br />
deidrogenasi, le amilasi, la fosfatasi alcalina e i livelli di ammoniemia<br />
non hanno mostrato alcuna reale utilità. Alcuni studi iniziali hanno<br />
riportato dei limitati successi nel discriminare lo strangolamento misurando<br />
il D-lattato sierico, l’isoenzima creatin fosfochinasi (in particolare<br />
l’isoenzima BB) o alcune proteine che legano gli acidi grassi<br />
intestinali; tuttavia si tratta di ricerche che non possono essere applicate<br />
a tutti i pazienti con ostruzione. Infine, Richards e associati 106<br />
hanno descritto una metodica non invasiva per determinare l’ischemia<br />
mesenterica usando un magnetometro che misura la superconducting<br />
quantum interference (SQUID). Secondo questo studio l’ischemia<br />
intestinale sarebbe associata a cambiamenti nelle frequenze<br />
elettriche di base del piccolo intestino e una valutazione clinica di<br />
questa tecnica è tuttora in corso.<br />
Ricapitolando, è importante ricordare che l’ischemia intestinale<br />
e lo strangolamento non possono essere diagnosticati o esclusi<br />
pre-operatoriamente in ciascun paziente in modo affidabile sulla<br />
base di ogni parametro noto, combinazione di parametri o analisi<br />
radiologiche e di laboratorio.<br />
Trattamento<br />
Reidratazione e antibiotici<br />
I pazienti con ostruzione intestinale sono normalmente disidratati,<br />
mancano di sodio, cloro e potassio e necessitano di un apporto endovenoso<br />
con soluzioni saline isotoniche quali il Ringer lattato. L’escrezione<br />
urinaria va monitorata, posizionando un catetere di Foley.<br />
Una volta raggiunto un buon flusso urinario può essere aggiunto all’infusione,<br />
se necessario, cloruro di potassio. Per valutare l’adeguatezza<br />
della reidratazione vengono effettuati controlli seriati degli<br />
elettroliti, così come dell’ematocrito e dei globuli bianchi. A causa<br />
della grande quantità di liquidi da infondere, in alcuni pazienti, in<br />
particolare gli anziani, si rende necessario il posizionamento di un<br />
catetere venoso centrale e in alcuni di loro di un catetere di Swan-<br />
Ganz. Alcuni chirurghi somministrano a scopo profilattico antibiotici<br />
a largo spettro sulla base del riscontro di casi in cui era avvenuta<br />
una traslocazione batterica anche per una semplice ostruzione meccanica.<br />
In più, gli antibiotici vengono somministrati come profilassi<br />
in caso di una possibile resezione o di una lesione accidentale dell’intestino<br />
nel corso dell’intervento chirurgico.<br />
Decompressione<br />
Oltre alla reidratazione, un altro importante aspetto della terapia di<br />
supporto di un paziente con ostruzione intestinale è l’aspirazione<br />
nasogastrica, eseguita mediante tubo di Levin, allo scopo di svuotare<br />
lo stomaco per ridurre il rischio di aspirazione nei polmoni del vomito<br />
e per minimizzare un ulteriore distensione intestinale dovuta<br />
all’insufflazione di aria nelle fasi preoperatorie. L’utilizzo di sondini<br />
intestinali più lunghi (e.g.: sondini di Cantor o di Baker) è stata proposta<br />
da alcuni gruppi 129, 155 .Tuttavia, studi prospettici randomizzati<br />
non hanno dimostrato differenze significative, rispetto all’utilizzo di<br />
normali sondini nasogastrici, nel livello di decompressione raggiunto<br />
nel successo del trattamento conservativo o nel tasso di morbidità<br />
dopo l’intervento chirurgico 15, 107 .Inoltre, in alcune casistiche l’utilizzo<br />
di questi sondini causava una più lunga permanenza in ospedale,<br />
una maggiore durata dell’ileo e un aumento delle complicanze postoperatorie.<br />
Quindi, sembrerebbe che i sondini intestinali lunghi non<br />
offrano alcun beneficio nel trattamento preoperatorio rispetto al<br />
normale sondino nasogastrico.<br />
I pazienti con ostruzione intestinale parziale possono essere<br />
trattati conservativamente solo con la reidratazione e la decompressione.<br />
La risoluzione dei sintomi e la dimissione senza trattamento<br />
chirurgico è stata riportata in una percentuale di pazienti<br />
con ostruzione parziale del 60-85% 10 .Il clisma del tenue può essere<br />
di aiuto nel determinare il grado dell’ostruzione, dato che le<br />
ostruzioni parziali di grado più elevato necessitano più precocemente<br />
di un intervento. Benché sarebbe giustificato uno studio sul<br />
trattamento conservativo iniziale nella maggior parte dei pazienti<br />
con ostruzione parziale del tenue, deve essere enfatizzata la necessità<br />
di un rapido intervento chirurgico qualora, nonostante la decompressione,<br />
le caratteristiche cliniche del paziente o la distensione<br />
del piccolo intestino ai controlli radiografici dovessero peggiorare.<br />
La decisione di proseguire nel trattamento conservativo di<br />
un paziente con una sospetta ostruzione intestinale si basa sul giudizio<br />
clinico e necessita di attenti controlli per assicurarsi che il<br />
decorso clinico non cambi improvvisamente.<br />
Trattamento chirurgico<br />
In generale, i pazienti con ostruzione completa del tenue necessitano<br />
di un intervento chirurgico. Un approccio non chirurgico, in pazienti<br />
selezionati con ostruzione completa del tenue, è stato proposto da<br />
alcuni autori che sostengono sia più sicura in questi pazienti un’aspirazione<br />
nasogastrica prolungata, purché non vi siano febbre, tachicardia,<br />
dolorabilità o leucocitosi 129 .Ciononostante, deve essere<br />
chiaro che il trattamento conservativo di questi pazienti va intrapreso<br />
conoscendo il rischio di non individuare un’ostruzione per strangolamento<br />
e di ritardarne il trattamento fino a quando si instaurano<br />
danni irreversibili. Studi retrospettivi hanno riportato che un ritardo<br />
di 12-24 ore nel trattamento chirurgico di questi pazienti non è ri-
schioso, ma che oltre questo periodo di tempo l’incidenza di strangolamenti<br />
e altre complicanze aumenta significativamente 127 .<br />
La natura del problema sottostante condiziona l’approccio al trattamento<br />
dei pazienti ostruiti. I pazienti con ostruzione intestinale secondaria<br />
alla presenza di aderenze possono essere trattati con una<br />
adesiolisi. Bisogna prestare molta attenzione nel maneggiare l’intestino<br />
con delicatezza per ridurre i traumi della sierosa e per evitare<br />
dissezioni non necessarie e lesioni accidentali. Le ernie incarcerate<br />
possono essere trattate con riduzione manuale del segmento intestinale<br />
erniato e con chiusura della breccia.<br />
Il trattamento di un paziente con ostruzione e anamnesi positiva<br />
per una neoplasia maligna può essere particolarmente impegnativo.<br />
Nel paziente terminale con disseminazione metastatica il trattamento<br />
conservativo, se efficace, costituisce normalmente la scelta migliore;<br />
tuttavia, solo una piccola percentuale di casi con ostruzione completa<br />
può essere efficacemente trattata in questo modo. In caso di intervento<br />
chirurgico un semplice by-pass della lesione ostruente, qualsiasi<br />
sia la sua origine, può essere l’opzione migliore piuttosto di un intervento<br />
lungo e complesso che richieda una resezione intestinale.<br />
Un’ostruzione intestinale secondaria a malattia di Crohn può essere<br />
spesso risolta con trattamento conservativo se si tratta di un’ostruzione<br />
acuta, se invece l’ostruzione è causata da una stenosi cronica<br />
fibrotica può rendersi necessaria una resezione intestinale o una<br />
stricturoplastica.<br />
I pazienti con un ascesso intra-addominale possono presentarsi in<br />
modo indistinguibile da quelli con ostruzione meccanica e, in questi<br />
casi, eseguire una TAC è particolarmente utile per la diagnosi della<br />
causa di ostruzione ed il drenaggio percutaneo dell’ascesso può essere<br />
sufficiente a risolvere l’ostruzione.<br />
L’enterite da raggi, come complicanza della radioterapia per tumori<br />
della pelvi, può essere causa di ostruzione. La maggior parte<br />
dei casi può essere trattata conservativamente con decompressione<br />
ed eventuale terapia steroidea, particolarmente nel corso di un<br />
attacco acuto. Nelle situazioni croniche il trattamento conservativo<br />
raramente ha effetto e può essere necessario effettuare una laparotomia,<br />
con la possibile resezione dell’intestino irradiato o con<br />
un by-pass della zona colpita.<br />
Al momento dell’esplorazione chirurgica può risultare a volte difficile<br />
valutare la vitalità dell’intestino dopo la risoluzione dello<br />
strangolamento. Se la vitalità intestinale è dubbia, il segmento intestinale<br />
può essere completamente liberato e posto per 15-20 minuti<br />
in una pezza calda imbevuta di soluzione salina e successivamente<br />
riesaminato. Se ricompare il colore normale e la peristalsi si fa evidente<br />
non è rischioso conservare il tratto intestinale. Uno studio<br />
prospettico controllato per la determinazione intraoperatoria della<br />
vitalità intestinale, che paragonava il giudizio clinico all’uso di una<br />
sonda Doppler o alla somministrazione di fluoresceina, ha dimostrato<br />
che la flussimetria Doppler aggiunge poco al giudizio clinico<br />
convenzionale del chirurgo 17 .In casi dubbi o difficili la fluorescenza<br />
con fluoresceina può invece adiuvare il giudizio clinico. Un altro approccio<br />
per la valutazione della vitalità intestinale è la laparotomia<br />
detta di second look, condotta 18-24 ore dopo la procedura iniziale.<br />
La decisione va presa al momento del primo intervento ed è certamente<br />
indicata nei pazienti le cui condizioni cliniche peggiorano<br />
dopo l’operazione.<br />
Alcuni gruppi hanno preso in considerazione l’efficacia del trattamento<br />
laparoscopico dell’ostruzione acuta del piccolo intestino 72 .Il<br />
trattamento laparoscopico delle ostruzioni del tenue sembra efficace<br />
e porta ad una degenza più breve in gruppi di pazienti molto selezionati.<br />
I criteri di inclusione per i pazienti che possono essere sottoposti<br />
al trattamento laparoscopico sono: (1) distensione addominale<br />
modesta che consenta un’adeguata visualizzazione; (2) un’ostruzione<br />
prossimale; (3) un’ostruzione parziale e (4) un’ostruzione di cui<br />
sia nota la causa da parte di una singola briglia. Attualmente, i pazienti<br />
che hanno un’ostruzione avanzata, completa o dell’ileo distale<br />
non sono candidati per il trattamento laparoscopico. Sfortunatamente,<br />
la maggior parte dei pazienti con ostruzione appartiene a<br />
questo gruppo. Allo stesso modo, i pazienti con aderenze tenaci, con<br />
carcinosi peritoneale o che mantengono un addome disteso dopo<br />
decompressione con il sondino nasogastrico, vanno trattati con laparotomia<br />
convenzionale. Quindi, il ruolo futuro della laparoscopia<br />
nel trattamento di questi pazienti deve ancora essere definito.<br />
INTESTINO TENUE 887<br />
Risoluzione di problemi specifici<br />
Ostruzioni intestinali ricorrenti<br />
Ogni chirurgo può facilmente (e spesso dolorosamente) ricordarsi di<br />
un paziente complicato, con numerosi pregressi interventi addominali<br />
e un addome “congelato”, che si sia ripresentato con un’altra<br />
ostruzione intestinale. Un iniziale approccio conservativo è normalmente<br />
desiderabile e spesso più sicuro. In quei pazienti che non rispondono<br />
al trattamento si rende necessario un reintervento che<br />
spesso è una procedura lunga e difficile, e che richiede molta attenzione<br />
per evitare lesioni intestinali accidentali. In questi pazienti complessi<br />
sono state tentate diverse procedure chirurgiche e agenti farmacologici<br />
per prevenire la recidiva delle aderenze e dell’ostruzione.<br />
Sono state descritte tecniche di plicatura esterna in cui il piccolo intestino<br />
o il suo mesentere vengono suturati a formare anse ampie e senza<br />
angolature 21, 92 , ma si sono verificate complicanze quali lo sviluppo<br />
di fistole, grosse perdite di liquidi, peritoniti e decessi. Per queste ragioni<br />
e per via della scarsa percentuale di successi queste procedure sono<br />
state quasi completamente abbandonate. Diverse casistiche hanno riportato<br />
moderati successi con procedure di fissazione interna o di stenting<br />
usando lunghi sondini intestinali inseriti dal naso, da una gastrostomia<br />
o anche da una digiunostomia e lasciati in sede per due o più<br />
settimane 109, 147 .Le complicanze associate all’uso di questi sondini includono<br />
il drenaggio prolungato di contenuto enterico dal punto di inserzione<br />
del sondino, l’intussuscezione e la difficoltà a rimuovere il sondino,<br />
che può anche richiedere un nuovo intervento chirurgico.<br />
Sono stati usati con limitato successo anche agenti farmacologici,<br />
compresi gli steroidi e altri farmaci anti-infiammatori, farmaci citotossici<br />
e antiistaminici. L’uso degli anticoagulanti, quali l’eparina, le<br />
soluzioni di destrano, i dicumarolici e il citrato di sodio ha ridotto la<br />
formazione di aderenze, ma i loro effetti collaterali sorpassano di<br />
gran lunga la loro efficacia. L’instillazione intraperitoneale di varie<br />
proteinasi (e.g.: tripsina, papaina e pepsina), che causano la digestione<br />
enzimatica della matrice proteica extra-cellulare, ha dato dei successi.<br />
La ialuronidasi si è rivelata di dubbia efficacia e si sono ottenuti<br />
risultati controversi con agenti fibrinolitici come la streptochinasi,<br />
l’urochinasi e i veleni di serpente. In uno studio prospettico multicentrico<br />
Becker e coll. 11 hanno riportato che l’uso di membrane biodegradabili<br />
formate da ialuronato riduce l’incidenza e la gravità della<br />
formazione di aderenze postoperatorie. Questi dati possono rappresentare<br />
un significativo passo avanti qualora anche l’incidenza<br />
delle ostruzioni a lungo termine si rivelasse ridotta.<br />
Ad oggi, lo strumento più efficace per limitare il numero delle aderenze<br />
è una buona tecnica chirurgica, che comprende: una delicata<br />
manipolazione dell’intestino per ridurre i traumi della sierosa, evitare<br />
dissezioni non necessarie, l’esclusione di materiale estraneo dalla<br />
cavità addominale (l’uso ove possibile di suture in materiale assorbibile,<br />
evitare l’uso eccessivo di tamponi di garza e la rimozione dell’amido<br />
dai guanti), un’adeguata irrigazione e rimozione di detriti infetti<br />
e ischemici e la conservazione e l’utilizzo dell’omento attorno<br />
alla zona dell’intervento o nella pelvi svuotata.<br />
Ostruzioni postoperatorie acute<br />
Le ostruzioni dell’intestino tenue che avvengono nell’immediato periodo<br />
postoperatorio rappresentano una sfida sia per la diagnosi che<br />
per il trattamento. La diagnosi è spesso difficoltosa perché i sintomi<br />
iniziali di dolore addominale, nausea o vomito possono essere attribuiti<br />
all’ileo postoperatorio. Difetti elettrolitici, in particolare l’ipokaliemia,<br />
possono essere una causa di ileo e devono quindi essere<br />
corretti. Lastre dell’addome in bianco normalmente non sono di aiuto<br />
per distinguere un ileo da un’ostruzione. La TAC può essere utile<br />
a questo riguardo ed in particolare studi mediante enteroclisi possono<br />
essere utili nel determinare se esiste un’ostruzione e a quale livello<br />
sia localizzata. Per un’ostruzione parziale è consigliata una terapia<br />
conservativa, mentre l’ostruzione completa richiede un reintervento<br />
per correggere il problema sottostante.<br />
Ileo<br />
L’ileo viene definito come una distensione intestinale con rallentamento<br />
o arresto completo del transito del contenuto luminale senza
888 ADDOME<br />
TABELLA <strong>44</strong>-3. Cause dell’ileo<br />
Postlaparotomia<br />
Disordini metabolici ed elettrolitici (e.g.: ipokaliemia, iponatriemia,<br />
ipomagnesiemia, uremia, coma diabetico)<br />
Farmaci (e.g.: oppiacei, agenti psicotropi, agenti anticolinergici)<br />
Infiammazione intra-addominale<br />
Emorragia o infiammazione retroperitoneali<br />
Ischemia intestinale<br />
Sepsi sistemica<br />
Adattata da Turnage RH, Bergen PC: Intestinal obstruction and ileus. In<br />
Feldman M. Scharschmidt BF, Sleisenger MH (eds): Gastrointestinal and Liver<br />
Disease. Pathophysiology/Diagnosis/Management, Philadelphia, WB Saunders,<br />
1998, pp. 1799-1810.<br />
un’ostruzione meccanica dimostrabile. L’ileo può essere la conseguenza<br />
di un gran numero di cause, quali le farmacologiche, le metaboliche,<br />
le neurogene e le infettive (Tab. <strong>44</strong>-3).<br />
Tra gli agenti farmacologici in grado di causare un ileo vi sono i<br />
farmaci anticolinergici, simpaticolitici, anti-istaminici e altre sostanze<br />
farmacologiche quali l’alloperidolo e gli antidepressivi triciclici.<br />
Una delle cause più comuni dell’ileo indotto da farmaci nel paziente<br />
operato è l’uso degli oppiacei, quali la morfina e la meperidina. Le<br />
cause metaboliche di ileo sono comuni e includono l’ipokaliemia,<br />
l’iponatriemia e l’ipomagnesiemia. Altre cause metaboliche possono<br />
essere l’uremia, il coma diabetico e l’ipoparatiroidismo. Tra le cause<br />
neurogene di ileo vanno annoverate l’ileo postoperatorio, che si instaura<br />
dopo interventi addominali, danni spinali, irritazione retroperitoneale<br />
e procedure ortopediche sul rachide o sulla pelvi. Infine,<br />
una quantità di cause infettive può essere la causa di un ileo; tra le<br />
più comuni vi sono la polmonite, la peritonite e la sepsi generalizzata<br />
con una causa non addominale.<br />
I pazienti spesso si presentano con caratteristiche simili a quelle di<br />
un’ostruzione meccanica del tenue. La distensione addominale, normalmente<br />
senza un dolore addominale di tipo colico, costituisce il sintomo<br />
più tipico e importante. La nausea ed il vomito possono essere<br />
presenti o assenti e i pazienti con ileo possono mantenere un alvo aperto<br />
ai gas e diarroico; tali caratteristiche possono aiutare a differenziare<br />
questi pazienti da quelli con ostruzione meccanica del piccolo intestino.<br />
Gli esami radiologici possono aiutare nel differenziare un ileo da<br />
un’ostruzione del piccolo intestino. Un Rx senza mezzo di contrasto<br />
può mostrare un piccolo intestino disteso con anse intestinali allargate.<br />
Nei casi in cui fosse difficile la diagnosi differenziale con un’ostruzione,<br />
gli studi con il bario possono essere d’aiuto.<br />
Il trattamento di un ileo è unicamente di supporto, utilizzando il<br />
sondino nasogastrico per la decompressione e infondendo liquidi. La<br />
miglior terapia per correggere la causa sottostante può essere costituita<br />
da un trattamento aggressivo della sepsi, dalla correzione di<br />
eventuali anomalie metaboliche o elettrolitiche e dalla sospensione<br />
dei farmaci in grado di causare l’ileo. L’utilizzo di farmaci per il trattamento<br />
dell’ileo ha avuto nella maggior parte dei casi scarsi risultati.<br />
Sono stati sperimentati farmaci che blocchino l’innervazione simpatica<br />
(e.g.: la guanetidina) o che stimolino l’attività parasimpatica<br />
(e.g.: il betanecolo o la neostigmina). Inoltre, è stata valutata la possibilità<br />
di un’azione ormonale con la CCK o con la motilina, ma i risultati<br />
non sono stati significativi. La somministrazione endovenosa<br />
di eritromicina si è rivelata inefficace, e anche il cisapride, nonostante<br />
gli apparenti benefici nella stimolazione della motilità gastrica,<br />
non sembra influenzare l’ileo.<br />
MALATTIE INFIAMMATORIE<br />
Malattia di Crohn<br />
La malattia di Crohn è una malattia infiammatoria cronica ad eziologia<br />
sconosciuta, transmurale, che può colpire l’intero tubo digerente,<br />
dalla bocca all’ano, ma nella maggior parte dei casi si localizza<br />
nell’intestino tenue e nel colon. Le manifestazioni cliniche più comuni<br />
sono: il dolore addominale, la diarrea e la perdita di peso. La<br />
malattia di Crohn può inoltre complicarsi per la presenza di ostruzioni<br />
intestinali o di perforazioni localizzate con la formazione di fi-<br />
stole. Sia la terapia medica che la terapia chirurgica sono palliative,<br />
tuttavia, il trattamento chirurgico offre una effettiva risoluzione dei<br />
sintomi nei pazienti con malattia di Crohn complicata, e garantisce<br />
un ragionevole beneficio a lungo termine.<br />
Storia<br />
Il primo caso documentato di malattia di Crohn della storia venne<br />
descritto da Morgagni nel 1761, mentre nel 1913 il chirurgo scozzese<br />
Dalziel descrisse nove casi di malattia infiammatoria intestinale 31 .<br />
Tuttavia, è stato il lavoro fondamentale di Crohn, Ginzburg e Oppenheimer<br />
nel 1932 a fornire con tutti i dettagli le caratteristiche cliniche<br />
e patologiche di questa malattia infiammatoria nei giovani<br />
adulti 28 .Questo studio ha così immortalato la descrizione di questa<br />
patologia, e anche se molti termini differenti (e a volte fuorvianti)<br />
sono stati usati per descrivere questo processo patologico, esso viene<br />
oggigiorno universalmente riconosciuto come malattia di Crohn.<br />
Incidenza ed epidemiologia<br />
La malattia di Crohn è la patologia chirurgica primitiva dell’intestino<br />
tenue più comune, con un’incidenza annua di approssimativamente<br />
3-7 casi su 100.000 nella popolazione generale; la sua incidenza<br />
è maggiore nel Nord America e nell’Europa del Nord 116 . La malattia<br />
di Crohn colpisce principalmente giovani adulti nella seconda o<br />
terza decade di vita. Tuttavia, sembra esserci una distribuzione bimodale<br />
con un secondo picco di minore entità nella sesta decade. La<br />
malattia di Crohn è più comune negli abitanti dei centri urbani e, anche<br />
se in passato alcuni studi suggerivano una qualche predominanza<br />
femminile, entrambi i sessi sembrano essere ugualmente colpiti. Il<br />
rischio di sviluppare questa malattia è di circa il doppio nei fumatori<br />
rispetto ai non fumatori. Molti studi avevano evidenziato un’incidenza<br />
aumentata di malattia di Crohn nelle donne che facevano uso<br />
di contraccettivi orali; tuttavia, studi più recenti non hanno mostrato<br />
alcuna differenza. Benché la malattia di Crohn sia rara nei neri<br />
africani, i neri degli Stati Uniti hanno un’incidenza simile a quella dei<br />
bianchi. Alcuni gruppi etnici, in particolare gli ebrei, hanno un’incidenza<br />
maggiore di malattia di Crohn rispetto ai soggetti di controllo<br />
della stessa età e sesso. Vi è anche una forte familiarità con un rischio<br />
di sviluppare la malattia che aumenta di circa 30 volte nei fratelli germani<br />
e di 13 volte in tutti i parenti di primo grado dei pazienti affetti<br />
da malattia di Crohn.<br />
Eziologia<br />
L’eziologia della malattia di Crohn è tuttora sconosciuta, nonostante<br />
siano state proposte molte possibili cause, tra cui le più verosimili sono<br />
quelle infettive, immunologiche e genetiche 53, 116 .Altre possibilità,<br />
che hanno riscosso diverso successo, includono fattori dietetici ed<br />
ambientali, il fumo e fattori psicologici. Benché questi ultimi possano<br />
contribuire nell’andamento generale della malattia è improbabile<br />
che costituiscano il meccanismo eziologico principale della malattia<br />
di Crohn.<br />
AGENTI INFETTIVI<br />
Anche se sono stati proposti numerosi agenti infettivi come possibili<br />
cause della malattia di Crohn, quelli che hanno ottenuto la maggiore<br />
attenzione sono i micobatteri, in particolare il Mycobacterium<br />
paratuberculosis e il virus del morbillo. L’esistenza di un micobatterio<br />
atipico che potesse causare la malattia di Crohn venne proposta da<br />
Dalziel nel 1913 31 ,e studi successivi, utilizzando sofisticate tecniche<br />
di polymerase chain reaction (PCR), hanno confermato la presenza<br />
di micobatteri in campioni intestinali provenienti da pazienti con<br />
malattia di Crohn. Inoltre, il trapianto di tessuto da pazienti con malattia<br />
di Crohn genera ileite 142 .Tuttavia, l’utilizzo di una terapia specifica<br />
antimicrobica per i micobatteri non si è dimostrata efficace nel<br />
migliorare il decorso della malattia.<br />
Oltre ai micobatteri un’altra possibile causa che ha ottenuto una<br />
certa attenzione per un suo possibile ruolo eziologico è il virus del<br />
morbillo. Studi condotti in Svezia hanno suggerito che un’esposizione<br />
nell’utero al virus del morbillo costituisce un rischio per lo sviluppo<br />
di una successiva malattia di Crohn 40 .Secondo uno studio<br />
longitudinale i bambini sottoposti a vaccinazione con virus del mor-
illo vivo hanno un rischio tre volte maggiore di sviluppare la malattia<br />
di Crohn rispetto ai loro coetanei non vaccinati. Questi studi<br />
sono interessanti e alcuni aspetti forniscono argomenti stimolanti<br />
circa il ruolo potenziale di questi agenti infettivi in un sottogruppo<br />
di pazienti con malattia di Crohn; tuttavia è altamente improbabile<br />
che ne costituiscano la sola causa.<br />
FATTORI IMMUNOLOGICI<br />
Sono state dimostrate anomalie immunologiche in pazienti con malattia<br />
di Crohn che riguardano reazioni immunitarie sia umorali che<br />
cellulo-mediate dirette contro cellule intestinali, suggerendo così una<br />
reazione autoimmune 40 .L’attenzione è stata focalizzata sul ruolo delle<br />
citochine, quali l’interleuchina (IL)-1, l’IL-2, l’IL-8 e il TNF, come<br />
possibili fattori che contribuiscono alla risposta infiammatoria intestinale.<br />
Il ruolo della risposta immune nella malattia di Crohn resta<br />
controverso e le sue modificazioni potrebbero essere più una conseguenza<br />
che non una causa di questa malattia.<br />
FATTORI GENETICI<br />
I fattori genetici sembrano svolgere un ruolo importante nella patogenesi<br />
della malattia di Crohn perché il singolo fattore di rischio più<br />
importante per il suo sviluppo è avere un consanguineo affetto da tale<br />
malattia. Studi americani ed europei hanno identificato un possibile<br />
locus di suscettibilità nella regione centromerica del cromosoma<br />
16 in membri di famiglie affette, indicando così una possibile causa<br />
genetica per la malattia di Crohn 54, 117 .Altri loci sui cromosomi 3, 7 e<br />
12 sono stati associati sia alla colite ulcerosa che alla malattia di<br />
Crohn. Le regioni interessate dei cromosomi 3, 7, 12 e 16 contengono<br />
numerosi geni che possono contribuire all’instaurarsi di una malattia<br />
infiammatoria intestinale. Ad esempio, sul locus di suscettibilità<br />
del cromosoma 16, che è stato più strettamente associato alla malattia<br />
di Crohn, sono localizzati il gene che codifica per la E-caderina e<br />
il gene per il recettore di IL-4.<br />
Nei pazienti affetti da malattia di Crohn è stata riscontrata un’aumentata<br />
incidenza di danni cromosomici rispetto a individui normali<br />
di controllo, indicando la fragilità cromosomica come un possibile fattore<br />
contribuente. Anche se vi è una forte evidenza di una causa genetica<br />
per la malattia di Crohn è da notare che nei gemelli monozigoti vi<br />
Figura <strong>44</strong>-18. Aspetti macroscopici della malattia<br />
di Crohn. A, Superficie della sierosa con<br />
estesa sovracrescita circonferenziale del<br />
grasso mesenteriale e infiammazione. B,<br />
Campione resecato che evidenzia marcata fibrosi<br />
della parete intestinale, stenosi e infiammazione<br />
mucosa segmentaria (A e B, per<br />
gentile concessione di Mary R. Schwartz<br />
M.D., Baylor College of Medicine).<br />
INTESTINO TENUE 889<br />
è una concordanza sostanzialmente inferiore al 100%; ciò implica che<br />
la semplice ereditarietà mendeliana non può spiegare le caratteristiche<br />
di incidenza. Quindi è verosimile pensare che una molteplicità di cause<br />
possa contribuire all’eziologia e alla patogenesi di questa malattia.<br />
Anatomia patologica<br />
La malattia di Crohn si localizza nella maggior parte dei casi a livello<br />
dell’intestino tenue e del colon, ed il coinvolgimento di entrambi<br />
avviene approssimativamente nel 55% dei pazienti. Il 30% dei pazienti<br />
ha una localizzazione del solo intestino tenue e il 15% circa del<br />
solo grosso intestino. La malattia è caratteristicamente discontinua e<br />
segmentaria. In pazienti con malattia di Crohn colica, il risparmio<br />
del retto è una caratteristica che permette la diagnosi differenziale<br />
con la colite ulcerosa. Un coinvolgimento perianale e perirettale avviene<br />
in circa un terzo dei pazienti, in particolare tra quelli con localizzazione<br />
colica. La malattia di Crohn può anche colpire la bocca,<br />
l’esofago, lo stomaco, il duodeno e l’appendice. Il coinvolgimento di<br />
questi segmenti può essere associato a una malattia del piccolo o del<br />
grosso intestino, ma solo in rari casi si presenta come localizzazione<br />
unica.<br />
ASPETTI MACROSCOPICI<br />
A B<br />
All’esplorazione si possono notare anse intestinali ispessite grigiorossastre<br />
o rosso porpora opaco, con zone di spesso essudato grigiobiancastro<br />
o di fibrosi della sierosa. Normalmente si riscontra la tipica<br />
disposizione “a salto”, con zone di intestino malato intervallate<br />
da zone di intestino che appare grossolanamente normale. Una caratteristica<br />
saliente della malattia di Crohn è il diffuso avvolgimento<br />
circonferenziale della parete intestinale causato dalla sovracrescita<br />
del grasso mesenteriale (Fig. <strong>44</strong>-18). Con il progredire della malattia<br />
la parete intestinale diventa sempre più spessa, dura, di consistenza<br />
elastica e virtualmente incomprimibile. Pur non essendo<br />
coinvolto, l’intestino prossimale può dilatarsi a causa dell’ostruzione<br />
di un segmento malato. I tratti interessati sono spesso adesi ad<br />
anse intestinali adiacenti o ad altri visceri, presentando spesso in<br />
queste zone tragitti fistolosi interni. Il mesentere dei tratti malati<br />
normalmente è ispessito con linfonodi spesso ingranditi.
890 ADDOME<br />
All’apertura dell’intestino le grossolane lesioni patologiche presenti<br />
più precocemente sono le ulcere aftose superficiali della mucosa.<br />
Con il progredire della malattia le ulcere si approfondano e si instaura<br />
una completa infiammazione transmurale. Le ulcere sono caratteristicamente<br />
lineari e possono unirsi a formare lesioni trasversali<br />
intervallate da isole di mucosa normale, fornendo così il caratteristico<br />
aspetto di mucosa ad “acciottolato” (cobblestone mucosa).<br />
ASPETTI MICROSCOPICI<br />
Prima di qualsiasi cambiamento importante si può notare a livello<br />
microscopico un edema della mucosa e della sottomucosa, seguito<br />
poi da un infiltrato infiammatorio cronico che si estende in<br />
direzione transmurale. Questa reazione infiammatoria è caratterizzata<br />
da importante edema, iperemia, linfangectasie e da un intenso<br />
infiltrato di cellule mononucleate e iperplasia linfoide. Le lesioni<br />
istologiche caratteristiche della malattia di Crohn sono i granulomi<br />
non caseificati con cellule giganti di Langerhans. I granulomi<br />
si sviluppano tardi nel corso della malattia e sono riscontrabili<br />
nella parete intestinale o nei linfonodi regionali nel 60-70%<br />
dei pazienti (Fig. <strong>44</strong>-19).<br />
Manifestazioni cliniche<br />
La malattia di Crohn può svilupparsi ad ogni età, ma il paziente tipico<br />
è un giovane adulto nella seconda o terza decade di vita. L’instaurarsi<br />
della malattia è spesso insidioso, con un decorso lento e<br />
prolungato, nel quale periodi sintomatici con dolori addominali e<br />
A B<br />
C<br />
diarrea si alternano a periodi asintomatici di varia lunghezza. Col<br />
tempo i periodi sintomatici diventano gradualmente più frequenti,<br />
più severi e di durata maggiore. Il sintomo più comune è un dolore<br />
addominale di tipo colico intermittente, solitamente localizzato<br />
ai quadranti inferiori dell’addome. Il dolore, tuttavia, può essere<br />
più forte e localizzato mimando i segni e i sintomi dell’appendicite<br />
acuta. L’altro sintomo più frequente è la diarrea, che è presente, se<br />
non altro in modo intermittente, nell’85% dei casi circa. Diversamente<br />
dai pazienti con colite ulcerosa, i pazienti con malattia di<br />
Crohn hanno tipicamente meno evacuazioni e le feci contengono<br />
raramente muco, pus o sangue. Tra i sintomi sistemici non specifici<br />
sono presenti febbre non elevata (presente in circa un terzo dei<br />
pazienti), perdita di peso, senso di spossatezza e di malessere.<br />
Le principali complicanze della malattia di Crohn sono l’ostruzione<br />
e la perforazione. L’ostruzione è il risultato delle lesioni croniche<br />
fibrosanti, che alla fine restringono il lume intestinale causando<br />
ostruzioni parziali o quasi complete. Perforazioni libere nella<br />
cavità addominale con conseguente peritonite generalizzata in<br />
pazienti con malattia di Crohn possono avvenire, ma sono un<br />
evento raro. Più comunemente si sviluppano fistole tra la zona<br />
della perforazione e gli organi adiacenti, quali tratti del piccolo e<br />
grosso intestino, la vescica, la vagina, lo stomaco e a volte la cute,<br />
spesso in corrispondenza di una pregressa laparotomia. Nelle vicinanze<br />
del tratto perforato possono formarsi anche raccolte ascessuali.<br />
I pazienti con colite di Crohn possono sviluppare un megacolon<br />
tossico e presentarsi con una marcata dilatazione del colon,<br />
dolorabilità addominale, febbre e leucocitosi.<br />
Figura <strong>44</strong>-19. Aspetti microscopici della malattia di<br />
Crohn. A, Infiammazione transmurale. B, Ulcerazioni<br />
(v. freccia). C, Granuloma non caseificato localizzato<br />
negli strati muscolari del piccolo intestino (v. freccia).<br />
(Da A a C, per gentile concessione di Mary R.<br />
Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).
Una malattia di Crohn di lunga durata favorisce lo sviluppo di tumori<br />
sia del piccolo che del grosso intestino 56, 125 .Il rischio relativo di<br />
sviluppare un adenocarcinoma dell’intestino tenue è di almeno cento<br />
volte superiore a quello dei soggetti sani di controllo. Questi carcinomi<br />
si sviluppano tipicamente nell’ileo, sede della malattia cronica,<br />
e vengono nella maggior parte dei casi diagnosticati in stadi avanzati<br />
con una prognosi negativa. Anche se il rischio relativo di sviluppare<br />
un tumore del piccolo intestino è piuttosto alto, il rischio assoluto<br />
resta contenuto. Di maggior interesse è lo sviluppo di un tumore<br />
colorettale in pazienti con localizzazione colica e una malattia di<br />
lunga durata. Benché il rischio di cancro sia inferiore nei pazienti con<br />
malattia di Crohn rispetto a quelli con colite ulcerosa estesa, dati recenti<br />
indicano che a parità di durata e di estensione anatomica della<br />
malattia, il rischio di cancro nella malattia di Crohn colica è alto almeno<br />
quanto quello della colite ulcerosa. La displasia rappresenta la<br />
lesione precoce per i tumori associati alla malattia di Crohn. Benché<br />
la sequenza displasia-carcinoma non sia stata così ampiamente studiata<br />
come nella colite ulcerosa, i pazienti con malattia di Crohn di<br />
lunga durata dovrebbero essere sottoposti ad un regime di sorveglianza<br />
endoscopica di intensità pari a quello dei pazienti con colite<br />
ulcerosa estesa. Tumori extraintestinali, quali il carcinoma squamocellulare<br />
della vulva e del canale anale e i linfomi di Hodgkin e non<br />
Hodgkin possono presentarsi con maggiore frequenza nei pazienti<br />
con malattia di Crohn.<br />
La malattia perianale (ragadi, fistole, stenosi o ascessi) è comune e<br />
colpisce il 25% dei pazienti con malattia limitata al piccolo intestino,<br />
il 41% dei pazienti con malattia ileocolica e il 48% dei pazienti con<br />
interessamento colico. La malattia perianale può essere l’unica caratteristica<br />
di presentazione della malattia nel 5% dei pazienti e può<br />
precedere di mesi o perfino di anni una localizzazione intestinale,<br />
tanto che una malattia di Crohn dovrebbe essere sempre sospettata<br />
in ogni paziente con fistole perianali multiple e recidivanti.<br />
Nel 30% dei pazienti possono essere presenti manifestazioni extraintestinali<br />
della malattia (Tabella <strong>44</strong>-4). I sintomi più comuni sono<br />
le lesioni cutanee, incluso l’eritema nodoso e il pioderma gangrenoso,<br />
l’artrite e le artralgie, l’uveite e l’irite, l’epatite e la pericolangite<br />
e la stomatite aftosa. Inoltre, in questi pazienti possono comparire<br />
l’amiloidosi, una pancreatite e una sindrome nefrosica. Questi sintomi<br />
possono precedere, accompagnare o avere un decorso indipendente<br />
dalla malattia di base.<br />
Diagnosi<br />
La diagnosi di malattia di Crohn dovrebbe essere presa in considerazione<br />
nei pazienti con episodici cronici di dolore addominale ricorrente,<br />
diarrea e perdita di peso. Le modalità diagnostiche comunemente<br />
usate sono costituite dagli esami con mezzo di contrasto baritato<br />
e dall’endoscopia. Gli esami radiologici con il bario del piccolo<br />
TABELLA <strong>44</strong>-4. Manifestazioni extraintestinali della malattia<br />
di Crohn<br />
Cute Fegato<br />
Eritema multiforme Lesioni non specifiche<br />
Eritema nodoso Colangite sclerosante<br />
Pioderma gangrenoso Rene<br />
Occhi<br />
Irite<br />
Uveite<br />
Sindrome nefrosica<br />
Amiloidosi<br />
Pancreas<br />
Congiuntivite<br />
Pancreatite<br />
Articolazioni<br />
Generale<br />
Artrite periferica<br />
Spondilite anchilosante<br />
Amiloidosi<br />
Sangue<br />
Anemia<br />
Trombocitosi<br />
Flebotrombosi<br />
Trombosi arteriosa<br />
INTESTINO TENUE 891<br />
Figura <strong>44</strong>-20. Lastra dell’intestino tenue di un paziente con malattia di Crohn<br />
che dimostra un restringimento dell’ileo distale (v. frecce) secondario a infiammazione<br />
cronica e fibrosi. (Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber,<br />
M.D., The University of Texas Medical Branch).<br />
intestino evidenziano una serie di caratteristiche tipiche della malattia,<br />
quali l’aspetto ad acciottolato della mucosa formato da ulcerazioni<br />
lineari, profonde lesioni trasversali e fissurazioni. L’ileo terminale<br />
stenotico per un lungo tratto (il segno della stringa di Kantor)<br />
può essere presente nelle malattie di lunga durata (Fig. <strong>44</strong>-20). L’intestino<br />
malato appare coinvolto in modo segmentario e irregolare e<br />
possono essere presenti fistole tra anse intestinali ed organi adiacenti<br />
(Fig. <strong>44</strong>-21). La TAC può essere utile per evidenziare un marcato<br />
ispessimento transmurale e può essere anche di grande aiuto nella<br />
diagnosi delle complicanze extramurali della malattia (Fig. <strong>44</strong>-22).<br />
L’ecografia ha un valore limitato nei pazienti con malattia di Crohn,<br />
ma può essere utile nella valutazione di un dolore in fossa iliaca destra<br />
non ancora diagnosticato. In presenza di un coinvolgimento del<br />
colon una sigmoidoscopia o una colonscopia possono mettere in evidenza<br />
le caratteristiche ulcere aftose con granularità, circondate da<br />
una mucosa apparentemente normale. Col progredire e l’aggravarsi<br />
della malattia, le ulcerazioni si estendono nel lume intestinale rendendo<br />
difficoltosa una diagnosi differenziale con la colite ulcerosa.<br />
Tuttavia, la presenza di ulcere separate e dall’aspetto ad acciottolato,<br />
così come il coinvolgimento discontinuo dei segmenti intestinali, favorisce<br />
la diagnosi di malattia di Crohn. Il superamento della valvola<br />
ileo-ciecale in corso di colonscopia consente di esaminare e di eseguire<br />
biopsie dell’ileo terminale.<br />
La diagnosi differenziale di malattia di Crohn comprende sia cause<br />
specifiche che aspecifiche di infiammazione intestinale. Le infiammazioni<br />
batteriche, come quelle causate dalla Salmonella e dalla Shigella,<br />
dalla tubercolosi intestinale e da protozoi, quali l’amebiasi, possono<br />
esordire con un’ileite. Nel paziente immunocompromesso sono<br />
diventate più comuni, e possono essere causa di un’ileite, alcune infezioni<br />
rare, in particolare da micobatteri e citomegalovirus. Un’ileite<br />
distale acuta può essere una manifestazione precoce di una malattia<br />
di Crohn, ma può anche essere causata da agenti batterici (e.g.:<br />
Campylobacter o Yersinia). I pazienti spesso si presentano con caratteristiche<br />
simili a quelli con appendicite acuta, con un improvviso<br />
dolore in fossa iliaca destra, nausea, vomito e febbre, che possono risolversi<br />
spontaneamente e se viene effettuato un intervento chirurgico<br />
spesso non è necessario eseguire biopsie o resezioni.
892 ADDOME<br />
Figura <strong>44</strong>-21. Malattia di Crohn complicata con multipli e corti tratti fistolosi tra<br />
le anse dell’ileo distale e il colon prossimale (v. frecce). (Per gentile concessione<br />
di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch; adattata<br />
da Evers BM, Townsend CM Jr, Thompson JC: Small intestine. In Schwartz<br />
SI [ed]: Principles of Surgery, 7th ed. New York, Mc Graw-Hill, 1999, p. 1233.<br />
Con il permesso di Mc Graw-Hill Companies).<br />
In molti casi la malattia di Crohn del colon può essere facilmente<br />
distinta dalla colite ulcerosa; tuttavia nel 5-10% dei pazienti la diagnosi<br />
differenziale può risultare difficile se non impossibile (Tab. <strong>44</strong>-<br />
5). La colite ulcerosa colpisce quasi sempre il retto in modo severo,<br />
con una graduale riduzione dell’infiammazione dal retto alla regione<br />
ileocolica. Al contrario la malattia di Crohn può essere più grave<br />
nel colon destro rispetto al sinistro e a volte il retto è risparmiato. La<br />
colite ulcerosa inoltre presenta un coinvolgimento ininterrotto dal<br />
retto ai segmenti prossimali, mentre la malattia di Crohn è caratteristicamente<br />
segmentaria. Benché la colite ulcerosa colpisca la mucosa<br />
del grosso intestino, non si estende negli strati più profondi della parete<br />
intestinale, come invece accade alla malattia di Crohn. Il sanguinamento<br />
è un sintomo più comune nella colite ulcerosa, mentre il<br />
coinvolgimento perianale e le fistole retto-vaginali sono più comuni<br />
Figura <strong>44</strong>-22. TAC di un paziente con malattia di Crohn che dimostra un marcato<br />
ispessimento dell’intestino (v. frecce) con ostruzione parziale del piccolo intestino<br />
di alto grado e dilatazione dell’intestino prossimale. (Per gentile concessione<br />
di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch;<br />
adattata da Evers BM, Townsend CM Jr, Thompson JC: Small intestine. In<br />
Schwartz SI [ed]: Principles of Surgery, 7th ed. New York, Mc Graw-Hill, 1999,<br />
p. 1233. Con il permesso di Mc Graw-Hill Companies).<br />
TABELLA <strong>44</strong>-5. Diagnosi differenziale tra la malattia di Crohn e<br />
la colite ulcerosa<br />
Osservazioni Colite da malattia di Crohn Colite ulcerosa<br />
Segni e sintomi<br />
Diarrea Comune Comune<br />
Sanguinamento Poco comune Quasi sempre<br />
rettale<br />
Dolore addominale Da moderati a gravi Da minimi a moderati<br />
(crampi)<br />
Massa palpabile A volte Assente (a meno che<br />
non vi sia un grosso<br />
tumore)<br />
Dolori anali Frequente Poco frequente<br />
(>50%) (
potenziale tossicità questi farmaci si sono dimostrati relativamente sicuri<br />
in questi pazienti e gli effetti collaterali riscontrati più comunemente<br />
sono stati: la pancreatite, l’epatite, la febbre e le eruzioni cutanee.<br />
Le implicazioni più gravi di questi immunosoppressori riguardano<br />
la soppressione del midollo osseo e il rischio di sviluppare neoplasie.<br />
Tra gli agenti immunosoppressori che sono stati utilizzati con efficacia<br />
vi sono: il metotrexate, la ciclosporina e il tacrolimus (FK-506).<br />
La terapia forse più promettente emersa negli ultimi anni è l’introduzione<br />
di trattamenti immunomodulatori utilizzando citochine<br />
e anticitochine 74, 141a . Finora gli anticorpi monoclonali diretti contro<br />
il TNF-α sembrano i più promettenti, con studi clinici preliminari<br />
che hanno dimostrato un rapido controllo della malattia attiva, riparazione<br />
tissutale e una potenziale remissione 50 .Un recente studio ha<br />
evidenziato che l’Infliximab (noto in precedenza come cA2), un anticorpo<br />
chimerico monoclonale diretto contro il TNF-α, è efficace e<br />
sicuro nel trattamento della malattia di Crohn moderata o severa,<br />
avendo favorito la chiusura delle fistole nel 46% dei pazienti, in confronto<br />
al 13% dei pazienti che ricevevano il placebo 101 .Risultati iniziali<br />
incoraggianti si sono anche ottenuti utilizzando la citochina anti-infiammatoria<br />
IL-10 89 .In un recente studio multicentrico randomizzato<br />
si è riscontrato che l’IL-10 dava un miglioramento significativo<br />
dello stato clinico nel 46% dei pazienti rispetto al 19% dei soggetti<br />
di controllo trattati con placebo. Altri agenti terapeutici in corso<br />
di valutazione sono gli antagonisti del recettore dell’IL-1, l’interferone<br />
α, anticorpi anti-CD4 e varie terapie immunomodulatorie.<br />
Benché i risultati preliminari con l’anti-TNF-α e l’IL-10 siano incoraggianti,<br />
il ruolo futuro di questi agenti nel trattamento della malattia<br />
di Crohn deve ancora essere completamente definito.<br />
Alcuni antibiotici si sono dimostrati efficaci nella terapia primaria<br />
della malattia di Crohn. L’antibiotico più usato è il metronidazolo,<br />
che in alcuni studi si è dimostrato in grado di ridurre significativamente<br />
l’attività della malattia. Tra gli altri antibiotici utilizzati<br />
con risultati variabili vi sono la ciprofloxacina, la tetraciclina,<br />
l’ampicillina e la clindamicina. Il meccanismo di azione degli antibiotici<br />
sulla malattia di Crohn non è chiaro e i loro effetti collaterali<br />
ne precludono un uso prolungato.<br />
La terapia nutrizionale nei pazienti affetti da malattia di Crohn è<br />
stata utilizzata con successi variabili. L’utilizzo di diete elementari bilanciate<br />
chimicamente ha dimostrato in alcuni studi di ridurre l’attività<br />
della malattia particolarmente in quei pazienti con malattia localizzata<br />
al piccolo intestino 96 .Diete liquide polimeriche possono<br />
avere lo stesso effetto della nutrizione elementare e sono più accettate<br />
dai pazienti. Con poche eccezioni le diete elementari standard non<br />
si sono dimostrate efficaci nel mantenimento della remissione della<br />
malattia. Anche la nutrizione parenterale totale (NPT) si è dimostrata<br />
utile nei pazienti con malattia attiva; tuttavia, il tasso di complicanze<br />
è superiore a quello della nutrizione enterale. Benché un ruolo<br />
primario della terapia nutrizionale sia discutibile nei pazienti con<br />
malattia infiammatoria intestinale, vi è sicuramente un suo ruolo secondario<br />
nel rifornire le scorte di fattori nutrizionali, per favorire la<br />
sintesi proteica e la cicatrizzazione intestinale, e per preparare i pazienti<br />
all’intervento chirurgico.<br />
TRATTAMENTO CHIRURGICO<br />
Sebbene la terapia medica sia indicata nel corso degli attacchi acuti<br />
della malattia di Crohn, la maggior parte dei pazienti necessita di un<br />
intervento chirurgico nel corso della propria storia clinica. Nei pazienti<br />
con una malattia che dura da più di 20 anni il National Cooperative<br />
Crohn’s Disease Study ha riportato una probabilità cumulativa<br />
di essere sottoposti ad intervento chirurgico del 78% 121 .Le indicazioni<br />
ad un intervento sono limitate alle complicanze quali l’ostruzione<br />
intestinale, la perforazione con formazione di fistole o<br />
ascessi, le perforazioni libere, i sanguinamenti gastrointestinali, le<br />
complicanze urologiche, la degenerazione neoplastica e la malattia<br />
perianale 83 .I bambini con malattia di Crohn che condizioni sintomi<br />
sistemici, quali il ritardo della crescita, possono trarre beneficio da<br />
una resezione. Le complicanze extraintestinali, benché non costituiscano<br />
un’indicazione primaria all’intervento, spesso si riducono dopo<br />
la resezione del tratto intestinale malato, ad eccezione della spondilite<br />
anchilosante e delle complicanze epatiche.<br />
La terapia chirurgica nei pazienti con malattia di Crohn deve essere<br />
specificatamente rivolta a risolvere la complicanza e solo il seg-<br />
INTESTINO TENUE 893<br />
mento di intestino malato dovrebbe essere resecato 43 ,anche in presenza<br />
di aree di intestino adiacenti macroscopicamente malate che<br />
andrebbero ignorate. Nei primi tempi della terapia chirurgica della<br />
malattia di Crohn i chirurghi tendevano ad eseguire ampie resezioni<br />
nella speranza di curare o di indurre una remissione significativa.<br />
Tuttavia, ampie resezioni ripetute non davano risultati migliori in<br />
termini di cura o remissione e causavano una sindrome da intestino<br />
corto, che è una complicanza chirurgica molto grave. Esami estemporanei<br />
dei margini di resezione per valutare la presenza microscopica<br />
della malattia non sono affidabili e non sono raccomandati.<br />
Quindi, il trattamento chirurgico di una complicanza dovrebbe limitarsi<br />
al segmento intestinale coinvolto, tralasciando ogni tentativo di resecare<br />
tratti più ampi di intestino, anche in presenza di malattia macroscopicamente<br />
evidente.<br />
Il ruolo della chirurgia laparoscopica nei pazienti con malattia di<br />
Crohn non è stato ancora chiaramente definito. In pazienti attentamente<br />
selezionati, ad esempio quelli con ascessi localizzati, fistole intraddominali<br />
semplici e recidive perianastomotiche, questa tecnica<br />
appare praticabile e sicura 94 .Tuttavia, in questa malattia il vantaggio<br />
della chirurgia laparoscopica rispetto alla chirurgia tradizionale non<br />
è ancora stato chiarito. Saranno necessari studi clinici randomizzati<br />
per valutare il potenziale ruolo della chirurgia laparoscopica nel trattamento<br />
dei pazienti con malattia di Crohn.<br />
Trattamento chirurgico di problemi specifici<br />
ILEITE ACUTA<br />
I pazienti possono presentarsi con dolore addominale acuto localizzato<br />
in fossa iliaca destra e con segni e sintomi compatibili con la diagnosi<br />
di appendicite acuta. All’esplorazione, l’appendice viene trovata normale,<br />
ma l’ileo terminale è edematoso, arrossato, con meso ispessito e<br />
linfonodi ingranditi. Questa condizione, nota come ileite acuta, è una<br />
malattia autolimitante che può essere la manifestazione precoce di una<br />
malattia di Crohn ma spesso non è ad essa correlata. Agenti batterici come<br />
il Campylobacter o la Yersinia possono essere la causa di una ileite<br />
acuta e in questo caso la resezione dovrebbe essere evitata. Benché nel<br />
passato il trattamento dell’appendice fosse controverso, oggi si ritiene<br />
che anche in assenza di un’infiammazione acuta dell’appendice o del<br />
cieco si debba eseguire comunque l’appendicectomia. Questa soluzione<br />
esclude una causa appendicolare di futuri dolori addominali.<br />
OSTRUZIONE<br />
L’ostruzione intestinale costituisce l’indicazione più comune per il<br />
trattamento chirurgico di pazienti con malattia di Crohn. Essa è spesso<br />
parziale e inizialmente può essere più indicato un trattamento conservativo.<br />
L’intervento si rende necessario in caso di ostruzione completa<br />
o in pazienti con ostruzione parziale che non hanno beneficio dal<br />
trattamento conservativo. La procedura di scelta nelle ostruzioni intestinali<br />
da malattia di Crohn è la resezione segmentaria con rianastomosi<br />
diretta, che può interessare una piccola porzione di tenue qualora<br />
essa sia la sede della complicanza. Più comunemente è coinvolto il<br />
cieco in continuità con l’ileo terminale e in questo caso si rende necessaria<br />
la resezione dell’ileo terminale e del cieco coinvolti con successiva<br />
anastomosi tra ileo e colon ascendente o trasverso (Fig. <strong>44</strong>-23).<br />
In pazienti selezionati con un’ostruzione causata da stenosi (sia<br />
singole che multiple), una valida opzione è quella di eseguire una<br />
stricturoplastica che allarghi efficacemente il lume evitando la resezione<br />
intestinale 128 . La stricturoplastica viene confezionata eseguendo<br />
un’enterotomia longitudinale lungo la zona di intestino<br />
stenotica, seguita poi da una chiusura della parete in senso trasversale<br />
in modo simile alla piloroplastica di Heineke-Mikulicz (Fig.<br />
<strong>44</strong>-24A). Per segmenti intestinali malati più lunghi (>10 cm di lunghezza)<br />
la stricturoplastica può essere eseguita in modo simile ad<br />
una piloroplastica secondo Finney (Fig. <strong>44</strong>-24B). Le maggiori applicazioni<br />
delle stricturoplastiche si hanno in quei pazienti in cui<br />
sono presenti corte stenosi multiple in un lungo tratto di intestino,<br />
in quei pazienti sottoposti in precedenza a numerose resezioni del<br />
piccolo intestino e nelle zone stenotiche causate da un’ostruzione<br />
fibrotica piuttosto che da un’infiammazione acuta. Queste procedure,<br />
oltre a risparmiare l’intestino, sono associate a tassi di complicanze<br />
e di recidive paragonabili a quelli delle resezioni.
894 ADDOME<br />
Figura <strong>44</strong>-23. Resezione dell’ileo, della valvola ileociecale, del cieco e del colon<br />
ascendente per malattia di Crohn ileale. La continuità intestinale viene ripristinata<br />
con un’anastomosi termino-terminale.<br />
In passato erano comunemente utilizzate le tecniche di by-pass intestinale,<br />
ma attualmente queste procedure vengono usate solo nei<br />
pazienti anziani con rischio operatorio elevato; in pazienti che hanno<br />
subito in precedenza numerose resezioni e non potrebbero sopportare<br />
la perdita di altro intestino; in pazienti in cui una resezione<br />
comporterebbe l’attraversamento di un ascesso o metterebbe in pericolo<br />
strutture sane.<br />
A<br />
B<br />
FISTOLE<br />
Nei pazienti affetti da malattia di Crohn le fistole sono relativamente<br />
comuni e normalmente sono dirette verso anse intestinali adiacenti al<br />
segmento malato, verso il colon o altre strutture circostanti (e.g.: la<br />
vescica). La presenza di una fistola entero-enterica dimostrabile radiologicamente,<br />
in assenza di segni di sepsi o di altre complicanze,<br />
non costituisce di per sé un’indicazione all’intervento chirurgico. Tuttavia,<br />
molti di questi pazienti verranno eventualmente sottoposti ad<br />
una resezione qualora la malattia progredisse e i pazienti avessero un<br />
peggioramento progressivo dei dolori addominali. Possono svilupparsi<br />
anche fistole entero-cutanee, ma queste sono raramente spontanee<br />
e più frequentemente sono la conseguenza di una resezione chirurgica<br />
o del drenaggio di un ascesso intra-addominale. In linea di<br />
massima, le fistole entero-cutanee dovrebbero essere trattate con l’escissione<br />
del tragitto fistoloso unitamente al segmento intestinale malato,<br />
eseguendo poi un’anastomosi intestinale diretta. Se la fistola<br />
coinvolge due o più anse adiacenti di intestino malato i segmenti interessati<br />
dovrebbero essere asportati. In alternativa, se la fistola coinvolge<br />
un organo sano adiacente, come la vescica o il colon, dovrebbero<br />
essere resecati solo il segmento di piccolo intestino malato e il tramite<br />
fistoloso, mentre la lesione sull’organo sano andrebbe semplicemente<br />
richiusa. La maggior parte dei pazienti con fistola tra ileo e sigma<br />
non necessitano di una resezione di sigma perché di solito la malattia<br />
è confinata al piccolo intestino. Tuttavia, se il tratto di sigma appare<br />
anch’esso interessato da malattia di Crohn dovrebbe essere resecato<br />
insieme al segmento di intestino tenue malato.<br />
PERFORAZIONI LIBERE<br />
A volte possono verificarsi perforazioni libere nella cavità addominale,<br />
ma non si tratta di un evento comune nei pazienti con malattia di<br />
Figura <strong>44</strong>-24. A, Tecnica di breve stricturoplastica simile alla<br />
piloroplastica di Heineke-Mikulicz. B, Per segmenti malati<br />
di maggiore lunghezza, la stricturoplastica può essere eseguita<br />
in modo simile ad una piloroplastica di Finney. (A e B,<br />
adattata con il permesso di Alexander-Williams J, Haynes<br />
IG: Up-to-date management of small-bowel Crohn’s disease.<br />
Adv. Surg. 1987, St. Louis: Mosby, 1987, pp. 245-264).
Crohn. Quando avvengono, il segmento di intestino coinvolto andrebbe<br />
resecato e, in presenza di una contaminazione minima, può essere<br />
eseguita un’anastomosi intestinale diretta. In presenza di una peritonite<br />
generalizzata un’opzione più sicura è costituita dall’esecuzione di<br />
una enterostomia, mantenuta fino alla completa risoluzione del quadro<br />
settico intra-addominale e poi seguita da una ricanalizzazione.<br />
SANGUINAMENTI GASTROINTESTINALI<br />
Sebbene l’anemia da sanguinamento cronico sia comune nei pazienti<br />
con malattia di Crohn, le emorragie gravi del tratto gastrointestinale<br />
sono rare. L’incidenza delle emorragie è più alta nei pazienti con<br />
malattia colica rispetto a quelli con localizzazione al piccolo intestino.<br />
Come per le altre complicanze, il segmento coinvolto andrebbe<br />
resecato eseguendo poi un’anastomosi intestinale diretta. L’esecuzione<br />
di un’arteriografia può essere utile per localizzare il sanguinamento<br />
pre-operatoriamente.<br />
COMPLICANZE UROLOGICHE<br />
La complicanza urologica più frequente è l’ostruzione ureterale, che<br />
normalmente è secondaria a una malattia ileocolica con un ascesso<br />
retroperitoneale. Nella maggior parte dei casi è sufficiente il trattamento<br />
chirurgico del problema intestinale primitivo, ma in alcuni<br />
casi di malattia infiammatoria di lunga durata può essere presente<br />
una fibrosi periureterale che rende necessaria una ureterolisi.<br />
CANCRO<br />
I pazienti con malattia di Crohn di lunga durata del piccolo intestino,<br />
e in particolare del colon, hanno un’aumentata incidenza di cancro.<br />
Il trattamento di questi pazienti è analogo a quello dei pazienti<br />
affetti da neoplasia (i.e.: resezione del tumore con margini appropriati<br />
e linfoadenectomia regionale), ma normalmente hanno una<br />
prognosi peggiore, principalmente a causa del fatto che la diagnosi in<br />
questi casi avviene tardivamente.<br />
MALATTIA COLORETTALE<br />
Gli stessi princìpi validi per i pazienti affetti da malattia di Crohn localizzata<br />
all’intestino tenue sono validi anche per coloro che hanno una<br />
localizzazione colica; ovvero la resezione chirurgica andrebbe limitata<br />
al solo segmento causa della complicanza <strong>44</strong> .Le indicazioni alla chirurgia<br />
comprendono la mancata risposta alla terapia medica, o le complicanze<br />
della colite di Crohn, che sono l’ostruzione, l’emorragia, la perforazione<br />
e il megacolon tossico. A seconda del segmento interessato gli<br />
interventi che vengono normalmente eseguiti sono la colectomia segmentaria<br />
con anastomosi colo-colica, la colectomia sub totale con anastomosi<br />
ileo-rettale e, in pazienti con grave malattia perianale e rettale,<br />
la colectomia totale con ileostomia terminale secondo Brooke. I pazienti<br />
con megacolon tossico dovrebbero essere sottoposti a colectomia<br />
con chiusura e affondamento del retto distale ed ileostomia terminale.<br />
Un problema particolarmente complesso dopo la proctocolectomia<br />
nei pazienti con malattia di Crohn riguarda il ritardo nella guarigione<br />
della ferita perianale. Molti studi hanno riportato che dal 25 al 60%<br />
delle ferite perianali sono ancora aperte sei mesi dopo l’intervento. Le<br />
ferite in cui persiste la mancata guarigione necessitano di escissione<br />
seguita da chiusura per seconda intenzione. Grandi cavità o fissurazioni<br />
possono essere riempite utilizzando lembi muscolari ben vascolarizzati<br />
(muscoli gracile, semimembranoso, retto dell’addome), l’omento,<br />
oppure lembi muscolo-cutanei dal gluteo inferiore <strong>44</strong> .<br />
Benché il punto resti controverso, gli interventi che mantengono<br />
la continenza, quali l’anastomosi ileo-anale con pouch o la ileostomia<br />
continente (pouch di Kock), normalmente utilizzati nei pazienti<br />
con colite ulcerosa, non sono raccomandati nei pazienti con colite<br />
di Crohn; ciò a causa dell’alto tasso di recidiva di malattia a livello<br />
della pouch con fistole anastomotiche e ascessi peripouch.<br />
MALATTIA PERIANALE<br />
La malattia perianale è principalmente caratterizzata dalla presenza<br />
di ragadi e fistole, che sono molto comuni nei pazienti con malattia<br />
di Crohn e in particolare tra quelli con localizzazione colica. Il trattamento<br />
di questa patologia dovrebbe essere conservativo e antibiotici<br />
ed agenti immunosoppressori sono stati utilizzati con vario successo.<br />
Risultati iniziali incoraggianti, ma che necessitano di ulteriori<br />
INTESTINO TENUE 895<br />
conferme, sono stati ottenuti utilizzando, in pazienti con fistole entero-cutanee<br />
e perianali, l’anticorpo anti-TNF-α Infliximab 101 .Ampie<br />
escissioni di ascessi e fistole non sono indicate e sono preferibili<br />
interventi conservativi quali il posizionamento di drenaggi e di setoni<br />
non taglienti 67 . La fistulotomia è indicata nella maggior parte dei<br />
pazienti, anche se va tenuto presente che può instaurarsi un certo<br />
grado di stenosi anale come conseguenza dell’infiammazione cronica.<br />
Le ragadi sono normalmente laterali, relativamente indolori, larghe,<br />
non guariscono spontaneamente ma normalmente rispondono<br />
bene al trattamento conservativo. Gli ascessi dovrebbero essere drenati,<br />
senza tuttavia eseguire ampie asportazioni di tessuto. In alcuni<br />
casi può essere necessario l’utilizzo di lembi di avanzamento per la<br />
chiusura delle fistole perianali. Il confezionamento di stomie escludenti<br />
combinato ad una terapia medica ottimale ha dato buoni risultati<br />
nell’indurre una remissione dell’infiammazione. La proctectomia<br />
è raramente necessaria in gruppi selezionati di pazienti che<br />
presentano una malattia persistente e recidivante, nonostante il trattamento<br />
medico conservativo e il trattamento chirurgico.<br />
MALATTIA DUODENALE<br />
La malattia di Crohn del duodeno colpisce circa il 2-4% dei pazienti.<br />
Il trattamento chirurgico è infrequente e l’indicazione primaria<br />
consiste in un’ostruzione duodenale che non risponde alla terapia<br />
medica. La procedura di scelta è la gastro-digiunostomia per bypassare<br />
la sede della malattia piuttosto che non la resezione duodenale.<br />
In pazienti selezionati sono anche state utilizzate con successo le<br />
stricturoplastiche.<br />
Prognosi<br />
Gli interventi chirurgici per malattia di Crohn non sono curativi, tuttavia<br />
offrono ai pazienti una risoluzione significativa dei sintomi. Molti<br />
studi riportano elevati tassi di recidiva 154 , ma è importante tuttavia<br />
fare attenzione alla definizione che viene usata per la recidiva. L’evidenza<br />
di una recidiva endoscopica è presente in circa il 70% dei pazienti<br />
entro un anno dall’intervento chirurgico e nell’85% entro tre<br />
anni, ma molte di queste recidive sono asintomatiche. Tuttavia, se si<br />
considera unicamente la necessità di un reintervento, i tassi di recidiva<br />
sono solo del 25-30% a cinque anni e del 40-50% a vent’anni. Visto in<br />
prospettiva ciò significa che dopo una prima resezione per malattia di<br />
Crohn circa il 45% dei pazienti necessita di un secondo intervento e di<br />
questi solo il 25% andrà incontro ad un terzo intervento. Pertanto, circa<br />
il 90% dei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per malattia<br />
di Crohn subirà non più di due interventi. Nonostante il rischio di recidiva,<br />
molti pazienti sottoposti ad intervento chirurgico avrebbero<br />
preferito essere operati più precocemente in quanto, se eseguito con le<br />
giuste indicazioni, l’intervento quasi sempre restituisce ai pazienti una<br />
buona qualità di vita. La stragrande maggioranza di questi pazienti riferisce<br />
dopo l’intervento la risoluzione dei sintomi, una sensazione<br />
soggettiva di benessere, la possibilità di mangiare normalmente e una<br />
riduzione della necessità di terapie mediche 83 .<br />
Il tasso standardizzato di mortalità, nei pazienti con malattia di<br />
Crohn, è aumentato in coloro che hanno avuto la diagnosi prima dei<br />
vent’anni o che hanno avuto una durata di malattia superiore ai tredici<br />
anni. Gli studi di sopravvivenza a lungo termine hanno dimostrato<br />
che questi pazienti hanno un tasso di mortalità approssimativamente<br />
2-3 volte maggiore rispetto alla popolazione generale. I tumori<br />
dell’apparato digerente restano la principale causa di morte<br />
correlata alla malattia; altre cause di morte correlate sono la sepsi, le<br />
complicanze tromboemboliche e i disordini elettrolitici.<br />
Enterite tifoide<br />
La febbre tifoide resta un problema importante nei Paesi in via di sviluppo,<br />
principalmente in zone con acque contaminate e un inadeguato<br />
smaltimento dei rifiuti 14 .I bambini e i giovani adulti sono le fasce di<br />
età più colpite. Nei Paesi industrializzati il miglioramento delle condizioni<br />
igienico-sanitarie ha ridotto l’incidenza della febbre tifoide, tuttavia,<br />
negli Stati Uniti vengono riportati tuttora 500 casi all’anno.<br />
L’enterite tifoide è un’infezione acuta sistemica, causata dalla Salmonella<br />
typhosa, che dura diverse settimane. La catena di eventi pa-
896 ADDOME<br />
tologici della febbre tifoide ha inizio nel tubo digerente dopo l’ingestione<br />
per via orale del bacillo. Questi organismi penetrano nella<br />
mucosa dell’intestino tenue diffondendosi rapidamente attraverso<br />
i linfatici per via sistemica. L’iperplasia del sistema reticolo-endoteliale,<br />
inclusi i linfonodi, il fegato e la milza è caratteristica della<br />
febbre tifoide. Le placche di Peyer del piccolo intestino diventano<br />
iperplastiche e possono successivamente ulcerarsi causando<br />
un’emorragia o una perforazione.<br />
La diagnosi di febbre tifoide viene confermata isolando l’organismo<br />
nel sangue (positivo nel 90% dei pazienti durante la prima<br />
settimana di malattia), nel midollo osseo e nelle coprocolture.<br />
Inoltre, il riscontro di alti titoli di aglutinine contro gli antigeni O<br />
ed H sono fortemente indicativi di febbre tifoide. Sono state messe<br />
a punto metodiche per la diagnosi di S. typhosa usando la PCR,<br />
ma sono ancora sperimentali.<br />
Il trattamento della febbre tifoide e dell’enterite tifoide non<br />
complicata viene effettuato mediante somministrazione di antibiotici.<br />
Il cloramfenicolo, l’ampicillina, l’amoxicillina, e il trimetoprim-sulfametossazolo<br />
sono stati tutti utilizzati con buoni risultati.<br />
Inoltre, sono stati anche utilizzati con successo brevi cicli di cefalosporine<br />
di terza generazione.<br />
Le complicanze che necessitano di un possibile trattamento chirurgico<br />
sono l’emorragia e la perforazione 81 .L’incidenza dell’emorragia<br />
è stata riportata in alcuni studi attorno al 20%, ma con la disponibilità<br />
dei trattamenti antibiotici questa percentuale si è ridotta.<br />
Quando avviene l’emorragia una trasfusione è normalmente indicata<br />
e sufficiente, e raramente si rende necessaria una laparotomia per<br />
emorragie gravi e non controllabili. Una perforazione intestinale attraverso<br />
una placca di Peyer ulcerata avviene in circa il 2% dei casi.<br />
Tipicamente, si tratta di una perforazione singola dell’ileo terminale<br />
e la semplice raffia della perforazione costituisce il trattamento di<br />
scelta. Nel caso di perforazioni multiple, che avvengono in circa un<br />
quarto di questi pazienti, può essere necessario effettuare una resezione<br />
con anastomosi diretta o una enterostomia.<br />
Enteriti nel paziente immunocompromesso<br />
La crescente epidemia di AIDS, così come il diffondersi dell’utilizzo<br />
di agenti immunosoppressori a seguito di trapianti di organo, hanno<br />
fatto sì che numerosi agenti patogeni rari ed esotici causassero infezioni<br />
del tratto digerente 122 . La maggior parte dei pazienti con AIDS<br />
ha dei sintomi gastrointestinali nel corso della loro malattia, il più<br />
comune dei quali è la diarrea 27 .Tuttavia, al chirurgo può essere richiesta<br />
la valutazione di un paziente immunocompromesso con dolori<br />
addominali, un evidente quadro di addome acuto o un sanguinamento<br />
gastrointestinale; numerosi organismi quali protozoi, batteri,virus<br />
e funghi possono essere alla base di questi disturbi.<br />
Protozoi<br />
I protozoi (e.g.: Cryptosporidium, Isospora e Microsporidium) sono la<br />
categoria di patogeni che causano più frequentemente la diarrea nei pazienti<br />
con AIDS. L’intestino tenue è il tratto più comunemente colpito<br />
dall’infezione. La diagnosi viene spesso effettuata con colorazioni acide<br />
rapide delle feci o delle secrezioni duodenali. I sintomi sono comunemente<br />
collegati alla diarrea, che può risultare a tratti intrattabile. Gli attuali<br />
protocolli di trattamento non sono completamente efficaci.<br />
Batteri<br />
Le infezioni da entero-batteri sono più frequenti e più virulente negli<br />
individui infetti con virus dell’immunodeficienza umana rispetto<br />
agli individui sani. La Salmonella, la Shigella e il Campylobacter sono<br />
associati ad un più alto tasso di batteriemia e di antibiotico resistenza<br />
nei pazienti immunocompromessi. La diagnosi di Shigella o Salmonella<br />
può essere effettuata sulla base della coprocoltura, che può<br />
invece risultare spesso negativa per il Campylobacter, la cui diagnosi<br />
può essere più difficile. Queste infezioni intestinali si manifestano<br />
clinicamente con febbre alta, dolori addominali (che possono mimare<br />
un addome acuto) e diarrea con possibili perdite di sangue. La batteriemia<br />
può essere trattata con la somministrazione di antibiotici<br />
per via sistemica; la ciprofloxacina è una scelta da prendere in considerazione<br />
in caso di microorganismi multiresistenti.<br />
La diarrea causata da Clostridium difficile è più comune tra i pazienti<br />
con AIDS a causa del maggior uso di antibiotici in questa popolazione<br />
rispetto agli individui sani. La diagnosi si effettua con il dosaggio<br />
standard dell’enterotossina del C. difficile nelle feci e il trattamento con<br />
il metronidazolo o la vancomicina è normalmente efficace.<br />
Micobatteri<br />
Nel paziente immunocompromesso le infezioni da micobatteri sono<br />
frequentemente causa di enteriti, che possono derivare dal Mycobacterium<br />
tuberculosis o dal Mycobacterium avium complex (MAC), un<br />
micobatterio atipico simile a quello che causa l’adenite cervicale<br />
(scrofula). La normale via di infezione avviene per mezzo della deglutizione<br />
dei microorganismi che penetrano direttamente nella mucosa<br />
intestinale. Il tratto intestinale è spesso coinvolto dal MAC, con<br />
un ispessimento massivo del piccolo intestino prossimale (Fig. <strong>44</strong>-<br />
25). Clinicamente i pazienti con il MAC si presentano con diarrea,<br />
febbre, anoressia e deperimento progressivo.<br />
I tratti intestinali più comunemente colpiti dall’infezione con M.<br />
tuberculosis sono l’ileo distale ed il cieco, interessati nell’85-90% dei<br />
pazienti 2 .L’aspetto macroscopico può essere ulcerativo, ipertrofico o<br />
misto. La parete intestinale si presenta ispessita e spesso una massa<br />
infiammatoria circonda la regione ileociecale, con un evidente stato<br />
infiammatorio che può essere associato a stenosi e fistole. La superficie<br />
sierosa è normalmente ricoperta da numerosi tubercoli e i linfonodi<br />
mesenterici sono frequentemente ingranditi e ispessiti. Il loro<br />
esame istopatologico rivela la presenza di necrosi caseosa. La mucosa<br />
è iperemica, edematosa e in alcuni casi ulcerata. All’esame istologico<br />
la lesione patognomonica è il granuloma caseoso, più comunemente<br />
riscontrato nei linfonodi. La maggior parte dei pazienti si lamenta<br />
di un dolore addominale cronico, che può essere aspecifico,<br />
con perdita di peso, febbre e diarrea.<br />
La diagnosi di un’infezione da micobatteri si fonda sull’identificazione<br />
degli organismi nei tessuti, sia per visualizzazione diretta con<br />
colorazioni acide rapide, che per coltura del tessuto asportato, oppure<br />
con tecniche di PCR. Gli esami radiografici normalmente eviden-<br />
Figura <strong>44</strong>-25. Lastra con il bario in paziente con AIDS che mostra ispessimento<br />
delle pliche intestinali compatibile con enterite secondaria a micobatteri<br />
atipici. (Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University<br />
of Texas Medical Branch).
ziano una mucosa ispessita con distruzione delle pliche mucose e ulcerazioni,<br />
mentre la TAC può essere utile nel mostrare una valvola<br />
ileociecale e un cieco ispessisti.<br />
Il trattamento del M. tuberculosis è simile nei pazienti immunocompromessi<br />
e non, essendo normalmente sensibile alla terapia antimicobatterica<br />
multifarmacologica. La terapia delle infezioni da<br />
MAC è in evoluzione e i farmaci utilizzati con successo in vivo ed in<br />
vitro sono l’amicacina, la ciprofloxacina, la cicloserina e l’etionamide.<br />
Anche la claritromicina è stata usata con successo in combinazione<br />
con altri agenti. Nella tubercolosi intestinale, in particolare da M.<br />
tuberculosis, può essere necessario un intervento chirurgico le cui indicazioni<br />
più tipiche sono le ostruzioni e le fistole; tuttavia molte fistole<br />
rispondono ai moderni schemi terapeutici di trattamento medico.<br />
Quanto alle complicanze ulcerative, l’intervento può rendersi<br />
necessario in caso di perforazione libera, di perforazione con ascesso<br />
o emorragia massiva. Il trattamento di scelta consiste di solito nella<br />
resezione con anastomosi diretta.<br />
Virus<br />
Il citomegalovirus (CMV) è la causa virale più frequente di diarrea<br />
nel paziente immunocompromesso. Le manifestazioni cliniche sono<br />
costituite da diarrea intermittente associata a febbre, perdita di peso<br />
e dolori addominali. Le manifestazioni intestinali dell’infezione da<br />
CMV derivano dalle ulcerazioni ischemiche della mucosa che sono<br />
alla base dell’alto tasso di perforazioni associate al CMV. A causa delle<br />
diffuse ulcerazioni del tratto intestinale, i pazienti possono presentarsi<br />
con dolori addominali, peritonite o ematochezia. La diagnosi<br />
di infezione da CMV si fonda sulla dimostrazione delle inclusioni<br />
virali, la più caratteristica delle quali è un’inclusione intranucleare<br />
spesso circondata da un alone che causa un aspetto a “occhio di<br />
gufo”, ma possono essere presenti anche inclusioni citoplasmatiche<br />
(Fig. <strong>44</strong>-26). Le colture per il CMV sono normalmente positive<br />
quando sono presenti le inclusioni, ma sono meno sensibili e meno<br />
specifiche dell’esame istopatologico. Una volta diagnosticata, il trattamento<br />
dell’infezione da CMV si basa sul ganciclovir. Un’alternativa<br />
a questo farmaco è costituita dal foscarnet, un analogo dei pirofosfati<br />
che inibisce la replicazione virale. Sono state riportate anche altre<br />
infezioni virali meno comuni, causate da adenovirus, rotavirus e<br />
da nuovi virus enterici quali gli astrovirus e i picornavirus.<br />
Funghi<br />
Nei pazienti con AIDS sono state riportate infezioni intestinali da<br />
agenti fungini. L’istoplasmosi gastrointestinale avviene nel contesto<br />
Figura <strong>44</strong>-26. Sezione microscopica dell’intestino tenue di paziente con AIDS<br />
affetto da enterite da citomegalovirus. Si notano numerose grosse cellule con inclusioni<br />
intranucleari e inclusioni citoplasmatiche, tipiche del citomegalovirus.<br />
(Per gentile concessione di Mary R. Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).<br />
INTESTINO TENUE 897<br />
di un’infezione sistemica, spesso in associazione con una malattia<br />
polmonare ed epatica. La diagnosi viene effettuata con strisci e colture<br />
fungine su tessuto infetto o sangue. L’infezione viene più comunemente<br />
trattata con la somministrazione di anfotericina B. La coccidioidomicosi<br />
intestinale è un evento raro, e come l’istoplasmosi,<br />
avviene nel contesto di un’infezione sistemica.<br />
NEOPLASIE<br />
Considerazioni generali<br />
Le neoplasie del piccolo intestino sono estremamente rare, nonostante<br />
il tenue costituisca circa l’80% della lunghezza totale del<br />
tratto intestinale e fornisca circa il 90% della superficie mucosa 92,<br />
92a, 108 .Solo il 5% di tutte le neoplasie gastrointestinali e l’1-2% di<br />
tutti i tumori maligni del tubo digerente originano nell’intestino<br />
tenue. Le ragioni di questa ridotta incidenza di tumori, nonostante<br />
la rapida proliferazione della mucosa, sono unicamente speculative,<br />
ma possono includere alcuni fattori quali il transito rapido<br />
del contenuto luminale; l’elevato turn over delle cellule epiteliali<br />
che ridurrebbe l’esposizione ai carcinogeni; l’alcalinità del contenuto<br />
intestinale; la grande quantità di IgA presenti sulla parete e la<br />
bassa carica batterica presente nel lume.<br />
L’età media della comparsa di neoplasie è circa 59 anni, 62 per i tumori<br />
benigni e 57 per le lesioni maligne. In molti studi di popolazione<br />
gli uomini hanno un’incidenza maggiore di tumori del piccolo<br />
intestino rispetto alle donne. Come per altri tumori, l’incidenza<br />
sembra soggetta ad una distribuzione geografica, essendo più elevata<br />
tra i Maori della Nuova Zelanda e gli indigeni Hawaiani 90 e particolarmente<br />
bassa in India, in Romania e in altre regioni dell’Europa<br />
dell’Est. Benché, come precedentemente detto, l’incidenza dei tumori<br />
dell’intestino tenue sia particolarmente bassa, a partire dalla metà<br />
degli anni ’80 sembra essere in aumento, probabilmente a causa della<br />
diffusione dell’AIDS e all’aumento di neoplasie, quali i linfomi,<br />
che colpiscono i soggetti immunocompromessi.<br />
Poiché le lesioni benigne vengono spesso identificate nelle casistiche<br />
autoptiche, l’incidenza delle neoplasie del piccolo intestino<br />
varia considerevolmente 152 .Al contrario, le neoplasie maligne rappresentano<br />
il 75% delle lesioni sintomatiche che portano ad un intervento<br />
chirurgico. Tutto ciò è probabilmente dovuto al fatto che<br />
la maggior parte delle neoplasie benigne è asintomatica e quindi<br />
viene spesso riscontrata in modo accidentale. I tumori benigni più<br />
frequenti sono i leiomiomi e gli adenomi. Le lesioni benigne sembrano<br />
essere più frequenti nell’intestino tenue distale, ciò tuttavia<br />
può essere un dato confondente a causa della brevità del duodeno;<br />
infatti, per unità di superficie i tumori duodenali sono di gran lunga<br />
più frequenti. A seconda degli studi le neoplasie maligne più comuni<br />
sono l’adenocarcinoma o il carcinoide. Gli adenocarcinomi<br />
sono più numerosi nel piccolo intestino prossimale, mentre le altre<br />
lesioni maligne sono più comuni nell’intestino distale. I pazienti<br />
con malattia di Crohn e adenomatosi poliposa familiare hanno un<br />
rischio più alto di sviluppare neoplasie del piccolo intestino rispetto<br />
alla popolazione in generale. Benché la genetica molecolare delle<br />
neoplasie dell’intestino tenue non sia stata completamente caratterizzata,<br />
vengono spesso riscontrate mutazioni del gene K-ras in<br />
modo simile a quanto avviene per i tumori colorettali 7 .<br />
Diagnosi<br />
A causa della natura insidiosa di molte delle neoplasie del piccolo<br />
intestino, per effettuare la diagnosi è necessario che ci sia un forte<br />
sospetto, infatti, in molte casistiche una corretta diagnosi preoperatoria<br />
è fatta soltanto nel 20-50% dei pazienti sintomatici. In una<br />
casistica di pazienti in cui l’intestino prossimale veniva studiato<br />
con un esame seriato con bario, la diagnosi di neoplasia maligna è<br />
stata correttamente effettuata nel 50-70% dei casi (Fig. <strong>44</strong>-27). Il<br />
clisma del tenue sembra una metodica ancora più sensibile con<br />
un’accuratezza diagnostica del 90% circa.<br />
L’endoscopia può essere utile in particolare nella diagnosi delle lesioni<br />
duodenali e spesso il colonscopio è in grado di raggiungere l’ileo<br />
terminale per visualizzare, ed eventualmente biopsiare, tumori<br />
ileali. L’enteroscopia non viene usata routinariamente per la valuta-
898 ADDOME<br />
Figura <strong>44</strong>-27. Lastra con il bario che evidenzia una tipica lesione “a torsolo di<br />
mela” (v. frecce) causata da adenocarcinoma del piccolo intestino, che produce<br />
una parziale ostruzione con dilatazione dell’intestino prossimale. (Per gentile concessione<br />
di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch).<br />
zione delle lesioni del piccolo intestino in quanto questo esame richiede<br />
un tempo di esecuzione di 8 ore e può non essere in grado di<br />
visualizzare l’intero intestino tenue.<br />
Una lastra dell’addome diretto può confermare la presenza di<br />
un’ostruzione, tuttavia, nella maggior parte dei casi non è in grado<br />
di effettuare la diagnosi di neoplasia del piccolo intestino. L’angiografia<br />
è utile nella diagnosi e nella localizzazione dei tumori di<br />
origine vascolare come gli angiomi. La TAC dell’addome può dimostrarsi<br />
particolarmente utile nell’identificazione dei tumori extra-luminali,<br />
come i leiomiomi e i leiomiosarcomi e può fornire<br />
informazioni importanti per la stadiazione dei tumori maligni 16<br />
(Fig. <strong>44</strong>-28). L’ecografia non si è dimostrata efficace nella diagno-<br />
TABELLA <strong>44</strong>-6. Distribuzione delle neoplasie benigne<br />
nel piccolo intestino<br />
si preoperatoria delle neoplasie del piccolo intestino. Nonostante i<br />
sofisticati mezzi diagnostici e le metodiche di immagine, la diagnosi<br />
dei tumori del piccolo intestino viene spesso effettuata solo<br />
al momento dell’esplorazione chirurgica, eseguita sia come procedura<br />
in elezione che in urgenza.<br />
Neoplasie benigne<br />
Numeri (%)<br />
Tipi di neoplasie Duodeno Digiuno Ileo Totale<br />
Adenoma 167 (33) 127 (25) 211 (42) 505<br />
Fibroma 12 (7) 28 (17) 125 (76) 165<br />
Emangioma, linfangioma 18 (8) 99 (47) 95 (45) 212<br />
Pseudolinfoma 0 (0) 1 (17) 5 (83) 6<br />
Leiomioma 86 (19) 188 (41) 180 (40) 454<br />
Schwannoma, 12 (15) 25 (32) 41 (53) 78<br />
neurilemoma<br />
Lipoma 72 (24) 54 (18) 175 (58) 301<br />
Totale 367 (21) 522 (30) 832 (49) 1721<br />
Adattata da Wilson JM, Melvin DB, Gray GF, Thorbjarnarson B: Benign small<br />
bowel tumor. Ann Surg 181 (7):247-250, 1975.<br />
Le neoplasie benigne più comuni sono i leiomiomi, gli adenomi e i<br />
lipomi (Tabella <strong>44</strong>-6). Altre lesioni benigne includono gli amartomi,<br />
i fibromi, gli angiomi, i linfangiomi, i neurofibromi e gli emangiomi.<br />
Gli adenomi sono i tumori benigni più comuni riportati negli studi<br />
autoptici, ma i leiomiomi sono quelli che causano più sintomi.<br />
Manifestazioni cliniche<br />
I sintomi associati alle neoplasie del piccolo intestino sono spesso<br />
molto vaghi e aspecifici e possono comprendere la dispepsia, l’anoressia,<br />
un generale malessere e un dolore addominale sordo (spesso<br />
intermittente e di tipo colico). I sintomi possono essere presenti per<br />
mesi o anni prima dell’intervento chirurgico. La maggior parte dei<br />
pazienti con neoplasie benigne resta asintomatica e le loro neoplasie<br />
vengono diagnosticate in sede autoptica o come reperto collaterale<br />
nel corso di una laparotomia o di un esame radiologico del tubo digerente<br />
prossimale. Nei restanti casi il dolore, più frequentemente<br />
causato da un’ostruzione, è il sintomo più frequentemente riferito.<br />
Spesso l’ostruzione è il risultato di un’intussuscezione e i piccoli tumori<br />
benigni sono la causa più frequente di questo fenomeno nell’a-<br />
Figura <strong>44</strong>-28. TAC dell’addome che mostra una neoplasia del<br />
piccolo intestino (v. freccia). (Per gentile concessione di Melvyn<br />
H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch).
dulto. L’emorragia è il secondo sintomo più frequente, ma il sanguinamento<br />
normalmente è occulto e può essere associato a ematochezia<br />
o ematemesi anche se le emorragie gravi sono rare.<br />
Trattamento<br />
Il trattamento chirurgico dei tumori benigni è quasi sempre indicato<br />
sia per evitare il rischio di sviluppare complicanze sia perché la<br />
diagnosi di malattia benigna spesso non può essere fatta senza un<br />
esame microscopico. Le complicanze che più spesso necessitano di<br />
un intervento chirurgico sono il sanguinamento e l’ostruzione. Normalmente<br />
si pratica una resezione segmentaria con anastomosi diretta,<br />
tranne per le lesioni molto piccole che vengono asportate con<br />
un’enterotomia. Poiché le lesioni sono spesso multiple, il piccolo intestino<br />
deve essere esplorato interamente.<br />
Anatomia patologica<br />
I leiomiomi, tumori benigni che originano dalle cellule muscolari lisce,<br />
costituiscono le più comuni neoplasie benigne sintomatiche dell’intestino<br />
tenue. La loro incidenza è pari nei due sessi e vengono frequentemente<br />
diagnosticati nella quinta decade di vita. Macroscopicamente<br />
appaiono come lesioni dure, grigio-biancastre con un<br />
aspetto a spirale sulla superficie di taglio; l’esame microscopico evidenzia<br />
cellule muscolari lisce ben differenziate. I leiomiomi possono<br />
crescere all’interno del lume e causare un’ostruzione. Diversamente,<br />
possono avere una crescita intra o extramurale, raggiungendo a volte<br />
dimensioni considerevoli, incrementando il loro apporto di sangue<br />
e infine provocando un sanguinamento, che è l’indicazione chirurgica<br />
più frequente nei pazienti con leiomiomi.<br />
Gli adenomi rappresentano approssimativamente il 35% di tutti i<br />
tumori benigni dell’intestino tenue e sono di tre tipi principali: gli<br />
adenomi veri, gli adenomi villosi e gli adenomi delle ghiandole di<br />
Brunner. Il 20% viene diagnosticato nel duodeno, il 30% nel digiuno<br />
e il 50% nell’ileo. La maggior parte di queste lesioni è asintomatica,<br />
singola e costituisce un reperto autoptico accidentale. I più comuni<br />
sintomi di presentazione sono il sanguinamento e l’ostruzione. Gli<br />
adenomi villosi sono rari, ma possibili, si localizzano in genere nel<br />
duodeno e possono essere associati alla sindrome della poliposi familiare.<br />
Queste lesioni hanno la tendenza alla degenerazione maligna<br />
e possono avere dimensioni relativamente grandi (> 5 cm di diametro).<br />
Normalmente vengono diagnosticate in seguito a dolori addominali<br />
o a sanguinamenti, ma possono causare anche un’ostruzione.<br />
Il rischio di degenerazione maligna di queste lesioni è descritto tra il<br />
35 e il 55%, e il trattamento di scelta è la resezione segmentaria, benché<br />
nel duodeno possa essere eseguita una polipectomia in presenza<br />
di un tumore istologicamente benigno. In caso di invasività è necessaria<br />
una resezione più estesa come ad esempio una pancreaticoduodenectomia.<br />
Gli adenomi delle ghiandole di Brunner sono lesioni<br />
iperplastiche benigne che originano dalle ghiandole di Brunner del<br />
duodeno prossimale. Questi adenomi possono causare sintomi che<br />
mimano quelli dell’ulcera peptica. La diagnosi può essere ottenuta<br />
attraverso l’endoscopia con biopsie e le lesioni sintomatiche delle regioni<br />
accessibili andrebbero resecate con la semplice escissione. Non<br />
vi è rischio di degenerazione neoplastica e pertanto non è necessaria<br />
una resezione radicale.<br />
I lipomi sono più frequenti nell’ileo e si presentano come una lesione<br />
singola localizzata nella sottomucosa. Si verificano principalmente<br />
nella sesta e settima decade di vita e più frequentemente negli<br />
uomini. Meno di un terzo di questi tumori è sintomatico e tra questi<br />
le manifestazioni più comuni sono l’ostruzione e il sanguinamento<br />
da ulcere superficiali. Il trattamento di scelta delle lesioni sintomatiche<br />
è l’escissione e siccome i lipomi non hanno un rischio di degenerazione<br />
neoplastica, qualora vengano trovati accidentalmente<br />
vanno rimossi solo se la resezione non è complessa.<br />
Gli amartomi del piccolo intestino rientrano nel quadro della<br />
sindrome di Peutz-Jeghers, una sindrome ereditaria caratterizzata<br />
da pigmentazione melanotica della cute e delle mucose e da poliposi<br />
gastrointestinale 58 ,con caratteristiche di ereditarietà mendeliana<br />
semplice dominante ad alto grado di penetranza. Le classiche<br />
lesioni pigmentate sono piccole, di 1 o 2 mm, marroni o nere, localizzate<br />
nella regione del viso intorno alla bocca, nella mucosa<br />
INTESTINO TENUE 899<br />
orale, sugli avambracci, sulle piante dei piedi, sulle dita e nella regione<br />
perianale. Benché sia motivo di controversia la natura amartomatosa<br />
piuttosto che neoplastica dei polipi è generalmente accettata.<br />
L’intero digiuno e l’ileo sono i tratti intestinali più comunemente<br />
interessati da questi amartomi; tuttavia, il 50% dei pazienti<br />
può avere anche localizzazioni rettali e coliche e il 25% localizzazioni<br />
gastriche. Il sintomo più comune è il dolore addominale di tipo<br />
colico ricorrente, spesso causato da intussuscezioni intermittenti.<br />
Un terzo dei pazienti può presentarsi con dolori addominali ai<br />
quadranti inferiori associati ad una massa palpabile. L’emorragia,<br />
come risultato di un’autoamputazione dei polipi, avviene raramente<br />
e normalmente si manifesta con anemia, mentre le emorragie<br />
acute gravi sono rare. Sono descritti carcinomi associati a questi<br />
amartomi, ma la loro incidenza è inferiore al 3%. Tuttavia, non è<br />
completamente chiaro se si tratti di una coincidenza o di una reale<br />
espressione di malignità. Come per altre lesioni benigne nelle complicanze<br />
della sindrome di Peutz-Jeghers il trattamento è principalmente<br />
rivolto alla risoluzione dell’eventuale ostruzione o del sanguinamento<br />
persistente. La resezione, spesso di dimensioni limitate,<br />
dovrebbe essere circoscritta al segmento di intestino causa della<br />
complicanza. A causa dell’esteso coinvolgimento intestinale una<br />
cura non è possibile e resezioni estese non sono indicate.<br />
Gli emangiomi sono malformazioni della fase dello sviluppo e<br />
sono costituiti dalla proliferazione sottomucosa dei vasi sanguigni.<br />
Possono essere localizzati a qualsiasi livello del tubo digerente e il<br />
digiuno è il segmento di intestino tenue maggiormente colpito. Gli<br />
emangiomi sono responsabili del 3-4% di tutti i tumori benigni<br />
del piccolo intestino, sono multipli nel 60% dei pazienti e fanno<br />
parte di una malattia ereditaria nota come malattia di Rendu-<br />
Osler-Weber. Oltre che nel piccolo intestino gli emangiomi possono<br />
essere presenti nei polmoni, nel fegato e nelle membrane mucose.<br />
Anche i pazienti con la sindrome di Turner possono sviluppare<br />
emangiomi cavernosi dell’intestino. Il sintomo più comune<br />
degli emangiomi dell’intestino tenue è il sanguinamento e l’angiografia<br />
o la scintigrafia con emazie marcate ( 99m Tc) sono gli esami<br />
diagnostici più utili. In caso di localizzazione preoperatoria dell’emangioma<br />
si pratica semplicemente una resezione del tratto intestinale<br />
coinvolto, in caso contrario sono necessarie la transilluminazione<br />
intraoperatoria e la palpazione.<br />
È stata descritta una varietà di altri tumori benigni del piccolo<br />
intestino, tra cui i fibromi, i fibromixomi, i neurofibromi, gli<br />
schwannomi, i neurilemomi e i linfangiomi. I sintomi di presentazione<br />
sono simili a quelli delle lesioni più comuni e includono<br />
ostruzione e sanguinamento. La chirurgia è indicata per i tumori<br />
sintomatici e il trattamento di scelta è la semplice escissione. Inoltre,<br />
tessuto pancreatico ectopico può essere occasionalmente riscontrato<br />
nel digiuno, ma normalmente è asintomatico e non assume<br />
caratteristiche di malignità. È stata descritta anche l’endometriosi<br />
del piccolo intestino che può causare ostruzione secondaria<br />
ad un kinking, stenosi o fibrosi.<br />
Neoplasie maligne<br />
Le neoplasie maligne più comuni del piccolo intestino sono in ordine<br />
di frequenza approssimativa gli adenocarcinomi, i carcinoidi, i<br />
sarcomi e i linfomi (Tab. <strong>44</strong>-7). A causa delle differenze nella presentazione<br />
clinica, nella diagnosi e nel trattamento i carcinoidi vengono<br />
trattati separatamente.<br />
Manifestazioni cliniche<br />
Contrariamente a quanto avviene con le lesioni benigne, le neoplasie<br />
maligne causano quasi sempre dei sintomi, i più comuni dei<br />
quali sono il dolore e la perdita di peso. L’ostruzione avviene nel<br />
15-35% dei pazienti e contrariamente all’intussuscezione causata<br />
dalla lesioni benigne è normalmente il risultato delle adesioni e<br />
delle infiltrazioni del tumore. La diarrea può essere presente, associata<br />
al tenesmo e al passaggio di grandi quantità di muco. Gli adenocarcinomi<br />
possono causare le tipiche lesioni costrittive a torsolo<br />
di mela, simili a quelle osservate nel colon. Il sanguinamento gastrointestinale,<br />
che si manifesta con anemia, sangue occulto fecale<br />
positivo o occasionalmente con melena o ematochezia, è presente
900 ADDOME<br />
TABELLA <strong>44</strong>-7. Distribuzione delle neoplasie maligne nel piccolo intestino<br />
con diversa gravità nelle lesioni maligne ed è più comune nei leiomiosarcomi.<br />
Una massa palpabile può essere apprezzata nel 10-<br />
20% dei pazienti e nel 10% può avvenire una perforazione, normalmente<br />
secondaria a un linfoma o a un sarcoma.<br />
Anatomia patologica<br />
Nella maggior parte delle casistiche gli adenocarcinomi costituiscono<br />
il 50% circa dei tumori maligni del piccolo intestino 91 .Il picco<br />
di massima incidenza si ha nella settima decade di vita e molte<br />
casistiche mostrano una leggera predominanza del sesso maschile.<br />
La maggior parte di questi tumori è localizzata nel duodeno e nel<br />
digiuno prossimale (Fig. <strong>44</strong>-29). Quelli che si sviluppano in associazione<br />
ad una malattia di Crohn tendono a colpire fasce di età più<br />
precoci, e più del 70% originano nell’ileo. I tumori del duodeno si<br />
manifestano più precocemente di quelli dei tratti intestinali più distali,<br />
con sintomi quali l’ittero e il sanguinamento cronico. Gli adenocarcinomi<br />
del digiuno e dell’ileo normalmente causano sintomi<br />
aspecifici come un vago dolore addominale e la perdita di peso, ma<br />
possono anche verificarsi ostruzioni e sanguinamenti cronici. Le<br />
perforazioni non sono frequenti. Come avviene per gli adenocarcinomi<br />
degli altri organi, la sopravvivenza di questi pazienti è correlata<br />
con la stadiazione al momento della diagnosi. A causa di numerosi<br />
fattori (e.g.: vaghezza dei sintomi, assenza di riscontri<br />
obiettivi e mancanza di un sospetto clinico per lesioni così rare), la<br />
diagnosi viene spesso fatta tardivamente e al momento della chirurgia<br />
lo stadio della malattia è già avanzato.<br />
I sarcomi che originano dal mesoderma, costituiscono circa il 20%<br />
delle neoplasie maligne del piccolo intestino e il più frequente di essi<br />
è il leiomiosarcoma (Fig. <strong>44</strong>-30). Questi tumori sono più comuni<br />
nel digiuno e nell’ileo, vengono tipicamente diagnosticati tra la quinta<br />
e la sesta decade di vita e hanno un rapporto di incidenza uomini/donne<br />
di 3 a 1. Le indicazioni più comuni per un intervento chirurgico<br />
sono il sanguinamento e l’ostruzione, ma può verificarsi an-<br />
Figura <strong>44</strong>-29. Grande adenocarcinoma mucinoso circonferenziale del digiuno.<br />
(Per gentile concessione di Mary R. Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).<br />
Numeri (%)<br />
Tipi di Neoplasie Duodeno Digiuno Ileo Totale<br />
Adenocarcinoma 399 (40) 381 (38) 222 (22) 1002<br />
Carcinoide 42 (6) 73 (10) 599 (84) 714<br />
Linfoma 4 (16) 12 (48) 9 (36) 25<br />
Leiomiosarcoma 41 (10) 156 (37) 224 (53) 421<br />
Fibrosarcoma, angiosarcoma, schwannoma maligno, liposarcoma 2 (29) 0 (0) 5 (71) 7<br />
Totale 488 (22) 622 (29) 1059 (49) 2169<br />
Adattata da Wilson JM, Melvin DB, Gray GF, Thorbjarnarson B: Benign small bowel tumor. Ann Surg 181 (2):247-250, 1975; e Loehr WJ, Mujahed Z, Zahn FD<br />
et al. Primary lymphoma of the gastrointestinal tract: A review of 100 cases. Ann. Surg 170(2):232-238, 1969.<br />
che una perforazione libera come conseguenza della necrosi emorragica<br />
di grosse masse tumorali. I leiomiosarcomi metastatizzano per<br />
contiguità alle strutture circostanti e per via ematica al fegato, ai polmoni<br />
e all’osso; le metastasi linfatiche sono rare. Altre forme rare di<br />
sarcoma che possono colpire l’intestino tenue sono il fibrosarcoma,<br />
l’angiosarcoma, il liposarcoma e il sarcoma di Kaposi.<br />
I linfomi maligni possono coinvolgere primitivamente il piccolo<br />
intestino o essere la manifestazione di una malattia sistemica. I linfomi<br />
primitivi gastrointestinali, di cui circa un terzo si localizza al piccolo<br />
intestino, rappresentano il 5% di tutti i linfomi e costituiscono<br />
il 10-15% delle neoplasie maligne dell’intestino tenue dell’adulto; nei<br />
bambini di età inferiore ai 10 anni essi sono la neoplasia intestinale<br />
più frequente. I linfomi sono normalmente localizzati nell’ileo dove<br />
è presente la più alta concentrazione di tessuto linfoide intestinale.<br />
Macroscopicamente i linfomi del piccolo intestino sono voluminosi<br />
(la maggior parte supera i 5 cm) e possono estendersi oltre la mucosa<br />
(Fig. <strong>44</strong>-31). Microscopicamente è spesso presente una infiltrazione<br />
diffusa della parete intestinale. I sintomi del linfoma del piccolo<br />
intestino includono il dolore, la perdita di peso, la nausea, il vomito<br />
e la modificazione delle abitudini intestinali. La perforazione avviene<br />
nel 25% dei pazienti (Fig. <strong>44</strong>-32) e la febbre è rara e suggerisce un<br />
coinvolgimento sistemico.<br />
Trattamento<br />
Il trattamento delle neoplasie maligne del piccolo intestino è costituito<br />
da una resezione ampia con asportazione dei linfonodi regionali<br />
(Fig. <strong>44</strong>-33). Nel caso di lesioni duodenali può essere necessaria<br />
una pancreaticoduodenectomia (procedura di Whipple), ma spesso<br />
la resezione chirurgica curativa non è possibile. Pertanto, andrebbero<br />
eseguite resezioni palliative per prevenire ulteriori complicanze<br />
quali il sanguinamento, l’ostruzione e la perforazione, qualora non<br />
Figura <strong>44</strong>-30. Leiomiosarcoma dell’intestino tenue (tumore stromale gastrointestinale<br />
maligno) con necrosi emorragiche. (Per gentile concessione di Mary R.<br />
Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).
Figura <strong>44</strong>-31. Fotografia macroscopica di un linfoma primitivo dell’ileo, che evidenzia<br />
la sostituzione di tutti gli strati della parete intestinale da parte del tumore.<br />
(Per gentile concessione di Mary R. Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).<br />
fosse possibile può essere eseguito un bypass del segmento interessato<br />
che garantisca un miglioramento dei sintomi.<br />
Radio- e chemioterapia adiuvanti hanno un ruolo marginale nel<br />
trattamento dei pazienti con adenocarcinoma del piccolo intestino.<br />
La radioterapia offre un miglioramento della sopravvivenza<br />
nei pazienti con sarcoma e una combinazione di radioterapia, chemioterapia<br />
e resezione chirurgica offrono la miglior sopravvivenza<br />
ai pazienti con linfoma.<br />
Prognosi<br />
La metà dei pazienti operati per tumori maligni del piccolo intestino<br />
ha lesioni non suscettibili di resezione curativa 30 , un terzo ha metastasi<br />
a distanza al momento dell’intervento e il tasso globale di sopravvivenza<br />
a cinque anni dopo trattamento chirurgico è del 25%.<br />
Gli adenocarcinomi hanno la prognosi peggiore, con un tasso globale<br />
di sopravvivenza del 15-20%, mentre i leiomiomi e i linfomi hanno<br />
un tasso di sopravvivenza a cinque anni del 25-35%.<br />
Carcinoidi<br />
I carcinoidi del piccolo intestino hanno origine dalle cellule enterocromaffini<br />
(cellule di Kulchitsky) che si trovano nelle cripte di Lie-<br />
Figura <strong>44</strong>-32. Linfoma del piccolo intestino che si presenta con perforazione e<br />
peritonite. (Per gentile concessione di Mary R. Schwartz M.D., Baylor College<br />
of Medicine).<br />
INTESTINO TENUE 901<br />
A<br />
10 cm<br />
Tumore<br />
10 cm<br />
Figura <strong>44</strong>-33. Trattamento chirurgico del carcinoma del piccolo intestino. A, I<br />
tumori maligni andrebbero resecati con ampi margini di intestino sano e con un<br />
cuneo di mesentere per rimuovere i linfonodi regionali. B, Anastomosi terminoterminale<br />
con riparazione del mesentere. (A e B, adattata da Thompson JC:<br />
Atlas of Surgery of the Stomach, Duodenum, and Small Bowel. St. Louis, Mosby-Year<br />
Book, 1992, p. 299).<br />
berkuhn 85, 99 .Queste cellule vengono anche dette argentaffini a causa<br />
della loro colorabilità con i composti dell’argento. Questi tumori<br />
vennero descritti per la prima volta da Lubarsch nel 1888 e nel 1907<br />
Oberndorfer coniò il termine Karzinoide per indicare l’aspetto simile<br />
a quello di un carcinoma con la presunta mancanza di potenziale<br />
maligno. I carcinoidi sono stati descritti in numerosi organi tra cui<br />
più comunemente i polmoni, i bronchi e il tratto gastrointestinale.<br />
La maggior parte dei pazienti con carcinoidi del piccolo intestino appartiene<br />
alla quinta decade di vita.<br />
I carcinoidi possono essere classificati sulla base della loro origine<br />
embriologica o delle sostanze che secernono 68 .Possono originare<br />
dall’intestino embrionale anteriore (tratto respiratorio e timo) da<br />
quello medio (digiuno, ileo e colon destro, stomaco e duodeno prossimale)<br />
e da quello posteriore (colon distale e retto). I carcinoidi che<br />
originano dall’intestino embrionale anteriore producono caratteristicamente<br />
bassi livelli di serotonina (5-idrossitriptamina) ma possono<br />
secernere 5-idrossitriptofano e ormoni adenocorticotrofi. I carcinoidi<br />
che originano dall’intestino medio sono caratterizzati da un’elevata<br />
produzione di serotonina, mentre quelli dell’intestino posteriore<br />
raramente producono serotonina, ma possono produrre altri<br />
ormoni, quali la somatostatina e il peptide YY. Il tratto gastroenterico<br />
è la localizzazione più comune per i carcinoidi. Dopo l’appendice,<br />
il piccolo intestino è la seconda porzione più colpita e in esso i<br />
carcinoidi originano quasi sempre negli ultimi sessanta centimetri di<br />
ileo. I carcinoidi hanno un potenziale di malignità variabile e sono<br />
composti da cellule pluripotenti con la capacità di secernere numerosi<br />
agenti ormonali, i più importanti dei quali sono la serotonina e<br />
la sostanza P (Tab. <strong>44</strong>-8). Oltre a queste sostanze i carcinoidi sono in<br />
grado di secernere corticotropina, istamina, dopamina, neurotensina,<br />
prostaglandine, chinine, gastrina, somatostatina, polipetide pancreatico,<br />
calcitonina e enolasi neurone-specifica.<br />
L’importanza primaria dei carcinoidi è dovuta al potenziale maligno<br />
del tumore stesso. La sindrome da carcinoide, caratterizzata<br />
da attacchi episodici di eruzioni cutanee, broncospasmo, diarrea e<br />
collasso vasomotorio, e che nella sua forma florida può essere<br />
drammatica, si verifica solo in una piccola percentuale di pazienti<br />
con carcinoidi maligni.<br />
Anatomia patologica<br />
I tumori carcinoidi possono svilupparsi in organi che hanno origine<br />
dagli intestini embrionali anteriore, medio e posteriore. Dal 70<br />
all’80% dei carcinoidi sono asintomatici e vengono riscontrati in modo<br />
accidentale nel corso di un intervento chirurgico 124 . Più del 90%<br />
dei carcinoidi viene normalmente riscontrato in tre punti: l’appendice<br />
(45%), l’ileo (28%) e il retto (16%) (Tab. <strong>44</strong>-9). Il loro potenziale<br />
B
902 ADDOME<br />
TABELLA <strong>44</strong>-8. Prodotti di secrezione nei tumori carcinoidi<br />
Amine Tachichinine Peptidi Altro<br />
5-HT Callicreina Polipeptide pancreatico (40%) Prostaglandine<br />
5-HIAA (88%) Sostanza P (32%) Cromogranine (100%)<br />
5-HTP Neuropeptide K (67%) Neurotensina (19%)<br />
Istamina HCG α (28%)<br />
Dopamina HCG β<br />
Motilina (14%)<br />
Abbreviazioni: HCG, gonadotropina corionica umana; 5-HIAA, acido 5-idrossindolacetico; 5-HT, 5-idrossitriptamina; 5-HTP, 5-idrossitriptofano.<br />
I valori tra parentesi rappresentano le percentuali di frequenza.<br />
maligno (capacità di metastatizzare) è in relazione alla loro sede, alla<br />
dimensione, all’invasività, e alle caratteristiche di crescita. Soltanto il<br />
3% circa dei carcinoidi appendicolari metastatizza, contro un 35% di<br />
quelli a sede ileale. La maggior parte (~ 75%) dei carcinoidi gastrointestinali<br />
ha un diametro inferiore al centimetro e circa il 2% di questi<br />
è associato alla presenza di metastasi. Al contrario, i carcinoidi con un<br />
diametro di 1-2 cm metastatizzano nel 50% dei casi e quelli con diametro<br />
superiore ai 2 cm fino all’80-90% dei casi.<br />
Macroscopicamente questi tumori sono costituiti da piccoli noduli<br />
duri sottomucosi che appaiono normalmente giallastri al taglio (Fig.<br />
<strong>44</strong>-34), tendono a crescere molto lentamente, ma dopo che hanno invaso<br />
la sierosa avviene spesso un’intensa reazione desmoplastica che<br />
dà luogo a fibrosi mesenterica, kinking dell’ansa intestinale e ostruzioni<br />
intermittenti. I carcinoidi del piccolo intestino sono multicentrici<br />
nel 20-30% dei pazienti 85 ,e questa tendenza alla multicentricità supera<br />
quella di ogni altra neoplasia maligna del tratto gastrointestinale.<br />
Un’altra caratteristica anomala è costituita dalla frequente coesistenza<br />
di un secondo tumore maligno primitivo istologicamente differente 46 .<br />
Solitamente si tratta di un adenocarcinoma sincrono (più comunemente<br />
del grosso intestino) che può essere presente nel 10-20% dei pazienti<br />
con tumori carcinoidi. I carcinoidi sono anche associati alle neoplasie<br />
endocrine multiple di tipo 1 nel 10% circa dei casi.<br />
TUMORI CARCINOIDI<br />
Manifestazioni cliniche<br />
In assenza di una sindrome da carcinoide i sintomi dei pazienti affetti<br />
da questi tumori sono gli stessi dei pazienti con tumori del piccolo<br />
intestino di altra origine istologica. Tra i sintomi più comuni è<br />
presente il dolore addominale, variamente associato ad un’ostruzione<br />
parziale o completa del piccolo intestino. I sintomi ostruttivi sono<br />
spesso causati da un’intussuscezione, ma possono anche essere secondari<br />
ad una reazione desmoplastica localizzata, apparentemente<br />
causata da agenti umorali prodotti dal tumore. Possono anche esse-<br />
TABELLA <strong>44</strong>-9. Distribuzione dei carcinoidi gastrointestinali:<br />
incidenza di metastasi e della sindrome da carcinoide<br />
Casi di<br />
Media delle sindrome da<br />
Localizzazione Casi metastasi (%) carcinoide<br />
Esofago 1 - O<br />
Stomaco 93 (2%) 23 8<br />
Duodeno 135 (4%) 20 4<br />
Digiuno 1032 (28%) 34 91<br />
Diverticolo di Meckel 42 (1%) 19 3<br />
Appendice 1686 (45%) 2 6<br />
Colon 91 (2%) 60 5<br />
Retto 592 (16%) 18 1<br />
Ovaio 34 6 17<br />
Albero biliare 10 30 0<br />
Pancreas 2 - 1<br />
Totale 3718 136<br />
Adattata da Cheek RC, Wilson H: Carcinoid tumors. Curr. Probl. Surg. 1970,<br />
pp.4-31.<br />
re presenti diarrea e perdita di peso. La diarrea è una conseguenza di<br />
un’ostruzione intestinale parziale più che non una diarrea di tipo secretorio<br />
come avviene con sindrome da carcinoide.<br />
SINDROME DA CARCINOIDE<br />
La sindrome causata dai carcinoidi maligni è una malattia relativamente<br />
rara, che colpisce meno del 10% dei pazienti con carcinoide. La<br />
sindrome è più comunemente associata ai carcinoidi del tubo digerente,<br />
in particolare quelli dell’intestino tenue, ma anche i carcinoidi di<br />
altre sedi, quali i bronchi, il pancreas, l’ovaio e il testicolo, sono stati descritti<br />
in associazione ad essa. La descrizione classica di una sindrome<br />
A<br />
B<br />
Figura <strong>44</strong>-34. Caratteristiche patologiche macroscopiche del carcinoide. A, Tumore<br />
carcinoide dell’ileo distale che evidenzia l’intensa reazione desmoplastica<br />
e la fibrosi della parete intestinale. B, Metastasi mesenteriche di un carcinoide<br />
del piccolo intestino. (A e B, adattata da Evers BM, Townsend CM Jr, Thompson<br />
JC: Small intestine. In Schwartz SI [ed]: Principles of Surgery, 7 th ed. New York,<br />
Mc Graw-Hill, 1999, p. 1245. Con il permesso di Mc Graw-Hill Companies).
da carcinoide, tipicamente include manifestazioni vasomotorie, cardiache<br />
e gastrointestinali 138 .I tumori carcinoidi producono molti fattori<br />
umorali, ma quelli considerati in grado di contribuire alla sindrome<br />
da carcinoide sono: la serotonina, il 5-idrossitriptofano (un precursore<br />
della sintesi della serotonina), l’istamina, la dopamina, la callicreina,<br />
la sostanza P, le prostaglandine e il neuropeptide K. La maggior<br />
parte dei pazienti che hanno una sindrome da carcinoide ha una metastatizzazione<br />
epatica massiva; tuttavia, i tumori che superano il filtro<br />
epatico, in particolare gli ovarici e i retroperitoneali, possono causare<br />
la sindrome anche in assenza di metastasi epatiche.<br />
I sintomi più comuni sono costituiti dalle eruzioni cutanee (80%);<br />
dalla diarrea (76%); dall’epatomegalia (71%); da lesioni cardiache,<br />
più comunemente malattie valvolari del cuore destro (41-70%); e dall’asma<br />
(25%). Le eruzioni cutanee nella sindrome da carcinoide possono<br />
essere di quattro tipi: eritematose diffuse, di breve durata che<br />
normalmente colpiscono il volto, il collo e il torace superiore; violacee,<br />
simili alle precedenti, ma con attacchi di durata maggiore e la<br />
possibilità di sviluppare un’eruzione cianotica permanente con occhi<br />
umidi e congiuntiva iniettata di sangue; eruzioni prolungate, della<br />
durata di 2-3 giorni ed estese a tutto il corpo, possono essere associate<br />
a lacrimazione profusa, ipotensione ed edema del volto; eritema a<br />
chiazze rosso chiaro, tipico dei carcinoidi gastrici. La diarrea associata<br />
alla sindrome da carcinoide si verifica in modo episodico (normalmente<br />
dopo i pasti), è acquosa e spesso esplosiva. Si pensa che la causa<br />
di questo fenomeno sia dovuta a elevati livelli di serotonina circolante,<br />
in quanto l’uso del metisergide, un antagonista della serotonina,<br />
permette di controllare i sintomi. Le lesioni cardiache coinvolgono<br />
principalmente il cuore di destra e sono normalmente limitate alla<br />
valvola tricuspide e alla valvola polmonare. Le tre lesioni cardiache<br />
più comuni sono la stenosi della polmonare (90%), l’insufficienza tricuspidale<br />
(47%) e la stenosi della tricuspide (42%) 138 .Gli attacchi di<br />
asma si osservano normalmente durante le eruzioni cutanee, e sia la<br />
serotonina che la bradichinina potrebbero essere la causa di questo<br />
sintomo. Possono essere presenti malassorbimento e pellagra (demenza,<br />
dermatite e diarrea), e si pensa che possano essere causati da<br />
un elevato consumo del triptofano assunto con la dieta.<br />
Diagnosi<br />
Valori elevati di vari fattori umorali sono alla base dei test diagnostici<br />
eseguiti nei pazienti con tumori carcinoidi e con la sindrome<br />
da carcinoide. I carcinoidi producono serotonina, che viene successivamente<br />
metabolizzata nel fegato e nel polmone a formare<br />
acido 5-idrossiindolacetico, la sua forma farmacologicamente<br />
inattiva. Valori urinari elevati di acido 5-idrossindolacetico nelle<br />
24 ore, ottenuti alla cromatografia, sono altamente specifici. Un<br />
marker dei tumori neuroendocrini potenzialmente utile è la concentrazione<br />
plasmatica della cromogranina A, una proteina fabbricata<br />
nei granuli secretori, che è elevata in oltre l’80% dei pazienti<br />
con carcinoidi. Possono essere misurati anche la serotonina<br />
plasmatica, la sostanza P, la neurotensina, la neurochinina A e il<br />
neuropeptide K, ma questi peptidi potrebbero non essere elevati in<br />
tutti i pazienti. Al fine di riprodurre i sintomi dei carcinoidi è possibile<br />
utilizzare dei test di provocazione con la pentagastrina, il calcio<br />
o l’epinefrina. La somministrazione di pentagastrina è la più<br />
sicura e la più riproducibile e quindi quella usata più di frequente;<br />
tuttavia, con l’accuratezza dei test diagnostici attuali vi sono<br />
oggi scarse indicazioni all’uso dei test di provocazione.<br />
I carcinoidi dell’intestino tenue sono raramente diagnosticati preoperatoriamente.<br />
Esami radiologici con il bario possono mostrare difetti<br />
multipli di riempimento come conseguenza della fibrosi e del<br />
kinking dell’intestino (Fig. <strong>44</strong>-35). Vi sono numerose tecniche di immagine<br />
usate per diagnosticare l’estensione e la disseminazione dei<br />
carcinoidi. L’angiografia e l’ecografia ad alta risoluzione possono fornire<br />
informazioni sul coinvolgimento del mesentere o del fegato. L’angiografia<br />
può evidenziare una situazione anomala delle arterie mesenteriche,<br />
con dei restringimenti dei loro rami associati ad uno scarso accumulo<br />
di contrasto e a un drenaggio venoso ridotto nella zona del tumore.<br />
Inoltre, possono essere presenti un avvolgimento da parte della<br />
trama vascolare e la formazione di pseudo aneurismi, tipici dei processi<br />
neoplastici a carico del mesentere. La TAC può essere utile per valutare<br />
la presenza di metastasi epatiche e linfonodali e l’estensione del<br />
INTESTINO TENUE 903<br />
Figura <strong>44</strong>-35. Esame con il bario di un carcinoide del piccolo intestino che evidenzia<br />
la fibrosi e numerosi difetti di riempimento con un’ostruzione parziale di<br />
alto grado. (Per gentile concessione di Melvyn H, Schreiber, M.D., The University<br />
of Texas Medical Branch).<br />
coinvolgimento parietale e mesenterico. Una nuova tecnica di immagine,<br />
che sfrutta il fatto che molti di questi tumori possiedono recettori<br />
per la somatostatina, è la scintigrafia con pentatreotide marcato con<br />
Indio 111 che si lega a questi recettori 12, 100 . Questo studio scintigrafico ha<br />
dato risultati incoraggianti nell’evidenziare e nel localizzare i tumori<br />
carcinoidi, con una sensibilità maggiore rispetto alle tecniche di immagine<br />
convenzionali, quali ad esempio la TAC.<br />
Trattamento<br />
Il trattamento dei pazienti con tumori carcinoidi dell’intestino tenue<br />
si basa sulla grandezza e sulla posizione del tumore, e sulla<br />
presenza o assenza di malattia metastatica 82, 130 .Per i tumori primitivi<br />
con diametro inferiore ad 1 cm, senza l’evidenza di metastasi<br />
ai linfonodi regionali, si pratica una resezione intestinale segmentaria.<br />
Nei pazienti con lesioni superiori al centimetro, con tumori<br />
multipli o con metastasi ai linfonodi regionali (indipendentemente<br />
dalle dimensioni del tumore primitivo) è necessario effettuare<br />
un’ampia resezione dell’intestino e del mesentere. Il trattamento<br />
più adatto per le lesioni dell’ileo terminale è l’emicolectomia<br />
destra. Piccoli tumori duodenali possono essere semplicemente<br />
escissi; tuttavia, lesioni più estese possono richiedere una<br />
pancreaticoduodenectomia. Oltre al trattamento del tumore primitivo<br />
è importante effettuare un’esplorazione dell’intera cavità<br />
addominale per escludere lesioni multicentriche.<br />
È necessaria molta attenzione nella gestione anestesiologica del paziente<br />
con carcinoide, poiché l’anestesia può scatenare una crisi da carcinoide<br />
caratterizzata da ipotensione, broncospasmo, eruzioni cutanee<br />
e da una tachicardia che può predisporre ad aritmie. Il trattamento di<br />
una crisi da carcinoide è costituito dalla somministrazione endovenosa<br />
di octreotide in un bolo da 50-100 µg, seguita da un’infusione continua<br />
di 50 µg/ora. Inoltre, la somministrazione endovenosa di anti-istaminici<br />
e idrocortisone può essere di qualche beneficio.
904 ADDOME<br />
La chirurgia è indicata anche in pazienti con malattia metastatica<br />
diffusa, poiché, contrariamente a quanto avviene per le metastasi da<br />
altri tumori, ha un ruolo preciso nella riduzione della massa tumorale<br />
che in molte casistiche si è dimostrata utile nel miglioramento<br />
della sintomatologia 68 .In quest’ottica può rendersi necessaria una resezione<br />
epatica utilizzando sia una resezione a cuneo che una vera e<br />
propria lobectomia. In caso di metastatizzazione epatica massiva, la<br />
legatura dell’arteria epatica o la sua embolizzazione percutanea hanno<br />
dato buoni risultati. Altre casistiche hanno riportato una regressione<br />
del tumore associando la chemioterapia all’embolizzazione<br />
dell’arteria epatica, suggerendo che una terapia combinata dovrebbe<br />
essere presa in considerazione. Il ruolo del trapianto di fegato nel<br />
trattamento dei carcinoidi metastatici non è chiaro, e il numero di<br />
pazienti in cui questa procedura è stata effettuata è ridotto. Un recente<br />
studio multicentrico ha riportato una sopravvivenza a 5 anni<br />
del 69% in un gruppo di pazienti altamente selezionato sottoposti a<br />
trapianto di fegato per carcinoidi metastatici 71 .<br />
La terapia medica dei pazienti con sindrome da carcinoide è soprattutto<br />
diretta a controllare i sintomi causati dall’eccessiva produzione<br />
di fattori umorali 8 .Numerose sostanze ad azione prolungata<br />
analoghe della somatostatina, quale l’octreotide (sandostatina),<br />
migliorano i sintomi (diarrea ed eruzioni cutanee) nella<br />
maggior parte dei pazienti con questa sindrome 6 .Kvols e associati<br />
69, 70 hanno riportato non solo un importante miglioramento dei<br />
sintomi utilizzando l’octreotide, ma anche la regressione del tumore<br />
nel 17% dei pazienti. Anche se non vi sono dubbi sull’importanza<br />
degli analoghi della somatostatina nel controllo dei sintomi,<br />
il suo ruolo potenziale nell’inibizione del tumore non è stato<br />
ancora chiarito. I risultati dell’utilizzo di nuovi analoghi della<br />
somatostatina con formulazione a lento rilascio (e.g., Sandostatina<br />
LAR) nei pazienti con carcinoide non sono ancora disponibili.<br />
L’interferone α si è dimostrato utile nel migliorare i sintomi dei<br />
pazienti con sindrome da carcinoide 93 .In uno studio clinico che<br />
valutava l’utilizzo dell’interferone α in più di 100 pazienti con<br />
sindrome da carcinoide si è assistito ad una riduzione dell’acido<br />
5-idrossiindolacetico urinario nel 42% dei pazienti e a una regressione<br />
del tumore nel 15%. Tuttavia, l’elevata incidenza di effetti<br />
collaterali (e.g., febbre, affaticamento, anoressia e perdita di<br />
peso) preclude l’utilizzo estensivo di questo farmaco.<br />
Gli antagonisti dei recettori per la serotonina sono stati utilizzati<br />
con scarso successo. Il metisergide non viene più utilizzato poiché<br />
causava fibrosi retroperitoneale. La chetanserina e la ciproeptadina<br />
hanno dimostrato un certo controllo dei sintomi, e altri antagonisti,<br />
come l’ondansetrone, potrebbero essere ancora più efficaci, ma bisogna<br />
attendere i risultati di studi clinici più allargati 149 .<br />
La chemioterapia citotossica ha avuto uno scarso successo 82 ,e il<br />
suo ruolo è limitato principalmente a quei pazienti con malattia metastatica<br />
che sono sintomatici e non rispondono ad altre terapie. La<br />
combinazione usata più frequentemente è costituita da streptozotocina<br />
e 5-fluorouracile o ciclofosfamide, che possono dare una riduzione<br />
del tumore fino ad un terzo dei pazienti. La durata della risposta<br />
tuttavia è breve. L’uso del cisplatino e dell’etoposide ha fornito<br />
qualche speranza solo nei pazienti con carcinoidi ben differenziati,<br />
mentre i risultati con la decarbazina (DTIC) sono contraddittori.<br />
Riassumendo, il trattamento dei carcinoidi richiede un approccio<br />
multidisciplinare e la combinazione di diverse metodiche, quali<br />
la riduzione chirurgica della massa tumorale, l’embolizzazione o<br />
la chemioembolizzazione dell’arteria epatica e la terapia medica, è<br />
l’opzione migliore. In più, si stanno sviluppando nuove terapie che<br />
potrebbero essere utili in futuro 12, 93, 100 .L’espressione sui carcinoidi<br />
di recettori per peptidi neuroendocrini e il loro legame con l’octreotide<br />
marcato con Indio 111 e con la metaiodobenzilguanidina<br />
(MIBG) marcata con Iodio 123 ,utilizzati per studi scintigrafici, hanno<br />
portato allo sviluppo di nuove terapie dirette contro i recettori.In<br />
piccole casistiche di tumori carcinoidi, la terapia con alte dosi<br />
di 111 In-octreotide ha ottenuto una riduzione delle dimensioni<br />
del tumore e dell’escrezione urinaria di acido 5-idrossiindolacetico.<br />
Studi che utilizzavano la terapia con 131 I-MIBG hanno mostrato<br />
una risposta fino al 60% dei pazienti. Più recentemente l’octreotide<br />
marcato con ittrio 90 ha mostrato di avere effetti terapeutici<br />
positivi in un gruppo limitato di pazienti, e per il futuro è prevista<br />
l’esecuzione di studi controllati.<br />
A<br />
B<br />
Figura <strong>44</strong>-36. A, Lastra con il bario che evidenzia una lesione “a bersaglio” tipica<br />
di una metastasi da melanoma al piccolo intestino (v. freccia). B, Campione macroscopico<br />
che dimostra un melanoma metastatico del piccolo intestino (A, per gentile<br />
concessione di Melvyn H, Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch.<br />
B, per gentile concessione di Mary R. Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).<br />
Prognosi<br />
I carcinoidi hanno la prognosi migliore tra tutti i tumori del piccolo intestino,<br />
sia nel caso in cui la malattia sia localizzata oppure metastica. La<br />
resezione di un carcinoide localizzato nella sua sede primitiva ha un tasso<br />
di sopravvivenza di quasi il 100%. I tassi di sopravvivenza a 5 anni sono<br />
di circa il 65% per i pazienti con malattia regionale e del 25-35% nei<br />
pazienti con metastasi a distanza. Qualora un’ampia disseminazione<br />
metastatica pregiudichi le possibilità di cura, una resezione estesa con<br />
intento palliativo è comunque indicata. Infatti, è possibile ottenere spesso<br />
una palliazione perché questi tumori hanno una crescita relativamente<br />
lenta. Sono stati presi in considerazione molti fattori nel tentativo<br />
di identificare i pazienti con prognosi peggiore e probabilmente il<br />
fattore più utile è un livello elevato di cromogranina A, che si è dimostrata<br />
un fattore predittivo indipendente per una prognosi negativa.<br />
Neoplasie metastatiche<br />
I tumori metastatici che possono coinvolgere il piccolo intestino sono<br />
molto più comuni dei tumori primitivi. Le metastasi più comuni sono
quelle che originano da altri organi intraddominali, quali la cervice uterina,<br />
le ovaie, i reni, lo stomaco, il colon e il pancreas. Il coinvolgimento<br />
dell’intestino tenue può avvenire sia direttamente per contiguità, che<br />
per impianto di cellule tumorali. Metastasi provenienti da tumori extraaddominali<br />
sono rare, ma possono essere riscontrate in pazienti portatori<br />
di adenocarcinoma della mammella e di carcinoma del polmone. Il<br />
melanoma cutaneo è la fonte extra-addominale più comune di metastasi<br />
al piccolo intestino, che sono presenti in più della metà dei pazienti<br />
deceduti per questa neoplasia (Fig. <strong>44</strong>-36). I sintomi più frequenti sono<br />
l’anoressia, la perdita di peso, l’anemia, il sanguinamento e l’ostruzione<br />
parziale. Il trattamento è costituito dalla resezione palliativa per migliorare<br />
la sintomatologia o, occasionalmente, dal bypass intestinale, qualora<br />
il tumore metastatico sia molto esteso e non resecabile.<br />
MALATTIA DIVERTICOLARE<br />
La malattia diverticolare del piccolo intestino è piuttosto comune. Si<br />
possono avere sia dei falsi che dei veri diverticoli. Un vero diverticolo è<br />
formato da tutti gli strati della parete intestinale ed è di solito di natura<br />
congenita. I falsi diverticoli sono formati da una protrusione della<br />
mucosa e della sottomucosa attraverso un difetto dello strato muscolare,<br />
sono in genere acquisiti, e si possono formare in qualsiasi porzione<br />
del piccolo intestino. I diverticoli duodenali sono i diverticoli di natura<br />
acquisita di più frequente riscontro nel piccolo intestino, e il diverticolo<br />
di Meckel costituisce il più comune diverticolo congenito.<br />
Diverticoli duodenali<br />
Incidenza ed eziologia<br />
Inizialmente descritti da Chomel, un patologo francese, nel 1710 23 ,i<br />
diverticoli duodenali sono piuttosto comuni, essendo il duodeno la<br />
seconda sede in ordine di frequenza, dopo il colon, per la loro formazione.<br />
L’incidenza dei diverticoli duodenali varia in funzione dell’età<br />
del paziente e della metodica diagnostica. Studi radiografici della<br />
porzione alta del tratto gastroenterico hanno identificato diverticoli<br />
duodenali in circa l’1-5% di tutti gli esami, mentre alcuni studi<br />
autoptici hanno riportato un’incidenza del 15-20%. I diverticoli<br />
duodenali si presentano con un’incidenza doppia nelle donne rispetto<br />
agli uomini e sono rari al di sotto dei 40 anni. Vengono classificati<br />
in congeniti o acquisiti, veri o falsi, intraluminali o extraluminali.<br />
Nonostante la localizzazione più frequente sia nella seconda porzione<br />
del duodeno, circa un 10% dei diverticoli duodenali si sviluppa<br />
più distalmente e lateralmente. Si possono trovare dei diverticoli a livello<br />
della parete mediale del duodeno, in regione periampollare.<br />
Manifestazioni cliniche<br />
La cosa importante da ricordare è che la maggior parte dei diverticoli<br />
duodenali è asintomatica, e che la loro diagnosi avviene spesso accidentalmente,<br />
in seguito all’esecuzione di esami diagnostici a carico<br />
delle porzioni più alte del tratto gastroenterico per disturbi non legati<br />
al diverticolo (Fig. <strong>44</strong>-37). Meno del 5% dei diverticoli duodenali<br />
richiede un intervento chirurgico, in genere per una complicanza<br />
del diverticolo stesso. Le complicanze più importanti di un diverticolo<br />
duodenale comprendono: ostruzione dei dotti biliari o pancreatici<br />
con conseguenti colangite o pancreatite, emorragia, perforazione,<br />
e raramente “sindrome dell’ansa cieca”.<br />
Solo i diverticoli localizzati in vicinanza dell’ampolla di Vater hanno<br />
un’incidenza significativa di complicanze quali la colangite e la<br />
pancreatite 75 .In questi pazienti, l’ampolla penetra nel duodeno a livello<br />
del margine superiore del diverticolo piuttosto che attraverso il<br />
diverticolo stesso. Il meccanismo proposto per spiegare il maggior<br />
numero di complicanze a carico del tratto biliare è costituito dalla localizzazione<br />
perivateriana del diverticolo, che può indurre una distorsione<br />
meccanica del dotto biliare comune nella sua porzione intramurale,<br />
causandone un’ostruzione parziale con stasi biliare, e di conseguenza<br />
un maggior rischio di pancreatite e colecistite. L’emorragia<br />
può essere dovuta ad un’infiammazione che porti all’erosione di un<br />
ramo dell’arteria mesenterica superiore 87 . La perforazione del diverticolo<br />
duodenale è un evento raro. Infine, la stasi del contenuto intesti-<br />
INTESTINO TENUE 905<br />
Figura <strong>44</strong>-37. Voluminoso diverticolo che origina dalla seconda porzione del<br />
duodeno. (Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University<br />
of Texas Medical Branch).<br />
nale all’interno di un diverticolo disteso può risultare in una sovracrescita<br />
batterica, malassorbimento, steatorrea, ed anemia megaloblastica<br />
(vedi Sindrome dell’ansa cieca). La sintomatologia legata alla<br />
presenza di un diverticolo duodenale, in assenza di altre malattie dimostrabili,<br />
è una epigastralgia aspecifica, che può essere trattata conservativamente<br />
e che spesso può essere considerata la conseguenza di<br />
un altro problema che non sia in relazione con il diverticolo.<br />
Trattamento<br />
Come detto precedentemente, la maggior parte dei diverticoli duodenali<br />
è asintomatica e benigna, e quando tali diverticoli vengono<br />
scoperti accidentalmente non andrebbero trattati. Sono state descritte<br />
diverse procedure chirurgiche per il trattamento dei diverticoli<br />
duodenali sintomatici. Il trattamento più comune ed efficace è la diverticolectomia,<br />
che si compie con maggiore facilità quando accompagnata<br />
da una manovra di Kocher che espone il duodeno. Il diverticolo<br />
viene quindi escisso ed il duodeno chiuso trasversalmente o<br />
longitudinalmente, in modo da causare la minor riduzione possibile<br />
del lume. Per i diverticoli situati in vicinanza della testa del pancreas,<br />
si effettua una duodenotomia con evaginazione del diverticolo nel<br />
lume e sua successiva escissione con chiusura della parete (Fig. <strong>44</strong>-<br />
38A a C). Sono state descritte delle metodiche alternative per l’asportazione<br />
di diverticoli situati in vicinanza dell’ampolla di Vater,<br />
quali un’estesa sfinteroplastica attraverso la parete comune dell’ampolla<br />
e del diverticolo (vedi Fig. <strong>44</strong>-38D a F).<br />
Il trattamento di un diverticolo perforato può richiedere delle<br />
procedure simili a quelle descritte nei pazienti con importanti difetti<br />
della parete duodenale di natura traumatica. Il diverticolo perforato<br />
dovrebbe essere escisso ed il duodeno chiuso con un patch sieroso<br />
di un’ansa digiunale. Se l’infiammazione circostante è severa, può<br />
essere necessario deviare il flusso enterico dalla sede della perforazione,<br />
tramite una gastrodigiunostomia o una duodenodigiunostomia.<br />
L’interruzione della continuità duodenale prossimalmente al diverticolo<br />
perforato può essere fatta con una suturatrice meccanica e<br />
bisogna fare molta attenzione nei casi in cui la perforazione sia situata<br />
in vicinanza della papilla di Vater. Sono stati descritti anche dei<br />
diverticoli duodenali intraluminali, poco comuni, che se divengono<br />
sintomatici possono essere asportati in toto, purché originino lontano<br />
dall’ampolla. Tuttavia, nel caso di un diverticolo intraluminale<br />
sintomatico situato in vicinanza dell’ampolla di Vater, sarà opportu-
906 ADDOME<br />
A B C<br />
Diverticolo<br />
retroduodenale<br />
D<br />
Papilla<br />
nell’orifizio<br />
del diverticolo<br />
Figura <strong>44</strong>-38. A-C, Trattamento di un diverticolo che protrude nella testa del pancreas. Il duodeno viene aperto verticalmente. Viene usata una pinza per portare il<br />
diverticolo nel lume, dove viene escisso e la breccia della parete posteriore viene chiusa. D-F, Trattamento di un diverticolo che origina in sede periampollare. Bisogna<br />
posizionare un cateterino nel dotto biliare comune e farlo passare distalmente nel duodeno per facilitare l’identificazione e la successiva dissezione dello sfintere<br />
di Oddi. Il diverticolo viene rivoltato nel lume duodenale. L’enterotomia circonferenziale alla base del diverticolo è la sede nella quale le strutture ampollari sono<br />
state liberate con una incisione circonferenziale. La linea scura tratteggiata nella Figura E mostra la linea di sezione della base del diverticolo, che viene condotta a<br />
mano libera. Dopo la rimozione del diverticolo, il cateterino e la papilla che lo avvolge vengono posizionati a livello della breccia lasciata dalla base del diverticolo.<br />
La mucosa e la parete muscolare della papilla vengono quindi cucite circonferenzialmente alla parete duodenale. (A-F, Adattata da Thompson JC. Atlas of Surgery<br />
of the Stomach, Duodenum, and Small Bowel. St. Louis, Mosby-Year Book, 1992, p. 209-213).<br />
no effettuare una resezione subtotale del diverticolo per proteggere<br />
lo sbocco dei dotti biliare e pancreatico.<br />
Diverticoli digiunali ed ileali<br />
Incidenza ed eziologia<br />
I diverticoli del piccolo intestino sono molto meno frequenti dei diverticoli<br />
duodenali, con un’incidenza autoptica attorno allo 0,1-<br />
1,4% ed un’incidenza nella diagnostica del tratto gastroenterico alto<br />
attorno allo 0,1-1,5% 1 .I diverticoli digiunali sono più comuni e di<br />
maggiori dimensioni rispetto a quelli ileali. Sono per lo più dei falsi<br />
diverticoli che si presentano in soggetti anziani (dopo la sesta decade<br />
di vita), sono multipli, di solito protrudono dal versante mesenterico<br />
dell’intestino, e possono sfuggire durante un intervento chirurgico<br />
in quanto inglobati all’interno del mesentere (Fig. <strong>44</strong>-39). La diverticolosi<br />
digiunoileale sembra essere legata ad una disfunzione<br />
motoria della muscolatura liscia o del plesso mioenterico, che genera<br />
delle contrazioni disordinate del piccolo intestino con aumento<br />
della pressione endoluminale e conseguente erniazione della mucosa<br />
e della sottomucosa attraverso i punti di debolezza della parete intestinale<br />
(i.e., il versante mesenterico).<br />
Manifestazioni cliniche<br />
I diverticoli digiunoileali vengono spesso scoperti accidentalmente<br />
durante una laparotomia o in corso di esami diagnostici dell’alto<br />
tratto gastroenterico (Fig. <strong>44</strong>-40), ma nella maggior parte dei casi ri-<br />
E F<br />
mangono asintomatici. Le complicanze acute come l’ostruzione intestinale,<br />
l’emorragia, o la perforazione sono rare 33 . La sintomatologia<br />
cronica è caratterizzata da dolore addominale, malassorbimento,<br />
pseudo-ostruzione funzionale, ed emorragia gastroenterica cronica<br />
di basso grado. Le complicanze acute sono la diverticolite, con o sen-<br />
Figura <strong>44</strong>-39. Multipli voluminosi diverticoli digiunali localizzati nel mesentere<br />
in un paziente anziano presentatosi con ostruzione secondaria ad un enterolita.<br />
(Adattata da Evers BM, Townsend CM Jr, Thompson JC: Small intestine. In<br />
Schwartz SI [ed]: Principles of Surgery, 7 th ed. New York, Mc Graw-Hill, 1999, p.<br />
1248. Con il permesso di Mc Graw-Hill Companies).
Figura <strong>44</strong>-40. Radiografia con bario del tratto gastrointestinale alto che evidenzia<br />
diverticoli digiunali multipli. (Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber,<br />
M.D., The University of Texas Medical Branch).<br />
za formazione di ascessi; l’emorragia gastroenterica; e l’ostruzione<br />
intestinale. La discinesia intestinale causa una stasi nel flusso intestinale<br />
con sovracrescita batterica (vedi Sindrome dell’ansa cieca), il<br />
che può portare ad una deconiugazione dei sali intestinali e ad un assorbimento<br />
di vitamina B 12 da parte della flora batterica, con conseguente<br />
steatorrea ed anemia megaloblastica, con o senza neuropatia.<br />
Trattamento<br />
Nel caso di diverticoli digiunoileali asintomatici scoperti accidentalmente<br />
non è necessario alcun trattamento. Il trattamento di complicanze<br />
quali un’ostruzione, un sanguinamento o una perforazione,<br />
consiste in una resezione intestinale con anastomosi termino-terminale<br />
diretta. I pazienti che si presentano con malassorbimento secondario<br />
a una sindrome dell’ansa cieca e sovracrescita batterica all’interno<br />
del diverticolo vengono di solito curati con antibiotici. L’ostruzione<br />
può essere causata da enteroliti formatisi all’interno del diverticolo<br />
che si dislocano in un secondo tempo ed ostruiscono l’intestino<br />
distale. In tal caso si può eseguire un’enterotomia con rimozione<br />
dell’enterolita, oppure l’enterolita viene spinto distalmente fino<br />
al cieco. Quando l’enterolita causa un’ostruzione a livello del diverticolo,<br />
la resezione intestinale è d’obbligo. In caso di perforazione<br />
di un diverticolo digiunoileale, è necessaria la resezione con rianastomosi<br />
diretta, in quanto, procedure meno demolitive come la semplice<br />
chiusura, l’escissione, o l’invaginazione, sono associate ad una<br />
maggiore incidenza di mortalità e morbidità. Nelle situazioni più<br />
gravi, come in caso di peritonite diffusa, si può eseguire un’enterostomia<br />
se la rianastomosi appare troppo rischiosa.<br />
Diverticolo di Meckel<br />
Incidenza ed eziologia<br />
Il diverticolo di Meckel è l’anomalia congenita del piccolo intestino di<br />
più frequente riscontro, essendo presente in circa il 2% della popolazione.<br />
Venne riportato per la prima volta nel 1598 da Hildanus e poi<br />
descritto più dettagliatamente da Johann Meckel nel 1809 80 .Il diverticolo<br />
di Meckel si localizza sul bordo antimesenterico dell’ileo, a circa<br />
45-60 cm dalla valvola ileociecale, e deriva da un’incompleta chiusura<br />
del dotto onfalomesenterico, detto anche dotto vitellino. L’incidenza è<br />
la stessa nei due sessi. Il diverticolo di Meckel si può presentare sotto<br />
diverse forme, da una piccola protuberanza che può facilmente sfuggi-<br />
INTESTINO TENUE 907<br />
Figura <strong>44</strong>-41. Residuo onfalomesenterico che si presenta come un cordone fibroso<br />
che congiunge l’ileo all’ombelico.<br />
re all’esplorazione, ad una lunga proiezione in comunicazione con<br />
l’ombelico attraverso un cordone fibroso (Fig. <strong>44</strong>-41), o più raramente<br />
attraverso una fistola pervia. L’aspetto più comune è quello di un diverticolo<br />
di circa 5 cm di lunghezza e 2 cm di diametro comunicante<br />
con l’ileo attraverso un’ampia apertura (Fig <strong>44</strong>-42). Le cellule che ricoprono<br />
il dotto vitellino sono pluripotenti; di conseguenza, non è raro<br />
trovare all’interno del diverticolo un tessuto eterotopico. La mucosa<br />
di più frequente riscontro è quella gastrica (presente in circa il 50%<br />
dei diverticoli di Meckel). Una mucosa pancreatica si trova nel 5% dei<br />
diverticoli; più raramente è presente una mucosa di tipo colico.<br />
Manifestazioni cliniche<br />
La maggior parte dei diverticoli di Meckel è benigna e viene scoperta<br />
accidentalmente in corso di autopsie, laparotomie, o studi con bario<br />
(Fig. <strong>44</strong>-43). La manifestazione clinica più frequente di un diverticolo<br />
di Meckel è un sanguinamento intestinale che può essere presente<br />
nel 25-50% dei pazienti con complicanze. L’emorragia è la manifestazione<br />
clinica più comune nei bambini al di sotto dei 2 anni.<br />
Figura <strong>44</strong>-42. Aspetto comune di un diverticolo di Meckel che protrude dal bordo<br />
antimesenterico dell’ileo.
908 ADDOME<br />
Figura <strong>44</strong>-43. Radiografia con bario che evidenzia un diverticolo di Meckel<br />
asintomatico (v. freccia). (Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D.,<br />
The University of Texas Medical Branch).<br />
Tale complicanza si può presentare come un’emorragia acuta massiva,<br />
come un’anemia secondaria ad un sanguinamento cronico, o come<br />
un evento episodico ricorrente e autolimitantesi. La fonte del<br />
sanguinamento è un’ulcera della mucosa ileale adiacente al diverticolo,<br />
che si forma per la secrezione acida della mucosa gastrica che<br />
riveste il diverticolo stesso.<br />
Un’altra manifestazione clinica comune di un diverticolo di<br />
Meckel è l’ostruzione intestinale, che può essere conseguenza di un<br />
volvolo del piccolo intestino attorno ad un diverticolo attaccato alla<br />
parete addominale da un legamento fibroso, di un’intussuscezione, o<br />
più di rado derivare dall’incarceramento del diverticolo in un’ernia<br />
inguinale (ernia di Littre). Il volvolo è un evento acuto e in caso di<br />
progressione porta allo strangolamento dell’intestino coinvolto. Nell’intussuscezione,<br />
un diverticolo a base larga si invagina e viene spinto<br />
in avanti dalla peristalsi. Questo fenomeno può avvenire a livello<br />
ileo-ileale o ileo-colico e si manifesta come un’ostruzione acuta con<br />
tenesmo, vomito precoce, e a volte passaggio di feci con il classico<br />
aspetto a gelatina di ribes. Può anche essere presente una massa palpabile.<br />
Nonostante sia possibile ridurre un’intussuscezione secondaria<br />
ad un diverticolo di Meckel con un clisma opaco, il paziente deve<br />
andare incontro ad un intervento di resezione del diverticolo per<br />
prevenire episodi ricorrenti di ostruzione intestinale.<br />
La diverticolite rappresenta dal 10 al 20% delle presentazioni cliniche.<br />
Tale complicanza è più frequente nei pazienti adulti. La diverticolite<br />
di Meckel è clinicamente indistinguibile da un’appendicite, e<br />
andrebbe presa in considerazione nella diagnosi differenziale di un<br />
dolore in fossa iliaca destra. Una progressione della diverticolite può<br />
portare ad una perforazione e ad una peritonite. È fondamentale ricordare<br />
che in caso di riscontro di un’appendice normale durante<br />
un’esplorazione per sospetta appendicite, l’ileo distale va ispezionato<br />
alla ricerca di un diverticolo di Meckel infiammato. Infine, complicanze<br />
molto più rare di un diverticolo di Meckel sono costituite<br />
dalle neoplasie. I tumori benigni quali i leiomiomi, gli angiomi e i lipomi,<br />
sono più frequenti; mentre le forme maligne comprendono<br />
degli adenocarcinomi, che originano dalla mucosa gastrica, i sarcomi,<br />
o i tumori carcinoidi.<br />
Esami diagnostici<br />
La diagnosi di un diverticolo di Meckel può risultare difficile. Le radiografie<br />
addominali, la TC, e l’ecografia sono raramente di aiuto. Nei<br />
bambini, l’unico test diagnostico accurato nella diagnosi di un diver-<br />
ticolo di Meckel è la scintigrafia con sodio 99m Tc-pertecnetato 110 .Il<br />
99m Tc-pertecnetato viene captato dalle cellule secernenti muco della<br />
mucosa gastrica e dal tessuto gastrico ectopico del diverticolo (Fig.<br />
<strong>44</strong>-<strong>44</strong>). La sensibilità diagnostica di questa metodica è dell’85%, con<br />
una specificità del 95% ed un’accuratezza del 90% in età pediatrica.<br />
Negli adulti, la metodica con 99m Tc-pertecnetato ha un’accuratezza<br />
minore per la ridotta prevalenza di mucosa gastrica ectopica all’interno<br />
del diverticolo. La sensibilità e la specificità possono essere<br />
aumentate con l’utilizzo di agenti farmacologici quali la pentagastrina,<br />
il glucagone o antagonisti dei recettori H 2 (cimetidina). La pentagastrina<br />
aumenta indirettamente il metabolismo delle cellule producenti<br />
muco, mentre il glucagone diminuisce la diluizione peristaltica<br />
e lo smaltimento del radionuclide all’interno del lume intestinale.<br />
La cimetidina viene usata allo scopo di aumentare la sensibilità<br />
della scintigrafia, in quanto riduce la secrezione peptica ma non l’assorbimento<br />
del radionucleotide e ritarda il rilascio del pertecnetato<br />
dal lume diverticolare, con conseguenti maggiori concentrazioni di<br />
radionuclide all’interno della parete del diverticolo.<br />
Nei pazienti adulti, qualora i risultati di tali studi di medicina nucleare<br />
risultino normali, bisognerà effettuare degli esami con bario.<br />
L’angiografia può risultare utile nei pazienti con emorragia acuta.<br />
Trattamento<br />
Il trattamento di un diverticolo di Meckel sintomatico consiste in un intervento<br />
chirurgico con resezione del diverticolo o resezione del segmento<br />
di ileo sede del diverticolo. La resezione intestinale segmentaria<br />
è necessaria in quei pazienti con sanguinamento intestinale, poiché<br />
spesso la sede del sanguinamento è nell’ileo adiacente al diverticolo. La<br />
resezione del diverticolo, nei casi di diverticolo di Meckel non sanguinante,<br />
viene fatta suturando la base del diverticolo, con sutura manuale<br />
o meccanica, seguendo una linea diagonale o trasversale per minimizzare<br />
il rischio di stenosi. Recenti studi hanno dimostrato che la diverticolectomia<br />
per via laparoscopica è una tecnica sicura 114 ,tuttavia<br />
mancano ancora dei dati sui risultati a lungo termine di tale procedura.<br />
Nonostante il trattamento di un diverticolo di Meckel complicato<br />
sia assodato, esistono ancora delle controversie riguardo al trattamento<br />
di un diverticolo di Meckel scoperto accidentalmente. Di solito,viene<br />
raccomandata la resezione di diverticoli asintomatici scoperti<br />
in bambini durante una laparotomia. Le indicazioni al trattamento<br />
di un diverticolo di Meckel scoperto accidentalmente in un paziente<br />
adulto rimangono tuttavia controverse. In uno studio fatto da Soltero<br />
e Bill 126 ,che rappresentò per numerosi anni la base per il trattamento<br />
chirurgico dei diverticoli di Meckel asintomatici nell’adulto, la<br />
probabilità che un diverticolo diventasse sintomatico venne stimata<br />
attorno al 2% o anche inferiore, mentre il tasso di morbidità a segui-<br />
Diverticolo<br />
di Meckel<br />
Vescica<br />
Stomaco<br />
Figura <strong>44</strong>-<strong>44</strong>. Scintigrafia con 99m Tecnezio che mostra un diverticolo di Meckel<br />
in un bambino. Il diverticolo si differenzia chiaramente dallo stomaco e dalla vescica.<br />
(Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of<br />
Texas Medical Branch).
to di un’asportazione chirurgica era, secondo alcuni studi, del 12%,<br />
superando così di gran lunga il potenziale beneficio di un trattamento<br />
profilattico. Tuttavia, tale studio venne criticato in quanto non si<br />
fondava su un’analisi di popolazione. Uno studio epidemiologico di<br />
popolazione condotto da Cullen e colleghi 29 ha valutato la possibilità<br />
di non trattare un diverticolo asintomatico scoperto accidentalmente.<br />
La stima del rischio di sviluppare una complicanza nel corso della vita<br />
è stata valutata attorno al 6,4%. L’incidenza delle complicanze non<br />
sembra avere un picco nel corso dell’infanzia, come si pensava in passato.<br />
La conclusione di tale studio è stata che un diverticolo scoperto<br />
accidentalmente andrebbe asportato a qualsiasi età fino agli 80 anni,<br />
a meno che non siano presenti delle condizioni (i.e., la peritonite) che<br />
ne rendano pericolosa la rimozione. Il tasso di complicanze postoperatorie<br />
a breve e a lungo termine per la rimozione profilattica sono risultate<br />
basse (circa il 2%) e la mortalità è risultata legata all’intervento<br />
primario o alle condizioni del paziente piuttosto che alla diverticolectomia.<br />
Quindi, questo studio, come altri studi più recenti, suggerisce<br />
che la diverticolectomia profilattica nell’adulto dovrebbe essere rivalutata<br />
e che in gruppi di pazienti selezionati tale procedura può essere<br />
utile e più sicura di quanto riportato in precedenza.<br />
PROBLEMI VARI<br />
Ulcerazioni dell’intestino tenue<br />
Le ulcerazioni dell’intestino tenue sono piuttosto infrequenti e possono<br />
essere dovute alla malattia di Crohn, alla febbre tifoide, alla tubercolosi,<br />
ad un linfoma, e a delle ulcere da gastrinoma (Tab. <strong>44</strong>-10).<br />
Si possono avere delle ulcerazioni da farmaci, attribuite in passato alle<br />
compresse rivestite di cloruro di potassio o ai corticosteroidi. Inoltre,<br />
sono state descritte delle ulcerazioni del piccolo intestino per le<br />
quali non è possibile identificare alcun agente causale 48 .Studi recenti<br />
suggeriscono che le complicanze del piccolo intestino legate all’assunzione<br />
di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) sono<br />
molto più frequenti di quanto si pensasse 64 .Le ulcere da FANS colpiscono<br />
soprattutto l’ileo, sotto forma di ulcerazioni singole o multiple.<br />
Le complicanze che richiedono un intervento chirurgico sono il<br />
sanguinamento, la perforazione e l’ostruzione. Oltre alle ulcerazioni,<br />
i FANS causano un’enteropatia caratterizzata da un aumento della<br />
permeabilità intestinale con conseguente perdita di proteine e ipoalbuminemia,<br />
malassorbimento, ed anemia. Uno studio recente, effettuato<br />
da Kessler e collaboratori 64 , ha identificato l’assunzione di<br />
FANS come responsabile di circa un 4% delle resezioni intestinali effettuate<br />
in un periodo di 3 anni. Spesso, questa causa non viene riconosciuta,<br />
e la diagnosi avviene con ritardo nei pazienti che si pre-<br />
TABELLA <strong>44</strong>-10. Cause di ulcerazioni dell’intestino tenue<br />
Infettive Tubercolosi, sifilide, citomegalovirus, tifo,<br />
parassiti, iperinfezione da Strongyloides,<br />
Campylobacter, Yersiniosis<br />
Infiammatorie Malattia di Crohn, lupus eritematoso sistemico,<br />
malattia celiaca, colite ulcerosa<br />
Ischemiche Insufficienza mesenterica<br />
Idiopatiche Ulcere primitive, sindrome di Behçet<br />
Indotte da farmaci Potassio, indometacina, fenilbutazone,<br />
salicilati, antimetabolici<br />
Radiazioni Terapeutiche, accidentali<br />
Vascolari Vasculiti, arterite a cellule giganti, amiloidosi<br />
(lesioni ischemiche), linfoma angiocentrico<br />
Metaboliche Uremia<br />
Iperacidità Sindrome di Zollinger-Ellison, diverticolo di<br />
Meckel, ulcerazioni stomali<br />
Neoplastiche Linfomi, adenocarcinomi, melanomi<br />
Tossiche Digiunoileite acuta (Clostridium perfringens<br />
produttore di β-tossina), arsenico<br />
Lesioni mucose Enterocolite linfocitica<br />
Adattata da Rai R, Bayless TM: Isolated and diffuse ulcers of the small intestine.<br />
In Feldman M, Scharschmidt BF, Sleisenger MH (eds.): Gastrointestinal<br />
and Liver Disease: Pathophysiology/Diagnosis/Management. Philadelphia, WB<br />
Saunders 1998, pp. 1771-1778.<br />
INTESTINO TENUE 909<br />
Figura <strong>44</strong>-45. Addome in bianco che mostra numerosi corpi estranei ingeriti in<br />
un paziente con ostruzione intestinale del piccolo intestino. (Per gentile concessione<br />
di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch).<br />
sentano con sanguinamento. Il trattamento delle complicanze di<br />
un’ulcerazione dell’intestino tenue è una resezione segmentaria con<br />
rianastomosi intestinale diretta.<br />
Ingestione di corpi estranei<br />
L’ingestione di corpi estranei, che può causare una perforazione o<br />
un’ostruzione del tratto gastroenterico, avviene di solito accidentalmente.<br />
I corpi estranei possono essere frammenti di vetro o di metallo,<br />
spilli, aghi, stuzzicadenti, lische, monete, fischietti, giocattoli,<br />
lame da rasoio rotte, e tanti altri (Fig. <strong>44</strong>-45). L’ingestione intenzionale<br />
di corpi estranei si può avere nei carcerati e nei malati di mente.<br />
Nella maggior parte dei pazienti il trattamento consiste nell’osservazione<br />
clinica, nel corso della quale si può assistere al passaggio<br />
senza complicazioni di questi oggetti attraverso il tratto enterico 146 .<br />
Se l’oggetto è radioopaco, il suo passaggio può essere seguito con una<br />
serie di radiografie addominali. La somministraione di agenti catartici<br />
è controindicata. Gli oggetti taglienti ed appuntiti quali gli aghi,<br />
le lame da rasoio, o le lische, possono penetrare nella parete intestinale.<br />
In caso di dolore addominale, dolorabilità, febbre o leucocitosi,<br />
è consigliata una laparotomia immediata con rimozione chirurgica<br />
del corpo estraneo. La laparotomia va eseguita anche in caso di<br />
ostruzione intestinale.<br />
Fistole dell’intestino tenue<br />
Le fistole enterocutanee sono in genere di natura iatrogena, spesso<br />
come risultato di un problema chirurgico (e.g., deiscenza anastomotica,<br />
lesione intestinale o vascolare, lacerazione dell’intestino da parte<br />
di reti protesiche o punti di sutura) 131 .Inoltre, le fistole si possono<br />
formare in seguito all’erosione da parte di cateteri in aspirazione,<br />
ascessi adiacenti, o traumi. I fattori favorenti la formazione di fistole<br />
sono costituiti da una precedente radioterapia, un’ostruzione intestinale,<br />
una malattia infiammatoria intestinale, una patologia vascolare<br />
del distretto mesenterico, o una sepsi intra-addominale. Meno del<br />
2% delle fistole enterocutanee si formano spontaneamente, e sono di<br />
solito dovute alla malattia di Crohn.
910 ADDOME<br />
TABELLA <strong>44</strong>-11. Fattori che rendono impossibile la chiusura<br />
spontanea delle fistole<br />
Alta portata (> 500 ml/24 ore)<br />
Severa alterazione della continuità intestinale (superiore al 50% della<br />
circonferenza intestinale)<br />
Malattia infiammatoria attiva a livello del segmento intestinale<br />
Cancro<br />
Enterite da radiazioni<br />
Ostruzione distale<br />
Cavità ascessuale non drenata<br />
Corpo estraneo nel tragitto fistoloso<br />
Tratto fistoloso di lunghezza < a 2,5 cm<br />
Epitelializzazione del tramite fistoloso<br />
Il riconoscimento delle fistole enterocutanee non è di solito difficile.<br />
La presentazione clinica caratteristica è quella di un paziente che nel<br />
periodo postoperatorio diviene febbrile, con la ferita chirurgica eritematosa.<br />
Alla rimozione di alcuni punti di sutura, si nota una perdita di<br />
materiale purulento o ematico seguita da uno scolo di materiale enterico,che<br />
avviene di solito dopo 1 o 2 giorni, ma in alcuni casi può avvenire<br />
immediatamente. In caso di diagnosi dubbia, si può ottenere<br />
una conferma somministrando per via orale un marcatore non assorbibile,<br />
come il charcoal o il rosso Congo, oppure iniettando nella fistola<br />
un contrasto idrosolubile. Questa è la manifestazione più comune di<br />
una fistola dell’intestino tenue, nella quale il processo rimane più o<br />
meno confinato all’area di lesione del piccolo intestino. Più di rado,<br />
queste fistole si presentano con una peritonite generalizzata.<br />
Le fistole enterocutanee vengono classificate in funzione della loro<br />
localizzazione e della loro escrezione giornaliera. Questi fattori influenzano<br />
sia il trattamento che il tasso di mortalità e la morbidità.<br />
In generale, tanto più prossimale è una fistola e tanto più grave sarà<br />
il problema, sia per la maggior perdita di fluidi ed elettroliti, che per<br />
la maggiore lunghezza del segmento intestinale distale che non è più<br />
disponibile per l’assorbimento dei nutrimenti. Le fistole ad alta portata<br />
sono quelle con una perdita di 500 ml o più nelle 24 ore. I fattori<br />
che impediscono una chiusura spontanea della fistola sono illustrati<br />
nella Tabella <strong>44</strong>-11.<br />
Andrebbero eseguiti esami radiografici della fistola, con iniezione<br />
di mezzo di contrasto idrosolubile all’interno del tragitto, per evidenziare<br />
precocemente la presenza e l’estensione di un’eventuale cavità<br />
ascessuale; per avere informazioni sulla lunghezza del tramite,<br />
sulle dimensioni della lesione della parete intestinale, e sulla localizzazione<br />
della fistola e per determinare se sia presente un’ostruzione<br />
distale. La TC è utile nel determinare l’eventuale presenza di raccolte<br />
fluide o purulente. A volte, tali raccolte possono essere drenate per<br />
via percutanea.<br />
Le complicanze più importanti di una fistola del piccolo intestino<br />
sono: la sepsi, la deplezione di fluidi ed elettroliti, la necrosi cutanea<br />
in vicinanza del foro di uscita, e la malnutrizione. La mortalità dei<br />
pazienti con fistole enterocutanee rimane elevata, con alcuni studi<br />
che riportano un’incidenza pari al 15-20%.<br />
Trattamento<br />
Il trattamento dei pazienti con fistole intestinali comprende: il posizionamento<br />
di un drenaggio aspirativo, la terapia della sepsi, la prevenzione<br />
della deplezione di fluidi ed elettroliti, la protezione della<br />
cute, e un adeguato apporto nutrizionale al paziente. Il controllo delle<br />
perdite della fistola avviene con l’incannulazione del tragitto fistoloso<br />
con un drenaggio 95 . La protezione della cute attorno al foro di<br />
uscita è importante nel prevenire delle escoriazioni e la distruzione<br />
della cute. Tale protezione può essere eseguita applicando una placca<br />
da stomia in associazione con ossido di zinco, unguento di pasta<br />
di alluminio, o polvere di karaya. Il catetere in aspirazione fuoriesce<br />
a livello della placca, che viene ritagliata in modo da avere le dimensioni<br />
dell’apertura della fistola. Questo permette la quantificazione<br />
delle perdite. L’utilizzo della NPT ha notevolmente migliorato il trattamento<br />
dei pazienti con fistole enterocutanee e previene i problemi<br />
legati alla malnutrizione 123 .<br />
Il volume delle perdite legato ad una fistola prossimale può rappresentare<br />
un notevole problema. Gli agenti che inibiscono la motilità<br />
intestinale, quali la codeina ed il difenossilato, non sono in genere<br />
di alcun aiuto. L’octreotide, analogo della somatostatina a lunga<br />
durata d’azione, è stato utilizzato nei pazienti con fistole enterocutanee<br />
ottenendo una notevole riduzione delle perdite dalla fistola<br />
113 .Alcuni studi hanno dimostrato che l’octreotide aumenta la<br />
frequenza di chiusura delle fistole, mentre altri studi non hanno<br />
documentato tale effetto. Tuttavia, non vi sono dubbi che l’octreotide<br />
migliori i problemi legati ad una notevole perdita volumetrica<br />
e permetta un miglior controllo del tragitto fistoloso.<br />
Quando la sepsi è sotto controllo ed è stata instaurata una terapia<br />
nutrizionale, si può iniziare con una terapia di tipo conservativo.<br />
Alcuni consigliano un trattamento di tipo conservativo per<br />
una durata pari a 3 mesi, per consentire la chiusura spontanea del<br />
tragitto fistoloso. Tuttavia, Reber e collaboratori 104 hanno mostrato<br />
che, una volta controllata la sepsi, più del 90% delle fistole del<br />
piccolo intestino che si erano chiuse lo avevano fatto nel giro di 1<br />
mese; meno del 10% nel giro di 2 mesi, e nessuna fistola si era<br />
chiusa spontaneamente dopo 3 mesi. Quindi, appare ragionevole<br />
seguire un trattamento di tipo conservativo per 4-6 settimane,<br />
passate le quali, in caso di mancata chiusura della fistola si dovrà<br />
prendere in considerazione un trattamento di tipo chirurgico.<br />
Questo periodo di terapia conservativa non solo permette la risoluzione<br />
di quelle fistole che guariscono spontaneamente, ma consente<br />
di ottimizzare lo stato nutrizionale del paziente e di tenere<br />
sotto controllo la ferita e le sedi della fistola. Inoltre, un’attesa ragionevole<br />
permette alla reazione peritoneale e all’infiammazione<br />
di risolversi, rendendo un eventuale intervento chirurgico più<br />
semplice e sicuro.<br />
L’intervento chirurgico risulta più semplice se si esegue una laparotomia<br />
sulla precedente cicatrice addominale stando attenti a<br />
non danneggiare l’intestino adeso alla parete. L’intervento in genere<br />
preferito consiste in un’escissione del tragitto fistoloso con resezione<br />
segmentaria dell’intestino coinvolto e rianastomosi diretta.<br />
Una semplice chiusura della fistola dopo escissione del tragitto fistoloso<br />
porta quasi sempre ad una recidiva. Se ci si trova inaspettatamente<br />
di fronte ad un ascesso o se la parete addominale è rigida<br />
e distesa per un lungo tratto, il che rende il confezionamento di<br />
un’anastomosi diretta poco sicuro, sarà opportuno eseguire una<br />
duplice enterostomia. Sono state inoltre descritte numerose procedure<br />
di bypass, facenti parte di un approccio a stadi nel quale in un<br />
primo intervento si esclude ed in un secondo intervento si reseca il<br />
segmento intestinale sede della fistola. Nonostante questo tipo di<br />
intervento possa essere necessario in alcune circostanze, non è certamente<br />
il trattamento chirurgico preferito.<br />
Riassumendo, le fistole enterocutanee sono spesso il risultato di<br />
precedenti procedure chirurgiche. Una volta identificate, bisogna<br />
eseguire degli studi radiologici per definirne la localizzazione e gli<br />
altri aspetti, quali la presenza di una cavità ascessuale o la lesione<br />
della parete addominale. L’esame più diretto è un fistulogramma,<br />
ma anche la TC può essere di aiuto in alcuni pazienti. Gli elementi<br />
chiave nel trattamento di una fistola enterocutanea includono il<br />
controllo della sepsi, della deplezione di fluidi ed elettroliti, della<br />
necrosi cutanea e della malnutrizione. La maggior parte delle fistole<br />
si risolve spontaneamente dopo 4-6 settimane di terapia conservativa.<br />
Se la chiusura non avviene dopo tale lasso di tempo, sarà indicato<br />
un intervento chirurgico.<br />
Pneumatosi intestinale<br />
La pneumatosi intestinale, è una condizione rara, che si manifesta<br />
con la presenza di multiple cisti ripiene di gas a livello del tratto gastroenterico.<br />
Le cisti si localizzano a livello della sottosierosa, della<br />
sottomucosa, e più di rado negli strati muscolari, e variano da dimensioni<br />
microscopiche a più centimetri di diametro. Possono originare<br />
in qualsiasi punto del tratto gastroenterico, dall’esofago al<br />
retto; tuttavia sono più frequenti nel digiuno, seguito dalla regione<br />
ileociecale e dal colon. Possono inoltre essere coinvolte anche delle<br />
strutture extraintestinali quali il mesentere, il peritoneo, ed il legamento<br />
falciforme. L’incidenza è identica nei due sessi, e tale condizione<br />
è più frequente tra la quarta e la settima decade di vita. Nei
neonati la pneumatosi si associa in genere all’enterocolite necrotizzante.<br />
La causa della pneumatosi intestinale non è tuttora chiara.<br />
Sono state proposte numerose teorie, tra le quali quella meccanica,<br />
di un possibile danno mucosale, batterica, e polmonare appaiono<br />
essere le più promettenti.<br />
Studi recenti hanno dimostrato che la maggior parte dei casi di<br />
pneumatosi intestinale è associata ad una pneumopatia cronica<br />
ostruttiva o ad uno stato di immunocompromissione (e.g., AIDS,<br />
post-trapianto, leucemie, linfomi, vasculiti o malattie vascolari del<br />
collagene, pazienti in chemioterapia o terapia steroidea) 45, 98 .Altre<br />
condizioni associate comprendono quelle infiammatorie, infettive o<br />
ostruttive dell’intestino; condizioni iatrogene quali un’endoscopia o<br />
una digiunostomia; l’ischemia; e patologie extraintestinali quali il<br />
diabete. Una pneumatosi che non si associa ad altre lesioni viene<br />
chiamata pneumatosi primaria.<br />
Macroscopicamente, la cisti assomiglia ad un linfangioma cistico<br />
o ad una cisti idatidea. Alla sezione istologica, la porzione interessata<br />
ha un aspetto crivellato. Le cisti hanno una parete sottile e<br />
si rompono facilmente. Le rotture spontanee sono causa di pneumoperitoneo.<br />
I sintomi sono aspecifici e, nelle pneumatosi associate<br />
ad altre condizioni morbose, la sintomatologia è quella della<br />
patologia di base. I sintomi della pneumatosi primaria, quando<br />
presenti, sono: diarrea, dolore addominale, distensione addominale,<br />
nausea, vomito, calo ponderale, e feci associate a muco. Possono<br />
essere presenti anche ematochezia e constipazione. Le complicanze<br />
associate alla pneumatosi intestinale si sviluppano in circa il<br />
3% dei casi e comprendono il volvolo, l’ostruzione intestinale, l’emorragia<br />
e la perforazione intestinale. Uno pneumoperitoneo si<br />
sviluppa con maggior frequenza nelle pneumatosi dell’intestino<br />
tenue piuttosto che in quelle del crasso. La peritonite è rara. Di fatto,<br />
la pneumatosi intestinale rappresenta uno dei pochi casi di<br />
pneumoperitoneo sterile e dovrebbe essere sospettata nei pazienti<br />
con aria libera in addome ma senza evidenti segni di peritonite.<br />
La diagnosi viene fatta con un addome a vuoto o con l’ausilio di<br />
esami con bario. Nell’addome a vuoto sono evidenti delle aree radiotrasparenti<br />
a livello della parete addominale, da non confondere<br />
con dell’aria presente all’interno del lume (Fig. <strong>44</strong>-46). La radiotrasparenza<br />
può essere lineare o curvilinea, o avere un aspetto a grappolo<br />
o a piccole bolle. In alternativa, la diagnosi viene confermata<br />
dalla TC o utilizzando del bario come mezzo di contrasto. Le cisti<br />
possono essere visualizzate anche all’ecografia.<br />
Figura <strong>44</strong>-46. Addome in bianco che mostra una pneumatosi intestinale (v.<br />
frecce). (Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University<br />
of Texas Medical Branch).<br />
INTESTINO TENUE 911<br />
Non è necessario alcun trattamento, a meno che non si verifichi<br />
qualche rara complicanza come una rettorragia, un volvolo indotto<br />
dalla cisti, o uno pneumoperitoneo in tensione. Nella maggior<br />
parte dei pazienti, la prognosi è quella della patologia di base. Il<br />
punto fondamentale è di riconoscere la pneumatosi come una causa<br />
benigna di pneumoperitoneo. Il trattamento andrebbe focalizzato<br />
sulla malattia di base e l’intervento chirurgico stabilito in funzione<br />
del decorso del paziente.<br />
Sindrome dell’ansa cieca<br />
Èuna condizione rara che si manifesta con diarrea, steatorrea, anemia<br />
megaloblastica, calo ponderale, dolore addominale, carenza di<br />
vitamine liposolubili (A, D, E e K), e disturbi neurologici. La causa<br />
di tale sindrome è una sovracrescita batterica in aree di ristagno del<br />
piccolo intestino, che si formano in seguito a stenosi, fistole o diverticoli<br />
(e.g., diverticoli digiunali o di Meckel) 65 .Di solito, la porzione<br />
alta del tratto gastroenterico contiene meno di 10 5 batteri per<br />
ml, costituiti soprattutto da aerobi gram positivi e anaerobi facoltativi.<br />
Tuttavia, la stasi favorisce l’eccessiva proliferazione di batteri<br />
aerobi ed anaerobi (sono presenti in elevato numero: bacteroides,<br />
lattobacilli anaerobi, coliformi, ed enterococchi). I batteri competono<br />
nell’utilizzo della vitamina B 12 causando una deficienza di tale<br />
vitamina e un’anemia megaloblastica.<br />
La sindrome viene diagnosticata con una serie di esami di laboratorio.<br />
La sovracrescita batterica è confermata con delle colture ottenute<br />
tramite un sondino o con dei test indiretti quali i breath test con<br />
14 C-xilosio o con 14 C-colilglicina. L’eccessivo utilizzo da parte dei batteri<br />
di substrati del 14 C porta ad un’aumentata produzione di 14 CO 2.<br />
Una volta confermate la sovracrescita batterica e la steatorrea, andrebbe<br />
eseguito un test di Schilling ( 57 assorbimento di vitamina B 12<br />
coniugata) che dovrebbe rivelare un’escrezione urinaria di vitamina<br />
B 12 simile a quella dell’anemia perniciosa (perdita urinaria di vitamina<br />
B 12 tra lo 0 ed il 6% contro valori normali tra il 7 ed il 25%). Nei<br />
pazienti con sindrome dell’ansa cieca l’escrezione non si modifica<br />
con la somministrazione di fattore intrinseco, ma l’assorbimento di<br />
vitamina B 12 torna a valori normali in seguito ad una terapia antibiotica<br />
ad ampio spettro (e.g., tetracicline).<br />
Il trattamento dei pazienti con sindrome dell’ansa cieca è costituito<br />
da una terapia parenterale con vitamina B 12 e antibiotici ad ampio<br />
spettro, di solito tetracicline o amoxicillina/acido clavulanico (augmentin).<br />
Una scelta alternativa è l’associazione di una cefalosporina<br />
(e.g., cefalessina {Keflex}) con il metronidazolo. Se tali agenti non sono<br />
efficaci si può usare del cloramfenicolo. Nella maggior parte dei<br />
pazienti un solo ciclo di terapia (7-10 giorni) è sufficiente, ed il soggetto<br />
rimane asintomatico per mesi. Sono stati usati anche degli<br />
agenti procinetici, ma senza ottenere un gran successo. La correzione<br />
chirurgica della condizione che causa il ristagno e quindi la sindrome<br />
dell’ansa cieca, porta ad una guarigione definitiva ed è indicata<br />
in quei pazienti che richiedono cicli multipli di terapia antibiotica<br />
o che sono in terapia continua.<br />
Enterite da radiazioni<br />
La radioterapia viene comunemente utilizzata come terapia adiuvante<br />
in diversi tumori addominali e pelvici. Oltre alla cellule tumorali,<br />
anche i tessuti normali ad elevato indice mitotico possono<br />
essere lesi dalle radiazioni. Il tessuto normale circostante la lesione<br />
tumorale, come ad esempio l’epitelio dell’intestino tenue, può subire<br />
effetti deleteri importanti di tipo acuto o cronico 102 . La quantità<br />
di radiazioni è direttamente correlata alla probabilità di sviluppare<br />
un’enterite. Le complicanze tardive severe sono rare se il dosaggio<br />
totale di radiazioni è inferiore a 4000 cGy; la morbidità aumenta per<br />
dosaggi superiori a 5000 cGy 145 .Determinati fattori, quali precedenti<br />
interventi chirurgici, una preesistente malattia vascolare, l’ipertensione,<br />
il diabete, una terapia adiuvante con alcuni agenti chemioterapici<br />
come il 5-fluorouracile, la doxorubicina, l’actinomicina<br />
D ed il metotrexate, contribuiscono allo sviluppo di un’enterite dopo<br />
terapia radiante. Aver subito precedenti interventi chirurgici aumenta<br />
il rischio di enterite probabilmente per la formazione di aderenze<br />
che fissano delle porzioni di intestino tenue alle zone irradia-
912 ADDOME<br />
Figura <strong>44</strong>-47. Fotogafia microscopica dell’ileo di un paziente con ulcerazioni e<br />
stenosi secondarie ad enterite da radiazioni. Da notare l’arterite obliterante, le<br />
pareti arteriose ispessite, e la fibrosi sottomucosa (v. frecce), che sono dei riscontri<br />
caratteristici di una lesione cronica da radiazioni. (Per gentile concessione<br />
di Mary R. Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).<br />
te. Il danno da radiazioni è di solito acuto ed autolimitantesi, con<br />
sintomi costituiti da diarrea, dolore addominale e malassorbimento.<br />
Gli effetti tardivi delle lesioni da radiazione sono il risultato di un<br />
danno ai piccoli vasi sanguigni della sottomucosa con progressiva<br />
arterite obliterante e fibrosi sottomucosa, che portano infine ad una<br />
trombosi e ad insufficienza vascolare 35, 97 (Fig. <strong>44</strong>-47). Tale lesione<br />
può produrre una necrosi con perforazione dell’intestino coinvolto,<br />
ma più di frequente porta alla formazione di stenosi, con sintomi<br />
ostruttivi, o di fistole.<br />
L’enterite da radiazioni può essere minimizzata ottimizzando gli<br />
accessi e i dosaggi della radioterapia, in modo tale da trattare in maniera<br />
ottimale e specifica il tumore, risparmiando i tessuti circostanti.<br />
Il posizionamento di markers radioopachi, quali delle clip in titanio,<br />
al momento del primo intervento, permette una valutazione più<br />
accurata della terapia radiante. La riperitonealizzazione, la trasposizione<br />
dell’omento, il bendaggio con rete riassorbibile, sono metodi<br />
utilizzati per escludere l’intestino sano dalla zona da irradiare 22, 36 .<br />
Sono stati descritti numerosi interventi farmacologici con lo<br />
scopo di ridurre gli effetti collaterali dell’enterite da radiazioni. Il<br />
sucralfato si è dimostrato utile nel ridurre la diarrea associata all’enterite.<br />
La superossido dismutasi, uno scavenger dei radicali liberi,<br />
riduce le complicanze. Altri composti presi in considerazione<br />
sono stati il glutatione, degli antiossidanti (e.g., vitamina A, vitamina<br />
E e beta-carotene) e antagonisti dell’istamina. Ulteriori<br />
agenti che si sono dimostrati utili a livello sperimentale nel prevenire<br />
i sintomi acuti di un’enterite acuta da radiazioni sono: formulazioni<br />
enterali arricchite con glutamina, la bombesina, l’ormone<br />
della crescita, il peptide 2 simil-glucagone ed il fattore 1 di<br />
crescita insulino-simile 4, 25, 66 .<br />
Lo scopo del trattamento dell’enterite acuta da radiazione è di<br />
controllare i sintomi. Gli antispastici e gli analgesici alleviano i dolori<br />
ed i crampi addominali, mentre la diarrea risponde bene agli oppiacei<br />
o ad altri agenti antidiarroici. L’utilizzo di steroidi è di dubbia<br />
utilità. Anche un trattamento dietetico può ridurre i sintomi dell’enterite,tuttavia,<br />
i risultati non sono certi.<br />
Un intervento chirurgico è necessario in alcuni pazienti che presentano<br />
gli effetti cronici dell’enterite da radiazioni. Questo sottogruppo<br />
di pazienti costituisce solo una piccola percentuale (2-3%)<br />
di tutti i pazienti sottoposti a radioterapia pelvica o addominale.<br />
Costituiscono le indicazioni all’intervento chirurgico l’ostruzione,<br />
le fistole, la perforazione, ed il sanguinamento; l’ostruzione è la<br />
causa di intervento più frequente. I tipi di intervento comprendono<br />
le procedure di bypass e le resezioni con rianastomosi diretta 88 .<br />
I sostenitori delle procedure di bypass affermano che tali tecniche<br />
sono più sicure e che permettono un miglior controllo dei sintomi<br />
rispetto alle resezioni. I sostenitori delle tecniche resettive dichiarano<br />
che le elevate mortalità e morbidità riportate riflettono un’inadeguata<br />
resezione e rianastomosi dell’intestino malato. Nei pazienti<br />
che si presentano con un’ostruzione bisognerebbe lisare accuratamente<br />
tutte le aderenze. Un’ostruzione dovuta a delle anse rigide<br />
e fisse viene bypassata più facilmente. Se sono state pianificate una<br />
resezione e una rianastomosi, almeno una delle estremità dell’anastomosi<br />
dovrebbe essere ricavata da una porzione di intestino distante<br />
dalla zona irradiata. Se viene montata un’anastomosi tra segmenti<br />
intestinali colpiti da malattia, l’incidenza di deiscenze dell’anastomosi<br />
arriva fino al 50%, per le scarse capacità resistive dell’intestino<br />
irradiato. I riscontri macroscopici possono non essere sufficientemente<br />
accurati nella valutazione della reale estensione del<br />
danno da radiazioni. A tale scopo vengono usate delle sezioni congelate<br />
e la flussimetria con laser Doppler. Tuttavia, i dati riguardo<br />
l’utilità di queste tecniche sono discordanti. La perforazione intestinale<br />
va trattata con una resezione ed una rianastomosi diretta.<br />
Qualora una rianastomosi risulti pericolosa, sarà opportuno confezionare<br />
una duplice enterostomia.<br />
L’enterite da radiazioni si può talora comportare come un processo<br />
morboso inesorabile. Circa la metà dei pazienti che sopravvivono<br />
ad una prima laparotomia per lesioni intestinali da radiazioni richiede<br />
un successivo intervento chirurgico per il progredire del danno<br />
intestinale. Circa il 25% di questi pazienti muore per l’enterite da radiazioni<br />
o per le sue complicanze.<br />
Sindrome dell’intestino corto<br />
La sindrome dell’intestino corto si instaura quando la lunghezza totale<br />
dell’intestino tenue diventa inadeguata nel garantire la funzione<br />
nutrizionale. Il 75% dei casi di intestino corto sono dovuti a delle<br />
resezioni intestinali estese 119 .Nell’adulto le cause più frequenti sono<br />
un’occlusione mesenterica, un volvolo, ed una lesione traumatica<br />
dei vasi mesenterici superiori. In un 25% dei casi le cause sono<br />
delle resezioni sequenziali multiple, frequentemente associate a malattia<br />
di Crohn recidiva. Nei neonati, la causa più frequente di sindrome<br />
dell’intestino corto è una resezione intestinale secondaria ad<br />
un’enterocolite necrotizzante. Le manifestazioni cliniche di tale sindrome<br />
sono: diarrea, deficienza di fluidi ed elettroliti, e malnutrizione.<br />
Altre complicanze sono un’aumentata incidenza di calcoli<br />
della colecisti per alterazioni del ricircolo enteroepatico e di nefrolitiasi<br />
da iperossaluria. Le deficienze nutrizionali specifiche vanno<br />
prevenute con il monitoraggio dei livelli di ferro, magnesio, zinco,<br />
rame, e vitamine. La probabilità che un paziente con sindrome dell’intestino<br />
corto diventi dipendente in modo definitivo da una NPT<br />
è influenzata dalla lunghezza, dalla localizzazione e dallo stato dell’intestino<br />
residuo.<br />
L’intestino possiede una straordinaria capacità di adattamento dopo<br />
una resezione, ed in molti casi, questo processo, chiamato iperplasia<br />
adattativa, previene le gravi complicanze che risultano dalla riduzione<br />
dell’area a disposizione per l’assorbimento e la digestione 37 .<br />
Tuttavia, qualunque meccanismo adattativo risulta inadeguato se è<br />
stato sacrificato troppo intestino tenue. Nonostante le variazioni individuali,<br />
una resezione fino al 70% dell’intestino tenue è tollerata se<br />
l’ileo terminale e la valvola ileociecale sono preservati. La sola lunghezza<br />
non rappresenta tuttavia l’unico fattore determinante per le<br />
complicanze. Ad esempio, se i due terzi distali dell’ileo, compresa la<br />
valvola ileociecale, vengono resecati, saranno presenti anomalie importanti<br />
nell’assorbimento di sali biliari e vitamina B 12, con conseguenti<br />
diarrea ed anemia, nonostante manchi solo un 25% della lunghezza<br />
totale dell’intestino. Una resezione intestinale prossimale viene<br />
tollerata molto meglio di una resezione distale, in quanto l’ileo si<br />
adatta ed aumenta la sua capacità assorbente molto piu efficacemente<br />
del digiuno.<br />
Trattamento<br />
L’aspetto fondamentale da tenere a mente nella sindrome dell’intestino<br />
corto è la prevenzione. Nei pazienti con malattia di Crohn sarà
opportuno eseguire delle resezioni limitate alla sede specifica della<br />
complicanza. Inoltre, in corso di interventi per un’ischemia intestinale,<br />
bisogna eseguire una resezione più limitata possibile e, se necessario,<br />
effettuare un secondo intervento per permettere all’intestino<br />
ischemico di demarcarsi, evitando in tal modo delle resezioni<br />
estese inutili.<br />
In seguito ad una resezione intestinale estesa, il trattamento andrebbe<br />
diviso in due fasi, una precoce ed una tardiva. Nella fase precoce,<br />
la terapia ha lo scopo di controllare la diarrea, garantire un adeguato<br />
apporto di fluidi ed elettroliti, ed instaurare una NPT 143, 151 .Le<br />
perdite volumetriche possono eccedere i 5 litri al giorno, ed è quindi<br />
necessario monitorare l’apporto e le perdite idroelettrolitiche per ottenere<br />
un bilancio adeguato. La diarrea in queste prime fasi può avere<br />
innumerevoli cause. Per esempio, in seguito ad una resezione intestinale<br />
estesa sono presenti un’ipergastrinemia ed un’ipersecrezione<br />
gastrica, le quali contribuiscono notevolmente alla diarrea. L’ipersecrezione<br />
acida viene trattata con degli antagonisti dei recettori H 2<br />
o dei bloccanti della pompa protonica come l’omeprazolo. La diarrea<br />
può anche essere causata da una resezione ileale che altera il ricircolo<br />
enteroepatico, con conseguente eccessiva quantità di sali biliari<br />
che arrivano al colon. La colestiramina è di beneficio nei casi in<br />
cui la diarrea sia il risultato di un effetto catartico dei sali biliari a livello<br />
colico. In aggiunta, è utile l’utilizzo di agenti che inibiscono la<br />
motilità intestinale (e.g., codeina e difenossilato). Anche l’octreotide,<br />
analogo a lunga durata d’azione della somatostatina, riduce la diarrea<br />
durante la fase iniziale di una sindrome dell’intestino corto 135 .Alcuni<br />
studi suggeriscono che l’octreotide inibisca il processo di adattamento<br />
dell’intestino; altri studi tuttavia non confermano tale effetto<br />
negativo.<br />
Non appena il paziente si riprende da questa fase acuta, sarà opportuno<br />
iniziare una nutrizione enterale, di modo che il processo<br />
di adattamento intestinale inizi precocemente e progredisca con<br />
successo. I tipi più comuni di diete enterali sono quelle elementari<br />
(Vivonex, Flexical) o polimeriche (Isocal, Ensure). Esistono delle<br />
controversie riguardo alle diete ottimali per questi pazienti. Inizialmente,<br />
è consigliabile una dieta ad elevato contenuto di carboidrati<br />
e proteine, per ottimizzare l’assorbimento. I latticini andrebbero<br />
evitati e la dieta andrebbe iniziata a concentrazioni iso-osmolari e<br />
in piccole quantità. Con l’adattamento intestinale, l’osmolarità, il<br />
volume e le concentrazioni caloriche possono essere aumentate. La<br />
preparazione dei nutrimenti nella loro forma più semplice costituisce<br />
una parte fondamentale del trattamento. Gli zuccheri semplici,<br />
i dipeptidi ed i tripeptidi vengono rapidamente assorbiti dall’intestino.<br />
La riduzione dei grassi nella dieta è stata considerata a lungo<br />
importante nei pazienti con sindrome dell’intestino corto. Tuttavia,<br />
è opportuno supplementare la dieta con 100 g o più di grassi,<br />
soprattutto trigliceridi a catena media che vengono assorbiti dall’intestino<br />
prossimale. Sono inoltre importanti le aggiunte di vitamine,<br />
in particolare quelle liposolubili, e di calcio, magnesio e zinco.Si<br />
sta ancora valutando il ruolo della somministrazione sistemica<br />
di ormoni e di quella enterale di glutamina. Numerosi studi sperimentali<br />
hanno dimostrato un ruolo degli ormoni neurotensina,<br />
bombesina e peptide glucagone-simile di tipo 2, nello stimolare la<br />
crescita mucosale e nel prevenire l’atrofia enterica da NPT. La terapia<br />
combinata appare più efficace della somministrazione di un<br />
singolo agente 38, 57 .<br />
Altri due ormoni di derivazione non enterica, valutati in numerosi<br />
studi sperimentali e in alcuni trials clinici, sono l’ormone della<br />
crescita ed il fattore di crescita insulino-simile di tipo I. In uno studio<br />
clinico non controllato, Berne e colleghi 18 hanno utilizzato una<br />
combinazione di ormone della crescita, glutamina, e di una dieta<br />
modificata, ed hanno dimostrato una riduzione o un’eliminazione<br />
nell’utilizzo della NPT in pazienti con sindrome dell’intestino corto<br />
che erano dipendenti da questa terapia. Tuttavia, in uno studio randomizzato<br />
placebo-controllo in doppio cieco, Scolapio e colleghi 118<br />
hanno dimostrato un modesto miglioramento nell’assorbimento<br />
elettrolitico, ma nessuna variazione nella morfologia dell’intestino<br />
tenue, nelle perdite fecali, o nell’assorbimento di macronutrimenti,<br />
con l’utilizzo di una combinazione di glutamina ed ormone della<br />
crescita. Quindi, l’efficacia di questo trattamento nei pazienti NPTdipendenti<br />
è ancora da stabilire. La combinazione di numerosi or-<br />
INTESTINO TENUE 913<br />
moni trofici con la glutamina, e una dieta modificata potrebbero<br />
avere una certa efficacia in questo gruppo di pazienti complessi 150 .<br />
Sono state valutate un certo numero di strategie chirurgiche, da<br />
utilizzare nei pazienti NPT-dipendenti, con risultati scarsi; queste<br />
comprendono procedure che rallentano il transito intestinale, altre<br />
che aumentano l’area di assorbimento, ed il trapianto di intestino<br />
tenue 136 .Le tecniche che rallentano il transito intestinale hanno ottenuto<br />
scarsi risultati e consistono nella costruzione di varie valvole<br />
e sfinteri. Vengono inoltre interposti dei segmenti intestinali antiperistaltici<br />
per rallentare il transito, che consentono un tempo di contatto<br />
maggiore per l’assorbimento di fluidi e nutrimenti, ma anche<br />
questa tecnica ha dimostrato scarsi risultati. Altre procedure quali<br />
l’interposizione colica, le anse intestinali ricircolanti, ed il pacing<br />
elettrico retrogrado sono state messe in atto, ma la loro scarsa utilità<br />
nell’uomo ha portato al loro abbandono. Gli interventi il cui scopo<br />
è di aumentare l’area di assorbimento sono le procedure di assottigliamento<br />
e allungamento intestinale, originariamente descritte da<br />
Bianchi 18 . Questa tecnica migliora la funzione intestinale in quanto<br />
corregge la dilatazione e la peristalsi inefficace dell’intestino residuo,<br />
raddoppiando la lunghezza intestinale e allo stesso tempo preservando<br />
la superficie mucosa. Nonostante tale metodica sia di beneficio<br />
in alcuni pazienti selezionati, esistono delle complicanze<br />
quali la necrosi dei segmenti e la deiscenza delle anastomosi 55 .<br />
Il trapianto intestinale è migliorato in seguito all’introduzione del<br />
tacrolimus (FK506), un nuovo agente immunosoppressivo 141 .Durante<br />
gli anni ’90, sono stati effettuati nel mondo, più di 200 trapianti<br />
intestinali. Questi includono sia i trapianti del solo intestino tenue e<br />
che i trapianti combinati di intestino tenue e fegato, e alcuni tipi di<br />
trapianti più estesi riportati dall’International Intestinal Transplant<br />
Registry. Nei pazienti in terapia con tacrolimus, la percentuale di trapianti<br />
funzionanti ad un anno era del 65% sia per i trapianti del solo<br />
intestino che per i trapianti combinati di ileo e fegato; mentre la<br />
sopravvivenza a un anno dei pazienti era rispettivamente dell’83% e<br />
del 68% per i due tipi di trapianti.<br />
Settantotto degli 86 pazienti sopravvissuti avevano interrotto la<br />
NPT e ricevevano una nutrizione orale. L’Università di Pittsburgh,<br />
centro di maggiore esperienza negli Stati Uniti, ha riportato una sopravvivenza<br />
del 72% ad 1 anno, del 53% a 2 anni, e del 42% a 3 anni.<br />
Attualmente, il trapianto di intestino tenue e fegato ha una sopravvivenza<br />
simile a quella dei trapianti di rene e cuore. Le sfide nel<br />
trapianto intestinale continuano ad essere la necessità di una terapia<br />
immunosoppressiva più efficace e l’individuazione precoce di un rigetto.<br />
Un’alternativa al trapianto intestinale è il trapianto di cellule<br />
staminali della mucosa, che si basa sul trapianto degli enterociti su<br />
una biomatrice per ottenere la rigenerazione della mucosa intestinale.<br />
Questa procedura è ancora ad uno stadio preliminare, ma ha mostrato<br />
risultati promettenti a livello sperimentale.<br />
Compressione vascolare del duodeno<br />
La compressione vascolare del duodeno, nota anche come sindrome<br />
dell’arteria mesenterica superiore o sindrome di Wilkie, è una condizione<br />
rara caratterizzata dalla compressione della terza porzione<br />
del duodeno da parte dell’arteria mesenterica superiore 60 .I sintomi<br />
sono nausea e vomito, distensione addominale, calo ponderale e dolore<br />
epigastrico postprandiale, che varia da intermittente a costante<br />
in funzione dell’entità dell’ostruzione duodenale. Il calo ponderale<br />
precede di solito la comparsa dei sintomi.<br />
Questa sindrome si riscontra più frequentemente in giovani adulti<br />
astenici, con un’incidenza maggiore nelle donne rispetto agli uomini.<br />
I fattori che predispongono alla compressione vascolare del<br />
duodeno, oltre al calo ponderale, comprendono l’immobilizzazione<br />
supina, la scoliosi e il confezionamento di un’ingessatura (a volte<br />
chiamata la sindrome del gesso). È stata notata un’associazione tra la<br />
compressione vascolare del duodeno e l’ulcera peptica. Sono stati riportati<br />
casi di compressione vascolare del duodeno in pazienti con<br />
anoressia nervosa, in seguito a proctocolectomia con confezionamento<br />
di ileo-ano-pouch-anastomosi a J, dopo resezione di una<br />
malformazione arterovenosa della colonna cervicale, dopo riparazione<br />
di un aneurisma dell’aorta addominale e in seguito a procedure
914 ADDOME<br />
Figura <strong>44</strong>-48. Radiografia con bario che evidenzia un’ostruzione della terza<br />
porzione del duodeno secondaria a compressione da parte dell’arteria mesenterica<br />
superiore conseguente ad un’ustione. (Adattata da Reckler JM, Bruck<br />
HM, Munster AM, et al.: Superior mesenteric artery syndrome as a consequence<br />
of burn injury. J Trauma 12 [11]:979-985, 1972).<br />
ortopediche di solito in anestesia spinale. In letteratura è presente<br />
una comunicazione in cui viene descritta una famiglia con una preponderanza<br />
per compressione vascolare del duodeno.<br />
La diagnosi di questa condizione morbosa viene fatta con delle radiografie<br />
con bario dei tratti alti dell’apparato gastroenterico (Fig.<br />
<strong>44</strong>-48) o con una duodenografia ipotonica, che mostrano una brusca<br />
o quasi totale cessazione del flusso di bario dal duodeno al digiuno<br />
105 .In alcuni casi anche la TC si è rivelata utile. Il trattamento di<br />
questa sindrome è variabile. Le soluzioni conservative che vengono<br />
tentate per prime, divengono spesso il trattamento definitivo grazie<br />
ai loro crescenti successi. Il trattamento chirurgico di scelta nella<br />
compressione vascolare del duodeno è la duodenodigiunostomia 49 .<br />
BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA<br />
Ashley SW, Wells SA Jr: Tumors of the small intestine. Semin Oncol 15:116-128,1988.<br />
Questo è un eccellente e succinto ripasso sui tumori del piccolo intestino, sia benigni che<br />
maligni.<br />
Crohn BB, Ginzburg L, Oppenheimer GD: Regional ileitis: A pathologic and clinical entity.<br />
JAMA 99:1323-1329, 1932.<br />
Questo articolo descrive in modo chiaro e succinto il decorso clinico, la diagnosi differenziale,<br />
ed i riscontri patologici dell’ileite regionale nei giovani adulti. Nonostante siano<br />
stati dati altri nomi a questo processo patologico, basandosi sulle descrizioni di questo articolo,<br />
il termine di Malattia di Crohn è stato universalmente accettato.<br />
Cullen JJ, Kelly KA, Moir CR, et al.: Surgical management of Meckel’s diverticulum: An<br />
epidemiologic, population-based study. Ann Surg 220:564-569, 1994.<br />
Questo studio, che costituisce un’accurata analisi epidemiologica basata su di una popolazione,<br />
sfida il dogma della resezione selettiva in caso di diverticolo di Meckel scoperto<br />
accidentalmente nel paziente adulto.<br />
Davenport HW: Physiology of the Digestive Tract, 5th ed. Chigago, Year Book Medical,<br />
1982.<br />
Questo libro è di facile lettura e costituisce un ottimo primo approccio alla fisiologia gastrointestinale.<br />
Tutti gli aspetti della funzione intestinale vengono affrontati in modo<br />
chiaro e conciso.<br />
DeCosse JJ, Rhodes RS, Wentz WB, et al.: The natural history and management of radiation<br />
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Questo articolo, presentato al meeting annuale dell’American Surgical Association nel<br />
1969, delinea chiaramente le caratteristiche cliniche, le complicanze ed il trattamento dei<br />
pazienti con enterite da radiazioni.<br />
Fazio VW, Marchetti F: Recurrent Crohn’s disease and resection margins: Bigeer is not<br />
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Questo articolo riassume i princìpi chirurgici usati nel trattamento delle complicanze<br />
della Malattia di Crohn, caratterizzati dal fatto che ampi margini di resezione non si associano<br />
ad una minore incidenza di recidive.<br />
Hartwell JA, Houget JP: Experimental intestinal obstruction in dogs with special reference<br />
to the cause of death and treatment by large amounts of normal saline solution.<br />
JAMA 59:82, 1912.<br />
Questo studio sperimentale sottolinea l’importanza delle perdite di fluidi nell’ostruzione intestinale<br />
e dimostra come la somministrazione di soluzioni saline prevenga la morte in caso<br />
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Questo studio della Mayo Clinic comprende un totale di 209 casi di tumori carcinoidi del<br />
piccolo intestino.<br />
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Questo articolo tratta di uno studio randomizzato, multicentrico, in doppio-cieco che<br />
evidenzia un significativo miglioramento nei pazienti con Malattia di Crohn in terapia<br />
con l’Infliximab, un anticorpo anti Tumor Necrosis Factor-α. Sono necessari ulteriori<br />
studi ma, negli ultimi anni, questa sembra essere la terapia medica per la Malattia di<br />
Crohn più promettente.<br />
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Questa tesi fa un riassunto delle funzioni e dei significati clinici degli ormoni gastrointestinali.<br />
Questa monografia è facile da leggere e dovrebbe servire da introduzione all’argomento.<br />
Thorson A, Biorck G, Bjorkman G, Waldenstrom J: Malignant carcinoid of the small intestine<br />
with metastates to the liver, valvular disease of the right side of the heart (pulmonary<br />
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Questo articolo descrive le manifestazioni cliniche della sindrome da carcinoide con enfasi<br />
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del piccolo intestino, veniva considerata la causa della patologia valvolare cardiaca destra.<br />
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Questo articolo descrive le attuali strategie terapeutiche, sia mediche che chirurgiche, nei<br />
pazienti con sindrome dell’intestino corto. Viene discusso il possibile ruolo del trapianto<br />
in questi pazienti.<br />
BIBLIOGRAFIA
INTESTINO TENUE 915
916 ADDOME