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Capitolo 44

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CAPITOLO <strong>44</strong><br />

Gianluca M. Sampietro<br />

Massimo Cristaldi<br />

EMBRIOLOGIA<br />

ANATOMIA<br />

Anatomia macroscopica<br />

Anatomia microscopica<br />

FISIOLOGIA<br />

Digestione e assorbimento<br />

MOTILITÀ<br />

FUNZIONE ENDOCRINA<br />

Ormoni gastrointestinali<br />

Recettori<br />

FUNZIONE IMMUNITARIA<br />

OCCLUSIONE INTESTINALE<br />

L’intestino tenue è un prodigio di complessità ed efficienza. La sua<br />

funzione principale è la digestione e l’assorbimento dei componenti<br />

della dieta una volta che hanno lasciato lo stomaco. Questo processo<br />

dipende da una quantità di fattori di tipo strutturale, fisiologico, endocrino<br />

e chimico. Le secrezioni esocrine del fegato e del pancreas<br />

rendono possibile la completa digestione degli alimenti, mentre la<br />

grande superficie della mucosa intestinale ha poi il compito di assorbire<br />

i nutrienti. Oltre alla sua funzione di digestione e di assorbimento,<br />

il piccolo intestino è il più grande organo endocrino del corpo<br />

umano e uno dei più importanti per la funzione immunitaria. Considerati<br />

il suo ruolo essenziale e la sua complessità, stupisce come le<br />

malattie dell’intestino tenue non siano molto frequenti. In questo capitolo<br />

sono descritte sia l’anatomia e la fisiologia dell’intestino tenue<br />

che i suoi processi patologici, che includono l’ostruzione, le malattie<br />

infiammatorie, le neoplasie, la malattia diverticolare e problemi vari.<br />

EMBRIOLOGIA<br />

B. Mark Evers<br />

Intestino tenue<br />

L’intestino primitivo si forma durante la quarta settimana della gestazione<br />

fetale umana 5a, 86 .Il foglietto endodermico dà origine al rivestimento<br />

epiteliale del tubo digerente e il mesoderma splancnico che<br />

circonda l’endoderma dà origine al tessuto connettivo e muscolare e<br />

a tutti gli altri strati dell’intestino. Ad eccezione del duodeno, che è<br />

una struttura appartenente al primitivo intestino anteriore, l’intestino<br />

tenue deriva dall’intestino medio. Nel corso della quinta settimana<br />

dello sviluppo fetale, quando la lunghezza dell’intestino aumenta<br />

rapidamente, si ha un’erniazione dell’intestino medio attraverso<br />

l’ombelico (Fig. <strong>44</strong>-1). Quest’ansa di intestino medio possiede sia un<br />

lembo craniale che un lembo caudale, il primo si sviluppa nel duodeno<br />

distale, nel digiuno e nell’ileo prossimale, il secondo diviene l’ileo<br />

distale e i due terzi prossimali del colon trasverso. Il punto di congiunzione<br />

dei lembi craniale e caudale è dove il dotto vitellino si unisce<br />

alla sacco vitellino. Questa struttura tubulare solitamente si oblitera<br />

prima della nascita; tuttavia, può persistere come diverticolo di<br />

Meckel approssimativamente nel 2% della popolazione. Questa er-<br />

Eziologia<br />

Fisiopatogenesi<br />

Manifestazioni cliniche e diagnosi<br />

Esami radiologici e di laboratorio<br />

Ostruzione semplice o da<br />

strangolamento<br />

Trattamento<br />

Risoluzione di problemi specifici<br />

MALATTIE INFIAMMATORIE<br />

Malattia di Crohn<br />

Enterite tifoide<br />

Enteriti nel paziente<br />

immunocompromesso<br />

NEOPLASIE<br />

Considerazioni generali<br />

Neoplasie benigne<br />

Neoplasie maligne<br />

Neoplasie metastatiche<br />

MALATTIA DIVERTICOLARE<br />

Diverticoli duodenali<br />

Diverticoli digiunali ed ileali<br />

Diverticolo di Meckel<br />

PROBLEMI VARI<br />

Ulcerazioni dell’intestino tenue<br />

Ingestione di corpi estranei<br />

Fistole dell’intestino tenue<br />

Pneumatosi intestinale<br />

Sindrome dell’ansa cieca<br />

Enterite da radiazioni<br />

Sindrome dell’intestino corto<br />

Compressione vascolare del duodeno<br />

niazione dell’intestino medio perdura circa fino alla decima settimana<br />

della gestazione fetale, quando l’intestino ritorna nella cavità addominale.<br />

Dopo aver completato una rotazione di 270 gradi a partire<br />

dalla sua posizione iniziale, il digiuno prossimale rientra nell’addome<br />

andando ad occuparne il lato sinistro, con le anse successive che restano<br />

più a destra. Il cieco rientra per ultimo e va a posizionarsi temporaneamente<br />

nel quadrante superiore destro; tuttavia, col tempo, discende<br />

nella sua posizione normale nel quadrante inferiore destro.<br />

Durante questo processo possono verificarsi anomalie congenite a<br />

causa della mal rotazione e fissazione dell’intestino.<br />

L’intestino tenue primitivo è ricoperto da uno strato di cellule cubiche<br />

fino all’incirca alla nona settimana di gestazione, quando i villi iniziano<br />

a formarsi nell’intestino prossimale, procedendo poi in direzione<br />

caudale fintanto che l’intero piccolo intestino ed il colon, per un periodo<br />

di tempo, vengono ricoperti da queste sporgenze digitiformi. La<br />

formazione delle cripte inizia tra la decima e la dodicesima settimana<br />

di gestazione. Lo strato delle cripte del piccolo intestino è il luogo in<br />

cui avviene la continua proliferazione e il rinnovo della componente<br />

cellulare. Mentre le cellule risalgono l’asse cripta-villo la proliferazione<br />

cessa e le cellule si differenziano in uno dei quattro principali tipi cellulari:<br />

gli enterociti assorbenti,che costituiscono approssimativamente<br />

il 95% della popolazione cellulare dell’intestino; le cellule caliciformi;le<br />

cellule di Paneth; e le cellule enteroendocrine 20,120 .Infine, le cellule vengono<br />

espulse nel lume intestinale. Sorprendentemente, questo intero<br />

processo di completo rinnovamento del rivestimento intestinale avviene<br />

nell’uomo in meno di una settimana.<br />

ANATOMIA<br />

Anatomia macroscopica<br />

Descrizione generale<br />

L’intero intestino tenue, che si estende dal piloro al cieco, misura all’incirca<br />

270-290 cm, il duodeno è approssimativamente lungo 20<br />

873


874 ADDOME<br />

Ansa<br />

dell’intestino<br />

medio<br />

Legamento<br />

falciforme<br />

B<br />

Vena<br />

ombelicale<br />

Fegato<br />

Mesentere<br />

ventrale<br />

Tratto<br />

craniale<br />

e caudale<br />

Sacco vitellino<br />

Arteria vitellina<br />

Sacco vitellino<br />

in degenerazione<br />

A<br />

Diverticolo<br />

ciecale<br />

Stomaco<br />

A1 Piano della<br />

Arteria<br />

sezione A<br />

mesenterica<br />

1<br />

inferiore<br />

Intestino posteriore<br />

B 1<br />

Duodeno<br />

Piccolo intestino<br />

Piano della<br />

sezione B 1<br />

Borsa<br />

omentale<br />

Ultima<br />

posizione<br />

del sacco<br />

vitellino<br />

Forame<br />

omentale<br />

Arteria<br />

mesenterica<br />

superiore<br />

Flessura<br />

epatica<br />

D E<br />

D 1<br />

Ombelico<br />

cm, il digiuno misura all’incirca da 100 a 110 cm e l’ileo da 150 a<br />

160 cm 52 .Il digiuno comincia all’angolo duodeno-digiunale, che è<br />

sorretto da una piega del peritoneo nota come il legamento di<br />

Treitz. Non c’è una chiara linea di demarcazione tra digiuno ed ileo,<br />

tuttavia, si ritiene comunemente che il digiuno costituisca approssimativamente<br />

i due quinti dell’intestino tenue, mentre l’ileo completi<br />

i rimanenti tre quinti. Il digiuno ha una circonferenza più larga<br />

dell’ileo, è più spesso, e può essere identificato chirurgicamente<br />

esaminando i vasi mesenterici (Fig. <strong>44</strong>-2). Nel digiuno soltanto una<br />

o due arcate inviano lunghi e rettilinei vasa recta sul versante mesenterico,<br />

mentre l’apporto sanguineo dell’ileo può essere costituito<br />

da quattro o cinque arcate distinte con vasa recta più corti. La<br />

mucosa dell’intestino tenue è caratterizzata da pliche circolari (plicae<br />

circulares) altrimenti dette valvole conniventi, particolarmente<br />

cospicue nel duodeno distale e nel digiuno.<br />

Apporto neurovascolare e linfatico<br />

Aorta dorsale<br />

Arteria celiaca<br />

Appendice Cieco<br />

L’intestino tenue è raggiunto da un ricco apporto vascolare, neurale<br />

e linfatico, che passa attraverso il mesentere. La base del mesentere<br />

origina sulla parete posteriore dell’addome a sinistra della<br />

seconda vertebra lombare e si dirige obliquamente in basso e a<br />

destra, fino alla giunzione sacroiliaca destra. La vascolarizzazione<br />

dell’intestino tenue, ad eccezione del duodeno prossimale che vie-<br />

C<br />

Mesentere dorsale allungato<br />

Arteria mesenterica superiore<br />

Tratto craniale<br />

Arteria mesenterica superiore<br />

Tratto caudale<br />

C 1<br />

Diverticolo ciecale<br />

Aorta<br />

Arteria<br />

mesenterica<br />

superiore<br />

Piccolo<br />

omento<br />

Grande<br />

omento<br />

Flessura<br />

splenica<br />

Piccolo<br />

intestino<br />

Grosso<br />

intestino<br />

Figura <strong>44</strong>-1. Stadi della rotazione intestinale durante lo<br />

sviluppo fetale. Approssimativamente durante la quinta<br />

settimana dello sviluppo fetale, si ha un’erniazione dell’intestino<br />

medio nella parte prossimale al cordone ombelicale.<br />

Si verifica una rotazione totale di 270 gradi attorno<br />

all’asse dell’arteria mesenterica superiore con alla<br />

fine la fissazione dell’intestino nella sua localizzazione<br />

normale. (Adattata da Moore KL, Persaud TVN: The<br />

Developing Human: Clinically Oriented Embryology, 5 th<br />

ed. Philadelphia, WB Saunders, 1993, p. 249).<br />

ne rifornito da rami del tronco celiaco, deriva interamente dall’arteria<br />

mesenterica superiore (Fig. <strong>44</strong>-3). Questa decorre anteriormente<br />

al processo uncinato del pancreas e alla terza porzione<br />

duodenale, dove si divide per irrorare il pancreas, il duodeno distale,<br />

l’intero intestino tenue e il colon ascendente e trasverso. Le<br />

arcate vascolari che decorrono nel mesentere forniscono un abbondante<br />

apporto sanguigno all’intestino tenue. Il drenaggio venoso<br />

del piccolo intestino decorre parallelo all’apporto arterioso,<br />

e il sangue viene drenato nella vena mesenterica superiore, la quale<br />

si unisce alla vena splenica dietro al collo del pancreas per formare<br />

la vena porta.<br />

L’innervazione dell’intestino tenue è fornita sia da rami simpatici<br />

che parasimpatici del sistema nervoso autonomo, che a sua volta fornisce<br />

l’innervazione efferente al piccolo intestino. Le fibre parasimpatiche<br />

derivano dal vago e attraversano il ganglio celiaco influendo<br />

sulla secrezione, sulla motilità e probabilmente sulle funzioni intestinali.<br />

Sono presenti anche fibre afferenti vagali, ma apparentemente<br />

non trasmettono stimoli dolorifici. Le fibre simpatiche provengono<br />

da tre gruppi di nervi splancnici e hanno in genere le loro cellule<br />

gangliari posizionate in un plesso posto intorno alla base dell’arteria<br />

mesenterica superiore. Gli impulsi motori agiscono sulla motilità dei<br />

vasi sanguigni e probabilmente sulla secrezione e sulla motilità dell’intestino<br />

stesso. Il dolore proveniente dall’intestino è mediato da<br />

generiche fibre viscerali afferenti nel sistema simpatico.


Digiuno<br />

Ileo<br />

Figura <strong>44</strong>-2. La mucosa del digiuno è relativamente spessa con pliche trasversali<br />

prominenti; i vasi mesenterici formano solo uno o due arcate con lunghi<br />

vasa recta. L’ileo è più piccolo di circonferenza e ha delle pareti più sottili, i<br />

vasi mesenterici formano numerose arcate vascolari con corti vasa recta. (Adattata<br />

da Thompson JC: Atlas of Surgery of the Stomach, Duodenum, and Small<br />

Bowel. St. Louis, Mosby-Year Book, 1992, p. 263).<br />

A. pancreatico-<br />

duodenale<br />

A. colica destra<br />

A. ileocolica<br />

A. ileale<br />

A. colica<br />

media<br />

Vasa recta<br />

Arcata<br />

vascolare<br />

Vasa recta<br />

Figura <strong>44</strong>-3. La vascolarizzazione dell’intestino tenue e del duodeno distale<br />

deriva interamente dall’arteria mesenterica superiore, che corre anteriormente<br />

alla terza porzione del duodeno. Il tripode celiaco irrora il duodeno prossimale.<br />

(Adattata da Thompson JC: Atlas of Surgery of the Stomach, Duodenum, and<br />

Small Bowel. St. Louis, Mosby-Year Book, 1992, p. 265).<br />

INTESTINO TENUE 875<br />

Arcate<br />

vascolari<br />

multiple<br />

Arteria mesenterica<br />

superiore<br />

I linfatici del piccolo intestino sono presenti in grossi depositi di<br />

tessuto linfatico, in modo particolare nelle placche di Peyer dell’intestino<br />

tenue distale. Il drenaggio linfatico procede dalla mucosa<br />

attraverso la parete intestinale a un gruppo di linfonodi nel mesentere<br />

adiacenti all’intestino. Il drenaggio continua prima in un gruppo<br />

di linfonodi adiacenti alle arcate arteriose mesenteriche e poi in<br />

un gruppo alla base dei vasi mesenterici superiori, da cui prosegue<br />

verso la cisterna del chilo e quindi nel dotto toracico per svuotarsi<br />

infine nel sistema venoso del collo. Il drenaggio linfatico del piccolo<br />

intestino costituisce una via di trasporto importante nella circolazione<br />

dei lipidi assorbiti e verosimilmente svolge un ruolo importante<br />

nella difesa immunitaria, nonché nella disseminazione<br />

delle cellule che originano dai tumori intestinali.<br />

Anatomia microscopica<br />

L’intestino tenue è composto da quattro strati: la sierosa, la muscularis<br />

propria, la sottomucosa e la mucosa (Fig. <strong>44</strong>-4).<br />

La sierosa è lo strato più esterno del piccolo intestino ed è costituita<br />

dal peritoneo parietale, un singolo strato di cellule mesoteliali<br />

piatte che circondano il digiuno, l’ileo e la superficie anteriore<br />

del duodeno.<br />

La muscularis propria è composta da due strati di muscolatura liscia,<br />

uno esterno, longitudinale e sottile, l’altro interno, circolare e<br />

più spesso. Le cellule gangliari, che formano il plesso mioenterico (di<br />

Auerbach), sono interposte tra gli strati muscolari e inviano fibre<br />

nervose in entrambi gli strati, fornendo così continuità nello stimolo<br />

elettrico tra la cellule muscolari lisce e permettendo la conduzione<br />

attraverso gli strati della muscolatura.<br />

La sottomucosa, costituita da uno strato di tessuto connettivo fibroelastico<br />

che contiene vasi sanguigni e nervi, è la componente<br />

più resistente della parete intestinale e va quindi inclusa nelle suture<br />

anastomotiche. Essa contiene una complessa rete di linfatici,<br />

arterie e venule e un esteso plesso di fibre nervose e cellule gangliari<br />

(plesso di Meissner). I nervi che originano dagli strati muscolari<br />

della mucosa e della sottomucosa sono interconnessi per<br />

mezzo di piccole fibre nervose e sono state anche descritte interconnessioni<br />

tra gli elementi adrenergici e colinergici.<br />

La mucosa può essere suddivisa in tre strati: la muscularis mucosa,<br />

la lamina propria e lo strato epiteliale (Fig. <strong>44</strong>-5). La muscularis mucosa<br />

è costituita da un sottile strato di muscolo che separa la mucosa dalla<br />

sottomucosa. La lamina propria è uno strato di tessuto connettivo<br />

tra le cellule epiteliali e la muscularis mucosa che contiene una varietà<br />

di cellule, incluse plasma-cellule, linfociti, mast cellule, eosinofili, macrofagi,<br />

fibroblasti, cellule muscolari lisce e tessuto connettivo non cellulare.<br />

La lamina propria, sulla base della quale si dispongono le cellu-<br />

Lume<br />

Epitelio<br />

Membrana superiore<br />

Lamina propria<br />

Muscularis Mucosa<br />

SUBMUCOSA<br />

Muscolatura circolare<br />

Plesso mioenterico<br />

Muscolatura<br />

longitudinale<br />

Mesotelio (SIEROSA)<br />

MUCOSA<br />

MUSCULARIS<br />

PROPRIA<br />

Figura <strong>44</strong>-4. I quattro strati del piccolo intestino: sierosa, muscularis propria, sottomucosa<br />

e mucosa. (Adattata da Madara JL: Epithelial: Biological principles of organization.<br />

In Yamada T., Alpers DH, Laine L. et al. [eds]: Textbook of Gastroenterology,<br />

3 rd ed. Vol 1. Philadelphia, Lippincott Williams & Wilkins, 1999, p. 142).


876 ADDOME<br />

Epitelio<br />

villoso<br />

Muscularis<br />

Mucosae<br />

Cellule<br />

assorbenti<br />

Cellule<br />

caliciformi<br />

Figura <strong>44</strong>-5. Disegno schematico dell’organizzazione istologica della mucosa dell’intestino tenue. (Adattata da Keljo DJ, Squires RH Jr: Anatomy and anomalies of<br />

the small and large intestines. In Feldman M, Scharschmidt BF, Sleisenger MH [eds]: Gastrointestinal and Liver Disease: Pathophysiology, Diagnosis, Management.<br />

Philadelphia, WB Saunders, 1998, p. 1424).<br />

le epiteliali, ha una funzione protettiva nell’intestino, infatti grazie al<br />

suo ricco apporto di cellule immunitarie combatte quei microrganismi<br />

che penetrano l’epitelio sovrastante. Le plasmacellule sintetizzano<br />

attivamente le immunoglobuline e altre cellule del sistema immunitario<br />

presenti nella lamina propria e rilasciano vari mediatori (e. g. citochine,<br />

metaboliti dell’acido arachidonico e istamina), che possono<br />

modulare varie funzioni cellulari dell’epitelio sovrastante. Lo strato<br />

epiteliale è un foglietto continuo di cellule epiteliali che ricoprono i villi<br />

e rivestono le cripte. Le funzioni principali dell’epitelio delle cripte<br />

sono il rinnovamento cellulare e la secrezione esocrina, endocrina e<br />

idroelettrolitica; mentre quelle dell’epitelio dei villi sono la digestione<br />

e l’assorbimento. Nello strato mucoso sono presenti quattro tipi principali<br />

di cellule: (1) le cellule caliciformi, che secernono muco; (2) le<br />

cellule di Paneth, che secernono lisozima, tumor necrosis factor (TNF)<br />

e le criptidine, che sono omologhi delle difensine leucocitarie e si pensa<br />

siano correlate al sistema difensivo della mucosa dell’ospite; (3) enterociti<br />

assorbenti e (4) cellule enteroendocrine, di cui esistono più di<br />

dieci diverse popolazioni che producono ormoni gastrointestinali.<br />

Microscopicamente la mucosa è progettata per ottenere la massima<br />

superficie assorbente con i villi che protrudono all’interno del lume<br />

77 .I villi sono più alti nel duodeno distale e nel digiuno prossimale<br />

e più corti nell’ileo distale. Gli enterociti assorbenti costituiscono<br />

la principale variante cellulare della mucosa e sono responsabili della<br />

digestione e dell’assorbimento. La loro superficie sul versante luminale<br />

è ricoperta da microvilli che costituiscono l’estrema propaggine<br />

tissutale e che aumentano la capacità assorbente di trenta volte.<br />

Per aumentare ulteriormente l’assorbimento i microvilli sono ricoperti<br />

da uno strato sfrangiato di glicoproteine, il glicocalice.<br />

FISIOLOGIA<br />

Digestione e assorbimento<br />

Zona di espulsione<br />

delle cellule<br />

Lume<br />

della<br />

Cripta<br />

Il complesso processo di digestione e di conseguente assorbimento di<br />

nutrienti, acqua, elettroliti e minerali, costituisce la funzione principale<br />

dell’intestino tenue 32 .Nell’intestino transitano quotidianamente nu-<br />

Cellule indifferenziate<br />

Cellule caliciformi<br />

Mitosi<br />

Cellule enterocromaffini<br />

Cellule di Paneth<br />

Vasi sanguigni<br />

Vasi linfatici<br />

Nervi<br />

Cellule muscolari lisce<br />

Tessuto connettivo<br />

Linfociti<br />

Plasmacellule<br />

Eosinofili<br />

Epitelio<br />

delle cripte<br />

merosi litri di acqua e centinaia di grammi di cibo, e con notevole efficienza<br />

quasi tutto il cibo viene assorbito ad eccezione della cellulosa che<br />

non è digeribile. Lo stomaco dà inizio al processo di digestione con la<br />

disgregazione dei solidi in particelle di 1 mm o meno, che vengono rilasciate<br />

nel duodeno dove gli enzimi pancreatici, la bile e gli enzimi dell’orletto<br />

a spazzola continuano il processo di digestione e il conseguente<br />

assorbimento attraverso la parete del piccolo intestino 26,32 .<br />

Carboidrati<br />

Lamina<br />

propria<br />

Un adulto che segua la normale dieta di un paese occidentale ingerisce<br />

all’incirca da 350 a 400 g di carboidrati al giorno, di cui circa il<br />

60% come amido, il 30% come saccarosio e il 10% come lattosio 32,79 .<br />

L’amido assorbito con la dieta è un polisaccaride costituito da lunghe<br />

catene di molecole di glucosio (Fig. <strong>44</strong>-6). L’amilosio costituisce approssimativamente<br />

il 20% dell’amido e viene scisso dalle amilasi<br />

pancreatiche e salivari a livello dei legami α-1,4, che lo convertono in<br />

malto triosio e maltosio. L’amilopectina, che costituisce circa l’80%<br />

dell’amido della dieta, ha dei punti di ramificazione ogni 25 moleco-<br />

AMILOSIO<br />

AMILOPECTINA<br />

α-amilasi<br />

MALTOTRIOSIO MALTOSIO<br />

α-TERMINALE DESTRINE<br />

Figura <strong>44</strong>-6. Azione dell’α-amilasi pancreatica sulle forme lineari (amilosio) e<br />

ramificate (amilopectina) dell’amido per ottenere i prodotti terminali della digestione:<br />

il malto triosio, il maltosio e le destrine. (Adattata da Alpers DH: Digestion<br />

and absorption of carbohydrates and proteins. In Johnson LR, Alpers DH,<br />

Christensen J et al. [eds]: Physiology of the Gastrointestinal Tract, 3 rd ed. Vol. 2<br />

New York, Raven, 1994, p. 1727).


le lungo le catene rettilinee di glucosio; i legami α-1,6 di glucosio<br />

nell’amilopectina forniscono i prodotti terminali della digestione<br />

delle amilasi: il maltosio, il malto triosio e le ramificazioni residue<br />

saccaridiche, le destrine. La digestione dell’amido da parte delle amilasi<br />

avviene principalmente nel lume del tratto digerente e la sua digestione<br />

è spesso completata prima che il chimo transiti nel digiuno.<br />

Gli enzimi responsabili della digestione finale delle molecole di<br />

amido sono concentrati sull’orletto a spazzola della superficie luminale<br />

(Fig. <strong>44</strong>-7). Dopo che i carboidrati assunti con la dieta sono ridotti<br />

a monosaccaridi per mezzo della digestione di superficie, il trasporto<br />

degli esosi che ne derivano (glucosio, galattosio e fruttosio) si<br />

svolge per mezzo di specifici meccanismi. Il glucosio e il galattosio<br />

vengono assorbiti per mezzo di un trasporto attivo mediato da un<br />

trasportatore (carrier-mediato), il loro assorbimento dipende dal<br />

movimento del sodio all’interno della cellula per mezzo della pompa<br />

Na + -K + -ATPasi localizzata sulla membrana baso-laterale della cellula.<br />

Il fruttosio, l’altro importante monosaccaride, è assorbito nel<br />

lume intestinale attraverso un processo di diffusione facilitata.<br />

Proteine<br />

La digestione delle proteine inizia nello stomaco dove i succhi gastrici<br />

le denaturano 32,79 ,e continua nel piccolo intestino dove entrano in contatto<br />

con le proteasi pancreatiche. Il tripsinogeno pancreatico viene rilasciato<br />

nell’intestino dal pancreas in una forma inattiva, ma viene attivato<br />

dall’enzima enterochinasi secreto dalla mucosa intestinale. Una<br />

volta attivata, la tripsina attiva a sua volta gli altri precursori degli enzimi<br />

proteolitici pancreatici. Le endopeptidasi, che includono la tripsina,<br />

la chimotripsina e l’elastasi, agiscono sui legami peptidici nella parte interna<br />

della molecola proteica, producendo peptidi che a loro volta costituiscono<br />

il substrato delle esopeptidasi (carbossipeptidasi), che rimuovono<br />

in successione i singoli aminoacidi dal terminale carbossilico<br />

della proteina. L’azione intraluminale delle proteasi pancreatiche è alquanto<br />

efficiente e produce un 70% di peptidi a catena corta e un 30%<br />

di singoli aminoacidi (Fig. <strong>44</strong>-8). L’assorbimento degli aminoacidi dal<br />

lume intestinale avviene per mezzo di un trasporto attivo carrier-mediato.<br />

I peptidi a catena corta sono il substrato per quei meccanismi di<br />

trasporto peptidico che portano dipeptidi e tripeptidi all’interno della<br />

cellula. Almeno il 90% dei peptidi che sono assimilati intatti viene<br />

idrolizzato a formare aminoacidi liberi per mezzo di peptidasi citoplasmatiche<br />

prima di essere rilasciati nel sistema venoso portale. Nell’essere<br />

umano normale, la digestione e l’assorbimento delle proteine vengono<br />

normalmente completati per l’80-90% nel digiuno.<br />

LATTOSIO<br />

LUME CELLULA INTESTINALE<br />

AMIDO α-amilasi<br />

postille<br />

Maltosio<br />

+<br />

Maltotriosio<br />

+<br />

α-terminale destrine<br />

Orletto<br />

a spazoletta<br />

Lattasi<br />

Maltasi<br />

α-destrinasi<br />

Invertasi<br />

Trasporto attivo<br />

Figura <strong>44</strong>-7. Digestione e assorbimento dei carboidrati. (Adattata da Gray GM:<br />

Mechanisms of digestion and absorption of food. In Sleisenger MH, Frodtran JS<br />

[eds]: Gastrointestinal Disease, Pathophysiology, Diagnosis, Management. Philadelphia,<br />

WB Saunders, 1983, p. 853).<br />

G<br />

A<br />

L<br />

A<br />

T<br />

T<br />

O<br />

S<br />

I<br />

O<br />

G<br />

L<br />

U<br />

C<br />

O<br />

S<br />

I<br />

O<br />

Barriera<br />

cellulare<br />

F<br />

R<br />

U<br />

T<br />

T<br />

O<br />

S<br />

I<br />

O<br />

INTESTINO TENUE 877<br />

Interno<br />

della<br />

cellula<br />

Diffusione facilitata<br />

LUME CELLULA INTESTINALE<br />

Peptidi C 3-C 6<br />

AMINOACIDI, PEPTIDI<br />

TRIPEPTIDI<br />

DIPEPTIDI<br />

AMINOACIDI<br />

Figura <strong>44</strong>-8. Digestione e assorbimento delle proteine. (Adattata da Alpers DH:<br />

Digestion and absorption of carbohydrates and proteins. In Johnson LR, Alpers<br />

DH, Christensen J et al. [eds]: Physiology of the Gastrointestinal Tract, 3 rd ed.<br />

Vol. 2 New York, Raven, 1994, p. 1733).<br />

Grassi<br />

Proteine<br />

strutturali<br />

PROTEINE SECRETE<br />

∼25%<br />

∼70%<br />

La maggior parte degli adulti nordamericani consuma approssimativamente<br />

60-100 g di grasso al giorno sotto forma di trigliceridi. Benché<br />

l’emulsificazione dei grassi avvenga nello stomaco, la loro digestione<br />

fine avviene nel piccolo intestino, dove i trigliceridi divengono<br />

parzialmente idrolizzati dalle lipasi pancreatiche, che separano i<br />

due acidi grassi più esposti per lasciare una singola catena di acido<br />

grasso ancora combinata al glicerolo (2-monogliceridi) 32,79 (Fig. <strong>44</strong>-<br />

9). I monogliceridi e gli acidi grassi sono poco solubili in acqua; pertanto,<br />

si combinano con i sali biliari che sono idrosolubili ad un’estremità<br />

della molecola e liposolubili all’altra. In soluzione queste sostanze<br />

si aggregano a formare micelle che sono in grado di mantenere<br />

disciolti i grassi. Una micella mista è composta da sali biliari, acidi<br />

grassi e monogliceridi e può anche includere colesterolo, vitamine<br />

liposolubili e lecitina, un fosfolipide che aumenta di molto la capacità<br />

dei sali biliari di formare micelle e di disciogliere i grassi.<br />

La micella entra nella cellula epiteliale per mezzo di un processo<br />

passivo e attraversando la cellula intestinale può rilasciare i suoi acidi<br />

grassi e i suoi componenti monogliceridi. Dopo la disgregazione<br />

della micella, i sali biliari rimangono all’interno del lume intestinale<br />

per partecipare nuovamente alla formazione di altre micelle, e gli<br />

acidi grassi e i monogliceridi rilasciati attraversano la membrana plasmatica<br />

per entrare nella cellula epiteliale. La ricostituzione dei trigliceridi<br />

avviene nella cellula per mezzo delle interazioni di enzimi<br />

intracellulari che sono associati al reticolo endoplasmatico.<br />

I trigliceridi nella cellula si combinano successivamente con il colesterolo,<br />

i fosfolipidi e le apoproteine per formare i chilomicroni, costituiti<br />

da un nucleo interno contenente trigliceridi e uno strato<br />

esterno membranoso contenente fosfolipidi e apoproteine. I chilomicroni<br />

dalle cellule epiteliali passano nei dotti chiliferi, dove, attraverso<br />

i dotti linfatici, passano nel sistema venoso. Tutti i grassi a catena<br />

lunga vengono assorbiti con questo meccanismo. I trigliceridi a<br />

catena media (da C 8 a C 10) possono essere assorbiti senza idrolisi e<br />

passare direttamente attraverso la cellula nei capillari per essere convogliati<br />

nella vena porta. La maggior parte dell’assimilazione dei chilomicroni<br />

da parte delle cellule intestinali avviene attraverso i linfatici,<br />

ma è possibile una quota di trasferimento diretto nel sistema<br />

portale, in particolare nei periodi tra un pasto e l’altro.<br />

Il digiuno assorbe la maggior parte dei grassi della dieta. Anche se<br />

gli acidi biliari non coniugati vengono assorbiti nel digiuno per diffusione<br />

passiva, gli acidi biliari coniugati che costituiscono le micelle<br />

vengono assorbiti nell’ileo con trasporto attivo e sono poi riassorbiti<br />

dall’ileo distale nel contesto del loro ricircolo enteroepatico. Gli<br />

acidi biliari passano quindi attraverso il sistema venoso portale fino<br />

al fegato per essere risecreti come bile. La riserva totale di sali biliari<br />

nell’uomo è approssimativamente di 5 g che ricircolano ogni 24 ore<br />

circa sei volte (il ricircolo enteroepatico dei sali biliari). Quasi tutti i<br />

grassi assunti con la dieta vengono assorbiti, salvo una perdita giornaliera<br />

approssimativa nelle feci di 500-600 mg, che viene rimpiazzata<br />

per mezzo della risintesi a partire dal colesterolo.<br />

?


878 ADDOME<br />

ACIDI GRASSI<br />

(FA)<br />

Sali biliari<br />

LUME<br />

α<br />

β<br />

α<br />

TRIGLICERIDI<br />

(TG)<br />

Acqua, elettroliti e vitamine<br />

Nel piccolo intestino entrano all’incirca da 8 a 10 litri di acqua al<br />

giorno, la maggior parte dei quali viene assorbita, mentre solo 500 ml<br />

o anche meno lasciano l’ileo per raggiungere il colon 32,79 (Fig. <strong>44</strong>-10).<br />

L’acqua può essere assorbita per mezzo di un semplice processo di<br />

diffusione, oppure può entrare e uscire dalla cellula seguendo un<br />

gradiente di pressione osmotica, che risulta dal trasporto attivo di<br />

sodio, glucosio o aminoacidi all’interno della cellula.<br />

Il sodio e il cloro vengono assorbiti nell’intestino tenue per trasporto<br />

attivo, per accoppiamento con soluti organici e per cotrasporto nel-<br />

Elettroliti<br />

e acqua<br />

Lipasi<br />

Colipasi<br />

Micelle<br />

Figura <strong>44</strong>-10. Assorbimento di acqua ed elettroliti nell’intestino tenue e nel colon.<br />

(Adattata da Westergaard H: Short bowel syndrome. In Feldman M, Scharschmidt<br />

BF, Sleisenger MH [eds]: Gastrointestinal and Liver Disease: Pathophysiology,<br />

Diagnosis, Management. Philadelphia, WB Saunders, 1998, p. 1549).<br />

β<br />

2-MONOGLICERIDI<br />

(MG)<br />

Digliceridi<br />

Aciltransferasi<br />

MG<br />

CELLULA INTESTINALE<br />

DG<br />

Monogliceridi<br />

Aciltransferasi<br />

FA<br />

Grassi<br />

Proteine<br />

Carboidrati<br />

Minerali: Ca, Mg, Fe<br />

B, C, Folati<br />

Vitamine < A, D, E, K<br />

Elementi rari (oligoelementi): Zn, Cu<br />

B 12<br />

Sali biliari<br />

TG<br />

+ Proteine<br />

+ Fosfolipidi<br />

+ Colesterolo<br />

CoA<br />

ATP<br />

Mg ++<br />

C 16<br />

C 10<br />

TG<br />

Chilomicron<br />

FA-CoA<br />

Acidi grassi<br />

CoA ligasi<br />

LINFA<br />

VENA<br />

PORTA<br />

Figura <strong>44</strong>-9. Schema della digestione<br />

e dell’assorbimento dei grassi.<br />

ATP, adenosin trifosfato; CoA, coenzima<br />

A; DG, digliceridi; FA, acidi<br />

grassi; MG, 2-monogliceridi; TG, trigliceridi.<br />

(Adattata da Gray GM: Mechanisms<br />

of digestion and absorption<br />

of food. In Sleisenger MH, Frodtran<br />

JS [eds]: Gastrointestinal Disease,<br />

Pathophysiology, Diagnosis, Management.<br />

Philadelphia, WB Saunders,<br />

1983, p. 845).<br />

le pompe Na + -K + .Il bicarbonato è assorbito per mezzo di uno scambio<br />

tra sodio e idrogeno cosicché uno ione bicarbonato viene rilasciato<br />

nel fluido interstiziale per ogni ione idrogeno che viene secreto. Il<br />

calcio viene assorbito, in modo particolare nell’intestino prossimale<br />

(duodeno e digiuno), con un processo di trasporto attivo; l’assorbimento<br />

sembra facilitato da un ambiente acido ed è aumentato dalla vitamina<br />

D e dall’ormone paratiroideo. Il potassio sembra essere assorbito<br />

nell’intestino per diffusione passiva. Il ferro è assorbito nel duodeno<br />

con un processo attivo sia come componente dell’eme che libero,<br />

per poi essere depositato nella cellula come ferritina o per essere<br />

trasferito nel plasma legato alla transferrina. L’assorbimento totale di<br />

ferro dipende dalle scorte dell’organismo e dall’andamento dell’eritropoiesi;<br />

ogni suo incremento aumenta l’assorbimento di ferro.<br />

Le vitamine possono essere sia liposolubili (e.g.: A, D, E e K) che<br />

idrosolubili (e.g.: acido ascorbico {vitamina C}, biotina, acido nicotinico,<br />

acido folico, riboflavina, tiamina, piridossina {vitamina<br />

B 6} e cobalamina {vitamina B 12}). Le vitamine liposolubili vengono<br />

trasportate nelle micelle miste e quindi nei chilomicroni attraverso<br />

i linfatici fino al dotto toracico e nel sistema linfatico. L’assorbimento<br />

delle vitamine idrosolubili sembra più complesso di<br />

quanto non si fosse pensato in origine. La vitamina C è assorbita<br />

con un processo di trasporto attivo che coinvolge sia un meccanismo<br />

accoppiato al sodio che un sistema di trasporto specifico. La<br />

vitamina B 6 sembra essere rapidamente assorbita nell’intestino<br />

prossimale con un semplice processo di diffusione; la tiamina è assorbita<br />

nel digiuno con un processo attivo simile al sistema di trasporto<br />

accoppiato al sodio della vitamina C. La riboflavina è assorbita<br />

nell’intestino prossimale probabilmente attraverso un sistema<br />

di trasporto attivo. L’assorbimento della vitamina B 12 avviene<br />

principalmente nell’ileo terminale. Questa vitamina è derivata<br />

dalla cobalamina, che è risparmiata nel duodeno dalle proteasi<br />

pancreatiche. La cobalamina si lega al fattore intrinseco, secreto<br />

dallo stomaco ed è così protetta dalla digestione proteolitica. Specifici<br />

recettori nell’ileo terminale assorbono il complesso cobalamina-fattore<br />

intrinseco con un trasporto attivo. Anche se la maggior<br />

parte della vitamina B 12 è assorbita per mezzo di un trasporto<br />

attivo, una piccola quantità può essere assorbita passivamente.


MOTILITÀ<br />

Il cibo viene sospinto attraverso l’intestino tenue per mezzo di una serie<br />

complessa di contrazioni muscolari 24 . La peristalsi consiste in contrazioni<br />

intestinali che si propagano in senso aborale ad una velocità<br />

di 1-2 cm al secondo. La funzione principale della peristalsi è di far<br />

progredire il chimo intestinale attraverso il tubo digerente. Le caratteristiche<br />

della motilità del piccolo intestino variano molto in funzione<br />

del digiuno o dell’assunzione di cibo. Una serie iniziale di potenziali,<br />

che si pensa originino nel duodeno, dà inizio dopo un pasto ad una<br />

serie di contrazioni che sospingono il cibo attraverso il piccolo intestino.<br />

Durante il periodo interdigestivo tra un pasto e l’altro (digiuno),<br />

l’intestino viene regolarmente attraversato da contrazioni cicliche<br />

che si muovono lungo il suo decorso in senso aborale ogni 75-90<br />

minuti. Queste contrazioni vengono attivate dai complessi mioelettrici<br />

migranti che sono sotto il controllo sia nervoso che umorale. Le<br />

innervazioni estrinseche che raggiungono il piccolo intestino sono sia<br />

vagali che simpatiche. Le fibre vagali hanno due effetti funzionalmente<br />

diversi: uno colinergico ed eccitatorio, l’altro peptidergico e<br />

probabilmente inibitorio. L’attività simpatica inibisce la funzione motoria,<br />

mentre l’attività parasimpatica la stimola. Anche se è noto che<br />

gli ormoni intestinali hanno un effetto sulla motilità, l’unico peptide<br />

di cui si è chiaramente dimostrata la funzione a tale riguardo è la motilina,<br />

che potrebbe regolare i complessi mioelettrici migranti.<br />

FUNZIONE ENDOCRINA<br />

Ormoni gastrointestinali<br />

Gli ormoni gastrointestinali sono distribuiti lungo l’intera lunghezza<br />

del piccolo intestino con caratteristiche diverse a seconda dei vari<br />

segmenti. Infatti, l’intestino tenue è il più grande organo endocrino<br />

dell’organismo 132, 134 .Anche se spesso sono classificati come ormoni,<br />

questi agenti non sempre agiscono in un modo realmente endocrino<br />

(i.e., rilascio nel torrente sanguigno con un effetto svolto a distanza)<br />

(Fig. <strong>44</strong>-11). A volte, questi peptidi vengono rilasciati e agiscono localmente<br />

in modo paracrino o autocrino. Inoltre, questi peptidi possono<br />

agire come neurotrasmettitori (e.g. peptide intestinale vasoattivo).<br />

Gli ormoni gastrointestinali svolgono un ruolo importante<br />

nella secrezione pancreatico-biliare e intestinale e nella motilità.<br />

Inoltre, alcuni ormoni gastrointestinali esercitano un effetto trofico<br />

sulla mucosa intestinale sia normale che neoplastica e sul pancreas.<br />

La localizzazione, gli stimoli principali per il rilascio, le azioni principali<br />

e gli usi terapeutici o diagnostici dei più importanti ormoni<br />

gastrointestinali sono riassunti nella Tabella <strong>44</strong>-1.<br />

Gastrina<br />

La gastrina viene prodotta nelle cellule G localizzate principalmente<br />

nell’antro gastrico e in parte sparse nel duodeno. Gli stimoli per<br />

1. ENDOCRINA<br />

Cellula<br />

bersaglio<br />

INTESTINO TENUE 879<br />

la secrezione della gastrina sono costituiti dalla presenza di proteine<br />

o aminoacidi nel lume gastrico, dalla distensione antrale, dalla<br />

stimolazione vagale e dal peptide per il rilascio della gastrina; mentre<br />

hanno effetto inibitorio sulla secrezione il pH inferiore a 3, la<br />

somatostatina e alcune prostaglandine. La funzione principale della<br />

gastrina è di stimolare la secrezione acida dello stomaco. Inoltre,<br />

la gastrina ha un effetto trofico sulla mucosa gastrica e su alcuni tumori<br />

positivi per i recettori della gastrina.<br />

Secretina<br />

La scoperta della secretina da parte di Bayliss e Starling nel 1902 aprì<br />

il campo dell’endocrinologia. La secretina è un peptide costituito da<br />

27 aminoacidi presente in cellule specializzate della mucosa duodenale<br />

(cellule S), che viene rilasciato in caso di acidificazione o per<br />

contatto con la bile e forse coi grassi. Il ruolo principale della secretina<br />

è di stimolare il rilascio di acqua e bicarbonati da parte delle cellule<br />

duttali pancreatiche. Questa azione favorisce l’ingresso degli enzimi<br />

pancreatici e garantisce un pH favorevole per la digestione dei<br />

grassi. Inoltre, la secretina agisce stimolando il flusso biliare e inibendo<br />

il rilascio di gastrina, la secrezione gastrica acida e la motilità<br />

intestinale. Paradossalmente la secretina è stata usata come strumento<br />

diagnostico per determinare la presenza di un gastrinoma, per la<br />

sua peculiare capacità di far secernere gastrina a questi tumori.<br />

Colecistochinina<br />

La colecistochinina (CCK) venne per la prima volta purificata come<br />

un peptide residuale di 33 aminoacidi, tuttavia ne sono state descritte<br />

e caratterizzate anche forme più grandi e più piccole. La CCK viene<br />

rilasciata dalla mucosa intestinale quando questa è a contatto con<br />

alcuni aminoacidi (in particolare: triptofano e fenilalanina) e con acidi<br />

grassi a catene medie o lunghe. La concentrazione di tripsina intraluminale<br />

e di acidi biliari regola in senso negativo il rilascio della<br />

CCK. La CCK e la gastrina condividono lo stesso tetrapeptide carbossil-terminale,<br />

il che spiega molte delle analogie nelle loro azioni. I<br />

principali effetti della CCK sono: la stimolazione dello svuotamento<br />

della colecisti, il rilasciamento dello sfintere di Oddi e la stimolazione<br />

della secrezione degli enzimi da parte delle cellule acinari pancreatiche.<br />

Inoltre, la CCK stimola la crescita della mucosa intestinale e del<br />

pancreas, la motilità del piccolo intestino ed il rilascio di insulina.<br />

Motilina<br />

La motilina è un peptide di 22 aminoacidi che si trova principalmente<br />

nel digiuno. Esso inibisce lo svuotamento gastrico, altera i<br />

complessi mioelettrici interdigestivi e provoca modificazioni dello<br />

sfintere esofageo inferiore. Questo ormone serve probabilmente per<br />

coordinare durante il digiuno l’attività motoria dello sfintere esofageo<br />

inferiore e dello stomaco con quella del piccolo intestino.<br />

2. AUTOCRINA 3. NEUROCRINA 4. PARACRINA<br />

Figura <strong>44</strong>-11. L’azione degli ormoni intestinali può avvenire per via endocrina, autocrina, neurocrina o paracrina. (Adattata da Miller LJ: Gastrointestinal hormones<br />

and receptors. In Yamada T. Alpers DH, Laine L. et al. [eds]: Textbook of Gastroenterology, 3 rd ed. Vol 1 Philadelphia. Lippincott Williams&Wilkins, 1999, p. 37).


TABELLA <strong>44</strong>-1. Ormoni gastrointestinali<br />

880<br />

Usi diagnostici/terapeutici<br />

Effetti primari<br />

Principali stimolatori<br />

della secrezione peptidica<br />

Localizzazione<br />

Ormoni<br />

Analogo della gastrina (pentagastrina) utilizzato<br />

per misurare la secrezione acida gastrica<br />

massimale.<br />

Stimola la secrezione acida gastrica e il pepsinogeno.<br />

Stimola la crescita della mucosa gastrica.<br />

Peptidi, aminoacidi, distensione antrale,<br />

stimolazione vagale e adrenergica,<br />

peptide di rilascio della gastrina<br />

(bombesina)<br />

Grassi, peptidi, aminoacidi<br />

Antro, duodeno (cellule G)<br />

Gastrina<br />

Studio per immagini della contrazione<br />

della colecisti.<br />

Duodeno, digiuno (cellule I)<br />

CCK (colecistochinina)<br />

Test di provocazione per il gastrinoma.<br />

Misurazione della secrezione pancreatica<br />

massimale.<br />

Acidi grassi, acidità luminale, sali biliari<br />

Duodeno, digiuno (cellule S)<br />

Secretina<br />

Trattamento della diarrea e delle eruzioni cutanee<br />

da carcinoide.<br />

Riduce la secrezione delle fistole intestinali (in<br />

particolare fistole pancreatiche).<br />

Migliora i sintomi associati ai tumori endocrini con<br />

sovrapproduzione ormonale.<br />

Trattamento dei sanguinamenti da varici esofagee.<br />

Stimola la secrezione degli enzimi pancreatici.<br />

Stimola la contrazione della colecisti.<br />

Rilasciamento dello sfintere di Oddi.<br />

Inibisce lo svuotamento gastrico.<br />

Stimola il rilascio di acqua e bicarbonati da parte delle<br />

cellule duttali pancreatiche.<br />

Stimola il flusso e l’alcalinità della bile.<br />

Inibisce la motilità e la secrezione acida gastrica.<br />

Inibisce il rilascio della gastrina.<br />

“Interruttore di spegnimento” universale.<br />

Inibisce il rilascio degli ormoni gastrointestinali.<br />

Inibisce la secrezione acida gastrica.<br />

Inibisce la secrezione di acqua e elettroliti<br />

nell’intestino tenue.<br />

Inibisce la secrezione degli ormoni pancreatici.<br />

Intestino: grassi, proteine, acidi, altri<br />

ormoni (e.g.: gastrina, CCK)<br />

Pancreas: glucosio, aminoacidi, CCK<br />

Isole pancreatiche (cellule D),<br />

antro, duodeno<br />

Somatostatina<br />

“Interruttore di accensione” universale.<br />

Stimola il rilascio di tutti gli ormoni gastrointestinali<br />

(tranne la secretina).<br />

Stimola la secrezione e la motilità gastrointestinale.<br />

Stimola la secrezione acida gastrica e il rilascio<br />

antrale di gastrina.<br />

Stimola la crescita della mucosa intestinale e del<br />

pancreas.<br />

Inibisce la secrezione acida gastrica e della pepsina.<br />

Stimola il rilascio dell’insulina pancreatica in risposta<br />

ad una iperglicemia.<br />

Stimola la motilità del tratto gastrointestinale superiore.<br />

Può stimolare i complessi mioelettrici migranti<br />

Funziona principalmente come un neuropeptide.<br />

Potente vasodilatatore.<br />

Stimola la secrezione pancreatica ed intestinale.<br />

Inibisce la secrezione acida gastrica.<br />

Stimola la secrezione di acqua e bicarbonati da parte<br />

del pancreas.<br />

Inibisce la secrezione gastrica.<br />

Stimola la crescita della mucosa del piccolo e<br />

grande intestino.<br />

Peptide 1 glucagone-simile<br />

Stimola il rilascio di insulina.<br />

Inibisce il rilascio pancreatico di glucagone.<br />

Peptide 2 glucagone-simile<br />

Potente fattore enterotrofico.<br />

Inibisce la secrezione gastrica e pancreatica.<br />

Inibisce la contrazione della colecisti.<br />

Stimolazione vagale<br />

Intestino tenue<br />

Peptide di rilascio della<br />

gastrina (l’equivalente<br />

nei mammiferi della<br />

bombesina)<br />

Glucosio, grasso, proteine,<br />

stimolazione adrenergica<br />

Duodeno, digiuno (cellule K)<br />

Polipeptide inibitorio<br />

gastrico<br />

Distensione gastrica, grassi<br />

Duodeno, digiuno<br />

Motilina<br />

Stimolazione vagale<br />

Neuroni lungo tutto il tratto<br />

gastrointestinale<br />

Peptide intestinale<br />

vasoattivo<br />

Grassi<br />

Intestino tenue (cellule N)<br />

Neurotensina<br />

Glucosio, grassi<br />

Intestino tenue (cellule L)<br />

Enteroglucagone<br />

Acidi grassi, CCK<br />

Intestino tenue distale, colon<br />

Peptide YY<br />

Abbreviazione: CCK, colecistochinina.


Polipeptide inibitorio gastrico<br />

Il polipeptide inibitorio gastrico (GIP) è un peptide di 43 aminoacidi<br />

appartenente alla famiglia della secretina-glucagone, il cui rilascio<br />

viene stimolato dai grassi. Il GIP inibisce la secrezione gastrica ed è il<br />

principale candidato nella funzione di incretina, poiché stimola la<br />

secrezione di insulina quando i livelli di glucosio sono elevati. Il GIP<br />

è rilasciato dalle cellule K, prevalentemente nel digiuno, su stimolazione<br />

di carboidrati o lipidi. Quindi, il suo ruolo fisiologico più significativo<br />

è l’azione insulinotropica.<br />

Peptide intestinale vasoattivo<br />

Il peptide intestinale vasoattivo (VIP) è un peptide basico di 28 aminoacidi<br />

appartenente alla famiglia della secretina-glucagone, che<br />

funziona principalmente come un neuropeptide. Il VIP è un potente<br />

vasodilatatore che stimola le secrezioni pancreatiche ed intestinali<br />

ed inibisce la secrezione acida gastrica. Esso è l’agente principale della<br />

sindrome diarroica acquosa provocata dai tumori endocrini pancreatici<br />

(VIPomi).<br />

Neurotensina<br />

La neurotensina (NT) è un tridecapeptide distribuito in tutta la mucosa<br />

intestinale, ma la concentrazione maggiore di cellule produttrici di<br />

NT (cellule N) è situata nell’ileo distale. Il principale fattore di stimolo<br />

del rilascio di NT è la presenza intraluminale dei grassi. La NT è un importante<br />

ormone intestinale che stimola la secrezione da parte del pancreas<br />

di acqua e bicarbonato, inibisce la secrezione gastrica e esercita un<br />

effetto trofico sulla mucosa del piccolo e grande intestino, così come su<br />

alcuni tumori positivi per i recettori della NT. Inoltre, la NT facilita l’assorbimento<br />

dei grassi da parte dell’intestino tenue prossimale.<br />

Peptide di rilascio della gastrina<br />

Il peptide di rilascio della gastrina, l’equivalente nei mammiferi della<br />

bombesina, si trova nella mucosa dell’intestino tenue dove svolge<br />

la funzione di “interruttore di accensione” universale, stimolando il<br />

rilascio di tutti gli ormoni gastrointestinali (eccetto la secretina) e<br />

stimolando la secrezione e la motilità intestinale. Le funzioni principali<br />

del peptide di rilascio della gastrina sono: la stimolazione della<br />

secrezione acida gastrica ed il rilascio della gastrina antrale. Questo<br />

peptide stimola altresì la crescita della mucosa del piccolo e grande<br />

intestino e del pancreas.<br />

Somatostatina<br />

La somatostatina è un tetradecapeptide che venne identificato per la<br />

sua capacità di inibire il rilascio dell’ormone della crescita. Mentre la<br />

bombesina può essere considerata come un “interruttore di accensione”<br />

universale, la somatostatina è un “interruttore di spegnimento”<br />

universale, che inibisce il rilascio di molti ormoni, nonché delle<br />

secrezioni gastriche e pancreatiche e della motilità intestinale. La somatostatina<br />

si trova nel cervello, nello stomaco, nell’intestino e nel<br />

pancreas, dove probabilmente funziona con modalità paracrina. Tra<br />

gli utilizzi clinici più importanti della somatostatina vi sono l’uso come<br />

agente inibitore per ridurre la secrezione da vari tipi di fistole intestinali,<br />

principalmente le fistole pancreatiche, e il trattamento delle<br />

varici esofagee sanguinanti. Inoltre, la somatostatina migliora<br />

molti dei sintomi associati ai tumori endocrini con elevata produzione<br />

ormonale. Un certo ruolo della somatostatina nella inibizione<br />

della crescita tumorale è stata dimostrata in vitro e in esperimenti su<br />

animali; tuttavia, i risultati di studi clinici sono stati insoddisfacenti.<br />

Enteroglucagone<br />

Enteroglucagone era un termine utilizzato per identificare una famiglia<br />

di peptidi che reagiva con anticorpi per il glucagone, che si credeva avesse<br />

degli effetti trofici sulla mucosa dell’intestino tenue. Questa convinzione<br />

era basata sull’osservazione di un caso di un tumore enteroglucagone-secernente<br />

del rene associato ad iperplasia della mucosa dell’inte-<br />

INTESTINO TENUE 881<br />

stino tenue. È stato poi dimostrato che il peptide 2 glucagone-simile<br />

(GLP-2), un peptide di 33 aminoacidi, è un potente fattore enterotrofico,nonché<br />

membro della famiglia di peptidi dell’enteroglucagone.<br />

Peptide YY<br />

Il peptide YY (PYY) è un peptide di 36 aminoacidi, localizzato<br />

principalmente nell’intestino tenue distale e nel colon prossimale.<br />

Il PYY inibisce la secrezione gastrica e pancreatica e svolge effetti<br />

trofici sulla mucosa intestinale. Il PYY è rilasciato con il transito di<br />

grassi nel colon e può essere coinvolto nell’inibizione fisiologica<br />

della secrezione pancreatica.<br />

Recettori<br />

Gli ormoni gastrointestinali interagiscono con i propri recettori cellulari<br />

di superficie per dare inizio ad una cascata di eventi per la trasmissione<br />

del segnale che alla fine danno luogo ai loro effetti fisiologici.<br />

Gli ormoni gastrointestinali trasmettono il segnale principalmente<br />

attraverso recettori associati a proteina G che attraversano la<br />

membrana plasmatica sette volte e che rappresentano il più ampio<br />

gruppo di recettori riscontrati nell’organismo 132 .Le proteine G eterodimeriche,<br />

composte da sub-unità α, β e γ, sono gli interruttori<br />

molecolari per la trasduzione del segnale. Si ritiene che un agonista<br />

legandosi al dominio transmembrana del recettore dia luogo ad una<br />

trasformazione conformazionale del recettore che gli consenta di interagire<br />

con la proteina G. I secondi messaggeri intracellulari che<br />

possono essere attivati sono l’adenosina monofosfato ciclico, il Ca 2+ ,<br />

la guanosina monofosfato ciclico e l’inositolo fosfato.<br />

Sulla mucosa, oltre agli ormoni gastrointestinali, si trovano molti altri<br />

peptidi e fattori della crescita, tra cui il fattore di crescita dell’epidermide,<br />

i fattori di trasformazione α e β, il fattore della crescita insulinosimile,<br />

il fattore della crescita dei fibroblasti e il fattore della crescita derivato<br />

dalle piastrine 59 .Questi peptidi svolgono un ruolo nella crescita<br />

e nella differenziazione cellulare e agiscono attraverso i recettori della tirosina<br />

chinasi, che possiedono un singolo dominio transmembrana.<br />

FUNZIONE IMMUNITARIA<br />

Nel corso di una normale giornata ingeriamo numerosi batteri, parassiti<br />

e virus. L’ampia superficie della mucosa del piccolo intestino<br />

rappresenta potenzialmente la più grande porta di ingresso per questi<br />

patogeni, ma in realtà l’intestino tenue, oltre alle sue importanti<br />

funzioni di digestione e secrezione endocrina, svolge un rilevante<br />

ruolo di barriera immunologica. In conseguenza di una costante<br />

esposizione antigenica, l’intestino possiede abbondanti cellule linfatiche<br />

(i.e., linfociti B e T) e mieloidi (macrofagi, neutrofili, eosinofili<br />

e mast cellule) 61 .Dovendo garantire un continuo sbarramento a<br />

potenziali tossine e antigeni, l’intestino si è evoluto dando luogo a<br />

meccanismi altamente strutturati ed efficienti di elaborazione degli<br />

antigeni, di immunità umorale e di immunità cellulare. Il tessuto linfatico<br />

dell’intestino è localizzato in tre zone: le placche di Peyer, le<br />

cellule linfatiche della lamina propria e i linfociti intraepiteliali.<br />

Le placche di Peyer sono noduli linfatici privi di capsula che costituiscono<br />

una propaggine afferente del tessuto linfatico intestinale, con<br />

il compito di riconoscere gli antigeni per mezzo di un meccanismo<br />

specializzato di campionamento basato su cellule con microrecessi<br />

(cellule M), contenute nell’epitelio follicolare (Fig. <strong>44</strong>-12). Gli antigeni<br />

che raggiungono le placche di Peyer attivano e innescano le cellule<br />

B e T che si trovano in tale sede. Le cellule M ricoprono i follicoli linfatici<br />

del tubo digerente fornendo un luogo per il campionamento selettivo<br />

di antigeni intraluminali. I linfociti attivati dai follicoli linfatici<br />

intestinali lasciano poi il tubo digerente per migrare nei dotti linfatici<br />

afferenti che drenano nei linfonodi mesenterici. Inoltre, queste cellule<br />

migrano anche nella lamina propria. I linfociti B divengono linfoblasti<br />

la cui superficie è ricoperta da immunoglobuline (Ig)A, che svolgono<br />

un ruolo fondamentale nell’immunità della mucosa.<br />

I linfociti B e le plasmacellule, i linfociti T, i macrofagi, le cellule<br />

dendritiche, gli eosinofili e le mast cellule sono sparsi lungo tutto il<br />

tessuto connettivo della lamina propria. Circa il 60% delle cellule linfatiche<br />

sono cellule T, un gruppo eterogeneo di cellule che possono


882 ADDOME<br />

BARRIERA IMMUNITARIA<br />

IgA e IgM secretorie<br />

linfociti<br />

Immunoglobuline<br />

secrete nella bile<br />

Fegato<br />

Vena<br />

porta<br />

Vena<br />

epatica<br />

Antigeni<br />

della dieta<br />

Cellule B Cellule T<br />

Linfociti della<br />

lamina propria<br />

Cellule<br />

denditriche<br />

Rete linfocitaria<br />

Cellule M<br />

che ricoprono<br />

le placche<br />

di Peyer<br />

differenziarsi in diversi tipi di cellule T effettrici. Le cellule T effettrici<br />

con funzione citotossica danneggiano direttamente le cellule bersaglio,<br />

mentre le T-helper contribuiscono all’induzione di altre cellule<br />

T o alla produzione di anticorpi umorali da parte delle cellule B.<br />

Le cellule T-suppressor svolgono esattamente la funzione opposta.<br />

Circa il 40% delle cellule linfatiche della lamina propria sono cellule<br />

B, direttamente derivate da precursori nelle placche di Peyer. Queste<br />

cellule B e la loro progenie, le plasmacellule, sono focalizzate principalmente<br />

nella sintesi di IgA e, in quantità minore, di IgM, IgG e IgE.<br />

I linfociti intraepiteliali sono localizzati negli spazi tra le cellule<br />

epiteliali che delimitano la superficie della mucosa e sono a ridosso<br />

della membrana basale. Si pensa che la maggior parte dei linfociti intraepiteliali<br />

siano cellule T. Una volta attivati, i linfociti intraepiteliali<br />

possono acquisire funzioni citotossiche che contribuirebbero alla<br />

morte delle cellule epiteliali per mezzo dell’apoptosi. Queste cellule<br />

potrebbero essere importanti nella immunosorveglianza contro cellule<br />

epiteliali anormali.<br />

Come già accennato, la sintesi e la secrezione di IgA è uno dei principali<br />

meccanismi di protezione immunitaria del tratto intestinale. Nell’intestino<br />

sono contenute oltre il 70% delle cellule produttrici di IgA<br />

dell’organismo. Le IgA vengono prodotte dalle plasmacellule nella lamina<br />

propria e poi secrete nell’intestino dove possono legare antigeni<br />

sulla superficie della mucosa. Gli anticorpi IgA attraversano la cellula<br />

epiteliale fino al lume per mezzo di una proteina di trasporto (il componente<br />

di secrezione), che non solo trasporta le IgA, ma le protegge<br />

dai lisosomi intracellulari. Le IgA non attivano il complemento e non<br />

favoriscono l’opsonizzazione cellulo-mediata o la distruzione di organismi<br />

infettivi o di antigeni, in netto contrasto con il ruolo svolto da altre<br />

immunoglobuline. Le IgA secrete inibiscono l’adesione dei batteri<br />

alle cellule epiteliali e prevengono la loro colonizzazione e moltiplicazione.<br />

Inoltre, le IgA neutralizzano le tossine batteriche e l’attività virale<br />

e bloccano l’assorbimento di antigeni da parte dell’intestino.<br />

BARRIERA NON-IMMUNITARIA<br />

enzimi digestivi, muco<br />

peristalsi, flora intestinale<br />

Macrofagi<br />

Linfociti delle<br />

placche di Peyer<br />

Linfonodi<br />

mesenterici<br />

Immunoglobuline<br />

di secrezione<br />

trasportate attraverso<br />

le cellule epiteliali<br />

Plasma cellule<br />

secernenti<br />

immunoglobuline<br />

Circolazione<br />

sistemica<br />

Milza<br />

Linfonodi<br />

periferici<br />

Figura <strong>44</strong>-12. La barriera mucosa dell’intestino.<br />

Gli antigeni entrano in contatto con le<br />

cellule microfold (M) che ricoprono le placche<br />

di Peyer, che successivamente elaborano<br />

e presentano l’antigene al sistema immunitario.<br />

Quando i linfociti B vengono stimolati<br />

da materiale antigenico si trasformano<br />

in cellule che producono anticorpi e che<br />

secernono vari tipi di immunoglobuline (Igs),<br />

le più importanti delle quali sono le IgA.<br />

(Adattata da Duerr RH, Shanahan F: Food<br />

allergy. In Targan SR, Shanahan F. [eds]:<br />

Immunology and Immunopathology of the<br />

Liver abd Gastrointestinal Tract, New York.<br />

Igaku-Shoin, 1990, p. 510).<br />

OCCLUSIONE INTESTINALE<br />

La descrizione di pazienti affetti da ostruzione dell’intestino tenue risale<br />

al III-IV secolo, quando Prassagora creò per la prima volta una<br />

fistola enterocutanea per risolvere una ostruzione. Nonostante questo<br />

successo con una terapia chirurgica, il trattamento non operativo<br />

di questi pazienti con tentativi di riduzione delle ernie, lassativi, ingestione<br />

di metalli pesanti (e.g. piombo o mercurio) e salassi per rimuovere<br />

agenti tossici dal sangue era la prassi fino al tardo ’800,<br />

quando l’antisepsi e le tecniche chirurgiche asettiche fecero della chirurgia<br />

una pratica più sicura ed accettabile. Una migliore comprensione<br />

della fisiopatologia delle ostruzioni intestinali e l’uso di soluzioni<br />

isotoniche per la reidratazione, di sondini per la decompressione<br />

intestinale e di antibiotici, ha grandemente ridotto il tasso di mortalità<br />

dei pazienti con ostruzione intestinale meccanica 51, 1<strong>44</strong> .Tuttavia,<br />

ancora oggi, i pazienti con ostruzione intestinale rappresentano uno<br />

dei problemi più complessi e difficili che i chirurghi devono affrontare<br />

con riguardo alla correttezza della diagnosi, e alla migliore tempistica<br />

e all’adeguatezza della terapia. La decisione clinica definitiva<br />

sul trattamento di questi pazienti richiede una raccolta anamnestica<br />

ed uno studio del paziente approfonditi e la consapevolezza delle<br />

possibili complicanze.<br />

Eziologia<br />

Le cause dell’ostruzione intestinale possono essere divise in tre categorie:<br />

(1) ostruzione che ha origine da cause extraluminali, quali<br />

aderenze, ernie, carcinomi e ascessi; (2) ostruzione intrinseca della<br />

parete intestinale (e.g. tumori primitivi); e (3) ostruzione da cause<br />

intraluminali (e.g. calcoli biliari, enteroliti, corpi estranei e bezoar)<br />

(Tab. <strong>44</strong>-2). Le cause di ostruzione dell’intestino tenue sono radicalmente<br />

cambiate nel corso del ’900 10 .All’inizio del ventesimo secolo,


TABELLA <strong>44</strong>-2. Cause dell’ostruzione meccanica del piccolo<br />

intestino negli adulti<br />

Lesioni estrinseche alla parete intestinale<br />

Aderenze (in genere postoperatorie)<br />

Ernie<br />

Esterne: (e.g.: inguinale, femorale, ombelicale o ventrale)<br />

Interne: (e.g.: da difetti congeniti come la paraduodenale<br />

attraverso il forame di Winslow e ernie diaframmatiche<br />

o postoperatorie in seguito a difetti mesenterici)<br />

Neoplastiche<br />

Carcinomatosi<br />

Neoplasie extraintestinali<br />

Ascessi intra-addominali<br />

Lesioni intrinseche alla parete intestinale<br />

Congenite<br />

Malrotazioni<br />

Duplicazioni/cisti<br />

Infiammatorie<br />

Malattia di Crohn<br />

Infettive<br />

Tubercolosi<br />

Actinomicosi<br />

Diverticolite<br />

Neoplastiche<br />

Neoplasie primitive<br />

Neoplasie metastatiche<br />

Traumatiche<br />

Ematomi<br />

Stenosi ischemica<br />

Varie<br />

Intussuscezione<br />

Endometriosi<br />

Enteropatia /stenosi da radiazioni<br />

Intraluminale<br />

Calcolo biliare<br />

Enteroliti<br />

Bezoar<br />

Corpi estranei<br />

Adattata da Tito WA, Sarr MG, Intestinal Obstruction. In Zuidema GD (ed)<br />

Surgery of the Alimentary Tract, Philadelphia, WB Saunders, 1996, pp. 375-416.<br />

le ernie costituivano più della metà delle ostruzioni intestinali meccaniche,<br />

ma in seguito alla riparazione routinaria delle ernie in elezione,<br />

questa causa di ostruzione è scivolata al terzo posto nei Paesi<br />

industrializzati. Le aderenze in seguito ad un precedente intervento<br />

chirurgico sono di gran lunga le cause più comuni di ostruzione del<br />

piccolo intestino (Fig. <strong>44</strong>-13).<br />

Le aderenze, in particolare dopo interventi pelvici (e.g. procedure<br />

ginecologiche, appendicectomia e resezioni colorettali), sono responsabili<br />

di oltre il 60% di tutte le cause di ostruzione negli Stati<br />

Uniti. Si ritiene che gli interventi addominali bassi abbiano un ruolo<br />

predominante nella formazione di aderenze che causano ostruzione,<br />

Aderenze<br />

(~60%)<br />

Varie (


884 ADDOME<br />

A B<br />

Figura <strong>44</strong>-14. Lastra diretta dell’addome di paziente con ostruzione completa dell’intestino tenue. A, La lastra con il paziente in posizione supina mostra le anse del<br />

piccolo intestino distese con sistemazione ordinata, senza evidenza di distensione colica. B, La lastra con il paziente in posizione eretta mostra multipli, piccoli livelli<br />

idroaerei disposti come a formare una scalinata. (A e B, per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch).<br />

ticolare nei pazienti con ostruzione da ansa chiusa, in cui si possono<br />

raggiungere elevate pressioni intraluminali. Un’ostruzione da ansa<br />

chiusa, normalmente causata da una torsione intestinale, se non trattata<br />

può arrivare fino all’occlusione arteriosa con ischemia e può potenzialmente<br />

causare una perforazione intestinale e una peritonite.<br />

In assenza di ostruzione intestinale, il digiuno e l’ileo prossimale<br />

nell’uomo sono virtualmente sterili. Con l’ostruzione, tuttavia, la<br />

flora del piccolo intestino cambia drasticamente sia nel genere di organismi<br />

(più comunemente Escherichia coli, Streptococcus faecalis e<br />

Klebsiella) che nella quantità, con concentrazioni che arrivano a 10 9 -<br />

10 10 per ml. Alcuni studi hanno dimostrato un aumento nel numero<br />

di batteri indigeni localizzati a livello dei linfonodi mesenterici e anche<br />

degli organi sistemici 112 .Tuttavia, l’importanza globale di questa<br />

traslocazione batterica sull’andamento clinico non è ancora stata interamente<br />

definita.<br />

Manifestazioni cliniche e diagnosi<br />

Un’anamnesi ed un esame obiettivo accurati sono essenziali per stabilire<br />

la diagnosi ed il trattamento dei pazienti con ostruzione intestinale.<br />

Nella maggior parte dei pazienti un’anamnesi meticolosa e<br />

un esame obiettivo, completato con un Rx diretto dell’addome, sono<br />

necessari per effettuare la diagnosi e per decidere la strategia di trattamento.<br />

Studi radiografici più sofisticati possono rendersi necessari<br />

in alcuni pazienti nei quali la diagnosi e le cause siano incerte. Tuttavia,<br />

una tomografia assiale computerizzata (TAC) dell’addome non<br />

dovrebbe essere considerata l’esame di partenza nello studio di un<br />

paziente con ostruzione intestinale.<br />

Anamnesi<br />

I sintomi principali dell’ostruzione intestinale, che possono variare a<br />

seconda della sua localizzazione e durata, sono: il dolore addominale<br />

di tipo colico, la nausea, il vomito, la distensione addominale e l’alvo<br />

chiuso ai gas e alle feci (i.e.: costipazione). Il tipico dolore addominale<br />

crampiforme associato all’ostruzione si presenta con parossismi ad<br />

intervalli di 4-5 minuti ed è meno frequente nelle ostruzioni distali.<br />

La nausea ed il vomito sono più comuni nelle ostruzioni prossimali e<br />

possono essere l’unico sintomo in pazienti con ostruzione gastrica e<br />

con ostruzioni intestinali alte. Un’ostruzione localizzata distalmente è<br />

meno associata al vomito, e il sintomo iniziale e preponderante è il<br />

dolore addominale crampiforme. La distensione addominale si instaura<br />

con il progredire dell’ostruzione ed è dovuta all’aumentare della<br />

dilatazione dell’intestino prossimale. La costipazione si instaura<br />

successivamente e va sottolineato che i pazienti, particolarmente nelle<br />

fasi precoci dell’ostruzione, possono riferire episodi diarroici dovuti<br />

ad un incremento della peristalsi, quindi, è importante ricordare<br />

che una diagnosi di ostruzione intestinale completa non può essere<br />

esclusa in presenza di tali episodi. Un altro elemento importante da<br />

considerare nell’anamnesi sono le caratteristiche del vomito, il quale,<br />

mano a mano che si instaura l’ostruzione e aumenta la componente<br />

batterica, diviene caratteristicamente fecaloide, indicando un’ostruzione<br />

intestinale consolidata da lungo tempo.<br />

Esame obiettivo<br />

Il paziente con ostruzione intestinale può presentarsi con tachicardia<br />

ed ipotensione a causa del severo stato di disidratazione, mentre la<br />

presenza della febbre può suggerire la possibilità di uno strangolamento.<br />

All’ispezione l’addome si presenta disteso, in misura maggiore<br />

o minore a seconda del livello di ostruzione, e va notata la presenza<br />

di eventuali pregresse cicatrici chirurgiche. Nelle fasi precoci dell’ostruzione<br />

intestinale si possono osservare le onde peristaltiche, particolarmente<br />

nei pazienti magri, e l’auscultazione dell’addome può<br />

evidenziare una iperattività dei rumori intestinali con tipici rumori<br />

associati ad una peristalsi vigorosa (i.e.: i borborigmi). Nelle fasi tardive<br />

dell’ostruzione, invece, i rumori intestinali sono minimi o assenti.<br />

Una modesta dolorabilità addominale può essere presente con o<br />

senza una massa palpabile; tuttavia, una dolorabilità localizzata, una<br />

manovra di Blumberg positiva ed una reazione di difesa suggeriscono<br />

la presenza di una peritonite e verosimilmente di uno strangolamento.<br />

Si deve eseguire un attento esame per escludere la presenza di er-


nie incarcerate a livello inguinale, del triangolo femorale e del forame<br />

otturatorio. Dovrebbe essere eseguita un’esplorazione rettale per accertare<br />

la presenza di masse intraluminali e per esaminare le feci alla<br />

ricerca di sangue occulto, che può essere indicativo di una neoplasia,<br />

di un’intussuscezione o di un infarto intestinale.<br />

Esami radiologici e di laboratorio<br />

Spesso la diagnosi di ostruzione intestinale appare immediatamente<br />

evidente dopo un’anamnesi ed un esame obiettivo accurati. Quindi,<br />

una lastra senza mezzo di contrasto normalmente conferma il sospetto<br />

clinico e definisce con maggiore precisione il sito dell’ostruzione.<br />

L’accuratezza nella diagnosi di ostruzione dell’intestino tenue<br />

con un Rx diretto dell’addome viene valutata del 60% circa, con una<br />

diagnosi equivoca o non specifica nei restanti casi. Le anse distese del<br />

piccolo intestino senza evidenza di distensione colica sono i reperti<br />

caratteristici di una lastra con paziente in posizione supina, mentre<br />

in posizione eretta si evidenziano multipli livelli idroaerei, che spesso<br />

si dispongono come a formare una scala (Fig. <strong>44</strong>-14). La lastra diretta<br />

dell’addome può anche evidenziare la causa dell’ostruzione<br />

(e.g.: corpi estranei o calcoli biliari) (Fig. <strong>44</strong>-15). Nei casi dubbi o<br />

quando non si è in grado di differenziare un’ostruzione parziale da<br />

una completa si rendono necessarie altre procedure diagnostiche.<br />

In pazienti più complessi nei quali la diagnosi resta dubbia, si è dimostrata<br />

utile la TAC 78 , uno strumento particolarmente sensibile per<br />

la diagnosi di ostruzioni complete o di grado elevato del piccolo intestino<br />

e per la determinazione della localizzazione e della causa di<br />

ostruzione. La TAC, tuttavia, è meno sensibile in pazienti con ostruzione<br />

parziale del tenue. Inoltre, la TAC è utile nel caso in cui si sospetti<br />

una causa estrinseca di ostruzione intestinale (e.g.: tumori addominali,<br />

malattie infiammatorie o ascessi) (Fig. <strong>44</strong>-16), oppure nel<br />

determinare gli strangolamenti, anche se, sfortunatamente, i reperti<br />

TAC associati allo strangolamento sono quelli di un’ischemia irreversibile<br />

e di una necrosi.<br />

Gli studi con il bario forniscono un utile apporto in pazienti con<br />

sospetta ostruzione, in particolare il clisma del tenue, che comporta<br />

Figura <strong>44</strong>-15. Lastra diretta dell’addome mostra un’ostruzione completa dell’intestino<br />

causata da un grosso calcolo biliare radiopaco (v. freccia) che ostruisce<br />

l’ileo distale.<br />

INTESTINO TENUE 885<br />

Figura <strong>44</strong>-16. TAC dell’addome di un paziente con ostruzione meccanica dell’intestino<br />

secondaria ad un ascesso nel quadrante inferiore destro (v. freccia). Si<br />

notano anse dell’intestino tenue dilatate e ripiene di liquido. (Per gentile concessione<br />

di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch).<br />

l’inserimento di un sondino nel duodeno per instillare aria e bario<br />

direttamente nel piccolo intestino e di seguirne i movimenti al fluoroscopio<br />

78 .Il clisma del tenue è stato proposto come esame definitivo<br />

nei pazienti in cui una diagnosi di ostruzione del tenue di basso<br />

grado e intermittente resta clinicamente dubbia. Inoltre, gli studi con<br />

il bario possono mostrare con precisione il livello dell’ostruzione e in<br />

certi casi anche la causa (Fig. <strong>44</strong>-17). I principali svantaggi del clisma<br />

del tenue sono costituiti dalla necessità di una intubazione naso-en-<br />

Figura <strong>44</strong>-17. Lo studio con il bario mostra l’intussuscezione digiunodigiunale.<br />

(Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas<br />

Medical Branch).


886 ADDOME<br />

terica, dal transito rallentato del mezzo di contrasto in pazienti con<br />

intestino tenue ripieno di liquidi ipotonici e dall’elevata esperienza<br />

richiesta al radiologo per eseguire la procedura.<br />

L’ecografia si è dimostrata utile nelle pazienti in gravidanza, per le<br />

quali è un problema l’esposizione alle radiazioni. La risonanza magnetica<br />

nucleare (RMN) è stata utilizzata in pazienti con ostruzione,<br />

senza tuttavia dare risultati diagnostici migliori rispetto alla TAC.<br />

Riassumendo, l’Rx diretto dell’addome è diagnostico di un’ostruzione<br />

intestinale in oltre il 60% dei casi, ma un ulteriore approfondimento<br />

(eventualmente con TAC o con clisma del tenue) può essere<br />

necessario nel 20-30% dei casi. Lo studio con la TAC è particolarmente<br />

utile nei pazienti con in anamnesi neoplasie addominali, nel<br />

periodo postoperatorio o in quei pazienti che pur in assenza di precedenti<br />

interventi chirurgici si presentano con una sintomatologia di<br />

ostruzione intestinale. Gli esami con il mezzo di contrasto sono raccomandati<br />

in quei pazienti che riferiscono ostruzioni ricorrenti o<br />

ostruzioni meccaniche di modesta entità per definire con precisione<br />

il segmento ostruito ed il grado di ostruzione.<br />

Gli esami di laboratorio non sono utili nella diagnosi dei pazienti<br />

con ostruzione dell’intestino tenue, ma sono estremamente importanti<br />

nel valutare il grado di disidratazione. I pazienti con ostruzione<br />

dovrebbero essere sottoposti routinariamente al controllo dei valori<br />

ematici di sodio, cloro, potassio, bicarbonato e creatinina. Controlli<br />

seriati degli elettroliti andrebbero eseguiti per controllare l’adeguatezza<br />

della reidratazione, in quanto la disidratazione può causare<br />

una emoconcentrazione, come si può desumere da un ematocrito<br />

elevato. Quest’ultimo valore deve essere monitorato in quanto la reidratazione<br />

può causarne una riduzione e alcuni pazienti (e.g.: quelli<br />

con neoplasie intestinali) possono aver bisogno di trasfusioni di sangue<br />

prima dell’intervento chirurgico. Inoltre, va valutata la conta dei<br />

globuli bianchi in quanto si può riscontrare una leucocitosi in pazienti<br />

con strangolamento; tuttavia i globuli bianchi elevati non denotano<br />

necessariamente uno strangolamento, così come l’assenza<br />

della leucocitosi non ne esclude l’eventualità.<br />

Ostruzione semplice o da strangolamento<br />

La maggior parte dei pazienti con ostruzione dell’intestino tenue ha<br />

ostruzioni semplici causate dal blocco meccanico del flusso del contenuto<br />

luminale, senza compromissione della vitalità della parete intestinale.<br />

Al contrario, le ostruzioni con strangolamento, che normalmente<br />

sono causate dalla completa chiusura di un’ansa il cui apporto<br />

vascolare risulta compromesso, possono causare un infarto intestinale.<br />

Le ostruzioni con strangolamento sono associate ad un aumento<br />

della morbidità e della mortalità, e quindi, il loro riconoscimento precoce<br />

è importante per poterle differenziare dalle ostruzioni semplici.<br />

I segni “classici” dello strangolamento sono stati descritti in precedenza<br />

ed includono la tachicardia, la febbre, la leucocitosi e un costante<br />

dolore addominale non crampiforme. Tuttavia, vari studi hanno<br />

dimostrato in modo convincente che nessun parametro clinico né<br />

alcun esame di laboratorio possono accuratamente evidenziare o<br />

escludere in tutti i pazienti la presenza di strangolamento 115 .<br />

Un esame TAC è utile solo per rilevare gli stadi avanzati di un’ischemia<br />

irreversibile. Vari parametri ematochimici, incluso la lattico<br />

deidrogenasi, le amilasi, la fosfatasi alcalina e i livelli di ammoniemia<br />

non hanno mostrato alcuna reale utilità. Alcuni studi iniziali hanno<br />

riportato dei limitati successi nel discriminare lo strangolamento misurando<br />

il D-lattato sierico, l’isoenzima creatin fosfochinasi (in particolare<br />

l’isoenzima BB) o alcune proteine che legano gli acidi grassi<br />

intestinali; tuttavia si tratta di ricerche che non possono essere applicate<br />

a tutti i pazienti con ostruzione. Infine, Richards e associati 106<br />

hanno descritto una metodica non invasiva per determinare l’ischemia<br />

mesenterica usando un magnetometro che misura la superconducting<br />

quantum interference (SQUID). Secondo questo studio l’ischemia<br />

intestinale sarebbe associata a cambiamenti nelle frequenze<br />

elettriche di base del piccolo intestino e una valutazione clinica di<br />

questa tecnica è tuttora in corso.<br />

Ricapitolando, è importante ricordare che l’ischemia intestinale<br />

e lo strangolamento non possono essere diagnosticati o esclusi<br />

pre-operatoriamente in ciascun paziente in modo affidabile sulla<br />

base di ogni parametro noto, combinazione di parametri o analisi<br />

radiologiche e di laboratorio.<br />

Trattamento<br />

Reidratazione e antibiotici<br />

I pazienti con ostruzione intestinale sono normalmente disidratati,<br />

mancano di sodio, cloro e potassio e necessitano di un apporto endovenoso<br />

con soluzioni saline isotoniche quali il Ringer lattato. L’escrezione<br />

urinaria va monitorata, posizionando un catetere di Foley.<br />

Una volta raggiunto un buon flusso urinario può essere aggiunto all’infusione,<br />

se necessario, cloruro di potassio. Per valutare l’adeguatezza<br />

della reidratazione vengono effettuati controlli seriati degli<br />

elettroliti, così come dell’ematocrito e dei globuli bianchi. A causa<br />

della grande quantità di liquidi da infondere, in alcuni pazienti, in<br />

particolare gli anziani, si rende necessario il posizionamento di un<br />

catetere venoso centrale e in alcuni di loro di un catetere di Swan-<br />

Ganz. Alcuni chirurghi somministrano a scopo profilattico antibiotici<br />

a largo spettro sulla base del riscontro di casi in cui era avvenuta<br />

una traslocazione batterica anche per una semplice ostruzione meccanica.<br />

In più, gli antibiotici vengono somministrati come profilassi<br />

in caso di una possibile resezione o di una lesione accidentale dell’intestino<br />

nel corso dell’intervento chirurgico.<br />

Decompressione<br />

Oltre alla reidratazione, un altro importante aspetto della terapia di<br />

supporto di un paziente con ostruzione intestinale è l’aspirazione<br />

nasogastrica, eseguita mediante tubo di Levin, allo scopo di svuotare<br />

lo stomaco per ridurre il rischio di aspirazione nei polmoni del vomito<br />

e per minimizzare un ulteriore distensione intestinale dovuta<br />

all’insufflazione di aria nelle fasi preoperatorie. L’utilizzo di sondini<br />

intestinali più lunghi (e.g.: sondini di Cantor o di Baker) è stata proposta<br />

da alcuni gruppi 129, 155 .Tuttavia, studi prospettici randomizzati<br />

non hanno dimostrato differenze significative, rispetto all’utilizzo di<br />

normali sondini nasogastrici, nel livello di decompressione raggiunto<br />

nel successo del trattamento conservativo o nel tasso di morbidità<br />

dopo l’intervento chirurgico 15, 107 .Inoltre, in alcune casistiche l’utilizzo<br />

di questi sondini causava una più lunga permanenza in ospedale,<br />

una maggiore durata dell’ileo e un aumento delle complicanze postoperatorie.<br />

Quindi, sembrerebbe che i sondini intestinali lunghi non<br />

offrano alcun beneficio nel trattamento preoperatorio rispetto al<br />

normale sondino nasogastrico.<br />

I pazienti con ostruzione intestinale parziale possono essere<br />

trattati conservativamente solo con la reidratazione e la decompressione.<br />

La risoluzione dei sintomi e la dimissione senza trattamento<br />

chirurgico è stata riportata in una percentuale di pazienti<br />

con ostruzione parziale del 60-85% 10 .Il clisma del tenue può essere<br />

di aiuto nel determinare il grado dell’ostruzione, dato che le<br />

ostruzioni parziali di grado più elevato necessitano più precocemente<br />

di un intervento. Benché sarebbe giustificato uno studio sul<br />

trattamento conservativo iniziale nella maggior parte dei pazienti<br />

con ostruzione parziale del tenue, deve essere enfatizzata la necessità<br />

di un rapido intervento chirurgico qualora, nonostante la decompressione,<br />

le caratteristiche cliniche del paziente o la distensione<br />

del piccolo intestino ai controlli radiografici dovessero peggiorare.<br />

La decisione di proseguire nel trattamento conservativo di<br />

un paziente con una sospetta ostruzione intestinale si basa sul giudizio<br />

clinico e necessita di attenti controlli per assicurarsi che il<br />

decorso clinico non cambi improvvisamente.<br />

Trattamento chirurgico<br />

In generale, i pazienti con ostruzione completa del tenue necessitano<br />

di un intervento chirurgico. Un approccio non chirurgico, in pazienti<br />

selezionati con ostruzione completa del tenue, è stato proposto da<br />

alcuni autori che sostengono sia più sicura in questi pazienti un’aspirazione<br />

nasogastrica prolungata, purché non vi siano febbre, tachicardia,<br />

dolorabilità o leucocitosi 129 .Ciononostante, deve essere<br />

chiaro che il trattamento conservativo di questi pazienti va intrapreso<br />

conoscendo il rischio di non individuare un’ostruzione per strangolamento<br />

e di ritardarne il trattamento fino a quando si instaurano<br />

danni irreversibili. Studi retrospettivi hanno riportato che un ritardo<br />

di 12-24 ore nel trattamento chirurgico di questi pazienti non è ri-


schioso, ma che oltre questo periodo di tempo l’incidenza di strangolamenti<br />

e altre complicanze aumenta significativamente 127 .<br />

La natura del problema sottostante condiziona l’approccio al trattamento<br />

dei pazienti ostruiti. I pazienti con ostruzione intestinale secondaria<br />

alla presenza di aderenze possono essere trattati con una<br />

adesiolisi. Bisogna prestare molta attenzione nel maneggiare l’intestino<br />

con delicatezza per ridurre i traumi della sierosa e per evitare<br />

dissezioni non necessarie e lesioni accidentali. Le ernie incarcerate<br />

possono essere trattate con riduzione manuale del segmento intestinale<br />

erniato e con chiusura della breccia.<br />

Il trattamento di un paziente con ostruzione e anamnesi positiva<br />

per una neoplasia maligna può essere particolarmente impegnativo.<br />

Nel paziente terminale con disseminazione metastatica il trattamento<br />

conservativo, se efficace, costituisce normalmente la scelta migliore;<br />

tuttavia, solo una piccola percentuale di casi con ostruzione completa<br />

può essere efficacemente trattata in questo modo. In caso di intervento<br />

chirurgico un semplice by-pass della lesione ostruente, qualsiasi<br />

sia la sua origine, può essere l’opzione migliore piuttosto di un intervento<br />

lungo e complesso che richieda una resezione intestinale.<br />

Un’ostruzione intestinale secondaria a malattia di Crohn può essere<br />

spesso risolta con trattamento conservativo se si tratta di un’ostruzione<br />

acuta, se invece l’ostruzione è causata da una stenosi cronica<br />

fibrotica può rendersi necessaria una resezione intestinale o una<br />

stricturoplastica.<br />

I pazienti con un ascesso intra-addominale possono presentarsi in<br />

modo indistinguibile da quelli con ostruzione meccanica e, in questi<br />

casi, eseguire una TAC è particolarmente utile per la diagnosi della<br />

causa di ostruzione ed il drenaggio percutaneo dell’ascesso può essere<br />

sufficiente a risolvere l’ostruzione.<br />

L’enterite da raggi, come complicanza della radioterapia per tumori<br />

della pelvi, può essere causa di ostruzione. La maggior parte<br />

dei casi può essere trattata conservativamente con decompressione<br />

ed eventuale terapia steroidea, particolarmente nel corso di un<br />

attacco acuto. Nelle situazioni croniche il trattamento conservativo<br />

raramente ha effetto e può essere necessario effettuare una laparotomia,<br />

con la possibile resezione dell’intestino irradiato o con<br />

un by-pass della zona colpita.<br />

Al momento dell’esplorazione chirurgica può risultare a volte difficile<br />

valutare la vitalità dell’intestino dopo la risoluzione dello<br />

strangolamento. Se la vitalità intestinale è dubbia, il segmento intestinale<br />

può essere completamente liberato e posto per 15-20 minuti<br />

in una pezza calda imbevuta di soluzione salina e successivamente<br />

riesaminato. Se ricompare il colore normale e la peristalsi si fa evidente<br />

non è rischioso conservare il tratto intestinale. Uno studio<br />

prospettico controllato per la determinazione intraoperatoria della<br />

vitalità intestinale, che paragonava il giudizio clinico all’uso di una<br />

sonda Doppler o alla somministrazione di fluoresceina, ha dimostrato<br />

che la flussimetria Doppler aggiunge poco al giudizio clinico<br />

convenzionale del chirurgo 17 .In casi dubbi o difficili la fluorescenza<br />

con fluoresceina può invece adiuvare il giudizio clinico. Un altro approccio<br />

per la valutazione della vitalità intestinale è la laparotomia<br />

detta di second look, condotta 18-24 ore dopo la procedura iniziale.<br />

La decisione va presa al momento del primo intervento ed è certamente<br />

indicata nei pazienti le cui condizioni cliniche peggiorano<br />

dopo l’operazione.<br />

Alcuni gruppi hanno preso in considerazione l’efficacia del trattamento<br />

laparoscopico dell’ostruzione acuta del piccolo intestino 72 .Il<br />

trattamento laparoscopico delle ostruzioni del tenue sembra efficace<br />

e porta ad una degenza più breve in gruppi di pazienti molto selezionati.<br />

I criteri di inclusione per i pazienti che possono essere sottoposti<br />

al trattamento laparoscopico sono: (1) distensione addominale<br />

modesta che consenta un’adeguata visualizzazione; (2) un’ostruzione<br />

prossimale; (3) un’ostruzione parziale e (4) un’ostruzione di cui<br />

sia nota la causa da parte di una singola briglia. Attualmente, i pazienti<br />

che hanno un’ostruzione avanzata, completa o dell’ileo distale<br />

non sono candidati per il trattamento laparoscopico. Sfortunatamente,<br />

la maggior parte dei pazienti con ostruzione appartiene a<br />

questo gruppo. Allo stesso modo, i pazienti con aderenze tenaci, con<br />

carcinosi peritoneale o che mantengono un addome disteso dopo<br />

decompressione con il sondino nasogastrico, vanno trattati con laparotomia<br />

convenzionale. Quindi, il ruolo futuro della laparoscopia<br />

nel trattamento di questi pazienti deve ancora essere definito.<br />

INTESTINO TENUE 887<br />

Risoluzione di problemi specifici<br />

Ostruzioni intestinali ricorrenti<br />

Ogni chirurgo può facilmente (e spesso dolorosamente) ricordarsi di<br />

un paziente complicato, con numerosi pregressi interventi addominali<br />

e un addome “congelato”, che si sia ripresentato con un’altra<br />

ostruzione intestinale. Un iniziale approccio conservativo è normalmente<br />

desiderabile e spesso più sicuro. In quei pazienti che non rispondono<br />

al trattamento si rende necessario un reintervento che<br />

spesso è una procedura lunga e difficile, e che richiede molta attenzione<br />

per evitare lesioni intestinali accidentali. In questi pazienti complessi<br />

sono state tentate diverse procedure chirurgiche e agenti farmacologici<br />

per prevenire la recidiva delle aderenze e dell’ostruzione.<br />

Sono state descritte tecniche di plicatura esterna in cui il piccolo intestino<br />

o il suo mesentere vengono suturati a formare anse ampie e senza<br />

angolature 21, 92 , ma si sono verificate complicanze quali lo sviluppo<br />

di fistole, grosse perdite di liquidi, peritoniti e decessi. Per queste ragioni<br />

e per via della scarsa percentuale di successi queste procedure sono<br />

state quasi completamente abbandonate. Diverse casistiche hanno riportato<br />

moderati successi con procedure di fissazione interna o di stenting<br />

usando lunghi sondini intestinali inseriti dal naso, da una gastrostomia<br />

o anche da una digiunostomia e lasciati in sede per due o più<br />

settimane 109, 147 .Le complicanze associate all’uso di questi sondini includono<br />

il drenaggio prolungato di contenuto enterico dal punto di inserzione<br />

del sondino, l’intussuscezione e la difficoltà a rimuovere il sondino,<br />

che può anche richiedere un nuovo intervento chirurgico.<br />

Sono stati usati con limitato successo anche agenti farmacologici,<br />

compresi gli steroidi e altri farmaci anti-infiammatori, farmaci citotossici<br />

e antiistaminici. L’uso degli anticoagulanti, quali l’eparina, le<br />

soluzioni di destrano, i dicumarolici e il citrato di sodio ha ridotto la<br />

formazione di aderenze, ma i loro effetti collaterali sorpassano di<br />

gran lunga la loro efficacia. L’instillazione intraperitoneale di varie<br />

proteinasi (e.g.: tripsina, papaina e pepsina), che causano la digestione<br />

enzimatica della matrice proteica extra-cellulare, ha dato dei successi.<br />

La ialuronidasi si è rivelata di dubbia efficacia e si sono ottenuti<br />

risultati controversi con agenti fibrinolitici come la streptochinasi,<br />

l’urochinasi e i veleni di serpente. In uno studio prospettico multicentrico<br />

Becker e coll. 11 hanno riportato che l’uso di membrane biodegradabili<br />

formate da ialuronato riduce l’incidenza e la gravità della<br />

formazione di aderenze postoperatorie. Questi dati possono rappresentare<br />

un significativo passo avanti qualora anche l’incidenza<br />

delle ostruzioni a lungo termine si rivelasse ridotta.<br />

Ad oggi, lo strumento più efficace per limitare il numero delle aderenze<br />

è una buona tecnica chirurgica, che comprende: una delicata<br />

manipolazione dell’intestino per ridurre i traumi della sierosa, evitare<br />

dissezioni non necessarie, l’esclusione di materiale estraneo dalla<br />

cavità addominale (l’uso ove possibile di suture in materiale assorbibile,<br />

evitare l’uso eccessivo di tamponi di garza e la rimozione dell’amido<br />

dai guanti), un’adeguata irrigazione e rimozione di detriti infetti<br />

e ischemici e la conservazione e l’utilizzo dell’omento attorno<br />

alla zona dell’intervento o nella pelvi svuotata.<br />

Ostruzioni postoperatorie acute<br />

Le ostruzioni dell’intestino tenue che avvengono nell’immediato periodo<br />

postoperatorio rappresentano una sfida sia per la diagnosi che<br />

per il trattamento. La diagnosi è spesso difficoltosa perché i sintomi<br />

iniziali di dolore addominale, nausea o vomito possono essere attribuiti<br />

all’ileo postoperatorio. Difetti elettrolitici, in particolare l’ipokaliemia,<br />

possono essere una causa di ileo e devono quindi essere<br />

corretti. Lastre dell’addome in bianco normalmente non sono di aiuto<br />

per distinguere un ileo da un’ostruzione. La TAC può essere utile<br />

a questo riguardo ed in particolare studi mediante enteroclisi possono<br />

essere utili nel determinare se esiste un’ostruzione e a quale livello<br />

sia localizzata. Per un’ostruzione parziale è consigliata una terapia<br />

conservativa, mentre l’ostruzione completa richiede un reintervento<br />

per correggere il problema sottostante.<br />

Ileo<br />

L’ileo viene definito come una distensione intestinale con rallentamento<br />

o arresto completo del transito del contenuto luminale senza


888 ADDOME<br />

TABELLA <strong>44</strong>-3. Cause dell’ileo<br />

Postlaparotomia<br />

Disordini metabolici ed elettrolitici (e.g.: ipokaliemia, iponatriemia,<br />

ipomagnesiemia, uremia, coma diabetico)<br />

Farmaci (e.g.: oppiacei, agenti psicotropi, agenti anticolinergici)<br />

Infiammazione intra-addominale<br />

Emorragia o infiammazione retroperitoneali<br />

Ischemia intestinale<br />

Sepsi sistemica<br />

Adattata da Turnage RH, Bergen PC: Intestinal obstruction and ileus. In<br />

Feldman M. Scharschmidt BF, Sleisenger MH (eds): Gastrointestinal and Liver<br />

Disease. Pathophysiology/Diagnosis/Management, Philadelphia, WB Saunders,<br />

1998, pp. 1799-1810.<br />

un’ostruzione meccanica dimostrabile. L’ileo può essere la conseguenza<br />

di un gran numero di cause, quali le farmacologiche, le metaboliche,<br />

le neurogene e le infettive (Tab. <strong>44</strong>-3).<br />

Tra gli agenti farmacologici in grado di causare un ileo vi sono i<br />

farmaci anticolinergici, simpaticolitici, anti-istaminici e altre sostanze<br />

farmacologiche quali l’alloperidolo e gli antidepressivi triciclici.<br />

Una delle cause più comuni dell’ileo indotto da farmaci nel paziente<br />

operato è l’uso degli oppiacei, quali la morfina e la meperidina. Le<br />

cause metaboliche di ileo sono comuni e includono l’ipokaliemia,<br />

l’iponatriemia e l’ipomagnesiemia. Altre cause metaboliche possono<br />

essere l’uremia, il coma diabetico e l’ipoparatiroidismo. Tra le cause<br />

neurogene di ileo vanno annoverate l’ileo postoperatorio, che si instaura<br />

dopo interventi addominali, danni spinali, irritazione retroperitoneale<br />

e procedure ortopediche sul rachide o sulla pelvi. Infine,<br />

una quantità di cause infettive può essere la causa di un ileo; tra le<br />

più comuni vi sono la polmonite, la peritonite e la sepsi generalizzata<br />

con una causa non addominale.<br />

I pazienti spesso si presentano con caratteristiche simili a quelle di<br />

un’ostruzione meccanica del tenue. La distensione addominale, normalmente<br />

senza un dolore addominale di tipo colico, costituisce il sintomo<br />

più tipico e importante. La nausea ed il vomito possono essere<br />

presenti o assenti e i pazienti con ileo possono mantenere un alvo aperto<br />

ai gas e diarroico; tali caratteristiche possono aiutare a differenziare<br />

questi pazienti da quelli con ostruzione meccanica del piccolo intestino.<br />

Gli esami radiologici possono aiutare nel differenziare un ileo da<br />

un’ostruzione del piccolo intestino. Un Rx senza mezzo di contrasto<br />

può mostrare un piccolo intestino disteso con anse intestinali allargate.<br />

Nei casi in cui fosse difficile la diagnosi differenziale con un’ostruzione,<br />

gli studi con il bario possono essere d’aiuto.<br />

Il trattamento di un ileo è unicamente di supporto, utilizzando il<br />

sondino nasogastrico per la decompressione e infondendo liquidi. La<br />

miglior terapia per correggere la causa sottostante può essere costituita<br />

da un trattamento aggressivo della sepsi, dalla correzione di<br />

eventuali anomalie metaboliche o elettrolitiche e dalla sospensione<br />

dei farmaci in grado di causare l’ileo. L’utilizzo di farmaci per il trattamento<br />

dell’ileo ha avuto nella maggior parte dei casi scarsi risultati.<br />

Sono stati sperimentati farmaci che blocchino l’innervazione simpatica<br />

(e.g.: la guanetidina) o che stimolino l’attività parasimpatica<br />

(e.g.: il betanecolo o la neostigmina). Inoltre, è stata valutata la possibilità<br />

di un’azione ormonale con la CCK o con la motilina, ma i risultati<br />

non sono stati significativi. La somministrazione endovenosa<br />

di eritromicina si è rivelata inefficace, e anche il cisapride, nonostante<br />

gli apparenti benefici nella stimolazione della motilità gastrica,<br />

non sembra influenzare l’ileo.<br />

MALATTIE INFIAMMATORIE<br />

Malattia di Crohn<br />

La malattia di Crohn è una malattia infiammatoria cronica ad eziologia<br />

sconosciuta, transmurale, che può colpire l’intero tubo digerente,<br />

dalla bocca all’ano, ma nella maggior parte dei casi si localizza<br />

nell’intestino tenue e nel colon. Le manifestazioni cliniche più comuni<br />

sono: il dolore addominale, la diarrea e la perdita di peso. La<br />

malattia di Crohn può inoltre complicarsi per la presenza di ostruzioni<br />

intestinali o di perforazioni localizzate con la formazione di fi-<br />

stole. Sia la terapia medica che la terapia chirurgica sono palliative,<br />

tuttavia, il trattamento chirurgico offre una effettiva risoluzione dei<br />

sintomi nei pazienti con malattia di Crohn complicata, e garantisce<br />

un ragionevole beneficio a lungo termine.<br />

Storia<br />

Il primo caso documentato di malattia di Crohn della storia venne<br />

descritto da Morgagni nel 1761, mentre nel 1913 il chirurgo scozzese<br />

Dalziel descrisse nove casi di malattia infiammatoria intestinale 31 .<br />

Tuttavia, è stato il lavoro fondamentale di Crohn, Ginzburg e Oppenheimer<br />

nel 1932 a fornire con tutti i dettagli le caratteristiche cliniche<br />

e patologiche di questa malattia infiammatoria nei giovani<br />

adulti 28 .Questo studio ha così immortalato la descrizione di questa<br />

patologia, e anche se molti termini differenti (e a volte fuorvianti)<br />

sono stati usati per descrivere questo processo patologico, esso viene<br />

oggigiorno universalmente riconosciuto come malattia di Crohn.<br />

Incidenza ed epidemiologia<br />

La malattia di Crohn è la patologia chirurgica primitiva dell’intestino<br />

tenue più comune, con un’incidenza annua di approssimativamente<br />

3-7 casi su 100.000 nella popolazione generale; la sua incidenza<br />

è maggiore nel Nord America e nell’Europa del Nord 116 . La malattia<br />

di Crohn colpisce principalmente giovani adulti nella seconda o<br />

terza decade di vita. Tuttavia, sembra esserci una distribuzione bimodale<br />

con un secondo picco di minore entità nella sesta decade. La<br />

malattia di Crohn è più comune negli abitanti dei centri urbani e, anche<br />

se in passato alcuni studi suggerivano una qualche predominanza<br />

femminile, entrambi i sessi sembrano essere ugualmente colpiti. Il<br />

rischio di sviluppare questa malattia è di circa il doppio nei fumatori<br />

rispetto ai non fumatori. Molti studi avevano evidenziato un’incidenza<br />

aumentata di malattia di Crohn nelle donne che facevano uso<br />

di contraccettivi orali; tuttavia, studi più recenti non hanno mostrato<br />

alcuna differenza. Benché la malattia di Crohn sia rara nei neri<br />

africani, i neri degli Stati Uniti hanno un’incidenza simile a quella dei<br />

bianchi. Alcuni gruppi etnici, in particolare gli ebrei, hanno un’incidenza<br />

maggiore di malattia di Crohn rispetto ai soggetti di controllo<br />

della stessa età e sesso. Vi è anche una forte familiarità con un rischio<br />

di sviluppare la malattia che aumenta di circa 30 volte nei fratelli germani<br />

e di 13 volte in tutti i parenti di primo grado dei pazienti affetti<br />

da malattia di Crohn.<br />

Eziologia<br />

L’eziologia della malattia di Crohn è tuttora sconosciuta, nonostante<br />

siano state proposte molte possibili cause, tra cui le più verosimili sono<br />

quelle infettive, immunologiche e genetiche 53, 116 .Altre possibilità,<br />

che hanno riscosso diverso successo, includono fattori dietetici ed<br />

ambientali, il fumo e fattori psicologici. Benché questi ultimi possano<br />

contribuire nell’andamento generale della malattia è improbabile<br />

che costituiscano il meccanismo eziologico principale della malattia<br />

di Crohn.<br />

AGENTI INFETTIVI<br />

Anche se sono stati proposti numerosi agenti infettivi come possibili<br />

cause della malattia di Crohn, quelli che hanno ottenuto la maggiore<br />

attenzione sono i micobatteri, in particolare il Mycobacterium<br />

paratuberculosis e il virus del morbillo. L’esistenza di un micobatterio<br />

atipico che potesse causare la malattia di Crohn venne proposta da<br />

Dalziel nel 1913 31 ,e studi successivi, utilizzando sofisticate tecniche<br />

di polymerase chain reaction (PCR), hanno confermato la presenza<br />

di micobatteri in campioni intestinali provenienti da pazienti con<br />

malattia di Crohn. Inoltre, il trapianto di tessuto da pazienti con malattia<br />

di Crohn genera ileite 142 .Tuttavia, l’utilizzo di una terapia specifica<br />

antimicrobica per i micobatteri non si è dimostrata efficace nel<br />

migliorare il decorso della malattia.<br />

Oltre ai micobatteri un’altra possibile causa che ha ottenuto una<br />

certa attenzione per un suo possibile ruolo eziologico è il virus del<br />

morbillo. Studi condotti in Svezia hanno suggerito che un’esposizione<br />

nell’utero al virus del morbillo costituisce un rischio per lo sviluppo<br />

di una successiva malattia di Crohn 40 .Secondo uno studio<br />

longitudinale i bambini sottoposti a vaccinazione con virus del mor-


illo vivo hanno un rischio tre volte maggiore di sviluppare la malattia<br />

di Crohn rispetto ai loro coetanei non vaccinati. Questi studi<br />

sono interessanti e alcuni aspetti forniscono argomenti stimolanti<br />

circa il ruolo potenziale di questi agenti infettivi in un sottogruppo<br />

di pazienti con malattia di Crohn; tuttavia è altamente improbabile<br />

che ne costituiscano la sola causa.<br />

FATTORI IMMUNOLOGICI<br />

Sono state dimostrate anomalie immunologiche in pazienti con malattia<br />

di Crohn che riguardano reazioni immunitarie sia umorali che<br />

cellulo-mediate dirette contro cellule intestinali, suggerendo così una<br />

reazione autoimmune 40 .L’attenzione è stata focalizzata sul ruolo delle<br />

citochine, quali l’interleuchina (IL)-1, l’IL-2, l’IL-8 e il TNF, come<br />

possibili fattori che contribuiscono alla risposta infiammatoria intestinale.<br />

Il ruolo della risposta immune nella malattia di Crohn resta<br />

controverso e le sue modificazioni potrebbero essere più una conseguenza<br />

che non una causa di questa malattia.<br />

FATTORI GENETICI<br />

I fattori genetici sembrano svolgere un ruolo importante nella patogenesi<br />

della malattia di Crohn perché il singolo fattore di rischio più<br />

importante per il suo sviluppo è avere un consanguineo affetto da tale<br />

malattia. Studi americani ed europei hanno identificato un possibile<br />

locus di suscettibilità nella regione centromerica del cromosoma<br />

16 in membri di famiglie affette, indicando così una possibile causa<br />

genetica per la malattia di Crohn 54, 117 .Altri loci sui cromosomi 3, 7 e<br />

12 sono stati associati sia alla colite ulcerosa che alla malattia di<br />

Crohn. Le regioni interessate dei cromosomi 3, 7, 12 e 16 contengono<br />

numerosi geni che possono contribuire all’instaurarsi di una malattia<br />

infiammatoria intestinale. Ad esempio, sul locus di suscettibilità<br />

del cromosoma 16, che è stato più strettamente associato alla malattia<br />

di Crohn, sono localizzati il gene che codifica per la E-caderina e<br />

il gene per il recettore di IL-4.<br />

Nei pazienti affetti da malattia di Crohn è stata riscontrata un’aumentata<br />

incidenza di danni cromosomici rispetto a individui normali<br />

di controllo, indicando la fragilità cromosomica come un possibile fattore<br />

contribuente. Anche se vi è una forte evidenza di una causa genetica<br />

per la malattia di Crohn è da notare che nei gemelli monozigoti vi<br />

Figura <strong>44</strong>-18. Aspetti macroscopici della malattia<br />

di Crohn. A, Superficie della sierosa con<br />

estesa sovracrescita circonferenziale del<br />

grasso mesenteriale e infiammazione. B,<br />

Campione resecato che evidenzia marcata fibrosi<br />

della parete intestinale, stenosi e infiammazione<br />

mucosa segmentaria (A e B, per<br />

gentile concessione di Mary R. Schwartz<br />

M.D., Baylor College of Medicine).<br />

INTESTINO TENUE 889<br />

è una concordanza sostanzialmente inferiore al 100%; ciò implica che<br />

la semplice ereditarietà mendeliana non può spiegare le caratteristiche<br />

di incidenza. Quindi è verosimile pensare che una molteplicità di cause<br />

possa contribuire all’eziologia e alla patogenesi di questa malattia.<br />

Anatomia patologica<br />

La malattia di Crohn si localizza nella maggior parte dei casi a livello<br />

dell’intestino tenue e del colon, ed il coinvolgimento di entrambi<br />

avviene approssimativamente nel 55% dei pazienti. Il 30% dei pazienti<br />

ha una localizzazione del solo intestino tenue e il 15% circa del<br />

solo grosso intestino. La malattia è caratteristicamente discontinua e<br />

segmentaria. In pazienti con malattia di Crohn colica, il risparmio<br />

del retto è una caratteristica che permette la diagnosi differenziale<br />

con la colite ulcerosa. Un coinvolgimento perianale e perirettale avviene<br />

in circa un terzo dei pazienti, in particolare tra quelli con localizzazione<br />

colica. La malattia di Crohn può anche colpire la bocca,<br />

l’esofago, lo stomaco, il duodeno e l’appendice. Il coinvolgimento di<br />

questi segmenti può essere associato a una malattia del piccolo o del<br />

grosso intestino, ma solo in rari casi si presenta come localizzazione<br />

unica.<br />

ASPETTI MACROSCOPICI<br />

A B<br />

All’esplorazione si possono notare anse intestinali ispessite grigiorossastre<br />

o rosso porpora opaco, con zone di spesso essudato grigiobiancastro<br />

o di fibrosi della sierosa. Normalmente si riscontra la tipica<br />

disposizione “a salto”, con zone di intestino malato intervallate<br />

da zone di intestino che appare grossolanamente normale. Una caratteristica<br />

saliente della malattia di Crohn è il diffuso avvolgimento<br />

circonferenziale della parete intestinale causato dalla sovracrescita<br />

del grasso mesenteriale (Fig. <strong>44</strong>-18). Con il progredire della malattia<br />

la parete intestinale diventa sempre più spessa, dura, di consistenza<br />

elastica e virtualmente incomprimibile. Pur non essendo<br />

coinvolto, l’intestino prossimale può dilatarsi a causa dell’ostruzione<br />

di un segmento malato. I tratti interessati sono spesso adesi ad<br />

anse intestinali adiacenti o ad altri visceri, presentando spesso in<br />

queste zone tragitti fistolosi interni. Il mesentere dei tratti malati<br />

normalmente è ispessito con linfonodi spesso ingranditi.


890 ADDOME<br />

All’apertura dell’intestino le grossolane lesioni patologiche presenti<br />

più precocemente sono le ulcere aftose superficiali della mucosa.<br />

Con il progredire della malattia le ulcere si approfondano e si instaura<br />

una completa infiammazione transmurale. Le ulcere sono caratteristicamente<br />

lineari e possono unirsi a formare lesioni trasversali<br />

intervallate da isole di mucosa normale, fornendo così il caratteristico<br />

aspetto di mucosa ad “acciottolato” (cobblestone mucosa).<br />

ASPETTI MICROSCOPICI<br />

Prima di qualsiasi cambiamento importante si può notare a livello<br />

microscopico un edema della mucosa e della sottomucosa, seguito<br />

poi da un infiltrato infiammatorio cronico che si estende in<br />

direzione transmurale. Questa reazione infiammatoria è caratterizzata<br />

da importante edema, iperemia, linfangectasie e da un intenso<br />

infiltrato di cellule mononucleate e iperplasia linfoide. Le lesioni<br />

istologiche caratteristiche della malattia di Crohn sono i granulomi<br />

non caseificati con cellule giganti di Langerhans. I granulomi<br />

si sviluppano tardi nel corso della malattia e sono riscontrabili<br />

nella parete intestinale o nei linfonodi regionali nel 60-70%<br />

dei pazienti (Fig. <strong>44</strong>-19).<br />

Manifestazioni cliniche<br />

La malattia di Crohn può svilupparsi ad ogni età, ma il paziente tipico<br />

è un giovane adulto nella seconda o terza decade di vita. L’instaurarsi<br />

della malattia è spesso insidioso, con un decorso lento e<br />

prolungato, nel quale periodi sintomatici con dolori addominali e<br />

A B<br />

C<br />

diarrea si alternano a periodi asintomatici di varia lunghezza. Col<br />

tempo i periodi sintomatici diventano gradualmente più frequenti,<br />

più severi e di durata maggiore. Il sintomo più comune è un dolore<br />

addominale di tipo colico intermittente, solitamente localizzato<br />

ai quadranti inferiori dell’addome. Il dolore, tuttavia, può essere<br />

più forte e localizzato mimando i segni e i sintomi dell’appendicite<br />

acuta. L’altro sintomo più frequente è la diarrea, che è presente, se<br />

non altro in modo intermittente, nell’85% dei casi circa. Diversamente<br />

dai pazienti con colite ulcerosa, i pazienti con malattia di<br />

Crohn hanno tipicamente meno evacuazioni e le feci contengono<br />

raramente muco, pus o sangue. Tra i sintomi sistemici non specifici<br />

sono presenti febbre non elevata (presente in circa un terzo dei<br />

pazienti), perdita di peso, senso di spossatezza e di malessere.<br />

Le principali complicanze della malattia di Crohn sono l’ostruzione<br />

e la perforazione. L’ostruzione è il risultato delle lesioni croniche<br />

fibrosanti, che alla fine restringono il lume intestinale causando<br />

ostruzioni parziali o quasi complete. Perforazioni libere nella<br />

cavità addominale con conseguente peritonite generalizzata in<br />

pazienti con malattia di Crohn possono avvenire, ma sono un<br />

evento raro. Più comunemente si sviluppano fistole tra la zona<br />

della perforazione e gli organi adiacenti, quali tratti del piccolo e<br />

grosso intestino, la vescica, la vagina, lo stomaco e a volte la cute,<br />

spesso in corrispondenza di una pregressa laparotomia. Nelle vicinanze<br />

del tratto perforato possono formarsi anche raccolte ascessuali.<br />

I pazienti con colite di Crohn possono sviluppare un megacolon<br />

tossico e presentarsi con una marcata dilatazione del colon,<br />

dolorabilità addominale, febbre e leucocitosi.<br />

Figura <strong>44</strong>-19. Aspetti microscopici della malattia di<br />

Crohn. A, Infiammazione transmurale. B, Ulcerazioni<br />

(v. freccia). C, Granuloma non caseificato localizzato<br />

negli strati muscolari del piccolo intestino (v. freccia).<br />

(Da A a C, per gentile concessione di Mary R.<br />

Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).


Una malattia di Crohn di lunga durata favorisce lo sviluppo di tumori<br />

sia del piccolo che del grosso intestino 56, 125 .Il rischio relativo di<br />

sviluppare un adenocarcinoma dell’intestino tenue è di almeno cento<br />

volte superiore a quello dei soggetti sani di controllo. Questi carcinomi<br />

si sviluppano tipicamente nell’ileo, sede della malattia cronica,<br />

e vengono nella maggior parte dei casi diagnosticati in stadi avanzati<br />

con una prognosi negativa. Anche se il rischio relativo di sviluppare<br />

un tumore del piccolo intestino è piuttosto alto, il rischio assoluto<br />

resta contenuto. Di maggior interesse è lo sviluppo di un tumore<br />

colorettale in pazienti con localizzazione colica e una malattia di<br />

lunga durata. Benché il rischio di cancro sia inferiore nei pazienti con<br />

malattia di Crohn rispetto a quelli con colite ulcerosa estesa, dati recenti<br />

indicano che a parità di durata e di estensione anatomica della<br />

malattia, il rischio di cancro nella malattia di Crohn colica è alto almeno<br />

quanto quello della colite ulcerosa. La displasia rappresenta la<br />

lesione precoce per i tumori associati alla malattia di Crohn. Benché<br />

la sequenza displasia-carcinoma non sia stata così ampiamente studiata<br />

come nella colite ulcerosa, i pazienti con malattia di Crohn di<br />

lunga durata dovrebbero essere sottoposti ad un regime di sorveglianza<br />

endoscopica di intensità pari a quello dei pazienti con colite<br />

ulcerosa estesa. Tumori extraintestinali, quali il carcinoma squamocellulare<br />

della vulva e del canale anale e i linfomi di Hodgkin e non<br />

Hodgkin possono presentarsi con maggiore frequenza nei pazienti<br />

con malattia di Crohn.<br />

La malattia perianale (ragadi, fistole, stenosi o ascessi) è comune e<br />

colpisce il 25% dei pazienti con malattia limitata al piccolo intestino,<br />

il 41% dei pazienti con malattia ileocolica e il 48% dei pazienti con<br />

interessamento colico. La malattia perianale può essere l’unica caratteristica<br />

di presentazione della malattia nel 5% dei pazienti e può<br />

precedere di mesi o perfino di anni una localizzazione intestinale,<br />

tanto che una malattia di Crohn dovrebbe essere sempre sospettata<br />

in ogni paziente con fistole perianali multiple e recidivanti.<br />

Nel 30% dei pazienti possono essere presenti manifestazioni extraintestinali<br />

della malattia (Tabella <strong>44</strong>-4). I sintomi più comuni sono<br />

le lesioni cutanee, incluso l’eritema nodoso e il pioderma gangrenoso,<br />

l’artrite e le artralgie, l’uveite e l’irite, l’epatite e la pericolangite<br />

e la stomatite aftosa. Inoltre, in questi pazienti possono comparire<br />

l’amiloidosi, una pancreatite e una sindrome nefrosica. Questi sintomi<br />

possono precedere, accompagnare o avere un decorso indipendente<br />

dalla malattia di base.<br />

Diagnosi<br />

La diagnosi di malattia di Crohn dovrebbe essere presa in considerazione<br />

nei pazienti con episodici cronici di dolore addominale ricorrente,<br />

diarrea e perdita di peso. Le modalità diagnostiche comunemente<br />

usate sono costituite dagli esami con mezzo di contrasto baritato<br />

e dall’endoscopia. Gli esami radiologici con il bario del piccolo<br />

TABELLA <strong>44</strong>-4. Manifestazioni extraintestinali della malattia<br />

di Crohn<br />

Cute Fegato<br />

Eritema multiforme Lesioni non specifiche<br />

Eritema nodoso Colangite sclerosante<br />

Pioderma gangrenoso Rene<br />

Occhi<br />

Irite<br />

Uveite<br />

Sindrome nefrosica<br />

Amiloidosi<br />

Pancreas<br />

Congiuntivite<br />

Pancreatite<br />

Articolazioni<br />

Generale<br />

Artrite periferica<br />

Spondilite anchilosante<br />

Amiloidosi<br />

Sangue<br />

Anemia<br />

Trombocitosi<br />

Flebotrombosi<br />

Trombosi arteriosa<br />

INTESTINO TENUE 891<br />

Figura <strong>44</strong>-20. Lastra dell’intestino tenue di un paziente con malattia di Crohn<br />

che dimostra un restringimento dell’ileo distale (v. frecce) secondario a infiammazione<br />

cronica e fibrosi. (Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber,<br />

M.D., The University of Texas Medical Branch).<br />

intestino evidenziano una serie di caratteristiche tipiche della malattia,<br />

quali l’aspetto ad acciottolato della mucosa formato da ulcerazioni<br />

lineari, profonde lesioni trasversali e fissurazioni. L’ileo terminale<br />

stenotico per un lungo tratto (il segno della stringa di Kantor)<br />

può essere presente nelle malattie di lunga durata (Fig. <strong>44</strong>-20). L’intestino<br />

malato appare coinvolto in modo segmentario e irregolare e<br />

possono essere presenti fistole tra anse intestinali ed organi adiacenti<br />

(Fig. <strong>44</strong>-21). La TAC può essere utile per evidenziare un marcato<br />

ispessimento transmurale e può essere anche di grande aiuto nella<br />

diagnosi delle complicanze extramurali della malattia (Fig. <strong>44</strong>-22).<br />

L’ecografia ha un valore limitato nei pazienti con malattia di Crohn,<br />

ma può essere utile nella valutazione di un dolore in fossa iliaca destra<br />

non ancora diagnosticato. In presenza di un coinvolgimento del<br />

colon una sigmoidoscopia o una colonscopia possono mettere in evidenza<br />

le caratteristiche ulcere aftose con granularità, circondate da<br />

una mucosa apparentemente normale. Col progredire e l’aggravarsi<br />

della malattia, le ulcerazioni si estendono nel lume intestinale rendendo<br />

difficoltosa una diagnosi differenziale con la colite ulcerosa.<br />

Tuttavia, la presenza di ulcere separate e dall’aspetto ad acciottolato,<br />

così come il coinvolgimento discontinuo dei segmenti intestinali, favorisce<br />

la diagnosi di malattia di Crohn. Il superamento della valvola<br />

ileo-ciecale in corso di colonscopia consente di esaminare e di eseguire<br />

biopsie dell’ileo terminale.<br />

La diagnosi differenziale di malattia di Crohn comprende sia cause<br />

specifiche che aspecifiche di infiammazione intestinale. Le infiammazioni<br />

batteriche, come quelle causate dalla Salmonella e dalla Shigella,<br />

dalla tubercolosi intestinale e da protozoi, quali l’amebiasi, possono<br />

esordire con un’ileite. Nel paziente immunocompromesso sono<br />

diventate più comuni, e possono essere causa di un’ileite, alcune infezioni<br />

rare, in particolare da micobatteri e citomegalovirus. Un’ileite<br />

distale acuta può essere una manifestazione precoce di una malattia<br />

di Crohn, ma può anche essere causata da agenti batterici (e.g.:<br />

Campylobacter o Yersinia). I pazienti spesso si presentano con caratteristiche<br />

simili a quelli con appendicite acuta, con un improvviso<br />

dolore in fossa iliaca destra, nausea, vomito e febbre, che possono risolversi<br />

spontaneamente e se viene effettuato un intervento chirurgico<br />

spesso non è necessario eseguire biopsie o resezioni.


892 ADDOME<br />

Figura <strong>44</strong>-21. Malattia di Crohn complicata con multipli e corti tratti fistolosi tra<br />

le anse dell’ileo distale e il colon prossimale (v. frecce). (Per gentile concessione<br />

di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch; adattata<br />

da Evers BM, Townsend CM Jr, Thompson JC: Small intestine. In Schwartz<br />

SI [ed]: Principles of Surgery, 7th ed. New York, Mc Graw-Hill, 1999, p. 1233.<br />

Con il permesso di Mc Graw-Hill Companies).<br />

In molti casi la malattia di Crohn del colon può essere facilmente<br />

distinta dalla colite ulcerosa; tuttavia nel 5-10% dei pazienti la diagnosi<br />

differenziale può risultare difficile se non impossibile (Tab. <strong>44</strong>-<br />

5). La colite ulcerosa colpisce quasi sempre il retto in modo severo,<br />

con una graduale riduzione dell’infiammazione dal retto alla regione<br />

ileocolica. Al contrario la malattia di Crohn può essere più grave<br />

nel colon destro rispetto al sinistro e a volte il retto è risparmiato. La<br />

colite ulcerosa inoltre presenta un coinvolgimento ininterrotto dal<br />

retto ai segmenti prossimali, mentre la malattia di Crohn è caratteristicamente<br />

segmentaria. Benché la colite ulcerosa colpisca la mucosa<br />

del grosso intestino, non si estende negli strati più profondi della parete<br />

intestinale, come invece accade alla malattia di Crohn. Il sanguinamento<br />

è un sintomo più comune nella colite ulcerosa, mentre il<br />

coinvolgimento perianale e le fistole retto-vaginali sono più comuni<br />

Figura <strong>44</strong>-22. TAC di un paziente con malattia di Crohn che dimostra un marcato<br />

ispessimento dell’intestino (v. frecce) con ostruzione parziale del piccolo intestino<br />

di alto grado e dilatazione dell’intestino prossimale. (Per gentile concessione<br />

di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch;<br />

adattata da Evers BM, Townsend CM Jr, Thompson JC: Small intestine. In<br />

Schwartz SI [ed]: Principles of Surgery, 7th ed. New York, Mc Graw-Hill, 1999,<br />

p. 1233. Con il permesso di Mc Graw-Hill Companies).<br />

TABELLA <strong>44</strong>-5. Diagnosi differenziale tra la malattia di Crohn e<br />

la colite ulcerosa<br />

Osservazioni Colite da malattia di Crohn Colite ulcerosa<br />

Segni e sintomi<br />

Diarrea Comune Comune<br />

Sanguinamento Poco comune Quasi sempre<br />

rettale<br />

Dolore addominale Da moderati a gravi Da minimi a moderati<br />

(crampi)<br />

Massa palpabile A volte Assente (a meno che<br />

non vi sia un grosso<br />

tumore)<br />

Dolori anali Frequente Poco frequente<br />

(>50%) (


potenziale tossicità questi farmaci si sono dimostrati relativamente sicuri<br />

in questi pazienti e gli effetti collaterali riscontrati più comunemente<br />

sono stati: la pancreatite, l’epatite, la febbre e le eruzioni cutanee.<br />

Le implicazioni più gravi di questi immunosoppressori riguardano<br />

la soppressione del midollo osseo e il rischio di sviluppare neoplasie.<br />

Tra gli agenti immunosoppressori che sono stati utilizzati con efficacia<br />

vi sono: il metotrexate, la ciclosporina e il tacrolimus (FK-506).<br />

La terapia forse più promettente emersa negli ultimi anni è l’introduzione<br />

di trattamenti immunomodulatori utilizzando citochine<br />

e anticitochine 74, 141a . Finora gli anticorpi monoclonali diretti contro<br />

il TNF-α sembrano i più promettenti, con studi clinici preliminari<br />

che hanno dimostrato un rapido controllo della malattia attiva, riparazione<br />

tissutale e una potenziale remissione 50 .Un recente studio ha<br />

evidenziato che l’Infliximab (noto in precedenza come cA2), un anticorpo<br />

chimerico monoclonale diretto contro il TNF-α, è efficace e<br />

sicuro nel trattamento della malattia di Crohn moderata o severa,<br />

avendo favorito la chiusura delle fistole nel 46% dei pazienti, in confronto<br />

al 13% dei pazienti che ricevevano il placebo 101 .Risultati iniziali<br />

incoraggianti si sono anche ottenuti utilizzando la citochina anti-infiammatoria<br />

IL-10 89 .In un recente studio multicentrico randomizzato<br />

si è riscontrato che l’IL-10 dava un miglioramento significativo<br />

dello stato clinico nel 46% dei pazienti rispetto al 19% dei soggetti<br />

di controllo trattati con placebo. Altri agenti terapeutici in corso<br />

di valutazione sono gli antagonisti del recettore dell’IL-1, l’interferone<br />

α, anticorpi anti-CD4 e varie terapie immunomodulatorie.<br />

Benché i risultati preliminari con l’anti-TNF-α e l’IL-10 siano incoraggianti,<br />

il ruolo futuro di questi agenti nel trattamento della malattia<br />

di Crohn deve ancora essere completamente definito.<br />

Alcuni antibiotici si sono dimostrati efficaci nella terapia primaria<br />

della malattia di Crohn. L’antibiotico più usato è il metronidazolo,<br />

che in alcuni studi si è dimostrato in grado di ridurre significativamente<br />

l’attività della malattia. Tra gli altri antibiotici utilizzati<br />

con risultati variabili vi sono la ciprofloxacina, la tetraciclina,<br />

l’ampicillina e la clindamicina. Il meccanismo di azione degli antibiotici<br />

sulla malattia di Crohn non è chiaro e i loro effetti collaterali<br />

ne precludono un uso prolungato.<br />

La terapia nutrizionale nei pazienti affetti da malattia di Crohn è<br />

stata utilizzata con successi variabili. L’utilizzo di diete elementari bilanciate<br />

chimicamente ha dimostrato in alcuni studi di ridurre l’attività<br />

della malattia particolarmente in quei pazienti con malattia localizzata<br />

al piccolo intestino 96 .Diete liquide polimeriche possono<br />

avere lo stesso effetto della nutrizione elementare e sono più accettate<br />

dai pazienti. Con poche eccezioni le diete elementari standard non<br />

si sono dimostrate efficaci nel mantenimento della remissione della<br />

malattia. Anche la nutrizione parenterale totale (NPT) si è dimostrata<br />

utile nei pazienti con malattia attiva; tuttavia, il tasso di complicanze<br />

è superiore a quello della nutrizione enterale. Benché un ruolo<br />

primario della terapia nutrizionale sia discutibile nei pazienti con<br />

malattia infiammatoria intestinale, vi è sicuramente un suo ruolo secondario<br />

nel rifornire le scorte di fattori nutrizionali, per favorire la<br />

sintesi proteica e la cicatrizzazione intestinale, e per preparare i pazienti<br />

all’intervento chirurgico.<br />

TRATTAMENTO CHIRURGICO<br />

Sebbene la terapia medica sia indicata nel corso degli attacchi acuti<br />

della malattia di Crohn, la maggior parte dei pazienti necessita di un<br />

intervento chirurgico nel corso della propria storia clinica. Nei pazienti<br />

con una malattia che dura da più di 20 anni il National Cooperative<br />

Crohn’s Disease Study ha riportato una probabilità cumulativa<br />

di essere sottoposti ad intervento chirurgico del 78% 121 .Le indicazioni<br />

ad un intervento sono limitate alle complicanze quali l’ostruzione<br />

intestinale, la perforazione con formazione di fistole o<br />

ascessi, le perforazioni libere, i sanguinamenti gastrointestinali, le<br />

complicanze urologiche, la degenerazione neoplastica e la malattia<br />

perianale 83 .I bambini con malattia di Crohn che condizioni sintomi<br />

sistemici, quali il ritardo della crescita, possono trarre beneficio da<br />

una resezione. Le complicanze extraintestinali, benché non costituiscano<br />

un’indicazione primaria all’intervento, spesso si riducono dopo<br />

la resezione del tratto intestinale malato, ad eccezione della spondilite<br />

anchilosante e delle complicanze epatiche.<br />

La terapia chirurgica nei pazienti con malattia di Crohn deve essere<br />

specificatamente rivolta a risolvere la complicanza e solo il seg-<br />

INTESTINO TENUE 893<br />

mento di intestino malato dovrebbe essere resecato 43 ,anche in presenza<br />

di aree di intestino adiacenti macroscopicamente malate che<br />

andrebbero ignorate. Nei primi tempi della terapia chirurgica della<br />

malattia di Crohn i chirurghi tendevano ad eseguire ampie resezioni<br />

nella speranza di curare o di indurre una remissione significativa.<br />

Tuttavia, ampie resezioni ripetute non davano risultati migliori in<br />

termini di cura o remissione e causavano una sindrome da intestino<br />

corto, che è una complicanza chirurgica molto grave. Esami estemporanei<br />

dei margini di resezione per valutare la presenza microscopica<br />

della malattia non sono affidabili e non sono raccomandati.<br />

Quindi, il trattamento chirurgico di una complicanza dovrebbe limitarsi<br />

al segmento intestinale coinvolto, tralasciando ogni tentativo di resecare<br />

tratti più ampi di intestino, anche in presenza di malattia macroscopicamente<br />

evidente.<br />

Il ruolo della chirurgia laparoscopica nei pazienti con malattia di<br />

Crohn non è stato ancora chiaramente definito. In pazienti attentamente<br />

selezionati, ad esempio quelli con ascessi localizzati, fistole intraddominali<br />

semplici e recidive perianastomotiche, questa tecnica<br />

appare praticabile e sicura 94 .Tuttavia, in questa malattia il vantaggio<br />

della chirurgia laparoscopica rispetto alla chirurgia tradizionale non<br />

è ancora stato chiarito. Saranno necessari studi clinici randomizzati<br />

per valutare il potenziale ruolo della chirurgia laparoscopica nel trattamento<br />

dei pazienti con malattia di Crohn.<br />

Trattamento chirurgico di problemi specifici<br />

ILEITE ACUTA<br />

I pazienti possono presentarsi con dolore addominale acuto localizzato<br />

in fossa iliaca destra e con segni e sintomi compatibili con la diagnosi<br />

di appendicite acuta. All’esplorazione, l’appendice viene trovata normale,<br />

ma l’ileo terminale è edematoso, arrossato, con meso ispessito e<br />

linfonodi ingranditi. Questa condizione, nota come ileite acuta, è una<br />

malattia autolimitante che può essere la manifestazione precoce di una<br />

malattia di Crohn ma spesso non è ad essa correlata. Agenti batterici come<br />

il Campylobacter o la Yersinia possono essere la causa di una ileite<br />

acuta e in questo caso la resezione dovrebbe essere evitata. Benché nel<br />

passato il trattamento dell’appendice fosse controverso, oggi si ritiene<br />

che anche in assenza di un’infiammazione acuta dell’appendice o del<br />

cieco si debba eseguire comunque l’appendicectomia. Questa soluzione<br />

esclude una causa appendicolare di futuri dolori addominali.<br />

OSTRUZIONE<br />

L’ostruzione intestinale costituisce l’indicazione più comune per il<br />

trattamento chirurgico di pazienti con malattia di Crohn. Essa è spesso<br />

parziale e inizialmente può essere più indicato un trattamento conservativo.<br />

L’intervento si rende necessario in caso di ostruzione completa<br />

o in pazienti con ostruzione parziale che non hanno beneficio dal<br />

trattamento conservativo. La procedura di scelta nelle ostruzioni intestinali<br />

da malattia di Crohn è la resezione segmentaria con rianastomosi<br />

diretta, che può interessare una piccola porzione di tenue qualora<br />

essa sia la sede della complicanza. Più comunemente è coinvolto il<br />

cieco in continuità con l’ileo terminale e in questo caso si rende necessaria<br />

la resezione dell’ileo terminale e del cieco coinvolti con successiva<br />

anastomosi tra ileo e colon ascendente o trasverso (Fig. <strong>44</strong>-23).<br />

In pazienti selezionati con un’ostruzione causata da stenosi (sia<br />

singole che multiple), una valida opzione è quella di eseguire una<br />

stricturoplastica che allarghi efficacemente il lume evitando la resezione<br />

intestinale 128 . La stricturoplastica viene confezionata eseguendo<br />

un’enterotomia longitudinale lungo la zona di intestino<br />

stenotica, seguita poi da una chiusura della parete in senso trasversale<br />

in modo simile alla piloroplastica di Heineke-Mikulicz (Fig.<br />

<strong>44</strong>-24A). Per segmenti intestinali malati più lunghi (>10 cm di lunghezza)<br />

la stricturoplastica può essere eseguita in modo simile ad<br />

una piloroplastica secondo Finney (Fig. <strong>44</strong>-24B). Le maggiori applicazioni<br />

delle stricturoplastiche si hanno in quei pazienti in cui<br />

sono presenti corte stenosi multiple in un lungo tratto di intestino,<br />

in quei pazienti sottoposti in precedenza a numerose resezioni del<br />

piccolo intestino e nelle zone stenotiche causate da un’ostruzione<br />

fibrotica piuttosto che da un’infiammazione acuta. Queste procedure,<br />

oltre a risparmiare l’intestino, sono associate a tassi di complicanze<br />

e di recidive paragonabili a quelli delle resezioni.


894 ADDOME<br />

Figura <strong>44</strong>-23. Resezione dell’ileo, della valvola ileociecale, del cieco e del colon<br />

ascendente per malattia di Crohn ileale. La continuità intestinale viene ripristinata<br />

con un’anastomosi termino-terminale.<br />

In passato erano comunemente utilizzate le tecniche di by-pass intestinale,<br />

ma attualmente queste procedure vengono usate solo nei<br />

pazienti anziani con rischio operatorio elevato; in pazienti che hanno<br />

subito in precedenza numerose resezioni e non potrebbero sopportare<br />

la perdita di altro intestino; in pazienti in cui una resezione<br />

comporterebbe l’attraversamento di un ascesso o metterebbe in pericolo<br />

strutture sane.<br />

A<br />

B<br />

FISTOLE<br />

Nei pazienti affetti da malattia di Crohn le fistole sono relativamente<br />

comuni e normalmente sono dirette verso anse intestinali adiacenti al<br />

segmento malato, verso il colon o altre strutture circostanti (e.g.: la<br />

vescica). La presenza di una fistola entero-enterica dimostrabile radiologicamente,<br />

in assenza di segni di sepsi o di altre complicanze,<br />

non costituisce di per sé un’indicazione all’intervento chirurgico. Tuttavia,<br />

molti di questi pazienti verranno eventualmente sottoposti ad<br />

una resezione qualora la malattia progredisse e i pazienti avessero un<br />

peggioramento progressivo dei dolori addominali. Possono svilupparsi<br />

anche fistole entero-cutanee, ma queste sono raramente spontanee<br />

e più frequentemente sono la conseguenza di una resezione chirurgica<br />

o del drenaggio di un ascesso intra-addominale. In linea di<br />

massima, le fistole entero-cutanee dovrebbero essere trattate con l’escissione<br />

del tragitto fistoloso unitamente al segmento intestinale malato,<br />

eseguendo poi un’anastomosi intestinale diretta. Se la fistola<br />

coinvolge due o più anse adiacenti di intestino malato i segmenti interessati<br />

dovrebbero essere asportati. In alternativa, se la fistola coinvolge<br />

un organo sano adiacente, come la vescica o il colon, dovrebbero<br />

essere resecati solo il segmento di piccolo intestino malato e il tramite<br />

fistoloso, mentre la lesione sull’organo sano andrebbe semplicemente<br />

richiusa. La maggior parte dei pazienti con fistola tra ileo e sigma<br />

non necessitano di una resezione di sigma perché di solito la malattia<br />

è confinata al piccolo intestino. Tuttavia, se il tratto di sigma appare<br />

anch’esso interessato da malattia di Crohn dovrebbe essere resecato<br />

insieme al segmento di intestino tenue malato.<br />

PERFORAZIONI LIBERE<br />

A volte possono verificarsi perforazioni libere nella cavità addominale,<br />

ma non si tratta di un evento comune nei pazienti con malattia di<br />

Figura <strong>44</strong>-24. A, Tecnica di breve stricturoplastica simile alla<br />

piloroplastica di Heineke-Mikulicz. B, Per segmenti malati<br />

di maggiore lunghezza, la stricturoplastica può essere eseguita<br />

in modo simile ad una piloroplastica di Finney. (A e B,<br />

adattata con il permesso di Alexander-Williams J, Haynes<br />

IG: Up-to-date management of small-bowel Crohn’s disease.<br />

Adv. Surg. 1987, St. Louis: Mosby, 1987, pp. 245-264).


Crohn. Quando avvengono, il segmento di intestino coinvolto andrebbe<br />

resecato e, in presenza di una contaminazione minima, può essere<br />

eseguita un’anastomosi intestinale diretta. In presenza di una peritonite<br />

generalizzata un’opzione più sicura è costituita dall’esecuzione di<br />

una enterostomia, mantenuta fino alla completa risoluzione del quadro<br />

settico intra-addominale e poi seguita da una ricanalizzazione.<br />

SANGUINAMENTI GASTROINTESTINALI<br />

Sebbene l’anemia da sanguinamento cronico sia comune nei pazienti<br />

con malattia di Crohn, le emorragie gravi del tratto gastrointestinale<br />

sono rare. L’incidenza delle emorragie è più alta nei pazienti con<br />

malattia colica rispetto a quelli con localizzazione al piccolo intestino.<br />

Come per le altre complicanze, il segmento coinvolto andrebbe<br />

resecato eseguendo poi un’anastomosi intestinale diretta. L’esecuzione<br />

di un’arteriografia può essere utile per localizzare il sanguinamento<br />

pre-operatoriamente.<br />

COMPLICANZE UROLOGICHE<br />

La complicanza urologica più frequente è l’ostruzione ureterale, che<br />

normalmente è secondaria a una malattia ileocolica con un ascesso<br />

retroperitoneale. Nella maggior parte dei casi è sufficiente il trattamento<br />

chirurgico del problema intestinale primitivo, ma in alcuni<br />

casi di malattia infiammatoria di lunga durata può essere presente<br />

una fibrosi periureterale che rende necessaria una ureterolisi.<br />

CANCRO<br />

I pazienti con malattia di Crohn di lunga durata del piccolo intestino,<br />

e in particolare del colon, hanno un’aumentata incidenza di cancro.<br />

Il trattamento di questi pazienti è analogo a quello dei pazienti<br />

affetti da neoplasia (i.e.: resezione del tumore con margini appropriati<br />

e linfoadenectomia regionale), ma normalmente hanno una<br />

prognosi peggiore, principalmente a causa del fatto che la diagnosi in<br />

questi casi avviene tardivamente.<br />

MALATTIA COLORETTALE<br />

Gli stessi princìpi validi per i pazienti affetti da malattia di Crohn localizzata<br />

all’intestino tenue sono validi anche per coloro che hanno una<br />

localizzazione colica; ovvero la resezione chirurgica andrebbe limitata<br />

al solo segmento causa della complicanza <strong>44</strong> .Le indicazioni alla chirurgia<br />

comprendono la mancata risposta alla terapia medica, o le complicanze<br />

della colite di Crohn, che sono l’ostruzione, l’emorragia, la perforazione<br />

e il megacolon tossico. A seconda del segmento interessato gli<br />

interventi che vengono normalmente eseguiti sono la colectomia segmentaria<br />

con anastomosi colo-colica, la colectomia sub totale con anastomosi<br />

ileo-rettale e, in pazienti con grave malattia perianale e rettale,<br />

la colectomia totale con ileostomia terminale secondo Brooke. I pazienti<br />

con megacolon tossico dovrebbero essere sottoposti a colectomia<br />

con chiusura e affondamento del retto distale ed ileostomia terminale.<br />

Un problema particolarmente complesso dopo la proctocolectomia<br />

nei pazienti con malattia di Crohn riguarda il ritardo nella guarigione<br />

della ferita perianale. Molti studi hanno riportato che dal 25 al 60%<br />

delle ferite perianali sono ancora aperte sei mesi dopo l’intervento. Le<br />

ferite in cui persiste la mancata guarigione necessitano di escissione<br />

seguita da chiusura per seconda intenzione. Grandi cavità o fissurazioni<br />

possono essere riempite utilizzando lembi muscolari ben vascolarizzati<br />

(muscoli gracile, semimembranoso, retto dell’addome), l’omento,<br />

oppure lembi muscolo-cutanei dal gluteo inferiore <strong>44</strong> .<br />

Benché il punto resti controverso, gli interventi che mantengono<br />

la continenza, quali l’anastomosi ileo-anale con pouch o la ileostomia<br />

continente (pouch di Kock), normalmente utilizzati nei pazienti<br />

con colite ulcerosa, non sono raccomandati nei pazienti con colite<br />

di Crohn; ciò a causa dell’alto tasso di recidiva di malattia a livello<br />

della pouch con fistole anastomotiche e ascessi peripouch.<br />

MALATTIA PERIANALE<br />

La malattia perianale è principalmente caratterizzata dalla presenza<br />

di ragadi e fistole, che sono molto comuni nei pazienti con malattia<br />

di Crohn e in particolare tra quelli con localizzazione colica. Il trattamento<br />

di questa patologia dovrebbe essere conservativo e antibiotici<br />

ed agenti immunosoppressori sono stati utilizzati con vario successo.<br />

Risultati iniziali incoraggianti, ma che necessitano di ulteriori<br />

INTESTINO TENUE 895<br />

conferme, sono stati ottenuti utilizzando, in pazienti con fistole entero-cutanee<br />

e perianali, l’anticorpo anti-TNF-α Infliximab 101 .Ampie<br />

escissioni di ascessi e fistole non sono indicate e sono preferibili<br />

interventi conservativi quali il posizionamento di drenaggi e di setoni<br />

non taglienti 67 . La fistulotomia è indicata nella maggior parte dei<br />

pazienti, anche se va tenuto presente che può instaurarsi un certo<br />

grado di stenosi anale come conseguenza dell’infiammazione cronica.<br />

Le ragadi sono normalmente laterali, relativamente indolori, larghe,<br />

non guariscono spontaneamente ma normalmente rispondono<br />

bene al trattamento conservativo. Gli ascessi dovrebbero essere drenati,<br />

senza tuttavia eseguire ampie asportazioni di tessuto. In alcuni<br />

casi può essere necessario l’utilizzo di lembi di avanzamento per la<br />

chiusura delle fistole perianali. Il confezionamento di stomie escludenti<br />

combinato ad una terapia medica ottimale ha dato buoni risultati<br />

nell’indurre una remissione dell’infiammazione. La proctectomia<br />

è raramente necessaria in gruppi selezionati di pazienti che<br />

presentano una malattia persistente e recidivante, nonostante il trattamento<br />

medico conservativo e il trattamento chirurgico.<br />

MALATTIA DUODENALE<br />

La malattia di Crohn del duodeno colpisce circa il 2-4% dei pazienti.<br />

Il trattamento chirurgico è infrequente e l’indicazione primaria<br />

consiste in un’ostruzione duodenale che non risponde alla terapia<br />

medica. La procedura di scelta è la gastro-digiunostomia per bypassare<br />

la sede della malattia piuttosto che non la resezione duodenale.<br />

In pazienti selezionati sono anche state utilizzate con successo le<br />

stricturoplastiche.<br />

Prognosi<br />

Gli interventi chirurgici per malattia di Crohn non sono curativi, tuttavia<br />

offrono ai pazienti una risoluzione significativa dei sintomi. Molti<br />

studi riportano elevati tassi di recidiva 154 , ma è importante tuttavia<br />

fare attenzione alla definizione che viene usata per la recidiva. L’evidenza<br />

di una recidiva endoscopica è presente in circa il 70% dei pazienti<br />

entro un anno dall’intervento chirurgico e nell’85% entro tre<br />

anni, ma molte di queste recidive sono asintomatiche. Tuttavia, se si<br />

considera unicamente la necessità di un reintervento, i tassi di recidiva<br />

sono solo del 25-30% a cinque anni e del 40-50% a vent’anni. Visto in<br />

prospettiva ciò significa che dopo una prima resezione per malattia di<br />

Crohn circa il 45% dei pazienti necessita di un secondo intervento e di<br />

questi solo il 25% andrà incontro ad un terzo intervento. Pertanto, circa<br />

il 90% dei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per malattia<br />

di Crohn subirà non più di due interventi. Nonostante il rischio di recidiva,<br />

molti pazienti sottoposti ad intervento chirurgico avrebbero<br />

preferito essere operati più precocemente in quanto, se eseguito con le<br />

giuste indicazioni, l’intervento quasi sempre restituisce ai pazienti una<br />

buona qualità di vita. La stragrande maggioranza di questi pazienti riferisce<br />

dopo l’intervento la risoluzione dei sintomi, una sensazione<br />

soggettiva di benessere, la possibilità di mangiare normalmente e una<br />

riduzione della necessità di terapie mediche 83 .<br />

Il tasso standardizzato di mortalità, nei pazienti con malattia di<br />

Crohn, è aumentato in coloro che hanno avuto la diagnosi prima dei<br />

vent’anni o che hanno avuto una durata di malattia superiore ai tredici<br />

anni. Gli studi di sopravvivenza a lungo termine hanno dimostrato<br />

che questi pazienti hanno un tasso di mortalità approssimativamente<br />

2-3 volte maggiore rispetto alla popolazione generale. I tumori<br />

dell’apparato digerente restano la principale causa di morte<br />

correlata alla malattia; altre cause di morte correlate sono la sepsi, le<br />

complicanze tromboemboliche e i disordini elettrolitici.<br />

Enterite tifoide<br />

La febbre tifoide resta un problema importante nei Paesi in via di sviluppo,<br />

principalmente in zone con acque contaminate e un inadeguato<br />

smaltimento dei rifiuti 14 .I bambini e i giovani adulti sono le fasce di<br />

età più colpite. Nei Paesi industrializzati il miglioramento delle condizioni<br />

igienico-sanitarie ha ridotto l’incidenza della febbre tifoide, tuttavia,<br />

negli Stati Uniti vengono riportati tuttora 500 casi all’anno.<br />

L’enterite tifoide è un’infezione acuta sistemica, causata dalla Salmonella<br />

typhosa, che dura diverse settimane. La catena di eventi pa-


896 ADDOME<br />

tologici della febbre tifoide ha inizio nel tubo digerente dopo l’ingestione<br />

per via orale del bacillo. Questi organismi penetrano nella<br />

mucosa dell’intestino tenue diffondendosi rapidamente attraverso<br />

i linfatici per via sistemica. L’iperplasia del sistema reticolo-endoteliale,<br />

inclusi i linfonodi, il fegato e la milza è caratteristica della<br />

febbre tifoide. Le placche di Peyer del piccolo intestino diventano<br />

iperplastiche e possono successivamente ulcerarsi causando<br />

un’emorragia o una perforazione.<br />

La diagnosi di febbre tifoide viene confermata isolando l’organismo<br />

nel sangue (positivo nel 90% dei pazienti durante la prima<br />

settimana di malattia), nel midollo osseo e nelle coprocolture.<br />

Inoltre, il riscontro di alti titoli di aglutinine contro gli antigeni O<br />

ed H sono fortemente indicativi di febbre tifoide. Sono state messe<br />

a punto metodiche per la diagnosi di S. typhosa usando la PCR,<br />

ma sono ancora sperimentali.<br />

Il trattamento della febbre tifoide e dell’enterite tifoide non<br />

complicata viene effettuato mediante somministrazione di antibiotici.<br />

Il cloramfenicolo, l’ampicillina, l’amoxicillina, e il trimetoprim-sulfametossazolo<br />

sono stati tutti utilizzati con buoni risultati.<br />

Inoltre, sono stati anche utilizzati con successo brevi cicli di cefalosporine<br />

di terza generazione.<br />

Le complicanze che necessitano di un possibile trattamento chirurgico<br />

sono l’emorragia e la perforazione 81 .L’incidenza dell’emorragia<br />

è stata riportata in alcuni studi attorno al 20%, ma con la disponibilità<br />

dei trattamenti antibiotici questa percentuale si è ridotta.<br />

Quando avviene l’emorragia una trasfusione è normalmente indicata<br />

e sufficiente, e raramente si rende necessaria una laparotomia per<br />

emorragie gravi e non controllabili. Una perforazione intestinale attraverso<br />

una placca di Peyer ulcerata avviene in circa il 2% dei casi.<br />

Tipicamente, si tratta di una perforazione singola dell’ileo terminale<br />

e la semplice raffia della perforazione costituisce il trattamento di<br />

scelta. Nel caso di perforazioni multiple, che avvengono in circa un<br />

quarto di questi pazienti, può essere necessario effettuare una resezione<br />

con anastomosi diretta o una enterostomia.<br />

Enteriti nel paziente immunocompromesso<br />

La crescente epidemia di AIDS, così come il diffondersi dell’utilizzo<br />

di agenti immunosoppressori a seguito di trapianti di organo, hanno<br />

fatto sì che numerosi agenti patogeni rari ed esotici causassero infezioni<br />

del tratto digerente 122 . La maggior parte dei pazienti con AIDS<br />

ha dei sintomi gastrointestinali nel corso della loro malattia, il più<br />

comune dei quali è la diarrea 27 .Tuttavia, al chirurgo può essere richiesta<br />

la valutazione di un paziente immunocompromesso con dolori<br />

addominali, un evidente quadro di addome acuto o un sanguinamento<br />

gastrointestinale; numerosi organismi quali protozoi, batteri,virus<br />

e funghi possono essere alla base di questi disturbi.<br />

Protozoi<br />

I protozoi (e.g.: Cryptosporidium, Isospora e Microsporidium) sono la<br />

categoria di patogeni che causano più frequentemente la diarrea nei pazienti<br />

con AIDS. L’intestino tenue è il tratto più comunemente colpito<br />

dall’infezione. La diagnosi viene spesso effettuata con colorazioni acide<br />

rapide delle feci o delle secrezioni duodenali. I sintomi sono comunemente<br />

collegati alla diarrea, che può risultare a tratti intrattabile. Gli attuali<br />

protocolli di trattamento non sono completamente efficaci.<br />

Batteri<br />

Le infezioni da entero-batteri sono più frequenti e più virulente negli<br />

individui infetti con virus dell’immunodeficienza umana rispetto<br />

agli individui sani. La Salmonella, la Shigella e il Campylobacter sono<br />

associati ad un più alto tasso di batteriemia e di antibiotico resistenza<br />

nei pazienti immunocompromessi. La diagnosi di Shigella o Salmonella<br />

può essere effettuata sulla base della coprocoltura, che può<br />

invece risultare spesso negativa per il Campylobacter, la cui diagnosi<br />

può essere più difficile. Queste infezioni intestinali si manifestano<br />

clinicamente con febbre alta, dolori addominali (che possono mimare<br />

un addome acuto) e diarrea con possibili perdite di sangue. La batteriemia<br />

può essere trattata con la somministrazione di antibiotici<br />

per via sistemica; la ciprofloxacina è una scelta da prendere in considerazione<br />

in caso di microorganismi multiresistenti.<br />

La diarrea causata da Clostridium difficile è più comune tra i pazienti<br />

con AIDS a causa del maggior uso di antibiotici in questa popolazione<br />

rispetto agli individui sani. La diagnosi si effettua con il dosaggio<br />

standard dell’enterotossina del C. difficile nelle feci e il trattamento con<br />

il metronidazolo o la vancomicina è normalmente efficace.<br />

Micobatteri<br />

Nel paziente immunocompromesso le infezioni da micobatteri sono<br />

frequentemente causa di enteriti, che possono derivare dal Mycobacterium<br />

tuberculosis o dal Mycobacterium avium complex (MAC), un<br />

micobatterio atipico simile a quello che causa l’adenite cervicale<br />

(scrofula). La normale via di infezione avviene per mezzo della deglutizione<br />

dei microorganismi che penetrano direttamente nella mucosa<br />

intestinale. Il tratto intestinale è spesso coinvolto dal MAC, con<br />

un ispessimento massivo del piccolo intestino prossimale (Fig. <strong>44</strong>-<br />

25). Clinicamente i pazienti con il MAC si presentano con diarrea,<br />

febbre, anoressia e deperimento progressivo.<br />

I tratti intestinali più comunemente colpiti dall’infezione con M.<br />

tuberculosis sono l’ileo distale ed il cieco, interessati nell’85-90% dei<br />

pazienti 2 .L’aspetto macroscopico può essere ulcerativo, ipertrofico o<br />

misto. La parete intestinale si presenta ispessita e spesso una massa<br />

infiammatoria circonda la regione ileociecale, con un evidente stato<br />

infiammatorio che può essere associato a stenosi e fistole. La superficie<br />

sierosa è normalmente ricoperta da numerosi tubercoli e i linfonodi<br />

mesenterici sono frequentemente ingranditi e ispessiti. Il loro<br />

esame istopatologico rivela la presenza di necrosi caseosa. La mucosa<br />

è iperemica, edematosa e in alcuni casi ulcerata. All’esame istologico<br />

la lesione patognomonica è il granuloma caseoso, più comunemente<br />

riscontrato nei linfonodi. La maggior parte dei pazienti si lamenta<br />

di un dolore addominale cronico, che può essere aspecifico,<br />

con perdita di peso, febbre e diarrea.<br />

La diagnosi di un’infezione da micobatteri si fonda sull’identificazione<br />

degli organismi nei tessuti, sia per visualizzazione diretta con<br />

colorazioni acide rapide, che per coltura del tessuto asportato, oppure<br />

con tecniche di PCR. Gli esami radiografici normalmente eviden-<br />

Figura <strong>44</strong>-25. Lastra con il bario in paziente con AIDS che mostra ispessimento<br />

delle pliche intestinali compatibile con enterite secondaria a micobatteri<br />

atipici. (Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University<br />

of Texas Medical Branch).


ziano una mucosa ispessita con distruzione delle pliche mucose e ulcerazioni,<br />

mentre la TAC può essere utile nel mostrare una valvola<br />

ileociecale e un cieco ispessisti.<br />

Il trattamento del M. tuberculosis è simile nei pazienti immunocompromessi<br />

e non, essendo normalmente sensibile alla terapia antimicobatterica<br />

multifarmacologica. La terapia delle infezioni da<br />

MAC è in evoluzione e i farmaci utilizzati con successo in vivo ed in<br />

vitro sono l’amicacina, la ciprofloxacina, la cicloserina e l’etionamide.<br />

Anche la claritromicina è stata usata con successo in combinazione<br />

con altri agenti. Nella tubercolosi intestinale, in particolare da M.<br />

tuberculosis, può essere necessario un intervento chirurgico le cui indicazioni<br />

più tipiche sono le ostruzioni e le fistole; tuttavia molte fistole<br />

rispondono ai moderni schemi terapeutici di trattamento medico.<br />

Quanto alle complicanze ulcerative, l’intervento può rendersi<br />

necessario in caso di perforazione libera, di perforazione con ascesso<br />

o emorragia massiva. Il trattamento di scelta consiste di solito nella<br />

resezione con anastomosi diretta.<br />

Virus<br />

Il citomegalovirus (CMV) è la causa virale più frequente di diarrea<br />

nel paziente immunocompromesso. Le manifestazioni cliniche sono<br />

costituite da diarrea intermittente associata a febbre, perdita di peso<br />

e dolori addominali. Le manifestazioni intestinali dell’infezione da<br />

CMV derivano dalle ulcerazioni ischemiche della mucosa che sono<br />

alla base dell’alto tasso di perforazioni associate al CMV. A causa delle<br />

diffuse ulcerazioni del tratto intestinale, i pazienti possono presentarsi<br />

con dolori addominali, peritonite o ematochezia. La diagnosi<br />

di infezione da CMV si fonda sulla dimostrazione delle inclusioni<br />

virali, la più caratteristica delle quali è un’inclusione intranucleare<br />

spesso circondata da un alone che causa un aspetto a “occhio di<br />

gufo”, ma possono essere presenti anche inclusioni citoplasmatiche<br />

(Fig. <strong>44</strong>-26). Le colture per il CMV sono normalmente positive<br />

quando sono presenti le inclusioni, ma sono meno sensibili e meno<br />

specifiche dell’esame istopatologico. Una volta diagnosticata, il trattamento<br />

dell’infezione da CMV si basa sul ganciclovir. Un’alternativa<br />

a questo farmaco è costituita dal foscarnet, un analogo dei pirofosfati<br />

che inibisce la replicazione virale. Sono state riportate anche altre<br />

infezioni virali meno comuni, causate da adenovirus, rotavirus e<br />

da nuovi virus enterici quali gli astrovirus e i picornavirus.<br />

Funghi<br />

Nei pazienti con AIDS sono state riportate infezioni intestinali da<br />

agenti fungini. L’istoplasmosi gastrointestinale avviene nel contesto<br />

Figura <strong>44</strong>-26. Sezione microscopica dell’intestino tenue di paziente con AIDS<br />

affetto da enterite da citomegalovirus. Si notano numerose grosse cellule con inclusioni<br />

intranucleari e inclusioni citoplasmatiche, tipiche del citomegalovirus.<br />

(Per gentile concessione di Mary R. Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).<br />

INTESTINO TENUE 897<br />

di un’infezione sistemica, spesso in associazione con una malattia<br />

polmonare ed epatica. La diagnosi viene effettuata con strisci e colture<br />

fungine su tessuto infetto o sangue. L’infezione viene più comunemente<br />

trattata con la somministrazione di anfotericina B. La coccidioidomicosi<br />

intestinale è un evento raro, e come l’istoplasmosi,<br />

avviene nel contesto di un’infezione sistemica.<br />

NEOPLASIE<br />

Considerazioni generali<br />

Le neoplasie del piccolo intestino sono estremamente rare, nonostante<br />

il tenue costituisca circa l’80% della lunghezza totale del<br />

tratto intestinale e fornisca circa il 90% della superficie mucosa 92,<br />

92a, 108 .Solo il 5% di tutte le neoplasie gastrointestinali e l’1-2% di<br />

tutti i tumori maligni del tubo digerente originano nell’intestino<br />

tenue. Le ragioni di questa ridotta incidenza di tumori, nonostante<br />

la rapida proliferazione della mucosa, sono unicamente speculative,<br />

ma possono includere alcuni fattori quali il transito rapido<br />

del contenuto luminale; l’elevato turn over delle cellule epiteliali<br />

che ridurrebbe l’esposizione ai carcinogeni; l’alcalinità del contenuto<br />

intestinale; la grande quantità di IgA presenti sulla parete e la<br />

bassa carica batterica presente nel lume.<br />

L’età media della comparsa di neoplasie è circa 59 anni, 62 per i tumori<br />

benigni e 57 per le lesioni maligne. In molti studi di popolazione<br />

gli uomini hanno un’incidenza maggiore di tumori del piccolo<br />

intestino rispetto alle donne. Come per altri tumori, l’incidenza<br />

sembra soggetta ad una distribuzione geografica, essendo più elevata<br />

tra i Maori della Nuova Zelanda e gli indigeni Hawaiani 90 e particolarmente<br />

bassa in India, in Romania e in altre regioni dell’Europa<br />

dell’Est. Benché, come precedentemente detto, l’incidenza dei tumori<br />

dell’intestino tenue sia particolarmente bassa, a partire dalla metà<br />

degli anni ’80 sembra essere in aumento, probabilmente a causa della<br />

diffusione dell’AIDS e all’aumento di neoplasie, quali i linfomi,<br />

che colpiscono i soggetti immunocompromessi.<br />

Poiché le lesioni benigne vengono spesso identificate nelle casistiche<br />

autoptiche, l’incidenza delle neoplasie del piccolo intestino<br />

varia considerevolmente 152 .Al contrario, le neoplasie maligne rappresentano<br />

il 75% delle lesioni sintomatiche che portano ad un intervento<br />

chirurgico. Tutto ciò è probabilmente dovuto al fatto che<br />

la maggior parte delle neoplasie benigne è asintomatica e quindi<br />

viene spesso riscontrata in modo accidentale. I tumori benigni più<br />

frequenti sono i leiomiomi e gli adenomi. Le lesioni benigne sembrano<br />

essere più frequenti nell’intestino tenue distale, ciò tuttavia<br />

può essere un dato confondente a causa della brevità del duodeno;<br />

infatti, per unità di superficie i tumori duodenali sono di gran lunga<br />

più frequenti. A seconda degli studi le neoplasie maligne più comuni<br />

sono l’adenocarcinoma o il carcinoide. Gli adenocarcinomi<br />

sono più numerosi nel piccolo intestino prossimale, mentre le altre<br />

lesioni maligne sono più comuni nell’intestino distale. I pazienti<br />

con malattia di Crohn e adenomatosi poliposa familiare hanno un<br />

rischio più alto di sviluppare neoplasie del piccolo intestino rispetto<br />

alla popolazione in generale. Benché la genetica molecolare delle<br />

neoplasie dell’intestino tenue non sia stata completamente caratterizzata,<br />

vengono spesso riscontrate mutazioni del gene K-ras in<br />

modo simile a quanto avviene per i tumori colorettali 7 .<br />

Diagnosi<br />

A causa della natura insidiosa di molte delle neoplasie del piccolo<br />

intestino, per effettuare la diagnosi è necessario che ci sia un forte<br />

sospetto, infatti, in molte casistiche una corretta diagnosi preoperatoria<br />

è fatta soltanto nel 20-50% dei pazienti sintomatici. In una<br />

casistica di pazienti in cui l’intestino prossimale veniva studiato<br />

con un esame seriato con bario, la diagnosi di neoplasia maligna è<br />

stata correttamente effettuata nel 50-70% dei casi (Fig. <strong>44</strong>-27). Il<br />

clisma del tenue sembra una metodica ancora più sensibile con<br />

un’accuratezza diagnostica del 90% circa.<br />

L’endoscopia può essere utile in particolare nella diagnosi delle lesioni<br />

duodenali e spesso il colonscopio è in grado di raggiungere l’ileo<br />

terminale per visualizzare, ed eventualmente biopsiare, tumori<br />

ileali. L’enteroscopia non viene usata routinariamente per la valuta-


898 ADDOME<br />

Figura <strong>44</strong>-27. Lastra con il bario che evidenzia una tipica lesione “a torsolo di<br />

mela” (v. frecce) causata da adenocarcinoma del piccolo intestino, che produce<br />

una parziale ostruzione con dilatazione dell’intestino prossimale. (Per gentile concessione<br />

di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch).<br />

zione delle lesioni del piccolo intestino in quanto questo esame richiede<br />

un tempo di esecuzione di 8 ore e può non essere in grado di<br />

visualizzare l’intero intestino tenue.<br />

Una lastra dell’addome diretto può confermare la presenza di<br />

un’ostruzione, tuttavia, nella maggior parte dei casi non è in grado<br />

di effettuare la diagnosi di neoplasia del piccolo intestino. L’angiografia<br />

è utile nella diagnosi e nella localizzazione dei tumori di<br />

origine vascolare come gli angiomi. La TAC dell’addome può dimostrarsi<br />

particolarmente utile nell’identificazione dei tumori extra-luminali,<br />

come i leiomiomi e i leiomiosarcomi e può fornire<br />

informazioni importanti per la stadiazione dei tumori maligni 16<br />

(Fig. <strong>44</strong>-28). L’ecografia non si è dimostrata efficace nella diagno-<br />

TABELLA <strong>44</strong>-6. Distribuzione delle neoplasie benigne<br />

nel piccolo intestino<br />

si preoperatoria delle neoplasie del piccolo intestino. Nonostante i<br />

sofisticati mezzi diagnostici e le metodiche di immagine, la diagnosi<br />

dei tumori del piccolo intestino viene spesso effettuata solo<br />

al momento dell’esplorazione chirurgica, eseguita sia come procedura<br />

in elezione che in urgenza.<br />

Neoplasie benigne<br />

Numeri (%)<br />

Tipi di neoplasie Duodeno Digiuno Ileo Totale<br />

Adenoma 167 (33) 127 (25) 211 (42) 505<br />

Fibroma 12 (7) 28 (17) 125 (76) 165<br />

Emangioma, linfangioma 18 (8) 99 (47) 95 (45) 212<br />

Pseudolinfoma 0 (0) 1 (17) 5 (83) 6<br />

Leiomioma 86 (19) 188 (41) 180 (40) 454<br />

Schwannoma, 12 (15) 25 (32) 41 (53) 78<br />

neurilemoma<br />

Lipoma 72 (24) 54 (18) 175 (58) 301<br />

Totale 367 (21) 522 (30) 832 (49) 1721<br />

Adattata da Wilson JM, Melvin DB, Gray GF, Thorbjarnarson B: Benign small<br />

bowel tumor. Ann Surg 181 (7):247-250, 1975.<br />

Le neoplasie benigne più comuni sono i leiomiomi, gli adenomi e i<br />

lipomi (Tabella <strong>44</strong>-6). Altre lesioni benigne includono gli amartomi,<br />

i fibromi, gli angiomi, i linfangiomi, i neurofibromi e gli emangiomi.<br />

Gli adenomi sono i tumori benigni più comuni riportati negli studi<br />

autoptici, ma i leiomiomi sono quelli che causano più sintomi.<br />

Manifestazioni cliniche<br />

I sintomi associati alle neoplasie del piccolo intestino sono spesso<br />

molto vaghi e aspecifici e possono comprendere la dispepsia, l’anoressia,<br />

un generale malessere e un dolore addominale sordo (spesso<br />

intermittente e di tipo colico). I sintomi possono essere presenti per<br />

mesi o anni prima dell’intervento chirurgico. La maggior parte dei<br />

pazienti con neoplasie benigne resta asintomatica e le loro neoplasie<br />

vengono diagnosticate in sede autoptica o come reperto collaterale<br />

nel corso di una laparotomia o di un esame radiologico del tubo digerente<br />

prossimale. Nei restanti casi il dolore, più frequentemente<br />

causato da un’ostruzione, è il sintomo più frequentemente riferito.<br />

Spesso l’ostruzione è il risultato di un’intussuscezione e i piccoli tumori<br />

benigni sono la causa più frequente di questo fenomeno nell’a-<br />

Figura <strong>44</strong>-28. TAC dell’addome che mostra una neoplasia del<br />

piccolo intestino (v. freccia). (Per gentile concessione di Melvyn<br />

H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch).


dulto. L’emorragia è il secondo sintomo più frequente, ma il sanguinamento<br />

normalmente è occulto e può essere associato a ematochezia<br />

o ematemesi anche se le emorragie gravi sono rare.<br />

Trattamento<br />

Il trattamento chirurgico dei tumori benigni è quasi sempre indicato<br />

sia per evitare il rischio di sviluppare complicanze sia perché la<br />

diagnosi di malattia benigna spesso non può essere fatta senza un<br />

esame microscopico. Le complicanze che più spesso necessitano di<br />

un intervento chirurgico sono il sanguinamento e l’ostruzione. Normalmente<br />

si pratica una resezione segmentaria con anastomosi diretta,<br />

tranne per le lesioni molto piccole che vengono asportate con<br />

un’enterotomia. Poiché le lesioni sono spesso multiple, il piccolo intestino<br />

deve essere esplorato interamente.<br />

Anatomia patologica<br />

I leiomiomi, tumori benigni che originano dalle cellule muscolari lisce,<br />

costituiscono le più comuni neoplasie benigne sintomatiche dell’intestino<br />

tenue. La loro incidenza è pari nei due sessi e vengono frequentemente<br />

diagnosticati nella quinta decade di vita. Macroscopicamente<br />

appaiono come lesioni dure, grigio-biancastre con un<br />

aspetto a spirale sulla superficie di taglio; l’esame microscopico evidenzia<br />

cellule muscolari lisce ben differenziate. I leiomiomi possono<br />

crescere all’interno del lume e causare un’ostruzione. Diversamente,<br />

possono avere una crescita intra o extramurale, raggiungendo a volte<br />

dimensioni considerevoli, incrementando il loro apporto di sangue<br />

e infine provocando un sanguinamento, che è l’indicazione chirurgica<br />

più frequente nei pazienti con leiomiomi.<br />

Gli adenomi rappresentano approssimativamente il 35% di tutti i<br />

tumori benigni dell’intestino tenue e sono di tre tipi principali: gli<br />

adenomi veri, gli adenomi villosi e gli adenomi delle ghiandole di<br />

Brunner. Il 20% viene diagnosticato nel duodeno, il 30% nel digiuno<br />

e il 50% nell’ileo. La maggior parte di queste lesioni è asintomatica,<br />

singola e costituisce un reperto autoptico accidentale. I più comuni<br />

sintomi di presentazione sono il sanguinamento e l’ostruzione. Gli<br />

adenomi villosi sono rari, ma possibili, si localizzano in genere nel<br />

duodeno e possono essere associati alla sindrome della poliposi familiare.<br />

Queste lesioni hanno la tendenza alla degenerazione maligna<br />

e possono avere dimensioni relativamente grandi (> 5 cm di diametro).<br />

Normalmente vengono diagnosticate in seguito a dolori addominali<br />

o a sanguinamenti, ma possono causare anche un’ostruzione.<br />

Il rischio di degenerazione maligna di queste lesioni è descritto tra il<br />

35 e il 55%, e il trattamento di scelta è la resezione segmentaria, benché<br />

nel duodeno possa essere eseguita una polipectomia in presenza<br />

di un tumore istologicamente benigno. In caso di invasività è necessaria<br />

una resezione più estesa come ad esempio una pancreaticoduodenectomia.<br />

Gli adenomi delle ghiandole di Brunner sono lesioni<br />

iperplastiche benigne che originano dalle ghiandole di Brunner del<br />

duodeno prossimale. Questi adenomi possono causare sintomi che<br />

mimano quelli dell’ulcera peptica. La diagnosi può essere ottenuta<br />

attraverso l’endoscopia con biopsie e le lesioni sintomatiche delle regioni<br />

accessibili andrebbero resecate con la semplice escissione. Non<br />

vi è rischio di degenerazione neoplastica e pertanto non è necessaria<br />

una resezione radicale.<br />

I lipomi sono più frequenti nell’ileo e si presentano come una lesione<br />

singola localizzata nella sottomucosa. Si verificano principalmente<br />

nella sesta e settima decade di vita e più frequentemente negli<br />

uomini. Meno di un terzo di questi tumori è sintomatico e tra questi<br />

le manifestazioni più comuni sono l’ostruzione e il sanguinamento<br />

da ulcere superficiali. Il trattamento di scelta delle lesioni sintomatiche<br />

è l’escissione e siccome i lipomi non hanno un rischio di degenerazione<br />

neoplastica, qualora vengano trovati accidentalmente<br />

vanno rimossi solo se la resezione non è complessa.<br />

Gli amartomi del piccolo intestino rientrano nel quadro della<br />

sindrome di Peutz-Jeghers, una sindrome ereditaria caratterizzata<br />

da pigmentazione melanotica della cute e delle mucose e da poliposi<br />

gastrointestinale 58 ,con caratteristiche di ereditarietà mendeliana<br />

semplice dominante ad alto grado di penetranza. Le classiche<br />

lesioni pigmentate sono piccole, di 1 o 2 mm, marroni o nere, localizzate<br />

nella regione del viso intorno alla bocca, nella mucosa<br />

INTESTINO TENUE 899<br />

orale, sugli avambracci, sulle piante dei piedi, sulle dita e nella regione<br />

perianale. Benché sia motivo di controversia la natura amartomatosa<br />

piuttosto che neoplastica dei polipi è generalmente accettata.<br />

L’intero digiuno e l’ileo sono i tratti intestinali più comunemente<br />

interessati da questi amartomi; tuttavia, il 50% dei pazienti<br />

può avere anche localizzazioni rettali e coliche e il 25% localizzazioni<br />

gastriche. Il sintomo più comune è il dolore addominale di tipo<br />

colico ricorrente, spesso causato da intussuscezioni intermittenti.<br />

Un terzo dei pazienti può presentarsi con dolori addominali ai<br />

quadranti inferiori associati ad una massa palpabile. L’emorragia,<br />

come risultato di un’autoamputazione dei polipi, avviene raramente<br />

e normalmente si manifesta con anemia, mentre le emorragie<br />

acute gravi sono rare. Sono descritti carcinomi associati a questi<br />

amartomi, ma la loro incidenza è inferiore al 3%. Tuttavia, non è<br />

completamente chiaro se si tratti di una coincidenza o di una reale<br />

espressione di malignità. Come per altre lesioni benigne nelle complicanze<br />

della sindrome di Peutz-Jeghers il trattamento è principalmente<br />

rivolto alla risoluzione dell’eventuale ostruzione o del sanguinamento<br />

persistente. La resezione, spesso di dimensioni limitate,<br />

dovrebbe essere circoscritta al segmento di intestino causa della<br />

complicanza. A causa dell’esteso coinvolgimento intestinale una<br />

cura non è possibile e resezioni estese non sono indicate.<br />

Gli emangiomi sono malformazioni della fase dello sviluppo e<br />

sono costituiti dalla proliferazione sottomucosa dei vasi sanguigni.<br />

Possono essere localizzati a qualsiasi livello del tubo digerente e il<br />

digiuno è il segmento di intestino tenue maggiormente colpito. Gli<br />

emangiomi sono responsabili del 3-4% di tutti i tumori benigni<br />

del piccolo intestino, sono multipli nel 60% dei pazienti e fanno<br />

parte di una malattia ereditaria nota come malattia di Rendu-<br />

Osler-Weber. Oltre che nel piccolo intestino gli emangiomi possono<br />

essere presenti nei polmoni, nel fegato e nelle membrane mucose.<br />

Anche i pazienti con la sindrome di Turner possono sviluppare<br />

emangiomi cavernosi dell’intestino. Il sintomo più comune<br />

degli emangiomi dell’intestino tenue è il sanguinamento e l’angiografia<br />

o la scintigrafia con emazie marcate ( 99m Tc) sono gli esami<br />

diagnostici più utili. In caso di localizzazione preoperatoria dell’emangioma<br />

si pratica semplicemente una resezione del tratto intestinale<br />

coinvolto, in caso contrario sono necessarie la transilluminazione<br />

intraoperatoria e la palpazione.<br />

È stata descritta una varietà di altri tumori benigni del piccolo<br />

intestino, tra cui i fibromi, i fibromixomi, i neurofibromi, gli<br />

schwannomi, i neurilemomi e i linfangiomi. I sintomi di presentazione<br />

sono simili a quelli delle lesioni più comuni e includono<br />

ostruzione e sanguinamento. La chirurgia è indicata per i tumori<br />

sintomatici e il trattamento di scelta è la semplice escissione. Inoltre,<br />

tessuto pancreatico ectopico può essere occasionalmente riscontrato<br />

nel digiuno, ma normalmente è asintomatico e non assume<br />

caratteristiche di malignità. È stata descritta anche l’endometriosi<br />

del piccolo intestino che può causare ostruzione secondaria<br />

ad un kinking, stenosi o fibrosi.<br />

Neoplasie maligne<br />

Le neoplasie maligne più comuni del piccolo intestino sono in ordine<br />

di frequenza approssimativa gli adenocarcinomi, i carcinoidi, i<br />

sarcomi e i linfomi (Tab. <strong>44</strong>-7). A causa delle differenze nella presentazione<br />

clinica, nella diagnosi e nel trattamento i carcinoidi vengono<br />

trattati separatamente.<br />

Manifestazioni cliniche<br />

Contrariamente a quanto avviene con le lesioni benigne, le neoplasie<br />

maligne causano quasi sempre dei sintomi, i più comuni dei<br />

quali sono il dolore e la perdita di peso. L’ostruzione avviene nel<br />

15-35% dei pazienti e contrariamente all’intussuscezione causata<br />

dalla lesioni benigne è normalmente il risultato delle adesioni e<br />

delle infiltrazioni del tumore. La diarrea può essere presente, associata<br />

al tenesmo e al passaggio di grandi quantità di muco. Gli adenocarcinomi<br />

possono causare le tipiche lesioni costrittive a torsolo<br />

di mela, simili a quelle osservate nel colon. Il sanguinamento gastrointestinale,<br />

che si manifesta con anemia, sangue occulto fecale<br />

positivo o occasionalmente con melena o ematochezia, è presente


900 ADDOME<br />

TABELLA <strong>44</strong>-7. Distribuzione delle neoplasie maligne nel piccolo intestino<br />

con diversa gravità nelle lesioni maligne ed è più comune nei leiomiosarcomi.<br />

Una massa palpabile può essere apprezzata nel 10-<br />

20% dei pazienti e nel 10% può avvenire una perforazione, normalmente<br />

secondaria a un linfoma o a un sarcoma.<br />

Anatomia patologica<br />

Nella maggior parte delle casistiche gli adenocarcinomi costituiscono<br />

il 50% circa dei tumori maligni del piccolo intestino 91 .Il picco<br />

di massima incidenza si ha nella settima decade di vita e molte<br />

casistiche mostrano una leggera predominanza del sesso maschile.<br />

La maggior parte di questi tumori è localizzata nel duodeno e nel<br />

digiuno prossimale (Fig. <strong>44</strong>-29). Quelli che si sviluppano in associazione<br />

ad una malattia di Crohn tendono a colpire fasce di età più<br />

precoci, e più del 70% originano nell’ileo. I tumori del duodeno si<br />

manifestano più precocemente di quelli dei tratti intestinali più distali,<br />

con sintomi quali l’ittero e il sanguinamento cronico. Gli adenocarcinomi<br />

del digiuno e dell’ileo normalmente causano sintomi<br />

aspecifici come un vago dolore addominale e la perdita di peso, ma<br />

possono anche verificarsi ostruzioni e sanguinamenti cronici. Le<br />

perforazioni non sono frequenti. Come avviene per gli adenocarcinomi<br />

degli altri organi, la sopravvivenza di questi pazienti è correlata<br />

con la stadiazione al momento della diagnosi. A causa di numerosi<br />

fattori (e.g.: vaghezza dei sintomi, assenza di riscontri<br />

obiettivi e mancanza di un sospetto clinico per lesioni così rare), la<br />

diagnosi viene spesso fatta tardivamente e al momento della chirurgia<br />

lo stadio della malattia è già avanzato.<br />

I sarcomi che originano dal mesoderma, costituiscono circa il 20%<br />

delle neoplasie maligne del piccolo intestino e il più frequente di essi<br />

è il leiomiosarcoma (Fig. <strong>44</strong>-30). Questi tumori sono più comuni<br />

nel digiuno e nell’ileo, vengono tipicamente diagnosticati tra la quinta<br />

e la sesta decade di vita e hanno un rapporto di incidenza uomini/donne<br />

di 3 a 1. Le indicazioni più comuni per un intervento chirurgico<br />

sono il sanguinamento e l’ostruzione, ma può verificarsi an-<br />

Figura <strong>44</strong>-29. Grande adenocarcinoma mucinoso circonferenziale del digiuno.<br />

(Per gentile concessione di Mary R. Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).<br />

Numeri (%)<br />

Tipi di Neoplasie Duodeno Digiuno Ileo Totale<br />

Adenocarcinoma 399 (40) 381 (38) 222 (22) 1002<br />

Carcinoide 42 (6) 73 (10) 599 (84) 714<br />

Linfoma 4 (16) 12 (48) 9 (36) 25<br />

Leiomiosarcoma 41 (10) 156 (37) 224 (53) 421<br />

Fibrosarcoma, angiosarcoma, schwannoma maligno, liposarcoma 2 (29) 0 (0) 5 (71) 7<br />

Totale 488 (22) 622 (29) 1059 (49) 2169<br />

Adattata da Wilson JM, Melvin DB, Gray GF, Thorbjarnarson B: Benign small bowel tumor. Ann Surg 181 (2):247-250, 1975; e Loehr WJ, Mujahed Z, Zahn FD<br />

et al. Primary lymphoma of the gastrointestinal tract: A review of 100 cases. Ann. Surg 170(2):232-238, 1969.<br />

che una perforazione libera come conseguenza della necrosi emorragica<br />

di grosse masse tumorali. I leiomiosarcomi metastatizzano per<br />

contiguità alle strutture circostanti e per via ematica al fegato, ai polmoni<br />

e all’osso; le metastasi linfatiche sono rare. Altre forme rare di<br />

sarcoma che possono colpire l’intestino tenue sono il fibrosarcoma,<br />

l’angiosarcoma, il liposarcoma e il sarcoma di Kaposi.<br />

I linfomi maligni possono coinvolgere primitivamente il piccolo<br />

intestino o essere la manifestazione di una malattia sistemica. I linfomi<br />

primitivi gastrointestinali, di cui circa un terzo si localizza al piccolo<br />

intestino, rappresentano il 5% di tutti i linfomi e costituiscono<br />

il 10-15% delle neoplasie maligne dell’intestino tenue dell’adulto; nei<br />

bambini di età inferiore ai 10 anni essi sono la neoplasia intestinale<br />

più frequente. I linfomi sono normalmente localizzati nell’ileo dove<br />

è presente la più alta concentrazione di tessuto linfoide intestinale.<br />

Macroscopicamente i linfomi del piccolo intestino sono voluminosi<br />

(la maggior parte supera i 5 cm) e possono estendersi oltre la mucosa<br />

(Fig. <strong>44</strong>-31). Microscopicamente è spesso presente una infiltrazione<br />

diffusa della parete intestinale. I sintomi del linfoma del piccolo<br />

intestino includono il dolore, la perdita di peso, la nausea, il vomito<br />

e la modificazione delle abitudini intestinali. La perforazione avviene<br />

nel 25% dei pazienti (Fig. <strong>44</strong>-32) e la febbre è rara e suggerisce un<br />

coinvolgimento sistemico.<br />

Trattamento<br />

Il trattamento delle neoplasie maligne del piccolo intestino è costituito<br />

da una resezione ampia con asportazione dei linfonodi regionali<br />

(Fig. <strong>44</strong>-33). Nel caso di lesioni duodenali può essere necessaria<br />

una pancreaticoduodenectomia (procedura di Whipple), ma spesso<br />

la resezione chirurgica curativa non è possibile. Pertanto, andrebbero<br />

eseguite resezioni palliative per prevenire ulteriori complicanze<br />

quali il sanguinamento, l’ostruzione e la perforazione, qualora non<br />

Figura <strong>44</strong>-30. Leiomiosarcoma dell’intestino tenue (tumore stromale gastrointestinale<br />

maligno) con necrosi emorragiche. (Per gentile concessione di Mary R.<br />

Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).


Figura <strong>44</strong>-31. Fotografia macroscopica di un linfoma primitivo dell’ileo, che evidenzia<br />

la sostituzione di tutti gli strati della parete intestinale da parte del tumore.<br />

(Per gentile concessione di Mary R. Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).<br />

fosse possibile può essere eseguito un bypass del segmento interessato<br />

che garantisca un miglioramento dei sintomi.<br />

Radio- e chemioterapia adiuvanti hanno un ruolo marginale nel<br />

trattamento dei pazienti con adenocarcinoma del piccolo intestino.<br />

La radioterapia offre un miglioramento della sopravvivenza<br />

nei pazienti con sarcoma e una combinazione di radioterapia, chemioterapia<br />

e resezione chirurgica offrono la miglior sopravvivenza<br />

ai pazienti con linfoma.<br />

Prognosi<br />

La metà dei pazienti operati per tumori maligni del piccolo intestino<br />

ha lesioni non suscettibili di resezione curativa 30 , un terzo ha metastasi<br />

a distanza al momento dell’intervento e il tasso globale di sopravvivenza<br />

a cinque anni dopo trattamento chirurgico è del 25%.<br />

Gli adenocarcinomi hanno la prognosi peggiore, con un tasso globale<br />

di sopravvivenza del 15-20%, mentre i leiomiomi e i linfomi hanno<br />

un tasso di sopravvivenza a cinque anni del 25-35%.<br />

Carcinoidi<br />

I carcinoidi del piccolo intestino hanno origine dalle cellule enterocromaffini<br />

(cellule di Kulchitsky) che si trovano nelle cripte di Lie-<br />

Figura <strong>44</strong>-32. Linfoma del piccolo intestino che si presenta con perforazione e<br />

peritonite. (Per gentile concessione di Mary R. Schwartz M.D., Baylor College<br />

of Medicine).<br />

INTESTINO TENUE 901<br />

A<br />

10 cm<br />

Tumore<br />

10 cm<br />

Figura <strong>44</strong>-33. Trattamento chirurgico del carcinoma del piccolo intestino. A, I<br />

tumori maligni andrebbero resecati con ampi margini di intestino sano e con un<br />

cuneo di mesentere per rimuovere i linfonodi regionali. B, Anastomosi terminoterminale<br />

con riparazione del mesentere. (A e B, adattata da Thompson JC:<br />

Atlas of Surgery of the Stomach, Duodenum, and Small Bowel. St. Louis, Mosby-Year<br />

Book, 1992, p. 299).<br />

berkuhn 85, 99 .Queste cellule vengono anche dette argentaffini a causa<br />

della loro colorabilità con i composti dell’argento. Questi tumori<br />

vennero descritti per la prima volta da Lubarsch nel 1888 e nel 1907<br />

Oberndorfer coniò il termine Karzinoide per indicare l’aspetto simile<br />

a quello di un carcinoma con la presunta mancanza di potenziale<br />

maligno. I carcinoidi sono stati descritti in numerosi organi tra cui<br />

più comunemente i polmoni, i bronchi e il tratto gastrointestinale.<br />

La maggior parte dei pazienti con carcinoidi del piccolo intestino appartiene<br />

alla quinta decade di vita.<br />

I carcinoidi possono essere classificati sulla base della loro origine<br />

embriologica o delle sostanze che secernono 68 .Possono originare<br />

dall’intestino embrionale anteriore (tratto respiratorio e timo) da<br />

quello medio (digiuno, ileo e colon destro, stomaco e duodeno prossimale)<br />

e da quello posteriore (colon distale e retto). I carcinoidi che<br />

originano dall’intestino embrionale anteriore producono caratteristicamente<br />

bassi livelli di serotonina (5-idrossitriptamina) ma possono<br />

secernere 5-idrossitriptofano e ormoni adenocorticotrofi. I carcinoidi<br />

che originano dall’intestino medio sono caratterizzati da un’elevata<br />

produzione di serotonina, mentre quelli dell’intestino posteriore<br />

raramente producono serotonina, ma possono produrre altri<br />

ormoni, quali la somatostatina e il peptide YY. Il tratto gastroenterico<br />

è la localizzazione più comune per i carcinoidi. Dopo l’appendice,<br />

il piccolo intestino è la seconda porzione più colpita e in esso i<br />

carcinoidi originano quasi sempre negli ultimi sessanta centimetri di<br />

ileo. I carcinoidi hanno un potenziale di malignità variabile e sono<br />

composti da cellule pluripotenti con la capacità di secernere numerosi<br />

agenti ormonali, i più importanti dei quali sono la serotonina e<br />

la sostanza P (Tab. <strong>44</strong>-8). Oltre a queste sostanze i carcinoidi sono in<br />

grado di secernere corticotropina, istamina, dopamina, neurotensina,<br />

prostaglandine, chinine, gastrina, somatostatina, polipetide pancreatico,<br />

calcitonina e enolasi neurone-specifica.<br />

L’importanza primaria dei carcinoidi è dovuta al potenziale maligno<br />

del tumore stesso. La sindrome da carcinoide, caratterizzata<br />

da attacchi episodici di eruzioni cutanee, broncospasmo, diarrea e<br />

collasso vasomotorio, e che nella sua forma florida può essere<br />

drammatica, si verifica solo in una piccola percentuale di pazienti<br />

con carcinoidi maligni.<br />

Anatomia patologica<br />

I tumori carcinoidi possono svilupparsi in organi che hanno origine<br />

dagli intestini embrionali anteriore, medio e posteriore. Dal 70<br />

all’80% dei carcinoidi sono asintomatici e vengono riscontrati in modo<br />

accidentale nel corso di un intervento chirurgico 124 . Più del 90%<br />

dei carcinoidi viene normalmente riscontrato in tre punti: l’appendice<br />

(45%), l’ileo (28%) e il retto (16%) (Tab. <strong>44</strong>-9). Il loro potenziale<br />

B


902 ADDOME<br />

TABELLA <strong>44</strong>-8. Prodotti di secrezione nei tumori carcinoidi<br />

Amine Tachichinine Peptidi Altro<br />

5-HT Callicreina Polipeptide pancreatico (40%) Prostaglandine<br />

5-HIAA (88%) Sostanza P (32%) Cromogranine (100%)<br />

5-HTP Neuropeptide K (67%) Neurotensina (19%)<br />

Istamina HCG α (28%)<br />

Dopamina HCG β<br />

Motilina (14%)<br />

Abbreviazioni: HCG, gonadotropina corionica umana; 5-HIAA, acido 5-idrossindolacetico; 5-HT, 5-idrossitriptamina; 5-HTP, 5-idrossitriptofano.<br />

I valori tra parentesi rappresentano le percentuali di frequenza.<br />

maligno (capacità di metastatizzare) è in relazione alla loro sede, alla<br />

dimensione, all’invasività, e alle caratteristiche di crescita. Soltanto il<br />

3% circa dei carcinoidi appendicolari metastatizza, contro un 35% di<br />

quelli a sede ileale. La maggior parte (~ 75%) dei carcinoidi gastrointestinali<br />

ha un diametro inferiore al centimetro e circa il 2% di questi<br />

è associato alla presenza di metastasi. Al contrario, i carcinoidi con un<br />

diametro di 1-2 cm metastatizzano nel 50% dei casi e quelli con diametro<br />

superiore ai 2 cm fino all’80-90% dei casi.<br />

Macroscopicamente questi tumori sono costituiti da piccoli noduli<br />

duri sottomucosi che appaiono normalmente giallastri al taglio (Fig.<br />

<strong>44</strong>-34), tendono a crescere molto lentamente, ma dopo che hanno invaso<br />

la sierosa avviene spesso un’intensa reazione desmoplastica che<br />

dà luogo a fibrosi mesenterica, kinking dell’ansa intestinale e ostruzioni<br />

intermittenti. I carcinoidi del piccolo intestino sono multicentrici<br />

nel 20-30% dei pazienti 85 ,e questa tendenza alla multicentricità supera<br />

quella di ogni altra neoplasia maligna del tratto gastrointestinale.<br />

Un’altra caratteristica anomala è costituita dalla frequente coesistenza<br />

di un secondo tumore maligno primitivo istologicamente differente 46 .<br />

Solitamente si tratta di un adenocarcinoma sincrono (più comunemente<br />

del grosso intestino) che può essere presente nel 10-20% dei pazienti<br />

con tumori carcinoidi. I carcinoidi sono anche associati alle neoplasie<br />

endocrine multiple di tipo 1 nel 10% circa dei casi.<br />

TUMORI CARCINOIDI<br />

Manifestazioni cliniche<br />

In assenza di una sindrome da carcinoide i sintomi dei pazienti affetti<br />

da questi tumori sono gli stessi dei pazienti con tumori del piccolo<br />

intestino di altra origine istologica. Tra i sintomi più comuni è<br />

presente il dolore addominale, variamente associato ad un’ostruzione<br />

parziale o completa del piccolo intestino. I sintomi ostruttivi sono<br />

spesso causati da un’intussuscezione, ma possono anche essere secondari<br />

ad una reazione desmoplastica localizzata, apparentemente<br />

causata da agenti umorali prodotti dal tumore. Possono anche esse-<br />

TABELLA <strong>44</strong>-9. Distribuzione dei carcinoidi gastrointestinali:<br />

incidenza di metastasi e della sindrome da carcinoide<br />

Casi di<br />

Media delle sindrome da<br />

Localizzazione Casi metastasi (%) carcinoide<br />

Esofago 1 - O<br />

Stomaco 93 (2%) 23 8<br />

Duodeno 135 (4%) 20 4<br />

Digiuno 1032 (28%) 34 91<br />

Diverticolo di Meckel 42 (1%) 19 3<br />

Appendice 1686 (45%) 2 6<br />

Colon 91 (2%) 60 5<br />

Retto 592 (16%) 18 1<br />

Ovaio 34 6 17<br />

Albero biliare 10 30 0<br />

Pancreas 2 - 1<br />

Totale 3718 136<br />

Adattata da Cheek RC, Wilson H: Carcinoid tumors. Curr. Probl. Surg. 1970,<br />

pp.4-31.<br />

re presenti diarrea e perdita di peso. La diarrea è una conseguenza di<br />

un’ostruzione intestinale parziale più che non una diarrea di tipo secretorio<br />

come avviene con sindrome da carcinoide.<br />

SINDROME DA CARCINOIDE<br />

La sindrome causata dai carcinoidi maligni è una malattia relativamente<br />

rara, che colpisce meno del 10% dei pazienti con carcinoide. La<br />

sindrome è più comunemente associata ai carcinoidi del tubo digerente,<br />

in particolare quelli dell’intestino tenue, ma anche i carcinoidi di<br />

altre sedi, quali i bronchi, il pancreas, l’ovaio e il testicolo, sono stati descritti<br />

in associazione ad essa. La descrizione classica di una sindrome<br />

A<br />

B<br />

Figura <strong>44</strong>-34. Caratteristiche patologiche macroscopiche del carcinoide. A, Tumore<br />

carcinoide dell’ileo distale che evidenzia l’intensa reazione desmoplastica<br />

e la fibrosi della parete intestinale. B, Metastasi mesenteriche di un carcinoide<br />

del piccolo intestino. (A e B, adattata da Evers BM, Townsend CM Jr, Thompson<br />

JC: Small intestine. In Schwartz SI [ed]: Principles of Surgery, 7 th ed. New York,<br />

Mc Graw-Hill, 1999, p. 1245. Con il permesso di Mc Graw-Hill Companies).


da carcinoide, tipicamente include manifestazioni vasomotorie, cardiache<br />

e gastrointestinali 138 .I tumori carcinoidi producono molti fattori<br />

umorali, ma quelli considerati in grado di contribuire alla sindrome<br />

da carcinoide sono: la serotonina, il 5-idrossitriptofano (un precursore<br />

della sintesi della serotonina), l’istamina, la dopamina, la callicreina,<br />

la sostanza P, le prostaglandine e il neuropeptide K. La maggior<br />

parte dei pazienti che hanno una sindrome da carcinoide ha una metastatizzazione<br />

epatica massiva; tuttavia, i tumori che superano il filtro<br />

epatico, in particolare gli ovarici e i retroperitoneali, possono causare<br />

la sindrome anche in assenza di metastasi epatiche.<br />

I sintomi più comuni sono costituiti dalle eruzioni cutanee (80%);<br />

dalla diarrea (76%); dall’epatomegalia (71%); da lesioni cardiache,<br />

più comunemente malattie valvolari del cuore destro (41-70%); e dall’asma<br />

(25%). Le eruzioni cutanee nella sindrome da carcinoide possono<br />

essere di quattro tipi: eritematose diffuse, di breve durata che<br />

normalmente colpiscono il volto, il collo e il torace superiore; violacee,<br />

simili alle precedenti, ma con attacchi di durata maggiore e la<br />

possibilità di sviluppare un’eruzione cianotica permanente con occhi<br />

umidi e congiuntiva iniettata di sangue; eruzioni prolungate, della<br />

durata di 2-3 giorni ed estese a tutto il corpo, possono essere associate<br />

a lacrimazione profusa, ipotensione ed edema del volto; eritema a<br />

chiazze rosso chiaro, tipico dei carcinoidi gastrici. La diarrea associata<br />

alla sindrome da carcinoide si verifica in modo episodico (normalmente<br />

dopo i pasti), è acquosa e spesso esplosiva. Si pensa che la causa<br />

di questo fenomeno sia dovuta a elevati livelli di serotonina circolante,<br />

in quanto l’uso del metisergide, un antagonista della serotonina,<br />

permette di controllare i sintomi. Le lesioni cardiache coinvolgono<br />

principalmente il cuore di destra e sono normalmente limitate alla<br />

valvola tricuspide e alla valvola polmonare. Le tre lesioni cardiache<br />

più comuni sono la stenosi della polmonare (90%), l’insufficienza tricuspidale<br />

(47%) e la stenosi della tricuspide (42%) 138 .Gli attacchi di<br />

asma si osservano normalmente durante le eruzioni cutanee, e sia la<br />

serotonina che la bradichinina potrebbero essere la causa di questo<br />

sintomo. Possono essere presenti malassorbimento e pellagra (demenza,<br />

dermatite e diarrea), e si pensa che possano essere causati da<br />

un elevato consumo del triptofano assunto con la dieta.<br />

Diagnosi<br />

Valori elevati di vari fattori umorali sono alla base dei test diagnostici<br />

eseguiti nei pazienti con tumori carcinoidi e con la sindrome<br />

da carcinoide. I carcinoidi producono serotonina, che viene successivamente<br />

metabolizzata nel fegato e nel polmone a formare<br />

acido 5-idrossiindolacetico, la sua forma farmacologicamente<br />

inattiva. Valori urinari elevati di acido 5-idrossindolacetico nelle<br />

24 ore, ottenuti alla cromatografia, sono altamente specifici. Un<br />

marker dei tumori neuroendocrini potenzialmente utile è la concentrazione<br />

plasmatica della cromogranina A, una proteina fabbricata<br />

nei granuli secretori, che è elevata in oltre l’80% dei pazienti<br />

con carcinoidi. Possono essere misurati anche la serotonina<br />

plasmatica, la sostanza P, la neurotensina, la neurochinina A e il<br />

neuropeptide K, ma questi peptidi potrebbero non essere elevati in<br />

tutti i pazienti. Al fine di riprodurre i sintomi dei carcinoidi è possibile<br />

utilizzare dei test di provocazione con la pentagastrina, il calcio<br />

o l’epinefrina. La somministrazione di pentagastrina è la più<br />

sicura e la più riproducibile e quindi quella usata più di frequente;<br />

tuttavia, con l’accuratezza dei test diagnostici attuali vi sono<br />

oggi scarse indicazioni all’uso dei test di provocazione.<br />

I carcinoidi dell’intestino tenue sono raramente diagnosticati preoperatoriamente.<br />

Esami radiologici con il bario possono mostrare difetti<br />

multipli di riempimento come conseguenza della fibrosi e del<br />

kinking dell’intestino (Fig. <strong>44</strong>-35). Vi sono numerose tecniche di immagine<br />

usate per diagnosticare l’estensione e la disseminazione dei<br />

carcinoidi. L’angiografia e l’ecografia ad alta risoluzione possono fornire<br />

informazioni sul coinvolgimento del mesentere o del fegato. L’angiografia<br />

può evidenziare una situazione anomala delle arterie mesenteriche,<br />

con dei restringimenti dei loro rami associati ad uno scarso accumulo<br />

di contrasto e a un drenaggio venoso ridotto nella zona del tumore.<br />

Inoltre, possono essere presenti un avvolgimento da parte della<br />

trama vascolare e la formazione di pseudo aneurismi, tipici dei processi<br />

neoplastici a carico del mesentere. La TAC può essere utile per valutare<br />

la presenza di metastasi epatiche e linfonodali e l’estensione del<br />

INTESTINO TENUE 903<br />

Figura <strong>44</strong>-35. Esame con il bario di un carcinoide del piccolo intestino che evidenzia<br />

la fibrosi e numerosi difetti di riempimento con un’ostruzione parziale di<br />

alto grado. (Per gentile concessione di Melvyn H, Schreiber, M.D., The University<br />

of Texas Medical Branch).<br />

coinvolgimento parietale e mesenterico. Una nuova tecnica di immagine,<br />

che sfrutta il fatto che molti di questi tumori possiedono recettori<br />

per la somatostatina, è la scintigrafia con pentatreotide marcato con<br />

Indio 111 che si lega a questi recettori 12, 100 . Questo studio scintigrafico ha<br />

dato risultati incoraggianti nell’evidenziare e nel localizzare i tumori<br />

carcinoidi, con una sensibilità maggiore rispetto alle tecniche di immagine<br />

convenzionali, quali ad esempio la TAC.<br />

Trattamento<br />

Il trattamento dei pazienti con tumori carcinoidi dell’intestino tenue<br />

si basa sulla grandezza e sulla posizione del tumore, e sulla<br />

presenza o assenza di malattia metastatica 82, 130 .Per i tumori primitivi<br />

con diametro inferiore ad 1 cm, senza l’evidenza di metastasi<br />

ai linfonodi regionali, si pratica una resezione intestinale segmentaria.<br />

Nei pazienti con lesioni superiori al centimetro, con tumori<br />

multipli o con metastasi ai linfonodi regionali (indipendentemente<br />

dalle dimensioni del tumore primitivo) è necessario effettuare<br />

un’ampia resezione dell’intestino e del mesentere. Il trattamento<br />

più adatto per le lesioni dell’ileo terminale è l’emicolectomia<br />

destra. Piccoli tumori duodenali possono essere semplicemente<br />

escissi; tuttavia, lesioni più estese possono richiedere una<br />

pancreaticoduodenectomia. Oltre al trattamento del tumore primitivo<br />

è importante effettuare un’esplorazione dell’intera cavità<br />

addominale per escludere lesioni multicentriche.<br />

È necessaria molta attenzione nella gestione anestesiologica del paziente<br />

con carcinoide, poiché l’anestesia può scatenare una crisi da carcinoide<br />

caratterizzata da ipotensione, broncospasmo, eruzioni cutanee<br />

e da una tachicardia che può predisporre ad aritmie. Il trattamento di<br />

una crisi da carcinoide è costituito dalla somministrazione endovenosa<br />

di octreotide in un bolo da 50-100 µg, seguita da un’infusione continua<br />

di 50 µg/ora. Inoltre, la somministrazione endovenosa di anti-istaminici<br />

e idrocortisone può essere di qualche beneficio.


904 ADDOME<br />

La chirurgia è indicata anche in pazienti con malattia metastatica<br />

diffusa, poiché, contrariamente a quanto avviene per le metastasi da<br />

altri tumori, ha un ruolo preciso nella riduzione della massa tumorale<br />

che in molte casistiche si è dimostrata utile nel miglioramento<br />

della sintomatologia 68 .In quest’ottica può rendersi necessaria una resezione<br />

epatica utilizzando sia una resezione a cuneo che una vera e<br />

propria lobectomia. In caso di metastatizzazione epatica massiva, la<br />

legatura dell’arteria epatica o la sua embolizzazione percutanea hanno<br />

dato buoni risultati. Altre casistiche hanno riportato una regressione<br />

del tumore associando la chemioterapia all’embolizzazione<br />

dell’arteria epatica, suggerendo che una terapia combinata dovrebbe<br />

essere presa in considerazione. Il ruolo del trapianto di fegato nel<br />

trattamento dei carcinoidi metastatici non è chiaro, e il numero di<br />

pazienti in cui questa procedura è stata effettuata è ridotto. Un recente<br />

studio multicentrico ha riportato una sopravvivenza a 5 anni<br />

del 69% in un gruppo di pazienti altamente selezionato sottoposti a<br />

trapianto di fegato per carcinoidi metastatici 71 .<br />

La terapia medica dei pazienti con sindrome da carcinoide è soprattutto<br />

diretta a controllare i sintomi causati dall’eccessiva produzione<br />

di fattori umorali 8 .Numerose sostanze ad azione prolungata<br />

analoghe della somatostatina, quale l’octreotide (sandostatina),<br />

migliorano i sintomi (diarrea ed eruzioni cutanee) nella<br />

maggior parte dei pazienti con questa sindrome 6 .Kvols e associati<br />

69, 70 hanno riportato non solo un importante miglioramento dei<br />

sintomi utilizzando l’octreotide, ma anche la regressione del tumore<br />

nel 17% dei pazienti. Anche se non vi sono dubbi sull’importanza<br />

degli analoghi della somatostatina nel controllo dei sintomi,<br />

il suo ruolo potenziale nell’inibizione del tumore non è stato<br />

ancora chiarito. I risultati dell’utilizzo di nuovi analoghi della<br />

somatostatina con formulazione a lento rilascio (e.g., Sandostatina<br />

LAR) nei pazienti con carcinoide non sono ancora disponibili.<br />

L’interferone α si è dimostrato utile nel migliorare i sintomi dei<br />

pazienti con sindrome da carcinoide 93 .In uno studio clinico che<br />

valutava l’utilizzo dell’interferone α in più di 100 pazienti con<br />

sindrome da carcinoide si è assistito ad una riduzione dell’acido<br />

5-idrossiindolacetico urinario nel 42% dei pazienti e a una regressione<br />

del tumore nel 15%. Tuttavia, l’elevata incidenza di effetti<br />

collaterali (e.g., febbre, affaticamento, anoressia e perdita di<br />

peso) preclude l’utilizzo estensivo di questo farmaco.<br />

Gli antagonisti dei recettori per la serotonina sono stati utilizzati<br />

con scarso successo. Il metisergide non viene più utilizzato poiché<br />

causava fibrosi retroperitoneale. La chetanserina e la ciproeptadina<br />

hanno dimostrato un certo controllo dei sintomi, e altri antagonisti,<br />

come l’ondansetrone, potrebbero essere ancora più efficaci, ma bisogna<br />

attendere i risultati di studi clinici più allargati 149 .<br />

La chemioterapia citotossica ha avuto uno scarso successo 82 ,e il<br />

suo ruolo è limitato principalmente a quei pazienti con malattia metastatica<br />

che sono sintomatici e non rispondono ad altre terapie. La<br />

combinazione usata più frequentemente è costituita da streptozotocina<br />

e 5-fluorouracile o ciclofosfamide, che possono dare una riduzione<br />

del tumore fino ad un terzo dei pazienti. La durata della risposta<br />

tuttavia è breve. L’uso del cisplatino e dell’etoposide ha fornito<br />

qualche speranza solo nei pazienti con carcinoidi ben differenziati,<br />

mentre i risultati con la decarbazina (DTIC) sono contraddittori.<br />

Riassumendo, il trattamento dei carcinoidi richiede un approccio<br />

multidisciplinare e la combinazione di diverse metodiche, quali<br />

la riduzione chirurgica della massa tumorale, l’embolizzazione o<br />

la chemioembolizzazione dell’arteria epatica e la terapia medica, è<br />

l’opzione migliore. In più, si stanno sviluppando nuove terapie che<br />

potrebbero essere utili in futuro 12, 93, 100 .L’espressione sui carcinoidi<br />

di recettori per peptidi neuroendocrini e il loro legame con l’octreotide<br />

marcato con Indio 111 e con la metaiodobenzilguanidina<br />

(MIBG) marcata con Iodio 123 ,utilizzati per studi scintigrafici, hanno<br />

portato allo sviluppo di nuove terapie dirette contro i recettori.In<br />

piccole casistiche di tumori carcinoidi, la terapia con alte dosi<br />

di 111 In-octreotide ha ottenuto una riduzione delle dimensioni<br />

del tumore e dell’escrezione urinaria di acido 5-idrossiindolacetico.<br />

Studi che utilizzavano la terapia con 131 I-MIBG hanno mostrato<br />

una risposta fino al 60% dei pazienti. Più recentemente l’octreotide<br />

marcato con ittrio 90 ha mostrato di avere effetti terapeutici<br />

positivi in un gruppo limitato di pazienti, e per il futuro è prevista<br />

l’esecuzione di studi controllati.<br />

A<br />

B<br />

Figura <strong>44</strong>-36. A, Lastra con il bario che evidenzia una lesione “a bersaglio” tipica<br />

di una metastasi da melanoma al piccolo intestino (v. freccia). B, Campione macroscopico<br />

che dimostra un melanoma metastatico del piccolo intestino (A, per gentile<br />

concessione di Melvyn H, Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch.<br />

B, per gentile concessione di Mary R. Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).<br />

Prognosi<br />

I carcinoidi hanno la prognosi migliore tra tutti i tumori del piccolo intestino,<br />

sia nel caso in cui la malattia sia localizzata oppure metastica. La<br />

resezione di un carcinoide localizzato nella sua sede primitiva ha un tasso<br />

di sopravvivenza di quasi il 100%. I tassi di sopravvivenza a 5 anni sono<br />

di circa il 65% per i pazienti con malattia regionale e del 25-35% nei<br />

pazienti con metastasi a distanza. Qualora un’ampia disseminazione<br />

metastatica pregiudichi le possibilità di cura, una resezione estesa con<br />

intento palliativo è comunque indicata. Infatti, è possibile ottenere spesso<br />

una palliazione perché questi tumori hanno una crescita relativamente<br />

lenta. Sono stati presi in considerazione molti fattori nel tentativo<br />

di identificare i pazienti con prognosi peggiore e probabilmente il<br />

fattore più utile è un livello elevato di cromogranina A, che si è dimostrata<br />

un fattore predittivo indipendente per una prognosi negativa.<br />

Neoplasie metastatiche<br />

I tumori metastatici che possono coinvolgere il piccolo intestino sono<br />

molto più comuni dei tumori primitivi. Le metastasi più comuni sono


quelle che originano da altri organi intraddominali, quali la cervice uterina,<br />

le ovaie, i reni, lo stomaco, il colon e il pancreas. Il coinvolgimento<br />

dell’intestino tenue può avvenire sia direttamente per contiguità, che<br />

per impianto di cellule tumorali. Metastasi provenienti da tumori extraaddominali<br />

sono rare, ma possono essere riscontrate in pazienti portatori<br />

di adenocarcinoma della mammella e di carcinoma del polmone. Il<br />

melanoma cutaneo è la fonte extra-addominale più comune di metastasi<br />

al piccolo intestino, che sono presenti in più della metà dei pazienti<br />

deceduti per questa neoplasia (Fig. <strong>44</strong>-36). I sintomi più frequenti sono<br />

l’anoressia, la perdita di peso, l’anemia, il sanguinamento e l’ostruzione<br />

parziale. Il trattamento è costituito dalla resezione palliativa per migliorare<br />

la sintomatologia o, occasionalmente, dal bypass intestinale, qualora<br />

il tumore metastatico sia molto esteso e non resecabile.<br />

MALATTIA DIVERTICOLARE<br />

La malattia diverticolare del piccolo intestino è piuttosto comune. Si<br />

possono avere sia dei falsi che dei veri diverticoli. Un vero diverticolo è<br />

formato da tutti gli strati della parete intestinale ed è di solito di natura<br />

congenita. I falsi diverticoli sono formati da una protrusione della<br />

mucosa e della sottomucosa attraverso un difetto dello strato muscolare,<br />

sono in genere acquisiti, e si possono formare in qualsiasi porzione<br />

del piccolo intestino. I diverticoli duodenali sono i diverticoli di natura<br />

acquisita di più frequente riscontro nel piccolo intestino, e il diverticolo<br />

di Meckel costituisce il più comune diverticolo congenito.<br />

Diverticoli duodenali<br />

Incidenza ed eziologia<br />

Inizialmente descritti da Chomel, un patologo francese, nel 1710 23 ,i<br />

diverticoli duodenali sono piuttosto comuni, essendo il duodeno la<br />

seconda sede in ordine di frequenza, dopo il colon, per la loro formazione.<br />

L’incidenza dei diverticoli duodenali varia in funzione dell’età<br />

del paziente e della metodica diagnostica. Studi radiografici della<br />

porzione alta del tratto gastroenterico hanno identificato diverticoli<br />

duodenali in circa l’1-5% di tutti gli esami, mentre alcuni studi<br />

autoptici hanno riportato un’incidenza del 15-20%. I diverticoli<br />

duodenali si presentano con un’incidenza doppia nelle donne rispetto<br />

agli uomini e sono rari al di sotto dei 40 anni. Vengono classificati<br />

in congeniti o acquisiti, veri o falsi, intraluminali o extraluminali.<br />

Nonostante la localizzazione più frequente sia nella seconda porzione<br />

del duodeno, circa un 10% dei diverticoli duodenali si sviluppa<br />

più distalmente e lateralmente. Si possono trovare dei diverticoli a livello<br />

della parete mediale del duodeno, in regione periampollare.<br />

Manifestazioni cliniche<br />

La cosa importante da ricordare è che la maggior parte dei diverticoli<br />

duodenali è asintomatica, e che la loro diagnosi avviene spesso accidentalmente,<br />

in seguito all’esecuzione di esami diagnostici a carico<br />

delle porzioni più alte del tratto gastroenterico per disturbi non legati<br />

al diverticolo (Fig. <strong>44</strong>-37). Meno del 5% dei diverticoli duodenali<br />

richiede un intervento chirurgico, in genere per una complicanza<br />

del diverticolo stesso. Le complicanze più importanti di un diverticolo<br />

duodenale comprendono: ostruzione dei dotti biliari o pancreatici<br />

con conseguenti colangite o pancreatite, emorragia, perforazione,<br />

e raramente “sindrome dell’ansa cieca”.<br />

Solo i diverticoli localizzati in vicinanza dell’ampolla di Vater hanno<br />

un’incidenza significativa di complicanze quali la colangite e la<br />

pancreatite 75 .In questi pazienti, l’ampolla penetra nel duodeno a livello<br />

del margine superiore del diverticolo piuttosto che attraverso il<br />

diverticolo stesso. Il meccanismo proposto per spiegare il maggior<br />

numero di complicanze a carico del tratto biliare è costituito dalla localizzazione<br />

perivateriana del diverticolo, che può indurre una distorsione<br />

meccanica del dotto biliare comune nella sua porzione intramurale,<br />

causandone un’ostruzione parziale con stasi biliare, e di conseguenza<br />

un maggior rischio di pancreatite e colecistite. L’emorragia<br />

può essere dovuta ad un’infiammazione che porti all’erosione di un<br />

ramo dell’arteria mesenterica superiore 87 . La perforazione del diverticolo<br />

duodenale è un evento raro. Infine, la stasi del contenuto intesti-<br />

INTESTINO TENUE 905<br />

Figura <strong>44</strong>-37. Voluminoso diverticolo che origina dalla seconda porzione del<br />

duodeno. (Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University<br />

of Texas Medical Branch).<br />

nale all’interno di un diverticolo disteso può risultare in una sovracrescita<br />

batterica, malassorbimento, steatorrea, ed anemia megaloblastica<br />

(vedi Sindrome dell’ansa cieca). La sintomatologia legata alla<br />

presenza di un diverticolo duodenale, in assenza di altre malattie dimostrabili,<br />

è una epigastralgia aspecifica, che può essere trattata conservativamente<br />

e che spesso può essere considerata la conseguenza di<br />

un altro problema che non sia in relazione con il diverticolo.<br />

Trattamento<br />

Come detto precedentemente, la maggior parte dei diverticoli duodenali<br />

è asintomatica e benigna, e quando tali diverticoli vengono<br />

scoperti accidentalmente non andrebbero trattati. Sono state descritte<br />

diverse procedure chirurgiche per il trattamento dei diverticoli<br />

duodenali sintomatici. Il trattamento più comune ed efficace è la diverticolectomia,<br />

che si compie con maggiore facilità quando accompagnata<br />

da una manovra di Kocher che espone il duodeno. Il diverticolo<br />

viene quindi escisso ed il duodeno chiuso trasversalmente o<br />

longitudinalmente, in modo da causare la minor riduzione possibile<br />

del lume. Per i diverticoli situati in vicinanza della testa del pancreas,<br />

si effettua una duodenotomia con evaginazione del diverticolo nel<br />

lume e sua successiva escissione con chiusura della parete (Fig. <strong>44</strong>-<br />

38A a C). Sono state descritte delle metodiche alternative per l’asportazione<br />

di diverticoli situati in vicinanza dell’ampolla di Vater,<br />

quali un’estesa sfinteroplastica attraverso la parete comune dell’ampolla<br />

e del diverticolo (vedi Fig. <strong>44</strong>-38D a F).<br />

Il trattamento di un diverticolo perforato può richiedere delle<br />

procedure simili a quelle descritte nei pazienti con importanti difetti<br />

della parete duodenale di natura traumatica. Il diverticolo perforato<br />

dovrebbe essere escisso ed il duodeno chiuso con un patch sieroso<br />

di un’ansa digiunale. Se l’infiammazione circostante è severa, può<br />

essere necessario deviare il flusso enterico dalla sede della perforazione,<br />

tramite una gastrodigiunostomia o una duodenodigiunostomia.<br />

L’interruzione della continuità duodenale prossimalmente al diverticolo<br />

perforato può essere fatta con una suturatrice meccanica e<br />

bisogna fare molta attenzione nei casi in cui la perforazione sia situata<br />

in vicinanza della papilla di Vater. Sono stati descritti anche dei<br />

diverticoli duodenali intraluminali, poco comuni, che se divengono<br />

sintomatici possono essere asportati in toto, purché originino lontano<br />

dall’ampolla. Tuttavia, nel caso di un diverticolo intraluminale<br />

sintomatico situato in vicinanza dell’ampolla di Vater, sarà opportu-


906 ADDOME<br />

A B C<br />

Diverticolo<br />

retroduodenale<br />

D<br />

Papilla<br />

nell’orifizio<br />

del diverticolo<br />

Figura <strong>44</strong>-38. A-C, Trattamento di un diverticolo che protrude nella testa del pancreas. Il duodeno viene aperto verticalmente. Viene usata una pinza per portare il<br />

diverticolo nel lume, dove viene escisso e la breccia della parete posteriore viene chiusa. D-F, Trattamento di un diverticolo che origina in sede periampollare. Bisogna<br />

posizionare un cateterino nel dotto biliare comune e farlo passare distalmente nel duodeno per facilitare l’identificazione e la successiva dissezione dello sfintere<br />

di Oddi. Il diverticolo viene rivoltato nel lume duodenale. L’enterotomia circonferenziale alla base del diverticolo è la sede nella quale le strutture ampollari sono<br />

state liberate con una incisione circonferenziale. La linea scura tratteggiata nella Figura E mostra la linea di sezione della base del diverticolo, che viene condotta a<br />

mano libera. Dopo la rimozione del diverticolo, il cateterino e la papilla che lo avvolge vengono posizionati a livello della breccia lasciata dalla base del diverticolo.<br />

La mucosa e la parete muscolare della papilla vengono quindi cucite circonferenzialmente alla parete duodenale. (A-F, Adattata da Thompson JC. Atlas of Surgery<br />

of the Stomach, Duodenum, and Small Bowel. St. Louis, Mosby-Year Book, 1992, p. 209-213).<br />

no effettuare una resezione subtotale del diverticolo per proteggere<br />

lo sbocco dei dotti biliare e pancreatico.<br />

Diverticoli digiunali ed ileali<br />

Incidenza ed eziologia<br />

I diverticoli del piccolo intestino sono molto meno frequenti dei diverticoli<br />

duodenali, con un’incidenza autoptica attorno allo 0,1-<br />

1,4% ed un’incidenza nella diagnostica del tratto gastroenterico alto<br />

attorno allo 0,1-1,5% 1 .I diverticoli digiunali sono più comuni e di<br />

maggiori dimensioni rispetto a quelli ileali. Sono per lo più dei falsi<br />

diverticoli che si presentano in soggetti anziani (dopo la sesta decade<br />

di vita), sono multipli, di solito protrudono dal versante mesenterico<br />

dell’intestino, e possono sfuggire durante un intervento chirurgico<br />

in quanto inglobati all’interno del mesentere (Fig. <strong>44</strong>-39). La diverticolosi<br />

digiunoileale sembra essere legata ad una disfunzione<br />

motoria della muscolatura liscia o del plesso mioenterico, che genera<br />

delle contrazioni disordinate del piccolo intestino con aumento<br />

della pressione endoluminale e conseguente erniazione della mucosa<br />

e della sottomucosa attraverso i punti di debolezza della parete intestinale<br />

(i.e., il versante mesenterico).<br />

Manifestazioni cliniche<br />

I diverticoli digiunoileali vengono spesso scoperti accidentalmente<br />

durante una laparotomia o in corso di esami diagnostici dell’alto<br />

tratto gastroenterico (Fig. <strong>44</strong>-40), ma nella maggior parte dei casi ri-<br />

E F<br />

mangono asintomatici. Le complicanze acute come l’ostruzione intestinale,<br />

l’emorragia, o la perforazione sono rare 33 . La sintomatologia<br />

cronica è caratterizzata da dolore addominale, malassorbimento,<br />

pseudo-ostruzione funzionale, ed emorragia gastroenterica cronica<br />

di basso grado. Le complicanze acute sono la diverticolite, con o sen-<br />

Figura <strong>44</strong>-39. Multipli voluminosi diverticoli digiunali localizzati nel mesentere<br />

in un paziente anziano presentatosi con ostruzione secondaria ad un enterolita.<br />

(Adattata da Evers BM, Townsend CM Jr, Thompson JC: Small intestine. In<br />

Schwartz SI [ed]: Principles of Surgery, 7 th ed. New York, Mc Graw-Hill, 1999, p.<br />

1248. Con il permesso di Mc Graw-Hill Companies).


Figura <strong>44</strong>-40. Radiografia con bario del tratto gastrointestinale alto che evidenzia<br />

diverticoli digiunali multipli. (Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber,<br />

M.D., The University of Texas Medical Branch).<br />

za formazione di ascessi; l’emorragia gastroenterica; e l’ostruzione<br />

intestinale. La discinesia intestinale causa una stasi nel flusso intestinale<br />

con sovracrescita batterica (vedi Sindrome dell’ansa cieca), il<br />

che può portare ad una deconiugazione dei sali intestinali e ad un assorbimento<br />

di vitamina B 12 da parte della flora batterica, con conseguente<br />

steatorrea ed anemia megaloblastica, con o senza neuropatia.<br />

Trattamento<br />

Nel caso di diverticoli digiunoileali asintomatici scoperti accidentalmente<br />

non è necessario alcun trattamento. Il trattamento di complicanze<br />

quali un’ostruzione, un sanguinamento o una perforazione,<br />

consiste in una resezione intestinale con anastomosi termino-terminale<br />

diretta. I pazienti che si presentano con malassorbimento secondario<br />

a una sindrome dell’ansa cieca e sovracrescita batterica all’interno<br />

del diverticolo vengono di solito curati con antibiotici. L’ostruzione<br />

può essere causata da enteroliti formatisi all’interno del diverticolo<br />

che si dislocano in un secondo tempo ed ostruiscono l’intestino<br />

distale. In tal caso si può eseguire un’enterotomia con rimozione<br />

dell’enterolita, oppure l’enterolita viene spinto distalmente fino<br />

al cieco. Quando l’enterolita causa un’ostruzione a livello del diverticolo,<br />

la resezione intestinale è d’obbligo. In caso di perforazione<br />

di un diverticolo digiunoileale, è necessaria la resezione con rianastomosi<br />

diretta, in quanto, procedure meno demolitive come la semplice<br />

chiusura, l’escissione, o l’invaginazione, sono associate ad una<br />

maggiore incidenza di mortalità e morbidità. Nelle situazioni più<br />

gravi, come in caso di peritonite diffusa, si può eseguire un’enterostomia<br />

se la rianastomosi appare troppo rischiosa.<br />

Diverticolo di Meckel<br />

Incidenza ed eziologia<br />

Il diverticolo di Meckel è l’anomalia congenita del piccolo intestino di<br />

più frequente riscontro, essendo presente in circa il 2% della popolazione.<br />

Venne riportato per la prima volta nel 1598 da Hildanus e poi<br />

descritto più dettagliatamente da Johann Meckel nel 1809 80 .Il diverticolo<br />

di Meckel si localizza sul bordo antimesenterico dell’ileo, a circa<br />

45-60 cm dalla valvola ileociecale, e deriva da un’incompleta chiusura<br />

del dotto onfalomesenterico, detto anche dotto vitellino. L’incidenza è<br />

la stessa nei due sessi. Il diverticolo di Meckel si può presentare sotto<br />

diverse forme, da una piccola protuberanza che può facilmente sfuggi-<br />

INTESTINO TENUE 907<br />

Figura <strong>44</strong>-41. Residuo onfalomesenterico che si presenta come un cordone fibroso<br />

che congiunge l’ileo all’ombelico.<br />

re all’esplorazione, ad una lunga proiezione in comunicazione con<br />

l’ombelico attraverso un cordone fibroso (Fig. <strong>44</strong>-41), o più raramente<br />

attraverso una fistola pervia. L’aspetto più comune è quello di un diverticolo<br />

di circa 5 cm di lunghezza e 2 cm di diametro comunicante<br />

con l’ileo attraverso un’ampia apertura (Fig <strong>44</strong>-42). Le cellule che ricoprono<br />

il dotto vitellino sono pluripotenti; di conseguenza, non è raro<br />

trovare all’interno del diverticolo un tessuto eterotopico. La mucosa<br />

di più frequente riscontro è quella gastrica (presente in circa il 50%<br />

dei diverticoli di Meckel). Una mucosa pancreatica si trova nel 5% dei<br />

diverticoli; più raramente è presente una mucosa di tipo colico.<br />

Manifestazioni cliniche<br />

La maggior parte dei diverticoli di Meckel è benigna e viene scoperta<br />

accidentalmente in corso di autopsie, laparotomie, o studi con bario<br />

(Fig. <strong>44</strong>-43). La manifestazione clinica più frequente di un diverticolo<br />

di Meckel è un sanguinamento intestinale che può essere presente<br />

nel 25-50% dei pazienti con complicanze. L’emorragia è la manifestazione<br />

clinica più comune nei bambini al di sotto dei 2 anni.<br />

Figura <strong>44</strong>-42. Aspetto comune di un diverticolo di Meckel che protrude dal bordo<br />

antimesenterico dell’ileo.


908 ADDOME<br />

Figura <strong>44</strong>-43. Radiografia con bario che evidenzia un diverticolo di Meckel<br />

asintomatico (v. freccia). (Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D.,<br />

The University of Texas Medical Branch).<br />

Tale complicanza si può presentare come un’emorragia acuta massiva,<br />

come un’anemia secondaria ad un sanguinamento cronico, o come<br />

un evento episodico ricorrente e autolimitantesi. La fonte del<br />

sanguinamento è un’ulcera della mucosa ileale adiacente al diverticolo,<br />

che si forma per la secrezione acida della mucosa gastrica che<br />

riveste il diverticolo stesso.<br />

Un’altra manifestazione clinica comune di un diverticolo di<br />

Meckel è l’ostruzione intestinale, che può essere conseguenza di un<br />

volvolo del piccolo intestino attorno ad un diverticolo attaccato alla<br />

parete addominale da un legamento fibroso, di un’intussuscezione, o<br />

più di rado derivare dall’incarceramento del diverticolo in un’ernia<br />

inguinale (ernia di Littre). Il volvolo è un evento acuto e in caso di<br />

progressione porta allo strangolamento dell’intestino coinvolto. Nell’intussuscezione,<br />

un diverticolo a base larga si invagina e viene spinto<br />

in avanti dalla peristalsi. Questo fenomeno può avvenire a livello<br />

ileo-ileale o ileo-colico e si manifesta come un’ostruzione acuta con<br />

tenesmo, vomito precoce, e a volte passaggio di feci con il classico<br />

aspetto a gelatina di ribes. Può anche essere presente una massa palpabile.<br />

Nonostante sia possibile ridurre un’intussuscezione secondaria<br />

ad un diverticolo di Meckel con un clisma opaco, il paziente deve<br />

andare incontro ad un intervento di resezione del diverticolo per<br />

prevenire episodi ricorrenti di ostruzione intestinale.<br />

La diverticolite rappresenta dal 10 al 20% delle presentazioni cliniche.<br />

Tale complicanza è più frequente nei pazienti adulti. La diverticolite<br />

di Meckel è clinicamente indistinguibile da un’appendicite, e<br />

andrebbe presa in considerazione nella diagnosi differenziale di un<br />

dolore in fossa iliaca destra. Una progressione della diverticolite può<br />

portare ad una perforazione e ad una peritonite. È fondamentale ricordare<br />

che in caso di riscontro di un’appendice normale durante<br />

un’esplorazione per sospetta appendicite, l’ileo distale va ispezionato<br />

alla ricerca di un diverticolo di Meckel infiammato. Infine, complicanze<br />

molto più rare di un diverticolo di Meckel sono costituite<br />

dalle neoplasie. I tumori benigni quali i leiomiomi, gli angiomi e i lipomi,<br />

sono più frequenti; mentre le forme maligne comprendono<br />

degli adenocarcinomi, che originano dalla mucosa gastrica, i sarcomi,<br />

o i tumori carcinoidi.<br />

Esami diagnostici<br />

La diagnosi di un diverticolo di Meckel può risultare difficile. Le radiografie<br />

addominali, la TC, e l’ecografia sono raramente di aiuto. Nei<br />

bambini, l’unico test diagnostico accurato nella diagnosi di un diver-<br />

ticolo di Meckel è la scintigrafia con sodio 99m Tc-pertecnetato 110 .Il<br />

99m Tc-pertecnetato viene captato dalle cellule secernenti muco della<br />

mucosa gastrica e dal tessuto gastrico ectopico del diverticolo (Fig.<br />

<strong>44</strong>-<strong>44</strong>). La sensibilità diagnostica di questa metodica è dell’85%, con<br />

una specificità del 95% ed un’accuratezza del 90% in età pediatrica.<br />

Negli adulti, la metodica con 99m Tc-pertecnetato ha un’accuratezza<br />

minore per la ridotta prevalenza di mucosa gastrica ectopica all’interno<br />

del diverticolo. La sensibilità e la specificità possono essere<br />

aumentate con l’utilizzo di agenti farmacologici quali la pentagastrina,<br />

il glucagone o antagonisti dei recettori H 2 (cimetidina). La pentagastrina<br />

aumenta indirettamente il metabolismo delle cellule producenti<br />

muco, mentre il glucagone diminuisce la diluizione peristaltica<br />

e lo smaltimento del radionuclide all’interno del lume intestinale.<br />

La cimetidina viene usata allo scopo di aumentare la sensibilità<br />

della scintigrafia, in quanto riduce la secrezione peptica ma non l’assorbimento<br />

del radionucleotide e ritarda il rilascio del pertecnetato<br />

dal lume diverticolare, con conseguenti maggiori concentrazioni di<br />

radionuclide all’interno della parete del diverticolo.<br />

Nei pazienti adulti, qualora i risultati di tali studi di medicina nucleare<br />

risultino normali, bisognerà effettuare degli esami con bario.<br />

L’angiografia può risultare utile nei pazienti con emorragia acuta.<br />

Trattamento<br />

Il trattamento di un diverticolo di Meckel sintomatico consiste in un intervento<br />

chirurgico con resezione del diverticolo o resezione del segmento<br />

di ileo sede del diverticolo. La resezione intestinale segmentaria<br />

è necessaria in quei pazienti con sanguinamento intestinale, poiché<br />

spesso la sede del sanguinamento è nell’ileo adiacente al diverticolo. La<br />

resezione del diverticolo, nei casi di diverticolo di Meckel non sanguinante,<br />

viene fatta suturando la base del diverticolo, con sutura manuale<br />

o meccanica, seguendo una linea diagonale o trasversale per minimizzare<br />

il rischio di stenosi. Recenti studi hanno dimostrato che la diverticolectomia<br />

per via laparoscopica è una tecnica sicura 114 ,tuttavia<br />

mancano ancora dei dati sui risultati a lungo termine di tale procedura.<br />

Nonostante il trattamento di un diverticolo di Meckel complicato<br />

sia assodato, esistono ancora delle controversie riguardo al trattamento<br />

di un diverticolo di Meckel scoperto accidentalmente. Di solito,viene<br />

raccomandata la resezione di diverticoli asintomatici scoperti<br />

in bambini durante una laparotomia. Le indicazioni al trattamento<br />

di un diverticolo di Meckel scoperto accidentalmente in un paziente<br />

adulto rimangono tuttavia controverse. In uno studio fatto da Soltero<br />

e Bill 126 ,che rappresentò per numerosi anni la base per il trattamento<br />

chirurgico dei diverticoli di Meckel asintomatici nell’adulto, la<br />

probabilità che un diverticolo diventasse sintomatico venne stimata<br />

attorno al 2% o anche inferiore, mentre il tasso di morbidità a segui-<br />

Diverticolo<br />

di Meckel<br />

Vescica<br />

Stomaco<br />

Figura <strong>44</strong>-<strong>44</strong>. Scintigrafia con 99m Tecnezio che mostra un diverticolo di Meckel<br />

in un bambino. Il diverticolo si differenzia chiaramente dallo stomaco e dalla vescica.<br />

(Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of<br />

Texas Medical Branch).


to di un’asportazione chirurgica era, secondo alcuni studi, del 12%,<br />

superando così di gran lunga il potenziale beneficio di un trattamento<br />

profilattico. Tuttavia, tale studio venne criticato in quanto non si<br />

fondava su un’analisi di popolazione. Uno studio epidemiologico di<br />

popolazione condotto da Cullen e colleghi 29 ha valutato la possibilità<br />

di non trattare un diverticolo asintomatico scoperto accidentalmente.<br />

La stima del rischio di sviluppare una complicanza nel corso della vita<br />

è stata valutata attorno al 6,4%. L’incidenza delle complicanze non<br />

sembra avere un picco nel corso dell’infanzia, come si pensava in passato.<br />

La conclusione di tale studio è stata che un diverticolo scoperto<br />

accidentalmente andrebbe asportato a qualsiasi età fino agli 80 anni,<br />

a meno che non siano presenti delle condizioni (i.e., la peritonite) che<br />

ne rendano pericolosa la rimozione. Il tasso di complicanze postoperatorie<br />

a breve e a lungo termine per la rimozione profilattica sono risultate<br />

basse (circa il 2%) e la mortalità è risultata legata all’intervento<br />

primario o alle condizioni del paziente piuttosto che alla diverticolectomia.<br />

Quindi, questo studio, come altri studi più recenti, suggerisce<br />

che la diverticolectomia profilattica nell’adulto dovrebbe essere rivalutata<br />

e che in gruppi di pazienti selezionati tale procedura può essere<br />

utile e più sicura di quanto riportato in precedenza.<br />

PROBLEMI VARI<br />

Ulcerazioni dell’intestino tenue<br />

Le ulcerazioni dell’intestino tenue sono piuttosto infrequenti e possono<br />

essere dovute alla malattia di Crohn, alla febbre tifoide, alla tubercolosi,<br />

ad un linfoma, e a delle ulcere da gastrinoma (Tab. <strong>44</strong>-10).<br />

Si possono avere delle ulcerazioni da farmaci, attribuite in passato alle<br />

compresse rivestite di cloruro di potassio o ai corticosteroidi. Inoltre,<br />

sono state descritte delle ulcerazioni del piccolo intestino per le<br />

quali non è possibile identificare alcun agente causale 48 .Studi recenti<br />

suggeriscono che le complicanze del piccolo intestino legate all’assunzione<br />

di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) sono<br />

molto più frequenti di quanto si pensasse 64 .Le ulcere da FANS colpiscono<br />

soprattutto l’ileo, sotto forma di ulcerazioni singole o multiple.<br />

Le complicanze che richiedono un intervento chirurgico sono il<br />

sanguinamento, la perforazione e l’ostruzione. Oltre alle ulcerazioni,<br />

i FANS causano un’enteropatia caratterizzata da un aumento della<br />

permeabilità intestinale con conseguente perdita di proteine e ipoalbuminemia,<br />

malassorbimento, ed anemia. Uno studio recente, effettuato<br />

da Kessler e collaboratori 64 , ha identificato l’assunzione di<br />

FANS come responsabile di circa un 4% delle resezioni intestinali effettuate<br />

in un periodo di 3 anni. Spesso, questa causa non viene riconosciuta,<br />

e la diagnosi avviene con ritardo nei pazienti che si pre-<br />

TABELLA <strong>44</strong>-10. Cause di ulcerazioni dell’intestino tenue<br />

Infettive Tubercolosi, sifilide, citomegalovirus, tifo,<br />

parassiti, iperinfezione da Strongyloides,<br />

Campylobacter, Yersiniosis<br />

Infiammatorie Malattia di Crohn, lupus eritematoso sistemico,<br />

malattia celiaca, colite ulcerosa<br />

Ischemiche Insufficienza mesenterica<br />

Idiopatiche Ulcere primitive, sindrome di Behçet<br />

Indotte da farmaci Potassio, indometacina, fenilbutazone,<br />

salicilati, antimetabolici<br />

Radiazioni Terapeutiche, accidentali<br />

Vascolari Vasculiti, arterite a cellule giganti, amiloidosi<br />

(lesioni ischemiche), linfoma angiocentrico<br />

Metaboliche Uremia<br />

Iperacidità Sindrome di Zollinger-Ellison, diverticolo di<br />

Meckel, ulcerazioni stomali<br />

Neoplastiche Linfomi, adenocarcinomi, melanomi<br />

Tossiche Digiunoileite acuta (Clostridium perfringens<br />

produttore di β-tossina), arsenico<br />

Lesioni mucose Enterocolite linfocitica<br />

Adattata da Rai R, Bayless TM: Isolated and diffuse ulcers of the small intestine.<br />

In Feldman M, Scharschmidt BF, Sleisenger MH (eds.): Gastrointestinal<br />

and Liver Disease: Pathophysiology/Diagnosis/Management. Philadelphia, WB<br />

Saunders 1998, pp. 1771-1778.<br />

INTESTINO TENUE 909<br />

Figura <strong>44</strong>-45. Addome in bianco che mostra numerosi corpi estranei ingeriti in<br />

un paziente con ostruzione intestinale del piccolo intestino. (Per gentile concessione<br />

di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University of Texas Medical Branch).<br />

sentano con sanguinamento. Il trattamento delle complicanze di<br />

un’ulcerazione dell’intestino tenue è una resezione segmentaria con<br />

rianastomosi intestinale diretta.<br />

Ingestione di corpi estranei<br />

L’ingestione di corpi estranei, che può causare una perforazione o<br />

un’ostruzione del tratto gastroenterico, avviene di solito accidentalmente.<br />

I corpi estranei possono essere frammenti di vetro o di metallo,<br />

spilli, aghi, stuzzicadenti, lische, monete, fischietti, giocattoli,<br />

lame da rasoio rotte, e tanti altri (Fig. <strong>44</strong>-45). L’ingestione intenzionale<br />

di corpi estranei si può avere nei carcerati e nei malati di mente.<br />

Nella maggior parte dei pazienti il trattamento consiste nell’osservazione<br />

clinica, nel corso della quale si può assistere al passaggio<br />

senza complicazioni di questi oggetti attraverso il tratto enterico 146 .<br />

Se l’oggetto è radioopaco, il suo passaggio può essere seguito con una<br />

serie di radiografie addominali. La somministraione di agenti catartici<br />

è controindicata. Gli oggetti taglienti ed appuntiti quali gli aghi,<br />

le lame da rasoio, o le lische, possono penetrare nella parete intestinale.<br />

In caso di dolore addominale, dolorabilità, febbre o leucocitosi,<br />

è consigliata una laparotomia immediata con rimozione chirurgica<br />

del corpo estraneo. La laparotomia va eseguita anche in caso di<br />

ostruzione intestinale.<br />

Fistole dell’intestino tenue<br />

Le fistole enterocutanee sono in genere di natura iatrogena, spesso<br />

come risultato di un problema chirurgico (e.g., deiscenza anastomotica,<br />

lesione intestinale o vascolare, lacerazione dell’intestino da parte<br />

di reti protesiche o punti di sutura) 131 .Inoltre, le fistole si possono<br />

formare in seguito all’erosione da parte di cateteri in aspirazione,<br />

ascessi adiacenti, o traumi. I fattori favorenti la formazione di fistole<br />

sono costituiti da una precedente radioterapia, un’ostruzione intestinale,<br />

una malattia infiammatoria intestinale, una patologia vascolare<br />

del distretto mesenterico, o una sepsi intra-addominale. Meno del<br />

2% delle fistole enterocutanee si formano spontaneamente, e sono di<br />

solito dovute alla malattia di Crohn.


910 ADDOME<br />

TABELLA <strong>44</strong>-11. Fattori che rendono impossibile la chiusura<br />

spontanea delle fistole<br />

Alta portata (> 500 ml/24 ore)<br />

Severa alterazione della continuità intestinale (superiore al 50% della<br />

circonferenza intestinale)<br />

Malattia infiammatoria attiva a livello del segmento intestinale<br />

Cancro<br />

Enterite da radiazioni<br />

Ostruzione distale<br />

Cavità ascessuale non drenata<br />

Corpo estraneo nel tragitto fistoloso<br />

Tratto fistoloso di lunghezza < a 2,5 cm<br />

Epitelializzazione del tramite fistoloso<br />

Il riconoscimento delle fistole enterocutanee non è di solito difficile.<br />

La presentazione clinica caratteristica è quella di un paziente che nel<br />

periodo postoperatorio diviene febbrile, con la ferita chirurgica eritematosa.<br />

Alla rimozione di alcuni punti di sutura, si nota una perdita di<br />

materiale purulento o ematico seguita da uno scolo di materiale enterico,che<br />

avviene di solito dopo 1 o 2 giorni, ma in alcuni casi può avvenire<br />

immediatamente. In caso di diagnosi dubbia, si può ottenere<br />

una conferma somministrando per via orale un marcatore non assorbibile,<br />

come il charcoal o il rosso Congo, oppure iniettando nella fistola<br />

un contrasto idrosolubile. Questa è la manifestazione più comune di<br />

una fistola dell’intestino tenue, nella quale il processo rimane più o<br />

meno confinato all’area di lesione del piccolo intestino. Più di rado,<br />

queste fistole si presentano con una peritonite generalizzata.<br />

Le fistole enterocutanee vengono classificate in funzione della loro<br />

localizzazione e della loro escrezione giornaliera. Questi fattori influenzano<br />

sia il trattamento che il tasso di mortalità e la morbidità.<br />

In generale, tanto più prossimale è una fistola e tanto più grave sarà<br />

il problema, sia per la maggior perdita di fluidi ed elettroliti, che per<br />

la maggiore lunghezza del segmento intestinale distale che non è più<br />

disponibile per l’assorbimento dei nutrimenti. Le fistole ad alta portata<br />

sono quelle con una perdita di 500 ml o più nelle 24 ore. I fattori<br />

che impediscono una chiusura spontanea della fistola sono illustrati<br />

nella Tabella <strong>44</strong>-11.<br />

Andrebbero eseguiti esami radiografici della fistola, con iniezione<br />

di mezzo di contrasto idrosolubile all’interno del tragitto, per evidenziare<br />

precocemente la presenza e l’estensione di un’eventuale cavità<br />

ascessuale; per avere informazioni sulla lunghezza del tramite,<br />

sulle dimensioni della lesione della parete intestinale, e sulla localizzazione<br />

della fistola e per determinare se sia presente un’ostruzione<br />

distale. La TC è utile nel determinare l’eventuale presenza di raccolte<br />

fluide o purulente. A volte, tali raccolte possono essere drenate per<br />

via percutanea.<br />

Le complicanze più importanti di una fistola del piccolo intestino<br />

sono: la sepsi, la deplezione di fluidi ed elettroliti, la necrosi cutanea<br />

in vicinanza del foro di uscita, e la malnutrizione. La mortalità dei<br />

pazienti con fistole enterocutanee rimane elevata, con alcuni studi<br />

che riportano un’incidenza pari al 15-20%.<br />

Trattamento<br />

Il trattamento dei pazienti con fistole intestinali comprende: il posizionamento<br />

di un drenaggio aspirativo, la terapia della sepsi, la prevenzione<br />

della deplezione di fluidi ed elettroliti, la protezione della<br />

cute, e un adeguato apporto nutrizionale al paziente. Il controllo delle<br />

perdite della fistola avviene con l’incannulazione del tragitto fistoloso<br />

con un drenaggio 95 . La protezione della cute attorno al foro di<br />

uscita è importante nel prevenire delle escoriazioni e la distruzione<br />

della cute. Tale protezione può essere eseguita applicando una placca<br />

da stomia in associazione con ossido di zinco, unguento di pasta<br />

di alluminio, o polvere di karaya. Il catetere in aspirazione fuoriesce<br />

a livello della placca, che viene ritagliata in modo da avere le dimensioni<br />

dell’apertura della fistola. Questo permette la quantificazione<br />

delle perdite. L’utilizzo della NPT ha notevolmente migliorato il trattamento<br />

dei pazienti con fistole enterocutanee e previene i problemi<br />

legati alla malnutrizione 123 .<br />

Il volume delle perdite legato ad una fistola prossimale può rappresentare<br />

un notevole problema. Gli agenti che inibiscono la motilità<br />

intestinale, quali la codeina ed il difenossilato, non sono in genere<br />

di alcun aiuto. L’octreotide, analogo della somatostatina a lunga<br />

durata d’azione, è stato utilizzato nei pazienti con fistole enterocutanee<br />

ottenendo una notevole riduzione delle perdite dalla fistola<br />

113 .Alcuni studi hanno dimostrato che l’octreotide aumenta la<br />

frequenza di chiusura delle fistole, mentre altri studi non hanno<br />

documentato tale effetto. Tuttavia, non vi sono dubbi che l’octreotide<br />

migliori i problemi legati ad una notevole perdita volumetrica<br />

e permetta un miglior controllo del tragitto fistoloso.<br />

Quando la sepsi è sotto controllo ed è stata instaurata una terapia<br />

nutrizionale, si può iniziare con una terapia di tipo conservativo.<br />

Alcuni consigliano un trattamento di tipo conservativo per<br />

una durata pari a 3 mesi, per consentire la chiusura spontanea del<br />

tragitto fistoloso. Tuttavia, Reber e collaboratori 104 hanno mostrato<br />

che, una volta controllata la sepsi, più del 90% delle fistole del<br />

piccolo intestino che si erano chiuse lo avevano fatto nel giro di 1<br />

mese; meno del 10% nel giro di 2 mesi, e nessuna fistola si era<br />

chiusa spontaneamente dopo 3 mesi. Quindi, appare ragionevole<br />

seguire un trattamento di tipo conservativo per 4-6 settimane,<br />

passate le quali, in caso di mancata chiusura della fistola si dovrà<br />

prendere in considerazione un trattamento di tipo chirurgico.<br />

Questo periodo di terapia conservativa non solo permette la risoluzione<br />

di quelle fistole che guariscono spontaneamente, ma consente<br />

di ottimizzare lo stato nutrizionale del paziente e di tenere<br />

sotto controllo la ferita e le sedi della fistola. Inoltre, un’attesa ragionevole<br />

permette alla reazione peritoneale e all’infiammazione<br />

di risolversi, rendendo un eventuale intervento chirurgico più<br />

semplice e sicuro.<br />

L’intervento chirurgico risulta più semplice se si esegue una laparotomia<br />

sulla precedente cicatrice addominale stando attenti a<br />

non danneggiare l’intestino adeso alla parete. L’intervento in genere<br />

preferito consiste in un’escissione del tragitto fistoloso con resezione<br />

segmentaria dell’intestino coinvolto e rianastomosi diretta.<br />

Una semplice chiusura della fistola dopo escissione del tragitto fistoloso<br />

porta quasi sempre ad una recidiva. Se ci si trova inaspettatamente<br />

di fronte ad un ascesso o se la parete addominale è rigida<br />

e distesa per un lungo tratto, il che rende il confezionamento di<br />

un’anastomosi diretta poco sicuro, sarà opportuno eseguire una<br />

duplice enterostomia. Sono state inoltre descritte numerose procedure<br />

di bypass, facenti parte di un approccio a stadi nel quale in un<br />

primo intervento si esclude ed in un secondo intervento si reseca il<br />

segmento intestinale sede della fistola. Nonostante questo tipo di<br />

intervento possa essere necessario in alcune circostanze, non è certamente<br />

il trattamento chirurgico preferito.<br />

Riassumendo, le fistole enterocutanee sono spesso il risultato di<br />

precedenti procedure chirurgiche. Una volta identificate, bisogna<br />

eseguire degli studi radiologici per definirne la localizzazione e gli<br />

altri aspetti, quali la presenza di una cavità ascessuale o la lesione<br />

della parete addominale. L’esame più diretto è un fistulogramma,<br />

ma anche la TC può essere di aiuto in alcuni pazienti. Gli elementi<br />

chiave nel trattamento di una fistola enterocutanea includono il<br />

controllo della sepsi, della deplezione di fluidi ed elettroliti, della<br />

necrosi cutanea e della malnutrizione. La maggior parte delle fistole<br />

si risolve spontaneamente dopo 4-6 settimane di terapia conservativa.<br />

Se la chiusura non avviene dopo tale lasso di tempo, sarà indicato<br />

un intervento chirurgico.<br />

Pneumatosi intestinale<br />

La pneumatosi intestinale, è una condizione rara, che si manifesta<br />

con la presenza di multiple cisti ripiene di gas a livello del tratto gastroenterico.<br />

Le cisti si localizzano a livello della sottosierosa, della<br />

sottomucosa, e più di rado negli strati muscolari, e variano da dimensioni<br />

microscopiche a più centimetri di diametro. Possono originare<br />

in qualsiasi punto del tratto gastroenterico, dall’esofago al<br />

retto; tuttavia sono più frequenti nel digiuno, seguito dalla regione<br />

ileociecale e dal colon. Possono inoltre essere coinvolte anche delle<br />

strutture extraintestinali quali il mesentere, il peritoneo, ed il legamento<br />

falciforme. L’incidenza è identica nei due sessi, e tale condizione<br />

è più frequente tra la quarta e la settima decade di vita. Nei


neonati la pneumatosi si associa in genere all’enterocolite necrotizzante.<br />

La causa della pneumatosi intestinale non è tuttora chiara.<br />

Sono state proposte numerose teorie, tra le quali quella meccanica,<br />

di un possibile danno mucosale, batterica, e polmonare appaiono<br />

essere le più promettenti.<br />

Studi recenti hanno dimostrato che la maggior parte dei casi di<br />

pneumatosi intestinale è associata ad una pneumopatia cronica<br />

ostruttiva o ad uno stato di immunocompromissione (e.g., AIDS,<br />

post-trapianto, leucemie, linfomi, vasculiti o malattie vascolari del<br />

collagene, pazienti in chemioterapia o terapia steroidea) 45, 98 .Altre<br />

condizioni associate comprendono quelle infiammatorie, infettive o<br />

ostruttive dell’intestino; condizioni iatrogene quali un’endoscopia o<br />

una digiunostomia; l’ischemia; e patologie extraintestinali quali il<br />

diabete. Una pneumatosi che non si associa ad altre lesioni viene<br />

chiamata pneumatosi primaria.<br />

Macroscopicamente, la cisti assomiglia ad un linfangioma cistico<br />

o ad una cisti idatidea. Alla sezione istologica, la porzione interessata<br />

ha un aspetto crivellato. Le cisti hanno una parete sottile e<br />

si rompono facilmente. Le rotture spontanee sono causa di pneumoperitoneo.<br />

I sintomi sono aspecifici e, nelle pneumatosi associate<br />

ad altre condizioni morbose, la sintomatologia è quella della<br />

patologia di base. I sintomi della pneumatosi primaria, quando<br />

presenti, sono: diarrea, dolore addominale, distensione addominale,<br />

nausea, vomito, calo ponderale, e feci associate a muco. Possono<br />

essere presenti anche ematochezia e constipazione. Le complicanze<br />

associate alla pneumatosi intestinale si sviluppano in circa il<br />

3% dei casi e comprendono il volvolo, l’ostruzione intestinale, l’emorragia<br />

e la perforazione intestinale. Uno pneumoperitoneo si<br />

sviluppa con maggior frequenza nelle pneumatosi dell’intestino<br />

tenue piuttosto che in quelle del crasso. La peritonite è rara. Di fatto,<br />

la pneumatosi intestinale rappresenta uno dei pochi casi di<br />

pneumoperitoneo sterile e dovrebbe essere sospettata nei pazienti<br />

con aria libera in addome ma senza evidenti segni di peritonite.<br />

La diagnosi viene fatta con un addome a vuoto o con l’ausilio di<br />

esami con bario. Nell’addome a vuoto sono evidenti delle aree radiotrasparenti<br />

a livello della parete addominale, da non confondere<br />

con dell’aria presente all’interno del lume (Fig. <strong>44</strong>-46). La radiotrasparenza<br />

può essere lineare o curvilinea, o avere un aspetto a grappolo<br />

o a piccole bolle. In alternativa, la diagnosi viene confermata<br />

dalla TC o utilizzando del bario come mezzo di contrasto. Le cisti<br />

possono essere visualizzate anche all’ecografia.<br />

Figura <strong>44</strong>-46. Addome in bianco che mostra una pneumatosi intestinale (v.<br />

frecce). (Per gentile concessione di Melvyn H. Schreiber, M.D., The University<br />

of Texas Medical Branch).<br />

INTESTINO TENUE 911<br />

Non è necessario alcun trattamento, a meno che non si verifichi<br />

qualche rara complicanza come una rettorragia, un volvolo indotto<br />

dalla cisti, o uno pneumoperitoneo in tensione. Nella maggior<br />

parte dei pazienti, la prognosi è quella della patologia di base. Il<br />

punto fondamentale è di riconoscere la pneumatosi come una causa<br />

benigna di pneumoperitoneo. Il trattamento andrebbe focalizzato<br />

sulla malattia di base e l’intervento chirurgico stabilito in funzione<br />

del decorso del paziente.<br />

Sindrome dell’ansa cieca<br />

Èuna condizione rara che si manifesta con diarrea, steatorrea, anemia<br />

megaloblastica, calo ponderale, dolore addominale, carenza di<br />

vitamine liposolubili (A, D, E e K), e disturbi neurologici. La causa<br />

di tale sindrome è una sovracrescita batterica in aree di ristagno del<br />

piccolo intestino, che si formano in seguito a stenosi, fistole o diverticoli<br />

(e.g., diverticoli digiunali o di Meckel) 65 .Di solito, la porzione<br />

alta del tratto gastroenterico contiene meno di 10 5 batteri per<br />

ml, costituiti soprattutto da aerobi gram positivi e anaerobi facoltativi.<br />

Tuttavia, la stasi favorisce l’eccessiva proliferazione di batteri<br />

aerobi ed anaerobi (sono presenti in elevato numero: bacteroides,<br />

lattobacilli anaerobi, coliformi, ed enterococchi). I batteri competono<br />

nell’utilizzo della vitamina B 12 causando una deficienza di tale<br />

vitamina e un’anemia megaloblastica.<br />

La sindrome viene diagnosticata con una serie di esami di laboratorio.<br />

La sovracrescita batterica è confermata con delle colture ottenute<br />

tramite un sondino o con dei test indiretti quali i breath test con<br />

14 C-xilosio o con 14 C-colilglicina. L’eccessivo utilizzo da parte dei batteri<br />

di substrati del 14 C porta ad un’aumentata produzione di 14 CO 2.<br />

Una volta confermate la sovracrescita batterica e la steatorrea, andrebbe<br />

eseguito un test di Schilling ( 57 assorbimento di vitamina B 12<br />

coniugata) che dovrebbe rivelare un’escrezione urinaria di vitamina<br />

B 12 simile a quella dell’anemia perniciosa (perdita urinaria di vitamina<br />

B 12 tra lo 0 ed il 6% contro valori normali tra il 7 ed il 25%). Nei<br />

pazienti con sindrome dell’ansa cieca l’escrezione non si modifica<br />

con la somministrazione di fattore intrinseco, ma l’assorbimento di<br />

vitamina B 12 torna a valori normali in seguito ad una terapia antibiotica<br />

ad ampio spettro (e.g., tetracicline).<br />

Il trattamento dei pazienti con sindrome dell’ansa cieca è costituito<br />

da una terapia parenterale con vitamina B 12 e antibiotici ad ampio<br />

spettro, di solito tetracicline o amoxicillina/acido clavulanico (augmentin).<br />

Una scelta alternativa è l’associazione di una cefalosporina<br />

(e.g., cefalessina {Keflex}) con il metronidazolo. Se tali agenti non sono<br />

efficaci si può usare del cloramfenicolo. Nella maggior parte dei<br />

pazienti un solo ciclo di terapia (7-10 giorni) è sufficiente, ed il soggetto<br />

rimane asintomatico per mesi. Sono stati usati anche degli<br />

agenti procinetici, ma senza ottenere un gran successo. La correzione<br />

chirurgica della condizione che causa il ristagno e quindi la sindrome<br />

dell’ansa cieca, porta ad una guarigione definitiva ed è indicata<br />

in quei pazienti che richiedono cicli multipli di terapia antibiotica<br />

o che sono in terapia continua.<br />

Enterite da radiazioni<br />

La radioterapia viene comunemente utilizzata come terapia adiuvante<br />

in diversi tumori addominali e pelvici. Oltre alla cellule tumorali,<br />

anche i tessuti normali ad elevato indice mitotico possono<br />

essere lesi dalle radiazioni. Il tessuto normale circostante la lesione<br />

tumorale, come ad esempio l’epitelio dell’intestino tenue, può subire<br />

effetti deleteri importanti di tipo acuto o cronico 102 . La quantità<br />

di radiazioni è direttamente correlata alla probabilità di sviluppare<br />

un’enterite. Le complicanze tardive severe sono rare se il dosaggio<br />

totale di radiazioni è inferiore a 4000 cGy; la morbidità aumenta per<br />

dosaggi superiori a 5000 cGy 145 .Determinati fattori, quali precedenti<br />

interventi chirurgici, una preesistente malattia vascolare, l’ipertensione,<br />

il diabete, una terapia adiuvante con alcuni agenti chemioterapici<br />

come il 5-fluorouracile, la doxorubicina, l’actinomicina<br />

D ed il metotrexate, contribuiscono allo sviluppo di un’enterite dopo<br />

terapia radiante. Aver subito precedenti interventi chirurgici aumenta<br />

il rischio di enterite probabilmente per la formazione di aderenze<br />

che fissano delle porzioni di intestino tenue alle zone irradia-


912 ADDOME<br />

Figura <strong>44</strong>-47. Fotogafia microscopica dell’ileo di un paziente con ulcerazioni e<br />

stenosi secondarie ad enterite da radiazioni. Da notare l’arterite obliterante, le<br />

pareti arteriose ispessite, e la fibrosi sottomucosa (v. frecce), che sono dei riscontri<br />

caratteristici di una lesione cronica da radiazioni. (Per gentile concessione<br />

di Mary R. Schwartz M.D., Baylor College of Medicine).<br />

te. Il danno da radiazioni è di solito acuto ed autolimitantesi, con<br />

sintomi costituiti da diarrea, dolore addominale e malassorbimento.<br />

Gli effetti tardivi delle lesioni da radiazione sono il risultato di un<br />

danno ai piccoli vasi sanguigni della sottomucosa con progressiva<br />

arterite obliterante e fibrosi sottomucosa, che portano infine ad una<br />

trombosi e ad insufficienza vascolare 35, 97 (Fig. <strong>44</strong>-47). Tale lesione<br />

può produrre una necrosi con perforazione dell’intestino coinvolto,<br />

ma più di frequente porta alla formazione di stenosi, con sintomi<br />

ostruttivi, o di fistole.<br />

L’enterite da radiazioni può essere minimizzata ottimizzando gli<br />

accessi e i dosaggi della radioterapia, in modo tale da trattare in maniera<br />

ottimale e specifica il tumore, risparmiando i tessuti circostanti.<br />

Il posizionamento di markers radioopachi, quali delle clip in titanio,<br />

al momento del primo intervento, permette una valutazione più<br />

accurata della terapia radiante. La riperitonealizzazione, la trasposizione<br />

dell’omento, il bendaggio con rete riassorbibile, sono metodi<br />

utilizzati per escludere l’intestino sano dalla zona da irradiare 22, 36 .<br />

Sono stati descritti numerosi interventi farmacologici con lo<br />

scopo di ridurre gli effetti collaterali dell’enterite da radiazioni. Il<br />

sucralfato si è dimostrato utile nel ridurre la diarrea associata all’enterite.<br />

La superossido dismutasi, uno scavenger dei radicali liberi,<br />

riduce le complicanze. Altri composti presi in considerazione<br />

sono stati il glutatione, degli antiossidanti (e.g., vitamina A, vitamina<br />

E e beta-carotene) e antagonisti dell’istamina. Ulteriori<br />

agenti che si sono dimostrati utili a livello sperimentale nel prevenire<br />

i sintomi acuti di un’enterite acuta da radiazioni sono: formulazioni<br />

enterali arricchite con glutamina, la bombesina, l’ormone<br />

della crescita, il peptide 2 simil-glucagone ed il fattore 1 di<br />

crescita insulino-simile 4, 25, 66 .<br />

Lo scopo del trattamento dell’enterite acuta da radiazione è di<br />

controllare i sintomi. Gli antispastici e gli analgesici alleviano i dolori<br />

ed i crampi addominali, mentre la diarrea risponde bene agli oppiacei<br />

o ad altri agenti antidiarroici. L’utilizzo di steroidi è di dubbia<br />

utilità. Anche un trattamento dietetico può ridurre i sintomi dell’enterite,tuttavia,<br />

i risultati non sono certi.<br />

Un intervento chirurgico è necessario in alcuni pazienti che presentano<br />

gli effetti cronici dell’enterite da radiazioni. Questo sottogruppo<br />

di pazienti costituisce solo una piccola percentuale (2-3%)<br />

di tutti i pazienti sottoposti a radioterapia pelvica o addominale.<br />

Costituiscono le indicazioni all’intervento chirurgico l’ostruzione,<br />

le fistole, la perforazione, ed il sanguinamento; l’ostruzione è la<br />

causa di intervento più frequente. I tipi di intervento comprendono<br />

le procedure di bypass e le resezioni con rianastomosi diretta 88 .<br />

I sostenitori delle procedure di bypass affermano che tali tecniche<br />

sono più sicure e che permettono un miglior controllo dei sintomi<br />

rispetto alle resezioni. I sostenitori delle tecniche resettive dichiarano<br />

che le elevate mortalità e morbidità riportate riflettono un’inadeguata<br />

resezione e rianastomosi dell’intestino malato. Nei pazienti<br />

che si presentano con un’ostruzione bisognerebbe lisare accuratamente<br />

tutte le aderenze. Un’ostruzione dovuta a delle anse rigide<br />

e fisse viene bypassata più facilmente. Se sono state pianificate una<br />

resezione e una rianastomosi, almeno una delle estremità dell’anastomosi<br />

dovrebbe essere ricavata da una porzione di intestino distante<br />

dalla zona irradiata. Se viene montata un’anastomosi tra segmenti<br />

intestinali colpiti da malattia, l’incidenza di deiscenze dell’anastomosi<br />

arriva fino al 50%, per le scarse capacità resistive dell’intestino<br />

irradiato. I riscontri macroscopici possono non essere sufficientemente<br />

accurati nella valutazione della reale estensione del<br />

danno da radiazioni. A tale scopo vengono usate delle sezioni congelate<br />

e la flussimetria con laser Doppler. Tuttavia, i dati riguardo<br />

l’utilità di queste tecniche sono discordanti. La perforazione intestinale<br />

va trattata con una resezione ed una rianastomosi diretta.<br />

Qualora una rianastomosi risulti pericolosa, sarà opportuno confezionare<br />

una duplice enterostomia.<br />

L’enterite da radiazioni si può talora comportare come un processo<br />

morboso inesorabile. Circa la metà dei pazienti che sopravvivono<br />

ad una prima laparotomia per lesioni intestinali da radiazioni richiede<br />

un successivo intervento chirurgico per il progredire del danno<br />

intestinale. Circa il 25% di questi pazienti muore per l’enterite da radiazioni<br />

o per le sue complicanze.<br />

Sindrome dell’intestino corto<br />

La sindrome dell’intestino corto si instaura quando la lunghezza totale<br />

dell’intestino tenue diventa inadeguata nel garantire la funzione<br />

nutrizionale. Il 75% dei casi di intestino corto sono dovuti a delle<br />

resezioni intestinali estese 119 .Nell’adulto le cause più frequenti sono<br />

un’occlusione mesenterica, un volvolo, ed una lesione traumatica<br />

dei vasi mesenterici superiori. In un 25% dei casi le cause sono<br />

delle resezioni sequenziali multiple, frequentemente associate a malattia<br />

di Crohn recidiva. Nei neonati, la causa più frequente di sindrome<br />

dell’intestino corto è una resezione intestinale secondaria ad<br />

un’enterocolite necrotizzante. Le manifestazioni cliniche di tale sindrome<br />

sono: diarrea, deficienza di fluidi ed elettroliti, e malnutrizione.<br />

Altre complicanze sono un’aumentata incidenza di calcoli<br />

della colecisti per alterazioni del ricircolo enteroepatico e di nefrolitiasi<br />

da iperossaluria. Le deficienze nutrizionali specifiche vanno<br />

prevenute con il monitoraggio dei livelli di ferro, magnesio, zinco,<br />

rame, e vitamine. La probabilità che un paziente con sindrome dell’intestino<br />

corto diventi dipendente in modo definitivo da una NPT<br />

è influenzata dalla lunghezza, dalla localizzazione e dallo stato dell’intestino<br />

residuo.<br />

L’intestino possiede una straordinaria capacità di adattamento dopo<br />

una resezione, ed in molti casi, questo processo, chiamato iperplasia<br />

adattativa, previene le gravi complicanze che risultano dalla riduzione<br />

dell’area a disposizione per l’assorbimento e la digestione 37 .<br />

Tuttavia, qualunque meccanismo adattativo risulta inadeguato se è<br />

stato sacrificato troppo intestino tenue. Nonostante le variazioni individuali,<br />

una resezione fino al 70% dell’intestino tenue è tollerata se<br />

l’ileo terminale e la valvola ileociecale sono preservati. La sola lunghezza<br />

non rappresenta tuttavia l’unico fattore determinante per le<br />

complicanze. Ad esempio, se i due terzi distali dell’ileo, compresa la<br />

valvola ileociecale, vengono resecati, saranno presenti anomalie importanti<br />

nell’assorbimento di sali biliari e vitamina B 12, con conseguenti<br />

diarrea ed anemia, nonostante manchi solo un 25% della lunghezza<br />

totale dell’intestino. Una resezione intestinale prossimale viene<br />

tollerata molto meglio di una resezione distale, in quanto l’ileo si<br />

adatta ed aumenta la sua capacità assorbente molto piu efficacemente<br />

del digiuno.<br />

Trattamento<br />

L’aspetto fondamentale da tenere a mente nella sindrome dell’intestino<br />

corto è la prevenzione. Nei pazienti con malattia di Crohn sarà


opportuno eseguire delle resezioni limitate alla sede specifica della<br />

complicanza. Inoltre, in corso di interventi per un’ischemia intestinale,<br />

bisogna eseguire una resezione più limitata possibile e, se necessario,<br />

effettuare un secondo intervento per permettere all’intestino<br />

ischemico di demarcarsi, evitando in tal modo delle resezioni<br />

estese inutili.<br />

In seguito ad una resezione intestinale estesa, il trattamento andrebbe<br />

diviso in due fasi, una precoce ed una tardiva. Nella fase precoce,<br />

la terapia ha lo scopo di controllare la diarrea, garantire un adeguato<br />

apporto di fluidi ed elettroliti, ed instaurare una NPT 143, 151 .Le<br />

perdite volumetriche possono eccedere i 5 litri al giorno, ed è quindi<br />

necessario monitorare l’apporto e le perdite idroelettrolitiche per ottenere<br />

un bilancio adeguato. La diarrea in queste prime fasi può avere<br />

innumerevoli cause. Per esempio, in seguito ad una resezione intestinale<br />

estesa sono presenti un’ipergastrinemia ed un’ipersecrezione<br />

gastrica, le quali contribuiscono notevolmente alla diarrea. L’ipersecrezione<br />

acida viene trattata con degli antagonisti dei recettori H 2<br />

o dei bloccanti della pompa protonica come l’omeprazolo. La diarrea<br />

può anche essere causata da una resezione ileale che altera il ricircolo<br />

enteroepatico, con conseguente eccessiva quantità di sali biliari<br />

che arrivano al colon. La colestiramina è di beneficio nei casi in<br />

cui la diarrea sia il risultato di un effetto catartico dei sali biliari a livello<br />

colico. In aggiunta, è utile l’utilizzo di agenti che inibiscono la<br />

motilità intestinale (e.g., codeina e difenossilato). Anche l’octreotide,<br />

analogo a lunga durata d’azione della somatostatina, riduce la diarrea<br />

durante la fase iniziale di una sindrome dell’intestino corto 135 .Alcuni<br />

studi suggeriscono che l’octreotide inibisca il processo di adattamento<br />

dell’intestino; altri studi tuttavia non confermano tale effetto<br />

negativo.<br />

Non appena il paziente si riprende da questa fase acuta, sarà opportuno<br />

iniziare una nutrizione enterale, di modo che il processo<br />

di adattamento intestinale inizi precocemente e progredisca con<br />

successo. I tipi più comuni di diete enterali sono quelle elementari<br />

(Vivonex, Flexical) o polimeriche (Isocal, Ensure). Esistono delle<br />

controversie riguardo alle diete ottimali per questi pazienti. Inizialmente,<br />

è consigliabile una dieta ad elevato contenuto di carboidrati<br />

e proteine, per ottimizzare l’assorbimento. I latticini andrebbero<br />

evitati e la dieta andrebbe iniziata a concentrazioni iso-osmolari e<br />

in piccole quantità. Con l’adattamento intestinale, l’osmolarità, il<br />

volume e le concentrazioni caloriche possono essere aumentate. La<br />

preparazione dei nutrimenti nella loro forma più semplice costituisce<br />

una parte fondamentale del trattamento. Gli zuccheri semplici,<br />

i dipeptidi ed i tripeptidi vengono rapidamente assorbiti dall’intestino.<br />

La riduzione dei grassi nella dieta è stata considerata a lungo<br />

importante nei pazienti con sindrome dell’intestino corto. Tuttavia,<br />

è opportuno supplementare la dieta con 100 g o più di grassi,<br />

soprattutto trigliceridi a catena media che vengono assorbiti dall’intestino<br />

prossimale. Sono inoltre importanti le aggiunte di vitamine,<br />

in particolare quelle liposolubili, e di calcio, magnesio e zinco.Si<br />

sta ancora valutando il ruolo della somministrazione sistemica<br />

di ormoni e di quella enterale di glutamina. Numerosi studi sperimentali<br />

hanno dimostrato un ruolo degli ormoni neurotensina,<br />

bombesina e peptide glucagone-simile di tipo 2, nello stimolare la<br />

crescita mucosale e nel prevenire l’atrofia enterica da NPT. La terapia<br />

combinata appare più efficace della somministrazione di un<br />

singolo agente 38, 57 .<br />

Altri due ormoni di derivazione non enterica, valutati in numerosi<br />

studi sperimentali e in alcuni trials clinici, sono l’ormone della<br />

crescita ed il fattore di crescita insulino-simile di tipo I. In uno studio<br />

clinico non controllato, Berne e colleghi 18 hanno utilizzato una<br />

combinazione di ormone della crescita, glutamina, e di una dieta<br />

modificata, ed hanno dimostrato una riduzione o un’eliminazione<br />

nell’utilizzo della NPT in pazienti con sindrome dell’intestino corto<br />

che erano dipendenti da questa terapia. Tuttavia, in uno studio randomizzato<br />

placebo-controllo in doppio cieco, Scolapio e colleghi 118<br />

hanno dimostrato un modesto miglioramento nell’assorbimento<br />

elettrolitico, ma nessuna variazione nella morfologia dell’intestino<br />

tenue, nelle perdite fecali, o nell’assorbimento di macronutrimenti,<br />

con l’utilizzo di una combinazione di glutamina ed ormone della<br />

crescita. Quindi, l’efficacia di questo trattamento nei pazienti NPTdipendenti<br />

è ancora da stabilire. La combinazione di numerosi or-<br />

INTESTINO TENUE 913<br />

moni trofici con la glutamina, e una dieta modificata potrebbero<br />

avere una certa efficacia in questo gruppo di pazienti complessi 150 .<br />

Sono state valutate un certo numero di strategie chirurgiche, da<br />

utilizzare nei pazienti NPT-dipendenti, con risultati scarsi; queste<br />

comprendono procedure che rallentano il transito intestinale, altre<br />

che aumentano l’area di assorbimento, ed il trapianto di intestino<br />

tenue 136 .Le tecniche che rallentano il transito intestinale hanno ottenuto<br />

scarsi risultati e consistono nella costruzione di varie valvole<br />

e sfinteri. Vengono inoltre interposti dei segmenti intestinali antiperistaltici<br />

per rallentare il transito, che consentono un tempo di contatto<br />

maggiore per l’assorbimento di fluidi e nutrimenti, ma anche<br />

questa tecnica ha dimostrato scarsi risultati. Altre procedure quali<br />

l’interposizione colica, le anse intestinali ricircolanti, ed il pacing<br />

elettrico retrogrado sono state messe in atto, ma la loro scarsa utilità<br />

nell’uomo ha portato al loro abbandono. Gli interventi il cui scopo<br />

è di aumentare l’area di assorbimento sono le procedure di assottigliamento<br />

e allungamento intestinale, originariamente descritte da<br />

Bianchi 18 . Questa tecnica migliora la funzione intestinale in quanto<br />

corregge la dilatazione e la peristalsi inefficace dell’intestino residuo,<br />

raddoppiando la lunghezza intestinale e allo stesso tempo preservando<br />

la superficie mucosa. Nonostante tale metodica sia di beneficio<br />

in alcuni pazienti selezionati, esistono delle complicanze<br />

quali la necrosi dei segmenti e la deiscenza delle anastomosi 55 .<br />

Il trapianto intestinale è migliorato in seguito all’introduzione del<br />

tacrolimus (FK506), un nuovo agente immunosoppressivo 141 .Durante<br />

gli anni ’90, sono stati effettuati nel mondo, più di 200 trapianti<br />

intestinali. Questi includono sia i trapianti del solo intestino tenue e<br />

che i trapianti combinati di intestino tenue e fegato, e alcuni tipi di<br />

trapianti più estesi riportati dall’International Intestinal Transplant<br />

Registry. Nei pazienti in terapia con tacrolimus, la percentuale di trapianti<br />

funzionanti ad un anno era del 65% sia per i trapianti del solo<br />

intestino che per i trapianti combinati di ileo e fegato; mentre la<br />

sopravvivenza a un anno dei pazienti era rispettivamente dell’83% e<br />

del 68% per i due tipi di trapianti.<br />

Settantotto degli 86 pazienti sopravvissuti avevano interrotto la<br />

NPT e ricevevano una nutrizione orale. L’Università di Pittsburgh,<br />

centro di maggiore esperienza negli Stati Uniti, ha riportato una sopravvivenza<br />

del 72% ad 1 anno, del 53% a 2 anni, e del 42% a 3 anni.<br />

Attualmente, il trapianto di intestino tenue e fegato ha una sopravvivenza<br />

simile a quella dei trapianti di rene e cuore. Le sfide nel<br />

trapianto intestinale continuano ad essere la necessità di una terapia<br />

immunosoppressiva più efficace e l’individuazione precoce di un rigetto.<br />

Un’alternativa al trapianto intestinale è il trapianto di cellule<br />

staminali della mucosa, che si basa sul trapianto degli enterociti su<br />

una biomatrice per ottenere la rigenerazione della mucosa intestinale.<br />

Questa procedura è ancora ad uno stadio preliminare, ma ha mostrato<br />

risultati promettenti a livello sperimentale.<br />

Compressione vascolare del duodeno<br />

La compressione vascolare del duodeno, nota anche come sindrome<br />

dell’arteria mesenterica superiore o sindrome di Wilkie, è una condizione<br />

rara caratterizzata dalla compressione della terza porzione<br />

del duodeno da parte dell’arteria mesenterica superiore 60 .I sintomi<br />

sono nausea e vomito, distensione addominale, calo ponderale e dolore<br />

epigastrico postprandiale, che varia da intermittente a costante<br />

in funzione dell’entità dell’ostruzione duodenale. Il calo ponderale<br />

precede di solito la comparsa dei sintomi.<br />

Questa sindrome si riscontra più frequentemente in giovani adulti<br />

astenici, con un’incidenza maggiore nelle donne rispetto agli uomini.<br />

I fattori che predispongono alla compressione vascolare del<br />

duodeno, oltre al calo ponderale, comprendono l’immobilizzazione<br />

supina, la scoliosi e il confezionamento di un’ingessatura (a volte<br />

chiamata la sindrome del gesso). È stata notata un’associazione tra la<br />

compressione vascolare del duodeno e l’ulcera peptica. Sono stati riportati<br />

casi di compressione vascolare del duodeno in pazienti con<br />

anoressia nervosa, in seguito a proctocolectomia con confezionamento<br />

di ileo-ano-pouch-anastomosi a J, dopo resezione di una<br />

malformazione arterovenosa della colonna cervicale, dopo riparazione<br />

di un aneurisma dell’aorta addominale e in seguito a procedure


914 ADDOME<br />

Figura <strong>44</strong>-48. Radiografia con bario che evidenzia un’ostruzione della terza<br />

porzione del duodeno secondaria a compressione da parte dell’arteria mesenterica<br />

superiore conseguente ad un’ustione. (Adattata da Reckler JM, Bruck<br />

HM, Munster AM, et al.: Superior mesenteric artery syndrome as a consequence<br />

of burn injury. J Trauma 12 [11]:979-985, 1972).<br />

ortopediche di solito in anestesia spinale. In letteratura è presente<br />

una comunicazione in cui viene descritta una famiglia con una preponderanza<br />

per compressione vascolare del duodeno.<br />

La diagnosi di questa condizione morbosa viene fatta con delle radiografie<br />

con bario dei tratti alti dell’apparato gastroenterico (Fig.<br />

<strong>44</strong>-48) o con una duodenografia ipotonica, che mostrano una brusca<br />

o quasi totale cessazione del flusso di bario dal duodeno al digiuno<br />

105 .In alcuni casi anche la TC si è rivelata utile. Il trattamento di<br />

questa sindrome è variabile. Le soluzioni conservative che vengono<br />

tentate per prime, divengono spesso il trattamento definitivo grazie<br />

ai loro crescenti successi. Il trattamento chirurgico di scelta nella<br />

compressione vascolare del duodeno è la duodenodigiunostomia 49 .<br />

BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA<br />

Ashley SW, Wells SA Jr: Tumors of the small intestine. Semin Oncol 15:116-128,1988.<br />

Questo è un eccellente e succinto ripasso sui tumori del piccolo intestino, sia benigni che<br />

maligni.<br />

Crohn BB, Ginzburg L, Oppenheimer GD: Regional ileitis: A pathologic and clinical entity.<br />

JAMA 99:1323-1329, 1932.<br />

Questo articolo descrive in modo chiaro e succinto il decorso clinico, la diagnosi differenziale,<br />

ed i riscontri patologici dell’ileite regionale nei giovani adulti. Nonostante siano<br />

stati dati altri nomi a questo processo patologico, basandosi sulle descrizioni di questo articolo,<br />

il termine di Malattia di Crohn è stato universalmente accettato.<br />

Cullen JJ, Kelly KA, Moir CR, et al.: Surgical management of Meckel’s diverticulum: An<br />

epidemiologic, population-based study. Ann Surg 220:564-569, 1994.<br />

Questo studio, che costituisce un’accurata analisi epidemiologica basata su di una popolazione,<br />

sfida il dogma della resezione selettiva in caso di diverticolo di Meckel scoperto<br />

accidentalmente nel paziente adulto.<br />

Davenport HW: Physiology of the Digestive Tract, 5th ed. Chigago, Year Book Medical,<br />

1982.<br />

Questo libro è di facile lettura e costituisce un ottimo primo approccio alla fisiologia gastrointestinale.<br />

Tutti gli aspetti della funzione intestinale vengono affrontati in modo<br />

chiaro e conciso.<br />

DeCosse JJ, Rhodes RS, Wentz WB, et al.: The natural history and management of radiation<br />

induced injury of the gastrointestinal tract. Ann Surg 170:369-384, 1969.<br />

Questo articolo, presentato al meeting annuale dell’American Surgical Association nel<br />

1969, delinea chiaramente le caratteristiche cliniche, le complicanze ed il trattamento dei<br />

pazienti con enterite da radiazioni.<br />

Fazio VW, Marchetti F: Recurrent Crohn’s disease and resection margins: Bigeer is not<br />

Better. Adv Surg 32:135-168, 1999.<br />

Questo articolo riassume i princìpi chirurgici usati nel trattamento delle complicanze<br />

della Malattia di Crohn, caratterizzati dal fatto che ampi margini di resezione non si associano<br />

ad una minore incidenza di recidive.<br />

Hartwell JA, Houget JP: Experimental intestinal obstruction in dogs with special reference<br />

to the cause of death and treatment by large amounts of normal saline solution.<br />

JAMA 59:82, 1912.<br />

Questo studio sperimentale sottolinea l’importanza delle perdite di fluidi nell’ostruzione intestinale<br />

e dimostra come la somministrazione di soluzioni saline prevenga la morte in caso<br />

di ostruzione intestinale alta nei cani. Le osservazioni sono attuali come lo erano nel 1912.<br />

Moertel CG, Sauer WG, Dockerty MB, Baggestoss AH: Life history of the carcinoid tumor<br />

of the small intestine. Cancer 14:901-912, 1961.<br />

Questo studio della Mayo Clinic comprende un totale di 209 casi di tumori carcinoidi del<br />

piccolo intestino.<br />

Present DH, Rutgeerts P, Targan S, et al.: Infliximab for the treatment of fistulas in patients<br />

with Crohn’s disease. N Engl J Med 340:1398-1405, 1999.<br />

Questo articolo tratta di uno studio randomizzato, multicentrico, in doppio-cieco che<br />

evidenzia un significativo miglioramento nei pazienti con Malattia di Crohn in terapia<br />

con l’Infliximab, un anticorpo anti Tumor Necrosis Factor-α. Sono necessari ulteriori<br />

studi ma, negli ultimi anni, questa sembra essere la terapia medica per la Malattia di<br />

Crohn più promettente.<br />

Thompson JC, Marx M: Gastrointestinal hormones. Curr Probl Surg 21:1-80, 1984.<br />

Questa tesi fa un riassunto delle funzioni e dei significati clinici degli ormoni gastrointestinali.<br />

Questa monografia è facile da leggere e dovrebbe servire da introduzione all’argomento.<br />

Thorson A, Biorck G, Bjorkman G, Waldenstrom J: Malignant carcinoid of the small intestine<br />

with metastates to the liver, valvular disease of the right side of the heart (pulmonary<br />

stenosis and tricuspid regurgitation without septal defects), peripheral vasomotor<br />

simptoms, broncho-constriction, and an unusual type of cyanosis: A clinical<br />

and pathologic syndrome. Am Heart J 47:795-817, 1954.<br />

Questo articolo descrive le manifestazioni cliniche della sindrome da carcinoide con enfasi<br />

sulla malattia del cuore destro. La 5-idrossitriptamina, prodotta dai tumori carcinoidi<br />

del piccolo intestino, veniva considerata la causa della patologia valvolare cardiaca destra.<br />

Vanderhoof JA, Langnas AN/ Short-bowel syndrome in children and adults. Gastroenterology<br />

113:1767-1778, 1997.<br />

Questo articolo descrive le attuali strategie terapeutiche, sia mediche che chirurgiche, nei<br />

pazienti con sindrome dell’intestino corto. Viene discusso il possibile ruolo del trapianto<br />

in questi pazienti.<br />

BIBLIOGRAFIA


INTESTINO TENUE 915


916 ADDOME

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