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Pio XII e la tragedia degli ebrei (Shoah): i «silenzi ... - Edizioni Studium

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<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e <strong>la</strong> <strong>tragedia</strong> <strong>degli</strong><br />

<strong>ebrei</strong> (<strong>Shoah</strong>): i <strong>«silenzi</strong>» che<br />

evitarono il peggio<br />

di Piersandro Vanzan S.J.<br />

PAGINE DI STORIA<br />

La <strong>tragedia</strong> <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> in Europa nel sec. XX, con <strong>la</strong> follia nazista<br />

e gli orrori del<strong>la</strong> <strong>Shoah</strong> – dal novembre 1938, «notte dei cristalli»,<br />

all’aprile 1945, liberazione del Lager di Auschwitz –, è un dramma<br />

tutto partico<strong>la</strong>re e inspiegabile nell’ordine del<strong>la</strong> ragione politica o<br />

economica, ma anche non interpretabile col senso comune di<br />

umanità. Non a caso il generale D. Eisenhower, comandante delle<br />

Forze alleate, quando vide i Lager ordinò non solo di riprendere il<br />

maggior numero possibile di foto e filmati, ma anche di portare i<br />

tedeschi di quelle zone a seppellire tutti quei morti cosicché, proprio<br />

toccando con mano quel<strong>la</strong> barbarie, ne riportassero una memoria<br />

incancel<strong>la</strong>bile. Del resto, innumerevoli sono le testimonianze<br />

e i documenti 1 che, purtroppo, non <strong>la</strong>sciano dubbi su quegli<br />

orrori e ci raccomandano di «fare memoria». Infatti, solo «non dimenticando»<br />

l’umanità potrà evitare il ripetersi di quelle barbarie.<br />

Preoccupa quindi il fatto che su quel<strong>la</strong> <strong>tragedia</strong> recentemente sia<br />

ca<strong>la</strong>ta un’ombra assurda: il «negazionismo».<br />

Come ha scritto Anna Foa, «il negazionismo non è un’interpretazione<br />

storiografica, né una corrente interpretativa dello sterminio<br />

<strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> perpetrato dal nazismo, né una forma sia pur radicale<br />

di revisionismo storico, bensì una tragica menzogna che si<br />

copre del velo del<strong>la</strong> storia, che prende un’apparenza scientifica<br />

per coprire il vero movente: l’antisemitismo». L’odio antiebraico,<br />

infatti, è all’origine di questa negazione e riaffiora già nel primo<br />

dopoguerra, «rial<strong>la</strong>cciandosi idealmente al progetto stesso dei na-


734 Piersandro Vanzan S.J.<br />

zisti, quando coprivano le tracce dei campi di sterminio, radevano<br />

al suolo le camere a gas e schernivano i deportati dicendo loro<br />

che, se anche fossero riusciti a sopravvivere, nessuno al mondo li<br />

avrebbe creduti» 2 . E invece ci pensò <strong>la</strong> storia a vanificare, tragicamente<br />

ma al<strong>la</strong> grande, quelle previsioni.<br />

Ecco perché bisogna contrastare l’oblio del<strong>la</strong> memoria, pena<br />

che può generare altri mostri e favorire il ripetersi di quelle tragedie.<br />

Una memoria peraltro che, insieme alle tenebre del<strong>la</strong> follia<br />

nazifascista, deve ricordare anche le tante stelle che bril<strong>la</strong>rono in<br />

quel<strong>la</strong> notte, opponendo alle perversioni dei carnefici e alle omissioni<br />

dei pavidi <strong>la</strong> solidarietà dei «giusti» 3 che prepararono una<br />

nuova alba. Tra quelle stelle bril<strong>la</strong> l’opera caritativa del<strong>la</strong> Chiesa in<br />

genere e di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> in partico<strong>la</strong>re, su cui <strong>la</strong> bibliografia è ormai<br />

immensa. Del resto, gli stessi <strong>ebrei</strong> rivolsero al Papa, nell’immediato<br />

dopoguerra, vari attestati di gratitudine sia per l’opera di<br />

salvataggio <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> nei conventi dell’Urbe e anche in edifici<br />

del<strong>la</strong> Santa Sede 4 sia per i molti interventi a favore del<strong>la</strong> pace.<br />

Ma improvvisamente, nel 1963, comincia una strana inversione<br />

di tendenza, accusandolo di gravi silenzi o, peggio, di complicità<br />

5 . Ciò in base a un rapporto dell’ambasciatore tedesco presso<br />

<strong>la</strong> Santa Sede, von Weizsäcker, che diceva: «Benché sollecitato da<br />

ogni parte, il Papa non si è <strong>la</strong>sciato trascinare in nessuna censura<br />

dimostrativa del<strong>la</strong> deportazione <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> di Roma» 6 . Da allora<br />

sono nate le tesi più fantasiose intorno ai <strong>«silenzi</strong>» di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> – a<br />

opera di una storiografia partigiana, ideologicamente orientata, e<br />

di una stampa costantemente al<strong>la</strong> ricerca dello scoop –, ma questa<br />

è <strong>la</strong> domanda essenziale che ricaviamo, analizzando le vicende<br />

del<strong>la</strong> Santa Sede e di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> in cinque recenti volumi e nei loro<br />

ricchi contrappunti, benché inevitabilmente qua e là ripetitivi: era<br />

opportuno in quei frangenti pronunciare condanne solenni? E se<br />

sì, a quale prezzo dei cattolici e <strong>degli</strong> stessi <strong>ebrei</strong>? Par<strong>la</strong>ndo anacronisticamente,<br />

col senno di poi, è facile dire che tale pronunciamento<br />

darebbe oggi al<strong>la</strong> Chiesa un attestato di grandezza morale,<br />

non valutando però che allora esso avrebbe causato danni peggiori.<br />

Pacelli preferì, al<strong>la</strong> grandezza delle parole – che non mancarono:<br />

radiomessaggi, allocuzioni e discorsi vari –, <strong>la</strong> concretezza dei<br />

fatti, ottenendo così, tramite <strong>la</strong> fitta rete del<strong>la</strong> solidarietà cristiana,<br />

il salvataggio dei molti <strong>ebrei</strong> ricordati nei libri che presentiamo.<br />

Di ciascuno, però, evidenziando gli apporti specifici, onde evitare<br />

troppe ripetizioni.


<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e <strong>la</strong> <strong>tragedia</strong> <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> (<strong>Shoah</strong>) 735<br />

1. <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>. La verità ti farà libero<br />

Il libro di Margherita Marchione 7 , apparso nel 50° del<strong>la</strong> morte di<br />

<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>, sintetizza le varie ricerche precedenti con l’obiettivo di fare<br />

piena luce su uno <strong>degli</strong> uomini più importanti del sec. XX e su<br />

quei silenzi che, in realtà, <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> giudicò essere l’unica strategia<br />

per evitare l’inasprimento del tremendo genocidio. Nel<strong>la</strong> Prefazione<br />

il card. Tarcisio Bertone scrive: «È chiaro che Papa Pacelli non era<br />

favorevole al silenzio ma, al contrario, era di una paro<strong>la</strong> intelligente<br />

e strategica, come dimostrato nel radiomessaggio per il Natale del<br />

1942 che fece infuriare terribilmente Hitler» (p. 16). Perciò, «è<br />

profondamente ingiusto stendere un velo di pregiudizio sull’opera<br />

di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> durante <strong>la</strong> guerra, dimenticando non soltanto il contesto<br />

storico ma anche l’immensa opera caritativa che egli promosse,<br />

aprendo le porte dei seminari e <strong>degli</strong> istituti religiosi, accogliendo<br />

rifugiati e perseguitati, aiutando quanti erano nel bisogno. Le direttive<br />

date da <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> per radio, attraverso <strong>la</strong> stampa e i canali diplomatici<br />

erano chiare. In quel tragico 1942 disse a tutti: “Azione, non<br />

<strong>la</strong>mento, è il precetto dell’ora”» (p. 21). Nonostante siano passati<br />

molti anni e anche il processo canonico per <strong>la</strong> beatificazione di questo<br />

Papa abbia fugato ogni dubbio, alcuni gruppi di <strong>ebrei</strong> continuano<br />

a sostenere quel<strong>la</strong> «leggenda nera» 8 .<br />

Il nocciolo del<strong>la</strong> questione sta dunque nel fatto che <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> –<br />

visto che le proteste erano inascoltate né si poteva fermare l’Olocausto<br />

– decise «di fare tutto il possibile per aiutare i perseguitati<br />

e per portare ovunque sollievo ai prigionieri di guerra» (p. 24), ma<br />

<strong>la</strong>vorando silenziosamente, attraverso i Nunzi apostolici, esortando<br />

tutti i cattolici al<strong>la</strong> solidarietà cristiana e ordinando, nel 1943,<br />

alle chiese e ai conventi di Roma di aprire le porte ai perseguitati,<br />

specie <strong>ebrei</strong>. Non a caso Golda Meir, Ministro <strong>degli</strong> Esteri e Primo<br />

Ministro dello Stato di Israele, al<strong>la</strong> notizia del<strong>la</strong> sua morte diffuse<br />

questo messaggio: «Partecipiamo al cordoglio dell’umanità<br />

[...]. Quando un tremendo martirio si abbatté sul nostro popolo,<br />

<strong>la</strong> voce del Papa si levò in nome delle vittime. La nostra vita fu illuminata<br />

dal suono di quel<strong>la</strong> voce, rive<strong>la</strong>trice di grandi verità morali,<br />

facendole germogliare dai tumulti bellici quotidiani. Piangiamo<br />

<strong>la</strong> scomparsa di un grande servo del<strong>la</strong> pace», e il rabbino Joachim<br />

Pinz, presidente nazionale del Congresso Americano Ebraico,<br />

disse: «Tra i suoi grandi contributi all’umanità, il pontefice<br />

sarà ricordato [...] per <strong>la</strong> sua profonda devozione al<strong>la</strong> causa del<strong>la</strong>


736 Piersandro Vanzan S.J.<br />

pace e per gli sforzi sinceri nel salvare <strong>la</strong> vita di migliaia di vittime<br />

dal<strong>la</strong> persecuzione nazista» (p. 26) 9 .<br />

L’interesse di Pacelli per i diritti <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> risale al 1915<br />

quando, in seguito al<strong>la</strong> richiesta di condanna dell’antisemitismo<br />

rivolta a Benedetto XV da parte di un gruppo di <strong>ebrei</strong> americani,<br />

il 9 febbraio 1916 il card. Gasparri, Segretario di Stato, firmò un<br />

documento preparato da mons. Pacelli nel quale si leggeva: «La<br />

Chiesa Cattolica, fedele al<strong>la</strong> sua dottrina divina, considera tutti gli<br />

uomini come fratelli e insegna loro ad amarsi [...] e non cessa d’inculcare<br />

tra gli individui, come pure tra i popoli, l’osservanza dei<br />

princìpi del<strong>la</strong> legge naturale e di condannare tutto ciò che è contrario.<br />

Questa legge deve essere osservata e rispettata nei riguardi<br />

dei figli d’Israele, come pure di tutti gli uomini» (p. 31). Eletto al<br />

soglio pontificio, il giorno dopo (2 marzo 1939) ammoniva il mondo,<br />

nel suo primo radiomessaggio: «La pace, un dono di Dio desiderato<br />

da tutti gli uomini giusti, è il frutto di amore e di giustizia»<br />

(p. 42), e nei mesi successivi continuò a raccomandare <strong>la</strong> pace<br />

– anche con interventi diplomatici presso i Paesi belligeranti –<br />

e a difendere i perseguitati e le vittime del<strong>la</strong> guerra. Tanto che il 12<br />

marzo 1944 poté dire: «Non vi è sforzo che non facessimo, né premura<br />

che tra<strong>la</strong>sciassimo, perché le popo<strong>la</strong>zioni non incorressero<br />

negli orrori del<strong>la</strong> deportazione e dell’esilio; e quando <strong>la</strong> dura<br />

realtà venne a deludere le Nostre più legittime attese, mantenemmo<br />

tutto in azione per attenuarne almeno il rigore» (p. 33).<br />

Quando nel giugno 1940 Mussolini si unì a Hitler e i giornali<br />

furono censurati, <strong>la</strong> Radio Vaticana denunciò nelle varie lingue<br />

quanto succedeva in Polonia, avvertendo i cattolici sul<strong>la</strong> persecuzione<br />

<strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> con queste parole: «Chi fa distinzioni tra <strong>ebrei</strong> e<br />

gli altri uomini non è fedele a Dio ed è in conflitto con i comandamenti<br />

di Dio» (p. 34). Il 29 giugno 1941 il Papa interviene denunciando<br />

le sofferenze inflitte a «persone anziane, donne, bambini<br />

[...] e le persecuzioni religiose», usando questa formu<strong>la</strong> criptica<br />

ma rive<strong>la</strong>trice: «La stessa preoccupazione per quelli che soffrono<br />

non permette di rive<strong>la</strong>re pienamente tutto il dettaglio doloroso<br />

e commovente». E nel messaggio natalizio del 1942 torna sul<strong>la</strong><br />

persecuzione contro «quelle centinaia di migliaia che, senza colpa,<br />

qualche volta so<strong>la</strong>mente per ragione del<strong>la</strong> loro nazionalità o<br />

razza, sono state designate al<strong>la</strong> morte» (p. 43), esortando i cristiani<br />

a fare qualcosa 10 . In breve, «non si può negare che il Vaticano<br />

abbia salvato centinaia di migliaia di <strong>ebrei</strong> e di altri rifugiati in Eu-


<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e <strong>la</strong> <strong>tragedia</strong> <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> (<strong>Shoah</strong>) 737<br />

ropa. [...] Né si possono ignorare gli sforzi compiuti, gli aiuti finanziari<br />

dati 11 , [...] e ogni altro genere d’aiuto offerto nei conventi<br />

e nei monasteri di tutta Europa, compreso il Vaticano e Castel<br />

Gandolfo; gli innumerevoli visti ottenuti per salvare gli <strong>ebrei</strong><br />

in Paesi lontani» (p. 46). Senza dimenticare l’opera straordinaria<br />

dell’Ufficio Informazioni istituito dal Vaticano per aiutare le famiglie,<br />

le donne sole, i bambini abbandonati a ritrovare i parenti dispersi<br />

o prigionieri di guerra 12 . Sempre però badando a non scatenare<br />

le reazioni naziste, come testimonia A. von Kessel che, citato<br />

ne Il Vicario quale col<strong>la</strong>boratore dell’Ambasciatore tedesco in<br />

Vaticano von Weizsächer, afferma: «Il compito del<strong>la</strong> nostra ambasciata<br />

non era facile. Hitler era capace di ogni isterismo. Aveva<br />

sempre venti<strong>la</strong>to <strong>la</strong> possibilità di far prigioniero il Papa e di deportarlo<br />

nel Grande Reich. [...] Noi eravamo, senza eccezione,<br />

d’accordo su un punto: una protesta solenne di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>, contro <strong>la</strong><br />

persecuzione <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong>, avrebbe esposto lui e tutta <strong>la</strong> Curia Romana<br />

al massimo pericolo e certamente, nell’autunno del 1943,<br />

non avrebbe salvato <strong>la</strong> vita a un solo ebreo» (p. 124). Purtroppo,<br />

nonostante i fatti e le testimonianze, <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> resta avvolto nel<strong>la</strong><br />

«leggenda nera», benché egli, prima di ogni altra personalità internazionale,<br />

abbia richiamato l’attenzione del mondo sull’Olocausto<br />

e condannato il nazismo.<br />

2. La Santa Sede e <strong>la</strong> questione ebraica (1933-1945)<br />

Il volume di Alessandro Duce 13 rivisita l’opera svolta dal<strong>la</strong> Santa<br />

Sede e dalle sue strutture diplomatiche nel periodo che va dall’avvento<br />

di Hitler al 1945, ma approfondendo quanto già visto nel libro<br />

precedente circa l’atteggiamento tenuto già da <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> verso<br />

il problema ebraico. Fin da quando cioè Hitler, ormai al potere<br />

(1933), faceva dichiarazioni rassicuranti verso le confessioni cristiane,<br />

ma Edith Stein 14 profeticamente scriveva a Papa Ratti: «La<br />

guerra contro il cattolicesimo si svolge in sordina e con sistemi<br />

meno brutali che contro il giudaismo, ma non meno sistematicamente.<br />

Non passerà molto tempo perché nessun cattolico possa<br />

più avere un impiego a meno che non si sottometta senza condizioni<br />

al nuovo corso» (p. 35). Di lì a poco il Vaticano, per tute<strong>la</strong>re<br />

i diritti di tutti i cattolici – compresi gli <strong>ebrei</strong> battezzati –, firmava<br />

un Concordato con <strong>la</strong> Germania nazista ma, di fronte al<strong>la</strong> manca-


738 Piersandro Vanzan S.J.<br />

ta applicazione delle norme re<strong>la</strong>tive agli <strong>ebrei</strong>, l’allora Segretario<br />

di Stato card. Pacelli denunciava «l’ignobile comportamento tedesco»<br />

(p. 46) e osservava che ormai il Concordato, «senza garantire<br />

ciò che si era auspicato e sottoscritto, può evitare soltanto sviluppi<br />

peggiori, cioè una vera e propria persecuzione» (p. 43). È<br />

qui abbozzato il difficile equilibrio che diventerà essenziale nel<br />

pontificato di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>: affermare con forza i principi cristiani di<br />

uguaglianza, carità e giustizia, ma insieme procedere cautamente<br />

per non scatenare <strong>la</strong> furia nazista.<br />

Uomo di grandi doti culturali, teologiche e spirituali, aveva fatto<br />

una lunga esperienza diplomatica a livelli di grande responsabilità:<br />

prima quale nunzio in Baviera e in Germania per 12 anni<br />

(1917-1929), poi come Segretario di Stato di Papa Ratti. Eletto al<br />

soglio pontificio il 1° marzo 1939, nel pieno del<strong>la</strong> crisi europea, Pacelli<br />

si trovò alle prese con due sfide – favorire una pace ormai<br />

compromessa e fronteggiare l’assurdo delle leggi razziali – con l’unica<br />

arma del<strong>la</strong> neutralità tra le parti in causa appresa dal<strong>la</strong> politica<br />

di Benedetto XV nel<strong>la</strong> prima guerra mondiale. Ma se allora nessun<br />

belligerante aveva colto quell’occasione per sterminare i propri<br />

avversari, «ciò accade nel<strong>la</strong> seconda guerra mondiale, <strong>la</strong> quale<br />

non a caso ha le sue origini nell’accanimento del Terzo Reich contro<br />

due popoli: quello ebraico e quello po<strong>la</strong>cco» (p. 12). Perciò<br />

quando, dopo il 1941, naufragò ogni dialogo con <strong>la</strong> Santa Sede, a<br />

<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> non restò che tentare il salvataggio dei braccati (<strong>ebrei</strong> e<br />

non) mediante l’escamotage del<strong>la</strong> neutralità tattica e i prudenti<br />

contatti ufficiali col Reich e i suoi alleati, proprio in funzione di<br />

quell’opera umanitaria 15 .<br />

Ciò, tuttavia, non impedì a <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> di affrontare ripetutamente<br />

«il dramma del<strong>la</strong> guerra e <strong>la</strong> necessità di farvi fronte con il<br />

ritorno a valori morali cristiani, con un’azione caritativa di <strong>la</strong>rgo<br />

respiro e con un’immediata riduzione del<strong>la</strong> violenza bellica». Così,<br />

nel marzo del 1940, primo anniversario del<strong>la</strong> sua elezione, «ricorda<br />

<strong>la</strong> vocazione al<strong>la</strong> vera libertà del genere umano e riafferma<br />

le basi del<strong>la</strong> dottrina cristiana fondata sul<strong>la</strong> fraternità e sul<strong>la</strong> carità<br />

universale» (p. 180). E il 21 dicembre 1940 scrive al Segretario<br />

di Stato, card. Maglione, di potenziare i soccorsi alle vittime<br />

del<strong>la</strong> guerra. Pochi giorni dopo, il 24 dicembre, nel messaggio al<br />

Collegio Cardinalizio, sottolinea: «Conosciamo soltanto una parte<br />

del<strong>la</strong> sofferenza di corpi straziati, di anime doloranti, di feriti,<br />

prigionieri, profughi, oppressi, famelici, <strong>la</strong>nguenti, dispersi» (p.


<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e <strong>la</strong> <strong>tragedia</strong> <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> (<strong>Shoah</strong>) 739<br />

181), ai quali è necessario fornire il maggiore aiuto possibile 16 .<br />

Nel 1941 interviene ripetutamente contro le atrocità del conflitto<br />

e richiama i belligeranti al<strong>la</strong> necessità di ristabilire una pace giusta.<br />

In partico<strong>la</strong>re, nel radiomessaggio pasquale ammonisce le<br />

potenze occupanti a trattare le popo<strong>la</strong>zioni «in modo giusto,<br />

umano e provvido», e in quello natalizio torna a denunciare gli<br />

orrori del<strong>la</strong> guerra e chiede di agire «secondo i valori del<strong>la</strong> Civiltà<br />

Cristiana» (p. 251) 17 .<br />

Intanto l’occupazione nazista mostrava tutta <strong>la</strong> sua ferocia in<br />

O<strong>la</strong>nda, dove furono eseguite deportazioni in massa <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong>. I<br />

vescovi o<strong>la</strong>ndesi reagirono denunciando – con una pastorale letta<br />

in tutte le chiese domenica 26 luglio 1942 18 – <strong>la</strong> persecuzione contro<br />

i cittadini non ariani e chiedendo almeno un’eccezione per i<br />

non ariani «appartenenti a una confessione cristiana» (p. 220).<br />

Ciò scatenò un’altra e peggiore retata di <strong>ebrei</strong>, l’occupazione di<br />

edifici religiosi e <strong>la</strong> deportazione di ecclesiastici e suore. Di fronte<br />

a ciò <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> – che stava preparando un radiomessaggio di protesta<br />

– preferì il silenzio, onde evitare ulteriori reazioni. Ma colse<br />

successive occasioni per farsi sentire 19 , tanto che <strong>la</strong> sua voce «fu <strong>la</strong><br />

più autorevole, se non l’unica, che con insistenza si levò in loro difesa.<br />

Fu una testimonianza forte del<strong>la</strong> coscienza umana e cristiana<br />

di fronte al<strong>la</strong> violenza bellica e alle più moderne degenerazioni»<br />

(p. 255). Senza però mai alzare i toni, come disse al Collegio Cardinalizio<br />

il 2 giugno 1943, ribadendo l’impegno del<strong>la</strong> Chiesa nell’aiutare<br />

tutti, <strong>ebrei</strong> e non 20 , ma insieme raccomandando <strong>la</strong> prudenza.<br />

Senza tuttavia farsi illusioni sull’efficacia di questa tattica,<br />

come sperimentò egli stesso nel novembre 1944 quando, ricevuto<br />

il cosiddetto Protocollo Auschwitz, redatto da due <strong>ebrei</strong> slovacchi,<br />

intervenne direttamente presso l’ambasciata tedesca in favore<br />

<strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> rinchiusi nei Lager, ma con nessun risultato. In breve,<br />

<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> fece il possibile sia denunciando i misfatti sia aiutando i<br />

perseguitati, ma con una strategia che «ha comportato dei prezzi<br />

da pagare, delle rinunce da compiere, dei compromessi da gestire<br />

e ha reso meno splendente l’immagine del<strong>la</strong> Chiesa». Ma non è lecito<br />

sostenere che «a espressioni più forti, esplicite e pubbliche sarebbero<br />

seguite reazioni più convinte da parte del mondo cattolico<br />

e una maggiore prudenza da parte del mondo tedesco: poteva<br />

verificarsi <strong>la</strong> reazione opposta» (p. 394).


740 Piersandro Vanzan S.J.<br />

3. <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> tra storia, politica e fede<br />

Da parte sua Alexandra von Teuffenbach 21 rivisita l’opera di Pacelli<br />

nei 19 anni di pontificato, ma prendendo le mosse da lontano 22 :<br />

l’amicizia con un compagno di c<strong>la</strong>sse ebreo, Guido Mendes – che ricorda:<br />

«Il temperamento mite lo rendeva, naturalmente, alieno al<strong>la</strong><br />

lotta. Ma seppe essere impavido, combattente, ogni volta che lo richiedessero<br />

<strong>la</strong> tute<strong>la</strong> del<strong>la</strong> verità, del<strong>la</strong> giustizia e il bene delle anime»<br />

(p. 27) –, le visite all’immagine del<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Strada, <strong>la</strong> meticolosità<br />

nello studio, <strong>la</strong> riservatezza nei rapporti personali e, infine,<br />

<strong>la</strong> decisione, comunicata al<strong>la</strong> famiglia nell’estate del 1894, di farsi sacerdote.<br />

Dopo gli studi di teologia all’Università Gregoriana e l’ordinazione<br />

sacerdotale nel 1899, grazie alle sue notevoli doti fu chiamato<br />

al<strong>la</strong> Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari.<br />

Consacrato arcivescovo il 13 maggio 1917, Benedetto XV lo inviò<br />

Nunzio apostolico a Monaco di Baviera, in pieno conflitto mondiale,<br />

permettendogli così di apprendere come <strong>la</strong> neutralità vaticana<br />

potesse servire l’obiettivo fondamentale: «Ottenere <strong>la</strong> fiducia delle<br />

potenze belligeranti per poter così facilmente costruire <strong>la</strong> base necessaria<br />

per offrire un valido aiuto a coloro che soffrivano a causa<br />

del<strong>la</strong> guerra» (p. 67). In partico<strong>la</strong>re ai prigionieri di guerra e alle vittime<br />

civili, che egli stesso andò più volte a visitare 23 .<br />

Dopo 12 anni di Nunziatura, nel dicembre 1929 il nuovo papa<br />

<strong>Pio</strong> XI lo richiamò a Roma e lo nominò Segretario di Stato. Dal 19<br />

ottobre 1933 al 12 marzo 1937, mentre il nazismo e <strong>la</strong> sua dottrina<br />

razzista si affermavano in Germania, il card. Pacelli inviò ben 70 lettere<br />

di protesta al governo tedesco per denunciare le ripetute vio<strong>la</strong>zioni<br />

del Concordato, e inoltre partecipò attivamente al<strong>la</strong> stesura<br />

dell’Enciclica Mit brennender Sorge di <strong>Pio</strong> XI che, letta nelle chiese<br />

tedesche malgrado i divieti nazisti <strong>la</strong> domenica delle Palme del 1937,<br />

tra l’altro diceva: «La Chiesa di Cristo non può cominciare a gemere<br />

e a deplorare solo quando gli altari vengono spogliati e mani sacrileghe<br />

mandano in fiamme i santuari. Quando si cerca di profanare il<br />

tabernacolo dell’anima del fanciullo, santificata dal battesimo, con<br />

l’educazione anticristiana, quando viene strappata da questo vivo<br />

tempio di Dio <strong>la</strong> fiacco<strong>la</strong> del<strong>la</strong> fede, che non ha più nul<strong>la</strong> in comune<br />

con <strong>la</strong> fede del<strong>la</strong> Croce, allora <strong>la</strong> profanazione del tempio è vicina ed<br />

è dovere di ogni credente di scindere chiaramente <strong>la</strong> sua responsabilità<br />

da quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> parte contraria e <strong>la</strong> sua coscienza da qualsiasi peccaminosa<br />

col<strong>la</strong>borazione a tale nefasta distruzione» (p. 142).


<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e <strong>la</strong> <strong>tragedia</strong> <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> (<strong>Shoah</strong>) 741<br />

Eletto al soglio pontificio (2 marzo 1939), qualcuno osserva<br />

che nel primo radiomessaggio avrebbe potuto essere più incisivo,<br />

ma dimentica che «ogni sua paro<strong>la</strong> poteva provocare ulteriori difficoltà<br />

ai fedeli, a coloro che vivendo sotto differenti dittature riponevano<br />

in lui <strong>la</strong> propria fiducia» (p. 161) 24 . Perciò mise l’accento<br />

sul tema del<strong>la</strong> pace e il 24 agosto 1939, appreso che Hitler<br />

voleva invadere <strong>la</strong> Polonia, attraverso <strong>la</strong> Radio Vaticana disse «ai<br />

governanti e ai popoli che nul<strong>la</strong> è perduto con <strong>la</strong> pace. Tutto può<br />

esserlo con <strong>la</strong> guerra» (p. 166). Purtroppo furono parole al vento<br />

e, scoppiata <strong>la</strong> guerra, <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> – memore dell’importanza del<strong>la</strong><br />

neutralità, imparata da Benedetto XV nel precedente conflitto –<br />

da un <strong>la</strong>to non volle «rischiare <strong>la</strong> vita dei cattolici di mezza Europa<br />

facendo dichiarazioni altisonanti contro <strong>la</strong> dittatura tedesca» e,<br />

dall’altro, «preferì l’azione. E dal momento che quel<strong>la</strong> sua personale<br />

avrebbe dato troppo nell’occhio, <strong>la</strong>sciò fare al Leiber, il suo<br />

più fedele col<strong>la</strong>boratore» (p. 178). Il gesuita Robert Leiber 25 aveva<br />

molti contatti in Germania, specialmente con i gesuiti, ottenendo<br />

continue informazioni e anche rapporti con gli esponenti<br />

del<strong>la</strong> resistenza tedesca impegnati nel trattare con gli Alleati. Ricorda<br />

padre Leiber: «<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> ha voluto inoltrare – per non <strong>la</strong>sciare<br />

nul<strong>la</strong> di intentato rispetto al<strong>la</strong> pace – alcune richieste del<strong>la</strong> resistenza<br />

tedesca ai responsabili in Inghilterra e le loro risposte ai già<br />

menzionati responsabili tedeschi. Tutto ciò si svolse in assoluto silenzio<br />

e coinvolgendo pochissime persone», anche perché «il Papa<br />

avrebbe corso notevoli rischi nel caso in cui fosse trape<strong>la</strong>to anche<br />

solo qualcosa di questi contatti [...]. Sarebbe venuta a mancare,<br />

infatti, <strong>la</strong> neutralità del<strong>la</strong> Santa Sede e Hitler avrebbe avuto un<br />

pretesto molto comodo per “inghiottire” il piccolo Stato e con esso<br />

tutti i cattolici fedeli al Papa» (p. 176 s.). In ogni caso, l’azione<br />

del Papa si diresse in aiuto delle vittime del nazismo sia per mezzo<br />

delle Nunziature sia attraverso l’elogio di azioni coraggiose –<br />

come quel<strong>la</strong> del vescovo di Münster, C. A. Graf von Galen 26 – sia<br />

aprendo conventi e ville pontificie per accogliere gli <strong>ebrei</strong> in fuga.<br />

Di fatto molti scampati al rastrel<strong>la</strong>mento tedesco del ghetto romano,<br />

il 16 ottobre 1943 – durante il quale vennero arrestati e poi<br />

deportati 1.024 <strong>ebrei</strong> 27 –, riuscirono a salvarsi grazie a incontri casuali<br />

con persone generose, all’ospitalità di vecchi amici, ma soprattutto<br />

grazie ai conventi e alle istituzioni cattoliche che li ospitarono,<br />

nonostante Radio Roma ripetesse l’annuncio del<strong>la</strong> pena di morte per<br />

chi aiutava i fuggitivi e sui muri i bandi nazifascisti ribadissero quel-


742 Piersandro Vanzan S.J.<br />

<strong>la</strong> minaccia. Sulle vicende di questo periodo ci basti riportarne <strong>la</strong><br />

conclusione 28 , rinviando per i dettagli al successivo libro di Andrea<br />

Riccardi. Finita <strong>la</strong> guerra, <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> continuò nell’opera di aiuto verso<br />

tutti i dispersi e, mentre favoriva in ogni modo gli sforzi di ricostruzione,<br />

anche quando si esasperò <strong>la</strong> guerra fredda non smise di par<strong>la</strong>re<br />

di pace, rimanendo fedele alle responsabilità che Cristo gli aveva<br />

imposto come suo Vicario: «Sapeva che cosa gli avrebbero addebitato,<br />

come lo avrebbero aggredito. Era conscio dell’epoca difficile in<br />

cui era vissuto e sapeva che non era riuscito ad accontentare tutti.<br />

Ma questo non era neanche il suo compito. Non doveva, infatti, rendere<br />

conto agli uomini, doveva rendere conto a Dio» (p. 293) 29 .<br />

4. L’inverno più lungo. 1943-44: <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>, gli <strong>ebrei</strong> e i nazisti a Roma<br />

Sugli sfondi precedenti Riccardi 30 approfondisce le vicende <strong>degli</strong><br />

<strong>ebrei</strong> e dei loro salvatori a Roma, tra l’8 settembre 1943 e il 5 giugno<br />

1944. Un periodo breve ma drammatico nel quale, «seguendo<br />

gli <strong>ebrei</strong> braccati e randagi a Roma, capitale occupata, si incontrano<br />

tanti mondi: i molti fuggitivi in un tempo in cui [...]<br />

“metà Roma nasconde l’altra metà”; gente comune che cerca di<br />

sopravvivere spesso alle prese con il problema dell’alimentazione;<br />

le ingiustizie e il mondo ambiguo del<strong>la</strong> Roma fascista; <strong>la</strong> Chiesa, i<br />

suoi uomini, le sue donne e il Papa» (p. VII). Roma infatti è anche<br />

<strong>la</strong> città dello Stato Vaticano e delle tante istituzioni del<strong>la</strong> Chiesa<br />

che, protette dal<strong>la</strong> neutralità, intervengono nelle vicende di tanti<br />

romani (non solo <strong>ebrei</strong>), aiutandoli in vari modi: anche togliendo<br />

<strong>la</strong> c<strong>la</strong>usura dei monasteri. Come leggiamo nel<strong>la</strong> Prefazione: «Il<br />

mondo religioso di Roma, con i suoi limiti e <strong>la</strong> mentalità di quel<br />

tempo, fu una riserva di umanità in un tempo tanto buio» (p. <strong>XII</strong>)<br />

e il Papa romano, che non aveva voluto <strong>la</strong> guerra e aveva continuato<br />

a battersi per <strong>la</strong> pace, divenne il defensor civitatis. D’altro<br />

canto il Pontefice che aveva visto, fin dalle prime fasi del conflitto,<br />

indebolirsi <strong>la</strong> diplomazia vaticana e aveva percepito l’iso<strong>la</strong>mento<br />

del<strong>la</strong> Santa Sede e <strong>la</strong> divisione dei cattolici impegnati a<br />

combattersi su fronti diversi, aveva scelto <strong>la</strong> via del<strong>la</strong> prudenza,<br />

concentrandosi nel difendere <strong>la</strong> Chiesa come spazio d’asilo e nel<br />

raccomandare ai cattolici <strong>la</strong> solidarietà verso tutti, mentre tentava<br />

di abbreviare i tempi di guerra con <strong>la</strong> pace negoziata 31 .<br />

Il Papa rappresentava nell’immaginario collettivo una risorsa di


<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e <strong>la</strong> <strong>tragedia</strong> <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> (<strong>Shoah</strong>) 743<br />

pace e insieme una garanzia contro i bombardamenti del<strong>la</strong> città.<br />

Quando tuttavia, prima il 19 luglio 1943 e poi il 13 agosto, il quartiere<br />

di San Lorenzo e <strong>la</strong> parrocchia di Sant’Elena vennero bombardati,<br />

il Papa si recò – senz’alcun apparato protettivo – tra quelle rovine<br />

per incontrare <strong>la</strong> gente e far sentire <strong>la</strong> sua presenza forte in una<br />

città ormai sotto occupazione tedesca. Come testimoniò Fiorenzo<br />

Angelici, viceparroco del<strong>la</strong> Natività, <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> «divenne l’unico riferimento<br />

di salvezza per il popolo romano» (p. 8). Ma le tragedie romane<br />

non erano finite: il 16 ottobre 1943 le SS effettuarono un massiccio<br />

rastrel<strong>la</strong>mento nel ghetto, prelevando tuttavia soltanto 1.024<br />

<strong>ebrei</strong> 32 , perché – come si legge nel rapporto delle SS – «<strong>la</strong> partecipazione<br />

delle forze di polizia italiane non è stata possibile a causa<br />

del<strong>la</strong> loro inaffidabilità [...] e l’atteggiamento del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione italiana<br />

era inequivocabilmente di resistenza passiva che, in un gran<br />

numero di casi, si è mutato in assistenza attiva» (p. 13). E se molti<br />

riuscirono a salvarsi, lo si deve al fatto che, «sotto l’apatia di una cittadinanza<br />

che attendeva alle sue miserabili faccende, silenziosa, seria<br />

e tranquil<strong>la</strong>, c’era tutto un brulicare sotterraneo», nonostante l’annuncio<br />

del<strong>la</strong> pena di morte per chi aiutava i fuggitivi fosse continuamente<br />

ripetuto da Radio Roma e dai bandi nazifascisti sui muri.<br />

In quel «brulicare» troviamo i tanti ambienti ecclesiastici dove<br />

furono nascosti gli <strong>ebrei</strong>. A partire dall’ospedale Fatebenefratelli all’Iso<strong>la</strong><br />

Tiberina, che divenne uno spazio strategico – data <strong>la</strong> vicinanza<br />

al ghetto – per accogliere gli <strong>ebrei</strong> e ricoverarli come affetti dal<strong>la</strong><br />

cosiddetta «Sindrome K» – dove K stava per Kesserling –, inventata<br />

dal primario Giovanni Borromeo. Analoga tattica utilizzò l’Istituto<br />

Dermatologico Italiano, dei religiosi dell’Immaco<strong>la</strong>ta Concezione,<br />

mentre il convento francescano di San Bartolomeo accolse e travestì<br />

da frati non pochi <strong>ebrei</strong>. Ma è in Laterano, complesso appartenente<br />

al<strong>la</strong> Santa Sede e protetto dall’extraterritorialità, che si attuò <strong>la</strong> maggiore<br />

operazione c<strong>la</strong>ndestina del<strong>la</strong> Chiesa in favore di <strong>ebrei</strong>, renitenti<br />

al<strong>la</strong> leva o membri del CLN, sotto <strong>la</strong> guida di mons. Roberto Ronca<br />

33 e del rettore del seminario, mons. Pa<strong>la</strong>zzini. Ovviamente i documenti<br />

re<strong>la</strong>tivi a quel periodo non sono molti, dato che nessuno voleva<br />

<strong>la</strong>sciare tracce che potevano servire ai nazifascisti. Ma proprio<br />

mons. Ronca ha testimoniato che l’ospitalità dei c<strong>la</strong>ndestini era finanziata<br />

dal<strong>la</strong> IOR (Istituto per le Opere Religiose: <strong>la</strong> banca vaticana)<br />

e che, pur facendo tutto sotto <strong>la</strong> propria responsabilità, eseguiva<br />

<strong>la</strong> volontà di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>. Di fatto, il rego<strong>la</strong>mento del<strong>la</strong> vita interna in Laterano,<br />

fin dal primo ospite, venne controfirmato da mons. Montini,


744 Piersandro Vanzan S.J.<br />

che guidava gli Affari Ordinari del<strong>la</strong> Segreteria di Stato Vaticana 34 .<br />

Inoltre, il 23 ottobre mons. Ronca, dopo un incontro col Segretario<br />

di Stato card. Maglione, scriveva: «Mi assicurava che il Santo Padre<br />

è favorevole all’accettazione di alcuni rifugiati» (p. 56). Tra questi<br />

troviamo, insieme ai tanti <strong>ebrei</strong>, Alcide De Gasperi, Pietro Nenni, i<br />

familiari di Badoglio e il generale Roberto Bencivenga, massimo rappresentante<br />

del Governo del Sud: insomma, gran parte dell’opposizione<br />

antinazista a Roma.<br />

Intanto l’ospitalità si al<strong>la</strong>rgava a macchia d’olio raggiungendo<br />

le mura vaticane, all’interno delle quali furono ospitati 160 rifugiati,<br />

di cui 40 <strong>ebrei</strong>, l’Università Gregoriana, le cui porte furono<br />

aperte su richiesta di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> al Rettore padre Dezza, il monastero<br />

camaldolese di San Gregorio che si dedicò all’ospitalità nonostante<br />

fosse abitato da eremiti, i salesiani che nascosero gli <strong>ebrei</strong><br />

nelle catacombe di San Callisto, <strong>la</strong> cittadel<strong>la</strong> del Gianicolo che,<br />

nel momento di massimo affol<strong>la</strong>mento, ospitò 5.000 persone, gli<br />

istituti femminili – dalle Suore di Sion fino a quelle di Nostra Signora<br />

di Namur – che accettarono donne, bambini, e a volte anche<br />

uomini, le parrocchie e le molte altre case religiose sparse in<br />

tutti i quartieri romani 35 . In breve, <strong>la</strong> rete c<strong>la</strong>ndestina funzionò –<br />

anche se nel febbraio 1944 i nazifasciti vio<strong>la</strong>rono l’extraterritorialità<br />

dell’abbazia di San Paolo, aumentando <strong>la</strong> paura in tutte le altre<br />

realtà – perché «poteva contare sul tessuto di resistenza passiva<br />

del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione dai vasti contorni, sul<strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione del<strong>la</strong><br />

Chiesa e di alcuni diplomatici, ma anche sull’ambiguità di alcuni<br />

settori interni al fascismo» (p. 214).<br />

Tuttavia, <strong>la</strong> domanda fondamentale che Riccardi pone è questa:<br />

tale coraggiosa opera era frutto del<strong>la</strong> buona volontà dei superiori<br />

e dei religiosi, oppure veniva da un ordine del Papa e del<strong>la</strong><br />

Santa Sede? L’autore afferma che i religiosi intervistati, pur negando<br />

un ordine scritto, «unanimemente risposero di aver corrisposto<br />

a un desiderio del Papa o addirittura al<strong>la</strong> sua volontà» (p.<br />

23), poiché era stato il Pontefice stesso a far sapere agli istituti ecclesiastici<br />

del<strong>la</strong> capitale che era consentito dare ospitalità agli<br />

<strong>ebrei</strong> e ad altri in pericolo 36 . Quanto poi al rastrel<strong>la</strong>mento <strong>degli</strong><br />

<strong>ebrei</strong> del ghetto, è vero che <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> non fece nessun intervento<br />

pubblico? La principessa Enza Pignatelli D’Aragona Cortes, appreso<br />

quanto successo nel ghetto, si recò subito in Vaticano e fu<br />

ricevuta dal Papa che, appresa <strong>la</strong> notizia, intervenne subito presso<br />

l’ambasciatore tedesco von Weizsäcker. Ma questi sconsigliò una


protesta ufficiale, dato che avrebbe avuto soltanto l’effetto «di<br />

rendere radicale il ricorso alle deportazioni» (p. 123). Il Papa credette<br />

alle parole dell’ambasciatore tedesco 37 e nei giorni successivi<br />

tentò di rintracciare gli <strong>ebrei</strong> rastrel<strong>la</strong>ti nel ghetto, non sapendo<br />

che erano già stati deportati ad Auschwitz e in parte uccisi.<br />

In breve <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>, pur con qualche incertezza e gli invitabili<br />

chiaroscuri di quei terribili momenti, ben sapendo come le varie<br />

strutture ecclesiastiche fossero piene di <strong>ebrei</strong>, mantenne quel<strong>la</strong> linea<br />

prudenziale – i <strong>«silenzi</strong>» che oggi gli vengono rimproverati –<br />

che ne garantì <strong>la</strong> sopravvivenza 38 . Illuminante una nota dell’ambasciatore<br />

von Weizsäcker, dove leggiamo che se il Papa non avesse<br />

compromesso i rapporti con i tedeschi, a Roma non si sarebbero<br />

effettuate altre azioni contro gli <strong>ebrei</strong>. Confidando in quel<strong>la</strong> garanzia,<br />

<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> continuò nei salvataggi c<strong>la</strong>ndestini, anche proteggendoli<br />

attraverso «strumentali diplomatiche re<strong>la</strong>zioni» con le autorità<br />

tedesche nell’Urbe 39 . Quanto al popolo romano, in quei<br />

terribili mesi considerò Papa Pacelli come l’unico punto di riferimento<br />

e «anche se lo aveva visto fisicamente solo una volta [...]. Il<br />

Papa era lì, a Roma, dietro le mura leonine, mentre i suoi uomini<br />

e le sue donne erano presenti nel<strong>la</strong> vita del<strong>la</strong> città» (p. 341): instancabilmente<br />

pronti a salvare vite umane fino all’arrivo <strong>degli</strong> Alleati<br />

che, giunti nel<strong>la</strong> notte tra il 2 e il 3 giugno 1944, posero definitivamente<br />

fine a quel «lungo inverno».<br />

5. In difesa di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong><br />

<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e <strong>la</strong> <strong>tragedia</strong> <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> (<strong>Shoah</strong>) 745<br />

L’ultimo libro raccoglie i saggi di autori vari, a cura di Giovanni<br />

Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano 40 , e in qualche modo<br />

sintetizza quanto finora visto ponendo l’interrogativo: «<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> è un<br />

Papa lontano dai tratti così sbiaditi da non essere più riconoscibili o,<br />

in alternativa, dai contorni sin troppo carichi, ma perché deformati<br />

da una polemica talmente aspra e persistente da oscurare <strong>la</strong> realtà<br />

storica?» E spiega il perché Pacelli, «sul cammino aperto dal predecessore,<br />

divenne popo<strong>la</strong>re e davvero visibile in tutto il mondo», grazie<br />

soprattutto al<strong>la</strong> sua «incipiente e tumultuosa modernità» (p. 7).<br />

Una modernità dovuta al<strong>la</strong> comunicazione tramite i radiomessaggi e<br />

le grandi manifestazioni pubbliche. Ma che poi, nel giro di pochi anni<br />

– precisamente dal 1963, con <strong>la</strong> rappresentazione dell’opera Il Vicario<br />

–, subì un profondo capovolgimento.


746 Piersandro Vanzan S.J.<br />

Vian sostiene che due furono i motivi principali di questo radicale<br />

cambio d’opinione: «Il primo risiede nelle difficili scelte<br />

politiche compiute da <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> sin dall’esordio del pontificato, poi<br />

durante <strong>la</strong> <strong>tragedia</strong> bellica, e infine al tempo del<strong>la</strong> guerra fredda.<br />

La linea assunta negli anni del conflitto dal papa e dal<strong>la</strong> Santa Sede,<br />

avversa ai totalitarismi ma tradizionalmente neutrale, nei fatti<br />

fu invece favorevole all’alleanza antihitleriana e si caratterizzò per<br />

uno sforzo umanitario senza precedenti, che salvò moltissime vite<br />

umane. Questa linea fu comunque anticomunista e perciò, già durante<br />

<strong>la</strong> guerra, il papa cominciò a essere additato dal<strong>la</strong> propaganda<br />

sovietica come complice del nazismo e dei suoi orrori». Il secondo<br />

motivo fu «l’avvento del successore, A. G. Roncalli. Questi,<br />

descritto già molto tempo prima del conc<strong>la</strong>ve come candidato<br />

(e, una volta eletto, come papa) “di transizione”, in ragione soprattutto<br />

dell’età avanzata, prestissimo venne salutato come “il<br />

papa buono”, e sempre più contrapposto al predecessore: per il<br />

carattere e lo stile radicalmente diversi, ma anche per <strong>la</strong> decisione<br />

inattesa e c<strong>la</strong>morosa di convocare un concilio» (p. 8).<br />

Così, col passare del tempo e sull’onda calunniosa de Il Vicario,<br />

<strong>la</strong> figura di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> finì associata unicamente e in senso negativo<br />

al<strong>la</strong> <strong>Shoah</strong>, mentre quello che era stato un pontificato importante,<br />

anzi decisivo – nel passaggio dall’ultima <strong>tragedia</strong> bellica, attraverso<br />

<strong>la</strong> guerra fredda e le difficoltà del<strong>la</strong> ricostruzione, a un’epoca<br />

nuova –, si perse nel<strong>la</strong> leggenda del «Papa di Hitler», che<br />

questo libro cerca di sfatare. Anzitutto col saggio di Paolo Mieli<br />

che sottolinea come Pacelli, già quand’era segretario di Stato, fu<br />

accusato d’aver mitigato le condanne contenute nel<strong>la</strong> Mit brennender<br />

Sorge 41 , mentre di fatto egli, già all’inizio del<strong>la</strong> guerra, criticò<br />

tanto l’apatia del<strong>la</strong> Chiesa francese nei confronti del regime di<br />

Vichy quanto l’antisemitismo dello slovacco mons. Jozef Tiso; e<br />

nel 1939-40 appoggiò i progetti di cospirazione contro Hitler. Poi,<br />

nel giugno 1941, quando l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica<br />

non trovò pronto il mondo occidentale a stringere accordi con<br />

l’URSS – dato che fino allora questa era stata alleata del<strong>la</strong> Germania<br />

–, <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> condannò quei tentennamenti e si adoperò per favorirne<br />

l’alleanza con Gran Bretagna e Stati Uniti. Infine, durante<br />

l’occupazione tedesca di Roma, mise a disposizione <strong>degli</strong> israeliti<br />

conventi e seminari per sottrarli ai nazisti 42 .<br />

Sui tristi giorni dell’occupazione di Roma e i forzati silenzi di <strong>Pio</strong><br />

<strong>XII</strong> interviene il card. Bertone, che riporta le confidenze del dome-


<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e <strong>la</strong> <strong>tragedia</strong> <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> (<strong>Shoah</strong>) 747<br />

nicano R. Gagnebet. Dopo <strong>la</strong> strage delle Fosse Ardeatine il Papa<br />

s’interrogò con angoscia sul da farsi, pensando ovviamente a una denuncia,<br />

«ma tutti i conventi e le case di religiose di Roma erano piene<br />

di rifugiati: comunisti, <strong>ebrei</strong>, democratici e antifascisti [...]. Se <strong>Pio</strong><br />

<strong>XII</strong> avesse protestato, ci sarebbe stata una perquisizione in queste<br />

case e sarebbe stato catastrofico» (p. 145) 44 . Il card. Bertone ricostruisce<br />

inoltre <strong>la</strong> vicenda umana e religiosa di Pacelli sottolineando<br />

come già nel 1935, durante l’omelia a conclusione del suo viaggio a<br />

Lourdes, contrappose <strong>la</strong> redenzione di Cristo «al<strong>la</strong> bandiera del<strong>la</strong> rivoluzione<br />

sociale, al<strong>la</strong> falsa concezione del mondo e del<strong>la</strong> vita, e al<strong>la</strong><br />

superstizione del<strong>la</strong> razza e del sangue». La condanna «all’ido<strong>la</strong>tria<br />

del<strong>la</strong> razza» ritorna poi nei viaggi a Lisieux, Parigi e in Ungheria. Diventato<br />

papa, cercò con ogni mezzo di scongiurare il conflitto e, falliti<br />

i tentativi diplomatici, una settimana prima che le truppe del Reich<br />

invadessero <strong>la</strong> Polonia disse al mondo: «Un’ora grave suona nuovamente<br />

per <strong>la</strong> grande famiglia umana; ora di tremende deliberazioni<br />

delle quali non può disinteressarsi il Nostro cuore né <strong>la</strong> Nostra<br />

Autorità spirituale che da Dio ci viene per condurre gli animi sulle<br />

vie del<strong>la</strong> giustizia e del<strong>la</strong> pace. [...] Non d’altro armati che del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong><br />

di Verità, al di sopra delle pubbliche competizioni e passioni, vi<br />

parliamo nel nome di Dio, in cui ogni paternità in cielo e in terra<br />

prende nome [...]. È con <strong>la</strong> forza del<strong>la</strong> ragione, non con quel<strong>la</strong> delle<br />

armi, che <strong>la</strong> giustizia si fa strada» (p. 139).<br />

Poi, nel<strong>la</strong> sua prima enciclica Summi pontificatus (20 ottobre<br />

1939), condannò l’oblio di «quel<strong>la</strong> legge di umana solidarietà e carità,<br />

che viene dettata e imposta sia dal<strong>la</strong> comunanza di origine e dall’uguaglianza<br />

del<strong>la</strong> natura razionale in tutti gli uomini, a qualsiasi popolo<br />

appartengano, sia dal sacrificio di redenzione offerto da Gesù<br />

Cristo», e sottolineò l’avvento dell’«ora delle tenebre, quando lo spirito<br />

del<strong>la</strong> violenza e del<strong>la</strong> discordia versa sull’umanità una sanguinosa<br />

coppa di dolori senza nome». E concluse: «L’unità del genere<br />

umano e il dovere all’amore cristiano e al<strong>la</strong> carità verso quanti, vittime<br />

del<strong>la</strong> guerra, hanno diritto al<strong>la</strong> pietà e al soccorso» (p. 140).<br />

Quel<strong>la</strong> condanna, accompagnata dall’invito al<strong>la</strong> carità cristiana e all’assistenza<br />

nei confronti dei perseguitati, risuonò poi nei radiomessaggi,<br />

nelle encicliche future, nelle re<strong>la</strong>zioni diplomatiche, dietro le<br />

porte di chiese e conventi e, ce<strong>la</strong>ta dagli apparenti silenzi che lui stesso<br />

aveva consapevolmente scelto – basandosi «su un giudizio morale<br />

e religioso chiarissimo» (p. 144) –, avrebbe salvato moltissimi perché,<br />

come disse R. Kempner, magistrato ebreo di origini tedesche


748 Piersandro Vanzan S.J.<br />

durante il processo di Norimberga: «Qualsiasi presa di posizione<br />

propagandistica del<strong>la</strong> Chiesa contro il governo di Hitler sarebbe stata<br />

non so<strong>la</strong>mente un suicidio, ma avrebbe accelerato l’assassinio di<br />

un numero maggiore di <strong>ebrei</strong> e sacerdoti» (p. 32).<br />

In breve, <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> comprese quell’intricato e drammatico periodo<br />

storico e offrì ai contemporanei una testimonianza da protagonista<br />

nel<strong>la</strong> storia. Sicché, come scrive Benedetto XVI nel testo conclusivo,<br />

accostandosi a lui «senza pregiudizi ideologici», si rimane colpiti<br />

«dal suo alto profilo umano e spirituale e, conquistati dall’esemp<strong>la</strong>rità<br />

del<strong>la</strong> sua vita e dal<strong>la</strong> straordinaria ricchezza del suo insegnamento»,<br />

ne apprezziamo «<strong>la</strong> saggezza umana e l’intensità pastorale<br />

che lo hanno guidato nei lunghi anni del ministero», e <strong>la</strong> forza con<br />

cui, «per condividere il destino dei perseguitati, si espose pure alle<br />

incomprensioni» (p. 150 s.). Guidato però sempre nel suo difficile e<br />

lungo cammino sia dal<strong>la</strong> Paro<strong>la</strong> di Dio, che mirabilmente approfondì<br />

nelle varie encicliche, sia dalle ispirazioni con cui lo Spirito<br />

Santo, nell’ultimo periodo del suo ministero, gli fece cogliere «i segni<br />

dei tempi nuovi» – come avrebbe poi detto Giovanni X<strong>XII</strong>I – e,<br />

intravedendo le nuove sfide che attendevano <strong>la</strong> Chiesa, abbozzò le<br />

premesse del Concilio Vaticano II (cfr. pp. 156-159).<br />

NOTE<br />

Piersandro Vanzan S.J.<br />

1 Cfr. Storia del<strong>la</strong> <strong>Shoah</strong>, a cura di M. Cattaruzza - M. Flores - S. L. Sul<strong>la</strong>m - E. Traverso,<br />

UTET, Torino 2005, 5 voll.: in partico<strong>la</strong>re vol. III, pp. 86-165, La prova visiva, e<br />

vol. II, pp. 744-806, L’atteggiamento delle Chiese, con lo zoom su <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>.<br />

2 Cfr. L’Osservatore Romano, 26-27 gennaio 2009; cfr. anche <strong>la</strong> ricostruzione del<strong>la</strong><br />

complessiva <strong>tragedia</strong> <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> nel XX secolo in A. Foa, Diaspora. Storia <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> nel<br />

’900, Laterza, Bari-Roma 2009 (La Cività Cattolica, 2009 II, pp. 629-631).<br />

3 Cfr. I. Gutman - B. Rivlin (edd.), I Giusti d’Italia. I non <strong>ebrei</strong> che salvarono gli<br />

<strong>ebrei</strong> 1943-1945, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no 2005 (La Civiltà Cattolica, 2006 IV, p. 515 s.); M.<br />

Gilbert, I Giusti. Gli eroi sconosciuti dell’Olocausto, Città Nuova, Roma 2007 (La Civiltà<br />

Cattolica, 2007 IV, pp. 259-266); H. Moll (ed.), Testimoni di Cristo. I martiri tedeschi sotto<br />

il nazismo, San Paolo, Cinisello B. (Mi) 2007 (La Civiltà Cattolica, 2008 I, pp. 50-59).<br />

4 Cfr. una visione complessiva in G. Sale, Hitler, <strong>la</strong> Santa Sede e gli Ebrei, Jaca<br />

Book, Mi<strong>la</strong>no 2004, mentre P. E. Lapide, Roma e gli <strong>ebrei</strong>. L’azione del Vaticano a favore<br />

delle vittime del nazismo, Mondadori, Mi<strong>la</strong>no 1967, calco<strong>la</strong> in oltre 500.000 gli <strong>ebrei</strong><br />

salvati dal<strong>la</strong> Chiesa in Europa. Per quelli salvati a Roma (circa 4.500) cfr. A. Gaspari,<br />

Nascosti in convento, Àncora, Mi<strong>la</strong>no 1999; Id., Gli Ebrei salvati da <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>, Logos, Roma<br />

2001; A. Falifigli, Salvàti dai conventi. L’aiuto del<strong>la</strong> Chiesa agli <strong>ebrei</strong> di Roma durante<br />

l’occupazione nazista, San Paolo, Cinisello B. (Mi) 2005, con in Appendice interviste<br />

ai sopravissuti e resoconti dei principali salvataggi.


<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e <strong>la</strong> <strong>tragedia</strong> <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> (<strong>Shoah</strong>) 749<br />

5 La questione dei silenzi pacelliani nacque <strong>la</strong> sera del 20 febbraio 1963 quando,<br />

al teatro Kurfürstendamm di Berlino, fu rappresentato il dramma di Rolf Hochhuth, Il<br />

Vicario. Cfr. R. F. Esposito, Processo al Vicario. <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e gli <strong>ebrei</strong> secondo <strong>la</strong> testimonianza<br />

del<strong>la</strong> storia, SIAE, Torino 1964.<br />

6 A. Tornielli, <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>. Il papa <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong>, Piemme, Casale M. (Al), 2001, p. 8. A<br />

parte <strong>la</strong> falsità oggettiva dell’affermazione, come vedremo, quell’atteggiamento non era<br />

<strong>«silenzi</strong>o pavido», bensì «doppio gioco strategico». Come mai nessuno rimprovera i silenzi<br />

<strong>degli</strong> USA o dell’URSS o del<strong>la</strong> Gran Bretagna, che pure sapevano del genocidio in<br />

atto ma non fecero nul<strong>la</strong> per impedirlo?<br />

7 M. Marchione, <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>. La verità ti farà libero, LEV, Città del Vaticano 2008. La<br />

Marchione ha già pubblicato diversi volumi su <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>: <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e gli <strong>ebrei</strong>, Logos, Roma<br />

1999; <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> architetto di pace, Pantheon, Roma 2000; Il silenzio di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>, Sperling &<br />

Kupfer, Mi<strong>la</strong>no 2002; Crociata di carità. L’impegno di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> per i prigionieri del<strong>la</strong> seconda<br />

guerra mondiale, ivi, 2006.<br />

8 Contestazione riaperta da I. Herzog, Ministro per gli Affari sociali d’Israele, sul quotidiano<br />

Hareetz, contestando <strong>la</strong> beatificazione di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> perché non vi sarebbero prove «di<br />

provvedimenti presi dal Papa in favore <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> durante il secondo conflitto mondiale»<br />

(Avvenire, 18 ottobre 2008). In risposta il card. Bertone ha fatto notare che il processo canonico<br />

in atto prova il contrario e conferma quanto disse nel 1965 Paolo VI, annunciando<br />

in Concilio l’avvio delle cause di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e Giovanni X<strong>XII</strong>I: «Sarà così assecondato il desiderio,<br />

che per l’uno e per l’altro è stato espresso da innumerevoli voci; sarà così assicurato<br />

al<strong>la</strong> storia il patrimonio del<strong>la</strong> loro eredità spirituale; sarà evitato che alcun altro motivo, che<br />

non sia il culto del<strong>la</strong> vera santità e cioè <strong>la</strong> gloria di Dio e l’edificazione del<strong>la</strong> sua Chiesa, ricomponga<br />

le loro autentiche e care figure per <strong>la</strong> nostra venerazione e quel<strong>la</strong> dei secoli futuri».<br />

E Benedetto XVI, celebrando in San Pietro <strong>la</strong> memoria di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>, ha esortato a pregare<br />

«perché prosegua felicemente <strong>la</strong> causa di beatificazione» (L’Osservatore Romano, 7 novembre<br />

2008).<br />

9 Si tratta soltanto di due delle molte testimonianze che il New York Times pubblicò<br />

insieme a un elenco di persone che vollero esprimere in questo modo il loro cordoglio<br />

per <strong>la</strong> morte di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>.<br />

10 Tanto che il New York Times scrive: «In questo Natale più che mai, il Papa è una<br />

voce solitaria che grida nel silenzio di un continente» (p. 44). Già il 23 dicembre 1940<br />

A. Einstein aveva scritto in Time Magazine: «Soltanto <strong>la</strong> Chiesa ha osato opporsi al<strong>la</strong><br />

campagna di Hitler, tesa a sopprimere <strong>la</strong> verità. Non ho mai avuto uno speciale interesse<br />

verso <strong>la</strong> Chiesa prima, ma ora sento generale affetto e ammirazione perché solo <strong>la</strong><br />

Chiesa ha avuto il coraggio e <strong>la</strong> forza costante di stare dal<strong>la</strong> parte del<strong>la</strong> verità intellettuale<br />

e del<strong>la</strong> libertà morale» (p. 38).<br />

11 Tra i tanti aiuti prodigati dal Vaticano ricordiamo quelli al Campo d’internamento<br />

<strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> in Ca<strong>la</strong>bria, a Ferramonti di Tarsia, e quelli al Campo d’internamento a Campagna<br />

(Sa), dov’era vescovo G. M. Pa<strong>la</strong>tucci, grande «regista» in quell’opera umanitaria, proprio<br />

come «spal<strong>la</strong>» del nipote Giovanni, questore a Fiume – finito poi martire a Dachau<br />

(10 febbraio 1945) proprio per aver salvato migliaia di <strong>ebrei</strong> –, che li inoltrava a Campagna.<br />

Cfr. rispettivamente M. Rende, Ferramonti di Tarsia, Mursia, Mi<strong>la</strong>no 2009 e P. Vanzan - M.<br />

Scatena, Giovanni Pa<strong>la</strong>tucci, il questore “giusto”, Pro Sanctitate, Roma 2009.<br />

12 A tale Ufficio, attivo dal 1939 al 1947, giunsero 20 milioni di richieste di assistenza<br />

che <strong>la</strong> Santa Sede, tramite le Nunziature e le Delegazioni apostoliche presenti nei<br />

Paesi europei, cercò di soddisfare (p. 85).<br />

13 A. Duce, La Santa Sede e <strong>la</strong> questione ebraica (1933-1945), <strong>Studium</strong>, Roma 2006.<br />

Sull’argomento cfr. anche M. L. Napolitano - A. Tornielli, Il Papa che salvò gli <strong>ebrei</strong>, Piemme,<br />

Casale M. (Al) 2004. Per una visione d’insieme del periodo in cui <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> si trovò ad<br />

operare, cfr. A. Duce, Storia del<strong>la</strong> politica internazionale (1917-1957). Dal<strong>la</strong> Rivoluzione<br />

d’ottobre ai Trattati di Roma, di imminente pubblicazione presso le <strong>Edizioni</strong> <strong>Studium</strong>.<br />

14 La Stein morì il 9 agosto 1942 nelle camere a gas di Auschwitz, dopo essere stata


750 Piersandro Vanzan S.J.<br />

prelevata dal Convento del Carmelo di Echt in O<strong>la</strong>nda insieme al<strong>la</strong> sorel<strong>la</strong> Rosa, anche lei<br />

convertita al cattolicesimo. La filosofa ebrea, carmelitana fin dal 1933, affrontò quel<strong>la</strong><br />

morte violenta esplicitamente per redimere l’umanità dal baratro in cui l’aveva precipitata<br />

il nazismo. Cfr. M. Gilbert, I Giusti. Gli eroi sconosciuti dell’Olocausto, cit., p. 611 s.<br />

15 Nonostante provenissero da varie parti del mondo cattolico, e anche dall’interno<br />

del<strong>la</strong> Santa Sede, le insistenze per denunciare lo sterminio <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> e <strong>la</strong> decimazione<br />

dei popoli dell’Europa occupata, l’atteggiamento pubblico del Vaticano non cambiò<br />

durante tutta <strong>la</strong> guerra, mentre c<strong>la</strong>ndestinamente fece di tutto per evitare il peggio.<br />

<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> diede infatti priorità all’organizzazione dei soccorsi e imitò <strong>la</strong> Croce Rossa Italiana<br />

che, in quanto imparziale, poteva intervenire e soccorrere tutti, senza distinzioni di<br />

alcun genere (cfr. p. 140 s.).<br />

16 Ricordiamo che <strong>la</strong> Santa Sede fornì molti visti per trasferire i non ariani, presenti<br />

nei Paesi occupati dai nazisti, in America Latina.<br />

17 A. Tornielli, <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>. Il papa <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong>, cit., p. 171. L’8 settembre 1941, in una<br />

lettera ai vescovi tedeschi, sottolineato il martirio del<strong>la</strong> Chiesa tedesca – «Attualmente<br />

in Germania si verifica piuttosto un lento martirio dei confessori che non l’uccisione<br />

violenta e subitanea dei martiri» –, raccomanda: «Siate baluardo agli assalti nemici, con<br />

costanza e valore, senza esitare davanti al<strong>la</strong> fatica».<br />

18 Nel<strong>la</strong> lettera si legge: «Viviamo in un’epoca di grande miseria sia nel campo spirituale<br />

che materiale, ma due fatti molto dolorosi attirano soprattutto <strong>la</strong> nostra attenzione:<br />

il triste destino <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> e <strong>la</strong> sorte di quelli che sono stati addetti ai <strong>la</strong>vori forzati<br />

all’estero. Tutti devono essere consapevoli delle penosissime condizioni e <strong>degli</strong> uni e <strong>degli</strong><br />

altri» (p. 203 s.). Il Commissario generale dell’O<strong>la</strong>nda reagì pronunciando all’Aja un<br />

discorso di fuoco e ordinando di rastrel<strong>la</strong>re nei conventi e negli istituti cattolici tutti gli<br />

<strong>ebrei</strong> cristiani fino allora <strong>la</strong>sciati in pace. Tra loro anche <strong>la</strong> Stein, che morì ad Auschwitz<br />

il 9 agosto. Altri 2.800 sacerdoti e religiosi po<strong>la</strong>cchi furono rinchiusi a Dachau: soltanto<br />

816 tornarono vivi.<br />

19 Così, nel radiomessaggio del Natale 1942 afferma: «La Chiesa rinnegherebbe se<br />

stessa, cessando di essere madre, se si rendesse sorda al grido angoscioso che tutte le<br />

c<strong>la</strong>ssi dell’umanità fanno arrivare al suo orecchio». E rinnovata <strong>la</strong> condanna di qualsiasi<br />

teoria razzista, esorta «i magnanimi e gli onesti a non darsi riposo finché non sarà ristabilita<br />

una convivenza tra tutti i popoli e le nazioni» (p. 251).<br />

20 La Santa Sede, infatti, era coinvolta in interventi diretti, domande di aiuto, attività<br />

diplomatica. In partico<strong>la</strong>re, riceveva molte lettere con richieste di aiuto, alle quali<br />

cercava di rispondere sia tenendo contatti diretti con le comunità ebraiche sia attraverso<br />

rappresentanti vaticani e singoli religiosi (p. 257 s.). Continui furono anche gli interventi<br />

presso le autorità tedesche del nunzio a Berlino, che si prodigò in ogni modo per<br />

aiutarli. Cfr M. M. Biffi, Il cavalletto per <strong>la</strong> tortura. Cesare Orsenigo ambasciatore del papa<br />

nel<strong>la</strong> Germania di Hitler, Città Nuova, Roma 2006, p. 181 s.<br />

21 A. von Teuffenbach, <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> tra storia, politica e fede, ART, Roma 2008.<br />

22 L’autore ritiene infatti che Pacelli, «per <strong>la</strong> preparazione avuta, per <strong>la</strong> serietà con<br />

<strong>la</strong> quale intraprese <strong>la</strong> via del sacerdozio e più tardi ogni altro impegno, sia stato [...] veramente<br />

eccellente, anche per l’impegno che si assunse quando accettò di essere il successore<br />

di Pietro». Ma <strong>la</strong> storia «non fu clemente con lui», e perciò è necessario tornare<br />

indietro nel tempo e cercare di conoscere meglio, attraverso testimonianze e documenti,<br />

«<strong>la</strong> storia che visse e nel<strong>la</strong> quale era chiamato a operare» (p. 7 s.).<br />

23 «Queste visite erano molto gradite ai soldati, anche perché Pacelli sapeva par<strong>la</strong>re<br />

varie lingue e quindi riusciva spesso a trovare parole di conforto nel<strong>la</strong> stessa madrelingua<br />

dei soldati. E poi il Nunzio – in pacchi confezionati singo<strong>la</strong>rmente per ogni prigioniero<br />

– distribuiva a ognuno in dono, a nome del Papa, viveri di vario genere ed anche<br />

sigarette, sapone, ciocco<strong>la</strong>to, tè e zucchero» (p. 70).<br />

24 Il 17 gennaio 1969 J. Maritain scrive a Chouraqui, intellettuale ebreo, sostenitore<br />

del<strong>la</strong> pacifica convivenza tra <strong>ebrei</strong>, cristiani e musulmani: «Quanto a <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>, sareb-


<strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> e <strong>la</strong> <strong>tragedia</strong> <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> (<strong>Shoah</strong>) 751<br />

be ingiusto attribuire a indifferenza il suo silenzio nell’ora del<strong>la</strong> persecuzione hitleriana.<br />

Non solo ha contribuito con i suoi sforzi a salvare molti perseguitati, ma quando ero a<br />

Roma mi sono informato in alto loco sulle ragioni di questo silenzio, e so che fu dovuto<br />

solo al<strong>la</strong> paura di aumentare <strong>la</strong> persecuzione, se avesse alzato <strong>la</strong> voce. Il Papa aveva consultato<br />

alcune comunità ebraiche tedesche, ed è proprio questo che esse avevano risposto.<br />

Che abbia avuto torto o ragione a seguire questo parere [...], astenendosi da una testimonianza<br />

che sarebbe stata a sua gloria, ma che sarebbe costata migliaia di vite umane<br />

in sovrappiù, chi di noi può giudicare? Il suo motivo è stato quello che ha ritenuto un<br />

obbligo di coscienza, ed era un motivo profondamente umano» (A. Chouraqui, Il destino<br />

di Israele. Corrispondenza con Jules Isaac, Jacques Ellul, Jacques Maritain e Marc Chagall,<br />

Paoline, Mi<strong>la</strong>no 2009).<br />

25 Padre Leiber fu con Pacelli già nel<strong>la</strong> Nunziatura a Monaco di Baviera, seguendolo<br />

poi in quel<strong>la</strong> di Berlino (1925), nel decennio in Segreteria di Stato e quindi durante<br />

tutto il pontificato, fino al<strong>la</strong> morte.<br />

26 Al quale, saputo del<strong>la</strong> sua denuncia contro le uccisioni dei ma<strong>la</strong>ti di mente e <strong>degli</strong><br />

handicappati operate dai nazisti, scriveva: «È per noi una conso<strong>la</strong>zione ogniqualvolta<br />

veniamo a conoscenza di una paro<strong>la</strong> chiara e coraggiosa da parte di un singolo vescovo<br />

tedesco o dell’episcopato tedesco» (p. 194).<br />

27 Per evitare tale razzia gli <strong>ebrei</strong> avevano consegnato ai tedeschi 50 kg d’oro, trovato<br />

anche grazie al contributo di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>. Per questo nessuno, compreso il Pontefice,<br />

si aspettava il rastrel<strong>la</strong>mento del 16 ottobre. Dei 1.024 <strong>ebrei</strong> catturati (compresi 200<br />

bambini) e mandati ad Auschwitz, soltanto 16 sono tornati.<br />

28 «Tantissimi – non solo <strong>ebrei</strong>, ma anche prigionieri di guerra, fuggiaschi e oppositori<br />

politici – furono ospitati in Vaticano e nel<strong>la</strong> Vil<strong>la</strong> di Castel Gandolfo dove, per far posto<br />

ai profughi, fu aperto anche l’appartamento privato di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>. In Laterano si tenne nascosto<br />

anche Nenni e De Gasperi» (p. 202). Cfr. anche G. Sale, I rifugiati in Laterano al tempo<br />

dell’occupazione nazista di Roma», in La Civiltà Cattolica, 2008 IV, pp. 539-552, mentre in<br />

un Memoriale del monastero delle agostiniane al Celio (fine 1943) leggiamo: «Con l’entrata<br />

dei tedeschi a Roma inizia una caccia spietata agli <strong>ebrei</strong> che si vogliono sterminare mediante<br />

atrocità suggerite dal<strong>la</strong> più nera barbarie [...]. In queste dolorose situazioni, il Santo<br />

Padre vuole salvare i suoi figli, anche gli <strong>ebrei</strong>, e ordina che nei monasteri si dia ospitalità a<br />

questi perseguitati». Seguono i nomi <strong>degli</strong> ospiti: complessivamente 4.500, nelle varie case<br />

religiose e ville pontificie (cfr. 30giorni, luglio-agosto 2006, pp. 32-45).<br />

29 Perciò nel testamento spirituale (15 maggio 1956, due anni prima di morire)<br />

scrisse: «Miserere mei Deus, secundum (magnam) misericordiam tuam. Queste parole<br />

che, conscio di esserne immeritevole, pronunciai nel momento in cui diedi tremando il<br />

mio sì all’elezione a Sommo Pontefice, con tanto maggior fondamento le ripeto ora in<br />

cui <strong>la</strong> consapevolezza delle deficienze, delle manchevolezze, delle colpe commesse durante<br />

un così lungo pontificato e in un’epoca così grave ha reso più chiara al<strong>la</strong> mia mente<br />

<strong>la</strong> mia insufficienza e indegnità. E chiedo umilmente perdono a quanti ho potuto offendere,<br />

danneggiare con parole e con opere» (p. 294).<br />

30 A. Riccardi, L’inverno più lungo. 1943-44: <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>, gli <strong>ebrei</strong> e i nazisti a Roma, Laterza,<br />

Roma-Bari 2008, 5 e La Civiltà Cattolica, 2009 II, pp. 620-622.<br />

31 Secondo Riccardi, <strong>la</strong> non accettazione del<strong>la</strong> logica del<strong>la</strong> guerra da parte di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> è<br />

<strong>la</strong> chiave di lettura d’ogni suo intervento e atteggiamento: dai silenzi prudenziali con i nazisti<br />

all’impegno deciso per <strong>la</strong> ricostruzione e contro <strong>la</strong> guerra fredda nel periodo successivo.<br />

32 Come abbiamo già ricordato, per evitare tale razzia gli <strong>ebrei</strong> avevano consegnato<br />

ai tedeschi 50 kg d’oro, ma le SS non ne tennero conto. Dei 1.024 <strong>ebrei</strong> fatti partire il<br />

18 ottobre dal<strong>la</strong> stazione Tiburtina per Auschwitz, ne tornarono soltanto 16. Sommati a<br />

quelli massacrati il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine – insieme a oppositori cattolici,<br />

tra i quali spicca don Pietro Pappagallo. Cfr. A. Lisi, Don Pietro Pappagallo martire delle<br />

Fosse Ardeatine, Tau ed., Todi (Pg) 2006 e R. Lisi, Pane e cipol<strong>la</strong> e santa libertà, Terlizzi<br />

Ed. Insieme, (Ba) 2009 –, furono 2.091 gli <strong>ebrei</strong> romani uccisi dai nazisti.


752 Piersandro Vanzan S.J.<br />

33 Mons. Ronca, ottimo esecutore <strong>degli</strong> ordini vaticani, rischiò di persona, «ma<br />

quasi niente avrebbe potuto fare senza il permesso e <strong>la</strong> copertura del card. Vicario, del<strong>la</strong><br />

Segreteria di Stato e di autorevoli personalità vaticane» (p. 70).<br />

34 La Segreteria di Stato Vaticana si divideva in due sezioni: gli Affari Straordinari<br />

(esteri) guidati da mons. Tardini e gli Affari Ordinari guidati da mons. Ronca. Responsabile<br />

di entrambe le sezioni era il Segretario di Stato card. Maglione, primo col<strong>la</strong>boratore<br />

del Papa (p. 97).<br />

35 <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong> aveva fatto appendere sul<strong>la</strong> porta <strong>degli</strong> istituti religiosi questo avviso bilingue:<br />

«Il Governatore dello Stato Città del Vaticano, per incarico dell’Em.mo Signor<br />

Cardinale Luigi Maglione, Segretario di Stato del Regnante Sommo Pontefice Papa <strong>Pio</strong><br />

<strong>XII</strong>, attesta che [qui il nome dell’istituto e l’indirizzo] è di proprietà del<strong>la</strong> Santa Sede e<br />

gode dei privilegi di extraterritorialità: come tale l’immobile è intangibile». E quando tale<br />

avviso non fermò le perquisizioni, il Vaticano passò al cartello di garanzia, estendendo<br />

l’inaccessibilità extraterritoriale pure agli edifici religiosi non governati dal Trattato<br />

del Laterano (p. 141 s).<br />

36 Prova <strong>la</strong>mpante del<strong>la</strong> veridicità delle affermazioni fatte è che venne aperta <strong>la</strong><br />

c<strong>la</strong>usura, e che per farlo era necessaria l’approvazione dell’ospitalità da parte del Vicariato<br />

(p. 275).<br />

37 Fu Kappler a ordinare <strong>la</strong> deportazione <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong> romani e von Weizsäcker ne<br />

era al corrente; però, non solo non ne aveva informato <strong>la</strong> Santa Sede, ma fece credere al<br />

Papa di essersi prodigato per avere notizie (p. 131).<br />

38 Il 25-26 ottobre 1943 su L’Osservatore Romano si leggeva: «Con l’accrescersi di<br />

tanti mali è divenuta, si direbbe, più operosa <strong>la</strong> carità del Sommo Pontefice, <strong>la</strong> quale non<br />

si arresta davanti ad alcun confine, né di nazionalità, né di religione, né di stirpe» (p. 137).<br />

39 «In questa direzione il Vaticano era spinto tanto dal<strong>la</strong> responsabilità assunta dal<strong>la</strong><br />

Chiesa ospitando tanti ricercati nei suoi istituti [...], quanto dal<strong>la</strong> cura a non peggiorare <strong>la</strong><br />

già critica situazione dei romani, in quei mesi difficili di fame e privazione» (p. 140).<br />

40 G. M. Vian (ed.), In difesa di <strong>Pio</strong> <strong>XII</strong>. Le ragioni del<strong>la</strong> storia, Marsilio, Venezia<br />

2009, con interventi di Paolo Mieli, Grandezza di un papa; Saul Israel, Evocazione; Andrea<br />

Riccardi, Un tempo drammatico; Rino Fisichel<strong>la</strong>, Di fronte al<strong>la</strong> modernità; Gianfranco<br />

Ravasi, Un mondo culturale; Tarcisio Bertone, Eugenio Pacelli segretario di Stato<br />

e romano pontefice; Benedetto XVI, In memoria di un predecessore.<br />

41 Il primo a par<strong>la</strong>re delle titubanze pacelliane nei confronti del fascismo e del nazismo<br />

fu E. Mounier che, quattro mesi prima dell’inizio del conflitto, rimproverò garbatamente<br />

quel silenzio che imbarazzava molte persone.<br />

42 Tra le varie testimonianze di quest’epopea, citate nel saggio, riprendiamo quel<strong>la</strong><br />

del sergente maggiore americano J. Vancover: «Desidero raccontarvi del<strong>la</strong> Roma ebraica,<br />

del gran miracolo di aver trovato qui migliaia di <strong>ebrei</strong>. Le chiese, i conventi, i frati e<br />

le suore e soprattutto il Pontefice sono corsi in aiuto <strong>degli</strong> <strong>ebrei</strong>, sottraendoli dagli artigli<br />

dei nazisti e dei loro col<strong>la</strong>boratori italiani. Grandi sforzi non scevri da pericoli sono<br />

stati fatti per nascondere e nutrire gli <strong>ebrei</strong> durante i mesi dell’occupazione tedesca. Alcuni<br />

religiosi hanno pagato con <strong>la</strong> vita quest’opera di salvataggio». Anche il commissario<br />

straordinario delle comunità israelitiche a Roma, S. Ottolenghi, il 15 ottobre 1944<br />

ringraziò personalmente il Santo Padre a nome delle comunità «per l’assistenza eroica e<br />

affettuosa del clero attraverso i conventi e i collegi» (p. 22).<br />

43 Nel volume notevole è <strong>la</strong> testimonianza di Saul Israel, ebreo di Salonicco (1897-<br />

1981), trasferitosi a Roma in giovane età e cittadino italiano dal 1919. Saul strinse amicizia<br />

col poeta e critico letterario cristiano G. Salvadori e, negli anni del<strong>la</strong> persecuzione,<br />

si rifugiò prima nel convento di Sant’Antonio in via Meru<strong>la</strong>na e poi a San Giovanni in<br />

Laterano. Proprio a quel periodo (aprile 1944) risale l’inedito pubblicato nel libro, che<br />

testimonia come l’accoglienza nei conventi e il via vai di partigiani cattolici che aiutano<br />

rifugiati sono evidentemente il segno che questa gigantesca operazione di salvataggio<br />

non poteva farsi senza l’assenso del Papa.

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