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1 DIARIO DI UNA RESISTENZA - 55° brigata Rosselli

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quattromila uomini, con il Cln (10ª Divisione Matteotti?). Pur facendo tara su tale affermazione, «è<br />

accertato - scriveva Arturo Colombi - che vi sono stati incontri con alcuni rappresentati di alcuni<br />

partiti del Cln» Si tratta di un movimento di guardie bianche che raccoglie tutte le forze più retrive,<br />

antidemocratiche e antioperaie. È il fascismo che non vuole morire; scopo dichiarato: la lotta<br />

antioperaia e anticomunista e l’appoggio a qualsiasi partito che intenda intraprenderla. Occorre<br />

vigilare politicamente, insistere perché il Cln e i diversi partiti prendano netta posizione. Occorre<br />

denunciare pubblicamente questo movimento davanti all’opinione pubblica democratica ed essere<br />

pronti a reprimere qualsiasi tentativo di colpi di mano e di azione terroristica antioperaia”.<br />

Embrione di ciò che fu la “Gladio”, braccio armato della loggia massonica eversiva denominata<br />

“Propaganda 2”, meglio nota come “P2”, alla quale aderirono subito la disciolta Divisione<br />

“Decima Mas” e la Divisione “Pasubio”.<br />

14 luglio 1948<br />

Al suono delle sirene tutti gli stabilimenti si fermano, è lo sciopero generale.<br />

Oggi, all’uscita da Montecitorio, in via delle Missioni, hanno attentato alla vita di Palmiro Togliatti,<br />

leader dell’opposizione e Segretario del Partito comunista italiano.<br />

È stato un giovane, dichiaratosi iscritto al Partito liberale (anche qui i liberali al servizio dei<br />

fascisti: povero glorioso antico Partito liberale!). È un certo Antonio Pallante, che ha sparato alcuni<br />

colpi di rivoltella contro Togliatti.<br />

15-16 luglio 1948<br />

Con Gianni Giannoni, della Sezione del Pci del Giambellino, mi reco alla Casa del popolo, ex sede<br />

del fascio, in piazzale delle Milizie. Qui vi erano già altri compagni, siamo armati in attesa di<br />

ordini. Se Togliatti dovesse morire tutto potrebbe succedere, occorre essere pronti per ogni evento<br />

possibile: prima di tutto presidiare ed eventualmente difendere le sedi delle associazioni<br />

democratiche e dei partiti dei lavoratori, se questi venissero attaccati dalle forze reazionarie.<br />

Qualcuno vorrebbe occupare subito i centri di informazione e del potere, pensando alla<br />

rivoluzione e credendo fosse finalmente giunta l’«Ora X».<br />

La notte è interminabile, solo verso mattina sapremo che Togliatti, sottoposto a un delicato<br />

intervento al cervello, è salvo. La tensione si allenta, vado a casa, mi butto sul letto, dormo un paio<br />

d’ore, poi la radio annuncia il comunicato del Segretario generale della Cgil Giuseppe Di Vittorio:<br />

“Togliatti è fuori pericolo, ora dobbiamo rientrare tutti nelle fabbriche, lo sciopero è cessato”. Non<br />

posso credere, torno subito alla Casa del popolo, al momento ci sentiamo traditi, ma l’ordine è<br />

preciso e dovrà essere rispettato, dicono che è stato lo stesso Togliatti, appena rimessosi<br />

dall’intervento, a comunicarlo a Di Vittorio.<br />

Sarebbe stato estremamente pericoloso lasciarsi prendere dall’emozione del momento, non c’è<br />

alcuna prospettiva alla rivoluzione che i partigiani vorrebbero, per liberarci una volta per sempre<br />

dei fascisti e delle forze reazionarie che li proteggono, eravamo ancora occupati militarmente dalle<br />

truppe alleate, avremmo fatto la fine dalla Grecia dove il Partito comunista e i partigiani, che<br />

avevano ripreso le armi per liberarsi da un governo monarchico filofascista, dovettero subire una<br />

sanguinosa sconfitta a causa dell’intervento armato delle truppe britanniche, che ancora<br />

occupavano il territorio.<br />

A ognuno di noi viene dato l’incarico di recarsi davanti agli stabilimenti della zona per<br />

convincere i lavoratori a rientrare nei posti di lavoro. Con il compagno Giorgio Milani, della<br />

segreteria del Pci, mi reco alle Officine Borletti. Gli operai non vogliono crederci, veniamo insultati,<br />

dobbiamo spiegare loro che l’ordine è giunto direttamente dalla Direzione del Pci e dalla Cgil, è<br />

stato un compito difficile ma alla fine riusciamo, più o meno, a convincerli: rientreranno nelle<br />

officine armati, solo per presidiarle, in attesa dell’evolversi della situazione, pronti per quella<br />

rivoluzione che non sarebbe mai avvenuta. E forse è stato un bene, ma questo non lo sapremo mai.<br />

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