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1 DIARIO DI UNA RESISTENZA - 55° brigata Rosselli

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ovviamente banconote false che i fascisti stampavano illegalmente per finanziare le spie e i<br />

delatori, i fogli vengono subito bruciati.<br />

A Milano giungono i partigiani dell’Oltrepò pavese a Porta Ticinese, trasportati da una colonna<br />

di autocarri.<br />

28 aprile 1945<br />

A seguito di una precisa segnalazione mi reco, con altri due partigiani, in piazza Maria Adelaide al<br />

n. 7, dove avrebbe dovuto abitare un noto fascista. Al primo suono del campanello non ricevo<br />

alcuna risposta, insisto e infine si presenta un uomo in canottiera, il viso insaponato e il rasoio in<br />

mano, dice di non essere lui il gerarca che cerchiamo e che quell’appartamento gli era stato<br />

assegnato dal Clnai, lui era appena giunto da Roma. Alla mia richiesta di esibire un suo<br />

documento, dopo un attimo di smarrimento risponde che i suoi documenti si trovavano presso il<br />

Clnai ... In quel momento squilla il telefono, sollevo la cornetta ma nessuno risponde, riaggancio.<br />

Invito la persona a vestirsi perché dovrà seguirci al nostro comando al fine di chiarire la sua<br />

posizione.<br />

Suona nuovamente il telefono, invito quella persona a rispondere lui, questi dice al telefono che<br />

ci sono lì i partigiani che vogliono portarlo via, mi passa quindi la cornetta. La persona al telefono<br />

dice di essere del Comitato di liberazione, che quel signore si trova sotto la loro protezione e noi<br />

non potevamo arrestarlo. Rispondo che lui al telefono poteva dire qualsiasi cosa e lo invito a<br />

presentarsi al nostro comando dove avremmo portato quel signore.<br />

Al comando consegno quest’ancora ignoto fascista a Travaglini. Subito giungono due persone<br />

che si qualificano come funzionari del Partito liberale, e si presentano come l’avvocato De Bonis e<br />

il dottor Borroni, rappresentanti di quel partito in seno al Clnai. Affermano che la persona da noi<br />

fermata è il colonnello Gelormini, comandante della Gnr per la provincia di Milano e della<br />

Lombardia 42.<br />

Lui avrebbe trattato la resa della Gnr in cambio dell’incolumità sua e della sua famiglia. L’avvocato<br />

De Bonis invita Travaglini a chiederlo pure al Comando piazza del Cvl, Travaglini telefona e ne<br />

riceve la conferma. Ne prende atto e Gelormini viene rilasciato ai due esponenti liberali.<br />

In seguito verremo a conoscenza che Gelormini era socio in affari con i due liberali nella ditta<br />

Besana, ditta che aveva sempre finanziato il partito fascista, prima, e il Msi poi.<br />

Nel pomeriggio andiamo in corso 22 marzo ad assistere all’arrivo dei partigiani di Moscatelli, i<br />

cecchini fascisti sparano dal tetto di una casa e feriscono due partigiani, corriamo subito su e<br />

blocchiamo i due fascisti che avevano sparato, mentre tentavano di fuggire. Li arrestiamo e li<br />

consegniamo ai partigiani di Moscatelli, date le precedenti esperienze non ci fidiamo più di<br />

portarli al Palazzo di Giustizia.<br />

29 aprile 1945<br />

Di primo mattino ci rechiamo in piazzale Loreto dove avevano scaricato i corpi di alcuni gerarchi,<br />

con Mussolini e la Petacci, fucilati a Dongo. La gente attorno sfoga la propria ira lanciando sputi e<br />

calci su qui corpi, ormai inoffensivi, che per anni avevano dominato col terrore il popolo italiano.<br />

Più tardi leggiamo sul giornale che i corpi dei gerarchi erano stati appesi al traliccio di una<br />

pensilina c’è anche la fotografia con i loro nomi sul bordo della pensilina stessa, con stupore<br />

possiamo leggere anche quello di Gelormini, su uno di quei corpi, alla sinistra di Mussolini.<br />

Ritorniamo subito in piazzale Loreto, la persona appesa sotto quel nome non è il colonnello<br />

Gelormini, lui era un omone grande e grosso, questo è uno smilzo, per noi ancora ignoto (verremo<br />

poi a sapere che era il fratello Marcello della Petacci).<br />

Ci rechiamo subito in piazza Maria Adelaide e troviamo Gerolmini intento a preparare i bagagli,<br />

questa volta lo arrestiamo formalmente e lo portiamo nuovamente al nostro comando. Sandro, che<br />

aveva assunto l’incarico di Commissario di <strong>brigata</strong>, vorrebbe interrogarlo subito sui molti segreti e<br />

42 Il colonnello Gelormini era implicato nella fucilazione dei quindici patrioti in piazzale Loreto, oltre ad altri gravi<br />

episodi di rappresaglia (vedi «L’origine della nostra democrazia malata»).<br />

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