MATERIALI POLIMERICI - Corsi di Laurea a Distanza
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
<strong>MATERIALI</strong> <strong>POLIMERICI</strong><br />
I materiali polimerici, detti anche materie plastiche o resine sintetiche, sono sostanze formate da<br />
molecole organiche molto gran<strong>di</strong>, macromolecole, derivanti dall’unione, me<strong>di</strong>ante legami chimici,<br />
<strong>di</strong> piccole unità chiamate monomeri. Queste unità possono essere <strong>di</strong> una o più specie.<br />
Alcuni polimeri come la cellulosa, la gomma naturale, le resine sono <strong>di</strong> origine naturale; la<br />
stragrande maggioranza è <strong>di</strong> origine artificiale e recente, tenuto conto che i primi polimeri<br />
industriali, e cioè la celluloide e la bakelite, sono stati prodotti nel 1870 e nel 1907.<br />
Sono caratterizzati da basso peso specifico, da notevole inerzia chimica, in molti casi da modesto<br />
carico <strong>di</strong> snervamento e da grande allungamento a rottura; hanno come limite per le applicazioni<br />
una scarsa resistenza alle alte temperature<br />
Possono essere classificati in vari mo<strong>di</strong>. Valutando la struttura si <strong>di</strong>stinguono in polimeri lineari,<br />
se le unità monomeriche sono legate a formare lunghe catene, più o meno raggomitolate; in<br />
polimeri ramificati, quando da una catena principale si <strong>di</strong>partono ramificazioni laterali; in polimeri<br />
reticolati, quando alcune ramificazioni connettono chimicamente più catene. Le tre situazioni sono<br />
mostrate in figura 1.<br />
Le <strong>di</strong>verse strutture influenzano le proprietà : i polimeri lineari sono solubili in solventi e<br />
rammolliscono all’aumentare della temperatura fino a <strong>di</strong>ventare liqui<strong>di</strong>; i polimeri reticolati sono<br />
invece insolubili e infusibili.<br />
I polimeri possono anche essere classificati, in base al loro comportamento al variare della<br />
temperatura, in termoplastici, se rammolliscono al riscaldamento per riacquistare consistenza<br />
solida a bassa temperatura, secondo un ciclo che può essere ripetuto infinite volte e in<br />
termoindurenti se dapprima rammolliscono , ma poi si consolidano definitivamente senza poter<br />
riacquistare flui<strong>di</strong>tà.<br />
I polimeri termoplastici costituiscono il gruppo più importante <strong>di</strong> materie plastiche e sono<br />
formati da catene lineari; quelli termoindurenti sono formati da grosse molecole reticolate. La<br />
produzione delle resine termoindurenti avviene in due sta<strong>di</strong> : dapprima si ottengono macromolecole<br />
semplici, dotate <strong>di</strong> gruppi reattivi; durante la formatura degli oggetti questi prodotti interme<strong>di</strong> si<br />
saldano originando un reticolo tri<strong>di</strong>mensionale rigido.<br />
I polimeri possono infine anche essere classificati sulla base dei meccanismi <strong>di</strong><br />
polimerizzazione coinvolti. Si parla al riguardo <strong>di</strong> polimerizzazione per ad<strong>di</strong>zione, per<br />
policondensazione, per poliad<strong>di</strong>zione, per ad<strong>di</strong>zione e vulcanizzazione.<br />
Polimerizzazione per ad<strong>di</strong>zione. Con questo processo si ottengono polimeri con la stessa<br />
composizione del monomero, per lo più termoplastici; il monomero deve contenere un doppio<br />
legame C = C che si apre, trasformandosi in un legame semplice, mentre le valenze liberatesi si<br />
saturano vicendevolmente per formare la catena polimerica.<br />
Il monomero più semplice è il gas etilene CH2= CH2 che, in presenza <strong>di</strong> un iniziatore X del<br />
processo, si trasforma in X-CH2-CH2- poi in X-CH2-CH2-CH2-CH2- e poi progressivamente in<br />
X- (-CH2-CH2-)n- , con n che può valere anche 100.000. La polimerizzazione si arresta quando<br />
l’estremità reattiva <strong>di</strong> una catena in crescita ne incontra un’altra. Con l’operazione descritta,<br />
partendo dall’etilene, si è ottenuto il polietilene o, brevemente, il politene.<br />
Dall’omologo superiore dell’etilene, e cioè dal propilene CH3-CH=CH2, si ottiene il<br />
polipropilene -CH-CH2-CH-CH2- . In questo caso si possono però ottenere prodotti con proprietà<br />
CH3 CH3<br />
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
<strong>di</strong>fferenti, a seconda <strong>di</strong> come si uniscono tra <strong>di</strong> loro le unità monomeriche -CH –CH2- . Si<br />
|<br />
CH3<br />
possono, ad esempio, avere polimeri testa-coda, più comuni, o testa-testa<br />
-CH-CH2-CH-CH2-CH-CH2- -CH-CH2-CH2-CH-CH-CH2-CH2-CH-CH-<br />
| | | | | | | |<br />
CH3 CH3 CH3 CH3 CH3 CH3 CH3 CH3<br />
oppure i gruppi -CH 3 possono <strong>di</strong>sporsi, rispetto alla catena principale, in tre mo<strong>di</strong> :<br />
a) tutti da una parte polipropilene isotattico (moplen)<br />
b) casualmente polipropilene atattico<br />
c) alternati polipropilene sin<strong>di</strong>otattico<br />
Il monomero superiore C4H8 presenta due isomeri, il butene 1 , CH2=CH-CH2-CH3 , e il<br />
butene 2 , CH3-CH=CH-CH3 che originano polimeri <strong>di</strong>fferenti e precisamente<br />
-CH2-CH-CH2-CH-CH2-CH- e -CH-CH-CH-CH-CH-CH-CH-<br />
| | | | | | | | | |<br />
CH2 CH2 CH2 CH3CH3CH3CH3CH3CH3CH3<br />
| | |<br />
CH3 CH3 CH3<br />
Un altro esempio importante è dato dal monomero stirene C6H5-CH=CH2 dal quale si ottiene il<br />
polistirene (impropriamente detto polistirolo ).<br />
Tutti gli esempi precedenti riguardano monomeri contenenti solo C e H , due elementi molto<br />
vicini nella scala dell’elettronegatività; i polimeri con essi realizzati vengono detti non polari. Vi<br />
sono altri esempi importanti che riguardano la presenza nel monomero <strong>di</strong> atomi elettronegativi.<br />
Se si sostituisce un atomo <strong>di</strong> H dell’etilene CH2=CH2 con un atomo <strong>di</strong> cloro si ottiene il<br />
monomero CH2=CHCl (monocloroetilene oppure cloruro <strong>di</strong> vinile, in quanto il ra<strong>di</strong>cale CH2=CH-<br />
si chiama vinile). Il polimero risultante è il policloruro <strong>di</strong> vinile (PVC)<br />
-CH2-CH-CH2-CH-CH2-CH-CH2-CH-<br />
| | | |<br />
Cl Cl Cl Cl<br />
che può, naturalmente, esistere nelle forme testa-testa oppure testa-coda.<br />
Un altro esempio è dato dagli esteri dell’acido acrilico e dell’acido metilacrilico (o metacrilico)<br />
CH2=CH-COOH (ac.acrilico) -CH2-CH-CH2-CH- -CH2-CH-CH2-CH- (estere)<br />
| | | |<br />
COOH COOH COOR COOR<br />
CH3 CH3 CH3 CH3 CH3<br />
| | | | |<br />
CH2=C-COOH (ac.metacrilico) -CH2-C-CH2-C-CH2- -CH2-C-CH2-C-CH2- (estere)<br />
| | | |<br />
COOH COOH COOR COOR<br />
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
dove R = -CH3 ; -CH2-CH3 ; -C6H5.<br />
Un ulteriore esempio si ha quando tutti i quattro atomi <strong>di</strong> H dell’etilene sono sostituiti da atomi<br />
<strong>di</strong> fluoro per dare il tetrafluoroetilene CF2=CF2 da cui deriva il politetrafluoroetilene (teflon).<br />
F F F F F F F F<br />
| | | | | | | |<br />
-C-C-C-C-C-C-C-C-<br />
| | | | | | | |<br />
F F F F F F F F<br />
Gli ultimi esempi esposti concernono polimeri polari.<br />
Le caratteristiche dei materiali polimerici sono strettamente legate alla natura del monomero<br />
e al numero <strong>di</strong> monomeri presenti nelle macromolecole. Si parla al riguardo del grado <strong>di</strong><br />
polimerizzazione che rappresenta il numero <strong>di</strong> monomeri me<strong>di</strong>amente presenti nelle<br />
macromolecole; esso è compreso fra alcune centinaia e alcune migliaia <strong>di</strong> monomeri. Si parla altresì<br />
<strong>di</strong> peso molecolare me<strong>di</strong>o delle macromolecole, che può variare da alcune migliaia ad alcune<br />
centinaia <strong>di</strong> migliaia, fino anche a 1.000.000.<br />
Per avere un’idea della lunghezza <strong>di</strong> una catena polimerica consideriamo una macromolecola <strong>di</strong><br />
polietilene allungata con peso molecolare <strong>di</strong> 1.000.000. Essa è costituita dal susseguirsi <strong>di</strong> gruppi<br />
-CH2- che hanno “peso molecolare” 14. Il loro numero è pari a 1.000.000 / 14 = 70.000. La<br />
<strong>di</strong>stanza tra due atomi <strong>di</strong> carbonio a<strong>di</strong>acenti della catena è <strong>di</strong> circa 1,5 Å ovvero 1,5.10 -10 m. La<br />
lunghezza della catena <strong>di</strong>stesa è data da 70.000 . 1,5 . 10 -10 = 10 -5 m = 10 µm. Se la catena anzichè<br />
<strong>di</strong>stesa fosse raggomitolata avrebbe un raggio <strong>di</strong> circa 0,02 µm.<br />
La lunghezza delle catene macromolecolari influenza le proprietà dei polimeri. Nella Fig. 2 è<br />
Fig. 2<br />
mostrata la <strong>di</strong>pendenza del carico <strong>di</strong> rottura a trazione R in funzione del peso molecolare me<strong>di</strong>o.<br />
In genere è preferibile avere una <strong>di</strong>spersione contenuta dei pesi molecolari delle macromolecole.<br />
Un altro parametro importante per i polimeri termoplastici che vengono elaborati allo stato<br />
fluido è il comportamento reologico che, a sua volta, è strettamente legato al grado <strong>di</strong><br />
polimerizzazione. Come mostra la Fig.3 a molecole corte corrisponde un assetto or<strong>di</strong>nato allo stato<br />
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
solido, una temperatura <strong>di</strong> fusione netta e un liquido molto mobile; a molecole <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a lunghezza<br />
corrisponde un solido meno or<strong>di</strong>nato, un modesto intervallo per la fusione e un liquido viscoso; a<br />
molecole molto lunghe corrisponde un solido largamente amorfo, un ampio intervallo per la fusione<br />
e la formazione, ad alta temperatura, <strong>di</strong> un prodotto gommoso, <strong>di</strong>fficile da formare.<br />
Occorre ancora osservare che i polimeri termoplastici allo stato solido non danno fenomeni <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ffrazione dei raggi X. Sono tuttavia presenti microvolumi all’interno dei quali le macromolecole<br />
si <strong>di</strong>spongono con un certo or<strong>di</strong>ne quasi fossero dei cristalli. Questi microvolumi, denominati<br />
cristalliti , sono <strong>di</strong>spersi in una matrice amorfa e hanno <strong>di</strong>mensioni dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 100 Å , ovvero <strong>di</strong><br />
10 -6 cm. La frazione <strong>di</strong> polimero che si trova allo stato or<strong>di</strong>nato prende il nome <strong>di</strong> grado <strong>di</strong><br />
cristallinità. Sottoposti a stiramento a freddo i polimeri mostrano un aumento del grado <strong>di</strong><br />
cristallinità e un orientamento dei cristalliti parallelo alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> sollecitazione. Ciò è mostrato<br />
nella figura 4. L’orientamento dei cristalliti mo<strong>di</strong>fica le proprietà del materiale a seconda che<br />
Fig 4<br />
vengano misurate parallelamente o perpen<strong>di</strong>colarmente alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> orientamento. Ciò consente<br />
<strong>di</strong> utilizzarli in modo ottimale come agenti rinforzanti nelle zone più sollecitate. Tuttavia talvolta<br />
l’effetto può essere indesiderato, se è una conseguenza delle operazioni <strong>di</strong> formatura, in quanto crea<br />
tensioni interne residue. L’elevata velocità <strong>di</strong> soli<strong>di</strong>ficazione dopo formatura congela l’orientamento<br />
delle macromolecole mantenendo l’anisotropia prodotta. Ulteriori tensioni sono inoltre dovute al<br />
fatto che i componenti soli<strong>di</strong>ficano in superficie mentre il materiale è ancora fluido all’interno e<br />
soli<strong>di</strong>fica successivamente contraendosi; si creano tensioni interne causate dal guscio esterno rigido<br />
che impe<strong>di</strong>sce la contrazione.<br />
All’aumentare della cristallinità aumenta la resistenza meccanica , la temperatura <strong>di</strong> impiego, la<br />
densità. Nel caso del polietilene la densità può variare da 0,90 a 0.96 g/cm 3 a seconda del grado <strong>di</strong><br />
cristallinità. Tale <strong>di</strong>pendenza e la conseguente influenza su alcune proprietà è mostrata nelle Fig.5.<br />
Figg. 5<br />
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Inoltre un politene non stirato ha un carico <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> 13-20 MPa e un allungamento a rottura<br />
del 500 % , mentre uno stirato mostra un carico <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> 90-250 MPa e un allungamento a<br />
rottura del 30 %.<br />
Alcuni polimeri amorfi hanno caratteristiche analoghe a quelle del vetro in quanto sono<br />
trasparenti e relativamente fragili; si parla per essi <strong>di</strong> stato vetroso ; con il riscaldamento passano<br />
dallo stato vetroso a uno stato gommoso ( e poi allo stato <strong>di</strong> liquido molto viscoso); la temperatura<br />
alla quale ha inizio il passaggio allo stato gommoso si chiama transizione vetrosa (oppure<br />
temperatura <strong>di</strong> transizione allo stato vetroso) e in<strong>di</strong>cata con il simbolo Tg .Questi polimeri vengono<br />
elaborati a una temperatura T > Tg e utilizzati a una temperatura T < Tg . La transizione vetrosa<br />
varia da polimero a polimero : ad es. vale 100°C per il polistirene e -85°C per il polibuta<strong>di</strong>ene<br />
- CH2-CH=CH-CH2- .<br />
A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quelli termoplastici i polimeri termoindurenti mantengono consistenza solida<br />
fino a quando, per effetto del riscaldamento, cominciano a decomporsi, senza essere prima<br />
rammolliti o fusi.<br />
La struttura <strong>di</strong> un polimero <strong>di</strong>pende anche dalle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> soli<strong>di</strong>ficazione. Allo stato fuso le<br />
macromolecole hanno forma <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata e si muovono continuamente all’interno <strong>di</strong> una fase che è<br />
isotropa e amorfa. Al <strong>di</strong>minuire della temperatura le macromolecole tendono a raggiungere una<br />
configurazione a minima energia associandosi in fasci che vengono inglobati in una matrice amorfa<br />
<strong>di</strong> macromolecole <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nate (Fig.4b).<br />
Operando in con<strong>di</strong>zioni opportune segmenti <strong>di</strong> molecole si <strong>di</strong>spongono tri<strong>di</strong>mensionalmente<br />
con andamento parallelo formando strutture lamellari -Fig.6- interconnesse da qualche molecola<br />
Fig. 6<br />
“laccio”. Variando le modalità <strong>di</strong> raffreddamento <strong>di</strong> un polimero fuso si sviluppano nuclei <strong>di</strong><br />
cristallizzazione dai quali crescono in <strong>di</strong>rezione ra<strong>di</strong>ale nastri <strong>di</strong> lamelle che alla fine formano<br />
aggregati <strong>di</strong> forma sferica detti sferuliti (Fig.7).Queste hanno <strong>di</strong>ametri variabili da 10 a 1000 µm;<br />
Fig. 7<br />
la loro <strong>di</strong>mensione non aumenta più quando incontrano altre sferuliti in fase <strong>di</strong> crescita; esse sono<br />
tenute insieme da molecole laccio che attraversano la superficie <strong>di</strong> contatto: Il loro <strong>di</strong>ametro<br />
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
<strong>di</strong>pende dalla velocità <strong>di</strong> nucleazione e influenza le caratteristiche del polimero; sferuliti grosse, non<br />
nucleate, inducono fragilità mentre sferuliti piccole, nucleate, inducono tenacità.<br />
La deformazione <strong>di</strong> un polimero semicristallino è speso accompagnata da una profonda<br />
mo<strong>di</strong>ficazione della sua struttura. Come si rileva dalla Fig.8 si passa da una struttura a sferuliti<br />
indeformate a una struttura <strong>di</strong> tipo lamellare.<br />
Si è visto che un carico a trazione può orientare i cristalliti presenti in un materiale polimerico<br />
(Fig.4b). Esso è anche in grado <strong>di</strong><br />
provocare altri effetti. Le<br />
macromolecole possono infatti , per<br />
effetto <strong>di</strong> tale carico, come mostra la Fig.9,<br />
deformarsi, sgomitolasi, scorrere<br />
reciprocamente.<br />
Fig. 9<br />
La polimerizzazione per ad<strong>di</strong>zione può coinvolgere due o più monomeri <strong>di</strong>versi; si ottengono in<br />
questo modo i copolimeri. La grande varietà dei materiali polimerici <strong>di</strong>sponibili consegue anche al<br />
fatto che i <strong>di</strong>versi monomeri sono presenti in quantitativi variabili e sono <strong>di</strong>sposti in modo<br />
<strong>di</strong>fferente. I monomeri, come mostra la Fig.10, si possono infatti unire in modo casuale, Fig.10a,<br />
oppure per blocchi, Fig.10b, oppure a innesto, quando sulla catena principale formata da un<br />
monomero si innestano catene laterali formate da altri monomeri,Fig.10c.<br />
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
POLIMERIZZAZIONE PER POLICONDENSAZIONE<br />
Avviene per reazione fra le molecole del monomero o dei monomeri che devono contenere due<br />
gruppi reattivi; nella reazione vengono eliminate molecole semplici tipo H2O, NH3, HCl e quin<strong>di</strong><br />
la composizione del polimero è <strong>di</strong>versa da quella dei prodotti <strong>di</strong> partenza.<br />
Il monomero può essere unico, ad es. l’amminoacido H2N-(-CH2-)5-COOH<br />
HHN-(CH2-)5COOH + HHN-(-CH2-)5-CO-OH → -NH-(-CH2-)5-CO-NH-(-CH2-)5-CO- (nailon<br />
6)<br />
I monomeri possono essere due, ad es. H2N-(-CH2 )6-NH2 e HOOC-(-CH2-)4-COOH e formano<br />
-HN-(-CH2-)6-NH-CO-(-CH2-)4-CO-NH-(-CH2-)6-NH- (nailon 6,6)<br />
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
POLIMERIZZAZIONE PER POLIADDIZONE (o condensante )<br />
Avviene fra monomeri <strong>di</strong>versi , uno dei quali contiene due atomi <strong>di</strong> H attivi, ciascuno con due<br />
gruppi funzionali; non vengono eliminate molecole semplici, ma si verifica solo un riarrangiamento<br />
degli atomi. Sono esempi la reazione tra <strong>di</strong>oli (glicoli) e <strong>di</strong>isocianati per formare i poliuretani.<br />
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
HO-CH2-CH2-OH + O=C=N-R-N=C=O + HO-CH2-CH2-OH ( R,ad es.,è il <strong>di</strong>fenilmetano<br />
si ottiene -CH2-CH2-O-CO-NH-R-NH-CO-O-CH2-CH2-O-CO-NH-R-<br />
oppure la reazione tra <strong>di</strong>ammine e <strong>di</strong>isocianati<br />
H2N-R-NH2 + O=C=N-R’-N=C=O → -NH-R-NH-CO-NH-R’-NH-CO-NH-R-NH-CO-NH-R’<br />
Oppure la reazione tra biaci<strong>di</strong> e <strong>di</strong>isocianati<br />
HOOC-R-COOH + O=C=N-R’-N=C=O → -O-CO-R-CO-O-CO-NH-R’-NH-CO-O-R-CO-O-<br />
Nell’ultimo esempio, se nel corso della polimerizzazione si riscalda moderatamente il sistema,<br />
si ha eliminazione <strong>di</strong> CO2 che rimane in parte intrappolata nel polimero originando un prodotto<br />
espanso.<br />
POLIMERIZZAZIONE DI MONOMERI CONTENENTI DUE DOPPI LEGAMI<br />
CONIUGATI<br />
E’ una polimerizzazione per ad<strong>di</strong>zione che porta alla formazione <strong>di</strong> polimeri contenenti ancora un<br />
doppio legame. Dei due doppi legami iniziali, uno serve per la polimerizzazione e l’altro rimane,<br />
sia pure spostato, nel polimero. Come esempio si può citare il polimero presente nella gomma<br />
naturale che deriva dal monomero isoprene ( 2 metil buta<strong>di</strong>ene ).<br />
La presenza <strong>di</strong> doppi legami nel polimero rende le macromolecole reattive; in particolare<br />
alcuni <strong>di</strong> questi doppi legami possono rompersi e ad<strong>di</strong>zionare atomi <strong>di</strong> zolfo che fungono da ponte<br />
tra le molecole. Si tratta del processo <strong>di</strong> vulcanizzazione attraverso il quale si preparano gli<br />
elastomeri o gomme<br />
PROCESSI DI POLIMERIZZAZIONE<br />
Sono possibili <strong>di</strong>verse tecniche <strong>di</strong> polimerizzazione per ad<strong>di</strong>zione. Si può effettuare una<br />
polimerizzazione <strong>di</strong> massa riscaldando in un reattore il monomero ed eventualmente un<br />
catalizzatore; si ottiene un prodotto puro, trasparente e dotato <strong>di</strong> caratteristiche meccaniche tanto<br />
migliori quanto più efficace è stato il controllo della temperatura. Le reazioni <strong>di</strong> polimerizzazione<br />
sono esotermiche in quanto a ogni doppio legame C=C , con energia <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> 602<br />
kJ/mole, si sostituiscono due legami semplici C-C, con energia <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> 2.346 kJ/mole ; è<br />
quin<strong>di</strong> ∆H = 602 – 692 = - 90 kJ/mole. Siccome un polimero ha peso molecolare me<strong>di</strong>o tanto più<br />
basso quanto più alta è stata la temperatura <strong>di</strong> polimerizzazione, eventuali surriscaldamenti<br />
localizzati portano alla formazione <strong>di</strong> macromolecole corte e con peso molecolare molto variabile<br />
con conseguente deca<strong>di</strong>mento delle caratteristiche meccaniche.<br />
Per controllare la temperatura si può ricorrere alla polimerizzazione in sospensione ; il<br />
monomero, ad<strong>di</strong>zionato del catalizzatore, viene sospeso in acqua; qust’ultima, asportando il calore,<br />
consente <strong>di</strong> regolare la temperatura. Si può, analogamente, impiegare una polimerizzazione in<br />
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
soluzione ; il monomero e il catalizzatore vengono <strong>di</strong>sciolti in un solvente, che viene poi ricuperato<br />
e che consente la <strong>di</strong>spersione del calore. Si può infine utilizzare la polimerizzazione in emulsione ;<br />
il monomero viene finemente <strong>di</strong>sperso in acqua in presenza <strong>di</strong> agenti emulsionanti del tipo dei<br />
saponi usando dei catalizzatori solubili in acqua; si ottengono particelle <strong>di</strong> polimero <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />
molto piccole con macromolecole ad alto peso molecolare.<br />
Nelle polimerizzazioni per policondensazione i reagenti, i catalizzatori, i regolatori <strong>di</strong> pH<br />
vengono introdotti nei reattori e riscaldati: Se si devono preparare polimeri termoindurenti si<br />
procede in due fasi. Nella prima si formano macromolecole non reticolate ancora fusibili che<br />
verranno inserite nelle polveri da stampaggio; nella seconda, che coincide con il processo <strong>di</strong><br />
formatura dei componenti, si opera la reticolazione irreversibile delle macromolecole.<br />
PROPRIETA’ GENERALI DEI POLIMERI<br />
I materiali polimerici sono caratterizzati da modeste resistenze meccaniche a temperature<br />
elevate; solo alcuni possono essere impiegati a temperature superiori a 250°-300°C. Sono in genere<br />
scarsamente solubili nei comuni solventi, salvo il caso in cui la struttura chimica sia molto affine.<br />
Presentano una densità modesta, qualche volta inferiore a 1 g/cm 3 , <strong>di</strong> solito inferiore a 1,5 g/cm 3 ;<br />
solo il politetrafluoroetilene (teflon) ha densità superiore a 2 g/cm 3 . Nei prodotti espansi la densità<br />
apparente può scendere a 0,01 g/cm 3 .<br />
Da un punto <strong>di</strong> vista termico presentano una scarsa conducibilità termica e un valore elevato del<br />
coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione termica <strong>di</strong> cui occorre tener conto quando si debba procedere<br />
all’inserimento <strong>di</strong> componenti metallici.<br />
Le proprietà meccaniche <strong>di</strong> resistenza allo snervamento, resistenza a rottura, durezza sono in<br />
assoluto piuttosto modeste e variabilissime da caso a caso. Come mostra la Fig.11, si possono avere<br />
materiali teneri e deboli, deboli e fragili, forti e tenaci oppure forti e fragili.<br />
Fig. 11<br />
In ogni caso, come mostra la Fig.12, la resistenza a trazione varia fortemente con la<br />
temperatura.<br />
Fig. 12<br />
Orientativamente il carico <strong>di</strong> rottura può variare da poco<br />
più <strong>di</strong> 10 MPa nel polietilene a bassa densità, a 50-60 MPa nel policloruro <strong>di</strong> vinile (PVC) , a<br />
40-90 MPa nelle resine urea-formaldeide, a 60-90 MPa nelle resine epossi<strong>di</strong>che . In ogni caso la<br />
resistenza a trazione <strong>di</strong>pende anche dalla velocità con cui si incrementa il carico applicato.<br />
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Sui materiali polimerici si valuta anche spesso il comportamento a flessione; in genere si<br />
valutano la resistenza e il modulo elastico a flessione per sollecitazioni in tre punti. Il modulo<br />
elastico a flessione è inferiore a quello a trazione.<br />
Frequentemente viene anche determinata la temperatura <strong>di</strong> deflessione sotto carico per valutare<br />
l’attitu<strong>di</strong>ne a sopportare, senza deformarsi, sollecitazioni meccaniche a caldo. In pratica si valuta la<br />
temperatura alla quale una provetta sollecitata a flessione a carico costante e a temperature crescenti<br />
subisce una data inflessione; la misura serve per confrontare i materiali in or<strong>di</strong>ne all’influenza della<br />
temperatura, del tempo e del carico sul loro comportamento.<br />
Può anche essere necessario conoscere la resistenza all’urto. Si valuta l’energia <strong>di</strong> rottura<br />
rapportata alla sezione ( J/cm 2 ) determinata con strumentazioni normalizzate, ad es. con il pendolo<br />
<strong>di</strong> Charpy, oppure si valuta la risposta <strong>di</strong> una superficie polimerica vincolata urtata da un dardo<br />
semisferico <strong>di</strong> peso noto nel corso <strong>di</strong> una prova standar<strong>di</strong>zzata <strong>di</strong> “ caduta del dardo”. Con queste<br />
prove è possibile dedurre se il materiale si rompe in modo duttile o in modo fragile. In ogni caso è<br />
molto importante stabilire la variazione della resistenza all’urto con la temperatura.<br />
Dati assai interessanti sulle caratteristiche <strong>di</strong>namico-meccaniche possono essere ottenuti con un<br />
pendolo a torsione con oscillazione libera. Dalla misura dell’ampiezza delle oscillazioni si può<br />
ricavare il modulo elastico a torsione <strong>di</strong>namica; dalle variazioni delle ampiezze si determina lo<br />
smorzamento interno. Effettuando le misure a temperature <strong>di</strong>fferenti si possono in<strong>di</strong>viduare gli<br />
intervalli termici in cui i materiali sono fragili, tenaci, altamente viscoelastici e le temperature <strong>di</strong><br />
transizione vetrosa o <strong>di</strong> fusione dei cristalliti. Dalla forma delle curve che registrano le oscillazioni<br />
del pendolo si possono <strong>di</strong>stinguere i materiali termoplastici amorfi o cristallini, gli elastomeri, i<br />
termoindurenti.<br />
Per quanto concerne le proprietà elettriche si registrano nei polimeri non polari bassi valori per<br />
la costante <strong>di</strong>elettrica relativa e modeste per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>elettriche poco <strong>di</strong>pendenti da temperatura e<br />
frequenza. L’opposto si riscontra nei polimeri che contengono <strong>di</strong>poli elettrici permanenti dotati <strong>di</strong><br />
mobilità. La conducibilità elettrica è praticamente nulla nella maggior parte dei polimeri anche se in<br />
tempi relativamente recenti sono stati prodotti polimeri conduttori. Ad esempio il poliacetilene<br />
drogato con io<strong>di</strong>o ha la stessa conducibilità elettrica del rame, ma è molto più leggero.<br />
Per quanto riguarda le proprietà tecnologiche i polimeri sono facilmente formabili e, in<br />
conseguenza della loro modesta durezza, sono facilmente lavorabili alle macchine utensili. Possono<br />
infine essere agevolmente giuntati, incollati, saldati e brasati.<br />
ADDITIVI PER MATERIE PLASTICHE<br />
Gli oggetti realizzati con i materiali polimerici contengono, oltre alle macromolecole, sostanze<br />
aggiunte per migliorare alcune caratteristiche o per abbassare i costi.<br />
I plastificanti, <strong>di</strong> solito esteri organici, <strong>di</strong>minuiscono le forze attrattive tra le catene<br />
polimeriche dei polimeri termoplastici, specie <strong>di</strong> quelli, come il policloruro <strong>di</strong> vinile (PVC), che<br />
contengono <strong>di</strong>poli permanenti; i plastificanti non devono essere volatili, non devono essudare,<br />
devono essere insolubili nei solventi, non essere tossici ed essere stabili alla luce e al calore; così<br />
facendo migliorano flessibilità e morbidezza dei manufatti.<br />
I rinforzanti sono costituenti che migliorano la resistenza a trazione , a flessione, all’usura, alle<br />
alte temperature, all’urto. Sono costituiti da particelle, placchette, fibre corte o lunghe <strong>di</strong> natura<br />
inorganica <strong>di</strong>sperse omogeneamente nella matrice polimerica oppure concentrate nelle zone più<br />
sollecitate. Le fibre, usualmente <strong>di</strong> vetro o <strong>di</strong> carbonio, possono costituire dal 7 al 50 % del<br />
prodotto che ha come matrice poliammi<strong>di</strong>, polipropilene, poliesteri termoindurenti insaturi, resine<br />
acetaliche. Questi polimeri rinforzati costano il 20 –30 % in più rispetto ai polimeri non rinforzati.<br />
Le loro capacità <strong>di</strong> rinforzare <strong>di</strong>pendono dalla natura della interazione chimico-fisica che si instaura<br />
tra matrice e rinforzanti ( v. materiali compositi).<br />
Le cariche o riempitivi vengono aggiunte in primo luogo per ridurre i costi trattandosi <strong>di</strong><br />
materiali poveri, scarti <strong>di</strong> altre lavorazioni : caolino, talco, mica, polvere <strong>di</strong> marmo, farina <strong>di</strong> legno.<br />
11
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Si aggiungono sistematicamente ai polimeri termoindurenti e al PVC migliorandone la resistenza<br />
termica, la stabilità <strong>di</strong>mensionale, la tenacità, la resistenza a trazione e all’abrasione.<br />
Gli antiossidanti ( o stabilizzanti ) vengono aggiunti per migliorare la stabilità verso gli agenti<br />
atmosferici contrastando il degrado provocato dall’ossigeno e favorito dalla luce e dal calore. Sono<br />
sostanze a base <strong>di</strong> sali <strong>di</strong> piombo o <strong>di</strong> saponi <strong>di</strong> Ba, Ca, Zn in grado <strong>di</strong> assorbire ra<strong>di</strong>azioni<br />
ultraviolette e <strong>di</strong> migliorare la resistenza alle alte temperature <strong>di</strong> elaborazione e <strong>di</strong> esercizio.<br />
I lubrificanti migliorano la lavorabilità del materiale facilitando lo scorrimento del fuso negli<br />
stampi e impedendo il suo surriscaldamento per attrito interno; sono <strong>di</strong> solito costituiti da stearati <strong>di</strong><br />
Ca, Mg, Zn, Al .<br />
I coloranti e i pigmenti vengono aggiunti con funzione estetica. I pigmenti sono ossi<strong>di</strong><br />
inorganici tipo TiO2 , Fe2O3, ZnO, stabili alla luce e al calore, ma opachi; oppure sono <strong>di</strong> natura<br />
organica, <strong>di</strong>sponibili in molti colori, brillanti, ma relativamente meno resistenti alla luce e al calore<br />
e usati per colorare materiali trasparenti o trasluci<strong>di</strong>.<br />
Per applicazioni particolari si possono infine aggiungere sostanze ad azione antistatica,<br />
ignifuga, porofora, rigonfiante ( per polimeri espansi ).<br />
TECNOLOGIE DI LAVORAZIONE DEI <strong>MATERIALI</strong> TERMOPLASTICI<br />
Stampaggio per iniezione. E’ un proce<strong>di</strong>mento analogo alla pressofusione dei metalli ed è<br />
riservato ai materiali termoplastici. Questi materiali vengono caricati in un cilindro <strong>di</strong><br />
plastificazione dove fondono; la massa fluida viene iniettata attraverso uno o più ugelli in uno<br />
stampo freddo dove soli<strong>di</strong>fica. Quando il componente è irrigi<strong>di</strong>to viene espulso dallo stampo. Le<br />
pressioni e le temperature del processo variano con la natura del polimero. Ad esempio :<br />
PVC 1000 - 2500 kgf/cm 2 (atm) 140° -150°C<br />
Polistirene 700 - 2000 “ 170° - 200°<br />
Polietilene 350 - 1200 “ 180° - 250°<br />
Poliammi<strong>di</strong> 400 - 1200 “ 260°- 270°<br />
Lo stampaggio a iniezione è quello più usato per realizzare componenti per l’auto. Una<br />
evoluzione interessante è lo stampaggio <strong>di</strong> manufatti a due strati, realizzato con due unità <strong>di</strong><br />
alimentazione - Fig. 13 -; uno strato, introdotto per primo, è quello <strong>di</strong> finitura; il secondo è invece il<br />
supporto interno. Un’altra possibilità è costituita dal sovrastampaggio; il processo comporta due<br />
stampaggi successivi a iniezione, il secondo dei quali è quello <strong>di</strong> rivestimento. I vantaggi dello<br />
stampaggio a iniezione sono la produttività elevata, la buona qualità estetica delle superfici<br />
(goffratura), nessun sfrido <strong>di</strong> lavorazione, tolleranze, ovvero variazioni <strong>di</strong>mensionali, contenute; gli<br />
svantaggi consistono nel costo elevato degli stampi e nei tempi lunghi necessari per il loro<br />
approntamento. Con questi proce<strong>di</strong>menti si producono plance, paraurti, elettroventilatori,<br />
appoggiabraccia.<br />
Termoformatura. Un foglio rigido <strong>di</strong> materiale termoplastico spesso 2-4 mm fissato su un<br />
supporto viene riscaldato me<strong>di</strong>ante raggi infrarossi per alcuni minuti per ogni millimetro <strong>di</strong> spessore<br />
fino a 180° - 220°C e poi formato su uno stampo o con un punzone o me<strong>di</strong>ante pressione e<br />
aspirazione <strong>di</strong> aria, o combinando i due meto<strong>di</strong>. Il pezzo formato viene tranciato dalla cornice. Si<br />
impiegano polimeri stirenici o loro copolimeri, polimeri acrilici, vinilici, cellulosici, polipropilene,<br />
12
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
polietilene. I vantaggi del processo sono il basso costo degli stampi e la rapi<strong>di</strong>tà del loro<br />
approntamento. Si producono con esso rivestimenti estetici per plance, pannelli porta schiumati,<br />
rivestimenti dei bauli, fianchetti posteriori. Con questo proce<strong>di</strong>mento si possono anche produrre<br />
manufatti in resine polipropilenica, polietilenica, poliammi<strong>di</strong>ca, poliestere rinforzati con 30 – 40 %<br />
<strong>di</strong> fibre <strong>di</strong> vetro <strong>di</strong>sposte casualmente o uni<strong>di</strong>rezionalmente. Si ottengono componenti strutturali con<br />
modulo elastico a flessione <strong>di</strong> 5000-6000 MPa che consentono una notevole riduzione <strong>di</strong> peso<br />
rispetto alle lamiere metalliche. Si possono impiegare per supporti <strong>di</strong> batterie, schermi<br />
insonorizzanti, tetti apribili. I cicli <strong>di</strong> stampaggio sono veloci anche nel caso <strong>di</strong> forme complesse; un<br />
problema è la scarsa esteticità delle superfici dovuta all’affioramento delle fibre.<br />
Estrusione. E’ un processo continuo che consente <strong>di</strong> ottenere prodotti finiti o semilavorati. Il<br />
materiale, per lo più termoplastico, e talvolta termoindurente a consolidamento ritardato, riscaldato<br />
fino ad assumere la consistenza <strong>di</strong> un liquido viscoso viene costretto da una vite senza fine (ve<strong>di</strong> fig.<br />
14), che esercita una pressione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 10 MPa, a passare attraverso un bocchettone che lo<br />
conforma dal quale, a seguito <strong>di</strong> un energico raffreddamento, esce già rigido. Si utilizzano PVC,<br />
rigido o plastificato, polietilene, poliammi<strong>di</strong>, acetil butirrato, poliossifenilene. I vantaggi del<br />
processo sono legati a costi <strong>di</strong> lavorazione modesti; esso è però adatto solo per produrre componenti<br />
<strong>di</strong> forma semplice e costante. Si ottengono per estrusione fili, cavi elettrici, fogli, tubi, profilati ( ad<br />
esempio il contorno del parabrezza), tubazioni per la circolazione del carburante e dell’acqua.<br />
Estrusione con soffiatura. E’ un processo che viene adottato per produrre corpi cavi. Da un<br />
estrusore verticale esce un elemento tubolare riscaldato alla temperatura <strong>di</strong> rammollimento che<br />
viene introdotto in uno stampo chiuso che riproduce la forma dell’oggetto; attraverso il tubo, che<br />
può essere <strong>di</strong> polietilene, PVC, poliammide, viene soffiata dell’aria che <strong>di</strong>lata il materiale<br />
polimerico fino a farlo aderire allo stampo. Si possono con questo sistema anche produrre fogli<br />
tubolari continui <strong>di</strong> spessore dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 0,01-0,02 mm in politene o in PVC; l’aria compressa<br />
viene inviata con continuità e la vescica formatasi viene presa e stirata tra due cilindri <strong>di</strong> gomma,<br />
subendo in tale circostanza un orientamento rinforzante delle catene polimeriche. Con questo<br />
proce<strong>di</strong>mento si possono produrre corpi cavi monoblocco, con forma anche complessa, ad esempio<br />
serbatoi per il carburante senza saldature.<br />
Calandratura. Con questo processo si ottengono fogli <strong>di</strong> materiale polimerico; i polimeri, mescolati<br />
con plastificanti, coloranti, pigmenti, stabilizzanti, cariche, vengono rammolliti termicamente e fatti<br />
passare tra cilindri rotanti fino a ottenere fogli spessi qualche decimo <strong>di</strong> millimetro. Nella fase<br />
conclusiva possono essere impresse goffrature <strong>di</strong> finitura estetica, oppure i fogli possono<br />
incorporare tessuti, carta, reti metalliche. Si impiegano PVC plastificato, polietilene, polipropilene,<br />
ABS (copolimero Acrilonitrile, Buta<strong>di</strong>ene, Stirene) per ottenere finte pelli o lastre termoformabili.<br />
13
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
TECNOLOGIE DI LAVORAZIONE DEI <strong>MATERIALI</strong> TERMOINDURENTI<br />
Stampaggio per iniezione. Il proce<strong>di</strong>mento è analogo a quello per i materiali termoplastici salvo il<br />
ricorso a uno stampo riscaldato. Una mescola costituita da resina, rinforzanti, cariche, ad<strong>di</strong>tivi,<br />
viene plastificata a caldo e trasferita attraverso degli ugelli sotto pressione nello stampo riscaldato;<br />
la viscosità, inizialmente modesta, aumenta progressivamente all’aumentare della reticolazione.<br />
Con cicli abbastanza veloci, dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un minuto per millimetro <strong>di</strong> spessore, si ottengono, con<br />
questo processo, elementi complessi anche <strong>di</strong> grosse <strong>di</strong>mensioni, ad es. il portellone dell’auto;<br />
l’inconveniente principale è il costo degli stampi e il lungo tempo necessario per la loro messa a<br />
punto. Una variante del processo è costituita dall’inietto-reazione nel corso della quale due<br />
componenti liqui<strong>di</strong>, ad es. polialcoli e <strong>di</strong>isocianati destinati alla produzione <strong>di</strong> materiali<br />
poliuretanici, vengono miscelati e iniettati a bassa pressione in uno stampo dove reticolano e<br />
soli<strong>di</strong>ficano. Nei liqui<strong>di</strong> possono essere <strong>di</strong>sperse fibre corte <strong>di</strong> vetro rinforzanti; si possono in ogni<br />
caso ottenere componenti <strong>di</strong> forma e geometria non semplice, ad esempio paraurti; il ciclo <strong>di</strong><br />
lavorazione è un po’ lungo, richiedendo da 2 a 3 minuti.<br />
Compressione. La pressa agisce su due semistampi riscaldati a 140° - 180°C, uno fisso e uno<br />
mobile, fissati ciascuno a uno dei piatti della pressa. Fra i due semistampi viene interposta una<br />
stuoia impregnata <strong>di</strong> materiale plastico oppure materiale in polvere o granulato (Fig.15). Alla<br />
chiusura dello stampo il materiale, spesso costituito da poliestere, viene flui<strong>di</strong>ficato, compattato e<br />
reticolato; trattandosi <strong>di</strong> materiale a modesta conducibilità termica occorre mantenere la pressione<br />
per circa 1’ per ogni mm <strong>di</strong> spessore. Come criterio generale si ricorre a temperature elevate e a<br />
tempi brevi per componenti piccoli e semplici e a temperature basse e tempi lunghi, per consentire<br />
lo riempimento degli stampi, nel caso <strong>di</strong> pezzi <strong>di</strong> grosse <strong>di</strong>mensioni, spessi, accidentati. I<br />
componenti possono essere alleggeriti favorendo la presenza <strong>di</strong> cavità al loro interno. Le con<strong>di</strong>zioni<br />
operative <strong>di</strong>pendono anche dal materiale utilizzato; ad esempio:<br />
resine fenoliche con farina <strong>di</strong> legno 150-200 atm 150°-180°C<br />
resine fenoliche con fibre e tessuti 400-800 atm 150°-180°C<br />
resine ureiche 200-300 atm 135°-150°C<br />
resine melamminiche 400-500 atm 130°-145°C<br />
Si ottengono materiali con buone caratteristiche meccaniche, dotati <strong>di</strong> eccellente finitura<br />
superficiale e quin<strong>di</strong> verniciabili, adatti per parafanghi, paraurti, portelloni; anche in questo caso il<br />
problema principale è il costo per l’approntamento degli stampi. Una variante del processo è<br />
l’inietto compressione con la quale l’impasto <strong>di</strong> resina poliestere insatura, cariche minerali, rinforzo<br />
<strong>di</strong> fibre <strong>di</strong> vetro viene iniettato lateralmente in uno stampo, collocato in una pressa verticale,<br />
leggermente aperto e che viene successivamente chiuso. Il ciclo ha una produttività che è circa il<br />
doppio <strong>di</strong> quella dell’iniezione; si preparano componenti con tolleranze <strong>di</strong>mensionali molto<br />
contenute, con buona finitura superficiale anche se le caratteristiche meccaniche sono inferiori a<br />
quelle ottenute per compressione a causa della minore lunghezza delle fibre rinforzanti vetrose.<br />
14
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Poltrusione. E’ una sorta <strong>di</strong> estrusione-trafilatura nel corso della quale un rinforzo fibroso <strong>di</strong> vetro,<br />
preimpregnato con una resina liquida termoindurente, in forma <strong>di</strong> filo continuo, <strong>di</strong> tessuto, <strong>di</strong><br />
materassino, viene tirato attraverso uno stampo riscaldato. Il materiale esce dallo stampo<br />
sufficientemente reticolato da sopportare l’operazione <strong>di</strong> traino. Lavorando a una temperatura <strong>di</strong><br />
90°-150°C con resine liquide epossi<strong>di</strong>che o poliestere, vinilestere, fenoliche si possono produrre<br />
circa 2 m al minuto <strong>di</strong> materiale contenente dal 40 al 70% in peso <strong>di</strong> rinforzante. I costi <strong>di</strong><br />
lavorazione sono contenuti, ma si possono ottenere solo profilati senza variazione <strong>di</strong> forma,<br />
utilizzabili ad esempio, per le traverse dei paraurti o per elementi della sospensione.<br />
Stampaggio rotazionale. Viene impiegato per realizzare corpi cavi, taniche, valigie, serbatoi anche<br />
della capacità <strong>di</strong> 10 m 3 . Lo stampo è <strong>di</strong>viso in due parti; viene introdotto il polimero in polvere; si<br />
chiude lo stampo, lo si pone in rotazione e lo si riscalda; il polimero rammollisce e si adagia sulla<br />
superficie senza venire centrifugato.<br />
<strong>MATERIALI</strong> <strong>POLIMERICI</strong> ESPANSI<br />
Sono materiali a struttura cellulare caratterizzati da una densità apparente molto bassa usati come<br />
isolanti termici e acustici, nell’imballaggio, nell’arredamento. Vengono prodotti favorendo lo<br />
sviluppo <strong>di</strong> sostanze gassose durante la polimerizzazione a seguito della decomposizione termica <strong>di</strong><br />
qualche costituente o dello sviluppo <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong> reazione volatili o dell’evaporazione <strong>di</strong> solventi.<br />
Si può anche incorporare dell’aria insufflandola sotto pressione nel polimero plastico oppure<br />
agitando quest’ultimo in presenza <strong>di</strong> agenti schiumogeni. A seconda del metodo <strong>di</strong> elaborazione le<br />
microcavità introdotte possono essere o intercomunicanti tra loro e con l’esterno oppure chiuse.<br />
PROGETTAZIONE DI COMPONENTI IN MATERIALE POLIMERICO<br />
Nella progettazione <strong>di</strong> componenti in materiale polimerico occorre tener conto che le loro<br />
caratteristiche sono influenzate dal processo <strong>di</strong> trasformazione, dalle temperature <strong>di</strong> esercizio, dagli<br />
agenti chimici con cui vengono a contatto.<br />
Rispetto ai metalli, che intendono spesso sostituire, hanno il vantaggio <strong>di</strong> una minore<br />
densità, <strong>di</strong> essere insonorizzanti, <strong>di</strong> resistere meglio alla corrosione, <strong>di</strong> smorzare più efficacemente<br />
le vibrazioni meccaniche, <strong>di</strong> essere, talvolta, trasparenti, <strong>di</strong> avere proprietà autolubrificanti, <strong>di</strong> essere<br />
colorabili in massa e non solo in superficie, <strong>di</strong> essere facilmente formabili, <strong>di</strong> costare poco. Sono<br />
invece inferiori per quanto concerne le caratteristiche meccaniche a trazione e a flessione, il<br />
coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione termica, che è più elevato, la resistenza alle alte temperature, che è<br />
nettamente inferiore, la maggiore fragilità alle basse temperature, l’infiammabilità, la capacità <strong>di</strong><br />
assorbire solventi o liqui<strong>di</strong> organici, la degradabilità per effetto della luce.<br />
Tenuto conto <strong>di</strong> queste valutazioni nella fase <strong>di</strong> progettazione occorre aver presenti il tipo e<br />
l’entità delle sollecitazioni meccaniche che dovranno sopportare (carico continuo, intermittente,<br />
accidentale); le temperature minime e massime <strong>di</strong> funzionamento; l’ambiente in cui dovranno<br />
operare (acqua, liqui<strong>di</strong> vari, luce, agenti atmosferici); requisiti <strong>di</strong> finitura superficiale richiesti; il<br />
proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> formatura da adottare; il costo del materiale, delle operazioni <strong>di</strong> trasformazione,<br />
della prototipazione; lo smaltimento a fine vita del componente.<br />
Per quanto concerne gli aspetti meccanici della progettazione occorre ricordare che quasi<br />
tutti i materiali termoplastici presentano uno snervamento graduale (Fig.16a); altri quali il<br />
polistirene, gli acrilici, i termoplastici rinforzati presentano uno snervamento brusco(Fig.16b); altri<br />
ancora come quelli termoindurenti, non mostrano alcun snervamento(Fig.16c). Per quanto riguarda<br />
la loro tenacità si può avere un’in<strong>di</strong>cazione orientativa dalla misura dell’area sottesa nelle curve<br />
15
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
carichi-allungamenti. Occorre però ricordare che l’andamento della curva σ/ε <strong>di</strong>pende, specie nei<br />
materiali termoplastici, dalla velocità <strong>di</strong> deformazione Fig.17. Forte è in ogni caso, specie nei<br />
termoplastici, la <strong>di</strong>pendenza delle proprietà dalla temperatura. Tutte le proprietà meccaniche, salvo<br />
la resilienza, <strong>di</strong>minuiscono all’aumentare della temperatura; se la temperature scende invece al <strong>di</strong><br />
sotto <strong>di</strong> 0°C aumenta il modulo elastico, ma si riduce l’allungamento a rottura( Fig.18).<br />
Se si progettano componenti destinati a sopportare sollecitazioni per tempi lunghi occorre<br />
valutarne la resistenza al creep, sapendo che nei materiali polimerici il fenomeno è rilevante anche a<br />
basse temperature. Se la sollecitazione è costante l’allungamento aumenta con il tempo fino a<br />
quando, anche per carichi modesti, il materiale si rompe. Se invece deve essere costante la<br />
deformazione si osserva che il carico necessario a mantenerla <strong>di</strong>minuisce nel tempo; si osservano<br />
allora fissaggi che perdono il tiro e cominciano a “ballare”; è pertanto preferibile non lasciare a<br />
lungo i materiali polimerici sotto carico, neppure a temperature ambiente, salvo il caso in cui siano<br />
stati adeguatamente rinforzati.<br />
16
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Se si tiene presente che il grado <strong>di</strong> cristallinità influenza le proprietà meccaniche e se si<br />
vogliono ottenere componenti con cristallinità omogenea ed elevata è necessario evitare, specie nei<br />
processi <strong>di</strong> iniezione, sia la presenza <strong>di</strong> inserti metallici massicci che, a causa della loro elevata<br />
conducibilità termica, asportano troppo calore, negando alle macromolecole il tempo per assumere<br />
un assetto or<strong>di</strong>nato, sia brusche variazioni <strong>di</strong> sezione che creano flussi <strong>di</strong> materiale che <strong>di</strong>sturbano la<br />
formazione <strong>di</strong> strutture parzialmente cristalline.<br />
Un altro aspetto progettuale importante concerne le tolleranze ammesse; per garantire<br />
l’intercambiabilità dei componenti occorre che i manufatti abbiano <strong>di</strong>mensioni costanti. E’ pertanto<br />
necessario definire le tolleranze <strong>di</strong> lavorazione e tener conto delle variazioni <strong>di</strong>mensionali che si<br />
verificano nel corso dell’impiego. Durante la produzione sono da prendere in considerazione le<br />
tolleranze legate agli stampi e quelle conseguenti al ritiro durante il raffreddamento. Esse sono<br />
influenzate dalla natura del materiale, dalla forma dei pezzi, dalla costruzione dello stampo, dalla<br />
costanza dei parametri <strong>di</strong> produzione. Con i materiali termoindurenti il ritiro è molto basso e<br />
regolare; con i materiali termoplastici ad alto grado <strong>di</strong> cristallinità è rilevante, ma regolare; in quelli<br />
semicristallini è elevato e irregolare e <strong>di</strong>fferente a seconda che lo si valuti parallelamente o<br />
trasversalmente alla <strong>di</strong>rezione del flusso; nei termoplastici rinforzati il ritiro è contenuto, ma<br />
influenzato dalla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> posizionamento delle fibre. Orientativamente le riduzioni <strong>di</strong> volume<br />
<strong>di</strong> alcuni polimeri nel corso del raffreddamento sono della seguente entità:<br />
Materiale T iniziale T finale riduzione <strong>di</strong> volume %<br />
Polietilene (d=0,91) 190°C 20°C 18<br />
Nailon 66 285°C 20°C 14<br />
Nailon 6 260°C 20°C 13<br />
Polistirene 195°C 20°C 7<br />
Poliacrilici 150°C 20°C 7<br />
I ritiri sono tanto più consistenti quanto più il polimero è cristallino.<br />
In ogni caso è necessario controllare con cura la costanza della temperatura sia della massa fusa sia<br />
degli stampi e ricordare che, se si devono posizionare inserti metallici, i materiali polimerici hanno<br />
coefficienti <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione termica che sono 10 volte superiori a quelle dei metalli per i materiali<br />
termoplastici e almeno il doppio per quelli termoindurenti e che si deve tener conto delle<br />
temperature previste in esercizio. Variazioni <strong>di</strong>mensionali possono infine essere conseguenti<br />
all’assorbimento <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà o <strong>di</strong> altre sostanze liquide.<br />
La progettazione deve prendere in considerazione anche i requisiti estetici richiesti<br />
potendosi optare tra una pigmentazione in massa e una verniciatura. La pigmentabilità è peculiare ai<br />
materiali termoplastici; le tinte scure sono meno sensibili al fotoinvecchiamento con quest’ultimo<br />
che è minimo per le resine metacriliche, superiore per le policarbonatiche, PVC, poliammi<strong>di</strong>che.<br />
Per quanto concerne i rinforzanti quelli fibrosi rendono la superficie <strong>di</strong>somogenea per l’affiorare<br />
delle fibre mentre quelli in polvere (talco, farina <strong>di</strong> legno) consentono una finitura <strong>di</strong>screta.<br />
Se si ricorre alla verniciatura la scelta del polimero è subor<strong>di</strong>nata alla temperatura <strong>di</strong><br />
essiccazione degli smalti. Nelle verniciature in linea a ciclo completo, nelle quali i componenti sono<br />
assemblati e poi passati nei forni <strong>di</strong> polimerizzazione del fondo anticorrosione, sono utilizzati solo i<br />
materiali termoindurenti. Nella verniciatura a ciclo parziale, nelle quali i componenti sono<br />
assemblati a valle dell’elettrodeposizione del fondo anticorrosione, sono impiegati anche alcuni<br />
termoplastici rinforzati (poliestere e poliammi<strong>di</strong>) e non rinforzati (poliestere). Sono stati finiti<br />
superficialmente in questo modo parafanghi, paraurti, portelloni, sportelli carburante, griglie esterne<br />
<strong>di</strong> presa d’aria. Al riguardo si deve osservare che la vernice influenza la resistenza all’urto del<br />
componente agendo come zona <strong>di</strong> innesco <strong>di</strong> intagli che riducono la deformabilità del materiale<br />
polimerico.<br />
17
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Nel caso <strong>di</strong> verniciature fuori linea si possono ricoprire quasi tutti i materiali termoplastici<br />
dopo aver eventualmente trattato le loro superfici con raggi ultravioletti o con fiammature per<br />
facilitare l’adesione delle vernici.<br />
Per gli arre<strong>di</strong> interni dell’abitacolo, ad esempio la plancia, si ricorre ad una pigmentazione in<br />
massa preferendo colorazioni scure che più efficacemente contrastano l’invecchiamento da<br />
ra<strong>di</strong>azioni luminose. Sono adatti polimeri polipropilenici e polistirenici. Poiché è <strong>di</strong>fficile ottenere<br />
lo stesso colore con materiali polimerici <strong>di</strong>fferenti è preferibile aggirare il problema ricorrendo a<br />
finiture <strong>di</strong> contrasto con colori <strong>di</strong>versi; talvolta può risultare opportuna una goffratura superficiale<br />
che maschera bene i <strong>di</strong>fetti.<br />
In fase progettuale occorre anche tener presenti le esigenze produttive. In questo senso si<br />
devono evitare spigoli vivi e curare la gradualità dei raccor<strong>di</strong> per ridurre concentrazioni <strong>di</strong><br />
sollecitazioni che potrebbero innescare rotture e per facilitare l’estrazione dei componenti dagli<br />
stampi. Si raccomandano raccor<strong>di</strong> con raggio <strong>di</strong> curvatura <strong>di</strong> almeno 0,5-1mm e con un rapporto tra<br />
raggio <strong>di</strong> curvatura e spessore uguale a 0,6. Inoltre i componenti devono avere, per quanto possibile,<br />
spessore costante o almeno variabile con continuità. Al riguardo si precisa che nervature e rinforzi<br />
permettono <strong>di</strong> accrescere la rigi<strong>di</strong>tà senza che sia necessario aumentare lo spessore, favoriscono il<br />
flusso del materiale durante lo stampaggio e prevengono <strong>di</strong>storsioni al raffreddamento. Per<br />
agevolare la sformatura <strong>di</strong> componenti profon<strong>di</strong> è opportuno prevedere una conicità dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
4°.<br />
Se occorre praticare dei fori questi possono essere ottenuti in fase <strong>di</strong> stampaggio, avendo<br />
cura <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanziarli <strong>di</strong> un intervallo superiore al loro <strong>di</strong>ametro e sapendo che quelli ciechi sono più<br />
<strong>di</strong>fficili da gestire <strong>di</strong> quelli passanti. Se è necessario introdurre degli inserti metallici, per consentire<br />
il fissaggio dei componenti, bisogna costamparli e fare in modo che non ruotino né fuoriescano;<br />
l’inserimento è sconsigliabile nei materiali plastici amorfi non rinforzati specie se sono previste<br />
variazioni cicliche <strong>di</strong> temperatura o contatti con agenti chimici aggressivi. Si possono invece<br />
conseguire risultati sod<strong>di</strong>sfacenti impiegando resine rinforzate con fibre <strong>di</strong> vetro che <strong>di</strong>latano poco e<br />
presentano elevate resistenze meccaniche. Occorre in ogni caso usare inserti lisci o con scanalature<br />
semplici, prive <strong>di</strong> spigoli vivi, ben puliti.<br />
In alcuni casi si può anche evitare <strong>di</strong> introdurre gli inserti durante lo stampaggio, ma<br />
prevederne l’applicazione in tempi successivi riducendo in questo modo le tensioni residue. Si<br />
possono anche impiegare viti autofilettanti, che sopportano 5-10 montaggi, e che impiegano viti con<br />
una scanalatura tagliente sulla generatrice.<br />
Un altro problema concerne la rumorosità che si manifesta con cigolii e scricchiolii quando si<br />
accoppiano due materiali polimerici. L’inconveniente viene contenuto riducendo al minimo le<br />
tolleranze <strong>di</strong>mensionali da stampaggio e la <strong>di</strong>latazione termica. Se è previsto un contatto con<br />
strisciamento occorre evitare l’impiego <strong>di</strong> materiali plastici uguali oppure, se non vi sono<br />
controin<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> natura estetica, introdurre prodotti con proprietà lubrificanti, tipo grafite,<br />
siliconi, MoS2.<br />
Per quanto concerne il problema dell’assemblaggio si hanno <strong>di</strong>verse soluzioni. L’innesto a<br />
scatto, basato sull’inserimento <strong>di</strong> un elemento plastico in una sede metallica o plastica, per il quale<br />
la deviazione ammissibile <strong>di</strong>pende dalla geometria , dall’allungamento a rottura, dal limite <strong>di</strong><br />
snervamento dell’elemento; è un metodo non adatto per i polimeri termoindurenti che presentano<br />
modesti allungamenti. Si può in alternativa effettuare una riba<strong>di</strong>tura nella quale il rivetto può essere<br />
o un elemento separato o appartenere <strong>di</strong> stampaggio a uno dei due pezzi.<br />
Si possono anche assemblare componenti me<strong>di</strong>ante saldature a tenuta idraulica realizzate fra<br />
elementi dello stesso materiale polimerico: Si possono a tal fine impiegare piastre calde, che<br />
agiscono per pochi secon<strong>di</strong> con pressioni <strong>di</strong> 0,1 kgf/cm 2 , ad es. per realizzare il serbatoio <strong>di</strong><br />
espansione del ra<strong>di</strong>atore; si può anche saldare con un filo caldo inserendo un filo metallico resistivo<br />
tra le parti bloccate che vengono localmente portate a fusione dal calore sviluppato dal filo percorso<br />
da corrente elettrica e con il filo che rimane poi incorporato nella saldatura; in alternativa si può<br />
impiegare un filo metallico riscaldato a induzione.<br />
18
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Si possono anche usare, come sorgente <strong>di</strong> calore, le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong>elettriche: fogli flessibili <strong>di</strong> PVC<br />
premuti con pressioni dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 50 kgf/cm 2 sono poste tra due elettro<strong>di</strong> collegati a un generatore<br />
<strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ofrequenze a 100 – 200 MHz; si saldano così rivestimenti <strong>di</strong> se<strong>di</strong>li, pannelli porta, pantine<br />
parasole. Per componenti <strong>di</strong> grosse <strong>di</strong>mensioni il riscaldamento può essere ottenuto con gas cal<strong>di</strong><br />
impiegando materiale <strong>di</strong> apporto uguale a quello dei componenti; si utilizza azoto portato a 280° per<br />
PVC e polietilene, 300°C per il polipropilene, 330°C per le resine acetaliche. Si può anche<br />
procedere attraverso uno strisciamento rotazionale o lineare dove il calore per la fusione<br />
superficiale è ottenuto, nel breve tempo <strong>di</strong> 2 - 3 secon<strong>di</strong>, grazie all’attrito. Si saldano così gli sfiati<br />
cilindrici riportati su serbatoi per il carburante e pezzi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni rilevanti <strong>di</strong> forma irregolare. Si<br />
possono infine impiegare gli ultrasuoni per congiungere materiali termoplastici; si focalizza nella<br />
zona <strong>di</strong> saldatura un fascio <strong>di</strong> onde ultrasonore e si premono l’un contro l’altro i pezzi;<br />
all’interfaccia le vibrazioni provocano sviluppo <strong>di</strong> calore fino alla fusione; si possono ad es. saldare<br />
così la parte trasparente e il corpo retrostante dei fanali.<br />
Una strada <strong>di</strong>fferente per l’assemblaggio ricorre all’impiego <strong>di</strong> solventi o <strong>di</strong> adesivi.<br />
L’assemblaggio con solventi è utilizzabile solo con i termoplastici amorfi che sono più solubili; si<br />
bagnano le superfici con il solvente, le si preme con una pressione <strong>di</strong> 1 – 5 kgf/cm 2 e si fa evaporare<br />
il solvente a 50° - 60°C. L’incollaggio con adesivi è usato per i polimeri termoindurenti e,<br />
raramente, per i termoplastici cristallini. Si impiegano adesivi sotto forma <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong>, <strong>di</strong> film, che<br />
induriscono a freddo e a caldo, con o senza pressione e che alla fine sono termoplastici o<br />
termoindurenti.<br />
CLASSIFICAZIONE DEI <strong>MATERIALI</strong> <strong>POLIMERICI</strong><br />
Vengono ora passati in rassegna i più comuni materiali polimerici:<br />
Termoplastici : Polietilene o politene (PE) ; polipropilene (PP) ; polistirene (PS) ;<br />
polimetilmetacrilato (PMMA) ; polivinilcloruro (PVC) ; Poliacrilonitrile-buta<strong>di</strong>ene-stirene (ABS) ;<br />
poliacrilonitrile (PAN) ; polietilentereftalato (PET) . Alcuni polimeri termoplastici sono anche<br />
chiamati tecnopolimeri : poliammi<strong>di</strong> (PA) ; policarbonato (PC) ; polibutilentereftalato (PBT) ;<br />
politetrafluoroetilene (PTFE) .<br />
Termoindurenti : fenolo/formaldeide ; poliesteri saturi e insaturi ; epossi<strong>di</strong>che ; urea/formaldeide ;<br />
melammina/formaldeide.<br />
Orientativamente i costi sono <strong>di</strong> meno <strong>di</strong> 2 dollari/kg per tutti i polimeri; i tecnopolimeri costano<br />
invece fino a 5 dollari/kg.<br />
Polietilene ( o politene) - PE - monomero CH2=CH2 . Si ottiene per polimerizzazione del gas<br />
etilene. Si può operare a pressioni <strong>di</strong> 1000 – 2000 atmosfere e a temperature <strong>di</strong> 100°- 300°C e<br />
ottenere macromolecole ramificate e quin<strong>di</strong> un prodotto a bassa densità (0,91-0,93 g/cm 3 ), LDPE,<br />
e con carico <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> 8-16 MPa, oppure operare a 1 - 70 atmosfere e a 50°- 200°C e ottenere<br />
macromolecole lineari ad alta cristallinità con una densità <strong>di</strong> 0,95-0,96 g/cm 3 e con carico <strong>di</strong><br />
rottura <strong>di</strong> 25-35 MPa , HDPE.<br />
Presenta ottima resistenza agli agenti chimici e ai solventi; degrada sotto l’effetto delle<br />
ra<strong>di</strong>azioni ultraviolette della luce; ha una limitata resistenza termica in quanto rammollisce attorno<br />
ai 100°C, ha costi molto contenuti. Ha molte applicazioni nel campo autoveicolistico; una<br />
importante è quella del serbatoio del carburante.<br />
Polipropilene (PP) ; monomero CH2=CH-CH3 . E’ il materiale termoplastico per impieghi<br />
strutturali meno costoso; ha una densità molto contenuta, pari a 0,9 g/cm 3 ; può dare polimeri<br />
isotattici, atattici, sin<strong>di</strong>otattici; quelli isotattici (moplen) hanno carico <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> 30-40 MPa e<br />
resistono fino a 150°C. Queste proprietà sono ulteriormente migliorabili se si aggiungono cariche e<br />
19
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
rinforzanti. Presenta però un ritiro elevato allo stampaggio e una tendenza allo sbiancamento se<br />
esposto alla luce, per cui è necessario ad<strong>di</strong>tivarlo <strong>di</strong> stabilizzanti e <strong>di</strong> sostanze coloranti molto scure.<br />
Trova applicazioni in campo autoveicolistico per paraurti, dopo averlo mo<strong>di</strong>ficato con elastomeri,<br />
plance rigide, filtri aria, contenitori per flui<strong>di</strong> vari, carcasse per batterie.<br />
Polistirene (o,impropriamente,polistirolo); (PS) ; monomero C6H5-CH=CH2. Polimero amorfo,<br />
trasparente, duro, con carico <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> 40-50 MPa, fluido a caldo e quin<strong>di</strong> adatto allo<br />
stampaggio per iniezione; usato in forma espansa come isolante termico e acustico. Impiegato in<br />
numerosi copolimeri , ad es. con il buta<strong>di</strong>ene CH2=CH-CH=CH2 per dare l’elastomero SBR o<br />
con acrilonitrile , CH2=CH-CN, e buta<strong>di</strong>ene per dare il copolimero ABS che, come il polistirene,<br />
mostra una <strong>di</strong>screta resistenza all’urto, buone proprietà meccaniche, salvo l’allungamento elastico<br />
che è modesto; è molto impiegato in applicazioni estetiche perché garantisce una buona finitura<br />
superficiale.<br />
Resine poliacriliche. Sono polimeri degli esteri dell’ac acrilico CH2=CH-COOR e dell’acido<br />
metilacrilico (o metacrilico) CH2=C-COOR. Il polimetacrilato <strong>di</strong> metile ( R = -CH3) ha sigla<br />
CH3<br />
PMMA, carico <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> 60-80 MPa, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> rifrazione molto alto per cui costituisce una sorta<br />
<strong>di</strong> vetro organico (plexiglas). Queste resine sono facilmente stampabili, resistono bene alla luce, ma<br />
si screpolano a contatto con la benzina e devono essere montate senza venire deformate o<br />
sollecitate.<br />
Resine poliviniliche. Le più importanti sono il policloruro <strong>di</strong> vinile (PVC);monomero CH2=CH-Cl<br />
e l’acetato <strong>di</strong> polivinile (PVAc), monomero CH3-COO-CH=CH2. Il più importante è il PVC, un<br />
polimero duro, che può <strong>di</strong>ventare morbido e flessibile in presenza <strong>di</strong> plastificanti, molto resistente al<br />
calore e alla fiamma. La presenza <strong>di</strong> plastificanti, nella misura del 50 % in peso, ne abbassa la<br />
temperatura <strong>di</strong> transizione vetrosa da circa 100°C a circa - 40°C. In campo autoveicolistico trova<br />
applicazione nell’isolamento <strong>di</strong> cavi elettrici, nella forma estrusa; per produrre finta pelle e laminati,<br />
nella forma calandrata; per produrre guarnizioni <strong>di</strong> tenuta, cuffie parapolvere, nella forma stampata<br />
a iniezione. L’acetato <strong>di</strong> polivinile viene usato come filmogeno nella produzione <strong>di</strong> vernici.<br />
Resine fluorurate. La più importante è il politetrafluoroetilene, monomero CF2=CF2 , sigla PTFE.<br />
E’ un polimero lineare altamente cristallino, impiegabile a temperature insolitamente alte, 330°-<br />
350°C. Viene ottenuto per sinterizzazione <strong>di</strong> polveri compresse o estruse a freddo e poi riscaldate a<br />
370°C. Presenta una eccezionale inerzia chimica, ha ottime proprietà meccaniche ed elettriche fino<br />
ad almeno 250°C, è piuttosto costoso e <strong>di</strong>fficile da lavorare. Trova impiego in applicazioni<br />
sofisticate e impegnative. E’ conosciuto come teflon.<br />
Resine poliammi<strong>di</strong>che , sigla PA; derivano dalla policondensazione <strong>di</strong> singoli monomeri tipo<br />
H2N-(-CH2-)5-COOH (polimero: nailon 6) o <strong>di</strong> due <strong>di</strong>versi monomeri tipo H2N-(-CH2-)6-NH2 e<br />
HOOC-(-CH2-)4-COOH (polimero: nailon 6,6). Presentano elevata cristallinità, temperature <strong>di</strong><br />
fusione elevate, 250°-260°C, alti carichi <strong>di</strong> rottura e buona resistenza all’abrasione. Sono quin<strong>di</strong><br />
tecnopolimeri per eccellenza dotati anche <strong>di</strong> ottima verniciabilità. Sono <strong>di</strong> costo relativamente<br />
elevato e vengono impiegati in organi meccanici : se<strong>di</strong> per teste a snodo, boccole, inserti per da<strong>di</strong><br />
autobloccanti, zoccoli portalampade, sportello <strong>di</strong> ricoprimento del bocchettone, coppe delle ruote.<br />
Vi è anche un forte consumo <strong>di</strong> poliammi<strong>di</strong> sotto forma <strong>di</strong> fibre, ad es. nei tappeti e nella moquette<br />
interna all’autoveicolo, nelle cinture <strong>di</strong> sicurezza. H<br />
Resine poliacetaliche. Sono ottenute per polimerizzazione dell’aldeide formica H-C=O o del<br />
triossano e quin<strong>di</strong> nel polimero è presente una catena -O-CH2-O-CH2-O-CH2-<br />
Mostrano elevato grado <strong>di</strong> cristallinità e ottime caratteristiche meccaniche e <strong>di</strong><br />
resistenza all’usura anche a temperature elevate. Si tratta <strong>di</strong> prodotti ottimi , ma costosi, <strong>di</strong>fficili da<br />
stampare, se il componente ha grosse <strong>di</strong>mensioni; esposti alla luce tendono a sfarinare per cui<br />
occorre pigmentarli <strong>di</strong> nero. Vengono impiegati per realizzare boccole, organi<br />
sottoposti a stiramento, maniglie.<br />
Polifenilenossido (PPhO) ; è un tecnopolimero che ha come unità il raggruppamento<br />
20
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Resiste chimicamente molto bene agli idrocarburi; può essere copolimerizzato al 50 % con<br />
polistirene ed essere impiegato fino a 100°-120°C. Viene utilizzato nella costruzione dei cruscotti e<br />
nell’arredamento interno degli autoveicoli.<br />
Resine cellulosiche. La cellulosa è un polimero naturale <strong>di</strong> formula ( C6H10O5 )n , contenente in<br />
ciascun monomero tre gruppi alcolici -OH che possono essere esterificati da un acido. Se l’acido è<br />
l’ac.nitrico si ottiene la nitrocellulosa che è un esplosivo, ma che, se viene ad<strong>di</strong>zionata <strong>di</strong> 25-30 %<br />
<strong>di</strong> canfora, origina la celluloide. Se l’acido è l’ac.acetico si ottiene l’acetato <strong>di</strong> cellulosa, un prodotto<br />
ininfiammabile, facilmente stampabile, con un’ottima finitura superficiale, ma con limitate<br />
caratteristiche meccaniche e <strong>di</strong> stabilità al calore. Viene impiegato per realizzare profilati decorativi.<br />
Questo polimero viene spesso fortemente caricato con riempitivi e rinforzanti e assume allora il<br />
nome <strong>di</strong> bachelite. Queste resine termoindurenti, come quelle melamminiche e ureiche, presentano<br />
ottime proprietà <strong>di</strong>elettriche ed elevata resistenza al calore, mentre sono poco resistenti all’urto.<br />
Vengono impiegate in parti elettriche, ad es. per realizzare la calotta per la <strong>di</strong>stribuzione<br />
dell’accensione.<br />
Resine poliestere. Si ottengono per condensazione <strong>di</strong> polialcoli con poliaci<strong>di</strong>; si <strong>di</strong>vidono in<br />
poliesteri saturi, insaturi e mo<strong>di</strong>ficati ( o alchi<strong>di</strong>ci). Esempio <strong>di</strong> poliestere saturo :<br />
Questi poliesteri sono termoplastici, hanno costi elevati e presentano <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> stampaggio;<br />
hanno caratteristiche meccaniche e termiche molto buone; i componenti sono verniciabili in linea a<br />
140°C;vengono impiegati nei paraurti, nelle serrature delle porte e usati anche come fibre sintetiche.<br />
Esempio <strong>di</strong> poliestere insaturo :<br />
HOOC-CH=CH-COOH (ac.maleico) + HO-CH2-CH2-OH ( etan<strong>di</strong>olo ) ; si ottiene :<br />
-O-CO-CH=CH-CO-O-CH2-CH2-O-CO-CH=CH –CO- , polietilenmaleato.<br />
Questa resina primaria contenente doppi legami viene reticolata copolimerizzandola con stirene. Le<br />
resine poliestere rinforzate con fibre <strong>di</strong> vetro presentano un carico <strong>di</strong> rottura superiore a 100 MPa ,<br />
buone caratteristiche termiche e un’ottima finitura superficiale; vengono utilizzate per produrre<br />
paraurti, parafanghi e, specialmente, portelloni.<br />
Un poliestere importante è il policarbonato, (PC),ottenuto formalmente policondensando acido<br />
carbonico e bifenoli<br />
21
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Si tratta <strong>di</strong> un tecnopolimero con caratteristiche generali simili a quelle degli altri poliesteri , <strong>di</strong><br />
costo inferiore, ma meno resistente alle alte temperature. Viene utilizzato per realizzare paraurti<br />
verniciati fuori linea, lenti <strong>di</strong> fari, carcasse per batterie.<br />
Fra i poliesteri devono ancora essere citate le resine alchi<strong>di</strong>che ottenute policondensando aci<strong>di</strong><br />
policarbossilici e polialcoli, uno dei quali contenente più <strong>di</strong> due gruppi reattivi ( es. glicerina o<br />
propantriolo) da impegnare per la copolimerizzazione e per la reticolazione. Sono prodotti duri e<br />
fragili che possono essere mo<strong>di</strong>ficati per dare materiali utilizzabili per la produzione <strong>di</strong> vernici.<br />
Resine epossi<strong>di</strong>che. Si ottengono da monomeri che contengono il gruppo epossi<strong>di</strong>co ,<br />
ad es. l’epicloridrina , che vengono prima polimerizzati e poi<br />
copolimerizzati e reticolati con poliammine o con aci<strong>di</strong> bicarbossilici.<br />
Resistono bene al calore e agli attacchi chimici, mostrano un’ottima adesività nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> molti<br />
materiali e sono quin<strong>di</strong> impiegate in giunzioni metallo-metallo o metallo-materia plastica; sono<br />
rinforzabili con fibre <strong>di</strong> vetro risultando superiori agli analoghi prodotti poliestere quanto a<br />
caratteristiche chimiche e meccaniche; sono però più costose.<br />
Resine poliuretaniche. (PU). Si ottengono per reazione <strong>di</strong> poliad<strong>di</strong>zione tra <strong>di</strong>isocianati e polialcoli<br />
o poliammine o aci<strong>di</strong> policarbossilici dando origine a prodotti termoplastici, se ogni monomero ha<br />
solo due gruppi funzionali, e a prodotti termoindurenti se uno dei due ha funzionalità superiore a<br />
due. I poliuretani a struttura reticolata possono essere flessibili, semirigi<strong>di</strong> o rigi<strong>di</strong> a seconda dei<br />
prodotti <strong>di</strong> partenza e del grado <strong>di</strong> reticolazione; sono anche ampiamente usati sotto forma <strong>di</strong><br />
schiume poliuretaniche espanse e per la preparazione <strong>di</strong> vernici e collanti e <strong>di</strong> materiali da<br />
rivestimento. Sono facilmente stampabili, ma <strong>di</strong> costo relativamente elevato. In campo<br />
autoveicolistico sono impiegati nelle imbottiture, nelle plance schiumate, nei volanti, nei pannelli<br />
porta preformati e, nella versione rigida, nei paraurti.<br />
Resine amminiche. Si ottengono per policondensazione tra formaldeide H-C=O e composti<br />
amminici tipo urea H2N-CO-NH2 o melammina ; si ottengono resine termoindurenti<br />
fortemente reticolate, trasparenti, incolori. Possono essere caricate con cellulosa, fibre <strong>di</strong> cotone o <strong>di</strong><br />
vetro. Sono più dure e più resistenti a trazione delle resine fenoliche, ma meno resilienti. Sono<br />
impiegate per accessori elettrici, come collanti e nella fabbricazione <strong>di</strong> laminati plastici.<br />
SILICONI<br />
Il silicio, un elemento tetravalente come il carbonio, può dare origine a una particolare<br />
categoria <strong>di</strong> polimeri, denominati siliconi, caratterizzati dalla presenza <strong>di</strong> catene - Si-O-Si-O-Si-O-<br />
(catene silossaniche) nelle quali le valenze residue sono saturate da ra<strong>di</strong>cali organici -CH3 ; -C2H5 ;<br />
-C6H5, ecc..Tali polimeri possono essere liqui<strong>di</strong>, grassi, resine o gomme.<br />
CH3 CH3<br />
| |<br />
Si ottengono dai <strong>di</strong>clorosilani, es. Cl-Si-Cl , che reagiscono con acqua per dare HO-Si-OH<br />
| |<br />
CH3 CH3<br />
CH3 CH3 CH3 CH3<br />
| | | |<br />
che poi policondensa generando i siliconi -O-Si-O-Si-O-Si-O-Si-O- che, in questa forma,<br />
| | | |<br />
CH3 CH3 CH3 CH3<br />
sono polimeri a catena lineare. Se si parte da triclorosilani si formano ponti <strong>di</strong> ossigeno tra le catene<br />
laterali originando reticoli tri<strong>di</strong>mensionali.<br />
22
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Tutti i siliconi sono resistenti all’acqua, in quanto idrorepellenti, e all’ossidazione e sono stabili<br />
a temperature elevate, superiori a 200°C. Quelli liqui<strong>di</strong> mantengono una viscosità modesta anche a<br />
basse temperature che varia inoltre poco all’aumentare della temperatura; <strong>di</strong> qui il loro impiego<br />
come lubrificanti. Vengono anche utilizzati quali liqui<strong>di</strong> per sistemi idraulici, impermeabilizzanti,<br />
agenti antischiuma, oltre che nella fabbricazione <strong>di</strong> gomme capaci <strong>di</strong> mantenere inalterate le loro<br />
caratteristiche anche a temperature dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 300°C.<br />
ELASTOMERI O GOMME<br />
Gli elastomeri sono sostanze che, per effetto <strong>di</strong> sollecitazioni, mo<strong>di</strong>ficano le proprie <strong>di</strong>mensioni per<br />
riacquistarle rapidamente al cessare delle sollecitazioni.<br />
Sono costituiti inizialmente da lunghe catene polimeriche, con pesi molecolari dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 10 5 ,<br />
nelle quali esistono legami dotati <strong>di</strong> libertà <strong>di</strong> rotazione che conferiscono flessibilità alle catene; tra<br />
queste non si esercitano interazioni significative e il materiale da esse costituito è allo stato amorfo.<br />
Tale con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> plasticità viene successivamente mo<strong>di</strong>ficata in modo profondo con un processo<br />
detto <strong>di</strong> vulcanizzazione nel corso del quale si creano legami trasversali tra le macromolecole<br />
(reticolazione). Le lunghe molecole lineari così collegate sono aggrovigliate in uno stato amorfo; se<br />
il materiale viene sollecitato, ad esempio a trazione, queste molecole si srotolano, si <strong>di</strong>spongono per<br />
alcuni tratti parallele le une alle altre, assumendo una <strong>di</strong>sposizione relativamente or<strong>di</strong>nata. Esse<br />
ritornano però rapidamente allo stato <strong>di</strong> massimo <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne, non appena cessa la sollecitazione, a ciò<br />
spinte dai legami trasversali che si erano allungati sotto sforzo e che tendono a riacquistare la<br />
lunghezza originaria.<br />
Esistono numerosi tipi <strong>di</strong> elastomeri; <strong>di</strong> questi uno ha origini naturali essendo estratto da un albero,<br />
mentre tutti gli altri derivano dall’elaborazione del petrolio e sono considerati artificiali.<br />
Con il termine caucciù si in<strong>di</strong>cano i polimeri non reticolati, naturali o sintetici, che costituiscono il<br />
materiale <strong>di</strong> base dal quale ottenere, attraverso la vulcanizzazione o reticolazione, gli elastomeri o<br />
gomme. Il caucciù, riscaldato moderatamente e sottoposto a modeste sollecitazioni, può essere<br />
facilmente modellato per realizzare i componenti nella forma desiderata prima <strong>di</strong> sottoporli alla<br />
vulcanizzazione che conferirà loro le proprietà elastiche.<br />
23
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Raramente gli elastomeri vulcanizzati vengono utilizzati allo stato puro; per motivi economici e<br />
tecnologici vengono ad<strong>di</strong>zionati <strong>di</strong> cariche, <strong>di</strong> plastificanti, <strong>di</strong> antiossidanti generando sistemi<br />
complessi chiamati mescole.<br />
GLI ELASTOMERI<br />
Occorre anticipare che esiste un numero assai elevato <strong>di</strong> elastomeri in quanto, partendo da una<br />
trentina <strong>di</strong> monomeri, si possono ottenere prodotti assai <strong>di</strong>versi a seconda della lunghezza delle<br />
catene polimeriche, del numero e della quantità <strong>di</strong> monomeri utilizzati, del metodo <strong>di</strong> produzione,<br />
della qualità e della quantità degli ad<strong>di</strong>tivi presenti nelle mescole.<br />
In base alla struttura chimica della catena polimerica gli elastomeri possono essere sud<strong>di</strong>visi in non<br />
polari e polari. I primi contengono solo atomi <strong>di</strong> C e <strong>di</strong> H e sono poco resistenti agli idrocarburi e<br />
quin<strong>di</strong> alla benzina o agli oli minerali. Ne sono esempi:<br />
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
legami tra atomi <strong>di</strong> C e cioè insature. I doppi legami costituiscono punti reattivi delle<br />
macromolecole. Essi vengono coinvolti nel processo <strong>di</strong> vulcanizzazione, o <strong>di</strong> reticolazione; nel caso<br />
più comune i doppi legami possono aprirsi e le valenze così liberatesi vengono saturate con atomi <strong>di</strong><br />
S che legano tra <strong>di</strong> loro (reticolano) le catene polimeriche attraverso ponti -S- . Questi ponti si<br />
allungano a seguito <strong>di</strong> sollecitazioni a trazione e ritornano alle <strong>di</strong>mensioni iniziali quando le<br />
sollecitazioni cessano, conferendo in questo modo al materiale le caratteristiche proprietà elastiche.<br />
Quasi sempre non tutti i doppi legami presenti in una macromolecola vengono coinvolti in questi<br />
legami intermolecolari contenenti S; ciò per evitare un eccessivo irrigi<strong>di</strong>mento. I doppi legami non<br />
25
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
impegnati costituiscono punti <strong>di</strong> debolezza dell’elastomero in quanto reagiscono facilmente con<br />
ossigeno e ozono innescando processi <strong>di</strong> degrado <strong>di</strong> questi materiali genericamente in<strong>di</strong>cati come<br />
fenomeni <strong>di</strong> invecchiamento.<br />
Esistono per altro elastomeri saturi, poco reattivi, che non reagiscono facilmente con ossigeno e<br />
ozono e, quin<strong>di</strong>, con buona resistenza all’invecchiamento. Ne sono esempi, fra quelli non polari,<br />
- il copolimero etilene – propilene : CH2 = CH2 + CH2 = CH – CH3 (EPM)<br />
- il copolimero etilene-propilene-<strong>di</strong>ene (es. <strong>di</strong> <strong>di</strong>ene CH2 = CH– CH = CH2) (EPDM)<br />
Questi possono essere reticolati me<strong>di</strong>ante perosssi<strong>di</strong> organici o essere vulcanizzati con S dopo aver<br />
introdotto nella catena principale piccole quantità <strong>di</strong> <strong>di</strong>eni (es: CH2 = CH– CH = CH2).<br />
Fra gli elastomeri saturi <strong>di</strong> natura polare si possono citare le gomme poliacrilato (polimeri degli<br />
esteri dell’acido acrilico CH2 = CH – COOH); le gomme cloropolietilene, le gomme fluorurate<br />
tutte con la catena principale costituita da atomi <strong>di</strong> C. Altri elastomeri <strong>di</strong> questo tipo contengono<br />
anche ossigeno nella catena principale come la gomma epicloridrina Cl-CH2-CH=CH2<br />
oppure anche ossigeno e azoto come nelle gomme poliestere- uretano o polietere- uretano. O<br />
Una classe particolare è infine quella delle gomme siliconiche che hanno la catena principale<br />
costituita dall’alternarsi <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> Si e <strong>di</strong> O e nelle quali le restanti valenze dell’atomo <strong>di</strong> Si sono<br />
saturate da gruppi - CH3 (metile) , C6H5 (fenile); –CH = CH2 (vinile); – F (fluoro).<br />
LE CARICHE<br />
Vengono introdotte sotto forma <strong>di</strong> polveri nelle mescole prima della vulcanizzazione per migliorare<br />
le proprietà meccaniche e contenere i costi <strong>di</strong> produzione degli elastomeri vulcanizzati. Migliorano<br />
le proprietà a trazione e la durezza: il nerofumo, la silice e alcuni silicati; funzionano da riempitivi<br />
per <strong>di</strong>minuire i costi il carbonato <strong>di</strong> calcio, il talco (silicato idrato <strong>di</strong> magnesio 3MgO⋅4SiO2⋅H2O), il<br />
caolino (es: Al2O3⋅2SiO2⋅2H2O), la barite (BaSO4 ).<br />
La carica più importante, sempre presente, è costituita dal nerofumo. Si tratta <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> carbonio,<br />
ottenuti per combustione incompleta <strong>di</strong> idrocarburi ad alto peso molecolare, aggregati in particelle<br />
che poi condenseranno dando origine a strutture ricche <strong>di</strong> vuoti ad alto rapporto tra superficie e<br />
volume. L’azione <strong>di</strong> rinforzo cresce al <strong>di</strong>minuire del <strong>di</strong>ametro delle particelle e all’aumentare della<br />
struttura . Essa consegue alla penetrazione delle macromolecole nelle cavità della struttura e alle<br />
interazioni, <strong>di</strong> natura chimica e fisica, tra le due entità promosse dalle sollecitazioni <strong>di</strong> taglio che si<br />
generano durante il mescolamento.<br />
Queste interazioni provocano un aumento della viscosità della mescola e rendono poi parzialmente<br />
insolubile la gomma nei solventi. Il reticolo costituito dalle particelle <strong>di</strong> nerofumo provoca un<br />
innalzamento della durezza e del modulo elastico. Come per tutte le cariche rinforzanti anche il<br />
nerofumo aumenta significativamente la resistenza all’abrasione.<br />
PLASTIFICANTI<br />
Sono sostanze che vengono introdotte nelle mescole per ridurne la viscosità e facilitarne la<br />
lavorazione anche in presenza <strong>di</strong> forti quantitativi <strong>di</strong> cariche aggiunti per contenere i costi. Si tratta<br />
COOH<br />
<strong>di</strong> oli minerali o <strong>di</strong> sintesi (es: ftalati, derivati dall’acido ftalico COOH o a<strong>di</strong>pati, derivati<br />
dall’ac.<br />
26
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
a<strong>di</strong>pico HOOC – (CH2)4– COOH ) chimicamente affini agli elastomeri cui vengono ad<strong>di</strong>zionati,<br />
quanto a polarità e a solubilità; ciò a evitare che nel tempo si separino dall’elastomero portandosi<br />
sulla sua superficie (essudazione del plastificante). Devono inoltre non essere volatili, costare poco,<br />
avere un punto <strong>di</strong> congelamento inferiore alla temperatura alla quale l’elastomero indurisce<br />
(temperatura <strong>di</strong> transizione vetrosa; ad es. –70° C per la gomma naturale; -85°C per la gomma<br />
polibuta<strong>di</strong>ene; –40°C per la gomma cloroprenica).<br />
ANTIOSSIDANTI<br />
Sono sostanze che vengono introdotte nelle mescole per ritardare il progressivo deterioramento<br />
delle proprietà meccaniche degli elastomeri determinato dall’ossigeno e dall’ozono presenti<br />
nell’aria. Sono particolarmente esposte a questo degrado le gomme insature che contengono nella<br />
loro catena doppi legami reattivi in grado <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>zionare l’ossigeno e <strong>di</strong> innescare reazioni che<br />
portano alla rottura delle catene polimeriche. Gli antiossidanti possono inibire la propagazione<br />
dell’ossidazione. La reattività con l’ozono può essere invece contrastata aggiungendo<br />
p.fenilen<strong>di</strong>ammina H2N- -NH2 o cere paraffiniche che affiorano sulla superficie creando un<br />
film barriera rispetto all’ozono.<br />
ACCELERANTI<br />
Sono sostanze che vengono aggiunte alle mescole per accelerare il processo <strong>di</strong> vulcanizzazione e<br />
renderlo compatibile con le esigenze <strong>di</strong> ritmi elevati <strong>di</strong> produzione.<br />
LE MESCOLE<br />
Premesso che <strong>di</strong> una mescola possono far parte anche 20 o 30 componenti occorre sottolineare che,<br />
partendo dallo stesso caucciù, che determina la resistenza all’invecchiamento, la flessibilità alle<br />
basse temperature, il comportamento rispetto a oli, carburanti, acqua, solventi, alcune proprietà<br />
meccaniche, si può, attraverso vari ad<strong>di</strong>tivi e con opportune tecnologie <strong>di</strong> lavorazione, migliorare la<br />
lavorabilità, l’elasticità alle basse temperature, la durezza, la resistenza all’urto, la resistenza al<br />
calore, al rigonfiamento, all’ozono, alla deformazione per compressione, ridurre i costi.<br />
Orientativamente i rapporti percentuali fra i vari ingre<strong>di</strong>enti <strong>di</strong> una mescola sono i seguenti:<br />
polimeri 44 plastificanti 9<br />
vulcanizzante 2 antiossidanti 1<br />
nerofumo e rinforzanti 42 acceleranti 2<br />
TECNOLOGIE DI TRASFORMAZIONE<br />
Per preparare una mescola si flui<strong>di</strong>fica l’elastomero rompendo le macromolecole con l’aiuto delle<br />
forti sollecitazioni <strong>di</strong> taglio che si generano all’interno dei mescolatori. Questi sono sostanzialmente<br />
costituiti da due cilindri o due rotori sagomati che ruotano con velocità <strong>di</strong>verse in senso contrario e<br />
fra i quali viene forzata la gomma da vulcanizzare e i vari ingre<strong>di</strong>enti della mescola. Ottenuta una<br />
mescola omogenea contenente l’agente vulcanizzante si può procedere alla preparazione <strong>di</strong><br />
semilavorati. Questi si possono ottenere per estrusione forzando, con l’aiuto <strong>di</strong> una vite senza fine<br />
che ruota entro un cilindro, la mescola a fuoriuscire da una estremità sagomata del cilindro.<br />
27
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Per ottenere fogli <strong>di</strong> spessore determinato o tessuti gommati si può ricorrere a una calandratura che<br />
consiste nel far passare la mescola fra 3 – 4 cilindri <strong>di</strong>sposti, ad esempio, secondo lo schema della<br />
Fig.20.<br />
VULCANIZZAZIONE<br />
E’ un processo chimico attraverso il quale il groviglio <strong>di</strong> macromolecole della mescola si trasforma<br />
in un reticolo tri<strong>di</strong>mensionale insolubile. La reazione chimica utilizzata <strong>di</strong>pende dalla natura<br />
dell’elastomero e cioè dalla presenza <strong>di</strong> doppi legami o <strong>di</strong> gruppi funzionali reattivi. Nella<br />
maggioranza dei casi le macromolecole sono insature e la vulcanizzazione viene effettuata con<br />
zolfo; lo zolfo promuove la rottura dei doppi legami e si ad<strong>di</strong>ziona alle catene principali formando<br />
ponti tra catene <strong>di</strong>fferenti. La reazione, <strong>di</strong> per sé piuttosto lenta anche a temperature elevate, può<br />
essere accelerata dalla presenza nella mescola <strong>di</strong> acceleranti e coa<strong>di</strong>uvanti, es. ZnO e acido stearico<br />
CH3 – ( CH2)16 – COOH oppure da stearato <strong>di</strong> zinco. Lo zolfo elementare può essere sostituito da<br />
composti donatori <strong>di</strong> zolfo.<br />
Alcuni tipi <strong>di</strong> gomme sature, ad esempio quelle siliconiche e i copolimeri etilene-propilene,<br />
vengono vulcanizzate impiegando perossi<strong>di</strong> organici. Le gomme florurate e quelle acriliche<br />
vengono reticolate con <strong>di</strong>ammine. Nel caso della vulcanizzazione con lo zolfo viene coinvolto nel<br />
processo <strong>di</strong> reticolazione solo circa il 10% dei doppi legami presenti. Il grado <strong>di</strong> reticolazione<br />
con<strong>di</strong>ziona le proprietà degli elastomeri; al suo aumentare crescono il modulo elastico, la durezza,<br />
28
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
la resistenza, mentre <strong>di</strong>minuisce l’allungamento a rottura; il carico <strong>di</strong> rottura passa invece per un<br />
massimo.<br />
La vulcanizzazione può essere effettuata in stampi preriscaldati nei quali si sottopone a pressione la<br />
mescola; questa <strong>di</strong>venta molle, riempie la cavità dello stampo e, a seguito della reticolazione, si<br />
trasforma in un corpo elastico che può essere rimosso ancora caldo.<br />
Con lo stampaggio detto per trasferimento, che impiega una camera <strong>di</strong> caricamento interme<strong>di</strong>a tra il<br />
pistone superiore e lo stampo vero e proprio, la vulcanizzazione si ottiene dopo 2-3 minuti a circa<br />
180°C.<br />
Ancora più <strong>di</strong>ffuso è il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> stampaggio a iniezione. La mescola preriscaldata viene<br />
iniettata da un pistone nello stampo chiuso adottando pressioni elevate; la mescola preriscaldata e<br />
flui<strong>di</strong>ficata può essere anche premuta da una vite rotante nella cavità <strong>di</strong> uno stampo attraverso un<br />
canale <strong>di</strong> iniezione. Il proce<strong>di</strong>mento richiede meno <strong>di</strong> un minuto per la vulcanizzazione.<br />
Per vulcanizzare prodotti estrusi, es. manicotti, si può anche ricorrere, per il riscaldamento, a vapore<br />
d’acqua surriscaldato in un recipiente chiuso (autoclave).<br />
Nel caso <strong>di</strong> articoli trafilati la formatura e la vulcanizzazione vengono svolte con continuità in<br />
un'unica fase operativa. Il riscaldamento può essere realizzato con vapore d’acqua surriscaldato, con<br />
aria calda, con bagni salini bassofondenti, con un letto fluido costituito da microsfere <strong>di</strong> vetro tenute<br />
in sospensione da aria calda compressa, con microonde, se la mescola è dotata <strong>di</strong> sufficiente<br />
polarità. La vulcanizzazione può infine essere accompagnata da trattamenti della superficie mirati a<br />
migliorare l’aspetto dei manufatti, a evitarne l’incollamento durante l’uso o la conservazione in<br />
magazzino, a ridurre il coefficiente <strong>di</strong> attrito, ad aumentare la resistenza al deterioramento. Per<br />
ridurre i fenomeni <strong>di</strong> incollamento si possono usare staccanti in polvere, es. talco o stearato <strong>di</strong><br />
zinco, oppure mo<strong>di</strong>ficare permanentemente le superfici alogenandole con fluoro, cloro, bromo e<br />
ottenere così un film sottile e flessibile con basso coefficiente <strong>di</strong> attrito. Per ottenere superfici<br />
resistenti all’invecchiamento e all’ozono, lucide e pieghevoli, si possono anche utilizzare vernici<br />
flessibili, ad es. poliuretaniche.<br />
ALCUNE PROPRIETA’ DEGLI ELASTOMERI<br />
Peso specifico (o massa volumica): varia da 1,18 g/cm 3 per le gomme tenere, a 1,22 per le gomme<br />
me<strong>di</strong>e, a 1,28 per le gomme dure.<br />
Durezza. Viene misurata come durezza SHORE ed è data dalla resistenza alla penetrazione, a<br />
pressione costante, <strong>di</strong> un penetratore standard <strong>di</strong> forma conica. Si misura la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />
penetrazione e la si esprime con una scala che va da zero a 100. Si deve sottolineare che, a<br />
<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> altri materiali, per le gomme un aumento <strong>di</strong> durezza non comporta necessariamente un<br />
aumento <strong>di</strong> resistenza a trazione (Fig.21).<br />
Carico e<br />
allungamento a<br />
rottura (a trazione); sono il carico unitario riferito alla sezione iniziale e l’allungamento percentuale<br />
che si riscontrano al momento della rottura. I valori misurati sono utili per stabilire gli effetti dei<br />
vari ingre<strong>di</strong>enti sulle mescole, per controllare l’andamento del processo <strong>di</strong> vulcanizzazione, per<br />
29
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
determinare la resistenza al deterioramento causato da agenti atmosferici, ozono, olio, calore, agenti<br />
chimici. Premesso che queste caratteristiche sono fortemente <strong>di</strong>pendenti dalla temperatura e dalla<br />
velocità <strong>di</strong> applicazione del carico, si osserva che il campo <strong>di</strong> proporzionalità tra sollecitazione e<br />
allungamento è molto ristretto e che sono presenti deformazioni reversibili anche al <strong>di</strong> sopra del<br />
campo <strong>di</strong> proporzionalità.<br />
L’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza è <strong>di</strong> qualche decina <strong>di</strong> MPa per il carico <strong>di</strong> rottura e <strong>di</strong> allungamenti<br />
percentuali <strong>di</strong> qualche centinaio <strong>di</strong> unità. Tali valori <strong>di</strong>pendono fortemente dalla natura delle<br />
cariche. Nella figura 22 sono mostrati, in funzione della % <strong>di</strong> due <strong>di</strong>versi nerofumi, i valori relativi a<br />
una gomma nitrilica.<br />
Ritorno elastico e deformazioni permanenti. Nelle gomme, per effetto <strong>di</strong> una sollecitazione e <strong>di</strong> una<br />
deformazione prolungata, ad esempio nelle guarnizioni <strong>di</strong> tenuta che lavorano a pressione costante,<br />
si verifica un ce<strong>di</strong>mento, una deformazione permanente. E’ possibile mo<strong>di</strong>ficare questa<br />
deformazione ed etichettare come gomme ad alta elasticità quelle che la presentano in misura<br />
limitata, che possiedono, cioè, un’alta capacità <strong>di</strong> ritorno elastico.<br />
Modulo elastico. La gomma ha un modulo elastico estremamente modesto, <strong>di</strong> tre o quattro or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />
grandezza inferiore a quello degli acciai, com’è lecito attendersi da un materiale che ha nel<br />
ce<strong>di</strong>mento elastico la sua caratteristica saliente. Esso varia inoltre in funzione della deformazione<br />
30
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
elastica ed è quin<strong>di</strong> importante conoscerne il valore in corrispondenza della deformazione prevista.<br />
Ciò vale in particolare per le sollecitazioni a trazione, come quelle che si hanno sui pendagli elastici<br />
delle marmitte. Se le sollecitazioni sono a compressione, con deformazioni modeste, non superiori<br />
al 15% , la curva <strong>di</strong> sforzo-deformazione è quasi una retta e il modulo elastico può essere usato per<br />
calcolare, ad esempio, <strong>di</strong>mensioni, forma, e grado <strong>di</strong> elasticità <strong>di</strong> supporti antivibranti che, in<br />
esercizio, si deformano poco. Al riguardo si osserva che, essendo la gomma incomprimibile, una<br />
riduzione <strong>di</strong> altezza deve essere compensata da un allargamento dei fianchi; ne deriva che un<br />
blocchetto cilindrico, che ha una minore superficie libera, si deformerà più <strong>di</strong> uno rettangolare; si<br />
parla allora <strong>di</strong> fattore <strong>di</strong> forma inteso come rapporto tra l’area <strong>di</strong> una delle superfici caricate e l’area<br />
<strong>di</strong> tutte le superfici non caricate libere <strong>di</strong> incurvarsi. La relazione tra carico a compressione e<br />
deformazione è cioè influenzata dalla forma del componente.<br />
Proprietà <strong>di</strong>namiche (smorzamento delle vibrazioni). I motopropulsori, le balestre, le sospensioni, il<br />
silenziatore <strong>di</strong> scarico sono vincolati alla scocca non in modo rigido, ma con giunzioni elastiche in<br />
gomma.<br />
Queste giunzioni assicurano sia la risposta elastica, sia lo smorzamento delle vibrazioni<br />
trasformando parte dell’energia meccanica in energia termica. La <strong>di</strong>stribuzione delle energie in<br />
gioco viene valutata attraverso l’esame della curva sforzo-deformazione e delle aree racchiuse che<br />
si riscontrano quando il materiale viene sollecitato a trazione e quando il carico viene<br />
successivamente rilasciato (Fig.23)..<br />
La curva OCP riguarda la sollecitazione a trazione, quella PA la rimozione del carico;<br />
l’assorbimento <strong>di</strong> energia è proporzionale all’area OCPB; l’energia restituita durante il rilascio è<br />
proporzionale all’area APB e dà anche una misura della resilienza ; la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia per isteresi,<br />
<strong>di</strong>ssipata sotto forma <strong>di</strong> calore nell’elastomero, è proporzionale all’area tratteggiata OCPA. Per ogni<br />
ciclo <strong>di</strong> deformazione una gomma sarà tanto più smorzante quanto più la sua isteresi, ovvero l’area<br />
tratteggiata, è grande. Ripetendo i cicli <strong>di</strong> carico e scarico la forma e la posizione delle curve <strong>di</strong><br />
isteresi cambiano, spostandosi verso destra e verso il basso, con riduzione dell’area tratteggiata e<br />
ulteriori modesti aumenti della deformazione permanente nei primi cicli <strong>di</strong> sollecitazioni.<br />
Resilienza. E’ data dal rapporto tra l’energia restituita al rilascio del carico e quella necessaria per<br />
produrre inizialmente la deformazione. Essa <strong>di</strong>minuisce all’aumentare, attraverso l’aggiunta <strong>di</strong><br />
cariche, della rigi<strong>di</strong>tà e della durezza<br />
31
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
( Fig.24). Notevole è l’influenza della struttura e della forma delle particelle <strong>di</strong> carbone: quelle con<br />
<strong>di</strong>mensioni più piccole provocano smorzamenti più elevati e migliori caratteristiche meccaniche, ma<br />
si surriscaldano <strong>di</strong> più a fatica.<br />
Per valutare la resilienza si può ricorrere all’esame del ciclo <strong>di</strong> isteresi, a prove d’urto, all’impiego<br />
<strong>di</strong> strumenti a vibrazione libera (oscillografi, pendolo a torsione) o a vibrazione forzata (analizzatori<br />
meccanici-<strong>di</strong>namici ). Il comportamento degli elastomeri <strong>di</strong>pende dalla loro natura chimica, dal tipo<br />
<strong>di</strong> mescola, dalla tipologia e dall’entità della sollecitazione applicata, dalla frequenza con cui<br />
vengono sollecitati, dalla temperatura esterna e da quella interna.<br />
Resistenza a fatica. Gli elastomeri subiscono <strong>di</strong> solito forti deformazioni, presentano notevoli<br />
isteresi e hanno bassa conducibilità termica. La conseguenza è un forte innalzamento della<br />
temperatura interna causato dalla <strong>di</strong>fficoltà a <strong>di</strong>ssipare il calore generato a cuore. La rottura a fatica<br />
è conseguenza più <strong>di</strong> questa con<strong>di</strong>zione che non della propagazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti preesistenti. Nerofumi<br />
a granulometria fine migliorano le caratteristiche a trazione, ma peggiorano quelle a fatica rispetto a<br />
nerofumi a granulometria maggiore in quanto tali nerofumi sviluppano più calore per attrito interno.<br />
Circa la resistenza a fatica è opportuno <strong>di</strong>stinguere tra una valutazione relativa a una deformazione<br />
prefissata, nel qual caso una mescola tenera sopporta una sollecitazione minore <strong>di</strong> una mescola dura<br />
(Fig.25).<br />
32
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
oppure una valutazione relativa a un carico prefissato, nel qual caso si ha deformazione minore per<br />
la mescola dura che non per quella tenera (Fig.26)<br />
La prima valutazione favorisce le mescole tenere mentre la seconda favorisce quelle dure. Per avere<br />
un’in<strong>di</strong>cazione più adeguata è preferibile fare riferimento alla durata a fatica mantenendo costante<br />
il prodotto carico-deformazione , cioè a energia <strong>di</strong>namica costante (Fig.27).<br />
La resistenza a fatica (n° dei cicli) viene valutata in funzione dell’energia <strong>di</strong>namica per unità <strong>di</strong><br />
volume del provino. Resistono particolarmente bene le gomme a base <strong>di</strong> isoprene, buta<strong>di</strong>ene,<br />
buta<strong>di</strong>ene-stirene e, in genere, quelle non polari.<br />
PROPRIETA’ TERMICHE<br />
Conduttività termica. Da essa <strong>di</strong>pende il tempo richiesto per arrivare alla temperatura <strong>di</strong><br />
vulcanizzazione e la possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssipare il calore sviluppato a causa <strong>di</strong> vibrazioni o <strong>di</strong> frizioni.<br />
Le gomme sono, in genere, cattive conduttrici del calore. Il coefficiente <strong>di</strong> conducibilità termica<br />
varia da 0,15 kcal ⋅m -1 ⋅h -1 ⋅°C -1 della gomma butile, a 0,18 della gomma naturale, a 0,25 delle<br />
gomme poliuretaniche.<br />
Dilatazione termica. E’ un parametro importante per determinare le <strong>di</strong>mensioni degli stampi <strong>di</strong><br />
formatura che sono con<strong>di</strong>zionate dal ritiro al raffreddamento e per la progettazione <strong>di</strong> componenti<br />
sottoposti in esercizio a variazioni <strong>di</strong> temperatura. In genere <strong>di</strong>minuisce all’aumentare delle cariche<br />
e del grado <strong>di</strong> reticolazione. Il coefficiente <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione termica varia da 13⋅10 -6 °C -1 per la gomma<br />
butile a 25⋅10 -6 per le gomme siliconiche (10-5?)<br />
Effetto Joule. Si tratta <strong>di</strong> un effetto particolare che comporta l’accorciamento <strong>di</strong> una gomma prima<br />
tesa e poi riscaldata; il modulo <strong>di</strong> elasticità, la rigi<strong>di</strong>tà o la capacità <strong>di</strong> sopportare un peso aumenta<br />
con la temperatura; se il carico è mantenuto costante, l’elastomero si accorcerà all’aumentare della<br />
temperatura; se la gomma non è sotto sforzo si <strong>di</strong>lata invece regolarmente. La verifica dell’effetto<br />
joule è particolarmente facile se si effettuano prove <strong>di</strong> tensione ad alta velocità <strong>di</strong> deformazione<br />
33
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
evitando così che il fenomeno venga mascherato dallo scorrimento plastico a caldo. Dell’effetto<br />
Joule occorre tener conto nella progettazione degli O-rings usati come guarnizioni <strong>di</strong> tenuta per<br />
alberi rotanti; essi devono essere leggermente sovra<strong>di</strong>mensionati; la tenuta deve poi essere<br />
assicurata me<strong>di</strong>ante una compressione periferica.<br />
Comportamento alle basse temperature. Tutti gli elastomeri irrigi<strong>di</strong>scono reversibilmente alle basse<br />
temperature. L’irrigi<strong>di</strong>mento è lento e progressivo all’inizio, finché, a circa –30°C /-40°C, fig.28<br />
inizia un irrigi<strong>di</strong>mento rapido dopo <strong>di</strong> che il materiale <strong>di</strong>venta fragile. Questi cambiamenti sono<br />
rapi<strong>di</strong>. In alcuni elastomeri, come la gomma naturale, la gomma butile, il clororoprene, si verifica,<br />
per tempi lunghi <strong>di</strong> esposizione a basse temperature (circa 0°C), un irrigi<strong>di</strong>mento conseguente a una<br />
certa “cristallizzazione”. A temperature molto più basse questa cristallizzazione non si verifica, per<br />
l’impossibilità delle molecole a muoversi; a temperature più alte prevale l’effetto dell’agitazione<br />
termica e la cristallizzazione non può, analogamente, verificarsi. Del fenomeno occorre tener conto<br />
anche nello stoccaggio <strong>di</strong> componenti per tempi lunghi a basse temperature.<br />
Proprietà elettriche. Alcune gomme vengono utilizzate come isolanti elettrici; in questo caso<br />
devono presentare una bassa permeabilità all’acqua che può contenere sali <strong>di</strong>sciolti; sono idonee le<br />
gomme non polari: la gomma naturale, la gomma stirene-buta<strong>di</strong>ene, la gomma butilica, le gomme<br />
etilene-propilene e, talvolta, le gomme siliconiche.<br />
Le proprietà sono fortemente influenzate dai plastificanti (consigliabili gli oli minerali) e dalle<br />
cariche (consigliabili talco e caolino, non il nerofumo). Si impiegano, invece, quantità rilevanti <strong>di</strong><br />
nerofumo quando si debbano produrre gomme conduttrici a bassa resistenza d’isolamento.<br />
Resistenza all’invecchiamento. E’ la resistenza che gli elastomeri oppongono al progressivo e<br />
irreversibile danneggiamento provocato da ossigeno, ozono, luce, calore e umi<strong>di</strong>tà; l’effetto<br />
<strong>di</strong>struttivo è maggiore in presenza <strong>di</strong> deformazioni statiche o <strong>di</strong> sollecitazioni <strong>di</strong>namiche ed è<br />
accompagnato da screpolature o sfarinamento superficiale o da indurimenti o rammollimenti<br />
anomali.<br />
L’invecchiamento da calore consegue sia alla temperatura cui lavora l’elastomero sia, nelle<br />
applicazioni <strong>di</strong>namiche, al riscaldamento interno dovuto alle per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> energia per isteresi. Esso è<br />
in larga misura legato a un aumento della velocità <strong>di</strong> ossidazione. Le temperature massime <strong>di</strong><br />
impiego sono <strong>di</strong> circa 80°C per la gomma naturale; 120°C per il cloroprene; 150°C per la gomma<br />
etilene-propilene; 200°C per le gomme fluorurate; 250°C per le gomme siliconiche.<br />
34
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
L’esposizione delle gomme agli agenti atmosferici e alla luce può screpolarne la superficie,<br />
<strong>di</strong>minuire il carico <strong>di</strong> rottura e l’elasticità dell’intera massa. Queste alterazioni <strong>di</strong>pendono<br />
largamente dalla composizione della mescola. Sono particolarmente resistenti gli elastomeri saturi :<br />
gomma etilene-propilene-<strong>di</strong>ene ; gomma etilen-vinil acetato ; gomme silconiche.<br />
L’ozono, che si forma negli strati alti dell’atmosfera per effetto delle ra<strong>di</strong>azioni ultraviolette,<br />
provoca un invecchiamento rapido degli elastomeri, specie se insaturi e se sottoposti a una tensione<br />
statica <strong>di</strong> entità superiore a un valore critico variabile a seconda della gomma. Si verificano delle<br />
spaccature perpen<strong>di</strong>colari alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> sollecitazione. Il numero delle incrinature aumenta con<br />
l’allungamento mentre la loro profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong>minuisce. In presenza <strong>di</strong> ozono, umi<strong>di</strong>tà e calore si<br />
forma sulla superficie una patina opaca insolubile (“frosting”) ; il nerofumo contrasta il fenomeno.<br />
Presentano buona resistenza all’ozono le gomme sature; sono invece inidonee la gomma naturale, la<br />
gomma nitrile, la gomma stirenica. L’influenza dell’ozono aumenta al crescere della durezza e si<br />
manifesta più facilmente dove vi sono deformazioni locali forti, spigoli vivi, intagli, raggi <strong>di</strong><br />
curvatura accentuati che provocano concentrazione delle sollecitazioni.<br />
Gli elastomeri possono invecchiare e alterarsi anche venendo a contato con gas, vapori, liqui<strong>di</strong> che<br />
possono sia venire assorbiti , provocando un rigonfiamento, sia solubilizzare la mescola ( specie i<br />
plastificanti ). L’entità dell’alterazione <strong>di</strong>pende dall’agente <strong>di</strong> contatto, dalla composizione della<br />
mescola, dalla temperatura, dallo stato <strong>di</strong> sollecitazione; le variazioni <strong>di</strong> volume mo<strong>di</strong>ficano le<br />
caratteristiche meccaniche delle gomme. I mezzi <strong>di</strong> contatto possono anche reagire chimicamente<br />
con gli elastomeri alterandone la struttura e infragilendoli; tale aggressività aumenta notevolmente<br />
con la temperatura. Gli elastomeri non polari reagiscono, rigonfiando, se posti a contatto con mezzi<br />
non polari, come le benzine e gli oli minerali; gli elastomeri polari sono invece resistenti nei<br />
confronti <strong>di</strong> tali mezzi. L’aggressività degli oli aumenta con la temperatura, con il contenuto <strong>di</strong><br />
idrocarburi aromatici e al <strong>di</strong>minuire della viscosità.<br />
Resistono fino a 110°C le gomme nitriliche; fino a 160°C quelle siliconiche; fino a 180°C quelle<br />
florurate. Anche i liqui<strong>di</strong> per freni, composti da glicoli ed eteri, che hanno tendenza ad assorbire<br />
umi<strong>di</strong>tà, possono essere aggressivi; si possono usare per questo impiego gomme naturali, o gomme<br />
etilene-propilene-<strong>di</strong>ene che hanno anche buone resistenze al calore e all’invecchiamento.<br />
La benzina provoca negli elastomeri un rigonfiamento superiore a quello dato dagli oli; il<br />
rigonfiamento è reversibile se non sono presenti nella gomma sostanze estraibili (plastificanti,<br />
antinvecchianti, antiozono, ecc.); può anche provocare restringimenti permanenti e indurimento, a<br />
seguito <strong>di</strong> estrazione <strong>di</strong> componenti dalla mescola. Non possono essere usate a contatto con la<br />
benzina le seguenti gomme apolari: naturale, stirene, etilene-propilene-<strong>di</strong>ene; sono invece adatte le<br />
gomme nitrile, epicloridrina, florurate, siliconiche florurate. Le benzine ossigenate sono<br />
particolarmente aggressive in quanto aumentano il rigonfiamento degli elastomeri e la loro<br />
permeabilità agli idrocarburi che passano facilmente allo stato gassoso. Per ottimizzare i<br />
componenti in gomma, ad es. nei tubi flessibili, si possono adottare tubi realizzati con gomme<br />
<strong>di</strong>verse all’interno e nello strato esterno per migliorare il comportamento quanto a rigonfiamento e<br />
permeabilità. Le gomme più usate sono quelle buta<strong>di</strong>ene-acrilonitrile (NBR) ad alto contenuto in<br />
acrilonitrile, epicloridrina, florurate.<br />
APPLICAZIONI AUTOVEICOLISTICHE.<br />
Nelle quattro figure 29/30/31/32 sono evidenziate, con l’eccezione dei pneumatici, le utilizzazioni<br />
più significative degli elastomeri negli autoveicoli, con l’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> quelli impiegati nella<br />
realizzazione dei componenti. Gli impieghi più impegnativi concernono le guarnizioni a tenuta <strong>di</strong><br />
flui<strong>di</strong> per alberi rotanti che devono essere resistenti all’usura, agli oli aggressivi per cambio e<br />
<strong>di</strong>fferenziale, alle temperature elevate; si utilizzano gomme nitriliche, poliacriliche, siliconiche e<br />
florurate. Altra applicazione molto importante concerne i tasselli <strong>di</strong> sospensione<br />
35
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
motopropulsore/sospensioni. Per le sue doti <strong>di</strong> resistenza a fatica e al creep, per la facilità <strong>di</strong><br />
adesione alle armature metalliche che realizzano il vincolo agli organi meccanici e alla scocca e<br />
sulle quali la gomma viene vulcanizzata, si utilizza la gomma naturale, anche se la sua capacità <strong>di</strong><br />
smorzare le vibrazioni è modesta.<br />
Complessivamente gli elastomeri possono essere sud<strong>di</strong>visi in tre classi:<br />
1) <strong>di</strong> impiego generale; 2) con proprietà particolari; 3) speciali.<br />
Gli elastomeri <strong>di</strong> impiego generale sono ampiamente <strong>di</strong>sponibili e <strong>di</strong> basso costo e sono, a loro<br />
volta, sud<strong>di</strong>visibili in elastomeri con levate proprietà meccaniche e <strong>di</strong>namiche ed aventi elevata<br />
lavorabilità e in elastomeri con elevate proprietà interfacciali capaci <strong>di</strong> resistere all’abrasione e <strong>di</strong><br />
trasmettere forze attraverso un contatto interfacciale, come avviene per il battistrada del<br />
pneumatico.<br />
La gomma naturale (NR) o sintetica (IR) a base <strong>di</strong> isoprene presenta un buon compromesso tra<br />
resistenza a trazione, alta elasticità, buona resistenza alle basse temperature, resistenza al calore fino<br />
a 80°-90°C, limitata resistenza a oli, benzine, agenti atmosferici, ozono; viene usata nei pneumatici<br />
e nei tasselli elastici per sospensioni.<br />
La gomma buta<strong>di</strong>ene – stirene, adeguatamente caricata, ha circa le stesse proprietà meccaniche<br />
della gomma naturale, migliore resistenza all’abrasione, alle alte temperature, all’invecchiamento,<br />
ma minore elasticità alle basse temperature. E’ la gomma in assoluto più <strong>di</strong>ffusa; i 2/3<br />
dell’elastomero prodotto sono impiegati nei pneumatici.<br />
Gli elastomeri con proprietà particolari possiedono buone proprietà elastiche e alcune caratteristiche<br />
particolari non presenti negli elastomeri <strong>di</strong> impiego generale, quali la resistenza agli oli e<br />
all’invecchiamento, che li rendono adatti per impieghi <strong>di</strong>versi da quello dei pneumatici.<br />
Le gomme nitriliche (NBR), basate su copolimeri fra acrilonitrile e buta<strong>di</strong>ene, presentano una<br />
buona resistenza alla benzina, agli oli e ai grassi naturali, ma sono scarsamente resistenti<br />
all’invecchiamento. Sono adatte per tubi e guarnizioni a contatto con oli e carburanti.<br />
Le gomme al cloroprene (CR) hanno <strong>di</strong>screta resistenza agli oli; buona resistenza all’ossidazione,<br />
all’invecchiamento, al calore, alla fiamma ed ad elevate proprietà meccaniche; sono impiegate in<br />
cinghie dentate e trapezioidali, in cuffie per giunti omocinetici e scatole sterzo, in rivestimenti <strong>di</strong><br />
tubi per carburante.<br />
I copolimeri etilene-propilene (EPM) ed etilene- propilene-<strong>di</strong>ene (EPDM) costituiscono una delle<br />
classi più importanti presentando un’elevata resistenza all’invecchiamento e buone proprietà<br />
elastiche e <strong>di</strong>namiche dovute alla flessibilità delle catene polimeriche. Vengono reticolati con<br />
perossi<strong>di</strong> oppure vulcanizzati con zolfo, dopo introduzione <strong>di</strong> piccole quantità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ene che<br />
garantisca la presenza <strong>di</strong> doppi legami. Sono impiegati nei manicotti per acqua e in guarnizioni <strong>di</strong><br />
tenuta d’aria e <strong>di</strong> acqua.<br />
Le gomme butiliche (IIR) presentano una forte isteresi nella curva sforzi- deformazioni che ne<br />
limitano l’impiego come materiale elastico; prevalgono le utilizzazioni che ne utilizzano le ottime<br />
proprietà <strong>di</strong> impermeabilità ai gas e <strong>di</strong> resistenza all’invecchiamento e agli agenti chimici e fisici, ad<br />
es. nelle camere d’aria e nei sigillanti per vetri; possono venire clorurate (gomma clorobutile- CIIR)<br />
per migliorarne l’elasticità e la compatibilità con altre gomme. Le gomme butiliche sono anche<br />
impiegate per lo strato interno dei pneumatici “tubeless”.<br />
Gli elastomeri speciali presentano una o più proprietà a livello <strong>di</strong> eccellenza che li rendono adatti a<br />
impieghi specifici sofisticati; vengono prodotti in quantità ridotte e sono, in genere, piuttosto<br />
costosi.<br />
Le gomme acriliche (ACM), a base <strong>di</strong> poliacrilicati resistono in modo eccellente agli oli,<br />
all’invecchiamento, alle alte temperature, potendo essere utilizzate all’aria fino a 160°C. Discreta è<br />
la resistenza meccanica e me<strong>di</strong>ocre il comportamento alle basse temperature; si utilizzano ad es.,<br />
per guarnizioni <strong>di</strong> tenuta dell’olio che lavorano a temperature elevate.<br />
Gli elastomeri florurati (FKM) sono ininfiammabili, resistono molto bene alle alte temperature,<br />
all’ozono, all’ossigeno, agli oli minerali, ai liqui<strong>di</strong> idraulici sintetici, ai combustibili; sono <strong>di</strong><br />
36
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
lavorazione <strong>di</strong>fficile e con elasticità alle basse temperature non sempre sod<strong>di</strong>sfacente; si usano, ad<br />
es. per guarnizioni del motore <strong>di</strong> tenuta dell’olio su alberi rotanti e per steli delle valvole.<br />
Le gomme siliconiche (MFQ o FVMQ) resistono alle alte temperature, sono flessibili anche a basse<br />
temperature, hanno elevata resistenza all’invecchiamento e all’umi<strong>di</strong>tà; sono impiegate , ad es., in<br />
manicotti che lavorano a temperature e pressione elevate.<br />
Le gomme nitriliche idrogenate (HNBR), ottenute saturando con l’idrogeno i doppi legami delle<br />
gomme nitriliche (buta<strong>di</strong>ene-acrilonitrile), presentano un’eccellente resistenza agli agenti chimici e<br />
all’ossigeno, bassa permeabilità a gas e vapori, buon comportamento alle basse temperature, buona<br />
resistenza all’usura; sono usate, ad es., nelle cinghie dentate e trapezoidali.<br />
Le gomme epicloridrina (ECO) presentano elevata resistenza agli oli, alle alte temperature,<br />
all’invecchiamento, ottime caratteristiche <strong>di</strong> flessibilità e <strong>di</strong> elasticità alle basse temperature,<br />
bassissima permeabilità ai gas; sono usate, ad es., per manicotti e per tubi <strong>di</strong> conduzione dell’olio.<br />
Le caratteristiche meccaniche e termiche, i costi orientativi e i più comuni campi <strong>di</strong> applicazione<br />
degli elastomeri sono riportati nelle seguenti tabelle .<br />
I dati sono trattati da: G.Bosco, Elastomeri: strutture, proprietà, tecnologie <strong>di</strong> produzione,<br />
progettazione <strong>di</strong> manufatti; FIAT Auto , laboratori centrali.<br />
37
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
I SOLIDI AMORFI E CRISTALLINI<br />
La materia allo stato <strong>di</strong> aggregazione solido è caratterizzata dal possesso <strong>di</strong><br />
una forma e <strong>di</strong> un volume proprio, in quanto le particelle che la costituiscono<br />
sono legate tra <strong>di</strong> loro da forze <strong>di</strong> coesione <strong>di</strong> notevole entità, ed è<br />
sostanzialmente incomprimibile.<br />
Le particelle che costituiscono un solido possono essere atomi, ioni,<br />
molecole. I legami che le tengono unite possono essere legami metallici,<br />
covalenti, ionici, molecolari.<br />
I soli<strong>di</strong> possono essere <strong>di</strong>visi in due categorie. Alla prima appartengono<br />
quelli nei quali le particelle costituenti non sono <strong>di</strong>sposte in modo or<strong>di</strong>nato. Le<br />
loro proprietà non <strong>di</strong>pendono dalla <strong>di</strong>rezione considerata e vengono per questo<br />
motivo chiamati isotropi. Ne sono esempi comuni i vetri e le materie plastiche.<br />
Possono assumere lo stato vetroso o amorfo anche altre sostanze ottenute in<br />
particolari con<strong>di</strong>zioni, ad esempio raffreddando molto rapidamente la materia<br />
dallo stato liquido. I materiali vetrosi non presentano una temperatura o un<br />
intervallo <strong>di</strong> temperatura in cui fondono, ma rammolliscono progressivamente<br />
all’aumentare della temperatura fino ad assumere lo stato liquido.<br />
La seconda categoria dei soli<strong>di</strong> è costituita dai materiali cristallini; in essi<br />
le particelle costituenti sono <strong>di</strong>sposte in modo or<strong>di</strong>nato. Esistono soli<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
questo tipo costituiti da un unico cristallo; si tratta dei soli<strong>di</strong> monocristallini; ne<br />
sono esempi le gemme, i grossi monocristalli <strong>di</strong> silicio per impieghi elettronici,<br />
alcuni tipi <strong>di</strong> palette per turbine. In questo caso i soli<strong>di</strong> hanno alcune proprietà<br />
che variano a seconda della <strong>di</strong>rezione cristallografica considerata e vengono<br />
perciò chiamati anisotropi. Nella maggioranza dei casi i materiali cristallini<br />
sono costituiti da un gran numero <strong>di</strong> cristalli <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni, casualmente<br />
orientati. Sebbene ciascun piccolo cristallo sia anisotropo il risultato è che il<br />
materiale policristallino è complessivamente isotropo in quanto le proprietà che<br />
vengono misurate sono la me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> quelle dei singoli cristalli.<br />
E’ possibile, anche nel caso <strong>di</strong> materiali policristallini, riscontrare<br />
fenomeni <strong>di</strong> anisotropia; ciò si verifica quando i piccoli cristalli vengono<br />
orientati in una particolare <strong>di</strong>rezione. E’ il caso, ad esempio, <strong>di</strong> un materiale<br />
laminato a freddo nel quale i cristalli si deformano e si orientano nella <strong>di</strong>rezione<br />
<strong>di</strong> laminazione; in questo caso la resistenza a trazione del materiale è<br />
significativamente <strong>di</strong>versa a seconda che venga determinata su provini prelevati<br />
parallelamente o trasversalmente alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> laminazione.<br />
I piccoli cristalli <strong>di</strong> un materiale policristallino vengono chiamati grani<br />
cristallini; le loro <strong>di</strong>mensioni variano usualmente da qualche decimo a qualche<br />
decina <strong>di</strong> µm ( 1µm = 10 -6 m). La struttura policristallina può essere<br />
evidenziata ricorrendo a reattivi chimici che attaccano più facilmente le zone <strong>di</strong><br />
contatto fra i cristalli.<br />
38
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
STRUTTURA DEI CRISTALLI<br />
Gli atomi si possono <strong>di</strong>stribuire uniformemente nello spazio in molti<br />
mo<strong>di</strong>, ovvero esistono <strong>di</strong>verse strutture cristalline. Poiché le proprietà fisiche e<br />
meccaniche <strong>di</strong> tutti i soli<strong>di</strong> <strong>di</strong>pendono strettamente dal modo con cui gli atomi<br />
sono or<strong>di</strong>nati verranno ora descritte le più comuni strutture.<br />
Per como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> rappresentazione queste strutture sono <strong>di</strong> solito idealizzate nel<br />
senso che gli atomi non vengono descritti come entità a stretto contatto fra <strong>di</strong><br />
loro, ma come punti <strong>di</strong> un reticolo tri<strong>di</strong>mensionale ottenuto <strong>di</strong>videndo lo spazio<br />
con tre serie <strong>di</strong> piani (fig.1). I piani <strong>di</strong> ogni serie sono fra loro paralleli ed<br />
fig.1 fig.2<br />
equi<strong>di</strong>stanti. La <strong>di</strong>stanza fra due piani può variare da una serie all'altra e inoltre<br />
l’angolo <strong>di</strong> intersezione fra una serie e l'altra può essere eguale o <strong>di</strong>fferente da<br />
90°. In ogni caso il reticolo tri<strong>di</strong>mensionale è formato da un insieme <strong>di</strong> soli<strong>di</strong><br />
identici a forma <strong>di</strong> parallelepipedo delimitati da facce piane e parallele a forma<br />
<strong>di</strong> parallelogramma.<br />
Ognuno <strong>di</strong> questi soli<strong>di</strong> contiene atomi solo ai vertici e costituisce una cella<br />
primitiva. Esso è rappresentativo della struttura cristallina cui appartiene. Ogni<br />
punto o nodo reticolare che si trova su un vertice della cella è circondato da<br />
punti <strong>di</strong>stribuiti con identica regolarità e può quin<strong>di</strong> essere assunto come origine<br />
<strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> tre coor<strong>di</strong>nate ( x, y, z ) le cui <strong>di</strong>rezioni sono parallele a<br />
quelle delle tre serie <strong>di</strong> piani. Una cella primitiva può ora essere definita da tre<br />
r r r<br />
vettori a,<br />
b,<br />
c , le cui <strong>di</strong>rezioni coincidono con quelle delle tre coor<strong>di</strong>nate<br />
che costituiscono gli assi cristallografici della cella (fig.2). Le lunghezze a,<br />
b, c sono quelle dei lati della cella mentre gli angoli α, β e γ sono gli angoli<br />
fra gli assi cristallografici scelti con la convenzione che α = yzˆ , β = xzˆ<br />
, γ = xyˆ<br />
.<br />
Le grandezze a, b, c, α, β e γ prendono il nome <strong>di</strong> costanti reticolari della<br />
cella.<br />
Le possibili relazioni <strong>di</strong> uguaglianza e <strong>di</strong>suguaglianza esistenti fra le<br />
costanti reticolari porta alla definizione <strong>di</strong> sette sistemi regolari <strong>di</strong> punti o tipi<br />
<strong>di</strong> reticoli semplici (fig.3).<br />
Cubico<br />
a=b=c<br />
α=β=γ=90°<br />
39<br />
Tetragonale<br />
a=b≠c<br />
α=β=γ=90°<br />
Ortorombico<br />
a≠b≠c<br />
α=β=γ=90°
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
romboedrico esagonale<br />
o trigonale a = b ≠ c<br />
a=b= c α = β = 90°<br />
α=β=γ ≠ 90°<br />
γ= 120°<br />
monoclino triclino<br />
a≠b≠c a ≠ b ≠ c<br />
α=β=90° α ≠ β ≠ γ ≠ 90°<br />
γ≠ 90°<br />
Fig. 3<br />
Fissata l'origine degli assi cristallografici è possibile definire la<br />
posizione dei singoli punti e quin<strong>di</strong> dei singoli atomi <strong>di</strong> un reticolo<br />
cristallino del tipo semplice finora considerato in quanto la posizione<br />
<strong>di</strong> ciascuno risulta in<strong>di</strong>viduata da un vettore <strong>di</strong> componenti dove<br />
P, Q, R, sono numeri interi. Così il punto M (fig.4), è il punto in cui viene<br />
Fig.4<br />
traslata l'origine O degli assi cristallografici per azione <strong>di</strong> un vettore <strong>di</strong><br />
componenti è il punto <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate 2, 3, 1 . Un punto generico<br />
viene dunque localizzato dalla sequenza dei punti P , Q , R . Questi ultimi<br />
possono anche essere negativi nel qual caso il numero che in<strong>di</strong>ca la coor<strong>di</strong>nata<br />
viene soprassegnato.<br />
Oltre ai sette reticoli semplici <strong>di</strong> fig.3 esistono altri sette reticoli composti,<br />
ottenuti per compenetrazione o traslazione <strong>di</strong> reticoli semplici, ciascuno dei<br />
quali gode sempre della proprietà che ogni punto è circondato da altri punti<br />
<strong>di</strong>stribuiti con la stessa perio<strong>di</strong>cità. I quattor<strong>di</strong>ci reticoli vengono chiamati<br />
reticoli <strong>di</strong> Bravais. I sette reticoli composti possono essere ricondotti, per<br />
quanto concerne le relazioni fra le costanti reticolari, ad alcuni fra i reticoli<br />
semplici dai quali <strong>di</strong>fferiscono per la presenza <strong>di</strong> punti reticolari anche in<br />
posizioni <strong>di</strong>fferenti dai vertici (fig. 5 ).<br />
40
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Fig. 5<br />
ortorombico a ortorombico a ortorombico a monoclino a<br />
corpo centrato basi centrate facce centrate basi centrate<br />
Le coor<strong>di</strong>nate P , Q , R <strong>di</strong> questi punti possono <strong>di</strong> conseguenza anche<br />
assumere valori frazionari. Ad esempio il punto M della cella <strong>di</strong> fig. 6 è<br />
in<strong>di</strong>viduato da un vettore <strong>di</strong> componenti 1/2a , 1b , 1/2 c .<br />
Fig.6 Fig.7<br />
Ogni cella semplice o primitiva è delimitata da otto atomi. Ciascuno <strong>di</strong> essi<br />
è però con<strong>di</strong>viso da altre sette celle per cui ogni cella ha me<strong>di</strong>amente un solo<br />
atomo. Le celle composte contengono invece un numero maggiore <strong>di</strong> atomi.<br />
Così, ad esempio, le due celle ccc e cfc <strong>di</strong> fig. 7 contengono rispettivamente<br />
2 e 4 atomi per cella in quanto agli 8 atomi che contano per 1/8 <strong>di</strong>sposti ai<br />
vertici si devono aggiungere nel primo caso l’atomo centrale che appartiene<br />
tutto alla cella e nel secondo caso i 6 atomi al centro delle face ciascuno dei<br />
quali conta per ½ perché è con<strong>di</strong>viso da due celle a<strong>di</strong>acenti. Per valutare il<br />
numero me<strong>di</strong>o N <strong>di</strong> atomi per cella si adotta quin<strong>di</strong> la relazione generale N =<br />
Ni + Nf/2 + Nv/8 , dove N è il numero <strong>di</strong> atomi posseduto me<strong>di</strong>amente da una<br />
cella e Ni , Nf e Nv sono, rispettivamente, il numero <strong>di</strong> atomi che si trovano<br />
all’interno, sulle facce e ai vertici della cella.<br />
Si deve infine precisare che l’aspetto esterno <strong>di</strong> un cristallo può non essere<br />
imme<strong>di</strong>atamente collegabile con la struttura cristallina. Così, ad esempio, una<br />
sostanza con struttura cubica può presentare esternamente non solo la forma <strong>di</strong><br />
un cubo, ma anche, ad esempio,<br />
quella <strong>di</strong> un ottaedro.<br />
41
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
SIMMETRIA CRISTALLINA<br />
In cristallografia prende il nome <strong>di</strong> simmetria la regolare ripetizione <strong>di</strong><br />
elementi fisicamente equivalenti. Gli elementi <strong>di</strong> simmetria che possono<br />
comparire in un cristallo sono <strong>di</strong> tre specie : piani, assi e centro <strong>di</strong> simmetria.<br />
Piano si simmetria. E’ un piano che <strong>di</strong>vide il cristallo in due parti<br />
specularmente simmetriche ( fig. 8 ). Ogni piano <strong>di</strong> simmetria è una faccia reale<br />
o possibile del cristallo ed è normale a un suo spigolo reale o possibile.<br />
Fig. 8 Fig. 9<br />
Asse <strong>di</strong> simmetria semplice. Per asse <strong>di</strong> simmetria semplice si intende una<br />
retta intorno alla quale si deve ruotare il cristallo per avere la sovrapposizione <strong>di</strong><br />
elementi fisicamente equivalenti. Un asse <strong>di</strong> simmetria si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne n<br />
quando l’angolo <strong>di</strong> rotazione necessario per avere il ricoprimento è 360°/n . A<br />
seconda che n sia uguale a 2, 3, 4, 6 si hanno assi <strong>di</strong> simmetria binari,<br />
ternari, quaternari, senari (fig. 9). Un asse <strong>di</strong> simmetria è sempre uno spigolo<br />
reale o possibile del cristallo ed è normale a una sua faccia reale o possibile.<br />
Centro <strong>di</strong> simmetria. Per centro <strong>di</strong> simmetria si intende quel punto interno<br />
alla cella da cui si <strong>di</strong>partono <strong>di</strong>rezioni e contro<strong>di</strong>rezioni fisicamente uguali.<br />
Rispetto al centro <strong>di</strong> simmetria ogni punto del reticolo cristallino ha un suo<br />
simmetrico ( fig.10 ).<br />
Fig.10<br />
Ogni sistema cristallino ha un certo numero <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> simmetria che<br />
lo caratterizzano in modo specifico. Nella fig.11 sono schematicamente<br />
rappresentati gli elementi <strong>di</strong> simmetria nel sistema cubico.<br />
3 piani principali<br />
<strong>di</strong> simmetria<br />
6 piani secondari<br />
<strong>di</strong> simmetria<br />
3 assi quaternari<br />
<strong>di</strong> simmetria<br />
4 assi ternari<br />
<strong>di</strong> simmetria<br />
42<br />
Fig. 11
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
6 assi binari<br />
<strong>di</strong> simmetria<br />
Ciascun tipo <strong>di</strong> reticolo ha un elemento <strong>di</strong> simmetria che lo caratterizza in<br />
modo univoco Così nel sistema cubico sono presenti tre assi quaternari <strong>di</strong><br />
rotazione; in quello tetragonale un solo asse quaternario; in quello ortorombico<br />
sei assi binari tra loro ortogonali.<br />
INDICI DI MILLER DELLE DIREZIONI<br />
L’or<strong>di</strong>nato ripetersi <strong>di</strong> atomi (o ioni, o molecole) in un reticolo cristallino<br />
porta alla formazione <strong>di</strong> filari <strong>di</strong> atomi. Ogni atomo può far parte <strong>di</strong> più filari<br />
ciascuno dei quali si <strong>di</strong>fferenzia dagli altri per una <strong>di</strong>versa <strong>di</strong>rezione ed,<br />
eventualmente, per una <strong>di</strong>fferente densità atomica. Quest’ultimo caso<br />
rappresenta il fenomeno dell’anisotropia delle <strong>di</strong>rezioni. Nel sistema cubico a<br />
corpo centrato <strong>di</strong> cui alla fig. 12 gli atomi si susseguono<br />
lungo uno spigolo del cubo a una <strong>di</strong>stanza a; lungo una<br />
<strong>di</strong>agonale <strong>di</strong> una faccia a una <strong>di</strong>stanza a √ 2 e lungo la<br />
<strong>di</strong>agonale del cubo a una <strong>di</strong>stanza a √ 3 / 2 . Passando<br />
dai modelli idealizzati ai modelli a sfere rigide si può<br />
Fig. 12<br />
osservare che gli atomi non sono a contatto né lungo la <strong>di</strong>rezione<br />
corrispondente al lato del cubo né lungo quella della <strong>di</strong>agonale della faccia,<br />
mentre lo sono lungo quella della <strong>di</strong>agonale del cubo; quest’ultima è dunque<br />
una <strong>di</strong>rezione compatta.<br />
Questa situazione rende in<strong>di</strong>spensabile definire un criterio per descrivere le<br />
<strong>di</strong>rezioni cristallografiche. Una <strong>di</strong>rezione cristallografica può essere precisata<br />
considerando una linea parallela alla <strong>di</strong>rezione e passante per l’origine degli assi<br />
cristallografici, stimando quali sono le coor<strong>di</strong>nate corrispondenti a un atomo<br />
qualunque toccato da tale linea e trasformando, se del caso, i valori delle<br />
coor<strong>di</strong>nate nei tre più piccoli numeri interi. Questi numeri, chiamati in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />
Miller della <strong>di</strong>rezione, sono genericamente in<strong>di</strong>cati con le lettere u, v, w e<br />
scritti fra parentesi quadre. Essi in<strong>di</strong>cano <strong>di</strong> quante volte le componenti del<br />
vettore ( che unisce l’origine delle coor<strong>di</strong>nate con l’atomo qualunque prescelto )<br />
sono più lunghe degli spigoli della cella <strong>di</strong> riferimento ad esse paralleli.<br />
Esempi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezioni in un reticolo cubico.<br />
Gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Miller per le <strong>di</strong>rezioni corrispondenti agli assi x, y, e z valgono<br />
(fig.13) rispettivamente [100][010][001].<br />
43
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Fig. 13<br />
Altri esempi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cizzazione sono in<strong>di</strong>cati in fig.14. In taluni casi si vede<br />
chiaramente che<br />
Fig.14<br />
l’origine del vettore della <strong>di</strong>rezione è stato fatto preliminarmente coincidere con<br />
l’origine delle coor<strong>di</strong>nate.<br />
Fig.15<br />
Facendo infine riferimento all’esempio <strong>di</strong> fig.15 le coor<strong>di</strong>nate del punto A<br />
valgono 1/2 , 1 , 1/2 ovvero, trasformate in numeri interi, 1, 2 , 1 e quin<strong>di</strong> gli<br />
in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Miller della relativa <strong>di</strong>rezione valgono [121].<br />
Se si considerano le tre <strong>di</strong>rezioni [100][010] e [001] e le tre non<br />
esemplificate [⎯100][0⎯10][00⎯1] si può osservare che ciascuna <strong>di</strong> esse,<br />
essendo del tutto arbitraria la scelta dell’origine e dell’orientamento dei tre assi<br />
x, y, z , può essere considerata come la [100].<br />
Le sei <strong>di</strong>rezioni sono cristallograficamente equivalenti e lungo ciascuna <strong>di</strong> esse<br />
la <strong>di</strong>stanza fra i punti reticolari è la stessa. L’insieme <strong>di</strong> queste sei <strong>di</strong>rezioni<br />
equivalenti viene chiamato famiglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezioni e viene contrad<strong>di</strong>stinto con il<br />
simbolo . Analogamente la famiglia i <strong>di</strong>rezioni è costituita<br />
dalle <strong>di</strong>rezioni [111][1⎯11][⎯111][11⎯1][⎯1⎯1⎯1][⎯1 1⎯1]][1⎯1⎯1][⎯1⎯1 1].<br />
44
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
In<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Miller dei piani cristallografici. Un fenomeno <strong>di</strong> anisotropia<br />
analogo a quello delle <strong>di</strong>rezioni si riscontra a proposito dei piani cristallografici.<br />
Nella fig.16 è mostrato il <strong>di</strong>fferente addensarsi degli atomi in alcuni piani <strong>di</strong> un<br />
Fig.16<br />
reticolo cubico a facce centrate; sono anche in<strong>di</strong>cate le <strong>di</strong>rezioni compatte<br />
presenti in ciascun piano. Anche in questo caso è necessario definire un criterio<br />
<strong>di</strong> in<strong>di</strong>cizzazione dei piani cristallografici. Questi in<strong>di</strong>ci vengono genericamente<br />
in<strong>di</strong>cati con i simboli h , k , l e sono i reciproci delle intersezioni fra gli assi <strong>di</strong><br />
riferimento e il piano considerato, mo<strong>di</strong>ficati in modo tale da dar luogo alla<br />
minima serie <strong>di</strong> numeri interi. Nell’esempio<br />
<strong>di</strong> fig.17, che è relativo a un reticolo cubico,<br />
Fig.17<br />
le intersezioni fra il piano segnato e gli assi<br />
x , y , z sono rispettivamente 1 , 3 , 2 ;<br />
i loro reciproci valgono 1/1 , 1/3 , 1/2 e ,<br />
passando a valori interi, si hanno i numeri<br />
6 , 2 , 3. Gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Miller, che vengono<br />
scritti fra parentesi tonde, sono allora ( 6 2 3 ). Se non venissero usati i<br />
reciproci delle intersezioni i piani paralleli a uno o più assi avrebbero<br />
intersezioni con tali assi all’infinito. Me<strong>di</strong>ante il ricorso ai reciproci delle<br />
intersezioni si ottiene invece 1/∞ = 0 . Consideriamo<br />
ad esempio, il piano tratteggiato <strong>di</strong> fig.18 le interse-<br />
zioni con gli assi x , y , z sono 1 , ∞ , ∞ , i reciproci<br />
1/1 , 1/∞ , 1/∞ ovvero 1 , 0 , 0 . Gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Miller<br />
sono ( 1 0 0 ). Se il piano considerato è quello <strong>di</strong><br />
fig. 19 , le intersezioni sono 0 , ∞ , ∞ e i reciproci<br />
1/0 , 1/ ∞ ,1/ ∞ ovvero ∞ , 0 , 0 e si avrebbe ancora<br />
un in<strong>di</strong>ce uguale a ∞ . Poiché però la scelta della<br />
origine degli assi è sempre arbitraria, la si può<br />
spostare, ad esempio, <strong>di</strong> una unità in avanti o in<br />
<strong>di</strong>etro lungo l’asse x . Le intersezioni risultano<br />
allora rispettivamente ( fig.20 ) -1 , ∞ , ∞ , oppure<br />
1 , ∞ , ∞ e i relativi in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Miller <strong>di</strong>ventano (100)<br />
o (⎯100 ).<br />
Fig.20<br />
Fig.18<br />
Fig.19<br />
Esempi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cizzazione <strong>di</strong> piani reticolari paralleli a due assi cristallografici<br />
in un reticolo cubico :<br />
45
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Esempi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cizzazione <strong>di</strong> piani reticolari paralleli a un asse cristallografico in<br />
un reticolo cubico :<br />
Altri esempi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cizzazione <strong>di</strong> piani reticolari paralleli a un asse<br />
cristallografico in un reticolo cubico che comportano lo spostamento<br />
dell’origine delle coor<strong>di</strong>nate: (fig.21 ).<br />
Esempi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cizzazione <strong>di</strong> piani reticolari in un reticolo cubico: ( fig.22 ).<br />
Fig.21<br />
Fig. 22<br />
L’esame degli esempi precedenti consente <strong>di</strong> rilevare che in alcuni casi a piani<br />
ugualmente orientati corrispondono in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>versi. Ad esempio : ( fig.23 ).<br />
Fig. 23<br />
Il passaggio da un membro all’altro della coppia si ottiene invertendo le<br />
soprasegnature. Il numero <strong>di</strong> piani cristallografici è quin<strong>di</strong> più ridotto <strong>di</strong> quanto<br />
non apparisse dagli esempi precedenti. Sono, ad esempio, solo quattro i tipi <strong>di</strong><br />
piano che intercettano gli assi a una <strong>di</strong>stanza dall’origine uguale allo spigolo del<br />
cubo e precisamente :<br />
46
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
L’insieme <strong>di</strong> questi quattro piani cristallograficamente equivalenti viene<br />
in<strong>di</strong>cato con il simbolo { 111 } e costituisce una famiglia <strong>di</strong> piani. Esistono<br />
analogamente famiglie <strong>di</strong> piani del tipo {100} e {110}.<br />
Si ricorda infine che, per le strutture cubiche, valgono le seguenti regole :<br />
A) Gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Miller <strong>di</strong> un piano hanno gli stessi valori<br />
degli in<strong>di</strong>ci della <strong>di</strong>rezione normale al piano. Così, ad<br />
esempio, se si considera la fig. 24 , si vede che la<br />
<strong>di</strong>rezione [ 111] è perpen<strong>di</strong>colare al piano ( 111 ).<br />
B) La <strong>di</strong>rezione [u v w ] giace nel piano ( h k l )<br />
quando è sod<strong>di</strong>sfatta la con<strong>di</strong>zione : hu + kv + lw = 0.<br />
Nella figura 25 è esemplificato il caso della<br />
<strong>di</strong>rezione [ 111] e del piano (110 ) per i<br />
quali si ha : 1 . 1 + 1 .(-1) + 1 . 0 = 0<br />
Fig.24<br />
Fig. 25<br />
C) Due piani ( h1k1l1 ) e h2k2l2 ) sono tra<br />
loro perpen<strong>di</strong>colari quando risulta sod<strong>di</strong>sfatta<br />
la con<strong>di</strong>zione h1h2 + k1k2 + l1l2 = 0. Sono<br />
così perpen<strong>di</strong>colari tra <strong>di</strong> loro i piani (110 )<br />
e ( 1⎯10 ) <strong>di</strong> fig.26 .<br />
Fig.26<br />
D) Due <strong>di</strong>rezioni u1v1w1 e u2v2w2 sono tra loro perpen<strong>di</strong>colari quando risulta<br />
sod<strong>di</strong>sfatta la con<strong>di</strong>zione u1u2 + v1v2 + w1w2 = 0. Sono, ad esempio,<br />
perpen<strong>di</strong>colari le <strong>di</strong>rezioni [ 100 ] e [ 001].<br />
La <strong>di</strong>stanza d fra i piani cristallografici <strong>di</strong> una stessa famiglia viene<br />
determinata me<strong>di</strong>ante i raggi X e utilizzando la relazione <strong>di</strong> Bragg nλ = 2d<br />
senϑ<br />
Esistono relazioni che collegano le costanti reticolari della cella cristallina con<br />
gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Miller <strong>di</strong> una determinata famiglia <strong>di</strong> piani cristallografici e con la<br />
<strong>di</strong>stanza fra i piani. Nel sistema cubico è<br />
47
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
NUMERO DI COORDINAZIONE<br />
Il numero <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nazione è il numero <strong>di</strong> atomi più vicini che un atomo<br />
possiede in un determinato reticolo. Così, ad esempio, l'atomo centrale della<br />
cella cubica a corpo centrato è circondato da otto atomi che <strong>di</strong>stano tutti<br />
a√3/2 = a.0,87 , mentre un atomo <strong>di</strong> una cella cubica a facce centrate è a<br />
contatto con altri do<strong>di</strong>ci atomi <strong>di</strong>stanti a √2/2 = a.0,7. Nella fig.27 questo<br />
atomo è al centro della faccia comune alle due celle. L’atomo <strong>di</strong> riferimento è a<br />
Fig.27<br />
contatto con tre atomi più vicini all’osservatore (fig.27 A); con sei atomi<br />
complanari ( fig.27 B) e infine con altri tre atomi più lontani dall’osservatore<br />
( fig.27 C) . I piani A , B e C sono tra loro paralleli e sono del tipo (111) . Gli<br />
atomi del piano A (fig.28 ) sono ruotati <strong>di</strong> 60° rispetto a quelli del piano C.<br />
48
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Fig.28<br />
Fig.29<br />
Anche nel reticolo esagonale compatto il numero <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nazione vale 12<br />
come si rileva dalla fig.29 facendo riferimento all’atomo centrale del piano B.<br />
In questo caso gli atomi del piano A , a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto osservato nel<br />
reticolo cfc , sono esattamente sovrapposti a quelli del piano C .<br />
E’ infine opportuno precisare che i numeri <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nazione 8 nel reticolo<br />
ccc, e 12 in quelli cfc ed esagonali compatti non competono solo agli atomi<br />
messi in evidenza nelle rispettive figure, ma a tutti gli atomi <strong>di</strong> un certo reticolo<br />
in quanto ciascuno <strong>di</strong> essi è circondato allo stesso modo da altri atomi che non<br />
compaiono nelle figure.<br />
Nell’elenco che segue sono riportate le strutture cristalline <strong>di</strong> alcuni metalli :<br />
cubica a facce centrate : Cu, Ag, Au ,γFe, Ni, Al, Pb<br />
cubica a corpo centrato : βTi, α Fe, δFe, Cr, Mo<br />
esagonale compatta : Mg, Zn, α Ti<br />
Si osserva che alcuni metalli possono presentare più <strong>di</strong> una struttura<br />
cristallina. Il fenomeno prende il nome <strong>di</strong> allotropia ; la struttura assunta<br />
<strong>di</strong>pende dalla temperatura. Così α Fe è stabile fino a 911 °C ; γFe tra 911 °C<br />
e 1395 °C ; δ Fe da 1395° a 1538°C ; α Ti è stabile fino a 880°C e β Ti da<br />
880° a 1668°C.<br />
ALCUNE OSSERVAZIONI QUANTITATIVE<br />
Le <strong>di</strong>mensioni delle celle elementari sono estremamente ridotte. Esse vengono<br />
calcolate sulla base <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrattogrammi dei raggi X . Nel αFe, a struttura cubica<br />
a corpo centrato, la costante reticolare è a = 2,87A = 0,287 .10 -9 m. Ciò<br />
significa che in 1 mm ( 10 -3 m ) ce ne sono :<br />
1 : 0,287.10 -9 = x : 10 -3 ; x = 3,38.10 6 celle elementari.<br />
49
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Considerando gli atomi <strong>di</strong> una cella elementare come delle sfere si può<br />
calcolare un Fattore <strong>di</strong> Compattazione Atomica (FCA) dato dalla :<br />
volume degli atomi nella cella elementare<br />
FCA = ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯<br />
Volume della cella elementare<br />
Nel caso del reticolo cubico a corpo centrato, che contiene per ogni cella 2<br />
atomi <strong>di</strong> raggio r e che ha costante reticolare uguale ad a , si ha :<br />
FCA = 2. 4/3 π r 3 / a 3<br />
Nella cella cubica a corpo centrato gli atomi sono a contatto lungo la <strong>di</strong>agonale<br />
del cubo che è costituita da quattro raggi atomici; è cioè : 4r = a √3 ovvero<br />
a = 4r/√3 ; sostituendo si ha : FCA = 2.4/3 π r 3 / (4r/√3) 3 = 0,68<br />
Ciò significa che il 68 % del volume della cella è occupato dagli atomi e che il<br />
restante 32 % corrisponde a siti vuoti che si trovano fra gli atomi.<br />
Nel caso dei reticoli cubici a facce centrate, che contengono quattro atomi<br />
per cella,, con gli atomi a contatto lungo la <strong>di</strong>agonale della faccia del cubo che è<br />
costituita da quattro raggi atomici, si ha 4r = a √2 da cui a = 4r/√2 e,<br />
sostituendo, si ha : FCA = 4.4/3π r 3 /(4r/√2) 3 = 0,74<br />
Cioè il 74% della cella è occupato da atomi e il restante 26 % corrisponde a<br />
siti vuoti.<br />
E’ anche possibile, noti la tipologia e i valori delle costanti reticolari <strong>di</strong><br />
una cella, calcolare la densità teorica utilizzando la relazione:<br />
massa della cella elementare<br />
densità teorica = ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯<br />
volume della cella elementare<br />
Il rame ha, ad esempio, peso atomico 63,54 e cristallizza nel sistema cubico a<br />
facce centrate che comprende quattro atomi per cella;<br />
la massa della cella elementare vale 4.63,54 /6,02.10 -23 = 42,219.10 -23 g<br />
la costante reticolare della cella elementare vale : 3,615 A = 3,615. 10 -8 cm<br />
il volume della cella elementare vale: (3,615.10 -8 ) 3 = 47,242.10 -24 cm 3<br />
la densità vale: 42,219.10 -23 / 47,242.10 -24 = 8,94 g/cm 3<br />
Ad esempio il Fe α ha peso atomico 55,85 e cristallizza nel sistema cubico a<br />
corpo centrato che comprende due atomi per cella; la massa della cella<br />
elementare vale 2.55,85 / 6.02 · 10 23 = 18,55 · 10 -23 g; il volume della cella<br />
elementare vale (2,87 · 10 -8 ) 3 = 23,64 · 10 -24 cm 3 ; la densità vale 18,55 · 10 -23 /<br />
23,65 · 10 -24 = 7,85 g/cm 3 .<br />
50
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
I SITI RETICOLARI<br />
Si è visto, a proposito del fattore <strong>di</strong> compattazione atomica, che una frazione<br />
importante delle celle elementari non è occupata dagli atomi. Essa origina siti<br />
reticolari <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti geometrie <strong>di</strong>stribuiti regolarmente all'interno dei cristalli.<br />
Vengono ora presi in considerazione i siti presenti nelle strutture cubiche a corpo<br />
centrato e cubiche a facce centrate.<br />
Strutture cubiche a corpo centrato. In<strong>di</strong>chiamo con ra il raggio degli atomi del<br />
reticolo e con rs il raggio dei siti interstiziali. Cerchiamo ora quali e quanti sono i<br />
siti possibili e qual'è il valore del loro raggio. Sono possibili due tipi <strong>di</strong> siti<br />
interstiziali :<br />
Siti ottaedrici. Si trovano ai centri delle facce , ad esempio nella posizione 1/2 , 1/2 ,<br />
0 oppure a metà degli spigoli, ad esempio nella posizione 0 , 0 , 1/2 . Ogni sito è<br />
circondato da sei atomi. Nel secondo esempio due dei sei atomi sono in 0 , 0 , 0 e in<br />
0 , 0 , 1 e gli altri quattro sono al centro delle quattro celle che hanno la<br />
congiungente fra i primi due in comune. Dei sei atomi, due, in A e A' (fig.1),<br />
<strong>di</strong>stano a/2 dal centro del sito e gli altri quattro sono ad a√2/2 . Il raggio rs del<br />
sito utile - ve<strong>di</strong> fig.2 - è dato dalla metà della <strong>di</strong>fferenza fra il lato della cella a e il<br />
doppio del raggio atomico : 2rs = a - 2ra da cui rs = a/2 - ra . Gli atomi A e B'<br />
sono a contatto lungo la , quin<strong>di</strong> è 2B'A = 4ra = √a 2 + 2a 2 = a√3 da cui ra =<br />
a √3/4 e sostituendo rs = a/2 - a √3/4 = a (1/2 - √3/4 ) =<br />
0,067a = rs.<br />
Fig. 2<br />
Siti tetraedrici . Si trovano a metà <strong>di</strong>stanza fra due siti ottaedrici. Ad esempio il sito<br />
tetraedrico della fig.3 è a metà fra i siti ottaedrici in 1/2 , 1 , 0 e in 1/2 , 1 , 1/2 : ogni<br />
sito è circondato da quattro atomi del reticolo <strong>di</strong> base alla <strong>di</strong>stanza = √a 2 +<br />
(a/2) 2 /2 = √5a 2 /4 /2 = a √5 /4 . Il raggio del sito utile è dato dalla <strong>di</strong>fferenza<br />
a√5/4 - ra , ma , come si è già visto, è ra = a√3 /4 ; da cui rs = a √5/4 -<br />
a√3/4 = a/4( √5 - √3) = 0,127 a = rs .<br />
51
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Fig. 3<br />
Struttura cubica a facce centrate. Sono ancora possibili due tipi <strong>di</strong> siti interstiziali.<br />
Siti ottaedrici. Come si vede dalla fig.4 si trovano al centro del cubo in 1/2 , 1/2 ,<br />
1/2 e a metà degli spigoli, ad es. in 1/2 , 0 , 0 . Ciascun sito ha sei atomi vicini<br />
<strong>di</strong>stanti a/2 e il suo raggio è dato da rs = a/2 - ra . Gli atomi sono a contatto lungo<br />
una <strong>di</strong>rezione per cui il raggio atomico è dato da ra = a √2/4 e, sostituendo,<br />
si ha rs = a/2 - a √2/4 = 0,147a = rs .<br />
Fig. 4 Fig.5<br />
Siti tetraedrici. Sono al centro dei piccoli cubetti che costituiscono un ottavo del<br />
cubo e quin<strong>di</strong> , ad esempio, in 1/4 , 1/4 , 1/4 oppure in 3/4 , 3/4 , 1/4 - fig.5.<br />
Ciascun sito ha quattro vicini a una <strong>di</strong>stanza pari a un quarto della <strong>di</strong>agonale del cubo<br />
e quin<strong>di</strong> ad a√3/4 . Il raggio del sito vale rs = a√3/4 - ra , ma ra , come abbiamo<br />
visto, vale a √2/4 e, sostituendo, si ha<br />
rs = a √3/4 – a√2/4 = a/4 (√3 - √2 ) = 0,08a = rs<br />
Esistono siti reticolari anche nelle strutture esagonali compatte; in questo caso per i<br />
siti ottaedrici è rs = 0,207a e per quelli tetraedrici è rs = 0,114a.<br />
SOLUZIONI SOLIDE<br />
52
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Un materiale cristallino può essere formato da un'unica fase costituita, ad<br />
esempio, da tutti atomi <strong>di</strong> rame o <strong>di</strong> ferro, oppure da ioni Mg ++ e da ioni O -- nei<br />
cristalli <strong>di</strong> MgO. E' peraltro possibile ottenere sistemi monofasici in cui, ad esempio,<br />
una parte degli atomi <strong>di</strong> rame è sostituita da atomi <strong>di</strong> nichel , oppure la cella<br />
elementare del ferro ospita al suo interno atomi <strong>di</strong> carbonio, oppure una parte degli<br />
ioni Mg ++ è sostituita, nel composto ionico MgO, da ioni Fe ++ : a questi materiali<br />
omogenei viene dato il nome <strong>di</strong> soluzioni solide. In quanto soluzioni la loro<br />
composizione varia entro limiti talvolta molto estesi, sempre rimanendo omogeneo il<br />
sistema.<br />
Si <strong>di</strong>stinguono due tipi <strong>di</strong> soluzioni solide. Le soluzioni solide per sostituzione<br />
che si hanno quando gli atomi o gli ioni <strong>di</strong> una specie sostituiscono nel reticolo<br />
cristallino quelli della specie primitiva;le soluzioni solide per intrusione o interstiziali<br />
che si hanno quando gli atomi <strong>di</strong> una specie si inseriscono nei siti interstiziali del<br />
cristallo primitivo. I modelli bi<strong>di</strong>mensionali dei due tipi <strong>di</strong> soluzione sono riprodotti<br />
nella fig.6.<br />
SOLUZIONI SOLIDE PER INTRUSIONE<br />
Abbiamo visto che i raggi dei siti interstiziali sono dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> qualche decimo<br />
dei raggi degli atomi del reticolo <strong>di</strong> base. Potranno quin<strong>di</strong> entrare in soluzione<br />
interstiziale solo atomi <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni come l'idrogeno e gli atomi degli<br />
elementi del secondo periodo del sistema perio<strong>di</strong>co.<br />
atomo H O N C B<br />
raggio atomico (in Å ) 0,30 0,66 0,71 0,77 0,87<br />
Per poter valutare l'estensione delle soluzioni solide interstiziali occorre<br />
conoscere le <strong>di</strong>mensioni dei siti. Si considerino i seguenti esempi :<br />
αFe , struttura cubica a corpo centrato , a = 2,866 Å<br />
raggio del sito ottaedrico = 0,067a = 0,192 Å<br />
raggio del sito tetraedrico = 0,127a = 0,364 Å<br />
γFe , struttura cubica a facce centrate , a = 3,646 Å<br />
raggio del sito ottaedrico = 0,147a = 0,536 Å<br />
Pb , struttura cubica a facce centrate , a = 4,91 Å<br />
raggio del sito ottaedrico = 0,147a = 0,722 Å<br />
53
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Tenuto conto dei raggi atomici dei metalli e della tipologia e dei valori delle<br />
costanti reticolari delle loro celle elementari, i possibili elementi interstiziali hanno<br />
tutti, eccetto l'idrogeno, un raggio atomico più grande <strong>di</strong> quelli dei siti a <strong>di</strong>sposizione.<br />
La loro introduzione provoca quin<strong>di</strong> una deformazione reticolare e si verificherà <strong>di</strong><br />
massima in quei siti per i quali tale deformazione risulta minima. Nelle strutture cfc<br />
ed exc gli atomi interstiziali si collocano nei siti ottaedrici. Nelle strutture ccc - ve<strong>di</strong><br />
figg. 1 e 2 - il problema è più complesso in quanto i siti ottaedrici sono asimmetrici.<br />
Se un atomo interstiziale entra in un sito ottaedrico deve spostare solo i due atomi A<br />
e A' lungo una <strong>di</strong>rezione poco densa mentre, se entra in un sito tetraedrico, deve<br />
spostare quattro atomi lungo <strong>di</strong>rezioni dense. In generale, ad es. C e N nel ferro α<br />
, gli atomi interstiziali entrano nei siti ottaedrici. Di conseguenza la loro solubilità<br />
sarà minore nella struttura ccc che in quella cfc dove i siti sono più gran<strong>di</strong>.<br />
SOLUZIONI SOLIDE SOSTITUZIONALI<br />
Nelle soluzioni solide sostituzionali una parte dei punti reticolari degli atomi del<br />
solvente A sono occupate da atomi B senza che vi sia mo<strong>di</strong>ficazione nella struttura<br />
cristallina <strong>di</strong> A. Si osserva solamente che le costanti reticolari <strong>di</strong> quest'ultimo<br />
variano con la concentrazione <strong>di</strong> B . Gli atomi <strong>di</strong> A e <strong>di</strong> B possono <strong>di</strong>stribuirsi in<br />
modo del tutto casuale oppure dar luogo a una soluzione solida perfettamente<br />
or<strong>di</strong>nata oppure ancora possono originare raggruppamenti delle due specie atomiche<br />
(fig.7).<br />
Fig. 7<br />
Le soluzioni solide possono essere complete quando la sostituzione degli atomi <strong>di</strong><br />
solvente A con atomi <strong>di</strong> soluto B nel reticolo cristallino ha la massima estensione<br />
e si passa quin<strong>di</strong> con continuità dal 100 % <strong>di</strong> atomi A al 100 % <strong>di</strong> atomi B . In<br />
altri casi la sostituzione <strong>di</strong> atomi A con atomi B è solo parziale; è allora possibile<br />
in<strong>di</strong>viduare la composizione della fase solida primaria cui corrisponde la massima<br />
solubilità <strong>di</strong> B in A; questa viene chiamata soluzione solida limite. Si osserva <strong>di</strong><br />
frequente, nel caso <strong>di</strong> miscibilità parziale allo stato solido, che, se il soluto B<br />
sostituisce parzialmente il solvente A, allora anche il soluto A si scioglie<br />
54
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
parzialmente nel solvente B. L'estensione delle due soluzioni solide primarie,<br />
rispettivamente ricche in A e in B, è <strong>di</strong> solito <strong>di</strong>fferente. In ogni caso l'estensione<br />
delle soluzioni solide <strong>di</strong>pende dalla temperatura aumentando con essa in misura,<br />
talvolta, molto significativa.<br />
Per avere un'idea dell'estensione delle soluzioni solide si può fare riferimento ad<br />
alcune regole che definiscono le con<strong>di</strong>zioni necessarie, ma non sufficienti, affinché si<br />
abbiano campi estesi <strong>di</strong> soluzione solida. I due costituenti A e B devono :<br />
- avere la stessa struttura cristallina;<br />
- avere <strong>di</strong>mensioni atomiche che <strong>di</strong>fferiscano <strong>di</strong> poco ( non più del 15 % );<br />
- essere vicini nella scala delle elettronegatività avendo configurazioni elettroniche<br />
- simili.<br />
Si può inoltre tener presente che la solubilità è più forte per un soluto <strong>di</strong> valenza<br />
elevata in un solvente <strong>di</strong> valenza bassa che non viceversa. E' inoltre spesso rispettata<br />
, a temperatura ambiente, la regola della concentrazione elettronica , con quest'ultima<br />
che è definita dal rapporto fra gli elettroni <strong>di</strong> valenza e il numero degli atomi presenti<br />
nella soluzione solida limite.<br />
Consideriamo la solubilità massima, a temperatura ambiente, nel rame degli<br />
elementi che lo seguono nella classificazione perio<strong>di</strong>ca.<br />
elemento Zn Ga Ge As<br />
solubilità ( % at.) nel Cu 38 20 12 7<br />
conc.elettron./ n° atomi 1,38 1,40 1,36 1,3<br />
Nel caso della soluzione solida Cu – Ga, ad es., ogni cento atomi ve ne sono 80 <strong>di</strong><br />
Cu e 20 <strong>di</strong> Ga. Gli elettroni <strong>di</strong> valenza sono : 80 x 1 + 20 x 3 = 140 per cento<br />
atomi. La concentrazione elettronica vale 140/100 = 1,4. Valori simili per la<br />
concentrazione elettronica si possono calcolare anche per le altre soluzioni solide<br />
primarie ricche in rame ; queste vengono usualmente in<strong>di</strong>cate come fasi α.<br />
L'applicazione <strong>di</strong> questa regola presenta qualche <strong>di</strong>fficoltà in quanto, specie per gli<br />
elementi <strong>di</strong> transizione, è <strong>di</strong>fficile precisare il numero degli elettroni <strong>di</strong> valenza.<br />
Quest'ultimo viene spesso identificato con il numero del gruppo nella classificazione<br />
perio<strong>di</strong>ca con la regola empirica che gli elementi dell'ottavo gruppo hanno zero<br />
elettroni <strong>di</strong> valenza.<br />
SOLUZIONI SOLIDE PER SOSTITUZIONE ORDINATE<br />
Supponiamo che gli atomi <strong>di</strong> B siano più piccoli <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> A . In questo caso<br />
la struttura più compatta si realizza solo se gli atomi <strong>di</strong> A e <strong>di</strong> B anzichè <strong>di</strong>sporsi<br />
casualmente si <strong>di</strong>stribuiscono con regolarità in modo che vi sia un alternarsi <strong>di</strong> grosse<br />
sfere e <strong>di</strong> piccole sfere (fig.8). Un tale arrangiamento può verificarsi in modo perfetto<br />
solo se gli atomi <strong>di</strong> A e <strong>di</strong> B sono in un determinato rapporto<br />
stechiometrico, ad es. A3B , AB , AB3. Nell'esempio della figura gli atomi <strong>di</strong> B<br />
sono preferenzialmente circondati da atomi <strong>di</strong> A . Un arrangiamento<br />
55
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
or<strong>di</strong>nato è favorito da una sufficiente <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> elettronegatività <strong>di</strong> A e B<br />
nel senso che, da un punto <strong>di</strong> vista energetico, i legami interatomici AB sono<br />
favoriti rispetto ai legami AA e BB .<br />
Questa con<strong>di</strong>zione si traduce nella relazione<br />
∆H = HAB - 1/2 ( HAA + HBB ) < 0<br />
dove le energie <strong>di</strong> legame H sono negative in quanto il legame fra due atomi<br />
<strong>di</strong>minuisce l'energia potenziale del sistema costituito dai due atomi separati.<br />
Una <strong>di</strong>stribuzione or<strong>di</strong>nata sarà <strong>di</strong>strutta ad alta temperatura in conseguenza <strong>di</strong><br />
fenomeni <strong>di</strong> agitazione termica. Per ogni struttura or<strong>di</strong>nata è possibile stabilire una<br />
temperatura critica Tc, tanto più bassa quanto più piccolo è il valore <strong>di</strong> ∆H , al <strong>di</strong><br />
sopra della quale la struttura or<strong>di</strong>nata sparisce. L'or<strong>di</strong>ne corrisponde a uno stato a<br />
energia minima ( ∆H < 0 ) mentre al <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne corrisponde uno stato <strong>di</strong> entropia<br />
massima. Il prevalere <strong>di</strong> una o dell'altra fra queste due quantità che compaiono<br />
nell'equazione dell'energia libera ∆G = ∆H - T∆S determina gli intervalli <strong>di</strong><br />
temperatura <strong>di</strong> stabilità rispettivamente della soluzione solida or<strong>di</strong>nata e <strong>di</strong> quella<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata. In certi sistemi Tc è così bassa che la soluzione or<strong>di</strong>nata non si può<br />
formare in quanto gli atomi, a basse temperature, non hanno più una mobilità<br />
sufficientemente elevata da far loro assumere un assetto or<strong>di</strong>nato.- E' questo il caso<br />
<strong>di</strong> soluzioni Fe - Ni che hanno Tc 300°C.<br />
Esempi <strong>di</strong> soluzioni solide or<strong>di</strong>nate.<br />
1°) tipo Au - Cu. Come si vede dalla fig. 9 per una composizione equiatomica la<br />
<strong>di</strong>sposizione or<strong>di</strong>nata Au – Cu consiste nell'alternarsi <strong>di</strong><br />
piani (001) <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> Cu e <strong>di</strong> piani (001) <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> Au. La struttura perde<br />
alcuni dei suoi elementi <strong>di</strong> simmetria. Scompaiono, ad<br />
es., i tre assi quaternari tipici del sistema cubico e rimane un solo asse<br />
quaternario tipico del sistema tetragonale. Ogni atomo ha, a contatto, quattro atomi<br />
della sua stessa specie ( ad a√2 /2 ) e otto atomi dell'altra specie sempre alla<br />
<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> a√2 /2. Questa <strong>di</strong>stribuzione or<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong>fferenti<br />
porta a una deformazione della cella che, nel caso della lega "AuCu" , conduce a un<br />
valore del rapporto fra le costanti reticolari pari a c/a = 0,93.<br />
56
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
2°) tipo AuCu3. Come si vede dalla fig.10 gli atomi <strong>di</strong> una specie si trovano ai<br />
vertici del cubo e quelli dell'altra specie al centro delle facce. Questa<br />
<strong>di</strong>stribuzione corrisponde proprio alla composizione stechiometrica AuCu3. Ogni<br />
atomo Au ha a contatto 12 atomi Cu mentre ogni atomo Cu ha a contatto 8<br />
atomi Cu e 4 atomi Au .<br />
Fig. 10<br />
3°) tipo CuZn (ottone β) o tipo CsCl. Questa struttura deriva da un reticolo ccc e<br />
la <strong>di</strong>sposizione or<strong>di</strong>nata - fig.11 - presenta un alternarsi <strong>di</strong> piani Cu e<br />
Zn del tipo (001). Una specie atomica occupa il centro mentre l'altra specie<br />
occupa i vertici. Ogni atomo ha a contatto otto atomi dell'altra specie. Tale<br />
<strong>di</strong>stribuzione si osserva, tra gli altri , nei sistemi Cu - Zn ; Ni -Al ; Fe - Al.<br />
Fig. 11<br />
4°) tipo Fe3Al . Nelle soluzioni ccc Fe - Al si possono immaginare <strong>di</strong>verse<br />
strutture or<strong>di</strong>nate in relazione a <strong>di</strong>fferenti composizioni, ma in pratica sono state<br />
osservate solo quelle corrispondenti alle composizioni FeAl e Fe3Al . La prima è<br />
del tipo dell'ottone β’ mentre nella seconda - Fig.12 - gli atomi <strong>di</strong> Al formano una<br />
cella cfc <strong>di</strong> costante reticolare 2a.<br />
57
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Fig. 12<br />
Strutture or<strong>di</strong>nate esistono anche in altri sistemi cristallini. Nel sistema esagonale<br />
possono assumere un assetto or<strong>di</strong>nato, ad esempio, le soluzioni del tipo MgCd3 ,<br />
MgCd , Mg3Cd .<br />
Tutte le strutture or<strong>di</strong>nate descritte esistono in un intervallo <strong>di</strong> composizione<br />
relativamente esteso attorno alla composizione stechiometrica.<br />
LA TRASFORMAZIONE REVERSIBILE ORDINE-DISORDINE<br />
Nella figura 13 è riportata, per una soluzione solida or<strong>di</strong>nata, la variazione del<br />
grado <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne ζ con la temperatura. Si rileva che tale variazione reversibile è<br />
molto forte in prossimità della temperatura critica Tc. L'andamento suggerisce che,<br />
se si vogliono ottenere rapidamente strutture or<strong>di</strong>nate occorre, al raffreddamento,<br />
mantenere la temperatura poco al <strong>di</strong> sotto del valore Tc in quanto, in queste<br />
con<strong>di</strong>zioni, la trasformazione <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne → or<strong>di</strong>ne è praticamente completa e la<br />
temperatura relativamente elevata garantisce della rapi<strong>di</strong>tà della trasformazione.<br />
Quanto alla rapi<strong>di</strong>tà occorre osservare che nel passaggio <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne ↔ or<strong>di</strong>ne gli<br />
atomi devono spostarsi, attraverso processi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione, compiendo percorsi <strong>di</strong><br />
modesta lunghezza.<br />
Fig. 13<br />
Frequentemente le trasformazioni or<strong>di</strong>ne ↔ <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne avvengono anche per<br />
composizioni che si <strong>di</strong>scostano da quelle stechiometriche A3B , AB , AB3 , ecc.. In<br />
questi casi il valore <strong>di</strong> Tc è tanto più basso quanto più ci si scosta dalla<br />
composizione stechiometrica e, in talune con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> temperatura e <strong>di</strong><br />
58
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
composizioni, si possono ottenere soli<strong>di</strong> bifasici, con <strong>di</strong>fferenti composizioni e<br />
costanti reticolari, corrispondenti alla soluzione <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata e alla fase or<strong>di</strong>nata.<br />
La trasformazione <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne → or<strong>di</strong>ne può essere evidenziata attraverso l'analisi<br />
della <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X allorchè è accompagnata da una variazione della<br />
struttura cristallina. La <strong>di</strong>struzione dell'assetto or<strong>di</strong>nato conseguente a un aumento<br />
<strong>di</strong> temperatura può essere evidenziato da misure <strong>di</strong> capacità termica in funzione<br />
della temperatura. Si osserva (Fig.14) un brusco aumento della capacità termica<br />
C in prossimità della temperatura Tc da collegarsi all'energia aggiuntiva<br />
necessaria per rompere l'assetto or<strong>di</strong>nato della struttura.<br />
Il passaggio <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne → or<strong>di</strong>ne è anche accompagnato da un aumento della massa<br />
volumica o densità d; quest'ultima <strong>di</strong>minuisce (Fig.15) all'aumentare della<br />
temperatura in quanto la massa rimane costante e il volume aumenta per<br />
effetto della <strong>di</strong>latazione termica. Il passaggio dall'assetto or<strong>di</strong>nato compatto a<br />
quello <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nato meno compatto, alla temperatura Tc , provoca un'ulteriore<br />
brusca <strong>di</strong>minuzione della densità.<br />
Fig. 14 Fig. 15<br />
Il passaggio or<strong>di</strong>ne → <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne è anche accompagnato da una variazione della<br />
resistività elettrica. Quest'ultima aumenta (Fig.16) con La temperatura in quanto<br />
l'ampiezza delle vibrazioni termiche degli atomi dei conduttori aumenta con la<br />
temperatura contrastando sempre più il fluire degli elettroni. Questa <strong>di</strong>ffusione<br />
delle onde elettroniche è inoltre <strong>di</strong>pendente dal grado <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne della struttura<br />
ed è minore in una struttura or<strong>di</strong>nata. Ciò spiega il brusco aumento della<br />
resistività in prossimità della temperatura Tc. La trasformazione or<strong>di</strong>ne → <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne<br />
comporta una forte variazione <strong>di</strong> alcune caratteristiche meccaniche. A temperature<br />
superiori a Tc è presente una <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata, caratterizzata da buona<br />
duttilità e malleabilità, poco dura (dur.) (Fig.17) e con valore basso del modulo<br />
elastico E.<br />
Fig. 16 Fig. 17<br />
59
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
In queste con<strong>di</strong>zioni, è cioè a caldo, il materiale può essere facilmente lavorato<br />
attraverso deformazioni plastiche. Conclusa questa lavorazione il componente può<br />
essere rafforzato e indurito a seguito <strong>di</strong> una permanenza a una temperatura <strong>di</strong> poco<br />
inferiore a Tc nel corso della quale avviene con rapi<strong>di</strong>tà la trasformazione <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne<br />
→ or<strong>di</strong>ne. Si lavorano pertanto a caldo gli ottoni ( leghe Cu-Zn) che contengono più<br />
del 39 % <strong>di</strong> Zn nei quali è presente la fase "CuZn" o le leghe Au-Cu con 25 % <strong>di</strong><br />
atomi <strong>di</strong> Au nelle quali è presente la fase "AuCu3".<br />
Infine la trasformazione or<strong>di</strong>ne ↔ <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne può avere riflessi sulle proprietà<br />
magnetiche dei materiali. A temperature superiori a Tc il materiale allo stato<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nato è paramagnetico, ma <strong>di</strong>venta ferromagnetico a temperature inferiori a Tc<br />
quando assume l'assetto or<strong>di</strong>nato. Un esempio è dato dalla lega contenente, come<br />
percentuale atomica, 75 % <strong>di</strong> Ni e 25 % <strong>di</strong> Mn che <strong>di</strong>venta ferromagnetica quando<br />
assume la struttura or<strong>di</strong>nata corrispondente alla fase "Ni3Mn".<br />
Un comportamento analogo mostra la lega <strong>di</strong> composizione corrispondente alla<br />
fase "Cu2MnAl" (Fig.18) a proposito della quale si sottolinea che sono possibili<br />
trasformazioni or<strong>di</strong>ne ↔ <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne anche in materiali che contengono più <strong>di</strong> due<br />
specie atomiche. Nel caso specifico, inoltre, l'assetto or<strong>di</strong>nato conferisce al<br />
materiale proprietà ferromagnetiche nonostante che nella composizione non<br />
compaiano atomi degli elementi tipicamente ferromagnetici Fe, Co, Ni .<br />
FASI INTERMEDIE<br />
Fig. 18<br />
Due sostanze che non formano una soluzione solida completa possono dar luogo,<br />
oltre che a soluzioni solide parziali interstiziali o sostituzionali (or<strong>di</strong>nate o<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nate), anche a fasi interme<strong>di</strong>e con struttura cristallina <strong>di</strong>fferente. Queste<br />
possono essere costituite da soluzioni solide interme<strong>di</strong>e, quando presentano latitu<strong>di</strong>ne<br />
<strong>di</strong> composizione, oppure da composti interme<strong>di</strong> quando hanno composizione fissa e i<br />
componenti <strong>di</strong>sposti in modo or<strong>di</strong>nato. Nel caso in cui le due sostanze siano metalli<br />
si parla <strong>di</strong> fasi e <strong>di</strong> composti intermetallici, quando invece uno dei due elementi non è<br />
un metallo si parla <strong>di</strong> composti semimetallici : in questo caso la natura del legame è<br />
prevalentemente covalente o ionica. La possibilità <strong>di</strong> esistenza delle soluzioni solide<br />
60
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
e dei composti sopracitati <strong>di</strong>pende, analogamente a quanto osservato a proposito<br />
delle soluzioni solide primarie, da fattori <strong>di</strong>mensionali, <strong>di</strong> valenza, <strong>di</strong> concentrazione<br />
elettronica, <strong>di</strong> elettronegatività. La temperatura può influenzare notevolmente<br />
l'estensione della loro composizione.<br />
Come esempi <strong>di</strong> fasi interme<strong>di</strong>e si possono citare le fasi <strong>di</strong> Hume-Rothery, i<br />
composti semimetallici, i composti interstiziali.<br />
1) fasi <strong>di</strong> Hume-Rothery o composti elettronici. Si è notato che nei sistemi Cu - Zn ,<br />
Cu - Al , Cu - Sn e nei sistemi analoghi contenenti Ag , le soluzioni solide<br />
interme<strong>di</strong>e CuZn , Cu3Al , Cu5Sn hanno una struttura ccc e una concentrazione<br />
elettronica che vale rispettivamente 1 + 2.1 / 2 = 3/2 ; 3.1 + 1.3 / 4 = 3/2; 5.1 + 1.4 /<br />
6 = 3/2 . A questo tipo <strong>di</strong> fase, caratterizzato da un valore 1,5 della concentrazione<br />
elettronica è stato dato il nome <strong>di</strong> fase β . Si è inoltre osservato che in corrispondenza<br />
<strong>di</strong> tale concentrazione elettronica si possono avere <strong>di</strong>verse strutture cristalline : quella<br />
ccc del CuZn <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata, quella cubica tipo CsCl del CuZn β' or<strong>di</strong>nato, quella<br />
cubica complessa del Mn (es.Ag3Al) e anche infine quella esagonale compatta (es.<br />
AgZn).<br />
Nei tre sistemi Cu - Zn , Cu - Al , Cu - Sn si è inoltre osservato che <strong>di</strong>minuendo<br />
la percentuale <strong>di</strong> rame compaiono altre fasi interme<strong>di</strong>e e precisamente quelle <strong>di</strong><br />
"formula" Cu5Zn8 , Cu9Al4 e Cu31Sn8 con una concentrazione elettronica che vale<br />
rispettivamente 5.1 + 8.2 / 13 = 21/13; 9.1 + 4.3 / 13 = 21/13 ; 31.1 + 8.4 / 39 =<br />
21/13 . Generalmente queste fasi, chiamate fasi γ , hanno una struttura cristallina<br />
cubica complessa con cella elementare molto grande ( nel caso, ad es., <strong>di</strong> Cu5Zn8<br />
essa contiene 52 atomi ).<br />
Si è infine verificato che in alcuni sistemi, ad esempio Cu - Zn , Cu - Sn ,<br />
quando il tenore <strong>di</strong> Cu <strong>di</strong>minuisce ulteriormente si formano fasi tipo CuZn3 e<br />
Cu3Sn caratterizzate da una concentrazione elettronica 1.1 + 3.2 / 4 = 7/4 e 3.1 +<br />
1.4 / 4= 7/4 . Queste fasi hanno una struttura esagonale compatta e vengono in<strong>di</strong>cate<br />
come fasi ε .<br />
61
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Osservazioni <strong>di</strong> questo tipo sono state estese in modo sistematico e si è osservato che<br />
un gran numero <strong>di</strong> composti contenenti metalli <strong>di</strong> transizione sod<strong>di</strong>sfano alle<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Hume-Rothery (ve<strong>di</strong> tabella) purché si attribuisca valenza zero ai<br />
metalli dell'ottavo gruppo. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che questi metalli<br />
hanno il livello energetico d incompleto. Il Ni , ad es., mette in comune con l'altro<br />
componente i suoi due elettroni <strong>di</strong> valenza, ma altrettanti ne assorbe per riempire il<br />
proprio livello 3d : come risultato si ha che il suo contributo elettronico è nullo.<br />
2) composti semimetallici. Si tratta <strong>di</strong> composti fra un metallo e un elemento dei<br />
sottogruppi B (Te , Se , S , As , Sb , Bi , Pb , Si , Sn) la cui stabilità è tanto più<br />
grande quanto più il metallo è elettropositivo e l'elemento B è elettronegativo.<br />
Alcuni <strong>di</strong> questi composti interme<strong>di</strong> hanno composizioni rappresentabili da una<br />
formula AxBy che rispetta le usuali regole della valenza e vengono chiamati<br />
"composti <strong>di</strong> valenza". Il campo <strong>di</strong> esistenza è <strong>di</strong> solito limitato a causa della natura<br />
del legame chimico che non è metallico, ma piuttosto <strong>di</strong>rezionale <strong>di</strong> tipo covalente;<br />
ne derivano proprietà caratteristiche quali durezza elevata, fragilità, forte resistenza a<br />
trazione. Le strutture più tipiche sono tre : NiAs , ZnS e CaF2.<br />
Struttura tipo NiAs. Si tratta <strong>di</strong> una struttura esagonale (fig.19) caratterizzata<br />
dall'alternarsi <strong>di</strong> piani metallici e non metallici. Un gran numero <strong>di</strong> composti fra<br />
62
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
metalli <strong>di</strong> transizione con elementi IIIB , IVB ,VB , VIB appartengono a questa<br />
classe.<br />
Struttura tipo ZnS o ZnO. Entrambi questi composti hanno strutture<br />
tetraedriche (fig. 20) rette da legami covalenti ( legami <strong>di</strong>rezionali a basso grado <strong>di</strong><br />
coor<strong>di</strong>nazione). Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> composti del tipo III-V ,II-VI , I-VII ; ad es. InSb,<br />
GaAs, ZnS, CdS, ZnSe, CdSe, alcuni dei quali hanno proprietà <strong>di</strong> semiconduttori<br />
intrinseci.<br />
Struttura tipo fluorite CaF2. Sono composti del tipo AB2 (fig.21), ad es. Mg2Si ,<br />
Mg2Sn, Mg2Pb con un rapporto elettroni/atomi = 8/3 , oppure composti <strong>di</strong> carattere<br />
più metallico come PtSn2 o AuAl2. Hanno in genere punti <strong>di</strong> fusione elevati. A<br />
<strong>di</strong>fferenza dei composti ionici tipo CaF2 cui assomigliano presentano o elevata<br />
conducibilità elettrica o proprietà <strong>di</strong> semiconduttori.<br />
Composti con elementi interstiziali. Gli atomi <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni come H , B , C ,<br />
N , O entrando in soluzione interstiziale nei metalli possono formare composti che<br />
presentano alcune caratteristiche metalliche come lucentezza e conduttività, ma che<br />
devono essere regolati da strutture covalenti come <strong>di</strong>mostrano l'elevata durezza e<br />
l'alto punto <strong>di</strong> fusione.<br />
sostanza TiC ZrC NbC TaC TiN ZrN NbN TaN<br />
T.fusione °C 3150 3530 3500 3900 2940 2980 2200 3087<br />
Secondo Hagg possono essere classificati in base al rapporto rX/rM fra i raggi<br />
atomici del non metallo X e del metallo M .<br />
1) composti <strong>di</strong> Hagg. : rX/rM < 0,59 : Gli atomi metallici formano un reticolo<br />
compatto cfc o exc . Gli atomi X occupano interstizi ottaedrici e sono a contatto<br />
con tutti gli atomi M vicini. Se gli atomi M formano un reticolo cfc si hanno<br />
composti MX del tipo <strong>di</strong> quelli in<strong>di</strong>cati nella prima tabella. Se invece formano un<br />
reticolo exc si hanno composti M2X del tipo <strong>di</strong> quelli della seconda tabella.<br />
Carburi TiC, ZrC, VC, NbC, UC, TaC<br />
Nitruri TiN, ZrN, VN, NbN, UN, TaN<br />
63
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Ossi<strong>di</strong> TiO, ZrO, VO, NbO, UO<br />
Idruri Ti2H, Ta2H, Zr2H<br />
Nitruri Mn2N, Cr2N, Fe2N<br />
Carburi Ta2C, W2C, Mo2C<br />
Questi composti possono formare fra loro soluzioni solide in quanto gli atomi <strong>di</strong><br />
C , N , O , B possono sostituirsi senza gran<strong>di</strong> variazioni reticolari; si formano così<br />
carbonitruri, ossicarburi, ecc..Si possono avere sostituzioni anche fra gli atomi<br />
metallici; così ZrN e NbN oppure TiC e VC formano soluzioni solide continue.<br />
I composti <strong>di</strong> Hagg possono presentare forti deviazioni dalla composizione<br />
stechiometrica ( ad es. TixC con 0,6 < x < 1 ).<br />
2)-Carburi complessi : rX / rM > 0,59. Quando la regola <strong>di</strong> Hagg non è verificata<br />
la struttura <strong>di</strong>venta più complessa. Fra gli esempi si può citare la cementite, Fe3C,<br />
ortorombica, presene in buona parte delle leghe ferrose nella quale rC / rFe = 0,63<br />
e alcuni carburi presenti in leghe inossidabili o refrattarie del tipo Cr23C6, cubico,<br />
Cr7C3, esagonale , Cr3C2, ortorombico.<br />
64
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
DIFETTI RETICOLARI<br />
La struttura cristallina ideale dei materiali esposta in precedenza si scosta da<br />
quella reale nel senso che in quest'ultima sono presenti <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti che ne<br />
influenzano profondamente il comportamento. Queste imperfezioni possono<br />
interessare un punto del reticolo (<strong>di</strong>fetti puntiformi come vacanze e autointerstiziali) ,<br />
una serie <strong>di</strong> punti reticolari allineati (<strong>di</strong>fetti lineari o <strong>di</strong>slocazioni), una superficie<br />
(<strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> superficie come i bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano o <strong>di</strong> subgrano) un volume (<strong>di</strong>fetti <strong>di</strong><br />
volume come ad es. i <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> impilamento o i geminati).<br />
Per quanto concerne le <strong>di</strong>slocazioni, la loro esistenza, ipotizzata per<br />
giustificare il fatto che la resistenza meccanica dei materiali reali è <strong>di</strong> alcuni<br />
or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> grandezza inferiore a quella calcolabile teoricamente, è stata<br />
confermata attraverso l'osservazione <strong>di</strong>retta al microscopio elettronico.<br />
DIFETTI CRISTALLINI PUNTIFORMI<br />
I <strong>di</strong>fetti cristallini puntiformi sono classificabili in <strong>di</strong>fetti elettronici e atomici. I<br />
<strong>di</strong>fetti elettronici sono sostanzialmente legati al passaggio <strong>di</strong> elettroni dal livello<br />
energetico che loro compete in una determinata banda a uno stato eccitato a maggior<br />
contenuto energetico nell'ambito della stessa banda o <strong>di</strong> un'altra banda. Questo tipo <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fetto è fondamentale per le proprietà dei semiconduttori, ma non verrà ora preso in<br />
considerazione.<br />
I <strong>di</strong>fetti atomici sono interpretabili, sulla base <strong>di</strong> un modello strutturale a sfere,<br />
ricorrendo allo schema <strong>di</strong> fig.1. I <strong>di</strong>fetti 1 e 2 corrispondono ad atomi estranei, più<br />
piccoli e più gran<strong>di</strong> dell'atomo <strong>di</strong> base, presenti in una soluzione solida per<br />
sostituzione. Il <strong>di</strong>fetto 3 è costituito da un atomo estraneo in posizione interstiziale<br />
e, come i due precedenti, è già stato considerato nel capitolo delle soluzioni<br />
solide. Il <strong>di</strong>fetto 4 , chiamato anche <strong>di</strong>fetto Skottky, costituisce invece una lacuna<br />
ovvero una vacanza nel reticolo cristallino mentre l'imperfezione 5 è formata da<br />
Fig.1 un atomo del metallo base posto in posizione interstiziale. Quest'ultimo<br />
<strong>di</strong>fetto viene anche chiamato autointerstiziale per <strong>di</strong>stinguerlo da quello n° 3. La<br />
contemporanea presenza <strong>di</strong> una vacanza e <strong>di</strong> un autointerstiziale (<strong>di</strong>fetti 4 e 5)<br />
costituisce un <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> Frenkel.<br />
Fig. 1<br />
65
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Ci occuperemo ora delle vacanze e degli autointerstiziali precisando che la loro<br />
formazione può essere dovuta a fenomeni <strong>di</strong> agitazione termica, <strong>di</strong> incru<strong>di</strong>mento, <strong>di</strong><br />
irra<strong>di</strong>azione. Il più importante dei due <strong>di</strong>fetti è quello delle vacanze, sia perché è assai<br />
più frequente, sia perché la sua comprensione è in<strong>di</strong>spensabile per l'interpretazione dei<br />
fenomeni <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione nei soli<strong>di</strong>.<br />
Una vacanza in un reticolo può essere rappresentata come una buca. Essa è in<br />
grado <strong>di</strong> muoversi dentro il cristallo in conseguenza del salto <strong>di</strong> un atomo da una<br />
posizione attorno alla buca entro la buca stessa (Fig.2).<br />
Fig. 2<br />
Per effetto dello spostamento della vacanza vi è dunque un movimento, ovvero una<br />
<strong>di</strong>ffusione degli atomi circostanti. Si può immaginare che le vacanze vengano create<br />
dal passaggio <strong>di</strong> atomi dall'interno del cristallo verso la superficie (fig.3) . Questo<br />
passaggio<br />
Fig. 3<br />
richiede un certo lavoro sia per vincere le forze <strong>di</strong> attrazione esercitate sull'atomo che<br />
si muove da parte degli atomi a contatto sia per compiere il passaggio. Questo lavoro è<br />
fornito dalle vibrazioni termiche del reticolo cristallino. Al crescere della temperatura<br />
le vibrazioni termiche <strong>di</strong>ventano più intense ovvero sono in grado <strong>di</strong> fornire a un<br />
maggior numero <strong>di</strong> atomi l'energia sufficiente al loro spostamento. Ad alte<br />
temperature si avranno pertanto molte vacanze che saranno inoltre dotate <strong>di</strong> grande<br />
mobilità; ne consegue che all'aumentare della temperatura aumenta anche rapidamente<br />
la velocità <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione.<br />
Concentrazione <strong>di</strong> equilibrio delle vacanze. La concentrazione <strong>di</strong> equilibrio delle<br />
vacanze può essere rappresentata dalla relazione nv/no = e -Q f /RT dove nv/no è il<br />
rapporto fra il numero <strong>di</strong> vacanze nv e il numero <strong>di</strong> posizioni reticolari no, Qf è<br />
l'energia <strong>di</strong> attivazione, cioè il lavoro richiesto per formare una mole <strong>di</strong> vacanze; R è<br />
la costante dei gas e T è la temperatura assoluta.<br />
66
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Nel caso del Cu l'energia <strong>di</strong> attivazione è <strong>di</strong> circa 83.700 J per mole <strong>di</strong> vacanze.<br />
Ricordando che R vale 8,3 J mole -1 grado -1 , si ha :<br />
nv/no = e - 83.700/8,3T = e -10.000/T .<br />
- Allo zero assoluto è nv/no = e -10.000/0 = 0 , cioè il numero delle vacanze <strong>di</strong> equilibrio<br />
vale zero.<br />
- A 300 K è nv/no = e -10.000/300 = e -33 = 4,45 . 10 -15 ; vi è cioè una vacanza circa ogni<br />
4 milioni <strong>di</strong> miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> posizioni reticolari.<br />
- A 1350 K ( il Cu fonde a 1356 K ) è nv/no = e -10.000/1350 = e -7,40 = 6,1.10 -4 = 10 -3 ;<br />
vi è cioè , in prossimità della temperatura <strong>di</strong> fusione una vacanza ogni mille posizioni<br />
reticolari il che significa, tenuto conto della <strong>di</strong>stribuzione spaziale, che la <strong>di</strong>stanza<br />
me<strong>di</strong>a fra due vacanze è dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 10 <strong>di</strong>stanze interatomiche. A temperatura<br />
ambiente (300 K) nv/no è dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 10 -15 e quin<strong>di</strong> la <strong>di</strong>stanza me<strong>di</strong>a fra le vacanze<br />
è <strong>di</strong> circa 10 5 <strong>di</strong>stanze interatomiche.<br />
Si può, per inciso, osservare che è ora possibile calcolare l’energia <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong><br />
una vacanza. Nel caso del Cu l’energia <strong>di</strong> attivazione si può ricavare ricordando<br />
che 1 eV = 1,6 10 -19 coulomb·volt . Ma è coulomb·volt = joule e quin<strong>di</strong> 1 eV = 1,6<br />
.10 -19 joule. Dalla proporzione<br />
1 : 1,6.10 -19 = x : 83.700 / 6,02.10 23 si ricava x = 0,87 eV<br />
Mobilità delle vacanze . Una volta stabilito il rapporto in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> equilibrio fra<br />
vacanze e posizioni occupate occorre precisare quanto tempo è necessario per<br />
conseguire con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> equilibrio. Questo tempo sarà breve alle alte temperature e<br />
lungo alle basse temperature. Ci si propone ora <strong>di</strong> chiarire quale legge regola il<br />
movimento delle vacanze ovvero regola i salti successivi degli atomi dentro le<br />
vacanze.<br />
Un atomo salta in una vacanza solo se possiede un'energia vibrazionale superiore<br />
a un certo valore q .In un sistema <strong>di</strong> atomi vi sarà una certa <strong>di</strong>stribuzione delle<br />
energie e la probabilità P che un atomo possegga tale energia sarà tanto più grande<br />
quanto più elevata è la temperatura e quanto più piccolo è il valore <strong>di</strong> q . Si è trovato<br />
che questa probabilità è proporzionale alla funzione e -q/KT , cioè<br />
P = cost. e -q/KT . A questa funzione dovrà anche essere proporzionale la probabilità<br />
che si abbia un salto. Si può scrivere che asv = A e -q/KT ovvero, moltiplicando<br />
numeratore e denominatore dell'esponente per il numero <strong>di</strong> Avogadro, asv = A e -Q m /RT<br />
dove asv è il numero <strong>di</strong> salti al secondo nelle vacanze, Qm è un'energia <strong>di</strong> attivazione<br />
in J/mole ed è l'energia necessaria perchè una mole <strong>di</strong> atomi salti nelle vacanze. Il<br />
termine A è una costante che <strong>di</strong>pende dal numero <strong>di</strong> atomi che circondano una<br />
vacanza (quanti più sono tanto più elevata sarà la frequenza dei salti) e dalla velocità e<br />
ampiezza <strong>di</strong> vibrazione degli atomi (quanto più sono elevate tanto maggiore è la<br />
possibilità <strong>di</strong> compiere un salto).<br />
Nel caso del Cu, A vale circa 10 15 e Qm circa 121.300 J/mole.<br />
- A 300 K è asv = 10 15 e -121.300/R300 = 10 15 e -48 = 10 -6 , cioè fra un salto e l'altro passano<br />
circa 10 6 secon<strong>di</strong> cioè circa 11 giorni.<br />
67
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
- A 1350 K è asv = 10 15 e -121.300/R1350 = 3.10 10 salti al secondo; cioè una vacanza<br />
compie in un secondo circa 30 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> spostamenti.<br />
Si è così valutato qual'e il numero <strong>di</strong> salti in una vacanza in un secondo; si può ora<br />
calcolare quanti salti me<strong>di</strong>amente si compiono in un secondo quando in un cristallo<br />
sono presenti un certo numero <strong>di</strong> vacanze <strong>di</strong> equilibrio. Questo numero <strong>di</strong> salti è dato<br />
dal prodotto tra il rapporto fra vacanze e posizioni reticolari occupate nv/no per il<br />
numero <strong>di</strong><br />
salti per secondo in una vacanza asv ; è aSA = nv/no . A e -Qm /RT dove aSA è il<br />
numero dei salti atomici per secondo ; ma è nv/no = e -Qf/RT da cui si ha : aSA = A .<br />
e -(Qf +Qm)/RT ; cioè la velocità con la quale gli atomi si muovono <strong>di</strong>pende sia dal lavoro<br />
necessario per formare una mole <strong>di</strong> vacanze ( Qf ) che dal lavoro necessario per<br />
portare una mole <strong>di</strong> atomi nelle vacanze (Qm ).<br />
Riassumendo per il caso del rame, si è visto che il rapporto fra vacanze e posizioni<br />
reticolari a 1350 K è <strong>di</strong> 1 a mille mentre a 300 K è <strong>di</strong> 1 a 4,5 10 15 con un fattore<br />
<strong>di</strong> decremento <strong>di</strong> circa 10 12 . Nello stesso intervallo termico il numero <strong>di</strong> salti al<br />
secondo varia da 3.10 10 a circa 10 -6 con un fattore <strong>di</strong> decremento <strong>di</strong> 10 16 . Ne<br />
consegue che fra la temperatura prossima a quella <strong>di</strong> fusione e la temperatura<br />
ambiente la velocità me<strong>di</strong>a del movimento atomico <strong>di</strong>minuisce <strong>di</strong> un fattore <strong>di</strong> 10 -28 .<br />
Ovvero a 1350 K le vacanze nel rame sono <strong>di</strong>stanti l'una dall'altra <strong>di</strong> 10 <strong>di</strong>stanze<br />
interatomiche e gli atomi saltano in queste vacanze al ritmo <strong>di</strong> circa 30 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
salti al secondo mentre a 300 K le vacanze sono tra loro <strong>di</strong>stanti 100.000 posizioni<br />
reticolari e gli atomi vi saltano dentro al ritmo <strong>di</strong> un salto ogni 11 giorni. Si può<br />
concludere che nel rame , a temperatura ambiente, non possono variare quelle<br />
proprietà che sono legate a processi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione. Ciò non è ugualmente vero per tutti<br />
i metalli. Nel caso del Pb , ad esempio, le vacanze a temperatura ambiente sono fra<br />
loro <strong>di</strong>stanti solo 100 posizioni reticolari e si spostano 22 volte in un secondo (<br />
contro le 10 -6 volte/sec del Cu ). Nel piombo, già a temperatura ambiente, possono<br />
verificarsi, a seguito <strong>di</strong> processi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione, variazioni <strong>di</strong> alcune proprietà.<br />
ALTRI DIFETTI PUNTIFORMI<br />
Un altro <strong>di</strong>fetto puntiforme è costituito da un atomo in posizione interstiziale.<br />
Questo atomo può essere <strong>di</strong>fferente rispetto agli atomi del reticolo base ( e darà allora<br />
origine a una soluzione solida interstiziale) oppure può essere uguale. Delle soluzioni<br />
solide interstiziali ci siamo già occupati. Il numero <strong>di</strong> atomi uguali interstiziali, detti<br />
anche autointerstiziali, non è <strong>di</strong> solito elevato, ma può <strong>di</strong>ventare relativamente<br />
importante quando un materiale viene sottoposto a determinate ra<strong>di</strong>azioni. Ad esempio<br />
l’urto <strong>di</strong> un solo neutrone veloce può provocare l’allontanamento dalle posizioni<br />
reticolari regolari <strong>di</strong> circa 100 – 200 atomi con la conseguente formazione dello<br />
stesso numero <strong>di</strong> autointerstiziali e <strong>di</strong> vacanze. In assenza <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azioni <strong>di</strong> questo tipo<br />
il fenomeno è raro in quanto provoca una <strong>di</strong>storsione reticolare molto forte e richiede<br />
68
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
un gran consumo <strong>di</strong> energia. Per la formazione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> questo tipo nel Cu<br />
occorrono infatti circa 3,5 eV, cioè molto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto è necessario per formare<br />
una vacanza ( 0,87 eV ). Una semplice spiegazione <strong>di</strong> questo fatto può essere data<br />
considerando che la creazione <strong>di</strong> un atomo autointerstiziale richiede un duplice lavoro<br />
: quello per la formazione della vacanza e quello <strong>di</strong> intrusione vero e proprio.<br />
Un altro tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto è chiamato <strong>di</strong>vacanza e si verifica quando una coppia <strong>di</strong><br />
vacanze interagiscono per formare un unico <strong>di</strong>fetto puntiforme. L’energia <strong>di</strong><br />
formazione <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto è nel rame <strong>di</strong> 1,4 eV. L’energia <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong><br />
una <strong>di</strong>vacanza è inferiore all’energia <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> due vacanze isolate. Vi sono<br />
infatti meno legami da rompere per formare una seconda vacanza accanto alla prima<br />
che non per formarla isolatamente. In un metallo vacanze e <strong>di</strong>vacanze possono<br />
coesistere in equilibrio e il loro rapporto quantitativo è dato da una relazione del tipo<br />
ndv/nv = 1,2 Z e -q dv /KT dove ndv è il numero delle <strong>di</strong>vacanze, nv quello delle vacanze,<br />
Z è il numero <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nazione e qdv è l’energia legata a una <strong>di</strong>vacanza.<br />
La concentrazione dei versi tipi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti reticolari puntiformi nel rame è riporta<br />
nella tabella.<br />
Difetto 300 K 1350 K<br />
vacanze 10 -15 10 -3<br />
autointerstiziali 10 -65 10 -15<br />
<strong>di</strong>vacanze 10 -20 10 -5<br />
69
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
DISLOCAZIONI<br />
Premessa : alcuni dati sperimentali<br />
Il magnesio cristallizza nel sistema esagonale compatto; il suo piano <strong>di</strong> base è<br />
quello a più forte densità atomica. Quando un monocristallo <strong>di</strong> magnesio, dopo essere<br />
stato orientato in modo che il piano <strong>di</strong> base risulti inclinato <strong>di</strong> 45° rispetto alla<br />
<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> applicazione del carico, viene sottoposto a una prova a trazione si ottiene<br />
una curva carico-allungamento del tipo in<strong>di</strong>cato in figura 1. L'esame della Figura<br />
permette <strong>di</strong> rilevare che è sufficiente un carico modesto, dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 0,7 MPa,<br />
perché abbia inizio la deformazione plastica.<br />
Fig.1<br />
Conoscendo il valore delle forze <strong>di</strong> coesione fra gli atomi <strong>di</strong> magnesio in<br />
un cristallo perfetto è d'altro canto possibile valutare quale carico debba essere<br />
applicato a questo cristallo affinché possano iniziare fenomeni <strong>di</strong> deformazione<br />
plastica. Tale calcolo ha portato, nel caso del magnesio, al valore <strong>di</strong> 8750 MPa.<br />
Il rapporto fra il carico teorico che deve essere applicato affinchè abbia inizio la<br />
deformazione plastica e il carico osservato sperimentalmente vale perciò circa 8750 /<br />
0,7 = 12.500. Ciò significa che, rispetto a quanto teoricamente preve<strong>di</strong>bile, un cristallo<br />
reale <strong>di</strong> magnesio si deforma plasticamente per carichi che sono 12.500 volte più<br />
piccoli.<br />
Un'altra osservazione sperimentale può essere effettuata esaminando,<br />
opportunamente ingran<strong>di</strong>ta, la superficie del cristallo deformato. Nella fig. 2<br />
Fig. 2<br />
70
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
è schematicamente riprodotta la vista <strong>di</strong> fianco e <strong>di</strong> fronte del cristallo. Si osservano<br />
tracce a forma <strong>di</strong> ellisse che corrono attorno al campione e, in corrispondenza <strong>di</strong><br />
queste, una serie <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>ni che testimoniano come il carico applicato abbia sud<strong>di</strong>viso<br />
il cristallo in un certo numero <strong>di</strong> strati paralleli indeformati. Si può ancora osservare<br />
che tale sud<strong>di</strong>visione si è verificata su piani <strong>di</strong>sposti a 45° rispetto alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />
applicazione del carico, cioè in corrispondenza dei piani <strong>di</strong> base che hanno la<br />
massima densità atomica. Questo tipo <strong>di</strong> deformazione viene chiamato scorrimento, le<br />
tracce superficiali e i relativi piani cristallografici vengono chiamati linee <strong>di</strong><br />
scorrimento e piani <strong>di</strong> scorrimento (Fig.3).<br />
Fig. 3<br />
Il fatto che i cristalli reali si comportino in modo assai <strong>di</strong>verso da quanto<br />
teoricamente preve<strong>di</strong>bile può essere spiegato ammettendo che essi siano ben lontani<br />
dalla perfezione e che contengano <strong>di</strong>fetti reticolari.<br />
L'effettiva presenza <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>fetti può essere visualizzata ricorrendo al<br />
microscopio elettronico a trasmissione i cui fotogrammi rivelano, anche nel caso <strong>di</strong> un<br />
metallo puro, la presenza <strong>di</strong> linee fortemente contrastate rispetto alla matrice<br />
circostante. Questa osservazione sta a in<strong>di</strong>care l'esistenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti nella struttura<br />
cristallina. Se un cristallo ha subito scorrimento si può inoltre rilevare che queste<br />
imperfezioni tendono a concentrarsi lungo i piani <strong>di</strong> scorrimento. Questi <strong>di</strong>fetti<br />
vengono chiamati <strong>di</strong>slocazioni e possono essere resi evidenti anche ricorrendo a<br />
reattivi chimici i quali in genere attaccano preferenzialmente i punti <strong>di</strong> intersezione fra<br />
questi <strong>di</strong>fetti e la superficie attaccata.<br />
Dislocazioni a spigolo.<br />
Supponiamo che la Fig. 4 rappresenti la sezione <strong>di</strong> un cristallo cubico le cui<br />
superfici superiore e inferiore siano sottoposte a una sollecitazione τ e nel quale la<br />
linea MN in<strong>di</strong>chi la traccia <strong>di</strong> un possibile piano <strong>di</strong> scorrimento. Supponiamo<br />
che, in conseguenza della applicazione della sollecitazione, i piani cristallografici<br />
assumano la <strong>di</strong>sposizione in<strong>di</strong>cata nella Fig.5, cioè che la parte superiore destra si<br />
sia spostata <strong>di</strong> una <strong>di</strong>stanza interatomica verso sinistra. Nella figura compare la<br />
traccia <strong>di</strong> un mezzo piano verticale ab sopra il piano <strong>di</strong> scorrimento e, sulla destra,<br />
71
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
la traccia, sotto il piano <strong>di</strong> scorrimento, <strong>di</strong> un mezzo piano verticale cd.<br />
Fig. 4 Fig. 5<br />
Il reticolo risulta fortemente <strong>di</strong>storto all'intersezione fra il mezzo piano ab e il piano<br />
<strong>di</strong> scorrimento. Lo stesso fenomeno è rappresentato tri<strong>di</strong>mensionalmente nella fig.<br />
6: il bordo inferiore del piano ab viene chiamato <strong>di</strong>slocazione a spigolo; questa<br />
attraversa il cristallo in tutta la sua profon<strong>di</strong>tà e delimita, nel piano <strong>di</strong> scorrimento la<br />
porzione del piano che è stata deformata (zona tratteggiata) da quella che non ha<br />
subito deformazione.<br />
Fig. 6<br />
Se al cristallo viene applicato un sufficiente carico <strong>di</strong> taglio una <strong>di</strong>slocazione<br />
iniziale può muoversi secondo quanto in<strong>di</strong>cato dalle figg. 7 e 8, lungo il piano <strong>di</strong><br />
scorrimento con il risultato finale <strong>di</strong> allungare il cristallo <strong>di</strong> una <strong>di</strong>stanza atomica.<br />
Fig. 7<br />
72
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Fig. 8<br />
Lo spostamento della <strong>di</strong>slocazione richiede solo un piccolo riassestamento degli atomi<br />
in vicinanza del piano extra e necessiterà pertanto solo <strong>di</strong> una modesta sollecitazione.<br />
Tale forza è stata calcolata ed è risultata dello stesso or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza <strong>di</strong> quella<br />
necessaria a deformare i cristalli reali. Molte migliaia <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni possono<br />
contemporaneamente muoversi nello stesso senso lungo il piano <strong>di</strong> scorrimento<br />
sommando i propri effetti e producendo infine sulla superficie del cristallo una linea <strong>di</strong><br />
scorrimento visibile.<br />
Si è finora parlato <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni a spigolo con un semipiano in eccesso sopra il<br />
piano <strong>di</strong> scorrimento; ve ne sono altre che hanno un semipiano in eccesso al <strong>di</strong> sotto<br />
del piano <strong>di</strong> scorrimento; per convenzione le prime si chiamano <strong>di</strong>slocazioni a spigolo<br />
positive e le si in<strong>di</strong>ca con il simbolo I, mentre le seconde si chiamano <strong>di</strong>slocazioni a<br />
spigolo negative e le si in<strong>di</strong>ca con il simbolo T. Nei due casi il tratto orizzontale<br />
rappresenta il piano <strong>di</strong> scorrimento e quello verticale il piano incompleto. In una<br />
<strong>di</strong>slocazione a spigolo positiva la parte del cristallo che si trova sopra il piano <strong>di</strong><br />
scorrimento è in uno stato <strong>di</strong> compressione mentre quella che si trova al <strong>di</strong> sotto è in<br />
uno stato <strong>di</strong> tensione ; l'opposto si verifica nel caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni a spigolo negative -<br />
fig. 9 -.<br />
Fig. 9<br />
Ciò significa che in una regione del reticolo gli atomi sono più fitti e nell'altra più<br />
<strong>di</strong>spersi. La perturbazione è sensibile fino a <strong>di</strong>stanze dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> venti piani<br />
reticolari.<br />
73
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Vettore <strong>di</strong> Burgers <strong>di</strong> una <strong>di</strong>slocazione a spigolo.<br />
Pren<strong>di</strong>amo in esame la fig. 10 nella quale è rappresentata la sezione <strong>di</strong> un<br />
cristallo perfetto e <strong>di</strong> un cristallo contenente una <strong>di</strong>slocazione a spigolo. In<br />
entrambi gli schemi è tracciato un circuito antiorario che, nel caso del cristallo<br />
perfetto, ha il punto iniziale coincidente con quello finale, mentre, nell’altro caso,<br />
ciò non si verifica.<br />
Fig. 10<br />
Il vettore b che unisce il punto iniziale con quello finale viene chiamato vettore <strong>di</strong><br />
Burgers della <strong>di</strong>slocazione. Secondo questa definizione in una <strong>di</strong>slocazione a spigolo<br />
la <strong>di</strong>slocazione è perpen<strong>di</strong>colare al suo vettore <strong>di</strong> Burgers e si muove, nel suo piano<br />
<strong>di</strong> scorrimento, nella <strong>di</strong>rezione del vettore <strong>di</strong> Burgers. Sotto un carico <strong>di</strong> taglio<br />
una <strong>di</strong>slocazione a spigolo positiva si muove verso sinistra. La lunghezza del vettore<br />
<strong>di</strong> Burgers è <strong>di</strong> solito uguale alla <strong>di</strong>stanza fra due piani paralleli del reticolo (<strong>di</strong>stanza<br />
unitaria). Il suo modulo può assumere solo valori <strong>di</strong>screti determinati dalla struttura<br />
cristallina. Esistono anche <strong>di</strong>slocazioni con b maggiore della <strong>di</strong>stanza unitaria, ma<br />
sono instabili e tendono a decomporsi in due o più <strong>di</strong>slocazioni unitarie.<br />
Dislocazioni a vite.<br />
Nella fig.11 è schematizzata una <strong>di</strong>slocazione a vite. La parte superiore anteriore<br />
del cristallo è stata spostata <strong>di</strong> una <strong>di</strong>stanza atomica verso sinistra rispetto alla parte<br />
inferiore anteriore. L'area ABCD rappresenta la zona del piano <strong>di</strong> scorrimento che è<br />
stata spostata e la linea CD è la linea <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione. Immaginando <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>videre il<br />
cristallo in tanti cubetti ciascuno dei quali rappresenta un atomo si ha la fig. 12.<br />
Fig. 11 Fig. 12<br />
74
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Se, partendo dall'atomo a, ci si muove nel senso delle frecce, si vede che la prima<br />
spirale è compiuta quando si giunge all'atomo b e l'ultima è compiuta quando si<br />
giunge all'atomo c. Si vede così che i piani reticolari avvolgono a spirale - come una<br />
vite - la linea <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione. Anche in questo caso la linea CD <strong>di</strong> fig.11 separa la<br />
parte del piano <strong>di</strong> scorrimento che ha subito scorrimento da quella che non lo ha<br />
subito.<br />
Le <strong>di</strong>slocazioni a vite si <strong>di</strong>stinguono in destrogire e levogire a seconda che i<br />
piani reticolari avvolgano a spirale la linea <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione con verso destrogiro o<br />
levogiro. Per effetto <strong>di</strong> un egual carico <strong>di</strong> taglio le <strong>di</strong>slocazioni destrogire si<br />
muovono in avanti e quelle levogire all'in<strong>di</strong>etro provocando nel reticolo la stessa<br />
deformazione (ve<strong>di</strong> fig. 13).<br />
Fig. 13<br />
Si noti che un uguale deformazione era stata provocata, nel paragrafo<br />
precedente, dal movimento <strong>di</strong> una <strong>di</strong>slocazione a spigolo positiva o negativa.<br />
Vettore <strong>di</strong> Burgers <strong>di</strong> una <strong>di</strong>slocazione a vite.<br />
Nella fig.14 è mostrato un circuito in un cristallo perfetto e in un cristallo con<br />
una <strong>di</strong>slocazione a vite. In questo secondo caso il punto <strong>di</strong> partenza non coincide<br />
con quello <strong>di</strong> arrivo. Il vettore b che unisce i due punti si chiama vettore <strong>di</strong><br />
Burgers della <strong>di</strong>slocazione. A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto avviene per le <strong>di</strong>slocazioni a<br />
spigolo, una <strong>di</strong>slocazione a vite è parallela al suo vettore <strong>di</strong> Burgers e si muove, nel<br />
suo piano <strong>di</strong> scorrimento, in una <strong>di</strong>rezione perpen<strong>di</strong>colare al vettore <strong>di</strong> Burgers. In<br />
ogni caso un piano <strong>di</strong> scorrimento è quello che contiene sia la <strong>di</strong>slocazione che il<br />
suo vettore <strong>di</strong> Burgers.<br />
Fig. 14<br />
75
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Dislocazioni complesse.<br />
Secondo gli schemi precedenti le <strong>di</strong>slocazioni attraversano tutto il cristallo in<br />
linea retta. In realtà è possibile che, come si vede dalla fig. 15, il piano extra non<br />
attraversi tutto il cristallo , ma risulti per così <strong>di</strong>re bloccato dalla presenza <strong>di</strong> una<br />
seconda <strong>di</strong>slocazione a spigolo. I segmenti a e b formano una linea continua <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>slocazione che attraversa il cristallo dalla superficie anteriore a quella superiore.<br />
Fig. 15<br />
Una situazione analoga si può verificare fra una <strong>di</strong>slocazione a vite e una a<br />
spigolo. Nelle due figure 16 e 17 è schematizzato l'incontro fra una <strong>di</strong>slocazione a<br />
vite e una a spigolo.<br />
Fig. 16 Fig. 17<br />
Nella fig. 17 i circoletti rappresentano atomi situati subito sopra al piano <strong>di</strong><br />
scorrimento e i puntini atomi subito al <strong>di</strong> sotto del piano <strong>di</strong> scorrimento. Si può<br />
rilevare come il reticolo sia perfetto anche all'interno del quarto inferiore destro<br />
della figura in corrispondenza del quale si vede come gli atomi del piano superiore<br />
e quelli del piano inferiore siano nuovamente allineati. La <strong>di</strong>storsione reticolare è<br />
quin<strong>di</strong> particolarmente localizzata lungo la linea <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione.<br />
Una <strong>di</strong>slocazione non deve infine essere sempre del tutto a vite o del tutto a<br />
spigolo, ma può avere una orientazione interme<strong>di</strong>a alle due, il che implica che le<br />
<strong>di</strong>slocazioni possono avere un andamento curvilineo come quello mostrato nella<br />
fig. 18 ; si può notare che anche in questo caso al <strong>di</strong> sotto e al <strong>di</strong> sopra della linea <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>slocazione gli atomi del piano superiore e quelli del piano inferiore si trovano in<br />
posizioni coincidenti e la <strong>di</strong>storsione reticolare è ancora confinata lungo la linea <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>slocazione. La stessa <strong>di</strong>slocazione curvilinea è rappresentata tri<strong>di</strong>mensionalmente<br />
nella fig. 19 dove sono messe in evidenza la <strong>di</strong>slocazione a spigolo sul davanti del<br />
cristallo e quella a vite posta lateralmente.<br />
76
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Fig. 18 Fig. 19<br />
Un segmento comunque orientato <strong>di</strong> una linea <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione non rettilinea può<br />
sempre essere considerato come composto da due <strong>di</strong>slocazioni: una a spigolo con<br />
b perpen<strong>di</strong>colare alla linea e una a vite con b parallelo alla linea.<br />
Origine e moltiplicazione delle <strong>di</strong>slocazioni<br />
Si definisce come densità <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni la lunghezza complessiva <strong>di</strong> tutte le<br />
linee <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione nell'unità <strong>di</strong> volume. Le sue <strong>di</strong>mensioni sono perciò<br />
cm/cm 3 = cm -2 .<br />
Il dato sperimentale che cristalli accuratamente preparati dal fuso e<br />
completamente ricotti contengono una densità <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni <strong>di</strong> 10 6 - 10 8 cm -2 e<br />
che cristalli incru<strong>di</strong>ti possono raggiungere una densità <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni <strong>di</strong> 10 12 cm -2<br />
pone il duplice problema dell'origine e della moltiplicazione delle <strong>di</strong>slocazioni. Per<br />
quanto concerne l'origine delle <strong>di</strong>slocazioni il problema non può ancora ritenersi<br />
del tutto risolto sebbene vada sempre più prendendo consistenza l'ipotesi che esse<br />
si formino con l'aiuto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti reticolari legati alla presenza <strong>di</strong> impurezze. Si<br />
tratterebbe dunque <strong>di</strong> un fenomeno <strong>di</strong> nucleazione eterogenea. Un'altra ipotesi è<br />
che le <strong>di</strong>slocazioni si formino durante la crescita dei cristalli me<strong>di</strong>ante<br />
combinazioni <strong>di</strong> vacanze.<br />
Al contrario il problema della moltiplicazione delle <strong>di</strong>slocazioni è stato risolto<br />
in modo sod<strong>di</strong>sfacente secondo un meccanismo proposto da Frank e Read. Nella<br />
77
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
fig.20 è rappresentato un cristallo cubico contenente tre <strong>di</strong>slocazioni a spigolo,<br />
contrassegnate con i numeri 1, 2, 3 , e sottoposto a una sollecitazione <strong>di</strong> taglio τ.<br />
Fig. 20<br />
Se la <strong>di</strong>slocazione 2 è, ad es., a spigolo positivo questa sollecitazione tenderà a<br />
spostarla, nel piano <strong>di</strong> scorrimento ABCD, verso sinistra. Le <strong>di</strong>slocazioni 1 e 3<br />
non possono invece muoversi per effetto del carico applicato in quanto la<br />
<strong>di</strong>rezione del loro vettore <strong>di</strong> Burgers è perpen<strong>di</strong>colare alla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />
movimento. Ne consegue che i punti estremi della <strong>di</strong>slocazione 2 , che fanno pure<br />
rispettivamente parte delle <strong>di</strong>slocazioni 1 e 3 , risultano bloccati. Se lo sforzo <strong>di</strong><br />
taglio è sufficientemente elevato la <strong>di</strong>slocazione 2 tende allora a incurvarsi.<br />
Questo fenomeno si verifica tutte le volte che una <strong>di</strong>slocazione che si muove nel<br />
piano <strong>di</strong> scorrimento sotto l'azione <strong>di</strong> uno sforzo <strong>di</strong> taglio incontra ostacoli che ne<br />
bloccano il movimento. La sollecitazione necessaria per far incurvare sempre <strong>di</strong><br />
più la <strong>di</strong>slocazione aumenta progressivamente finché essa non assume una forma<br />
semicircolare. Successivamente il raggio <strong>di</strong> curvatura aumenta e la <strong>di</strong>slocazione<br />
tende a espandersi in modo spontaneo. Nella Fig. 21 sono illustrati i <strong>di</strong>versi<br />
sta<strong>di</strong>. La <strong>di</strong>slocazione, quando si trova nella posizione 6, interseca se stessa. I tratti<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione che vengono a contatto sono dello stesso tipo, ma opposti e quin<strong>di</strong><br />
per reazione si annullano.<br />
Fig. 21<br />
La <strong>di</strong>slocazione <strong>di</strong> partenza si <strong>di</strong>vide in due segmenti uno dei quali è circolare e si<br />
allarga verso la superficie del cristallo producendo uno spostamento <strong>di</strong> una<br />
<strong>di</strong>stanza atomica, mentre l'altro si contrae tendendo a ripristinare la <strong>di</strong>slocazione a<br />
spigolo positivo <strong>di</strong> partenza, ritrovandosi così in una posizione adatta a ripetere il<br />
ciclo. In questo modo si possono generare nello stesso piano <strong>di</strong> scorrimento molte<br />
linee <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione dello stesso tipo con il risultato complessivo <strong>di</strong> provocare<br />
spostamenti sufficientemente gran<strong>di</strong> da giustificare l'ampiezza delle linee <strong>di</strong><br />
scorrimento osservabili.<br />
78
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Movimento <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni : scorrimento<br />
I cristalli si deformano plasticamente in conseguenza del movimento delle<br />
<strong>di</strong>slocazioni. Una <strong>di</strong>slocazione si muove, ovvero scorre, sotto l'azione <strong>di</strong> un carico<br />
critico <strong>di</strong> taglio, sul piano <strong>di</strong> scorrimento, dove quest'ultimo è definito dalla linea <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>slocazione e dalla <strong>di</strong>rezione del vettore <strong>di</strong> Burgers. In altre parole affinchè si<br />
abbia deformazione plastica occorre che il carico applicato contenga una<br />
componente <strong>di</strong> taglio <strong>di</strong> valore superiore a un certo valore critico. Il carico critico<br />
<strong>di</strong> taglio è dunque la forza che deve essere applicata perché le <strong>di</strong>slocazioni possano<br />
muoversi provocando una deformazione permanente.<br />
E' <strong>di</strong>fficile determinare in modo <strong>di</strong>retto il carico critico <strong>di</strong> taglio sottoponendo<br />
i provini a sollecitazioni esclusivamente <strong>di</strong> taglio a causa delle <strong>di</strong>fficoltà<br />
sperimentali, mentre è assai facile valutarne la risposta nel corso <strong>di</strong> prove a<br />
trazione. E' poi ovviamente necessario derivare un'equazione che metta in<br />
relazione il carico applicato a trazione con il carico critico <strong>di</strong> taglio nel piano <strong>di</strong><br />
scorrimento e nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> scorrimento. A questo scopo consideriamo un<br />
cristallo cilindrico (fig.22) <strong>di</strong> sezione A, sottoposto, a trazione, a un carico σ nel<br />
quale il piano inclinato tratteggiato corrisponde a un piano <strong>di</strong> scorrimento del<br />
cristallo; m è la perpen<strong>di</strong>colare al piano <strong>di</strong> scorrimento e n è la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />
scorrimento nel piano <strong>di</strong> scorrimento.<br />
Fig. 22<br />
L'angolo fra m e l'asse a trazione è dato da θ e quello fra n e l'asse a trazione è<br />
dato da ϕ. L'area del piano <strong>di</strong> scorrimento, As, è data da: As = A/cosθ dove θ,<br />
essendo l'angolo fra le normali ai due piani As e A è anche l'angolo fra i<br />
due piani. Sul piano <strong>di</strong> scorrimento è applicato un carico σAs dato dalla forza<br />
applicata σ <strong>di</strong>visa per l'area As; è cioè σAs = σ /As = σ /A · cos θ. La<br />
componente <strong>di</strong> questo carico parallela al piano <strong>di</strong> scorrimento, che rappresenta il<br />
carico critico <strong>di</strong> taglio, τ , può essere ottenuta moltiplicando σAs per cosϕ ; è<br />
dunque τ = σAs· cos ϕ = σ /A · cos θ cos ϕ. Se la sezione A è unitaria il termine<br />
σ/A rappresenta l'usuale carico a trazione. Dalla precedente relazione si vede che,<br />
79
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
se il carico assiale applicato è parallelo al piano <strong>di</strong> scorrimento è θ = 90°, cos θ<br />
=0 e quin<strong>di</strong> il carico critico <strong>di</strong> taglio è uguale a zero. Analogamente quando il<br />
carico assiale applicato è perpen<strong>di</strong>colare al piano <strong>di</strong> scorrimento è ϕ = 90°, cosϕ<br />
= 0 e , ancora, τ = 0. Si deduce cioè che non è possibile che si abbia scorrimento in<br />
un dato piano quando esso è parallelo o perpen<strong>di</strong>colare al carico assiale a trazione<br />
applicato. Quando invece sia θ sia ϕ sono uguali a 45° rispetto all'asse a trazione,<br />
cioè quando il piano <strong>di</strong> scorrimento è inclinato <strong>di</strong> 45° rispetto all'asse a trazione,<br />
τ ha il valore massimo e vale 0,5σ; è infatti<br />
cos θ ·cos ϕ = cos 45°·cos 45° = 0,707·0,707 = 0,5<br />
Ciò è stato sperimentalmente verificato, ad es., su monocristalli <strong>di</strong> magnesio con<br />
purezza del 99,99%. I dati relativi al carico <strong>di</strong> snervamento a trazione sono<br />
riportati in Fig. 23 in funzione <strong>di</strong> cos θ · cos ϕ.<br />
Fig. 23<br />
In alcuni metalli ccc il carico critico <strong>di</strong> taglio può anche essere funzione del<br />
tipo <strong>di</strong> carico (a compressione o a trazione) e, più in generale, esso è funzione<br />
anche della purezza del materiale e della temperatura.(Figg. 24 e 25 ).<br />
Fig. 24 Fig. 25<br />
80
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Vi è un altro aspetto della deformazione permanente legato alla presenza <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>slocazioni. Osserviamo al riguardo che cosa succede alle <strong>di</strong>slocazioni quando<br />
viene superato il carico critico <strong>di</strong> taglio. Supponiamo che alle estremità <strong>di</strong> un<br />
cristallo (Fig. 26) vengano applicate forze uguali e parallele <strong>di</strong> grandezza M tali<br />
da superare il limite <strong>di</strong> snervamento. Nella Fig. 27 è mostrata la <strong>di</strong>stribuzione delle<br />
sollecitazioni che varia da un valore massimo a compressione sulla superficie<br />
superiore a zero all'asse neutro a un valore massimo a trazione sulla superficie<br />
inferiore.<br />
Fig. 26 Fig. 27<br />
Nella Fig.28 è riprodotto lo stesso cristallo dove le linee mn e op rappresentano<br />
due piani <strong>di</strong> scorrimento perpen<strong>di</strong>colari al foglio. Associati alla linea mn sono<br />
riprodotti gli stessi carichi <strong>di</strong> prima mentre lungo la op è in<strong>di</strong>cata la componente<br />
del carico <strong>di</strong> taglio (parallela al piano <strong>di</strong> scorrimento). Si vede che il senso del<br />
carico cambia <strong>di</strong> segno nell'attraversare l'asse neutro e che il carico è massimo alle<br />
estremità del piano e nullo all'asse neutro.<br />
Fig. 28<br />
La presenza <strong>di</strong> questi carichi <strong>di</strong> taglio favorisce lo scorrimento delle <strong>di</strong>slocazioni e<br />
la loro moltiplicazione secondo il meccanismo <strong>di</strong> Frank-Read. Si avranno così linee <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>slocazione curve le cui componenti a spigolo positivo si muovono verso la<br />
superficie, mentre quelle a spigolo negativo si muovono verso l'asse neutro<br />
(Fig.29).<br />
81
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Fig. 29<br />
Anche le componenti a vite levogire e destrogire si muovono verso la superficie del<br />
cristallo che si trova al <strong>di</strong> sopra e al <strong>di</strong> sotto del piano della figura. Sia le componenti a<br />
spigolo positivo sia quelle a vite levogire e destrogire giungono sulla superficie e<br />
abbandonano il cristallo, mentre quelle a spigolo negativo rimangono nel cristallo<br />
muovendosi verso l'asse neutro; esse saranno in numero tanto maggiore e tanto più<br />
vicine all'asse neutro quanto più il cristallo sarà stato piegato. Nella Fig.30 la zona<br />
prossima all'asse neutro è rappresentata libera da <strong>di</strong>slocazioni supponendo così che il<br />
carico applicato sia in quella zona tale da provocare solo deformazioni elastiche. Si<br />
osserva anche dalla figura che ciascun semipiano extra si trova sulla sinistra del<br />
proprio piano <strong>di</strong> scorrimento; questi ultimi per adattarsi ai semipiani extra assumono<br />
una curvatura convessa, scendendo dall'alto verso il basso, generando così un cristallo<br />
plasticamente deformato.<br />
Fig. 30<br />
CLIMB (movimento <strong>di</strong> una <strong>di</strong>slocazione a spigolo dal piano <strong>di</strong> scorrimento a un<br />
piano parallelo).<br />
Si è visto in precedenza che le <strong>di</strong>slocazioni possono muoversi in piani <strong>di</strong><br />
scorrimento non curvi provocando spostamenti relativi <strong>di</strong> piani a<strong>di</strong>acenti oppure<br />
possono accumularsi da un lato provocando la curvatura dei piani <strong>di</strong> scorrimento. Si è<br />
anche visto che una <strong>di</strong>slocazione a spigolo può soltanto scorrere nel suo piano <strong>di</strong><br />
scorrimento definito dalla <strong>di</strong>slocazione e dal vettore <strong>di</strong> Burgers a essa perpen<strong>di</strong>colare.<br />
In certi casi una <strong>di</strong>slocazione a spigolo, o la componente a spigolo <strong>di</strong> una <strong>di</strong>slocazione<br />
complessa, può muoversi in una <strong>di</strong>rezione normale al piano <strong>di</strong> scorrimento;<br />
questo movimento viene chiamato climb ( arrampicamento ). Esso può essere positivo<br />
e corrisponde allora alla scomparsa <strong>di</strong> uno o più filari <strong>di</strong> atomi dalla estremità inferiore<br />
del piano extra. Perché ciò sia possibile è necessaria una interazione con le vacanze<br />
presenti in prossimità del piano extra e gli ultimi filari <strong>di</strong> questo stesso piano. Uno<br />
82
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
schema <strong>di</strong> climb positivo è mostrato nella Fig. 31 e il processo avviene come se la<br />
vacanza <strong>di</strong>ffondesse verso il piano extra.<br />
Fig. 31 Fig. 32<br />
Il climb negativo corrisponde all'aggiunta <strong>di</strong> uno o più filari alla estremità inferiore<br />
del piano extra e si realizza attraverso un processo <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> vacanze in<br />
prossimità del piano extra - Fig. 32 -. Il climb positivo comporta rimozione <strong>di</strong> materia<br />
dall'interno del cristallo e ne provoca quin<strong>di</strong> la contrazione in una <strong>di</strong>rezione parallela<br />
al piano <strong>di</strong> scorrimento e sarà perciò favorito da un carico a compressione<br />
perpen<strong>di</strong>colare al piano extra. Inversamente uno sforzo a trazione applicato<br />
perpen<strong>di</strong>colarmente al piano extra favorisce il climb negativo. Mentre lo scorrimento è<br />
una conseguenza <strong>di</strong> una sollecitazione <strong>di</strong> taglio il climb consegue a un carico normale<br />
( a compressione o a trazione ). Il processo <strong>di</strong> climb richiede un movimento <strong>di</strong> vacanze<br />
e questo è favorito dalle alte temperature: esso sarà quin<strong>di</strong> particolarmente attivo in<br />
quei fenomeni, come la ricristallizzazione o lo scorrimento viscoso, che avvengono<br />
a temperature relativamente alte.<br />
Il processo <strong>di</strong> climb avviene in tappe successive in quanto l'interazione fra<br />
vacanze e semipiano extra non avviene in ogni punto nello stesso istante. Ne risulta<br />
che una <strong>di</strong>slocazione può sud<strong>di</strong>vidersi in piani paralleli vicini (Fig.33). La parte <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>slocazione che congiunge due parti <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione situate in piani vicini viene<br />
chiamata jog (tacca).<br />
Fig. 33<br />
83
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Piani, <strong>di</strong>rezioni e sistemi <strong>di</strong> scorrimento.<br />
Si osserva sperimentalmente che non solo lo scorrimento avviene in modo<br />
preferenziale in piani a elevata densità atomica, ma che anche la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />
scorrimento è quasi sempre una <strong>di</strong>rezione compatta, cioè una <strong>di</strong>rezione lungo la quale<br />
gli atomi sono strettamente a contatto fra <strong>di</strong> loro. Così nello schema della Fig. 34,<br />
relativo a un reticolo cubico semplice, la linea AB è una <strong>di</strong>rezione compatta, mentre<br />
non lo è quella CD.<br />
Fig. 34<br />
La <strong>di</strong>stanza fra due atomi lungo la linea AB è data dalla costante reticolare a e quella<br />
lungo la linea CD è data da c dove c = a √2 = a 1,414. a e c sono anche i vettori <strong>di</strong><br />
Burgers <strong>di</strong> una <strong>di</strong>slocazione che si muove lungo le due <strong>di</strong>rezioni. Il movimento <strong>di</strong> una<br />
<strong>di</strong>slocazione provoca al suo passaggio una <strong>di</strong>storsione reticolare cui è connessa una<br />
certa energia <strong>di</strong> deformazione che è funzione del quadrato del vettore <strong>di</strong> Burgers.<br />
L'energia <strong>di</strong> deformazione della <strong>di</strong>slocazione con vettore <strong>di</strong> Burgers c è doppia <strong>di</strong><br />
quella con vettore <strong>di</strong> Burgers a (cioè c 2 = 1,414 2 a 2 , cioè c 2 = 2a 2 ). La minor energia<br />
<strong>di</strong> deformazione connessa con la <strong>di</strong>slocazione con vettore <strong>di</strong> Burgers a rende questo<br />
tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione molto più probabile.<br />
Un sistema <strong>di</strong> scorrimento è definito dalla combinazione fra un piano <strong>di</strong><br />
scorrimento e una delle sue <strong>di</strong>rezioni compatte. Un metallo darà origine a tanti sistemi<br />
<strong>di</strong> scorrimento equivalenti <strong>di</strong> un dato tipo quante sono le possibili combinazioni fra<br />
piani compatti e loro <strong>di</strong>rezioni compatte. In questo caso, sotto un determinato carico,<br />
lo scorrimento inizierà in quel sistema nel quale viene superata la tensione critica <strong>di</strong><br />
taglio. Ove non vi fossero <strong>di</strong>fferenziazioni fra i <strong>di</strong>versi sistemi lo scorrimento avverrà<br />
contemporaneamente in tutti i sistemi <strong>di</strong> scorrimento ugualmente sollecitati.<br />
Sistemi <strong>di</strong> scorrimento nei reticoli cubici a facce centrate. Nel reticolo cfc vi sono<br />
quattro tipi <strong>di</strong> piani compatti, chiamati piani ottaedrici, con in<strong>di</strong>ci (111) (11⎯1) (⎯111)<br />
e (1⎯11), ciascuno dei quali contiene tre <strong>di</strong>rezioni compatte < 110 > (Fig. 35) il che<br />
comporta l'esistenza <strong>di</strong> 3.4 = 12 sistemi <strong>di</strong> scorrimento equivalenti.<br />
84
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Fig. 35<br />
Tale elevato numero <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> scorrimento unito alla loro omogenea <strong>di</strong>stribuzione<br />
spaziale rende praticamente impossibile la deformazione <strong>di</strong> un cristallo cfc senza che<br />
si abbia almeno un piano {111} in posizione favorevole allo scorrimento. I cristalli<br />
cfc deformati plasticamente generalmente scorrono su <strong>di</strong>versi piani ottaedrici che si<br />
intersecano; questa intersezione fa si che per provocare un'ulteriore deformazione si<br />
deve fare aumentare rapidamente il carico applicato (Fig.36). Il materiale si rafforza<br />
cioè per incru<strong>di</strong>mento.<br />
Fig. 36<br />
In alcuni casi, e precisamente quando un piano <strong>di</strong> scorrimento è sollecitato in modo<br />
nettamente più energico rispetto agli altri piani equivalenti, lo scorrimento<br />
avviene, almeno inizialmente, solo in questo piano e la curva carichi - allungamenti<br />
assume l'aspetto riprodotto in Fig. 37.<br />
Fig. 37<br />
Il tratto iniziale a bassa pendenza è chiamato tratto a facile slittamento e in<strong>di</strong>ca che<br />
il rafforzamento per incru<strong>di</strong>mento è minimo quando lo scorrimento avviene in un<br />
unico piano cristallografico. Quando l'allungamento ha raggiunto valori dell'or<strong>di</strong>ne<br />
del 4 - 5 % inizia lo scorrimento multiplo in piani <strong>di</strong> scorrimento equivalenti che<br />
85
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
si intersecano con conseguente rapido aumento del rafforzamento dovuto all'aumento<br />
della densità delle <strong>di</strong>slocazioni. Il tratto finale della curva ha nuovamente una<br />
pendenza meno pronunciata cui corrisponde una velocità <strong>di</strong> incremento della densità<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni all'aumentare dell'allungamento più piccola rispetto a quanto<br />
osservato in precedenza.<br />
I metalli puri cfc hanno bassi carichi critici <strong>di</strong> taglio in grado <strong>di</strong> promuovere<br />
scorrimento nei piani ottaedrici, il che significa che la loro deformazione plastica<br />
inizia per carichi modesti.<br />
metallo cfc carico critico (MPa) metallo cfc carico critico (MPa)<br />
Cu 0,65 Au 0,93<br />
Ag 0,38 Al 1,04<br />
Sistemi <strong>di</strong> scorrimento nelle strutture esagonali. I piani <strong>di</strong> base (001 ) delle<br />
strutture esagonali compatte hanno lo stesso arrangiamento atomico dei piani<br />
ottaedrici del reticolo cfc; le <strong>di</strong>rezioni compatte <strong>di</strong> scorrimento sono del tipo<br />
. Lo scorrimento dovrebbe dunque avvenire con le stesse modalità viste in<br />
precedenza per i cristalli cfc, ma ciò si verifica in realtà soltanto per alcuni <strong>di</strong> essi ,<br />
come Mg , Zn e Cd, per i quali la deformazione plastica per scorrimento nel piano <strong>di</strong><br />
base inizia per carichi dello stesso or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza <strong>di</strong> quello riscontrato nelle<br />
strutture cfc.<br />
metallo exc carico critico (MPa)<br />
Mg 0,70<br />
Zn 0,18<br />
Cd 0,57<br />
In altri metalli esagonali , come Ti e Be , si è osservato che il carico critico<br />
<strong>di</strong> taglio nel piano <strong>di</strong> base è molto più alto (Ti = 110 MPa e Be = 40 MPa) e, nel<br />
caso del Ti, si è anche rilevato che il carico critico relativo alla deformazione<br />
per scorrimento nei piani laterali è <strong>di</strong> soli 50 MPa e che quin<strong>di</strong> si tratta dei piani<br />
preferenziali <strong>di</strong> scorrimento. Anche per lo Zr sembra che il piano preferenziale <strong>di</strong><br />
scorrimento sia lo stesso, anche se il carico critico è più basso : 6,4 MPa. Queste<br />
<strong>di</strong>versità fra metalli exc sembrano legate al valore del rapporto fra le costanti<br />
reticolari c e a che rappresentano rispettivamente la <strong>di</strong>stanza fra due piani <strong>di</strong> base e<br />
la <strong>di</strong>stanza fra gli atomi nel piano <strong>di</strong> base. Se gli atomi fossero esattamente sferici e a<br />
contatto il rapporto c/a varrebbe 1,663 . Esaminando i dati della tabella si vede che il<br />
solo Mg si avvicina al<br />
metallo c/a metallo c/a metallo c/a<br />
Cd 1,886 Zn 1,856 Mg 1,624<br />
Zr 1,590 Ti 1,588 Be 1,586<br />
al valore teorico, mentre Cd e Zn presentano una maggiore separazione fra i piani <strong>di</strong><br />
base e in modo opposto si comportano Zr , Ti , e Be . Si riscontra cioè che i metalli<br />
exc che hanno le più piccole <strong>di</strong>stanze fra i piani <strong>di</strong> base sono quelli che hanno per il<br />
piano <strong>di</strong> base i più alti carichi critici <strong>di</strong> taglio. Nel caso <strong>di</strong> monocristalli <strong>di</strong> Zn , Cd e<br />
Mg, opportunamente orientati rispetto all'asse <strong>di</strong> carico, si possono sviluppare per<br />
scorrimento basale allungamenti dell'or<strong>di</strong>ne del 400 - 500 % in quanto in questo caso<br />
86
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
all'aumentare dell'allungamento non corrisponde un rafforzamento per incru<strong>di</strong>mento.<br />
Ciò si verifica in quanto, essendovi un solo piano compatto <strong>di</strong> scorrimento, non vi può<br />
essere intersezione fra <strong>di</strong>versi piani <strong>di</strong> scorrimento che scorrano simultaneamente.<br />
Questa gran<strong>di</strong>ssima plasticità dei monocristalli non la si ritrova quando si tratti <strong>di</strong><br />
materiali policristallini che presentano una deformazione plastica molto più complessa<br />
in quanto ciascun cristallo deformandosi deve anche adeguarsi alle variazioni <strong>di</strong> forma<br />
dei cristalli che lo circondano.<br />
Sistemi <strong>di</strong> scorrimento in strutture cubiche a corpo centrato. In questi cristalli manca<br />
un piano realmente compatto ; quello più compatto è il piano (110 ) mentre sono<br />
compatte le <strong>di</strong>rezioni . Nella Fig. 38 è schematizzato il piano (110) e in<strong>di</strong>cate<br />
le <strong>di</strong>rezioni compatte [⎯111] e [1⎯11].<br />
La mancanza <strong>di</strong> un vero piano compatto provoca un elevato valore del carico<br />
critico <strong>di</strong> taglio: nel Fe , a temperatura ambiente, è <strong>di</strong> circa 28 MPa. Il piano <strong>di</strong><br />
scorrimento non è in genere ben definito per cui le linee <strong>di</strong> scorrimento risultano<br />
ondulate e irregolari rendendo così <strong>di</strong>fficile la loro identificazione. Sembra che<br />
possa funzionare come piano <strong>di</strong> scorrimento ogni piano che<br />
contiene una <strong>di</strong>rezione compatta .<br />
Fig. 38<br />
Energia <strong>di</strong> una <strong>di</strong>slocazione.<br />
Nel campo del comportamento elastico si chiama modulo elastico o modulo <strong>di</strong><br />
Young , E , il rapporto fra carico normale applicato σ e la deformazione ε<br />
prodotta; è cioè E = σ / ε . Si chiama invece modulo <strong>di</strong> taglio , G , il rapporto fra il<br />
carico <strong>di</strong> taglio o lo sforzo <strong>di</strong> taglio τ e la deformazione γ prodotta ; è cioè G = τ / γ<br />
.<br />
Per creare in un cristallo una <strong>di</strong>slocazione è necessario compiere un lavoro che<br />
viene accumulato nel cristallo sotto forma <strong>di</strong> energia potenziale. Nel caso <strong>di</strong> una<br />
<strong>di</strong>slocazione a vite questa energia vale Ev = G b 2 l dove G è il modulo <strong>di</strong> taglio, b<br />
è il vettore <strong>di</strong> Burgers e l e la lunghezza della <strong>di</strong>slocazione. Nel caso, invece, <strong>di</strong> una<br />
<strong>di</strong>slocazione a spigolo si ha Es = G b 2 l / 1 - ν dove ν è il rapporto tra la<br />
deformazione nella <strong>di</strong>rezione trasversale e quella nella <strong>di</strong>rezione longitu<strong>di</strong>nale; questo<br />
rapporto si chiama rapporto <strong>di</strong> Poisson e , per i materiali metallici, ha un valore<br />
dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 1/3 = 0,33.<br />
Dalle due precedenti relazioni si può ricavare che in ogni caso l'energia <strong>di</strong> una<br />
<strong>di</strong>slocazione è proporzionale alla sua lunghezza e al modulo <strong>di</strong> taglio. L'energia per<br />
87
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
unità <strong>di</strong> lunghezza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>slocazione è inoltre proporzionale a b 2 . Da quest'ultima<br />
constatazione si può dedurre che tendono a formarsi <strong>di</strong>slocazioni con vettore <strong>di</strong><br />
Burgers quanto più piccolo possibile e che quando una <strong>di</strong>slocazione ha vettore <strong>di</strong><br />
Burgers <strong>di</strong> modulo superiore a una <strong>di</strong>stanza interatomica tende a <strong>di</strong>ssociarsi in più<br />
<strong>di</strong>slocazioni, ciascuna con vettore <strong>di</strong> Burgers unitario. Infatti l'energia totale relativa a<br />
due <strong>di</strong>slocazioni unitarie <strong>di</strong>stinte è proporzionale a b 2 + b 2 = 2b 2 , mentre per una<br />
<strong>di</strong>slocazione con vettore <strong>di</strong> Burgers 2b è proporzionale a (2b) 2 = 4b 2 .<br />
Dal confronto fra le due relazioni si vede anche che l'energia <strong>di</strong> una <strong>di</strong>slocazione a<br />
spigolo è <strong>di</strong> circa il 50 % maggiore <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> una <strong>di</strong>slocazione a vite, a parità <strong>di</strong><br />
lunghezza e <strong>di</strong> valore del vettore <strong>di</strong> Burgers.<br />
Nel caso <strong>di</strong> una <strong>di</strong>slocazione mista l'energia può essere calcolata sommando le<br />
energie delle componenti a spigolo e a vite.<br />
Interazioni fra <strong>di</strong>slocazioni.<br />
In un cristallo le <strong>di</strong>slocazioni tendono a interagire in modo tale da ridurre l'energia<br />
totale del reticolo.<br />
Una <strong>di</strong>slocazione a spigolo positiva e una a spigolo negativa che giacciono sullo<br />
stesso piano <strong>di</strong> scorrimento si attraggono eliminando così le rispettive deformazioni e<br />
rendendo perciò localmente il cristallo perfetto (Fig.39).<br />
Fig. 39<br />
Lo stesso fenomeno si verifica quando l'incontro avviene tra una <strong>di</strong>slocazione a vite<br />
levogira e una destrogira. Se invece due <strong>di</strong>slocazioni hanno lo stesso segno e lo stesso<br />
vettore <strong>di</strong> Burgers tendono a respingersi, se infatti si avvicinassero fino a combaciare<br />
per dare una <strong>di</strong>slocazione <strong>di</strong> vettore 2b coinvolgerebbero un'energia proporzionale a<br />
(2b ) 2 = 4b 2 mentre, rimanendo separate, l'energia sarebbe proporzionale a 2b 2 .<br />
Attorno a una <strong>di</strong>slocazione a vite il campo <strong>di</strong> tensioni ha una simmetria cilindrica.<br />
Fra due <strong>di</strong>slocazioni a vite parallele con lo stesso vettore <strong>di</strong> Burgers b e <strong>di</strong>stanti fra<br />
loro d si esercita una forza <strong>di</strong> attrazione o <strong>di</strong> repulsione, a seconda che le <strong>di</strong>slocazioni<br />
siano <strong>di</strong> segno opposto o uguale. Questa forza per ogni unità <strong>di</strong> lunghezza è<br />
<strong>di</strong>rettamente proporzionale al modulo <strong>di</strong> taglio, al quadrato del vettore <strong>di</strong> Burgers e<br />
inversamente proporzionale alla <strong>di</strong>stanza d .<br />
Nel caso <strong>di</strong> due <strong>di</strong>slocazioni a spigolo parallele e con lo stesso vettore <strong>di</strong> Burgers<br />
la forza <strong>di</strong> attrazione o <strong>di</strong> repulsione è ancora inversamente proporzionale alla loro<br />
<strong>di</strong>stanza solo se le due <strong>di</strong>slocazioni sono nello stesso piano <strong>di</strong> scorrimento. Se sono<br />
88
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
invece contenute in piani <strong>di</strong> scorrimento <strong>di</strong>versi tale forza <strong>di</strong>pende anche dall'angolo<br />
formato dal vettore <strong>di</strong> Burgers e dalla congiungente le due <strong>di</strong>slocazioni.<br />
Nel caso che due <strong>di</strong>slocazioni non siano parallele e, a causa <strong>di</strong> un loro spostamento,<br />
giungano a intersecarsi l'interazione porta alla formazione <strong>di</strong> un jog in una o in<br />
entrambe le <strong>di</strong>slocazioni. Le <strong>di</strong>slocazioni contenenti un jog sono meno mobili delle<br />
altre e per il loro spostamento richiedono che si compia un lavoro maggiore rispetto al<br />
caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni rettilinee. Queste interazioni fra <strong>di</strong>slocazioni rendono dunque<br />
necessario uno sforzo progressivamente crescente per continuare a mantenerle in<br />
movimento. Questo fattore è molto importante, contribuendo notevolmente ai<br />
fenomeni <strong>di</strong> incru<strong>di</strong>mento.<br />
Dislocazioni e bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano.<br />
Un campione policristallino accuratamente levigato si presenta perfettamente<br />
uniforme all'esame microscopico. Se viene invece esaminato nelle stesse con<strong>di</strong>zioni<br />
dopo un opportuno attacco chimico mostrerà <strong>di</strong> essere costituito da tanti piccoli<br />
cristalli, me<strong>di</strong>amente <strong>di</strong> grandezza dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> qualche centesimo <strong>di</strong> millimetro.<br />
Ciascun cristallo è separato dai suoi vicini da linee scure : i bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano. In<br />
conseguenza dell'attacco chimico essi sembrano più spessi <strong>di</strong> quanto in realtà non<br />
siano e ciò si verifica in quanto il reattivo <strong>di</strong> attacco corrode più rapidamente quelle<br />
zone che hanno un più elevato contenuto energetico conseguente a un assetto atomico<br />
meno regolare.<br />
Si può, almeno in alcuni casi, verificare che i bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano sono formati da un<br />
insieme <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni. Nella Fig. 40 il bordo <strong>di</strong> grano è costituito dalla linea che<br />
congiunge i punti A e B lungo la quale si susseguono <strong>di</strong>slocazioni a spigolo<br />
positive. Le <strong>di</strong>slocazioni saranno tanto più fitte, lungo questa linea, quanto<br />
maggiore è l'inclinazione della famiglie <strong>di</strong> piani che formano i due cristalli.<br />
Fig. 40<br />
Questa spiegazione è particolarmente valida per i bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano a piccolo angolo, cioè<br />
per quei bor<strong>di</strong> che separano due cristalli ruotati l'uno rispetto all'altro <strong>di</strong> un piccolo<br />
angolo; nel caso invece <strong>di</strong> bor<strong>di</strong> a gran<strong>di</strong> angoli la <strong>di</strong>sposizione delle <strong>di</strong>slocazioni è<br />
molto più complessa e <strong>di</strong> più <strong>di</strong>fficile rappresentazione in quanto le <strong>di</strong>slocazioni<br />
devono avvicinarsi molto perdendo così la loro identità. In questi casi è forse più<br />
89
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
semplice supporre che esista fra le due zone centrali perfette dei due grani una zona <strong>di</strong><br />
transizione nella quale la <strong>di</strong>sposizione degli atomi è relativamente or<strong>di</strong>nata con<br />
una variazione continua <strong>di</strong> orientazione (Fig. 41).<br />
Fig. 41<br />
Un altro aspetto delle interazioni tra <strong>di</strong>slocazioni e bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano concerne il<br />
meccanismo <strong>di</strong> rafforzamento per affinamento del grano. I bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano<br />
costituiscono in molti casi l'unico ostacolo al moto delle <strong>di</strong>slocazioni all'inizio della<br />
deformazione plastica. Se l'obiettivo è quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> un materiale molto<br />
resistente è opportuno che il <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o dei grani, d, sia il più piccolo possibile.<br />
Nella Fig.42 è mostrata la <strong>di</strong>pendenza del carico <strong>di</strong> snervamento σs da d per acciai<br />
dolci. Si rileva la vali<strong>di</strong>tà della relazione <strong>di</strong> Petch σ = σo + kd -1/2 dove σo è la<br />
somma della resistenza intrinseca del reticolo e dei contributi al rafforzamento da<br />
parte degli atomi in soluzione solida, delle <strong>di</strong>slocazioni, dei precipitati; il termine kd -1/2<br />
rappresenta invece il contributo al rafforzamento legato al <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o dei grani.<br />
Fig. 42<br />
Dislocazioni e poligonizzazione .<br />
La poligonizzazione è un fenomeno che si verifica durante la ricottura <strong>di</strong><br />
addolcimento <strong>di</strong> taluni materiali, un processo, quest'ultimo, che segue una<br />
deformazione a freddo. Nella lavorazione a freddo una parte dell'energia consumata<br />
rimane accumulata nel metallo come energia associata alla comparsa <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni<br />
create dalla deformazione. Un materiale fortemente lavorato a freddo ha una densità <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>slocazioni dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 10 12 cm <strong>di</strong> linee <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione per cm 3 , mentre lo stesso<br />
materiale completamente ricotto ne ha circa 10 6 -10 8 . Quando un materiale lavorato<br />
a freddo ritorna nel suo stato originale cede l'energia accumulata: è quanto succede<br />
durante la ricottura. Si tratta <strong>di</strong> un fenomeno complesso che comprende gli sta<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
90
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
recovery, <strong>di</strong> ricristallizzazione e <strong>di</strong> crescita dei grani. Durante la fase <strong>di</strong> recovery viene<br />
ceduta una parte non rilevante dell'energia accumulata e si osserva un ripristino delle<br />
proprietà fisiche e meccaniche del materiale che erano state fortemente influenzate<br />
dalla lavorazione a freddo. Ciò avviene senza che si verifichino sostanziali mutamenti<br />
nella microstruttura.<br />
Il recovery è, a sua volta, un processo complesso che coinvolge <strong>di</strong>versi<br />
meccanismi. Si può ritenere che in alcuni casi esso comporti l'annullamento<br />
dell'eccesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni me<strong>di</strong>ante l'incontro <strong>di</strong> segmenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni <strong>di</strong> segno<br />
opposto (a spigolo positivo e negativo oppure a vite levogira e destrogira) e sarebbe il<br />
meccanismo interessato nei cristalli che hanno subito scorrimento.<br />
Nel caso invece <strong>di</strong> cristalli curvati plasticamente si verifica il processo <strong>di</strong><br />
poligonizzazione. Con l'aiuto dell'analisi me<strong>di</strong>ante raggi X si è potuto provare che i<br />
cristalli curvati si frazionano, durante la poligonizzazione, in un certo numero <strong>di</strong><br />
cristalli non deformati. Un cristallo deformato plasticamente con un eccesso <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>slocazioni a spigolo positive lungo i piani <strong>di</strong> scorrimento è rappresentato<br />
schematicamente nella Fig. 43. Le zone imme<strong>di</strong>atamente al <strong>di</strong> sopra e al <strong>di</strong> sotto dei<br />
piani <strong>di</strong> scorrimento sono rispettiva mente zone ad alta energia <strong>di</strong> deformazione per le<br />
tensioni a compressione e a trazione che vi agiscono. Durante la poligonizzazione le<br />
stesse <strong>di</strong>slocazioni si <strong>di</strong>spongono perpen<strong>di</strong>colarmente ai piani <strong>di</strong> scorrimento (Fig.44)<br />
realizzando in questo modo un parziale annullamento dei campi <strong>di</strong> tensione a<br />
compressione e a trazione , in quanto il campo <strong>di</strong> tensione a trazione sottostante a un<br />
piano <strong>di</strong> scorrimento è parzialmente sovrapposto al campo <strong>di</strong> tensione a compressione<br />
della <strong>di</strong>slocazione sottostante.<br />
Fig. 43 Fig. 44<br />
Una <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni <strong>di</strong> questo tipo sud<strong>di</strong>vide <strong>di</strong> fatto il cristallo <strong>di</strong><br />
partenza in un certo numero <strong>di</strong> cristalli più piccoli <strong>di</strong>visi tra <strong>di</strong> loro da bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano a<br />
piccolo angolo. Questi cristalli più piccoli vengono chiamati subgrani e i bor<strong>di</strong> a basso<br />
angolo che li separano vengono chiamati subbor<strong>di</strong>.<br />
Affinché avvenga la poligonizzazione occorre che le <strong>di</strong>slocazioni possano<br />
muoversi per scorrimento lungo il loro piano <strong>di</strong> scorrimento e in una <strong>di</strong>rezione<br />
perpen<strong>di</strong>colare al piano <strong>di</strong> scorrimento (climb). Esse sono spinte a muoversi<br />
dall'energia accumulata durante la deformazione a freddo ovvero dalla forza prodotta<br />
dal campo <strong>di</strong> tensioni dovuto alle <strong>di</strong>slocazioni che va dunque consumandosi durante la<br />
poligonizzazione. Poiché lo spostamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni normalmente al loro piano <strong>di</strong><br />
91
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
scorrimento <strong>di</strong>pende dal movimento <strong>di</strong> vacanze e quest'ultimo è favorito da un<br />
aumento <strong>di</strong> temperatura si ha che anche la velocità <strong>di</strong> poligonizzazione aumenta con la<br />
temperatura. Un aumento <strong>di</strong> temperatura facilita anche il movimento <strong>di</strong> scorrimento<br />
delle <strong>di</strong>slocazioni come può essere valutato dalla <strong>di</strong>minuzione del carico critico <strong>di</strong><br />
taglio all'aumentare della temperatura (cfr Fig. 25 ).<br />
A proposito dei fenomeni <strong>di</strong> recovery si può ricordare che il movimento <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>slocazioni generate da deformazioni plastiche può iniziare durante la stessa<br />
deformazione. Il processo si chiama allora <strong>di</strong> recovery <strong>di</strong>namico e provoca una certa<br />
tendenza da parte delle <strong>di</strong>slocazioni ad assumere una <strong>di</strong>stribuzione cellulare anche a<br />
basse temperature. A temperature elevate gli effetti del recovery <strong>di</strong>namico <strong>di</strong>ventano<br />
più marcati in quanto in queste con<strong>di</strong>zioni aumenta la mobilità delle <strong>di</strong>slocazioni : la<br />
struttura cellulare a subgrani si forma per deformazioni plastiche anche modeste. I<br />
suoi grani hanno , rispetto ai materiali poligonizzati, <strong>di</strong>mensioni più gran<strong>di</strong> mentre i<br />
subbor<strong>di</strong> <strong>di</strong>ventano più sottili e più netti. Il recovery <strong>di</strong>namico è un fattore importante<br />
nella deformazione dei metalli me<strong>di</strong>ante lavorazioni a caldo. Tale importanza è anche<br />
legata al fatto che il passaggio delle <strong>di</strong>slocazioni dai loro piani <strong>di</strong> scorrimento ai<br />
subbor<strong>di</strong> abbassa l'energia me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> deformazione dovuta alle <strong>di</strong>slocazioni rendendo<br />
più <strong>di</strong>fficile la nucleazione <strong>di</strong> nuove <strong>di</strong>slocazioni che sono necessarie per l'ulteriore<br />
deformazione del materiale. Il recovery <strong>di</strong>namico agisce così nel senso <strong>di</strong> abbassare il<br />
grado <strong>di</strong> incru<strong>di</strong>mento provocato dalla lavorazione.<br />
Dislocazioni e atomi estranei.<br />
Inerazioni fra atomi estranei sostituzionali e <strong>di</strong>slocazioni a spigolo. Si è già visto che<br />
attorno a una <strong>di</strong>slocazione a spigolo, per esempio positivo, il reticolo si trova<br />
sollecitato a compressione al <strong>di</strong> sopra del piano <strong>di</strong> scorrimento e a trazione al <strong>di</strong> sotto<br />
<strong>di</strong> esso. D'altro canto la presenza <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> soluto, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong>verse da quelle<br />
del solvente, provoca una deformazione del reticolo cristallino nel senso che un atomo<br />
<strong>di</strong> soluto più grande provoca un allargamento del reticolo circostante, mentre uno più<br />
piccolo lo fa contrarre. Se sono contemporaneamente presenti <strong>di</strong>slocazioni e atomi<br />
estranei sostituzionali questa deformazione sarà mitigata, nel caso che l'atomo del<br />
solvente sia più grande <strong>di</strong> quello del soluto, quando l'atomo <strong>di</strong> soluto sostituisce un<br />
atomo <strong>di</strong> solvente che si trova al <strong>di</strong> sopra del piano <strong>di</strong> scorrimento dove il cristallo è<br />
sollecitato a compressione.<br />
Inversamente, se l'atomo <strong>di</strong> soluto è più grande <strong>di</strong> quello del solvente, la<br />
deformazione sarà ridotta quando l'atomo <strong>di</strong> soluto sostituisce un atomo <strong>di</strong> solvente<br />
che si trova al <strong>di</strong> sotto del piano <strong>di</strong> scorrimento cioè nella regione sottoposta a trazione<br />
. Il campo <strong>di</strong> tensioni che esiste attorno a una <strong>di</strong>slocazione a spigolo guida pertanto la<br />
collocazione degli atomi estranei sostituzionali in funzione della <strong>di</strong>mensione relativa<br />
degli atomi del solvente e <strong>di</strong> quelli del soluto.<br />
La velocità con cui gli atomi <strong>di</strong> soluto migrano verso le <strong>di</strong>slocazioni è controllata<br />
dalla velocità con cui possono <strong>di</strong>ffondere attraverso il reticolo cristallino che, a sua<br />
volta, è funzione della temperatura. La concentrazione <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> soluto attorno alle<br />
<strong>di</strong>slocazioni sarà dunque favorita da temperature relativamente elevate. Nel caso che<br />
fra gli atomi <strong>di</strong> soluto vi sia una forte attrazione reciproca vi potrà essere, in<br />
92
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
prossimità delle <strong>di</strong>slocazioni, la precipitazione <strong>di</strong> una seconda fase cristallina. In caso<br />
contrario attorno alle <strong>di</strong>slocazioni rimarrà un eccesso <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> soluto che è<br />
conosciuto come atmosfera <strong>di</strong> Cottrell. La consistenza <strong>di</strong> un'atmosfera <strong>di</strong> Cottrell è, a<br />
sua volta, funzione della temperatura nel senso che temperature molto elevate tendono<br />
a incrementare l'entropia del cristallo abbassando la concentrazione del soluto attorno<br />
alle <strong>di</strong>slocazioni a un punto tale che non esistono più attorno a queste ultime atmosfere<br />
<strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> soluto.<br />
Interazioni fra atomi <strong>di</strong> soluto interstiziali e <strong>di</strong>slocazioni a spigolo. L'introduzione <strong>di</strong><br />
un atomo <strong>di</strong> soluto in posizione interstiziale provoca l'espansione del reticolo del<br />
solvente. Se sono presenti <strong>di</strong>slocazioni a spigolo, ad es. positivo, l'atomo interstiziale<br />
andrà a collocarsi al <strong>di</strong> sotto del piano <strong>di</strong> scorrimento ivi attratto dalla tensione a<br />
trazione esistente. In questo modo risulta ridotta la deformazione provocata<br />
dall'intrusione con conseguente <strong>di</strong>minuzione dell'energia <strong>di</strong> deformazione a essa<br />
associata. Attorno a una <strong>di</strong>slocazione a spigolo si forma una atmosfera <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong><br />
soluto interstiziale al <strong>di</strong> sotto dello spigolo.<br />
Quando una <strong>di</strong>slocazione si muove tende a trascinare con sé la propria atmosfera<br />
in conseguenza della non trascurabile interazione fra gli atomi <strong>di</strong> soluto dell’atmosfera<br />
e la <strong>di</strong>slocazione. Il movimento della <strong>di</strong>slocazione è reso così più <strong>di</strong>fficile, ciò che si<br />
traduce in un rafforzamento del materiale. Questo rafforzamento aumenta con la<br />
concentrazione dell’elemento <strong>di</strong>sciolto e raggiunge il suo massimo alla saturazione.<br />
Un esempio caratteristico è dato dalle soluzioni solide <strong>di</strong> Mg in Al ed è mostrato<br />
In Fig. 45. Si vede che nelle leghe la resistenza alla formazione plastica aumenta<br />
all’aumentare del tenore <strong>di</strong> Mg. Valutando inoltre l’influenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti soluti<br />
sciolti in ugual percentuale atomica nello stesso solvente si è visto che la resistenza<br />
alla deformazione plastica aumenta all’aumentare del <strong>di</strong>ametro atomico del soluto.<br />
Fig. 45<br />
Un analogo ostacolo al movimento delle <strong>di</strong>slocazioni si verifica nel caso in cui<br />
l’attrazione fra gli atomi del soluto nell’atmosfera <strong>di</strong> Cottrell sia tale da generare una<br />
seconda fase. Le particelle <strong>di</strong> questa fase sono <strong>di</strong> ostacolo al movimento delle<br />
<strong>di</strong>slocazioni nel solvente. Un possibile meccanismo <strong>di</strong> movimento <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni<br />
attraverso particelle <strong>di</strong> precipitato è stato proposto da Orowan ed è mostrato in Fig. 46.<br />
93
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Fig. 46<br />
In questo caso la <strong>di</strong>slocazione si piega curvandosi fortemente attorno alla particella<br />
<strong>di</strong> precipitato e poi si ricompone al <strong>di</strong> là della particella per continuare il suo cammino<br />
dopo aver lasciato attorno ad essa una curva <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione che aumenta la <strong>di</strong>fficoltà<br />
<strong>di</strong> spostamento della <strong>di</strong>slocazione successiva. Anche in questo caso la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />
movimento significa rafforzamento del materiale. Esso <strong>di</strong>pende più che dalla massa<br />
totale della seconda fase dal numero <strong>di</strong> particelle in cui è sud<strong>di</strong>visa.<br />
Dislocazioni e snervamento.<br />
Molti metalli e leghe, come ad esempio gli acciai a basso tenore <strong>di</strong> carbonio,<br />
presentano, nelle curve carichi-allungamenti, un tratto singolare al termine dello sta<strong>di</strong>o<br />
<strong>di</strong> deformazione elastica. L’andamento <strong>di</strong> una curva <strong>di</strong> questo tipo è mostrato nella<br />
Fig. 47. Dal suo esame si può rilevare come, al crescere della deformazione<br />
dapprima il carico cresca con continuità, poi decresca bruscamente, poi fluttui<br />
attorno a un valore costante e infine cresca nuovamente. Si in<strong>di</strong>viduano sulla<br />
figura il limite <strong>di</strong> snervamento superiore, quello inferiore e l’allungamento che si ha<br />
per quest’ultimo carico definito come allungamento da snervamento.<br />
94
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Fig. 47<br />
Durante la sollecitazione l’insorgere dello snervamento non coinvolge tutto il<br />
provino, ma compare in certe zone dette bande <strong>di</strong> deformazione o bande <strong>di</strong> Lüders la<br />
cui formazione ha inizio nelle zone più sollecitate dei provini ( ad es. i raccor<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
provini piatti per prove <strong>di</strong> trazione) allorché si raggiunge il limite <strong>di</strong> snervamento<br />
superiore (Fig. 48) .<br />
Fig. 48<br />
Subito dopo la formazione delle bande iniziali il carico scende al valore dello<br />
snervamento inferiore. I bor<strong>di</strong> mobili delle bande si propagano poi lungo il provino<br />
provocando l’allungamento da snervamento; il limite inferiore <strong>di</strong> snervamento può<br />
essere inteso come il carico necessario alla propagazione delle bande <strong>di</strong> Lüders.<br />
Durante l’allungamento da snervamento l’andamento della curva carichi-allungamenti<br />
è irregolare per la presenza <strong>di</strong> numerose oscillazioni ciascuna delle quali corrisponde<br />
alla formazione <strong>di</strong> una nuova banda <strong>di</strong> Lüders. Quando l’intero provino risulta coperto<br />
da bande <strong>di</strong> Lüders termina l’allungamento da snervamento e la curva riprende a<br />
salire.<br />
Sperimentalmente si è anche osservato che lo snervamento può essere legato<br />
alla presenza <strong>di</strong> impurezze formate da atomi interstiziali o sostituzionali. Così la<br />
rimozione totale <strong>di</strong> C e N da un acciaio fa sparire il fenomeno dello snervamento e la<br />
curva carichi-allungamenti assume l’aspetto della Fig. 49. Cottrell ha suggerito che il<br />
fenomeno dello snervamento che compare in certi metalli sia legato all’interazione fra<br />
atomi <strong>di</strong> soluto e <strong>di</strong>slocazioni.<br />
Fig. 49<br />
Si è già osservato che attorno alle <strong>di</strong>slocazioni si formano facilmente atmosfere <strong>di</strong><br />
atomi <strong>di</strong> soluto e che queste esercitano un effetto frenante sul movimento delle<br />
<strong>di</strong>slocazioni. Per far muovere una <strong>di</strong>slocazione occorre, oltre al carico richiesto per il<br />
suo spostamento, un carico ad<strong>di</strong>zionale per liberare la <strong>di</strong>slocazione dalla sua<br />
95
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
atmosfera. Il carico complessivo corrisponde al limite superiore <strong>di</strong> snervamento<br />
mentre il limite inferiore <strong>di</strong> snervamento rappresenta il carico necessario a far<br />
muovere le <strong>di</strong>slocazioni che sono state liberate dalle loro atmosfere.<br />
E’ stato ricordato che nel ferro e negli acciai il fenomeno dello snervamento è<br />
dovuto alla presenza <strong>di</strong> C e N in soluzione solida interstiziale. Si può verificare che<br />
basta pochissimo C o N per <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> soluto interstiziale in misura sufficiente a<br />
formare atmosfere attorno alle <strong>di</strong>slocazioni. Sebbene il numero <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> C in una<br />
atmosfera non sia noto con sicurezza si può supporre che sia dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un atomo<br />
<strong>di</strong> C per ogni <strong>di</strong>stanza atomica lungo la <strong>di</strong>slocazione. Secondo questa supposizione<br />
lungo una <strong>di</strong>slocazione <strong>di</strong> 1 cm vi sono 4.10 7 atomi <strong>di</strong> C in quanto un atomo <strong>di</strong><br />
ferro nella struttura ccc ha un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 2,5 A e 1 cm corrisponde a 10 8 A (è<br />
infatti 10 8 / 2,5 = 4.10 7 ). Nel metallo addolcito la densità delle <strong>di</strong>slocazioni è circa <strong>di</strong><br />
10 8 cm -2 e quin<strong>di</strong> il numero totale <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> C in un centimetro cubo è 4.10 7 .10 8 =<br />
4.10 15 . Si calcoli ora il numero degli atomi <strong>di</strong> ferro nello stesso centimetro cubo. La<br />
lunghezza della cella elementare del Fe ccc è <strong>di</strong> 2,86 A ; il numero <strong>di</strong> celle in un<br />
cm 3 è (10 8 / 2,86) 3 = 4,3.10 22 . Poiché ciascuna <strong>di</strong> esse contiene due atomi <strong>di</strong> Fe , in<br />
un cm 3 vi saranno 2.4,3.10 22 = 8,6.10 22 atomi <strong>di</strong> Fe (= 10 23 ). La concentrazione <strong>di</strong><br />
atomi <strong>di</strong> C in grado <strong>di</strong> assicurare una atmosfera <strong>di</strong> 1 atomo <strong>di</strong> C per ogni <strong>di</strong>stanza<br />
atomica lungo una <strong>di</strong>slocazione vale allora nC / nC + nFe = nC / nFe = 4.10 15 / 10 23 =<br />
4.10 -8 . Si tratta cioè <strong>di</strong> un atomo <strong>di</strong> C ogni quattrocento milioni <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> Fe. Nel<br />
caso <strong>di</strong> un metallo fortemente deformato a freddo la densità delle <strong>di</strong>slocazioni vale<br />
circa 10 12 cm -2 e quin<strong>di</strong> il numero totale <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> C necessario è ora più elevato e<br />
precisamente è pari a 4.10 7 .10 12 = 4.10 19 per cui il rapporto nC / nFe <strong>di</strong>venta 4.10 19 /<br />
10 23 = 10 -4 , ovvero la concentrazione percentuale atomica del C è dello 0,04 %.<br />
Dislocazioni e invecchiamento dopo deformazione (strain aging).<br />
L’invecchiamento dopo deformazione consiste nella variazione con il tempo <strong>di</strong><br />
alcune proprietà meccaniche dei materiali sottoposti a deformazione plastica a freddo.<br />
Questo invecchiamento, che si manifesta generalmente nei materiali metallici che<br />
hanno un limite superiore <strong>di</strong> snervamento, può avvenire a temperatura ambiente<br />
(invecchiamento naturale) o a temperature relativamente poco elevate<br />
(invecchiamento artificiale).<br />
Il fenomeno può essere compreso seguendo l’andamento della curva carichiallungamenti<br />
ad es. <strong>di</strong> un acciaio a bassa percentuale <strong>di</strong> C . Se l’applicazione del<br />
carico viene interrotta al punto A Fig. 50 il provino annulla una parte<br />
dell’allungamento seguendo una linea parallela al primo tratto elastico della curva. Si<br />
nota che in questa prima fase era nettamente presente il limite superiore <strong>di</strong><br />
snervamento.<br />
96
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Fig.50 Fig.51 Fig.52<br />
Se ora l’applicazione del carico viene imme<strong>di</strong>atamente ripristinata si osserva che il<br />
campione si deforma elasticamente fino al punto A (Fig. 51) e poi si deforma<br />
plasticamente senza presentare il limite superiore <strong>di</strong> snervamento, cioè il nuovo tratto<br />
della curva si accorda perfettamente in A con il tratto precedente. Se invece la<br />
riapplicazione del carico viene ritardata <strong>di</strong> alcuni mesi mantenendo il provino a<br />
temperatura ambiente oppure viene ritardata <strong>di</strong> alcune ore mantenendo il provino a<br />
150-200°C si osserva che (Fig. 52), riapplicando il carico, ricompare il limite<br />
superiore <strong>di</strong> snervamento e aumenta il carico al quale il campione subisce<br />
snervamento. L’invecchiamento dopo deformazione ha reso il materiale più resistente.<br />
Questo fenomeno trova spiegazione nella presenza <strong>di</strong> atmosfere <strong>di</strong> atomi <strong>di</strong> soluto<br />
attorno alle <strong>di</strong>slocazioni. Durante la prima applicazione del carico si sono attivate<br />
sorgenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni e si è favorito il loro <strong>di</strong>sancoramento dalle atmosfere <strong>di</strong> atomi<br />
<strong>di</strong> soluto. Se, dopo l’allontanamento del carico, questo viene subito riapplicato, le<br />
atmosfere <strong>di</strong> Cottrell non hanno avuto il tempo <strong>di</strong> ricostituirsi perché ciò può avvenire<br />
solamente a seguito <strong>di</strong> processi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione che richiedono tempo. La ricomparsa del<br />
limite superiore <strong>di</strong> snervamento è dunque una funzione del tempo. Poiché i processi <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong>pendono dalla temperatura un aumento della temperatura accelera la<br />
ricomparsa del limite superiore <strong>di</strong> snervamento in quanto permette una più rapida<br />
<strong>di</strong>ffusione degli atomi interstiziali verso le <strong>di</strong>slocazioni con riformazione (e in numero<br />
maggiore) delle atmosfere <strong>di</strong> Cottrell in cui gli atomi interstiziali bloccano le<br />
<strong>di</strong>slocazioni facendo ricomparire il limite <strong>di</strong> snervamento superiore (più alto del<br />
precedente in conseguenza dell’aumento del numero delle <strong>di</strong>slocazioni).<br />
La ricomparsa del limite <strong>di</strong> snervamento non viene in genere osservata nel ferro e<br />
negli acciai invecchiati a temperature relativamente elevate (oltre 400°C) e il<br />
fenomeno può essere spiegato ricordando che all’aumentare della temperatura<br />
aumenta l’intensità delle vibrazioni termiche e aumenta la facilità con la quale si<br />
<strong>di</strong>sperdono le atmosfere attorno alle <strong>di</strong>slocazioni. Nel caso degli acciai extradolci, per<br />
ridurre il fenomeno dell’invecchiamento dopo deformazione occorre abbassare o<br />
eliminare sia il C sia l’N. Per questo, durante la conversione dei bagni metallici, si<br />
aggiungono elementi (Al , Ti , Nb , V , B) capaci <strong>di</strong> formare carburi o nitruri e quin<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> sottrarre C e N dalle atmosfere <strong>di</strong> Cottrell.<br />
DIFETTI SUPERFICIALI<br />
97
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
I <strong>di</strong>fetti superficiali sono sostanzialmente costituiti dai bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano esistenti tra<br />
cristalli contigui. Questi cristalli si formano spesso durante la soli<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong><br />
materiali liqui<strong>di</strong> e la loro forma e <strong>di</strong>mensione è con<strong>di</strong>zionata dal contemporaneo<br />
svilupparsi dei cristalli vicini. In altri casi i materiali soli<strong>di</strong> policristallini si ottengono<br />
attraverso processi <strong>di</strong> sinterizzazione <strong>di</strong> polveri o <strong>di</strong> cristallizzazione <strong>di</strong> materiali<br />
amorfi. La superficie <strong>di</strong> contatto fra i cristalli viene considerata <strong>di</strong>fettiva in quanto<br />
poco densa e quin<strong>di</strong> in grado <strong>di</strong> favorire i processi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione.<br />
Esistono due tipi fondamentali <strong>di</strong> bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano : i bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano da flessione e i<br />
bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano da torsione. Le <strong>di</strong>versità fra le due tipologie è mostrata nella Fig. 53 .<br />
bordo <strong>di</strong> grano da flessione bordo <strong>di</strong> grano da torsione<br />
Fig. 53<br />
I bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano vengono preparati, per essere osservati al microscopio,<br />
evidenziandoli me<strong>di</strong>ante attacchi chimici. I reattivi reagiscono più facilmente con le<br />
regioni a più alto contenuto energetico nel tentativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>minuire l'energia complessiva<br />
del sistema. I bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano hanno un elevato contenuto energetico in quanto sono<br />
zone a forte densità <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazioni e queste ultime sono portatrici <strong>di</strong> energia <strong>di</strong><br />
deformazione. Questa energia interna è tanto più elevata quanto maggiore è l'angolo <strong>di</strong><br />
torsione o <strong>di</strong> flessione tra i grani confinanti.<br />
I bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano vanno inoltre visti come luoghi in cui si formano o vengono<br />
annullate la vacanze presenti nei cristalli e come luoghi in cui, per il tramite delle<br />
<strong>di</strong>slocazioni ivi localizzate, si concentrano soluti, impurezze, precipitati. Essi vanno<br />
anche visti come i luoghi dove si concentrano le <strong>di</strong>slocazioni quando si moltiplicano<br />
per effetto <strong>di</strong> deformazioni permanenti e come le zone in cui hanno inizio i processi <strong>di</strong><br />
ricristallizzazione durante la ricottura <strong>di</strong> materiali deformati a freddo.<br />
Si ricorda infine che i bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano devono essere anche considerati come<br />
ostacoli al movimento delle <strong>di</strong>slocazioni e a fenomeni <strong>di</strong> deformazione permanente e<br />
quin<strong>di</strong> come elementi <strong>di</strong> rafforzamento dei materiali.<br />
La visualizzazione dei bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano consente infine <strong>di</strong> misurare la <strong>di</strong>mensione<br />
me<strong>di</strong>a dei cristalli; è stata costruita, al riguardo, una scala che va da 1 (15 cristalli<br />
per mm 2 ) a 10 ( quasi 8000 cristalli per mm 2 ).<br />
DIFETTI DI VOLUME<br />
98
<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
Due sono le tipologie dei <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> volume : i <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> impilamento e i geminati.<br />
Difetti <strong>di</strong> impilamento. Spesso, particolarmente nelle strutture cristalline compatte ad<br />
alto numero <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nazione ( cfc ed exc ), si osservano <strong>di</strong>fetti nel modo <strong>di</strong><br />
impilamento dei piani. Questi piani hanno una struttura corretta, ma si susseguono<br />
senza rispettare l'or<strong>di</strong>ne che loro compete. Ad esempio nei materiali cfc i piani<br />
compatti del tipo {111} sono impilati secondo una sequenza ABCABCABCABC. Un<br />
<strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> impilamento è costituito da una sequenza anormale, ad es., ABCABABC....<br />
Geminati. Si formano geminati quando la struttura ABCABCABC.... passa alla<br />
struttura simmetrica CBACBACBA....seguendo la sequenza ABCABCABC.....<br />
(Fig. 54).<br />
Fig. 54<br />
Il cristallo è <strong>di</strong>viso in due parti che hanno in comune un piano compatto che è un<br />
piano <strong>di</strong> simmetria e che viene chiamato piano <strong>di</strong> geminazione. E' in qualche misura<br />
un meccanismo <strong>di</strong> deformazione plastica nel senso che una parte del reticolo è<br />
deformato in modo da formare un'immagine speculare della parte contigua non<br />
deformata.<br />
La geminazione, come lo scorrimento, avviene lungo una <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />
geminazione; nello scorrimento gli atomi subiscono tutti lo stesso spostamento; nella<br />
geminazione si spostano in una misura che <strong>di</strong>pende dalla loro <strong>di</strong>stanza dal piano <strong>di</strong><br />
geminazione. Inoltre lo scorrimento lascia una serie <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>ni ( linee <strong>di</strong> scorrimento )<br />
mentre la geminazione lascia regioni deformate (Fig. 55).<br />
Fig. 55<br />
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<strong>MATERIALI</strong> - Dispensa <strong>di</strong> riferimento -<br />
La geminazione coinvolge solo una piccola frazione del volume totale e quin<strong>di</strong> la<br />
quantità <strong>di</strong> deformazione totale è piccola. Inoltre le variazioni dell'orientamento del<br />
reticolo provocate dalla geminazione possono attivare ulteriori sistemi <strong>di</strong> scorrimento<br />
con un orientamento favorevole rispetto alle sollecitazioni <strong>di</strong> taglio e consentire così<br />
un ulteriore scorrimento.<br />
La geminazione è importante nei sistemi esagonali compatti, come ad es. nel Ti, e<br />
hanno un ridotto numero <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> scorrimento; essa è stata osservata in metalli <strong>di</strong><br />
questo tipo deformati a temperatura ambiente. La stesa osservazione è stata fatta<br />
relativamente a metalli cubici a corpo centrato (Fe , Mo , W , Ta , Cr) deformati a<br />
basse temperature oppure deformati a temperatura ambiente con elevate velocità <strong>di</strong><br />
deformazione. Nei metalli con struttura cubica a facce centrate vi è una minore<br />
propensione per questo tipo <strong>di</strong> deformazione: la si può riscontrare solo per<br />
sollecitazioni molto forti e a temperature molto basse.<br />
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