Cattolici organizzati a Roma - Edizioni Studium
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<strong>Cattolici</strong> <strong>organizzati</strong><br />
a <strong>Roma</strong> (1870-1900)<br />
Attività religiose, caritativo-sociali, culturali 1<br />
di Mario Casella<br />
PAGINE DI STORIA<br />
1. <strong>Cattolici</strong> <strong>organizzati</strong>, cioè laici che si univano per dare comunitariamente<br />
la loro testimonianza cristiana, si possono trovare a<br />
<strong>Roma</strong> già prima del 20 settembre 1870. Quando infatti le truppe<br />
italiane entrarono nella città capitolina, da tempo esistevano le<br />
Conferenze di San Vincenzo e altre istituzioni (l’Arciconfraternita<br />
dell’Obolo di S. Pietro, l’Arciconfraternita delle catene di S. Pietro,<br />
la Società preservatrice dalla lettura dei cattivi libri e giornali,<br />
la Unione universitaria, Comitati di giovani sorti negli anni Cinquanta<br />
e Sessanta allo scopo di difendere con la penna ed anche<br />
con le armi il Papa e il suo Stato) 2 , e da poco erano state fondate<br />
due associazioni destinate a recitare un ruolo di primo piano nella<br />
vita religiosa romana: il Circolo S. Pietro e la sezione romana<br />
della Unione Cattolica Fiorentina, poi trasformatasi in Società<br />
Promotrice delle Buone Opere. All’indomani della presa di <strong>Roma</strong>,<br />
il movimento associazionistico si sviluppò considerevolmente,<br />
e ai gruppi che nacquero allora altri se ne aggiunsero nei decenni<br />
successivi, fino a dare al fenomeno associativo dimensioni<br />
ragguardevoli. Degli oltre 150 sodalizi da me fin qui individuati,<br />
che, sotto vario nome (società, circoli, associazioni, unioni, cenacoli,<br />
compagnie, opere), fiorirono a <strong>Roma</strong> nell’ultimo trentennio<br />
del secolo scorso, alcuni fanno tuttora sentire la loro voce e la loro<br />
presenza nella vita religiosa della capitale: mi riferisco al già ricordato<br />
«Circolo S. Pietro», alla «Promotrice delle Buone Opere»,<br />
all’«Artistico-Operaia», al «Collegium Cultorum Martyrum».
486 Mario Casella<br />
Tra le numerose associazioni sorte nei primi anni Settanta<br />
(tutte di ispirazione intransigente e tutte, chi più chi meno, inizialmente<br />
animate dalla certezza che alla fine ci avrebbe pensato<br />
la Provvidenza ad abbattere il fragile edificio unitario costruito<br />
dalla «rivoluzione» e a ripristinare il potere temporale), meritano<br />
di essere qui ricordate, accanto a quelle già citate, la Società per<br />
gli Interessi <strong>Cattolici</strong>, l’Opera di S. Francesco Regis per la legittimazione<br />
dei matrimoni, il Circolo dell’Immacolata, la Pia Unione<br />
delle Donne Cattoliche, la Società di S. Paolo e l’Associazione S.<br />
Carlo, che si occupavano della diffusione della buona stampa. Significativa,<br />
per lo spirito di devozione al Papa che la animava, era<br />
anche la Società dei reduci dalle battaglie in difesa del papato:<br />
soppressa nel 1876, fu subito ricostituita sotto il nome di «La Fedeltà»,<br />
e visse fino al 1921. Tutte queste associazioni, nate dal<br />
desiderio, fortemente sentito, di aiutare i cattolici ad uscire dall’individualismo,<br />
per manifestare comunitariamente solidarietà e<br />
devozione al Papa, prima o poi entrarono a far parte della Federazione<br />
Piana delle Società Cattoliche in <strong>Roma</strong>, sorta nel 1872 con<br />
lo scopo di coordinare e dirigere l’intero movimento cattolico romano.<br />
Nel breve di approvazione, Pio IX si augurò che non solo<br />
l’Azione Cattolica romana, ma tutte le associazioni laicali, italiane<br />
ed estere, facessero capo alla Federazione, e La Civiltà Cattolica<br />
non esitò a parlare di una «Internazionale Cattolica» da opporre<br />
alla «Internazionale massonica» 3 : in realtà, la Federazione Piana<br />
non riuscì ad estendere la sua influenza oltre i confini della città di<br />
<strong>Roma</strong>, ed anche in questa non fu da tutti accettata e riconosciuta,<br />
visto che nel 1900, anno che segnò il suo massimo sviluppo, le associazioni<br />
federate erano appena 24.<br />
Non abbiamo qui la possibilità di soffermarci su ciascuna delle<br />
associazioni appena ricordate. Mi limito a sottolineare la genericità<br />
dei programmi di alcune di esse (la Società per gli Interessi<br />
<strong>Cattolici</strong>, la Promotrice delle Buone Opere) e ad accennare brevemente<br />
ad un’altra associazione, anch’essa nata negli anni Settanta:<br />
mi riferisco all’Unione <strong>Roma</strong>na per le elezioni amministrative,<br />
che, a partire dal 1877 (anno del suo debutto sulla scena politica<br />
della capitale), organizzò in forma stabile e duratura la partecipazione<br />
dei cattolici alle elezioni amministrative, al fine di<br />
«promuovere l’elezione ai pubblici incarichi cittadini di persone<br />
che non solo diano guarentigia di savia amministrazione, ma anche<br />
d’efficace tutela dei principi religiosi e morali» (art. 1 dello
<strong>Cattolici</strong> <strong>organizzati</strong> a <strong>Roma</strong> (1870-1900) 487<br />
Statuto) 4 . Ricordo questa associazione perché, in una città lacerata<br />
da forti tensioni e da aspre polemiche a motivo dei fatti culminati<br />
nella breccia del 1870, i suoi rappresentanti in Campidoglio si<br />
distinsero per i loro propositi e atteggiamenti di pace e di conciliazione.<br />
Essi ritenevano che il modo migliore per servire la loro<br />
città fosse quello di abbandonare la via delle sterili proteste praticata<br />
dalle altre associazioni cattoliche cittadine e cercare invece la<br />
via del dialogo e della proposta costruttiva, stabilendo buoni rapporti<br />
con i liberali moderati. Da conservatori e da «uomini d’ordine»<br />
quali erano, i rappresentanti dell’Unione <strong>Roma</strong>na mostravano<br />
di voler evitare all’amministrazione della città crisi al buio e<br />
sussulti e strappi troppo violenti. Sembrava che, con il loro atteggiamento<br />
moderato e moderatore, essi volessero da un lato dimostrare<br />
ai liberali e agli anticlericali di ogni gradazione che i cattolici<br />
non erano, come da più parti si affermava, nemici delle istituzioni<br />
e della patria; e dall’altro rassicurare le alte sfere ecclesiastiche<br />
sui contenuti e sui limiti della loro collaborazione con i liberali,<br />
da essi ritenuta non solo utile, ma necessaria ai fini del benessere<br />
e della pace sociale nella città di <strong>Roma</strong>. In questa prospettiva,<br />
i consiglieri dell’Unione <strong>Roma</strong>na erano attenti non solo ad evitare<br />
atteggiamenti o rivendicazioni di tipo legittimistico, ma ad associarsi<br />
alla maggioranza liberale quando si trattava di votare indirizzi<br />
patriottici o di sollecitarne l’appoggio dinanzi a tutto ciò che<br />
sembrasse «minaccia del partito estremo». Nel decennio compreso<br />
tra il 1877 e il 1887, cioè fino alla destituzione del sindaco Torlonia<br />
da parte di Crispi, la presenza dei cattolici nel Consiglio comunale<br />
di <strong>Roma</strong> fu in genere caratterizzata da discrezione e da<br />
prudenza. Prudenza che a molti cattolici del tempo parve talvolta<br />
eccessiva: ad esempio, nell’aprile del 1882, in occasione del colpo<br />
di mano con cui, notte tempo, ignoti sostituirono, in cima al Campidoglio,<br />
la croce con l’immagine di Pallade. In quella circostanza,<br />
le oche capitoline, cioè (con tutto il rispetto!) i consiglieri dell’Unione<br />
<strong>Roma</strong>na, non starnazzarono, ed anche negli anni immediatamente<br />
successivi, per volontà della Santa Sede, si guardarono<br />
dal sollevare ufficialmente il problema del ritorno della croce al<br />
suo posto, cosa che suscitò malumori tra i cattolici romani, specie<br />
intransigenti, e indusse alcuni di loro a protestare vivacemente.<br />
Anche negli anni Ottanta, come già nel decennio precedente,<br />
fu la Federazione Piana il centro direttivo dell’Azione Cattolica a<br />
<strong>Roma</strong>. Si ebbero però importanti novità. La prima è costituita da-
488 Mario Casella<br />
gli sviluppi del movimento conservatore e partecipazionista, che<br />
ebbe nel Circolo <strong>Roma</strong>no di Studi Sociali e nella Rassegna Italiana,<br />
la nota rivista fondata dalla Società della Gioventù Cattolica, i<br />
punti di riferimento più significativi. La seconda importante novità<br />
degli anni Ottanta fu l’apparizione, sulla scena cattolica romana,<br />
dell’Opera dei Congressi. Questa, grazie al suo presidente<br />
generale, il romano Scipione Salviati, mise le sue prime radici a<br />
<strong>Roma</strong> e nel Lazio sul finire degli anni Settanta, e già nell’aprile del<br />
1880 convocò una prima Adunanza regionale. Sua longa manus<br />
nella realtà religiosa locale fu, per più di un decennio, la Società<br />
per gli Interessi <strong>Cattolici</strong>, che nel 1883 accettò di fungere da Comitato<br />
diocesano. Ma si trattò di una fiammata di breve durata,<br />
destinata ad affievolirsi sia per la crisi che nella seconda metà degli<br />
anni Ottanta investì la Società per gli Interessi <strong>Cattolici</strong>, sia per<br />
le note polemiche sui gruppi giovanili tra l’Opera dei Congressi e<br />
la Società della Gioventù Cattolica. Questa, dopo aver trasferito,<br />
nel 1881, il suo Consiglio Superiore da Bologna a <strong>Roma</strong>, contese<br />
con successo alla maggiore organizzazione del laicato italiano la<br />
leadership del movimento cattolico romano, avvalendosi della<br />
preziosa collaborazione del Circolo S. Pietro, del Circolo dell’Immacolata<br />
e della Federazione Piana.<br />
Tra le associazioni sorte negli anni Ottanta, ricordo, oltre il<br />
già citato Circolo <strong>Roma</strong>no di Studi sociali, l’Associazione Operaia<br />
di Carità Reciproca fra le donne cattoliche, l’Unione per gli studi<br />
sociali, il Circolo <strong>Roma</strong>no di studi S. Sebastiano, la Società antischiavista<br />
d’Italia, la Società Cattolica La <strong>Roma</strong>nina, la più bellicosa<br />
tra le associazioni romane.<br />
Gli anni Novanta furono segnati dalla Rerum Novarum. La<br />
pubblicazione dell’enciclica (1891) alimentò una notevole sensibilità<br />
sociale, alla diffusione della quale molto contribuirono i numerosi<br />
giornali e bollettini delle associazioni romane. Nacquero<br />
allora molti circoli operai, ed anche quelli che operai non erano<br />
cominciarono a guardare alla questione sociale con rinnovato interesse.<br />
Conferenze di carattere sociale vennero organizzate da<br />
tutti i nuclei associativi. Particolarmente affollate furono, tra la fine<br />
del 1896 e i primi mesi del 1897, quelle tenute dal Toniolo, per<br />
iniziativa congiunta dell’Unione Cattolica Italiana, del Circolo<br />
universitario e del Circolo dell’Immacolata, nella cui sede, qualche<br />
anno addietro, era stata fondata la Rassegna Internazionale di<br />
Scienze Sociali. Ma anche Murri (come non ricordare la Cultura
<strong>Cattolici</strong> <strong>organizzati</strong> a <strong>Roma</strong> (1870-1900) 489<br />
Sociale?), anche Semeria, anche altri significativi esponenti del<br />
cattolicesimo sociale allora presenti a <strong>Roma</strong> fecero la loro parte,<br />
sia con i loro scritti, sia accogliendo gli inviti che società operaie<br />
rivolgevano loro per conferenze a carattere sociale. Gradualmente<br />
venne a crearsi nella cattolicità romana una mentalità nuova e<br />
diversa rispetto al recente passato, meno legata agli schemi del<br />
«caritativo-assistenziale» e maggiormente proiettata verso il «sociale».<br />
Mentre continuavano, ed anzi intensificavano, le loro attività<br />
caritative e assistenziali (nel dicembre del 1895, vennero<br />
istituiti due Segretariati del Popolo, l’uno dal Circolo S. Pietro,<br />
l’altro dall’Unione Cattolica Italiana, entrambi gratuitamente volti<br />
ad aiutare i bisognosi, indipendentemente dalle loro opinioni<br />
politiche e religiose e dal Paese di provenienza), i cattolici romani<br />
diedero vita ad iniziative creditizie e cooperativistiche, che, per la<br />
loro natura e per i loro programmi, possono collocarsi, se non tra<br />
le attività «sociali» propriamente dette, certo in una fascia intermedia<br />
tra queste ultime e quelle caritativo-assistenziali. Sul piano<br />
creditizio, ricordo le casse rurali sorte nel Lazio per iniziativa di<br />
associazioni romane (ad esempio, il Circolo S. Pietro) e della banca<br />
Artistico-Operaia, allo scopo di chiamare a fruire direttamente<br />
del credito le classi meno abbienti e sottrarre queste classi dalle<br />
grinfie degli usurai. Tra le iniziative cooperativistiche, va segnalata<br />
la «Società Anonima Cooperativa Generale», che operava sotto<br />
il titolo di «Unione Cattolica». Fondata nel dicembre del 1894, la<br />
«Unione» era retta da un Consiglio di amministrazione presieduto<br />
dal conte Edoardo Soderini, ed aveva in mons. Radini Tedeschi<br />
il suo assistente ecclesiastico.<br />
Merita infine di essere ricordata la Lega Cattolica del Lavoro di<br />
<strong>Roma</strong> e provincia, grazie alla quale la presenza cattolica nel sociale<br />
compì un deciso salto di qualità. Nata all’indomani del Congresso<br />
cattolico di <strong>Roma</strong> del settembre 1900 per iniziativa del Comitato<br />
diocesano dell’Opera dei Congressi e del murriano Circolo democratico<br />
cristiano, la Lega affrontava la problematica del mondo del<br />
lavoro non più in termini di carità e di assistenza, ma di «giustizia»<br />
e di «solidarietà professionale». Tra i suoi scopi c’era quello di promuovere<br />
la formazione in ciascuno stabilimento industriale di un<br />
«Consiglio di officina nel quale siano rappresentati il padrone e gli<br />
interessati economicamente da un lato, i lavoratori dall’altro per<br />
convenire insieme sulle condizioni del lavoro, sulla misura dei salari,<br />
e per i possibili miglioramenti economici e morali» 5 .
490 Mario Casella<br />
Sul piano dell’organizzazione cattolica, gli anni Novanta furono<br />
caratterizzati dalla venuta a <strong>Roma</strong> di mons. Radini Tedeschi e<br />
dal rilancio dell’Opera dei Congressi. Fu merito del Radini se tra<br />
<strong>Roma</strong> e Venezia si stabilì un clima di maggiore comprensione e collaborazione<br />
rispetto al passato; fu merito suo se, nel 1892, dopo<br />
anni di reciproca diffidenza, migliorarono a <strong>Roma</strong> i rapporti tra<br />
Opera dei Congressi e Gioventù Cattolica, e Filippo Tolli, esponente<br />
di spicco di quest’ultima, entrò a far parte dell’organizzazione<br />
guidata dal Paganuzzi, assumendo la presidenza del Comitato<br />
regionale romano. Grazie al prelato piacentino, l’Opera dei<br />
Congressi riuscì a mettere in città salde radici e a fronteggiare con<br />
successo gli ostacoli frapposti sulla sua strada sia da parroci che<br />
guardavano con sospetto a quei laici che alla guida dei Comitati<br />
parrocchiali mostravano di voler invadere un terreno fino a quel<br />
momento riservato al solo clero, sia dalla Federazione Piana, che<br />
con l’accresciuta influenza dell’Opera dei Congressi aveva visto<br />
diminuire il suo potere di coordinamento e di direzione delle forze<br />
cattoliche romane. La nomina, nel 1900, dopo estenuanti trattative,<br />
del presidente della Federazione Piana, Augusto Persichetti,<br />
a presidente del Comitato diocesano di <strong>Roma</strong> risolse la crisi e<br />
consentì al laicato cattolico romano di dare ai pellegrini che giungevano<br />
a <strong>Roma</strong> per lucrare le indulgenze giubilari quella immagine<br />
di unità e di concordia che la cattolicità romana aveva dato di<br />
sé negli anni immediatamente successivi alla breccia di Porta Pia.<br />
Ma l’ultimo decennio del secolo fu caratterizzato da significative<br />
novità anche nel campo religioso-culturale. Fin dal loro apparire<br />
sulla scena romana, le associazioni mostrarono di non essere<br />
insensibili ai valori della cultura e della formazione, dando vita<br />
ad una miriade di iniziative culturali, delle quali, in molti casi, beneficiarono<br />
anche romani che vivevano al di fuori del movimento<br />
cattolico organizzato. Si trattava, in genere, di una cultura che<br />
aveva due principali connotati: era religiosa (o al religioso strettamente<br />
connessa) ed era popolare, cioè alla portata di tutti. Alla<br />
elevazione culturale dei cattolici romani <strong>organizzati</strong> provvedevano<br />
sia i molti giornali, bollettini, numeri unici, opuscoli, fogli volanti<br />
pubblicati dalle associazioni, sia le numerose attività che fiorivano<br />
all’interno di queste ultime. Si può dire che non esisteva a<br />
<strong>Roma</strong> circolo o associazione o società al cui interno non funzionasse<br />
una commissione o una sezione con l’obiettivo di arricchire<br />
culturalmente i soci. Obiettivo che si cercava di raggiungere con
<strong>Cattolici</strong> <strong>organizzati</strong> a <strong>Roma</strong> (1870-1900) 491<br />
iniziative di vario genere: conferenze e dibattiti su argomenti di<br />
attualità, di storia, di arte, di scienze, ma anche filodrammatiche,<br />
corsi di cultura religiosa, gite culturali, passeggiate archeologiche,<br />
scuole serali, e via dicendo. Numerose erano pure le «biblioteche<br />
circolanti», alle quali soci e non soci potevano rivolgersi per avere<br />
in lettura libri e giornali. Finalità culturali aveva anche il «Ricreatorio<br />
pei militari», promosso nel 1895 dal Circolo dell’Immacolata<br />
e oggetto, negli anni successivi, di ripetute interpellanze<br />
parlamentari (in una di quelle interpellanze, presentata il 12 febbraio<br />
1898, il radicale Ettore Socci lamentò che l’iniziativa partisse<br />
da un circolo che, prendendo nome dall’Immacolata, ricordava<br />
il dogma che Pio IX «considerava come gloria del suo regno»);<br />
un circolo – sottolineò il deputato – dove «vengono dati a leggere<br />
di quei libri [...] nei quali si dice che i rivoluzionari sono canaglie;<br />
dove s’insulta il nome della patria; dove non c’è nome sacro<br />
alla nostra ammirazione, che non sia trattato peggio di quello di<br />
un brigante» 6 . Queste ed altre iniziative, nel mentre costituivano<br />
un efficace strumento di formazione e di arricchimento culturale<br />
per le migliaia di soci che affollavano le associazioni cattoliche romane,<br />
denunciavano i limiti di una cultura ancora fortemente tradizionale,<br />
dalla quale duravano fatica ad emergere i fermenti innovatori<br />
che avevano cominciato a manifestarsi fin dai primi anni<br />
del pontificato di Leone XIII. A <strong>Roma</strong>, come anche nel resto della<br />
penisola, la cultura cattolica risentiva, come ha scritto Scoppola,<br />
di quel clima psicologico creato dalla questione romana, che<br />
aveva finito per monopolizzare l’attenzione dei cattolici, distogliendoli<br />
da altri campi; il mondo cattolico appariva come «soggiogato<br />
dal problema dell’indipendenza e della libertà del pontefice»,<br />
«troppo spesso inteso in forme materiali ed estrinseche, come<br />
questioni territoriale e di potere temporale, dimenticando o<br />
ponendo in seconda linea esigenze più profonde e durature sul<br />
piano spirituale e religioso»; e l’atteggiamento intransigente di<br />
fronte allo Stato liberale aveva «fatto sì che il mondo cattolico si<br />
rinchiudesse in se stesso su posizioni di difesa, isolandosi dalla<br />
cultura del tempo» 7 . Ma già negli anni Ottanta, e più ancora negli<br />
anni a cavallo tra Ottocento e Novecento, si fece strada anche<br />
a <strong>Roma</strong> l’esigenza di un colloquio con la cultura del tempo, nella<br />
convinzione, manifestata da sempre più numerose cerchie di persone,<br />
dentro e fuori le associazioni cattoliche, che i destini del cattolicesimo<br />
nella vita italiana erano «anzitutto affidati alla presen-
492 Mario Casella<br />
za nella cultura del tempo» 8 . Negli ultimi anni del secolo, ad imitazione<br />
di quanto avevano fatto a Genova il p. Semeria e il Ghignoni,<br />
Giulio Salvadori, con l’aiuto del p. Genocchi e di don Faberi,<br />
diede vita ad una scuola superiore di religione destinata ai<br />
giovani studenti laici. Ma anche ad altri livelli, dentro e fuori le associazioni<br />
cattoliche, il tema del rinnovamento culturale era spesso<br />
all’ordine del giorno. «Bisogna – affermò il p. Semeria il 3 aprile<br />
1897, in una conferenza alla Cancelleria Apostolica promossa a<br />
beneficio delle opere caritativo-assistenziali del “Laboratorio di<br />
S. Caterina” – “studiare” la religione, non solo “sentirla”. Bisogna<br />
– insisteva il p. barnabita – che i giovani nostri abbiano il coraggio<br />
di guardare in fronte i problemi nuovi che nuove scoperte<br />
impongono alle menti moderne, le forme nuove che i vecchi problemi<br />
hanno assunto; ed abbiano l’energia richiesta per studiare<br />
tutto questo» 9 .<br />
Al desiderio di stabilire un dialogo con la cultura del tempo<br />
era legata anche la presenza, sulla scena cattolica della città, di<br />
gruppi e personaggi fortemente innovatori, e perciò scomodi, che<br />
l’autorità ecclesiastica e il laicato inquadrato nelle associazioni<br />
«ufficiali» guardarono con crescente sospetto e diffidenza. Mi riferisco<br />
anzitutto ai «circoli modernizzanti» studiati da Bedeschi 10<br />
e recentemente anche da Fiorani 11 . Si tratta di un associazionismo<br />
privato, casalingo, salottiero, senza frontiere (cioè non riservato ai<br />
soli cattolici), particolarmente attento ai valori della formazione e<br />
della cultura, non protestatario, discreto, tollerante. I romani e i<br />
non romani che si davano convegno in quei «circoli» (o «cenacoli»,<br />
come altri preferiscono chiamarli) parlavano di tutto: di fede,<br />
di scienza, di «modernità», di esperienze fiorite altrove, di impegno<br />
caritativo. Alle riunioni del più famoso di questi gruppi, la<br />
Unione per il Bene, partecipavano, in casa di Antonietta Giacomelli,<br />
personaggi di diverso orientamento religioso e culturale che<br />
erano animati da una spiritualità che, sull’esempio delle esperienze<br />
fiorite in Francia ad iniziativa di Paul Desjardins, faceva riferimento<br />
alla crescita interiore e alla operosa carità (che si traduceva,<br />
tra l’altro, nel procurare, a prezzi accessibili, case in affitto a<br />
bisognosi in genere e ad operai in particolare, specie del poverissimo<br />
quartiere di S. Lorenzo). A partire dal dicembre del 1894, la<br />
«Unione per il Bene» pubblicò L’Ora presente, un periodico diretto<br />
da Giulio Salvadori. Nell’articolo programmatico, apparso<br />
sul primo numero, leggiamo una frase che ben richiama il caratte-
<strong>Cattolici</strong> <strong>organizzati</strong> a <strong>Roma</strong> (1870-1900) 493<br />
re interconfessionale del gruppo animato dalla Giacomelli: «Noi<br />
crediamo si debba spender la vita per quello che unisce gli uomini<br />
di buona volontà e non per quello che li divide, nulla invochiamo<br />
più vivamente che la caduta delle barriere innalzate dagli uomini<br />
per dividere ciò che Dio voleva congiunto» 12 .<br />
Come i circoli «modernizzanti», anche Romolo Murri portò<br />
nella <strong>Roma</strong> di fine Ottocento una ventata di freschezza e di rinnovamento.<br />
Dopo aver frequentato, all’inizio degli anni Novanta,<br />
le lezioni di Antonio Labriola sul marxismo, ed aver così allargato<br />
i suoi orizzonti culturali, il prete marchigiano si mise ad organizzare<br />
gli studenti universitari. Fondò La Vita Nova, diede vita<br />
ad un circolo universitario, abbozzò un progetto di Federazione<br />
di tutti i circoli universitari italiani. Ma incontrò presto sulla sua<br />
strada l’Opera dei Congressi, anch’essa alle prese con un progetto<br />
di federazione universitaria. Pressato da più parti, Murri non<br />
solo rinunciò alla sua idea, ma cedette all’Opera dei Congressi<br />
(che al Congresso di Fiesole del 1896 costituì la Federazione Universitaria<br />
Cattolica Italiana) anche La Vita Nova, forse nella speranza,<br />
destinata a rimanere tale, di poter continuare a dirigere il<br />
giornale, magari con qualche margine di autonomia d’indirizzo<br />
rispetto a quello della maggiore tra le organizzazioni cattoliche<br />
italiane. L’Opera dei Congressi affidò invece la direzione della<br />
Vita Nova e della sezione universitaria al barone De Matteis. Cominciò<br />
allora, tra l’Organizzazione presieduta da Giovanni Battista<br />
Paganuzzi e Romolo Murri, un conflitto che avrebbe avuto ripercussioni<br />
anche nella realtà cattolica romana. Sono note le polemiche<br />
tra il prete marchigiano e mons. Radini Tedeschi, delegato<br />
dell’Opera per l’Italia centrale e personaggio di primissimo<br />
piano del movimento cattolico romano. Meno note sono le diffidenze<br />
e le ostilità suscitate da Murri nel clero (in una lettera a Toniolo,<br />
il sacerdote marchigiano parlava di «persecuzione» 13 ) e in<br />
larghi settori del laicato cattolico della città (negli ultimi anni del<br />
secolo il prete marchigiano polemizzò ripetutamente con il Circolo<br />
S. Pietro e con il Circolo S. Sebastiano, e si scontrò duramente<br />
con giornali quali L’Osservatore <strong>Roma</strong>no e La Voce della<br />
Verità). La Cultura Sociale, la nuova rivista pubblicata da Murri a<br />
partire dal 1° gennaio 1898, suscitò a <strong>Roma</strong> vivo interesse, ma fu<br />
anche la causa di vivaci polemiche con esponenti dell’associazionismo<br />
«ufficiale», quali Tolli, Soderini e Radini Tedeschi. Il concetto<br />
di «democrazia cristiana» era a <strong>Roma</strong> per lo più letto e in-
494 Mario Casella<br />
terpretato non nella prospettiva politica additata dal Murri, ma<br />
«nel senso indicato dal S. Padre», cioè come «actio benefica in populum».<br />
In una cronistoria della Federazione Piana e del Comitato<br />
diocesano relativa agli anni 1898-1904, Augusto Persichetti,<br />
che a partire dal 1900 fu presidente dell’una e dell’altro, scrisse<br />
che una delle principali caratteristiche dell’Azione Cattolica di<br />
quel periodo fu quella di «mantenersi sulla sicura linea direttiva<br />
di fronte al movimento democratico che per opera di Romolo<br />
Murri crea in <strong>Roma</strong> un altro centro di azione direttiva, quasi antagonistico<br />
a quello ufficiale» 14 .<br />
Gli anni Novanta videro moltiplicarsi i comitati parrocchiali<br />
(erano 47 nel novembre 1897, e tra essi si distinse quello della parrocchia<br />
del Sacro Cuore al Castro Pretorio, affidata alle cure dei<br />
salesiani) e le associazioni. Tra queste ultime, significativa appare<br />
la Unione Antimassonica, sorta il 20 settembre 1893, «nell’ora<br />
istessa – apprendiamo da una lettera dei promotori a Paganuzzi –<br />
in cui Adriano Lemmi solennemente inaugurava la loggia massonica<br />
“Universo” nel palazzo Borghese, a protesta contro questa<br />
novella provocazione lanciata contro il Papa e la Chiesa» 15 .<br />
2. Tracciato questo rapido e certamente incompleto quadro dell’associazionismo<br />
laicale, vorrei spendere qualche parola sui<br />
rapporti tra religione e politica. I liberali del tempo non avevano<br />
dubbi nell’attribuire significato e valore «politico» a tutto ciò che<br />
i «clericali» (così essi chiamavano indistintamente i cattolici) facevano<br />
e dicevano: basti leggere le carte di polizia conservate nell’Archivio<br />
di Stato di <strong>Roma</strong> e nell’Archivio Centrale dello Stato, o<br />
anche talune pagine di diari famosi, come quelli di Domenico Farini<br />
e di Alessandro Guiccioli. Anche attività quali l’accompagnamento<br />
del viatico, che nella <strong>Roma</strong> del secondo Ottocento avveniva<br />
in forma solenne e con largo seguito di fedeli, e l’assistenza spirituale<br />
e materiale ai poveri della città venivano spessissimo, per<br />
non dire sempre, lette ed interpretate dai funzionari della Prefettura<br />
e della Questura, e non solo da essi, in chiave strettamente<br />
politica. In realtà, ci furono manifestazioni di carattere politico,<br />
ed altre di natura religiosa. E ci furono anche, in molti casi, manifestazioni<br />
e atteggiamenti che non è facile decifrare, prestandosi<br />
essi ad essere interpretati in un senso e nell’altro. Detto questo,<br />
debbo aggiungere che l’impressione complessiva che ho tratto<br />
dalla documentazione disponibile è che le associazioni cattoliche
<strong>Cattolici</strong> <strong>organizzati</strong> a <strong>Roma</strong> (1870-1900) 495<br />
romane si mossero su di un terreno prevalentemente religioso,<br />
specie nella seconda metà del periodo qui considerato. Pur tenendo<br />
costantemente d’occhio la questione politica e pur non perdendo<br />
occasione per protestare contro i «fatti compiuti», esse, in<br />
genere, si preoccuparono anzitutto di aiutare i parroci nella catechesi,<br />
di preparare i fanciulli (e frequentemente anche gli adulti)<br />
alla prima comunione, di animare la vita liturgica, di soccorrere i<br />
bisognosi, di formare i loro soci, non solo sul piano strettamente<br />
religioso, ma anche su quelli culturale e sociale. Nelle loro associazioni,<br />
i laici romani impararono ad alimentare la loro fede e ad<br />
irrobustire la loro spiritualità: una spiritualità variamente articolata,<br />
che sul piano devozionale faceva riferimento a Cristo e alla Madonna<br />
(in particolare a Cristo crocifisso e alla Vergine Immacolata)<br />
e a santi quali Pietro, Paolo, Filippo Neri, Francesco d’Assisi,<br />
Giuseppe Calasanzio (diffusi e attivi erano i terz’ordini francescano<br />
e calasanziano: del primo, vivamente raccomandato dal cardinale<br />
vicario nel 1882 16 , facevano parte, tra gli altri, Santucci, Crispolti,<br />
la Giacomelli, Giulio Salvadori; del secondo lo stesso Salvadori,<br />
Luigi Costantini, Francesco Faberi); una spiritualità che<br />
era principalmente basata sull’esercizio della carità, come dimostra<br />
la vasta e meritoria opera svolta dalle Conferenze di San Vincenzo<br />
e da numerosissime altre associazioni maschili e femminili,<br />
a cominciare dal Circolo dell’Immacolata, con il suo «Ospizio S.<br />
Filippo» (un ricovero per i fanciulli abbandonati, promosso e animato<br />
da Aristide Leonori), e dal Circolo S. Pietro, con i suoi dormitori<br />
pubblici e con le sue cucine economiche, e con altre iniziative<br />
caritativo-assistenziali che impressionavano e preoccupavano<br />
i liberali del tempo, ma che furono apprezzate ed imitate anche oltre<br />
i confini della città di <strong>Roma</strong> (ad esempio, nella zona dei Castelli<br />
<strong>Roma</strong>ni e in Liguria). Con le loro iniziative caritative, le associazioni<br />
cattoliche romane resero un concreto servizio alla città<br />
di <strong>Roma</strong>. Specie in alcuni momenti (ad esempio, in occasione dell’epidemia<br />
colerica del 1884) e in alcuni quartieri particolarmente<br />
poveri della città, esse si sostituirono alle pubbliche istituzioni. In<br />
una coraggiosa lettera aperta indirizzata al presidente del Consiglio<br />
Rudinì nel giugno del 1898, Filippo Tolli, presidente del Comitato<br />
regionale dell’Opera dei Congressi, si disse convinto che<br />
«[...] molti giudizi si riformerebbero» al pensiero dei «danni, anche<br />
economici, che potrebbero venire dalla mancanza dei cattolici<br />
e delle cattoliche associazioni». «Chi non sa invero – chiese
496 Mario Casella<br />
l’esponente cattolico romano, sottolineando il ruolo fondamentale<br />
(di supplenza, avrebbe detto Chabod) esercitato dalla Chiesa e<br />
dalle sue organizzazioni sul terreno caritativo-assistenziale – che<br />
le Cucine Economiche, i Dormitori Economici, i Ricreatori festivi,<br />
l’Opera catechistica e delle prime Comunioni, il Boccone del Povero,<br />
l’Assistenza degli infermi, la Tutela della vedova e del pupillo, il<br />
Segretariato del popolo e tutte le altre opere di misericordia spirituale<br />
e corporale vengono esercitate dai Comitati <strong>Cattolici</strong> per solo<br />
amore di Cristo e a vantaggio di chi altrimenti dovrebbe ripetere<br />
dal Governo la sussistenza?» «Io – incalzò Tolli – non m’illudo.<br />
Se le cattoliche associazioni tralasciassero il bene che fanno più<br />
non promuovendo religiose dimostrazioni, giubilei e pellegrinaggi<br />
vedrei certo aumentare il disagio per ogni dove e massime nella<br />
nostra <strong>Roma</strong>, città eminentemente sacerdotale, in cui non poche<br />
arti e industrie sono alimentate dal culto. Sbandite per un istante<br />
dal civile consorzio Papa, Vescovi, clero e fedeli e sappiatemi<br />
quindi dire che utile ne ritrarrebbero le istituzioni» 17 .<br />
Naturalmente, le associazioni cattoliche romane, pur privilegiando<br />
gli aspetti religiosi, e pur manifestando, in molti casi, nei<br />
loro statuti, propositi di apoliticità, non ignoravano l’esistenza di<br />
un conflitto in corso tra la Chiesa e lo Stato liberale, e non nascondevano<br />
le loro convinzioni politiche. Convinzioni che nella<br />
maggior parte dei casi apparivano improntate a sentimenti di netta<br />
intransigenza. Tale intransigenza, ben simboleggiata dal portone<br />
di Palazzo Lancellotti (che ancora nel 1897 restava chiuso in<br />
segno di protesta per la «breccia» del 1870) e dall’associazione<br />
«La Fedeltà» (che fino al dicembre del 1921 tenne vivo lo spirito<br />
dei reduci dalle battaglie a suo tempo sostenute per la difesa dello<br />
Stato pontificio), affondava le sue radici nell’humus di un’altra<br />
fondamentale componente della spiritualità del laicato cattolico<br />
romano: quella illimitata devozione al Papa e alla Santa Sede, fenomeno<br />
nuovo di cui alcuni decenni fa Roger Aubert invitava a<br />
non sottovalutare l’importanza 18 ; devozione che si rendeva in<br />
qualche modo visibile non solo nelle pubbliche manifestazioni in<br />
onore del Pontefice (ad esempio quella, nella basilica vaticana, del<br />
dicembre 1893, per il giubileo episcopale di Leone XIII), ma anche<br />
nell’impegno con cui i laici raccolti nei circoli cattolici collaboravano<br />
nella raccolta dell’Obolo di S. Pietro. Senza uscire, in<br />
genere, dal terreno della legalità, ed anzi raccomandando costantemente<br />
ai propri soci di rispettare le istituzioni e le autorità co-
<strong>Cattolici</strong> <strong>organizzati</strong> a <strong>Roma</strong> (1870-1900) 497<br />
stituite, le associazioni cattoliche romane manifestarono ripetutamente<br />
la loro devozione al Papa e alla Santa Sede, e la loro avversione<br />
allo Stato liberale. E lo fecero in modi diversi: ad esempio,<br />
sottoscrivendo note di protesta contro progetti di legge ritenuti<br />
iniqui (tipo quello del 1878 sugli «abusi del clero» o quello del<br />
1893 sul divorzio e sulla precedenza del matrimonio civile su<br />
quello religioso), o anche facendo sentire soprattutto attraverso la<br />
stampa (particolarmente battaglieri erano La Voce della Verità e la<br />
Vera <strong>Roma</strong>, foglio diretto da Enrico Filiziani) e gli opuscoli della<br />
Società di S. Paolo per la diffusione della stampa cattolica, diretta<br />
da Massimiliano Zara, la loro voce per le frequenti manifestazioni<br />
anticlericali che movimentavano la vita della capitale. Un episodio<br />
serve a darci un’idea del clima esistente a <strong>Roma</strong> negli anni qui<br />
considerati. Per protestare contro l’erezione del monumento a<br />
Giordano Bruno in Campo de’ Fiori, la Società Primaria <strong>Roma</strong>na<br />
per gli Interessi <strong>Cattolici</strong> si adoperò perché il giorno dell’inaugurazione<br />
di quel monumento (9 giugno 1889) i romani si astenessero<br />
dall’assistere, anche a titolo di semplice curiosità, alla cerimonia,<br />
e si raccogliessero invece nelle chiese per atti di riparazione.<br />
Non solo: cercò anche di convincere gli abitanti dei palazzi che<br />
davano sul Campo de’ Fiori a chiudere le loro finestre. «L’intento<br />
– leggiamo in un opuscolo della stessa Società – fu pienamente<br />
raggiunto, perché di ben 247 finestre che prospettavano sulla<br />
piazza di Campo de’ Fiori, solo 32 rimasero aperte e parate» 19 .<br />
Clericalismo ed anticlericalismo: ecco due aspetti della realtà<br />
romana che meriterebbero di essere approfonditi; una realtà caratterizzata<br />
da una presenza cattolica numericamente forte e prevalentemente<br />
attestata su posizioni di difesa e di crociata, e da una<br />
pressione anticlericale e antireligiosa intensa e costante lungo l’intero<br />
arco di tempo che va da Porta Pia all’età giolittiana. Era vicino<br />
al vero mons. Radini Tedeschi quando affermava: «[...] l’azione<br />
cattolica [...] è più difficile che mai», perché «dovunque una<br />
lotta fiera combattesi fra cattolicismo e liberalismo, tra Dio e Satana,<br />
tra la Chiesa e la Massoneria. Ma nel duello tremendo, di cui<br />
siamo spettatori quotidiani e parte, i colpi che a <strong>Roma</strong> si danno<br />
sono tutti violenti, tremendi» 20 .<br />
3. Vorrei concludere con un riferimento al Giubileo del 1900. I<br />
cattolici romani lo vissero con un misto di preoccupazione e di<br />
speranza. Come ha notato Jemolo, i cattolici, specie i più giovani,
498 Mario Casella<br />
quelli cioè «meno legati al passato e ai suoi rammarici e rancori»,<br />
nel mentre guardavano timorosi ad un futuro che si preannunciava<br />
incerto e nebuloso, sentivano che «maturava lentamente una situazione<br />
nuova, che si tracciavano linee suscettibili d’inattesi sviluppi,<br />
nelle relazioni fra Chiesa e Stato non solo, bensì pure fra<br />
credenti e non credenti, tra cattolici militanti e cattolici tali per il<br />
battesimo e per il ricorso ai sacramenti nelle ore solenni della vita<br />
– matrimonio e funerali, o ben poco di più – ma sordi a ogni ammaestramento<br />
delle autorità docenti nell’ambito della politica o<br />
della economia» 21 . In effetti, non mancarono a <strong>Roma</strong>, nel primo<br />
anno del nuovo secolo, momenti in cui la distanza che separava i<br />
cattolici dai liberali sembrò accorciarsi. L’accenno che ai primi di<br />
gennaio del 1900 il re fece all’Anno Santo nel discorso della corona<br />
suscitò tra i cattolici romani – lo assicura l’ispettore di p.s. del<br />
Viminale in un rapporto al questore – una «eccellente impressione»,<br />
al punto che i meno intransigenti di essi sperarono che quell’accenno<br />
fosse «fecondo di nuovi fatti che valgano col tempo ad<br />
assicurare un modus vivendi atto a cancellare quell’urto fra Chiesa<br />
e Stato di cui sempre si lamentano le conseguenze disastrose<br />
per l’una e per l’altro» 22 . Ed anche il regicidio alimentò, a <strong>Roma</strong> e<br />
altrove, speranze di conciliazione, visto che molti cattolici della<br />
capitale si unirono ai liberali nel rendere omaggio alla salma di re<br />
Umberto, al momento del suo trasporto nella capitale. Va infine<br />
ricordato che rappresentanti della Santa Sede e dell’associazionismo<br />
cattolico lavorarono gomito a gomito con funzionari della<br />
Prefettura e della Questura per disciplinare l’afflusso dei pellegrini:<br />
le trattative, condotte in gran segreto, portarono alla decisione,<br />
da parte cattolica, di rinunciare a processioni fuori di chiesa con<br />
labari e distintivi, e all’impegno, da parte delle autorità liberali, di<br />
impedire dimostrazioni anticlericali da parte della Massoneria o<br />
dei «partiti estremi».<br />
Significativi segni di conciliazione si ebbero anche all’interno<br />
del mondo cattolico romano: penso, per fare qualche esempio, alla<br />
pace, finalmente stipulata dopo anni di dissidio, tra l’Opera dei<br />
Congressi e la Federazione Piana, e a quella, già ricordata, tra Murri<br />
e la dirigenza dell’Azione Cattolica romana; e penso anche al<br />
progetto, elaborato nel dicembre del 1899 dalla Federazione Piana<br />
e dal Comitato diocesano, di promuovere una sottoscrizione<br />
fra i cattolici di <strong>Roma</strong> per erigere nella basilica lateranense una<br />
grande croce a ricordo del giubileo, con i nomi di tutti i sotto-
<strong>Cattolici</strong> <strong>organizzati</strong> a <strong>Roma</strong> (1870-1900) 499<br />
scrittori: «Alcuni fra i clericali intransigenti – scrisse il Commissario<br />
capo Buonerba al prefetto – avrebbero desiderato che non fosse<br />
tale sottoscrizione estesa anche ai cattolici non devoti al Vaticano;<br />
ma tale proposta non fu accettata, volendosi nel simbolo della<br />
Croce raccogliere tutti i cristiani, quali che sieno le loro idee politiche,<br />
e dare a questa manifestazione non altro carattere che quello<br />
della fede» 23 .<br />
Le associazioni cattoliche romane fecero a gara per progettare<br />
iniziative e per spiegare alla popolazione della città e del Lazio<br />
il significato dell’evento giubilare. La «Federazione Piana» predispose<br />
per tempo un articolato piano d’azione, affidando a ciascuna<br />
delle associazioni federate un settore da curare o un obiettivo<br />
da raggiungere. Dell’assistenza delle centinaia di migliaia di pellegrini<br />
giunti a <strong>Roma</strong> per lucrare le indulgenze giubilari si occupò il<br />
«Circolo dell’Immacolata della Gioventù di <strong>Roma</strong>», che si avvalse<br />
della collaborazione delle altre associazioni cattoliche romane,<br />
prima fra tutte il «Circolo S. Pietro». Un’apposita Commissione,<br />
presieduta da mons. Radini Tedeschi, aveva il compito di preparare<br />
le funzioni e le adunanze religiose più significative nella chiesa<br />
di S. Ignazio, guidare ed assistere i pellegrini nelle visite alle<br />
maggiori basiliche, ottenere le facilitazioni necessarie per l’acquisto<br />
delle indulgenze giubilari, fornire ai pellegrini tutte le informazioni<br />
di cui avessero bisogno. Tutte le iniziative progettate ed<br />
attuate a <strong>Roma</strong> rientravano nel programma elaborato dal «Comitato<br />
promotore per il solenne omaggio a Gesù Cristo Redentore al<br />
chiudersi del secolo XIX», costituitosi a Bologna nel 1896 sotto la<br />
presidenza di Giovanni Acquaderni e di cui facevano parte, tra gli<br />
altri, in rappresentanza dei cattolici romani, anche mons. Radini<br />
Tedeschi e Filippo Tolli.<br />
Come in altre città della penisola, anche a <strong>Roma</strong> si costituì un<br />
Comitato alle dipendenze di quello bolognese. Tra le iniziative<br />
promosse dal Comitato romano, va ricordato l’invito ai cattolici<br />
italiani perché in ogni regione della penisola, sulla vetta più alta,<br />
venisse innalzato un monumento al Redentore. L’iniziativa ebbe<br />
grande successo, e in ognuna delle diciannove regioni, vennero<br />
erette statue del Redentore. Su proposta del conte Ludovico Pecci,<br />
nipote del Pontefice, il numero dei monumenti fu portato a<br />
venti, perché, al pari dei diciannove secoli trascorsi dalla morte di<br />
Gesù, anche quello che stava nascendo fosse consacrato al Redentore.<br />
Per coinvolgere più attivamente le regioni ed anche per atti-
500 Mario Casella<br />
rare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’iniziativa, fu chiesto<br />
ai Comitati regionali che si erano costituiti un mattone fatto di<br />
pietra tagliata dal monte designato per il monumento: con i venti<br />
mattoni, sarebbe stata murata la Porta Santa della basilica vaticana<br />
nella cerimonia di chiusura dell’Anno Santo. La regione romana<br />
innalzò il suo monumento al Redentore sul Guadagnolo, monte<br />
che sovrasta il Santuario della Mentorella, diocesi di Tivoli, a<br />
1218 metri sul livello del mare; e dalla roccia di quel monte fu ricavato<br />
un mattone su cui fu incisa una frase in latino le cui prime<br />
parole erano: «Iesus Christus heri et odie» 24 .<br />
APPENDICE DOCUMENTARIA<br />
Cenno sulle Società Cattoliche di <strong>Roma</strong> 25<br />
Le Società Cattoliche di <strong>Roma</strong> a propriamente dire ebbero principio<br />
fino dall’anno 1850, quando la lettera di Napoleone III al Colonnello<br />
Ney ebbe fatto palese gl’intendimenti di quell’infelice Monarca circa<br />
la ristaurazione del Governo Pontificio, che voleva ristabilirlo sui principii<br />
liberali e conformi a quelli del 1789.<br />
Allora una eletta di <strong>Roma</strong>ni fedeli alla Chiesa, non potendo colle armi,<br />
dié di piglio alla penna e si costituì in una Società tendente a risvegliare<br />
il sentimento cattolico e monarchico con iscritti ed opuscoli periodici,<br />
che non furono senza frutto.<br />
Nel 1854 colla guerra di Crimea e colla partecipazione del Piemonte<br />
nella lega occidentale, s’intese maggiormente il bisogno di garantire in<br />
modo più esplicito ed energico il potere sovrano del Pontefice; quindi si<br />
formò in <strong>Roma</strong> un Comitato Cattolico composto di varii <strong>Roma</strong>ni di buon<br />
volere e di ragguardevoli famiglie, con alcuni signori di varii paesi stranieri.<br />
Questi con la scorta di un insigne ecclesiastico straniero costituirono<br />
un Comitato di azione in difesa della S. Sede a guisa quasi di ordine<br />
cavalleresco militare, il quale si proponeva di fornire al Papa un corpo<br />
novello di volontarii cattolici da renderlo indipendente dalla molesta<br />
protezione di Napoleone III e di garantirne la sicurezza dello Stato.<br />
Questo Comitato col pieno gradimento del S. Padre operò efficacemente<br />
per vario tempo avendo ottenuto l’adesione e la cooperazione<br />
di molti Vescovi, e personaggi specialmente francesi, inglesi e tedeschi,<br />
i quali offrivano uomini e danaro a raggiungere lo scopo. Nel bel meglio<br />
però e precisamente nell’anno 1856 all’epoca del fatale Congresso di<br />
Parigi, la diplomazia soffocò quel buon seme ed il Comitato ebbe momentaneamente<br />
a sciogliersi.
<strong>Cattolici</strong> <strong>organizzati</strong> a <strong>Roma</strong> (1870-1900) 501<br />
I frutti del Congresso di Parigi maturarono nel 1859 e all’epoca dell’infausta<br />
guerra di Lombardia, posta in rivoluzione tutta l’alta Italia,<br />
compresi i Ducati, le <strong>Roma</strong>gne e l’Emilia, sotto la protezione dell’esercito<br />
di occupazione francese si apparecchiava in <strong>Roma</strong> stessa il decadimento<br />
del Papa e la proclamazione di un governo provvisorio rivoluzionario.<br />
Allora le membra sparse del Comitato Cattolico si raccolsero di<br />
nuovo per tentare qualche cosa in difesa della S. Sede e si riunivano<br />
giornalmente nello scopo di formare un corpo di Volontarii <strong>Roma</strong>ni,<br />
che prendessero la difesa di <strong>Roma</strong> e del Papa nel caso probabile dell’abbandono<br />
di <strong>Roma</strong> da parte delle truppe di Napoleone III.<br />
Contemporaneamente un altro gruppo di buoni <strong>Roma</strong>ni, non sapendo<br />
dell’altro, si adunava all’istesso scopo. Avuto contezza l’uno dell’altro,<br />
si unirono per unire le forze, e formata una Deputazione di nove<br />
individui, il giorno 2 Luglio, sul cader della sera, quando per l’appunto<br />
si annunziava imminente la proclamazione del governo rivoluzionario in<br />
<strong>Roma</strong>, fu ammessa in Udienza dal S. Padre, il quale, commosso fino alle<br />
lacrime, ricevette, benedicendola, l’offerta fattagli in nome di un gran<br />
numero di giovani <strong>Roma</strong>ni che si erano proposti di difendere colle armi<br />
la S. Sede in quei gravissimi momenti.<br />
Colla benedizione del S. Padre quegli uomini di buona volontà posero<br />
mano all’opera ed in pochi giorni più centinaia di buoni <strong>Roma</strong>ni<br />
erano inscritti nei ruoli del nuovo corpo che doveva chiamarsi Guardia<br />
Urbana. Furono redatti i regolamenti col concorso del Ministero delle<br />
armi, e furono formati i quadri; quando la pace di Villafranca e al solito<br />
la diplomazia distrussero di bel nuovo questo bel germe!<br />
Però quella pace non fu vera pace e subito si asperò [sic?] di bel<br />
nuovo sotto le ali delle aquile imperiali a danni della S. Sede.<br />
Un tetro scuoramento succedette a quello slancio e <strong>Roma</strong> sembrò<br />
per un momento in piena balia dei tristi, allorquando alcuni di quei giovani<br />
devoti a Dio ed alla Chiesa, si adunarono di bel nuovo per iscuotere<br />
la nostra <strong>Roma</strong> da quell’abbattimento, e questa volta con mezzi affatto<br />
nuovi.<br />
Questo Comitato composto di dodici Giovani si appigliò al mezzo<br />
validissimo della preghiera.<br />
Il Carnevale del 1860 era riuscito ad una vera sconfitta dei buoni: i<br />
settarii avevano impiegato ogni mezzo e perfino la esplosione di bombe<br />
metalliche per intimorire i buoni. Veniva la quaresima e quei giovani,<br />
dei quali mai si seppe il nome, diffusero l’invito di recarsi a S. Pietro a<br />
pregare col S. Padre nella visita delle Stazioni.<br />
Non vi fu intimidamento o minaccia che non impiegassero i rivoluzionarii,<br />
che si ripetesse negli altri Venerdì quella pia dimostrazione, ma<br />
ottennero invece lo scopo opposto: ché l’accorrere dei <strong>Roma</strong>ni crebbe a
502 Mario Casella<br />
dismisura nei susseguenti Venerdì, di guisa che sembrò lo accorrere di<br />
<strong>Roma</strong> nei giorni più solenni di Natale e di Pasqua.<br />
La buona riuscita di questo mezzo incoraggiò il nuovo Comitato,<br />
che costituitosi permanentemente si svolse formando in ciascun rione<br />
ed in ciascuna parrocchia altrettanti Comitati subordinati a quello<br />
centrale.<br />
Allora fu che a mantenere e a fomentare il movimento prodottosi<br />
nei Venerdì di marzo, si proposero cento mezzi a dimostrare e ad accendere<br />
la divozione dei <strong>Roma</strong>ni verso il Papa e il suo Governo; quindi<br />
le dimostrazioni e le acclamazioni che accompagnavano per ogni dove<br />
il S. Padre, quindi l’Obolo di S. Pietro che fu costituito in Arciconfraternita,<br />
dopo che ebbe origine nel cattolico Belgio, quindi l’Arciconfraternita<br />
delle Catene di S. Pietro, quindi le meravigliose luminarie che<br />
stupir fecero il mondo nelle ricorrenze del 12 Aprile, fatte tutte a spese<br />
individuali dei <strong>Roma</strong>ni e che non cessarono, se non coll’invasione di<br />
<strong>Roma</strong>. Intanto nel 1865 si costituiva La Società Preservatrice dalla lettura<br />
dei cattivi libri e giornali che aveva sede in S. Carlo a’ Catinari, mentre<br />
nel 1867 una mano di giovani <strong>Roma</strong>ni impugnava le armi nel momento<br />
più pericoloso dell’invasione Garibaldina di quell’anno, e formava<br />
quel corpo di volontarii, che l’infaustissimo 20 Settembre trovò a<br />
difesa del Vaticano.<br />
Nel 1868 nella Università della Sapienza si formava un’associazione<br />
di giovani studenti intesa ad animarsi scambievolmente nella difesa della<br />
buona causa, ed erano, sebbene senza pompa, tutti intesi ed animati a<br />
quell’intento, quando nel 1869, cinquantesimo anno sacerdotale del<br />
Sommo Pontefice, sorgevano contemporaneamente all’insaputa dell’una<br />
e dell’altra le Società della Gioventù Cattolica di Bologna e di Venezia,<br />
che poi si fusero in una. Ed erano in <strong>Roma</strong> i Rappresentanti di quella<br />
Società all’epoca di quel Giubbileo faustissimo [sic], i quali vollero<br />
fondare in <strong>Roma</strong> un Circolo che si unissero alla loro opera ed era cosa<br />
ben facile l’ottenerlo: poiché l’Unione formatasi nella università romana<br />
agiva già regolarmente da oltre un’anno [sic] a quella parte. Contemporaneamente<br />
in quello stesso anno 1869 e a quella medesima epoca con<br />
alcuni signori dell’alta Italia si costituiva in <strong>Roma</strong> l’Unione Cattolica Italiana,<br />
che nel 1° Novembre 1870 divenne Società Promotrice delle buone<br />
opere. Quindi all’infaustissima epoca del 20 Settembre 1870 cinque Società<br />
Cattoliche erano già costituite in <strong>Roma</strong>, vale a dire: La Arciconfraternita<br />
dell’Obolo di S. Pietro, La Pia Società Preservatrice dalla lettura<br />
dei cattivi libri e giornali, il Circolo di S. Pietro e la Società Promotrice, e<br />
l’Arciconfraternita delle catene di S. Pietro.<br />
Compita l’invasione di <strong>Roma</strong>, nel Novembre 1870 nasceva la Pia<br />
Unione delle Donne Cattoliche e quindi contemporaneamente quella<br />
per gli Interessi <strong>Cattolici</strong>.
<strong>Cattolici</strong> <strong>organizzati</strong> a <strong>Roma</strong> (1870-1900) 503<br />
Più tardi nello stesso anno avevano origine le Società dei Reduci dalle<br />
Battaglie in difesa del Papato e il Circolo dell’Immacolata della Gioventù<br />
di <strong>Roma</strong>, l’Associazione Artistica ed Operaia di carità reciproca, poi<br />
l’Associazione di S. Carlo per la diffusione della buona stampa, e finalmente<br />
la Pia Unione delle Dame protettrici delle Giovani di Servizio.<br />
Queste Società agendo ciascuna nel proprio scopo sentivano il<br />
bisogno di un mezzo di comunicazione e di aiuto reciproco nell’azione<br />
comune in ordine ai presenti momenti e per aiutarsi a vicenda. A<br />
tal fine la Primaria Società Cattolica Promotrice delle buone opere in<br />
<strong>Roma</strong>, eretta canonicamente il 24 Luglio 1871 con sua Circolare del 3<br />
Giugno 1871 invitava tutte le Associazioni Cattoliche di quest’Alma<br />
Città ad unirsi in una Federazione della quale sottoponeva un progetto<br />
di Statuto.<br />
V’aderivano le seguenti Società:<br />
la Società dei Reduci dalle Battaglie in difesa del Papato con sua lettera<br />
in data 7 Giugno 1871, la Primaria Pia Unione delle Donne Cattoliche<br />
in <strong>Roma</strong>, con sua adesione in data 10 Giugno 1871, il Circolo di S.<br />
Pietro della Società della Gioventù Cattolica Italiana con sua accettazione<br />
in data 10 Giugno 1871, il Circolo dell’Immacolata della Gioventù di<br />
<strong>Roma</strong> per l’Associazione alla preghiera continua con risposta adesiva del<br />
27 Giugno 1871.<br />
Ottenute dalla Promotrice le adesioni suaccennate, il 31 Luglio<br />
1871 tenne la federazione Piana delle Società Cattoliche in <strong>Roma</strong> la sua<br />
prima seduta.<br />
Presero quindi parte alla medesima le seguenti Consociazioni:<br />
la Pia Società Preservatrice dalla lettura dei cattivi libri e giornali,<br />
ammessa in Federazione nella seduta del 3 Settembre 1871;<br />
la Primaria Associazione Cattolica Artistica ed Operaia di Carità reciproca,<br />
accolta il 3 Settembre 1871;<br />
la Primaria Associazione di S. Carlo per la diffusione della buona<br />
stampa, ammessa nella seduta federale del 6 Dicembre 1871;<br />
la Primaria Pia Unione delle Dame Protettrici delle Giovani di Servizio,<br />
accettata in Federazione il 28 Dicembre 1871;<br />
la Società Primaria <strong>Roma</strong>na per gli Interessi <strong>Cattolici</strong>, ammessa in seguito<br />
al suo dispaccio n. 79 in data del Gennaio 1872.<br />
Erano dunque dieci le Società unite con vincolo federale, che venne<br />
canonicamente stabilito con Breve Pontificio del 23 Febbraio 1872, solennemente<br />
pubblicato in S. Andrea della Valle nella memorabile adunanza<br />
delle Società federate in cui presero parte presso a 12 persone.<br />
Da quel momento la Federazione prese a svolgersi e poiché nel Breve<br />
Pontificio era detto che si esortavano non solo le Società <strong>Roma</strong>ne ma<br />
anche quelle d’Italia e del Mondo a stringersi con egual modo alla medesima<br />
Federazione, che in omaggio al Regnante Pontefice Pio IX fu
504 Mario Casella<br />
detta Piana, varie Società della penisola e dell’estero chiesero ripetutamente<br />
di essere ammesse nella nostra federazione e nel giugno del 1872<br />
l’Unione Cattolica Italiana volle tenere nella sede della Federazione un<br />
Congresso allo scopo di unire e fondarsi nella medesima Federazione in<br />
volenteroso ossequio alle parole del Pontefice. Sventuratamente però lo<br />
spirito di vertigine, che agita l’umano consorzio, nei momenti presenti<br />
gettò la zizzania nel bel campo della federazione e lungi dall’accogliere<br />
le Società che si offerivano novelle, chiusero loro l’adito alla Federazione,<br />
rendendo vane le esortazioni pontificie.<br />
Ciò non pertanto per varii anni la Federazione, ristretta nella sola<br />
<strong>Roma</strong>, non lasciò di produrre alcuni buoni frutti, finché non saprebbe<br />
dirsi come né donde lo spirito di disunione e quasi di non curanza all’alto<br />
compito, a cui è chiamata, si mise nelle sue file, gettandovi lo sconforto<br />
e l’abbandono, mentre i più affezzionati [sic] alle nostre Società vedendo<br />
con pena il decadere della Federazione fanno voti perché venga<br />
rialzata e posta in quell’onore e in quel decoro che le conviene e il nome<br />
stesso esige.<br />
Negli ultimi anni le perversità dei tempi privarono la Federazione di<br />
due dei suoi membri nella Società dei Reduci ora ricostituita sotto altro<br />
nome e nella Società preservatrice dalle cattive letture.<br />
NOTE<br />
Mario Casella<br />
1 Anticipo qui, con le note strettamente necessarie, alcune pagine della relazione su<br />
L’associazionismo laicale da me presentata al Convegno di studio La comunità cristiana a<br />
<strong>Roma</strong>: la sua vita e la sua cultura dall’età moderna all’età contemporanea, svoltosi a <strong>Roma</strong><br />
dal 25 al 27 novembre 1999, per iniziativa della Università degli Studi <strong>Roma</strong> Tre. Queste<br />
le Principali Abbreviazioni: AOC = Archivio dell’Opera dei Congressi, Venezia; ASR = Archivio<br />
di Stato di <strong>Roma</strong>; AVR =Archivio del Vicariato di <strong>Roma</strong>; CC = Civiltà Cattolica.<br />
2 Su queste istituzioni, si veda il Cenno sulle Società Cattoliche di <strong>Roma</strong>, pubblicato<br />
in appendice al presente lavoro.<br />
3 La CC (1872, vol. Il, p. 233), rifacendosi a talune affermazioni fatte da Pio IX nel<br />
breve istitutivo della Federazione, auspicò la nascita di una «Internazionale cattolica»<br />
da opporre alla «Internazionale massonica». Scrisse in proposito: «Non dubitiamo<br />
punto che le Società cattoliche non romane, come prima sarà pervenuto a loro notizia il<br />
dolce invito del Santo Padre, così saranno sollecite di appagarne il voto, affrettandosi di<br />
far corpo con la Federazione Piana di <strong>Roma</strong>, a fin di ritrarre dall’unità di spirito maggior<br />
efficacia: di che anche noi ci adoperammo di esporre la necessità ed i vantaggi, là dove<br />
trattammo delle Associazioni cattoliche. A questo modo, per vie legali, onestissime,<br />
conformi allo spirito della carità evangelica, a presidio della Chiesa ed a tutela della verace<br />
libertà di coscienza, sarà costituita una Internazionale cattolica, da contrapporsi,<br />
per gli interessi spirituali ed eterni delle anime, agli assalti della Internazionale massonica,<br />
o piuttosto diabolica, dei Governi atei e delle sette socialistiche».
<strong>Cattolici</strong> <strong>organizzati</strong> a <strong>Roma</strong> (1870-1900) 505<br />
4 A. Grossi Gondi, In memoria del Prof. Comm. Augusto Persichetti, Stab. Tip.<br />
«Aternum», <strong>Roma</strong> 1923, p. 26.<br />
5 Così lo Statuto, Scuola Tipografica Tata Giovanni, <strong>Roma</strong> s.d., art. 12.<br />
6 Atti parlamentari, Camera, Discussioni, 12 febbraio 1898, p. 4438.<br />
7 P. Scoppola, Crisi modernista e rinnovamento cattolico, Il Mulino, Bologna 1969<br />
p. 36 ss.<br />
8 Ibid.<br />
9 G. Semeria, Giovani cattolici e cattolici giovani, Forzani e C., Tip. Del Senato,<br />
<strong>Roma</strong>, p. 9 ss.<br />
10 L. Bedeschi, Circoli modernizzanti a <strong>Roma</strong> a cavallo del secolo (con alcuni documenti<br />
inediti), in Studi <strong>Roma</strong>ni, 1970, II, pp. 6-31 (poi anche in Fonti e Documenti, Istituto<br />
di Storia dell’Università di Urbino, 1986, 15, pp. 11-49, da cui cito).<br />
11 L. Fiorani, Modernismo romano, 1900-1922, in Ricerche per la storia religiosa di<br />
<strong>Roma</strong>, <strong>Roma</strong>, n. 8, p. 75 ss.<br />
12 L. Bedeschi, Circoli modernizzanti a <strong>Roma</strong>..., cit., p. 18.<br />
13 «Quanto alla persecuzione mossami in <strong>Roma</strong> (l’E.mo Vicario mi raccontava come<br />
dei sacerdoti avevano persino chiesto la mia sospensione), io spero che essa, in fondo,<br />
mi abbia fatto non più male che bene, anzi [...]»: così Murri a Toniolo l’11 giugno<br />
1898 [cit. da C. Mochi, Lettere di R. Murri a G. Toniolo (1896-1901), in Rassegna di Politica<br />
e Storia, luglio-settembre 1970, p. 131]. La lettera anche in R. Murri, Carteggio. II:<br />
Lettere a Murri 1898, a cura di L. Bedeschi, <strong>Edizioni</strong> di Storia e Letteratura, <strong>Roma</strong> 1871,<br />
p. 106 ss.<br />
14 A. Grossi Gondi, In memoria del Prof. Comm. Augusto Persichetti, cit., p. 17 ss.<br />
15 La lettera in AOC, Comitati Regionali e Dioc., f. «Lazio».<br />
16 Il 30 settembre 1882, in una lettera circolare ai parroci di <strong>Roma</strong>, il cardinale vicario<br />
ricordò l’enciclica con cui giorni addietro Leone XIII aveva messo in luce le virtù<br />
di san Francesco e «i vantaggi derivati dalle istituzioni di lui sì alla religione e sì alla vera<br />
civiltà», facendo tra l’altro riferimento al terz’ordine, cioè a quei fedeli dell’uno e dell’altro<br />
sesso, i quali «restando a vivere nel secolo fan professione di seguitare gli esempi<br />
di Gesù Cristo colla religiosa osservanza dei precetti divini ed ecclesiastici, e più propriamente<br />
coll’umiltà del cuore, coll’amore alla povertà, colla castità secondo i diversi<br />
stati della vita, colla rassegnazione nei patimenti e col procacciarsi il fervore della pietà,<br />
l’integrità del vivere e la perseveranza nell’azione». «Il Santo Padre – continuò il porporato<br />
– ha fiducia che si accenda e si dilati ognor più ne’ fedeli il fuoco di cristiana carità<br />
al semplice chiarore delle norme tracciate da s. Francesco ai suoi terziari, e che per tal<br />
mezzo abbia a rinvigorirsi nel mondo la santa fede e la sincera e pubblica osservanza dei<br />
precetti cristiani. S. Francesco è davvero una delle più belle immagini del divin Salvatore<br />
apparsa in questa terra: e appunto perché è copia umana di esemplare divino, ed è copia<br />
rassomigliantissima in lineamenti di accostevole semplicità, perciò ne riesce più proficuo<br />
insieme e più facile il ricopiarla». Dopo aver auspicato che i curatori d’anime «nulla<br />
lascino d’intentato per eccitare i fedeli, in ispecie gli uomini e soprattutto i giovani, a<br />
dare il loro nome al terz’ordine francescano [...]», il cardinale vicario aggiunse: «Qui in<br />
<strong>Roma</strong> il terz’ordine sì ardentemente raccomandato dal Santo Padre non fu mai da Dio<br />
mercé sconosciuto, e ancor oggi conta un buon numero di ascritti. Vi sono parecchi centri<br />
di ascrizioni nelle principali chiese uffiziate dai francescani, cioè nelle chiese di s. Maria<br />
in Aracoeli, dei ss. XII Apostoli, di s. Francesco a Ripa, dei ss. Cosma e Damiano al<br />
foro romano, e della ss. Concezione dei pp. Cappuccini [...]. Resta dunque che ciascun<br />
parroco e da sé direttamente, in ispecie nei suoi sermoni al popolo, e col mezzo di altre<br />
pie persone e degli ecclesiastici addetti al ministero sacro e dei superiori delle diverse<br />
comunità dell’uno e dell’altro sesso, invogli i fedeli ad ascriversi nel numero dei terziari<br />
francescani, e procuri che tutti ne frequentino le pie congregazioni e che cresca sempre<br />
in essi il fervore della vita cristiana [...]» (un esemplare della circolare in AVR, Segreteria,<br />
b. 52, f. 18).
506 Mario Casella<br />
17 Il testo completo della lettera a stampa in AOC, Atti del Comitato Permanente,<br />
1897-1898, f. 1898; brani del documento in Il Movimento Cattolico, 31 luglio-31 agosto<br />
1898, p. 425. La lettera non è datata, ma è sicuramente del giugno 1898. Il 18 di quel<br />
mese ne fu data notizia ai soci del Circolo S. Pietro (Verbali del Circolo alla data indicata).<br />
Un cenno al documento in S. Tramontin, Mons. Scalabrini..., cit., p. 10.<br />
18 R. Aubert, Il Pontificato di Pio IX, in Storia della Chiesa (diretta da Fliche e Martin),<br />
XXI, Torino 1964, p. 449.<br />
19 Si veda in proposito l’opuscolo Società Primaria <strong>Roma</strong>na per gli Interessi <strong>Cattolici</strong>:<br />
Cinquantenario della fondazione, <strong>Roma</strong> 1921, p. 18 ss.<br />
20 Relazione di Mons. Radini Tedeschi sul movimento cattolico romano, in Atti dell’XI<br />
Congresso cattolico, <strong>Roma</strong> 1894, p. 101 ss.<br />
21 A.C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia dalla unificazione a Giovanni XXIII, Einaudi,<br />
Torino 1965, p. 485.<br />
22 Il rapporto, datato 10 gennaio 1900, in ASR, Questura, f. 309, sf. «1900».<br />
23 Il rapporto, datato 18 dicembre 1899, in ASR, Prefettura, Gabinetto, b. 492, f.<br />
«Pellegrinaggi Anno Santo».<br />
24 Si veda in proposito l’opuscolo: Il monumento a Gesù Cristo Redentore sul monte<br />
Guadagnolo. Regione <strong>Roma</strong>na, Tip. Pontificia dell’Istituto Pio IX, <strong>Roma</strong> 1907, p. 38 ss.<br />
25 Relazione per il cardinale vicario, in AVR, Segreteria, b. 298, f. 11. Il documento<br />
non è firmato (potrebbe essere opera di mons. Domenico Jacobini) e neppure datato (si<br />
può tuttavia ragionevolmente farlo risalire agli ultimi anni del pontificato di Pio IX).