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Documento PDF - UniCA Eprints - Università degli studi di Cagliari.

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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>Cagliari</strong><br />

Scuola <strong>di</strong> Dottorato in Stu<strong>di</strong> Filologici e Letterari<br />

Ciclo XXII<br />

So schlagen wir mit ganzer Wucht/Die Feinde krumm und klein.<br />

La costruzione della propaganda nei Supplementi letterari<br />

della «Tiroler Soldaten-Zeitung»<br />

L-FIL-LET/14 CRITICA LETTERARIA E LETTERATURE COMPARATE<br />

Presentata da: Maria Rita Murgia<br />

Coor<strong>di</strong>natore Dottorato: Prof. Laura Sannia<br />

Relatore: Prof. Mauro Pala<br />

Esame finale anno accademico 2009 - 2010


In<strong>di</strong>ce<br />

Introduzione p. 4<br />

Il Kriegspressequartier e la propaganda per i soldati p. 7<br />

Per una breve storia del Kriegspressequartier p. 7<br />

La Filmstelle p. 10<br />

La propaganda nell’Italia occupata p. 11<br />

La Pressegruppe p. 13<br />

La propaganda per i soldati p. 14<br />

Gli spettacoli collettivi: il teatro da campo p. 16<br />

Case del soldato e letture <strong>di</strong> trincea p. 17<br />

I giornali per i soldati p. 18<br />

Il giornale della Prima armata p. 18<br />

La guerra e i due volti della censura p. 21<br />

La Berichterstattergruppe e la militarizzazione dei corrispondenti <strong>di</strong> guerra p. 21<br />

Le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro dei Berichterstatter p. 22<br />

La censura governativa p. 23<br />

L’esperienza dei Kriegsmaler p. 24<br />

Il Tirolo in guerra p. 26<br />

Il bastione Tirolo e la mobilitazione dei Landesschützen p. 26<br />

I provve<strong>di</strong>menti anti-irredentisti dell’amministrazione militare p. 29<br />

La propaganda nel Tirolo in guerra p. 34<br />

La «Tiroler Soldaten-Zeitung» p. 38<br />

Giornale <strong>di</strong> trincea o giornale per soldati? p. 38<br />

Il giornale della prima armata arriva in Tirolo p. 41<br />

Il supplemento letterario <strong>di</strong> trincea p. 45<br />

Il foglio <strong>di</strong> propaganda p. 49<br />

1


Il mondo secondo i Supplementi letterari della Tsz p. 55<br />

Das ‘Heilige Land Tirol’. Il legame del Tirolo con la Chiesa Cattolica p. 56<br />

Il cattolicesimo politico in Tirolo nella seconda metà del XIX secolo p. 58<br />

Il Kulturkampf tirolese p. 59<br />

La <strong>di</strong>visione: conservatori vs cristiano-sociali p. 64<br />

Turismo e Cattolicesimo p. 66<br />

Le ansie del potere. Dimensione dell’ansia p. 66<br />

La reazione <strong>di</strong>fensiva come aggressione p. 69<br />

Masse und Macht p. 71<br />

Mantenimento del potere e Feindschaftserwartung p. 72<br />

La strumentalizzazione del Cattolicesimo politico in Tirolo p. 73<br />

La mitizzazione del passato p. 75<br />

La ‘nazione Tirolo’ come espressione <strong>di</strong> identità culturale p. 76<br />

Il <strong>di</strong>fficile rapporto del Tirolo con il governo viennese p. 83<br />

1909: anno chiave della devozione ad Hofer p. 84<br />

Il corpo <strong>degli</strong> Schützen tirolesi p. 85<br />

Le poesie del Supplemento letterario. Temi e motivi p. 88<br />

I miti e simboli della piccola patria tirolese p. 95<br />

Andreas Hofer, gli antenati e i fatti del 1809 p. 95<br />

Altri personaggi-simbolo p.101<br />

La motivazione religiosa: morte eroica e favore <strong>di</strong>vino p.105<br />

Il paesaggio alpino e il mito del Tirolo p.126<br />

Guerra e vita in alta quota p.133<br />

I corpi dell’esercito e i loro simboli p.147<br />

Gioventù,virilità, ar<strong>di</strong>tezza p.163<br />

Der feige, welsche Wicht: definizione del gruppo negativo p.170<br />

Espressioni e parole chiave dell’autorappresentazione p.189<br />

Espressioni e parole chiave dell’eterorappresentazione p.190<br />

2


Il supporto visivo p.193<br />

Il soldato p.195<br />

La vita al fronte p.196<br />

Il paesaggio <strong>di</strong> montagna p.211<br />

Vignette umoristiche p.216<br />

In<strong>di</strong>ce titoli e data delle immagini p.221<br />

L’ultimo periodo del giornale p.225<br />

La Nazione austro-ungarica p.228<br />

Allegato 1 p.232<br />

Allegato 2 p.239<br />

Allegato 3 p.241<br />

In<strong>di</strong>ce contenuti Ge<strong>di</strong>chte 1915 p.241<br />

In<strong>di</strong>ce contenuti Ge<strong>di</strong>chte1916 p.248<br />

Bibliografia p.257<br />

3


Introduzione<br />

La Prima guerra mon<strong>di</strong>ale ha consistentemente e ininterrottamente attirato l'attenzione <strong>di</strong><br />

numerosi <strong>stu<strong>di</strong></strong>osi sia europei che extraeuropei. Con l'andare del tempo e con l'aumentare del<br />

numero <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> ad essa de<strong>di</strong>cati, se possibile, questo interesse internazionale è andato<br />

crescendo. In particolare, ultimamente il mondo della ricerca vuole addentrarsi in ambiti e<br />

aspetti <strong>di</strong> questo evento che ancora non sono stati considerati. Il nuovo, rinato interesse per la<br />

Grande Guerra è ampiamente dovuto anche alla presenza <strong>di</strong> nuovi meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> nella<br />

ricerca storica.<br />

Gli <strong>stu<strong>di</strong></strong> più datati hanno sì preparato il terreno per i <strong>di</strong>battiti attuali, lasciando comunque<br />

molte domande irrisolte. Anche gli <strong>stu<strong>di</strong></strong>osi e gli storici delle generazioni passate si<br />

concentrarono sulle questioni <strong>di</strong>plomatiche, politiche e, alle volte, economiche, ma per lo più<br />

il loro interesse si è orientato sugli aspetti strettamente militari del conflitto. Gli <strong>stu<strong>di</strong></strong> più<br />

recenti sulla storia delle moderne tecniche <strong>di</strong> guerra, al contrario, hanno esplorato<br />

maggiormente la sua <strong>di</strong>mensione sociale: i ruoli sessuali, la cultura e le mentalità, per<br />

nominare solo alcune delle nuove aree d’interesse.<br />

I nuovi approcci hanno sfidato i meto<strong>di</strong> e gli ambiti <strong>di</strong> ricerca da tempo stabiliti e la storia<br />

militare è proprio una <strong>di</strong> quelle. Persino l'analisi delle battaglie e delle campagne, focus<br />

tra<strong>di</strong>zionale della storia militare, hanno subito una rivisitazione alla luce <strong>degli</strong> orientamenti<br />

più recenti. Punto <strong>di</strong> partenza per un’indagine "moderna" è dunque considerare la totalità<br />

dell'evento, che ne richiede l'analisi <strong>degli</strong> aspetti economici e finanziari, come anche <strong>di</strong> quelli<br />

civili e psicologici; chiede l'analisi dell'interazione tra guerra e società, uno <strong>stu<strong>di</strong></strong>o delle<br />

mentalità, non solo però delle élite culturali, ma anche la considerazione <strong>di</strong> gruppi sociali più<br />

ampi e quin<strong>di</strong> <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui or<strong>di</strong>nari.<br />

La guerra totale domandò la mobilitazione <strong>di</strong> tutte le forme <strong>di</strong> vita pubbliche e private per la<br />

vittoria, non solo sul campo <strong>di</strong> battaglia, perciò essa richiede una storia che sia totale, o che<br />

cerchi <strong>di</strong> esserlo, in quest’ottica tutti i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> ricerca a <strong>di</strong>sposizione sono necessari per<br />

cogliere l'enorme complessità <strong>di</strong> questo evento.<br />

In questo lavoro si prenderà in considerazione un tassello importante per lo <strong>stu<strong>di</strong></strong>o e la<br />

comprensione dei processi culturali che hanno caratterizzato la storia della guerra mon<strong>di</strong>ale: i<br />

giornali, patrimonio fondamentale e mezzo in<strong>di</strong>spensabile per accedere alla storia delle<br />

mentalità. All’incrocio fra la storia militare e la storia della stampa, che prende in<br />

4


considerazione non più soltanto la stampa quoti<strong>di</strong>ana citta<strong>di</strong>na, ma anche le pubblicazioni<br />

apparentemente periferiche, si colloca una esperienza finora poco indagata, ma il cui esame<br />

potrebbe rivelarsi assai fruttuoso per l’indagine totale <strong>di</strong> cui si parlava sopra. Ci si riferisce<br />

qui in particolare alla gran quantità <strong>di</strong> piccoli e gran<strong>di</strong> giornali <strong>di</strong> trincea, del fronte, del<br />

campo che venivano <strong>di</strong>stribuiti alle truppe durante il conflitto.<br />

Particolare attenzione sul versante della propaganda era stata posta dall’Impero austro-<br />

ungarico che aveva organizzato la mobilitazione <strong>degli</strong> scrittori tramite un apposito ufficio, il<br />

Kriegspressquartier <strong>di</strong> Vienna, dove lavorarono noti intellettuali quali Franz Blei, Franz<br />

Theodor Csokor, Egon Erwin Kisch, Hugo von Hofmannstahl, Alfred Polgar, Rainer Maria<br />

Rilke, Franz Werfel e Stefan Zweig. La Literarische Gruppe del Kriegsarchiv pubblicava<br />

<strong>di</strong>versi giornali come ad esempio «Heimat» e, a partire dal marzo 1917, quin<strong>di</strong> con un po’ <strong>di</strong><br />

ritardo, il mensile illustrato «Donauraum», il cui scopo era fornire un affresco della vita e<br />

della cultura della Duplice Monarchia.<br />

Tra le esperienze <strong>di</strong> propaganda non legate al Kriegspressquartier vi è la «Tiroler Soldaten-<br />

Zeitung» (d’ora in poi Tsz), giornale settimanale pubblicato dal<br />

Landesvertei<strong>di</strong>gungskommando del Tirolo. Non si trattava <strong>di</strong> un corrivo foglio <strong>di</strong> trincea,<br />

come molti tra quelli prodotti da singole unità o coman<strong>di</strong>. Si trattava bensì <strong>di</strong> un settimanale<br />

dalla grafica raffinata (curata da Hans Joseph Weber-Tyrol e Arthur Nikodem), che ospitava<br />

pagine <strong>di</strong> pubblicità, e, dato straor<strong>di</strong>nario, un supplemento letterario al quale collaborano<br />

anche alcuni significativi scrittori tirolesi.<br />

La Tsz si caratterizza anche per una particolare attenzione e cura dell’aspetto iconografico: il<br />

giornale, infatti, riproduce le opere <strong>di</strong> numerosi artisti e Kriegsmaler fra cui Albin Egger-<br />

Lienz. Nella parte finale delle sue pubblicazioni il giornale viene <strong>di</strong>retto nientemeno che da<br />

Robert Musil, all’epoca già noto e affermato scrittore. Della la Tsz, giornale del quale<br />

nonostante il tempo e gli eventi è rimasto superstite quasi tutto il corpus, è in corso <strong>di</strong><br />

pubblicazione l’e<strong>di</strong>zione elettronica, in un DVD realizzato assieme al Progetto CIRCE della<br />

Facoltà <strong>di</strong> Lettere dell’<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Trento, che raccoglie tutto il pubblicato.<br />

Alla ricostruzione completa questa storia mancavano due tasselli importanti: l’e<strong>di</strong>zione<br />

italiana e ungherese. Si sapeva infatti da un rapporto riservato del 30 giugno 1916 che il<br />

giornale si pubblicava non solo in tedesco, ma a intervalli più ampi e regolarmente anche in<br />

ungherese e in italiano. Tuttavia fino a poco tempo fa non si era riusciti a reperire in nessuna<br />

biblioteca né l’e<strong>di</strong>zione ungherese del giornale, la «Tiroli Katona Ujság» (traduzione letterale<br />

<strong>di</strong> «Tiroler Soldaten-Zeitung»), né quella italiana, pubblicata con il titolo «Giornale del<br />

5


Soldato Tirolese». Le ricerche promosse dallo Centro Stu<strong>di</strong> sulla Storia dell'Europa Orientale<br />

in <strong>di</strong>versi archivi e biblioteche hanno avuto successo e in Ungheria sono stati finalmente<br />

ritrovati i numeri della «Tiroli Katona Ujság» 1 , e una copia del «Giornale del Soldato<br />

Tirolese».<br />

Partendo dall’analisi dei Supplementi Letterari 2 , ospitati con regolarità dal giornale per le<br />

truppe austriache <strong>di</strong>slocate in Tirolo ed interessante esempio <strong>di</strong> letteratura dal basso e<br />

propaganda che si intrecciano, per lo più costituiti da poesie che mirano a definire la propria<br />

identità in contrapposizione a quella del nemico, si offrirà un piccolo contributo per la<br />

ricostruzione <strong>di</strong> questa importante pubblicazione, per la storia della mentalità in Tirolo<br />

durante gli anni della guerra, per le più generali vicende della propaganda <strong>di</strong> guerra nella<br />

Duplice Monarchia e più ampiamente per lo <strong>stu<strong>di</strong></strong>o del conflitto.<br />

Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è pertanto l’identificazione e l’analisi <strong>di</strong> alcuni esempi concreti <strong>di</strong> auto<br />

ed etero rappresentazione collettiva. Altro compito è cercare <strong>di</strong> inquadrare queste<br />

rappresentazioni nella verità storica e giu<strong>di</strong>carne l’attinenza alla realtà dei fatti, fin dove è<br />

possibile, anche grazie alla giusta e necessaria <strong>di</strong>stanza temporale.<br />

1<br />

Cfr. Davide Zaffi, Un’ungherese in Tirolo: La Tiroli Katona Ujság, CSSEO, Working Paper N° 125, Ottobre<br />

2007.<br />

2<br />

«Literarische Beilage zur Tiroler Soldaten-Zeitung»<br />

6


Il Kriegspressequartier e la propaganda per i soldati<br />

Allo scoppio del primo conflitto mon<strong>di</strong>ale, Stato ed esercito, in tutti i Paesi coinvolti, erano<br />

preparati a gestire un apparato censorio e propagan<strong>di</strong>stico concepito per una guerra <strong>di</strong> breve<br />

durata.<br />

Non a caso, nella Monarchia absburgica, i due organismi che avrebbero gestito la censura, sul<br />

versante civile il Kriegsüberwachungsamt e su quello militare il Kriegspressequartier, erano<br />

stati concepiti durante le allora recenti crisi balcaniche. Ad una struttura propagan<strong>di</strong>stica<br />

centrale per i civili e per i soldati, non si era pensato affatto. Con l’inaspettato e indefinito<br />

prolungarsi della guerra, l’apparato censorio si rivelò inadeguato a svolgere azioni <strong>di</strong><br />

influenza positiva sull’opinione pubblica: la necessità <strong>di</strong> una propaganda efficace ed<br />

organizzata si avvertì soltanto in ambito militare, a partire dal 1917.<br />

Per una breve storia del Kriegspressequartier<br />

Il Kriegspressequartier (<strong>di</strong> seguito abbreviato con la sigla Kpq) 3 , durante il conflitto fu il<br />

punto <strong>di</strong> contatto fra tutti i principali attori della comunicazione nella Monarchia: ministeri,<br />

giornali, alte sfere militari e società civile. I suoi molteplici compiti si possono ricondurre a<br />

tre funzioni principali:<br />

1. coor<strong>di</strong>namento della propaganda austro-ungarica;<br />

2. organo esecutivo della censura militare;<br />

3. raggruppamento e controllo dei corrispondenti <strong>di</strong> guerra.<br />

Queste macro-funzioni offrono delle linee <strong>di</strong> demarcazione ideali per due trattazioni separate<br />

dell’argomento, necessarie anche alla luce della complessità strutturale del Kpq. Nella prima,<br />

che occuperà buona parte del presente capitolo, se ne descriverà l’attività propriamente<br />

propagan<strong>di</strong>stica attraverso esempi. Nella seconda si parlerà <strong>di</strong> come presso il Kpq vennero<br />

3<br />

Letteralmente “Quartiere della stampa <strong>di</strong> guerra”. Il termine è già stato tradotto in questo modo da Angelo<br />

Schwarz, “La prima propaganda è quella per gli occhi”, in G. Corni – E. Bucciol – A. Schwarz, Ine<strong>di</strong>ti della<br />

Grande guerra – Immagini dell’invasione austro-germanica in Friuli e nel Veneto orientale, Portogruaro (Ve),<br />

ed. E<strong>di</strong>ciclo, 1990, p. 253, nota 8. Per una bibliografia più dettagliata sul Kpq si vedano: Peter Brouceck, “Das<br />

Kriegspressequartier und <strong>di</strong>e literarische Gruppen in Kriegsarchiv 1914-1918”, in K. Amann, Hubert Lengauer,<br />

Österreich und der große krieg, 1914-1918, Vienna, Brandstätter, 1989, p. 132 e segg. e le <strong>di</strong>ssertazioni <strong>di</strong> K.<br />

Mayer, Die Organisation des Kriegspressequartier beim k.u.k. AOK im ersten Weltkrieg 1914-1918, Vienna,<br />

1963 H. Schmölzer, Die Propaganda des Kriegspressequartiers im ersten Weltkrieg 1914-18, Vienna, 1965. In<br />

italiano si veda il contributo <strong>di</strong> N. Dacrema, “Kriegspressequartier: la fucina della persuasione”, in M. Libar<strong>di</strong>, F.<br />

Orlan<strong>di</strong>, Kriegsmaler. Pittori al fronte nella Grande Guerra, Trento, Nicolo<strong>di</strong>, 2004, pp. 21-24.<br />

7


accre<strong>di</strong>tati e irreggimentati i corrispondenti <strong>di</strong> guerra, nonché della doppia censura cui furono<br />

sottoposti e verrà data anche qualche coor<strong>di</strong>nata sul corpo speciale dei Kriegsmaler.<br />

L’allestimento <strong>di</strong> un apposito “quartiere” alla stampa era stato previsto già nelle<br />

Mobilisierungsinstruktionen del 1909: la struttura, alle <strong>di</strong>rette <strong>di</strong>pendenze<br />

dell’Armeeoberkommando (Comando supremo, abbreviato in seguito con la sigla Aok),<br />

avrebbe dovuto occuparsi dell’accre<strong>di</strong>tamento dei rappresentanti della stampa nazionale ed<br />

estera. La sua costituzione sarebbe dovuta avvenire anche nel caso <strong>di</strong> una mobilitazione<br />

parziale e senza ulteriori <strong>di</strong>sposizioni 4 .<br />

Il 28 luglio 1914, il giorno stesso della <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> guerra alla Serbia, il Kpq si costituì a<br />

Vienna sotto il comando del colonnello (Oberst) Maximilian von Hoen, allora <strong>di</strong>rettore del<br />

Kriegsministeriums Pressestelle (Ufficio stampa del Ministero della guerra) 5 . Dalla prima<br />

destinazione, Dukla (nei Carpazi orientali) a Rodaun (in prossimità <strong>di</strong> Vienna) dove ricevette<br />

una sede permanente all’inizio del ’17, il Quartiere venne sempre tenuto lontano sia dal fronte<br />

operativo che dall’Aok, per impe<strong>di</strong>re qualsiasi fuga d’informazioni 6 .<br />

A due mesi dalla sua nascita, il Kpq si articolava in tre unità:<br />

1. Kommandantur und Adjutantur (Comando e Aiuto), acquartierati presso l’Aok e incaricati,<br />

fra l’altro, <strong>di</strong> censurare i servizi dei corrispondenti <strong>di</strong> guerra destinati ai giornali;<br />

2. Platzkommando (Comando <strong>di</strong> Piazza), dove stazionavano gli ufficiali addetti alla “custo<strong>di</strong>a”<br />

dei corrispondenti;<br />

3. Berichterstattergruppe, cioè il Gruppo dei corrispondenti <strong>di</strong> guerra, stazionati presso il<br />

Comando <strong>di</strong> Piazza 7 .<br />

L’epoca in cui comandò il colonnello von Hoen, nonostante la crescita dell’organico e la<br />

creazione nel ’15 <strong>di</strong> una Kunstgruppe 8 (Gruppo artistico) comprendente fotografi, <strong>di</strong>segnatori<br />

e cineoperatori, fu caratterizzata da improvvisazione e da una certa in<strong>di</strong>fferenza per il lavoro<br />

svolto, nonché da una cronica carenza <strong>di</strong> fon<strong>di</strong> 9 .<br />

4<br />

I. Stiassny-Baumgartner, Roda Rodas Tätigkeit im Kriegspressequartier, Phil. Diss., Wien, 1982, pp. 7-8.<br />

5<br />

P. Broucek, “Das Kriegspressequartier und <strong>di</strong>e literarischen Gruppen im Kriegsarchiv 1914-18”, in K. Amann<br />

– H. Lengauer (Hrsg.), Österreich und der Grosse Krieg, op. cit., p. 136.<br />

6<br />

Stiassny-B., op. cit., p. 12.<br />

7<br />

H. Schmölzer, Die Propaganda des Kriegspressequartiers im ersten Weltkrieg 1914-18, op. cit., p. 5.<br />

8<br />

Fu nell’ambito della Kunstgruppe che nacque e si sviluppò l’esperienza dei Kriegsmaler <strong>di</strong> cui si parlerà in<br />

generale in seguito e più dettagliatamente lungo tutto il lavoro. Per una bibliografia sui Kriegsmaler si vedano L.<br />

Popelka, “I Kriegsmaler durante la prima guerra mon<strong>di</strong>ale”, in Luigi Chiais (a cura <strong>di</strong>) I monti palli<strong>di</strong>, Novara,<br />

De Agostini, 1989, pp. 153-158 e sempre <strong>di</strong> Popelka, “Artisti nella guerra. I Kriegsmaler austro-ungarici 1914-<br />

1918”, in «Annali. Museo Storico della Guerra», n. 0, 1990, pp. 7-31.<br />

9<br />

Stiassny-B., op. cit., p. 14.<br />

8


Nell’ambito della rivoluzione interna all’Aok 10 , or<strong>di</strong>nata dal nuovo imperatore Carlo I, il 15<br />

marzo 1917 von Hoen venne sostituito dal colonnello Wilhelm Eisner-Bubna, reduce<br />

pluridecorato dal fronte isontino e membro del Kpq già dall’estate del ’16: deciso a fare del<br />

Quartiere un efficace strumento <strong>di</strong> propaganda attiva, il nuovo comandante ne riorganizzò la<br />

struttura e <strong>di</strong>ede per la prima volta ai suoi sottoposti <strong>di</strong>rettive chiare e dettagliate 11 .<br />

Con la contemporanea acquisizione delle competenze in materia <strong>di</strong> propaganda all’estero 12 ,<br />

gran parte delle attività propagan<strong>di</strong>stiche della Monarchia vennero rapidamente a concentrarsi<br />

nel Kpq, che nei propositi del nuovo comandante avrebbe dovuto <strong>di</strong>ventare un Ministero<br />

dell’informazione vero e proprio 13 .<br />

Il nuovo Comando iniziò il suo lavoro con la <strong>di</strong>ramazione del primo Or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> servizio<br />

completo che il quartiere avesse mai ricevuto, e in cui vennero finalmente definiti con<br />

precisione i compiti che avrebbe dovuto assolvere da allora in poi.<br />

Questi compiti consistevano in:<br />

- In der positiven Einflussnahme auf <strong>di</strong>e Presse des In- und nach Möglichkeit des Auslandes in<br />

einem der österreichisch-ungarischen Wehrmacht günstigen Sinne.<br />

- In einer prohibitiven Tätigkeit als oberste militärische Zensurstelle, um alles der<br />

Kriegführung und der Wehrmacht Abträgliche hintanzuhalten.<br />

- Die Verbindung zwischen der Obersten Heeresleitung und damit der Wehrmacht und der<br />

Presse herzustellen.<br />

- In der Erhaltung der Fühlung mit den militärischen Pressestellen der verbündeten Staaten.<br />

- In der aktiven Propaganda im In- und Auslande für das Heer und <strong>di</strong>e Flotte.<br />

- In der Förderung aller Aktionen, <strong>di</strong>e geeignet erscheinen, Ruhm und ansehen der Monarchie<br />

zu mehren.<br />

- In einer Abwehr der gegen <strong>di</strong>e Monarchie und <strong>di</strong>e Wehrmacht gerichteten feindlichen<br />

Propaganda 14 .<br />

10<br />

Rivoluzione <strong>di</strong> cui fecero le spese i due Comandanti supremi dell’esercito, cioè l’arciduca Federico e il<br />

Feldmaresciall Conrad von Hötzendorf, rispettivamente Armeeoberkommandant (in pratica il rappresentante<br />

ufficiale della famiglia imperiale presso l’Aok) e Chef des Generalstabs (Capo <strong>di</strong> stato maggiore). Per questi ed<br />

altri dati sulla guerra rimando all’enciclope<strong>di</strong>co: Österreichisches Bundesministerium für Landesvertei<strong>di</strong>gung<br />

und vom Kriegsarchiv (Hrsg.), Österreich-Ungarns letzer Krieg 1914-18, Band VI, Unter der Leitung von<br />

Edmund Glaise von Horstenau, Vienna, Verlag der Militärwissenschaftlichen Mitteilungen, 1936, pp. 68-72.<br />

11<br />

Stiassny-B., op. cit., pp. 18-19.<br />

12<br />

Schmölzer, op. cit., pag. 7.<br />

13<br />

Amann-Lengauer, op. cit., pag. 136.<br />

14<br />

Stiassny-B., op. cit, p. 18. I compiti consistevano nell’influenza positiva della stampa nazionale e <strong>di</strong> quella<br />

estera, nell’esercizio della censura militare, come organo supremo della stessa, nel curare i rapporti fra Aok e<br />

9


In<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong>stanti anni luce dal mero accre<strong>di</strong>tamento dei rappresentanti della stampa, <strong>di</strong> cui<br />

parlavano le Mobilisierungsinstruktionen del 1909.<br />

Eisner-Bubna, sostenuto peraltro finanziariamente dal rinnovato Aok come mai era successo a<br />

von Hoen, riuscì in poco più <strong>di</strong> un anno a fare del Kpq, almeno de facto, quel Ministero<br />

dell’informazione che aveva in mente. Per dare un’idea del suo attivismo è sufficiente vedere<br />

com’erano organizzati gli 880 membri effettivi del Kpq nell’ottobre del 1918, a poche<br />

settimane dal suo scioglimento (iniziato in novembre e completato in <strong>di</strong>cembre):<br />

1. Kommandantur und Adjutantur<br />

2. Zensurgruppe<br />

3. Inlandstelle<br />

4. Auslandstelle<br />

5. Propagandagruppe<br />

6. Pressegruppe<br />

7. Kunstgruppe<br />

8. Lichtbildestelle<br />

9. Filmstelle<br />

10. I-(Italien) Stelle<br />

11. Kriegsberichterstattgruppe<br />

12. Administrativer Apparat 15<br />

Per comprendere come funzionassero in concreto le sezioni dell’apparato propagan<strong>di</strong>stico<br />

comandato da Eisner-Buba è bene osservarne nel dettaglio alcune: propongo <strong>di</strong> seguito una<br />

breve analisi della Filmstelle dell’ I-(Italien) Stelle e della Pressegruppe.<br />

La Filmstelle<br />

L’attività <strong>di</strong> propaganda cinematografica del Kpq iniziò già nell’agosto del ’14, quando von<br />

Hoen affidò a <strong>di</strong>tte private la produzione <strong>di</strong> film <strong>di</strong> propaganda interna per l’esercito:<br />

dall’organizzazione delle proiezioni per le truppe si occupavano i rispettivi coman<strong>di</strong>.<br />

stampa, nel tenere i contatti con gli uffici stampa dei paesi alleati, nella propaganda attiva, nella Monarchia e<br />

all’estero, a favore dell’esercito e della flotta, nel sostegno <strong>di</strong> ogni attività che possa accrescere la reputazione<br />

della Monarchia, nella prevenzione della propaganda nemica.<br />

15<br />

Ossia: 1. Comando e Aiuto, 2. Gruppo <strong>di</strong> censura, 3. Ufficio interni, 4. Ufficio esteri, 5. Gruppo <strong>di</strong><br />

propaganda, 6. Gruppo stampa, 7. Gruppo artistico, 8. Gruppo fotografico, 9. Ufficio cinematografico, 10.<br />

Ufficio Italia, 11. Gruppo dei corrispondenti, 12. Apparato amministrativo. Cfr. Schmölzer, op. cit., p. 7.<br />

10


Il nuovo comandante, oltre ad istituire la Filmstelle a cui vennero assegnati operatori<br />

professionisti abili al servizio <strong>di</strong> truppa, la dotò anche <strong>di</strong> laboratori <strong>di</strong> montaggio, sviluppo e<br />

stampa: istituì in sostanza presso il Kpq una casa <strong>di</strong> produzione con un proprio laboratorio.<br />

Il Kpq non cessò comunque <strong>di</strong> collaborare con la cinematografia esterna al mondo militare<br />

come testimonia questa breve lista che riassume le iniziative <strong>di</strong> produzione e <strong>di</strong>stribuzione che<br />

la Filmstelle coor<strong>di</strong>nò nell’ultimo anno e mezzo <strong>di</strong> conflitto:<br />

1. La Sascha Kriegsfilmwoche (Settimana <strong>di</strong> guerra Sascha), una sorta <strong>di</strong> cineregionale<br />

settimanale ripreso dagli operatori del Kpq, ma montato e <strong>di</strong>stribuito dalla <strong>di</strong>tta Sascha <strong>di</strong><br />

Vienna, già sotto contratto durante il Comando von Hoen,<br />

2. Un film documentario mensile artisticamente elaborato, montato e prodotto nei laboratori<br />

della Filmstelle,<br />

3. Dai 300 ai 400 metri al mese <strong>di</strong> pellicole documentarie sui campi <strong>di</strong> prigionia e i territori<br />

occupati,<br />

4. Riprese dell’industria <strong>di</strong> guerra e dell’agricoltura,<br />

5. Drammi o comme<strong>di</strong>e propagan<strong>di</strong>stiche prodotte dal Kpq,<br />

6. Vedute delle bellezze della Monarchia e filmati <strong>di</strong> propaganda <strong>di</strong>nastica.<br />

Gran parte <strong>di</strong> questo materiale era destinato alla proiezione nelle retrovie e nei territori<br />

occupati, proiezioni che erano organizzate dall’Ufficio centrale per il cinema da campo, una<br />

sottoripartizione della Filmstelle.<br />

Della <strong>di</strong>stribuzione all’estero si occupava l’Auslandstelle, mentre <strong>di</strong> quella nella Monarchia<br />

l’Inlandstelle che si limitava a cedere i film, attraverso regolari contratti <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta, a <strong>di</strong>tte<br />

private che li <strong>di</strong>stribuivano autonomamente 16 .<br />

La propaganda nell’Italia occupata<br />

Gli sforzi austroungarici per contrastare l’efficace propaganda dell’Intesa nei paesi neutrali si<br />

concentrarono soprattutto in Svizzera e nei Paesi Scan<strong>di</strong>navi: con la collaborazione <strong>di</strong><br />

corrispondenti <strong>di</strong> affermati quoti<strong>di</strong>ani nazionali, personale <strong>di</strong>plomatico e influenti uomini<br />

d’affari il Ministero <strong>degli</strong> esteri prima e il Kpq dal ’17 organizzarono regolarmente<br />

16<br />

Per tutte le informazioni presenti nel paragrafo cfr. Schmölzer, op. cit.<br />

11


manifestazioni propagan<strong>di</strong>stiche quali mostre fotografiche, conferenze e balli <strong>di</strong><br />

beneficenza 17 .<br />

Non mancarono però le iniziative ad hoc rivolte ai territori occupati sul fronte orientale e, a<br />

partire dal novembre 1917, anche nel Veneto orientale e nel Friuli. Prima <strong>di</strong> Caporetto le<br />

attività propagan<strong>di</strong>stiche rivolte all’Italia erano consistite nel lancio sopra le trincee italiane <strong>di</strong><br />

volantini inneggianti la <strong>di</strong>serzione e nella redazione <strong>di</strong> un settimanale in lingua italiana<br />

<strong>di</strong>stribuito a Trieste, «L’eco del Litorale»: <strong>di</strong> queste attività, compresa la <strong>di</strong>fesa dalla<br />

propaganda italiana, si occupò dall’11 maggio ’17 un’apposita ripartizione del Kpq, cioè la I-<br />

Stelle 18 .<br />

Dopo Caporetto la I-Stelle moltiplicò le sue attività e si avvalse della collaborazione attiva<br />

dell’Amministrazione militare del Feldmareschall Boroévic. Nei primi mesi dell’occupazione<br />

le parole dei volantini e dei manifesti rivolti a friulani e veneti erano tese a <strong>di</strong>fferenziare il<br />

popolo “soldato”, obbe<strong>di</strong>ente e innocente, dai governanti “guerrafondai”: sarebbe solo contro<br />

questi ultimi, colpevoli <strong>di</strong> ogni male, e non contro i primi che l’esercito austroungarico<br />

avrebbe combattuto 19 . Con il passare del tempo e con l’insorgere dei primi casi <strong>di</strong> resistenza<br />

passiva e <strong>di</strong> sabotaggio 20 il tono dei messaggi si fece minaccioso e marziale.<br />

Accanto a queste iniziative, dal primo gennaio 1918, venne pubblicato in lingua italiana (da<br />

subito come settimanale, a partire da maggio come quoti<strong>di</strong>ano) la «Gazzetta del Veneto», con<br />

una tiratura <strong>di</strong> circa 5000 copie: della redazione si occupava un’apposita Expositur<br />

(Delegazione) del Kpq acquartierata presso il Comando delle zone occupate. Dal giugno dello<br />

stesso anno venne poi allegata alla «Gazzetta» la «Domenica della Gazzetta», un supplemento<br />

illustrato fatto ad imitazione della popolare «Domenica del Corriere» 21 .<br />

Il giornale e il supplemento venivano stampati nella tipografia che era stata del «Giornale <strong>di</strong><br />

U<strong>di</strong>ne» e che veniva utilizzata anche per stampare catechismi, libri <strong>di</strong> preghiere e il «Tagblatt<br />

für Venetien und Friaul», un foglio in tedesco rivolto soprattutto ai quadri<br />

dell’Amministrazione militare 22 .<br />

17<br />

Un resoconto dettagliato <strong>di</strong> queste attività si trova nel secondo capitolo della <strong>di</strong>ssertazione della Schmölzer<br />

(op. cit., Kapitel II)<br />

18<br />

K. Paupié, Handbuch der Österreichischen Pressegeschichte, Band II, Vienna, Wilhelm Braumüller Verlag,<br />

1960, p. 159.<br />

19<br />

C. Mayerhofer, Die österreichische Militärverwaltung in den besetzen Gebieten Italiens. Oktober 1917-<br />

November 1918, Phil. Diss., Vienna, 1970, p. 201.<br />

20<br />

Documentati da Mario Bernar<strong>di</strong> in: Di qua e <strong>di</strong> là del Piave – Da Caporetto a Vittorio Veneto, Milano,<br />

Mursia, 1989.<br />

21 Mayerhofer, op. cit., pp. 228-233.<br />

22 Ibid.<br />

12


Amministrazione che, come già detto, si <strong>di</strong>mostrò estremamente collaborativa nella<br />

conduzione della propaganda nei territori occupati, rappresentando un’eccezione nel<br />

panorama dei rapporti fra militari ‘operativi’ e gli ‘imbrattacarte’ del Kpq che erano <strong>di</strong> norma<br />

molto tesi. A testimonianza <strong>di</strong> questa collaborazione vanno citati due esempi su tutti: il primo<br />

riguarda la Aktion Propagandabriefe (Azione lettere <strong>di</strong> propaganda) che consisteva nel<br />

contrabbando autorizzato sulla sponda occidentale del Piave <strong>di</strong> posta proveniente dai territori<br />

occupati. Le lettere venivano accettate sottobanco, a mo’ <strong>di</strong> favore, proprio dagli ufficiali<br />

della Nachrichtenstelle <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne (la Delegazione del Kpq) che aveva ideato l’iniziativa con il<br />

pieno sostegno del comando. Le lettere venivano sottoposte naturalmente a censura e<br />

venivano contrabbandate per essere recapitate in Italia solo se si rivelavano favorevoli agli<br />

occupanti. L’azione ebbe un tale successo da dovere essere sospesa nel luglio ’18 perché le<br />

lettere da vagliare erano troppe 23 .<br />

Dal Feldmareschall Boroévic in persona venne progettato invece, all’inizio del 1918, un<br />

opuscolo (mai realizzato) che avrebbe dovuto contrastare la propaganda nemica circa la<br />

durezza dell’occupazione austroungarica in Italia.<br />

La Pressegruppe<br />

Già durante il comando von Hoen alcuni addetti del Kpq si de<strong>di</strong>cavano a tenere i rapporti con<br />

le testate austriache e con quelle testate straniere che non avevano inviato corrispondenti nella<br />

Monarchia rifornendole <strong>di</strong> informazioni ufficiose, commenti e notizie <strong>di</strong> ogni tipo. Ogni<br />

settimana poi gli addetti a queste mansioni si occupavano della redazione della rivista<br />

«Österreichisch-Ungarisch Kriegsberichte», un settimanale illustrato redatto in tedesco e in<br />

ungherese destinato al mercato interno, e della pubblicazione del quoti<strong>di</strong>ano «La marche sur<br />

Trieste» in lingua francese, redatto nello stile colorato e accattivante dell’Intesa, <strong>di</strong>stribuito in<br />

Svezia, Svizzera e ad<strong>di</strong>rittura contrabbandato in Francia e Italia 24 .<br />

Ampliando e riorganizzando le due redazioni, Eisner-Bubna creò la Pressegruppe che venne<br />

articolato in un settore addetto alla stampa interna e un altro a quella estera, così si<br />

intensificarono sia i rapporti con la stampa che l’attività pubblicistica. Accanto alle testate<br />

appena menzionate, dal marzo 1917, vennero pubblicate: «Donauland», un mensile illustrato<br />

per il mercato interno e quello dei paesi neutrali; «Berichte über <strong>di</strong>e Propagandatätigkeit des<br />

23 Mayerhofer, op. cit., pp. 205-207.<br />

24 Paupié, op. cit., Band II, pp. 158-159.<br />

13


Kriegspressequartier», una rivista sulla propaganda sia <strong>di</strong> casa che alleata; e il mensile «Volk<br />

und Heer».<br />

Il numero delle testate redatte dal Kpq sale a do<strong>di</strong>ci se si considerano i progetti, dalla vita<br />

breve o brevissima, in cui s’impegnarono singoli o piccoli gruppi <strong>di</strong> redattori, come, ad<br />

esempio, «Berichte aus dem Felde», redatto dal solo Karl Egli e che contò appena due<br />

uscite 25 .<br />

Oggi, purtroppo, <strong>di</strong> buona parte <strong>di</strong> queste testate sono rimasti soltanto i nomi, che Kurt Paupié<br />

ha trascritto dai pochi atti superstiti del Kpq: documenti preziosi sfuggiti ad una <strong>di</strong>struzione<br />

or<strong>di</strong>nata da personaggi fiduciosi <strong>di</strong> potersi costruire una verginità nella nuova Repubblica,<br />

cancellando il proprio passato <strong>di</strong> Kriegshetzer (istigatori <strong>di</strong> guerra).<br />

La propaganda per i soldati<br />

Allo scoppio del conflitto, l’esercito si percepiva come, e probabilmente era a tutti gli effetti,<br />

la principale garanzia contro la <strong>di</strong>ssoluzione della Monarchia plurinazionale, in cui a livello<br />

politico le forze centrifughe avevano oramai preso il sopravvento su quelle centripete.<br />

Naturalmente per ‘esercito’ si deve intendere il Corpo ufficiali, l’élite che più <strong>di</strong> ogni altra<br />

incarnava e sosteneva l’ideale <strong>di</strong>nastico-militaresco su cui ancora si fondava la legittimità<br />

dello stato absburgico 26 .<br />

Dotato <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce morale improntato alla lealtà alla Corona e al patriottismo<br />

antinazionalista, ma soprattutto <strong>di</strong> una lingua d’or<strong>di</strong>nanza unica, l’Armeedeutsch (tedesco<br />

dell’esercito), il Corpo ufficiali si percepiva come l’elemento d’or<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> armonia per<br />

eccellenza, contrapposto al caos della società civile: tanto più che dalle alte sfere della<br />

gerarchia era richiesta agli ufficiali <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne e grado un’assoluta astinenza dalla politica,<br />

esecrata come il peggiore dei mali 27 .<br />

In realtà liberalismo, materialismo e nazionalismo si erano ormai fatti strada in quello che<br />

l’arciduca Alberto aveva descritto come «un istituto morale per l’incremento del patriottismo<br />

25<br />

Ivi, pp. 168-169.<br />

26<br />

P. Broucek, Konservatorismus in den Armeen des Hauses Österreich und der Republik Österreich, in R. Rill –<br />

U. Zellenberg (a cura <strong>di</strong>), Konservatorismus in Österreich, Leopold Stocker Verlag, Graz-Stuttgart, 1999, pp.<br />

173-175.<br />

27<br />

Stiassny-B., op. cit., p. 99.<br />

14


<strong>di</strong>nastico» 28 . Particolarmente pericoloso era ovviamente l’Irredentismo tedesco, forte del<br />

sostegno politico del partito Deutschnationale e molto <strong>di</strong>ffuso, come gli altri irredentismi<br />

gran<strong>di</strong> e piccoli, nella piccola e me<strong>di</strong>a borghesia, ceto da cui proveniva buona parte dei quadri<br />

militari interme<strong>di</strong> 29 .<br />

Nazionalismo più pericoloso <strong>di</strong> ogni altro perché l’unico in grado <strong>di</strong> creare nel Corpo ufficiali<br />

un cortocircuito fra fedeltà alla Corona e appartenenza nazionale: in quello che, secondo lo<br />

storico Heinrich Bene<strong>di</strong>kt, era un vero e proprio «popolo fra gli altri» 30 nella Monarchia,<br />

l’elemento tedesco nazionale, rappresentato dalla lingua d’or<strong>di</strong>nanza e dalla tra<strong>di</strong>zione<br />

militare germanico-imperiale, faceva da elemento <strong>di</strong> identificazione collettiva forte e<br />

accettato. Il giorno in cui questa identità fosse stata riven<strong>di</strong>cata in maniera esclusiva da una<br />

delle minoranze al suo interno (quella tedesca appunto), la sua <strong>di</strong>ssoluzione sarebbe stata<br />

inevitabile.<br />

Dopo questa premessa, risulta chiaro il motivo per cui l’esercito concentrò i suoi sforzi<br />

propagan<strong>di</strong>stici soprattutto all’esterno e trascurò il suo interno: se esistevano pericoli per il<br />

conseguimento del Glorreicher Sieg (vittoria gloriosa), parola con cui il Comando supremo<br />

infarciva i comunicati ufficiali, questi potevano provenire soltanto dalla società civile, caotica,<br />

rissosa, in<strong>di</strong>sciplinata.<br />

Le iniziative per il sostegno morale e psicologico del soldato, che naturalmente vi furono fin<br />

dal principio del conflitto, erano affidate all’iniziativa dei singoli Coman<strong>di</strong> d’armata, o ad<br />

iniziative civili <strong>di</strong> stampo caritatevole. Una propaganda massiccia per le truppe, ispirata ad un<br />

progetto pedagogico forte sarebbe stata intrapresa soltanto nella primavera del ’18, quando<br />

sull’onda delle <strong>di</strong>serzioni e <strong>degli</strong> ammutinamenti <strong>di</strong> massa 31 il Comando supremo fu costretto<br />

ad aprire gli occhi sullo stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgregazione e <strong>di</strong>sfacimento in cui versava l’ultimo baluardo<br />

della doppia Corona.<br />

28<br />

«eine moralische Anstalt zur Förderung eines dynastischbezogenen Reichpatriotismus» Erzherzog Albrecht,<br />

comandante supremo nella campagna del 1866 e ultimo grande riformatore dell’esercito cfr. Rill-Zellenberg, op.<br />

cit., pp. 173-175.<br />

29<br />

Ibid.<br />

30<br />

Ibid.<br />

31<br />

Per una storia dettagliata delle rivolte interne alla Monarchia negli ultimi due anni <strong>di</strong> guerra rimando a: H.<br />

Haselsteiner - R. Plashka - A. Suppan, Innere Front, Widerstand und Umsturz in der Donaumonarchie 1918,<br />

Wien, Verlag für Geschichte und Politik, 1974.<br />

15


Gli spettacoli collettivi: il teatro da campo<br />

Come già visto a proposito del cinema da campo anche per l’organizzazione <strong>di</strong> spettacoli<br />

teatrali il Kpq svolse fino al ’17 il semplice ruolo <strong>di</strong> interme<strong>di</strong>ario fra impresari privati e<br />

Coman<strong>di</strong> d’armata. Le prime visite <strong>di</strong> compagnie teatrali al fronte avvennero nel 1915: gli<br />

artisti erano accompagnati da un ufficiale del Kpq che, oltre ad impe<strong>di</strong>re contatti inopportuni<br />

con gli ufficiali operativi, aveva il compito <strong>di</strong> gestire i rapporti con i coman<strong>di</strong> locali che si<br />

occupavano <strong>di</strong> organizzare le rappresentazioni 32 .<br />

Nell’aprile del ’17, nell’ambito della riorganizzazione del Kpq, venne creato un apposito<br />

Theaterreferat (interno alla Kunstgruppe) incaricato non più solo <strong>di</strong> organizzare le tournée<br />

teatrali al fronte o nei paesi stranieri neutrali, ma anche <strong>di</strong> controllare la qualità patriottica<br />

delle rappresentazioni prima <strong>di</strong> dare il permesso alle compagnie <strong>di</strong> partire: venne inoltre<br />

introdotto un tetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci membri per ogni ensamble e l’obbligo scritto per gli artisti <strong>di</strong> non<br />

trattenersi troppo a lungo con i soldati.<br />

Le compagnie, spesso plurilingui per accontentare i soldati <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong> ogni nazionalità,<br />

andavano dal piccolo gruppo <strong>di</strong> cabarettisti al celeberrimo ensamble del Hofburgtheater (il<br />

Teatro <strong>di</strong> Corte, oggi primo teatro <strong>di</strong> Stato austriaco) che proprio ai quei tempi portava in<br />

scena le posse <strong>di</strong> Johann Nestroy e i drammi psicologici <strong>di</strong> Arthur Schnitzler, autori <strong>di</strong>venuti<br />

poi classici del teatro moderno. I generi più amati al fronte erano, ad ogni modo, le operette, i<br />

varietà e gli spettacoli musicali <strong>di</strong> ogni genere, che soprattutto negli ultimi anni della guerra<br />

erano sempre più frequenti: non sorprende che per farvi assistere i soldati venissero<br />

organizzati convogli speciali dal fronte.<br />

Il mondo dello spettacolo ricambiò il successo con una partecipazione assidua ad iniziative<br />

benefico-propagan<strong>di</strong>stiche, quali esibizioni in lazzaretti o a favore delle campagne per i<br />

prestiti <strong>di</strong> guerra.<br />

Anche il teatrino delle marionette, genere popolare per eccellenza, fece il suo debutto al<br />

fronte: nel <strong>di</strong>cembre del ’17, l’Obleutnant Fritz Oberdorfer riuscì a far stampare a spese del<br />

Theaterreferat mille copie del suo Kasperl Kriegs<strong>di</strong>enst (Il servizio militare <strong>di</strong> Kasper 33 ), un<br />

opuscolo fai da te del teatro <strong>di</strong> marionette da <strong>di</strong>stribuire al fronte.<br />

32<br />

La spiegazione più esaustiva <strong>di</strong> come funzionasse il teatro al fronte è fornita dalla Schmölzer, op. cit., pp. 23-<br />

26.<br />

33<br />

Kasperl è una maschera comica inventata a Vienna nel 1764 dall’attore Johann Laroche, prendendo spunto dal<br />

Hanswurst della comme<strong>di</strong>a dell’arte rinascimentale tedesca. Dalla seconda metà del XIX secolo Kasperl <strong>di</strong>venta<br />

sinonimo del teatro <strong>di</strong> marionette. Cfr. W. Kosch, Deutsche Theater – Lexikon, Band II, Klagenfurt-Wien,<br />

16


Case del soldato e letture <strong>di</strong> trincea<br />

Direttamente <strong>di</strong>pendenti dai Coman<strong>di</strong> d’armata erano le Soldatenheime 34 (Case dei soldati)<br />

intese come sinonimo <strong>di</strong> Marketendereien, cioè spacci militari. Nello ‘spaccio-casa del<br />

soldato’ chi se lo poteva permettere poteva acquistare quei piccoli oggetti in grado <strong>di</strong> dare<br />

un’apparenza normale alla vita <strong>di</strong> tutti i giorni: dai pettini alle carte da gioco, dalle cartoline<br />

alle magliette <strong>di</strong> lana fino alla razione supplementare <strong>di</strong> Speck o al cor<strong>di</strong>alino, tutto a prezzo<br />

politico. Situate in piccoli centri nelle retrovie accanto allo spaccio ospitavano sale <strong>di</strong><br />

intrattenimento e <strong>di</strong> lettura dove venivano collocate le Feldbibliotheken (biblioteche da<br />

campo) che ogni Comando d’Armata si preoccupava <strong>di</strong> organizzare autonomamente.<br />

Le letture provenivano in genere da donazioni <strong>di</strong> associazioni nate proprio per organizzare la<br />

raccolta e l’invio al fronte <strong>di</strong> libri, calendari e riviste usate: la più conosciuta <strong>di</strong> queste era la<br />

Sammelstelle für Soldatenlektüre an der Technischen Universität (Punto <strong>di</strong> raccolta <strong>di</strong> letture<br />

per soldati presso l’<strong>Università</strong> tecnica) <strong>di</strong> Vienna. Fondata nel 1914, in pochi mesi crebbe fino<br />

a garantire un servizio regolare <strong>di</strong> invio <strong>di</strong> quoti<strong>di</strong>ani e perio<strong>di</strong>ci al fronte: le letture preferite<br />

dai soldati erano quelle a tema religioso e umoristico 35 . Fra le riviste più amate primeggiava il<br />

settimanale satirico illustrato «Die Muskete» 36 , le cui sagaci vignette colorate in copertina non<br />

risparmiavano critiche feroci a nessuno, spesso nemmeno agli alleati.<br />

Dal ’15, comunque, presso gli spacci vennero aperte delle vere e proprie librerie da campo<br />

(Feldbuchereien) dove i libri si potevano acquistare <strong>di</strong>rettamente: si trattava <strong>di</strong> ‘filiali’ <strong>di</strong><br />

librerie o case e<strong>di</strong>trici gestite da militari.<br />

Verlag Fer<strong>di</strong>nand Kleinmayer, 1960. La maschera è ancor oggi popolare sia nei giochi per bambini sia come<br />

personaggio, riletto in chiave moderna, nel teatro bavarese e austriaco.<br />

34<br />

Cfr. Armeekommando der k.u.k. 7. Armee, Bestimmung über <strong>di</strong>e Geschäftsgebarung und Verrechnung der<br />

Marketenderei Ausgabestellen der 7. Armee und der Truppenmaketendereien (Soldatenheime), k.u.k. 7. Armee –<br />

Feld- Bücherei, 1917. Unico testo reperibile (presso la biblioteca dell’Archivio <strong>di</strong> Stato austriaco) in cui compaia<br />

la parola Soldatenheim, questa brossura <strong>di</strong> una ventina circa <strong>di</strong> pagine che contiene le informazioni tecniche per<br />

la gestione dello spaccio e altre informazioni sulle due Soldatenheime della VII Armata situate a Szigetkamara e<br />

a Bethlen in Ungheria.<br />

35<br />

M. G. Hall, Das Buch als Bombengeschäft, in Amann-Lengauer, op. cit., pp. 140-141.<br />

36<br />

M. Isnenghi, La Grande Guerra, Roma, Giunti-Collana XX secolo, 1993, p. 73. Si veda anche la <strong>di</strong>ssertazione<br />

<strong>di</strong> G. Exner, Karrikaturen als Quellen der historichen Stereotypenforschung in der Karrikaturen der “Muskete”<br />

im Ersten Weltkrieg, Phil. Diss., Wien, 1995 e «Die Muskete im Krieg» <strong>di</strong> Wendeln Schmidt-Dengler in<br />

Österreich und der Große Krieg 1914-1918, op. cit., pp. 126-132.<br />

17


I giornali per i soldati<br />

All’interno del Kpq la creazione <strong>di</strong> uno o più giornali per le truppe fu un tema assente, anche<br />

solo come proposta, fino al febbraio del 1918: quando ormai gli episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>serzione e rivolta<br />

fra le truppe si moltiplicava senza sosta Eisner-Bubna si decise a formare all’interno del<br />

Quartiere il Frontpropagandagruppe (Gruppo per la propaganda al fronte) che si sarebbe<br />

dovuto occupare <strong>di</strong> tenere cicli <strong>di</strong> conferenze patriottiche presso le truppe.<br />

Fino a questo tentativo in extremis <strong>di</strong> un coinvolgimento dei soldati nelle ragioni della guerra<br />

e nella causa della sopravvivenza della Monarchia, iniziative centrali <strong>di</strong> propaganda attiva per<br />

le truppe non ve ne furono. Ad eccezione del «Feldblatt» 37 , un foglio che raccoglieva le<br />

comunicazioni <strong>di</strong> servizio per gli ufficiali e i bollettini dell’Aok, i soldati avevano a<br />

<strong>di</strong>sposizione soltanto i giornali che si trovavano nelle Soldatenheimen.<br />

In alcune occasioni il vuoto lasciato dall’autorità militare centrale venne colmato dai singoli<br />

Coman<strong>di</strong> d’armata che organizzarono autonomamente dei giornali per i loro soldati: il primo<br />

in assoluto fu la «Soldaten-Zeitung der k.u.k. Ersten Armee» 38 , cioè il giornale per soldati<br />

della prima armata, operante sul fronte russo. Citare questo foglio come primo esempio, scelta<br />

peraltro obbligata vista l’irreperibilità <strong>di</strong> altri giornali, permetterà <strong>di</strong> apprezzare appieno<br />

l’unicità della «Tiroler Soldaten-Zeitung» nel porsi a metà strada fra le trincee e le retrovie, e<br />

soprattutto nell’aprirsi alla partecipazione <strong>di</strong> collaboratori esterni. Dietro la nascita <strong>di</strong><br />

entrambe queste iniziative vi fu il patrocinio del generale Viktor Dankl che fino al maggio del<br />

1915 comandò proprio la Prima armata (ottenendo una celebrata vittoria a Krasnik contro i<br />

russi), per poi passare a comandare le truppe in Tirolo. Di Dankl si parlerà ancora più avanti.<br />

Il giornale della Prima armata<br />

«Die «Soldaten-Zeitung» soll in einfacher und kerniger Sprache den Angehörigen der Armee,<br />

welche im Felde stehen, <strong>di</strong>e neuesten Nachrichten über <strong>di</strong>e militärische Lage, ferner über<br />

37<br />

L’e<strong>di</strong>zione completa del «Feldblatt», che uscì dal 26 ottobre 1914 al 5 novembre 1918, è custo<strong>di</strong>ta alla<br />

Österreichische Nationalbibliothek <strong>di</strong> Vienna.<br />

38<br />

Presso l’ Östa. è conservata una serie quasi completa del foglio.<br />

18


einzelne militärische Begebenheiten auf den Kriegsschauplätzen sowie über sonstige<br />

Angelegenheiten, <strong>di</strong>e das Interesse der Armee oder Einzelner berühren vermitteln» 39<br />

In questa <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> intenti, che affianca la testata sulla sinistra, è già contenuta buona<br />

parte delle informazioni per comprendere lo scopo <strong>di</strong> questo <strong>di</strong> questo giornale: dare ai<br />

‘soldati’ (vedremo poi cosa si deve intendere con questa espressione), prima che le pause<br />

invernali potessero spingerli e cercarle da soli, il maggior numero <strong>di</strong> informazioni sulla<br />

guerra, accuratamente filtrate e addomesticate.<br />

Non sono purtroppo reperibili informazioni riguardo a chi materialmente si occupasse della<br />

stesura, è molto probabile comunque che nella Prima armata, come nelle altre, operasse un<br />

piccolo gruppo <strong>di</strong> ufficiali che nei ritagli <strong>di</strong> tempo si occupavano <strong>di</strong> spulciare i giornali e i<br />

<strong>di</strong>spacci d’agenzia per tenere il Comando sempre aggiornato sulla situazione militare: una<br />

sorta <strong>di</strong> Pressegruppe che in casi come questo si occupava anche della redazione <strong>di</strong> un<br />

giornale per le truppe.<br />

Dal quadro a destra della testata si apprende che il foglio era gratuito e destinato<br />

esclusivamente ai militari e che ne esistevano, oltre a quella in tedesco, altre tre e<strong>di</strong>zioni<br />

rispettivamente in polacco, in ungherese e in bömisch: in un micro tamburino a piè <strong>di</strong> pagina,<br />

che scompare dopo i primi <strong>di</strong>eci numeri, viene in<strong>di</strong>cata la tiratura, che per la prima e<strong>di</strong>zione<br />

del 17 novembre ’14 fu <strong>di</strong> 34.963 copie e il nome della tipografia privata dove veniva<br />

stampato il foglio (la G. Siwinna <strong>di</strong> Kattowitz, in Galizia).<br />

Fino al gennaio del ’15, a testimonianza <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà organizzative, il giornale uscì due<br />

volte alla settimana, ma era costituito da pochi fogli (da uno a cinque) spesso battuti a<br />

macchina e ciclostilati, in cui soltanto la testata era stampata. Dall’inizio del ’15 in poi le<br />

e<strong>di</strong>zioni in ciclostile si rarefanno e cominciano a comparire foto in copertina e ad aumentare il<br />

numero delle pagine, fino a stabilizzarsi attorno alla quin<strong>di</strong>cina.<br />

In vista dell’analisi della «Tiroler Soldaten-Zeitung» è bene osservare da vicino un numero in<br />

particolare del giornale della prima armata, precisamente quello ‘doppio’ <strong>di</strong> domenica 4 aprile<br />

1915.<br />

L’onore della prima pagina, come sarà anche nel supplemento letterario della Tsz, tocca agli<br />

eroi del giorno.<br />

39<br />

«La «Soldaten-Zeitung» ha il compito <strong>di</strong> far arrivare agli appartenenti all’armata impegnati sul campo, con un<br />

linguaggio semplice e conciso, le ultime notizie sulla situazione militare, particolari riguardo a singoli eventi<br />

militari dai <strong>di</strong>versi teatri <strong>di</strong> guerra, così come ogni altro tema che sia d’interesse generale o particolare.» In<br />

«Soldaten-Zeitung der k.u.k. Ersten Armee», n. 62-63, anno I, p.1.<br />

19


All’interno del giornale, in cui il testo è <strong>di</strong>stribuito su due colonne <strong>di</strong> eguali <strong>di</strong>mensioni, dalla<br />

seconda alla sesta pagina si trovano sette articoli che trattano i temi più <strong>di</strong>sparati: dalla <strong>di</strong>fesa<br />

dei Dardanelli (Die Vertei<strong>di</strong>gung der Dardanellen, p. 3), agli accor<strong>di</strong> economici fra la<br />

Monarchia e gli alleati (Das wirtschaftliche Bündnis, p. 3) fino alla recensione <strong>di</strong> una brossura<br />

sulla guerra, <strong>di</strong> recente pubblicazione (Was uns Not tut, p. 6). Lo stile <strong>di</strong> questi articoli è senza<br />

dubbio ricercato e gli argomenti trattati, per quanto <strong>di</strong> interesse generale, richiedono al lettore<br />

una certa cultura per arrivare a leggerli fino in fondo.<br />

Da pagina sette a pagina quin<strong>di</strong>ci, l’ultima, si susseguono ben 63 notizie brevi, ognuna col suo<br />

titolo, riguardanti nella stragrande maggioranza gli avvenimenti militari dai <strong>di</strong>versi fronti, con<br />

particolare attenzione a quello orientale, e quelli politici, con un occhio <strong>di</strong> riguardo ai paesi<br />

neutrali.<br />

Il linguaggio <strong>di</strong> queste notizie è sobrio, quasi informativo, se non fosse che sono tutte<br />

accuratamente manipolate in favore dell’Impero e dei suoi alleati: proprio in questo<br />

selezionare e ritoccare centinaia <strong>di</strong> notizie, anche solo vagamente spen<strong>di</strong>bili per dare la<br />

sensazione che tutto vada bene, sta il Leitmotiv propagan<strong>di</strong>stico del giornale.<br />

L’obiettivo che emerge più chiaramente è quello <strong>di</strong> creare un clima positivo e <strong>di</strong> pacata<br />

fiducia nel corpo ufficiali, sperando che poi questi siano in grado <strong>di</strong> farne partecipi i soldati.<br />

Perché una cosa è chiara: nonostante il nome, questo foglio era fatto e pensato per gli ufficiali,<br />

specie quelli <strong>di</strong> ranghi inferiori, quoti<strong>di</strong>anamente a contatto con la truppa. Il soldato semplice<br />

è presente solo nella decorazione con le medaglie, Ehrentafel (targa dell’onore) al valore <strong>di</strong><br />

quel grande club che i comandanti vorrebbero fosse l’armata, come simbolo vincente <strong>di</strong> una<br />

guerra in cui tutto doveva andare per il meglio; anche se quando questa e<strong>di</strong>zione venne<br />

stampata, era appena passato un inverno che si era portato via più <strong>di</strong> un milione <strong>di</strong> soldati<br />

imperial-regi fra caduti, feriti e prigionieri 40 .<br />

40<br />

1.292.000 secondo Christoph von Hartungen in “Die Tiroler Vorarlberger Standschützen-Mythos und<br />

Realität” in K. Eisterer – R. Steininger (Hrsg.), Tirol und der erste Weltkrieg, Innsbruck-Wien, Österreichischer<br />

Stu<strong>di</strong>enverlag, 1995, p. 64.<br />

20


La guerra e i due volti della censura<br />

Allo scoppio della guerra contro la Serbia, fra le altre legislazioni speciali che entrarono in<br />

vigore, quella sulla stampa pose <strong>di</strong> fatto fine alla relativa libertà esistente in tempo <strong>di</strong> pace. La<br />

censura militare, con il suo rigi<strong>di</strong>ssimo sistema <strong>di</strong> accre<strong>di</strong>tamento dei corrispondenti, e quella<br />

civile, che esigeva la consegna quoti<strong>di</strong>ana delle bozze ai commissariati <strong>di</strong> polizia, rendevano<br />

impossibile anche per il giornale più forte e affermato l’espressione <strong>di</strong> un qualsivoglia<br />

<strong>di</strong>ssenso al conflitto.<br />

La Berichterstattergruppe e la militarizzazione dei corrispondenti <strong>di</strong> guerra<br />

Unica ripartizione del Kpq presente dall’inizio alla fine della guerra, la Berichterstattergruppe<br />

(Gruppo dei corrispondenti) era <strong>di</strong>viso in tre sottogruppi: uno austriaco, uno ungherese e uno<br />

straniero 41 . Il numero dei corrispondenti che ne fecero parte superò le cento unità, ma questo<br />

non significava che il gruppo fosse sempre così numeroso: sia per motivi personali che<br />

redazionali i giornali richiamavano dal fronte i propri inviati per sostituirli con altri 42 .<br />

Quando entravano a farne parte, i corrispondenti <strong>di</strong>venivano sotto il profilo giuri<strong>di</strong>co dei<br />

militari veri e propri, ma il loro status fu contrad<strong>di</strong>stinto fino al 1917 da un’ambiguità <strong>di</strong><br />

fondo: secondo le già citate istruzioni per la mobilitazione del 1909, per essere accre<strong>di</strong>tati dal<br />

proprio giornale al Kpq 43 gli inviati dovevano essere inabili al servizio militare. Nel momento<br />

stesso in cui l’accre<strong>di</strong>to veniva concesso, il giornalista si trovava però sottoposto a tutti gli<br />

effetti alla giuris<strong>di</strong>zione militare stessa 44<br />

L’interpretazione della norma, che venne aggirata più d’una volta grazie a raccomandazioni e<br />

pressioni <strong>degli</strong> e<strong>di</strong>tori 45 , venne resa univoca nel ’17 dal nuovo comandante, il colonnello<br />

Eisner-Bubna: i corrispondenti <strong>di</strong> guerra erano da intendersi abili al servizio militare, ma<br />

esenti da quello <strong>di</strong> truppa 46 .<br />

41 Il tetto <strong>di</strong> otto giornalisti austroungarici e <strong>di</strong> tre per paese straniero previsto dalle Istruzioni del 1909 venne<br />

superato già dopo i primi mesi. Stiassny-B., op. cit., p. 7.<br />

42 Ivi p. 43.<br />

43 Almeno durante il primo anno del conflitto, la domanda <strong>di</strong> accre<strong>di</strong>to dovette essere inoltrata dal <strong>di</strong>rettore della<br />

testata al Kriegsministerium (Ministero della guerra), mentre in seguito si affermò la prassi <strong>di</strong> fare domanda<br />

<strong>di</strong>rettamente al Kpq. Ivi p. 9.<br />

44 Ivi pp. 8-10.<br />

45 Ivi p. 29.<br />

46 Stiassny-B., op. cit., p. 38.<br />

21


Un cenno infine ai costi della Berichterstattergruppe che venivano <strong>di</strong>visi fra l’esercito, che<br />

assicurava ai giornalisti e ai loro aiutanti vitto e alloggio, nonché un rimborso forfettario per i<br />

viaggi al fronte, e i giornali, che coprivano le spese della corrispondenza, a quanto pare molto<br />

alte nonostante la concessione <strong>di</strong> tariffe agevolate 47 .<br />

Le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro dei Berichterstatter<br />

I corrispondenti furono sottoposti ad una doppia censura: da una parte quella <strong>di</strong>retta o «alla<br />

fonte» 48 , dall’altra quella in<strong>di</strong>retta a cui vennero sottoposti i servizi da inviare ai giornali 49 .<br />

La censura “alla fonte” fu molto severa nel primo anno del conflitto soprattutto con i<br />

giornalisti a cui era tassativamente vietato accedere al fronte, dove vennero invece inviati da<br />

subito fotografi e <strong>di</strong>segnatori 50 (i Kriegsmaler), ritenuti evidentemente più controllabili. Con<br />

il tempo le pressioni dei giornali e dei corrispondenti si fecero più forti e perciò si iniziarono<br />

ad organizzare gite in piccoli gruppi e sotto il comando <strong>di</strong> un ufficiale: le escursioni si<br />

svolgevano o in località dove si erano concluse (almeno da qualche giorno) battaglie<br />

vittoriose per la Monarchia oppure lungo tratti <strong>di</strong> fronte non operativi 51 .<br />

L’ufficiale accompagnatore, a volte appartenente al Kpq, altre volte ai Coman<strong>di</strong> d’armata,<br />

doveva agire da filtro fra le truppe e il corrispondente, impedendo contatti troppo ravvicinati.<br />

La censura dei <strong>di</strong>spacci in partenza per le redazioni era affidata invece alla Zensurgruppe del<br />

Kpq dove operavano esclusivamente ufficiali; il Comando del Kpq aveva, inoltre, voce in<br />

capitolo nel definire le linee generali della censura elaborate dal Kriegsüberwachungsamt<br />

(Ufficio <strong>di</strong> vigilanza sulla guerra) presso il Kriegsministerium 52 .<br />

Dalle Disposizioni per i viaggi al fronte del luglio 1916, che coincidono in buona parte con le<br />

in<strong>di</strong>cazioni operative per i censori, emerge con chiarezza l’obiettivo fondamentale della<br />

censura <strong>di</strong>retta e cioè il controllo assoluto dei dati fondamentali della notizia: dati precisi,<br />

numeri o nomi <strong>di</strong> località potevano essere estrapolati soltanto dai Bollettini ufficiali del<br />

Comando supremo. Accanto a questo intento se ne può rintracciare un altro non meno<br />

47 Ivi p. 34.<br />

48 In F. Di Spirito, P. Ortoleva, C. Ottaviano (a cura <strong>di</strong>), Lo strabismo telematico: contrad<strong>di</strong>zioni e tendenze<br />

della società dell'informazione, Torino, UTET, 1997, a p. 15 Ortoleva definisce come “censura alla fonte” i casi<br />

in cui «ciò che viene sottoposto a rigi<strong>di</strong> controlli e <strong>di</strong>vieti non è quello “che viene detto”, ma lo stesso accesso<br />

del giornalista alla notizia, anzi, alla realtà della guerra.»<br />

49 Sulla censura austroungarica nella Grande guerra si veda: G. Spann, Zensur in Österreich während den ersten<br />

Weltkrieg, Phil. Diss., Wien, 1972.<br />

50 Stiassny-B., op. cit., p. 51.<br />

51 Ivi pp. 51-52.<br />

52 Ivi pp. 56-57.<br />

22


evidente, quello cioè <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re al corrispondente sia <strong>di</strong> raccontare eventi storicamente falsi,<br />

sia <strong>di</strong> denigrare il nemico in modo esagerato: in una parola venne raccomandata ai<br />

Berichterstatter una certa continenza nello stile 53 .<br />

Ai corrispondenti, chiusi nei loro alloggi o negli uffici del Kpq, per accontentare il loro<br />

pubblico non restava altro che abbellire e romanzare i comunicati ufficiali, in barba<br />

naturalmente alla continenza raccomandata, mescolando le impressioni raccolte durante i rari<br />

viaggi al fronte con informazioni prese da mappe, romanzi e ad<strong>di</strong>rittura guide turistiche 54 .<br />

I rapporti fra corrispondenti e militari, nonostante la stretta collaborazione, non furono mai dei<br />

migliori: se gli ufficiali esterni al Kpq non comprendevano affatto la necessità della loro<br />

presenza al fronte, i giornalisti, per contro, mal tolleravano il controllo asfissiante dei militari<br />

che impe<strong>di</strong>vano loro <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare le richieste dei rispettivi giornali, che volevano più notizie<br />

e in tempi più rapi<strong>di</strong>. L’esistenza <strong>di</strong> queste tensioni è documentata dalle frequenti petizioni<br />

inoltrate dai corrispondenti più importanti a nome <strong>di</strong> tutti i Berichterstatter. Le lamentele<br />

riguardavano la scarsità delle visite al fronte, l’eccessiva severità dei censori e il ritardo con<br />

cui i pezzi censiti arrivavano ai giornali, spesso già privi <strong>di</strong> attualità 55 .<br />

La censura governativa<br />

Fin dall’inizio della guerra, con l’entrata in vigore delle <strong>di</strong>sposizioni d’emergenza<br />

(Ausnahmverfügungen) del Ministero <strong>degli</strong> Interni, gli e<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> ogni tipo <strong>di</strong> perio<strong>di</strong>co furono<br />

obbligati a consegnare in via preventiva un esemplare presso le autorità competenti<br />

all’esercizio della censura che a seconda delle località erano i Polizeikommisariat<br />

(Commissariati <strong>di</strong> polizia) o le Bezirkhauptmannschaft (Uffici dei Capo <strong>di</strong>stretto) 56 . In questi<br />

uffici veniva svolta la censura vera e propria su delega della Staatsanwaltschaft für<br />

Presseangelegenheiten (Procura <strong>di</strong> Stato per gli affari della stampa) a cui la censura spettava<br />

per legge 57 .<br />

Per evitare il danno economico derivante dalla <strong>di</strong>struzione delle copie esemplari, si consolidò<br />

ben presto l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> consegnare ai censori (sempre in via preventiva) la bozza del<br />

53 Stiassny-B., op. cit, p. 63.<br />

54 Ivi pp. 49-50.<br />

55 Ivi pp. 72-73.<br />

56 G. Dressler, Zwischen Euphorie und Realismus – Die Neue Freie Presse im ersten Weltkrieg, Phil. Diss.,<br />

Wien, 1981, p. 46.<br />

57 Paupié, op. cit., Band II, pp. 144-145.<br />

23


giornale da cui i passaggi proibiti venivano rimossi, lasciando le inconfon<strong>di</strong>bili macchie<br />

bianche ben presto familiari soprattutto ai lettori dei giornali d’opposizione 58 .<br />

Al vertice dell’intero apparato stava il Kriegsüberwachungsamt (Ufficio per la sorveglianza<br />

della guerra), organismo ufficialmente inesistente, ma in realtà noto ad ogni insider che si<br />

trovava alle <strong>di</strong>rette <strong>di</strong>pendenze del Ministero <strong>degli</strong> Interni. I suoi compiti consistevano nel<br />

<strong>di</strong>ffondere le <strong>di</strong>rettive generali sulla censura, nel coor<strong>di</strong>nare fra loro censura postale,<br />

telegrafica e perio<strong>di</strong>ca, nonché nell’organizzazione, a partire dall’autunno del 1915, <strong>di</strong> una<br />

conferenza stampa ufficiale giornaliera sulla situazione della guerra e sullo stato generale<br />

della Monarchia 59 .<br />

L’esperienza dei Kriegsmaler 60<br />

Prima <strong>di</strong> lasciare spazio al vivo del presente lavoro, ovvero l’analisi della Tsz e nello<br />

specifico delle tematiche trainanti delle poesie comparse nei supplementi bisogna ricordare<br />

un’esperienza propagan<strong>di</strong>stica e artistica che si intrecciano in modo del tutto eccezionale nella<br />

Monarchia absburgica.<br />

Nell’ambito del Kpq già nel 1914 il Comando supremo d’armata istituì presso l’Ufficio<br />

stampa <strong>di</strong> guerra la sezione <strong>di</strong> cui si è già parlato: la Kunstgruppe. Molti chiamati alle armi<br />

che nella vita civile erano artisti vennero inquadrati sotto il comando del Kpq, con il compito<br />

<strong>di</strong> documentare e rendere comprensibile l’esperienza bellica. Iniziarono le attività sul fronte<br />

russo e serbo, dove i pittori vennero mandati allo stesso modo <strong>di</strong> fotografi, operatori<br />

cinematografici o giornalisti.<br />

Ma la specificità del loro lavoro, cioè la necessità <strong>di</strong> tempi più lunghi per portare a termine lo<br />

stesso lavoro, fecero sì che nella primavera del 1915 venisse creato, sempre nell’ambito del<br />

Kpq, un nuovo servizio, quello dei Kriegsmaler e dei Kriegsbildbauer.<br />

L’esperienza dei Kriegsmaler è un’esperienza unica nell’ambito della Prima Guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />

In nessun altro esercito esistette un reparto così speciale: pittori e scultori con grado <strong>di</strong><br />

ufficiale, che <strong>di</strong>sponevano della massima libertà <strong>di</strong> movimento al fronte e potevano arrivare<br />

fino alla prima linea. Il loro compito fu <strong>di</strong> raffigurare la vita al fronte, con l’obbligo <strong>di</strong> fornire<br />

58<br />

Dressler, op. cit., p. 46.<br />

59<br />

Ibid.<br />

60<br />

Per le informazioni del presente paragrafo sui Kriegsmaler si vedano, oltre le opere già citate nella nota 8,<br />

Liselotte Popelka, Vom “Hurra” zum Leichenfeld, Vienna, Heeresgeschichtliches Museum, 1971 e Jozo<br />

Dzambo (a cura <strong>di</strong>), Musen an <strong>di</strong>e Front. Schriftsteller und Künstler im Dienst der k.u.k Kriespropaganda 1914-<br />

1918, Monaco, Adalbert-Stifter-Verein, 2003.<br />

24


il Kpq <strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> opere al mese. Il 99% della loro produzione artistica rimase <strong>di</strong><br />

proprietà del quartier generale, che per <strong>di</strong>vulgare le tele <strong>di</strong> questi artisti organizzò <strong>di</strong>verse<br />

mostre sia all’interno del Paese che dell’alleata Germania,ma anche in paesi lontani quali<br />

Olanda o Danimarca. Le mostre <strong>di</strong> pittura in periodo <strong>di</strong> guerra sono una cosa eccezionale, che<br />

permisero a questi artisti <strong>di</strong> continuare la loro riflessione artistica, anche se certamente con il<br />

limite del ruolo che ricoprivano e dello scopo per cui lavoravano ovvero: fare propaganda. A<br />

questi artisti va riconosciuto il merito <strong>di</strong> avere documentato tutti i fronti in cui hanno<br />

combattuto le armate austroungariche.<br />

Alcuni temi sono ricorrenti come la natura e il paesaggio, le scene <strong>di</strong> guerra, i momenti <strong>di</strong> vita<br />

dei soldati, ma la gran parte della produzione dei Kriegsmaler riguarda il paesaggio e la<br />

ritrattistica. I toni sono spesso i<strong>di</strong>lliaci, a volte malinconici, ma mai, o raramente, suscitano<br />

orrore o angoscia. Complessivamente è il rapporto uomo-natura a prevalere in questa<br />

esperienza artistica 61 .<br />

Un altro strumento <strong>di</strong> cui si avvalse la propaganda per <strong>di</strong>ffondere queste opere fu la loro<br />

pubblicazione nelle pagine della Tsz.<br />

La Tsz fu una finestra aperta sul mondo artistico tirolese <strong>di</strong> quegli anni.<br />

61 Esperienza in parte rivivibile nel Catalogo a cura <strong>di</strong> Massimo Libar<strong>di</strong> e Fernando Orlan<strong>di</strong>: Kriegsmaler.<br />

Pittori al fronte nella Grande Guerra, op. cit.<br />

25


Il Tirolo in guerra<br />

Come è stato appena accennato, nella Monarchia la propaganda per i soldati ebbe un peso<br />

relativamente scarso: se la necessità <strong>di</strong> un maggiore coinvolgimento ideale del combattente<br />

nella guerra fu sentita dalle autorità militari centrali soltanto verso la fine del conflitto, fu<br />

quasi del tutto assente la preoccupazione <strong>di</strong> collegare il fronte militare a quello, cosiddetto,<br />

interno, attraverso mezzi <strong>di</strong> propaganda che facessero da ponte fra soldati e civili. Le ragioni<br />

principali <strong>di</strong> questa lacuna sono da ricercare da una parte nel silenzio dei politici sui motivi<br />

del conflitto, dall’altra nella <strong>di</strong>stanza fisica della stragrande maggioranza della popolazione<br />

dai combattimenti che si svolsero soprattutto agli estremi confini dell’Impero (Carpazi,<br />

Galizia, Serbia).<br />

Nel caso del Tirolo però, la situazione fu completamente <strong>di</strong>versa: le autorità militari locali e<br />

l’associazionismo civile anzitutto, si mobilitarono fin da subito perché l’aggressione italiana<br />

fosse interpretata nel contesto del confronto, in corso da decenni, fra nazionalismo italiano e<br />

nazionalismo germanico. In secondo luogo, la mancanza <strong>di</strong> effettivi rese necessario, per il<br />

primo anno <strong>di</strong> guerra, il trasferimento al fronte <strong>di</strong> intere comunità civili, inquadrate in reparti<br />

volontari che, se non mancavano <strong>di</strong> motivazioni oggettive per <strong>di</strong>fendere la loro terra, avevano<br />

però bisogno <strong>di</strong> premi simbolici e <strong>di</strong> stimoli ideali per battersi da veri soldati.<br />

L’unità totale fra i due fronti, auspicata nella Grande guerra dai militari <strong>di</strong> ogni ban<strong>di</strong>era,<br />

sembrava essersi realizzata quin<strong>di</strong> nella piccola patria alpina sotto asse<strong>di</strong>o e trovò la sua<br />

espressione proprio nella «Tiroler Soldaten-Zeitung», destinata, non a caso, sia al pubblico<br />

militare che a quello civile.<br />

Il bastione Tirolo e la mobilitazione dei Landesschützen<br />

Fino al maggio 1915, il Tirolo era stato certamente un territorio lontano dal fronte, ma mai<br />

dalla guerra in senso lato. Già nella tarda estate del ’14, infatti, per proteggersi le spalle da un<br />

eventuale attacco del Regno d’Italia (che poi puntualmente avvenne), il capo <strong>di</strong> stato<br />

maggiore dell’esercito austroungarico, Feldmareschall Conrad von Hötzendorf, aveva<br />

or<strong>di</strong>nato il rinforzo e il completamento della rete <strong>di</strong> fortificazioni che correva lungo il confine<br />

fra i due stati: non era infatti un mistero per nessuno che l’Italia avrebbe potuto ripu<strong>di</strong>are da<br />

un momento all’altro la vetusta Triplice Alleanza, per unirsi all’Intesa ed approfittare della<br />

guerra per realizzare compiutamente l’unità nazionale. Conrad stesso aveva proposto negli<br />

26


anni precedenti ad<strong>di</strong>rittura una guerra preventiva contro l’Italia per scongiurare<br />

definitivamente ogni pericolo <strong>di</strong> dover cedere a quest’ultima altri territori 62 .<br />

Nel maggio 1915, la Monarchia non si trovava quin<strong>di</strong> certo impreparata dal punto <strong>di</strong> vista<br />

psicologico e strategico a <strong>di</strong>fendersi dall’Italia: quello che veramente mancava era il materiale<br />

umano. Com’è stato detto prima, nelle terribili battaglie dei Carpazi dell’inverno ’14-’15<br />

l’esercito austroungarico aveva perduto circa 1 milione e 292 mila effettivi fra caduti, feriti e<br />

prigionieri: poco meno della metà quin<strong>di</strong> dei circa dei circa 3 milioni <strong>di</strong> uomini mobilitati nel<br />

’14 63 . Prima che l’Italia <strong>di</strong>chiarasse la sua uscita dall’Alleanza (4 maggio 1915), a <strong>di</strong>fendere il<br />

Tirolo si trovavano perciò poche decine <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> uomini in tutto: una parte delle cinque<br />

<strong>di</strong>visioni dell’Armeegruppe Rohr (X Armata, <strong>di</strong>stribuita fra Tirolo, Carinzia e contea <strong>di</strong><br />

Gorizia) e le compagnie della milizia territoriale, ovvero i Landstürmer e gli Standschützen 64 .<br />

L’antico <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> auto<strong>di</strong>fesa dei tirolesi, garanzia dell’esenzione dal servizio militare, era<br />

sopravvissuto infatti almeno in parte all’introduzione della leva obbligatoria (1869): le classi<br />

che avevano già prestato regolare servizio (dai 33 ai 42 anni) venivano inquadrate in una<br />

milizia territoriale (Landsturm) che poteva essere impiegata esclusivamente per la <strong>di</strong>fesa del<br />

Tirolo in caso <strong>di</strong> guerra 65 .<br />

Accanto a questi riservisti, vi erano poi gli Standschützen, cioè membri delle associazioni che<br />

ruotavano intorno ai poligoni <strong>di</strong> tiro e che erano o troppo giovani o troppo vecchi per<br />

appartenere alla Landsturm: accanto a ragazzi sotto i vent’anni e uomini oltre i cinquanta si<br />

trovavano poi gli inabili al servizio militare che non per questo <strong>di</strong>sdegnavano <strong>di</strong> fare due tiri<br />

al bersaglio <strong>di</strong> domenica. La funzione <strong>di</strong> questa riserva della riserva era soprattutto quella <strong>di</strong><br />

introdurre i membri più giovani (sotto i 18) al cameratismo militare, affiancandoli a quelli più<br />

anziani; l’inclusione nei registri <strong>degli</strong> Standschützen era un atto assolutamente volontario e<br />

legato soprattutto all’aspetto sociale dell’istituzione; si trattava insomma <strong>di</strong> circoli con una<br />

funzione, verrebbe da <strong>di</strong>re, ‘ricreativa’: la possibilità <strong>di</strong> una mobilitazione appariva ai membri<br />

<strong>di</strong> queste associazioni quanto mai remota 66 . Niente <strong>di</strong> più sbagliato.<br />

Il 18 maggio 1915 venne or<strong>di</strong>nata la mobilitazione totale dei volontari tirolesi, organizzati in<br />

44 battaglioni e 23 compagnie <strong>di</strong> Standschützen e in 10 Landsturmbattaillon: a questi vennero<br />

affiancati durante l’estate alcuni reggimenti <strong>di</strong> Schützen provenienti da altri Länder austriaci<br />

62 W. Etschmann, Die Südfront 1915-1918, in Eisterer-Steininger, op. cit., pp. 27-30.<br />

63 Isnenghi, La Grande Guerra, op. cit., p. 36.<br />

64 Eisterer-Steininger, op. cit., pp. 27-30.<br />

65 Eisterer-Steininger, op. cit., pp. 62-63.<br />

66 Ibid. Organizzazioni analoghe erano comunque <strong>di</strong>ffuse anche nelle altre regioni alpine della Monarchia (Stiria,<br />

Salisbrugo)<br />

27


(Salisburgo, Stiria, Alta-Austria, Carinzia), sette reggimenti <strong>di</strong> veterani tirolesi impiegati fino<br />

ad allora su altri fronti e i 12 mila bavaresi dell’Alpenkorps tedesco che fecero da forza <strong>di</strong><br />

pronto intervento lungo tutto il fronte italiano 67 .<br />

Il neo costituito Comando del fronte sud-occidentale Arciduca Eugenio (Kommando der<br />

Südwestfront Erzherzog Eugen) guidato appunto dal fratello del Comandante Supremo<br />

arciduca Federico, venne <strong>di</strong>viso in tre settori:<br />

1. quello del confine tirolese (75 mila unità) affidato al Landesvertei<strong>di</strong>gungskommando Tirol<br />

(Comando <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa territoriale Tirolo, Lvk <strong>di</strong> seguito) affidato al Viktor Dankl, l’“eroe <strong>di</strong><br />

Krasnik”;<br />

2. il confine carinziano (30 mila unità) che venne presi<strong>di</strong>ato da tutte e cinque le <strong>di</strong>visioni del<br />

Gruppo Rohr, affiancate da Standschützen carinziani,<br />

3. e infine quello dell’Isonzo (95 mila uomini) dove venne <strong>di</strong>slocata una buona parte della<br />

quinta armata prima impiegata nei Balcani e posta sotto il comando del generale Boroévic 68 .<br />

Quello isontino non era fronte da Schützen.<br />

Almeno per i primi mesi nel primo settore operarono quin<strong>di</strong> soprattutto riservisti e volontari<br />

che prima dell’arrivo dei veterani tirolesi (agosto ’15) costituivano circa la metà delle forze<br />

<strong>di</strong>sponibili 69 . Data poi la scarsità <strong>di</strong> quadri interme<strong>di</strong>, agli Standschützen venne concesso un<br />

privilegio inconcepibile per i militari, cioè quello <strong>di</strong> eleggere i propri ufficiali e sottoufficiali:<br />

questo fattore, unito alla provenienza dalla stessa località come criterio guida per la<br />

formazione dei battaglioni, determinò <strong>di</strong> fatto un trasferimento in blocco <strong>di</strong> interi paesi al<br />

fronte, con i notabili in <strong>di</strong>visa da ufficiali e i conta<strong>di</strong>ni a fare i soldati 70 .<br />

Questi microcosmi sociali estremamente coesi, legate alle forme e alle regole della vita <strong>di</strong><br />

paese, non potevano che sentirsi estranei a quel popolo a sé della Monarchia, quello militare<br />

appunto, con i suoi co<strong>di</strong>ci e le sue regole: le due culture non potevano che far fatica a<br />

convivere negli stessi spazi angusti delle trincee e delle postazioni d’alta quota.<br />

I rapporti erano tesi soprattutto fra ufficiali d’accademia e ufficiali volontari. I primi, infatti,<br />

non accettavano che i secon<strong>di</strong> avessero ricevuto da un giorno all’altro il grado (senza però il<br />

<strong>di</strong>ritto alla pensione) che loro si erano guadagnati in anni <strong>di</strong> carriera; sempre i primi, poi, non<br />

perdevano occasione <strong>di</strong> inoltrare lamentele presso il Lvk riguardo al comportamento<br />

67 Eisterer-Steininger, op. cit., pp. 27-30. Nel ’17 furono gli autori del blitz nella Conca <strong>di</strong> Plezzo, prelu<strong>di</strong>o a<br />

Caporetto.<br />

68 Ibid.<br />

69 Eisterer-Steininger, op. cit., p. 72.<br />

70 Ivi., pp. 67-71.<br />

28


in<strong>di</strong>sciplinato e inaffidabile <strong>degli</strong> Standschützen in battaglia che a volte si producevano<br />

ad<strong>di</strong>rittura in ritirate non autorizzate. Questi ultimi per bocca dei loro ufficiali-compaesani si<br />

lamentavano invece <strong>di</strong> venire maltrattati e umiliati <strong>di</strong> continuo dagli altezzosi superiori <strong>di</strong><br />

città 71 .<br />

Il ruolo dei volontari <strong>di</strong>venne col tempo sempre più marginale, man mano che nuove truppe<br />

regolari venivano trasferite in Tirolo: dei 30 mila Standschützen mobilitati nel ’15, ne<br />

rimanevano nel novembre del ’18 circa <strong>di</strong>eci mila 72 .<br />

Per il primo anno <strong>di</strong> guerra però le comunità dei volontari erano e rimanevano una forza<br />

in<strong>di</strong>spensabile per la <strong>di</strong>fesa del territorio: il loro sforzo andava però riconosciuto e premiato,<br />

se non sul piano della carriera militare, almeno su quello simbolico e dell’immagine. Come<br />

vedremo in seguito quello <strong>di</strong> motivare gli Standschützen attraverso il recupero del loro<br />

universo mitico fu uno dei principali compiti svolti dalla «Tiroler Soldaten-Zeitung».<br />

I provve<strong>di</strong>menti anti-irredentisti dell’amministrazione militare<br />

Con l’or<strong>di</strong>nanza imperiale del 23 maggio 1915 venne proclamato lo Stato d’asse<strong>di</strong>o nel Tirolo<br />

a sud del Brennero così come negli altri territori confinanti con il fronte (dalla Carinzia<br />

all’Istria): al Comando del fronte sud-occidentale ( <strong>di</strong> stanza a Marburg, nella Stiria) e al Lvk<br />

<strong>di</strong> Innsbruck venne riconosciuta quin<strong>di</strong> una possibilità <strong>di</strong> intervento sostanzialmente illimitata<br />

nelle materie <strong>di</strong> competenza delle autorità civili 73 .<br />

Questo potere <strong>di</strong> intervento venne sfruttato dai militari soltanto in parte rispetto a quelli che<br />

sarebbero stati i loro propositi: il comando del Südwestfront, infatti, elaborò fra il ’15 e il ’17<br />

una grande mole <strong>di</strong> proposte per una riforma in senso autoritario, del Tirolo in particolare e<br />

della Monarchia in generale. Queste riforme furono concepite per estirpare ogni forma <strong>di</strong><br />

Irredentismo, italiano o slavo che fosse, e avrebbero dovuto trasformare i territori <strong>di</strong> confine<br />

con l’Italia nel baluardo <strong>di</strong> un impero nuovo e molto più tedesco <strong>di</strong> quanto non lo fosse stato<br />

fino ad allora. Prima <strong>di</strong> vedere in concreto queste proposte è necessario dare un volto ai<br />

generali che all’interno del Coman<strong>di</strong> si occuparono più da vicino <strong>di</strong> queste questioni: anche<br />

perché furono proprio loro i padrini della «Tiroler Soldaten-Zeitung».<br />

71 Ivi., pp. 80-83.<br />

72 Ivi., p. 84.<br />

73 G. Pircher, Militär, Verwaltung und Politik in Tirol im Ersten Weltkrieg, Innsbruck, Universitätsverlag<br />

Wagner, 1995, pp. 41-42.<br />

29


Capo <strong>di</strong> stato maggiore del Comando, numero due dopo ‘Sua altezza’ l’arciduca Eugenio, il<br />

generale della fanteria Alfred Krauss 74 era nato a Zara nel 1862 (sarebbe morto nel 1938 in<br />

Austria), figlio <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>co militare originario della Boemia tedesca dopo i continui<br />

spostamenti che portarono la famiglia da Venezia al Banato, Krauss entrò nel 1880<br />

all’Accademia militare <strong>di</strong> Wiener Neustadt assolta nell’83 con grado <strong>di</strong> tenente. Capitano nel<br />

’91, iniziò ad avvicinarsi ai circoli tedesco-nazionali interni all’esercito in cui, nonostante il<br />

<strong>di</strong>vieto assoluto <strong>di</strong> occuparsi <strong>di</strong> politica, si <strong>di</strong>scuteva <strong>di</strong> come salvare la Monarchia dalla<br />

<strong>di</strong>sgregazione a cui la stavano portando i nazionalismi <strong>degli</strong> altri, cioè dei non tedeschi.<br />

Colonnello nel 1904, fu comandante della scuola <strong>di</strong> guerra <strong>di</strong> Vienna dal ’10 al ’14: allo<br />

scoppio delle ostilità venne destinato ai Balcani, settore dove comandante supremo era<br />

proprio l’Arciduca Eugenio, <strong>di</strong> cui Krauss <strong>di</strong>venne il primo aiutante nel <strong>di</strong>cembre 1914, con la<br />

carica <strong>di</strong> Capo <strong>di</strong> stato maggiore. Con l’assegnazione all’Arciduca del comando delle<br />

operazioni contro l’Italia, Krauss lo seguì nel nuovo incarico occupandosi in prima persona<br />

delle questioni <strong>di</strong> politica interna. Da generale in pensione, dopo la guerra, si avvicinerà al<br />

nazionalsocialismo.<br />

Anche il generale Viktor Dankl 75 era figlio <strong>di</strong> un ufficiale ed era nato a U<strong>di</strong>ne nel 1854<br />

(sarebbe morto nel 1941 a Innsbruck): aveva frequentato l’Accademia militare teresiana da<br />

cui era stato licenziato nel 1874 per essere destinato prima in Galizia poi a Vienna a Trento e,<br />

infine, a Zagabria. Generale della cavalleria nel 1912, gli venne assegnato lo stesso anno il<br />

comando della XIV Armata <strong>di</strong> stanza ad Innsbruck dove si impose con successo sulle autorità<br />

locali, ottenendo il ritiro del provve<strong>di</strong>mento del Landesrat ( Consiglio del Land) destinato ad<br />

escludere gli Standschützen dall’organico della <strong>di</strong>fesa territoriale (1913) 76 . Con la I Armata,<br />

ottenne nei primi mesi <strong>di</strong> guerra l’assai celebrata vittoria <strong>di</strong> Krasnik contro i russi (che nel ’18<br />

gli valse il titolo <strong>di</strong> conte), prima <strong>di</strong> prendere le re<strong>di</strong>ni del Comando <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa territoriale del<br />

Tirolo, <strong>di</strong>venendone poi de facto padrone assoluto.<br />

Fratello del Comandante supremo Arciduca Federico, l’Arciduca Eugenio 77 (Erzherzog<br />

Eugen, 1863-1954) fu fino al 1923 l’ultimo grande maestro dell’or<strong>di</strong>ne teutonico: venne<br />

avviato alla carriera militare nei Kaiserjäger tirolesi (1883) e per ben 12 anni (1900-1912) fu<br />

al comando <strong>di</strong> quella XIV Armata <strong>di</strong> stanza in Tirolo, che dal ’12 venne affidata a Dankl. Nel<br />

74<br />

W. Drofenik, General Alfred Krauss – Eine Biographie, Phil. Diss., Wien, 1967, pp. 4-36.<br />

75<br />

Österreichische Akademie der Wissenschaft (Hrsg.), Österreichisches biographisches Lexikon, Wien, Verlag<br />

Hermann Böhlhaus, 1977.<br />

76<br />

Eisterer-Steiniger, op. cit., p. 63.<br />

77<br />

B. Hamann (Hrsg.), Habsburger – ein biographisches Lexikon, Wien, Überreutter Verlag, 1988.<br />

30


primo anno <strong>di</strong> guerra condusse le forze dell’attacco alla Serbia e ottenne nel maggio del ’15 il<br />

comando <strong>di</strong> quelle della <strong>di</strong>fesa dall’Italia che, tranne una breve parentesi ne ’17, conservò fino<br />

alla fine del conflitto.<br />

I tre generali videro nella guerra contro l’Italia l’occasione per sperimentare in Tirolo quelle<br />

ricette politiche che, secondo loro, avrebbero salvato l’intera Monarchia, i cui problemi non<br />

erano stati risolti dai politici. Per <strong>di</strong>fendere efficacemente il Tirolo bisognava, innanzi tutto,<br />

‘stabilizzarlo’ politicamente all’interno, annientando l’irredentismo italiano alla ra<strong>di</strong>ce: per<br />

fare ciò bisognava, in ultima analisi, de-nazionalizzare le popolazioni italiane del Trentino e<br />

nazionalizzare quelle tedesche. Il tutto senza l’impaccio delle autorità civili locali con cui<br />

l’Arciduca Eugenio e il generale Dankl erano venuti più volte ai ferri corti quando<br />

comandavano la XIV Armata 78 : ora era arrivato il momento della rivincita.<br />

L’anti-irredentismo dei tre generali aveva il suo padre ideologico nel Prof. Michael Mayr, dal<br />

1900 docente <strong>di</strong> Storia Moderna all’<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Innsbruck e ripetutamente deputato<br />

cristiano-sociale al Reichsrat (Parlamento della Monarchia) <strong>di</strong> Vienna e al Landestag<br />

(Consiglio regionale) <strong>di</strong> Innsbruck 79 : della forte influenza del suo pensiero sugli articoli anti<br />

irrendetisti nella Tsz si parlerà più avanti.<br />

Nel suo Die Entwicklung des Italienischen Irredentismus in Tirol 80 (L’evoluzione<br />

dell’Irredentismo italiano in Tirolo), Mayr sosteneva che grazie alla mano morbida delle<br />

amministrazioni locali, l’associazionismo irredentista era riuscito a conquistare alla sua causa<br />

settori sempre più ampi della popolazione, costituendo un minaccioso presagio<br />

dell’imminente aggressione con cui il «Raubstaat» (lo stato ladrone) italiano avrebbe cercato<br />

<strong>di</strong> estendere i suoi confini fino al Brennero. Nel frattempo, le associazioni italiane avrebbero<br />

intrapreso un’opera <strong>di</strong> italianizzazione del Tirolo spostando sempre più a nord il confine<br />

linguistico, a <strong>di</strong>scapito delle popolazioni germaniche 81 . Una tesi pienamente con<strong>di</strong>visa<br />

dall’Arciduca Eugenio e da Krauss che, nel novembre del 1915, in una lettera allo<br />

Staatshalter (Governatore) del Tirolo Vorarlberg conte von Toggenburg, giustificavano con le<br />

stesse identiche argomentazioni la loro azione anti-irredentista 82 .<br />

78 Pircher, op. cit., pp. 114-116.<br />

79 J. Richter, Michael Mayr als Historiker und Politiker, Phil. Diss., Wien 1959, pp. 3-4.<br />

80 M. Mayr, Die Entwicklung des Italienischen Irredentismus in Tirol, Innsbruck, Tyrolia, 1915. Il libro, come si<br />

vedrà, comparve a più riprese nelle inserzioni della Tsz.<br />

81 Richter, op. cit., pp. 67-71.<br />

82 Pircher, op. cit., pp. 77-78.<br />

31


Contemporaneamente ai primi provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne poliziesco presi dal Lvk fra il maggio<br />

e il giugno del 1915, come la soppressione dei Comuni ‘a rischio’ (Trento, Rovereto, Riva e<br />

Cles) e l’internamento o il confino <strong>degli</strong> italiani del Regno e <strong>di</strong> ogni altro soggetto<br />

«politicamente inaffidabile» 83 , il Comando iniziò ad elaborare delle proposte per una riforma<br />

organica della Monarchia che avrebbero dovute essere sperimentate proprio nel Welschtirol,<br />

ovvero il Trentino. Raccolte in un memorandum dal titolo Bekämpfung des Irredentismus<br />

(Lotta all’irredentismo) inoltrato in due occasioni presso la cancelleria <strong>di</strong> Vienna fra il<br />

novembre del ’15 e il febbraio del ’16, le proposte riguardavano principalmente la scuola<br />

(introduzione del tedesco come lingua ufficiale ed esercitazioni militari obbligatorie), la<br />

magistratura (giuris<strong>di</strong>zione militare per i reati politici anche in tempo <strong>di</strong> pace) e le<br />

amministrazioni locali (restrizione delle competenze a favore dello stato centrale, <strong>di</strong>vieto della<br />

carriera politica per i funzionari pubblici) 84 .<br />

Queste proposte vennero lasciate cadere nel vuoto dal cancelliere conte von Stürgkh, che<br />

rispose al Comando con dei semplici ‘pareri’: era infatti ferma convinzione sia dell’Aok<br />

(in<strong>di</strong>spettito peraltro <strong>di</strong> essere stato scavalcato dall’Arciduca Eugenio) che del Kaiser e del<br />

governo che ogni riforma ra<strong>di</strong>cale della Monarchia dovesse essere affrontata a guerra<br />

conclusa. L’ostruzionismo delle autorità centrali, indusse quin<strong>di</strong> il Comando a rendere<br />

effettivi i provve<strong>di</strong>menti fattibili nell’ambito della legislazione vigente 85 .<br />

Il primo passo fu la soppressione <strong>di</strong> un centinaio <strong>di</strong> associazioni italiane, avvenuta fra il ’15 e<br />

il ’16: accanto a quelle più o meno <strong>di</strong>chiaratamente irredentiste (Lega nazionale, Associazione<br />

Pro-Patria Trento e Trieste, Dante Alighieri), vennero sciolte anche quelle ‘colpevoli’ <strong>di</strong> avere<br />

intesi contatti con le gemelle del nord Italia (Società alpinisti trentini) e molte altre che <strong>di</strong><br />

italiano avevano solo il nome, come il Veloce Club Trentino e altre piccole associazioni<br />

musicali, teatrali e studentesche 86 .<br />

A questi provve<strong>di</strong>menti seguì l’eliminazione dalla scena politica del ceto <strong>di</strong>rigente trentino:<br />

furono sufficienti dei sospetti o delle voci per far finire in carcere o al confino personaggi <strong>di</strong><br />

spicco della politica locale, da Guido de Gentili a Enrico Conci, da Alcide De Gasperi a<br />

Vittorio Zippel. Con il ripristino dell’immunità parlamentare, avvenuta nel ’17 ad opera del<br />

nuovo imperatore, le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> carcerazione e <strong>di</strong> confino caddero, perché tutti i<br />

83<br />

Ivi., pp. 58-64.<br />

84<br />

Ivi., pp. 81-86.<br />

85<br />

Ibid.<br />

86<br />

Ivi., pp.117-122.<br />

32


personaggi citati erano membri almeno del Landestag, se non contemporaneamente anche del<br />

Reichstag 87 <strong>di</strong> Vienna.<br />

Con l’introduzione della toponomastica e della segnaletica in Trentino poi, il triumvirato<br />

militare avviò la perversa prassi dell’abuso della lingua come strumento <strong>di</strong> oppressione delle<br />

minoranze (prassi <strong>di</strong> cui sarà campione il regime fascista), i cui residui inquinano ancora oggi<br />

la vita politica del Trentino-Alto A<strong>di</strong>ge in generale e del Sudtirolo in particolare.<br />

La questione toponomastica era regolata in Austria dal 1885 secondo un principio puramente<br />

statistico: la K.u.k Statistische Zentralkommission (facente capo al Ministero <strong>degli</strong> Interni)<br />

re<strong>di</strong>geva per ogni Land della Monarchia un Gemeindelexikon (Lessico dei Comuni) basandosi<br />

per ogni comune sui dati dei censimenti in cui i citta<strong>di</strong>ni, fra le altre cose, in<strong>di</strong>cavano anche la<br />

lingua parlata. I toponimi tirolesi erano perciò o solo italiani o solo tedeschi, a seconda del<br />

gruppo maggiormente rappresentato nei <strong>di</strong>versi centri; le insegne dei locali e <strong>degli</strong> uffici<br />

commerciali erano libere. Un principio analogo vigeva nell’ambito <strong>degli</strong> uffici pubblici: nelle<br />

comunicazioni interne ai Bezirke (Distretti) si usava la lingua della maggioranza <strong>degli</strong><br />

abitanti, nelle comunicazioni col Governatore e con la capitale era invece in uso il tedesco 88 .<br />

L’insegnamento della lingua nelle scuole era libero.<br />

L’uso dell’italiano nella toponomastica e nelle insegne in Trentino non era giu<strong>di</strong>cato dal<br />

Comando come una necessità giustificata dalla prassi linguistica e garantita dalla legge, ma<br />

come un sottile espe<strong>di</strong>ente irredentista per ‘italianizzare’ il Tirolo: dal giugno del 1916, i<br />

militari iniziarono perciò ad usare solo il tedesco per ogni comunicazione con le autorità<br />

civili. Una lista <strong>di</strong> toponimi tedeschi che andavano reintrodotti, a sostituire quelli italiani,<br />

venne prontamente fornita dalla sezione tirolese dell’Österreichischer Alpenverein (la società<br />

alpinistica austriaca), che teneva in serbo una lista <strong>di</strong> ‘italianizzazioni improprie’ compilata<br />

anni prima in occasione <strong>di</strong> una bega con i colleghi rivali della Società alpinisti trentini 89 .<br />

Sempre nell’estate del 1916 vennero sostituite la segnaletica e le insegne italiane con quelle<br />

tedesche: dapprima solo presso i posti <strong>di</strong> frontiera, con la scusa che i cartelli non erano scritti<br />

nella lingua d’or<strong>di</strong>nanza delle truppe ed erano perciò incomprensibili, poi via via nelle<br />

stazioni ferroviarie, negli uffici pubblici e negli esercizi commerciali. Le autorità civili erano<br />

fondamentalmente contrarie a questi provve<strong>di</strong>menti, anche se erano costrette ad approvarli in<br />

forza del decreto imperiale del 23 maggio 1915.<br />

87 Ivi., pp. 122-127.<br />

88 Pircher, op. cit., pp. 108-111.<br />

89 Ivi, op. cit., pp. 101-113.<br />

33


Al contrario <strong>di</strong> quelle militari, le massime autorità civili erano pienamente coscienti che i<br />

danni provocati dall’azione del Comando avrebbero superato <strong>di</strong> gran lunga i benefici. Il<br />

presidente dell’Oberlandsgericht (Tribunale <strong>di</strong> corte d’appello) <strong>di</strong> Innsbruck commentò così<br />

l’iniziativa: «Die treue italienische Bevölkerung wird tief verletz und es wird Südtirol<br />

(=Trentino) nach dem Krieg ein physisch und moralisch zerstörtes Land sein» 90 .<br />

Non altrettanto moderata e lungimirante fu la posizione dei partiti politici riuniti nel<br />

Landestag tirolese, incalzati da un’opinione pubblica che, come si vedrà nel prossimo<br />

paragrafo, era già stata ampiamente conquistata alla causa anti-italiana. I tedesco-nazionali,<br />

dopo che gli arresti <strong>di</strong> cui si è parlato avevano dato un colpo mortale al Partito Popolare<br />

(principale rappresentante dei trentini), crearono nell’assemblea un ‘blocco tedesco’ che nel<br />

1917 stabilì, in una delibera approvata a maggioranza, le linee guida dei futuri rapporti con la<br />

popolazione italiana del Tirolo, una rie<strong>di</strong>zione in salsa pseudo democratica del memorandum<br />

militare Bekämpfung des Irredentismus: scuola solo tedesca, lingua ufficiale tedesca,<br />

toponomastica tedesca ne prolungamento sine <strong>di</strong>e dello stato d’asse<strong>di</strong>o in Trentino 91 . Pochi<br />

allora immaginavano che <strong>di</strong> lì a qualche anno queste misure <strong>di</strong>acroniche non sarebbero state<br />

inflitte dalla Monarchia ai trentini, bensì dai ‘tra<strong>di</strong>tori’ italiani ai tedeschissimi sudtirolesi.<br />

La propaganda nel Tirolo in guerra<br />

La deriva pangermanistica e anti-italiana dei partiti tirolesi durante la guerra aveva le sue<br />

origini nella lotta in atto da decenni, a colpi <strong>di</strong> provocazioni, fra associazionismo borghese<br />

italiano filo-irredentista da una parte (Pro Patria, Dante Alighieri, Lega nazionale) e tedesco<br />

filo-germanico dall’altra; il Tiroler Volksbund (Lega tirolese del popolo), nato nel 1905, era la<br />

maggiore delle associazioni tedesche gran<strong>di</strong> e piccole che vedevano in ogni manifestazione<br />

della ‘italianità’ in Trentino, i pericolosi segnali <strong>di</strong> una strisciante de-germanizzazione 92 .<br />

Tipico esempio <strong>di</strong> questo confronto fu la ‘battaglia dei monumenti’ fra Trento e Bolzano:<br />

e<strong>di</strong>ficato nel 1889, il monumento al cantore me<strong>di</strong>evale Walther von der Vogelweide venne<br />

collocato nell’omonima piazza con lo sguardo rivolto a sud. Una provocazione a cui<br />

90 [«La popolazione italiana fedele sarà profondamente ferita e il Sudtirolo (=Trentino), a guerra finita, sarà una<br />

regione fisicamente e psicologicamente <strong>di</strong>strutta.»] Ivi, p. 109.<br />

91 Ivi, pp. 142-143.<br />

92 R. Webhofer, Patriotische Propaganda in Tirol während des Ersten Weltkrieges 1914-1918, Phil. Diss.,<br />

Innsbruck, 1995, pp. 14-17.<br />

34


isognava reagire: nel 1896 fu posto nei giar<strong>di</strong>ni antistanti alla stazione ferroviaria <strong>di</strong> Trento il<br />

monumento <strong>di</strong> Dante Alighieri, con lo sguardo rivolto a nord 93 .<br />

Il confronto fra opposti nazionalismi fu particolarmente serrato nelle valli la<strong>di</strong>ne dove il<br />

Tiroler Volksbund e la Lega nazionale si contendevano l’identità <strong>di</strong> valligiani, la cui<br />

maggioranza <strong>degli</strong> abitanti era assorbita dai problemi del sopravvivere piuttosto che dalle<br />

questioni nazionalistiche, alle quali prestavano, inevitabilmente, scarsa attenzione. La<br />

propaganda nazionale, condotta peraltro sempre soppesando «vantaggi e svantaggi politici che<br />

potevano derivare dalla questione la<strong>di</strong>na», coinvolse <strong>di</strong>rettamente soltanto le élite culturali<br />

delle valli <strong>di</strong> cui facevano parte perlopiù preti e maestri 94 .<br />

Con lo scoppio della guerra, il confronto fra piccoli gruppi sociali <strong>di</strong>venne uno scontro<br />

generalizzato, <strong>di</strong> cui i militari furono i principali fomentatori: il Comando accompagnò,<br />

infatti, la sua attività repressiva, che colpì in<strong>di</strong>scriminatamente i citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> lingua italiana 95 ,<br />

anche ad un’azione propagan<strong>di</strong>stica vera e propria, come fu la stessa pubblicazione della Tsz.<br />

Un’iniziativa perfettamente in sintonia con quelle che già venivano condotte da più parti nella<br />

società civile; le principali istituzioni sociali del notabilato citta<strong>di</strong>no si erano infatti già<br />

mobiliate autonomamente per dominare la guerra dal punto <strong>di</strong> vista simbolico 96 . Visti i<br />

precedenti, l’ottica con cui guardare agli eventi doveva essere per forza <strong>di</strong> cose quello dello<br />

‘scontro fra culture’: quella italiana da una parte e quella tirolese-tedesca dall’altra.<br />

Le prime a mobilitarsi furono naturalmente le associazioni tedesche a cui i militari avevano<br />

appena liberato il campo dai rivali storici: lo Jugendfürsorgverein für Tirol und Vorarlberg<br />

(Associazione per la cura dei giovani del Tirolo-Vorarlberg) si attivò conducendo una<br />

massiccia propaganda nelle scuole, soprattutto quelle trentine, dove vennero <strong>di</strong>stribuite ben<br />

30.000 copie della «Rivista Patria con almanacco», assieme ad opuscoli pro Austria con titoli<br />

come «L’Aurora» o «Jung Österreich» e migliaia <strong>di</strong> cartoline patriottiche con il motto del<br />

Tiroler Volksbund: «Tirol den Tiroler! Von Kufstein bis zur Berner Klause» 97<br />

93 Ibid.<br />

94 L. Palla, Fra realtà e mito. La grande guerra nelle valli la<strong>di</strong>ne, Milano, Franco Angeli, 1991, pp. 31-54.<br />

95 Che, a fine guerra, <strong>di</strong>chiararono in più occasioni <strong>di</strong> aver percepito il comportamento del proprio esercito come<br />

quello <strong>di</strong> una forza occupante in terra straniera. Pircher, op. cit., p. 141.<br />

96 Fabrizio Tonello nell’Appen<strong>di</strong>ce Guerra e informazione, in La nuova macchina dell’informazione. Culture,<br />

tecnologie e uomini nell’industria americana dei me<strong>di</strong>a, Milano, Feltrinelli, 1999, pp. 225-232, vede nel<br />

«dominio simbolico sugli avvenimenti» l’arma principale in mano alle autorità per garantirsi il consenso<br />

dell’opinione pubblica in tempo <strong>di</strong> guerra.<br />

97 [«Il Tirolo ai tirolesi! Da Kufstein alla chiusa <strong>di</strong> Verona!»]. Webhofer, op. cit., pp. 26-28. Bern pare fosse<br />

l’antico nome germanico <strong>di</strong> Verona.<br />

35


Tranne l’eccezione della «Volkszeitung», unico quoti<strong>di</strong>ano ‘rosso’ in un Land ‘nero’ fino al<br />

midollo 98 , la stampa locale si compattò in un fronte patriottico <strong>di</strong> appoggio incon<strong>di</strong>zionato ad<br />

una guerra che nessuno si sarebbe sognato <strong>di</strong> definire ingiusta: nella propaganda come sul<br />

campo <strong>di</strong> battaglia, il vantaggio psicologico è sempre <strong>di</strong> chi <strong>di</strong>fende.<br />

Alcuni giornali (la liberale «Neuen Tiroler Stimmen» in testa) andarono comunque ben oltre il<br />

sostegno attivo al conflitto con la pubblicazione delle sole notizie militari ufficiali e la<br />

pubblicità per i prestiti <strong>di</strong> guerra 99 , ma si impegnarono in una vera e propria campagna anti-<br />

italiana, <strong>di</strong> cui si lamentò ufficialmente ad<strong>di</strong>rittura il Commissario capo <strong>di</strong> Trento Dr. Muck.<br />

In una lettera al governatore questi definiva il comportamento della stampa tedesco-nazionale<br />

come un’«attività sobillatrice» («verhätzende Tätigkeit») dal «contenuto astioso»<br />

(«gehässiger Inhalt») che non avrebbe prodotto altro effetto se non quello <strong>di</strong> far aderire<br />

all’irredentismo, per via contraria, anche i trentini più fedeli alla Corona 100 .<br />

Ai giornali trentini in lingua italiana i militari riservarono naturalmente un trattamento in<br />

perfetto stile poliziesco: dopo che il socialista «Il Popolo» (<strong>di</strong> cui era stato <strong>di</strong>rettore Benito<br />

Mussolini) era stato chiuso già nell’agosto del ’14, nel maggio del ’15 toccò ai quoti<strong>di</strong>ani «Il<br />

Trentino» (l’organo dei Popolari) e all’«Alto A<strong>di</strong>ge» (nazional-liberale e filo italiano).<br />

Essendo rimasto in e<strong>di</strong>cola soltanto l’ufficioso «Risveglio Austriaco» 101 , gli italiani si dettero<br />

alla caccia delle poche copie dei giornali del regno contrabbandate al confine, per il cui<br />

possesso erano naturalmente previste severe punizioni.<br />

Nemmeno la chiesa tirolese rinunciò a cavalcare l’onda del montante sentimento <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o anti<br />

italiano. Le tre <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Trento, Bressanone e Innsbruck avevano condotto per tutto il XIX<br />

secolo una lotta senza quartiere contro il <strong>di</strong>ffondersi del materialismo e del liberalismo nel<br />

Land alpino 102 . Se il confronto all’inizio del nuovo secolo sembrava definitivamente concluso<br />

a favore della modernità, la guerra <strong>di</strong>ede l’occasione al clero <strong>di</strong> riaprire la partita: l’Italia<br />

secolare e liberale rappresentava un nemico perfetto da demonizzare, nonché un ottimo<br />

pretesto per dare una sterzata in senso conservatore ai processi <strong>di</strong> cambiamento in atto nella<br />

società tirolese. Attraverso i suoi rappresentanti presso le associazioni più <strong>di</strong>verse impegnate<br />

nella battaglia culturale, la chiesa legò a doppio filo la lotta per la ‘germanicità’ del Tirolo con<br />

98<br />

Ancora oggi in Austria il colore nero simboleggia il partito cristiano-sociale che, dalla sua nascita in poi, ha<br />

sempre dominato in Tirolo, sia nel sud che nel nord.<br />

99<br />

Webhofer, op. cit., pp. 37-44.<br />

100<br />

Pircher, op. cit., p. 142.<br />

101<br />

Ex «Risveglio Tridentino». Nel 1916 era stato acquistato dal neonato partito filo austriaco «Unione<br />

economica e sociale» e patrocinato proprio dal Commissario capo <strong>di</strong> Trento Dr Muck. Webhofer, op. cit., pp. 50-<br />

52.<br />

102<br />

E. Roner, Die Kriegspropaganda von 1914-1918 in Alt-Tirol, Phil. Diss., Innsbruck, 1990, pp. 177-199.<br />

36


quella per la conservazione delle sue strutture sociali arcaico-patriarcali, in cui il clero aveva<br />

ovviamente una posizione dominante.<br />

Attraverso i giornali della casa e<strong>di</strong>trice Tyrolia («Der Tiroler» «Brixner Chronik»<br />

«Allgemeiner Tiroler Anzeiger») e attraverso l’attività del Piusverein, la chiesa sostenne la<br />

propaganda bellicista e continuò allo stesso tempo «la sua guerra personale per la<br />

conservazione del cattolicesimo che era utile ai potenti, ai propagan<strong>di</strong>sti e ai responsabili della<br />

guerra» 103 . I preti non trascurarono naturalmente il mondo delle trincee, soprattutto le<br />

comunità paesane al fronte dei tirolesi e dei cattolicissimi Standesschützen: ma dei pre<strong>di</strong>catori<br />

<strong>di</strong> trincea si parlerà in seguito.<br />

Tirando le somme su questa sagra alpina dell’o<strong>di</strong>o collettivo, aizzata con la violenza dei<br />

militari, benedetta dalla chiesa e orchestrata proprio dalla supposta valentior pars della<br />

società, mi sembra opportuno citare il seguente passo dalla <strong>di</strong>ssertazione <strong>di</strong> Webhofer che ne<br />

sintetizza così il (non) senso:<br />

«Sono stati quin<strong>di</strong> gli abusi <strong>di</strong> un malinteso patriottismo tedesco ad alienare per sempre la<br />

popolazione all’idea rispettivamente <strong>di</strong> un Tirolo e <strong>di</strong> un’Austria multinazionale» 104<br />

Paradossalmente la <strong>di</strong>fesa della germanicità ha sortito effetti nocivi per l’ideale<br />

multinazionale che teneva in vita l’Impero absburgico.<br />

103<br />

[«Dabei setzten sie aber auch ihren ganz eigenen Krieg für den Erhalt des Katholizismus, der Machthabern,<br />

Propagan<strong>di</strong>sten und Kriegsbefürwörter <strong>di</strong>enlich war, fort»] Ivi., p. 182.<br />

104<br />

[«So haben also Übergriffe eines falsch verstandenen deutschen Patriotismus <strong>di</strong>e Bevölkerung für immer der<br />

Idee eines multinationalen Tirol bzw. Österreich entfremdt»] Webhofer, op. cit., p. 32.<br />

37


La «Tiroler Soldaten-Zeitung»<br />

Dopo aver delineato il contesto generale in cui si colloca il foglio oggetto dell’analisi è<br />

arrivato il momento <strong>di</strong> definire il ruolo assunto dalla «Tiroler Soldaten-Zeitung».<br />

Nell’ambito della propaganda per soldati realizzata a livello centrale nella Monarchia si vedrà<br />

come il giornale abbia svolto una sorta <strong>di</strong> supplenza (non richiesta e non sostenuta) <strong>di</strong> fronte<br />

all’inoperosità dell’Aok e del Kpq, arrivando, per certi versi, ad essere precursore delle<br />

iniziative intraprese nel 1918 dalla Frontpropagandagruppe. In relazione alle vicende del<br />

Tirolo si vedrà come il giornale abbia contribuito alla rinascita, già in corso nella pubblicistica<br />

civile, del mito dell’anno nove e del suo eroe Andreas Hofer, per citare solo due delle<br />

tematiche più sfruttate, grazie alla creazione <strong>di</strong> una Literarische Beilage (Supplemento<br />

letterario) aperto alla collaborazione dei lettori.<br />

Per chiarire queste relazioni in maniera più semplice possibile l’analisi del foglio è stata<br />

<strong>di</strong>visa in due parti: nella prima si cercherà <strong>di</strong> definire i <strong>di</strong>versi ruoli che il giornale si trovò a<br />

ricoprire nei due anni in cui venne pubblicato attraverso il confronto fra le fonti storiche e i<br />

dati emersi dall’analisi quantitativa svolta sul foglio; nella seconda si prenderanno in<br />

considerazione i contenuti attraverso i quali il giornale assolse le funzioni in<strong>di</strong>viduate nel<br />

paragrafo precedente; citando e analizzando gli esempi tematici più significativi tratti dalle<br />

poesie e dalle immagini presenti nei Supplementi letterari verrà tracciato il quadro ideologico<br />

che il foglio propose ai suoi lettori.<br />

Giornale <strong>di</strong> trincea o giornale per soldati?<br />

Nel suo <strong>stu<strong>di</strong></strong>o sui giornali <strong>di</strong> trincea italiani nella Grande guerra, Mario Isnenghi <strong>di</strong>stingue<br />

due gran<strong>di</strong> stagioni nella pubblicistica destinata ai soldati: quella prima <strong>di</strong> Caporetto,<br />

caratterizzata da una forte partecipazione dal basso e dalla relativa spontaneità<br />

nell’organizzazione delle forme e dei contenuti 105 e quella dopo Caporetto definita, invece,<br />

come la stagione del «populismo <strong>di</strong> stato» 106 , in cui venne promossa dal nuovo Comando<br />

105<br />

Mario Isnenghi, Giornali <strong>di</strong> trincea 1915-1918, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1977, capp. IV-V. Un lavoro sullo stesso<br />

argomento è stato pubblicato in Germania nel 1937: l’autore però non va oltre la compilazione <strong>di</strong> un elenco<br />

(ricco <strong>di</strong> immagini) dei giornali <strong>di</strong> trincea dell’Impero tedesco (K. Kurth, Die deutsche Feld- und<br />

Schützengrabenzeitungen des Weltkrieges, Leipzig, Universitätsverlag Robert Noske, 1937). Non esiste, invece,<br />

nessun lavoro simile che tratti dell’area austroungarica.<br />

106<br />

Mario Isnenghi, op. cit., p. 65.<br />

38


supremo una massiccia campagna propagan<strong>di</strong>stica destinata alle truppe, in cui trova sbocco<br />

«[…] tutto, o quasi tutto, ciò che la cultura e la sottocultura nazionale sono in grado <strong>di</strong><br />

dare» 107 ; una campagna il cui obiettivo a breve termine è quello <strong>di</strong> promuovere l’educazione<br />

del popolo in forme e mo<strong>di</strong> che in parte avrebbe ere<strong>di</strong>tato il fascismo 108 .<br />

Nella Monarchia una sorta <strong>di</strong> stagione dell’educazione nazionale coor<strong>di</strong>nata a livello centrale<br />

si aprì soltanto nella primavera del ’18, quando ormai anche la propaganda più raffinata non<br />

avrebbe potuto fermare il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfacimento dell’esercito e della società civile.<br />

Nonostante l’inerzia delle autorità militari centrali, però, alcuni coman<strong>di</strong> locali intrapresero,<br />

già nei primi anni del conflitto, iniziative autonome <strong>di</strong> propaganda per le truppe: un esempio<br />

significativo è rappresentato dall’Heeresgruppenkommando dell’arciduca Eugenio e della<br />

«Tiroler Soldaten-Zeitung» (Tsz).<br />

In corrispondenza della fase più dura dell’azione anti-irredentista in Trentino il generale<br />

Alfred Krauss e l’arciduca Eugenio subentrarono al Lvk nella gestione della Tsz, giornale<br />

ufficioso per soldati e civili, che aveva nel frattempo partecipato al movimento<br />

propagan<strong>di</strong>stico ultra-tirolese e pangermanista imperversante nella società civile locale.<br />

Successivamente, come vedremo, ri<strong>di</strong>mensionando la partecipazione del mondo non-militare<br />

alla redazione del giornale e rimuovendo da questo ogni traccia <strong>di</strong> ‘tirolesità’ dal sapore<br />

eccessivamente localistico (a cominciare dal nome che perde la <strong>di</strong>citura Tiroler e rimane<br />

semplicemente «Soldaten-Zeitung», Sz <strong>di</strong> seguito) i due generali ne fecero un organo <strong>di</strong><br />

propaganda politico-ideologica, rivolto da un lato a giustificare la durezza delle misure <strong>di</strong> de-<br />

nazionalizzazione praticate in Trentino agitando lo spauracchio irredentista, dall’altro ad<br />

educare gli ufficiali e la parte intelligente della truppa all’idea ‘nazionale’ austriaca.<br />

Accanto a questi che furono i suoi obiettivi più evidenti, il nuovo giornale cercò, inoltre, <strong>di</strong><br />

creare un consenso attorno a quei progetti politici <strong>di</strong> rinnovamento della Monarchia che<br />

Vienna si ostinava a non prendere in considerazione, nonostante fossero patrocinati<br />

dall’Arciduca Eugenio in persona.<br />

Nella breve, ma complessa, esistenza <strong>di</strong> questa testata si possono <strong>di</strong>stinguere tre perio<strong>di</strong>:<br />

1. dalla fondazione (nel giugno 1915) al Natale dello stesso anno, la Tsz è una semplice<br />

rie<strong>di</strong>zione della «Soldaten-Zeitung der k.u.k. Ersten Armee», cioè un giornale pseudo-<br />

informativo compilato mettendo in sequenza bollettini ufficiali e ritagli <strong>di</strong> giornale, destinato<br />

soprattutto agli ufficiali;<br />

107 Ivi, p. 11.<br />

108 Ivi, p. 96.<br />

39


2. dal Natale del ’15 al luglio del ’16 il giornale si trasforma in supplemento del suo<br />

supplemento letterario e <strong>di</strong>viene luogo <strong>di</strong> espressione relativamente autonomo della società<br />

del Tirolo, sia <strong>di</strong> quella delle trincee che <strong>di</strong> quella delle retrovie;<br />

3. dal luglio del ’16 alla fine delle pubblicazioni (aprile ’17), la nuova «Soldaten-<br />

Zeitung» funziona come giornale <strong>di</strong> propaganda <strong>di</strong> due generali che progettano gran<strong>di</strong> riforme<br />

e che intanto sono decisi ad annientare l’irredentismo.<br />

Nonostante il giornale abbia svolto, man mano, funzioni molto <strong>di</strong>verse, si possono in<strong>di</strong>viduare<br />

due forti elementi <strong>di</strong> continuità che tengono assieme le tre epoche in cui mi è sembrato<br />

opportuno <strong>di</strong>stinguere le vicende del foglio. Anzitutto, la Tsz-Sz si è sempre rivolta tanto al<br />

fronte <strong>di</strong> combattimento che a quello interno, postulandone l’unità almeno sulla carta. Questa<br />

aspirazione all’integrazione fra i due fronti, si concretizza da una parte nell’accessibilità del<br />

foglio anche ai civili (tramite abbonamento), dall’altra nella costante presenza nei suoi<br />

contenuti <strong>di</strong> una volontà <strong>di</strong> collegare i due mon<strong>di</strong> il più strettamente possibile.<br />

In secondo luogo, la testata è sempre stata rigidamente controllata dall’alto: ognuno dei suoi<br />

tre <strong>di</strong>rettori responsabili ha fatto <strong>di</strong>rettamente riferimento non a coman<strong>di</strong> locali o <strong>di</strong> tappa, ma<br />

sempre e soltanto alle massime autorità militari del Tirolo che, come si vedrà, ne furono i<br />

padroni assoluti dalla nascita alla morte.<br />

Prima <strong>di</strong> vedere da vicino la storia del giornale è bene risolvere una questione <strong>di</strong> non poco<br />

conto: la Tsz-Sz è stata o no un giornale <strong>di</strong> trincea? Se all’appellativo che Isnenghi assegna ai<br />

corrispettivi italiani si attribuisce il significato <strong>di</strong> “rivolto in primo luogo (non solo e<br />

soltanto!) ai soldati”, allora la testata in questione si può effettivamente definire ‘<strong>di</strong> trincea’.<br />

Se si vuole invece ampliare questo significato, con gli attributi “concepito e redatto a ridosso<br />

del fronte e dotato <strong>di</strong> una relativa autonomia dagli alti coman<strong>di</strong>”, allora la Tsz-Sz non si può<br />

<strong>di</strong>re ‘giornale <strong>di</strong> trincea’, ma tutt’al più ‘giornale per i soldati’, in cui la <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> ruoli fra<br />

l’alto comando che fa da emittente e corpo ufficiali e truppa a fare da riceventi rimane sempre<br />

nettissima. Una <strong>di</strong>stanza che si riduce soltanto nella seconda fase <strong>di</strong> vita del giornale, quella in<br />

cui l’emittente adegua la struttura del messaggio al feedback <strong>di</strong>retto del ricevente e permette a<br />

quest’ultimo <strong>di</strong> farsi emittente a sua volta 109 : è in questo senso che il supplemento letterario<br />

della Tsz è stato, almeno per sei mesi, un foglio autenticamente ‘<strong>di</strong> trincea’.<br />

109<br />

Essendo stati a quell’epoca assenti i moderni strumenti d’influenza in<strong>di</strong>retta dell’au<strong>di</strong>ence sul contenuto<br />

(sondaggi ecc.) il feedback <strong>di</strong>retto (la comunicazione postale in questo caso) era l’unico strumento a <strong>di</strong>sposizione<br />

dei lettori della Tsz per influire sulle scelte della redazione. Per il concetto <strong>di</strong> feedback <strong>di</strong>retto rimando a D.<br />

McQuail, Le comunicazioni <strong>di</strong> massa, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 274. Per il modello emittente-ricevente <strong>di</strong><br />

Jakobson e per una definizione generale del feedback rimando a U. Volli, Il libro della comunicazione. Idee,<br />

strumenti, modelli, Milano, il Saggiatore, 1984, parr. 1.2 e 4.6.<br />

40


Il giornale della prima armata arriva in Tirolo<br />

«Quando sua eccellenza il Colonnello generale Viktor Dankl […] ottenne il comando<br />

dell’imperial-regio Comando <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa territoriale del Tirolo, or<strong>di</strong>nò per le truppe e per gli<br />

istituti affini l’e<strong>di</strong>zione della “Tiroler Soldaten-Zeitung”, il cui primo numero comparve già il<br />

2 giugno 1915. Essendo sotto certi aspetti l’erede della “Soldaten-Zeitung der k.u.k. ersten<br />

Armee” la “Tiroler Soldaten-Zeitung” è il più vecchio giornale da campo austro-ungarico» 110<br />

In questo passo, tratto da un articolo scritto in occasione del primo anniversario del giornale,<br />

viene esplicitamente <strong>di</strong>chiarata la sua continuità ideale con la «Soldaten-Zeitung der k.u.k.<br />

ersten Armee»: una continuità che, se perfettamente giustificata dal punto <strong>di</strong> vista del formato,<br />

non lo era certamente da quello del pubblico. Al contrario del giornale della prima armata, la<br />

Tsz fu da subito a <strong>di</strong>sposizione, oltre che dei militari (ogni Unterabteilung, Sottoreparto, ne<br />

riceveva gratuitamente una copia), anche dei civili (che vi potevano accedere soltanto per<br />

abbonamento), ma soprattutto dei volontari impegnati al fronte. Dato che il redattore<br />

dell’articolo non nasconde, ma cerca in qualche maniera <strong>di</strong> tenere in sor<strong>di</strong>na nell’espressione<br />

«e per gli istituti affini (all’esercito)» con cui si allude naturalmente agli Standesschützen, è<br />

racchiusa tutta la specificità della situazione tirolese rispecchiata dal giornale.<br />

La Tsz nacque su iniziativa del generale Dankl, con una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> intenti perfettamente<br />

uguale a quella che aveva accompagnato il giornale della prima armata: far arrivare in trincea<br />

le ultime notizie militari più una serie <strong>di</strong> “Vermischtes”. Confrontando il testo dello<br />

specchietto in alto a sinistra che compare a fianco al titolo del giornale nella Tsz con quello<br />

della «Soldaten-Zeitung der k.u.k. ersten Armee», l’unica <strong>di</strong>fferenza che si può riscontrare sta<br />

proprio nella designazione del pubblico a cui ci si rivolge. La Tsz <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> rivolgersi «den<br />

Tiroler Landesvertei<strong>di</strong>ger», cioè ai <strong>di</strong>fensori del Tirolo in senso ampio, mentre il giornale<br />

della prima armata riconosce come proprio pubblico «<strong>di</strong>e Angehörigen der Armee», cioè solo<br />

«gli appartenenti all’esercito» a pieno titolo.<br />

110 [«Als seine Exzellenz der Herr Generaloberst Viktor Dankl […] das k.u.k. Landesvertei<strong>di</strong>gungskommando in<br />

Tirol übernahm, ordnete er für <strong>di</strong>e Truppen und Anstalten des zigene Bereiches <strong>di</strong>e Herausgabe der “Tiroler<br />

Soldaten-Zeitung” an, deren erste Nummer bereits am 2. Juni 1915 erschien. Es ist daher <strong>di</strong>e “Tiroler Soldaten-<br />

Zeitung” gewissermassen als Fortsetzung der “Soldaten-Zeitung der k.u.k ersten Armee” <strong>di</strong>e älteste<br />

österreichisch-ungarische Feldzeitung»] in Ein Jahr der “Tiroler Soldaten-Zeitung”, Tsz n. 172-175, anno I, p.<br />

3. Il giornale sarebbe dovuto uscire, secondo le intenzioni originarie, tre volte alla settimana, ma a un mese<br />

dall’inizio delle pubblicazioni continuavano a comparire solo due numeri ogni sette giorni. Anche la<br />

numerazione appare incongruente e non è facile in<strong>di</strong>viduarne il criterio: accade sovente che per lo stesso giornale<br />

fossero in<strong>di</strong>cati più numeri, come nel caso appena citato.<br />

41


Se nel caso della «Soldaten-Zeitung» della prima armata la redazione da parte <strong>di</strong> una<br />

Pressesbteilung (ovvero un reparto stampa) poteva essere soltanto supposta, nel caso della<br />

Tsz è certa 111 : responsabile della testata era il colonnello Paul Höger e il capo-redattore era il<br />

tenente Dr. Jur. (Doktor Juri<strong>di</strong>cus) Heinrich Juster 112 . Viste le gran<strong>di</strong> affinità <strong>di</strong> formato tra i<br />

due giornali, è molto probabile che Dankl in persona o un aiutante della sua Pressegruppe<br />

abbia dettato a Höger e Juster, entrambi militari <strong>di</strong> carriera operanti in Tirolo, le linee generali<br />

per la compilazione del giornale, ispirate al modello della «Soldaten-Zeitung der k.u.k. ersten<br />

Armee».<br />

I due giornali sono estremamente simili per il formato (circa 20X30 cm), per l’impaginazione<br />

(testata con motto e breve sommario, testo <strong>di</strong>viso in due colonne <strong>di</strong> uguale misura) e,<br />

soprattutto, per l’organizzazione del contenuto. Per circa tutto il primo anno, infatti, anche la<br />

Tsz si presenta come un «crogiolo <strong>di</strong> notizie militari» 113 sul modello <strong>di</strong> quelle già illustrate<br />

per il giornale della prima armata: una rapida descrizione del numero del 6 novembre 1915 114<br />

ne darà una convincente <strong>di</strong>mostrazione.<br />

La prima pagina riporta uno scambio vicendevole <strong>di</strong> congratulazioni via telegrafo fra<br />

l’Imperatore, l’arciduca Eugenio e l’arciduca Federico per i recenti successi nella <strong>di</strong>fesa del<br />

fronte italiano: un esempio perfetto <strong>di</strong> comunicazione intra-<strong>di</strong>natisca e autoreferenziale. Si<br />

prosegue con tre articoli da una colonna e mezza ciascuno sulla situazione militare, per<br />

arrivare alla rubrica Militärische Episoden vom Tiroler Kriegsschauplatz a pagina quattro:<br />

una raccolta <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> prodezza in<strong>di</strong>viduale sul fronte tirolese.<br />

La quinta e la sesta pagina sono occupate da due lunghi articoli de<strong>di</strong>cati alla politica estera,<br />

rispettivamente sull’importanza strategica della Macedonia e sul regime poliziesco instaurato<br />

dagli inglesi in Egitto; da pagina sei a pagina otto ci sono gli Schlachtenberichte (Bollettini <strong>di</strong><br />

guerra), ovvero notizie brevi da ogni teatro del conflitto. Al contrario che nel giornale della<br />

prima armata, nella Tsz il Kpq compare spesso nelle fonti citate con la <strong>di</strong>citura «Aus dem<br />

Kriegspressequartier wird gemeldet» [«Dal Kpq viene segnalato»].<br />

Una trentina <strong>di</strong> notizie brevi e brevissime <strong>di</strong> politica estera sono raccolte da pagina otto a<br />

pagina <strong>di</strong>eci nelle rubriche Politische Nachrichten e Volkswirtschaftliche Nachrichten<br />

111<br />

A partire dal n. 133-134 (anno I), viene in<strong>di</strong>cato come responsabile del foglio non più genericamente il Lvk,<br />

ma il suo reparto stampa (Presseabteilung).<br />

112<br />

I nomi dei due responsabili vengono citati da Karl Dinklage, il decano <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> musiliani che ha raccolto<br />

numerose informazioni sulla Tsz. Cfr. K. Dinklage (Hrsg), Robert Musil. Leben. Werk. Wirkung, Wien,<br />

Amalthea Verlag, 1960, p. 227.<br />

113<br />

«ein Sammelbecken von Soldatenberichten» come lo definisce Dinklage, op. cit., p. 228.<br />

114 Tsz, n. 67-68, anno I.<br />

42


(Notizie politiche ed economiche) che precedono una lista dei tirolesi morti negli ospedali<br />

militari <strong>di</strong> Vienna nell’inverno ’14-’15. A pagina un<strong>di</strong>ci, prima delle ultimissime notizie <strong>di</strong><br />

pagina do<strong>di</strong>ci che concludono il numero, c’è l’annuncio destinato a rivoluzionare il rapporto<br />

del giornale con il pubblico. Ufficiali e soldati vengono invitati dalla redazione a inviare copie<br />

<strong>di</strong> foto scattate al fronte, da pubblicare nella Tsz e raccogliere poi in album fotografico sulla<br />

guerra.<br />

Il giornale rimase uguale a sé stesso per tutto il primo anno della sua esistenza: un foglio che,<br />

oltre alla evidente funzione pseudo-informativa, aveva quella <strong>di</strong> esaltare il contributo alla<br />

guerra dei volontari tirolesi, negando sul piano ideologico i loro enormi problemi <strong>di</strong><br />

inserimento nell’esercito regolare. Gli atti <strong>di</strong> eroismo <strong>degli</strong> Standesschützen vennero<br />

presentati come fatti all’or<strong>di</strong>ne del giorno 115 , le celebrazioni per le decorazioni <strong>di</strong> massa <strong>di</strong> cui<br />

furono oggetto occuparono a lungo la prima pagina e la guida alpina Sepp Innerkofler 116 fu<br />

trasformato nell’eroe per eccellenza della guerra d’alta quota.<br />

Terminate le pagine or<strong>di</strong>narie del giornale ci si imbatte nella Literarische Beilage zur Tiroler<br />

Soldaten-Zeitung 117 , il supplemento letterario patinato con numerazione separata delle pagine.<br />

La prima pagina del supplemento (ci riferiamo sempre al numero del 6 novembre 1915, come<br />

modello esemplificativo) è occupata dal ritratto della guida alpina e volontario della<br />

Landesturm Alex Brunner 118 , <strong>di</strong> cui la <strong>di</strong>dascalia <strong>di</strong>ce che venne decorato per aver salvato due<br />

commilitoni intrappolati in parete. La cornice su cui campeggia il titolo suggerisce una<br />

rilettura, in chiave tirolese, della Ehrentafel del giornale della prima armata. A pagina due<br />

trova posto il feuilleton Eine Nachtwache im Äthermeer (Una notte <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a nel mare<br />

d’etere) in cui il caporale Fritz Pauli racconta, con stile da romanzo gotico, una notte <strong>di</strong><br />

guar<strong>di</strong>a nella fitta nebbia della Galizia.<br />

115<br />

Gli atti <strong>di</strong> eroismo <strong>degli</strong> Schützen sono il tema più <strong>di</strong>ffuso che esca dagli schemi pseudo-informativi del<br />

giornale.<br />

116<br />

Della costruzione e trattazione del mito <strong>di</strong> Innerkofler si parlerà in maniera più ampia nell’analisi delle poesie<br />

dei Supplementi letterari che sfruttano <strong>di</strong>ffusamente questa tematica. Per le vicende della guida alpina rimando a<br />

von Hartungen in Eisterer-Steininger, op. cit., p. 79.<br />

117<br />

Tsz, n. 22-23, anno I. Comparso per la prima volta il 31 luglio del 1915 come contenitore della rubrica<br />

Unsere Helden (I nostri eroi, presente fino all’ultimo supplemento) e delle poesie inviate dai lettori.<br />

118<br />

Autore della cornice è Arthur Nikodem (1870-1940), ritrattista tirolese della scuola dello Jugendstil. Fonti H.<br />

Vollmer (Hrsg.), Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler, Leipzig, Verlag E. A. Seemann, 1933 e K. G.<br />

Saur (Hrsg), Saur Allgemeines Künstler- Lexikon, München-Leipzig, Saur Verlag, 2000. Autore del <strong>di</strong>segno è<br />

Thomas Riss, <strong>di</strong> cui si parlerà nella prossima nota.<br />

43


Fra pagina due e pagina tre è rilegato un <strong>di</strong>segno color seppia su cartoncino, del pittore<br />

tirolese Thomas Riss 119 , dal titolo Der Sieger (Il vincitore) 120 in cui un soldato austriaco-<br />

tedesco con lunghi capelli e barba bionda fa bere dalla propria borraccia un bersagliere a cui<br />

molto probabilmente ha appena sparato, mentre Cristo, sullo sfondo, bene<strong>di</strong>ce l’atto <strong>di</strong> carità.<br />

La terza pagina è de<strong>di</strong>cata alle poesie, sei in tutto, tutte a sfondo patriottico-tirolese e tutte<br />

firmate dagli autori, tre militari e tre civili. Il supplemento e il numero si chiudono con un<br />

<strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Hans Weber-Tirol 121 (ve<strong>di</strong> sotto) che fa da illustrazione alla poesia Die<br />

Kriegsfreiwillige (I volontari <strong>di</strong> guerra) 122 scritta dal tenente Karl Mumelter.<br />

119 Thomas Riss (1871-1959), tirolese <strong>di</strong> nascita fu allievo del maestro della pittura a soggetto storico (“anno<br />

nove” e <strong>di</strong>ntorni) Franz von Defregger (1835-1921). Vollmer, op. cit./Saur, op. cit.<br />

121 Hans Weber-Tyrol (1874-1957), ritrattista e paesaggista <strong>di</strong> origini bavaresi, ma attivo quasi esclusivamente in<br />

Tirolo. Combatté nei Kaiserjäger austriaci durante la guerra. Vollmer, op. cit./Saur, op. cit.<br />

122 I contenuti delle poesie e le immagini che costellano i supplementi saranno analizzate più dettagliatamente in<br />

seguito.<br />

44


Da questo modello <strong>di</strong> supplemento letterario, relativamente breve e <strong>di</strong> scarso peso<br />

nell’economia della testata (si tratta <strong>di</strong> quattro pagine e un allegato), si sviluppò nei mesi<br />

successivi una sorta <strong>di</strong> ‘giornale parallelo’ che finì per <strong>di</strong>ventare più voluminoso e importante<br />

del giornale vero e proprio e che partecipò al processo <strong>di</strong> rinascita del mito tirolese in corso<br />

già nei perio<strong>di</strong>ci per civili. Prima <strong>di</strong> vedere come e quando tutto ciò avvenne, bisogna<br />

sottolineare come la necessità <strong>di</strong> dotare la testata <strong>di</strong> un supplemento letterario, o comunque <strong>di</strong><br />

‘intrattenimento’, fosse stata avvertita dai responsabili del giornale ben prima che si<br />

decidessero a creare la Literarische Beilage zur Tiroler Soldaten-Zeitung nella forma appena<br />

descritta : dal numero dell’8 giugno a quello del 15 settembre del ’15 infatti alla Tsz erano<br />

stato allegati 29 numeri <strong>degli</strong> «Innsbrucker Kriegsflugblätter» (Volantini <strong>di</strong> guerra <strong>di</strong><br />

Innsbruck) 123 uno <strong>di</strong> quei fogli che Mario Isnenghi definirebbe ‘<strong>di</strong> retrovia’ 124 e che furono un<br />

genere <strong>di</strong> pubblicazione rarissima nel panorama austro-ungarico. Con la loro formula<br />

elementare della poesia patriottica battuta a macchina e illustrata da un <strong>di</strong>segno a penna,<br />

avrebbero dovuto bilanciare la povertà <strong>di</strong> immagini dei primi numeri della Tsz; <strong>di</strong>fficoltà<br />

tecniche privarono il giornale dopo appena tre mesi dall’apporto dei volantini <strong>di</strong> guerra, il cui<br />

ruolo era ormai, peraltro, stato assunto in pianta stabile dal supplemento letterario.<br />

Il supplemento letterario <strong>di</strong> trincea<br />

All’origine della nascita <strong>di</strong> un supplemento letterario più voluminoso e ricco del giornale<br />

stesso vi fu probabilmente la decisone della redazione <strong>di</strong> creare uno spazio <strong>di</strong> intrattenimento<br />

(sul modello dei girnali borghesi) de<strong>di</strong>cato al materiale inviato dai lettori: le gravi carenze<br />

d’organico nel corpo ufficiali durante i primi mesi <strong>di</strong> guerra resero molto probabilmente la<br />

Pressegruppe incapace <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi anche alla ‘letteratura’ oltre che all’informazione.<br />

A questo proposito non sono reperibili testimonianze d’archivio, ma è molto probabile che,<br />

fin dai primi mesi <strong>di</strong> pubblicazione, borghesi e ufficiali con la passione della scrittura<br />

avessero inviato i loro lavori (soprattutto poesie) al fermo posta della redazione. Testi del<br />

genere compaiono quasi da subito nel giornale 125 , anche se per i primi due mesi sono presenti<br />

in or<strong>di</strong>ne sparso solo nelle ultime due pagine; dal numero del 31 luglio 1915 il supplemento<br />

123 E<strong>di</strong>ti a proprie spese dal poeta Oskar Blobel e illustrati da Ernst Weber, gli «Innsbrucker Kriegsflugblätter»<br />

vennero pubblicati con cadenza settimanale dall’inizio della guerra fino al 10 settembre 1919. Per informazioni<br />

dettagliate e un’analisi del contenuto rimando alla <strong>di</strong>ssertazione della Roner (op. cit., pp. 97-130).<br />

124 Isnenghi, op. cit., pp. 30-40.<br />

125 Tsz, n. 4, anno I, p. 9.<br />

45


acquisisce invece una numerazione propria e fino al gennaio successivo conta una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

quattro pagine, a fronte delle do<strong>di</strong>ci del giornale vero e proprio. Il contenuto standard è quello<br />

del numero esemplare <strong>di</strong> cui si è parlato prima: un feuilleton, dalle cinque alle sei poesie, oltre<br />

alle stampe su cartoncino e a qualche <strong>di</strong>segno che non compaiono con regolarità.<br />

Sia i testi che le immagini (foto o <strong>di</strong>segni) hanno un forte denominatore comune: il Tirolo e la<br />

‘tirolesità’. Se i <strong>di</strong>segni erano opera esclusivamente <strong>di</strong> artisti tirolesi o operanti in Tirolo 126 , le<br />

poesie e i feuilleton avevano a volte come autori dei non-tirolesi 127 che trattavano comunque<br />

temi legati a doppio filo con la regione alpina minacciata: da Andreas Hofer all’eroismo <strong>degli</strong><br />

Standesschützen, dalla celebrazione della bellezza delle montagne all’esecrazione dei Welsche<br />

Verräter (gli italiani tra<strong>di</strong>tori). Frequenti sono, inoltre, i testi in <strong>di</strong>aletto tirolese: dalle poesie<br />

brevi in rima baciata che compaiono nel supplemento <strong>di</strong> quasi ogni numero a opere più<br />

complesse, esempi importanti <strong>di</strong> letteratura vernacolare 128 . Il supplemento del giornale<br />

partecipò quin<strong>di</strong> già dall’autunno del 1915 al recupero propagan<strong>di</strong>stico dei miti e dei simboli<br />

dell’identità tirolese in atto nella pubblicistica civile del Land alpino.<br />

Dopo la creazione del supplemento, la redazione intraprese un ulteriore passo nella<br />

trasformazione del giornale: dopo che da metà settembre gli «Innsbrucker Kriegsflugblätter»<br />

non potevano più essere allegati al giornale, la rubrica Unsere Helden e le stampe dei tre<br />

Kriegsmaler della Tsz erano gli unici contributi <strong>di</strong> immagini su cui il giornale poteva contare.<br />

Ecco che nel numero del 27 ottobre 1915 129 compare per la prima volta un annuncio col quale<br />

si richiede ai militari <strong>di</strong> ogni grado <strong>di</strong> inviare <strong>di</strong>segni e fotografie dal fronte da pubblicare nel<br />

supplemento letterario della Tsz e da raccogliere poi in un album fotografico sulla guerra.<br />

L’appello non venne colto imme<strong>di</strong>atamente, tant’è che la presenza regolare <strong>di</strong> foto amatoriali<br />

nel supplemento si registra appena a partire dai numeri <strong>di</strong> gennaio: i primi in cui il foglio<br />

patinato supera stabilmente il muro delle quattro pagine 130 .<br />

126 Oltre i già citati Weber-Tyrol, Riss e Nikodem era collaboratore del giornale anche Albin Egger-Lienz (1868-<br />

1925) tirolese <strong>di</strong> nascita e uno dei massimi esponenti della pittura austriaca del XX secolo e volontario negli<br />

Standesschützen durante la guerra (Vollmer, op. cit./ Saur, op. cit.). Per maggiori informazioni sulla pittura<br />

contemporanea nel Sudtirolo rimando a B. Schimenti, Pittori e scultori in Alto A<strong>di</strong>ge dall’VIII al XX secolo,<br />

Bolzano, Schimenti ed., 1990. Fra gli artisti che collaboravano con la Tsz c’era anche il la<strong>di</strong>no Francesco<br />

Fer<strong>di</strong>nando Rizzi, che ha raccontato le sue esperienze <strong>di</strong> guerra in un’autobiografia curata da Luciana Palla:<br />

Mein Kampf um <strong>di</strong>e Kunst. Autobiografia <strong>di</strong> Francesco Fer<strong>di</strong>nando Rizzi, Museo storico <strong>di</strong> Trento, 1998, in<br />

particolare si veda il cap. 33.<br />

127 Gli autori vennero obbligati fin da subito ad in<strong>di</strong>care nome e provenienza come con<strong>di</strong>zione per la<br />

pubblicazione. Dai titoli, civili e militari, che accompagnavano i nomi si deduce che molti <strong>di</strong> questi proveniva<br />

dalla me<strong>di</strong>o-alta borghesia e dall’aristocrazia.<br />

128 Come la pièce teatrale <strong>di</strong> ben cinque pagine Ein Volk im Not, pubblicata nel supplemento natalizio (Tsz, n.<br />

89-93, anno I, p. 13 supp.).<br />

127 Tsz n. 61-62, anno I, p. 10.<br />

130 Tsz, nn. 100, 106-110, 111-112, anno I.<br />

46


Una crescita improvvisa sembra seguire la pubblicazione dei due gran<strong>di</strong> supplementi festivi,<br />

quello <strong>di</strong> Natale e quello <strong>di</strong> capodanno 131 che segnano una svolta nel formato del giornale:<br />

dotati rispettivamente <strong>di</strong> 28 e 24 pagine, superano per la prima volta la lunghezza dei giornali<br />

che li ospitano (rispettivamente <strong>di</strong> appena 8 e 16 pagine), sono ricchi <strong>di</strong> foto amatoriali dal<br />

fronte, <strong>di</strong>segni su cartoncino (quattro in tutto) e quello <strong>di</strong> capodanno contiene, per la prima<br />

volta un esplicito invito <strong>di</strong> collaborazione rivolto a tutti i lettori 132 . Da questi numeri in poi il<br />

supplemento crebbe notevolmente rispetto al giornale: nel febbraio del 1916 la me<strong>di</strong>a delle<br />

pagine del supplemento è <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci contro le <strong>di</strong>eci del giornale. A maggio il rapporto è <strong>di</strong><br />

se<strong>di</strong>ci a otto, esattamente il doppio.<br />

Se il contributo dei lettori civili alla realizzazione del supplemento crebbe da allora soprattutto<br />

per la quantità 133 , quello del pubblico militare conobbe invece un incremento principalmente<br />

qualitativo: gli ufficiali ed anche i soldati iniziarono ad utilizzare il giornale per far conoscere<br />

al lettore civile il mondo delle trincee e per iniziare ad elaborare una memoria storica sulla<br />

guerra. Oltre al moltiplicarsi della pubblicazione <strong>di</strong> cartoline <strong>di</strong>segnate personalmente dai<br />

soldati al fronte, fra il marzo e l’aprile del 1916 venne pubblicata (su sollecitazione della<br />

redazione) una serie <strong>di</strong> articoli sul gergo <strong>di</strong> trincea 134 . Una serie analoga, de<strong>di</strong>cata alla<br />

costruzione in Tirolo <strong>degli</strong> Heldenfriedhöfe (ovvero i cimiteri <strong>degli</strong> eroi, per i soldati caduti)<br />

venne pubblicata nella primavera dello stesso anno 135 .<br />

La redazione, dal canto suo, incentivò il fenomeno della crescente partecipazione del pubblico<br />

de<strong>di</strong>cando uno spazio fisso del giornale alla comunicazione con i lettori: la rubrica, dal titolo<br />

Mitteilung der Presseabteilung des k.u.k. Landesvertei<strong>di</strong>gungskommando in Tirol<br />

(Comunicazione del reparto stampa dell’imperial-regio comando <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa territoriale in<br />

Tirolo) 136 , contiene informazioni dettagliati sulle modalità d’abbonamento, spiega come<br />

ottenere rapidamente i numeri arretrati e soprattutto presenta le due principali iniziative<br />

redazionali per un maggiore coinvolgimento dei lettori in <strong>di</strong>visa nella realizzazione del<br />

giornale. Oltre alla già menzionata richiesta <strong>di</strong> foto dal fronte, ai militari venne rivolta anche<br />

quella <strong>di</strong> inviare articoli per descrivere le particolarità del gergo <strong>di</strong> trincea, comunicazione<br />

all’origine della serie <strong>di</strong> articoli appena citata.<br />

131<br />

Tsz, nn. 89-93 (Natale), 94-99 (capodanno), anno I.<br />

132<br />

Tsz, n. 94-99, anno I, p. 14.<br />

133<br />

Dalla me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> un feuilleton e cinque poesie si passa ad una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> tre pezzi <strong>di</strong> prosa e otto <strong>di</strong> poesia.<br />

134<br />

Il primo comparve il 26 marzo 1916, Schützengrabensprache (la lingua <strong>di</strong> trincea), Tsz, n. 141-143, anno I, p.<br />

4.<br />

135<br />

Sul culto dei caduti nella Grande guerra si veda: G. L. Mosse, Le guerre mon<strong>di</strong>ali. Dalla trage<strong>di</strong>a al mito dei<br />

caduti, Bari, Laterza, 1990.<br />

136<br />

La rubrica compare per la prima volta nel n. 133-134 (Tsz, anno I, pp. 6-7)<br />

47


Il Lvk e la redazione del foglio riconobbero quin<strong>di</strong> le istanze provenienti dal basso (tanto dal<br />

mondo civile che da quello delle trincee) e a queste de<strong>di</strong>carono spazio e attenzione: il<br />

supplemento letterario in primo luogo e, <strong>di</strong> riflesso, l’intera Tsz <strong>di</strong>vennero un canale <strong>di</strong><br />

comunicazione fra fronte <strong>di</strong> combattimento e società civile. Fino al giugno del 1916 la<br />

redazione della Tsz fu il risultato <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> collaborazione e influenza reciproca fra<br />

lettori e redattori, fra il mondo civile il mondo delle trincee e il comando militare.<br />

I temi a cui sono de<strong>di</strong>cati i tre supplementi ‘speciali’ del primo anno, successivi a quello per il<br />

capodanno del ’16, <strong>di</strong>mostrano la riuscita convivenza nel giornale delle <strong>di</strong>verse anime che<br />

contribuivano alla sua realizzazione: quello sul giubileo dei Kaiserjäger 137 (Cacciatori<br />

dell’imperatore, un corpo scelto con forti ra<strong>di</strong>ci tirolesi e alpine) coniuga i temi della fedeltà<br />

<strong>di</strong>nastica e del valore militare con il ‘mito tirolese’ <strong>di</strong> cui il numero speciale per l’anniversario<br />

della morte <strong>di</strong> Andreas Hofer 138 rappresenta la consacrazione definitiva. Quello in occasione<br />

dell’anniversario del 24 maggio 139 è invece un compen<strong>di</strong>o dei motivi per cui valeva la pena <strong>di</strong><br />

o<strong>di</strong>are il nemico italiano e tenere duro, nonostante i sacrifici imposti dalla guerra.<br />

La carenza <strong>di</strong> fonti sulla comunicazione interna al Lvk impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> stabilire se questa<br />

apertura al mondo dei lettori fosse stata operata consapevolmente, magari nella speranza <strong>di</strong><br />

facilitare il proseguimento <strong>degli</strong> obiettivi politici del Comando locale. Rimane dunque incerto<br />

se <strong>di</strong>etro al Comando tirolese vi sia stata una volontà propagan<strong>di</strong>stica forte e consapevole<br />

esercitata attraverso la Tsz.<br />

In un moderno <strong>di</strong>zionario inglese dei me<strong>di</strong>a 140 la propaganda viene definita come «deliberate<br />

and systematic attempt to shape perception, understan<strong>di</strong>ng and behaviour» («sforzo<br />

sistematico e intenzionale <strong>di</strong> modellare la percezione, il giu<strong>di</strong>zio e il comportamento»): nella<br />

Tsz e nei suoi supplementi non c’è sistematicità nel giustificare la politica anti-irredentista del<br />

Lvk e l’intenzionalità, in questo caso, può essere solo supposta. Ma, comunque, evidente<br />

scopo <strong>di</strong> propaganda interna all’esercito che si riscontra nel foglio è quello <strong>di</strong> far passare il<br />

messaggio dell’eroicità dei combattenti e alimentare tutti quei miti che avessero contribuito a<br />

cementare fronte interno e fronte <strong>di</strong> combattimento, nonché a sopportare e accettare la<br />

carneficina. Proprio nella parte de<strong>di</strong>cata all’analisi dei testi verranno messi in evidenza molti<br />

137<br />

Tsz, n. 103-105, anno I, Supplemento.<br />

138<br />

Tsz, n. 121-125, anno I, Numero speciale.<br />

139<br />

Tsz, n. 168-170, anno I, Supplemento.<br />

140<br />

S. Price, Me<strong>di</strong>a and communication handbook, Kent, UK, Hodder & Stoughton Educational Tonbridge 1997.<br />

Per una storia della propaganda si veda J. Ellul, Storia della propaganda, Napoli, Ed. scientifiche italiane, 1983.<br />

48


aspetti che fanno dei Supplementi uno strumento coscientemente sfruttato per la<br />

giustificazione del conflitto.<br />

Di una volontà propagan<strong>di</strong>stica <strong>di</strong>fferente, legata a progetti politici e ideologici <strong>di</strong> ampio<br />

respiro, non <strong>di</strong>fetteranno invece i nuovi padroni del giornale, che agirono in maniera fin<br />

troppo intenzionale e sistematica.<br />

Il foglio <strong>di</strong> propaganda<br />

Nel maggio del 1916 avvennero, nell’ambito <strong>degli</strong> alti coman<strong>di</strong> sul fronte italiano, <strong>degli</strong><br />

avvicendamenti destinati a cambiare volto alla Tsz. A Viktor Dankl venne affidato il comando<br />

dell’XI Armata, <strong>di</strong> lì a poco impegnata nell’offensiva austriaca sull’altopiano <strong>di</strong> Folgaria: al<br />

Lvk (soppresso, poi, nell’agosto dello stesso anno) arrivò il generale Roth. L’arciduca<br />

Eugenio, accompagnato dal fedele Krauss, ottenne il comando dell’Heeresgruppe Erzherzog<br />

Eugen (Hgk in seguito), il neonato Comando d’armata con sede a Bolzano che, oltre a<br />

coor<strong>di</strong>nare l’imminente attacco contro l’Italia, finì per assumere nel giro <strong>di</strong> tre mesi (dal<br />

giugno all’agosto del ’16) tutte le competenze che erano state del Lvk 141 , comprese quelle<br />

sulla Tsz.<br />

Fra il febbraio e il giugno dello stesso anno erano maturati, poi, sul piano politico due eventi<br />

molto importanti: da Vienna era arrivato il no definitivo ai progetti <strong>di</strong> Krauss e dell’Arciduca<br />

per una riforma ra<strong>di</strong>cale dello stato in senso autoritario, mentre in Tirolo i provve<strong>di</strong>menti anti-<br />

irredentisti e anti-italiani raggiungevano il culmine, con il conseguente inasprimento delle<br />

critiche ai militari da parte delle autorità civili.<br />

Potendo mettere le mani sulla Tsz, al generale e all’Arciduca si presentò l’occasione <strong>di</strong> creare<br />

<strong>di</strong>rettamente presso i soldati e i civili del Tirolo un consenso ai loro piani <strong>di</strong> rifondazione della<br />

Monarchia e <strong>di</strong> giustificare allo stesso tempo la durezza <strong>di</strong> misure quali l’eliminazione dalla<br />

scena politica del ceto <strong>di</strong>rigente trentino e l’introduzione forzata della toponomastica tedesca.<br />

Dal maggio del 1916 si trovarono a <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> un potenziale organo <strong>di</strong> propaganda che per<br />

assolvere a questi nuovi intenti doveva però essere completamente rinnovato.<br />

Krauss non perse tempo: attraverso una serie <strong>di</strong> riunioni svoltesi nel mese <strong>di</strong> giugno, venne<br />

definita la nuova linea del giornale e venne scelto l’uomo chiamato a guidarlo. Il nome era<br />

quello del Major Au<strong>di</strong>tor Albin Schager, pupillo dell’Arciduca e magistrato militare con una<br />

141<br />

Österreichisches Bundesministerium für Landesvertei<strong>di</strong>gung und vom Kriegsarchiv, op. cit., Band II-VI,<br />

Beilagen- Kriegsgliederung (Allegati-Organigramma dei coman<strong>di</strong>).<br />

49


lunga esperienza <strong>di</strong> repressione dell’irredentismo; dal 9 luglio dello stesso anno iniziò a<br />

collaborare al giornale anche l’Oberstleutnant (tenente colonnello) Robert Musil, scrittore già<br />

affermato e assegnato da pochi mesi (dopo un anno e mezzo <strong>di</strong> trincea) al Servizio<br />

decorazioni del Kommando der Südwestfront 142 .<br />

Schager come <strong>di</strong>rettore responsabile e Musil come redattore <strong>di</strong> spicco si sarebbero dovuti<br />

occupare della creazione <strong>di</strong> una nuova «Soldaten-Zeitung» che avrebbe dovuto sostituire sia<br />

la Tsz che la «Karnisch-Julische Kriegszeitung» («Il giornale <strong>di</strong> guerra carnico-giuliano») 143 ,<br />

ovvero il foglio gemello <strong>di</strong> quello tirolese redatto e <strong>di</strong>stribuito in Carinzia dal comando locale:<br />

questo giornale riuscì però a conservare la propria autonomia e sopravvisse al tentativo <strong>di</strong><br />

accentramento operato da Krauss 144 .<br />

Per la Tsz il destino era invece già segnato: il 30 giugno 1916 venne or<strong>di</strong>nato il trasferimento<br />

della redazione dal Lvk <strong>di</strong> Innsbruck (già in fase <strong>di</strong> smantellamento) al Hgk <strong>di</strong> Bolzano 145 . Il<br />

primo numero pubblicato l’8 <strong>di</strong> luglio sotto la nuova <strong>di</strong>rezione 146 conserva ancora il nome, il<br />

formato e la numerazione della Tsz, elementi che scompaiono poi uno ad uno fino ad arrivare<br />

al numero del 20 agosto 147 che ha un nuovo formato, una nuova testata e un nuovo nome:<br />

«Soldaten-Zeitung».<br />

Stato forte e anti-irredentismo <strong>di</strong>ventano i nuovi Leitmotiv del foglio, chiamato, non più, a<br />

informare e intrattenere, ma a incentivare, risvegliare, combattere: fare una <strong>di</strong>versa<br />

propaganda. Krauss mette poi in chiaro che il giornale non sarà più <strong>di</strong>stribuito gratuitamente<br />

ai soldati, ma dovrà essere pagato 148 : la tiratura avrebbe dovuto essere almeno <strong>di</strong> 8000 copie<br />

da vendere sia singolarmente che per abbonamento. Della <strong>di</strong>stribuzione su tutto il fronte sud-<br />

142<br />

Dinklage, op. cit., p. 227. Altri collaboratori del giornale erano i tenenti colonnelli Hans Klein<strong>di</strong>enst ed Ernst<br />

Feigl, il sottotenente Rudolf Neumann e l’aspirante cadetto Heinrich Reichberg, come riportato nel saggio <strong>di</strong><br />

Alessandro Fontanari e Massimo Libar<strong>di</strong> in appen<strong>di</strong>ce a una raccolta <strong>di</strong> saggi e articoli musiliani del tempo <strong>di</strong><br />

guerra (A. Fontanari-M. Libar<strong>di</strong> (a cura <strong>di</strong>), R. Musil, La guerra parallela, Nicolo<strong>di</strong> ed., Trento-Rovereto, 2003).<br />

A questo saggio e all’opera <strong>di</strong> Dinklage rimando per ogni questione attinente all’impatto della guerra sulla vita e<br />

sull’opera <strong>di</strong> Musil.<br />

143<br />

Pubblicato a Klagenfurt dal gennaio del 1915 all’aprile del 1918 (uscita bisettimanale), il giornale sembra una<br />

fotocopia della Tsz nel suo periodo <strong>di</strong> trincea: <strong>di</strong>eci pagine <strong>di</strong> servizi militari, accompagnate una volta alla<br />

settimana da un supplemento letterario patinato e con la copertina in cartoncino, ricco <strong>di</strong> poesie, foto e <strong>di</strong>segni.<br />

Presso la Österreichische Nationalbibliothek <strong>di</strong> Vienna ne è conservata una serie completa.<br />

144<br />

Dinklage, op. cit., p. 228.<br />

145<br />

Ibid.<br />

146<br />

Tsz, n. 188-190, anno II.<br />

147<br />

Questo numero porta l’11 non l’1: la numerazione nuova venne cioè fatta partire dal primo numero del<br />

secondo anno <strong>di</strong> pubblicazione della Tsz, il n. 172-175. Questa continuità, almeno formale, fra i due giornali<br />

trova conferma nel fatto che nella testata della Sz, alla voce Jahrgang (anno <strong>di</strong> pubblicazione, annata) c’è un II e<br />

non l’I che ci si aspetterebbe.<br />

148<br />

Cfr. Roman Urbaner, “Fallita perché faceva politica?” La (Tiroler)Soldaten-Zeitung 1915-1917, CSSEO,<br />

Working Paper N° 117, Dicembre 2006, pag 17.<br />

50


occidentale se ne sarebbero dovuti occupare i vari coman<strong>di</strong>, facendo attenzione a <strong>di</strong>stribuirli<br />

correttamente:<br />

«Sarà quin<strong>di</strong> compito <strong>di</strong> tutti i coman<strong>di</strong> provvedere a ché tutti gli ufficiali e i loro pari <strong>di</strong><br />

grado nonché la parte più intelligente delle truppe si abbonino al giornale» 149 .<br />

Il problema <strong>di</strong> parlare anche alla parte ‘stupida’ della truppa per Krauss non si pone: ci<br />

sarebbe sempre stato un ufficiale cor<strong>di</strong>ale il quale, da amico ad amico avrebbe recitato agli<br />

illetterati la lezione appena appresa dalla Sz.<br />

Nella ‘de-tirolesizzazione’ ra<strong>di</strong>cale che subì il giornale emerge la fede nell’esercito che, più <strong>di</strong><br />

ogni altra ragione storica o mass me<strong>di</strong>ologica influì in questi cambiamenti: l’esercito non<br />

doveva essere inteso come quello specifico del Tirolo o della Bassa Austria, non era né<br />

boemo né ungherese, era l’esercito del suo imperatore, padre e condottiero, era l’esercito della<br />

Monarchia tutta intera.<br />

Si è appena detto come la volontà <strong>di</strong> Krauss <strong>di</strong> sottolineare l’unità dell’esercito e della<br />

Monarchia sia stata alla base della ‘de-tirolesizzazione’ del nuovo giornale: è proprio<br />

l’assenza quasi assoluta <strong>di</strong> ogni riferimento al Tirolo (tra cui anche la soppressione dei<br />

supplementi che invece erano il marchio della sua ‘tirolesità’) la prima cosa che salta agli<br />

occhi sfogliando la Sz. Più <strong>di</strong> un anno <strong>di</strong> esaltazione sistematica dell’identità tirolese viene<br />

cancellato all’improvviso 150 : ma questa non è l’unica sorpresa che riserva l’osservazione<br />

ravvicinata <strong>di</strong> un numero esemplare del foglio, in questo caso quello del 3 settembre 1916 151 .<br />

Sotto la testata, da cui è scomparsa l’aquila tirolese, campeggia a tutta pagina una foto del<br />

fronte, negli specchietti accanto al titolo vengono riportati i prezzi <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta e della<br />

pubblicità. In seconda pagina si trova l’e<strong>di</strong>toriale Die Volksschule (La scuola elementare), in<br />

cui si attacca l’autonomia locale nelle scuole in quanto avrebbe favorito la massiccia<br />

infiltrazione nel corpo docenti <strong>di</strong> attivisti dell’irredentismo.<br />

A pagina tre vi è il seguito dell’articolo comparso nel numero precedente dal titolo Wie das<br />

Büblein Irredentist wird (Come il bimbo <strong>di</strong>venta irredentista) che racconta la storia <strong>di</strong> un<br />

orfanotrofio triestino dove i bambini sarebbero stati educati al culto della nazione italiana. A<br />

pagina quattro e cinque prima un articolo sulla stampa irredentista slava in Inghilterra<br />

(Hochverrätische Presse, Stampa altamente sleale) e poi un pezzo in cui si trattano i motivi<br />

149 Ibid.<br />

150 Una cancellazione che la nuova <strong>di</strong>rezione operò in maniera perfettamente consapevole. Dinklage, op. cit., p.<br />

228.<br />

151 Sz, n. 13, anno II<br />

51


dello scarso senso dello stato nella Monarchia (Die Erziehung zum Staat, L’educazione allo<br />

Stato).<br />

A pagina cinque inizia una serie <strong>di</strong> rubriche fisse: la prima intitolata Am Beobachterstand<br />

(Nella posizione dell’osservatore), raccoglie da pagina cinque alla otto articoli <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a<br />

lunghezza (dalle venti alle trenta righe) che trattano in genere temi <strong>di</strong> interesse politico e<br />

militare, dall’importanza delle previsioni meteorologiche nella guerra moderna all’apertura <strong>di</strong><br />

un ufficio per il reinserimento dei reduci <strong>di</strong> guerra nel mondo del lavoro.<br />

Da pagina otto a pagina do<strong>di</strong>ci trova posto la rubrica dell’intrattenimento che si apre con la<br />

foto del decorato della settimana, senza titolo né cornice e accompagnata da una stringata<br />

<strong>di</strong>dascalia: i tempi de I Nostri Eroi in cornici folcoristico-tirolesi erano finiti, anche perché<br />

nuovo e unico <strong>di</strong>segnatore del giornale era <strong>di</strong>ventato il tedesco Ivo Puhonny, specializzato in<br />

pubblicità e teatro 152 , che per le sue brevi strisce comiche pubblicate in occasione della<br />

campagna per il V Prestito <strong>di</strong> guerra 153 si ispirava chiaramente allo stile dell’Intesa. Per i<br />

pittori della ‘tirolesità’ non c’era più posto.<br />

Alla foto del decorato seguono tre feuilleton da una pagina circa ciascuno, che raccontano<br />

altrettanti episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> guerra. A pagina do<strong>di</strong>ci inizia la rubrica Unsere Landheimat (La nostra<br />

Patria) de<strong>di</strong>cata a tutte le questioni del fronte interno che possano interessare tanto il soldato<br />

quanto il civile: nel primo dei tre articoli, intitolato Kriegerheimstätten (Alloggi per i soldati)<br />

si auspica che nella monarchia venga introdotta la pratica tedesca <strong>di</strong> assegnare alloggi gratuiti<br />

ai reduci.<br />

Nel secondo, Maas und Gewicht (Misura e peso), partendo dalla considerazione che nelle<br />

campagne ci sarebbe stata ancora poca familiarità con il sistema metrico decimale, vengono<br />

riportate delle tabelle <strong>di</strong> conversione fra le nuove misure e quelle tra<strong>di</strong>zionali delle campagne<br />

della Monarchia, nel terzo, Die Ernte im vorigen Jahre (Il raccolto dell’anno scorso) si<br />

riportano le cifre dell’ «Österreichische Agrar-Zeitung» («Il giornale agricolo austriaco») e si<br />

commentano i dati ufficiali sul raccolto del 1915 <strong>di</strong>chiarandoli del tutto sod<strong>di</strong>sfacenti e<br />

rassicuranti: “La Monarchia non muore <strong>di</strong> fame” è il messaggio dell’articolo. Dalla fine <strong>di</strong><br />

pagina tre<strong>di</strong>ci e pagina se<strong>di</strong>ci trovano posto tre rubriche stampate in corpo più piccolo dello<br />

standard: nella prima, intitolata Feldbriefkasten (Cassetta della posta da campo) la redazione<br />

risponde alle lettere dei soldati. Il quesito viene presentato in forma <strong>di</strong> una domanda da una<br />

riga, accompagnata dal grado e dalle iniziali del nome <strong>di</strong> chi l’ha rivolta: segue una risposta<br />

152<br />

Ivo Puhonny (1876-1940). Vollmer, op. cit./Saur, op. cit.<br />

153<br />

Cfr. Sz, nn. 26, 27, 28, anno II.<br />

52


altrettanto stringata. Sfogliando le rubriche <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi numeri, si vede a colpo d’occhio come<br />

la domanda più frequente riguardasse l’importo dell’indennità a cui le mogli dei soldati meno<br />

abbienti avevano <strong>di</strong>ritto.<br />

A questa segue la brevissima rubrica del buonumore (trenta righe appena) dal titolo Der<br />

lustige Tachinierer (L’allegro fannullone) che ospitava brevi aneddoti e barzellette<br />

telegrafiche. La terza e ultima delle rubriche brevi è de<strong>di</strong>cata alle ‘notizie dal Tirolo’<br />

(Mitteilungen, Comunicazioni ne è il titolo): un ufficiale promosso e trasferito saluta truppa e<br />

colleghi, un barone fa sapere <strong>di</strong> avere fatto una donazione al Fondo vedove e orfani dei<br />

Kaiserjäger e i lettori vengono informati che a Bolzano è stata inaugurata una nuova mostra<br />

fotografica, naturalmente sulla guerra.<br />

Rispetto al formato caotico della Tsz, quello della Sz appare quin<strong>di</strong> molto or<strong>di</strong>nato; nel nuovo<br />

giornale i lettori trovano <strong>degli</strong> spazi fissi e predefiniti per la comunicazione con la redazione.<br />

Se il feedback <strong>di</strong>retto nel primo foglio si esprimeva attraverso una partecipazione attiva del<br />

lettore, nel nuovo foglio è invece <strong>di</strong> natura piuttosto passiva 154 : l’espressione più tipica della<br />

nuova formula è la rubrica Cassetta della posta da campo. Il soldato che non sa chiede, la<br />

redazione seleziona le richieste e risponde. Il rapporto con il pubblico viene quin<strong>di</strong><br />

irreggimentato molto più severamente <strong>di</strong> quanto già non lo fosse nella Tsz.<br />

Terminati gli articoli ecco la pubblicità che in questo numero occupa quattro pagine in tutto:<br />

nemmeno le inserzioni rimangono estranee agli obiettivi propagan<strong>di</strong>stici del giornale. La<br />

pubblicità al libro sull’irredentismo del Prof. Mayr 155 non manca, infatti, quasi mai nella Sz<br />

accanto agli annunci più <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> <strong>di</strong>tte tirolesi e non. Il libro, del resto, e<strong>di</strong>to dalla casa<br />

e<strong>di</strong>trice cattolica Tyrolia non costava all’inserzionista nemmeno un centesimo: come recita il<br />

telegrafico tamburino <strong>di</strong> gerenza in fondo a pagina venti, la stessa Sz veniva stampata a<br />

Bolzano nell’allora moderna tipografia centrale della casa e<strong>di</strong>trice più grande e importante del<br />

Tirolo, la Tyrolia appunto 156 .<br />

Nel tamburino <strong>di</strong> gerenza viene inoltre in<strong>di</strong>cato il responsabile della testata che dall’8 ottobre<br />

del ’16 (il numero 18 del II anno) fu Robert Musil, promosso <strong>di</strong>rettore per mitigare gli eccessi<br />

154<br />

Nonostante nell’articolo Kameraden arbeitet mit! (Camerati collaborate! – Sz, n. 9, anno II, p. 3) del 6 agosto<br />

del ’16 Musil avesse invitato con forza i commilitoni a collaborare al giornale. (Si veda Musil, op. cit., pp. 18-<br />

21.)<br />

155<br />

Mayr, op. cit<br />

156<br />

Nel primo dopoguerra la casa e<strong>di</strong>trice si scinderà in due parti, una nord-tirolese (Tyrolia) e una sud-tirolese<br />

(Athesia). Per la loro storia rimando a G. Fleischmann, Tyrolia-Vogelweider-Athesia. Geschichte und<br />

Entwicklung eines Südtiroler Presse Verlages, Phil. Diss., Wien, 1967.<br />

53


anti-irredentisti del suo predecessore Schager 157 : un’opera <strong>di</strong> moderazione del tono polemico<br />

che al raffinato scrittore carinziano riuscì benissimo.<br />

La <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Musil non durò comunque a lungo: la Sz dovette interrompere definitivamente<br />

le pubblicazioni il 15 aprile del 1917 158 a causa <strong>di</strong> un nuovo ‘walzer <strong>di</strong> generali’ nell’ambito<br />

<strong>degli</strong> alti coman<strong>di</strong> sul fronte italiano. All’Arciduca Eugenio non riuscì <strong>di</strong> trovare a Marburg<br />

nella Stiria, dove venne ripristinato il Comando del fronte sud-occidentale, una tipografia<br />

<strong>di</strong>sposta a stampare la Sz; inoltre al generale Krauss, vero e instancabile animatore del<br />

giornale, venne assegnato un nuovo comando operativo che lo separò dall’Arciduca e da ogni<br />

preoccupazione <strong>di</strong> natura politica 159 .<br />

Il nuovo comandante delle truppe del Tirolo, l’anziano feldmaresciallo Conrad (ex Capo <strong>di</strong><br />

Stato maggiore, silurato nel febbraio ’17 dal nuovo imperatore Carlo) non era interessato a<br />

prendere in mano il giornale che perciò venne chiuso. Musil la prese molto male, anche<br />

perché il trasferimento all’Heeresgruppekommando Boroevic sul fronte isontino lo allontanò<br />

dalla moglie che risiedeva a Bolzano unicamente per stare vicina al marito 160 .<br />

La relativa casualità legata alle scelte <strong>di</strong> natura militare del Comando supremo fu quin<strong>di</strong><br />

arbitro ultimo del destino del giornale che non venne mai supportato dalle autorità centrali,<br />

nemmeno da quel Kpq che avrebbe avuto le competenze e l’interesse per farlo 161 : nessuno dei<br />

<strong>di</strong>rettori responsabili e dei capi redattori della Tsz-Sz (Höger, Juster, Schager e Musil) era<br />

infatti inserito nella struttura del Kpq 162 dove forse si sapeva a malapena dell’esistenza del<br />

giornale. Ecco cosa può comportare nella pratica l’assenza <strong>di</strong> una struttura propagan<strong>di</strong>stica<br />

efficiente e centralizzata: in questo caso la morte <strong>di</strong> una testata che, se adeguatamente<br />

finanziata e sostenuta, avrebbe potuto essere uno strumento efficace <strong>di</strong> orientamento<br />

dell’opinione pubblica militare e civile.<br />

157 In uno dei suoi e<strong>di</strong>toriali anti-irredentisti del settembre <strong>di</strong> quell’anno (Bilder von der Irredenta, Immagini<br />

dell’Irredentismo, Sz n. 15, anno II, p. 2), Schager accusò il nuovo governatore del Tirolo, barone Maximilian<br />

Manci (Cfr. anche Urbaner, op. cit., pp. 27-30), <strong>di</strong> avere appoggiato l’irredentismo per opportunità politica<br />

quando era sindaco <strong>di</strong> Trento. I militari in Tirolo erano allora molto potenti, ma non onnipotenti: Manci chiese la<br />

testa del responsabile della Sz, che fu costretto a <strong>di</strong>mettersi dalla carica. Dinklage, op. cit., p. 229.<br />

158 Sz, n. 45, anno II, ultimo numero.<br />

159 Dinklage, op. cit., pp. 230-231.<br />

160 Ibid.<br />

161 Bisogna però ricordare che il Kpq da cui a volte la Tsz riceveva <strong>di</strong>spacci ufficiali era quello comandato con<br />

lassismo e approssimazione da von Hoen: la decisione <strong>di</strong> terminare le pubblicazioni fu praticamente<br />

contemporanea all’assegnazione <strong>di</strong> Eisner-Bubna al Kpq (metà marzo 1917).<br />

162 Musil fu però collaboratore del Kpq dal 18 marzo del 1918 quando iniziò a operare nella Presseabteilung del<br />

Comando Boroevic.<br />

54


Il mondo secondo i Supplementi letterari della Tsz<br />

Questo lavoro si concentra sulla seconda fase <strong>di</strong> vita del giornale, quella relativa al<br />

predominio dei Supplementi e alla costruzione dell’identità nazionale tirolese 163 : sia<br />

attraverso gli episo<strong>di</strong> storici rievocati per leggere il presente sia dalle definizioni<br />

complementari e opposte <strong>di</strong> sé e dei nemici emerge un mondo profondamente conservatore,<br />

dominato dalla cultura religiosa 164 , dalle sue immagini e dal suo linguaggio. La scelta <strong>di</strong><br />

questo materiale nasce dal fatto che si tratti <strong>di</strong> materiale ancora del tutto inesplorato che<br />

consente <strong>di</strong> contribuire, anche se in modesta parte, all’analisi globale <strong>di</strong> un evento i cui effetti<br />

ancora oggi sono tangibili, specialmente per quel che riguarda la manipolazione<br />

dell’informazione. Anche la grande attualità dell’argomento è un motivo che sottostà a questa<br />

scelta ed è obiettivo del presente lavoro anche ricordare come questa ‘manipolazione’ del<br />

messaggio religioso, <strong>degli</strong> eventi e dei personaggi storici nazionali così come la<br />

trasfigurazione della realtà bellica non siano altro che l’attuazione <strong>di</strong> un meccanismo<br />

particolarmente <strong>di</strong>ffuso, allora come oggi, per <strong>di</strong>ffondere un’ideologia che sostenga un’azione<br />

intrapresa dallo Stato che altrimenti la popolazione non accetterebbe. Perciò, nonostante noi<br />

lettori moderni, ci consideriamo abbastanza maturi, per giu<strong>di</strong>care queste pagine<br />

semplicemente come un colore <strong>di</strong> tempi lontani, in realtà credo e propongo che sia giusto<br />

riconoscere a queste pagine, come esempio citato in quest’occasione, <strong>di</strong> poter e saper essere<br />

formidabili modelli interpretativi e <strong>di</strong> riferimento per <strong>di</strong>svelare anche le più attuali <strong>di</strong>namiche<br />

<strong>di</strong> persuasione e manipolazione, <strong>di</strong> cui anche noi siamo continuamente vittime e che ci<br />

costringono in nuovi fossati <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi.<br />

Quin<strong>di</strong>, oggetto principale della nostra analisi è quello <strong>di</strong> trattare i testi che si propongo <strong>di</strong><br />

creare, saldare e <strong>di</strong>ffonder una rappresentazione dell’identità tirolese e attraverso <strong>di</strong> essa <strong>di</strong><br />

dare un’immagine negativa dell’avversario e una descrizione semplificata e mitica del<br />

conflitto. Si tratta, dunque, <strong>di</strong> un esempio in piccola scala, che però porta in sé il pattern<br />

strutturale <strong>di</strong> qualunque meccanismo propagan<strong>di</strong>stico ideologico. Per terminare sarà, poi,<br />

fornita anche una breve analisi del nuovo volto che avrà la Sz una volta privata della sua<br />

163<br />

Si ricor<strong>di</strong> che con lo sparire dei Supplementi il giornale acquisterà tutto un altro corso. L’aspetto tirolese verrà<br />

meno e verrà invece posto in risalto il tentativo <strong>di</strong> definire il nuovo stato austriaco e il tipo <strong>di</strong> nazione che<br />

avrebbe dovuto conferirgli più forza e stabilità: un’operazione ideologica ispirata ad un conservatorismo <strong>di</strong><br />

stampo più moderno e politico.<br />

164<br />

(in seguito si approfon<strong>di</strong>rà meglio il rapporto del Tirolo con la Chiesa e la religione) Cfr.<br />

55


componente tirolese, in modo da avere un quadro ideologico più chiaro in cui collocare questi<br />

due giornali in uno.<br />

Vista l’importanza che avrà l’uso del messaggio religioso in queste liriche <strong>di</strong> guerra, prima <strong>di</strong><br />

analizzarle nello specifico si offrirà un breve quadro della storia religiosa tirolese e <strong>di</strong> come<br />

esso venne sfruttato anche per altri scopi in tempi precedenti al conflitto. Discorso che però ci<br />

servirà per comprendere meglio i contenuti delle poesie pubblicate nei Supplementi.<br />

Das ‘Heilige Land Tirol’. Il legame del Tirolo con la Chiesa Cattolica<br />

Nell’ambito della Controriforma il Papa e la Casa <strong>degli</strong> Asburgo inviarono dei<br />

controriformisti gesuiti, tra gli altri, anche in Tirolo per prevenire gli influssi del<br />

Protestantesimo e per rafforzare il Cristianesimo <strong>di</strong> stampo cattolico. L’evangelizzazione<br />

intensiva dei secoli XVII e XVIII e l’energico incedere dei Gesuiti, accompagnato dalle<br />

misure della Controriforma, sono da considerarsi come i principali promotori della marcata<br />

religiosità della popolazione tirolese.<br />

Anche lo scetticismo e la <strong>di</strong>ffidenza nei confronti della modernizzazione può essere attribuita<br />

in parte alla supremazia cattolica presente nel territorio: «Aus mehreren Berichten geht<br />

hervor, dass <strong>di</strong>e Bauern religiöse Prozessionen für eine gute Ernte der Einführung neuer<br />

chemischer Dünger vorzogen.» 165<br />

Quanto fosse rilevante la posizione della Chiesa cattolica in Tirolo nel XIX secolo, lo<br />

documentano il fallimento <strong>di</strong> numerose riforme favorite da Maria Teresa e Francesco<br />

Giuseppe alle quali si opposero con successo le posizioni tirolesi che sottostavano<br />

all’egemonia <strong>degli</strong> episcopati <strong>di</strong> Bressanone e Trento.<br />

In Tirolo il Toleranzpatent 166 del 1781 non fu promulgato neanche una volta 167 : già allora<br />

l’unità religiosa del paese era stata trattata come un problema fondante.<br />

165 [«Da più relazioni emerge che i conta<strong>di</strong>ni, per avere un buon raccolto, preferivano fare le processioni<br />

religiose all’introduzione <strong>di</strong> nuovi concimi chimici.»] Laurence Cole, “Für Gott, Kaiser und Vaterland”.<br />

Nationale Identität der deutschsprachigen Bevölkerung Tirols 1860–1914, Stu<strong>di</strong>en zur Historischen<br />

Sozialwissenschaft, Band 28. Frankfurt, Campus Verlag, 2000, p. 38.<br />

166 La patente <strong>di</strong> tolleranza fu un e<strong>di</strong>tto emesso nel 1781 da Giuseppe II d'Austria. Con tale <strong>di</strong>sposto si estendeva<br />

la libertà religiosa alle popolazioni non cattoliche viventi nei territori asburgici; luterani, calvinisti e ortodossi.<br />

167 Cfr. G. Pallaver, Kirche in Tirol. Vom Hexenwahn zum Herz-Jesu-Bund, in «Sturzflüge», Bozen, Südtiroler<br />

Autorenvereinigung, n. 7, 1984, p. 39-55.<br />

56


Nel formarsi <strong>di</strong> un’in<strong>di</strong>scussa dominanza della Chiesa come l’istituzione determinate gli<br />

orientamenti <strong>di</strong> vita e le Weltanschauungen <strong>di</strong> una ampissima fetta della popolazione tirolese,<br />

accanto agli effetti della vincente Controriforma – non solo come sforzo della chiesa cattolica,<br />

ma anche come <strong>di</strong>chiarato obiettivo politico <strong>degli</strong> Asburgo – giocarono un ruolo importante<br />

tuttavia anche altri fattori, <strong>di</strong>fferentemente connessi fra <strong>di</strong> loro:<br />

1) il legame tra<strong>di</strong>zionalmente stretto tra la Casa d’Austria e la Chiesa cattolica: la ‘spada<br />

secolare’ del sovrano <strong>degli</strong> Asburgo come ‘<strong>di</strong>fensore della fede’ (soprattutto nell’ambito della<br />

tra<strong>di</strong>zione del regno, ma anche sul piano della Monarchia) servì nella sua funzione <strong>di</strong> modello<br />

anche per l’auto definizione tirolese;<br />

2) il culto e la propagazione della figura del Kaiser come sovrano voluto da Dio e<br />

osservante cattolico: in relazione al culto spiccato per l’Imperatore, la ‘Pietas Austriaca’<br />

rappresentò un mito molto efficace;<br />

3) lo stretto collegamento tra Chiesa e Stato: chi non si professava <strong>di</strong> fede cattolica, si<br />

collocava al <strong>di</strong> fuori della collettività e, automaticamente, in opposizione allo Stato, alla Patria<br />

e all’Imperatore. E, conseguentemente, costui/costei era considerato come un tra<strong>di</strong>tore,<br />

infedele, sleale e nemico della patria;<br />

4) la forte influenza del prete <strong>di</strong> paese specialmente nei piccoli villaggi <strong>di</strong> campagna:<br />

«Wie Stu<strong>di</strong>en über andere Gebiete zeigen, läßt sich der Einfluß des Priesters innerhalb der<br />

dörflichen Gesellschaft kaum überbewerten» 168 . Il prete <strong>di</strong> paese grazie alla propria carica e in<br />

quanto <strong>di</strong>spensatore dei sacramenti <strong>di</strong>venne una sorta <strong>di</strong> concreto portatore <strong>di</strong> grazia e<br />

salvezza per la comunità paesana. Josef Fontana, nella sua storia sul Tirolo, parla ad<strong>di</strong>rittura<br />

<strong>di</strong> «Praktiken weißer Magie» 169 che venivano richieste ai preti;<br />

5) il culto al Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù come simbolo esteriore e interiore della dominanza<br />

cattolica della zona;<br />

6) l’utilizzo del mito <strong>di</strong> Andreas Hofer come eroe cattolico del Paese e <strong>di</strong>fensore contro<br />

gli infedeli;<br />

Lungo il secolo XIX, la fedeltà alla casa regnante come quella alla Chiesa cattolica <strong>di</strong>venne<br />

ovviamente parte <strong>di</strong> una visione del mondo molto impostata. Il fatto che l’altare regnasse<br />

168<br />

[«Come mostrano <strong>degli</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> su altri ambiti, l’influenza dei preti all’interno della comunità paesana non può<br />

essere sottovalutata»] Cole op. cit., p. 49<br />

169<br />

[«Pratiche <strong>di</strong> magia bianca»] Josef Fontana, Geschichte des Landes Tirol, Bolzano-Innsbruck, Athesia,<br />

Tyrolia-Verlag, 1985, p. 33.<br />

57


affianco al trono (magari anche al <strong>di</strong> sopra) non fu mai <strong>di</strong>scusso, ma anzi venne sempre visto<br />

come logica evidenza 170 . Anche il Concordato del 1855, che accordò nuovamente al clero un<br />

forte ascendente su tutti gli ambiti della vita sociale 171 , trovò un ampio consenso a priori.<br />

Nel XIX secolo venne fuori, infine, l’auto denominazione <strong>di</strong> ‘Heiliges Land Tirol’, la quale<br />

risultava soprattutto dall’attaccamento del Paese al Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù. Questa auto<br />

denominazione va intesa come incarnazione e simbolo della straor<strong>di</strong>naria fortuna del<br />

Cattolicesimo Tirolo, della sua forza e del suo potere.<br />

Il cattolicesimo politico in Tirolo nella seconda metà del XIX secolo<br />

L’espressione ‘cattolicesimo politico’ definisce in un primo tempo e come concetto ampio<br />

tutto ciò che da una prospettiva politica ha a che fare con la Chiesa e che si manifesta<br />

pubblicamente e politicamente in maniera rilevante; innanzi tutto quei gruppi e singole<br />

persone (clero, conservatori e cristiano-sociali, come anche a partire dal 1918 il Tiroler<br />

Volkspartei, <strong>di</strong>versi circoli e associazioni, numerosi pre<strong>di</strong>catori, ma anche artisti, letterati e<br />

altri singoli) che si espongono politicamente e che sostengono pubblicamente una<br />

Weltanschauung forgiata dalla Chiesa cattolica.<br />

Ernst Hanisch, nel suo <strong>stu<strong>di</strong></strong>o dettagliato sul ‘cattolicesimo politico’ in Austria, sostiene che il<br />

‘cattolicesimo politico’ si mostrò fondamentalmente in linea col sistema statale vigente<br />

all’epoca 172 .<br />

La Chiesa Cattolica come organizzazione potente si <strong>di</strong>fendeva, in generale, contro il processo<br />

<strong>di</strong> secolarizzazione non solo all’inizio del XIX secolo, ma proseguì a farlo fino a molto dopo<br />

la Seconda guerra mon<strong>di</strong>ale. «Diese sehr reale Bedrohung [<strong>di</strong>e Säkularisierung] führte zur<br />

Formierung einer Kampffront, <strong>di</strong>e einer kämpferischen Ideologie bedurfte. Die Funktion<br />

<strong>di</strong>eser ideologie war es, den Anspruch auf <strong>di</strong>e ganze Gesellschaft aufrechtzuerhalten.<br />

Legitimation und Ziel war das katholische Österreich!» 173 .<br />

Dopo la fine del Neoassolutismo, attraverso le <strong>di</strong>sfatte <strong>di</strong> Magenta e Solferino contro la<br />

Francia e il Regno <strong>di</strong> Sardegna, il Februarpatent del 1861 ri inaugurò la vita costituzionale<br />

170<br />

La pretesa <strong>di</strong> unità fra ‘Altare’ e ‘Trono’ non fu abbandona dal cattolicesimo politico neanche nel periodo fra<br />

le due guerra. Cfr. E. Hanisch, Die Ideologie des Politischen Katholizismus in Österreich 1918-1938, Wien,<br />

Geyer, 1977, p. 35.<br />

171<br />

Soprattutto, per esempio, sull’organizzazione scolastica.<br />

172<br />

Cfr. E. Hanisch, «Modell der Akkomodation», in Die Ideologie des Politischen Katholizismus, op. cit. p. 1.<br />

173<br />

[«Questa minaccia molto reale (la secolarizzazione) portò alla nascita <strong>di</strong> un fronte <strong>di</strong> battaglia che aveva<br />

bisogno <strong>di</strong> una ideologia combattiva. La funzione <strong>di</strong> questa ideologia era la pretesa <strong>di</strong> mantenere l’intera società.<br />

Legittimazione e scopo era l’Austria cattolica.»]Hanisch, Die Ideologie des Politischen Katholizismus, p. 35<br />

58


nella Monarchia. Il Tirolo ricevette una costituzione a parte, la Tiroler Landesordnung, e un<br />

Landtag proprio affidato alle Curie, al Rettore dell’<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Innsbruck, così come al<br />

vescovo <strong>di</strong> Bressanone, Trento e Salisburgo 174 .<br />

La Konservative Partei Tirols che stava andando formandosi saldamente in mano cattolica<br />

assunse imme<strong>di</strong>atamente la guida politica del Paese ed ebbe la maggioranza relativa in Tirolo<br />

senza interruzione fino ad oggi. Questa nascente opposizione conservatrice contro qualunque<br />

tipo <strong>di</strong> progresso e novità, non solo portò al Kulturkampf <strong>degli</strong> anni 1869-1892, bensì ebbe<br />

anche effetti negativi sul processo <strong>di</strong> industrializzazione tirolese, che era in ogni caso molto in<br />

ritardo.<br />

Il Kulturkampf 175 tirolese<br />

Se si considera il XIX secolo come il secolo dell’ «Umsetzung der Aufklärung in politische<br />

Wirklichkeit» 176 , come il secolo della fiducia nel progresso e del razionalismo, allora<br />

l’influsso del liberalismo non può essere sottovalutato.<br />

La fase <strong>di</strong> restaurazione e riforme in Europa sviluppatasi dopo il Congresso <strong>di</strong> Vienna si<br />

infranse contro le rivoluzioni che si verificarono nella prima metà del XIX secolo (1830,<br />

1848).<br />

Gli attacchi ai dogmi e alle gerarchie tra<strong>di</strong>zionali, la richiesta della <strong>di</strong>visione dei poteri, della<br />

libertà in<strong>di</strong>viduale, della limitazione dei poteri dello Stato così come la libertà <strong>di</strong> pensiero e <strong>di</strong><br />

professione <strong>di</strong> fede portarono ad un secondo Illuminismo, che venne duramente combattuto,<br />

non solo in Tirolo.<br />

174<br />

Il vescovo prescelto veniva nominato dalla Curia<br />

175<br />

Il Kulturkampf è il nome con il quale fu definita la accesa lotta politica e culturale che vide coinvolti la Chiesa<br />

cattolica e gli Stati tedeschi nel periodo che va dalla fine del Concilio Vaticano I (1867-1870) ai primi decenni<br />

successivi alla fondazione dell’Impero tedesco (1871-1919). Più specificatamente, con il termine si riassume<br />

anche tutta la legislazione anticuriale e anticlericale posta in essere dal governo tedesco in quegli anni. In senso<br />

lato una prima forma <strong>di</strong> Kulturkampf potrebbe essere considerata la politica ateistica o laicista della Francia<br />

rivoluzionaria, figlia dell’illuminismo giacobino. In Francia, del resto, la lotta tra la Chiesa cattolica e la seconda<br />

Repubblica fu aspro per tutto l’inizio del XX secolo. Anche in Italia, a partire dalle leggi Siccar<strong>di</strong> eversive della<br />

manomorta ecclesiastica, cominciò un periodo <strong>di</strong> forte contrapposizione. Il termine Kulturkampf definisce<br />

tuttavia più da vicino l’aspetto peculiare che questa lotta, come si è detto, assunse negli Stati tedeschi. Alcuni<br />

storici parlano, a proposito, del periodo tra il 1859 e il 1879 <strong>di</strong> un Kulturkampf mitteleuropeo. A partire da quel<br />

momento, infatti, nei paesi dell’Europa centrale, Svizzera, Austria, Regni dell’Impero Germanico, la questione<br />

del rapporto Stato-Chiesa cominciò ad essere posta in termini particolarmente conflittuali, e si avviò una lotta<br />

condotta senza esclusione <strong>di</strong> colpi.<br />

176<br />

[«Trasposizione dell’Illuminismo in realtà politica»] R. Schober, Politischer Katholizismus am Fallbeispiel<br />

Deutschtirols, «Stu<strong>di</strong> trentini <strong>di</strong> scienze storiche» n. 72, Trento, Società <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Trentini <strong>di</strong> Scienze<br />

Storiche, 1993, pp. 601-634, p. 601<br />

59


Papa Pio IX definì il liberalismo e la Teologia liberale 177 come il principale errore del suo<br />

tempo e fece persino un giuramento antimodernista per debellare l’influsso del pensiero<br />

liberale.<br />

Nel XIX secolo, con l’inizio dell’era costituzionale, fu in particolare il liberalismo economico<br />

a <strong>di</strong>ventare inarrestabile.<br />

Mentre in Italia e Spagna il liberalismo fu apertamente <strong>di</strong>chiarato nemico della Chiesa, in<br />

Austria i liberali riven<strong>di</strong>cavano solamente una limitazione della fede alla sfera privata.<br />

Nonostante ciò, la maggior parte <strong>di</strong> queste richieste moderate portò a <strong>degli</strong> scontri violenti e<br />

ad un vero e proprio Kulturkampf 178 contro il governo liberale viennese tra gli anni 1867-<br />

1892.<br />

Per una vera e propria costituzione dei partiti liberale e conservatore bisognerà aspettare la<br />

fine dei motti del ’48, che più o meno passarono senza lasciare traccia alcuna in Tirolo, ma<br />

portarono con sé la concessione della libertà <strong>di</strong> stampa 179 che quin<strong>di</strong> permise una propaganda<br />

<strong>di</strong> partito efficiente. Attraverso questa nuova possibilità <strong>di</strong> sviluppo delle idee liberali anche in<br />

Tirolo fu possibile <strong>di</strong>sputare un Kulturkampf.<br />

Punto <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong> tutti i contrasti furono le richieste <strong>di</strong> vigilanza statale nelle scuole e la<br />

libertà <strong>di</strong> religione: l’anno rivoluzionario 1848 non aveva sfiorato il Tirolo ma l’aveva tuttavia<br />

scosso nelle sue fondamenta. Lo spauracchio della Rivoluzione Francese girovagava per il<br />

Paese e provocò una reazione ultraconservativa senza precedenti che agì in maniera massiccia<br />

contro le correnti liberali e antiassolutistiche. Il Clero in Tirolo sostenne questo movimento <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fesa: l’unità religiosa fu il tema meglio sfruttato contro tutto ciò che era nuovo e sconosciuto<br />

e il Landtag si espresse ancora nel 1848 per la necessaria <strong>di</strong>fesa dell’unità religiosa 180 . Ancora<br />

una volta quest’argomentazione fu elevata a elemento integrante dell’esistenza del Tirolo.<br />

177<br />

La teologia liberale dal secolo XVIII aveva tentato <strong>di</strong> «accordare» Gesù con la modernità. Aveva la<br />

preoccupazione <strong>di</strong> riannodare la fede cristiana con un mondo cambiato dalla rivoluzione scientifica e industriale,<br />

e dalle spinte illuministe esplose con la Rivoluzione francese. Il problema dell’interpretazione si pone come il<br />

problema centrale: «Cosa dobbiamo “estrarre” come insegnamento razionale perenne dalle narrazioni<br />

mitologiche delle Bibbia?». La teologia liberale tentava <strong>di</strong> far vedere come il cristianesimo non sia contrario alla<br />

modernità, anzi quest’ultima nasceva ad<strong>di</strong>rittura dal suo interno. La spinta alla demitizzazione dei racconti<br />

biblici kerigmatici, l’inaugurazione dell’interpretazione storico-critica <strong>degli</strong> scritti ispirati, la ricerca del «Gesù<br />

storico» oltre quello della fede, sono le maggiori innovazioni apportate dalla teologia liberale e affermatesi nel<br />

XX secolo. Così facendo si tentava <strong>di</strong> trovare la continuità e la razionalità del fenomeno religioso, riducendolo<br />

tuttavia da trascendente a immanente.<br />

178<br />

Per una trattazione più approfon<strong>di</strong>ta dei fenomeni <strong>di</strong> patriottismo tirolese e lotta culturale si veda B. Erhard,<br />

Bauernstand und Politik. Zur Geschichte des Tiroler Bauernbundes, Wien, Jugend-und-Volk-Verlag, 1981, p.<br />

26 e sgg.<br />

179<br />

Proclama imperiale del 15.3. 1848<br />

180<br />

Cfr. Schober, Politischer Katholizismus, op. cit., p. 605.<br />

60


«Dass <strong>di</strong>e Mehrheit des Klerus <strong>di</strong>ese dogmatische Parteinahme für <strong>di</strong>e religiöse Einheit<br />

übernahm, muss als Reaktion auf <strong>di</strong>e Doktrinen des politischen Liberalismus und des<br />

Vermächtnisses der Französischen Revolution gesehen werden. Vor allem ist <strong>di</strong>e Ideologie<br />

der Glaubenseinheit als unmittelbare Antwort auf <strong>di</strong>e Revolution 1848/49 in Mitteleuropa zu<br />

verstehen.» 181<br />

Non appena fu proclamata la libertà religiosa nella Costituzione imposta del marzo 1849 182<br />

l’intero apparato <strong>di</strong> potere della Chiesa cattolica si mise in moto in tutta l’Austria.<br />

Specialmente in Tirolo gli animi erano molto accesi sebbene in quella regione non esistesse<br />

nessuna associazione che non fosse <strong>di</strong> stampo cattolico. Tra le altre cose si cominciò persino a<br />

temere il fenomeno del turismo che poteva portare e <strong>di</strong>ffondere in Tirolo il seme del pensiero<br />

protestante 183 .<br />

Un patto della Chiesa con lo Stato neoassolutista contro il nemico comune, la ‘rivoluzione’, fu<br />

perseguito nella conferenza dei vescovi del 1849. L’Austria sarebbe dovuta <strong>di</strong>ventare lo stato<br />

modello cattolico-assolutistico per l’Europa e rinnovare il legame tra Stato e Chiesa che era<br />

stato spezzato.<br />

Come autorità morale, forza dell’or<strong>di</strong>ne e istituzione fondante nell’esercitare potere<br />

sull’opinione pubblica, la chiesa austriaca riottenne, in cambio della sua fedeltà e sussi<strong>di</strong>o allo<br />

Stato nelle questioni politiche e sociali, una grande fetta dei suoi <strong>di</strong>ritti perduti. Il concordato<br />

del 18.8.1855 corresse una gran quantità delle riforme ecclesiatico-politiche approvate<br />

durante il giuseppinismo 184 e istituì una rinnovata unione dello Stato con la Chiesa<br />

assicurando così tra i due un rinnovato rapporto <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza reciproca.<br />

Il controllo e la gestione scolastica tornò interamente in mano clericale, le riforme <strong>di</strong><br />

Giuseppe II furono revocate, l’in<strong>di</strong>ce dei libri proibiti venne sorvegliato anche dallo stato e la<br />

facoltà <strong>di</strong> Teologia <strong>di</strong> Innsbruck venne riaperta (1857) e affidata all’or<strong>di</strong>ne dei gesuiti.<br />

181<br />

[«Il fatto che la maggioranza del Clero assunse questa presa <strong>di</strong> posizione dogmatica nei confronti dell’unità<br />

religiosa dev’essere interpretata come reazione alle dottrine del liberalismo politico e ai lasciti della Rivoluzione<br />

Francese. In particolare, l’ideologia dell’unità religiosa va vista come risposta imme<strong>di</strong>ata ai motti del 1848/49<br />

avvenuti in Europa centrale.»]Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 53.<br />

182<br />

Paulskirchenverfassung<br />

183<br />

Cfr. A. Sparber, Kirchengeschichte Tirols, Bozen, Athesia, 1957, p. 86.<br />

184<br />

Con questo termine ci si riferisce alla politica ecclesiastica <strong>di</strong> Giuseppe II del Sacro Romano Impero. Con<br />

essa, l'imperatore intendeva unificare nelle mani dello Stato i poteri sul clero nazionale, sottraendoli al papa e ai<br />

suoi rappresentanti, i nunzi apostolici. Riassumendo, quattro sono gli obiettivi delle sue riforme ecclesiastiche:<br />

Ridurre la Chiesa sotto il completo controllo dell'autorità statale; rior<strong>di</strong>namento della situazione economica del<br />

clero; riforma <strong>degli</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> ecclesiastici; riforma della cura pastorale. Tale politica ecclesiastica, ovviamente,<br />

suscitò l'opposizione del papa Pio VI, che nel 1782 andò fino a Vienna per tentare invano <strong>di</strong> moderare le riforme<br />

dell'imperatore che ad ogni modo si mantenne impassibile nella propria condotta.<br />

61


Così il Tirolo si placò e i liberali furono messi fuori dai giochi, tuttavia già nel 1860/61<br />

l’Oktober- e il Februar<strong>di</strong>plom chiudono la stagione neoassolutistica in Austria e il governo <strong>di</strong><br />

Vienna, orientato in senso liberale, allenta il legame con il con la Chiesa.<br />

La legge emanata nel 1861 sull’equiparazione legale del Protestantesimo (in variazione al<br />

tanto o<strong>di</strong>ato Toleranzpatent, detto anche Protestantenpatent) portò inizialmente ad una<br />

agitazione dei conservatori che fu ampiamente appoggiata dalla popolazione tirolese e<br />

condusse infine al Tiroler Kuturkampf. Il Landtag tirolese riven<strong>di</strong>cò con veemenza un<br />

provve<strong>di</strong>mento eccezionale per il Tirolo e concluse che il <strong>di</strong>ritto alla pubblica pratica religiosa<br />

in Tirolo spettasse solamente ai cattolici 185 . Si espose in particolare il Vescovo Vinzent<br />

Gasser come principale sostenitore dell’unità religiosa in Tirolo e nemico giurato del<br />

liberalismo.<br />

La pressione fu talmente forte, specialmente da parte <strong>di</strong> Gassner, che in una seduta del<br />

Landtag del 1861 persino quasi tutti i liberali votarono a favore 186 delle istanze del vescovo<br />

Gassner, sebbene il libero esercizio della religione costituisse uno dei temi trainanti della loro<br />

ideologia.<br />

Nel 1866 al Landtag tirolese riuscì una mezza vittoria. Il governo <strong>di</strong> Vienna <strong>di</strong>etro spinte<br />

sempre più federalistiche, specialmente a causa del minaccioso conflitto tra Prussia e Italia,<br />

ammise al Tirolo il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re nel proprio territorio il sussistere <strong>di</strong> comunità non<br />

cattoliche. Il vescovo Gassner attribuì subito questa concessione al vincolo col Cuore <strong>di</strong> Gesù<br />

che il Tirolo aveva rinnovato quello stesso anno 187 .<br />

Il 1866 fu importante in Tirolo anche per altri motivi. L’esclusione dal Bund tedesco e la<br />

per<strong>di</strong>ta del Veneto causarono un sentimento <strong>di</strong> apprensione e ansia, insicurezza e<br />

vulnerabilità: ciò condusse a porre grande enfasi sulla determinazione <strong>di</strong> una identità tedesco-<br />

tirolese.<br />

La posizione geografica <strong>di</strong> terra <strong>di</strong> confine venne percepita come pericolosa e acuì questa<br />

sensazione <strong>di</strong> ansia già latente.<br />

Minacciata militarmente dall’alleanza franco-italiana, minacciata culturalmente dal<br />

liberalismo, dall’illuminismo, dal turismo, dai cambiamenti sociali causati<br />

dall’industrializzazione e dalla presenza <strong>di</strong> popolazione non tedesco-tirolese, minacciata<br />

religiosamente dal protestantesimo, il giudaismo e il crescente ateismo, economicamente<br />

minacciata dall’industrializzazione, dalla crisi agraria, minacciata politicamente dal governo<br />

185<br />

Cfr. J. Riedmann, Geschichte Tirols, Wien, Verlag für Geschichte und Politik, 2001, p. 189.<br />

186<br />

Schober, Politischer Katholizismus, op. cit., p. 606<br />

187<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 156.<br />

62


liberale <strong>di</strong> Vienna, nella regione tirolese si sviluppò una chiara reazione delle forze<br />

conservatrici e clericali che condusse da un lato al Kulturkampf, ma che, per contro, portò ad<br />

una politica <strong>di</strong> restaurazione autoritaria <strong>di</strong> stampo cattolico.<br />

L’idea dell’Ultramontanismo fu impiegata soprattutto dai liberali viennesi già in quel tempo<br />

come osservazione sfavorevole per il cattolicesimo politico del Tirolo nel Kulturkampf.<br />

Quando, con il decreto ministeriale del 1867, si concesse a tutte le chiese cattoliche, il <strong>di</strong>ritto<br />

dell’ esercizio illimitato della pratica religiosa pubblica e privata e fu revocata la legge<br />

speciale per il Tirolo che ne garantiva l’unità religiosa, il Kulturkampf tirolese visse il suo<br />

momento più intenso. Il clamore fu tale che portò persino allo scioglimento del Landtag e, in<br />

seguito a ciò, il vescovo Gassner propose le proprie <strong>di</strong>missioni 188 .<br />

Accanto ai <strong>di</strong>battiti sempre presenti riguardo l’unità religiosa, il controllo ecclesiastico della<br />

scuola rappresentava il secondo tema centrale e un ulteriore richiesta del cattolicismo politico<br />

tirolese. Il motivo era: affinché i giovani ricevessero un’educazione <strong>di</strong> stampo tirolese<br />

tra<strong>di</strong>zionale e conservativo-cattolica era <strong>di</strong> importanza assoluta che il Clero potesse<br />

determinare l’orientamento pedagogico della scuola controllandone meto<strong>di</strong> e contenuti.<br />

L’orientamento ideologico <strong>di</strong> tutta l’impostazione dell’educazione tirolese era chiaramente e<br />

sensibilmente orientato in senso cattolico-politico e la catena senza soluzione <strong>di</strong> continuità<br />

dell’educazione cattolica nelle scuole primarie fino ai corsi <strong>di</strong> formazione per insegnanti e nei<br />

seminari non doveva andare perduta.<br />

Il Tirolo però dovette cedere in entrambi i punti. Il regolamento delle scuole del regno fu<br />

impiegato anche in Tirolo e il governo centrale viennese nel 1875 mise in chiaro che la<br />

tolleranza delle altre religioni e <strong>degli</strong> altri gruppi religiosi fosse da accettare anche in Tirolo<br />

così come che la formazione <strong>di</strong> comunità <strong>di</strong> culto protestante con uguali <strong>di</strong>ritti a quelle<br />

cristiano-cattoliche non si sarebbe più dovuta impe<strong>di</strong>re.<br />

Lo scioglimento definitivo del Concordato del 1855 era compiuto. Perlomeno legalmente la<br />

Chiesa non fu più il supervisore dell’organizzazione scolastica e dei matrimoni, la libertà<br />

religiosa fu realizzata e la Chiesa fu subor<strong>di</strong>nata al controllo statale.<br />

La nuova legislazione locale sull’organizzazione scolastica del 1892 pose fine definitivamente<br />

al Kulturkampf tirolese almeno ufficialmente. Tema chiave dei conservatori-cattolici negli<br />

anni ‘90 del XIX secolo era <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi dalla caduta dei costumi e dei valori ricordando che<br />

188<br />

Cfr. Fontana, Kulturkampf, op. cit., p. 272 e segg., Sparber, Kirchengeschichte Tirols, op. cit., p. 86 e segg.,<br />

anche E. Obexer, Die Rolle der katholischen Kirche Tirols im Ersten Weltkrieg, Phil. Diss., Innsbruck, 1997, p.<br />

19.<br />

63


se la Chiesa non si fosse più potuta occupare dell’educazione dei giovani ciò si sarebbe<br />

certamente verificato.<br />

In pratica, però, in Tirolo non cambiò granché. La soluzione al problema venne trovata in<br />

maniera abbastanza semplice e fu soprattutto pratica: il nuovo consiglio scolastico, costituito<br />

da nuove persone, era però comunque orientato in maniera conservatrice e non venivano<br />

assunti insegnanti sui quali esistessero dei dubbi riguardanti il loro credo 189 .<br />

Se si considera la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> cooperazione mostrata dalla Chiesa cattolica austriaca allo<br />

Stato contro i motti sovversivi che la coinvolsero a metà del secolo, contro il liberalismo e in<br />

seguito contro il socialismo, fino alla seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, allora non si può parlare <strong>di</strong><br />

una soluzione vera e propria dell’ecclesiasticità <strong>di</strong> stato.<br />

Per il Tirolo fu una lotta coi mulini a vento, ma che nei suoi effetti pratici non ebbe il<br />

retrogusto <strong>di</strong> una vera e propria sconfitta. Le scuole tirolesi rimasero anche dopo il 1875 e il<br />

1892 saldamente in mano clericale e poiché non vi era alcuna mano protestante il paese<br />

rimase conservato de facto anche in assoluta unità <strong>di</strong> fede.<br />

«‘Tirol den Tirolern’ und keine Enklave antireligiöser und antidynastischer Färbung soll<br />

Heimatsrecht erhalten in der Hochburg dere Tiroler Berge» 190 così proclamava fiero Bruder<br />

Willram 191 ancora quin<strong>di</strong>ci anni dopo la fine del Kulturkampf.<br />

La <strong>di</strong>visione: conservatori vs cristiano-sociali<br />

La lotta del cattolicesimo in Tirolo avvenuta tra il XIX e XX secolo fu condotta con tutti i<br />

mezzi possibili. Ogni metodo era giusto e tutto era subor<strong>di</strong>nato all’unità religiosa e al<br />

mantenimento del controllo ecclesiastico sulla scuola. Tuttavia questa lotta effettuata con<br />

qualunque mezzo non passò davanti ai conservatori senza lasciare tracce. I conservatori<br />

tirolesi si <strong>di</strong>videvano in maniera sempre più netta tra fondamentalisti e pragmatici, una<br />

polarizzazione che alla fine portò a una lotta fratricida tra conservatori e cristiano-sociali.<br />

189<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 178.<br />

190<br />

[«‘Il Tirolo ai tirolesi’ e nessuna enclave <strong>di</strong> colorazione antireligiosa e anti<strong>di</strong>nastica dovrebbe ricevere il<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza nella roccaforte dei monti tirolesi»] “Religion, Patriotismus und Erziehung” in Prof. A.<br />

Müller (Br. Willram), Gelegenheitsreden, nach Themen geordnet.<br />

191<br />

Pseudonimo <strong>di</strong> Anton Müller (1870-1939) nacque a Brunico da un falegname, frequentò il seminario a<br />

Bressanone e prese i voti nel 1892, entrando poi in servizio come parroco <strong>di</strong> montagna. Dopo alcuni anni <strong>di</strong><br />

<strong>stu<strong>di</strong></strong>o a Roma <strong>di</strong>venen insegnante <strong>di</strong> religione presso l’Istituto magistrale <strong>di</strong> Innsbruck. Poeta ‘minore’ <strong>di</strong> versi a<br />

sfondo patriottico e bucolico, dopo la guerra venne duramente attaccato per la sua attività propagan<strong>di</strong>stica<br />

(Österreichische Akademie der Wissenschaften, op. cit.), <strong>di</strong> cui si parlerà in modo più approfon<strong>di</strong>to in seguito.<br />

Nella Tsz vennero pubblicate cinque sue poesie e una pre<strong>di</strong>ca.<br />

64


Soprattutto a partire dagli anni ’80 del XIX secolo i conservatori che stavano <strong>di</strong>ventando<br />

sempre più forti, annunciavano le proprie pretese nel cattolicesimo politico tirolese (e<br />

austriaco) e grazie alla loro più alta flessibilità, all’uso del giornalismo e al loro atteggiamento<br />

moderatamente antimodernista avevano infine maggiore successo. Soprattutto la fondazione<br />

<strong>di</strong> numerose organizzazioni e la stampa <strong>di</strong> partito essenzialmente effettiva contribuirono<br />

affinché le più nuove generazioni potessero farsi strada sempre più all’interno <strong>degli</strong><br />

schieramenti conservatori.<br />

La personalità politica dominante della seconda metà del XIX secolo in Tirolo era senza<br />

dubbio Vinzenz Gassner, il vescovo <strong>di</strong> Bressanone (1856-1879). In quanto leader<br />

incontrastato dei conservatori-cattolici egli sostenne nel modo più appassionato possibile una<br />

linea politica del Kulturkampf tirolese. Papa Pio IX lo definì come Vescovo modello 192 .<br />

Quando Gassner morì nel 1879 i conservatori tirolesi persero il loro esponente politico più<br />

importante e conseguentemente le <strong>di</strong>visioni interne <strong>di</strong>vennero definitive e il partito si <strong>di</strong>vise<br />

tra neoconservatori (ra<strong>di</strong>cali), partito cristiano-sociale e i vecchi moderati conservatori dei<br />

quali emerse sempre più chiaramente la decadenza politica.<br />

Nel 1888 il partito cristiano-sociale si propose per la prima volta come partito autonomo alle<br />

lezioni. In seguito essi, verso la fine del secolo prendevano sempre più il posto del partito<br />

conservatore e, a partire dal 1908, costituivano il gruppo parlamentare più forte nel Landtag<br />

tirolese. Soprattutto riuscì loro <strong>di</strong> indebolire la supremazia dell’altro Clero all’interno <strong>degli</strong><br />

ambiti conservatori. Nel 1908 anche i vescovi alla fine rinunciarono alla loro resistenza contro<br />

i cristiano-sociali e da questo momento sostennero gli Jungtiroler 193 come rappresentati dello<br />

schieramento clericale. Il vescovo Franziskus Egger, già allo scoppio del conflitto nel 1914,<br />

tentò un ricongiungimento tra i cristiano-sociali e i conservatori, ma ciò non si verificò poiché<br />

egli nel maggio 1918 morì. Dopo la fine del conflitto la fusione <strong>di</strong> entrambi i partiti, la quale<br />

era già stata anticipata durante il conflitto, fu compiuta anche ufficialmente attraverso la<br />

creazione del Tiroler Volkspartei.<br />

192<br />

Cfr. H. Kramer, Der Tiroler Klerus in den Jahrzehnten vor 1914, Innsbruck, Wagner, 1959, p. 396.<br />

193<br />

Le espressioni Alttiroler e Jungtiroler in<strong>di</strong>cano rispettivamente il Tirolo <strong>di</strong> stampo conservativo-clericale e il<br />

Tirolo liberale e anticlericale. Cfr. G. Riedmann: Heimat. Fiktion. Utopie. Realität. Erzählprosa in Tirol von<br />

1890 bis heute. Innsbruck, Inst. für Sprachwiss., 1991; e Cole: Für Gott, Kaiser und Vaterland op. cit..<br />

65


Turismo e Cattolicesimo<br />

L’improvvisa crescita del numero <strong>di</strong> visitatori in Tirolo a cavallo tra il XIX e il XX secolo è<br />

fondamentalmente riconducibile a quattro motivi principali: specialmente per i citta<strong>di</strong>ni<br />

abbienti iniziò proprio in quel periodo la pratica dell’alpinismo e dello sci come <strong>di</strong>sciplina<br />

sportiva per impiegare il tempo libero; il Tirolo, in quanto terra <strong>di</strong> passaggio <strong>di</strong>sponeva già <strong>di</strong><br />

una buona rete <strong>di</strong> servizi per l’alloggio dei passanti; la pratica <strong>di</strong> cure e trattamenti <strong>di</strong> bellezza<br />

conobbe un’importante ripresa ( la personalità ancor oggi più nota in questo contesto fu<br />

Sebastian Kneipp 194 ) e, infine, la creazione <strong>di</strong> linee ferroviarie sempre più efficienti contribuì<br />

a una considerevole accelerazione e snellimento <strong>degli</strong> spostamenti.<br />

Il turismo incontrava la resistenza dei conservatori, poiché molti turisti che visitavano il<br />

Tirolo provenivano dalla Germania protestante o dall’Inghilterra anglicana e ciò poteva avere<br />

un influsso sovversivo e anticattolico sul Tirolo reduce dal fallito Kulturkampf. Si temeva un<br />

allentamento delle tra<strong>di</strong>zioni e dei valori religiosi così come una vistosa caduta dei costumi<br />

(Le élite politiche tirolesi guardavano con orrore alla cultura fin-de-siécle libertina viennese):<br />

“Wir wollen, daß unser Land und Volk seine Eigenart behalte. Aus einem eigentümlichen<br />

Holze ist der Tiroler geschnitzt. Für ihn paßt nicht fremdlän<strong>di</strong>sches Wesen. […] Hinaus mit<br />

dem großstädtischen Aufputz, wir sind ein einfaches, schlichtes, ernstes Bergvolk.” 195<br />

Alla possibilità <strong>di</strong> realizzare nuovi profitti, che sarebbero stati utili a molti conta<strong>di</strong>ni,<br />

albergatori e guide alpine tirolesi prevalse sempre e sempre più uno scetticismo isolazionista.<br />

Non è da <strong>di</strong>menticare un importante effetto collaterale della crescente mobilità fin-de-siécle:<br />

la questione del turismo incrementò la necessità <strong>di</strong> una determinazione sempre più forte della<br />

storia e dell’identità tirolese.<br />

Le ansie del potere. Dimensione dell’ansia<br />

Gli sviluppi e i cambiamenti politico-economici avvenuti nel corso del XIX secolo causarono,<br />

e non solo in Tirolo, delle ansie, delle paure: paura del cambiamento in sé, paura <strong>di</strong> un futuro<br />

incerto, paura <strong>di</strong> essere travolti da ciò che è straniero e sconosciuto, ansia per la per<strong>di</strong>ta del<br />

194 Kneipp Sebastian (1821-1897) prete cattolico e terapista naturale. A Bad Wörishofen (Baviera) concepì/ideò<br />

una cura nota in tutto il mondo come cura idroterapica <strong>di</strong> Kneipp.<br />

195 «Tiroler Volksblatt», 19.12.1908. Corsivo mio. Queste espressioni <strong>di</strong> auto rappresentazione sono ricorrenti<br />

anche nelle pagine della Tsz.<br />

66


noto, del consueto, <strong>di</strong> ciò che è calcolabile e stimabile. Brevemente: ansia che è prima <strong>di</strong> tutto<br />

riconducibile alla tanto evocata accelerazione dei tempi.<br />

Il Tirolo non si sentiva minacciato solo da un punto <strong>di</strong> vista militare. Una spiccata necessità <strong>di</strong><br />

protezione dal nuovo e dall’ignoto 196 aumentò sempre più fino all’inizio della Prima guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale.<br />

(1) La <strong>di</strong>mensione politica<br />

L’era restauratrice dopo il congresso <strong>di</strong> Vienna è da interpretare, a livello europeo, come<br />

reazione allo spettro della rivoluzione francese (e contemporaneamente dell’anarchia). Il<br />

Tirolo considerò gli avvenimenti francesi, anche se perlopiù senza quella comprensione, e<br />

prosperò, soprattutto nell’era della Riforma, la Restaurazione 197 politica e sociale che portò ad<br />

un progresso appena percettibile.<br />

Anche per questo motivo, le rivoluzioni antiassolutistiche <strong>degli</strong> anni 1830 e 1848 in Tirolo<br />

incontrarono quasi esclusivamente il rifiuto e nessun tipo <strong>di</strong> comprensione da parte della<br />

popolazione. Richard Schober chiarisce questo fatto con “der starke Verbindung des<br />

Landesbewußtseins, der Identifikation des Tirolers mit dem bewahrenden, also dem<br />

konservativen Gedanken” 198 .<br />

Nessun’altra provincia della Monarchia come il Tirolo si pose in maniera così unanime e forte<br />

a favore del restauro del vecchio or<strong>di</strong>ne e per il mantenimento delle tra<strong>di</strong>zioni. L’assenza <strong>di</strong><br />

un qualsiasi potenziale rivoluzionario nel Tirolo tedesco fu ancor più chiaro nell’anno 1848,<br />

quando in Tirolo non vi fu, perlopiù, nessun avvenimento degno <strong>di</strong> nota. Il Tirolo <strong>di</strong>venne<br />

persino il rifugio ideale per l’Imperatore Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong> fronte alla rivoluzione che<br />

imperversava a Vienna. Gerhard Oberkofler, a questo proposito, definisce il Tirolo come<br />

“Zitadelle des Neoabsolutismus” 199 .<br />

La fine del principio <strong>di</strong> sovranità assolutistico doveva comunque giungere anche in Tirolo e la<br />

svolta politica nell’ambito del processo <strong>di</strong> costituzionalizzazione della Monarchia mise in<br />

dubbio le strutture tra<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> potere.<br />

196<br />

E. Dietrich, Feindbilder und Ausgrenzung als Fermente der politischen Ra<strong>di</strong>kalisierung in Tirol zwischen<br />

1918 und 1923 pp. 156-171, in H. Konrad (a cura <strong>di</strong>) Revolutionäres Potential in Europa am Ende des Ersten<br />

Weltkrieges : <strong>di</strong>e Rolle von Strukturen, Konjunkturen und Massenbewegungen, Vienna, Böhlau, 1991, p. 161.<br />

197<br />

Per l’Austria questa fase è da considerare per gli anni 1814/15 fino al 1848.<br />

198<br />

Schober, Politischer Katholizismus, op. cit., p. 603.<br />

199<br />

G. Oberkofler, Die Tiroler Arbeiterbewegung, Vienna, Europaverlag, 1986, p. 16.<br />

67


(2) La <strong>di</strong>mensione economica<br />

Il Tirolo non era preparato all’industrializzazione e ne fu anche minimamente investito. Gli<br />

inizi <strong>di</strong> questo sviluppo cominciarono a manifestarsi già alla fine del 19° Secolo (crescita del<br />

turismo, costruzione della rete ferroviaria e del sistema stradale), ma la trasposizione<br />

definitiva avvenne solo nel periodo fra le due guerre e, poi, soprattutto negli anni 50, ad<br />

eccezione delle vallate del Tirolo che rimasero quasi completamente escluse dal processo <strong>di</strong><br />

industrializzazione. Causa <strong>di</strong> questo fatto, accanto alla contrarietà nei confronti del progresso,<br />

fu anche l’atteggiamento della politica tirolese durante il 19° Secolo. La <strong>di</strong>eta regionale<br />

(Landtag) vedeva “in allen industriellen Tätigkeiten tendenziell eine Gefährdung von<br />

Religion, Sitte und Moral” 200 .<br />

Il Tirolo nella seconda metà del 19° Secolo presentò il più alto tasso <strong>di</strong> indebitamento per<br />

persona <strong>di</strong> tutte le provincie della Monarchia. La pretesa crescita dei margini della produzione<br />

agricola attraverso l’ambiente alpino 201 , il nuovo commercio mon<strong>di</strong>ale, la meccanizzazione<br />

del lavoro e la dura politica economica resero il Tirolo molto poco competitivo. I liberi<br />

conta<strong>di</strong>ni tirolesi erano perlopiù fortemente indebitati e si vedevano come <strong>di</strong>fensori della<br />

famiglia, della patria e della terra dall’ingerenza capitalista straniera e dalle idee socialiste<br />

della proprietà comune. Mentre, per esempio, in Inghilterra la resistenza contro i proprietari<br />

terrieri era <strong>di</strong>ventato un momento integrante <strong>di</strong> socializzazione politica, in Tirolo si sviluppò<br />

invece un <strong>di</strong>scorso politico prevalentemente anticapitalistico, antigiudaico, xenofobo e<br />

antiurbano 202<br />

(3) La <strong>di</strong>mensione socio-culturale<br />

Il Tirolo del nord fu da sempre un territorio <strong>di</strong> confine della Monarchia. Un’area linguistica<br />

omogenea, nella quale il <strong>di</strong>aletto giocava un ruolo importante come strumento <strong>di</strong> integrazione<br />

e identificazione collettiva, con una struttura sociale relativamente omogenea (in decisa<br />

contrapposizione a quella viennese, per esempio) e caratterizzata dagli imperativi dettati<br />

dall’ambiente alpino: piccola proprietà, pregiu<strong>di</strong>zi nei confronti della competizione<br />

economica, scarsa alfabetizzazione e urbanizzazione. Queste con<strong>di</strong>zioni ebbero da molto<br />

tempo un influsso notevole sullo sviluppo socio-culturale della regione. La liberalizzazione e<br />

200<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 43.<br />

201<br />

Il Tirolo come Bauernland (terra conta<strong>di</strong>na, terra <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni) non era anche prima dello scoppio della guerra<br />

nella situazione <strong>di</strong> provvedere la propria popolazione dei beni <strong>di</strong> prima necessità. A questo proposito si veda la<br />

Dissertazione <strong>di</strong> Matthias Rettenwander, Eroismo silenzioso? Storia economica e sociale del Tirolo nella prima<br />

guerra mon<strong>di</strong>ale, Trento, Soc. <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Trentini <strong>di</strong> Scienze Storiche, 2006.<br />

202<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 39.<br />

68


il <strong>di</strong>ritto civile e costituzionale dal momento del loro avvento in poi cambiarono, però, la vita<br />

sociale e resero i cambiamenti perlomeno giuri<strong>di</strong>camente possibili. La libertà religiosa, <strong>di</strong><br />

pensiero e <strong>di</strong> stampa, come la <strong>di</strong>ffusione del giornalismo su tutto il territorio, <strong>di</strong>ede vita ai<br />

meccanismi <strong>di</strong> critica e obiezione: per la prima volta coloro che la pensavano in maniera<br />

<strong>di</strong>versa potevano esprimere la loro opinione.<br />

(4) La <strong>di</strong>mensione militare<br />

Durante la seconda metà del 19° secolo il Tirolo fu nuovamente <strong>di</strong>ventato uno dei confini più<br />

esterni della Monarchia e fu minacciato <strong>di</strong>rettamente dalle riven<strong>di</strong>cazioni territoriali italiane.<br />

(5) La <strong>di</strong>mensione religiosa<br />

Il Kulturkampf cattolico contro il governo liberale <strong>di</strong> Vienna andò infine perduto. La pretesa<br />

assolutistica della chiesa cattolica e il suo accesso <strong>di</strong>retto all’organizzazione politica del Paese<br />

fu perlomeno revocato legalmente, la religiosità del paese minacciata, limitato l’influsso<br />

sociopolitico del Cattolicesimo, per esempio nell’ambito scolastico e nel Diritto.<br />

La reazione <strong>di</strong>fensiva come aggressione<br />

Freud sostiene che i traumi e i conflitti irrisolti possano manifestarsi in stati d’ansia i quali<br />

causano reazioni <strong>di</strong>fensive.<br />

In Tirolo, questo tipo <strong>di</strong> reazioni <strong>di</strong>fensive <strong>di</strong>vennero abbastanza percepibili nella<br />

Jahrhundertwende e si manifestarono attraverso un atteggiamento <strong>di</strong> base molto reazionario<br />

<strong>di</strong> un’ampia fetta della popolazione come, ad esempio, in un patriottismo locale estremista<br />

legato ad una resistenza e opposizione <strong>di</strong> fondo a qualunque tipo si cambiamento, in una<br />

spiccata xenofobia e, soprattutto, nel rilancio <strong>di</strong> antiche immagini del nemico (reali, irreali,<br />

surreali e assurde) fino al più estremo o<strong>di</strong>o irrazionale ed emozionale.<br />

Il desiderio molto marcato in Tirolo <strong>di</strong> aria <strong>di</strong> Restaurazione, intesa in senso molto ampio e<br />

sociale raccolse assieme i partiti politici tirolesi in un vero e proprio fronte unico. Anche il<br />

formarsi del Tiroler Volkspartei dai conservatori e cristiano sociali fu da vedere da valutare<br />

nello sfondo della lotta tirolese contro i cambiamenti sociali, economici e soprattutto politici.<br />

69


Theodor Adorno nella sua analisi della personalità autoritaria 203 , nella quale egli porta come<br />

esempio l’antigiudaismo, spiega che la relazione tra frustrazione ansia ed aggressione può<br />

essere spiegabile come reazione alla modernizzazione irrisolta e come ansia <strong>di</strong> fronte alla<br />

società industriale. Un grande numero <strong>di</strong> segni caratteristici della personalità che si<br />

manifestano in un atteggiamento inflessibile, nutrito <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi e intollerante caratterizza<br />

una personalità autoritaria. Questo atteggiamento proviene da una chiusura del percepire e<br />

conduce ad un modo <strong>di</strong> pensare e ad un comportamento eccessivamente rigido.<br />

Come segni <strong>di</strong>stintivi dell’autorità, sempre secondo l’analisi adorniana, sono riconoscibili 204 :<br />

convenzionalismo come stretto legame col ceto me<strong>di</strong>o, flessibilità assente e intolleranza in<br />

situazioni complesse, autoritarismo come atteggiamento antidemocratico potenzialmente<br />

fascistoide e acritico, riferirsi al proprio gruppo in maniera stereotipata positiva<br />

(etnocentrismo 205 , auto rappresentazione), assoluta devozione all’autorità come anche,<br />

perlopiù, una segnata xenofobia.<br />

Il carattere autoritario della classe <strong>di</strong>rigente conservativo-cattolica tirolese almeno in base a<br />

questa definizione è in<strong>di</strong>scutibile.<br />

Le definizioni precise per l’ondata <strong>degli</strong> ‘anti’ – da antimodernismo come nome collettivo che<br />

li racchiude tutti fino a, per esempio, lo sviluppo dell’antiliberalismo e ancora<br />

dell’antisocialismo o dell’antigiudaismo – potevano essere fobia o paranoia 206 , poiché esse<br />

mettono perlopiù in risalto l’aspetto più irreale e patologico <strong>di</strong> ciò/coloro a cui si pongono<br />

contro.<br />

203<br />

Theodor Adorno, The Authoritarian Personality, New York, Harper & Bros, 1950.<br />

204<br />

Ibid.<br />

205<br />

“Ethnocentrism means measuring other cultures by the standards and patterns of one’s own culture; this<br />

means tha the value of normalcy is pre<strong>di</strong>cated on one’s domestic experiences, while other cultures are seen in<br />

their deviancy from that domestic norm, as non-normal, anomalous or abnormal. […] In some case this is used<br />

almost as a synonym for racial arrogance. In imagology, the notion of ethnocentrism is an important element in<br />

the analysis of the <strong>di</strong>fferent dynamics, valorizations and power relations between auto-image and hetero-image.”<br />

M. Beller, J. Leerssen, (a cura <strong>di</strong>) Imagology. The cultural construction and literary representation of National<br />

characters, Amsterdam-NY, Rodopi, 2007, pp. 323 -324.<br />

206<br />

Per paranoia si intende una psicosi caratterizzata da un delirio cronico, basato su un sistema <strong>di</strong> convinzioni a<br />

tema persecutorio non corrispondenti alla realtà. Questo sistema <strong>di</strong> convinzioni si manifesta sovente nel contesto<br />

<strong>di</strong> capacità cognitive e razionali altrimenti integre. Il termine (che deriva dal greco παράνοus, "fuori dalla<br />

mente") è stato usato storicamente con <strong>di</strong>verse sfumature <strong>di</strong> significato, ed oggi non è più incluso nella<br />

terminologia internazionale ufficiale relativa alle patologie mentali, essendo stato sostituito dal concetto più<br />

generale, ma più chiaramente definibile, <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo delirante. Esempi piuttosto comuni sono la convinzione <strong>di</strong><br />

essere pe<strong>di</strong>nati e spiati, <strong>di</strong> essere avvelenati, <strong>di</strong> avere una qualche malattia prodotta da azioni nocive <strong>di</strong><br />

persecutori, <strong>di</strong> essere vittima <strong>di</strong> parassiti (come nella parassitosi allucinatoria), <strong>di</strong> subire o aver subito lavaggi del<br />

cervello o controllo mentale, <strong>di</strong> voler essere allontanati dalla società verso posti lontani dove terzi potranno<br />

approfittare della propria mente. Il paranoico sviluppa quin<strong>di</strong> un atteggiamento antisociale, attribuendo alla<br />

società la paranoia stessa della quale il soggetto è vittima. È tipico il ribaltamento sulla società dei propri stessi<br />

atteggiamenti, per i quali il soggetto si sente vittima. Il desiderio <strong>di</strong> vendetta che innesca questa lucida<br />

autoconvinzione è spesso causa <strong>di</strong> condotte socialmente pericolose.<br />

70


Masse und Macht<br />

La creazione del gruppo/massa gioca forse il ruolo più importante nella lotta al senso <strong>di</strong> ansia<br />

provato dalla collettività, poiché essa offre al singolo un’aggiunta <strong>di</strong> sicurezza, forza e fiducia<br />

in sé. Nella generale reazione <strong>di</strong>fensiva per mezzo dei meccanismi <strong>di</strong> inclusione ed<br />

esclusione la massa 207 suggerisce un senso <strong>di</strong> compattezza e <strong>di</strong> affinità <strong>di</strong> vedute e interessi.<br />

Canetti, già nel primo capitolo <strong>di</strong> Masse und Macht, rimanda allo scioglimento dei confini tra<br />

in<strong>di</strong>vidui nella massa e spiega come, in quanto parte della massa, l’in<strong>di</strong>viduo singolo<br />

guadagna sicurezza grazie alla sensazione <strong>di</strong> solidarietà e unione che proviene<br />

dall’appartenere alla massa: l’uomo in branco, in questo modo, perde l’ansia <strong>di</strong> essere preso,<br />

meglio toccato, dall’apparato <strong>di</strong> potere 208 .<br />

Canetti spiega ciò mentre ripercorre gli sta<strong>di</strong> della caccia come esercizio del potere: la<br />

relazione tra cacciatore e preda è l’effettiva sfera d’azione del potere. Il cacciatore osserva,<br />

imita (si trasforma), avanza quatto quatto e alla fine colpisce violentemente il corpo delle<br />

proprie vittime. Quest’ultimo momento stabilisce che il cacciatore è colui che prende e la<br />

vittima colei che viene presa 209 .<br />

La superiorità del cacciatore può essere contrastata attraverso l’unione <strong>di</strong> numerose vittime<br />

potenziali. In questo modo, però, avviene una sorta <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> ruoli poiché il nuovo<br />

cacciatore costituisce così, in<strong>di</strong>spensabilmente, una nuova sfera <strong>di</strong> potere.<br />

Nel 19° secolo, come abbiamo visto, il Tirolo fu colpito e turbato da una serie <strong>di</strong> sviluppi che<br />

furono sentiti sia come potere che come egemonia e il paese fu colto dall’ansia del potere nel<br />

senso inteso da Canetti.<br />

Per risposta si formò sempre più forte un movimento collettivo basato sul cattolicesimo 210<br />

dominante che a poco a poco si trasformò in forma <strong>di</strong> potere.<br />

207<br />

Diventata oggetto <strong>di</strong> numerose ricerche (Freud, Le Bon, Nietzsche, Canetti) e concetto chiave <strong>di</strong> numerose<br />

ideologie, la massa/l’impasto che durante la Rivoluzione Francese insorse contro le élite può essere considerato<br />

come fonte originaria del nuovo strumento <strong>di</strong> potere ‘massa’.<br />

208<br />

E. Canetti, Masse und Macht, Frankfurt am Main, Fischer Verlag, 1980, p. 224<br />

209<br />

Cfr. Canetti, Masse und Macht, op. cit., p. 223 e segg.<br />

210<br />

Canetti inserisce anche la religione tra le istituzioni caratteristiche del potere. A proposito del Cristianesimo<br />

egli scrive che anche la religione è in grado <strong>di</strong> costruire, costituire masse e che implicitamente porta con sé<br />

un’immagine del Nemico: la dualità tra credenti e non credenti, quin<strong>di</strong> buoni e cattivi. Cfr. Canetti: Masse und<br />

Macht, p. 156 e segg.<br />

71


Mantenimento del potere e Feindschaftserwartung 211<br />

Canetti scrive: “Der Gedankengang der Macht ist klar, sie will überleben.” 212 “Der Paranoiker<br />

fühlt sich umstellt. Überall sieht er Verschwörung, Drohung, Konspiration, Feindschaft. […]<br />

Verwandlungen, <strong>di</strong>e er nicht selber den anderen aufzwingt, sind ihm unbehaglich.” 213 “Er<br />

projiziert seine eigene feindliche Gesinnung auf <strong>di</strong>e Außenwelt und sucht deshalb auch<br />

überall nach Feinden, <strong>di</strong>e er entwandeln will.” 214<br />

Questa “Entwandlung führt zu einer Reduktion der Welt” 215 : Canetti parla infatti <strong>di</strong> una<br />

Feindschaftserwartung (attesa/aspettativa <strong>di</strong> inimicizia), che quasi costringe il paranoico a<br />

ripartire il mondo in amici e nemici e a cercare continuamente tra<strong>di</strong>tori e nemici.<br />

La costruzione dell’immagine del nemico è un’ espressione specifica e importante della<br />

propaganda e serve essenzialmente per realizzare la creazione dell’identità <strong>di</strong> un gruppo<br />

attraverso l’accentramento <strong>di</strong> caratteristiche e per rinforzare un senso <strong>di</strong> collettività già<br />

esistente.<br />

In ogni immagine del nemico accanto alla sua cristallizzazione converge<br />

contemporaneamente anche la realizzazione dell’immagine del Noi. Le caratteristiche del Noi<br />

e del Nemico vengono definite affinché si crei una demarcazione netta tra i due gruppi: da un<br />

lato si insiste sulle caratteristiche (vere o costruite ad arte) che uniscono e dall’altro si insiste<br />

e, possibilmente, si <strong>di</strong>ffama ciò che separa.<br />

Le vecchie fobie vengono allora intrecciate a nuove immagini del nemico. I pregiu<strong>di</strong>zi che<br />

nascono dall’ansia nei confronti del presunto nemico si accentuano in situazioni <strong>di</strong> crisi:<br />

“Grundlegende Dispositionen treten im Fall von historischen Zäsuren oder<br />

Krisenphänomenen besonders deutlich zutage.” 216 Specialmente la guerra poteva essere<br />

percepita come un’occasione per esercitare un’impressione più marcata sull’ideologia nemica<br />

(come il liberalismo, ma soprattutto il socialismo internazionale) e <strong>di</strong> sottrarre loro sempre più<br />

sostenitori. Strumento principale delle argomentazioni fu a tal proposito lo sfruttamento delle<br />

paure esistenti unite alla (presunta o reale) minaccia attuale impersonata dal nemico. La<br />

211<br />

Canetti, Masse und Macht, op. cit., p. 511<br />

212<br />

Ibid. p. 492<br />

213<br />

Ibid. p. 423<br />

214<br />

T. Lichtmann, Verwandlungsverbote und Entwandlungen: Machtstrukturen bei Elias Canetti und Arthur<br />

Koestler, pp. 116-125 in Tod und Verwandlung in Canettis Masse und Macht, Vienna, Löcker, 1990, p. 120. Per<br />

Enantiomorfosi (Entwandlung) si consulti anche http://daiwojima.org/2006/09/26/metamorfosienantiomorfosiuna-<strong>di</strong>cotomia-problematica/index.html<br />

215<br />

Canetti, Masse und Macht, op. cit., p. 424<br />

216<br />

H. Heiss, Andere Fronten. Volksstimmung und Volkserfahrung in Tirol während des Ersten Weltkrieges,<br />

Innsbruck-Wien, Österreichischer Stu<strong>di</strong>enverlag, 1995, p. 140.<br />

72


percezione della realtà sociale nell’ambito della creazione dell’immagine del nemico viene<br />

trasformata, acuita e ra<strong>di</strong>calizzata.<br />

Solitamente per quel che riguarda la costruzione dell’immagine del nemico si tratta sempre <strong>di</strong><br />

cose costruite la cui esistenza si basa sulla ripresa e la rianimazione <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi tra<strong>di</strong>zionali<br />

rafforzata dalla situazione <strong>di</strong> crisi. Questo fenomeno può essere osservato chiaramente anche<br />

al giorno d’oggi se si pensa, per esempio, alla correlazione tra la <strong>di</strong>soccupazione in aumento e<br />

la crescente xenofobia. Le interpretazioni soggettive, in un contesto tale, spesso, dunque, non<br />

sono prodotti in<strong>di</strong>viduali, ma possono essere considerati come costrutti sociali,<br />

consapevolmente o inconsapevolmente prodotti e <strong>di</strong>ffusi.<br />

Gli effetti pratici delle ansie generali si manifestavano e si manifestano (non solo in Tirolo e<br />

non solo all’epoca) in un conglomerato <strong>di</strong> azioni <strong>di</strong>fensive e <strong>di</strong> idee, che possono anche essere<br />

definite come ideologia.<br />

Quattro punti chiave che s’intrecciano possono essere considerati come segni <strong>di</strong>stintivi <strong>di</strong><br />

questa reazione conservatrice e produzione <strong>di</strong> stereotipi (come anche <strong>di</strong> altre ideologie):<br />

- la creazione <strong>di</strong> una identità <strong>di</strong> gruppo collettiva, immaginaria;<br />

- l’impiego <strong>di</strong> strategie immunizzanti per bloccare qualunque critica;<br />

- l’autodeterminazione rispetto ad altri gruppi;<br />

- la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> stereotipi nemici.<br />

La strumentalizzazione del Cattolicesimo politico in Tirolo<br />

Verso la metà del 19° secolo i conservatori si videro minacciati <strong>di</strong> perdere il loro influsso<br />

tanto all’interno della Monarchia, quanto all’interno della lega tedesca 217 e <strong>di</strong> dover cedere ai<br />

liberali 218 . In Tirolo, a questo proposito, specialmente dall’inizio del Kulturkampf tirolese fu<br />

consapevolmente concepita, propagata e strumentalizzata 219 una rappresentazione dell’identità<br />

tirolese <strong>di</strong> stampo clericale-conservatrice, antimoderna e legata alle tra<strong>di</strong>zioni e alla<br />

confessione come anche “grundsätzlich xenophobe” 220 .<br />

La per<strong>di</strong>ta del potere della chiesa cattolica nel Kulturkampf, stabilita da Vienna, condusse alle<br />

menzionate agitazioni reattive e promosse il cattolicesimo politico in Tirolo poiché esso<br />

forniva la giusta immagine del nemico nell’ambito dell’agitazione politica. Ci si comportò<br />

217 Deutscher Bund.<br />

218 E come effetto più ampio alla socialdemocrazia.<br />

219 Cfr. oltre Cole anche E. Bruckmüller, Nation Österreich, Vienna, Böhlau, 1996, p. 286-293.<br />

220 Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 136. Si veda in particolare il capitolo 6 e i seguenti<br />

sottocapitoli.<br />

73


ugualmente con le sconfitte del 19° secolo che ebbero come risultato la cessione delle aree <strong>di</strong><br />

lingua italiana e che, da un lato, produsse un nemico concreto (nonostante la successiva<br />

Alleanza), l’Italia, e dall’altro lato ri definì il Tirolo come terra <strong>di</strong> confine, fatto che nutriva<br />

ansia concreta nella popolazione: “Das Gefühl der Bedrohung des Landes wurde [...] vor<br />

allem von den Geistlichen suggeriert.” 221<br />

Laurence Cole parla persino del fatto che il cambiamento costituzionale e politico rese il<br />

cattolicesimo politico non una vittima ma il suo “größten Nutznießer” 222 .<br />

Specialmente la crisi agraria dell’inizio del ‘900 offrì la ragione <strong>di</strong> condannare apertamente i<br />

sovvertimenti e <strong>di</strong> conseguenza le cause e gli autori reali <strong>di</strong> questi cambiamenti, anche se chi<br />

sobillava queste reazioni nei citta<strong>di</strong>ni non era <strong>di</strong> fatto interessato alla decadenza della<br />

popolazione rurale. La lotta <strong>di</strong>sperata contro le con<strong>di</strong>zioni negative dell’economia agricola del<br />

paese si espresse in una “irrealen, antisemitischen und antisozialistischen, ja sogar<br />

antistaatlichen Hetze, <strong>di</strong>e sich an Einzelheiten ereiferte, jedoch jeder Einsicht in<br />

wirtschaftliche Realitäten und Zusammenhänge entbehrte.” 223<br />

L’ideologia del Cattolicesimo tirolese si basava sulla negazione <strong>di</strong> una società pluralistica e<br />

lavorò in maniera massiccia con rigorosi “Aus- und Einschlußmechanismen” 224 i quali furono<br />

improntati su una devozione incon<strong>di</strong>zionata all’autorità, una rigi<strong>di</strong>tà dogmatica, intolleranza,<br />

una severa gerarchia e una intensa <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> immagini del nemico. L’elevata inflessibilità<br />

<strong>di</strong> quest’atteggiamento ideologico portò soprattutto anche a sottovalutare del tutto la realtà<br />

politica.<br />

Richard Schober considera l’azione del partito cattolico nel 19° secolo come “Ansätze zu<br />

fortschrittsfeindlicher Intoleranz gegenüber Andersdenkenden” 225 .<br />

La <strong>di</strong>fesa dalle idee e dagli influssi liberali e perciò la conservazione dell’unità religiosa e del<br />

monopolio egemonico della Chiesa costituì il punto <strong>di</strong> partenza per lo sviluppo continuativo<br />

<strong>di</strong> quest’atteggiamento reazionario del cattolicesimo politico e si riferiva, infine, anche ad uno<br />

spettro d’azione fondamentalmente più ampio.<br />

In particolare, venne utilizzata e sfruttata la storia del Tirolo per costituire un Tirolo<br />

idealizzato che non aveva spazio per il nuovo e per i cambiamenti sfruttando una cultura della<br />

memoria <strong>stu<strong>di</strong></strong>ata per l’occasione:<br />

221<br />

Dietrich, Feindbilder, op. cit., p. 164; cfr. anche Rettenwander, Eroismo silenzioso?, op. cit., p. 355.<br />

222<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 223<br />

223<br />

G. Köfner, Hunger, Not und Korruption, Salzburg, Verl. Neugebauer, 1980, p. 56.<br />

224<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 156<br />

225<br />

Schober, Politischer Katholizismus, op. cit., p. 606.<br />

74


“Die konservative Antwort auf <strong>di</strong>e liberale Herausforderung entwickelte sich in zwei<br />

Richtungen. Zum einen versuchten <strong>di</strong> Konservativen ihren ideologischen Kampf um <strong>di</strong>e<br />

Aufrechterhaltung der Glaubenseinheit durch eine politische Instrumentalisierung des Herz-<br />

Jesu-Kultes zu stärken. Auf der anderen Seite stellten sie eine alternative Vision von Tiroler<br />

Identitäten bereit, <strong>di</strong>e auf <strong>di</strong>e Kultivierung von Andreas Hofer als Tiroler Nationalheld<br />

zentriert war.” 226<br />

La mitizzazione del passato<br />

Come si è cercato <strong>di</strong> spiegare nelle pagine precedenti, il tema politico-religioso nel 19 °<br />

secolo costituiva il fulcro della politica tirolese.<br />

Concetto determinante e contenuto principale dei cattolici tirolesi era l’unità: unità religiosa,<br />

unità del territorio, unità culturale. L’immagine, ideata dai cattolici, del Tirolo ideale<br />

corrispondeva a un corpo unico, unito nell’ideologia, nella confessione e nel territorio.<br />

Una caratteristica essenziale del cattolicesimo politico tirolese legata a quest’aspetto era il suo<br />

costante orientamento federalistico.<br />

Nello stesso tempo, la tra<strong>di</strong>zione storica del Tirolo gioca nuovamente un ruolo importante che<br />

si rifà ampiamente alla storia della regione: <strong>di</strong>ritti speciali in ambito fiscale e legislativo,<br />

in<strong>di</strong>pendenza, sistema <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa autonomo, i fatti del 1809 e altri ancora relativi, ad esempio,<br />

alle <strong>di</strong>verse guerre contro i bavaresi plasmarono il patriottismo locale 227 tirolese e <strong>di</strong>edero vita<br />

a un pensiero politico federalista e persino separatista.<br />

Il cattolicesimo tirolese del 19° secolo si rifece in maniera consistente al ricordo delle antiche<br />

tra<strong>di</strong>zioni tirolesi e, in buona parte, ne creò persino <strong>di</strong> nuove. I cattolici tirolesi, attraverso la<br />

creazione <strong>di</strong> una “offiziellen Version von Gedächtniskultur” 228 , forgiarono sia le basi<br />

ideologiche sia anche, in buona parte, quelle personali per una mobilitazione <strong>di</strong> massa al<br />

226<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 138.<br />

227<br />

La parola patriottismo è <strong>di</strong> origine francese (derivante dal greco : patriótes, cioè qualcuno che deriva dalla<br />

stesso ceppo) e significa amore per la patria, per la terra natia. Il patriottismo è un rapporto stretto ed emozionale<br />

che lega il singolo alla propria nazione. Il patriottismo può svilupparsi anche in gruppi e comunità più ristrette<br />

quello può essere definito patriottismo locale. Nelle sue manifestazioni più estreme il patriottismo sfocia in<br />

nazionalismo, sciovinismo e, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong>venta un <strong>di</strong>sturbo per la convivenza pacifica fra i popoli e le nazioni.<br />

“Patriotism sees the ideal political being as an emancipated, responsible citizen, who selflessy devotes himself to<br />

the common good, eschews corruption, vice, vanity and venality, prizes his liberty and civil rights, and invensts<br />

in soiety’s welfare. The patriot’s love of the ‘fatherland’ is <strong>di</strong>rected, then, towards his fellow-citizens; his focus<br />

of loyality he may occasionally call his ‘nation’, but what is meant by that is not his ethnicity but his society.”<br />

Imagology, op. cit., p. 394.<br />

228<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 507.<br />

75


servizio della Chiesa. Agli uomini fu proposta un’identificazione e un’unione con e contro<br />

qualcosa.<br />

La ‘nazione Tirolo’ come espressione <strong>di</strong> identità culturale<br />

(1) Identità nazionale<br />

“Gibt e salso ‘nationale Identität’? Natürlich nicht, aber sie ist dennoch von immenser<br />

historischer Bedeutung” 229<br />

Ogni processo <strong>di</strong> nazionalizzazione va <strong>di</strong> pari passo con un processo d’identificazione e <strong>di</strong><br />

co<strong>di</strong>ficazione della storia e del passato. Il ricorso a un passato comune per la creazione <strong>di</strong> una<br />

‘nazione’ necessita in primo luogo un passato che sia unificato e le cui basi formino una<br />

cultura popolare autentica e collettiva, la quale, poi, dev’essere rimodellata attraverso una<br />

mistificazione dei fatti e delle persone attraverso semplificazioni e soprattutto attraverso<br />

meccanismi <strong>di</strong> inclusione ed esclusione. I punti <strong>di</strong> riferimento che ne verranno fuori in<br />

sostanza non saranno altro che costrutti, miti e leggende 230 .<br />

La ricerca intenzionale <strong>di</strong> origini mitiche, monumenti, costumi, eroi nazionali, canti e poesie –<br />

come anche la produzione delle stesse – illustra questo passato costruito ad hoc, che nel corso<br />

del tempo torna così presente che viene anche accettato veramente da ciascuno come<br />

tra<strong>di</strong>zione e verità storica reale. “Eine Begleiterscheinung <strong>di</strong>eser <strong>di</strong>sziplinierten Zeitsicht ist<br />

eine nostalgische Interpretation der Vergangenheit, <strong>di</strong>e das ‘tra<strong>di</strong>tionelle’ bäuerliche Leben in<br />

ein farbenprächtiges und unabänderlich verlorenes Zeitalter projiziert und sich an den<br />

äußerlich dekorativen Merkmalen jenes Lebens erfreut.” 231<br />

‘Tra<strong>di</strong>zione’ fu il concetto principale <strong>di</strong> questa comune cultura del ricordo che si basava,<br />

dunque, solo in piccola parte su fatti storici e che invece fu per lo più costruita ad arte e, in<br />

seguito, interiorizzata e utilizzata come segno <strong>di</strong> un’identità culturale comune e nazionale e<br />

come strumento essenziale <strong>di</strong> identificazione e integrazione.<br />

229<br />

Ibid. p. 23<br />

230<br />

Cfr. E. Gellner, Nationalismus und Moderne, Hamburg, Rotbuch, 1995, p. 206. Si vedano anche M. Flacke,<br />

Mythen der Nationen, München, Köhler & Amelang, 2001 e E. Hobsbawm, T. Ranger (a cura <strong>di</strong>), The invention<br />

of tra<strong>di</strong>tion Cambridge, Cambridge University Press, 1983.<br />

231<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 358.<br />

76


Laurence Cole in riferimento al Tirolo sostiene quanto segue: “Im Sprechgebrauch fällt<br />

besonders auf, dass dem Begriff ‘Nation’ im Vergleich zu ‘Heimat’, ‘Land’ oder ‘Vaterland’<br />

relativ wenig Bedeutung zukommt. […] In den meisten Fällen rekurierte <strong>di</strong>e ‘Nation’ Tirol<br />

daher auf <strong>di</strong>e politische Einheit des ‘Landes Tirol’ und gründete auf einem kulturellen<br />

Bewußtsein Tiroler zu sein. – Es handelt sich hier also um eine ‘provinzielle’ Interpretation<br />

der Nation, <strong>di</strong>e auch bei konservativen Gruppen in anderen deutschen Staaten verbreitet war,<br />

<strong>di</strong>e unter ,Nation’ 232 wenig mehr als <strong>di</strong>e politische Einheit verstanden, in der sie lebten.” 233<br />

Fondamentalmente, la complessa comprensione dell’espressione ‘identità nazionale’ 234 si<br />

sottrae ad una definizione esatta, poiché si tratta più <strong>di</strong> un fenomeno simbolico che <strong>di</strong> una<br />

nozione storica vera e propria.<br />

L’identificazione con determinati attributi <strong>di</strong> un concetto astratto come quello <strong>di</strong> ‘Heimat’ 235<br />

permette che questi <strong>di</strong>ventino concreti e che producano una ‘Cultura’ che funge nuovamente<br />

come momento integrativo <strong>di</strong> una comunità regionale e sovra in<strong>di</strong>viduale. Per questo motivo<br />

vengono costituite appartenenze <strong>di</strong> gruppo e comunanze che rendono l’Heimat anche e<br />

soprattutto un mondo non solo più geografico, bensì culturale.<br />

Per la maggioranza della popolazione <strong>di</strong> lingua tedesca la <strong>di</strong>ffusione rafforzata <strong>di</strong> un’identità<br />

<strong>di</strong> massa tirolese patriottico-populistica rappresentava uno strumento molto importante<br />

dell’integrazione sociale.<br />

Numerosi giorni <strong>di</strong> festa popolare tra il 1880 e il 1909 ebbero il compito della fondazione <strong>di</strong><br />

un’identità <strong>di</strong> massa e <strong>di</strong> una mobilitazione <strong>di</strong> massa altrettanto vere come la celebrazione <strong>di</strong><br />

tra<strong>di</strong>zioni e miti. Anche le crisi <strong>di</strong> natura militare, politica o economica invitavano alla<br />

manifestazione del fenomeno <strong>di</strong> massa dell’identità tirolese.<br />

232<br />

Si veda la definizione che danno Beller e Leerssen in Imagology, op. cit., pp. 377-381.<br />

233<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., pp. 101-102.<br />

234<br />

A proposito si veda la definizione che danno Beller e Leerssen in Imagology, op. cit., pp. 335-342.<br />

235<br />

Fino al Rinascimento unico termine usato per designare la ‘patria’ in tedesco, Heimat deriva da Heim ovvero<br />

“luogo dove si è <strong>di</strong> casa e/o dove si è nati” ed è sinonimo <strong>di</strong> Vaterland, letteralmente “terra del padre, patria”:<br />

vocabolo questo, in uso a partire dal Rinascimento, designa non tanto il luogo dove il singolo è <strong>di</strong> casa, ma dov’è<br />

<strong>di</strong> casa un’intera collettività. (Karl von Bahder (Hrsg.), Deutsches Wörterbuch von Jakob und Wilhelm Grimm,<br />

Leipzig, Verlag von Hirzel, 1922, alle voci Heimat e Vaterland.) A parità <strong>di</strong> significato, quin<strong>di</strong>, Heimat ha una<br />

connotazione personale ed esclusiva, mentre Vaterland, ne ha una sociale ed inclusiva: la prima è la patria<br />

privata, la seconda la patria pubblica.<br />

Faustini sottolinea come in Tirolo « meno teorizzato è il momento della Vaterland anche perché se la Heimat è<br />

stata sempre il Tirolo, la Nazione-Vaterland è stata a volte l’Austria, a volte la Germania, almeno fino alla<br />

Baviera, talora la Grande Germania ed oggi nuovamente l’Austria.» (G. Faustini, Trentino e Tirolo dal 1000 al<br />

1900: breviario storico dall’autonomia, Trento, Publilux, 1985, p. 60) in situazioni <strong>di</strong> caos politico e <strong>di</strong> momenti<br />

in cui la propria identità è messa in crisi, l’espressione e il concetto <strong>di</strong> Heimat <strong>di</strong>venta un’importante ancora <strong>di</strong><br />

salvezza.<br />

77


L’interpretazione <strong>di</strong> molti termini utilizzati spesso all’epoca come oggi presero forma con<br />

fatica. Generalizzando si può tuttavia <strong>di</strong>re che Heimat caratterizzava il contesto regionale e il<br />

mondo concreto nel quale l’in<strong>di</strong>viduo cresce e il quale si ripercuote in maniera forte e<br />

fondamentale sulla coscienza e sull’identità.<br />

Per ricondurre questo <strong>di</strong>scorso a quello principale <strong>di</strong> questo lavoro si può <strong>di</strong>re che anche nelle<br />

liriche dei Supplementi il Tirolo è da interpretare come tipo ideale globale che abbraccia<br />

uomini, concezione del mondo e mentalità, ma anche, soprattutto la componente territoriale <strong>di</strong><br />

questo concetto assolutamente ai sensi <strong>di</strong> un territorio nazionale, quin<strong>di</strong> anche circoscritto e<br />

ben definito geograficamente. Quando nei Supplementi si parla <strong>di</strong> fedeltà all’Austria pare sia<br />

dunque da interpretare/intendere quasi esclusivamente una fedeltà assoluta alla casa regnante<br />

e alla sua <strong>di</strong>nastia.<br />

In questo senso il Tirolo era dunque da intendere Vaterland e non l’intera Austria 236 .<br />

La Monarchia in Tirolo era vista quasi esclusivamente come un’alleanza e l’Austria come<br />

“Casa d’Austria” era semplicemente riconosciuta in seno agli Asburgo. Sembra quin<strong>di</strong> che<br />

l’Austria fosse rappresentata quasi esclusivamente nella persona dell’Imperatore e della Casa<br />

regnante.<br />

(2) Internazionalità tedesca<br />

Deutschland non era un termine o un concetto utilizzato allo stesso modo <strong>di</strong> Vaterland o<br />

Heimat o come area geografica specifica, bensì era considerata come un punto d’orientamento<br />

culturale, come un ideale. Deutsch non rappresentava né un’unità territoriale né il termine<br />

aveva un contenuto sostanziale. In Tirolo specialmente con l’espressione Deutschland non<br />

s’intendeva (e non si poteva certamente identificare il nemico protestante) lo stato prussiano.<br />

La parola evocava piuttosto una serie <strong>di</strong> attributi idealizzati come: onore, valore, fedeltà,<br />

elevazione culturale, superiorità in ogni aspetto.<br />

Quin<strong>di</strong> all’espressione non si associava nessun riferimento nazionale-geografico nel senso<br />

moderno, bensì ci si riferiva ad un’appartenenza culturale, che era sentita come un<br />

contrassegno e che valeva anche come definizione, determinazione rispetto ad altri gruppi.<br />

236<br />

Cfr. a proposito dell’identità ragionale o nazionale in Tirolo Barth-Scalmani, Kuprian/Mazohl, Wallnig:<br />

National identity or regional identity? Austria versus Tyrol, pp. 33-63 in G. Bischof (a cura <strong>di</strong>) Austrian<br />

historical memory & national identity, New Brunswick, 1997.<br />

78


(3) La devozione al Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù<br />

Il culto del Sacro Cuore non è certamente un culto <strong>di</strong> stampo tirolese, però proprio in Tirolo<br />

conobbe una grande <strong>di</strong>ffusione e anche una forte strumentalizzazione nei secoli 18°, 19° e<br />

20°.<br />

Sotto il dominio bavarese (1805-1814) il culto fu imme<strong>di</strong>atamente vietato. Tuttavia già<br />

Andreas Hofer rinnovò il legame dopo i suoi primi successi il 29.5. 1809 (seconda battaglia<br />

del Bergisel) e dopo la definitiva sconfitta <strong>di</strong> Napoleone il culto al Cuore <strong>di</strong> Gesù e la festa<br />

annuale (1816) vennero integrati come componenti fisse dell’anno liturgico della Chiesa<br />

tirolese. Da allora il vincolo venne rinnovato numerose volte e venne implorato specialmente<br />

in perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> crisi, soprattutto ovviamente negli anni 1848, 1859, 1866 e 1914.<br />

Allo scoppio della Prima guerra mon<strong>di</strong>ale il vescovo Egger invitò, per esempio, al rinnovo<br />

della devozione e ancora nel 1918 fino a poco prima della fine della guerra si cercò <strong>di</strong> stabilire<br />

la festa del Sacro Cuore in tutta l’Austria allo scopo <strong>di</strong> un’ultima offensiva mobilitante e per il<br />

recupero del morale al fronte e nell’entroterra.<br />

Lo stretto legame tra la lotta <strong>di</strong> liberazione tirolese e il vincolo fu spesso implorato. Nell’anno<br />

giubilare della lotta <strong>di</strong> liberazione tirolese, il 1909, gli eroi tirolesi <strong>di</strong> quelle battaglie vennero<br />

elevati a santi martiri e il sangue da loro versato fu paragonato al sangue versato da Cristo.<br />

Con Dio al loro fianco i tirolesi si sentivano, o volevano sentirsi, invincibili e Dio era la<br />

guida, anche in battaglia, del popolo eletto tirolese.<br />

Il vincolo con il Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù fece del Tirolo ufficialmente un Heiliges Land e questo<br />

vincolo veniva rinnovato sempre come il più importante strumento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa contro i nemici<br />

interni ed esterni, anch’esso sfruttato come elemento fondante e integrante dell’identità<br />

tirolese. Che fossero socialisti, protestanti o liberali il complesso del Heiliges Land Tirol<br />

nella suo legame con il Cuore <strong>di</strong> Gesù stava compatto e unanime <strong>di</strong> fronte a loro.<br />

“In nationaler und politischer Hinsicht wurde der Kult zu einer symbolischen<br />

«Gruppenphantasie», zu einer Art Phantasma, das der Überzeugung der Tiroler Ausdruck<br />

verlieh, ein auserwähltes Volk zu sein, und stellte eine Legitimationsquelle der bestehende<br />

Autorität dar.” 237<br />

Il culto al Cuore <strong>di</strong> Gesù offrì un ambito ideologico e psicologico ideale per la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong><br />

una politica e <strong>di</strong> una visione del mondo cattolico-conservatrice: l’intolleranza religiosa, la<br />

fondazione e la tutela dell’identità regionale, l’isolamento nazionale e ideologico e inoltre<br />

l’effettiva mobilitazione della popolazione, per i più svariati obbiettivi, poterono essere<br />

237<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., pp.144-145.<br />

79


utilizzate politicamente in maniera sorprendentemente efficace attraverso la<br />

strumentalizzazione dell’arma sacra del vincolo al Cuore <strong>di</strong> Gesù congiuntamente ad altri<br />

componenti e strumenti che abbiamo già delineato.<br />

Il legame del Tirolo con il Cuore <strong>di</strong> Gesù servì subito, come l’espressione Heiliges Land<br />

Tirol, sia verso l’esterno che verso l’interno, dove per Heiliges Land Tirol era da intendere<br />

l’incarnazione astratta e indefinita <strong>di</strong> tutto ciò che era da <strong>di</strong>fendere dal Fremde.<br />

In questa prospettiva il vincolo con il Cuore <strong>di</strong> Gesù non servì solo come strumento <strong>di</strong>fensivo<br />

contro l’ansia della popolazione in una situazione <strong>di</strong> necessità, bensì attraverso il persistente<br />

collegamento con l’immagine del nemico anche come creatore <strong>di</strong> nuove ansie, così come<br />

strumento <strong>di</strong> propaganda integrante e mobilitante.<br />

Il concetto <strong>di</strong> Heiliges Land Tirol non solo ammetteva l’in<strong>di</strong>scussa base cattolica della<br />

regione, bensì fu anche concreta incarnazione della sua politica e delle sue consuetu<strong>di</strong>ni:<br />

regione cattolico-conservatrice, devota all’Imperatore, sottomessa alla Chiesa e dominata dal<br />

Cattolicesimo politico.<br />

Attraverso il culto al Cuore <strong>di</strong> Gesù si poté costituire e sostenere un modello interpretativo per<br />

il paragone tra Kirche e Heimat e <strong>di</strong> conseguenza per definire implicitamente anche nemici<br />

della chiesa come nemici della patria<br />

(4) Il mito del Sandwirt. Miti nelle creazione dell’identità nazionale.<br />

I miti e le leggende giocavano, e giocano, un ruolo molto importante nella produzione del<br />

sentimento nazionale.<br />

Proprio la storiografia nel 19° secolo si è occupata, in maniera massiccia, <strong>di</strong> creare miti<br />

nazionali che dovevano fungere da pietre fondanti la costituzione dell’idea nazionale. In<br />

epoca tardo romantica, nella seconda metà del 19° secolo la produzione mirata <strong>di</strong> miti<br />

nazionali e leggende conobbe la sua manifestazione più imponente, per cui il fenomeno<br />

dell’invenzione della tra<strong>di</strong>zione e della cultura eroica personificata è da osservare tuttavia<br />

come processo <strong>di</strong> scala europea e non <strong>di</strong> un fenomeno specifico tirolese: per esempio in Italia<br />

vennero ‘riscoperti’ Garibal<strong>di</strong> e Dante, in Francia Giovanna d’Arco e in Svizzera Guglielmo<br />

Tell e mitizzati in chiave parzialmente storica, come Hofer in Tirolo.<br />

Ma anche al giorno d’oggi i miti funzionano come creatori d’identità per tutte le nazioni e per<br />

tutte le comunità <strong>di</strong> popoli.<br />

Ciò vale anche per il Tirolo:<br />

80


“Der Heldenmythos um Andreas Hofer blüht nach wie vor, zumindest in Festtagsreden und<br />

Leitartikeln und an dessen Idealisierung zu rühren, […] denn das positive Image Andreas<br />

Hofers ist in weiten Kreisen der Tiroler Bevölkerung tief verwurzelt und der Mythos vom<br />

Freiheitskampf des Jahres 1809 weit verbreitet.<br />

Daß <strong>di</strong>e Tiroler Landeshymne ein Andreas Hofer Lied 238 ist und bis heute jeder Tiroler<br />

Volksschüler <strong>di</strong>eses vor der Bundeshymne singen kann, sei nur als kleines, aber signifikantes<br />

Detail am Rande erwähnt.” 239<br />

Inizialmente Andreas Hofer e il Freiheitskampf vennero sfruttati come simbolo della<br />

resistenza tirolese, in questo caso contro il governo liberale viennese e contro lo scompiglio<br />

causato all’unità <strong>di</strong> confessione nel paese. Tuttavia Hofer si trasformò sempre più nel simbolo<br />

e nel veicolo per antonomasia <strong>di</strong> una determinata concezione del mondo. “Unter Rückgriff auf<br />

Hofer projizierten <strong>di</strong>e Konservativen ihre Gesellschaftsvorstellungen auf <strong>di</strong>e Vergangenheit;<br />

sie kleideten ihre utopischen Vorstellungen der Welt, wie sie jetzt und für immer aussehen<br />

sollte, in Geschichte.” 240 Le battaglie del Berg-Isel, personaggi come Hofer, Josef<br />

Speckbacher, Peter Sigmair e il padre cappuccino Joachim Haspinger <strong>di</strong>vennero miti e<br />

simboli per l’unità <strong>di</strong> confessione, la relativa in<strong>di</strong>pendenza, il carattere assolutamente cattolico<br />

e l’inseparabile alleanza della Chiesa con la politica nella regione.<br />

Ad Andreas Hofer spettò il ruolo della parte complementare alla venerazione del Cuore <strong>di</strong><br />

Gesù, ciò rappresentò un meccanismo <strong>di</strong> esclusione che tagliava fuori tutti i non tirolesi e li<br />

svalutava: in questo modo il mito <strong>di</strong> Hofer creò attraverso la sua azione <strong>di</strong> modello un<br />

meccanismo <strong>di</strong> integrazione. Al mito negativo e alla demonizzazione dello xeno venne posto<br />

il mito positivo <strong>di</strong> Andreas Hofer a fianco a quello dell’anno 1809 e, in questo modo, poteva<br />

essere utilizzato in maniera mirata per definire ciò che era solamente tirolese e ciò che non lo<br />

era, più in profon<strong>di</strong>tà, ciò che era giusto e ciò che era sbagliato.<br />

Hofer fu reso una sorta <strong>di</strong> piccolo Cristo tirolese della cui storia vennero esclusivamente<br />

messi in rilievo, come per Cristo, il tra<strong>di</strong>mento ricevuto, il suo arresto e l’esecuzione capitale<br />

a Mantova e spinti fino alla profezia della sua resurrezione 241 , aspetto quest’ultimo del quale<br />

si parla numerose volte anche nelle liriche della Tsz.<br />

238<br />

Ci si riferisce all’inno ufficiale tirolese, “Zu Mantua in Baden”, l’originale, redatta da Julius Mosen nel 1832,<br />

s’intitolava “Sandwirth Hofer”.<br />

239<br />

Alexander, DerTirolerFreiheitskampf; http://www.riesenrundgemaelde.at/d/com/alexnder.htm<br />

www.panorama_innsbruck.at/e/platform.html<br />

240<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 234.<br />

241<br />

Cfr. J. Feichtinger, Tirol 1809 in der Literatur, Bozen, Verl.-Anst. Athesia, 1984, p. 164<br />

81


A questo scopo Hofer venne dunque ripetutamente paragonato a Cristo: “Viele Bilder stellten<br />

Hofer in einer Christus gleichenden Weise dar” 242 e anche nelle immagini della Tsz lo<br />

ve<strong>di</strong>amo così:<br />

In questo modo, associandolo a Cristo, ogni soldato a imitazione dell’eroe nazionale doveva<br />

essere un piccolo Hofer, quin<strong>di</strong> un piccolo Cristo.<br />

La figura <strong>di</strong> Hofer (ovviamente nella sua stilizzazione propagan<strong>di</strong>stico-letteraria – anche<br />

precedente al conflitto - non si tratta più <strong>di</strong> una persona storica) fu idealizzata come la<br />

personificazione del sistema <strong>di</strong> valori tra<strong>di</strong>zionali tirolesi; fu trasfigurato in modo tale che<br />

dalla sua persona storica, attraverso una metamorfosi, fu rielaborata e portata alla luce una<br />

figura simbolo politica, culturale e persino religiosa. Il suo nome ormai era contornato da un<br />

altro significato ideale, Hofer era una sorta <strong>di</strong> prefisso tirolese dal quale si potevano costruire<br />

concetti nuovi e personali tutti tirolesi: Hoferliebe, Hofertreue, Hoferkraft,<br />

Hofergottvertrauen, Hoferland, Hofercharakter, il suo nome <strong>di</strong>venne il simbolo<br />

dell’autenticità tirolese e invita ciascuno, in quanto Hofersenkel, a <strong>di</strong>fendere la sua ere<strong>di</strong>tà.<br />

La storia della lotta <strong>di</strong> liberazione tirolese fu riscritta anch’essa alla luce della trasfigurazione<br />

della figura <strong>di</strong> Hofer e, soprattutto, in tutte le occasioni in cui era necessario, ve<strong>di</strong> la guerra,<br />

nuovamente raccontata e <strong>di</strong>ffusa, ampliata e messa in scena, in ogni occasione alcuni dettagli<br />

storici andavano perduti, altri venivano accresciuti.<br />

L’insurrezione del 1809 fu rappresentata in particolare come lotta contro i Welschen e contro i<br />

francesi.<br />

242<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 286<br />

82


Molto interessante, anche relativamente al <strong>di</strong>scorso che qui affrontiamo della guerra, è la<br />

rappresentazione dell’italiano, che nonostante le numerose ‘incomprensioni’, dal 1882 stava<br />

ufficialmente all’interno della Triplice Alleanza a fianco dell’Impero austroungarico e del<br />

Reich tedesco. In Tirolo però le guerre <strong>degli</strong> anni 1848, 1859 e 1866 non furono in nessun<br />

modo <strong>di</strong>menticate e la <strong>di</strong>ffidenza nei confronti <strong>degli</strong> italiani rimase sempre molto elevata,<br />

nonostante la politica <strong>di</strong> alleanza. In caso <strong>di</strong> guerra il Tirolo considerava quasi con certezza un<br />

eventuale tra<strong>di</strong>mento italiano. Per questo, appena prima dello scoppio del conflitto, vennero<br />

avviati dei preparativi per <strong>di</strong>fendere e fortificare il Sud-Tirolo dal nemico del sud, questa<br />

manovra <strong>di</strong>mostrava un evidente senso <strong>di</strong> sfiducia nei confronti del partner italiano.<br />

Un esempio tratto da Bruder Willram, nel suo “Bundeshymne” trapela già l’aspettativa <strong>di</strong> un<br />

tra<strong>di</strong>mento da parte <strong>degli</strong> italiani:<br />

“[…] Schirme der Heimat heilige Erde Du<br />

Vor der Sturmes Wüten,<br />

Der sie donnernd umtost;<br />

Vor der Bosheit Tücke,<br />

Die sie lauernd umdroht;<br />

Schirme Altar und Thron<br />

Und Österreichs Doppelaar.[…]” 243<br />

Il <strong>di</strong>fficile rapporto del Tirolo con il governo viennese<br />

Nonostante la devozione e la venerazione del popolo tirolese per l’Imperatore, va ricordato<br />

che il rapporto del Tirolo con Vienna, in realtà non era così sereno (causa atteggiamenti<br />

politici e religiosi <strong>di</strong>fferenti). L’imperatore molte volte non aveva mantenuto la parola<br />

riguardo certe concessioni e ai tirolesi fu persino proibito il trasporto dei resti <strong>di</strong> Andreas<br />

Hofer da Mantova ad Innsbruck.<br />

Anche durante la Prima guerra mon<strong>di</strong>ale il Tirolo non se la passò meglio. Mancarono i<br />

rifornimenti stabiliti, i Kaiserjäger vennero spe<strong>di</strong>ti soprattutto in Galizia e il Tirolo non solo<br />

ebbe la maggior parte <strong>di</strong> morti <strong>di</strong> cui rammaricarsi, bensì da un punto <strong>di</strong> vista economico si<br />

trovò anche trattato come gli altri paesi della Monarchia mentre era uno dei paesi più<br />

precari 244 da un punto <strong>di</strong> vista economico.<br />

243 Bruder Willram: “Bundeshymne”, citato in «Neue Tiroler Stimmen», nr. 213 del 19.9.1914.<br />

244 Cfr Rettenwander, op. cit.<br />

83


Nonostante tutto, ricor<strong>di</strong>amo ancora una volta, che il malcontento della popolazione tirolese<br />

non si manifestava <strong>di</strong>rettamente contro l’Imperatore, bensì soprattutto verso la società<br />

libertina e il governo liberale <strong>di</strong> Vienna.<br />

Il Tirolo era “gewöhnt” 245 a <strong>di</strong>fendersi da solo e perciò si aspettò poco da Vienna.<br />

L’inimicizia più forte tra il Tirolo e il governo viennese si manifestò in maniera piuttosto<br />

chiara nella seconda metà del 19° secolo specialmente durante il Kulturkampf tirolese.<br />

Soprattutto i conservatori <strong>di</strong> stampo clericale si opponevano con forza contro il centralismo<br />

viennese 246 .<br />

Nell’ambito dell’interpretazione della storia e della tra<strong>di</strong>zione tirolese del tardo 19° secolo il<br />

rapporto problematico del Tirolo con il governo viennese ricevette tuttavia una maschera. La<br />

venerazione <strong>di</strong>nastica e l’in<strong>di</strong>scussa fedeltà nei confronti della casa regnante nascose spesso<br />

l’antipatia profondamente ra<strong>di</strong>cata contro il governo viennese, che non si manifestò. Molti<br />

punti <strong>di</strong> conflitto, che stavano anche ad esempio in rapporto al culto <strong>di</strong> Hofer, furono<br />

semplicemente taciuti e ritoccati.<br />

1909: anno chiave della devozione ad Hofer<br />

Poco dopo l’inizio del 20° secolo il monumento <strong>di</strong> Hofer fu collocato al Bergisel, come anche<br />

una cappella de<strong>di</strong>cata al Cuore <strong>di</strong> Gesù costruita in Passiria, il paese natale <strong>di</strong> Hofer (che<br />

ancora una volta sottolinea il legame tra il culto e il mito). L’Imperatore Franz Joseph era<br />

presente ai festeggiamenti per l’inaugurazione <strong>di</strong> entrambi, il che <strong>di</strong>ede un tocco ancora più<br />

eroico e mitico a questi due eventi.<br />

La devozione ad Hofer trovò il suo apice e l’apice del suo utilizzo a scopo politico<br />

conservatore nell’ambito dei festeggiamenti del centenario del 1909, in concomitanza della<br />

cui preparazione nacque la maggior parte della letteratura <strong>di</strong> stampo conservatrice de<strong>di</strong>cata a<br />

Hofer 247 .<br />

Il mito <strong>di</strong> Andreas Hofer costituiva per il Tirolo, accanto a quello del Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù, il<br />

momento centrale dell’integrazione e l’identificazione con una determinata regione, cultura e<br />

comunità e <strong>di</strong> conseguenza la base per la creazione, ad esempio, del sentimento <strong>di</strong> una identità<br />

245<br />

Dietrich, Feindbilder, op. cit., p. 161.<br />

246<br />

Cfr. Riedmann, Geschichte Tirols, op. cit., p. 182.<br />

247<br />

Aspetto questo da approfon<strong>di</strong>re, ma non in questa sede.<br />

84


<strong>di</strong> massa tirolese comune costituita sulla base dei conglomerati ideologicamente schierati <strong>di</strong><br />

stampo conservativo-clericale.<br />

Andreas Hofer, nella ricezione della lotta <strong>di</strong> liberazione tirolese come anche nella creazione<br />

della stessa identità tirolese, fu la figura simbolo, la quale aveva una sostanza concreta e<br />

simboleggiava la concezione del mondo dei conservatori dominanti in Tirolo: unità <strong>di</strong> fede,<br />

<strong>di</strong>fesa del territorio, fedeltà all’Imperatore e <strong>di</strong>ritti speciali regionali.<br />

“[…] der Name Andreas Hofer steht als Symbol<br />

für einen als Pflicht erachteten Widerstand.” 248<br />

Accanto ai miti, le tra<strong>di</strong>zioni e i simboli nazionali (meglio regionali) anche le feste<br />

comunitarie e popolari costituivano un importante elemento <strong>di</strong> identificazione. Nella seconda<br />

metà del 19° secolo in Tirolo furono festeggiate, accanto alle numerose feste religiose, anche<br />

una serie <strong>di</strong> feste che riguardavano eventi non religiosi, ma avevano a che fare con la storia<br />

tirolese. Le più gran<strong>di</strong> e più importanti <strong>di</strong> queste furono il festeggiamento dei 500 anni<br />

dell’unione del Tirolo alla Casa d’Asburgo (1863) e il centenario della lotta <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa tirolese<br />

(1909), che coincisero con le agitazioni del Cattolicesimo politico e che conformemente a<br />

queste furono improntate.<br />

Il corpo <strong>degli</strong> Schützen tirolesi<br />

Il tentativo del governo centrale viennese, specialmente nella seconda metà del 19° secolo, <strong>di</strong><br />

militarizzare il Tirolo, si svilupparono molto <strong>di</strong>fficilmente e fornirono al nascente<br />

Kulturkampf altro materiale esplosivo. Dopo la sconfitta contro la Prussia (1866) si tentò<br />

nuovamente d’imporre in tutta l’Austria il servizio militare obbligatorio. Il Tirolo, che era<br />

tornato ad essere terra <strong>di</strong> confine, sembrava essere nuovamente in<strong>di</strong>feso in caso <strong>di</strong> un<br />

eventuale conflitto con l’Italia. Una riforma del sistema <strong>di</strong>fensivo tirolese ormai stremato e un<br />

tentativo concreto <strong>di</strong> migliorarne la con<strong>di</strong>zione venne avviato solo a partire dal 1870: crebbe<br />

l’afflusso alle Schützenvereinen locali, furono costituiti molti nuovi poligoni da tiro. Solo tra<br />

il 1880 e il 1914 si raddoppiò il numero <strong>degli</strong> Schützen tirolesi attivi a circa 65.600 uomini 249 .<br />

248<br />

Riedmann, Geschichte Tirols, op. cit., p. 176.<br />

249<br />

A questo proposito cfr. Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 432 e p. 435 e segg.<br />

85


Causa principale <strong>di</strong> questo sviluppo fu la strumentalizzazione intensiva della con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

Schütz come incarnazione <strong>di</strong> identità tirolese e consapevolezza del proprio ruolo. Gli Schützen<br />

non fungevano solo da <strong>di</strong>fensori del suolo patrio, bensì erano anche <strong>di</strong>fensori dei valori<br />

tirolesi per antonomasia: “Schießstände und Schützenfeste wurden zum Bezugspunkt der<br />

hegemonialen katholisch-konservativen Auffassung Deutschtiroler Identität und einer<br />

stärkeren Ausprägung österreichischen Patriotismus, <strong>di</strong>e sich – entsprechend des sich<br />

ausbildeten Kultes um Andreas Hofer – auf ‘1809’ konzentrierte.” 250<br />

Le ban<strong>di</strong>ere <strong>di</strong> ciascuna compagnia rimandavano a loro volta a simboli visivi chiari che<br />

collaborassero alla creazione dell’identificazione collettiva: i motivi principali rappresentati<br />

nelle ban<strong>di</strong>ere erano rappresentazioni del Cuore <strong>di</strong> Gesù, dell’Imperatore, dell’aquila tirolese<br />

e immagini elle battaglie del 1809.<br />

Di massima questi corpi vennero finanziati dal Landtag e dal ministero per la <strong>di</strong>fesa<br />

territoriale, ma anche l’Imperatore si offrì come promotore, anche finanziario, <strong>di</strong> questo corpo<br />

fedele.<br />

Anche la quantità <strong>di</strong> compagnie <strong>di</strong> Schützen 251 aumentò fortemente tra il 1880 e il 1900<br />

quando si costituirono numerose nuove compagnie. Parallelamente al 1797, quando tutti<br />

coloro che erano pronti alla chiamata furono mobilitati contro Napoleone, anche nel 1914 la<br />

risposta dei tirolesi fu unanime e sensibile. La Kriegsbegeisterung dell’ ‘Heldenzeitalters<br />

Tirols’ 252 rinacque.<br />

“[…] Neu wird im Land, im weiten,<br />

Das wie verschollen ruht,<br />

Die Kraft der alten Zeiten<br />

Erstehn im jungen Blut.<br />

Wir werden Helden schauen,<br />

Geheiligt durch das Schwert,<br />

In jauchzendes Vertrauen<br />

Den Zagemut verkehrt.<br />

Dann wird <strong>di</strong>e Treue lodern,<br />

250<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 433.<br />

251<br />

Cfr. Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 494 e segg.<br />

252<br />

Cfr. titolo capitolo 7 in Riedmann, Geschichte Tirols, op. cit., p. 165.<br />

86


Sorglos um Lohn und Sold<br />

Und höh’re Lust wird fordern<br />

Das Volk als Fraß und Gold. […]” 253<br />

È essenziale precisare che verso la fine del 19° secolo la con<strong>di</strong>zione estremamente <strong>di</strong> successo<br />

<strong>di</strong> cui godevano gli Schützen si fondava sulla già citata tra<strong>di</strong>zione hoferiana, che come<br />

abbiamo illustrato era basata più su eventi mistificati che reali. Anche gli Schützen<br />

simboleggiavano l’identità tirolese, <strong>di</strong>ffondevano e cementavano i sentimenti localistico-<br />

pattriottici e rappresentarono uno strumento <strong>di</strong> mobilitazione gra<strong>di</strong>to sia alle élite politiche sia<br />

a quelle religiose. Come me<strong>di</strong>um canalizzato dell’integrazione sociale <strong>di</strong> una parte<br />

considerevole dei tirolesi tedeschi (<strong>di</strong> lingua tedesca) della popolazione maschile 254 essi<br />

furono rappresentanti per antonomasia dell’identità <strong>di</strong> massa tedesco tirolese.<br />

253<br />

Wallpach, Arthur von (autore anche della Tsz): Heiliges Land. Ge<strong>di</strong>chte, München, Georg Müller, 1914, p.<br />

111.<br />

254<br />

Nell’ambito della costruzione idealizzata della storia tirolese alle donne venne assegnato solamente un ruolo<br />

protettivo e materno. Ruolo, che in questa mistificazione, associava implicitamente ed esplicitamente le donne<br />

alla figura protettrice e rasserenante <strong>di</strong> Maria. Questo è il ruolo che ritroviamo anche nelle Ge<strong>di</strong>chte: madri,<br />

mogli e fidanzate sono esseri pazienti, fedeli e comprensivi.<br />

87


Le poesie del Supplemento letterario.<br />

Temi e motivi<br />

“Der Kampf mit Worten ist es,<br />

der den Kampf der Geschütze vorbereitet hat,<br />

der den endlich entfesselten Krieg erweitert<br />

und <strong>di</strong>e Völker mehr miteinander verfeindet hat,<br />

als jemals der Kampf mit den Waffen es vermochte.” 255<br />

Abbiamo già visto nella prima parte <strong>di</strong> questo lavoro quali sono le coor<strong>di</strong>nate all’interno delle<br />

quali si colloca l’esperienza <strong>di</strong> uno dei più originali giornali <strong>di</strong> guerra per i soldati: la «Tiroler<br />

Soldaten-Zeitung».<br />

Ora, a quasi un secolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza da quell’evento <strong>di</strong> svolta per la storia dell’umanità e dalla<br />

chiusura <strong>di</strong> quell’originale pubblicazione, è venuto il momento <strong>di</strong> indagare in modo più<br />

approfon<strong>di</strong>to le peculiarità <strong>di</strong> questa rivista. Oltre le coor<strong>di</strong>nate generali che l’hanno vista<br />

nascere, <strong>di</strong>ffondersi e, poi, cessare le sue pubblicazioni; oltre la precisazione del ruolo <strong>di</strong><br />

Musil 256 nell’evoluzione della testata, un aspetto <strong>di</strong> grande interesse, anche se del tutto<br />

inesplorato, è l’analisi dei Supplementi letterari che il giornale occasionalmente ospita. I<br />

numeri più curati sono in carta satinata <strong>di</strong> buona qualità, ma questa non è una regola, vista la<br />

precarietà della situazione bellica. Anche le rubriche che compongono i supplementi variano.<br />

Unsere Helden, la rubrica che apre la Beilage, è però presente in tutti i supplementi. Se altre<br />

rubriche durante il corso del tempo vengono aggiunte o sottratte a seconda del gra<strong>di</strong>mento,<br />

questa aveva evidentemente un peso importante nell’andamento del giornale e vi rimane<br />

invariata. La foto, o il ritratto, <strong>di</strong> un soldato che si è <strong>di</strong>stinto in qualche azione <strong>di</strong> coraggio è al<br />

255<br />

T. Rohrkrämer, Der Gesinnungsmilitarismus der “kleinen Leute” im Deutschen Kaiserreich, pp. 95-110 in<br />

W. Wette, Der Krieg des kleine Mannes. Eine Militärgeschichte von unten, München, Piper, 1992, p. 107: “La<br />

lotta con le parole è quella che ha preparato la guerra con le armi, quella che ha ingran<strong>di</strong>to la guerra che ha infine<br />

scatenato e che ha inimicato i popoli l’uno con l’altro, è stata colei che ha consentito la guerra con le armi.”<br />

256<br />

Nella prima parte del presente lavoro è già stato introdotto il ruolo <strong>di</strong> Robert Musil nella testata. Suggerisco <strong>di</strong><br />

seguito una bibliografia essenziale relativa all’argomento: Enrico De Angelis, Robert Musil. Biografia e profilo<br />

critico, Torino,Einau<strong>di</strong>, 1982, Milena Cossetto, Il soldato Musil in «Letture Trentine e Altoatesine», n. 28-29,<br />

<strong>di</strong>cembre 1982, Fernando Orlan<strong>di</strong> (a cura <strong>di</strong>), Robert Musil. La Valle incantata, trad. <strong>di</strong> Paola Maria Filippi, con<br />

un saggio <strong>di</strong> A. Fontanari e M. Libar<strong>di</strong> , Trento, Rever<strong>di</strong>to, 1986, Roberta Groff et al. “Robert Musil. La grande<br />

esperienza della guerra” in Pergine e la prima Guerra mon<strong>di</strong>ale, Pergine, Associazione Amici della Storia, 1985.<br />

In particolare, per il contributo musialiano alla Sz si veda Fernando Orlan<strong>di</strong> (a cura <strong>di</strong>) Robert Musil. La guerra<br />

parallela, trad. <strong>di</strong> C. Grof, Nicolo<strong>di</strong>, Rovereto 2003. Quest’opera raccoglie gli articoli musiliani <strong>di</strong> taglio politico<br />

apparsi sulla Sz nella sua fase non tirolese, <strong>di</strong> cui parleremo brevemente nel capitolo successivo, più un racconto<br />

pubblicato nell’ultimo supplemento e ripubblicato in Karl Corino, Robert Musil. Aus der Geschichte eines<br />

Regiments, in «Stu<strong>di</strong> Germanici», ns, a. 11, n. 1-2 (1973), pp. 109-111 <strong>di</strong> cui propongo una breve analisi<br />

personale nell’Allegato 1.<br />

88


centro <strong>di</strong> una cornice, seguita da una <strong>di</strong>dascalia, che ne descrive le imprese. La cornice nei<br />

primissimi numeri è poco raffinata nella veste, ma dal numero del 29 agosto 1915 verrà curata<br />

nella grafica da Nikodem o da Weber Tyrol 257 . Entrambi creeranno una cornice carica <strong>di</strong><br />

simboli, che a uno sguardo superficiale potrebbero sembrare depliants <strong>di</strong> propaganda turistica,<br />

ma, la montagna e i fiori, la stella alpina in particolare, simboleggiano la dura lotta per la<br />

patria al fronte meri<strong>di</strong>onale. L’impatto emozionale della rubrica è sicuramente molto<br />

imme<strong>di</strong>ato, il soldato raffigurato sotto la titolazione “I nostri eroi” <strong>di</strong>venterà noto a tutti così<br />

come le sue ‘gesta’ e il desiderio <strong>di</strong> eguagliarlo o superarlo per conquistare quella stessa<br />

pagina, forse più ambita della medaglia, sarà tale da rappresentare una spinta concreta per gli<br />

altri soldati a compiere azioni meritevoli. Chiaramente la denominazione Held, eroe, uomo <strong>di</strong><br />

grande coraggio e <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>narie virtù, è eccessiva rispetto a quanto poi concretamente ci<br />

viene raccontato nella <strong>di</strong>dascalia che accompagna la foto 258 , ma è funzionale a quella<br />

manipolazione delle menti che mostra la guerra come opportunità per l’uomo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ventare eroe e dunque modello e stimolo per gli altri. All’interno del supplemento troviamo<br />

poi, un Feuilleton, appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> argomento letterario <strong>di</strong> carattere ricreativo/formativo, le<br />

Ge<strong>di</strong>chte, poesie scritte dagli stessi soldati o dai lettori all’interno del paese, (che occupano<br />

una porzione notevole nell’economia totale dei Supplementi e delle quali ci occuperemo nello<br />

specifico in questa sede) un Vermischtes con argomenti <strong>di</strong> vario genere all’interno del quale<br />

si trova la rubrica Kriegsliteratur e, solo nei primissimi numeri, una serie <strong>di</strong> notizie <strong>di</strong><br />

battaglia nei vari teatri <strong>di</strong> guerra, notizie militari, politiche, economiche e informazioni <strong>di</strong><br />

servizio. Queste ultime ben presto scompariranno lasciando più spazio al Feuilleton, alle<br />

Ge<strong>di</strong>chte e al Vermischtes. La Kriegsliteratur dall’8 febbraio 1916 cambia semplicemente<br />

nome e <strong>di</strong>venta Bücherschau, ma i contenuti rimangono invariati, ovvero si sponsorizzano<br />

libri a tematica per lo più guerresca. Dal 2 febbraio dello stesso anno compare una nuova<br />

rubrica all’interno del Vermischtes che è la Lustige Ecke de<strong>di</strong>cato chiaramente a barzellette e<br />

mini episo<strong>di</strong> satirici.<br />

257<br />

Arthur Nikodem: (Trento 1870-Innsbruck 1940). Stu<strong>di</strong>a a Monaco, Milano, Firenze e Parigi, dal 1893 al 1908<br />

risiede a Merano, in<strong>di</strong> a Innsbruck. Dal 1915 al 1918 presta servizio come ufficiale telegrafista in Turchia. È un<br />

pittore <strong>di</strong> paesaggi e figure espressive, sature <strong>di</strong> colore. Hans Josef Weber-Tyrol: (Schwaz 1874-Merano 1957).<br />

Stu<strong>di</strong>o accademico a Monaco, dove si trattiene anche in seguito. Nel 1908 primo viaggio in Italia, cui ne<br />

seguiranno numerosi altri. Nel 1929 si trasferisce in Alto A<strong>di</strong>ge. De<strong>di</strong>to principalmente al paesaggio, ma anche<br />

alle nature morte e a soggetti come figure e animali. Rappresentante <strong>di</strong> una pittura fondata tutta sul colore tra<br />

Impressionismo ed Espressionismo.<br />

258<br />

Se nei primi numeri la foto occupa quasi lo stesso spazio, o forse meno, della <strong>di</strong>dascalia, col passare del<br />

tempo la foto e la sua cornice s’impossessano della pagina lasciando uno spazio marginale a piè <strong>di</strong> pagina alla<br />

<strong>di</strong>dascalia. Cfr. Allegato 2.<br />

89


Entriamo ora nel vivo del lavoro presentando concretamente le poesie della Literarische<br />

Beilage zur «Tiroler Soldaten-Zeitung».<br />

La decisione <strong>di</strong> concentrare l’attenzione in particolare sulle poesie deriva innanzi tutto dalla<br />

volontà <strong>di</strong> non rendere questo lavoro estremamente lungo e noioso e/o ripetitivo. Il materiale<br />

preso in esame sembra essere sufficiente per costruire un <strong>di</strong>scorso abbastanza completo<br />

sull’argomento, ma ancor più rispetto ai testi in prosa il linguaggio utilizzato nelle liriche<br />

sembra essere più funzionale al ruolo che questi testi assolvono: il linguaggio delle poesie<br />

ricorre maggiormente alla suggestione e all’esaltazione sentimentale <strong>di</strong> quanto non lo faccia la<br />

prosa.<br />

Va specificato, prima <strong>di</strong> intraprendere un <strong>di</strong>scorso più approfon<strong>di</strong>to, che i testi analizzati in<br />

questa sede a cui viene dato il nome <strong>di</strong> poesie sono, a <strong>di</strong>re il vero, dei testi molto poco<br />

elaborati, che hanno sì la forma esteriore <strong>di</strong> componimenti in versi, ma mancano <strong>di</strong> espe<strong>di</strong>enti<br />

retorici raffinati. Si tratta <strong>di</strong> poesia popolare paragonabile alle canzonette dei giorni nostri che<br />

hanno principalmente lo scopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare dei tormentoni, <strong>di</strong> invadere l’orecchio<br />

dell’ascoltatore che ne farà suo il testo, caso mai anche senza volerlo, e lo renderà capace <strong>di</strong><br />

riutilizzare quelle espressioni per produrre altri testi che verranno pubblicati nel giornale. La<br />

maggior parte <strong>degli</strong> autori delle liriche apparse sui Supplementi letterari sono sconosciuti, si<br />

tratta <strong>di</strong> uomini semplici, che sono stati vittime e <strong>di</strong>vulgatori allo stesso tempo della<br />

propaganda <strong>di</strong> guerra. Ma dopotutto chi viveva <strong>di</strong>rettamente il conflitto e si confrontava<br />

giornalmente con quell’atrocità doveva obbligatoriamente adattare il proprio modo <strong>di</strong> pensare<br />

e, <strong>di</strong> conseguenza, il proprio linguaggio producendo testo simili per esorcizzare e sopportare<br />

in qualche modo.<br />

La propaganda non ha mai rappresentato, salvo rare eccezioni, la sfera ideale per fare<br />

dell’arte: la retorica tende a prevaricare il buon gusto, la demagogia tende a sopraffare<br />

l’estetica. In linea <strong>di</strong> massima quin<strong>di</strong> non c’è da aspettarsi la grande opera d’arte fra le poesie<br />

qui analizzate. Infatti, l’andamento ritmico delle poesie pubblicate nei Supplementi è perlopiù<br />

in rima baciata o alternata, molto spesso con coppie (la rima più <strong>di</strong>ffusa è “Krieg/Sieg” –<br />

guerra/vittoria) in cui la relazione delle parole chiave, guerra e vittoria, favorisce la<br />

partecipazione emotiva del lettore assolvendo così molto bene al suo compito <strong>di</strong> creare e<br />

realizzare un’aspettativa nel lettore, che da lì in poi assocerà sempre allo stesso modo i due<br />

termini. Non mancano alcuni tentativi <strong>di</strong> infarcire questa produzione con espe<strong>di</strong>enti retorici,<br />

90


più o meno raffinati a seconda dei casi, offrendo talvolta anche risultati apprezzabili, ma ciò<br />

che essenzialmente manca a questa lirica è quel ‘segreto’ che dovrebbe sedurre in<br />

maniera inconsapevole il lettore; questo segreto dovrebbe consistere essenzialmente nella<br />

capacità del testo <strong>di</strong> colmare l’assenza delle cose, che invece in questi testi, a volte, vengono<br />

spiegate come se si trattasse <strong>di</strong> testi in prosa. Il potenziale emotivo c’è ed è molto forte, ma è,<br />

perlopiù, legato all’esaltazione fanatica dei miti e al linguaggio molto colorito piuttosto che ai<br />

moti interiori. L’uso linguistico, a volte abilissimo altre volte meno, è asservito alla<br />

propaganda rendendo così, questi testi, spesso dei contenitori vuoti, esibizioni banali.<br />

È risaputo però che tutto ciò che è musicale, rimato e ‘orecchiabile’ rimanga impresso in<br />

maniera più indelebile della memoria: visto che si tratta <strong>di</strong> testi scritti e rivolti essenzialmente<br />

alle truppe, pur non conoscendo <strong>di</strong> preciso il loro tasso <strong>di</strong> alfabetizzazione 259 , si può<br />

comunque avanzare l’idea che probabilmente dopo le immagini, i testi più gra<strong>di</strong>ti in un<br />

contesto come quello della trincea, poiché più imme<strong>di</strong>atamente usufruibili, erano le poesie. E,<br />

ancora, visto il ruolo che questi scritti avevano – entrare in maniera indelebile nella testa dei<br />

combattenti – le poesie si offrono come materiale <strong>di</strong> lavoro eccellente per in<strong>di</strong>viduare i meto<strong>di</strong><br />

della faziosità del <strong>di</strong>scorso.<br />

La lettura e l’analisi dei testi ha portato all’isolamento dei contenuti che compaiono con più<br />

frequenza e intensità in queste pagine e che determinano la creazione dell’identità nazionale e<br />

quella del nemico coerentemente con quanto sostengono branche <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong>o recenti come<br />

l’Imagologia.<br />

Il nostro lavoro analizza, dunque, l’aspetto riguardante la manipolazione del <strong>di</strong>scorso. Questa<br />

non è un’analisi che si basa su testi prodotti dall’alto, cioè da parte <strong>di</strong> intellettuali e letterati,<br />

ma testi prodotti dal basso, redatti da soldati comuni: la maggior parte <strong>degli</strong> autori delle<br />

poesie analizzate sono persone delle quali è stato impossibile reperire alcun dato anagrafico, il<br />

ché avvalla l’ipotesi che si tratti <strong>di</strong> scrittori improvvisati. La Prima guerra mon<strong>di</strong>ale fu in<br />

fondo anche questo: una esplosione <strong>di</strong> propaganda popolare e <strong>di</strong> poesie d’occasione scritte<br />

dall’uomo comune sotto l’emozione del momento storico nuovo. L’evento bellico è legato a<br />

doppio filo, all’arte del <strong>di</strong>scorso manipolato. Questo rapporto si può definire paritario,<br />

bilaterale: tanto materiale offre la guerra alla stampa, quanto la stampa ne restituisce per<br />

l’evoluzione del conflitto. Il Supplemento letterario della Tsz ne è un esempio para<strong>di</strong>gmatico:<br />

esso si colloca a metà strada tra la letteratura d’occasione, nata dalla sensazione <strong>di</strong> provare<br />

259<br />

Negli anni precedenti al conflitto (18148) l’Austria aveva solo il 20% della popolazione analfabeta, nel 1880<br />

ad<strong>di</strong>rittura solo il 2%. Fonte: http://cronologia.leonardo.it/storia/a1836.htm<br />

91


emozioni forti, <strong>di</strong> vivere un’esperienza eccezionale e il messaggio coscientemente<br />

manipolato, nato da una riflessione più razionale.<br />

Da una visione globale sembra che il Supplemento passi, cioè, da una sorta <strong>di</strong> ‘schiavitù<br />

passiva’ alla simbologia guerresca ad una coscienza delle proprie possibilità e a uno<br />

sfruttamento meto<strong>di</strong>co e mirato <strong>degli</strong> strumenti <strong>di</strong> cui esso poteva e sapeva <strong>di</strong>sporre, come ad<br />

esempio l’uso delle immagini.<br />

Il primo e l’ultimo supplemento sono in<strong>di</strong>cativi <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> evoluzione: il primo<br />

supplemento usa perfettamente le figure e i luoghi comuni che la propaganda <strong>di</strong> guerra<br />

richiede: simboli e miti per i quali è doveroso combattere, come l’aquila e la ban<strong>di</strong>era, luoghi<br />

dell’identificazione collettiva; l’eroicità <strong>degli</strong> onesti e valorosi combattenti austroungarici<br />

contro un nemico infido e tra<strong>di</strong>tore, esaltazione del rito della guerra fine a se stesso.<br />

Nonostante siano già presenti i nuclei principali che poi verranno trattati in maniera ampia e<br />

continuativa per tutti i supplementi, è forse ancora assente una certa consapevolezza delle<br />

proprie possibilità. Il supplemento, invece, mostrerà <strong>di</strong> averla acquisita nell’ultimo numero.<br />

L’ultimo supplemento, infatti, sembra avere una coscienza <strong>di</strong> sé sempre più ampia: sia una<br />

coscienza delle capacità che ha il giornale come mezzo <strong>di</strong> persuasione, sia dei sempre nuovi<br />

mezzi a sua <strong>di</strong>sposizione per migliorare questo suo operato. Inoltre, in quest’ultimo numero<br />

ha molto peso il ruolo svolto dalla fotografia, che nel primo numero era assente.<br />

Oltre i testi, dunque, si analizzerà anche il ruolo svolto dalle immagini che li accompagnano,<br />

foto o <strong>di</strong>pinti, che a volte <strong>di</strong>stolgono l’attenzione del lettore da ciò che vi è scritto altre volte<br />

ne corroborano il contenuto. A prescindere dal fatto che, nel contesto bellico, le foto avessero<br />

principalmente un impiego propagan<strong>di</strong>stico, è solo grazie ad esse se, ancora ai giorni nostri,<br />

si può ‘rivivere’ la Grande guerra e non unicamente apprenderne le vicende da un libro.<br />

Nonostante le evidenti tracce <strong>di</strong> modernità anche l’ultimo supplemento tratta, però, gli stessi<br />

argomenti che si ritroveranno abbondanti e ripetitivi in tutte le pagine dei supplementi, e che<br />

evidentemente il lettore si aspetta.<br />

In questa breve introduzione possiamo anticipare che, nonostante le tematiche restino<br />

invariate, il supplemento, nell’arco <strong>di</strong> quasi un anno, <strong>di</strong>venta una realtà comunicativa<br />

cosciente.<br />

Altro aspetto che merita <strong>di</strong> essere rimarcato e confermato, che è prepotentemente emerso da<br />

questa analisi, è che vi fu una guerra immaginata rispetto a una guerra realmente accaduta. La<br />

prima guerra mon<strong>di</strong>ale si era rivelata in tutto il suo orrore e nessuno avrebbe potuto in<strong>di</strong>care<br />

alcunché <strong>di</strong> positivo che fosse derivato dal sacrificio <strong>di</strong> corpi e <strong>di</strong> anime <strong>di</strong> tutti quegli esseri<br />

92


umani. Un’ultima, importante componente emerge dalle pagine dei supplementi letterari,<br />

risultato della cosciente deformazione me<strong>di</strong>atica del conflitto: la contrad<strong>di</strong>ttorietà.<br />

In certi testi, si sottolinea con insistenza la <strong>di</strong>fficoltà della vita al fronte, l’eroicità dei<br />

combattenti legata alle dure prove del fronte e i sacrifici che essi devono subire; mentre da<br />

altre parti si mostra invece come non esista niente <strong>di</strong> più bello della vita militare, o come<br />

anche dopo la dura lotta regni fra i soldati l’allegria e la voglia <strong>di</strong> festeggiare, come nelle<br />

figure che seguono 260 :<br />

In alcuni testi si male<strong>di</strong>ce il nemico e ci si augura la sua totale <strong>di</strong>struzione, perfino invocando<br />

Dio; altrove, invece, lo stesso Dio bene<strong>di</strong>ce la pietà per il nemico, come nel famoso quadro <strong>di</strong><br />

Riss 261 :<br />

260<br />

La prima: Es gibt kein schöneres Leben in Literarische Beilage zur Tiroler Soldaten-Zeitung (d’ora in poi<br />

LB), 8 luglio1916, p. 6. La seconda: Nach hartem Kampfe in LB, 15 agosto 1915, p. 4.<br />

261<br />

Der Sieger in LB, 6 novembre 1915, foglio sciolto non numerato. Thomas Riss: (Haslach/Stams 1871 –<br />

Innsbruck 1959). Dal 1890 <strong>stu<strong>di</strong></strong>a all’Accademia <strong>di</strong> Monaco, dal 1898 al 1926 residente a Merano,<br />

successivamente a Innsbruck-Mühlau, molto richiesto come ritrattista e per soggetti <strong>di</strong> carattere allegorico e<br />

religioso, è anche autore <strong>di</strong> quadri <strong>di</strong> genere e <strong>di</strong> paesaggi.<br />

93


Oppure, se da una parte si esalta l’atteggiamento impavido <strong>di</strong> chi non conosce paura, dall’altra<br />

è la prudenza la più alta virtù. Tutto ciò coesiste nelle pagine dei supplementi letterari allegati<br />

alla Tsz. Questo evidenzia come, nella realtà me<strong>di</strong>atica della guerra - come in ogni realtà<br />

me<strong>di</strong>atica - non ci sia nulla <strong>di</strong> completamente vero e nulla <strong>di</strong> completamente falso: tutto<br />

<strong>di</strong>pende da come le cose vengono dette o mostrate, dove esse si collocano e in relazione a che<br />

cosa. La necessità <strong>di</strong> credere a qualcosa è intrinseca dell’uomo, e questa necessità <strong>di</strong>venta<br />

maggiore nell’esperienza della guerra, dove a ciascuno sarà offerta la risposta che più<br />

propriamente desidera.<br />

Nello specifico questi testi definiscono perlopiù l’identità tirolese in contrapposizione a quella<br />

del nemico italiano (è inevitabilmente il più citato). Dalla lettura e l’analisi dei testi sono stati<br />

isolati i nuclei tematici principali utilizzati per la costruzione dell’identità tirolese e<br />

dell’identità nemica. I testi <strong>di</strong> auto rappresentazione positiva sono in percentuale maggiore<br />

rispetto a quelli <strong>di</strong> etero rappresentazione, ma complessivamente le fasi <strong>di</strong> definizione dei<br />

gruppi positivo e negativo procedono parallelamente: quando si parla <strong>di</strong> auto ed etero<br />

rappresentazione, ovvero rappresentazione <strong>di</strong> sé e dell’altro, si segna un confine che non è<br />

chiaramente definito, poiché esse quasi si compenetrano, visto che quando si vuole dare<br />

un’immagine dell’Altro si cerca anche contemporaneamente <strong>di</strong> definire sé stessi secondo il<br />

precetto «se poser en s’opposant» 262 . Questo è uno dei contenuti <strong>di</strong> ricerca trainanti<br />

nell’ambito dell’imagologia che è stata definita da Ladmiral e Lipianski come «l’analisi del<br />

contenuto delle rappresentazioni che un popolo fa <strong>di</strong> un altro (etero immagini) e <strong>di</strong> sé stesso<br />

(auto immagini)». 263<br />

Nel momento in cui si presenta l’Altro, ci si rappresenta nello sfondo: io sono l’altro per un<br />

in<strong>di</strong>viduo o per un gruppo che è l’altro per me. Ciò significa che io non gli riconosco le<br />

peculiarità che appartengono a me e al mio gruppo. Un in<strong>di</strong>viduo o un gruppo ha, dunque,<br />

bisogno dell’Altro per rappresentare sé stesso.<br />

Alla luce <strong>di</strong> questi strumenti teorici forniti dalle <strong>di</strong>scipline imagologiche e <strong>di</strong> quanto verrà<br />

messo in evidenza nei paragrafi <strong>di</strong> questo capitolo si può anticipare che certamente i<br />

supplementi letterari della Tsz costituirono un capitolo importante della propaganda <strong>di</strong> guerra<br />

nella misura in cui essi contriubuirono a creare un sentimento <strong>di</strong> gruppo positivo contrapposto<br />

al gruppo negativo, a giustificare i patimenti, le sofferenze e le morti causate da un conflitto <strong>di</strong><br />

262<br />

S. Maradon, Stéréotypes nationaux et préjugés raciaux au XIXe siècle. Sources et méthodes à travers<br />

l’exemple anglais, in J. Pirotte, Stéréotypes nationaux et préjugés raciaux au XIXe et XXe siècles. Sources et<br />

méthodes pour une approche historique, Louvain, College Erasme, 1982, pag. 4.<br />

263<br />

J.R. Ladmiral, E.M. Lipianski, La communication interculturelle. Paris, Colin, 1989, p. 228.<br />

94


<strong>di</strong>mensioni abnormi, a <strong>di</strong>strarre e rassicurare i combattenti con un <strong>di</strong>luvio <strong>di</strong> argomentazioni<br />

orientate sull’emotività del ricevente piuttosto che sul suo senso critico.<br />

I miti e simboli della piccola patria tirolese<br />

Andreas Hofer, gli antenati e i fatti del 1809<br />

Nei Supplementi la vicenda storica scelta come chiave <strong>di</strong> lettura simbolica della guerra è la<br />

rivolta conta<strong>di</strong>na tirolese all’occupazione franco-bavarese del 1809 capeggiata dall’oste della<br />

val Passiria Andreas Hofer 264 , personaggio storico controverso il cui operato conobbe nel<br />

corso dell’Ottocento le interpretazioni più <strong>di</strong>verse: venne dapprima collocato nella galleria<br />

<strong>degli</strong> eroi dei moti nazionali europei, per essere poi bollato come campione della<br />

restaurazione.<br />

L’acme <strong>di</strong> questo processo <strong>di</strong> strumentalizzazione venne raggiunto durante la prima guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale e coinvolse buona parte della pubblicistica tirolese <strong>di</strong> lingua tedesca 265 .<br />

L’uso a fini politici della storia è un fenomeno <strong>di</strong>ffuso in ogni epoca, in particolare in quella<br />

attuale: <strong>di</strong> recente è stato coniato a questo proposito il concetto <strong>di</strong> ‘uso pubblico della storia’<br />

nell’ambito del <strong>di</strong>battito sulla strumentalizzazione politica della storiografia sull’Olocausto e<br />

la Seconda guerra mon<strong>di</strong>ale 266 .<br />

Per in<strong>di</strong>viduare un filo rosso che unisca le decine <strong>di</strong> poesie e le immagini apparse nei<br />

Supplementi letterari della Tsz che hanno come comune denominatore il mito dell’oste della<br />

Passiria e altre tematiche-simbolo che vedremo è adeguato utilizzare il concetto <strong>di</strong> ‘piccola<br />

patria’ o ‘patria regionale’ che trova nel termine tedesco Heimat (espressione <strong>di</strong> cui si abusa<br />

nelle liriche qui analizzate) la sua sintesi migliore.<br />

In realtà, nelle liriche analizzate le occorrenze <strong>di</strong> Heimat e Vaterland sono quasi a pari merito,<br />

con un leggerissimo vantaggio (rapporto <strong>di</strong> 1 a 0.89) per Heimat. Si può però concludere che<br />

l’espressione Heimat viene <strong>di</strong> fatto utilizzata quando il testo ha maggiormente a che fare con<br />

la natura e il paesaggio tirolese o le sue caratteristiche, credenze e tra<strong>di</strong>zioni; mentre<br />

Vaterland è ripetuta per la maggior parte delle volte all’interno del motto patriottico tirolese:<br />

264<br />

Sulla storia della rivolta si veda A. Ragazzoni, Andreas Hofer – un eroe tra<strong>di</strong>to, Bolzano, Centro <strong>stu<strong>di</strong></strong> atesini,<br />

1984. La bibliografia in lingua tedesca è, naturalmente, molto vasta e supera i cinquanta titoli.<br />

265<br />

Cfr. Webhofer, op. cit.<br />

266<br />

J. Habermas, “L’uso pubblico della storia”, in G. E. Rusconi (a cura <strong>di</strong>), Germania: un passato che non<br />

passa. I crimini nazisti e l’identità tedesca, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1987; N. Gallerano (a cura <strong>di</strong>), L’uso pubblico della<br />

storia, Milano, Francesco Angeli, 1995.<br />

95


“Für Gott, Kaiser und Vaterland!” e poi in testi che un po’ si staccano dall’aspetto<br />

specificamente tirolese, quin<strong>di</strong> quei testi che parlano più ampiamente dei Regni <strong>di</strong> Germania e<br />

Austria e dell’Imperatore, quin<strong>di</strong> ampliando l’orizzonte <strong>di</strong> interesse. Questa però non è una<br />

regola sempre vera: i due termini spesso sono interscambiabili ed è dal contesto e il contenuto<br />

che si capisce se l’autore della poesia vuole riferirsi alla piccola patria tirolese o all’Impero.<br />

La figura <strong>di</strong> Andreas Hofer (1767-1810) comandante supremo dell'insurrezione tirolese contro<br />

Napoleone, come abbiamo già visto, non si può comprendere fino in fondo senza un'adeguata<br />

valutazione della sua profonda religiosità. Nello stesso modo anche la sollevazione dei tirolesi<br />

del 1809 contro i bavaresi e i francesi non si può capire senza tener presente l'elemento<br />

religioso. Il Tirolo <strong>di</strong> Andreas Hofer era contrassegnato da una profonda tra<strong>di</strong>zione cattolica<br />

che permeava tutta la vita privata e pubblica della popolazione. Questa forte impronta<br />

cristiana risaliva innanzitutto al 18° secolo durante il quale le missioni popolari dei gesuiti<br />

avevano trasformato il Tirolo in una ‘terra santa’. I gesuiti avevano introdotto un'intensa<br />

devozione al Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù che infine avrebbe portato alla consacrazione solenne del<br />

Tirolo al Sacro Cuore nel 1796. Durante il dominio bavarese 267 vennero presi energici<br />

provve<strong>di</strong>menti contro le usanze religiose e una serie <strong>di</strong> misure vessatorie nei confronti della<br />

Chiesa: soppressione <strong>di</strong> tutte le cerimonie del culto cattolico, niente più processioni,<br />

matrimoni e funerali religiosi, ad<strong>di</strong>rittura niente più suono <strong>di</strong> campane.<br />

I vescovi, il clero e i fedeli compresero ben presto che queste riforme non mettevano in<br />

pericolo soltanto la fede, ma anche tutta la vita comunitaria basata in gran parte su valori<br />

religiosi. E così essi tentarono <strong>di</strong> opporsi in tutti i mo<strong>di</strong> a queste riforme che mettevano in<br />

<strong>di</strong>scussione la vita religiosa e con essa anche l'identità tirolese. Le varie persecuzioni e<br />

tribolazioni subite nel campo della fede contribuirono notevolmente all'in<strong>di</strong>gnazione dei<br />

tirolesi nei confronti dei bavaresi e dei francesi. Quando i tirolesi nel 1809 insorsero contro i<br />

loro oppressori, la soppressione religiosa figurava fra i primi motivi per la loro rivolta.<br />

Nell’insurrezione le compagnie tirolesi riuscirono a sconfiggere più volte i nemici. Sul monte<br />

Isel nelle vicinanze <strong>di</strong> Innsbruck Andreas Hofer inflisse tre sconfitte agli eserciti franco-<br />

bavaresi. Tutta l'insurrezione fu contrassegnata da una forte impronta religiosa. Alla fine<br />

l’insorgenza venne schiacciata nel sangue da Napoleone, Hofer arrestato e fucilato a Mantova.<br />

267<br />

Dopo la grave sconfitta <strong>di</strong> Austerlitz l'Austria con la pace <strong>di</strong> Presburgo (1805) dovette cedere il Tirolo a<br />

Napoleone che lo aggregò alla Baviera, sua fedele alleata. In questo modo il Tirolo (che allora comprendeva<br />

anche il Trentino) passò dall'Impero asburgico alla Baviera.<br />

96


Das Andreas-Hofer-Lied, ovvero Il Canto <strong>di</strong> Andreas Hofer è, ufficialmente, l'inno del Tirolo,<br />

che racconta delle gesta dell'eroe. Il brano è anche noto come Zu Mantua in Banden der treue<br />

Hofer war, Il fedele Hofer era a Mantova in catene.<br />

La conduzione <strong>di</strong> questa guerriglia lo fece entrare per sempre come eroe nel cuore del popolo<br />

tirolese e istituì un rapporto indelebile tra Hofer e la cultura identitaria del Tirolo.<br />

Gli estratti che seguono confermano quest’uso mitizzato delle gesta dell’oste riportate alla<br />

luce come vanto e come modello da seguire nella nuova situazione <strong>di</strong> necessità:<br />

nella lirica intitolata Andreas Hofers Mahnruf l’eroe nazionale tirolese parla <strong>di</strong>rettamente ai<br />

suoi ere<strong>di</strong>: “Die Grenzen sind bedroht,/Welschlands Horden zieh’n heran,/Droh’n mit<br />

Verderben und Tod./Gewagt hat Welschlands Meineidbrut,/In unser’n Frieden<br />

einzudringen,/[…] Tiroler, ‘nauf in d’ Höh’,/ Dort laßt <strong>di</strong>e Stutzen blitzen/Mit geübtem Aug’<br />

und starker Hand,/Unsere Felsenburg zu schützen./Mit Gott, für Kaiser und Vaterland/Die<br />

Tiroler sich erheben,/[…] Tirol, sei stark,/Beweise Deinen Heldenmut auf’s Neue/Es steht in<br />

Deinem Ruhmesblatt/Vaterlandslieb und Treue.” 268 Già in questi pochi passi emergono delle<br />

strategie comunicative che ritroveremo ampiamente sfruttate in quasi tutti i testi. Il nemico<br />

<strong>di</strong>sturba e minaccia i patri confini, lo spirito <strong>di</strong> Hofer invita il popolo tirolese all’azione<br />

<strong>di</strong>fensiva. Un modo per far sentire il lettore parte <strong>di</strong> quel richiamo è l’uso del possessivo<br />

unser che include parlante e lettore nello stesso sistema connotato positivamente (la nostra<br />

pace, la nostra roccaforte fra le rocce/la nostra roccaforte <strong>di</strong> roccia) anche la ripetizione della<br />

re<strong>di</strong>ce semantica Tirol- (<strong>di</strong> cui due sono imperativi) ha lo scopo <strong>di</strong> creare senso <strong>di</strong> coesione.<br />

Infine, il rimando al passato sul finire dell’estratto, è finalizzato a ricordare ai combattenti<br />

come il loro valore, la loro forza ed eroicità sia genetica, come nella storia il popolo tirolese <strong>di</strong><br />

fronte al nemico riesca ad essere vincente; se il monito, poi, viene dall’eroe nazionale per<br />

antonomasia, questa volontà <strong>di</strong> riaffermare la propria superiorità sul nemico ha un ruolo <strong>di</strong><br />

identificazione collettiva in lui. A proposito della sua risaputa religiosità un altro testo,<br />

Hofer’s Beichte, racconta - ovviamente in prospettiva tirolese - la storia della cattura e<br />

uccisione <strong>di</strong> Hofer, che fu fucilato il 20 febbraio 1810. Un prete è con lui, per dargli conforto<br />

nelle sue ultime ore, Hofer nel testo elenca le sue presunte colpe, che ovviamente devono<br />

268<br />

Per la data <strong>di</strong> apparizione delle poesie e le altre coor<strong>di</strong>nate che le riguardano si veda l’Allegato 3 contenente<br />

l’in<strong>di</strong>ce dei contenuti e le informazioni rinvenute su alcune <strong>degli</strong> autori più noti, <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong> essi verranno date<br />

informazioni biografiche anche nel presente capitolo. Il monito <strong>di</strong> Andreas Hofer: “I nostri confini sono<br />

minacciati,/l’orda <strong>di</strong> terroni si avvicina,/minacciando <strong>di</strong> morte e rovina./Quella razza <strong>di</strong> terroni e spergiuri ha<br />

osato,/insinuarsi nella nostra pace,/[…] Tirolesi, su in alto,/fate brillare i vostri fucili,/con occhio esercitato e<br />

mano salda,/per <strong>di</strong>fendere il nostro paese <strong>di</strong> roccia./Con l’aiuto <strong>di</strong> Dio, per la Patria e per l’Imperatore/i tirolesi<br />

insorgono,/[…] Tirolo sii forte,/<strong>di</strong>mostra nuovamente il tuo coraggio eroico/nella tua pagina gloriosa stanno/<br />

fedeltà e amore per la patria.”<br />

97


suscitare nel lettore un sentimento <strong>di</strong> compassione e <strong>di</strong> sostegno per l’eroe ingiustamente<br />

incarcerato la cui storia in questi versi sembra quella <strong>di</strong> Gesù (“Als Retter” –“come<br />

Salvatore”). Molto interessante il passaggio in cui egli sostiene <strong>di</strong> essere stato <strong>di</strong>fensore della<br />

religione e della fede in Tirolo, quin<strong>di</strong> chi lo giustizia si schiera contro lo stesso Dio: “Zu<br />

Mantua im Kerker sitzt,/Der Held Tirols gefangen,/[…]Der Hofer doch, der weinet nicht,/Zu<br />

oft hat er gesehen/dem Tod in’s grause Angesicht,/Was Gott will, mög geschehen./[…] (qui<br />

parla Hofer) «‘Sag’ an, was ich verbrochen,/Wohl offen liegt mein Lebenslauf,/Nie hab’ ich<br />

mich verkrochen./Daß ich Tirol zu Waffen rief,/Den Kriegsbrand hochgeschwungen?/Ich<br />

weckte nur den Mut, der schlief,/Und hab’ den Sieg errungen!/Für Gott und Kaieser schlug<br />

ich los,/Für Vaterland und Glauben,/Die Freiheit in der Berge Schoß/Ich ließ sie uns nicht<br />

rauben./Wohl fühlt’ ich stolzgeschwellt <strong>di</strong>e Brust,/Da mir Tirol gehul<strong>di</strong>gt/Als Retter»./[…]<br />

Der Priester sprach kein Wort darauf,/doch feucht glänzt seine Wange,/Bald stieß <strong>di</strong>e Pfort’<br />

man klirrend auf/Zum Hofers letzte Gange.” 269 In questi versi è identificabile anche un’altra<br />

pratica molto <strong>di</strong>ffusa in questi versi: la guerra da parte <strong>di</strong> chi deve <strong>di</strong>fendersi dalla prepotenza<br />

nemica (fenomeno verificatosi sia nel 1809 che nel conflitto mon<strong>di</strong>ale), quin<strong>di</strong> a favore della<br />

libertà della propria terra e, ancor più, della propria fede è una guerra sostenuta da Dio è una<br />

violenza e un’aggressività assolutamente lecita.<br />

In queste pagine, non solo Andreas Hofer, certamente lui come esponente <strong>di</strong> maggior spicco e<br />

maggiore pregnanza, ma più in generale gli antenati e le loro battaglie per <strong>di</strong>fendere quella<br />

piccola patria sono continuamente chiamati in causa: lo scopo è quello <strong>di</strong> trasmettere l’onore,<br />

e l’onere, <strong>di</strong> questa ere<strong>di</strong>tà che deve essere <strong>di</strong>fesa e dalla quale ci si deve ispirare. I loro sforzi<br />

precedenti e i sacrifici per <strong>di</strong>fendere il Tirolo dallo straniero non possono essere sprecati ora,<br />

tanto più che i nuovi combattenti tirolesi hanno ere<strong>di</strong>tato le qualità del corpo e dello spirito<br />

che permetteranno loro <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere ancora una volta con successo il Tirolo: “Der<br />

Weltkriegsbrandung schlägt schon längst an uns’re Berge,/Doch sie zu stürmen ist eitler<br />

269<br />

La confessione <strong>di</strong> Hofer: “E’ prigioniero in carcere a Mantova,/l’eroe del Tirolo,/[…] Tuttavia Hofer non si<br />

lamenta,/troppo spesso egli ha visto/la morte nel suo orribile volto,/sia fatta la volontà <strong>di</strong> Dio./[…] (qui parla<br />

Hofer) «Ditemi, cosa ho fatto <strong>di</strong> male,/la mia storia è nota a tutti/non mi sono mai nascosto./Perché ho chiamato<br />

alle armi il Tirolo,/e ho incitato l’ardore della guerra?/Ho solo risvegliato il coraggio sopito,/e ho ottenuto la<br />

vittoria!/Ho combattuto per Dio e l’Imperatore,/per la patria e la fede,/non permisi loro <strong>di</strong> farci derubare/la<br />

libertà in casa nostra./Certamente sento il petto pieno <strong>di</strong> orgoglio,/poiché il Tirolo mi rende omaggio/come<br />

Salvatore.»/[…] Il prete non aggiunse nessuna parola a riguardo,/tuttavia le sue guance rilucevano<br />

inumi<strong>di</strong>te,/subito si aprì la porta cigolando,/per l’ultimo viaggio <strong>di</strong> Hofer.”<br />

98


Wahn der welschen Zwerge./[…]Wie einst <strong>di</strong>e Hoferhelden ihr kaisertreues Blut,/So setzen<br />

auch <strong>di</strong>e Söhne ein ihr letztes Gut.” 270 .<br />

Il parallelismo col passato è molto <strong>di</strong>ffuso, è una sorta <strong>di</strong> buon auspicio, un refrain che viene<br />

ripetuto per trasmettere la necessità suprema e ineluttabile <strong>di</strong> una buona riuscita anche del<br />

conflitto attuale: “Drauf, Brüder, drauf! Wie einstens uns’re Ahnen/Kein welscher Schuft soll<br />

unsern Grenzen nah’n!” 271<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo proce<strong>di</strong>mento è da un lato <strong>di</strong> motivare con modelli positivi e dall’altro <strong>di</strong><br />

rassicurare, allontanando pensieri negativi che potrebbero essere causa <strong>di</strong> prestazioni poco<br />

efficaci e ammutinamenti. In questi versi si rilevi anche l’importanza del termine Brüder,<br />

fratelli, finalizzato a rendere un senso <strong>di</strong> coesione e comunione estremamente intima e<br />

familiare.<br />

Una sorta <strong>di</strong> legame mitico unisce il popolo tirolese e, nella trasfigurazione <strong>di</strong> queste pagine,<br />

le qualità <strong>di</strong> Hofer e <strong>degli</strong> antenati, per traslato, passano ai contemporanei e anch’essi<br />

<strong>di</strong>ventano eroi.<br />

Tiroler Helden è un testo che esprime molto chiaramente quest’idea: “O Heimat, lieb<br />

Heimat,/Du schönes Tirol,/Du Stammburg der Helden,/Der Treue Symbol./[…] Hoch über<br />

den Wolken/Beim ewigen Eis,/Ringt kühn mit dem Feinde/Der Jüngling und Greis./Fest<br />

stehen <strong>di</strong>e Helden/Wie Eisen und Erz/[…] Und färbt auch ihr Herzblut/Den Firnenschnee<br />

rot,/Für Landl zu sterben/Ist herrlicher Tod.[…]/So lang wir noch treffen/Das Schwarz in der<br />

Scheib’n,/So lang wird Tirol noch/Bei Österreich bleiben./[…] Du (Kaiser) liebst <strong>di</strong>e<br />

Tiroler,/Und bist ihnen gut;/Sie opfern Dir freu<strong>di</strong>g/Ihr Leben und Blut./[…] Tirol! Stolze<br />

Perle/In Österreich’s Kron’,/Dich grüßt in der Ferne/In Treue Dein Sohn!” 272 . Il Tirolo è,<br />

dunque, la culla <strong>degli</strong> eroi, il simbolo della fedeltà; giovani e anziani si battono per la causa<br />

comune, soli<strong>di</strong> come il ferro.<br />

270<br />

Der rote Aar (L’aquila rossa): “L’onda della guerra mon<strong>di</strong>ale s’infrange già da tempo contro i nostri<br />

monti/tuttavia è una presuntuosa chimera dei nanerottoli terroni attaccarli./[…] Come un tempo gli eroi <strong>di</strong> Hofer<br />

versarono il loro sangue fedele all’Imperatore/così ora i figli impiegano il loro ultimo bene.”<br />

271<br />

Aus den Dolomiten (Dalle Dolomiti): “Su fratelli, su! Come fecero un tempo i nostri antenati/Nessun furfante<br />

terrone deve avvicinarsi ai nostri confini!”<br />

272<br />

Eroi tirolesi: “O Patria, amata Patria/Tu splen<strong>di</strong>do Tirolo/ Tu luogo natio <strong>degli</strong> eroi,/simbolo della fedeltà./In<br />

alto, sopra le nuvole/presso i ghiacci eterni/combattono audacemente il nemico/giovani e anziani./Stanno sal<strong>di</strong><br />

gli eroi/come il ferro e il bronzo/[…] e se anche il loro sangue dovesse colorare <strong>di</strong> rosso/la neve dei<br />

ghiacciai,/morire per la Patria/è una morte meravigliosa.[…]/Fintanto che noi/centriamo il bersaglio/il Tirolo<br />

rimarrà all’Austria/[…] Tu (Imperatore) ami il Tirolo,/ e sei amato da loro;/ Loro sacrificano con gioia per te/la<br />

loro vita e il loro sangue./[…] Tirolo! Perla magnifica/nella corona austriaca,/ti saluta da lontano/con devozione<br />

il tuo figlio!”<br />

99


Nel testo Tirolervolk vengono messe in risalto le caratteristiche etico morali <strong>di</strong> questo popolo,<br />

caratteristiche che hanno un importante peso per la caratterizzazione generale positiva del Noi<br />

(contrapposta a Loro): “Es lebt ein freies, stolzes Volk/Auf stolzen, freien Bergen,/[…] Der<br />

Ahnen echte Erben!/Den Sitten ihrer Väter treu,/So wahrhaft fromm und bieder,/[…]Wohl<br />

lebt in ihm ein Bauernstolz/Mit adeligem Trutzen,/So daß damit zusammenschmolz,/Der<br />

Pflug wohl und der Stutzen.” 273 Il moschetto e l’aratro, citati nell’ultimo verso, sono simboli<br />

rispettivamente della patria e del fronte, a voler significare l’importanza della loro fusione e la<br />

capacità <strong>di</strong> questo popolo <strong>di</strong> riuscire in questo intento. Parole chiave: Tirol, Volk, Bergen,<br />

Ahnen, Bauern. Aggettivi: treu, stolz, frei, bieder, fromm, adelig. Questi termini<br />

caratterizzeranno molti altri testi e avranno un ruolo molto importante per la definizione del<br />

gruppo positivo (come altri l’avranno nella definizione <strong>di</strong> quello negativo). Il loro utilizzo<br />

ripetuto e sistematico creerà un sistema <strong>di</strong> riferimento definito e preciso e ogni volta che il<br />

lettore incontrerà queste espressioni si identificherà automaticamente in esse. Chi legge queste<br />

poesie anche a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo deve ritrovare dei motivi che si ripetono, delle espressioni<br />

che siano facilmente riconoscibili e facilmente riutilizzabili (es. “jederzeit kampfbereit”-<br />

“sempre pronti a combattere”) la visione del mondo che viene offerta in queste pagine, seppur<br />

trasfigurata, deve essere coerente e fornire un rimando accettato e noto.<br />

Un altro testo che rientra in questo gruppo è Tiroler Kriegslied anch’esso è un concentrato <strong>di</strong><br />

parole chiave (beschützen, schützen, als Helden kämpfen, durchhalten – proteggere,<br />

<strong>di</strong>fendere, combattere come eroi, resistere) e simboli <strong>di</strong> identificazione collettiva (l’Aquila,<br />

Dio, l’Imperatore, Noi, Andreas Hofer, il Tirolo, la Patria) finalizzati a passare ancora una<br />

volta il messaggio che nella vita terrena non c’è aspirazione più grande che <strong>di</strong>fendere la patria<br />

dai Wälsche: “Das Vaterland zu beschützen/Vor der welschen Beutegier/Ist unser höchstes<br />

Streben/In <strong>di</strong>esem Erdenleben!/[…] Der Adler schwebt uns blutigrot/Im Kampf voran!/Wir<br />

kämpfen für Kaiser,/Für Reich und Vaterland/Und schützen <strong>di</strong>e Lieben/Und unser<br />

Haimatland!/Die Geister unserer Väter/Stehen uns im Kampfe bei,/Gott läßt es uns<br />

gelingen,/Die Feinde zu bezwingen!/[…] Wir wollen als Helden kämpfen/Und brav – wenn es<br />

Gott so will - /Fürs Vaterland auch sterben/Als Andrea Hofers Erben!/[…]Die Kanonen sollen<br />

donnern,/Wir halten als Helden durch!/Tirol darf nicht vergehen,/Tirol muß fortbestehen!” 274 .<br />

273 Popolo tirolese: “Vive un popolo libero e fiero/su monti liberi e fieri,/[…] Autentici ere<strong>di</strong> <strong>degli</strong><br />

antenati!/Fedeli alle usanze dei loro padri,/così veramente pii e tra<strong>di</strong>zionalisti,/[…] In loro vive certo un orgoglio<br />

conta<strong>di</strong>no/con nobile ostinazione,/così che si trovano fusi insieme/l’aratro col fucile.”<br />

274<br />

Canto <strong>di</strong> guerra tirolese: “Proteggere la Patria/dalla brama <strong>di</strong> bottino terrona/è il nostro sforzo più grande/in<br />

questa vita terrena!/[…] L’aquila rosso sangue/vola davanti a noi in battaglia!/Noi combattiamo per<br />

100


In questa lotta, da ciò che sembra emergere dal testo, il tirolese è accompagnato da una serie<br />

<strong>di</strong> simboli benefici e positivi capaci <strong>di</strong> garantire la buona riuscita dell’impresa grazie al loro<br />

potere simbolico-trascendentale, quasi magico, favorevole.<br />

Anche la citazione in<strong>di</strong>retta <strong>degli</strong> eventi del 1809 è finalizzata a trasmettere un senso <strong>di</strong> esito<br />

positivo del conflitto, una sorta <strong>di</strong> necessità storica per cui il Tirolo rimarrà libero<br />

dall’ingerenza straniera, come emerge dalla poesia Zur Enthüllung des Denkmals “Anno<br />

Neun”: “Ihr kennt den Geist von Achtzehnhundertneun;/Seine Heimat ist das Land Tirol./Der<br />

Väterglaube zeugte ihn,/Die Not hat ihn geboren,/Die Heimatliebe ihn gesäugt/Und<br />

großgezogen mit der Kaisertreue./[…] Er sog der Berge reinste Lüfte/Und seine Brust ward<br />

stark/Und seine Hand ward fest/Und treu sein Herz./[…] Und rufen Vaterland und<br />

Kaiser,/Voll Gott- und Selbstvertrauen steht er auf/[…] Und herrlich, heldenstark ist er<br />

auferstanden/Der Geist von Achtzehnhundertneun./Und […] Unbeugsam, starr und stolz wie<br />

seine Berge,/So steh’n sie an der Südmark heute.” 275<br />

Anche qui ve<strong>di</strong>amo ripetute alcune delle espressioni chiave finalizzate alla definizione del<br />

gruppo positivo.<br />

Altri personaggi-simbolo<br />

Come abbiamo visto, Hofer è un esempio calzante, tra i tanti, della fusione del concetto <strong>di</strong><br />

patria con il Tirolo. La Hoferland-Heimatland 276 è terra sacra per eccellenza: luogo della<br />

l’Imperatore,/per il Regno e la Patria/ e <strong>di</strong>fen<strong>di</strong>amo i nostri cari/e la Patria!/gli spiriti dei nostri padri/ci stanno<br />

accanto in battaglia,/Dio conce<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> riuscire,/a vincere il nemico!/[…] Noi vogliamo combattere come eroi/ed<br />

eroicamente – se Dio vuole ciò - / anche morire per la Patria/come ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Andreas Hofer!/[…] I cannoni<br />

devono rimbombare,/Noi, come eroi, resistiamo!/Il Tirolo non può passare,/il Tirolo deve continuare ad<br />

esistere!”<br />

275<br />

Per l’inaugurazione al monument dell’Anno Nove: “Voi conoscete lo spirito del 1809;/la sua patria è il<br />

Tirolo./La fede dei padri lo ha creato,/la necessità lo ha fatto nascere,/l’amore per la patria lo ha allattato/ed è<br />

stato allevato con la devozione all’Imperatore./[…] Esso respirò l’aria purissima dei monti/così il suo petto<br />

<strong>di</strong>venne forte/la sua mano salda/e fedele il suo cuore./[…] E quando la Patria e l’Imperatore chiamarono,/ esso si<br />

levò pieno <strong>di</strong> fiducia in Dio ed in sé./[…] E si è levato, magnifico e vigoroso come un eroe/lo Spirito dell’anno<br />

1809./E come fu […] irremovibile, fisso e sprezzante come le sue montagne,/così oggi essi (i combattenti)<br />

stanno al fronte sud.”<br />

276<br />

Poesia <strong>di</strong> Bruder Willram pubblicata nel numero speciale de<strong>di</strong>cato al centoseiesimo anniversario della morte<br />

dell’eroe <strong>di</strong> cui riportiamo qualche verso chiarificatore: “Mein Hoferland, Tirolerland/Du Heimat stolzer<br />

Helden!/Du kannst von Krieg und Schlachtbrand/Uns grause Märe melden./Denn deiner Berge Gipfelschau/War<br />

Zeuger kühner Taten/Und deines Himmels Sommerblau/Beglänzte blut’ge Saaten!” (“Mia terra <strong>di</strong> Hofer, mia<br />

terra tirolese/Tu patria <strong>di</strong> fieri eroi!/Tu dalla guerra e dal fuoco del combattimento puoi annunciarci orribili<br />

racconti./Poiché le alte vette dei tuoi monti/ furono testimoni <strong>di</strong> audaci gesta/e il blu estivo del tuo cielo/ brillò <strong>di</strong><br />

una semina sanguinosa.”) In questo elogio della Heimat come luogo sacro, cultura e natura vengono uniti<br />

in<strong>di</strong>ssolubilmente in una sorta <strong>di</strong> matrimonio mistico, in cui l’elemento religioso fa da trait d’union fra i due<br />

101


nascita e del battesimo, del sacrificio per l’ideale cristiano. La sua figura si rivelò essenziale<br />

nella creazione dell’identità tirolese e ancor più questo ruolo venne confermato nella<br />

situazione <strong>di</strong> ansia e minaccia che si creò durante il conflitto.<br />

Lo scopo <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care delle liriche a dei personaggi, per così <strong>di</strong>re, importanti, era quello<br />

innanzi tutto <strong>di</strong> inorgoglire le truppe all’idea <strong>di</strong> avere <strong>degli</strong> avi tanto famosi, secondariamente<br />

<strong>di</strong> invitarle a prendere spunto dai caratteri e dalle gesta <strong>di</strong> queste figure, che in questi testi<br />

vengono sempre rappresentati con doti eroiche e caratteristiche quasi sovra naturali, ed<br />

identificarsi in esse.<br />

Oltre Andreas Hofer in queste pagine anche altri personaggi vengono sfruttati per questo<br />

scopo e si tratta perlopiù <strong>di</strong> personaggi <strong>di</strong> spicco della gerarchia militare o della tra<strong>di</strong>zione<br />

tirolese.<br />

Uno dei nomi che, in queste pagine, segue per <strong>di</strong>ffusione quello <strong>di</strong> Hofer è la guida alpina<br />

Sepp Innerkofler 277 che <strong>di</strong>venterà l’eroe-simbolo per eccellenza della guerra d’alta quota. La<br />

prima poesia a lui de<strong>di</strong>cata nella quale ci imbattiamo, Sepp Innerkofler, è firmata da Arthur<br />

von Wallpach 278 , che fa una piccola descrizione del personaggio: era un uomo vissuto, ma<br />

allo stesso tempo semplice, legato alla terra (“Ein Weltmann war er, doch ein Bauer nur”-<br />

“Egli era un uomo <strong>di</strong> mondo, tuttavia solo un conta<strong>di</strong>no”); un uomo che non temette alcun<br />

pericolo per <strong>di</strong>fendere la propria patria (“Da war kein Todesgang, den er nicht wagte”- “Non<br />

ci fu nessun occasione in cui egli si tirò in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> fronte al rischi <strong>di</strong> morire”). Le sue doti<br />

fisiche e morali (Sein Ratschlag/Sein Falkenblick- I suoi consigli/la sua vista <strong>di</strong> faclo)<br />

poli: la natura permette al Tirolo <strong>di</strong> assolvere alla sua funzione storica <strong>di</strong> roccaforte della fedeltà, rifornendolo<br />

delle materie prime e del materiale umano necessario a sbarrare il cammino al nemico.<br />

277<br />

Nato nei pressi <strong>di</strong> Sesto nel 1865, nell'allora Tirolo che faceva parte dell'Impero austroungarico, amante della<br />

montagne della sua valle e cacciatore <strong>di</strong> camosci, dopo alcuni <strong>di</strong> lavoro in una segheria, nel 1889 ottenne il<br />

brevetto <strong>di</strong> guida alpina dal Deutscher und Österreichischer Alpenverein (o<strong>di</strong>erni Deutscher Alpenverein e<br />

Oesterreichischer Alpenverein). Con l'entrata in guerra dell'Austria Ungheria nel 1914 non fu chiamato al fronte<br />

per ragioni <strong>di</strong> età. Il 19 maggio 1915 si arruolò volontario insieme ai fratelli e al figlio maggiore nell'Imperial<br />

regio Esercito austro-ungarico negli Standschützen con una pattuglia guidata da lui con servizi <strong>di</strong> ricognizione<br />

che portava informazioni sugli spostamenti <strong>degli</strong> italiani. Fu testimone della <strong>di</strong>struzione del suo rifugio e morì in<br />

circostanze controverse durante un'azione sul Monte Paterno il 4 luglio 1915. Il suo corpo fu recuperato dagli<br />

Alpini che gli <strong>di</strong>edero una sepoltura sulla cima del monte. Nell'agosto del 1918 le sue spoglie furono traslate nel<br />

cimitero <strong>di</strong> famiglia <strong>di</strong> Sesto dove si trovano tuttora. Si veda Mario Vianelli, Giovanni Cenacchi Teatri <strong>di</strong><br />

Guerra sulle Dolomiti, 2006, p. 87.<br />

278<br />

Su <strong>di</strong> lui si veda la <strong>di</strong>ssertazione della Klotz, Arthur von Wallpach. Eine Monographie. 1983. (1866-1946)<br />

Poeta e scrittore tirolese. Durante la Grande Guerra fu capitano <strong>degli</strong> Standschützen e nel 1916 fu autore <strong>di</strong> una<br />

raccolta <strong>di</strong> poesie patriottico-bellicista per la nota casa e<strong>di</strong>trice Tyrolia dal titolo Wir brechen durch den Tod!. La<br />

raccolta contiene tutte e otto le poesie che lo scrittore pubblicò in anteprima sulle pagine dei Supplementi<br />

letterari: Sepp Innerkofler, Gefangene, Gebet, Alarm, Schneevergraben, Frühlingsbote,Den Jungen, Cimberland.<br />

102


guidarono le truppe austriache contro il nemico “das Feind’s Gewimmel” 279 . Nell’ultima<br />

strofa Wallpach descrive la sua morte eroica, morte che paradossalmente gli ha però garantito<br />

l’immortalità: “Unsterblichkeit hast du gebunden an <strong>di</strong>ch” 280 , come leggeremo in un altro<br />

testo de<strong>di</strong>cato alla guida alpina, sempre dal titolo Sepp Innerkofler, ispirato a un <strong>di</strong>pinto del<br />

Prof. Franz von Defregger 281 che proponiamo <strong>di</strong> seguito<br />

Zu Sepp Innerkoflers Tod!, è incentrata sull’importanza del rapporto uomo-natura, in<br />

particolare uomo-montagna, altro nucleo tematico importante per l’identificazione collettiva,<br />

(come vedremo in seguito): “Der brave Sepp […]/Schier einem guten Berggeist gleich,/Hier<br />

oben war sein Himmelreich!/[…] Er liebt <strong>di</strong>e firngekrönten Hörner/[…] Wie nur ein edler,<br />

braver Mann/der Heimat Berge lieben kann!” 282 un vero tirolese, così come fu fino in fondo<br />

Innerkofler, che nei suoi amati monti perse la vita: “Und Sepp, der hier auf lichten Höhen/In<br />

steiler Wand dem Tod in’s Aug’ gesehen,/Jetz wohlgemut im ernster Streit/Dem Vaterland<br />

sein Leben weiht!/[…] Drum kämpft der Sepp mit heiliger Pflicht/Als Held in Gottes<br />

279<br />

“Il brulichio nemico”. Usare espressioni come brulichio, formicolio associate al nemico rappresenta un modo<br />

strategico per dare del nemico una caratterizzazione come <strong>di</strong> in<strong>di</strong>stinto e confusione. Nonostante, come vedremo,<br />

sia molto importante dare al nemico dei tratti riconoscibili e sempre uguali, in caratterizzazione precisa rientra<br />

anche associarlo all’indefinitezza, al gruppo caotico e rumoroso, che elimini l’in<strong>di</strong>vidualità del singolo, quin<strong>di</strong> il<br />

suo potenziale umano che potrebbe suscitare pietà e compassione nei suoi confronti.<br />

280<br />

“Hai vincolato a te l’immortalità”.<br />

281<br />

Franz von Defregger: pittore. (Stronach bei Lienz, 1835- München, 1921) figlio <strong>di</strong> un conta<strong>di</strong>no, mostró sin<br />

da giovane interesse per l´intaglio e il <strong>di</strong>segno, ma lasció il borgo natio per Innsbruck, solo dopo la morte del<br />

padre nel 1860, per apprendere l´intaglio del legno. Poi si volse alla pittura. Nel 1862 andó all´accademia <strong>di</strong><br />

Monaco, nel 1863-65 risiedette a Parigi e poi tornó nuovamente in Tirolo. Nel 1867 nuovamente a Monaco<br />

finché nel 1883 <strong>di</strong>venne professore alla Münchener Akad. Significativo come rappresentante <strong>di</strong> paesaggi e<br />

storico, egli e´ sopratutto ricordato come uno <strong>degli</strong> ultimi caratteristici rappresentanti della pittura naturalisticaconta<strong>di</strong>na.<br />

Österreichisches Biographisches Lexikon 1815-1950. Wien, Hrsg. v. Der Österreichischen Akademie<br />

der Wissenschaft, 1972.<br />

282<br />

Per la morte <strong>di</strong> Sepp Innerkofler!: “Il buon Sepp […] quasi uguale ad uno spirito <strong>di</strong> montagna<br />

benevolo,/Quassù era il suo Regno dei cieli!/[…] Egli ama le vette coronate <strong>di</strong> ghiacci/[…] Come solo un uomo<br />

buono e nobile/può amare i patri monti!”<br />

103


Weltgericht!/[…] Es fiel im Kampf mit feilen Schergen,/Der kühne Sepp in seinen lieben<br />

Bergen!” 283<br />

Tra le figure simbolo in cui identificarsi c’è anche quella dell’Erzherzog Eugen 284 . Questi<br />

versi, dal titolo Erzherzog Eugen!, descrivono le qualità dell’Arciduca e la venerazione che<br />

queste suscitano nei suoi confronti, la fiducia e la devozione incon<strong>di</strong>zionata che gli sono<br />

accordate sono talmente forti e ra<strong>di</strong>cate che l’Arciduca e Dio (seguiti entrambi dal punto<br />

esclamativo e <strong>di</strong>slocati in posizione enfatica, il primo nel titolo e il secondo come ultima<br />

parola del testo) paiano quasi la stessa persona: “Prinz Eugen führt unser Heer!/Er an der<br />

Spitze unserer Tapfern./[…] Wohl jeder kennt ihn, mild und gütig,/Von edlem Sinn und<br />

hohem Geist;/[…] Nun darf uns nicht mehr bange sein/Um unser liebes Vaterland,/Der edle<br />

Prinz führt unser Heer/Zum Kampf mit mächtig starker Hand./Zu ihm blickt Österreichs<br />

ganzes Volk/Vetrauendsvoll und hoffend auf./[…] Der edle, gottesfürchtige Held/Wird siegen<br />

über alle Not./Mit ihm und seinen Scharen ist/Der höchste Kampfesrichter: Gott!” 285<br />

In alcuni testi non è una figura specifica con un nome specifico ad assolvere a questa<br />

mansione, Unser Kommandant, ad esempio, è un testo che, come altri, prende come<br />

riferimento una figura <strong>di</strong> spicco all’interno della gerarchia, ma che non viene nominata<br />

<strong>di</strong>rettamente. In realtà il nome in sé ha un ruolo importante, ma è altrettanto importante anche<br />

l’incarico e/o il ruolo che questa figura ricopre per essere utilizzabile come esempio e<br />

modello: “Nie gibt es einen Kommandant’/So wie den unsern hier./[…] Ein leuchtend<br />

Vorbild ist Er uns,/Er kennt nicht Rast noch Ruh’./Kein Weig Ihm zu beschwerlich ist,/Er<br />

strebt der Stellung zu./[…] Und mit Verehrung blickt auf Ihn/Ein jeder wack’re Streiter./[…]<br />

Ein Gott Er uns erscheint!/Wir setzen alles für Ihn ein,/Mit ganzer Kraft – vereint!/O, hoffen<br />

wir, daß uns noch lang/Sein Wirken sei beschieden./Er führe uns durch Kampf und Sieg/Zum<br />

kommende Weltenfrieden.” 286 Questo comandante, il cui nome non è menzionato e non è<br />

283<br />

“E Sepp che qui sulle chiare vette/nelle pareti scoscese ha visto la morte negli occhi,/Ora <strong>di</strong> buon animo nella<br />

dura battaglia/consacra la sua vita alla Patria!/[…] Perciò Sepp combatte con grande dovere/come un eroe nel<br />

tribunale <strong>di</strong>vino!/[…] Cadde in combattimento contro dei vili prepotenti,/l’audace Sepp nei suoi amati monti!”<br />

284<br />

L’arciduca Eugenio fu assegnato alle operazioni <strong>di</strong> guerra contro l’Italia dopo l’ingresso della stessa contro<br />

gli Imperi centrali. Di lui si è parlato ampiamente nella prima parte del lavoro.<br />

285<br />

L’Arciduca Eugenio!: “Il Principe Eugenio guida il nostro esercito!/Egli in testa ai nostri valorosi./[…] Di<br />

certo ognuno lo conosce come persona mite e benevola,/d’animo nobile e <strong>di</strong> spirito elevato;/[…] Ora noi non<br />

dobbiamo più avere paura/verso la nostra amata Patria,/il nobile Principe guida il nostro esercito/alla battaglia<br />

con mano molto energica./A lui guarda l’intero popolo d’Austria/speranzoso e pieno <strong>di</strong> fiducia./[…] Il nobile e<br />

devoto eroe/vincerà sopra tutte le necessità./Con lui e le sue schiere c’è/il supremo condottiero: Dio!”<br />

286<br />

Il nostro comandante: “Mai c’è stato un comandante/come quello nostro./[…] Egli per noi è un esempio<br />

luminoso,/egli non conosce riposo né pace./Nessun cammino per lui è troppo faticoso,/egli mantiene la<br />

posizione./[…] Ogni combattente valoroso/guarda a lui con ammirazione/[…] Egli ci sembra come un Dio!/Noi<br />

tutti c’impegniamo per lui,/con tutta la forza – uniti!/O, noi speriamo che ancora a lungo/sia garantito il suo<br />

operato./Egli ci guida attraverso la lotta e la vittoria/al venturo mondo <strong>di</strong> pace.”<br />

104


importante, è una figura qualsiasi che funziona da collante e da simbolo identificatore, che ha<br />

doti eroiche che i sottoposti ammirano e dalle quali devono ispirarsi per essere infaticabili e<br />

invincibili come lui.<br />

Allo stesso modo l’esempio <strong>di</strong> Ein treuer Führer, Un onesto condottiero, è un testo de<strong>di</strong>cato<br />

ad un superiore, figura descritta con qualità eccellenti, ma del quale non è essenziale citare il<br />

nome.<br />

In questa lista <strong>di</strong> personaggi con qualità ultraterrene positive nelle quali il popolo dei<br />

combattenti e non si identifica non poteva ovviamente mancare la figura dell’Imperatore<br />

Franz Joseph, molto spesso, in queste liriche, egli è paragonato, <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente,<br />

a Dio.<br />

Unserem Kaiser!: “Deiner Väter Krone, sie wird glänzen/weithin über Öst’reichs einst’ge<br />

Grenzen,/Wie noch nie auf eines Habsburg’s Haupt!” 287<br />

Unserem geliebten Kaiser è un testo simile a quello appena citato. L’imperatore è colui<br />

attorno al quale si radunano tutti i popoli dell’Impero, e in virtù della quale si appianano le<br />

tensioni nazionalistiche. Egli, inoltre, non è un Re solo nominalmente, ma è anche attivo sul<br />

campo: “O, Deine Völker, <strong>di</strong>e Du stets als Vater/wie Kinder, um Dein Szepter mild<br />

geschart,/[…]Und aufrecht und gerecht stehst Du inmitten/von Haß und Zwietracht/[…]Du<br />

bist ein Kaiser nicht, um stolz zu ragen,/Du bist der erste Mann in Deinem Reich,/Die<br />

schwerste Last als Stärkster zu ertragen/und niemand war Dir je an Stärke gleich./So bleibst<br />

Du jung, trotz Deiner vielen Jahre,/und jeder neue Tag bringt neues Leid:/Jedoch Dein Blick,<br />

der leiderprobte, klare,/schaut in <strong>di</strong>e Zukunft und <strong>di</strong>e Ewigkeit./[…] Die Ewigkeit ist ein<br />

gerechter Richter!/Du Kaiser, darfst der Ewigkeit vertau’n!” 288<br />

La motivazione religiosa: morte eroica e favore <strong>di</strong>vino<br />

Se in campo italiano l’anticlericalismo <strong>di</strong>ffuso fra le classi <strong>di</strong>rigenti liberali fece da freno alla<br />

collaborazione fra cappellani militari e ufficiali nell’occuparsi della psicologia del soldato 289 ,<br />

287<br />

Al nostro Imperatore!: “La corona dei tuoi padri, essa brillerà/lontano, sopra i vecchi confini austriaci,/come<br />

mai prima sul capo <strong>di</strong> un Asburgo!”<br />

288<br />

Al nostro amato Imperatore: “O, i tuoi popoli, che tu sempre come padre/hai radunato benevolmente attorno<br />

al tuo scettro,/[…] E Tu stai retto e giusto in mezzo/all’o<strong>di</strong>o e alla <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a/Tu non sei un Imperatore che si<br />

eleva altero,/Tu sei il primo uomo nel Tuo regno,/a sopportare il carico maggiore in qualità <strong>di</strong> più forte/e nessuno<br />

Ti eguaglia in forza./Così, Tu rimani giovane nonostante i Tuoi tanti anni,/ e ogni giorno nuovo porta nuovo<br />

dolore:/tuttavia il Tuo sguardo, che ha sofferto, guarda/sereno al futuro e all’eternità./[…] L’eternità è un giu<strong>di</strong>ce<br />

giusto!/Tu Imperatore, devi avere fiducia nell’eternità.”<br />

289<br />

Isnenghi, op. cit., pp. 12-26.<br />

105


nella Monarchia il ruolo dei religiosi nelle trincee del cattolicissimo Tirolo fu fin da subito<br />

attivo e perfettamente integrato con quello del Lvk svolto attraverso la Tsz 290 .<br />

Seguendo le orme del celebre cappuccino Haspinger, il frate guerriero dell’anno nove, i<br />

cappellani militari si occuparono fin da subito della “psychische Betreuung”, cioè<br />

dell’assistenza psicologica ai soldati, secondo il motto “Wir haben Maschinengewehre und<br />

Feldkuraten!” 291 : un ruolo particolarmente importante venne svolto dal clero redentorista,<br />

facente capo a un or<strong>di</strong>ne cattolico attivo fin dal XVIII secolo nelle Volksmissionen 292 .<br />

I vescovi, poi, visitavano <strong>di</strong> frequente il fronte nell’ambito <strong>di</strong> processioni e pellegrinaggi<br />

votivi, durante i quali i più abili oratori tenevano <strong>di</strong>scorsi alle truppe: il più noto <strong>di</strong> questi è<br />

Bruder Willram, le cui opere poetiche trovarono un certo spazio nella Tsz e le quali<br />

certamente influenzarono in buona parte il linguaggio e il contenuto delle altre liriche prodotte<br />

dai combattenti-scrittori.<br />

Bruder Willram hält <strong>di</strong>e Feldrede. LB 26.02.1916, p. 4<br />

Sono otto in tutto le pre<strong>di</strong>che <strong>di</strong> cui la Tsz riporta il testo integrale: una <strong>di</strong> Bruder Willram 293<br />

(fece un unico viaggio al fronte nel 1915, viaggio documentato anche dalla foto riportata<br />

290<br />

Roner, op. cit., pp.188-189.<br />

291<br />

“Noi abbiamo mitragliatrici e cappellani militari!”, Ibid.<br />

292<br />

“Missioni presso il popolo”. Il nome latino dell’or<strong>di</strong>ne è Congregatio Sanctissimi Redemptoris, Ibid.<br />

293<br />

Nella Tsz vennero pubblicate cinque poesie (Motto, Dolomitenwacht x2, Der Kaiser Ruft, Mein Hoferland,<br />

mein Heimatland) e una pre<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Willram. Tutta le raccolte <strong>di</strong> poesie <strong>di</strong> Willram precedenti alla guerra<br />

contengono prevalentemente descrizioni molto dettagliate del mondo alpino tirolese e sono delle vere e proprie<br />

confessioni d’amore alla bellezza della natura della propria piccola patria, in particolare de<strong>di</strong>cando particolare<br />

106


sopra), quattro <strong>di</strong> Padre Rudolf Figl (cappellano all’ospedale militare <strong>di</strong> Bressanone) e tre non<br />

sono firmate, ma dallo stile sembrano riconducibili a Figl.<br />

Non è noto se i testi rappresentino una trascrizione fedele <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>che tenute dal vivo: a volte<br />

vengono riportate la data e il luogo in cui si erano svolte, altre volte no. È molto probabile<br />

comunque che questi testi fossero dei riassunti per la stampa compilati dagli stessi religiosi<br />

sulla base dei canovacci usati dal vivo.<br />

La quantità relativamente scarsa <strong>di</strong> testi scritti da religiosi non deve trarre in inganno: come<br />

vedremo e come è già stato ampiamente messo in evidenza, quello religioso è il serbatoio<br />

principale <strong>di</strong> simboli e schemi rappresentativi e interpretativi a cui più spesso attingono gli<br />

autori pubblicati nella Tsz. Questo, si ba<strong>di</strong>, sempre e solo fino alla riconversione della Tsz in<br />

Sz, quando erano, insomma, i Supplementi a farla da padrone: nel nuovo giornale il mondo <strong>di</strong><br />

riferimento sarà quello della politica.<br />

Si è deciso <strong>di</strong> introdurre l’analisi delle pre<strong>di</strong>che e si è scelto <strong>di</strong> citarle in questa sede poiché<br />

esse servono a chiarire con quali argomenti ed entro quali orizzonti culturali<br />

complessivamente la Tsz e i suoi supplementi esercitassero il proprio ruolo <strong>di</strong> persuasione<br />

psicologica per i soldati.<br />

Con le loro pre<strong>di</strong>che Bruder Willram e Padre Figl si pro<strong>di</strong>gavano per sottolineare il legame fra<br />

la morte e l’eroismo, fra sacrificio del soldato per la Heimat e martirio cristiano in nome della<br />

fede, <strong>di</strong>chiarando esplicitamente che al morto in guerra spettava la somma beatitu<strong>di</strong>ne celeste,<br />

e a queste tematiche si ispireranno numerosissimi altri testi che vedremo.<br />

Chiedendosi chi sono le vere vittime della guerra Bruder Willram non esita ad escludere<br />

categoricamente i caduti 294 :<br />

attenzione ai monti. Con il 1914 e l’inizio della prima guerra mon<strong>di</strong>ale il contenuto delle poesie e dei canti scritti<br />

da Willram cambiarono rispetto agli scritti antecedenti. Solo nei primi due anni <strong>di</strong> guerra furono stampati quattro<br />

libri <strong>di</strong> Bruder Willram, i quali trattavano quasi esclusivamente della guerra mon<strong>di</strong>ale e del ruolo del Tirolo in<br />

guerra:<br />

Kennt ihr das Land? Patriotische Reden und Ansprachen von Prof. A. Müller (Br. Willram) – Tyrolia, Innsbruck<br />

1914<br />

Auf, auf zum Kampf! Zwei patriotische Gedenkreden – Tyrolia, Innsbruck 1914<br />

Das blutige Jahr! – Tyrolia, Innsbruck 1915<br />

Der Heilige Kampf. Neue Kriegslieder – Tyrolia, Innsbruck 1916<br />

Soprattutto le ultime due pubblicazioni ottennero un successo strepitoso: si pensi che Der Heilige Kampf già<br />

entro lo stesso anno <strong>di</strong> pubblicazione raggiunse ad<strong>di</strong>rittura le quattro ristampe, mentre Das blutige Jahr! ancora<br />

nel 1917 la sua quinta ristampa. Fino al 1919, dunque fino ad imme<strong>di</strong>atamente dopo il conflitto tutte le opere <strong>di</strong><br />

Bruder Willram furono ancora un grosso successo. Ma da questo momento in poi l’apogeo <strong>di</strong> Willram era quasi<br />

alla fine e le opere successive vennero vendute a stento. Ovviamente, il fatto che le sue opere avessero avuto così<br />

tanto successo e che quin<strong>di</strong> le sue liriche fossero passate fra le mani <strong>di</strong> molta popolazione tirolese rende molto<br />

interessante la presenza <strong>di</strong> cinque liriche e una pre<strong>di</strong>ca all’interno delle pagine della Tsz.<br />

294<br />

Feldrede, tenuto il 12 <strong>di</strong>cembre 1915 a Brunico in occasione dell’inaugurazione del “Wehrmann in Eisen”.<br />

Nella LB la troviamo pubblicata il 26 febbraio 1916 da pag. 3 a pag. 6.<br />

107


“Wer sind <strong>di</strong>ese Opfer des Krieges? Sind es <strong>di</strong>e tausende blühender Menschenleben, <strong>di</strong>e der<br />

Schlacht herzlos in der Vollkraft der Jahre niederwürgte und in <strong>di</strong>e Grube warf? Nein! Sage<br />

ich, sie sin des nicht. Die sind eingegangen in <strong>di</strong>e ewige Ruhe: <strong>di</strong>e haben den ir<strong>di</strong>schen Tag<br />

mit der Unsterblichkeit vertauscht und leben forti m Schimmer unvergänglichen Ruhmes.” 295<br />

Così come i soldati morti vivono nel cielo, le creature celesti partecipano alla vita nelle<br />

trincee: così Padre Figl invita i soldati a pensare a San Giuseppe, patrono del Tirolo, come “al<br />

<strong>di</strong>fensore della vostra terra e grande camerata celeste” 296 . Il ruolo della <strong>di</strong>vinità, comunque,<br />

non è solo proteggere le trincee <strong>di</strong> fango e roccia delle montagne, ma anche quelle ben più<br />

fragili e cedevoli dell’anima umana:<br />

“Drum auf Brüder, gegen den nei<strong>di</strong>schen Hollenfürsten, der euch das Beste missgönnt, und<br />

verjagt ihn aus den Schützengraben eurer Seele durch den tapferen Sturm einer bal<strong>di</strong>gen<br />

Osterbeicht!” 297<br />

Confessarsi, pregare, rivolgere il proprio pensiero a Dio non serviva solo a curare la nostalgia<br />

<strong>di</strong> casa e a tenere alto il morale, ma garantisce anche l’incolumità fisica, riducendo quin<strong>di</strong> il<br />

messaggio religioso a una sorta <strong>di</strong> prontuario <strong>di</strong> anti-iella, come se le preghiere fossero delle<br />

formule magiche e l’osservanza dei sacramenti donassero poteri sovrumani o concedessero<br />

immunità: Padre Figl racconta <strong>di</strong> come sul fronte francese un soldato tedesco che aveva<br />

voluto rimandare la confessione fosse stato fulminato poco dopo da una granata 298 . Del resto<br />

la fede religiosa è l’unico modo per essere lieti anche in trincea.<br />

Marchio <strong>di</strong> riconoscimento, soprattutto nei testi <strong>di</strong> Padre Figl, dello stile sono le domande<br />

retoriche e l’uso dei vezzeggiativi e dei <strong>di</strong>minutivi; il soldato è bambino e per rivolgersi a lui<br />

si deve usare un linguaggio che si avvicini il più possibile a quello dell’infanzia:<br />

“Wird euch da nicht in der Prä<strong>di</strong>gt den Weg und das Tor zum Himmel angezeigt? Und wenn<br />

das Gebet ein guter Himmelschlüssel ist, wo könnt ihr sicherer auf Einlass recane […]? Und<br />

sperrt uns der gute Heiland nicht selbst <strong>di</strong>e Himmelstür auf […]? Und wenn einer ein<br />

besonderes gutes Stündlein hat und dem Feldpater – ihr weisst ja, dass sie weite Ärmel haben<br />

– in der Beicht seine Karten aufdeckt, kriegt er da nicht wieder eine neue Eintrittskarte für den<br />

295<br />

“Chi sono queste vittime della guerra? Sono le migliaia <strong>di</strong> floride vite umane, che la battaglia ha<br />

impietosamente stroncato e gettato nella fossa nel fiore <strong>degli</strong> anni? No! Dico io, non sono loro. Essi hanno<br />

raggiunto la pace eterna: hanno scambiato la vita terrena con l’immortalità e continuano a vivere nello splendore<br />

della gloria eterna.”<br />

296<br />

“eurem Landesvertei<strong>di</strong>ger und grossen Kriegskamerad im Himmel”. Feldpre<strong>di</strong>gt für Josephi. Tsz n. 139-140,<br />

p. 2.<br />

297<br />

“Quin<strong>di</strong> forza fratelli, contro l’invi<strong>di</strong>oso redegl’inferi, che è geloso <strong>di</strong> ciò che <strong>di</strong> meglio avete, e scacciatelo<br />

dalle trincee della vostra anima con l’assalto valoroso <strong>di</strong> una pronta confessione pasquale!”. Feldpre<strong>di</strong>gt,<br />

anonima. Tsz n. 48-49, p. 8.<br />

298<br />

Feldpre<strong>di</strong>gt auf den ersten Fastensonntag. Tsz, n. 133-134, p. 2.<br />

108


Himmel, wenn er <strong>di</strong>e alte durch eine Todsünde verolren hätte? Oder kriegt er sonst nicht eine<br />

noch bessere, etwa zweiten oder ersten Platz, statt dritten?” 299<br />

Se a questo brano venissero tolti i punti interrogativi e le negazioni si otterrebbe una serie <strong>di</strong><br />

affermazioni imperative.<br />

Elementi chiave dell’utilizzo del messaggio religioso in queste pagine sono l’eroismo e lo<br />

spirito <strong>di</strong> sacrificio. In particolare nell’ambito del conflitto sono espressioni chiave, in nome<br />

delle quali ci si sacrifica al fronte con buona <strong>di</strong>sposizione d’animo per Dio, l’Imperatore e la<br />

Patria. Questo messaggio era finalizzato a tenere sempre vivo e saldo il rapporto tra la patria e<br />

la religione. Il fatto che fosse un’argomentazione religiosa, autenticata dalle pre<strong>di</strong>che <strong>di</strong><br />

campo, a sostenere la giustizia e la santità della guerra rendeva il messaggio molto più<br />

cre<strong>di</strong>bile e gli dava una presa certamente più ra<strong>di</strong>cata nella popolazione <strong>di</strong> soldati-lettori.<br />

L’Austria, il Tirolo ancor più come terra <strong>di</strong> confine, doveva combattere contro i Barbari,<br />

l’inciviltà, l’assenza <strong>di</strong> valori e il modo <strong>di</strong> pensare anarchico <strong>degli</strong> assassini a tra<strong>di</strong>mento e dei<br />

briganti <strong>di</strong> strada. Il nemico, in questi versi, può essere combattuto e vinto solo da citta<strong>di</strong>ni e<br />

soldati ligi al dovere ed educati cristianamente: essere educati cristianamente significa essere<br />

patrioti. Il patriottismo è inoltre una caratteristica tipica del mondo tedesco poiché prevede<br />

una ubbi<strong>di</strong>enza superlativa, amore e fedeltà alla propria patria. Se il sud<strong>di</strong>to è così devoto alla<br />

patria, altrettanto dovrà esserlo alla figura che rappresenta Dio in terra, alla figura paterna che<br />

guida questi sud<strong>di</strong>ti: l’Imperatore. Il fatto poi che la casa regnante fosse estremamente<br />

credente rendeva l’idea che Dio fosse sempre a fianco all’Imperatore e alla sua causa molto<br />

cre<strong>di</strong>bile e spen<strong>di</strong>bile in questi versi. In particolare il Tirolo che si era schierato in modo<br />

fermo e deciso contro la Riforma ed era rimasto quasi al 100% cattolico ed aveva anche un<br />

legame speciale, una devozione al Cuore <strong>di</strong> Gesù. In queste liriche, Dio, l’Imperatore e la<br />

Patria rappresentano un unicum che va <strong>di</strong>feso e conservato intatto.<br />

Pur <strong>di</strong> essere a servizio dell’ideologia, come vedremo, gli altri autori della Tsz erano pronti a<br />

sacrificare la realtà. Nonostante nella realtà dei fatti la guerra sia un terribile male e non abbia<br />

niente a che fare con Dio e con la fede, nella teologia <strong>di</strong> guerra invece, costruita sull’o<strong>di</strong>o e<br />

299<br />

“Non vi viene forse qui, durante la pre<strong>di</strong>ca, mostrata la via e la porta del Para<strong>di</strong>so? E se la preghiera è una<br />

valida chiave per il Cielo, dove potete contare su un’entrata più sicura[…]? E il buon Redentore non ci apre forse<br />

<strong>di</strong> persona la porta del Para<strong>di</strong>so[…]? E se uno ha un’orettina particolarmente tranquilla e mostra in confessione<br />

le sue carte al Cappellano militare – voi lo sapete che hanno le maniche larghe – non riceve forse un nuovo<br />

biglietto per il Para<strong>di</strong>so casomai dovesse aver perso quello vecchio per colpa <strong>di</strong> un peccato mortale? O non ne<br />

riceve forse uno ancora migliore, ad esempio il secondo o il primo posto invece del terzo?”. Feldpre<strong>di</strong>gt am<br />

hohen Kirchenweihfeste, 17 ottobre 1915, anonima. Tsz n. 144, p. 2.<br />

109


sugli obbiettivi propagan<strong>di</strong>stici <strong>degli</strong> stati, come vedremo essa <strong>di</strong>venterà un Golgota<br />

contemporaneo, dove chi muore non perde la vita, ma trova quella autentica.<br />

La prima guerra mon<strong>di</strong>ale fece oltre 15.000.000 <strong>di</strong> morti tra militari e civili. Il 13% <strong>di</strong> questi<br />

caduti appartenevano all’impero austroungarico.<br />

Il binomio morte e guerra, tema molto scottante vista l’innaturale esposizione <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong><br />

uomini alla convivenza con questa tragica esperienza – sia propria sia dei compagni - non è<br />

completamente omessa nelle liriche apparse nei Supplementi letterari, o meglio, il tema della<br />

morte viene sì trattato, ma non ovviamente in tono polemico o quantitativo, ma proprio per la<br />

sua inaccettabilità è l’ergomento che viene maggiormente falsificato e capovolto e che,<br />

paradossalmente, <strong>di</strong>viene il più sfruttato in questa rassegna.<br />

Essendo una delle realtà più evidenti, dolorose e temute con cui ogni giorno i soldati<br />

dovevano confrontarsi: che toccasse <strong>di</strong>rettamente a uno <strong>di</strong> essi o a un commilitone, la morte<br />

era là incombente, era una possibilità molto concreta per ciascuno dei combattenti, e chi<br />

fortunatamente sopravviveva ad un assalto sapeva che domani o dopo o fra qualche mese<br />

forse sarebbe toccato anche a lui morire così brutalmente. Questa preoccupazione, questa<br />

ombra che si allungava nei pensieri dei combattenti poteva certamente trasformarsi in un<br />

pericolo per la buona salute dell’esercito. Per questo motivo in queste pagine il tema della<br />

morte non viene completamente escluso, poiché vi era la consapevolezza che tanto i soldati vi<br />

avrebbero pensato, ma molto più astutamente la morte veniva spiegata, edulcorata,<br />

trasfigurata con tutte le argomentazioni più efficaci che potessero rappresentare una<br />

<strong>di</strong>strazione dal pensiero negativo che essa normalmente evoca. Questa argomentazione<br />

doveva servire a confortare anche chi aveva dei parenti al fronte (ricor<strong>di</strong>amo che il giornale<br />

era <strong>di</strong>ffuso anche fra i civili), la loro eventuale per<strong>di</strong>ta doveva rappresentare per essi motivo <strong>di</strong><br />

orgoglio e vanto.<br />

Esemplifichiamo con casi concreti quanto appena introdotto.<br />

- Il sacrificio per una ricompensa terrena<br />

Il tema della morte in guerra e dello spirito <strong>di</strong> sacrificio, non indotto, ma voluto, sentito e<br />

amato dai soldati è il nucleo tematico più significativo, anche quantitativamente, sul quale si<br />

costruiscono le liriche dei Supplementi. Strettamente legato all’integrità morale e all’eroismo<br />

è usato come principale aspetto <strong>di</strong> eterorappresentazione. In molti testi sono gli stessi<br />

110


combattenti a parlare serenamente <strong>di</strong> questa tragica eventualità e ciò rende il messaggio finale<br />

dei testi ancora più efficace.<br />

La vittoria e la pace certamente richiedono il sacrificio <strong>di</strong> vite umane, ma ciò che conta è<br />

tenere la patria libera dal giogo nemico, questo è l’obiettivo numero uno, per questo motivo<br />

bisogna vivere serenamente la possibilità <strong>di</strong> morire: “Auch wir erhoffen auf Erden/Das Glück<br />

und <strong>di</strong>e friedliche Zeit,/Doch muß sie errungen werden/In heldenhaften Kampfe und<br />

Leid./[…] So lasset uns kämpfen und sterben,/[…] Daß jeder unserer Erben/Dereinst seinen<br />

Frieden hab’.” 300<br />

Offrire ai posteri la possibilità <strong>di</strong> vivere in un paese libero sarà la ricompensa più grande per<br />

chi perde la propria vita. È importante che da questi testi emerga la libera scelta <strong>di</strong> immolarsi<br />

in questa carneficina per garantire e, meglio, restituire la serenità al popolo tirolese<br />

minacciato:<br />

“Die Welt steht in Flammen, es tobt der Krieg/In unsern heiligen Landen;/[…]Gar mancher<br />

der Helden, der draußen fiel,/Die gaben ja gern ihr Leben/Für Heimat, Kaiser und<br />

Vaterland/Um eines Sieges wegen./Sie sind nicht verzagt <strong>di</strong>e Helden im Feld,/Stets tapfer und<br />

mutig sich schlagen./[…] Drum, Lieben im fernen Heimatsort,/Seid ihr nur etwas<br />

gedul<strong>di</strong>g!/[…]Wenn dann ja <strong>di</strong>e Feinde gebläut/Nach Noten und Gesetzen,/Dann kann sich<br />

auch das Tiroler Volk/Wieder zur Ruhe setzen.” 301<br />

Des Vaterlands Zukunft erblüht aus dem Schmerz è ancora un testo che rimarca l’importanza<br />

<strong>di</strong> tenere saldo lo spirito <strong>di</strong> abnegazione ed estende questa necessità anche a chi sta a casa.<br />

Affinchè questa pre<strong>di</strong>sposizione sia mantenuta sempre viva bisogna continuamente ricordare<br />

che il futuro, la pace e la libertà della patria <strong>di</strong>pendono da tutti e dalla capacità <strong>di</strong> resistenza <strong>di</strong><br />

ciascuno <strong>di</strong> fronte alla necessità. Il risultato <strong>di</strong> questo sacrificio e della sofferenza patita sarà<br />

giubilo e pace: “Fahnen überhall, Fahnen in bunten Farben;/Obwohl Tausende unserer Brüder<br />

starben,/[…] Ich gedenke der zahllosen blutenden Wunden,/Und derer, <strong>di</strong>e den Heldentod<br />

gefunden./Ich gedenke der weinenden Mütter und Bräute/Und höre im Geiste<br />

Todesgeläute./[…] Da durchzieht ein stiller Trost mein Herz:/Des Vaterland’s Zukunft erblüht<br />

300<br />

Unsere Hoffnung, La nostra speranza: “Anche noi ci aspettiamo sulla terra/la fortuna e il tempo <strong>di</strong><br />

pace,/tuttavia questo deve essere raggiunto/attraverso la battaglia eroica e il dolore./[…] Perciò lasciateci<br />

combattere e morire,/[…] in modo che ciascuno dei nostri ere<strong>di</strong>/abbia un giorno la propria pace.”<br />

301<br />

Vergeltung, Ricompensa: “Il mondo è in fiamme, imperversa la guerra/nella nostra terra santa;/[…]Alcuni<br />

<strong>degli</strong> eroi, che cadono là fuori,/essi donano volentieri la loro vita/per la Patria, l’Imperatore e la Nazione/al fine<br />

<strong>di</strong> ottenere una vittoria./Loro non si sono persi d’animo, gli eroi in campo,/si battono sempre con valore e<br />

coraggio./[…] Perciò, voi cari che siete nella patria lontana,/siate solo un po’ pazienti!/[…] Allora quando il<br />

nemico sbiancherà/a causa dei nostri sol<strong>di</strong> e delle nostre leggi,/allora il popolo tirolese può stare/nuovamente in<br />

pace.”<br />

111


aus dem Schmerz./Fort mit den Gedanken, so weh und so weich,/Ein herrliches, gebietendes,<br />

stärkeres Reich/Ersteht aus dem Herzblut der toten Streiter…/Jubelnde Klänge, jubelt nur<br />

weiter!” 302<br />

Anche chi sta a casa, in queste pagine sono normalmente le donne – madri o spose, deve<br />

pazientare ed essere forte così come fanno coloro che sono al fronte. La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un caro è<br />

una cosa che deve essere messa in conto, ma <strong>di</strong> fronte ad essa l’atteggiamento deve rimanere<br />

saldo. Qualunque cosa succeda è per il bene della patria, questo sacrificio sarà in qualche<br />

modo ricompensato: “Es steht ein Posten ganz allein/Weit draußen auf der Wacht;/kein<br />

Sternchen gibt milden Schein/In schwarzer schauriger Nacht./Er denkt nach Haus’ an Weib<br />

und Kind:/Ums Herz ist ihm so weh!/Da kracht ein Schuß nah im Gebüsch;/Sein letzte<br />

Wort:Ade!” 303 al momento in cui comunicano la morte dell’uomo alla moglie: “Was ist für<br />

mich <strong>di</strong>e Welt!/Mein Liebster ist gefallen nun/Für’n Kaiser und als Held./Dann wankt sie zu<br />

dem Bettlein hin:/ Lieb Kindlein! Schlaf nur ein!/Ich will für <strong>di</strong>ch, solang ich leb’,/Die<br />

bravste Mutter sein!” 304 così come avviene in questi versi, dal momento <strong>di</strong> sconforto a quello<br />

<strong>di</strong> reazione positiva deve passare molto poco tempo: la morte del consorte deve spronare la<br />

donna ad essere una madre doppiamente presente e coraggiosa per il suo bimbo. Altrove il<br />

tema della previsione della morte del combattente è trattato meno ‘eroicamente’, ma con un<br />

senso <strong>di</strong> accettazione fatalistica (Sia fatta la volontà <strong>di</strong> Dio) come nel testo Das Kreuz von<br />

Mutters Rosenkranz : “Als mich mein Kaiser rief zum blut’gen Streite,/Da traf es schwer mein<br />

altes Mütterlein./[…] Sie klagte nicht,[…]/Dann hat sie still mir um den Hals gebunden/Das<br />

kleine Kreuz von ihren Rosenkranz./Sie sprach: «Mein Sohn, nimm <strong>di</strong>eses Heilandzeichen,/Es<br />

schützet <strong>di</strong>ch in Not auf blut’gem Feld,/So Gottes will, wirst du mir’s wieder reichen/Und<br />

wenn nicht hier, so doch im Sternenzelt.»” 305 Anche questo tipo <strong>di</strong> atteggiamento, che fa leva<br />

302<br />

Il futuro della Patria sboccia dal dolore: “Ban<strong>di</strong>ere dappertutto, ban<strong>di</strong>ere variopinte;/ sebbene migliaia dei<br />

nostri fratelli muoiano,/[…] Io commemoro le innumerevoli ferite sanguinanti,/e coloro che trovarono la morte<br />

eroica./Io commemoro le madri e le spose in lacrime/e ascolto col pensiero le campane a morto./[…] Allora un<br />

muto conforto attraversa il mio cuore:/il futuro della Patria sboccia dal dolore./Perduto nella commemorazione,<br />

così dolorosa e tenera,/un Regno magnifico, dominante e più forte/sorge dal sangue versato dai combattenti<br />

morti…/Suoni <strong>di</strong> giubilo, tripu<strong>di</strong>ano nuovamente!”<br />

303<br />

Die Schützenfrau, La donna del soldato: “Una sentinella completamente sola/ fa la guar<strong>di</strong>a molto<br />

fuori;/nessuna stella fa un po’ <strong>di</strong> chiarore/nella notte nera e terribile./Egli pensa a casa alla moglie e al figlio:/gli<br />

fa così male il cuore!/Allora tuona uno sparo vicino ai cespugli;/la sua ultima parola: ad<strong>di</strong>o!”<br />

304<br />

“Cos’è per me il mondo!/Ora il mio amato è morto/per l’Imperatore e come un eroe./Allora si <strong>di</strong>rige<br />

barcollando verso il letto:/ amato figlioletto! Ora addormentati!/Fintanto che avrò vita io voglio essere per te,/la<br />

migliore delle madri!”<br />

305<br />

La croce del rosario materno: “Quando il mio Imperatore mi chiamò per la sanguinosa battaglia,/ciò venne<br />

accettato con <strong>di</strong>fficoltà dalla mia anziana madre./[…] Lei non si lamentò, […] mi legò silenziosamente al<br />

collo/la piccola croce del suo rosario./Disse: «Figlio mio, pren<strong>di</strong> questo simbolo del Salvatore,/ti proteggerà nella<br />

necessità sul campo <strong>di</strong> battaglia,/e se Dio vorrà, tu me lo ridarai/e se non sarà qui, allora nella tenda stellata.»”<br />

112


sull’ampia porzione <strong>di</strong> ossequioso e devoto rispetto <strong>di</strong> cui si costituiva la religiosità popolare,<br />

è fortemente incoraggiato e sotenuto in questi testi. A questo proposito s’introduce un altro<br />

topic molto importante, quello dell’uso scaramantico della religione: la madre dona al proprio<br />

figlio il rosario nella speranza, o forse convinzione, che esso lo proteggerà dai pericoli.<br />

L’eroismo femminile <strong>di</strong> queste pagine si riassume in questo modo ed è un argomento a cui<br />

viene dato <strong>di</strong>screto risalto in queste pagine. Molte volte sono le donne descritte nel pensare ai<br />

figli/fidanzati/mariti lontani al fronte, altrove sono i soldati che rivolgono il loro pensiero alle<br />

proprie donne come in Gruss an mein Mutterl: “Denn ich weiss, sie lebt in Sorgen,/Jetzt<br />

darein, um ihren Sohn/Der in fernen Süden lauert/Auf den Feind seit Wochen schon./Stand<br />

auf Wache am Isonzo/Heut im sturmdurchbrauster Nacht,/Und ich fühlt es tief im<br />

Innern:/Jetzt hat’s Mutterl’ mein gedacht!” 306<br />

- Sacrificio come ricompensa nell’Al<strong>di</strong>là<br />

Unitamente alla ricompensa <strong>di</strong> una patria libera e non sottomessa, la morte in guerra, seppur<br />

dolorosa, non solo è <strong>di</strong> buon auspicio per la vittoria, ma ancor più essa è etremamente gra<strong>di</strong>ta<br />

a Dio.<br />

Il linguaggio che descrive la morte è completamente contrario a quello della realtà <strong>di</strong> guerra il<br />

ciò è finalizzato a rappresentarla come un contrappasso positivo alle pene sofferte sul campo e<br />

come opportunità per santificarsi. Questa opportunità in molti testi <strong>di</strong>venta una certezza, chi<br />

ha compiuto il proprio dovere riposerà nella pace <strong>di</strong>vina: “Herr, lasse sie ruhen im tiefen<br />

Frieden!/Ob in der Heimatserd’, ob fern im stillen Hag,/Sie, <strong>di</strong>e erfüllt <strong>di</strong>e heiligste Pflicht<br />

hiernieden;” 307<br />

Di fronte alla paura della morte doveva essere più forte la certezza <strong>di</strong> andare dritti in Para<strong>di</strong>so,<br />

come emerge dai due esempi che seguono: “Und wär’s uns beschieden, wer schreckt sich vor<br />

dem Tod?/Wir ziehen in Frieden. Auf Wiederschau’n!/B’hüt Gott!/Der Engel lacht, der’s<br />

Himmelstor bewacht:/Das san Kaiserjäger! G’schwind aufg’macht!” 308 oppure “Hörst du <strong>di</strong>e<br />

Kugel sausen?/Kamerad!/Hörst <strong>di</strong>e Granate brausen?/Kamerad!/Es zieht durch <strong>di</strong>e Lüfte/Im<br />

hellen Morgenrot,/Der Schalchtentod!/Ich fühl’ ein leises Mahnen,/Kamerad!/Es ist wie<br />

306<br />

Saluto alla mia mammina: “Poiché io so che lei vive nella preoccupazione,/per suo figlio/che fa la guar<strong>di</strong>a al<br />

nemico/ nel lontano sud già da settimane./Fa la sentinella nell’Isonzo/oggi, in questa notte colpita da una<br />

tempesta,/e io sento nel mio intimo più profondo:/ora la mia mammina mi ha pensato.”<br />

307<br />

Unseren gefallenen Helden!, Ai nostri eroi caduti!: “Signore, lasciali riposare nella pace profonda!/O nella<br />

terra natia, o lontano nel quieto bosco,/Loro, che assolsero il dovere più sacro quaggiù”<br />

308<br />

Die Kaiserjäger, I Kaiserjäger: “E se ne fossimo informati (della morte), chi si spaventa <strong>di</strong> fronte alla<br />

morte?/Noi ce ne an<strong>di</strong>amo in pace. Arrivederci!/Dio ci protegge!/L’angelo che custo<strong>di</strong>sce la porta del para<strong>di</strong>so<br />

sorride:/Questi sono Kaiserjäger! Veloci aprite!”<br />

113


Todesahnen,/Kamerad!/Schau an <strong>di</strong>e grünen Gräser,/Wer färbte sie so rot?/Der<br />

Schlachtentod!/Sollt ich getroffen werden,/Kamerad!/Leg’ mich in kühle<br />

Erden,/Kamerad!/D’rauf blühen rote Rosen,/Mich führt hinauf zu Gott,/Der<br />

Schlachtentod!” 309<br />

Il Supplemento pasquale si offre, a questo proposito, come fonte più nutrita <strong>di</strong> esempi.<br />

L’avvento della Pasqua e della resurrezione <strong>di</strong> Cristo, dopo il suo eroico sacrificio, è un<br />

para<strong>di</strong>gma offerto continuamente al soldato e ai suoi cari per considerare l’aspetto più elevato<br />

e spirituale della morte in guerra.<br />

Con l’allungarsi in maniera sempre più indeterminata dei tempi <strong>di</strong> soluzione del conflitto il<br />

paragone del soldato con Cristo comincia ad essere utilizzato a ritmo molto serrato: essi<br />

con<strong>di</strong>vidono sì la sofferenza, ma li unisce anche la resurrezione finale. Il tra<strong>di</strong>mento italiano<br />

(Giuda, come verrà chiamato spesso in queste pagine) rende il paragone ancora più pregnante:<br />

“Heldenkette, Adlerwacht/An des Reiches Grenzen,/[…] Ein Gebet: Gott wolle hier/Auch den<br />

Sieg <strong>di</strong>r schenken!/Einen Sieg, so leuchtend groß,/Wie sein Auferstehen,/[…] nicht <strong>di</strong>e<br />

Kraft,/Arglist und Gemeinheit/Ist’s, <strong>di</strong>e ew’ge Siege schafft,/Nur des Wollens Reinheit!” 310<br />

ancora: “Wir tragen Christi Leiden/Und tragen Christi Freuden.” 311 .<br />

“Es ist Weihnacht und wir steh’n im Felde / Kämpfen treu für Kaiser und das Land / [...] Wir<br />

hofften wohl, daß wir <strong>di</strong>e Weihnacht feiern / Zuhaus’ bei euch, im Lieben Heimatland, / Doch<br />

ruft <strong>di</strong>e Pflicht : ihr wißt, <strong>di</strong>e kommt vor allem, / Doch tröstet Euch, bald sind wir beieinand’./<br />

Und wenn <strong>di</strong>e Osterglocken läuten, / und kehrt der liebe Frühling ein, / Dann ziehen wir zur<br />

Euch, Ihr Lieben, / Als Sieger von dem Weltkrieg heim.” 312 Così recita, fiduciosa, una poesia<br />

scritta nel bel mezzo del secondo inverno bellico. Una convinzione o una speranza; un<br />

desiderio da comunicare agli altri, ma forse, soprattutto a sé stessi : “A Pasqua saremo a casa<br />

309<br />

Der Schlachtentod, La morte in battaglia: “Senti le pallottole fischiare?/Compagno!/Senti le granate<br />

scrosciare?/Compagno!/Si muove nell’aria,/nel luminoso rosso mattutino,/la morte in battaglia!/Io sento un<br />

monito sommesso,/Compagno!/Questa è come la morte <strong>degli</strong> antenati,/Compagno!/Guarda i ver<strong>di</strong> pascoli,/chi li<br />

ha coloriti così <strong>di</strong> rosso?/la morte in battaglia!/Se io la dovessi incontrare,/Compagno!/Riponimi nella terra<br />

fresca,/Compagno!/Là fioriranno delle rose rosse,/mi conduce su da Dio,/la morte in battaglia!”<br />

310<br />

Tiroler Ostern 1916, Pasqua tirolese 1916: “Schiere <strong>di</strong> eroi, guar<strong>di</strong>a dell’aquila,/ai confini del Regno,/[…]<br />

una preghiera: Dio vuole mandarti/ la vittoria anche qui!/Una vittoria così ra<strong>di</strong>osamente grande,/come la Sua<br />

resurrezione,/[…] non sono la forza, la perfi<strong>di</strong>a e la cattiveria/a far scaturire la vittoria eterna,/ma solo la purezza<br />

della volontà!”<br />

311<br />

Feldsoldaten, Soldati da campo: “Noi patiamo i dolori <strong>di</strong> Cristo/e go<strong>di</strong>amo la gioia <strong>di</strong> Cristo”<br />

312<br />

Weihnacht im Felde, Natale al campo: “E’ Natale e noi siamo in campo/combattiamo fedelmente per il nostro<br />

Re e la nostra Terra./[…] Speravamo <strong>di</strong> cuore <strong>di</strong> poter festeggiare il Natale a casa con voi,/ nell’amata patria,/<br />

ma il dovere ci chiama. E voi sapete che esso ha la precedenza su tutto il resto./Ma consolatevi, poiché presto<br />

saremo uno accanto all’altro/ e quando le campane pasquali suoneranno/ e tornerà l’amata primavera,/ noi<br />

torneremo da voi, da voi amati cari,/ come vincitori della guerra mon<strong>di</strong>ale.”<br />

114


!”. Così, come allo scoppio della guerra, nell’agosto del 1914, era comune la visione che si<br />

sarebbe trattato <strong>di</strong> una breve guerra <strong>di</strong> manovre e si sarebbe tornati tutti a casa per Natale,<br />

(mentre <strong>di</strong> fatto i combattenti ne passarono ad<strong>di</strong>rittura quattro al fronte) anche in questo caso<br />

la speranza <strong>di</strong> essere a casa per Pasqua sarebbe stata <strong>di</strong>sillusa. Infatti, a Pasqua del 1916 i<br />

soldati dell’esercito austroungarico sono ancora al fronte e questa festività ce la racconta il<br />

supplemento letterario del 23 aprile 1916.<br />

Questo supplemento sfrutta in maniera sistematica il messaggio pasquale, associandolo alla<br />

primavera e alla vittoria e sottolineandone lo stretto legame, visto che tutte e tre le tematiche<br />

sono connesse, anche se con sfumature <strong>di</strong>fferenti, alla rinascita : resurrezione dell’anima,<br />

risveglio della natura e una nuova nascita politica ed egemonica. La guerra è, per gli stati in<br />

guerra, come la Quaresima per le anime: un cammino verso la rinascita, è l’annuncio <strong>di</strong><br />

cambiamento; come la primavera è un periodo laborioso e impegnativo, ricco <strong>di</strong> speranze,<br />

dove tutto si prepara al rinnovamento per aprire le porte alla stagione dei fiori e dei frutti. Il<br />

messaggio pasquale cristiano, dunque, <strong>di</strong>venta la metafora più compiuta <strong>di</strong> ciò che la realtà<br />

bellica doveva significare agli occhi dei combattenti e <strong>di</strong> chi stava a casa. Il messaggio <strong>di</strong><br />

questo Supplemento ruota principalmente sul verbo “Auferstehen”, resuscitare, inteso nei<br />

molteplici significati appena visti. Citiamo un esempio interessante che valga per tutti:<br />

Zum Auferstehungsfest<br />

In schwerer Schicksalsstunde<br />

In ernster Zeiten Lauf,<br />

Scholl aus des Kaisers Munde<br />

Der Ruf: Mein Volk steh auf!<br />

Das Volk stand auf zu schirmen<br />

Das Reich in tapf’rer Wehr.<br />

Mit Gut und Blut zu firmen<br />

Hoch Habsburgs Ruhm und Ehr!<br />

Der Klang der Osterglocken<br />

Rauscht fröhlich fetzt durch’s Land<br />

Und kündet mit Frohlocken,<br />

115


Daß Christus auferstand!<br />

Du feierlich Geläute<br />

Kling auf zu Gottes Höh’n,<br />

Und künde du uns heute:<br />

Jung-Öst’reichs Aufersteh’n! 313<br />

Sono due, i nuclei tematici principali <strong>di</strong> questa poesia: la necessità <strong>di</strong> guerra e la Pasqua, che<br />

vengono collegate da una serie <strong>di</strong> parallelismi che l’autore abilmente organizza all’interno del<br />

testo, mettendo in relazione, con determinate scelte lessicali, le strofe pari alle strofe <strong>di</strong>spari.<br />

Le prime due strofe sono le strofe dell’ieri, quando il Kaiser chiama il suo popolo alle armi e<br />

questo risponde, pronto a proteggere il regno per riconfermarne la vecchia gloria. La grafica<br />

del testo evidenzia come “das Volk” e “das Reich” siano la stessa cosa, allineati uno sotto<br />

l’altro a inizio verso. Le ultime due strofe sono le strofe dell’oggi, della festa <strong>di</strong> Resurrezione.<br />

Il tempo verbale in queste ultime due strofe è quello del presente, aspetto sottolineato anche<br />

dagli avverbi temporali “jetzt” e “heute”.<br />

Tra la prima e la terza strofa, si possono evidenziare <strong>degli</strong> opposti parallelismi legati alle<br />

seguenti espressioni: “Scholl aus des Kaisers Munde der Ruf” in<strong>di</strong>ca il tono è più severo e<br />

legato alla sfera del dovere nella prima strofa; mentre il linguaggio usato nella seconda è più<br />

lieto, ricorda l’annuncio <strong>di</strong> una buona novella: “der Klang der Osterglocken […] kündet ”.<br />

Anche l’uso <strong>di</strong> avverbi <strong>di</strong>fferenti delimita questi <strong>di</strong>versi aspetti: “ernst / schwer” nella prima<br />

strofa e “fröhlich / mit frohlocken” nella terza. L’ultimo verso delle strofe <strong>di</strong>spari sottolinea<br />

ulteriormente la <strong>di</strong>versità tra il passato e il presente: nella prima strofa “Mein Volk steh auf<br />

!”, in cui il tempo imperativo in<strong>di</strong>ca il dovere imposto dall’alto e nella terza “Christus<br />

auferstand” che è invece il contenuto della buona novella che annunciano le campane. Anche<br />

nelle strofe pari si possono segnalare delle scelte lessicali tese a contrapporre l’atmosfera del<br />

passato a quella del presente: nella seconda strofa vengono utilizzati i verbi “schirmen” e<br />

“firmen” che in<strong>di</strong>cano <strong>degli</strong> impegni seri presi nei confronti della patria allo scoppio della<br />

313 Per la festa <strong>di</strong> resurrezione: “Nelle ore più grigie del destino/nel corso <strong>di</strong> tempi duri,/risuonò dalle labbra<br />

dell’Imperatore/ la chiamata: mia gente in pie<strong>di</strong>!/ Il popolo si erse per proteggere/il Regno con una resistenza<br />

valorosa./Per riconfermare con il sangue e con lo spirito/l’onore e la gloria <strong>degli</strong> Asburgo!/Il suono delle<br />

campane pasquali/risuona gioioso attraverso il Paese/e annuncia con gioia,/che Cristo è risorto!/Tu suono <strong>di</strong><br />

festa/risuona nelle altezze <strong>di</strong>vine,/e annunciaci oggi:/la nuova Austria risorgerà!”<br />

116


guerra da parte dei sud<strong>di</strong>ti austroungarici; mentre nella quarta e ultima strofa il tono generale<br />

è caratterizzato dai verbi “klingen” e “künden”. Gli ultimi versi delle strofe pari<br />

concludono questi parallelismi e ne completano il messaggio: se, nella necessità <strong>di</strong> guerra, la<br />

vecchia gloria era stata messa in pericolo, nell’ heute si può già annunciare una rinascita,<br />

avvenuta in concomitanza alla Resurrezione del Cristo: “Jung-Osterreichs Auferstehen!”.<br />

La preoccupazione e il pericolo della guerra vengono messe da parte grazie al trionfo e alla<br />

rinascita delle vecchie certezze; il passato, tempo dell’ “Aufstehen” dunque del sacrificio,<br />

viene idealmente allontanato in questa trasfigurazione poetica e lo sguardo verso il futuro, che<br />

<strong>di</strong>venta tempo dell’ “Auferstehen” dunque del premio, è fiducioso e, soprattutto, sostenuto<br />

dalla Resurrezione <strong>di</strong> Cristo.<br />

Per tenere stretto il paragone tra Cristo e i soldati, un altro concetto centrale è “das Blut”. Il<br />

sangue è l’anima dell’uomo, donare il proprio sangue per Dio, l’Imperatore e la Patria è per<br />

queste liriche il compito principale del vero soldato. La morte sanguinosa è onnipresente nelle<br />

liriche <strong>di</strong> guerra analizzate: la terra tirolese è impregnata <strong>di</strong> sangue e da esso santificata e vive<br />

del sangue versato dai propri martiri/eroi. In queste liriche il sangue, dunque, ha solamente un<br />

ruolo mistico e non si riferisce invece alla spaventosa realtà della morte, dei lazzaretti, delle<br />

ferite, non è quin<strong>di</strong> connotato negativamente. Le vittime romanticamente trasfigurate sono la<br />

testimonianza viva e concreta della sofferenza Cristo, sacrificano sé stessi per compiere la<br />

volontà del Padre e liberare l’umanità. Un motivo, il motivo questo per non vivere il lutto con<br />

<strong>di</strong>sperazione: per nessun altro lutto, come per questo, esistono così forti e vali<strong>di</strong> motivi <strong>di</strong><br />

consolazione. Le argomentazioni incedono arrivando ad<strong>di</strong>rittura a trasformare il dolore in<br />

gioia e la morte in immortalità, sempre sottolineando, come questa sia una prerogativa<br />

esclusiva della morte in guerra.<br />

I caduti sono descritti come <strong>degli</strong> eletti, come nuovi martiri, ai quali è stata concessa la<br />

possibilità <strong>di</strong> morire eroicamente. L’aspettativa <strong>di</strong> questa vita ultraterrena deve offrire<br />

consolazione e coraggio per affrontare il particolare destino cui questi “eletti” sono stati<br />

chiamati. Questo è il messaggio pasquale adattato alla necessità bellica: si impone un<br />

paragone dei soldati caduti col Cristo; paragone che, <strong>di</strong> fatto è corretto, ma che non ha come<br />

scopo rivelare il valore salvifico del dolore vissuto con <strong>di</strong>gnità, ma vuole solo generare una<br />

ammirazione tutta terrena del sacrificio, inducendo immoralmente alla carneficina. La<br />

macchina della propaganda monta il messaggio pasquale in modo che esso sia tale da<br />

allontanare la paura della morte nell’ottica della resurrezione e che incoraggi gli animi alla<br />

guerra, presentata come unica opportunità per varcare la soglia dell’eroismo.<br />

117


- Sacrificio e qualità eroiche: morte come scelta volontaria, commemorazione come ricompensa<br />

In queste poesie l’eroismo è strettamente connesso alla natura tirolese. La guerra è l’occasione<br />

in cui questa caratteristica tutta tirolese ha modo <strong>di</strong> venire fuori ed essere mostrata al mondo<br />

intero. Con la guerra essi hanno modo <strong>di</strong> poter manifestare la propria grandezza: per questo la<br />

guerra è vista come un’opportunità ed è salutata con entusiasmo in questi versi, poiché essa<br />

esige/richiede una serie <strong>di</strong> virtù che sono da intendersi sotto l’espressione grandezza, come<br />

onore, eroismo, spirito <strong>di</strong> sacrificio, cameratismo. La speranza della pace nelle nostre poesie è<br />

ban<strong>di</strong>ta, è innominabile a meno che non sia associata all’idealizzazione della fine della guerra<br />

e della vittoria.<br />

I combattenti rappresentati in queste liriche, dunque, conoscono perfettamente cosa può<br />

succedere loro, ma lottano senza lamenti e senza lagne, anzi still und stolz (muto e fiero,<br />

parole chiave spesso usate): “Sie, <strong>di</strong>e ihr Blut fürs Vaterland vergeben/[…] Sind Helden, <strong>di</strong>e<br />

voll Mut und ohne Klagen,/Still ein Gebrest an ihren Leibern tragen,/Das sie in ihre Zukunft<br />

stolz verweben./[…] Und keine Macht des Unmuts zwingt sie nieder./[…] Als Menschen, <strong>di</strong>e<br />

sich hohen Sinn bewahren,/Trotz Opfern und Verlusten und Gefahren.” 314<br />

Nella poesia Der Sohn è una madre a ricordare l’eroismo del figlio defunto. Nonostante il suo<br />

dolore lei arriva a sostenere che la morte del figlio sia la più dolce e in questa trasfigurazione<br />

il defunto viene ricordato come uomo dai poteri sovraumani: “Mein Sohn, du starbst<br />

süßerstens Tod./ In Sturm und Braus, glühend in Mut,/Stahl in der Faust und Stahl im Blut./<br />

Hunderte, Tausende fielen gleich <strong>di</strong>r,/ Du wilder und williger als Offizier,/[…] Frei war deine<br />

Wahl, frei rittst du in den Tod.” 315<br />

Nella lirica Tod in der Schlacht lo stesso soldato chiede a Dio <strong>di</strong> non lasciarlo morire in una<br />

stanza d’ospedale, ma <strong>di</strong> morire al campo.: “Ich will nicht im Bette mit brechendem Auge/Der<br />

Tod erwarten,/[…] Im Schlachtentosen möcht’ ich sterben/Bei der Hörner schmetterndem<br />

Klang./Wenn unsere Fahnen siegreich wehen,/Der Feind vom Schlachtfeld flieht,/Dann möge<br />

<strong>di</strong>e Kugel zerreißen mein Herz,/Das in Siegesfreude geglüht.” 316<br />

314<br />

Die Verwundeten, I feriti: “Loro, che hanno versato il proprio sangue per la Patria/[…]sono eroi, che pieni <strong>di</strong><br />

coraggio e senza lamenti,/muti sopportano una lesione nelle loro carni,/che li avrebbero legati con orgoglio al<br />

proprio futuro./[…] E nessun sentimento <strong>di</strong> rabbia li butta giù./[…] Come uomini che preservano un’indole<br />

fiera,/nonostante i sacrifici, le per<strong>di</strong>te e i pericoli.”<br />

315<br />

Il Figlio: “Figlio mio, tu muori della morte più dolce./Nella tempesta e nei trambusti, ardente <strong>di</strong><br />

coraggio,/acciaio nel pugno e acciaio nel sangue./Centinaia, migliaia morirono come te,/tu il più audace e il più<br />

volenteroso <strong>degli</strong> ufficiali,/[…] la tua scelta fu libera, liberamente tu cavalchi verso la morte.”<br />

316<br />

Morte in battaglia: “Io non voglio aspettare la morte/ nel letto con gli occhi cavati,/[…]Io vorrei morire nello<br />

fragore della battaglia,/accompagnato dal suono squillante del corno./Quando le nostre ban<strong>di</strong>ere sventoleranno<br />

vittoriose,/e il nemico scapperà dal campo <strong>di</strong> battaglia,/allora la pallottola potrà fare a pezzi il mio cuore,/che<br />

arderà nella gioia della vittoria.”<br />

118


Queste qualità da uomini impavi<strong>di</strong> e valorosi <strong>di</strong> fronte alla morte, al dolore e alla sofferenza<br />

vengono menzionate per creare un’immagine mitica del soldato tirolese invincibile e<br />

imperturbabile, il lettore potrà così <strong>di</strong>stinguersi per merito <strong>di</strong> queste doti rispetto al gruppo del<br />

Nemico, che come vedremo è caratterizzato in modo del tutto opposto.<br />

La guerra fu glorificata come mezzo e occasione per ciascuno <strong>di</strong> salvezza dell’anima e <strong>di</strong><br />

raggiungimento <strong>di</strong> grandezza, attraverso il meccanismo propagan<strong>di</strong>stico, <strong>di</strong> cui una parte<br />

consistente era costituita dalla poesia <strong>di</strong> guerra. Alla vita, in quest’ottica, veniva<br />

paradossalmente dato un senso solo attraverso la morte per Dio, l’Imperatore e la Patria.<br />

Soprattutto la Chiesa s’intendeva <strong>di</strong> questa schematizzazione della guerra. La morte<br />

onnipresente doveva rinsaldare il rapporto tra gli uomini e la Chiesa: motivazione, contenuto<br />

e visualizzazione <strong>di</strong> una ricompensa erano infondo delle finzioni non la rappresentazione del<br />

reale. Letze Heimfahrt tratta, ancora una volta, il tema dei caduti impostato come altrove ma<br />

ricordando anche che il giovane defunto è vittima volenterosa <strong>di</strong> un tempo che sarà ricordato<br />

come il più gran<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> tutti i tempi: “Willig Opfer einer Zeit,/Die, […] /Die größte bleibt für<br />

alle Ewigkeit!/[…] Du junger Krieger,[…]/ Dein Ruhm kann nie auf Erden mehr<br />

verbleichen/Und ewig schlägt ein Heldenmutterherz!” 317 Si cercavano eroi che venivano<br />

creati attraverso trasfigurazioni della realtà, il pathos del combattimento e i mon<strong>di</strong> immaginari<br />

sostituiscono la realtà dell’orrore, le vittime immotivate del campo <strong>di</strong> battaglia venivano<br />

trasformate in eroi per Dio e per la patria e l’anonima e giornaliera morte <strong>di</strong> massa veniva<br />

velata attraverso un’inesistente impronta personale <strong>di</strong> umanità.<br />

La guerra era dunque rappresentata come grembo <strong>di</strong> eroismo e virtù, come occasione per<br />

santificarsi ed essere, in questo modo ricordati per sempre.<br />

La poesia Im Feld, oltre ad affrontare le tematiche note - morte e scelta volontaria <strong>di</strong><br />

sacrificare la propria giovane vita per la patria - ricorda, anche se sinteticamente, le virtù sia<br />

fisiche sia morali del combattente. Questo sacrificio però renderà il giovane un eroe<br />

immortale: “Im Feld, […]/ Bricht ein Soldatenherz./ Im Feld, da wollt’ er sein,/Bei Sturm und<br />

Feuerschein,/Im Feld mit Heldenmut,/Zu lassen junges Blut./[…] Im Feld mit Herz und<br />

Hand,/Starb er für’s Vaterland./[…] Unsterblich, er, der Held,/ Er schreitet durch das<br />

Feld.” 318<br />

317<br />

L’ultimo rientro in Patria: “Vittima volontaria <strong>di</strong> un tempo,/che […]/ rimarrà il più grande per l’eternità!/[…]<br />

Tu giovane combattente,[…]/la tua gloria non sbia<strong>di</strong>rà mai sulla terra/e in eterno batte il cuore della madre <strong>di</strong> un<br />

eroe!”<br />

318<br />

In campo: “In campo, là egli voleva essere,/nel tumulto e nell’ardere del fuoco,/in campo con coraggio<br />

eroico,/per lasciare il giovane sangue./[…] In campo col cuore e con la mano,/egli morì per la Patria./[…]<br />

Immortale, egli, l’eroe,/egli marcia sul campo.”<br />

119


Guadagnare l’immortalità, sia come vita eterna sia come commemorazione e ricordo, è<br />

certamente un’altra importante motivazione, per i soldati e per chi sta a casa, per accettare e<br />

non temere l’incontro con la morte.<br />

La poesia Allerseelen è incentrata proprio sull’importanza della commemorazione come<br />

consolazione e paga dei sacrifici, come garanzia <strong>di</strong> vita eterna anche sulla terra e non solo nel<br />

cielo: “Durchs graue Friedhofstor drängt frisches Leben/[…] Den frommen Brauch, sie einen<br />

Tag im Jahr zu ehren,/Ist es seit altersher stets treu geblieben./[…] Da kam der Krieg in <strong>di</strong>ese<br />

Welt gezogen,/Mit ihm der Tod in wilder, grauser Luft./Viel tausendfaches junges, zartes<br />

Leben/Bot freu<strong>di</strong>g den Vernichtern frei <strong>di</strong>e Brust./Und heute tönt aus fernen<br />

Massengräbern/Das hohe Lied, aus dem <strong>di</strong>e Treue spricht:/Es hat viel Leben sich fürs Leben<br />

hingegeben,/Darum seid dankbar und vergeßt es nicht!” 319<br />

L’accettazione eroica del genitore che perde il figlio/i figli in guerra, come già accennato, è un<br />

tema importante quanto quella dell’accettazione della morte da parte <strong>degli</strong> stessi combattenti.<br />

Unser Sohn è un testo nel quale idealmente un soldato morente si rivolge ai propri genitori,<br />

quin<strong>di</strong> più ampiamente a tutti i genitori che hanno perso un figlio, ed elenca loro tutti i motivi<br />

che dovrebbero riempirli d’orgoglio. È un invito a non concentrarsi sulla <strong>di</strong>sperazione del<br />

momento, ma ad avere una visione più completa <strong>di</strong> quanto è accaduto, il loro figlio si è<br />

comportato da vero uomo, da eroe e questo dev’essere motivo d’orgoglio e consolazione per<br />

loro: “Vater, Mutter, ich schützte euch,/Ich hielt meinen Schwur getreu./Jetzt weiß ich erst,<br />

durch Blut getauft,/Daß euer Sohn ich sei./Heimat, teure Heimat, sei mir gegrüßt!/Nun sehe<br />

ich, wie schön du bist…” 320<br />

La gloria e lo splendore del combattente non esisteva nei fatti, ma solo nella rielaborazione<br />

poetico-propagan<strong>di</strong>stico del conflitto. Il soldato, nella nuova guerra tecnologica, non è in<br />

nessun modo parte attiva delle sue azioni come invece viene rappresentato nelle pubblicazioni<br />

a scopo eroicizzante: egli non è più padrone <strong>di</strong> sé stesso e delle proprie azioni. Il soldato è<br />

limitato dalle funzioni e dalla funzionalità che i coman<strong>di</strong> gli assegnano e nella macchina da<br />

guerra funge o da cannoniere o da carne da macello. Il volto della guerra non è quello della<br />

sciabola sfoderata in duello, uomo contro uomo.<br />

319<br />

Il giorno dei morti: “Attraverso la tetra porta del camposanto penetra vita fresca/[…] l’usanza fedele <strong>di</strong><br />

onorarli un giorno all’anno,/è rimasta sempre solida negli anni./[…] Poi venne la guerra in questo mondo,/con<br />

essa la morte avvolta in un alone violento e orribile./Molte giovani, tenere vite/offrirono lieti e liberamente il<br />

proprio petto allo sterminatore./ E oggi, dalle lontane fosse comuni, risuona/il vivo canto, da cui parla la<br />

devozione:/esso ha dato molta vita per la vita,/perciò siate riconoscenti e non <strong>di</strong>menticatelo!”<br />

320<br />

Nostro figlio: “Padre, madre, io vi proteggo,/io tengo fede al mio giuramento./Solo ora, attraverso il battesimo<br />

<strong>di</strong> sangue, capisco,/che sono vostro figlio./Patria, cara Patria, ti porgo i miei saluti!/Ora io vedo, quanto sei<br />

bella…”<br />

120


- Guerra <strong>di</strong>fensiva<br />

In questi versi si introduce un altro argomento molto sfruttato con connotazione religiosa: la<br />

guerra non è un’attività che è stata provocata dal popolo tirolese, essi si sono ritrovati in una<br />

situazione <strong>di</strong> necessità, sono stati costretti a <strong>di</strong>fendere le loro tra<strong>di</strong>zioni e le loro usanze, ma<br />

ammazzare non è una loro prerogativa. L’aggressività e la violenza che essi usano contro il<br />

Nemico è sostenuta da Dio che li guiderà fino alla vittoria per merito delle motivazioni che li<br />

hanno spinti a combattere. Come suggerisce anche questo motto tratto da Unser Wahlspruch:<br />

“Gott mit uns in <strong>di</strong>esem Kriege,/Gott mit uns in Not und Tod,/Gott mit uns durch Kampf zum<br />

Siege!” 321<br />

La guerra <strong>di</strong>venta la cultura del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> uccidere: essa non è la vergogna e la tristezza<br />

dell’essere costretti, in circostanze <strong>di</strong>sgraziate, ad usare la violenza; ma si struttura l'idea<br />

complessiva che, in certe circostanze noi abbiamo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> uccidere loro, <strong>di</strong>videndo il<br />

mondo in buoni e cattivi. Non è un eccesso <strong>di</strong> legittima <strong>di</strong>fesa né uno scoppio <strong>di</strong> collera, non è<br />

una violenza istintiva, ma quasi un sistema <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti e doveri.<br />

Il messaggio più importante che deve passare è che l’essere in guerra a combattere con<br />

audacia contro il nemico non esclude la capacità <strong>di</strong> essere buoni cristiani e non è in<br />

contrad<strong>di</strong>zione con il pregare Dio per la buona riuscita del conflitto. Anzi <strong>di</strong>fendere la patria,<br />

in queste pagine, <strong>di</strong>venta esso stesso il più alto dovere del buon cristiano che protegge le<br />

tra<strong>di</strong>zioni della propria terra e il suo attaccamento alla fede da un nemico dai tratti demoniaci.<br />

Ed è proprio questa <strong>di</strong>cotomia che questi testi cercano <strong>di</strong> trasmettere, in<strong>di</strong>cendo il lettore a<br />

schierarsi automaticamente dalla parte dei buoni e a identificarsi in quel gruppo.<br />

Andacht è strutturata in questo modo, è una supplica che si apre con una domanda che<br />

contiene già la risposta al suo interno: ovviamente chi ha compiuto il male è il tra<strong>di</strong>tore<br />

mascalzone, chi si <strong>di</strong>fende onestamente può solo che avere il sostegno <strong>di</strong> Dio: “Herr, tat ich<br />

Unrecht,/Daß ich zog mein Schwert,/Zu rächen des Verräters Lumpenschuld?/[…] An meine<br />

Türe poche wälscher Übermut/Und forderte von den Abschwur/Meiner Väter edler<br />

Stammesart./Nein, Herr!/Ich tat nicht unrecht,/Daß ich zog mein Schwert,/D’rum sei mir<br />

gnä<strong>di</strong>g!” 322<br />

321<br />

Il nostro motto: “Dio con noi in questa guerra,/Dio con noi nel bisogno e nella morte,/Dio con noi in battaglia<br />

fino alla vittoria!”<br />

322<br />

Raccoglimento: “Signore, sono nell’errore, io/che sfodero la mia spada,/per ven<strong>di</strong>care la colpa dei pidocchiosi<br />

tra<strong>di</strong>tori?/ […] Alla mia porta batte la prepotenza dei terroni/e riven<strong>di</strong>ca venendo meno ai patti le nobili origini<br />

dei miei padri./No, Signore!/Io non sono nell’errore,/se sfodero la mia spada,/perciò sii indulgente con me!”<br />

121


Sempre attinente a questo tema Weihnachtsgrüße 1915 incentrata sulla necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere<br />

il patrio suolo dal nemico infedele e ingordo: “Wie <strong>di</strong>e alten Ahnen/Einst um anno neun/Unser<br />

Land beschirmten,/Soll’s heute wieder sein./Treulos welsche Katze/Streckt <strong>di</strong>e Krallen<br />

aus./[…] Doch ohne Freude/Sollt ihr nicht sein,/[…] Träumt heut’ von […] Liebe und<br />

Treue/Und festem Glauben,/Von stolzen Siegen/Und Tapferkeit,/Von deutscher Treue/Und<br />

Offenheit,/Stählet und härtet/Den deutschen Mut,/Gebet, wenn’s sein muß,/Selbst Gut und<br />

Blut.” 323<br />

Heil den Helden riassume tutti i punti visti finora: la furia <strong>degli</strong> eroi tirolesi è heilig 324 , santa,<br />

si invoca l’aiuto <strong>di</strong> Dio per la vittoria, poiché essa è meritata: l’onestà va premiata con la<br />

vittoria. Anche qui abbiamo una descrizione negativa più o meno in<strong>di</strong>retta del nemico: si fa<br />

riferimento a chi combatte per paga, nello specifico i penny inglesi per gli italiani, e al<br />

contrario il motivo più profondo per cui combattono i soldati tirolesi che sono <strong>di</strong>sposti a<br />

sacrificare la propria vita e che quin<strong>di</strong> combattono per ideali e veri valori non per sol<strong>di</strong>: “Der<br />

Kampf bürgt für Freiheit, für Heimat und Haus/Gen Habsucht, Gemeinheit und Tücke./Wir<br />

dringen durch Dunkel und Jammer und Graus/zum Lichte mit hellfrohem Blicke./Ihr streitet<br />

in heilig gerechter Wut,/Nicht bis zu dem urletzten Penny/Viel mehr bis zum letzten Tropfen<br />

Blut,/[…] Wir bitten zu Gott im heißen Gebet/Um Sieg in dem rastlosen<br />

Ringen,/[…]Allmächtiger Du!/[…] Verleihe den Sieg und erfolgreich Gedeih’n/Dem<br />

ehrlichen Schaffen und Streben!” 325<br />

L’idea <strong>di</strong> non avere causato lo scoppio del conflitto s’intreccia, in questi testi, con l’in<strong>di</strong>retta<br />

rappresentazione negativa del nemico e si accompagna alla convinzione <strong>di</strong> una vittoria certa<br />

per i buoni. Diffondere questo modo <strong>di</strong> pensare e <strong>di</strong> porsi tra i combattenti e i civili era<br />

finalizzato ad assicurarsi il loro atteggiamento fiducioso e positivo nei confronti <strong>di</strong> quanto si<br />

stava svolgendo.<br />

323<br />

Auguri <strong>di</strong> Natale 1915: “Come i lontani antenati/una volta nell’anno nove/<strong>di</strong>fesero la nostra Terra,/allo stesso<br />

modo deve essere oggi./ Il falso terrone tra<strong>di</strong>tore/ha allungato gli artigli./[…] Tuttavia non dovete sentirvi<br />

infelici,/[…] Oggi sognate […] l’amore, la fedeltà/l’unità <strong>di</strong> fede,/la vittoria superba/ e il valore,/della lealtà<br />

tedesca/e la franchezza,/fortifica e tempra/il coraggio tedesco,/donate, se così dovrà essere,/persino il sangue e<br />

l’anima.”<br />

324<br />

L’espressione Heiliges Zorn, sacra collera (anche edles Zorn, heilig gerechter Wut), è molto <strong>di</strong>ffusa e molto<br />

importante. il tema della sacra collera motiva e giustifica un atteggiamento e un linguaggio aggressivo-<strong>di</strong>struttivo<br />

nei confronti del nemico: atteggiamento <strong>di</strong>feso e protetto persino da Dio poiché la causa <strong>degli</strong> invasi è sempre<br />

giusta, <strong>di</strong>fendere anche con violenza e uccisioni il suolo patrio dall’invasione nemica è un <strong>di</strong>ritto/dovere<br />

benedetto dal cielo. Questo è ovviamente il messaggio che viene fuori da questi testi.<br />

325<br />

Lode agli Eroi: “La battaglia è il passaggio per la libertà, la Patria, la casa/contro l’avi<strong>di</strong>tà, la perfi<strong>di</strong>a e<br />

l’agguato./Noi passiamo attraverso il buio, il patimento e l’orrore/per giungere alla luce con sguardo gioioso./Voi<br />

combattete con ira sacra e giusta,/non fino all’ultimo,/bensì fino all’ultima goccia <strong>di</strong> sangue,/[…] Noi preghiamo<br />

Dio con suppliche infuocate/per la vittoria nella lotta incessante,/[…] Tu Onnipotente!/[…] Conce<strong>di</strong> vittoria<br />

prosperità/allo sforzo e alle fatiche oneste!”<br />

122


Sono numerose le poesie che sviluppano le argomentazioni <strong>di</strong> cui sopra in maniera quasi<br />

‘matematica’: 1) noi eravamo felici, in pace, 2) l’invi<strong>di</strong>a per la nostra con<strong>di</strong>zione ha spinto un<br />

nostro ex alleato a tra<strong>di</strong>re la nostra fiducia e invaderci a sorpresa, 3) noi seppur pacifici e<br />

contrari alla violenza siamo costretti a combattere per <strong>di</strong>fendere la nostra patria, il nostro nido,<br />

4) Dio non può che bene<strong>di</strong>re la nostra guerra giusta contro un nemico improbo:<br />

“Wie trugen wir voll Liebe und voll Freude/[…]/Wir alle sind plötzlich Soldat geworden./ In<br />

unsere Heimat ist er [der Feind] eingedrungen.” 326<br />

“Wir halten durch! Es soll uns niemand rauben/Die frohe Zuversicht, den starken Mut;/Wir<br />

wollen nicht an einen Frieden glauben/Eh’ nicht gedämpft der Feinde Übermut./[…] Nicht<br />

wir sind schuld an <strong>di</strong>eses Kampfes Wüten/[…] Ihn [den Feind] zu bekämpfen ist uns heil’ge<br />

Pflicht;” 327<br />

“Achtzehn Monat sind verflossen,/Daß Kunde lief durch alle Land’/Vom scheußlichsten aller<br />

Verbrechen,/Vom Fürstenmord durch Serbenhand./Die ganze Welt ergriff ein Schauer./Das<br />

heißt! Nur unsre Feinde nicht;/Sie lachten; lagen auf der Lauer;/Erwarteten den<br />

Augenblick./Längst war bekannt, daß nur im Bund/Gehandelt, der Ban<strong>di</strong>ten-Staat;/Franzos,<br />

Ruß und Britenhund/Dazu <strong>di</strong>e Befehle gab./Im Banner der Gerechtigkeit,/Zur Wahrung des<br />

Reiches Ehren;/Denn Blut schrie um Rache gleich;/Man durfte nicht mehr zögern./Man stellte<br />

ihnen Sühnefrist;/Das Ultimat’ ward übergeben./Wir alle wünschten, daß der Zwist/Ohn’<br />

Krieg sich würde legen./Die serben hatten nicht entsprochen;/Friedlich’ Lösung konnt’ nicht<br />

gelingen./Die Beziehungen wurden abgebrochen,/Nun begann das große Ringen./[…] Dies<br />

alles ging über uns hernieder,/Über uns das treue Deutsche Reich;/Tag für Tag bracht’ neues<br />

wieder;/ Krieg! An Deutschland – Österreich./Von Italien will man nichts erwähnen;/Zu<br />

schmählich ja war ihr Verrat./Rache euch, ihr Hyänen!/Ihr gräbt wohl selbst nun euer<br />

Grab./[…] So blicken wir zur Jahreswende/Stolz hinauf zum Kaiseraar;/Und wünsche allen<br />

Kameraden/Viel Glück fürs kommend’ neue Jahr.” 328<br />

326<br />

Siegesbewußtsein, Certezza <strong>di</strong> vittoria: “Come sopportammo pieni <strong>di</strong> de<strong>di</strong>zione e gioia/[…]/Noi siamo<br />

improvvisamente <strong>di</strong>ventati soldati./Egli [il nemico] ha invaso la nostra Patria.”<br />

327<br />

Wir halten durch!, Noi resistiamo!: “Noi resistiamo! Nessuno deve derubarci/della nostra gioiosa fiducia e del<br />

grande coraggio;/Noi non vogliamo credere ad una pace/prima che sia eliminata la prepotenza nemica./[…] Non<br />

siamo noi i responsabili dell’imperversare <strong>di</strong> questa lotta/[…] Combatterlo [il nemico] è il nostro più sacro<br />

dovere.”<br />

328<br />

Rückblick, Sguardo retrospettivo: “Sono scorsi rapidamente <strong>di</strong>ciotto mesi,/da quando si sparse la notizia per<br />

tutto l’Impero/ del più atroce <strong>di</strong> tutti i crimini,/dell’assassinio dell’erede al trono per mano serba./L’intero pianeta<br />

ne fu scosso./O meglio! Tranne i nostri nemici;/essi risero; rimasero in agguato;/aspettarono l’attimo./Da tempo<br />

era noto, che lo stato <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>ti/ era solo un apparente alleato;/I francesi, i russi e i cani tedeschi/gli davano gli<br />

or<strong>di</strong>ni./All’insegna della giustizia,/per il mantenimento della gloria del Regno;/allora s’invocò al sangue e alla<br />

vendetta;/non si poteva più esitare./Concedemmo loro un riscatto;/l’ultimatum fu comunicato./Noi tutti<br />

speravamo, che il <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong>o/si risolvesse senza la guerra./I serbi non hanno accolto;/e una soluzione pacifica non<br />

123


Per concludere questa rassegna un testo, Wir und Welt, che riassume, anche solo nel suo<br />

titolo, lo spirito <strong>di</strong> queste pagine, l’assoluta necessità <strong>di</strong> sviluppare, ra<strong>di</strong>care, <strong>di</strong>ffondere e<br />

inculcare una sud<strong>di</strong>visione netta tra buoni e cattivi e ricordare che i cattivi minacciano il<br />

mondo dei buoni e sono un pericolo concreto.<br />

Da questo testo emerge che Wir è stato molto paziente <strong>di</strong> fronte alle prove continue <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o e<br />

istigazione da parte <strong>di</strong> Sie-Welt. Noi è associato alla pace, il resto del mondo rappresenta<br />

l’elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>strubo intenzionale <strong>di</strong> questa pace 329 : “Wir wollten den Frieden und standen<br />

dabei,/Zweimal und dreimal und mehr!/Und dennoch gaben sie keine Ruh’,/[…] Und sahen<br />

uns scheel und nei<strong>di</strong>sch zu/Einmal und zweimal und mehr!/Sie haben gehöhnt und haben<br />

gehetzt/Und Säbel geschliffen und Messer gewetzt,/[…] Wir wollten den Frieden – Wir<br />

hielten das Maul./Sie trieben durch Jahre das frevle Spiel/Mehr noch und immer mehr!/[…]<br />

Bis <strong>di</strong>e Erde war von Lügen krank,/Bis der Hasser Heulen zum Himmel stank,/Bis der<br />

Deutsche sprach: Nun ist es genug,/Nun duld’ ich <strong>di</strong>e Lügen und dulde den Trug/Nimmer und<br />

nimmer mehr!/[…]Sah im Ost den Feind und im West den Feind,/Mit dem Russen den<br />

Franzmann eng vereint;/Und den Belgier noch und den Serben dann,/Und den Briten und<br />

alles,was lügen kann,/Mehr noch und Manche mehr!” 330<br />

- Dispersi, morti bianche<br />

Il supplemento, come espressione e forma <strong>di</strong> propaganda che ha un compito da assolvere -<br />

prendersi cura della buona <strong>di</strong>sposizione dei combattenti nei confronti <strong>di</strong> una cosa che<br />

naturalmente rifuggirebbero – cerca <strong>di</strong> prendere in considerazione e <strong>di</strong> trattare a proprio<br />

favore qualunque possibile aspetto riguardante il conflitto. La stessa morte, come abbiamo<br />

visto, è trattata da <strong>di</strong>verse prospettive e ad essa si associano e si intrecciano numerosi altri<br />

argomenti: in alcune poesie la morte eroica del soldato si sposa con il tema del valore e del<br />

era adeguata./Le relazioni furono interrotte,/e cominciò la grande lotta./[…] Tutto il mondo si schierò contro <strong>di</strong><br />

noi,/e contro il fedele Regno <strong>di</strong> Germania;/ogni giorno ne portava <strong>di</strong> nuovi;/Guerra all’Austria e alla<br />

Germania./Dell’Italia è meglio neanche parlare;/il suo tra<strong>di</strong>mento fu certamente troppo vergognoso./Vendetta su<br />

<strong>di</strong> voi, voi iene!/Voi vi scavate da soli la fossa./[…] Così noi guar<strong>di</strong>amo al nuovo anno/in alto verso la fiera<br />

aquila regale;/e auguriamo a tutti i commilitoni/molti auguri per l’anno venturo!”<br />

329 L’associare il Nemico al <strong>di</strong>sturbo al rumore al caos in<strong>di</strong>stinto è una tecnica molto <strong>di</strong>ffusa in questi testi. Lo<br />

vedremo in maniera più approfon<strong>di</strong>ta quando si tratteranno le poesie <strong>di</strong> eterorappresnetazione.<br />

330 Noi e il resto del mondo: “Noi volevamo la pace e stavamo lì,/due volte e tre volte e più!/Tuttavia essi non ci<br />

<strong>di</strong>edero pace,/[…] e ci guardavano con astio e invi<strong>di</strong>a/una volta, due volte e più!/Essi ci hanno schernito e dato la<br />

caccia,/hanno affilato sciabole e coltelli,/[…] Noi volevamo la pace – ci stemmo zitti./Essi portarono avanti per<br />

anni lo sporco gioco/ancora <strong>di</strong> più e sempre <strong>di</strong> più!/[…] Finché la terra non fu pervasa <strong>di</strong> menzogne,/finché il<br />

canto dell’o<strong>di</strong>o puzzò fino al cielo,/finché il tedesco <strong>di</strong>sse: ora è abbastanza,/adesso io non sopporto più le bugie<br />

e l’inganno/mai e mai più!/[…] Si vedevano nemici ad Est e a Ovest,/il francese col russo uniti stretti;/quin<strong>di</strong> il<br />

belga con il serbo/e l’inglese e tutti quelli capaci <strong>di</strong> mentire/sempre <strong>di</strong> più e molti <strong>di</strong> più!”<br />

124


coraggio, altrove la morte in guerra è come la morte del Cristo, gra<strong>di</strong>ta a Dio per il sacrificio<br />

che essa rappresenta e porta sicura del Para<strong>di</strong>so. In altri testi la morte in guerra, e quin<strong>di</strong><br />

eroica, è un’opportunità per garantirsi un ricordo imperituro tra i posteri, o un contrappasso<br />

per tenere libera la patria dell’invasione e dall’ingerenza nemica.<br />

In guerra però, e nella guerra d’alta montagna, non si moriva solo per mano del nemico, ma<br />

molto spesso erano anche gli agenti naturali a causare decessi e ovviamente i Supplementi,<br />

come una mamma premurosa, si dovevano preoccupare <strong>di</strong> consolare/motivare anche chi<br />

trovava la morte in mo<strong>di</strong> più insoliti.<br />

Verschollen è un testo de<strong>di</strong>cato ai <strong>di</strong>spersi. Dispersi è usato qui come sinonimo <strong>di</strong> caduti,<br />

come in altri testi in cui si parla <strong>di</strong> morte anche in questo caso la descrizione del fatto è falsata<br />

attraverso una fiabizzazione per la quale il corpo del <strong>di</strong>sperso viene preso amabilmente nel<br />

grembo della natura, che se ne prende cura: “Der Firnbach weiß von einem<br />

Kriegersmann,/Der droben ruht und sich nicht rühren kann./[…] Nun liegt er drauf mit<br />

totenbleicher Stirn./[…]Der Firn hält Totenwacht bei seinem Sohn.” 331<br />

Anche Die Ungekannte è de<strong>di</strong>cato al tema dei morti-<strong>di</strong>spersi: “Ihr Namenlosen,/Die keine<br />

nennt,/Weil kein Auge eure Tate kennt/Seid in Ehrfurcht gegrüßt!/Ihr Unbekränzten,/[…]<br />

Seid in Ehrfurcht gegrüßt!/Gefallene Vorposten,/Die ihr in Einsamkeit Schwerstes<br />

vollbrachtet,/Ohne daß ein Auge eurer geachtet,/[…] Ihr stillen Helden,/Die ihr kein<br />

Ehrenkreuz tragt,/Weil kein Mund nach eurer Tat euch gefragt./[…] Ungekannte, ihr<br />

alle:/Bewußt oder unbewußt/Tragt ihr ein strahlendes Kreuz in der Brust./ Seid in Ehrfurcht<br />

gegrüßt!” 332 . Anche coloro che non subiscono una morte violenta sul campo hanno <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

essere ricordati e onorati con l’appellativo <strong>di</strong> eroi: ciascun lettore, a seconda dell’esperienza<br />

<strong>di</strong>retta che ha vissuto, sulla sua pelle o <strong>di</strong> un caro, deve trovare la propria motivazione in<br />

queste pagine e il riconoscimento per aver sostenuto, e sostenere ancora, la guerra senza<br />

ripensamenti.<br />

Soprattutto le slavine erano un fenomeno molto temuto che mieteva numerose vittime tra i<br />

soldati. An <strong>di</strong>e Opfer des weißen Todes è un testo de<strong>di</strong>cato proprio a coloro che morivano<br />

assiderati, travolti da una slavina. Il testo vuole rassicurare i lettori che si tratta comunque <strong>di</strong><br />

331<br />

Dispersi: “Il ruscello ghiacciato sa da un uomo <strong>di</strong> guerra,/che lassù riposa e non lo si può muovere./[…] Ora<br />

egli giace con la fronte pallida come un cencio./[…] Il ghiacciaio fa la guar<strong>di</strong>a da morto al suo figlio.”<br />

332<br />

Gli sconosciuti: “Voi senza nome,/che nessuno nomina,/perché nessun occhio ha conosciuto le vostre<br />

gesta/siate acclamati con profondo rispetto!/Voi senza fregi,/[…] siate acclamati con profondo<br />

rispetto!/Avamposti defunti,/che compiste in solitu<strong>di</strong>ne il vostro impegno,/senza che neanche un occhio vi<br />

facesse caso,/[…] Voi eroi silenziosi,/che non indossate nessuna croce al valore,/perché nessun labbro chiese<br />

delle vostre gesta./[…] Voi tutti sconosciuti:/consapevoli o non consapevoli/voi portate una croce splendente in<br />

petto./Siate acclamati con profondo rispetto!”<br />

125


morte eroica, anche il nome <strong>di</strong> questi uomini sarebbe stato ricordato in eterno, seppure essi<br />

non abbiano avuto l’onore <strong>di</strong> morire in combattimento: “Drei Kameraden, allen lieb und<br />

teuer,/Die niemals fürchteten des Welschen Feuer,/Soldaten voller Treu und wahrer<br />

Tugend/Sind nun dahingerafft in Kraft und Jugend!/Dem Kaiser <strong>di</strong>enten sie mit Freud und<br />

Lust,/Da nahm der weiße Tod sie an <strong>di</strong>e Brust./O Herr sei gnä<strong>di</strong>g ihnen im Gericht,/Als Opfer<br />

starben sie erfüllter Pflicht!/[…] Ihr konnt nicht auf dem Feld der Ehre sterben,/Ihr durftet<br />

nicht den Lorbeerkranz erwerben./Ein treu Gedenken mög es Euch vergelten,/Ihr seid<br />

gefallen doch als wahre Helden!/Drum bleiben unvergeßlich Eure Namen!” 333 .<br />

Il paesaggio alpino e il mito del Tirolo<br />

Come è già stato detto i supplementi letterari caratterizzano il giornale nella sua fase più<br />

tirolese. Non a caso è il Tirolo a farla da padrone che, dalla lettura e l’analisi <strong>di</strong> questi versi,<br />

molto spesso è in<strong>di</strong>cato come il mondo alpino caratterizzato da un paesaggio meraviglioso e<br />

lussureggiante e da uno stile <strong>di</strong> vita sobrio e umile. Il Tirolo inteso in senso patriottico-<br />

nazionalistico anche nell’occasione della Grande Guerra sarà superiore al nemico come fece<br />

nell’anno nove: questa è la convinzione, il messaggio che deve scaturire. Estremamente<br />

idealizzato in queste pagine, fortemente cattolico, conta<strong>di</strong>no, coraggioso, forte e onesto il<br />

Tirolo resiste attraverso la guerra. L’intera vita del tirolese è consacrata alla patria. Il tirolese<br />

poi, in quanto figlio delle montagne, combatte nella guerra d’alta quota assistito dall’intera<br />

natura.<br />

La descrizione del Tirolo, nel periodo precedente al conflitto è sempre una descrizione molto<br />

positiva (normalmente le espressioni più ricorrenti sono friedlich, stolz, freu<strong>di</strong>g – pacifico,<br />

fiero, gioioso), in particolare se ne sottolinea la felicità, lo stato <strong>di</strong> pace, l’orgoglio <strong>di</strong> vivere<br />

una situazione talmente privilegiata. Questa situazione così positiva ha generato una forte<br />

invi<strong>di</strong>a. Un esempio molto chiaro <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> impianto argomentativo, che si ripete<br />

anche in altre liriche, è Tirol, <strong>di</strong>e starke Felsenburg: “Unseres Landes Felsenfeste/ Thronte<br />

333<br />

Alle vittime delle morti bianche: “Tre compagni, tutti amati e cari,/che non hanno mai temuto il fuoco<br />

nemico,/soldati pieni <strong>di</strong> onestà e vere virtù/ora sono stati annientati in forza e gioventù!/Servirono l’Imperatore<br />

con gioia e volontà,/ma la morte bianca li colpì./O Signore sii benevolo con loro nel giu<strong>di</strong>zio,/essi morirono<br />

come vittime del dovere compiuto!/[…] Voi non siete potuti morire nel campo dell’onore,/a voi non è stato<br />

concesso <strong>di</strong> guadagnare la corona d’alloro./Ma un pensiero fiducioso può ripagarvi,/voi siete comunque morti<br />

come veri eroi!/Per questo i vostri nomi rimangono indelebili!”<br />

126


friedlich Jahr um Jahr […]/ Lang des Nachbars Auge kränkte/Unserer Feste, trotz´ges<br />

Blicken./Er beschloß, das heil´ge Bollwerk/zu zerstören, zu zerstückeln” 334<br />

In questo, come in tantissimi altri casi l’elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo della situazione pacifica è il<br />

nemico italiano: il nemico <strong>di</strong>sturba, con i gesti, coi rumori. Egli e´ sempre descritto con un<br />

linguaggio legato ai sensi, vista e tatto in particolare 335 . Il nemico interrompe, dunque, una<br />

situazione <strong>di</strong> serenità, ma <strong>di</strong> fronte a questa necessità (Not – necessità, altro termine<br />

<strong>di</strong>sseminato ovunque, esempio da Die Wacht in Tirol(1): “Wir scheuen Wunden nicht und<br />

Tod,/Ist unser Vaterland in Not” 336 ) si attivano gli “Heldenmänner, klein und groß” 337 ciò<br />

significa che il popolo risponde unanime, unito e coeso al momento <strong>di</strong> bisogno che si è venuto<br />

a creare. Come si comportano questi “Heldenmänner” in battaglia? Non temono e non<br />

vacillano (altra espressione molto ricorrente 338 ) e sono talmente soli<strong>di</strong>, compatti e uniti nella<br />

lotta contro il nemico che combattenti e pareti rocciose <strong>di</strong>ventano un’unica cosa, il soldato<br />

austroungarico, meglio tirolese, assume in questa trasfigurazione le caratteristiche dei monti<br />

tanto che il nemico nell’intento <strong>di</strong> violare queste terre si sfracella 339 contro la parete rocciosa:<br />

“Es zerschmettert an der Felswand/ Der gestört der Feste Ruh!” 340 .<br />

La poesia Tirol! È un altro esempio del tema della patria beata minacciata da un nemico<br />

impertinente. Come appena detto il nemico è descritto come elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo in una<br />

situazione pacifica 341 : “Tiroler Adler, blutigrot,/Hebst du <strong>di</strong>e Schwingen wieder?/Ist neuerlich<br />

dein Land bedroht,/Dein Land, so treu und bieder?/Wer ist der Feind, der <strong>di</strong>ch bedroht/Wer<br />

rührt an deine Berge?/Tiroler Adler, blutigrot,/Wer sind <strong>di</strong>e frechen Zwerge?/ […] Laß nur<br />

den Welschen kommen!/[…] Tirol wird nie genommen!” 342<br />

334 Tirolo, forte paese <strong>di</strong> roccia: “La nostra terra troneggiava/solida anno dopo anno […]/Da tempo gli occhi del<br />

vicino lanciavano/<strong>degli</strong> sguar<strong>di</strong> insistenti alle nostre fortezze./Egli decise, <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere e fare a pezzi/il sacro<br />

baluardo.”<br />

335 Blicken nach, greifen, gierig <strong>di</strong>e Hände ausstrecken, greifen mit gieriger Hand, aufhorchen. Cfr I seguenti<br />

esempi: (esempio tratto da Dem Treulosen ins Stammbuch “Nach dem heiligen Land Tirol/Blickt Italias König<br />

[…] Nach dem, was rechtens uns gehört,/Streckt gierig er <strong>di</strong>e Hände. Esempio tratto da Mein Osterreich: “Die<br />

Räuber all zurük,/Die frech <strong>di</strong>e Hände ausgestreckt/Nach unserem Gut und Glück”. Esempio tratto da Die<br />

Adlerschützen: “Es schleicht herein in unsere Alpenwelt/Der Welsche, der so feig verkauft sich hat für Geld”)<br />

336 La guar<strong>di</strong>a in Tirolo: “Noi non temiamo ferite e morte,/la nostra Patria è in pena”<br />

337 “Uomini eroici, gran<strong>di</strong> e piccoli”<br />

338 “Schwanken und wanken nicht”<br />

339 Nella sezione de<strong>di</strong>cata alla descrizione del nemico vedremo quanto spesso è utilizzata questa modalità <strong>di</strong><br />

descrizione.<br />

340 “Si sfracella alla parete rocciosa/colui che <strong>di</strong>sturba la pace stabile!”<br />

341 Anche altrove, es. Die “Gefürchtete Grafschaft von Tirol”, La “temuta Contea tirolese”, incentrata sempre<br />

su noi vs loro: noi:Ruhe, pace, du:stören, surren, zischen, ruiniren – <strong>di</strong>sturbare, ronzare, sibilare, rovinare.<br />

342 Tirolo!: “Aquila tirolese rosso sangue,/sollevi nuovamente le ali?/La tua terra è nuovamente minacciata?/La<br />

tua terra onesta e tra<strong>di</strong>zionalista?/Chi è il nemico che ti minaccia?/Chi <strong>di</strong>sturba le tue montagne?/Aquila tirolese<br />

rosso sangue,/chi sono questi nani sfrontati?/[…] Ma lascia avvicinare i terroni! […] Tanto il Tirolo non verrà<br />

mai preso!”<br />

127


Tiroler Marsch è costruita, come molte altre liriche qui raccolte, sulla contrapposizione<br />

sacro/demoniaco, uno combatte per invadere e derubare, l’altro per <strong>di</strong>fendere: “Sie sollen<br />

nichts erwerben/Vom heiligen Land Tirol,/Geschirmt durch seine Berge (verso centrale che<br />

<strong>di</strong>vide, come i monti separano i buoni dai cattivi) Höhnt es <strong>di</strong>e welschen Zwerge,/Daß sie der<br />

Teufel hol!/[…] Im Herzen treuen Glauben,/Der nimmer ihm zu rauben,/Kämpft der Tiroler<br />

Christ./[…] Wer faslch den Eid geschworen,/Der hat sein Heil verloren,/Ist ewiglich<br />

verdammt./Schaut auf zu euren Helden,/Tiroler frei und stark!/Menei<strong>di</strong>gen müßt ihr lehren,/<br />

Wie sich Tiroler wehren!” 343 . Parole chiave: heilig vs teufel, Teufel vs Christ, Helden vs<br />

Meinei<strong>di</strong>gen (sacro vs <strong>di</strong>abolico, Diavolo vs Cristo, eroi vs spergiuri).<br />

Altri esempi: il nemico vuole rendere questa terra schiava (Tirol zu fesseln-<strong>di</strong>e Freiheit zu<br />

rauben, incatenare il Tirolo-rubare la libertà), ma la devozione del Tirolo al sacro cuore <strong>di</strong><br />

Gesù terrà il Tirolo libero dal nemico e salvo: “Auf, auf, das Vaterland ist bedroht,/[…] Tirol,<br />

dem Herzen Jesu geweiht,/Bleibt ferner auch von den Feinden befreit,/So lang es ihm <strong>di</strong>e<br />

Treue wird halten.” 344 Il Tirolo è in<strong>di</strong>visibile e rimarrà ai tirolesi: “Tirol, mein teures<br />

Heimatland,/Vom Achensee zum Gardastrand./[…] Nun loht <strong>di</strong>e Flamme, tobt der Streit,/Die<br />

Waffe wird entscheiden./Es fühlt mein Herz sich wie befreit:/Daß von der Heimat einen<br />

Zoll/Hyänengier uns rauben soll,/Das wird kein Landsmann leiden!” 345<br />

Gruß dem Tiroler Volk è una lirica de<strong>di</strong>cata all’esaltazione delle caratteristiche e delle doti<br />

della popolazione tirolese, doti che già sono proprie <strong>di</strong> questi uomini in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> pace e<br />

che si amplificano in battaglia. Le qualità <strong>di</strong> questo popolo sono estremamente gra<strong>di</strong>te al<br />

Cielo e avranno un peso decisivo anche sull’esito finale della battaglia. Così come queste doti<br />

eroiche ebbero successo in passato, così ora nel momento del bisogno, che il nemico assale i<br />

patri confini, queste doti si riveleranno doti vincenti: “Tiroler Volk, voll Biederkeit,/Steh’ auf<br />

zum Kampf, zieh’ aus zum Streit,/Das gilt des Volkes Ehre./Tiroler Volk, voll Kraft und<br />

Trutz,/Sei wieder Herd und Heimat Schutz,/Des Landes Heldenwehre./Tiroler Volk, voll<br />

343<br />

Marcia tirolese: “Loro non devono acquisire nulla/della sacra Terra tirolese,/protetta dai suoi monti/ si prende<br />

gioco dei nanerottoli terroni,/vittime del Demonio!/[…] Con in cuore la salda fiducia,/<strong>di</strong> non farsi derubare da<br />

lui/combatte il Cristo tirolese/[…] Chi giura il falso,/quello ha perso la sua salvezza,/ed è condannato<br />

eternamente./Guardate ai vostri eroi,/Tirolo libero e forte!/Spergiuri, voi dovete imparare/come si <strong>di</strong>fendono i<br />

tirolesi!”<br />

344<br />

Tirol, Tirolo: “Su, su, la Patria è minacciata,/[…] Tirolo, consacrato al Cuore <strong>di</strong> Gesù,/si libererà presto del<br />

nemico,/fintantoché Gli rimarrà devoto.”<br />

345<br />

Tirol unteilbar, Tirolo in<strong>di</strong>visibile: “Tirolo, mia cara terra natia,/dal Lago <strong>di</strong> Achen alle rive del Garda./[…]<br />

Ora <strong>di</strong>vampano le fiamme e imperversa la tempesta,/le armi decideranno./Il mio cuore si sente come<br />

liberato:/nessun conterraneo soffrirà del fatto che/ le avide iene ci abbiano sottratto/ neanche un pollice <strong>di</strong><br />

Patria.”<br />

128


Heimatlieb’/Wehr’ ab den Feind, den welschen Dieb,/Der uns im Süd bestürmet./Tiroler<br />

Volk, voll Glaub’ und Treu,/Dein Heldentum sich jetzt erneu’,/Das deine Berge schirmet.” 346<br />

Un altro testo esemplificativo <strong>di</strong> questa trasfigurazione è Tiroler Bauern, in questi versi il<br />

giovane combattente tirolese <strong>di</strong>venta un eroe senza paura <strong>di</strong> fronte al quale non é possibile<br />

avere la meglio. Le sue qualitá fisiche e morali portate fino ai limiti del verosimile assicurano<br />

un esito positivo del conflitto, perché se da una parte abbiamo <strong>degli</strong> eroi invincibili in virtú e<br />

forza fisica dall´altra abbiamo invece un nemico meschino: “Rassige Burschen/Mit Knochen<br />

von Eisen,/Blaue Augen/Furchtlos kreisen.[...] Rausige Kerle sind´s,/Jeder ein Held,/Fürchten<br />

kein´ Teufel/Und nichts auf der Welt.[...]/Tapfer und treu/Steht Tirols/Drohender<br />

Leu./[...]Kein Sinnen, kein Zagen/[...]Tiroler Bauern/Der Sieg wird euer sein!” 347<br />

Tiroler Schützen è un ancora un testo <strong>di</strong> auto rappresentazione dei combattenti tirolesi, nel<br />

quale si ripetono aggettivi ed espressioni che li caratterizzano positivamente e che per riflesso<br />

si estendono a tutta la popolazione: “In Südtirol am höchsten Grat, a Schütz steht auf der<br />

Wacht,/[…] Sein Ohr ist scharf, sein Blick ist klar,/Sein Herz ist frisch, sein G’müt ist<br />

wahr,/So sein sie all’ im Land Tirol,/Das Herz von Treue voll.” 348 Quest’ultimo verso si ripete<br />

alla fine <strong>di</strong> ciscuna delle restanti tre strofe e alla parola Treue si sostituiscono rispettivamente:<br />

Liebe, Hoffnung, Glauben – Amore, Speranza, Fede.<br />

Fintanto che la piccola patria triolese potrà contare su questi figli-eroi non ci sarà da temere<br />

per le sue sorti: “Dich, Tirol, will Feindeshand mir rauben?/Will trennen <strong>di</strong>ch von Habsburgs<br />

hehrer Kron’?/Dies, Tirol, das will ich nimmer glauben,/Solang nich fällt für <strong>di</strong>ch dein letzte<br />

Sohn./Deine Söhne[…]/Der Stutzen schützt <strong>di</strong>r deines Südens Mark,/Er straft der feigen<br />

Feinde Habgiersucht;” 349<br />

Per terminare questa breve rassegna propongo i versi <strong>di</strong> Wir Tiroler che sintetizza nel titolo<br />

l’invito all’identificazione per chi legge nel gruppo positivo: tutto il popolo in armi, noi<br />

346<br />

Saluto al popolo tirolese: “Popolo tirolese, pieno <strong>di</strong> austerità,/alzati a combattere, levati in battaglia,/questo<br />

tocca all’onore del popolo./Popolo tirolese, pieno <strong>di</strong> forza e ostinazione,/sii nuovamente <strong>di</strong>fensore del focolare e<br />

della patria,/una barriera <strong>di</strong> eroi della Patria./Popolo tirolese pieno <strong>di</strong> amore per la Patria/respingi il nemico, il<br />

ladro terrone/che ci asse<strong>di</strong>a al sud./Popolo tirolese pieno <strong>di</strong> speranza e <strong>di</strong> fede,/il tuo eroismo che protegge i tuoi<br />

monti/ oggi si rinnova.”<br />

347<br />

Conta<strong>di</strong>ni tirolesi: “Giovani irruenti/con ossa <strong>di</strong> ferro,/occhi blu,/volteggiano senza paura.[…] essi sono dei<br />

tipi rissosi,/ognuno è un eroe,/non temono nessun demonio/e nulla sulla terra.[…]/E’ valoroso e onesto/il<br />

minaccioso leone tirolese./[…] Nessuna riflessione, nessun dubbio/[…] Conta<strong>di</strong>ni tirolesi/la vittoria sarà vostra!”<br />

348<br />

Tiratori tirolesi: “In sud Tirolo nella vetta più alta, un tiratore fa la guar<strong>di</strong>a,/[…] il suo orecchio è aguzzo, il<br />

suo sguardo preciso,/il suo cuore è fresco, il suo animo è autentico,/così sono tutti in terra tirolese,/il cuore colmo<br />

<strong>di</strong> rispetto.”<br />

349<br />

An Tirol, Al Tirolo: “La mano nemica mi vuole rubare te, Tirolo?/Ti vuole separare dalla venerabile corona<br />

asburgica?/Questo, Tirolo, io non voglio crederlo,/fintantoché non muore in tuo nome il tuo ultimo figlio./I tuoi<br />

figli […]/Il moschetto <strong>di</strong>fende il tuo confine sud,/punisce la brama maniacale del vile nemico;”<br />

129


tirolesi siamo <strong>degli</strong> eroi. Chi riceve il messaggio deve riconoscersi in ciò e continuare a<br />

confermare e portare avanti queste caratteristiche con il proprio comportamento: „Für<br />

Heimatland gerüstet,/Zu strafen welschen Verrat,/In den Bergen eingenistet,/Bis auf den<br />

höchsten Grat./Da lugen wir Jungen und Alten/Auf den Feind mit Adlerblick./Wir schwören,<br />

<strong>di</strong>e Scholle zu halten/Da gibt es kein Zurück!/[…] Hoch oben auf Felsenriffen,/Tief unten im<br />

Graben und Feld,/Wird kämpfen mit wuchtigen Griffen/Ein jeder von uns – als Held.“ 350<br />

È evidente che popolazione e patria sono una cosa sola o, perlomeno, devono esserlo –<br />

sembrarlo - in queste pagine. Un'altra componente essenziale <strong>di</strong> questa ‘squadra’ invincibile è<br />

la terra.<br />

La popolazione tirolese allo scoppio del conflitto era costituita per lo più da conta<strong>di</strong>ni, questa<br />

caratteristica rendeva il loro attaccamento alla terra ancora più forte e, se vogliamo, motivato.<br />

Nel corpus qui analizzato la trattazione <strong>di</strong> questo argomento è molto <strong>di</strong>ffusa: “Kein Krümchen<br />

Erde sei gegönnt/Von unserem Heimatlande.” 351<br />

Numerose sono le liriche de<strong>di</strong>cate a questa categoria, descritta qui come tutta tirolese. Sono<br />

quasi tutti testi che sottolineano la remissività e l’umiltà <strong>di</strong> questa professione, che però non<br />

sono trattate come segni <strong>di</strong> debolezza o sottomissione, ma anzi sono doti che si trasformano in<br />

punto <strong>di</strong> forza: essere abituati al duro lavoro nei campi ha temprato gli animi <strong>di</strong> questi uomini<br />

che ora in battaglia possono mostrare le proprie virtù:<br />

Arbeiter in den Dolomiten: “Sie tragen Gewänder aus schlichtem Tuch,/Kein Stern und Orden<br />

blinkt dran,/Und dennoch steh’n sie in goldenen Buch/Unter den Tapfersten obenan./Sie<br />

führen nicht streithaft Büsche und Schwert,/Nur Krampen und Axt schwingt <strong>di</strong>e<br />

Hand,/[…]Ihr schlichten Helden! Mit Schaufel und Beil/Habt ihr an dem Bau geschafft,/Auf<br />

dem, will’s Gott, in naher Weil’/Sie Siegesfahne sich strafft.” 352<br />

Sempre legato al fatto che è il Tirolo, il suo popolo e il suo paesaggio, l’assoluto protagonista<br />

<strong>di</strong> queste pagine si propone la poesia Tirol 1914/15: “Volk, wie bist du stark erwacht,/Ganz<br />

zur großen Tat befreit!/[…] Volk und Erde, schmachbedroht,/Bäumt sich<br />

350<br />

Noi tirolesi: “Armati per la Patria,/per punire il tra<strong>di</strong>mento italiano,/albergati nei monti,/fino alla vetta più<br />

alta./Lassù noi, giovani e vecchi,/cerchiamo con sguardo d’aquila il nemico./Noi giuriamo, <strong>di</strong> mantenere la<br />

posizione/qui non c’è nessun In<strong>di</strong>etro!/[…] Su, in alto nelle scogliere rocciose,/giù, in basso nelle trincee e in<br />

campo,/combatterà con azioni massicce/ognuno <strong>di</strong> noi – come un eroe.”<br />

351<br />

Kein Krümchen Erde, Neanche un briciolo <strong>di</strong> terra: “Non sia concesso neanche un briciolo <strong>di</strong> terra/della<br />

nostra Patria.”<br />

352<br />

Lavoratori nelle Dolomiti: “Indossano vesti <strong>di</strong> panno modesto,/nessuna stelletta o grado vi luccica sopra,/e<br />

tuttavia essi stanno nel libro d’oro/in cima sotto la voce dei più valorosi./Essi non impugnano spade e fucili<br />

litigiosi,/solo zappa e ascia fa vibrare la mano,/[…] Voi eroi modesti! Con la pala e la scure/Siete riusciti nella<br />

costruzione,/sulla quale si erge, voglia Dio in un tempo vicino/la ban<strong>di</strong>era della vittoria.”<br />

130


himmelzugewandt./Über allen Gipfeln loht/Zorniger Röte Purpurbrand.” 353 Quin<strong>di</strong>, popolo e<br />

terra tirolese sono pronti a <strong>di</strong>fendersi. Le strofe centrali <strong>di</strong> questa poesia sono de<strong>di</strong>cate alla<br />

descrizione <strong>di</strong> come il paesaggio vive l’evento a modo suo: “Doch nicht nur Menschen<br />

allein/Reckt geharnischt sich empor:/Wald und Welle, Eis und Stein/Lauern in ergrimmtem<br />

Chor./Drohend wuchtet Turm an Turm,/Wildbach faucht <strong>di</strong>e Schlucht entlang,/Föhn erbraust<br />

im Wolkensturm,/Gletscher knirscht mit Donnergang.” 354<br />

Il conta<strong>di</strong>no ama la terra non solo perché essa è fonte <strong>di</strong> sostentamento per sé e la propria<br />

famiglia, ma anche perché il Tirolo è caratterizzato da un paesaggio splen<strong>di</strong>do e meraviglioso,<br />

descritto, non a caso, con minuzia in numerose liriche. Normalmente si tratta <strong>di</strong> descrzioni<br />

estremamente dettagliate che coinvolgono tutti i sensi, in modo che chi legge possa sentire il<br />

calore del sole, vedere i colori e le forme del paesaggio e respirarne gli odori, questo para<strong>di</strong>so<br />

terrestre è sempre accompagnato dall’aggettivazione possessiva mia/nostra, finalizzato<br />

nell’economia del giornale a tenere continuamento vivo il senso <strong>di</strong> appartenenza. Il tirolese,<br />

dunque, a ragione anche per questo ama la sua terra ed è ad essa inscin<strong>di</strong>bilmente legato.<br />

Inoltre, il tema paesaggistico, in molti testi si riallaccia a Dio che è stato generoso con i<br />

tirolesi, e quin<strong>di</strong> li ama, nel donar loro una regione così prospera <strong>di</strong> vegetazione e così<br />

gradevole per i sensi. Tiroler Sonne è un testo che tratta quest’aspetto, Il Sole come emerito<br />

rappresentate <strong>degli</strong> astri, rappresenta il cielo, la luce <strong>di</strong> Dio, che come suggerisce il titolo non<br />

sembra essere per/<strong>di</strong> tutti, ma anch’esso <strong>di</strong>venta <strong>di</strong> proprietà esclusiva <strong>di</strong> questo popolo<br />

eletto. La poesia comincia con una descrizione fiabesca fino al doch, con il quale viene<br />

introdotto il nemico e la sua azione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo: “Maienmorgen! Helles Blühen!/Gol<strong>di</strong>gklares<br />

Sonnenglühen/In der Wiesen Halmewogen,/In der Wälder reichem Bogen,/Auf der Firne<br />

weißen Hängen,/Wo sich bunte Flimmer drängen,/Glänz’st du purpurn, Götterlicht!/Doch du<br />

scheinst auch jenen Schergen,/Jenen untreuschwangern Zwergen,/Die mit Falschheit-<br />

schwankem Schritte,/Mit des Räubers gierigem Tritte/Dieses heil’ge Land<br />

entweiht./[…]/Sonne, scheine ihnen fürder nicht!/Sonne! Sie entweihen auch dein Licht!” 355<br />

353<br />

Tirolo 1914/15: “Popolo, come ti sei svegliato energico,/ormai liberato da gesta eroiche!/[…]Popolo e terra,<br />

minacciati dall’infamia, si impennano rivolti al cielo./Sopra tutte <strong>di</strong>vampano le vette/ <strong>di</strong> un’ira <strong>di</strong> fuoco rosso<br />

porpora.”<br />

354<br />

“Tuttavia non solo gli uomini/si protendono energicamente verso l’alto:/il bosco e gli alberi, il ghiaccio e le<br />

pietre/stanno in agguato in un coro furioso./Minacciose si colpiscono torre contro torre,/il ruscello selvatico<br />

infuria lungo la gola,/il Föhn soffia in un impeto <strong>di</strong> nuvole,/il ghiacciaio stride con l’incedere del tuono.”<br />

355<br />

Sole tirolese: “Mattina <strong>di</strong> maggio! Prospera <strong>di</strong> chiarore!/Calore del sole oro chiaro/fra gli ondeggianti steli<br />

della radura,/nei ricchi archi del bosco,/nei bianchi pen<strong>di</strong>i sui ghiacciai,/dove si spingono tremolii<br />

colorati/splen<strong>di</strong> tu purpurea luce <strong>di</strong> Dio!/Tuttavia tu brilli anche per quei sicari,/per quei nani pregni <strong>di</strong><br />

infedeltà,/che con passi <strong>di</strong> farsa e falsità,/con il passo dell’avido malvivente,/profanano questa terra santa./[…]<br />

Sole, non brillare più per loro!/Sole! Essi profanano anche la tua luce!”. La parte <strong>di</strong> testo de<strong>di</strong>cata alla<br />

131


In molti testi è proprio la bellezza, l’incontaminatezza del paesaggio, i suoi colori e i suoi<br />

odori che ha attirato le attenzioni maligne <strong>degli</strong> italiani. Il Tirolo si trova incastonato in questo<br />

eden ed è quasi inevitabile che a causa <strong>di</strong> tanta bellezza questo luogo sia oggetto dei desideri<br />

<strong>di</strong> altre potenze, in particolare dei vicini <strong>di</strong> casa : “Zwischen Bergen, welche<br />

majestätisch,/Gigantenhaft zum Himmel ragen/[…] Von Sonnenstrahlen grell erhellt,/Liegt<br />

Österreichs Edelstein Tirol,/Das Land der Treu und Biederkeit,/Das Volk in ihm<br />

vertrauensvoll. […] Dies Land ab seiner Herrlichkeit/Ward zu dem Zweck, es zu<br />

verkleinern,/Schon oft der Schauplatz wüster Tätigkeit,/Herbeigeführt von gierigen<br />

Lateinern.” 356 Di fronte all’ingerenza nemica il popolo combattente tirolese è solerte: singolo<br />

“Steht zu sühnen, kampfbereit/ Mutter Austrias wür<strong>di</strong>ger Sohn,/Trotzend der Gefahren weit<br />

und breit.” 357 E gruppo “Steh’n einig, wie ein eisern Band,/Die Helden stolz und prächtig/<br />

Zum Eid erhoben fest <strong>di</strong>e Hand,/Die Stimme klar und mächtig,/Die Schwur klingt ernst und<br />

schauerlich/[…] «Wir werden weichen nicht, noch wanken,/[…] Vereint mit Brüdern aller<br />

Waffen,/Der Jäger und der Standesschützen,/[…] Das teu’re Heimatland zu schützen,/Solange<br />

nicht gedehmütigt/Der Welsche sinkt ins Knie./[…] Kein Fingerbreit des Landes, das wir<br />

verehren,/Soll Feindesmacht besitzen.»/[…] Der Himmel wird dem Feigen zürnen,/Gott<br />

schützt des Tapfern Vaterhaus.” 358<br />

Per terminare, propongo qualche passo da una lirica che è riassuntiva dell’importanza<br />

simbolica che in queste pagine hanno la patria tirolese il suo popolo e la sua terra<br />

inscin<strong>di</strong>bilmente legati.<br />

Heil Dir, mein Land Tirol!, il Tirolo è il <strong>di</strong>amante più bello dell’Impero asburgico, esso è<br />

orgoglioso e fiero il tirolo è stolz per merito della magnificenza delle Alpi che sono il<br />

simbolo numero uno dell’identificazione e che rappresentano uno dei tratti <strong>di</strong>stintivi del<br />

paesaggio locale. L’importanza simbolica delle Alpi, della montagna, in queste pagine è<br />

descrizione del nemico ha una assonanza in sich che ricorda il sibilare e lo strisciare del serpente, che con la sua<br />

andatura infida si insinua nel paesaggio precedentemente descritto.<br />

356<br />

Kampfruf aus dem Hochgebirge, Chiamata alle armi dall’alta montagna: “Tra i monti, quale<br />

maestosi,/giganti si ergono verso il cielo/[…]Rischiarita dai luminosi raggi del sole,/si trova la pietra preziosa<br />

dell’Austria, il Tirolo,/terra <strong>di</strong> onestà e umiltà,/il popolo pieno <strong>di</strong> fiducia in essa. […] Questa terra a causa della<br />

sua magnificenza,/fu presa <strong>di</strong> mira per rimpicciolirla,/già spesso luogo in cui furono condotti gesti orribili dagli<br />

ingor<strong>di</strong> latini.”<br />

357<br />

Ibid. “Per epurare il male,/ il figlio degno <strong>di</strong> Madre Austria sta lì pronto a combattere,/sprezzante del pericolo<br />

in lungo e in largo.”<br />

358<br />

Ibid. “Stanno uniti, come una catena <strong>di</strong> ferro,/gli eroi fieri e formidabili/le mani alzate in segno <strong>di</strong><br />

giuramento,/la voce chiara e possente,/il giuramento risuona grave e solenne/[…]«Noi non cederemo, né<br />

vacilleremo,/[…] Uniti con tutti gli altri fratelli in armi,/il cacciatore e il tiratore,/[…]per <strong>di</strong>fendere l’amata<br />

Patria,/finché il terrone non cada in ginocchio, umiliato./Nessun <strong>di</strong>to <strong>di</strong> terra che noi veneriamo,/dev’essere<br />

posseduto della forza nemica. »/[…] Il cielo è in collera con quel vigliacco,/Dio protegge i valorosi eroi della<br />

Patria.”<br />

132


anche legata al fatto che esse sono protese verso il cielo quin<strong>di</strong> hanno una prossimità a Dio. Il<br />

Tirolo anche in questi versi è caratterizzato da aggettivazione possessiva e super positiva:<br />

mein, glücklich, herrlich, treu, tapfer (mio, fortunato, maestoso, onesto, valoroso). La casa<br />

regnante ama il Tirolo così come il Tirolo ama la casa regnante. Da ciò che emerge in queste<br />

pagine, pare quasi che in questa regione non esistano <strong>di</strong>scorsi nazionalistici, la fedeltà alla<br />

casa regnante è assoluta, le caratteristiche dei combattenti tirolesi, poi, sono un’ottima miscela<br />

<strong>di</strong> aspetti fisici e morali che interagiscono rendendo questi uomini invincibili. Il tutto è<br />

implicitamente merito della loro natura così semplice, retta, onesta. “Du (Tirol) bist in<br />

Habsburgs Krone/Der schönste Diamant,/Denn Dir hat Gott in seiner Macht/Geweiht der<br />

Alpen stolze Pracht!/Du glücklich Land Tirol!/Du Land der Felsenzinnen,/Der Berge hoch<br />

und hehr,/Die mit dem Himmel minnen/[…]Die ragen stolz zur lichten Höh’/[…] Du herrlich<br />

Land Tirol!/Du Land der gold’nen Treue,/Der Lieb’ zum Herrscherhaus,/[…] Gar eilig steigt<br />

Dein Volk zu Tal/Und schärft für Welschland seinen Stahl!/Du treue Land Tirol!/[…] So<br />

glühen Tiroler Herzen/Für Habsburgs Glanz und Macht,/[…]Tirolers Augen blitzen,/[…] Um<br />

Haus und Hof zu schützen/[…] Du tapf’res Land Tirol!/[…] Wir siegen oder sterben,/Wie bei<br />

den Vätern war!” 359<br />

Guerra e vita in alta quota<br />

All’ingresso in guerra dell’Italia, nel maggio 1915, si aprì il fronte meri<strong>di</strong>onale che, per buona<br />

parte, fu un fronte alpino-dolomitico. L'estremità occidentale del fronte italo-austriaco<br />

attraversava i due imponenti gruppi montuosi dell'Ortles-Cevedale e dell'Adamello-Presanella<br />

che costituivano una formidabile barriera <strong>di</strong> colossi montuosi ricoperti <strong>di</strong> nevi e <strong>di</strong> ghiacciai,<br />

tutti superiori a 3.000 m., <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile accesso, così da un versante come dall'altro, con un solo<br />

valico carreggiabile, quello dello Stelvio (2757 m.), con nessuna mulattiera e pochi sentieri<br />

<strong>di</strong>fficili e impervi. Gli imponenti bacini superiori <strong>di</strong> queste due valli presentano le vere<br />

caratteristiche dell'alta montagna: linee <strong>di</strong> creste sottili e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficilissima percorribilità, erte<br />

pareti <strong>di</strong> roccia, ampi ghiacciai che generano una ricca ed estesa rete geografica. E' questa nel<br />

359 Lode a te, mio Tirolo!: “Tu (Tirolo) sei nella Corona/il <strong>di</strong>amante più bello,/poiché Dio, nel suo potere/ti ha<br />

consacrato la magnificenza delle Alpi!/Tu, Tirolo terra fortunata!/Tu, terra dalle rocce <strong>di</strong> stagno,/dai monti alti e<br />

sublimi,/che <strong>di</strong>alogano con il Cielo/[…] Che si innalzano fieri nelle chiare altezze/[…] Tu, Tirolo terra<br />

magnifica!/Tu, terra <strong>di</strong> pura onestà,/dell’amore per la casa regnante,/con fretta il tuo popolo si è riversato nelle<br />

vallate/e affila il proprio acciaio per i nemici italiani!/Tu, terra fedele!/[…] Così ardono i cuori tirolesi/per la<br />

magnificenza e la potenza asburgica,/[…] gli occhi dei tirolesi si accendono,/[…] per proteggere la casa e il<br />

cortile/[…] Tu, Tirolo terra valorosa!/[…] Vinciamo o moriamo,/come successe ai nostri padri!”<br />

133


complesso la zona più alta (culminante con il monte Ortles a 3905 m.) ove si combatté la<br />

prima guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />

Il fronte proseguiva poi dal Pasubio all’Altopiano <strong>di</strong>e Sette Comuni, dalle Dolomiti fassane a<br />

quelle ampezzane e pusteresi, dalle Alpi Carniche alle Giulie e per tutti i quattro anni <strong>di</strong><br />

guerra subì solo lievi e quasi insignificanti spostamenti.<br />

Il passare da un versante all'altro <strong>di</strong> questa formidabile cerchia <strong>di</strong> creste e <strong>di</strong> ghiacciai<br />

richiedeva particolare allenamento alpinistico: la mancanza <strong>di</strong> vie praticabili, l'asprezza dei<br />

valichi, la gran<strong>di</strong>osità dei ghiacciai <strong>di</strong>fficili e infi<strong>di</strong>, il grande <strong>di</strong>slivello tra i passi da valicare e<br />

il fondo delle due valli percorse da carrozzabili o da ferrovie toglievano ogni possibilità<br />

d'azione poderosa per entrambe le potenze che si fronteggiavano. Così fu che per tutto il<br />

periodo della guerra, a questo settore non fu assegnato nessun altro obiettivo, che non fosse <strong>di</strong><br />

sola <strong>di</strong>fesa e guar<strong>di</strong>a, e se poche azioni furono tentate da una parte e dall'altra, non ebbero<br />

altro scopo che <strong>di</strong> migliorare ciascuna le proprie posizioni, <strong>di</strong> vigilare sui movimenti<br />

avversari, e <strong>di</strong> minacciare le valli e gli abitati del nemico. Lo scopo <strong>di</strong>fensivo e la natura<br />

stessa delle posizioni da <strong>di</strong>fendere non richiedevano né rendevano possibile largo impiego <strong>di</strong><br />

forze. Per un complesso <strong>di</strong> circostanze, che non verranno trattate in questa sede, gli austriaci<br />

riuscirono ad assicurarsi il solido possesso dei due valichi più importanti della zona: Stelvio e<br />

Cevedale. Già nell'estate del 1915 gli Austriaci riuscirono a occupare il Monte Scorluzzo<br />

dominante lo Stelvio e a tenerlo fino al termine del conflitto. Il possesso <strong>di</strong> quel baluardo<br />

assicurava al nemico un'assoluta superiorità sugli italiani: tutte le posizioni erano dominate e<br />

vigilate da quell'osservatorio. La guerra si svolse con un'alternanza <strong>di</strong> occupazioni <strong>di</strong> vette<br />

strategiche da parte dei due contendenti, alle quali si frapposero momenti <strong>di</strong> stallo. Di anno in<br />

anno le pressioni si intensificarono obbligando i soldati a fatiche sempre maggiori per tenere<br />

testa e non cedere. Non si trattava solo <strong>di</strong> una lotta uomo contro uomo, ma anzitutto <strong>di</strong> una<br />

gara per la conquista e l'occupazione stabile delle cime. Ogni alpinista e soldato pratico <strong>di</strong><br />

montagne sapeva benissimo che strappare al nemico una vetta <strong>di</strong> cui si era impadronito,<br />

costituiva un'impresa straor<strong>di</strong>nariamente ardua, pressoché impossibile. Approntare una<br />

posizione ad altissima quota, come sull'Ortles o sul Gran Zebrù, e tenerla occupata<br />

stabilmente in guerra, costava sacrifici enormi; ciascun uomo lassù doveva superare sé stesso<br />

per adempiere a quel compito.<br />

Si costruirono vie d'acceso incidendo migliaia <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>ni nel ghiaccio vivo; bisognava portare<br />

a spalla sulle cime i materiali e le provviste, allestire ricoveri e caverne, stendere fili del<br />

telefono e così via. Solo in seguito si alleggerì la fatica con le teleferiche. Numerose furono,<br />

134


nel corso della guerra, le gallerie scavate sia dagli italiani, sia dagli austriaci nel ghiaccio<br />

vivo, per una lunghezza complessiva <strong>di</strong> oltre 11 Km., con lo scopo <strong>di</strong> raggiungere inavvertiti<br />

le postazioni avversarie, onde neutralizzarle.<br />

Quando, poi, si trattava <strong>di</strong> occupare per primi una cima importante, non ci si poteva tirare<br />

in<strong>di</strong>etro al sopraggiungere del maltempo, del gelo, delle valanghe, altrimenti vi si sarebbe<br />

attestato il nemico; chi in quel duello perdeva, andava incontro alla morte. E' fuori dubbio che<br />

le valanghe rappresentano un grave pericolo e provocano la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> vite umane in tutte le<br />

zone <strong>di</strong> montagna con importanti precipitazioni nevose. Nelle Alpi, durante il primo conflitto<br />

mon<strong>di</strong>ale, la "morte bianca" ha raccolto un'abbondante messe <strong>di</strong> vite umane. Le vittime <strong>di</strong><br />

questa <strong>di</strong>fficile guerra su questo fronte sarebbero state <strong>di</strong> più se le pattuglie non fossero state<br />

condotte da uomini che durante la vita "borghese", fossero essi italiani o austriaci, facevano le<br />

guide o comunque sui monti trovavano <strong>di</strong> che sostenere se stessi e le loro famiglie.<br />

La guerra <strong>di</strong> montagna, che fu sostanzialmente una guerra nella guerra, un unicum senza<br />

precedenti <strong>di</strong>venne ben presto oggetto <strong>di</strong> una vasta narrazione artistica e letteraria.<br />

Specialmente la grafica <strong>di</strong> propaganda (pittura e fotografia 360 ) si assunsero il compito <strong>di</strong><br />

suggerire all’immaginario collettivo che il conflitto sulle alte cime fosse cosa da eroi<br />

coprendo con la retorica la <strong>di</strong>mensione, infondo, antieroica <strong>di</strong> questa ubicazione insolita del<br />

conflitto.<br />

Anche nelle pagine del Supplemento letterario, non solo attraverso le immagini, come<br />

vedremo, ma anche nei testi uomo e paesaggio d’alta montagna si incontrano: è in questo<br />

contesto così puro e incontaminato, che il dovere militare assume un tono quasi sacro. In<br />

un’altalena <strong>di</strong> messaggi contrastanti l’obbiettivo era far intuire al lettore in maniera velata le<br />

privazioni che scaturivano dalla conduzione della guerra ad alta quota, ma contestualmente<br />

rimarcare il coraggio, la fermezza e la tenacia <strong>degli</strong> uomini-eroi che si confrontano con questa<br />

nuova realtà in maniera tanto serena senza mai cedere né vacillare (“Wir schwanken und<br />

weichen nicht” 361 si ripete come un refrain in numerosi testi).<br />

La trattazione <strong>di</strong> questo motivo è effettuata come: nazionalizzazione del mondo alpino come<br />

proprietà tirolese, “Bergheimat” 362 , monti come confine naturale tra i Buoni e i Cattivi,<br />

descrizione rassicurante della vita d’alta quota intimamente legata alla bellezza del paesaggio.<br />

360<br />

Cfr la parte de<strong>di</strong>cata al supporto visivo nel presente lavoro.<br />

361<br />

“Non vacilliamo nè in<strong>di</strong>treggiamo!”<br />

362<br />

Tiroler Wacht: “O Bergheimat, du schöne, geheiligtes Land,/Mit dem Stutzen sich schützend, steh` ich im<br />

Stand/Und halt fern den Welschen mit Leben und Leib“, Sentinella tirolese: “O patria dei monti, tu terra<br />

135


An meine Berge, in<strong>di</strong>ca già dal titolo questa identificazione possessiva, questa appartenenza<br />

del tirolese al mondo alpino e viceversa del mondo alpino al Tirolo, quin<strong>di</strong> la promessa <strong>di</strong><br />

tenerli sempre liberi dall’ingerenza straniera: “Ihr Berge seid getrost und seid<br />

zufrieden,/Wenn auch gar mancher euch wird nimmersehen/Es kommt der Tag, da wir auf<br />

euren Höhen/Einst werden feiern unseren Sieg und Frieden!” 363<br />

Essenziale in queste pagine è il rapporto quasi genetico tra uomo e paesaggio: dei monti i<br />

combattenti tirolesi prendono quasi le sembianze.<br />

Dolomitenwacht è una lirica che tratta il tema della montagna e del soldato <strong>di</strong> come, in quanto<br />

figli <strong>di</strong> quella terra, essi ne abbiano ere<strong>di</strong>tato le qualità e <strong>di</strong> come esista un legame sacro tra<br />

Fels e Mann (roccia e uomo): “Die Felsen starren im Himmel hinein/Sie wurzeln im festen<br />

Bergstein/So mächtig und drohend emporgereckt,/Wie riesige Wächter, gebannt in Stein,/[…]<br />

Im Boden fußet! Zum Himmel seht!/[…] Der Boden ist das Vaterland/[…] Drum schützet es<br />

mit starker Hand,/[…] Der Fels, vom Abgrund und Schlucht umstellt,/Der Mann, der treu <strong>di</strong>e<br />

Grenzwacht hält,/Sie wachsen beide aus festem Grund,/Sie schauen trotzig <strong>di</strong>e feindliche<br />

Welt/Und halten zusammen im heil’gen Bund./[…] Sie stehen treu, sie wissen <strong>di</strong>e Pflicht:/<br />

Mit Gott! Für Kaiser und Vaterland!” 364<br />

Die Wacht in Tirol è un concentrato <strong>di</strong> espressioni e termini chiave, espressioni che si<br />

ripetono in molti testi come un refrain e che creano un senso <strong>di</strong> continuità, coesione e<br />

familiarità <strong>di</strong> contentuti per il pubblico <strong>di</strong> lettori: “Fest stehen und treu bis in den Tod,/Die<br />

Waffenbrüder von Tirol./ Es klingt so fest, so kräftig voll:/Lieb Heimatland, gehab <strong>di</strong>ch<br />

wohl!/Fest steht <strong>di</strong>e Wacht im Land Tirol,/Fest steht und treu im Land Tirol/Die<br />

Grenzwacht/Bei Tag und Nacht!/Das Herz so weich im Heimatland,/Im Kampfe hart wie<br />

Felsenrand./Voll Kraft und Mut zu starker Wehr/Steht im Gebirg des Landes Heer./[…] Wie<br />

jeder deutsche Mann und Kind/Die Wacht am Rhein! mit Ehrfurcht singt,/Durch Öst’reiches<br />

Gauen klingen soll,/Das Lied der Wacht vom Land Tirol!” 365<br />

incantevole, santificata,/con il fucile per <strong>di</strong>fendermi io sto in appostamento/e tengo lontano il nemico con la vita<br />

e con il corpo.”<br />

363<br />

Ai miei monti: “Voi monti siete fiduciosi e contenti,/se anche qualcuno <strong>di</strong> noi dovrebbe non rivedervi mai<br />

più/verrà un giorno, che dalle vostre altezze/verranno festeggiate la nostra vittoria e la pace!”<br />

364<br />

La posta sulle Dolomiti: “Le rocce hanno lo sguardo rivolto verso il cielo/ma sono ben ra<strong>di</strong>cate nella pietra <strong>di</strong><br />

montagna/così potenti e minacciose <strong>di</strong>stese verso l’alto,/come guar<strong>di</strong>e colossali fissate nella pietra,/[…]Ra<strong>di</strong>ci al<br />

suolo, sguardo verso il cielo!/[…] Il suolo è la Patria/[…] per questo la <strong>di</strong>fendete con mano forte,/[…] La roccia<br />

muove dalle gole e dagli abissi,/L’uomo che con devozione fa la guar<strong>di</strong>a ai confini,/Entrambi sono cresciuti con<br />

solide basi,/essi guardano tenaci al mondo nemico/e sono uniti da un vincolo sacro./[…] Essi stanno sal<strong>di</strong>,<br />

conoscono il dovere:/con Dio! Per l’Imperatore e per la Patria!”<br />

365<br />

La guar<strong>di</strong>a in Tirolo: “Stanno sal<strong>di</strong> e fedeli fino alla morte,/i fratelli in armi tirolesi./Risuona così forte, così<br />

pieno <strong>di</strong> energia:/amata patria,/quanto mi sei cara!/La guar<strong>di</strong>a in Tirolo rimane compatta,/compatta e devota in<br />

terra tirolese/La guar<strong>di</strong>a dei confini/ giorno e notte!/Il cuore così dolce in patria/ in battaglia <strong>di</strong>venta duro come<br />

136


Come abbiamo detto la guerra sulle alte vette prevedeva specialmente attività <strong>di</strong>fensive. Per<br />

questo il compito <strong>di</strong> posta-guar<strong>di</strong>a-sentinella era estremamente tenuto in considerazione.<br />

Questa attività richiedeva grande tempra fisica, ma soprattutto interiore e queste qualità<br />

ripetute e trattate in tutte le salse sono le qualità che caratterizzano il giusto, il vincitore, il<br />

buono e ancor più lo avvicinavano idealmente a quei monti, baluardo della patria, alti, ben<br />

ra<strong>di</strong>cati. Der Posten è un testo de<strong>di</strong>cato propriamente a questa attività, altrove sotto<br />

l’espressione Wacht: “Drauß’ in nackten Felsenspalten/Steht treu bei Tag und Nacht/Von des<br />

Berglands Heldensöhnen/Einer auf der scharfen Wacht./Späht nach Beute wie ein Adler” 366<br />

Treu e fest (fedele e saldo) sono i due aggettivi che principalmente caratterizzano il<br />

combattente tirolese in queste pagine. I due monosillabi vengono ripetuti con elevata<br />

frequenza in modo da ra<strong>di</strong>carsi in maniera indelebile nella testa dei combattenti che si auto<br />

identificano in quelle virtù.<br />

Si è già detto altrove che le doti e caratteristiche, sia fisiche sia morali, <strong>di</strong> questi combattenti<br />

in queste pagine e, più in generale nell’intera propaganda <strong>di</strong> guerra, vengano falsate. Essi<br />

vengono descritti come uomini che non patiscono più i bisogni e le necessità umane, che<br />

ad<strong>di</strong>rittura si trasformano in quella stessa parete rocciosa, talmente tanta è la loro forza, come<br />

in queste righe tratte da Die Helden am Isonzo: “Seit Monden steht ein tapf’res Heer,/Im Süd<br />

des Reich’s zu seiner Wehr,/[…] Sie wanken nicht, sie weichen nicht,/Tun bis zum Sterben<br />

ihre Pflicht:/Die Helden am Isonzo./[…] Steh’n sie wie eine Mauer da,/[…] Wie<br />

steingeword’ne Menschenwand,/[…] Nicht Hunger, Durst, auch Kälte nicht,/[…] Sei Sieg es<br />

oder Heldentod.” 367<br />

In certi testi, come anticipato, i monti rappresentano il confine naturale tra il mondo dei giusti<br />

e quello dei falsi. Dio stesso, al momento della creazione, ha deciso <strong>di</strong> mettere un confine così<br />

netto e visibile tra questi due mon<strong>di</strong> confinanti geograficamente, ma così <strong>di</strong>stanti moralmente.<br />

Questa argomentazione viene esposta molto chiaramente nel testo Dolomitenwacht, in questo<br />

testo specifico le Dolomiti sono il confine: “Als einst unser Herrgott <strong>di</strong>e Erde gemacht,/Da<br />

trennte er Falsches vom Echten,/[…] Da reckten sich auf in gigantischer Pracht/Ge’n<br />

la parete rocciosa./Pieno <strong>di</strong> forza e coraggio per una dura resistenza/ l’esercito patrio sta in alta montagna./[…]<br />

Come ogni uomo e ragazzo tedesco/canta con rispetto Die Wacht am Rhein!/Attraverso tutto il territorio<br />

austriaco deve risuonare/il canto della Guar<strong>di</strong>a in Tirolo!<br />

366<br />

La sentinella: “Là fuori nella nuda crepa rocciosa/sta de<strong>di</strong>to giorno e notte/uno dei figli eroici della<br />

montagna/a fare una rigida sorveglianza./Guarda verso la preda come un’aquila”<br />

367<br />

Gli eroi dell’Isonzo: “Da mesi un esercito valoroso sta/a sud del Regno in sua <strong>di</strong>fesa,/[…] Non vacillano, né<br />

in<strong>di</strong>etreggiano,/fanno il loro dovere fino alla morte:/gli eroi dell’Isonzo./[…] Stanno là come un muro,/come una<br />

parete umana <strong>di</strong>ventata <strong>di</strong> pietra,/[…] né fame, né sete neanche freddo li tocca,/[…] sia vittoria o morte eroica.”<br />

137


Welschland Tirols Dolomiten als Wacht!/[…] So wachen, so kämpfen, so halten sie aus,/Im<br />

Eise der Hoch-Dolomiten.” 368<br />

La <strong>di</strong>slocazione in alta montagna porta con sé tutta una serie <strong>di</strong> altre argomentazioni utili per<br />

l´auto e per l’eterorappresentazione: in alto, vicino al cielo, nella calma e nella pace tra nevi e<br />

ghiacci, dove fiorisce il fiore simbolo <strong>di</strong> queste truppe, l´Edelweiß, dove regna quasi una pace<br />

serafica, l´unico elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo è il nemico: “Hoch in dem Fels der Alpen,/[…] Der Fels<br />

ist unser Wohnung,/Der Fels ist unser Dach,/Und unser Motto lautet:/ „Wir geben niemals<br />

nach!“/[…] [ das Edelweiß] Es wächst in Felsenspalten/[…] oft allein,/Und teilt mit uns <strong>di</strong>e<br />

Einsamkeit/Im stillen Felsenheim./ […] Dann stehen wir wohl Mann für Mann,/Fürchten den<br />

Welschen nicht,/und halten Wacht an uns´rer Grenz´/[…] Stehen wir in treuer Wacht,/Hinter<br />

Felsen, hinter Spalten,/Und niemals wird des Welschen Macht/Ueberschreiten uns´re<br />

Alpen!“ 369 . Anche l´utilizzo <strong>di</strong>ffuso dell´aggettivo possessivo è un collante fondamentale che<br />

collabora inconsciamente all´identificazione collettiva nel gruppo dei buoni.<br />

È importante trasmettere il senso <strong>di</strong> fermezza che questi combattenti mantengono nonostante<br />

la presenza del nemico: “Lieb’ Heimatland/Halt festen Stand,/Ob auch <strong>di</strong>e Welschen<br />

stürmen;/[…] Wir wanken nicht/Und weichen nicht,/[…] Und schwören <strong>di</strong>r, lieb’<br />

Vaterland,/Eh’ es verblüht am Felsenrand,/Die Feinde zu bezwingen.” 370<br />

La veglia in alta montagna è sempre descritta come un raccoglimento in cui regna la pace, il<br />

silenzio e la calma, quasi irreali. Il nemico, in questo contesto, è associato al rumore e al<br />

<strong>di</strong>sturbo <strong>di</strong> questa quiete, come ve<strong>di</strong>amo anche in questo testo, Die Wacht am Isonzo 371 , è un<br />

esempio.: “Dort wo noch horstet kühn der Aar,/Steht Österreich-Ungarns Heldenschar,/Wie<br />

eine Mauer stark und fest/Und schirmt der Heimat trautes Nest!/Der treuen Wacht gilt unser<br />

Gruß,/Den Helden am Isonzofluß!/[…] Dort steht vom Alpenfels zum Meer/Als Grenzwall<br />

368<br />

Guar<strong>di</strong>a nelle Dolomiti: “Quando Dio un tempo creò la terra,/separò i falsi dai giusti,/[…] allora si ersero in<br />

magnifica bellezza/le Dolomiti tirolesi come guar<strong>di</strong>a contro i terroni!/[…] Così sorvegliano, combattono,<br />

resistono,/nei ghiacci delle alte Dolomiti.”<br />

369<br />

Die Alpen-Wacht, La guar<strong>di</strong>a nelle Alpi: “In alto nelle rocce alpine,/[…] la roccia è la nostra casa,/la roccia è<br />

il nostro tetto,/ e il nostro motto <strong>di</strong>ce:/”Noi non cederemo mai!”/[…] [la stella alpina] cresce nella parete<br />

rocciosa/[…] spesso sola,/e con<strong>di</strong>vide con noi la solitu<strong>di</strong>ne/nella silenziosa patria alpina./[…] Noi stiamo<br />

volentieri uomo a uomo,/non temiamo il nemico,/e continuiamo a fare la guar<strong>di</strong>a ai nostri confini/[…] Noi<br />

rimaniamo a fare una guar<strong>di</strong>a assidua,/<strong>di</strong>etro le rocce, <strong>di</strong>etro le crepe,/e mai la potenza nemica/varcherà le nostre<br />

Alpi!”<br />

370<br />

Grenzwacht, La guar<strong>di</strong>a ai confini: “Amata Patria,/resisti,/anche se i terroni infuriano;/[…] Noi non<br />

vacilliamo/e non in<strong>di</strong>etreggiamo,/[..] e ti giuriamo, amata Patria,/piuttosto sanguineranno le pareti rocciose,/pur<br />

<strong>di</strong> sottomettere il nemico.”<br />

371<br />

L’Isonzo scorre in parte nella Slovenia occidentale e in Friuli Venezia Giulia. Entra in territorio italiano<br />

presso Gorizia, lambisce da qui le pen<strong>di</strong>ci del Carso.<br />

138


unser tapf’res Heer!/[…] In uns’rer Alpen stiller Pracht/Verehren wir des Schöpfers<br />

Macht,/Und wer allhier <strong>di</strong>e Andacht stört,/Den strafet unser blankes Schwert!/[…] Auf Erden<br />

siegt in Ewigkeit/Nur Wahrheit und Gerechtigkeit!/Den Ruhmesglanz birgt nur <strong>di</strong>e Treu/Als<br />

Lohn der Falschheit winkt <strong>di</strong>e Reu’!/Treuloser Feind! Dein Überfall/Zerschellt an stolzen<br />

Alpenwacht,/Wo uns’re braven Helden steh’n” 372<br />

La parola chiave <strong>di</strong> questo testo è, come altrove, treu (fedele, devoto, onesto). All’interno<br />

della lirica si contrappongono concetti così come nel conflitto si contrappongono due mon<strong>di</strong>:<br />

Treu vs Falschheit, Ruhm vs Reue (onestà vs falsità, gloria vs pentimento). Il verbo<br />

zerschellen an 373 , che troviamo anche qui, è uno dei verbi che vengono usati più spesso<br />

quando si descrive l’italiano nell’atto <strong>di</strong> invadere il territorio straniero: egli si sfracella poichè<br />

urta con un blocco talmente saldo e talmente unito (che siano i monti che sia l’esercito<br />

austriaco) che va in pezzi.<br />

Molte poesie, e questa ne è un esmpio, sono costruite con uno schema <strong>di</strong> transitività<br />

dell’uguaglianza: per cui se a è uguale a b e b è uguale a c allora a è uguale a c. Se in terra<br />

vincono Verità e Giustizia e la gloria è solo nella fedeltà, se la falsità porta solo rimorso, il<br />

nemico treulos (infedele, sleale) non avrà fama né gloria in terra e sarà condannato al rimorso<br />

eterno.<br />

Ancora un esempio <strong>di</strong> queste tematiche: <strong>di</strong>solocazione in alta montagna e aquisizione delle<br />

sue qualità, atteggiamento aggressivo e violento provocato dal tra<strong>di</strong>mento nemico, volontà a<br />

non cedere nonostante per<strong>di</strong>te umane e sacrifici pur <strong>di</strong> tenere libera e non la propria terra.<br />

“Wir hausen und horsten/[…] Hoch […] In teuren Berge Hut;/Und klimmen kühn und<br />

klettern/Durch Grat und Felsenschacht/Und trotzen Wind und Wettern: Die<br />

Dolomitenwacht!/Man zwang uns und wir morden/Und kennen Schönung nicht:/[…] Wir<br />

jagen ihn (den Feind) […] bei Tag und Nacht/Mit Zorn und Zähnenknirschen:/Die<br />

Dolomitenwacht!/[…] Und bräch’ mit tausend Toden/Der Feind in unser Land:/Nicht eine<br />

Handbreit Boden/Wird ihm zum Unterpfand!/Ihr Zwitter und ihr Zwerge,/Wir spotten eurer<br />

372<br />

La guar<strong>di</strong>a sull’Isonzo: “Là dove ancora ni<strong>di</strong>fica audace l’aquila,/sta la schiera <strong>di</strong> eroi austro-ungarici,/forti<br />

come un muro e sal<strong>di</strong>/e <strong>di</strong>fende il caro nido della Patria!/La salda veglia merita il nostro saluto,/agli eroi presso il<br />

fiume Isonzo!/[…] Là sta, dalle rocce alpine al mare,/il nostro valoroso esercito come bastione <strong>di</strong> frontiera!/[…]<br />

Nella muta magnificenza delle nostre Alpi/ammiriamo la potenza del Creatore,/e colui che qui <strong>di</strong>sturba il<br />

raccoglimento,/verrà colpito dalla nostra lucida spada!/[…] Sulla terra trionfano per l’eternità/solo la verità e la<br />

giustizia!/Solo l’onestà contiene lo splendore della gloria/come ricompensa della falsità si ha solo<br />

pentimento!/Nemico <strong>di</strong>sonesto! Il tuo crimine/si sfracella contro la fiera guar<strong>di</strong>a alpina,/dove stanno i nostri<br />

valorosi eroi.”<br />

373<br />

Altrove zerschmettern.<br />

139


Macht!/Fest steht wie Gottes Berge/Die Dolomitenwacht!/[…] Wir sterben und wir<br />

siegen:/Die Dolomitenwacht!” 374<br />

Come abbiamo visto, molto spesso in queste pagine dei personaggi <strong>di</strong> spicco della tra<strong>di</strong>zione<br />

storica locale sono manipolati e sfruttati come simboli d’identificazione collettiva. Anche i<br />

luoghi, in questo caso luoghi <strong>di</strong> alta montagna, in queste pagine sono impiegati in questo<br />

senso. È in particolare il Col <strong>di</strong> Lana ad essere protagonista <strong>di</strong> queste liriche: “Von Wolken<br />

umstoben, umflimmert von Schnee,/Gekrönt mit Demanten von klingenden Frost,/Blickt<br />

düster sein Fürst aus der schimmernden Höh’/Stummdrohend nach Süden und Ost./Weich hält<br />

er in Falten des weißen Talars,/Der Wächter nie wankende Zahl./Und färbte ihr Blut einst das<br />

Tuch des Altars,/Wirft er noch Lawinien ins Tal.” 375 Questa lirica è completamente incentrata<br />

sulla descrizione del paesaggio <strong>di</strong> montagna, descrizione che ha dei toni molto lontani e<br />

<strong>di</strong>versi dalle poesie che normalmente sono proposte in queste pagine. Qui la guerra sembra<br />

quasi non essere nominata, a parte che nell’espressione “Blut”. Il Col <strong>di</strong> Lana, infatti, è un<br />

monte delle Dolomiti che era noto anche come Col <strong>di</strong> Sangue: il 17 aprile 1916 i genieri<br />

italiani fecero esplodere una mina che uccise 150 militari austriaci e permise agli italiani <strong>di</strong><br />

occupare la vetta. Il cratere causato dall’esplosione è visibile ancora oggi.<br />

Col <strong>di</strong> Lana 2: “Col <strong>di</strong> Lana, heiß begehrt,/Felsenfeste blutgetränkt/Hast bis jetzt <strong>di</strong>ch brav<br />

gewehrt/Und dem Feind kein’ Schritt geschenkt./[…] Welsches Banner wolltest Du<br />

(nemico)/Auf Col <strong>di</strong> Lana pflanzen./[…] Seitdem ist kein Sturm geglückt/Auf uns’re stolze<br />

Feste./Seitdem hat kein’ Stein verrückt/Von uns’rem Felsenfeste./Und so wie jetzt, so bleibt<br />

es auch,/Hast du es nun verstanden?” 376<br />

374<br />

Die Dolomitenwacht, Le sentinelle delle Dolomiti: “Noi abitiamo e ni<strong>di</strong>fichiamo/ […] In alto […] Negli amati<br />

rifugi <strong>di</strong> montagna;/e scaliamo e ci arrampichiamo audaci/attraverso le vette e le gole/nonostante vento e<br />

temporale: le sentinelle delle Dolomiti!/Ci hanno costretto e noi ucci<strong>di</strong>amo/e non conosciamo indulgenza:/[…]<br />

noi gli <strong>di</strong>amo la caccia (al nemico) […] giorno e notte/con ira e stizza: le sentinelle delle Dolomiti!/[…] E se<br />

anche ciò dovesse causare migliaia <strong>di</strong> morti /nella nostra terra:/non una mano <strong>di</strong> terra/gli verrà data in<br />

pegno!/Voi ermafro<strong>di</strong>ti e voi nani,/noi scherniamo la vostra potenza!/Sta salda come le montagne <strong>di</strong> Dio/ la<br />

sentinella delle Dolomiti!/[…] Noi moriamo e noi vinciamo: le sentinelle delle Dolomiti!” (Questa è la poesia <strong>di</strong><br />

Bruder Willram)<br />

375<br />

Col <strong>di</strong> Lana 1: “Schizzato dalle nuvole, scintillante <strong>di</strong> neve,/coronato dai <strong>di</strong>amanti del gelo tintinnante,/il suo<br />

Principe osserva cupo minaccioso e muto l’altezza splendente/da sud a est./Tenero, nelle pieghe della bianca<br />

toga,/egli fa la guar<strong>di</strong>a non vacillando mai./E se mai il loro sangue colorasse il panno dell’altare,/egli continuerà<br />

a mandare slavine a valle.” In realtà a data <strong>di</strong> questa poesia il fatto <strong>di</strong> cui si parla sopra non si era ancora<br />

verificato. Infatti Col <strong>di</strong> Lana 1 e Col <strong>di</strong> Lana 2 sono entrambe del <strong>di</strong>cembre del ’15.<br />

376<br />

Col <strong>di</strong> Lana 2: “Col <strong>di</strong> Lana desiderato intensamente,/roccia incrollabile, impregnata <strong>di</strong> sangue,/fin’ora sei<br />

stato <strong>di</strong>feso tenacemente/e al nemico non è stato concesso neanche un passo./[…] Tu (nemico) volevi installare<br />

un vessillo terrone/sul Col <strong>di</strong> Lana./[…] Da allora non è riuscito nessun attacco/alle nostre fiere fortezze./Da<br />

allora non hai spostato neanche una pietra/della nostra roccia incrollabile./E così come ora, così rimarrà,/l’hai<br />

capito ora?”<br />

140


Col <strong>di</strong> Lana-Klänge 377 : “Kennst du, Wanderer, <strong>di</strong>e Berge von Tirol./Ach, dort ist uns<br />

Kaiserjägern gar so wohl,/Wenn’s in dreitausend Meter Höhe stürmt und schneit,/Ach, wie<br />

wird uns da das Herz so weit./Wenn Granaten blitzen rund um uns daher,/Wenn Schrapnelle<br />

sausen, als wenn’s Streusand wär,/raucht man sich a Pfeiferl an in Gemütlichkeit,/Das ist ein<br />

Zeichen der Zufriedenheit./[…] Von der Alpenrose scheiden wir so schwer,/Doch das tröstet<br />

uns, es kommen and’re her,/Etablieren sich in möglichst kurzer Zeit/Und steigen am Col <strong>di</strong><br />

Lana voller Freud.” 378 La descrizione della veglia a 3000 mt <strong>di</strong> altezza nonostante la<br />

<strong>di</strong>slocazione scomoda e svantaggiata è farcita <strong>di</strong> espressioni che trasmettono serenità,<br />

tranquillità. È quasi una sofferenza dover lasciare quelle vette per dare il cambio ai colleghi<br />

che montano dopo <strong>di</strong> loro, i quali allo stesso modo cominciano il loro lavoro pieni <strong>di</strong> gioia.<br />

Anche nei momenti <strong>di</strong> pericolo tanta è la serenità <strong>di</strong> stare lassù che i combattenti non vivono<br />

neanche un attimo <strong>di</strong> spavento. Ancora una volta la verità oggettiva, il dolore e la fatica<br />

cedono il passo a un mondo <strong>di</strong> fiaba intriso <strong>di</strong> falso eroismo e false virtù.<br />

In un altro testo sempre intitolato al Col <strong>di</strong> Lana il cui sottotitolo ricorda “de<strong>di</strong>cato agli eroi<br />

del Col <strong>di</strong> Lana” attraverso l’aggettivazione e il lessico si vuole comunicare l’inagibilità del<br />

luogo e, conseguentemente e implicitamente, le straor<strong>di</strong>narie doti <strong>di</strong> chi sta lassù a combattere<br />

e a fare le guar<strong>di</strong>a in <strong>di</strong>fesa della patria, la montagna, inoltre, ricorda la collocazione vicino al<br />

Cielo o comunque verso esso proteso: “Im Steingewänd’/Auf Bergesgipfel himmelhoch,/In<br />

Schluchten tief,/Darüber schroffes Felsgehäng!/[…] Ihr Helden dort/Auf hoher, treuer<br />

Wacht!/[…] Ihr kämpft mit welscher Übermacht,/Auf steilen Höh’n/In fest’gen<br />

Schründen.” 379<br />

Non solo il Col <strong>di</strong> Lana, ma anche altri luoghi in queste pagine sono personificati e trattati<br />

come luoghi dell’identificazione collettiva, come nei due testi che seguono.<br />

377<br />

Questa poesia è <strong>di</strong> febbraio ‘16. Anche alla data <strong>di</strong> questa poesia però i fatti <strong>di</strong> sopra non si erano ancora<br />

verificati.<br />

378<br />

Rumori dal Col <strong>di</strong> Lana: “Tu, viaggiatore conosci i monti del Tirolo./Ahimè, là si trovano sereni i nostri<br />

Kaiserjäger,/anche se a tremila metri <strong>di</strong> altezza infuria la bufera e nevica,/Ahimè, come ci si spalanca il cuore<br />

lassù./Quando brillano le granate tutt’attorno a noi,/quando fischiano gli shrapnel , come se ci fosse uno<br />

spargimento <strong>di</strong> sabbia,/ci si fuma una pipa in tranquillità,/questo è il segno della nostra serenità./[…] Dal<br />

rododendro ci separiamo con fatica,/ma ci consola pensare che vengano altri,/a stabilirsi possibilmente in breve<br />

tempo/e salgano sul Col <strong>di</strong> Lana pienamente felici.”<br />

379<br />

Col <strong>di</strong> Lana 3: “Nel pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> pietra/sulle altissime cime <strong>di</strong> montagna,/nei profon<strong>di</strong> precipizi,/sopra l’erta<br />

parete rocciosa!/[…] Voi eroi lassù/che fate una guar<strong>di</strong>a devota e solenne!/[…] Voi combattete contro la<br />

superiorità nemica,/sulle altezze scoscese/nelle crepe rocciose.”<br />

141


An <strong>di</strong>e Helden vom Ortler: “Dort, wo siegesstolz der König Ortler thront,/Wo steht mein<br />

Vaterhaus, […]/wo stehen, mit Ruhm und Ehr bedeckt, Suldens 380 , berggewohnte<br />

Schützen.” 381<br />

Am Passo Para<strong>di</strong>so: “In das Firneis von Presena/Schrieb der Feind mit seinem Blut:/Dieser<br />

Weg führt in <strong>di</strong>e Hölle/Durch – das Para<strong>di</strong>sotor!/Adlerschützen pirschten dorten-/Jeder Schuß<br />

ein welsches Herz!/[…] Wie das Herzblut der Verräter/Leuchtet auf dem Schneegefild!/Weiß-<br />

rot sind <strong>di</strong>e Landesfarben,/Ist <strong>di</strong>e Fahne von Tirol!/[…] Heil <strong>di</strong>r, glückliche Presena 382 !/Heil<br />

und Dank, <strong>di</strong>r, Heldenschar!/Sieh! Der Firn hält treu, voll Stolze/Seine Siegesmale fest,/Ob es<br />

stürmt, ob scheint <strong>di</strong>e Sonne -/Nichts kann löschen fort <strong>di</strong>es Blut.” 383<br />

Oltre che il combattimento in sè, anzi forse in percentuale molto più elevata, anche la vita<br />

‘quoti<strong>di</strong>ana’ ad alta quota era un importante elemento costitutivo del senso <strong>di</strong> appartenenza a<br />

quel gruppo e soprattutto questa descrizione così rassicurante e serena doveva comunicare<br />

anche a chi stava a casa che, nonostante in guerra, i propri cari avevano tutto ciò <strong>di</strong> cui<br />

avevano bisogno.<br />

Bis an <strong>di</strong>e Grenze der Unmöglichkeit è un testo nel quale vengono proprio descritte tutte le<br />

attività che i soldati dovevano compiere per sistemarsi nelle alte vette e, quin<strong>di</strong>, le costruzioni<br />

<strong>di</strong> rifugi, postazioni da sparo, forni e tutto ciò che poteva servire. Il titolo ovviamente fa<br />

riferimento al fatto che a certe altezze era veramente complicato dare vita a nuove costruzioni<br />

situate in luoghi estremamente impervi e sfavorevoli alla presenza umana. Nonostante ciò per<br />

il rapporto singolare che avevano i tirolesi con i loro monti ovviamente tutto ciò riusciva,<br />

grazie a una innata propensione allo sforzo e al sacrificio. A questo proposito vorrei<br />

soffermarmi <strong>di</strong> passaggio sull’importanza che in queste pagine ha la descrizione dettagliata<br />

del paesaggio alpino. Di preferenza, il paesaggio <strong>di</strong> montagna è descritto nelle ore del<br />

crepuscolo o dell’alba, quin<strong>di</strong> quando c’è una luce particolare, il Sole fa comunque sempre da<br />

380<br />

Suldens è Solda all’Ortles<br />

381<br />

Agli eroi dell’Ortles: “Là, dove troneggia sicuro <strong>di</strong> vincere il Re Ortles,/dove è la mia patria,[…]/dove stanno,<br />

sul Solda rivestito <strong>di</strong> onore e gloria, i tiratori abituati ai monti.”<br />

382<br />

Il ghiacciaio Presena è un ghiacciaio del gruppo della Presanella nel quale si è combattuto.<br />

383<br />

Sul Passo Para<strong>di</strong>so: “Nei ghiacci del Presena/il nemico scrisse col suo sangue:/questa strada porta<br />

all’inferno/attraverso la porta del Para<strong>di</strong>so!/Gli Adlerschützen stanno in agguato lassù-/Ogni colpo è un cuore<br />

nemico!/[…] Come riluce il sangue nemico/nel manto nevoso!/Rosso e bianco sono i colori della patria,/è la<br />

ban<strong>di</strong>era del Tirolo!/[…] Onore a te, amabile Presena!/Onore e gratitu<strong>di</strong>ne a te, schiera <strong>di</strong> eroi!/Ve<strong>di</strong>! Il ghiaccio<br />

mantiene saldo e fedele, pieno <strong>di</strong> orgoglio/il suo simbolo della vittoria,/sia che imperversi la bufera sia che<br />

splenda il sole -/niente può cancellare questo sangue.”<br />

142


padrone: “Der Alpensonne letzte Strahlen/Sind schon in’s Martelltal gefallen,/Ihr letzter<br />

Schimmer sanft entschwindet,/Im Tale rege Tätigkeit beginnet.” 384<br />

Oltre la montagna, anche tutta la vegetazione alpina viene usata come simbolo <strong>di</strong><br />

identificazione. Soldaten, schütztet den Wald! Prende come simbolo il bosco. Il bosco è fonte<br />

<strong>di</strong> materie prime importanti per la sopravvivenza ad alta quota, per questo in questi versi<br />

viene personificato come collaboratore attivo alla lotta: “Der Wald ist ein Kämpfer, ein<br />

Streiter wie ihr!/[…]Der Wald, er ist euer Beschirmer und Freund,/Er schützt euch vor den<br />

Naturgewalten,/Er kämpft mit euch gegen den tückischen Feind,/Er läßt für euch sein Holz<br />

zerspalten;/Und gibt euch Wärme in Eis und Schnee,/Er baut euch Hütten und Unterstände,/Er<br />

kocht euch das Fleisch, den warmen Kaffee,/Und füttert mit Holzwolle eure Wände,/Und gibt<br />

euch Ruhe in seinem Hallen.” 385<br />

Anche il rifugio è simbolo della guerra <strong>di</strong> alta montagna. Hüttenpoesie, la poesia del rifugio, è<br />

una formula originale per descrivere, con elementi che permettono al lettore <strong>di</strong> identificarvisi,<br />

la vita nei rifugi in alta montagna.<br />

Vorrei proporre, infine, un testo riassuntivo del tema montagna e guerra d’alta quota, tratto<br />

dall’ultimo supplemento, luglio 1916<br />

Die Wacht in Tirol<br />

Es stehen fest an steiler Wand<br />

Die Völker Oest’reichs, Hand in Hand,<br />

Sie alle kennen ihre Pflicht,<br />

Wenn auch so manches Auge bricht.<br />

Tiroler Land, magst ruhig sein,<br />

Kein Welscher darf zu <strong>di</strong>r herein,<br />

Solange Oest’reichs Truppenmacht<br />

Auf deinen Bergen hält <strong>di</strong>e Wacht !<br />

Wo Edelweiß und Enzian blüht,<br />

384<br />

Fino ai limiti dell’impossibile: “Gli ultimi raggi del sole delle Alpi/si sono già irra<strong>di</strong>ati nella Val Martello,/il<br />

loro ultimo chiarore si <strong>di</strong>legua a poco a poco,/nella valle cominciano vivaci attività.”<br />

385<br />

Soldati, <strong>di</strong>fendete il bosco!: “Il bosco è un combattente, un soldato come voi!/[…] Il bosco è il vostro<br />

protettore e amico,/vi <strong>di</strong>fende dagli eventi naturali,/combatte con voi contro il vile nemico,/egli vi lascia<br />

abbattere il legno;/e vi da caldo nel ghiaccio e nella neve,/vi costruisce anche rifugi e alloggi,/vi cuoce la carne,<br />

il caldo caffè,/e fodera con lana <strong>di</strong> legno le vostre pareti,/e vi da riposo nelle sue aree.”<br />

143


Die Alpenrose leuchtend glüht,<br />

Dort halten wir dem Feinde stand<br />

Und schützen unser Vaterland !<br />

Tiroler Land, kannst ruhig sein,<br />

Wir lassen keinen Feind herein,<br />

Mag er auch stürmen noch so sehr,<br />

Hier steht des „ Landls“ Eisenwehr!<br />

Andreas Hofers Geist durchweht<br />

Das Heer, das jetzt im Kampfe steht,<br />

Um uns’re Fahnen weht der Sieg<br />

In <strong>di</strong>esem schweren Rachenkrieg.<br />

O Land Tirol, wir halten stand,<br />

An deiner hohen Felsenwand,<br />

Nie soll <strong>di</strong>ch mehr ein Feind entweih’n,<br />

Fest stehen uns’re tapf’ren Reih’n ! 386<br />

Die Wacht in Tirol, è preceduta da una tavola <strong>di</strong> Lienz 387 Dolomitenwacht. La poesia e la<br />

tavola sono complementari, entrambe sottolineano le gran<strong>di</strong> prerogative <strong>di</strong> chi <strong>di</strong>fende<br />

valorosamente i patri confini (fino a questa data il culto del Tirolo viene usato come un’ arma<br />

propagan<strong>di</strong>stica tra le più forti per la lotta e il sacrificio, ma da questo numero in poi le cose<br />

cambieranno, la propaganda assumerà toni molto più maturi e polemici; il giornale perderà<br />

anche la <strong>di</strong>citura Tiroler).<br />

386<br />

La guar<strong>di</strong>a in Tirolo: “Stanno fissati alla parete rocciosa/i popoli austriaci, mano nella mano,/tutti loro<br />

conoscono il proprio dovere,/anche se ogni tanto qualche occhio viene fuori./Patria tirolese, vuoi stare<br />

tranquilla/nessun terrone ti potrà invadere,/fintanto che la forza delle truppe austriache/fa la guar<strong>di</strong>a suoi tuoi<br />

monti!/Dove fioriscono la stella alpina e la genziana,/dove rosseggia scintillante il rododendro,/là noi ci<br />

opponiamo al nemico/e proteggiamo la nostra Patria!/Tirolo puoi stare tranquillo!/Noi non lasciamo entrare<br />

nessun nemico,/anche se egli dovesse attaccarci così tanto,/qua c’è la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> ferro della Patria!/Lo spirito <strong>di</strong><br />

Andreas Hofer sull’esercito/che ora sta in battaglia,/attorno alle nostre ban<strong>di</strong>ere soffia la vittoria/in queste dura<br />

guerra <strong>di</strong>fensiva./Oh, Patria tirolese, noi resistiamo,/sulle tue alte pareti rocciose,/mai più un nemico potrà<br />

profanarti,/le nostre fila valorose stanno salde!”<br />

387<br />

Albin Egger-Lienz (Stribach 1868 – Santa Giustina 1926). Stu<strong>di</strong>o accademico a Monaco, tra il 1899 e il 1911<br />

a vienna, dal 1912 al 1913 docente a Weimar quin<strong>di</strong> risiede a Santa Giustina. I suoi espressivi <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> guerra e<br />

le tarde ‘riflessioni’ vengono annoverati tra le opere principali della prima modernità austriaca.<br />

144


La poesia, come molte altre, si rifà a una famosissima canzone: Die Wacht am Rhein 388 . In<br />

questo testo anche la grafica collabora a guidare l’attenzione del lettore su determinati<br />

concetti. La poesia è in rima baciata. Il testo ha struttura circolare, cioè inizia e termina con la<br />

stessa osservazione, che è l’essenza della poesia: “es stehen fest an steiler Wand” e “Fest<br />

stehen uns’re tapf’ren Reih’n”. La fissità e la compattezza sono il nucleo tematico principale<br />

della poesia: nel primo verso l’immagine dei soldati “fissati” alla parete scoscesa in<strong>di</strong>ca<br />

qualcosa <strong>di</strong> fisicamente impossibile o, perlomeno, molto faticoso. La fatica e lo sforzo <strong>di</strong><br />

questi combattenti devono suscitare ammirazione nei lettori. Tanto più se questa fermezza è<br />

anche una fermezza <strong>di</strong> spirito che si contrappone, ovviamente, all’incostanza italiana.<br />

L’immagine <strong>di</strong> Lienz che precede questa poesia è la rappresentazione grafica <strong>di</strong> questo<br />

concetto. Il soldato ivi raffigurato si protende sicuro sulla roccia nonostante la sua corpulenza.<br />

Sembra quasi un prolungamento della parete rocciosa. Questa associazione è funzionale<br />

all’immagine che si doveva dare delle milizie territoriali che si occupavano della <strong>di</strong>fesa dei<br />

confini 389 . Essi, come le rupi, devono essere ben ra<strong>di</strong>cati al terreno, non devono vacillare, e<br />

allo stesso tempo devono essere protesi verso l’alto per incutere timore al nemico e avere un<br />

aspetto imponente e minaccioso come le vette alpine. La fedeltà e la fissità dei monti devono<br />

appartenere anche a coloro che sono chiamati a <strong>di</strong>fendere la patria in quelle altitu<strong>di</strong>ni. Questo<br />

è l’aspetto più importante della grande coesione intima tra uomo e ambiente nel fronte sud. Ed<br />

è una caratteristica che emerge molto chiaramente anche dai ritratti, nei quali i soldati<br />

raffigurati non hanno mai volti contraffatti dal terrore o segnati dalla stanchezza.<br />

388<br />

Die Wacht am Rhein, La Guar<strong>di</strong>a sul Reno, è una celebre canzone patriottica tedesca. Die Wacht am Rhein,<br />

prima della <strong>di</strong>ssoluzione dell'Impero Tedesco della famiglia reale <strong>degli</strong> Hohenzollern, veniva considerata dalla<br />

gente come una sorta <strong>di</strong> inno nazionale. Le sue origini risalgono ai passati conflitti con la Francia. La canzone fu<br />

particolarmente popolare durante la Guerra Franco-Prussiana e durante la Prima guerra mon<strong>di</strong>ale. Le parole<br />

furono tratte da un poema scritto nel 1840 dal mercante svevo Max Schneckenburger. Si spiega da sé la trovata<br />

<strong>di</strong> associare queste poesie a canzoni già molto note e <strong>di</strong>ffuse popolarmente. Questa associazione permetteva <strong>di</strong><br />

imprimere in maniera indelebile i testi e le espressioni formulari nelle menti e nelle coscienze.<br />

389<br />

Con l’entrata in guerra dell’Italia, l’esercito imperial-regio è costretto a doversi <strong>di</strong>videre tra il fronte orientale<br />

e questo nuovo fronte meri<strong>di</strong>onale., tutto alpino. In Tirolo si forma spontaneamente il corpo <strong>degli</strong> Standschützen<br />

tirolesi, che compensano la mancanza <strong>di</strong> esperienza bellica con il patriottismo e la conoscenza del terreno. Essi<br />

rappresentano un fronte molto compatto agli occhi <strong>degli</strong> italiani. Essi manterranno la posizione fino all’arrivo dei<br />

Kaiserjäger e dei Kaiserschützen.<br />

145


Dolomitenwacht , A. Egger-Lienz, in LB, 26 luglio 1916, foglio sciolto.<br />

Il testo della poesia fa riferimento anche all’invi<strong>di</strong>a e all’impressione che i nemici , i<br />

“Welschen” 390 , hanno della compattezza delle milizie austriache, che generalmente venivano<br />

sbeffeggiate dalla propaganda italiana proprio per la loro multietnicità, punto debole<br />

dell’esercito austroungarico, in quanto fonte <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgregazione anziché coesione. La poesia<br />

prosegue trattando un altro aspetto caratteristico <strong>di</strong> questi supplementi: il contrasto tra la<br />

bellezza del paesaggio alpino e il sacrificio dei soldati che ivi si compie. Il nuovo fronte<br />

viene, infatti, aperto in una zona, che normalmente sarebbe zona <strong>di</strong> svago e <strong>di</strong> contatto con<br />

la natura: a quelle altezze , “dove fioriscono la stella alpina e la genziana, dove rosseggia<br />

luminoso il rododendro, là i protettori della patria devono resistere al nemico”. Anche in<br />

questi versi, come altrove, si contrappongono immagini <strong>di</strong> natura incantevole al dovere<br />

militare (Wo/Dort in posizione enfatica. Nello stesso luogo in cui la natura da la sua più<br />

bella manifestazione i soldati si sacrificano per la <strong>di</strong>fesa della patria). Nella terza e ultima<br />

strofa entra in scena lo spirito <strong>di</strong> Andreas Hofer, come abbiamo già visto figura strettamente<br />

connessa al mondo tirolese, la cui immagine viene manipolata per scopi propagan<strong>di</strong>stici.<br />

Anche la rima facile “Sieg” e “Rachenkrieg” ha in realtà un messaggio importante: infatti la<br />

guerra <strong>di</strong> vendetta, o <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa è chiaramente più giustificabile rispetto a una guerra offensiva;<br />

per questo, solo la “Rachenkrieg” merita la vittoria. Questa motivazione, come abbiamo già<br />

avuto modo <strong>di</strong> constatare, è una delle più <strong>di</strong>ffuse e sfruttate in queste pagine e come <strong>di</strong>mostra<br />

anche questo esempio l’attenzione alla ripetitività del messaggio non viene mai meno.<br />

Nelle tre strofe si sviluppa un crescendo graduale <strong>di</strong> atteggiamenti: la prima in<strong>di</strong>ca il desiderio<br />

(“du magst”) del Tirolo <strong>di</strong> restare in pace, la seconda riba<strong>di</strong>sce questo concetto, ma assicura (<br />

“du kannst” ) che il Tirolo può stare in pace, (se ne amplia, inoltre, l’aspetto in<strong>di</strong>feso e<br />

390 Termine <strong>di</strong>spregiativo, che in<strong>di</strong>ca tutti gli abitanti della zona del Tirolo meri<strong>di</strong>onale abitata da non tedeschi <strong>di</strong><br />

etnia latina. Per esteso in<strong>di</strong>ca tutti gli italiani.<br />

146


innocente, che pur non avendo responsabilità <strong>di</strong>rette della guerra la subisce, con la<br />

denominazione “Landl”, che è l’espressione affettuosa usata per designare il Tirolo); ma allo<br />

stesso tempo si ricorda al nemico che il Tirolo non starà a guardare impassibile e, infatti, il<br />

termine “Eisenwehr” ristabilisce la supremazia <strong>di</strong> chi, invaso, non può altro che <strong>di</strong>fendersi.<br />

L’ultima strofa è incentrata proprio sulla <strong>di</strong>fesa nazionale: sembra quasi che i combattenti<br />

vogliano mandare dall’alto un avvertimento implicito al nemico tramite una frase<br />

rassicurante per la propria terra: “Nie soll <strong>di</strong>ch mehr ein Feind entweih’n”.<br />

I corpi dell’esercito e i loro simboli<br />

L’esercito 391 e i suoi corpi era altresì materiale significativo per la costruzione dell’identità<br />

collettiva. In particolare gli Standesschützen e la Landsturm.<br />

391<br />

L’esercito austro-ungarico: Daremo ora un quadro dell’esercito che si apprestava a varcare il Piave per<br />

marciare sulla pianura veneta. Nel 1914, allo scoppio della guerra mon<strong>di</strong>ale, Austria ed Ungheria formavano una<br />

duplice monarchia che includeva l’impero d’Austria ed il regno d’Ungheria, oltre ad una miriade <strong>di</strong> regni, come<br />

quello <strong>di</strong> Boemia, <strong>di</strong> Dalmazia, <strong>di</strong> ducati, come quelli della Carinzia, <strong>di</strong> Salisburgo o della Stiria, le contee <strong>di</strong><br />

Gorizia e del Tirolo, il margraviato d’Istria, etc. <strong>di</strong> cui era titolare l’imperatore Francesco Giuseppe I d’Asburgo-<br />

Lorena (la casa d’Asburgo si era in realtà estinta nel 1780 con la morte <strong>di</strong> Maria Teresa, cui successe il figlio<br />

Giuseppe II, che unì al titolo lorenese anche quelli della madre: si ricor<strong>di</strong> però che sino al 1805 il titolo<br />

d’imperatore del Sacro Romano Impero era elettivo e non ere<strong>di</strong>tario come fu poi quello d’imperatore d’Austria).<br />

L’Austria Ungheria era formata da cinque gruppi etnici principali, più una miriade <strong>di</strong> minori: il gruppo etnico più<br />

numeroso era formato dagli slavi, con il 44% <strong>degli</strong> abitanti della Duplice Monarchia, seguiti dai tedeschi (28%),<br />

dagli ungheresi (18%), dai rumeni (8%) e dagli italiani (2%). L’armata dell’Impero nella Grande Guerra era<br />

unica tra tutti gli eserciti belligeranti, in quanto non era, come detto, formata da una sola entità, ma da tre:<br />

l’esercito imperial-regio (comune), quello austriaco (Landwehr) o imperiale e quello ungherese (Honvédség) o<br />

reale. L’esercito imperiale era comune ad entrambe le monarchie, le due teste della stessa aquila si potrebbe <strong>di</strong>re<br />

− ed infatti nel 1919 la repubblica austriaca prese come simbolo un’aquila monocefala − e dal 1888 aveva<br />

appunto assunto il titolo <strong>di</strong> Kaiserlich und Königlich. L’esercito austriaco reclutava solo nell’Impero d’Austria,<br />

nella Cisletania, e così quello ungherese solo nei territori della Corona <strong>di</strong> Santo Stefano, nella Transletania. Tale<br />

struttura, a prima vista piuttosto singolare, era amministrata da tre <strong>di</strong>stinti Ministeri della Guerra: quello da cui<br />

<strong>di</strong>pendeva l’imperial-regio era il Ministero Imperiale della Guerra, mentre Landwehr e Honvédség <strong>di</strong>pendevano<br />

dai due Ministeri della Difesa, austriaco e ungherese, poiché, sia pure teoricamente, i due eserciti avevano<br />

funzioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa del proprio territorio, mentre quello imperial-regio aveva funzioni offensive. Il sistema<br />

prevedeva anche tre Stati Maggiori generali, e ciascun esercito aveva un proprio bilancio che andava sottoposto<br />

annualmente all’approvazione dei rispettivi parlamenti. Il Comando Supremo <strong>di</strong> tutte le forze armate spettava<br />

all’imperatore che nel 1918 era il trentunenne Carlo I, una personalità assai più scialba <strong>di</strong> quella del suo<br />

predecessore, Francesco Giuseppe I, il quale aveva regnato dal 1848 al 1916, improntando un’epoca alla sua<br />

personalità o, per essere più esatti, alla propria mancanza <strong>di</strong> personalità, <strong>di</strong> “primo impiegato dello Stato”,<br />

rendendo quella che era stata la gioiosa Austria <strong>di</strong> Giuseppe II e del Congresso <strong>di</strong> Vienna uno stato tranquillo,<br />

serio e grigio. L’imperatore era colui al quale andavano fedeltà e devozione dei soldati della Duplice Monarchia:<br />

nonostante le riforme del XIX secolo, la fedeltà <strong>degli</strong> eserciti asburgici andava al sovrano e non alla Nazione; se,<br />

per esempio, nel Regio Esercito la ban<strong>di</strong>era era il simbolo della Patria, in quello imperial-regio lo era<br />

dell’Imperatore, cui andava la devozione più assoluta al <strong>di</strong> là d’ogni appartenenza etnica, religiosa o sociale. Ciò<br />

costituì un punto <strong>di</strong> forza dell’esercito asburgico sino alla <strong>di</strong>sgregazione dell’Impero nel ‘18, e fu tale sentimento<br />

a permettere all’esercito <strong>di</strong> rimanere piuttosto unito sino alla battaglia <strong>di</strong> Vittorio Veneto, malgrado le spinte<br />

nazionalistiche ed irredentistiche <strong>di</strong> italiani e cechi (e, in misura minore, <strong>degli</strong> slavi del sud); tuttavia fu proprio<br />

l’andamento della guerra a far sviluppare le tendenze autonomistiche ed irredentistiche nelle varie nazionalità<br />

non tedesche. La riduzione del ruolo dell’Austria dai tempi della Santa Alleanza in poi era iniziata con i moti<br />

rivoluzionari che nel 1848 avevano scosso l’Austria e Vienna stessa, l’Ungheria e l’Italia settentrionale; e se le<br />

147


vittorie <strong>di</strong> Radetzky in Italia avevano determinato un forte scatto d’orgoglio nell’esercito, ciò non poteva far<br />

<strong>di</strong>menticare che la situazione in Ungheria e nella stessa Vienna era stata normalizzata soltanto con l’intervento<br />

delle truppe russe. La guerra del 1859 e soprattutto quella del 1866 ad opera dei prussiani avevano reso evidente<br />

la grave crisi dell’Impero. Malgrado la vittoria sugli italiani a Custoza (ma, ciò che spesso viene <strong>di</strong>menticato,<br />

alla fine della guerra gli italiani erano arrivati in Trentino e sull’Isonzo) l’esercito era chiaramente lo spettro <strong>di</strong><br />

quello che aveva contribuito alla sconfitta <strong>di</strong> Napoleone, temuto dai propri vicini; aveva uno Stato Maggiore<br />

obsoleto ed inadatto, ed anche la fanteria si era <strong>di</strong>mostrata armata in maniera oramai superata, con fucili ad<br />

avancarica contro truppe armate <strong>di</strong> armi a canna rigata. Gli ungheresi tornarono a manifestare volontà<br />

secessionistiche, e nel febbraio 1867 Francesco Giuseppe concluse con essi un accordo che dava origine alla<br />

duplice monarchia: secondo gli articoli dell’accordo Austria ed Ungheria avevano completa autonomia, con<br />

unici elementi in comune il sovrano, le finanze, la politica estera e l’esercito. I ducati, i regni e i territori austriaci<br />

presero il nome <strong>di</strong> Cisletania, venendo amministrati dal Reichsrat (parlamento) viennese, quelle ungheresi<br />

formavano la Transletania, con il proprio parlamento o Orsàgyles. L’accordo del 1867 fu in pratica un<br />

compromesso politico che da molti austriaci venne interpretato come l’inizio della Finis Austriae, e se gli<br />

ungheresi avessero richiesto l’in<strong>di</strong>pendenza − come avvenne quando il due Novembre del 1918 l’Orsàgyles<br />

or<strong>di</strong>nò alle truppe ungheresi <strong>di</strong> lasciare il fronte − sarebbe potuta anche scoppiare una guerra civile. Per evitare<br />

tali conseguenze fu chiaro che bisognava creare un esercito ungherese: venne così creato l’Honvédség, e ciò, per<br />

reazione portò alla nascita della sua controparte austriaca, la Landwehr. Il mantenimento dei due eserciti con<br />

proprie strutture ed amministrazioni pesò notevolmente sull’esercito imperial-regio, che contemporaneamente<br />

era oggetto <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> atti ad in<strong>di</strong>viduare i mo<strong>di</strong> per la sua modernizzazione, da parte <strong>di</strong> un comitato presieduto<br />

dall’Arciduca Alberto, il vincitore <strong>di</strong> Custoza. Venne deciso <strong>di</strong> riformare la struttura organica delle forze armate<br />

sul modello prussiano, con la <strong>di</strong>visione multi-arma come base per una grande unità composta da 22 <strong>di</strong>visioni <strong>di</strong><br />

fanteria ed una <strong>di</strong> cavalleria. Altri effetti della modernizzazione furono la riforma del sistema <strong>di</strong>sciplinare,<br />

l’abolizione della tra<strong>di</strong>zionale nomenclatura dei reggimenti basata sul nome del colonnello proprietario<br />

(Inhaber). In casi particolari venne dato un nome <strong>di</strong> un personaggio legato alla storia asburgica come titolare<br />

perpetuo. Venne abolito il termine Soldat, sostituendolo con fuciliere, artigliere, dragone, etc. in modo da<br />

rafforzare lo spirito <strong>di</strong> corpo.<br />

Uno <strong>degli</strong> aspetti caratterizzanti delle Forze Armate asburgiche fu la composizione multietnica; e non sempre la<br />

coabitazione tra le etnie si <strong>di</strong>mostrò facile, soprattutto dopo lo scoppio della Grande Guerra. I contrasti tra i vari<br />

popoli all’interno dell’esercito furono forti anche durante la guerra, persino in unità scelte come i Kaiserjäger,<br />

composti anche da trentini italofoni. Del resto gli italiani erano considerati il nemico storico anche durante il<br />

periodo prebellico, malgrado la reciproca alleanza; nella versione in italiano del Kaiserjägerlied, la terza strofa<br />

recitava: E, per la patria impavido / col perfido vicin (ossia l’Italia, NdA) / il cacciatore slanciasi / a lotta senza<br />

fin […] (Kaiserjägerlied, musica <strong>di</strong> K. Mühlberger, parole <strong>di</strong> M. Depolo, 1914.)<br />

Quando il Regio Esercito scese in campo, l’esercito asburgico gli era superiore per uomini e mezzi, che tuttavia<br />

erano <strong>di</strong>spersi su tre fronti; ciò che condusse ad un sostanziale equilibrio tra le forze presenti sul fronte italiano.<br />

Ecco la <strong>di</strong>sponibilità delle truppe asburgiche sul fronte isontino-carsico prima, del Piave poi, e trentino durante la<br />

guerra: 1915, venti <strong>di</strong>visioni (una tedesca, l’Alpenkorps bavarese, non utilizzata però in quanto Italia e Germania<br />

non furono in guerra che a partire dal 28 agosto 1916); 1916, trenta <strong>di</strong>visioni, salite a quaranta durante<br />

l’offensiva <strong>di</strong> maggio sull’Altipiano <strong>di</strong> Asiago; 1917, sino ad Ottobre, trentotto <strong>di</strong>visioni; 1917, offensiva <strong>di</strong><br />

Caporetto, quarantotto <strong>di</strong>visioni austriache e sette tedesche; 1918, sessanta <strong>di</strong>visioni. La <strong>di</strong>visione austriaca in<br />

tempo <strong>di</strong> pace contava quin<strong>di</strong>ci battaglioni; durante la guerra scese a do<strong>di</strong>ci, ma, <strong>di</strong> contro, aumentò il numero<br />

delle artiglierie sino ad avere una brigata formata da due reggimenti <strong>di</strong> artiglieria da campagna (per una<br />

<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> trenta cannoni e trentasei obici), un reggimento <strong>di</strong> artiglieria pesante campale e, a volte, un<br />

gruppo <strong>di</strong> artiglieria da montagna. Il reggimento era composto da quattro battaglioni. Il battaglione austroungarico<br />

era a sua volta strutturato su quattro compagnie fucilieri, una in più rispetto a quello italiano, ed una<br />

compagnia mitraglieri, le compagnie erano composte da quattro plotoni. Il reggimento era comandato dal<br />

colonnello (Oberst), il battaglione da un tenente colonnello (Oberstleutnant) o da un maggiore (Major), mentre<br />

la compagnia era al comando <strong>di</strong> un capitano (Hauptmann). In tempo <strong>di</strong> pace, le compagnie erano formate da<br />

cinque ufficiali, <strong>di</strong>eci sottufficiali e ottantadue soldati, che aumentavano in tempo <strong>di</strong> guerra con la riserva<br />

richiamata a cinque ufficiali e 262 tra sottufficiali e truppa, in modo tale che il reggimento fosse formato da<br />

4.599 uomini con otto mitragliatrici e 4.041 fucili, sud<strong>di</strong>visi in quattro battaglioni da campagna<br />

(Feldbattaillone). Nel capoluogo <strong>di</strong> circoscrizione in cui in tempo <strong>di</strong> pace era accasermato il reggimento<br />

rimanevano i quadri del battaglione <strong>di</strong> addestramento (Ersatzbattaillonkader). Con le nuove reclute venivano<br />

formati i battaglioni (Marschbattaillon), a volte impiegati come unità combattenti autonome, ed i battaglioni<br />

complementi (Ersatzbattaillone) che integravano le per<strong>di</strong>te dei vari reggimenti. A partire dalla primavera del<br />

1917 vennero costituiti reparti <strong>di</strong> truppe d’assalto i cui sistemi addestrativi servirono da modello agli Ar<strong>di</strong>ti<br />

italiani: si noti, tali reparti vennero formati prima del contatto <strong>degli</strong> austro-ungarici con le Stoßtruppen tedesche,<br />

148


avvenuto alla vigilia <strong>di</strong> Caporetto, ossia nell’Ottobre <strong>di</strong> quello stesso anno. In seguito alle esperienze fatte nel<br />

corso della XII battaglia dell’Isonzo inoltre ogni <strong>di</strong>visione venne dotata <strong>di</strong> un reparto d’assalto della consistenza<br />

<strong>di</strong> un battaglione. Durante la guerra la cavalleria venne quasi tutta appiedata, in modo da servire come fanteria;<br />

dal marzo 1917 venne mantenuto un solo squadrone a cavallo per <strong>di</strong>visione; ciò si rivelò un danno dopo<br />

Caporetto, quando la cavalleria imperiale non poté essere sfruttata per l’inseguimento durante la ritirata italiana<br />

nelle pianure friulane. L’artiglieria a partire dal 1915 venne dotata <strong>di</strong> materiale moderno, e nel 1918 le artiglierie<br />

pesanti erano quasi tutte autotrainate. Nel 1918 l’Austria-Ungheria si stava avvicinando al suo quarto <strong>di</strong> guerra.<br />

Nonostante la terribile situazione alimentare, il morale delle truppe imperiali era molto alto, spronato com’era<br />

dalla speranza <strong>di</strong> bottino e dal <strong>di</strong>sprezzo per l’avversario già tanto duramente provato a Caporetto. La<br />

<strong>di</strong>sgregazione delle nazionalità iniziò solo dopo la battaglia <strong>di</strong> Giugno, prova ne sia che gli italiani poterono<br />

costituire solo unità ceche da impiegare al fronte, mentre tentativi <strong>di</strong> formare analoghe unità slave e polacche<br />

non ebbero successo e rimasero a livello <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong>o od ai primi passi. Va poi ricordato che accanto agli eserciti<br />

esistevano formazioni assai numerose <strong>di</strong> volontari: gli Standschützen tirolesi, i volontari regolari ed irregolari<br />

albanesi, la Legione Polacca e quella Ucraina, i cui volontari combatterono poi anche sul Piave, i volontari della<br />

Transilvania ed i battaglioni Schützen (della Carinzia, della Stiria, dell’Alta Austria, <strong>di</strong> Marburg, Salisburgo e<br />

Lubiana). Elencheremo ora rapidamente i vari elementi delle forze armate della Duplice Monarchia<br />

soffermandoci su quelli che maggiormente riguardano il nostro <strong>di</strong>scorso.<br />

Kaiserlich und Königlich Armee (K.u.K)<br />

L’esercito regolare dell’Impero era l’imperial-regio (Kaiserlich und Königlich) − il termine “imperial-regio” era<br />

quello utilizzato ufficialmente nei territori italiani della duplice Monarchia − che costituiva il nucleo principale<br />

delle forze armate. Il 75% della leva annua entrava nell’Esercito imperial-regio che in tempo <strong>di</strong> pace poteva<br />

schierare 26 <strong>di</strong>visioni. La Marina da guerra e l’Aviazione (che non era arma a sé stante, ma faceva capo alla<br />

Marina) erano imperial-regie. Dall’imperial-regio esercito <strong>di</strong>pendevano: i reggimenti <strong>di</strong> fanteria, artiglieria, etc.,<br />

con soldati delle varie nazionalità; la fanteria bosniaca, che godeva <strong>di</strong> uno status particolare; i reggimenti <strong>di</strong><br />

Kaiserjäger tirolesi e trentini; i battaglioni <strong>di</strong> Feldjäger.<br />

Distretti militari<br />

L’impero austro-ungarico era sud<strong>di</strong>viso in se<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>stretti militari territoriali, ciascuno responsabile del<br />

reclutamento e del mantenimento <strong>di</strong> un Corpo d’Armata. Ad eccezione del XV Corpo questi Corpi d’Armata<br />

erano formati da reggimenti reclutati nei <strong>di</strong>stretti d’appartenenza. Otto <strong>di</strong>stretti si trovavano in Austria, sei in<br />

Ungheria, uno in Bosnia-Erzegovina ed uno in Dalmazia, ed erano sud<strong>di</strong>visi in 112 sotto<strong>di</strong>stretti, <strong>di</strong> cui 60 in<br />

Austria, 48 in Ungheria, ed uno nella Bosnia-Erzegovina. 102 su 112 <strong>di</strong>stretti reclutarono un reggimento da<br />

inquadrare nell’esercito imperial-regio. Dei <strong>di</strong>eci reggimenti non appartenenti all’esercito imperial-regio tre<br />

(Bressanone, Trento e Innsbruck) confluirono nei Kaiserjäger, quattro (Banja Luka, Donja Tuzla, Mostar e<br />

Sarajevo) furono inglobati nei reggimenti bosniaci e tre (Trieste, Fiume, Sebenico) nella marina imperial- regia.<br />

Landwehr<br />

La Landwehr era l’esercito nazionale austriaco. A <strong>di</strong>fferenza della corrispondente Landwehr tedesca, quella<br />

austriaca non era formata da riservisti o territoriali, ma da quadri <strong>di</strong> carriera e truppe <strong>di</strong> leva o volontarie. Dal<br />

1912 la Landwehr ricevette in dotazione unità <strong>di</strong> mitragliatrici e d’artiglieria esattamente come imperial-regio<br />

esercito, ed in effetti c’era poca <strong>di</strong>fferenza tra i due in termini operativi e d’efficienza. La Landwehr riceveva<br />

l’11,4% della leva annua austriaca. Due reggimenti formati da Carinziani e Stiriani erano designati<br />

Gebirgschützen, quelli formati da tirolesi Landesschützen (fino al 1917). I tedeschi tendevano a confondere<br />

erroneamente la Landwehr austriaca con truppe territoriali, cosa che ne determinò una scarsa considerazione<br />

come truppe combattenti; dal 1917 le unità della Landwehr vennero ridesignate come Schützen (tiratori). In<br />

totale allo scoppio della guerra nel 1914 esistevano otto mezzi reggimenti d’artiglieria della Landwehr. Dalla<br />

Landwehr <strong>di</strong>pendevano: i reggimenti <strong>di</strong> fanteria, cavalleria e artiglieria della Landwehr; i reggimenti <strong>di</strong> Schützen;<br />

i reggimenti <strong>di</strong> Gebirschützen; i reggimenti <strong>di</strong> Kaiserschützen (fucilieri imperiali, chiamati sino al Gennaio 1917<br />

Landesschützen): truppe <strong>di</strong> alta montagna che traevano origine dalle compagnie <strong>di</strong> fucilieri volontari tirolesi; i<br />

battaglioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa costiera; la compagnie <strong>di</strong> guide alpine (Bergführerkompanien); i reggimenti della<br />

Landsturm.<br />

Truppe tirolesi<br />

Il ducato del Tirolo godeva <strong>di</strong> uno statuto particolare sin dal XIV secolo. La leva obbligatoria fu introdotta solo<br />

nel 1852, e i tirolesi (e i trentini) servirono in speciali unità con alcuni privilegi, come la scelta <strong>degli</strong> ufficiali, ed<br />

anche ban<strong>di</strong>ere <strong>di</strong>fferenti da quelle austriache. Le ban<strong>di</strong>ere da combattimento avevano da un lato l’immagine<br />

149


La costruzione del mito <strong>degli</strong> Standschützen fu probabilmente l’obiettivo propagan<strong>di</strong>stico più<br />

perseguito sistematicamente e volontariamente dalla Tsz: fino al maggio del 1916, mese in cui<br />

il giornale risente già dei cambiamenti che si prospettano al suo vertice, non c’è praticamente<br />

e<strong>di</strong>zione dove la figura del volontario sia assente dal contenuto del foglio e, in particolare, del<br />

suo supplemento letterario.<br />

Poesie, feuilleton, articoli <strong>di</strong> ogni genere e immagini raccontano la guerra sulle cime<br />

dolomitiche come un cavalleresco duello in cui l’azione del singolo può capovolgere le sorti<br />

<strong>di</strong> un combattimento, quando in realtà erano le masse a scontrarsi e non gli in<strong>di</strong>vidui. Il<br />

combattente protagonista <strong>di</strong> questi duelli d’alta quota è proprio il conta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> montagna<br />

arruolato come volontario: un tipo umano che nelle liriche qui proposte viene esaltato come<br />

prototipo del combattente tenace, abituato alle fatiche e naturalmente integrato al paesaggio<br />

montano.<br />

Il fatto poi che la guerra fosse <strong>di</strong>fensiva faceva del montanaro in <strong>di</strong>visa da volontario il<br />

naturale complemento delle montagne, ‘Mura della Monarchia’, dalle quali lo Schütze parte<br />

per fare centro nel bersaglio, come se sparasse al poligono del suo paese: la poesia Tiroler<br />

Bauer 392 offre un ritratto perfetto <strong>di</strong> questo mito guerresco.<br />

Oltre che sul valore guerresco, l’attenzione <strong>degli</strong> autori che raccontano dei volontari si<br />

sofferma spesso sul loro aspetto pittoresco (con un taglio da reportage su luoghi esotici) e sul<br />

loro carattere timido, riservato e taciturno, che si <strong>di</strong>stingue per un timore reverenziale per le<br />

autorità e una semplicità che riecheggia il mito roussoiano del buon selvaggio.<br />

della Madonna sul crescente lunare, come tra<strong>di</strong>zione delle ban<strong>di</strong>ere austriache sin dalla Guerra dei Trent’anni,<br />

ma sull’altro lato anziché l’aquila bicipite la rossa aquila tirolese, e le aste erano rivestite <strong>di</strong> stoffa bianco-rossa e<br />

non gialla e nera (i colori <strong>degli</strong> Asburgo) allo stesso modo in cui le ban<strong>di</strong>ere ungheresi (anche dell’esercito<br />

imperial-regio) portavano ricamato su un lato lo stemma ungherese, dall’altro il monogramma imperiale, e l’asta<br />

rivestita <strong>di</strong> stoffa verde-bianco-rossa (L'autonomia dei reparti tirolesi è evidente anche nella produzione <strong>di</strong><br />

propaganda: nelle cartoline per le truppe, ad esempio, non compare mai l'aquila bicipite, ma solo l'aquila rossa,<br />

emblema della contea del Tirolo; si veda il capitolo Tiroler Adler rot wie Blut, in Lamberto Pignotti, Figure<br />

d'assalto. Le cartoline della Grande Guerra, Rovereto 1985, nn. 101-128.). I battaglioni <strong>di</strong> Cacciatori Imperiali<br />

(Kaiserjäger) erano reparti <strong>di</strong> fanteria leggera e, a partire dal 1914 da un solo reggimento si passò a quattro,<br />

formando la 3. Kaiserjäger<strong>di</strong>vision, una delle migliori unità da montagna austriache, facente parte dell’esercito<br />

imperiale. I quattro reggimenti <strong>di</strong> Kaiserjäger avevano la particolarità <strong>di</strong> avere come colonnello proprietario<br />

(Inhaber) lo stesso Imperatore, da cui il nome e l’alto morale derivante dal fatto <strong>di</strong> essere le truppe “personali”<br />

del sovrano (in Austria-Ungheria non esistevano reparti della Guar<strong>di</strong>a). Nel Tirolo i coscritti della Landwehr<br />

servirono in speciali unità dette Landesschützen e, dal 1917, Kaiserschützen, anche se da quella data non tutti i<br />

componenti furono tirolesi, ma volontari provenienti da tutte le aree alpine della Monarchia. Adolescenti e<br />

uomini oltre i cinquant’anni formavano 75 battaglioni <strong>di</strong> volontari (Standschützen) corrispondenti alla<br />

Landsturm. I componenti <strong>degli</strong> Standschützen erano originariamente soci delle società <strong>di</strong> tiro a segno: i 75<br />

battaglioni vennero costituiti in soli tre giorni, con 38.000 volontari d’età variabile tra i <strong>di</strong>ciassette ed i<br />

settant’anni.<br />

392<br />

Già citata nel paragrafo de<strong>di</strong>cato ai miti e simboli tirolesi. L’autore è Eugen von Ronai, <strong>di</strong> cui non si hanno<br />

notizie biografiche, si sa solamente che era un nobile.<br />

150


Come già detto specialmente il corpo <strong>degli</strong> Standschützen è oggetto <strong>di</strong> grande ammirazione<br />

nella regione tirolese, un corpo interamente composto da volontari: essi si rivelarono<br />

in<strong>di</strong>spensabili nella <strong>di</strong>fesa nazionale, contro l’improvviso attacco dell’antico alleato. Loro si<br />

de<strong>di</strong>carono, infatti, alla guerra <strong>di</strong>fensiva, una guerra <strong>di</strong> postazione che permetteva loro <strong>di</strong><br />

organizzare, con i propri commilitoni, una nuova intimità familiare al fronte, fatta <strong>di</strong> vecchie<br />

usanze portate fino in alta montagna. Il dovere militare, ad altitu<strong>di</strong>ni tra i due e i tremila<br />

metri, in completo isolamento veniva svolto senza alcuna <strong>di</strong>strazione. In questo fronte, del<br />

quale noi <strong>di</strong>sponiamo solo grazie allo sguardo <strong>di</strong> chi lo riprodusse, l’aspetto paesistico e<br />

umano profondamente legati comunicano un lieto spirito <strong>di</strong> sacrificio <strong>di</strong> fronte al proprio<br />

dovere militare; dalle tele emerge come essi avessero qualcosa <strong>di</strong> singolare, che li <strong>di</strong>stingueva<br />

dai soldati comuni: ogni singolo Standschütze era come l’incarnazione <strong>di</strong> tutto il paese<br />

insorto, la rappresentazione <strong>di</strong> unità tra popolo e regione:<br />

Tiroler Standschützen im Kampfe, Th. Riß, LB, 9 ottobre 1915, foglio sciolto.<br />

Unterjäger Adalbert Penz, Th. Riß, LB, 15 giugno 1916, rubrica „Unsere Helden“<br />

Standschütze mit Holzpfeife, Th. Riß, LB, 12 aprile 1916, rubric “Unsere Helden”<br />

151


Anche i Kaiserjäger 393 , nati come arma del re, durante la guerra, in particolare dopo l’apertura<br />

del nuovo fronte, andarono a combattere in alta montagna. Essendo un corpo speciale della<br />

casa reale, i Kaiserjäger sentivano, come responsabilità ulteriore rispetto agli altri corpi, <strong>di</strong><br />

non poter assolutamente deludere il loro amato padre, il Kaiser, che anzi deve totalmente<br />

affidarsi loro. Nel nome <strong>di</strong> questo corpo militare si compenetrano due importantissimi simboli<br />

<strong>di</strong> coesione per la monarchia absburgica: Imperatore ed esercito. La figura del vecchio<br />

Imperatore, bonario padre del popolo, rappresenta, prima e durante la guerra (anche dopo la<br />

sua morte, il 21 novembre 1916), il perno unificante <strong>di</strong> quel magmatico impero<br />

sovranazionale. Sicuro punto <strong>di</strong> riferimento per i propri sud<strong>di</strong>ti, che devono, in<br />

quest’occasione, mostrare tutta la loro riconoscenza a questo sovrano rappresentante <strong>di</strong> Dio in<br />

terra e primo funzionario dell’Impero. Lo stesso esercito è strumento della politica <strong>di</strong><br />

contenimento delle spinte centrifughe; unite in esso si trovano le <strong>di</strong>verse etnie, lì vive ancora<br />

lo Stato: allo scoppio della guerra quest’esercito plurinazionale si raduna per l’ultima volta 394 ,<br />

con i suoi vessilli e i suoi stendar<strong>di</strong> e pronuncia i versi che per essa aveva ideato Grillparzer,<br />

In deinem Lager ist Österreich, composti in occasione dei motti rivoluzionari del 1848. In<br />

quell’occasione, come in occasione della guerra mon<strong>di</strong>ale, l’esercito rappresenta unità nel<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne generale: “In denen, <strong>di</strong>e du führst zum Streit, / Lebt noch Ein Geist in Allen ” 395 .<br />

Una volta ancora questo esercito tenta il miracolo <strong>di</strong> riunire in sé, per la lotta comune, tutti i<br />

suoi popoli contro la forza centrifuga del tempo; de<strong>di</strong>zione solerte al proprio ruolo nella<br />

piramide sociale e obbe<strong>di</strong>enza religiosa, sono le prerogative specifiche <strong>di</strong> questi sud<strong>di</strong>ti-<br />

combattenti, le più absburgiche delle virtù, che la pubblicistica austriaca intonava e che gli<br />

stessi Kaiserjäger si lusingavano <strong>di</strong> possedere, in nome del passato glorioso <strong>di</strong> una civiltà<br />

millenaria, che si ricopriva il capo <strong>di</strong> bei ricor<strong>di</strong> per non guardare la gravità del presente.<br />

Quanto è già stato detto a proposito della trasfigurazione del Tirolo e, in particolare, della<br />

popolazione tirolese si ritroverà anche nelle liriche che esaltano i corpi combattenti. Una delle<br />

prime cose che emerge infatti nella loro analisi è che le caratteristiche del popolo tirolese e dei<br />

393<br />

Wir Kaiserjäger: “Unser Name ist gar wohl bekannt,/Bei Freund und Feind recht viel gennant”, Noi<br />

Kaiserjäger: “Il nostro nome è certamente ben noto,/dagli amici e dai nemici giustamente molto nominato”.<br />

394<br />

Alla fine della Prima guerra mon<strong>di</strong>ale scomparirà l’Impero austroungarico e, con esso, il suo esercito<br />

multietnico.<br />

395<br />

Franz Grillparzer: In deinem Lager ist Österreich, cit. in Clau<strong>di</strong>o Magris, Il mito absburgico, Torino,<br />

Einau<strong>di</strong>, 1988, pag. 131<br />

152


soldati erano strettamente connesse fra <strong>di</strong> loro: “Wahr, keusch und stark/Dein Herz und<br />

Mark,/Setz’ Gut und Blut/Mit frohem Mut/Für Fürst und Vaterland ein.” 396<br />

Anche la lirica Der Standschütze mette in risalto tutte quelle che sono le caratteristiche fisiche<br />

e morali del combattente tirolese e, per esteso, <strong>di</strong> tutto quel popolo: “Im Regen, Sturm und<br />

Sonnenschein/Der Standschütz steht auf Wacht allein;/Sein Falkenblick durchdringt das<br />

Tal,/Der Tod streift ihn so manches Mal./[…] Die Berge sollen’s unseren Enkeln künden,/Wie<br />

einst Tirol gerächt Verrätersünden,/Gehaßt den Feind mit Wut und Glut,/Dem Kaiser opfernd<br />

Gut und Blut.” 397 In questi pochi versi è nuovamente racchiuso un messaggio <strong>di</strong> cui si è già<br />

parlato: la necessità <strong>di</strong> imbracciare le armi contro il nemico per <strong>di</strong>fendere il patrio suolo. I<br />

monti hanno sempre un grande valore simbolico in queste liriche, essi sono il baluardo del<br />

Tirolo, la popolazione ne ha assunto le caratteristiche in occasione <strong>di</strong> questo scontro. Provare<br />

o<strong>di</strong>o per il nemico è un sentimento concesso, poiché è un o<strong>di</strong>o che nasce da un torto subito: il<br />

tentativo <strong>di</strong> invasione appunto. Difendere la piccola patria, oltre che per l’amore naturale che<br />

si prova per essa è anche un gesto <strong>di</strong> rinnovata devozione all’Imperatore che è il padre <strong>di</strong><br />

quelle terre.<br />

Si sviluppa più o meno allo stesso modo Die Osttiroler Standschützen 398 che consiste in una<br />

lunga lista <strong>di</strong> qualità straor<strong>di</strong>narie e valori che questi combattenti hanno, caratteristiche che<br />

fanno parte più profondamente <strong>di</strong> quella terra, che sono state ere<strong>di</strong>tate dagli avi e con amore<br />

rispettate e tramandate, che si rispecchiano dal paesaggio agli abitanti e viceversa: “Wir<br />

stehen in feindlicher Feuerbereich,/Hei, wie dröhnt’s, daß <strong>di</strong>e Felsen erzittern!/Wohl wird’s<br />

da mitunter um’s Herz so weich:/Doch kann Standschützenmut nichts erschüttern,/Wir<br />

kämpfen ja doch nur heiliges Recht:/Für’s Landl, den Glauben, <strong>di</strong>e Lieben, ‘s Daheim,/Da<br />

wär’s doch ganz sicher dem Tiroler zu schlecht,/Nicht auch in den Reihen der Kämpfer zu<br />

sein!/Mit Brüdern wie Eichen 399 so stark,/So schnei<strong>di</strong>g und tapfer und so kampferprobt:/[…]<br />

Wir müssen besiegen <strong>di</strong>e “feindliche Pest”:/Auf Höhen, in Tälern, zu Wasser, zu<br />

Land!/D’rum flehen wir alle zu Gott unserm Herrn:/Daß er uns unsern Kaiser erhält;/Und<br />

396<br />

Tirols Landsturm, La <strong>di</strong>fesa territoriale: “Autentico, sobrio e potente/il tuo cuore e la tua anima,/offre il suo<br />

sangue e le sue virtù/con vivo coraggio/per l’Imperatore e la Patria.”<br />

397<br />

Il tiratore: “Nella pioggia, nella tempesta e sotto il sole/ il tiratore fa la guar<strong>di</strong>a da solo;/il suo sguardo <strong>di</strong> falco<br />

attraversa tutta la vallata,/la morte lo sfiora numerose volte./[…] I monti devono comunicare ai nostri<br />

nipoti,/come il Tirolo un tempo ven<strong>di</strong>cò il peccato <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento italiano,/e o<strong>di</strong>ò il nemico con furia e<br />

ardore,/offrendo all’Imperatore l’animo e il sangue.”<br />

398<br />

L’Osttirol è l’attuale <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Lienz. I titoli <strong>di</strong> queste poesie cercano <strong>di</strong> nominare tutti i corpi combattenti,<br />

ma nel complesso il loro contenuto è sempre lo stesso.<br />

399<br />

A volte questa espressione è con Eisen.<br />

153


opfern wir selbst unser Leben ganz gern;/Wenn’s ihm so und nicht anders gefällt.” 400 Ai<br />

combattenti non è concesso avere paura o vacillare e loro, <strong>di</strong> fatto, combattono senza<br />

ce<strong>di</strong>menti. Li agevola il fatto <strong>di</strong> combattere per motivi vali<strong>di</strong> ed estremamente intimi, legati<br />

alla propria terra. Il motivo per cui loro combattono, la <strong>di</strong>fesa del suolo patrio dalla peste<br />

nemica, assicura loro l’aiuto e il sostegno <strong>di</strong> Dio in questa lotta, nella quale essi sono <strong>di</strong>sposti<br />

a perdere la propria vita pur <strong>di</strong> garantire libertà alla loro terra e ai suoi abitanti <strong>di</strong> oggi e<br />

domani. In questi passi si può in<strong>di</strong>viduare in maniera abbastanza rapida un uso mirato del<br />

pronome personale wir e del possessivo unser che collaborano alla creazione del senso <strong>di</strong><br />

appartenenza 401 .<br />

Ancora un altro esempio, Trientiner Landesschützen, la cui parola chiave, come in numerosi<br />

altri testi, è treu: “Jeder für den Kaiser ficht./ Geben gerne Blut und Leben/Für den Kaiser,<br />

für das Land,/Mit des Nordens blonden Söhnen/Gehen treu wir Hand in Hand./[…] Treu steht<br />

der Trientiner Schütze/[…] Treu vereint wenn’s gilt zu kämpfen,/[…] Treu vereint wenn<br />

Stürme brausen,/[…] Treu vereint im Schlachtentosen,/Wenn Männer still zum Sterben<br />

geh’n./[…] Riesenfest im Sturmes Tosen,/[…] Des Trentinos Heldensöhne/Kämpften hier<br />

für’s Vaterland,/Mit des Nordens blonden Söhnen/Treu vereinigt Hand in Hand!” 402<br />

Anche nel testo Die Beleuchtungsschützen abbiamo un modello <strong>di</strong> espressioni formulari che si<br />

ripetono: “Ein jeder steht wie Eichen/So fest, so sicher, ohnegleichen,/Und läßt das scharfe<br />

Licht gut blitzen,/Daß jeder weiß, hier steh’n <strong>di</strong>e Beleuchtungsschützen./Wir kämpfen treu<br />

und Licht ist uns’re Waffe,/Für den Kaiser und des Vaterlandes Freiheitssache./[…] Wir tun<br />

unsere Grenz bewachen,/Das Eindringen unmöglich machen./[…] Und soll es einst<br />

400<br />

I tiratori dell’est Tirolo: “Noi stiamo nella zona del fuoco nemico,/Hei, come rimbomba, da far tremare le<br />

rocce!/Certamente a volte non è così facile:/tuttavia il tiratore non può essere scosso,/noi combattiamo per un<br />

sacro <strong>di</strong>ritto:/per la Patria, la fede, l’amore e il focolare domestico,/anzi sarebbe certamente molto doloroso per i<br />

tirolesi,/non essere tra le fila dei combattenti!/Con i fratelli come le querce così forti,/così decisi, valorosi e<br />

avvezzi alla lotta:/[…] Noi dobbiamo dominare la “peste nemica”:/sulle vette, nelle vallate, per terra e per<br />

acqua!/Perciò noi tutti supplichiamo Dio, il nostro Signore:/ che egli custo<strong>di</strong>sca il nostro Imperatore;/e noi<br />

sacrificheremo molto volentieri la nostra stessa vita;/se a lui piace così e non <strong>di</strong>versamente.”<br />

401<br />

Si veda P. Brown, S. C. Lenvinson, Politeness, some univerlsas in language usage, Cambridge, Cambridge<br />

University Press, 1987, in cui si parla <strong>di</strong> pronomi personali come in-group markers per creare identità e<br />

solidarietà in un gruppo.<br />

402<br />

I tiratori trentini: “Ognuno combatte per l’Imperatore./Offre volentieri il sangue e la vita/per l’Imperatore, per<br />

la Patria,/con i fratelli bion<strong>di</strong> del nord/vanno fedeli mano nella mano./[…] Sta saldo il tiratore trentino/[…] uniti<br />

sal<strong>di</strong> quando vale la pena combattere,/[…] uniti sal<strong>di</strong> quando imperversano le bufere,/[…] uniti sal<strong>di</strong> nello<br />

strepito della battaglia,/quando gli uomini vanno silenziosi a morire./[…] Sal<strong>di</strong> come giganti nello strepito della<br />

tempesta,/[…] i figli eroici del Trentino/combatterono qui per la Patria,/assieme ai fratelli bion<strong>di</strong> del nord,/uniti<br />

fedelmente mano nella mano!”<br />

154


geschehen,/Das Licht, es blitzt nicht mehr,/Es ruhen <strong>di</strong>e Maschinen,/Der Friede ist jetzt<br />

Herr.” 403<br />

Das hohe Lied der Infanterie è uno dei tanti esempi <strong>di</strong> testi che descrivono i combattenti, in<br />

questo caso i soldati <strong>di</strong> fanteria, come eroi che non patiscono le necessità terrene e aquistano<br />

forze sovrumane: “Infanterie, Ihr, Fußsoldaten,/[…] Ihr Männer mit Gewehr und Spaten./Jetzt<br />

lernt <strong>di</strong>e Welt Euch mehr versteh’n./Jetzt lernt <strong>di</strong>e Welt Euch richtig schätzen,/Da Ihr des<br />

Tages Helden seid/Schoß Euch der Feind <strong>di</strong>e Fahne auch in Fetzen,/Auch er schätzt Eure<br />

Tapferkeit./Ihr seid es, <strong>di</strong>e den Angriff tragen,/Weit in des Feindes Reihen:/Ihr seid es, <strong>di</strong>e in<br />

kühnen Wagen/Dem Vaterland das Höchste weihen./Ihr, <strong>di</strong>e mit schwieliger Hand<br />

durchwühlet,/Die Erde unverdrossen./Nie Schlaf, nie Mü<strong>di</strong>gkeit gefühlet/Bei Nacht gewacht,<br />

bei Tag geschossen./Ihr seid’s, <strong>di</strong>e alle Fronten halten,/Leben<strong>di</strong>ge Mauer, Mann an Mann,/Der<br />

Heldenmut in tausenden Gestalten,/Den auch ein Mißgeschick nicht beugen kann,/An Eurer<br />

Kraft, an Eurem Mut,/sind zahllos Stürme schon zerschellt;/In Strömen gabt Ihr Euer<br />

Blut/Und Euer Ruhm erfüllt <strong>di</strong>e Welt./[…] Nichts kann Euch werden ebenbürtig:/Denn wahre<br />

Kämpfer seid nur Ihr!/[…] Des Krieges Helden seid nur Ihr.” 404<br />

Ai fini <strong>di</strong> questa elencazione sono stati scelti i testi che portavano nel titolo denominazioni<br />

<strong>di</strong>fferenti. Il contenuto delle <strong>di</strong>verse liriche è più o meno molto simile, ma è molto importante<br />

che questi testi <strong>di</strong> auto rappresentazione positiva si rivolgessero a tutti, qualunque tipo <strong>di</strong><br />

mansione, ruolo o <strong>di</strong>solocazione essi avessero.<br />

Certamente, però, il corpo più gettonato era, come già detto in apertura, quello dell´esercito<br />

spontaneo che si era formato in Tirolo. Ai fini propagan<strong>di</strong>stici un corpo <strong>di</strong> questo tipo,<br />

spontaneo e completamente autoctono, fu certamente un importantissimo esempio, modello <strong>di</strong><br />

riferimento e spunto oltre che per l´elencazione <strong>di</strong> tutta una serie <strong>di</strong> caratteristiche che più<br />

ampiamente erano esten<strong>di</strong>bili all´intera popolazione tirolese: Kaisertreu (fedeli, devoti<br />

403<br />

I Beleuchtungsschützen: “Ognuno sta come una quercia/così saldo, così sicuro, senza pari,/e fa brillare la luce<br />

viva,/così che ognuno sappia che qui stanno i Beleuchtungsschützen./Noi combattiamo sal<strong>di</strong> e la luce è la nostra<br />

arma,/per l’Imperatore e la questione della libertà della Patria./[…] Noi sorvegliamo i nostri confini,/e ren<strong>di</strong>amo<br />

impossibile l’invasione./[…] E se un giorno dovesse capitare,/che la luce non brilli più,/significherà che le<br />

macchine saranno ferme,/e la Pace farà da padrone.”<br />

404<br />

Il sommo canto della fanteria: “Fanteria, voi, soldati a pie<strong>di</strong>,/[…] voi uomini con fucile e vanga./Adesso il<br />

mondo comincia a capirvi meglio./Adesso il mondo comincia a valutarvi correttamente,/poiché voi siete gli eroi<br />

<strong>di</strong> questi giorni/anche se il nemico dovesse fare a pezzi la vostra ban<strong>di</strong>era,/pure lui riconosce il vostro<br />

valore./Voi siete coloro che conducono l’attacco/lungo le schiere nemiche:/voi siete coloro che per vie<br />

pericolose,/consacrano il loro alla Patria./Voi, che instancabilmente/rovistate la terra con mano callosa./Non<br />

provate né sonno né stanchezza/stare svegli <strong>di</strong> notte, fare fuoco <strong>di</strong> giorno./Voi siete coloro che seguono tutti i<br />

fronti,/muro vivente, uomo a uomo,/l’eroismo in migliaia <strong>di</strong> forme,/che non può piegare neanche la<br />

malasorte,/nella vostra e nel vostro coraggio,/si sono già sfracellati numerosi assalti;/a fiumi avete versato il<br />

vostro sangue/e della vostra gloria si riempie il mondo./[…] Niente può essere equiparato a voi:/poiché solo voi<br />

siete veri combattenti!/[…] Siete solo voi gli eroi della guerra.”<br />

155


all’Imperatore), kampfbereit (pronti a combattere), “Ist gut oder schlecht Wetter, beißt uns<br />

Laus oder Floh,/Wir Schützen sind alleweil lustig und kampfesfroh” (Che sia bel tempo o<br />

brutto tempo, che ci infasti<strong>di</strong>scano pidocchi o pulci,/noi tiratori, siamo continuamente allegri e<br />

felici <strong>di</strong> combattere), “Ein jeder möcht kämpfen in den heimatlichen Bergen,” (ognuno vuole<br />

combattere nei mosnti della Patria), “Laß uns kämpfen in unserem lieben Tiroler<br />

Land,/Vereint mit unseren Brüdern und Vätern Hand in Hand.” 405 (Lasciateci combattere<br />

nella nostra amata terra tirolese), anche per il tentativo <strong>di</strong> trasmettere il senso <strong>di</strong> unione e<br />

coesione, che normalmente era oggetto <strong>di</strong> scherno da parte delle altre propagande, in<br />

particolare <strong>di</strong> quella italiana 406 . L´immagine che doveva scaturire, e scaturiva, da questi testi<br />

è, invece, quella <strong>di</strong> un esercito che combatte con entusiasmo, che lo fa perchè ne capisce<br />

l´urgenza ed è fiero <strong>di</strong> poter essere utile alla causa comune.<br />

Ve<strong>di</strong>amo ora alcuni esempi <strong>di</strong> testi che utilizzando dei simboli unificanti, come la figura<br />

dell’Imperatore e del fiume Danubio 407 , rimarcano il forte senso <strong>di</strong> unità, coesione e<br />

fratellanza esistente all’interno delle truppe austroungariche: “Ein brausendes Wogen<br />

durchzog unser Reich,/Ob Alt oder Jung alle fühlten sie gleich,/Es galt zu beschützen, den<br />

Habsburg Thron,/Und auch uns’re Donau, den herrlichen Strom./O Kaiser und Donau, kannst<br />

ruhig sein,/[…] Du wirst beschützt, wir wehren,/des Feindes Übermacht./[…] Hierauf spricht<br />

Franz Josef: Ich habe den Frieden so treulich bewahrt./Nun sind wir gezwungen mit eiserner<br />

Hand,/zu schirmen und schützen das Vaterland./[…] Einig bleibt unser Österreich./[…] Wir<br />

kehren heim nur siegreich.” 408<br />

La figura dell’Imperatore e in particolare la sua chiamata, è un elemento ricorrente in queste<br />

liriche ed ha il compito <strong>di</strong> rendere l’idea <strong>di</strong> come egli sia la figura nella quale tutte le<br />

popolazioni della Monarchia si identifichino e si incontrino. La sua chiamata alle armi è un<br />

405<br />

Die Tiroler Landesschützen, I tiratori tirolesi<br />

406<br />

In particolare si veda «La Tradotta». Settimanale (irregolare) cm 26x36, 8 pp, (i supplementi: stesso formato,<br />

4 pp), 25 numeri, dal n. 1(21 marzo 1918) al n. 25 (1 luglio 1919)+ 3 supplementi (3, 7 e 10 novembre 1918). Fu<br />

il più noto, il più <strong>di</strong>ffuso e il più letto giornale <strong>di</strong> trincea che sia apparso sull’orizzonte italiano. Fu concepito dal<br />

colonnello Ercole Smaniotto, e<strong>di</strong>to dalla terza armata e si avvalse della collaborazione <strong>di</strong> grossi nomi della<br />

cultura italiana, per citarne solo qualcuno: Enrico Sacchetti, Umberto Brunelleschi, Renato Simoni, Arnaldo<br />

Fraccaroli e, in particolare, Antonio Rubino, collaboratore del «Corriere dei Piccoli» fin dalla sua fondazione, i<br />

quali con pennello e penna <strong>di</strong>edero vita su queste pagine ad articoli, vignette e personaggi insuperati. Il giornale<br />

si <strong>di</strong>stingue dagli altri, e questo è il suo marchio essenziale, per una forte vivacità visiva che interagisce,<br />

rafforzandosi, con i co<strong>di</strong>ci della retorica verbale che in queste pagine raramente ha un tono grave o serio.<br />

407<br />

Anche il Danubio in qualità <strong>di</strong> fiume che attraversa tutto l’Impero è un simbolo <strong>di</strong> unità e coesione.<br />

408<br />

Donauwacht 1, La veglia sul Danubio 1: “Un’onda fragorosa attraversò il nostro Regno,/sia giovani che<br />

vecchi sentirono alla stesso modo,/bisognava <strong>di</strong>fendere il Trono <strong>degli</strong> Asburgo,/e anche il nostro Danubio, il<br />

nobile fiume./O, Imperatore e Danubio, potete stare tranquilli,/[…] sarai protetto, noi ci opponiamo alla<br />

superiorità nemica./[…] Così parlò Francesco Giuseppe: io ho preservato fortemente la pace./Ora noi siamo<br />

costretti a proteggere/e <strong>di</strong>fendere la pace con mano salda./[…] Rimane unita la nostra Austria./[…] Rientreremo<br />

a casa solo vittoriosi.”<br />

156


momento <strong>di</strong> grande coesione e unione per la nazione in crisi e, infatti, tutta la popolazione<br />

risponde con entusiasmo e prontezza al richiamo del loro padre come ricorda Die Wacht an<br />

der Donau: “Nun Volk, Steh’ auf! Es droht Gefahr!/Der Kaiser ruft, […]/Begeisterung<br />

flammt von Ort zu Ort!/Heil, Kaiser, <strong>di</strong>r! Den Donaustrand/Schirmt treu dein Volk mit Herz<br />

und Hand/ […] Uns schreckt kein Feind mit Zahl und Macht!/Wir fürchten unterm<br />

Sternenzelt/Nur Gott allein in <strong>di</strong>eser Welt!” 409 le parole chiave <strong>di</strong> questi versi: schirmen, treu,<br />

stolz, tapfer, Wehr, Gerechtigkeit, Heldengeist (proteggere, devoto, fiero, valoroso, resistenza,<br />

giustizia, spirito eroico).<br />

Altri due esempi, entrambi dal titolo Donauwacht, il cui linguaggio è finalizzato a rendere<br />

chiara, palpabile e soprattutto cre<strong>di</strong>bile l’idea <strong>di</strong> questa coesione: “Was nie gedacht der<br />

kühnste Traum,/Das hat jetzt auf der Erde Raum/Die Völker Österreichs sind vereint,/[…]<br />

Jahr um Jahr,/Verbintet uns <strong>di</strong>e Gefahr,/Und als uns rief das Aufgebot,/ Schritt jeder für des<br />

Landes Not!/[…] Und steh’n wir wie Mauern grad,/Dir Seit’ an Seite, Kamerad!/[…] Es<br />

schirmt uns <strong>di</strong>e vereinte Kraft,/Vor Schande und vor Fremdherrschaft,/Und unserer Freiheit<br />

hohes Gut/Beschützen wir mit unserem Blut!/[…] Des Todes Mut stählt unser Mark,/Und<br />

Gottes Hilfe macht uns stark./Germania und Austria,/Kein solcher Bund <strong>di</strong>e Welt noch<br />

sah.” 410<br />

“Mit vereinter Kraft erhebt sich/Österreichs buntes Völkerheer./[…] Wir beschirmen fromm<br />

und stark/Unseres Reiches heilige Mark!/[…] So getreu wie einst <strong>di</strong>e Ahnen,/Vorwärts in des<br />

Kampfes Not!/Habsburg treu zur Seite kämpfet/[…] Speer an Speer und Schild an<br />

Schilde./[…]Heil Euch, Helden, fern im Osten,/Heil Euch Brüdern dort am Rhein,/Heil<br />

Österreichs todesmütigen Söhnen,/Im Karst- und Alpenfelsgestein./Wie im Süden, so im<br />

Westen,/Auf den Meeren und zu Land,/Selbst im stolze Reich der Lüfte,/Schirmt Österreich<br />

ihr mit starker Hand./Laßt uns treu zusammenhalten,/Mutvoll in <strong>di</strong>e Zukunft seh’n,/Felsenfest<br />

ist unser Glaube:/Östereich wird ewig steh’n!” 411<br />

409<br />

La guar<strong>di</strong>a sul Danubio: “Ora popolo, alzati! Il pericolo ci minaccia!/L’Imperatore ci chiama, […]<br />

l’eccitazione imperversa <strong>di</strong> paese in paese!/sia gloria a Te, Imperatore! Il tuo popolo/protegge fedele le rive del<br />

Danubio col cuore e col braccio/[…] A non spaventa nessun nemico né in quantità né in potenza!/Sotto il cielo<br />

stellato, noi temiamo/solo Dio in questa terra!”<br />

410<br />

Donauwacht 2, La veglia sul Danubio 2: “Ciò che neanche il sogno più ar<strong>di</strong>to ha mai pensato,/adesso ha<br />

luogo sulla terra/i popoli austriaci sono uniti,/[…] anno dopo anno,/ci tiene uniti il pericolo,/e quando fummo<br />

mobilitati,/ciascuno <strong>di</strong> noi marciò per il bisogno della Patria!/[…] Stiamo retti come un muro,/uno accanto<br />

all’altro compagno!/[…] Davanti alla vergogna e al dominio straniero/ci protegge l’unità <strong>di</strong> forze,/e il sommo<br />

bene della nostra libertà,/noi lo <strong>di</strong>fenderemo col nostro sangue!/[…] Il nostro intimo è temprato dall’ar<strong>di</strong>re della<br />

morte,/e l’aiuto <strong>di</strong> Dio ci rende forti./Germania e Austria,/il mondo non ha ancora visto una tale alleanza.”<br />

411<br />

Donauwacht 3, La veglia sul Danubio 3: “Con l’unione delle forze si leva/il variopinto esercito popolare<br />

austriaco./[…] Noi proteggiamo devoti e sal<strong>di</strong>/i sacri confini del nostro Regno!/[…] Così fedeli come furono un<br />

tempo gli antenati,/an<strong>di</strong>amo avanti nella necessità del combattimento!/Gli Asburgo combattono a fianco/[…]<br />

157


Nonostante, come visto, fosse l’aspetto tirolese quello privilegiato, ogni tanto andava anche<br />

ricordato che l’Austria, a <strong>di</strong>spetto delle numerose nazionalità che la costituivano e dei<br />

fermenti irredentisti dai quali era scossa, rimaneva nel momento del bisogno un Impero unito<br />

e coeso, pronto a fronteggiare il nemico il quale, in questi testi è consapevole e<br />

sorprendentemente impressionato da questa forte coesione della quale ha timore.<br />

Österreichs Helden tratta proprio il tema della molteplicità <strong>di</strong> popoli e razze nell’Impero, la<br />

necessità le ha unite, infatti anche il titolo fa riferimento a tutti gli eroi austriaci e questa<br />

unione, in combattimento, sarà finalmente chiara anche al nemico: “Es geht durch deutsche<br />

Gaue/Ein Lied von Mund zu Mund:/Auf Österreich vertraue/In schwerer<br />

Schicksalstund!/Wohl hat’s der Völker viele,/Doch hat sie Not geeint:/In Sturm und<br />

Kampfgewühle/Verspürt’s gar wohl der Feind!” 412<br />

L’esempio più significativo nella conduzione <strong>di</strong> questa argomentazione è la lirica Mährischer<br />

Landsturm, Il combattente moravo, de<strong>di</strong>cata ai combattenti moravi. La Moravia è la parte più<br />

orientale della repubblica ceca. Essa rimase assieme alla Boemia come posse<strong>di</strong>mento<br />

austroungarico fino alla fine della Prima guerra mon<strong>di</strong>ale. Se tutte le liriche de<strong>di</strong>cate ai vari<br />

corpi combattenti hanno come scopo quelli elencati più o meno fin’ora, questa ha più <strong>di</strong> tutte<br />

il proposito <strong>di</strong> ricordare che le voci (soprattutto della propaganda nemica) riguardanti le<br />

<strong>di</strong>visioni, causate dal fatto che nell’esercito austroungarico ci fossero numerose nazionalità ed<br />

etnie, e l’infedeltà alla causa comune non fossero vere. La de<strong>di</strong>ca al combattente moravo lo<br />

conferma. In questa lirica il soldato boemo combatte fino alla propria morte per la <strong>di</strong>fesa del<br />

suolo patrio, mostrandosi fedele ed abile, capace e caparbio.<br />

Un'altra motivazione che impe<strong>di</strong>va la possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>visioni interne all’esercito, sempre<br />

secondo la logica dei Supplementi, era il forte senso <strong>di</strong> fratellanza e cameratismo che si<br />

veniva a creare fra i combattenti. Dopo anni passati assieme al fronte i commilitoni<br />

<strong>di</strong>ventavano una vera e propria famiglia, unita da esperienze mai vissute prima, dalle<br />

sofferenze e le piccole gioie e abitu<strong>di</strong>ni della vita <strong>di</strong> trincea: Ich kenn’ gute Kameraden, “Ich<br />

kenn’ brave Kameraden,/Keine bessern find’st du nit./Der Kaiser rief zum Streite,/Sie<br />

lancia a lancia e scudo a scudo./[…] Lode a voi, eroi, lontani ad est,/lode a voi, fratelli là sul Reno,/lode agli<br />

intrepi<strong>di</strong> figli d’Austria,/nella Carnia e nelle Alpi./Come a sud così ad ovest,/sul mare e in terra,/persino nel fiero<br />

spazio aereo,/l’Austria vi protegge con mano ferma./Lasciateci stare uniti,/e guardare speranzosi al futuro,/la<br />

nostra fede è irremovibile:/l’Austria sarà per sempre!”<br />

412<br />

Eroi austriaci: “Nei territori austriaci/risuona <strong>di</strong> bocca in bocca:/ho fiducia nell’Austria/nel momento del<br />

bisogno!/Certamente essa ha molti popoli,/tuttavia la necessità li ha uniti:/nella confusione della battaglia e<br />

dell’assalto/il nemico ce ne accorgerà chiaramente!”<br />

158


kämpfen Seit’ an Seite,/Sie halten wacker mit!/[…] Manch’ Bruder ließ sein Leben,/Er<br />

mußt’s dem Kaiser geben!/Er starb für’s Vaterland!” 413<br />

Una poesia <strong>di</strong> Artur Nikodem, senza titolo, accompagnata da un’immagine sempre firmata da<br />

lui, propone ancora una volta, in maniera molto fine ed acuta, il tema della coesione che<br />

<strong>di</strong>venta forza invincibile: la schiera <strong>di</strong> uomini che <strong>di</strong>fende la patria nelle alte vette para il<br />

colpo nemico „Auf Zacken und Zinnen Mann an Mann/Dem Welschen den Dolchstoß<br />

pariert“ (Sulle vette e sulle cime uomo a uomo/per parare la pugnalata dei terroni) e non solo,<br />

ma ha anche come obbiettivo quello <strong>di</strong> penetrare la patria avversaria e marciare in avanti che<br />

<strong>di</strong>viene l’obbiettivo piú importante, più sacro – “das Heiligste” - „Ins Welschland, ins<br />

Welschland marschiert“ (marciare verso la patria dei terroni), „Vorwärtsmarschieren und<br />

Siegen“ (marciare in avanti e vincere), „Brüder an Brüder geschlossen“ (uniti, fratello con<br />

fratello). L’immagine che accompagna il testo collabora alla trasmissione dello stesso<br />

significato della poesia, l’esercito visto dall’alto sembra quasi un fiume in piena che scorre<br />

impetuoso verso le valli nemiche e che simboleggia visivamente l’inclinazione naturale del<br />

marciare in avanti: come il fiume scorre naturalmente dall’alto verso valle, altrettanto<br />

naturalmente procede l’esercito austriaco verso le terre nemiche.<br />

Legato al tema dei corpi dell’esercito è anche quello dei simbolivi <strong>di</strong>stintivi che li<br />

caratterizzavano. Si trattava <strong>di</strong> piccoli <strong>di</strong>stintivi metallici che si appuntavano sull’uniforme,<br />

preferibilmente sul berretto. La particolare fortuna <strong>di</strong> questa produzione e la sua circolazione<br />

nell’Impero austro-ungarico attesta una <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong>ffusa a portare i messaggi patriottici<br />

della propaganda <strong>di</strong> guerra, veicolati da parole e da raffigurazioni naturalistiche o allegoriche<br />

dall’imme<strong>di</strong>ata presa e facilmente deco<strong>di</strong>ficabili, entro un sitema comunicativo con<strong>di</strong>viso da<br />

413<br />

Conosco dei bravi commilitoni: “Conosco dei bravi commilitoni,/non se ne possono trovare <strong>di</strong><br />

migliori./L’Imperatore li ha chiamati per combattere,/ed essi combattono fianco a fianco,/lo fanno con<br />

valore!/[…] Qualche fratello perde la vita,/la doveva dare all’Imperatore!/Egli è morto per la Patria!”<br />

159


committenti e destinatari. E perché questa comunicazione fosse efficace era in<strong>di</strong>spensabile<br />

una comunione <strong>di</strong> significati o <strong>di</strong> esperienze che creava un sentimento <strong>di</strong> appartenenza e<br />

<strong>di</strong>stinzione allo stesso tempo (appartenenza a un gruppo e <strong>di</strong>stinzione da un altro gruppo) e<br />

che quin<strong>di</strong> collaborava alla demarcazione tra due mon<strong>di</strong> ben <strong>di</strong>stinti. Segni <strong>di</strong>stintivi delle<br />

truppe <strong>di</strong> montagna e dei Kaiserjäger erano la stella alpina sulle mostrine e la penna <strong>di</strong><br />

fagiano <strong>di</strong> monte sul berretto: „Wir Tiroler Landesschützen/Tragen stolz das<br />

Edelweiß,/Spielhahnfedern auf den Mützen/Und dazu das Tannenreis./Wie <strong>di</strong>e weiße<br />

Felsenblüte/Kühn gedeiht in Sturm und Eis,/Bleiben frisch wir im Gemüte,/Frohen Mut’s um<br />

jeden Preis./[…] Laßt uns schwören denn auf’s Neue,/Landeschützen von Tirol/Halten echte<br />

Kaisertreue,/Schützen uns’res Landes Wohl!“ 414 .<br />

Al “fiore delle vette”, in particolare, vengono de<strong>di</strong>cate numerose liriche in queste pagine: la<br />

montagna e i fiori, la stella alpina in particolare, simboleggiano la dura lotta per la patria al<br />

fronte meri<strong>di</strong>onale. La stella alpina è definita come il “vanto dell alpi” essa simboleggia le<br />

qualità <strong>degli</strong> stessi combattenti che, come visto altrove molto spesso acquisiscono le virtù<br />

<strong>degli</strong> elementi naturali e paesaggistici: “Wo nistet hoch im Horst der stolze Aar,/Wo<br />

Gletscherfirnen glänzen wunderbar,/Erblühet rein wie Silber glänzend weiß,/Der Alpen Zier,<br />

das schöne Edelweiß./[…] Vom Feindesland verwundet kehrt zurück,/Die Mütze noch mit<br />

Edelweiß geschmückt,/Ein Krieger ist’s, ein echter Alpensohn” 415<br />

In Das Edelweiss im Kriege 1914-15-16 la stella alpina è definita il fiore della patria, modello<br />

<strong>di</strong> tenacia per i combattenti essa è still come vengono descritti anche i combattenti: “Die<br />

allerschönste Blume, hoch oben nah’ dem Eis,/Mit Mut nur zu erlangen, dem sing ich Lob<br />

und Preis;/Es wächst und strebet himmelwärts,/Es blüht nur für das tapf’re Herz,/Das<br />

schlichte Edelweiß!/Zum Schmuck der tapf’ren Mannen,/[…]Wer’s trägt, ist zu den Helden,<br />

den Tapfersten gezählt./[…]Es ist der schönste Orden, beweist des Trägers Mut,/[…]Ist es der<br />

Heimat lieber Gruß/Das heil’ge Edelweiß!/[…] Es ist <strong>di</strong>e Heimatsblume, für Heimat, Herz<br />

414<br />

Wir Tiroler Landeschützen, Noi tiratori tirolesi: “Noi tiratori tirolesi/indossiamo fieri la stella alpina/e la<br />

penna <strong>di</strong> fagiano sul berretto/e inoltre germogli <strong>di</strong> abete./Come i bianchi fiori <strong>di</strong> roccia/che sbocciano audaci tra<br />

la tempesta e il ghiaccio,/anche noi rimaniamo freschi nello spirito,/buon umore ad ogni costo./[…] Lasciateci<br />

dunque giurare nuovamente,/tiratori tirolesi/fate un’in<strong>di</strong>menticabile guar<strong>di</strong>a all’Imperatore,/<strong>di</strong>fendete per bene<br />

della nostra Patria!”<br />

415<br />

Edelweiß, Stella alpina: “Lassù dove ni<strong>di</strong>fica fiera l’aquila,/dove i ghiacciai meravigliosamente<br />

risplendono,/fiorisce pura come il bianco argento splendente,il vanto delle Alpi, la bella stella alpina./[…]Ferito<br />

dal nemico torna a casa,/il berretto ancora ornato con la stella alpina,/esso è un combattente, un vero figlio delle<br />

Alpi.”<br />

160


und Hand!/Es zeigt des Vaterlandes Ruhm,/[…] Dort blüht es in den Felsen, so still bei Eis<br />

und Schnee,” 416 .<br />

Animale nobile per definizione, simbolo aral<strong>di</strong>co antichissimo, allegoria del potere per la<br />

rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> azione e l’acutezza della vista, che sa raggiungere la preda ovunque valicando<br />

ostacoli e <strong>di</strong>stanze, l’aquila è tra i soggetti <strong>di</strong>stintivi-identificativi più frequentemente<br />

raffigurati e citati in queste pagine.<br />

In particolare nella propaganda per i reparti tirolesi essa è perlopiù l’aquila rossa – “Tiroler<br />

Adler, blutigrot” 417 , emblema della contea del Tirolo. Il simbolo dell’aquila ha come scopo<br />

quello <strong>di</strong> riunire sotto la sua figura tutte le caratteristiche del Tirolo e dei suoi abitanti. Come<br />

già detto esso è un animale maestoso e nobile, quin<strong>di</strong> identificarsi in esso è motivo <strong>di</strong> vanto:<br />

„Seht denn ihr nicht kreisen unsern stolzen roten Aar,/Der keinen Eintritt läßt von der<br />

Verräterschar?/[…] Bald in seinen Fängen, Verräter, in Dein eig’nes Land,/Mög tragen er als<br />

Strafe Dir des Krieges Brand!“ 418<br />

Moltissime liriche che hanno l’aquila come simbolo trattano trasversalmente il tema del<br />

nemico italiano. L’aquila con tutte le sue qualità è il simbolo ideale da contrapporre alla<br />

meschinità dell’italiano, tra queste Tiroler Adler fliege hoch!: “Tiroler Adler fliege hoch!/[…]<br />

Der Haderlump, er weiß ja doch,/Bei <strong>di</strong>r gäb’s was zum Mausen!/Zu Tische lud er selbst sich<br />

ein:/Laß ihn <strong>di</strong>e Zähne blecken/Die Fänge schlag ihm ins Gebein:/Der Welsche mag<br />

verrecken!/Tiroler Adler fliege hoch!/ Der Frechling will <strong>di</strong>ch zausen:/Du hast ja Blei, hast<br />

Männer noch!” 419<br />

La poesia Die Abrechnung, accompagnata dall’immagine che segue, si riferisce all’offensiva<br />

italiana sul Col Basson del 25 Agosto 1915 che si rivelò un totale <strong>di</strong>sastro per gli italiani. I<br />

due paesi in lotta sono rappresentati con l’aquila e i vermi come mostra il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Riß:<br />

416<br />

La stella alpina nella guerra 1914-15-16: “Il fiore più bello <strong>di</strong> tutti, là sopra in alto vicino ai ghiacci,/che si<br />

può raggiungere solo con coraggio, ad esso io canto lode e valore;/esso cresce e muore rivolto verso il<br />

cielo,/fiorisce solo per merito del suo cuore valoroso,/l’umile stella alpina!/Ornamento <strong>di</strong> uomini valorosi,/[…]<br />

chi la indossa, è annoverato fra gli eroi, fra i valorosi./[…] E’ la decorazione più nobile e <strong>di</strong>mostra il valore <strong>di</strong><br />

chi la indossa,/[…] è il più amato saluto della Patria/la sacra stella alpina!/[…] E’ il fiore della patria, per la<br />

Patria, il cuore e la mano!/Mostra la gloria della Patria,/[…] fiorisce là nelle rocce, così silenziosa tra il ghiaccio<br />

e la neve.”<br />

417<br />

Tirol!, Tirolo: “Aquila tirolese rosso sangue”<br />

418<br />

Der rote Aar, L’aquila rossa: “Non vedete dunque la nostra rossa e fiera aquila volteggiare,/che non permette<br />

nessun ingresso alla schiera <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori?/[…] Presto lei, tra<strong>di</strong>tore, nella tua stessa terra/vorrà averti fra le<br />

grinfie,/e vuole portarti come causa dell’orrore <strong>di</strong> questa guerra!”<br />

419<br />

Tiroler Adler fliege hoch! Aquila tirolese vola alto!: “Aquila tirolese vola alto!/[…] Il farabutto straccione,<br />

egli sa certamente che presso <strong>di</strong> te c’è qualcosa da sgraffignare!/Al tavolo si è invitato da solo:/lasciagli<br />

<strong>di</strong>grignare i denti/affondagli gli artigli nelle ossa:/il terrone vuole crepare!/Vola alto aquila tirolese!/Quello<br />

sfacciato ti vuole derubare:/ma tu hai ancora sia piombo che uomini!”<br />

161


L’aquila è simbolo <strong>di</strong> libertà, superiorità morale e fisica, saggezza, regalità e coraggio<br />

nell’affrontare l’avversario, che si oppone all’invadenza italiana e si contrappone alla sua<br />

meschinità, non a caso si parla <strong>di</strong> vermi , simbolo <strong>di</strong> ignobiltà e parassitismo:<br />

Was vorher war,<br />

Das Bild zeigt’s klar:<br />

Rauben wollte feiges Wurmgezücht<br />

Dem Aare Land und Luft und Licht!<br />

Was jetzt geschieht,<br />

Ein jedes Auge sieht’s:<br />

Der falschen Schlang<br />

Der Überfall mißlang<br />

[…]<br />

Liegt unten bald der Wurm<br />

Der neidete dem Adlerthron;<br />

Und über alle Berge Frei<br />

Sieghaft kreisen wird der Weih! 420<br />

L’aquila accompagna i <strong>di</strong>fensori del patrio suolo nei faccia a faccia col nemico che sono<br />

sempre descritti come un gioco da ragazzi per le truppe austroungariche e nei quali è sempre<br />

l’aquila ad avere la meglio per tutta una serie <strong>di</strong> motivi fisici, morali e simbolici: “Im<br />

420<br />

La resa dei conti: “Ciò che era prima,/lo mostra chiaramente l’immagine:/dei vili vermi volevano derubare/la<br />

terra, l’aria e la terra dell’aquila!/Ciò che accade ora/lo vede qualunque occhio:/al falso serpente/non riuscì<br />

l’assalto/[…]/il verme che invi<strong>di</strong>ava/ il trono dell’aquila venne subito vinto/e libera sopra tutti i monti/volteggerà<br />

vittoriosa la bene<strong>di</strong>zione!<br />

162


Hochgebirg in Schnee und Eis,/Wo der Aar in Lüften kreist,/Da steht ein Landesschütz’ auf<br />

treue Wacht,/[…]Sein Auge starrt in’s Verräterland,/Daß nicht herüberkommt <strong>di</strong>e feige<br />

Band./Treu steht er vor Kälte starr,/Hoch in den Lüften ruft stolz der Aar:/[…] Du,<br />

Bergessohn,/[…] stehst treu, begleitet von des Adlers Blick.” 421<br />

Gioventù,virilità, ar<strong>di</strong>tezza<br />

Un’altra tematica che emerge dall’analisi <strong>di</strong> questi testi come argomento <strong>di</strong> un certo peso nel<br />

messaggio globale che doveva passare è quello della coscienza <strong>di</strong> sé della gioventù, che si era<br />

creata sul finire del secolo con lo sviluppo della modernità. L'essere giovani aveva acquisito<br />

un senso nuovo per le generazioni <strong>degli</strong> inizi del Novecento che si sentivano <strong>di</strong>verse e <strong>di</strong>stanti<br />

dai loro padri e dai loro nonni come mai in passato. Alcune delle più vivaci correnti <strong>di</strong><br />

pensiero dell'epoca esaltavano la gioventù ed erano guidate da giovani: si pensi ai futuristi <strong>di</strong><br />

Marinetti e agli espressionisti tedeschi. Tutto ciò che cambiava, tutto ciò che correva, che era<br />

in movimento, apparteneva ai giovani: e nient’altro che la guerra poteva rappresentare meglio<br />

il cambiamento, con le sue macchine e i suoi stravolgimenti. La guerra serviva ad uno scopo,<br />

al rinnovamento in<strong>di</strong>viduale e a quello della nazione. I futuristi sostenevano che<br />

quest'esplosione <strong>di</strong> violenza avrebbe creato un uomo nuovo, vivo, avventuroso, sempre<br />

<strong>di</strong>sposto al cambiamento, l'esatto opposto del compiaciuto e tranquillo borghese ansioso solo<br />

<strong>di</strong> tranquillità e benessere. L'uomo nuovo che si ipotizzava potesse sorgere con e dalla guerra<br />

era poi soprattutto un uomo virile. La virilità fu l'ideale più sfruttato per indurre al massacro.<br />

Essere virili significava essere coraggiosi, forti, capaci <strong>di</strong> dominare le proprie passioni. La<br />

guerra era il luogo dove dar prova <strong>di</strong> sé, era la cerimonia d'iniziazione, era "la grande<br />

occasione" che non ci si doveva lasciare sfuggire. Ma la guerra <strong>di</strong> massa, la guerra<br />

tecnologica non era il banco <strong>di</strong> prova <strong>di</strong> nessun eroismo e <strong>di</strong> nessun coraggio. La Prima guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale fu un conflitto anonimo <strong>di</strong> carne da macello, <strong>di</strong> uomini fantocci mandati a morire<br />

incontro al fuoco <strong>di</strong> una mitragliatrice: fu una guerra dove vita o morte erano determinate<br />

dallo scoppio più o meno vicino <strong>di</strong> un proiettile d'artiglieria. Per questo, dopo pochi mesi<br />

dall'avvio del conflitto, la realtà della guerra venne occultata e la propaganda <strong>di</strong>spiegò la sua<br />

potenza ingannatrice. La guerra venne presentata per tutti gli anni del conflitto come alta sfida<br />

421<br />

Der Landesschütze, Il tiratore: “Nelle alte vette tra la neve e i ghiacci,/dove l’aquila volteggia nell’aria,/là si<br />

trova un tiratore che de<strong>di</strong>to fa la guar<strong>di</strong>a,/[…] il suo occhio fissa la Patria,/affinché non sopraggiunga la banda <strong>di</strong><br />

vili./Egli sta saldo e fisso <strong>di</strong> fronte alle intemperie,/in alto nell’aria lo chiama la fiera aquila:/[…] Tu, figlio della<br />

montagna,/[…] stai saldo, accompagnato dallo sguardo dell’aquila.”<br />

163


tra uomini e come luogo dove regnava la cavalleria e il coraggio, mentre chi era al fronte<br />

non ne sperimentava altro che il non-senso fino ad impazzirne.<br />

Qui <strong>di</strong> seguito proporrò una serie <strong>di</strong> esempi tratti dalle liriche dei Supplementi letterari che<br />

confermano la spen<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> quest’argomento nell’ambito della propaganda.<br />

La poesia riportata interamente sotto è un testo rivolto ai giovani, che fa leva sul concetto <strong>di</strong><br />

virilità, caratteristica acquisibile solo tramite l’esperienza bellica.<br />

Den Jungen<br />

Die wir der Ahnen Ruhm erschauernd priesen,<br />

Uns riß aus sorglos friedlichem Genießen<br />

Der ewig unvergeßliche august.<br />

Uns Ahnungslosen ward der Hölle ringen,<br />

Der wildeste Kampf, von dem <strong>di</strong>e Zeiten singen,<br />

Der Ueberschwang von Leid und Lust.<br />

Bald seid ihr schwertreif, dann mögt stolz ihr sagen:<br />

Auch wir entstammen jenen mannestagen,<br />

Durchlebten jene Zeit von Erz und Blut.<br />

Was vorher, ist vergessen und verloren,<br />

Eisernes Schicksal ist mit uns geboren,<br />

Verhängnis, Heldensinn und Opfermut.<br />

Und euer sei’s, <strong>di</strong>es Erbe treu zu wahren;<br />

Nennt euch mit Gleichmut „nor<strong>di</strong>sche Barbaren“,<br />

Sorgt, daß das heilige Feuer weiterglimmt.<br />

Seid adelfrei und schlicht, daß ihr in Ehren<br />

Besteht, wenn euch der Kaiser ruft, denn schweren<br />

Geschicken seid von Gott ihr vorbestimmt! 422<br />

422<br />

Ai giovani: “Noi che decantiamo gli avi con emozione,/ci strappò dal go<strong>di</strong>mento spensierato e<br />

pacifico/l’in<strong>di</strong>menticabile Agosto./A noi, ignari, aspettava la lotta infernale,/la lotta selvaggia, della quale i tempi<br />

cantano/l’esuberanza nella gioia e nel dolore./ Presto voi sarete maturi nella lotta, perciò potete affermare<br />

fieri:/anche noi <strong>di</strong>scen<strong>di</strong>amo dai quei giorni eroici,/siamo sopravvissuti a quel tempo <strong>di</strong> ferro e sangue./Il prima,<br />

è <strong>di</strong>menticato e perduto/con noi è sorto un destino inesorabile,/fatalità, indole eroica e spirito <strong>di</strong> sacrificio./ E voi<br />

dovrete tutelare saldamente quest’ere<strong>di</strong>tà;/vi chiamano con freddezza “Barbari del nord”,/preoccupatevi il fuoco<br />

164


È un gruppo <strong>di</strong> combattenti più anziani a parlare e a rivolgersi ai giovani: anch’essi al<br />

principio della guerra erano in una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> inconsapevolezza - “Uns Ahnungslosen” -<br />

alla quale è andata contrapponendosi l’esuberanza - “Der Ueberschwang” -, guadagnata<br />

nel “wildeste Kampf” , esperienza limite che fa varcare la soglia della maturità, nel suo<br />

senso più ampio. Questa è la premessa basilare <strong>di</strong> quanto si vuole comunicare ai giovani<br />

interlocutori.<br />

Solo combattendo anche essi potranno <strong>di</strong>re <strong>di</strong> essere appartenuti a quel tempo <strong>di</strong> eroi:<br />

“Mannestagen”. La scelta <strong>di</strong> questo vocabolo si riallaccia al <strong>di</strong>scorso fatto in precedenza<br />

secondo il quale la guerra è la linea <strong>di</strong> confine, al <strong>di</strong> là della quale si <strong>di</strong>venta uomini autentici,<br />

dunque coraggiosi e onesti. L’augurio rivolto ai neo-combattenti è: “daß Ihr in Ehren /<br />

Besteht” la frase secondaria s’interrompe, mettendo in posizione enfatica la parola chiave:<br />

“Ehren” che, viene fatta rimare con “Schweren” ed è da intendere secondo quanto segue:<br />

l’onore è tanto maggiore quanto più duri sono gli ostacoli che si debbono superare. In perfetta<br />

coerenza con quanto si sosteneva nei primi versi e più in generale nell’intero supplemento.<br />

Nelle poesie per i Supplementi quest’argomento lo ritroviamo trattato sotto vari aspetti, a<br />

volte è l’esaltazione dell’impulso, a volte dell’aggressività, della temerarietà, dello sprezzo<br />

del pericolo, ma comunque sempre caratteristiche che hanno a che fare con la giovane età.<br />

Per esempio nella poesia Kampf vengono elencati i pericoli <strong>di</strong> un atteggiamento morbido e<br />

caritatevole in battaglia. Si elencano quin<strong>di</strong> le qualità richieste a un vero „Tapfer“ (valoroso),<br />

si esalta il combattimento ricordando che le ferite sono decorazioni e che non bisogna avere<br />

paura della sofferenza, però allo stesso modo non bisogna neanche avere paura <strong>di</strong> fare del<br />

male al nemico e nel caso in cui ci si preoccupi del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dio per le azioni inique<br />

commesse in guerra in questa poesia si tranquillizzano i combattenti ricordando loro che Dio<br />

approva ed è dalla loro parte, poichè essi son nel giusto, anzi questa poesia è proprio un invito<br />

a sfruttare il favore <strong>di</strong>vino. „Tapfer nur vorwärts,/Gott steht <strong>di</strong>r bei./ […] Drauf mit dem<br />

Schwert./Führ‘ es mit Kraft/ […] Treffen <strong>di</strong>ch Streiche, kehr <strong>di</strong>ch nicht dran;/Wunden<br />

verheilen, sind Zierde dem Mann./ […] Hart mußt du sein/Winseln und Fleh’n/Darf <strong>di</strong>ch nicht<br />

rühren;/ […] Gott gab den Sieg <strong>di</strong>r, nütze <strong>di</strong>e Gnade.“ 423<br />

sacro continui a bruciare./Siate liberi come aquile e forti, poiché voi/siete fatti <strong>di</strong> onore/quando l’Imperatore ci<br />

chiama, allora/voi siete predestinati da Dio a una cattiva sorte!”<br />

423<br />

Combattimento: “Valoroso, solo in avanti,/Dio è al tuo fianco./[…]Fuori la spada./Usala con forza/[…] se<br />

ricevi un colpo,non ti voltare;/le ferite guariscono e sono ornamenti per l’uomo./[…] Devi essere forte/lamenti e<br />

implorazioni/non possono smuoverti;/[…] Dio ti <strong>di</strong>ede la vittoria, approfitta della sua grazia.”<br />

165


Ich komme, toter Kaiserjäger-Kamerad racconta invece del commilitone che ven<strong>di</strong>ca l’altro<br />

ucciso ed è pronto a sacrificare anche la propria vita pur <strong>di</strong> portare a termine il proprio<br />

obbiettivo: „Ich muß <strong>di</strong>ch doch erst rächen,/Nach echt Tirolerart:/[…] Dann sterbe ich ja<br />

gerne/Dir nach den Heldentod,/Lebt wohl, ihr frei’n Tiroler!“ 424 .<br />

Parole <strong>di</strong> coraggio e ar<strong>di</strong>tezza dalla poesia Patrouillen-Marschenlied: „Und sind sie [<strong>di</strong>e<br />

Feinde] auch in Übermacht,/Bei uns gibt es kein Zurück, kein Zurück./Wir harren auf dem<br />

Posten aus,/[…] Furcht ist unbekannt.“ 425<br />

Ovviamente le privazioni e le sofferenze del combattimento non possono essere interamente<br />

omesse, come anche il tema della morte, ma quando anche se ne parla bisogna sempre<br />

contrastare questa descrizione ricordando che i combattenti sono forti, sia fisicamente che<br />

moralmente: hanno tempra. „Sie stehen dort, seit Wochen schon im zähen<br />

Kampf,/Verschüttert halb, verschleiert ganz durch Pulverdampf./Bei Tag, bei Nacht, greift<br />

dort der Feind stets wieder an;/Doch uns’re Front steht felsenfest als wär’s ein Mann!“ 426<br />

Il giovane è forza fresca, piena energia, vita che sboccia, ma che può essere tragicamente<br />

interrotta dal conflitto. Jünglingsblut imposta il tema della gioventù in questo modo: il sangue<br />

versato da un giovane che è nel pieno vigore della propria forza fisica è un sacrificio eroico<br />

che la patria non scorderà mai: “Schön wie <strong>di</strong>e Rose im Sommer blüht/[…] Lächelt der<br />

Jüngling den Abschiedsgruß/In seinem Waffenkleide./[…] Was er von Größe und Glück<br />

geträumt/In seinen Jugendtagen,/Sieht er als Freiheit für Volk und Reich/Aus blut’gen<br />

Kämpfen ragen./Leuchtenden Auges voll Mut und Kraft,/Den Gott in seinem Herzen,/Stillt er<br />

<strong>di</strong>e Seele in Angst und Not/Mit roten Heldenschmerzen./Liegt er im Tode dann müd’ und<br />

bleich,/Er läßt das Herzblut fließen,/Dankend im Antlitz für’s Heldentum/Der Heimat letztes<br />

Grüßen….” 427<br />

La gioia e la pienezza più grande per il giovane combattente è il combattimento stesso è<br />

l’essere attivo al servizio della patria, vincere è ciò che conta, mettendo da parte tutte le<br />

424<br />

Arrivo, camerata defunto: “Adesso devo prima <strong>di</strong> tutto ven<strong>di</strong>carti,/secondo le autentiche regole tirolesi:/[…]<br />

allora muoio volentieri,/dopo <strong>di</strong> te, la morte eroica,/vivete in pace, voi liberi tirolesi!”<br />

425<br />

Canto <strong>di</strong> marcia della pattuglia: “E se anche essi [i nemici] sono persino in superiorità,/per noi non esiste<br />

nessuna ritirata, nessuna ritirata./Noi perseveriamo nella guar<strong>di</strong>a,/[…] la paura ci è sconosciuta.”<br />

426<br />

Importanza del doch in questi testi. Ge<strong>di</strong>chte, Poesia : “Loro stanno là, già da settimane, nella dura lotta,/metà<br />

sepolti, completamente coperti dal fumo della polvere da sparo./Giorno e notte, il nemico là attacca <strong>di</strong><br />

continuo;/tuttavia il nostro fronte rimane irremovibile come fosse un unico uomo!”<br />

427<br />

Sangue <strong>di</strong> ragazzo: “Bello come la rosa che fiorisce d’estate/[…] ride il ragazzo nel momento del<br />

commiato/nella sua uniforme militare./[…] Ciò che egli aveva sognato della Grandezza e della Fortuna/nei<br />

giorni della sua gioventù,/ora lo vede come libertà per il suo popolo e il regno/derivante dalla sanguinosa<br />

battaglia./Occhi splendenti <strong>di</strong> forza e coraggio,/Id<strong>di</strong>o nel suo cuore,/allatta la propria anima <strong>di</strong> ansia e<br />

necessità/con dolori eroici./Ora giace morto pallido e stanco,/lascia scorrere il proprio sangue,/come se volesse<br />

dare l’ultimo saluto alla patria/ringraziando per l’occasione eroica…”<br />

166


esigenze e le paure del singolo come in Junger Mut: “Ein Tag ist neu erstanden,/[…] ich bin<br />

bereit,/Zu Fahrt und Fest, zu Wehr und Streit!/Mein Aug’ ist klar und hell mein Sinn,/Ich freu<br />

mich, daß ich bin!/[…] Ist Siegen leicht, ist Siegen schwer?/Mein Glück geht nebenher!” 428<br />

Junger Veteran, Giovane veterano, con questo titolo ossimorico, collabora alla trasmissione<br />

del messaggio che la guerra è una esperienza gran<strong>di</strong>osa anche per la virilità e la mascolinità: il<br />

giovane in questione ha perso una gamba in guerra, ma è comunque felice perché innanzi<br />

tutto è ancor vivo, ma ancor più perché le ferite <strong>di</strong> guerra sono come i segni, i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

imprese eroiche, <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> gesta. Chi le porta verrà acclamato e riconosciuto come eroe.<br />

In der Etappe è un testo che racconta <strong>di</strong> un soldato che è stato riformato a causa <strong>di</strong> alcune<br />

gravi ferite riportate nel combattimento. Il soldato, ora che è stato riportato nelle retrovie per<br />

le cure, non sente <strong>di</strong> adempiere completamente il proprio dovere, e apsetta con ansia <strong>di</strong><br />

sentirsi <strong>di</strong>re <strong>di</strong> essere nuovamente adatto alla prima linea: “So oft mein Mund <strong>di</strong>e heiße Bitte<br />

spricht,/Und zitternd sucht mein Aug’ des Arztes Blick:/‘Kriegs<strong>di</strong>enstuntauglich!’ Wieder<br />

darf ich nicht./[…] Seid doch barmherzig, nehmt mein junges Leben/ Für meinen Kaiser, für<br />

mein Vaterland!” 429 , egli preferirebbe ad<strong>di</strong>rittura morire piuttosto che vedersi così inerte.<br />

Ovviamente lo scopo <strong>di</strong> questo messaggio è <strong>di</strong> trasmettere senso <strong>di</strong> coraggio e ar<strong>di</strong>tezza e,<br />

ancora una volta, <strong>di</strong> accettazione benevola e serena della morte.<br />

A questo tema si può accostare anche quello dei volontari. Il volontariato denota ovviamente<br />

delle qualità eroiche superiori rispetto alla leva obbligata come vuole mostrare anche<br />

l’immagine Der Kriegsfreiwillige che segue<br />

Il volto del soldato volontario ha, infatti, rispetto ai commilitoni, che rimangano anch’essi<br />

comunque eroi, dei tratti e un colorito che risaltano e che lo mettono in luce rispetto al resto<br />

del gruppo.<br />

428<br />

Giovane coraggio: “E’ iniziato un nuovo giorno,/[…] sono pronto,/al viaggio e alla festa, alla resistenza e al<br />

combattimento!/Il mio occhio è sincero e la mia anima risplende,/sono felice <strong>di</strong> esserci!/[…] La vittoria è facile,<br />

la vittoria è <strong>di</strong>fficile?/La mia fortuna mi cammina affianco!”<br />

429<br />

Nelle retrovie: “così spesso la mia bocca esclama l’ardente richiesta,/e tremante il mio occhio cerca lo<br />

sguardo del me<strong>di</strong>co:/non posso più sentire ‘inadatto al servizio militare!’/[…] Siate misericor<strong>di</strong>osi, prendete la<br />

mia giovane vita/per il mio Imperatore e per la mia Patria!”<br />

167


Definire il soldato come sex symbol, come uomo estremamente virile e piacente era<br />

un’attività portata avanti da molta propaganda, anche nel nostro paese. Il soldato idealmente<br />

era un uomo forte con un bel fisico, ar<strong>di</strong>to e coraggioso, esattamente il prototipo <strong>di</strong> vero uomo<br />

pienamente efficiente sia dal punto <strong>di</strong> vista delle manifestazioni sessuali sia <strong>di</strong> quelle della<br />

forza muscolare. Come abbiamo visto anche in queste pagine vengono attribuite ai<br />

combattenti tirolesi doti quasi sovranaturali. Un testo, in particolare, impostato dalla<br />

prospettiva femminile, nel quale la donna descrive il suo uomo con queste doti che lo rendono<br />

un vero eroe in guerra, ma anche fidanzato e amante eccezionale, poiché i due ambiti pare che<br />

s’alimentino a vicenda, anche da un punto <strong>di</strong> vista fonetico: “Mein Schatz ist ein Schütz/[…]<br />

Er ist wie der Blitz,/Mein Schatz und mein Schütz;/So sicher er schießt,/So feuerig er<br />

küßt./[…] Ein Held ist mein Schatz.” 430<br />

Wir Kaiserjäger è un altro testo che tratta il tema dell’autoesaltazione mascolina dei<br />

combattenti, e del fascino che questi esercitano sulle donne: “Der schönsten Mädchen Herzen<br />

klopfen bang/Für uns, des Kaisers Ruhm und Macht zugleich./Gleich unser’n Bergen steh’n<br />

wir himmelan,/An Einigkeit und Recht, an Treue und an Ehr’/Und geht’s zum Sturm, so<br />

kämpfen wir voran/Als uns’res Kaisers beste Macht und Wehr!/Wir fürchten keinen Feind auf<br />

<strong>di</strong>eser Welt,/Wir Jäger, stark vom deutschen Blut und Mark” 431<br />

A proposito del tema eroismo e ar<strong>di</strong>tezza è molto interessante la lirica Kriegers Pein. Dal<br />

titolo ci si potrebbe aspettare una lamentela nei confronti delle fatiche e dei patimenti in<br />

guerra, invece dalla lettura del testo emerge che l’unico <strong>di</strong>sturbo in guerra siano i pidocchi!<br />

Ovviamente questo espe<strong>di</strong>ente è finalizzato non solo a sminuire la gravità dell’evento e a<br />

tranquillizzare e a tranquillizzarsi, ma anche a ricordare fra le righe che tutti i patimenti della<br />

guerra sono nulla per questi uomini così valorosi: “Ein Übel gibt’s im Feld/Zu jedem sich’s<br />

gesellt;/Im Dienst, auch wenn man rastet,/Ist man damit belastet./Oft wär’s zum<br />

Rasenwerden/Mit solcherei Beschwerden./’s ist nicht <strong>di</strong>e alte Fliege,/Das ist <strong>di</strong>e Laus im<br />

Kriege!” 432<br />

430<br />

Tiroler Landesschütze, Tiratore tirolese: “Il mio tesoro è un tiratore/[…] egli come il lampo,/il mio tesoro e il<br />

mio tiratore;/egli spara così sicuro,/bacia così ardentemente./[…] Il mio tesoro è un eroe.”<br />

431<br />

Noi Cacciatori imperiali: “I cuori delle più belle ragazze battono in pensiero/per noi, potere e gloria allo<br />

stesso tempo dell’Imperatore./Come le nostre montagne noi stiamo rivolti al cielo,/Hurra! per l’unione, la<br />

giustizia, la fedeltà e l’onore/e se viene la bufera, noi continuiamo a combattere/come la migliore potenza e<br />

<strong>di</strong>fesa del nostra Imperatore!/Noi non temiamo nessun nemico su questa terra,/noi Cacciatori, forti dell’animo e<br />

del sangue tedesco”<br />

432<br />

La pena dei combattenti: “C’è un male in campo/al quale ognuno si accompagna;/in servizio, anche quando<br />

riposiamo,/ne siamo stressati./Spesso sarebbe da <strong>di</strong>ventarne pazzi/tale è il suo <strong>di</strong>sturbo./Non si tratta della<br />

vecchia mosca,/si tratta dei pidocchi in guerra!”<br />

168


Qua e là tra i numerosissimi testi che assegnano ai combattenti caratteristiche sovraumane,<br />

che li <strong>di</strong>pingono come esseri insensibili alle fatiche e alle necessità terrene, compaiono dei<br />

testi che invece sono molto umani e trasmettono il senso <strong>di</strong> incertezza e paura che si provava<br />

all’inizio e alla fine <strong>di</strong> ogni giornata passata al fronte, in trincea. Drei Kameraden è uno <strong>di</strong><br />

questi testi, che mostra le paure, l’affezione tra soldati piuttosto che l’eroicità ad ogni costo e<br />

sopra a tutto il resto, che mostra la con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> ogni singolo momento e la sofferenza<br />

causata dal <strong>di</strong>stacco: “Wir waren drei Kameraden,/Wir zechten manchen Schmaus!/Dann<br />

wurden <strong>di</strong>e Flinten geladen,/Dann zogen wir hinaus,/Die bieden, <strong>di</strong>e beiden und ich./Wir<br />

zogen durch Wald und Felder,/Durch Wasser, Staub und Kot,/Wir teilten Zelt und Gelder/Und<br />

unser letztes Brot,/ Die bieden, <strong>di</strong>e beiden und ich./Wir stritten und wir zogen./Allzeit im<br />

gleichen Schritt,/Da kam der Tod geflogen,/Der Tod und nahm sie mit,/ Die bieden, <strong>di</strong>e<br />

beiden… und ich?” 433 La chiusura della poesia è ambigua, forse è morto anche l’io narrante,<br />

forse lui non è morto, ma si chiede con trepidazione quando toccherà a me?<br />

Anche la poesia Beim Vino santo, pur nella sua semplicità e leggerezza, è una poesia molto<br />

triste. Qui emerge la paura che veramente si prova <strong>di</strong> fronte all’incertezza <strong>di</strong> ciò che sarà<br />

domani. Qui non ci sono eroi: si beve per essere felici nel qui e nell’ora. Complessivamente il<br />

testo trasmette un’allegria malinconica, carica <strong>di</strong> angoscia. “Laßt mich doch fröhlich<br />

sein,/Heut’ lacht der Wein!/Aus grünem Glas mich an,/Ich bin ein Kriegersmann,/Wärmt<br />

mich wie Sonnenschein,/Es leb’ der Wein!/ Laßt mich doch fröhlich sein,/Im<br />

Sonnenschein!/Heute in Sonnenglut,/Morgen im eig’nen Blut,/Lieg’ ich im Abendrot/Am<br />

Felde tot./Laßt mich doch fröhlich sein,/Im Abendschein!/Wenn auch <strong>di</strong>e Sonne<br />

sinkt,/Morgen der Tod mir winkt,/Heut’ laßt mich fröhlich sein,/Es leb’ der Wein!” 434<br />

Per concludere, Altenaufgebot, un testo nel quale sono invece gli anziani a parlare. In queste<br />

pagine non si fa solo inno alla forza della gioventù e all’ar<strong>di</strong>tezza che la caratterizza, ma si<br />

sottolinea anche <strong>di</strong> continuo la collaborazione tra giovani e anziani, il fatto che entrambi <strong>di</strong>ano<br />

del proprio meglio, chi con la freschezza della forza fisica chi con l’esperienza, per la buona<br />

433<br />

Tre commilitoni: “Eravamo tre commilitoni,/ogni tanto gozzovigliavamo a qualche banchetto!/Poi furono<br />

caricati i fucili/ e andammo fuori,/entrambi, entrambi ed io./Noi andammo per boschi e campi,/attraverso<br />

l’acqua, la polvere ed escrementi,/con<strong>di</strong>videmmo la tenda e i nostri averi/ e il nostro ultimo pane,/entrambi,<br />

entrambi ed io./Litigammo e ci consolammo a vicenda./Sempre con lo stesso passo,/allora sopragiunse la<br />

morte,/la morte e prese con sé,/entrambi, entrambi… ed io?”<br />

434<br />

Di fronte al Vin santo: “Lasciatemi essere felice,/oggi il vino mi sorride/dal bicchiere verde!/Io sono un uomo<br />

<strong>di</strong> guerra,/mi riscaldano i raggi del sole,/viva il vino!/Lasciatemi essere allegro,/sotto i raggi del sole!/Nella<br />

calura solare,/Domani al tramonto io sarò riverso/nel mio stesso sangue/morto in combattimento./Quin<strong>di</strong><br />

lasciatemi essere felice,/nella luce della sera!/anche se il sole tramonta,/domani la morte mi attende,/oggi<br />

lasciatemi essere felice,/Viva il vino!”<br />

169


iuscita del conflitto e per il bene della patria: “Jetzt aber los! ‘s ist hohe Zeit!/Wir Alten sind<br />

zum Tun bereit./Zum harten Tun, zur herben Pflicht!/[…] Das Werk: es nennt sich<br />

Bluthochamt!/[…] Wir Alten geh’n in schwerem Schritt/Und führen gleich das Sterbhemd<br />

mit./Das Leben kennt uns und der Tod,/[…] Wir geh’n in schwerem Schritt und Tritt./Ihr<br />

Jungen, he! Wir schlagen mit!” 435<br />

Der feige, welsche Wicht: definizione del gruppo negativo<br />

Dopo che l’Austria-Ungheria nonostante il successo militare <strong>di</strong> Radetzky, Tagetthoffs e<br />

dell’Arciduca Alberto nel nord Italia negli anni 1859 e 1866 dovette cedere la Lombar<strong>di</strong>a e il<br />

Veneto, il Tirolo era <strong>di</strong>ventato nuovamente terra <strong>di</strong> confine. Come risultato, l’unità territoriale<br />

del Tirolo dal 1866 tornò ad essere un attualissimo e scottante tema politico. Il <strong>di</strong>retto<br />

avversario militare era ora la neonata (1861) monarchia costituzionale italiana che non faceva<br />

mistero <strong>di</strong> voler annettere il Trentino 436 e l’Istria. Anche le guerre che si svolsero in nord Italia<br />

dal 1848 e soprattutto il fallito tentativo <strong>di</strong> invasione <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> 437 e del generale Me<strong>di</strong>ci<br />

avevano impe<strong>di</strong>to un avvicinamento del Tirolo tedesco nei confronti <strong>degli</strong> interessi dei<br />

trentini. Il Nord Tirolo rimase relativamente predominante sia politicamente sia<br />

economicamente nei confronti del Tirolo ‘italiano’ e l’unità territoriale tirolese da Kufstein<br />

fino ad Ala rimase sacrosanta anche se il Tirolo ‘italiano’ fu annesso solo nel 1803 ed era da<br />

considerare a mala pena tirolese per quel che riguardava mentalità, cultura, lingua e strutture<br />

sociali. Chiaramente si sentiva la maggioranza <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> lingua italiana nelle<br />

circoscrizioni amministrative del sud, che venivano trattati come citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> seconda classe.<br />

Come esempio a riguardo sia citato solamente il già molto noto fatto che i funzionari austriaci<br />

scrivevano in maiuscolo l’espressione ‘Deutsch-Tirol’ e ‘Italienisch-Tirol’ in minuscolo. 438<br />

L’antagonismo tra il Deutsch- e l’Italienisch-Tirol e i risentimenti molto forti da parte <strong>di</strong><br />

entrambi, che soprattutto con l’ingresso in guerra dell’Italia nel 1915 furono ancora più<br />

435 Il contingente <strong>degli</strong> anziani: “Ora avanti, coraggio! È la grande ora!/Noi anziani siamo pronti ad agire./Alla<br />

grande azione, al dovere più aspro!/[…] Il lavoro: si chiama messa solenne <strong>di</strong> sangue!/[…] Noi anziani<br />

affrontiamo il duro cammino/e affrontiamo anche la morte./Ci conosce sia la vita che la morte,/[…] Noi<br />

affrontiamo il duro cammino./Ehi, voi giovani! Combattiamo con voi!”<br />

436 Welschtirol<br />

437 Garibal<strong>di</strong>, nel suo tentativo <strong>di</strong> avanzare in Tirolo, non fu sostenuto dalla popolazione italiana in Trentino.<br />

438 K. Scharr, Zensur- und Pressewesen in Tirol während des I. Weltkrieges 1914-1918, Phil. Diss, Innsbruck,<br />

1995, p. 73.<br />

170


evidenti, costituivano quin<strong>di</strong>, già molto prima dell’inizio del conflitto un focolaio <strong>di</strong> lotta<br />

stabile 439 .<br />

In particolare anche le <strong>di</strong>fficoltà economiche e i posti <strong>di</strong> lavoro insufficienti <strong>di</strong>edero da fare<br />

alla regione e costrinsero molti trentini a lasciare il proprio Paese per cercare opportunità<br />

lavorative in altre zone della Monarchia. Durante la più grande ondata emigratoria <strong>di</strong><br />

Welschtiroler, tra il 1901 e 1il 1905, più <strong>di</strong> 75.000 trentini lasciarono la loro terra 440 .<br />

Con la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> guerra italiana del 23 maggio 1915 il ‘nemico ere<strong>di</strong>tario italiano’<br />

nacque in maniera definitiva. Il Tirolo italiano e del sud furono <strong>di</strong>chiarati engeren zona <strong>di</strong><br />

guerra e le rappresaglie dell’appena inse<strong>di</strong>atasi <strong>di</strong>ttatura militare (misure <strong>di</strong> confino, invasioni,<br />

violenze e requisizioni) portarono nel 1915 ad una chiara linea <strong>di</strong> demarcazione e ad una<br />

profonda spaccatura nella popolazione.<br />

Durante la guerra l’atteggiamento dei tirolesi <strong>di</strong> lingua italiana nei confronti della Monarchia<br />

peggiorò sensibilmente. Il Südtirol e in particolare l’attuale Trentino, in quanto zona <strong>di</strong><br />

guerra, fu particolarmente colpito da maltrattamenti fisici, fame, <strong>di</strong>ttatura militare,<br />

requisizioni, confini. Inoltre tutta la popolazione <strong>di</strong> Welschen fu giu<strong>di</strong>cata in blocco come<br />

terra <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori e irredentisti. Un Memorandum del 12 Corpo <strong>di</strong> Comando del 1916 riporta:<br />

“[…] Kein Südtiroler italienischer Zunge soll als absolut vertrauenswür<strong>di</strong>g gelten.” 441 .<br />

Nel 1915, con l’ingresso in guerra dell’Italia, in Tirolo la Guerra mon<strong>di</strong>ale fu vissuta da quel<br />

momento in poi, espressamente e unicamente come lotta contro l’Italia.<br />

“Was heil’gen Zorns sich regt<br />

Heiß in uns ob solcher Judastat,<br />

Schreit nach Sühne,<br />

zahlt’s den Lügenmolchen<br />

Blutig heim! Und denket allezeit<br />

Stolzen Sinn’s, daß ihr Tiroler seid […]” 442<br />

439<br />

Cfr. a riguardo B. Mzohl-Wallnig, Österreiches Italien – italienisches Österreich? Interkulturelle<br />

Gemeinsamkeiten und nationale Differenzen von 18. Jahrhundert bis zum Ende des Ersten Weltkrieges, Vienna,<br />

Verl. der Öster. Akad. der Wiss., 1999.<br />

440<br />

Numeri citati da F. Rasera, Per una storia del movimento operaio trentino dalle origini alla guerra, pp. 3 - 28<br />

in «Materiali <strong>di</strong> lavoro: rivista <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> storici» ns, 1983, nr. 2/3, Mori, La Grafica.<br />

441<br />

ÖSTA, AVA, Ministero dell’Interno, TLA Statth, Präs. 13508 (22/gen.I) 1916, citato in Rettenwander, Stilles<br />

Heldentum?, op. cit., p. 215<br />

442<br />

Bruder Willram: “Feldpre<strong>di</strong>gt” Pre<strong>di</strong>ca da campo in Der heilige Kampf: “Ciò che in noi risveglia cocente la<br />

sacra collera/è se i caudati bugiar<strong>di</strong>paghino/una tale azione da giuda passa attraverso l’espiazione/Patria in<br />

sangue! E pensate in ogni momento/con animo fiero che voi siete tirolesi […]”<br />

171


L’Italia durante il corso della seconda metà del 19° secolo aveva persino superato la Francia<br />

come nemico numero uno tirolese. Un fatto comprensibile, se si pensa alle relazioni<br />

problematiche col Trentino: la vicinanza geografica con l’Italia, i confini <strong>di</strong>scutibili, la<br />

richiesta da parte dell’Italia della cessione dello stesso Trentino, le guerre <strong>degli</strong> anni 1848/49,<br />

1859, 1866 e la conduzione politica laicistica e anticattolica dell’Italia. Già “seit der zweiten<br />

Hälfte des 19. Jahrhunderts wurde der Tiroler Aufstand von 1809 in einen «deutschen<br />

Freiheitskrieg» uminterpretiert, Franzosen und Bayern wurden dabei oft ganz einfach durch<br />

<strong>di</strong>e Italiener ersetz.” 443<br />

Persino nell’ambito della Triplice Alleanza, come partner politico dell’Austria-Ungheria e<br />

della Germania 444 , l’Italia fu sempre sottovalutata e venne continuamente considerata come<br />

potenziale tra<strong>di</strong>trice, la tesi <strong>di</strong>fensiva faceva molta presa e, conseguentemente, l’idea della<br />

guerra era in Tirolo estremamente popolare.<br />

Una grossa porzione della letteratura e propaganda <strong>di</strong> guerra tirolese, a partire dal 1915, si<br />

concentrò sul nuovo nemico giurato, così Bruder Willram, così la Tsz e le liriche ivi apparse.<br />

L’ingresso in guerra dell’Italia non fu solamente interpretato come tra<strong>di</strong>mento e come attacco<br />

alla cultura tedesca del Tirolo, messaggio <strong>di</strong>ffuso e convalidato dalla propaganda 445 , ma fu<br />

anche rappresentato come attacco alla Religione e al cattolicesimo.<br />

La <strong>di</strong>ffusione dell’immagine dell’italiano come nemico della cristianità 446 , come una nazione<br />

<strong>di</strong>retta da massoni che derubano il Papa del suo potere terreno, tenendolo prigioniero in<br />

443<br />

Alexander: Der Tiroler Freiheitskampf; www.panorama-innsbruck.at/e/platform.html<br />

444<br />

Per quanto riguarda la politica della Triplice Alleanza nella fase decisiva dell’avvio della Guerra fino<br />

all’entrata in guerra dell’Italia si veda in particolare: A. Monticone, La Germania e la neutralità italiana,<br />

Bologna, Il Mulino, 1971.<br />

445<br />

La convalida propagan<strong>di</strong>stica si basa su notizie <strong>di</strong>ffuse dalla stessa propaganda. Si autoalimenta e si auto<br />

convalida. La reiterazione delle notizie (se così è corretto chiamarle) <strong>di</strong> tutti i testi che compaiono in questi<br />

giornali, tanto accurate nei particolari, in alcuni casi orripilanti, quanto azzardate, tende a stabilire un’intesa tra<br />

giornali e pubblico: ogni successiva notizia si appoggia alle precedenti ed è la base per quelle future, rendendo<br />

così la faziosità delle notizie una necessità per i lettori, che si aspettano determinati toni dai testi che leggeranno.<br />

446<br />

Se si dovesse prendere in considerazione la propaganda italiana, e se ipoteticamente ci dovessimo affidare<br />

alla sua atten<strong>di</strong>bilità, si potrebbero citare esempi dell’esatto opposto. «La Tradotta», uno dei più noti giornali <strong>di</strong><br />

propaganda italiani, infatti definisce i barbari austro tedeschi nemici del mondo latino e cristiano. Anche in Italia,<br />

ovviamente, venne propagata e <strong>di</strong>ffusa, come in Austria-Ungheria, la santità della propria causa, anche con una<br />

<strong>di</strong>mensione religiosa, pure se meno marcata. Temi sfruttati furono la sopraelevazione della cultura italiana e la<br />

contestuale degradazione della cultura austro-tedesca: il mondo tedesco veniva raffigurato come barbaro,<br />

uccisore e soggiogatore dei popoli. Anche in Italia venne sfruttata la carta vincente, da un punto <strong>di</strong> vista<br />

psicologico, della guerra <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa contro l’invasore (a partire dalla <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> Caporetto e dall’avanzata austriaca<br />

in territorio italiano. La <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> Caporetto segna infatti una nuova nascita della propaganda italiana, con i<br />

risultati più considerevoli dall’inizio della guerra), della guerra <strong>di</strong> lotta e resistenza alla barbarie nemica e<br />

liberazione dei popoli sottomessi (Trento e Trieste). L’aspetto più romantico dell’Irredentismo e le idee<br />

risorgimentali venivano frequentemente unite e ampliate, estendendo il problema della sottomissione anche agli<br />

altri popoli della Doppia Monarchia che dovevano essere liberati. La neonata nazione italiana, nazione <strong>di</strong> cultura<br />

e antiche tra<strong>di</strong>zioni, si pone come antitesi della tirannia austro-tedesca. Il compimento definitivo dell’unità<br />

nazionale e la liberazione <strong>degli</strong> altri popoli sottomessi, sono le tematiche più trattate. La cultura e la<br />

172


Vaticano era una argomentazione per motivare il tema della ‘Guerra santa’ tirolese per la<br />

liberazione del Papa e contro l’italiano infedele. 447<br />

La <strong>di</strong>ffidenza contro tutti i ‘Wälschen’ e, fondamentalmente, anche contro la popolazione<br />

trentina <strong>di</strong>ede vita a una sorta <strong>di</strong> isteria collettiva. La tirata d’o<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Bruder Willram<br />

Dolomitenwacht 448 , pubblicata anche sulle pagine dei Supplementi per ben due volte,<br />

<strong>di</strong>mostra in maniera estremamente chiara il sentimento che il Tirolo provava per il nemico<br />

italiano:<br />

“Man zwang uns – und wir morden<br />

Und kennen Schönung nicht;<br />

Zum Freiwild ist geworden<br />

Der feige, welsche Wicht.<br />

Wir jahgen ihn – und pirschen<br />

Ihn an bei Tag und Nacht<br />

Mit Zorn und Zähneknirschen:<br />

Die Dolomitenwacht!<br />

Und schütten Blut und Feuer<br />

civilizzazione devono espandersi ed essere esportati. Lo stile dei ‘gran<strong>di</strong>’ scrittori italiani che si occuparono <strong>di</strong><br />

propaganda, come Marinetti o D’Annunzio, erano molto elevati, gravi, patetici e ispirati ad un o<strong>di</strong>o sfrenato<br />

contro l’Austria e la Germania. Si veda ad esempio Ode alla Nazione Serba, in Versi d’amore e gloria. Questa<br />

lirica in realtà non si occupa <strong>di</strong>rettamente della Serbia, ma è un espe<strong>di</strong>ente per denigrare la Casa d’Austria, la<br />

persona stessa dell’imperatore. In realtà la ‘guerra santa’ propagata da Marinetti e D’annunzio era più che altro<br />

una lotta socio-culturale, e non motivata religiosamente, contro la razza barbara tedesca. Ma per quel che<br />

riguarda la propaganda più <strong>di</strong>rettamente per i soldati, se citiamo l’esempio de «La Tradotta» i toni sono anche<br />

umoristici, ma pur sempre molto precisi negli intenti (anche qui si parla molto ampiamente <strong>di</strong> barbarie). La<br />

barbarie come qualifica <strong>di</strong>stintiva dei paesi tedeschi è un motivo che si ripete continuamente nella propaganda<br />

italiana, sia dall’alto che dal basso, e anche le motivazioni Risorgimentali e irredentiste. D’annunzio parla <strong>di</strong> un<br />

compito storico, <strong>di</strong> vittoria della cultura sulla barbarie, del significato scaro <strong>di</strong> una guerra risolutiva per la<br />

eliminazione della peste tedesca. Entrambi questi poeti si servivano <strong>di</strong> questi toni già anni prima dello scoppio<br />

del conflitto. I futuristi in Italia pre<strong>di</strong>cavano già nel 1900 la guerra come unico metodo, mezzo <strong>di</strong> pulizia e igiene<br />

dello spirito. D’annunzio non era futurista in senso stretto, egli era più legato al simbolismo francese e per lui la<br />

guerra non rappresentava una soluzione in sé e per sé, ma acquistava significato in quanto lotta contro il nemico<br />

austriaco. A <strong>di</strong>fferenza della letteratura <strong>di</strong> guerra austriaca, quella italiana è perlopiù caratterizzata dal pensiero e<br />

dall’impronta futurista, quin<strong>di</strong> legata all’idea della modernizzazione, della tecnologia che avanza e del progresso.<br />

Nonostante ciò, così come Bruder Willram e i Supplementi sono ispirati ai fatti eroici del 1809, così anche molta<br />

propaganda-letteratura italiana interpreta la guerra come un ritorno del Risorgimento. Per entrambi si può <strong>di</strong>re<br />

che l’impostazione romantica <strong>di</strong> questi scritti non è basata su fatti reali quanto su una fascinazione per la<br />

gran<strong>di</strong>osità e l’eroismo.<br />

447<br />

Si vedano a proposito: C. Gatterer, Erbfeindschaft Italien-Österreich, Wien, München, Europaverlag, 1972,<br />

pp.40-41; Roner, Kriegspropaganda, op. cit., pp. 262-265, come anche numerosi articoli del periodo apparsi su<br />

noti quoti<strong>di</strong>ani tirolesi, per esempio “Neue Tiroler Stimme” del 6.07.1915 e 5.02.1916.<br />

448<br />

Bruder Willram: in Der heilige Kampf . Nei Supplementi fu pubblicata in data 01.12.1915 accompagnata da<br />

una tavola <strong>di</strong> Lienz dallo stesso titolo e in data 22.01.1916 accompagnata dallo spartito musicale composto dal<br />

Msg. Mitterer Domchor Dirigent. Questa lirica appartiene alle più musicate poesie <strong>di</strong> Bruder Willram.<br />

173


Und hageln Eisensaat<br />

Aufs gift’ge Ungeheuer<br />

Voll Meineid und Verrat;<br />

Und säubern deutsche Erde<br />

Von welscher Niedertracht<br />

Und hüten unsre Herde:<br />

Die Dolomitenwacht!<br />

Der Heimat Felsenwarten,<br />

Die müssen unser sein,<br />

Es darf in Laurins Garten<br />

Kein welscher Schuft herein,<br />

Wo Lieb’ und Treue lenzen<br />

In ew’ger Rosenpracht:<br />

Wir schirmen seine Grenzen:<br />

Die Dolomitenwacht!<br />

Und bräch’ mit tausend Toden<br />

Der Feind in unser Land:<br />

Nicht eine Handbreit Boden<br />

Wird ihm zum Unterpfand!<br />

Ihr Zwitter und ihr Zwerge,<br />

Wir spotten euer macht:<br />

Fest steht – wie Gottes Berge –<br />

Die Dolomitenwacht!” 449<br />

449<br />

Die Dolomitenwacht, Le sentinelle delle Dolomiti: “Ci hanno costretto e noi ucci<strong>di</strong>amo/e non conosciamo<br />

indulgenza:/il vile verme terrone/è <strong>di</strong>ventato una facile preda./Noi gli <strong>di</strong>amo la caccia/giorno e notte/con ira e<br />

stizza: le sentinelle delle Dolomiti!/E spargiamo sangue e fuoco/versiamo una semina <strong>di</strong> ferro/sul velenoso<br />

mostro/pieno <strong>di</strong> invi<strong>di</strong>a e <strong>di</strong>sonestà;/e ripuliremo il suolo tedesco dall’infamia nemica/ e custo<strong>di</strong>amo il nostro<br />

focolare: le sentinelle delle Dolomiti!/ E i custo<strong>di</strong> delle rocce/dobbiamo essere noi/nel giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> alloro/non può<br />

entrare nessun farabutto terrone,/dove amore e fedeltà risplendono/ in un eterno sfarzo <strong>di</strong> rose;/Noi <strong>di</strong>fen<strong>di</strong>amo i<br />

suoi confini/ le sentinelle delle Dolomiti!/ E se anche ciò dovesse causare migliaia <strong>di</strong> morti/nella nostra<br />

terra:/non una mano <strong>di</strong> terra/gli verrà data in pegno!/Voi ermafro<strong>di</strong>ti e voi nani,/noi scherniamo la vostra<br />

potenza!/Sta salda come le montagne <strong>di</strong> Dio/ la sentinella delle Dolomiti!/[…] Noi moriamo e noi vinciamo: le<br />

sentinelle delle Dolomiti!”<br />

174


La violenza e l’o<strong>di</strong>o della lingua <strong>di</strong> Willram emerge particolarmente in questa sua lirica <strong>di</strong><br />

guerra de<strong>di</strong>cata all’Italia. Johan Holzer descrive Willram a causa <strong>di</strong> tale poesia come il<br />

“martialischsten Wortführer der tirolischen Kriegsliteratur.” 450<br />

La demonizzazione del nemico durante la Grande Guerra fu perseguita con sforzi<br />

enormemente maggiori nel campo dell’Intesa piuttosto che in quello <strong>degli</strong> Imperi Centrali:<br />

questo perché i governi delle repubbliche (Francia e Stati Uniti) e delle monarchie<br />

costituzionali (Italia e Inghilterra) riconoscevano proprio allora, per la prima volta, nel<br />

consenso interno una con<strong>di</strong>zione necessaria per condurre la guerra; un fattore che era invece<br />

meno preso in considerazione dagli Imperi tedesco e austroungarico. Più che dell’intera<br />

Austria, nel Tirolo i dati storici e culturali facevano dell’Italia l’Erbfeind, cioè il nemico<br />

ere<strong>di</strong>tario ed ere<strong>di</strong>tato dal tirolese assieme alla lingua, al maso e alle montagne: cinque guerre<br />

in appena quarant’anni e il sostegno a tutto campo della causa nazionale facevano del Regno<br />

sabaudo, a <strong>di</strong>spetto della Triplice Alleanza, un nemico, per così <strong>di</strong>re, ‘oggettivo’. Il dato<br />

storico finì poi per riflettersi su quello culturale e linguistico: fu proprio allora che<br />

l’avversione per l’Italia si cristallizzò in Tirolo nell’uso fortemente <strong>di</strong>spregiativo del termine<br />

Welsch 451 al posto <strong>di</strong> Italiener per designare l’italiano.<br />

Il ripu<strong>di</strong>o dell’Alleanza da parte dell’Italia fu la conferma non solo della pericolosità oggettiva<br />

<strong>di</strong> questo nemico, ma anche <strong>degli</strong> eterni stereotipi attribuiti in ogni tempo agli ex alleati,<br />

passati dall’altra parte: su tutti la falsità, la pre<strong>di</strong>sposizione al tra<strong>di</strong>mento e alla menzogna e<br />

l’indole criminale.<br />

Anche nelle pagine dei Supplementi il Regno viene posto sotto la luce impietosa <strong>di</strong><br />

un’informazione che, benché manipolata e ultra tendenziosa, colpiva sostanzialmente nel<br />

segno. Analfabetismo 452 e arretratezza dell’agricoltura vengono presentati come la<br />

<strong>di</strong>mostrazione concreta dell’inadeguatezza dell’Italia alla guerra contro la Monarchia, che<br />

450<br />

Holzner, Die Tiroler Literatur und der “Große Krieg”, in Tirol und der erste Weltkrieg, op. cit., p. 211.<br />

451<br />

Il <strong>di</strong>zionario Grimm (von Bahder, op. cit. alla voce Welsch) de<strong>di</strong>ca al termine ben 13 pagine che ne rivelano<br />

le mille sfumature <strong>di</strong> significato e la lunghissima storia. Termine derivante dall’antico germanico Wahle (era il<br />

nome con cui i germani si riferivano alla popolazione che i romani chiamavano Volsci ed aveva corrispondenti<br />

anche nelle lingue slave), Walsch o Wälschen designava, a partire dal Rinascimento, tutti gli abitanti delle terre<br />

romanze (Italia, Francia, Spagna). Dopo il ‘700 nel mondo germanico meri<strong>di</strong>onale (Baviera e Austria) il termine<br />

assunse una connotazione leggermente <strong>di</strong>spregiativa e finì per denotare solo l’Italia e tutto ciò che con essa<br />

aveva a che fare.<br />

452<br />

Der Analphabet als Unterleutnant, L’analfabeta come sottotenente, LB, 12 aprile 1916, p. 14.<br />

175


avrebbe finito solo per danneggiare la già fragile unità politica ed economica del recente Stato<br />

unitario 453 .<br />

Nello stabilire i motivi per cui vale la pena combattere ed esecrare gli italiani non ci si ferma<br />

dunque al bollarli come malefici tra<strong>di</strong>tori, sfruttando il repertorio irrazional-religioso, come<br />

vedremo in numerose liriche: in altri testi <strong>di</strong> taglio apparentemente scientifico si tenta <strong>di</strong><br />

giustificare in chiave pseudo razionale la <strong>di</strong>fferenza ra<strong>di</strong>cale <strong>degli</strong> italiani rispetto ai tedeschi.<br />

In una recensione 454 al saggio Die Landwirtschaftlichen Zustände in Italien (Le con<strong>di</strong>zioni<br />

dell’agricoltura in Italia, del Dr. Rudolf Leonhard <strong>di</strong> Hannover) si cerca <strong>di</strong> rendere<br />

inammissibili per ragioni pseudo antropologiche le pretese dell’Italia <strong>di</strong> annettere territori<br />

‘alpini e tedeschi’ come il Trentino:<br />

“Es macht den Eindruck, als ob der Italiener vorzugsweise Stadtmensch wäre mit der Neigung<br />

zum beisammensein in grissen Massen, mit der Abneigung gegen das freie, aber einsamere<br />

Leben des echten Bauern und ohne jenen starken inneren Zug zur Natur, ohne jene Liebe zur<br />

Mutter Erde, <strong>di</strong>e den Deutschen kennzeichnet. Der Italiener steht ja auch den Alpen<br />

innerlichfremd gegenüber. Der Deutsche hat sich das Alpenhochland durch treue und<br />

liebvolle Bodenarbeit, durch Besiedlung bis zur äussersten Grenze der Möglichkeit und durch<br />

eine schwärmerische Zuneigung erobert, <strong>di</strong>e in der grossartigen Organisation des Deutschen<br />

und Österreichischen Alpenvereines ihren sichtbarsten Ausdruck findet.” 455<br />

La recensione <strong>di</strong> un testo <strong>di</strong> storia economica <strong>di</strong>venta l’occasione per definire il noi e il loro:<br />

gli italiani ‘massa’ 456 per natura e cultura, stranieri dentro al mondo per uomini liberi della<br />

montagna. I tedeschi sarebbero invece fedeli e affettuosi con la terra (e quin<strong>di</strong> anche con gli<br />

uomini), amanti della solitu<strong>di</strong>ne come unica vera con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> libertà che si concretizza nel<br />

maso del conta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> montagna 457 . Una figura, quella del conta<strong>di</strong>no ‘libero’ <strong>di</strong> montagna,<br />

453<br />

Agrarzustände in Italien, Con<strong>di</strong>zioni agricole in Italia, Tsz, 20.10.1915, p. 2.<br />

454<br />

Ibid.<br />

455<br />

“Si ha l’impressione che l’italiano sia <strong>di</strong> preferenza citta<strong>di</strong>no, con la tendenza a raggrupparsi in gran<strong>di</strong> masse<br />

e con un’avversione per la libera, per quanto solitaria, esistenza del vero conta<strong>di</strong>no, privo <strong>di</strong> quella forte<br />

attrazione interiore per la natura, privo <strong>di</strong> quell’amore per la madre terra che contrad<strong>di</strong>stingue il tedesco.<br />

L’italiano è quin<strong>di</strong> anche spiritualmente estraneo alle Alpi. Il tedesco si è conquistato gli altopiani alpini grazie<br />

ad una fedele e amorevole coltura del terreno, attraverso una colonizzazione ai limiti estremi del possibile, e<br />

grazie ad una zelante propensione che trova la sua espressione più evidente nella gran<strong>di</strong>osa organizzazione del<br />

club alpino tedesco e austriaco.”<br />

456<br />

Fussel chiarisce come il nemico sia in genere visto proprio come una massa minacciosa e in<strong>di</strong>stinta nei testi<br />

letterari inglesi che parlano della Grande Guerra. P. Fussell, La Grande Guerra e la memoria moderna, Bologna,<br />

Il Mulino, 1984, pp. 97-105.<br />

457<br />

Isnenghi spiega come l’ideologia rurale dei giornali <strong>di</strong> trincea italiani abbia avuto come chiave <strong>di</strong> volta<br />

proprio la figura del piccolo proprietario conta<strong>di</strong>no “padrone del suo”. Isnenghi, Giornali <strong>di</strong> trincea, op. cit., pp.<br />

74-78.<br />

176


con le sue numerose virtù come abbiamo già illustrato, che domina il campo del noi in questo<br />

gioco delle identità contrapposte.<br />

Così come esige coerenza e organicità la descrizione del nostro soldato, costruita attraverso<br />

un rimando costante a espressioni e termini ben noti, anche per quanto riguarda la descrizione<br />

del nemico bisogna attenersi a linee tematiche che in qualche modo creino dei riferimenti<br />

precisi e non confon<strong>di</strong>bili. Il lettore, anche a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo, deve ritrovare dei motivi che<br />

si ripetono come un refrain, delle espressioni che siano innanzi tutto facilmente riconoscibili<br />

per consentire il processo <strong>di</strong> identificazione o <strong>di</strong>stinzione e, secondariamente facilmente<br />

memorizzabili e, quin<strong>di</strong>, riutilizzabili nella produzione <strong>di</strong> nuovi testi.<br />

L’italiano, in questi testi, è dunque l’Altro contro il quale ci si oppone e in relazione al quale<br />

ci si auto rappresenta. Se l’italiano rappresenta la <strong>di</strong>sonestà, la meschinità, la perfi<strong>di</strong>a e tutto<br />

ciò che <strong>di</strong> più negativo può connotare un essere umano o una nazione, per contro la<br />

popolazione austriaca, meglio tirolese, con cui l’italiano si confronta è tutto l’opposto.<br />

Nelle liriche dei Supplementi la rappresentazione dell’italiano avviene tramite descrizioni che<br />

ne danno un’immagine dai tratti in<strong>di</strong>stinti, come massa più che come singolo, come banda <strong>di</strong><br />

masna<strong>di</strong>eri, briganti, ban<strong>di</strong>ti, farabutti, mascalzoni, ladruncoli. Molto <strong>di</strong>ffuso è anche il<br />

paragone del tra<strong>di</strong>tore italiano con Bruto e Giuda, i più noti tra<strong>di</strong>tori della storia. Nonostante<br />

l’italiano sia costantemente accusato <strong>di</strong> iniquità allo stesso tempo, da questi testi, emerge<br />

anche la volontà <strong>di</strong> raffigurarlo comunque come un nemico <strong>di</strong> poco valore, vittima della<br />

seduzione e della corruzione demoniaca. Il richiamo a Satana è finalizzato a tenere sempre<br />

viva nella mente dei lettori-soldati la contrapposizione tra i due mon<strong>di</strong>: loro sono<br />

accompagnati dal Demonio, noi abbiamo, invece il favore <strong>di</strong>vino. Un altro espe<strong>di</strong>ente molto<br />

<strong>di</strong>ffuso per dare una rappresentazione negativa del vicino <strong>di</strong> casa è che <strong>di</strong> lui si da molto<br />

spesso una raffigurazione sensuale che richiama costantemente il tatto, la vista o l’u<strong>di</strong>to. Il<br />

richiamo ai sensi, contrapposto alle qualità invece quasi tutte etico-morali dei tirolesi, è<br />

ancora un altro modo per segnare la netta <strong>di</strong>stinzione tra due mon<strong>di</strong> che hanno sistemi <strong>di</strong><br />

valori molto <strong>di</strong>stanti, uno basato sulla venalità l’altro sull’onestà.<br />

I toni sono normalmente solenni e gravi, la caricatura e la trattazione ironica del nemico, sono<br />

decisamente meno <strong>di</strong>ffusi.<br />

Molto spesso però l’ironia, anche se minima, è nel titolo come nel caso <strong>di</strong> Der<br />

“Bundesfreund”, L’alleato, che fa riferimento alla vecchia alleanza, ormai venuta meno e<br />

ad<strong>di</strong>rittura capovolta. La terminologia con cui ci si rivolge agli italiani nel testo è, infatti<br />

177


molto incisiva e per niente ironica: “stehlen” (rubare), “Abruzzenräuber, Lumpenpack,/Ihr<br />

steckt in Euren Bettelsack/Nicht unsere Kronjuwelen!” (Briganti abruzzesi, gentaglia,/ voi<br />

non metterete dentro al vostro sacco da men<strong>di</strong>canti/i gioelli della nostra corona), “Diebstahl,<br />

Verrat und Wortbruch muß/An Euch sich noch zum Ueberdruß,/Wie Ihr´s ver<strong>di</strong>ent habt,<br />

rächen!“ (Furto, tra<strong>di</strong>mento e mancare alla parola data/dovranno essere ven<strong>di</strong>cati su <strong>di</strong> voi/<br />

fino alla nausea così come ve li siete meritati).<br />

Anche la poesia Bella Italia! ha un titolo il cui significato imme<strong>di</strong>ato viene rovesciato nel<br />

testo. Anche in questi versi infatti si rinfaccia con toni abbastanza severi al popolo italiano <strong>di</strong><br />

avere sempre approfittato della benevolenza austriaca, ma tra le righe si ricorda che sono<br />

soprattutto sol<strong>di</strong> austrici a mancare agli italiani: “Wir fehlen Euch und auch unser Geld!/ […]<br />

Und weil Ihr uns dort nicht mehr ausrauben könnt,/So wollt Ihr uns plündern im eigenen<br />

Land.” 458<br />

Altrove, come in Ich kenn’ ein Land – Italia!, il testo si avvia elencando le qualità positive<br />

appartenenti al popolo italiano che avevano esercitato un forte fascino sul popolo tedesco e i<br />

suoi intellettuali. Questo incipit estremamente positivo è funzionale al rovesciamento che si<br />

farà dell’Italia e dell’italiano nei versi a seguire: „Ich kenn ein Land/für das in treuem<br />

Liebe/So manches Herz im deutschen Busen schlug!/Ich weiß ein Volk, das solche<br />

Triebe/Belohnte dreist mit Lug und Trug,/Das sprach um feigen Judaslohn/Der Ehre und der<br />

Treue Hohn!/[…] Ich kenn ein Land/ Das frech <strong>di</strong>e Treu gebrochen.” 459<br />

Italien è un altro testo finalizzato a dare dei tratti chiari, riconoscibili del nemico. Anche in<br />

questo testo si ricordano innanzi tutto il fascino che un tempo l´Italia esercitava nei confronti<br />

delle popolazioni <strong>di</strong> lingua tedesca, specialmente grazie all´opera letteraria del sommo poeta<br />

tedesco Goethe. Tanto più i ricor<strong>di</strong> del passato sono positivi, tanto più i fatti del presente<br />

acquistano gravità: “Du hast uns arg geschmerzt und tief verwundet./Wir waren Freund! Und<br />

in der schweren Stunde,/Die uns das Schicksal gab, reißt du <strong>di</strong>ch los/Du greifst zum Dolch –<br />

du führst den Brutusstoß/ Du rühmst <strong>di</strong>ch deiner Tat mit frechem Munde“ 460 Il tra<strong>di</strong>mento in<br />

queste pagine è l’argomentazione più sfruttata per connotare negativamente l’italiano, in<br />

458<br />

Bella Italia!: “Noi vi manchiamo e anche i nostri sol<strong>di</strong>!/[…] e poiché voi non ci potete più derubare dalla<br />

vostra patria,/allora ci volete saccheggiare nella nostra stessa terra.”<br />

459<br />

Conosco un paese – Italia!: “Conosco un paese/per il quale con amore sincero/battevano tanti cuori nei petti<br />

tedeschi!/Conosco un popolo, che una tale propensione/ricambia sfacciato con la menzogna e l’inganno,/ricorda<br />

la vile paga <strong>di</strong> Giuda/scherno dell’onestà e dell’onore!/[…] Conosco un paese che sfacciatamente ha ingannato la<br />

fiducia.”<br />

460<br />

Italia 1: “Tu ci hai colpito con cattiveria e ci hai profondamente ferito./Eravamo amici! E nelle ore più<br />

<strong>di</strong>fficili/che il destino ci ha assegnato, tu ci hai abbandonato/hai impugnato il coltello – fai il gioco <strong>di</strong> Bruto/ti<br />

vanti con sfacciataggine del tuo gesto”<br />

178


questa poesia in particolare il tra<strong>di</strong>mento italiano è paragonato a quello <strong>di</strong> Bruto: “Wir aber<br />

stehen und schauen noch ins Licht/Und ob wir Träumer <strong>di</strong>r zu lang geglaubt/Jetzt sind wir<br />

wach! Wir hüllen nicht das Haupt!/Wohl traf uns Brutus – doch wir stürzen nicht!“ 461 .<br />

Un altro testo molto interessante, sempre dal titolo Italien, è interamente incentrato sulla<br />

contrapposizione tra buoni e cattivi (Niedertracht vs Rittersinn – viltà vs indole cavalleresca,<br />

wir/unser vs du/dein – noi/nostro vs tu/tuo) e che porta automaticamente il lettore ad una<br />

identificazione nel Wir e ad un rifiuto un o<strong>di</strong>o per il du. La prima parte è costruita attorno<br />

all’aggetivo gut e al sostantivo Freund, si parla <strong>di</strong> un “buon amico” che però nei fatti non si<br />

comporta da buon amico, la strategia <strong>di</strong> usare delle espressioni in aperta contrad<strong>di</strong>zioni con le<br />

azioni che le accompagnano è un modo per indurre il lettore a trarre le proprie conclusioni su<br />

un tale atteggiamento e a farle sue in modo più autentico: “Italien, der gute Freund/hat sich<br />

nun enthüllt,/Hat er den Krieg gewollt,/Statt Bundespflicht uns beizusteh’n/Geld,<br />

Herrschsucht und Ländergier,/Das ist <strong>di</strong>es Freundes Eigenschaft./[…] Jetzt komm her – nah in<br />

unser Land -/ […] Wir an deinen Bund erinnern <strong>di</strong>ch/Und zeigen wie Treu’ in Österreich<br />

ist./Deine Tückheit wir bestrafen/ Mit Kugel, Kolbenschlag und Schwert (tutto questo elenco<br />

<strong>di</strong> violenza è giustificato subito al verso successivo)/Denn eine solche Niedertracht/Ist keine<br />

andere Strafe wert./Wir werden <strong>di</strong>r zeigen,/Wie Österreichs Söhne sind,/Die für ihre Heimat<br />

streiten/Nach altem Rittersinn.” 462<br />

Chiramente nella logica <strong>di</strong> queste pagine, secondo le quali l’onestà e le virtù tirolesi sono<br />

sostenute da Dio e sono il lasciapassare per la vittoria, i mezzucci infantili <strong>degli</strong> italiani e il<br />

loro tentativo <strong>di</strong> prendersi gioco dell’avversario con l’inganno non potranno che rivelarsi armi<br />

inutili per una eventuale vittoria. Verlor’nes Spiel è un testo ironico sulle velleità <strong>degli</strong><br />

italiani: lo spessore morale con cui si confrontano inevitabilmente avrà la meglio su un<br />

comportamento immorale. “Um <strong>di</strong>e Dolomiten, da wird gestritten/Fast ein viertel Jahr!/Der<br />

Welsch’ wollt sie bezwingen, im blutigen Ringen,/Mit einer bewaffneten Schar./[…] Italiens<br />

größter Kastanienröster,/Der Herr d’Annunzio./Er macht ein Gezetter, sagt alle<br />

Wetter,/[…]”Wir marschieren gleich bis Wien, das ist ein kurzer Schritt;/In zwei Wochen<br />

461<br />

Italia 1: “Noi però stiamo in pie<strong>di</strong> e guar<strong>di</strong>amo ancora la luce/e se noi ingenui ti abbiamo creduto a lungo/ora<br />

siamo svegli! Noi non ci copriamo il capo!/Certamente abbiamo incontrato Bruto – tuttavia noi non ca<strong>di</strong>amo!”<br />

462<br />

Italia 2: “L’Italia, la buona amica/ora si è rivelata,/ha voluto la guerra,/anziché starci vicina<br />

nell’alleanza,/denaro, sete <strong>di</strong> potere e <strong>di</strong> terra,/queste sono le caratteristiche <strong>di</strong> quest’amica./[…] Ora viene verso<br />

<strong>di</strong> noi – si avvicina alla nostra Patria-/[…] Noi ti ricor<strong>di</strong>amo il tuo vincolo/e ti mostriamo com’è l’onestà in<br />

Austria./Noi puniremo la tua perfi<strong>di</strong>a/con pallottole,colpi <strong>di</strong> fucile e spada/poiché una tale viltà/non merita<br />

nessun altra punizione./Ti mostreremo,/come sono i figli dell’Austria,/che combattono per la loro Patria/secondo<br />

l’antica indole cavalleresca.”<br />

179


sind wir drinn, ihr geht doch alle mit.”/Das Wort war gesprochen, <strong>di</strong>e Treue gebrochen;/[…]<br />

Wir wollen ihnen lehren, was echte Treue ist” 463<br />

Qualche testo <strong>di</strong> questa raccolta, ma in percentuale veramente bassa, si fa gioco del nemico<br />

sdrammatizzando in senso ironico su <strong>di</strong> lui. Normalmente, come abbiamo visto, le poesie<br />

sono tutte abbastanza gravi, e caratterizzano il nemico in maniera negativa, ma con<br />

impostazione etico-morale. Qua e là però troviamo delle liriche <strong>di</strong>vertenti 464 .<br />

An <strong>di</strong>e Katzelmacher 465 è una sorta <strong>di</strong> monito per il nemico impostato in maniera seria e<br />

giocosa allo stesso tempo. Già l’uso dell’espressione familiare e spregiativa Katzelmacher<br />

risulta una presa in giro nei confronti del nemico, al quale viene chiesto a mo’ <strong>di</strong> beffa se è<br />

consapevole <strong>di</strong> fronteggiarsi con dei campioni e soprattutto se è cosciente della fine che gli è<br />

riservata. Molto <strong>di</strong>vertente e sottilmente ironico l’invito-concessione che viene fatto<br />

all’italiano <strong>di</strong> scappare, finchè è in tempo, velocemente quanto le gambe gli consentono, è<br />

sottinteso che sarà molto poco visto che notoriamente l’italiano era rappresentato come un<br />

nanerottolo: “Seht ihr von den Bergen das Feuer blitzen?/Das sind <strong>di</strong>e Stutzen der<br />

Landesschützen!/Sie zielen gut und sie schießen weit,/Sie befördern euch schnell in <strong>di</strong>e<br />

Ewigkeit!/Hört ihr das Krachen und Zischen und Johlen?/Das sind <strong>di</strong>e österreichischen<br />

Kanonen!/[…] Ihr falschen Welschen, d’rum laßt euch sagen:/Lauft schnell, so rasch euch <strong>di</strong>e<br />

Beine tragen,/Und sagt eurem König Emanuel,/Wir bekamen gar sauber gegerbt unser<br />

Fell!” 466<br />

463<br />

La partita persa: “Sulle Dolomiti si combatte/quasi da un quarto <strong>di</strong> anno!/Il terrone le voleva soggiogare nella<br />

lotta sanguinosa,/con una schiera armata./[…] Il più grande imbroglione italiano,/il signor d’Annunzio./Egli<br />

strilla, inveisce,/[…] Noi marciamo comunque verso Vienna, è un gioco da ragazzi;/in due settimane noi saremo<br />

dentro la città, venite tutti.”/La parola fu data, il patto spezzato;/[…] Noi vogliamo insegnarvi, cos’è la vera<br />

lealtà.”<br />

464<br />

Secondo Mario Isnenghi l’amplificazione dei vizi e delle colpe dei nemici e, per contro, delle nobili virtù<br />

proprie, fa ricorso, da un lato, a un processo <strong>di</strong> ‘burattinizzazione’ dell’Altro; dall’ altro a un processo <strong>di</strong><br />

‘<strong>di</strong>sumanizzazione’ del Nemico, il quale viene escluso dai limiti stessi della natura umana, fino a <strong>di</strong>ventare<br />

bestia.<br />

Su questo doppio criterio si fonda il meccanismo <strong>di</strong> eterorappresentazione: suscitare ilarità e repulsione per il<br />

Nemico, tramite dei “meccanismi <strong>di</strong> riso e rigetto”, Isnenghi, op. cit., p. 145.<br />

465 Espressione con cui gli austriaci chiamano i vicini <strong>di</strong> casa italiani. Dovrebbe provenire da il nome <strong>di</strong> un<br />

utensile da cucina <strong>di</strong> legno, che nella Val Gardena, nell’attuale Sud Tirolo italiano viene chiamato "Ggatzel",<br />

in veneziano cazza, mestolo <strong>di</strong> stagno. Perciò Katzelmacher erano i costruttori <strong>di</strong> mestoli italiani, per<br />

esteso gli italiani. Questo termine era già in uso a Vienna dal 1741, ma la sua connotazione negativa<br />

riferita agli italiani la raggiunse soprattutto durante la prima guerra mon<strong>di</strong>ale insieme all’espressione<br />

Welsche. Da C. Berlitz, Die wunderbare Welt der Sprachen, Wien/Hamburg, Zsolnay, 1982, appren<strong>di</strong>amo<br />

altre sette derivazioni della parola, tra le più interessanti: dal verbo katzeln che in Rotwelsch significa<br />

mentire, adulare con finzione, quin<strong>di</strong> Katzelmacher come uomo inaffidabile e falso, oppure dall’italiano<br />

gazzara, quin<strong>di</strong> come gente rumorosa e chiassosa. Entrambe queste due derivazioni sono molto in linea<br />

con le argomentazioni portate avante in queste liriche contro gli italiani.<br />

466<br />

Ai Katzelmacher: “Vedete il fuoco lampeggiare dai monti?/Sono gli spari dei tiratori!/Essi mirano bene e<br />

sparano lontano,/vi trasportano velocemente nell’eternità!/Sentite il fracasso, lo stridere e le urlare?/Questi sono i<br />

180


Feldpostbrief eines Bersaglieri an seine Braut è la paro<strong>di</strong>a <strong>di</strong> una lettera <strong>di</strong> un bersagliere<br />

italiano alla propria sposa nella quale si lamenta della con<strong>di</strong>zione delle truppe italiane:<br />

malumore, problemi fisici, fame, nessuna postazione conquistata e consapevolezza della<br />

superiorità nemica, sia fisica sia morale. Il tutto è farcito con delle parole in italiano, o<br />

italianizzazioni del tedesco, che rendono il testo molto <strong>di</strong>vertente: “Cara mia, viel saluti!/Ach,<br />

wie bin ich schon missmuti./Frostbeulini auf Fussoli,/Groß wie ein Kartoffelknolli./Blau von<br />

Schläg auf Buckolini,/Cara mia, bin ganz hin i - -!/[…] Hier gibt es keine Maccaroni/[…]<br />

Und mir schmeckt auch niente/[…] Denn es gibt kein “Avanti!”/Selbst Cadorna ist schon<br />

granti./[…] Wir kommen nicht hinüber/[…] Die Tiroler dorten stecken/Überall in allen<br />

Ecken./Viele Piccolo und grande/Schießen von der Felsenwande./Wenn da rührt Alpini sich<br />

vom Orte/So ist er auch – bum – schon morte.” 467<br />

Dal titolo molto più schietto e dai contenuti altrettanto schietti e severi sono la maggior parte<br />

delle liriche <strong>di</strong> etero rappresentazione comparse nei Supplementi letterari: la falsità, la<br />

pre<strong>di</strong>sposizione al tra<strong>di</strong>mento e alla menzogna e l’indole criminale sono i mali <strong>di</strong> cui è vittima<br />

la nazione italiana. Mali a cui il giornalista e poeta minore Leopold Schwarz 468 attribuisce<br />

un’origine nientemeno che demoniaca in queste due poesie Italia Perfi<strong>di</strong>ssima I e II.<br />

La prima delle due liriche denuncia così il comportamento italiano: “l’onta inau<strong>di</strong>ta, il più<br />

infame dei tra<strong>di</strong>menti, la perfi<strong>di</strong>a e l’o<strong>di</strong>o macchiano la spada romana, che dopo anni <strong>di</strong><br />

alleanza attacca a tra<strong>di</strong>mento il suo stesso compagno” 469 . Proprio questa bassezza, questo<br />

comportamento meschino, si ritorceranno sull’esito finale del conflitto: l’Italia proverà sulla<br />

sua stessa pelle che ingiustizia e tra<strong>di</strong>mento non possono trionfare. “mit Schmach und<br />

Schimpf wirst du dein Schwert befleken”. Il verbo utilizzato, macchiare, apre lo scenario delle<br />

argomentazioni portate contro gli italiani. La macchia comunemente viene associata al<br />

peccato e, sul peccato sulla corruzione su l’illusione e il fascino si struttura il testo: “Den<br />

Wahn […] der, <strong>di</strong>ch betört” 470 .<br />

cannoni austriaci!/[…] Voi falsi terroni, lasciatevi <strong>di</strong>re:/correte veloci, così come ve lo permettono le vostre<br />

gambe,/e <strong>di</strong>te al vostro Re Emanuele,/ci hanno proprio conciato per le feste!”<br />

467<br />

Lettera <strong>di</strong> un bersagliere alla sua donna: “Cara mia, tanti saluti!/Ahi, come sono <strong>di</strong> cattivo umore./Geloni ai<br />

pie<strong>di</strong>,/gran<strong>di</strong> come tuberi <strong>di</strong> patate./Blu dalle botte,/Cara mia, sono veramente in in(cazzato)!/ […] Qua non ci<br />

sono maccheroni/[…] e non mi piace niente/[…] Poiché non c’è nessun “Avanti”!/Persino Cadorna è molto <strong>di</strong><br />

malumore./[…] Noi non passiamo oltre/[…] i Tirolesi sono là infilati dappertutto/in tutti gli angoli./Molti gran<strong>di</strong><br />

e piccoli/sparano dalla parete rocciosa./Quando gli Alpini si muovono là/allora è – bum – proprio la morte.”<br />

468<br />

(1858-1926) giornalista e autore ceco.<br />

469<br />

“unerhörte Schande […] allerschlimpflichste Verrat […] deine Tücke und dein Haß [...] nach langen<br />

Bündnisjahren fällst du den eigenen Genossen an!”<br />

470<br />

“L’illusione […] che ti ha sedotto.”<br />

181


Questi versi e, <strong>di</strong> conseguenza, la visione del mondo, si <strong>di</strong>vide in “Du”: “ohne Scham und<br />

Scheu” (Tu: senza pudore e senza vergogna), “falsch” (falso), “Verräter” (tra<strong>di</strong>tore), “Dich<br />

trifft <strong>di</strong>e Schuld der Schrecken” (E‘ tua la colpa <strong>di</strong> questo orrore), “Auf dein Haupt fällt<br />

<strong>di</strong>eses Krieges Graus” (sul tuo capo cade l’orrore <strong>di</strong> questa guerra) e “Wir” : “fest und treu”<br />

(Noi: sal<strong>di</strong> e fedeli). Questo breve schema della ripartizione del mondo in buoni e cattivi,<br />

come la propone la prospettiva <strong>di</strong>e Supplementi letterari della Tsz, è in<strong>di</strong>cativa <strong>di</strong> un metodo<br />

che ritroviamo applicato in generale: per caratterizzare il nemico il linguaggio è per regola<br />

molto più variato mentre per l’autorappresentazione i termini utilizzati sono quasi sempre gli<br />

stessi.<br />

Non pago <strong>di</strong> questo testo, il suo autore, ne offre anche un seguito pubblicato nel numero del<br />

15 agosto 1915: Italia perfi<strong>di</strong>ssima II, sempre incentrata sulla corruzione demoniaca (il<br />

demonio è chiaramente l’Inghilterra, in riferimento alle promesse del patto <strong>di</strong> Londra 471<br />

firmato segretamente il 26 aprile 1915 tra Italia e Inghilterra): Satana ha assalito l’Italia, ce<br />

l’ha fra le grinfie, “ein Dämon hat <strong>di</strong>ch befallen […] Dich hat der Satan in den Krallen” (Ti ha<br />

assalito un demone […] Satana ti ha fra e grinfie). Dal testo emerge che la scelta <strong>di</strong> Satana<br />

non è stata casuale: l’Italia è vittima prescelta in quanto facilmente corruttibile. Anche in<br />

questi versi sono <strong>di</strong>verse le espressioni usate per definire la presunzione e, allo stesso tempo,<br />

la ‘facilità’ italiana : “freche” (sfacciato), “falsch” (falso), “wahnbetörtes” (sedotto<br />

dall’illusione), “feile Opfer” (vittima corruttibile), che, molto similmente a Satana, “fa le<br />

pentole e non i coperchi”, finirà per colpirsi con il suo stesso pugnale “<strong>di</strong>ch selber trifft dein<br />

Messerstich” (la tua coltellata ferirà te stesso).<br />

L’intento <strong>di</strong> entrambi i testi è denigrare più possibile la fama italiana, che però, cosa molto<br />

interessante, pure nella cattiveria è seconda all’Inghilterra, quin<strong>di</strong> viene svuotata <strong>di</strong> ogni<br />

capacità <strong>di</strong> intendere e <strong>di</strong> volere, ed è classificata come uno strumento delle macchinazioni<br />

altrui: le espressioni che maggiormente evidenziano quest’idea sono “wahnbetörtes” e “feile<br />

Opfer” offrendo l’immagine <strong>di</strong> un’ ‘Italietta’ debole e inquieta, poco affidabile come alleata<br />

perché facilmente corruttibile, confermando un pensiero <strong>di</strong>ffuso nell’Europa del periodo, non<br />

solo da parte <strong>degli</strong> Imperi centrali.<br />

471<br />

In caso <strong>di</strong> vittoria, all’Italia sarebbero stati riconosciuti il confine al Brennero, il possesso dell’Istria e della<br />

Dalmazia, il mantenimento delle isole del Dodecaneso, il possesso <strong>di</strong> Valona e, infine, la partecipazione alla<br />

spartizione delle colonie tedesche.<br />

182


Anche in altri testi l’Italia viene descritta come vittima della furbizia inglese, Esempio da:<br />

“Denn er war einst in Bund der Dritte,/Bis durch <strong>di</strong>e Money ganz geirrt,/Die ihm anbot der<br />

schlaue Brite,/Er zum Gegner sich kristallisiert./Diese tat, beschämend jede Nation” 472<br />

Come abbiamo detto in apertura l’Italia in queste pagine veniva spesso paragonata ai più noti<br />

tra<strong>di</strong>tori della storia. Judas è una lirica abbastanza lunga de<strong>di</strong>cata all’ex alleato, che come<br />

altrove è associato al mondo del male, del demoniaco. L’atteggiamento italiano è descritto<br />

come falso e ipocrita, egli si avvicina lentamente verso la sua vittima per assalirla alle spalle.<br />

Questa è peggiore infamia che si possa commettere, attaccare a tra<strong>di</strong>mento: “Da nahte von<br />

Hinten leis’, wie ein Strolch/ Der falsche Freund mit gezücktem Dolch,[...] So teuflich<br />

gehandelt hat Judas nicht,/ Der weltberüchtigte Bösewicht,/als du, italienischer Heuchler./Du<br />

hast den Freund nicht verraten nur,/Du wolltest werden sein Meuchler.[...]Du rühmst <strong>di</strong>ch,<br />

römischen Stammen zu sein,[...] Auch Judas war Römer, von seinem Geschlecht[...]Den<br />

Stuck ver<strong>di</strong>entet ihr beide./Gerecht ist Gott, er findet und straft/ auch im Römerkleide.[...]<br />

Und <strong>di</strong>ch, du Judas der neuen Welt/ wird Gottes Gerechtigkeit richten.„ 473 Come altrove,<br />

anche attraverso l’utilizzo cadenzato del pronome personale du, l’obiettivo è dare al lettore il<br />

senso della <strong>di</strong>stinzione tra il mondo dei buoni e dei cattivi. Tra l’altro, se gli italiani si sono<br />

schierati con il demonio, in quanto rappresentanti del mondo del male, la fedeltà e l’onestà dei<br />

tedeschi è invece accompagnata dall’aiuto <strong>di</strong>vino: “Du trautest der Hilfe der bösen Welt,/Wir<br />

haben in Gottes Schutz uns gestellt,/Und werden <strong>di</strong>e Feinde vernichten.” 474<br />

Tra le liriche che hanno come compito quello <strong>di</strong> caratterizzare negativamente il nemico vi è<br />

anche Italiens Verrat!. In questi versi l’italiano o, meglio, gli italiani sono descritti come una<br />

banda <strong>di</strong> briganti e ban<strong>di</strong>ti. È chiaro che nell’utilizzare queste definizioni c’è una sapienza che<br />

va messa in luce: una lunga tra<strong>di</strong>zione letteraria tedesca aveva <strong>di</strong>pinto il popolo italiano quasi<br />

interamente costituito da briganti e assassini, vuoi per i numerosi fatti <strong>di</strong> brigantaggio e per i<br />

famosi ban<strong>di</strong>ti che annoverava la nostra terra specialmente durante il XIX secolo, vuoi per<br />

una inevitabile stereotipizzazione, anche letteraria, della cosa. Quin<strong>di</strong>, identificare l’italiano<br />

472 Kampfruf aus dem Hochgebirge, Chiamata alle armi dall’alta montagna: “Egli era un tempo nella Triplice<br />

Alleanza,/finché completamente confuso dai sol<strong>di</strong>,/che gli offrì il furbo inglese,/egli si è defintivamente<br />

trasformato in nemico./Ogni nazione prova vergogna per quest’azione.”<br />

473 Judas, Giuda: “Allora si avvicinò da <strong>di</strong>etro silenzioso come un farabutto,/il falso amico con il pugnale<br />

sguainato,[…] nemmeno il famigerato malvagio Giuda/ha agito così <strong>di</strong>abolicamente come te, ipocrita<br />

Italiano./Tu non solo hai tra<strong>di</strong>to il tuo amico,/ ma volevi essere il suo sicario[…] tu ti vanti <strong>di</strong> essere <strong>di</strong> stirpe<br />

romana[…]anche Giuda era <strong>di</strong> <strong>di</strong>scendenza romana […] entrambi meritereste l’impiccagione./Dio è giusto egli<br />

scova e punisce il farabutto/anche in abiti romani.[…] Tu, Giuda del nuovo mondo, sarai giu<strong>di</strong>cato dalla giustizia<br />

<strong>di</strong>vina.”<br />

474 Ibid: “Tu ti sei fidato dell’aiuto del mondo dei cattivi,/noi ci siamo affidati alla protezione <strong>di</strong>vina,/e<br />

annienteremo il nemico.”<br />

183


come brigante aveva come primo ruolo quello <strong>di</strong> fornire uno stereotipo ben ra<strong>di</strong>cato nella<br />

cultura germanofona e rendere al lettore l’assunzione <strong>di</strong> questa immagini imme<strong>di</strong>ata. Il<br />

secondo compito era quello <strong>di</strong> rendere l’immagine del tra<strong>di</strong>tore per il pubblico <strong>di</strong> lettori<br />

sempre nel modo più chiaro e imme<strong>di</strong>ato: il brigante avvolto nel suo mantello e con in mano<br />

un pugnale non in vista aggre<strong>di</strong>sce le proprie vittime proprio a tra<strong>di</strong>mento, così come fece<br />

l’Italia nei confronti del suo ex alleato (immagine molto <strong>di</strong>ffusa anche nel supporto visivo):<br />

“Nach Ban<strong>di</strong>ten Art, Italien, fällst du uns an,/Als einst’ger Bruder schließt du <strong>di</strong>ch uns’ren<br />

Feinden an./Abscheulich war <strong>di</strong>eser Verrat,/Doch wird der Lohn <strong>di</strong>r wie <strong>di</strong>e Tat,/Denn Verrat<br />

lohnt nicht der Himmel!” 475 Nonostante il lungo l’elenco <strong>di</strong> qualità negative e azioni inique<br />

del nemico che causano per<strong>di</strong>te, sofferenza e dolore i combattenti austroungarici non cedono,<br />

ma anzi trovano maggiore energia per ven<strong>di</strong>care morti e soprusi: anche in questo testo è il<br />

doch ad avere il compito <strong>di</strong> dare rilievo e allo stesso tempo sminuire questo elenco <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti e<br />

cattiverie, perché quanto più esse sono gravi tanto più i soldati austriaci saranno in grado <strong>di</strong><br />

fronteggiarli grazie alle loro qualità che sono rese anche più importanti poiché la quantità e la<br />

qualità delle azioni inique italiane è elevatissimo: “Doch glaub’, Verräter das stählt nur uns’re<br />

Kraft,/Und gibt uns Heldenmut!” 476 , come si è già anticipato un nemico seppure tanto<br />

malvagio, ma così basso moralmente in fin dei conti non merita neanche <strong>di</strong> essere considerato<br />

tale “Nicht achtungswert bist du als Feind, von aller Ehre bar,/Vergleichlich bist du mit einer<br />

Brigantenschar,/Die meuchlings anfällt den friedlichen Mann,/Der Gutes ihr nur hat<br />

getan./Doch Gott vergißt das nicht!” 477<br />

Wie lange noch? È un altro testo <strong>di</strong> eterorappresentazione incentrato sul peccato e sulla<br />

seduzione <strong>di</strong> satana. Per tutto il testo ci si rivolge a un du (du, <strong>di</strong>ch, dein) elencandone le<br />

iniquità e poi nell’ultima strofa s’introduce per nome l’interlocutore, Italien: “Wie lange noch<br />

du welscher Feind/Bleibst völlig du von Sinnen?/Hast du noch nicht genug beweint/Dein<br />

schreckliches Beginnen?/Wie lange noch soll dein blinder Wahn/ Dich teuflich ganz<br />

umstricken?/[…] O, welsch’ ein finst’rer Höllengeist,/Halt, Welscher, <strong>di</strong>ch gefangen,/[…]<br />

Siehst, Römer, du noch immer nicht,/Daß <strong>di</strong>ch ein Dämon kirrte?/[…] Italien, wie sank’st du<br />

475<br />

Il tra<strong>di</strong>mento italiano: “Italia, tu ci attacchi alla moda dei ban<strong>di</strong>ti,/da nostro ex alleato ora ti schieri con i<br />

nostri nemici./Questo tra<strong>di</strong>mento fu ripugnante,/ma la tua ricompensa sarà conforme all’azione,/poiché il<br />

tra<strong>di</strong>mento non viene ricompensato dal Cielo!”<br />

476<br />

Ibid.: “Tuttavia sappi, tra<strong>di</strong>tore, ciò (le tue azioni inique) irrobustisce solamente la nostra forza,/e ci da<br />

coraggio eroico!”<br />

477<br />

Ibid.: “Non sei temibile come nemico, privo <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>gnità,/sei paragonabile a una schiera <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>ti,/che<br />

attaccano a tra<strong>di</strong>mento l’uomo pacifico,/che vi ha solamente fatto del bene./Tuttavia, il Signore non se lo<br />

<strong>di</strong>mentica!”<br />

184


tief!/Wie sollst du <strong>di</strong>ch erheben?/ Der Geist, der in den Krieg <strong>di</strong>ch rief,/Zerfrißt <strong>di</strong>r Ehr’ und<br />

Leben!” 478<br />

Gegen den Welschen: “Du wolltest uns’re Reben,/Du wolltest unser’n Wein,/Eh’r lassen wir<br />

das Leben,/Als einen einz’gen Stein!/Hol’ Dir das Gold des Briten,/Den schnödedn<br />

Judaslohn,/[…] Verräterische Bande,/Du wähntest uns in Not;/Nun holst Du nebst der<br />

Schande/Verderben Dir und Tod!/D’rum laß <strong>di</strong>e Räuberhände/Von unsern Grenzen<br />

weg,/Denn über solche Wände,/Da führt für <strong>di</strong>ch kein Sieg!” 479 Anche in questo testo<br />

espressamente contro i Welschen l’uso dei pronomi ha lo scopo <strong>di</strong> creare nel lettore un senso<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo e <strong>di</strong>stacco da quel du. Come altrove si ricorda che il popolo combattente tirolese<br />

è pittuosto <strong>di</strong>sposto a cedere la propria vita che un pezzo <strong>di</strong> terra.<br />

Kriegslied der Österreicher. Gegen <strong>di</strong>e Wälschen!: “Mein Österreich, mein Vaterland,/[…]<br />

Zerrissen hat der Freundschaft Band/ Der wälsche Lump – nicht wert/In unseres Kreis zu<br />

sein!/Sein Herz war niemals dein!/Herbei herbei aus Feld und Wald;/Der Kaiser Euch ja ruft!/<br />

In Not will zwingen mit Gewalt,/Ihn frech der wälsche Schuft,/Der ihn mit Worten<br />

fein,/Verriet – ganz hundesgemein!/Mein Österreich, mein Vaterland,/Nun zeig’ Dich groß<br />

und stark!/Der Wälsche greift mit gieriger Hand /Nach Deiner Landesmark/«Hau ihm den<br />

Schädel ein/Und Ehr’ und Ruhm ist Dein!»” 480 Questa lirica oltre ad affrontare tutte le<br />

tematiche più o meno già abbozzate utilizza un’espressione molto ricorrente in queste pagine<br />

che suscita e rimanda nel lettore un’immagine molto salda della bramosia e dell’ingor<strong>di</strong>gia del<br />

nemico: allungare la mano avida su qualcosa.<br />

In Krieg ist mit Rom! ancora una volta verbi e aggettivazione sono utilizzati con la finalità <strong>di</strong><br />

non lasciare nulla sottinteso e dare del nemico un’immagine estremamente negativa e<br />

imme<strong>di</strong>atamente tale: allo scoppio del conflitto in Europa tutti partecipano tranne uno: “Nur<br />

Einer, Der hockt auf Katzensohlen./Und während Millionen ihr Herzblut verspritzen,/Da<br />

478<br />

Per quanto tempo ancora?: “Per quanto ancora, tu nemico terrone/rimani pervaso dal peccato?/Non hai<br />

ancora pianto abbastanza/la tua spaventosa impresa?/Per quanto ancora la tua cieca follia/deve irretirti<br />

<strong>di</strong>abolicamente?/[…] Oh terrone, un truce spirito infernale,/ ti tiene prigioniero, terrone,/[…], Romano, non ve<strong>di</strong><br />

ancora,/che ti giostra un demone?/[…] Italia, come sprofon<strong>di</strong> in basso!/Come ti dovresti sollevare?/Lo spirito<br />

che ti ha chiamato in guerra,/ti rosicchia la <strong>di</strong>gnità e la vita!”<br />

479<br />

Contro il terrone: “Tu volevi le nostre viti,/tu volevi il nostro vino,/piuttosto noi sacrifichiamo la nostra<br />

vita,/che anche una sola pietra!/Tieniti pure l’oro britannico,/l’infima paga <strong>di</strong> Giuda,/[…] banda <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori,/tu ci<br />

hai condotti nella necessità;/ora ti accompagni all’onta,/alla rovina e alla morte!/Perciò leva le mani ladre/dai<br />

nostri confini,/poiché sopra queste pareti,/per te non c’è nessuna vittoria!”<br />

480<br />

Canto <strong>di</strong> guerra austriaco. Contro i terroni!: “Mia Austria, mia Patria,/[…] il farabutto terrone ha stracciato il<br />

vincolo d’amicizia/non degno/<strong>di</strong> far parte della nostra cerchia!/Il suo cuore non fu mai tuo!/Qui, qui sul campo e<br />

per il bosco;/l’Imperatore vi chiama!/La canaglia terrona lo vuole spudoratamente/ mettere in <strong>di</strong>fficoltà con la<br />

forza,/avendolo già abilmente tra<strong>di</strong>to/con le parole – in modo infame!/Mia Austria, mia Patria,/ora mostrati<br />

grande e forte!/Il terrone il terrone allunga le mani avide/sui tuoi confini/«Fracassagli il cranio/così onore e<br />

gloria saranno tue!»”<br />

185


leibt er lauernd zuhause sitzen,/Um heimlich uns an <strong>di</strong>e Gurgel zu fahren,/Denn: wir sind ja<br />

Barbaren, verfluchte Barbaren!/[…] Hast ja alles fein abgekartet,/Hast immer gewartet und<br />

immer gewartet,/Heimlich <strong>di</strong>e Liebschaften angebandelt,/[…]Dachtest in all’ den blutigen<br />

Schrecken,/kampflos den Bruder einzustecken,/[…] Heimtücklisch uns willst<br />

ermorden./Höre: Wir sind nich so leicht zu biegen!/[…] Willst uns besuchen in<br />

Stephansdom?/Gott zerschmett’re Italien und strafe <strong>di</strong>ch,/Meinei<strong>di</strong>g Volk von Rom!” 481 Il<br />

nemico allo scoppio del conflitto rimane accoccolato (hockt) in attesa come un gatto, pronto<br />

in agguato (bleibt er lauernd) per saltarci segretamente alla gola (um heimlich uns an <strong>di</strong>e<br />

Gurgel zu fahren). A questa descrizione abbastanza ripugnante segue l’osservazione retorica:<br />

ci attaccano perché noi siamo i maledetti barbari 482 , quando dalla descrizione appena fatta<br />

emerge l’esatto opposto. Il comportamento italiano è prevalentemente caratterizzato dal<br />

doppio gioco, dall’agire all’ombra, daIla menzogna. I riferimenti alle relazioni amorose è<br />

ironico e si tratta ovviamente dei trattati segreti che stava sbrigando l’Italia prima <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>chiarare guerra ai suoi ex alleati.<br />

Questi ultimi due testi fanno inoltre uso <strong>di</strong> altre due espressioni molto <strong>di</strong>ffuse e molto<br />

frequenti nella rappresentazione del nemico italiano: “Hau’ ihm den Schädel ein!” e “Gott<br />

zerschmett’re Italien”. Fracassare il cranio al nemico e sfracellarlo sono gesti continuamente<br />

invocati; la volontà <strong>di</strong> annientare il nemico e ridurlo in poltiglia è <strong>di</strong>rettamente funzionale alla<br />

sua malvagità. Anche il verbo zerschellen, sfracellarsi, è uno dei verbi che vengono usati più<br />

spesso quando si descrive l’italiano nell’atto <strong>di</strong> invadere il territorio straniero: egli si sfracella<br />

poichè urta con un blocco talmente saldo e talmente unito (che siano i monti che sia l’esercito<br />

austriaco) che va in pezzi.<br />

Nella eterorappresentazione del nemico, come anche nell’autorappresentazione, ha un ruolo<br />

importante non solo la sua descrizione generica, come gruppo, ma è altrettanto importante<br />

anche prendere <strong>di</strong> mira un personaggio <strong>di</strong> spicco della nazione nemica, meglio ancora, un<br />

personaggio <strong>di</strong> spicco dell’esercito nemico. I personaggi simbolo negativi italiani sono<br />

481<br />

La guerra è con Roma!: “Solo uno, rimane accoccolato come un gatto./E mentre milioni <strong>di</strong> uomini versano il<br />

proprio sangue,/egli rimane a casa seduto,/per saltarci alla gola <strong>di</strong> nascosto,/Quin<strong>di</strong>: noi saremo pure barbari,<br />

maledetti barbari!/[…] Hai atteso abilmente,/hai aspettato e aspettato,/in segreto hai portato avanti delle relazioni<br />

amorose,/[…] pensavi <strong>di</strong> fare fuori il tuo fratello,/senza combattere in questo orrore,/[…] ci volevi assassinare in<br />

maniera subdola./Senti: non siamo così facili da piegare!/[…] Ci vuoi fare visita a Vienna?/Dio <strong>di</strong>strugga l’Italia<br />

e ti punisca,/falso popolo <strong>di</strong> Roma!”<br />

482<br />

Deutsche Barbaren: “Sie nennen <strong>di</strong>ch, du deutsches Volk, Barbaren!/[…] Auf dein Barbarentum ist mehr<br />

Verlaß,/Als auf das Großtun all der Feindescharen.” Barbari tedeschi: “Loro ti chiamamo, popolo tedesco,<br />

barbari!/[….] Ci si può più fidare della tua barbarie,/che delle arie che si danno tutti i nostri nemici.”<br />

186


Vittorio Emanuele e Cadorna. Ovviamente in questi due figure si trovano esasperate i <strong>di</strong>fetti e<br />

i mali dell’intero popolo italiano. Le poesie che hanno come soggetto il sovrano e il generale<br />

sono tutte ironiche e canzonatorie.<br />

A Vittorio Emmanuele III è de<strong>di</strong>cata una porzione abbastanza significativa <strong>di</strong> testi. Egli fu il<br />

Re più basso avuto in Italia, 1m e 54 cm, il quale impose ad<strong>di</strong>rittura l’abbassamento<br />

dell’altezza minima dei militari <strong>di</strong> leva. Essendo basso egli aveva, <strong>di</strong> fatto, un fisico<br />

antieroico.<br />

Nella lirica Emanuel egli viene descritto nel bel mezzo del suo affaticarsi per conquistare le<br />

vette austriache. La sua faticosa “arrampicata” così come viene descritta, <strong>di</strong>venta uno<br />

spettacolo <strong>di</strong>vertente per le truppe avversarie: “Was kraxelt dort den Berg herauf?/Mit<br />

Mordsgestöhne und Geschnauf?/Ich glaub’ es ist Emanuel,/Kommt Kameraden, schauet<br />

schnell!/Der steile Weg gebot ihm Halt,/Jetzt hängt er in ‘ner Felsenspalt./Mit seinen<br />

Beinchen, ich lach’ mich krumm,/Zappelt er in der Luft herum./Es schien das Wetter ihm so<br />

schön,/Drum wollt’ er schnell nach Austria gehn,/Jetzt hängt er fest, der falsche Tropf,/[…]<br />

Mio piccolo Emanuel!/Nach Österreich steigt man nicht so schnell./Solang wir an der Greze<br />

steh’n,/Wird auch kein Weg nach dahin geh’n!” 483<br />

Il re d’Italia, per esteso, <strong>di</strong>venta il rappresentante <strong>di</strong> tutti i combattenti italiani.<br />

L’ambientazione in montagna ovviamente non può non ricordare al lettore, come invece se la<br />

cavano egregiamente i combattenti austriaci, perché quello è il loro habitat, la loro terra. Chi<br />

viene da fuori, non solo non è legato intimamente a quei luoghi come chi ci è nato e cresciuto,<br />

ma non ha neanche le qualità fisiche per affrontare quei monti che non gli appartengono. Si<br />

noti l’uso del verbo festhängen (rimanere impigliato, bloccato) che si contrappone a quello<br />

usato <strong>di</strong> norma in queste pagine quando si descrivono le truppe au feststehen o festhalten.<br />

La poesia dal titolo Der kleine König è sempre incentrato sulla statura del sovrano d’Italia. La<br />

questione della statura in queste pagine non è solamente una questione fisica, ma <strong>di</strong>venta<br />

anche una questione morale come sintetizzano con molta finezza queste battute: “Vorwärts<br />

kommt man nicht mit Lügen!/Wahrheit hat <strong>di</strong>e längsten Beine!” 484 . “Lügen haben kurze<br />

483<br />

Emanuel, Emanuele: “Che cosa si arrampica quassù sulle montagne?/Con lamenti assassini e<br />

schiamazzi?/Credo sia Emanuele,/venite compagni, guardate veloci!/Il percorso scosceso gli richiede una<br />

pausa,/ora è appeso in una crepa rocciosa./Con le sue gambette, si <strong>di</strong>mena nell’aria tutt’attorno/io mi contorco<br />

dalle risate./Il tempo gli sembrava buono,/perciò decise <strong>di</strong> recarsi in Austria,/ora egli è impigliato il<br />

poveraccio,/[…] Mio piccolo Emanuel!/Non si arriva così facilmente in Austria./Fintanto che noi staremo ai<br />

confini,/nessuna strada per quella <strong>di</strong>rezione sarà percorsa!”<br />

484<br />

Il piccolo Re: “Non si avanza con le bugie!/La verità ha le gambe più lunghe!”<br />

187


Beine” <strong>di</strong>ce il proverbio anche in tedesco (le bugie hanno le gambe corte), l’italiano lo<br />

impersona appieno fisicamente e nei comportamenti.<br />

Un altro personaggio che viene deriso 485 in queste pagine è il generale Cadorna. Nella lirica<br />

Cadornas Klage egli stesso in un monologo <strong>di</strong>vertente ammette la propria debolezza e la<br />

superiorità dell’esercito nemico: “Will ich nach Tirol hinein:/Plötzlich setzt ein Regen<br />

ein,/Den der Standschütz <strong>di</strong>rigiert:/Und der mich gar sehr geniert./[…] Sauf ich mir auch erst<br />

den Mut,/Solch ein Regen kühlt das Blut!/[…] In Tirol, im Trient’, in Kärnten/Nichts als<br />

Niederschlä’ zu ernten./ Donnerwetter, Paraplui!/Das gibt eine Retirade,/Und den Krieg<br />

gewinn’ ich nie!” 486 . Quella che all’inizio era una marcia verso il Tirolo (nach Tirol hinein) si<br />

trasforma in ritirata (eine Retirade).<br />

Anche il testo Cadorna berichtet… dal tono prevalentemente ironico è incentrato sulla<br />

ri<strong>di</strong>colizzazione del personaggio. Dal testo emerge la non corrispondenza tra i fatti avvenuti in<br />

combattimento, cioè l’essersi presi una bella batosta dai tiratori tirolesi, e ciò che Cadorna<br />

riporta ed è ancora una volta confermata la falsità <strong>degli</strong> italiani: “Einen Blick/Nach dem<br />

Graben,/Den er haben/Wollt, send’t er zurück;/Macht sich dann tröstende aus dem<br />

Staube:/Was er befahl auch ‘Vor! Vernichtet!’/Und tapf’re Schützen ihm’s verpfuschen/Das<br />

läßt sich, Gott sei dank, vertuschen/Wenn seinem Volke er berichtet…..” 487<br />

Fare ironia sui personaggi <strong>di</strong> spicco è una pratica molto importante, quasi doverosa in<br />

prossimità e in tempo <strong>di</strong> guerra, è imporatante perché bisogna far perdere loro <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità,<br />

loro che sono la quintessenza del nemico, le figure simbolo dell’avversario. Se nelle pagine<br />

della Tsz sono Vittorio Emanuele e Cadorna ad essere presi <strong>di</strong> mira sarà inevitabile che per la<br />

propaganda italiana saranno rispettivamente l’Imperatore d’Austria e <strong>di</strong> Germania ad essere<br />

scherniti. Essi, ad esempio, nelle pagine della «Tradotta» vengono descritti come causa sia<br />

dello scoppio delle ostilità che della durata e durezza del conflitto, come massimi esponenti<br />

della barbarie, come nemici della religione, come menzogneri, condottieri specializzati in<br />

ritirate e collezionsti <strong>di</strong> fiaschi come esemplificano le immagini che riporto <strong>di</strong> seguito:<br />

485<br />

Si noti che i personaggi <strong>di</strong> identificazione austriaca sono mistificati, trasfigurati e descritti quasi come<br />

semidei, quelli italiani ri<strong>di</strong>colizzati e sminuiti nei loro ruoli.<br />

486<br />

Il lamento <strong>di</strong> Cadorna: “Io voglio entrare in Tirolo:/improvvisamente comincia una pioggia,/<strong>di</strong>retta dai<br />

tiratori:/e che mi mette seriamente in imbarazzo./[…] Se anche mi bevo del coraggio,/una tale pioggia,/gela<br />

comunque il sangue!/[…] In Tirolo, a Trento, in Carinzia,/non si è mietuto che sconfitte./ Donnerwetter,<br />

Paraplui!/ Qui si batte ritirata/ e io non vinco mai la guerra!”<br />

487<br />

Cadorna racconta…: “Egli vuole dare uno sguardo alle trincee,/poi lo rimanda in<strong>di</strong>etro;/allora fra la polvere<br />

prova a consolarsi:/infondo egli aveva or<strong>di</strong>nato: Avanti! Distruzione!/ma i valorosi tiratori gliel’hanno<br />

rovinato/Dio sia ringraziato che ciò si potrà nascondere/quando egli lo racconterà al suo popolo…”<br />

188


Espressioni e parole chiave dell’autorappresentazione 488 :<br />

- Tirol, Volk, Ahnen, Bauern, Heimat, Vaterland, Land, Herd, Felsen, heimatliche Berge,<br />

heilige Berge, Bergheimat, unsere Alpenwelt, unsere Grenze, unseres Reichen heilige Mark,<br />

roter tiroler Adler, stolze Aar/Adler.<br />

488<br />

- Tirolo, popolo, antenati, conta<strong>di</strong>ni, patria, madrepatria, terra, focolare, rocce, monti patri, sacri monti, patria<br />

dei monti, il nostro mondo alpino, i nostri confini, i nostri sacri confini del Regno, aquila rossa tirolese, fiera<br />

aquila.<br />

- - Eroe, figlio dei monti, un autentico figlio delle Alpi, Cristo tirolese, guar<strong>di</strong>a, la guar<strong>di</strong>a fedele, il nostro<br />

valoroso esercito (come bastione <strong>di</strong> frontiera, come bastione delle Alpi), la nostra schiera <strong>di</strong> eroi tirolesi, la<br />

nostra valorosa schiera <strong>di</strong> eroi, popolo patrio, variopinto esercito popolare austriaco.<br />

- - Proteggere, riparare, combattere come eroi, stare saldo, stare saldo e fedele fino alla morte, stare fedeli,<br />

<strong>di</strong>fendere, <strong>di</strong>fendere, tener duro, resistere, reggere, tenere insieme, perseverare nella postazione, tutti uniti<br />

saldamente, stare come una parete, forte e saldo come un muro, così saldo, così forte, duro come la superficie<br />

rocciosa, mano nella mano, uniti fratello con fratello, <strong>di</strong> buon’animo, con nobile resistenza, irremovibile, fedele,<br />

fiero, sacro, forte, magnifico, forte come un eroe, pronto al combattimento, felice <strong>di</strong> combattere, ar<strong>di</strong>to,<br />

autentico, orgoglio conta<strong>di</strong>no, avvezzo ai monti, valoroso, fisso e fiero come i suoi monti, libero, umile, devoto,<br />

nobile, silenzioso, silenzioso e fiero, unito, compatto, uniforme, coeso, forza congiunta, immortale.<br />

- Dovere, onore, fedeltà, orgoglio, amore, gioia, luogo <strong>di</strong> libertà, forza e coraggio, splendore della gloria, valore,<br />

<strong>di</strong>fesa, giustizia, spirito eroico, fiducia in Dio e in sé, indole cavalleresca, unione, <strong>di</strong>ritto.<br />

189


- Held, Bergsohn, ein echter Alpensohn, Tiroler Christ, Wacht, <strong>di</strong>e treue Wacht, unser tapferes<br />

Heer (als Grenzwall, als Alpenwall), unser tiroler Heldenschar, unsere tapfere Heldenschar,<br />

Heimatvolk, Österreichs buntes Völkerheer.<br />

- beschützen, schützen, als Helden kämpfen, feststehen, fest stehen und treu bis in den Tod, treu<br />

festhalten, schirmen, vertei<strong>di</strong>gen, durchhalten, aushalten, standhalten, zusammenhalten, auf<br />

dem Posten ausharren, alle fest vereint, wie eine Wand stehen, wie eine Mauer stark und fest,<br />

so fest, so kräftig, hart wie Felsenrand, Hand in Hand, Brüder an Brüder geschlossen, mit<br />

frohem Mut, mit adeligen Trutzen, felsenfest, treu, stolz, heilig, stark, herrlich, heldenstark,<br />

kampfbereit, kampfesfroh, kühn, echt, bauernstolz, berggewohnt, tapfer, starr und stolz wie<br />

seine Berge, frei, bieder, fromm, adelig, still, still und stolz, einig, vereinigt, vereint, geeint,<br />

vereinte Kraft, unsterblich.<br />

- Pflicht, Ehre, Treue, Stolz, Liebe, Freude, Friedensheide, Kraft und Mut, Ruhmesglanz,<br />

Tapferkeit, Wehr, Gerechtigkeit, Heldengeist, Gott- und Selbstvertrauen, Rittersinn, Einigkeit,<br />

Recht.<br />

Espressioni e parole chiave dell’eterorappresentazione 489 :<br />

- hereinschleichen, blicken nach, greifen, gierig/frech <strong>di</strong>e Hände ausstrecken, greifen mit<br />

gieriger Hand, aufhorchen, leise von hinten nahen, in den Rücken fallen, lauernd bleiben,<br />

rauben, neiden.<br />

489 - Entrare strisciando, guardare verso, afferrare, allungare sfacciatamente/con avi<strong>di</strong>tà le mani, afferrare con<br />

mano avida, tendere l’orecchio, avvicinarsi lentamente da <strong>di</strong>etro, attaccare alle spalle, rimanere nell’ombra,<br />

derubare, invi<strong>di</strong>are.<br />

- Tra<strong>di</strong>mento, furto, mancare alla parola data, pugnalata, perfi<strong>di</strong>a, slealtà, mancanza <strong>di</strong> onore unita al tra<strong>di</strong>mento,<br />

spergiuro.<br />

- Il nemico/i nemici, tu nemico, terrone, avversario infedele, ladri, tra<strong>di</strong>tori, giuda, gatto falso, giuda terrone,<br />

ghenga <strong>di</strong> terroni, l’orda terrona, banda, il <strong>di</strong>avolo, la razza sfacciata, mondo cattivo, questa razza <strong>di</strong> terroni, la<br />

razza paurosa, il mondo falso e cattivo, il nano sfacciato/terrone, l’impertinente, la banda terrona, gli avi<strong>di</strong> latini,<br />

il vile, il farabutto terrone, i membri schifosi, il <strong>di</strong>avolo terrone, i vili vermi, il falso serpente, il verme, il<br />

farabutto, il terzo compagno nell’Alleanza, il vile compagno, il falso amico, l’ipocrita italiano, tu giuda del<br />

nuovo mondo, povero vigliacco, schiera <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori, banda <strong>di</strong> avi<strong>di</strong> e ingor<strong>di</strong>, il poveraccio, la testa terrona, la<br />

falsa genia, tra<strong>di</strong>tori delle terre del sud, il vile nemico, il terrone villano, gruppo <strong>di</strong> ladri terroni, terrone avido <strong>di</strong><br />

bottino, il terzo infedele, lo stivale terrone, i figli della falsa patria, tu furfante terrone, il terrone mascalzone, gli<br />

uomini terroni, nemico spergiuro, un tipo inaffidabile, genia <strong>di</strong> terroni spergiuri, terrone vigliacco, il mostro<br />

velenoso pieno <strong>di</strong> invi<strong>di</strong>a e slealtà, farabutto terrone, voi ibri<strong>di</strong> e voi nani, i signori terroni, il ladro terrone, banda<br />

<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori, il mondo spregevole, tu genia <strong>di</strong>abolica <strong>di</strong> terroni, il farabutto, voi iene, mascalzone falso e terrone,<br />

falso gatto terrone, la banda <strong>di</strong> terroni, il falso alleato, i buffoni, voi larve <strong>di</strong> gnomo, gli invi<strong>di</strong>osi, i signori<br />

terroni, la banda colma d’invi<strong>di</strong>a, commercianti terroni, il birbante terrone, la vile banda, popolo <strong>di</strong> pirati,<br />

spergiuro popolo <strong>di</strong> Roma, la vile banda assassina, l’esercito <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori, il vigliacco romano, la potenza<br />

<strong>di</strong>abolica, il perfido nemico, voi falsi terroni, uomo primitivo, l’irredento, gentaglia, farabutti, prepotenti, nani<br />

gravi<strong>di</strong> <strong>di</strong> slealtà, vermi terroni, cani terroni, perfi<strong>di</strong> avanzi <strong>di</strong> galera.<br />

190


- Verrat, Diebstahl, Wortbruch, Dolchstoß, Tücke, Treubruch, der Ehrlosigkeit mit Verrat<br />

vereint, Meineid.<br />

- der Feind/<strong>di</strong>e Feinde, du Feind, Welsch/Welsche/Wälsche, treulos Gegner, Räuber, Verräter,<br />

Judas, falsche Katz, der wälsche Judas, der welschen Schwefelbande, Welschlands Horden,<br />

der Rotte, der Teufel, du wahnbetörtes, falsches Rom, der hinterlistige Freund im Bunde, der<br />

elende Verräter, falsches Volk, <strong>di</strong>e freche Brut, <strong>di</strong>e falsche, böse Welt, <strong>di</strong>ese welsche Brut, <strong>di</strong>e<br />

gespenstische Brut, <strong>di</strong>e freche/welsche Zwerge, der Frechling, <strong>di</strong>e welsche Bande, <strong>di</strong>e gierige<br />

Lateinern, der Feig, der welsche Schuft, der falsche Welsche, <strong>di</strong>e ekle Glieder, <strong>di</strong>e welsche<br />

Teufel, feiges Wurmgezücht, <strong>di</strong>e falsche Schlange, der Wurm, der Schuft, der dritte Genosse<br />

im Bunde, der feige Geselle, der falsche Freund, italienischer Heuchler, du Judas der neuen<br />

Welt, armer Wicht, Verräterschar, <strong>di</strong>e lüsterne, gierige Bande, der falsche Tropf, der welsche<br />

Kopf, <strong>di</strong>e falsche Brut, der Schuftgeselle, Ehrenlose, feile Schächer, <strong>di</strong>e schändliche Verräter,<br />

treuloser Feind, Verräter aus welschem Land, der feige Feinde, der wälsche Lump, wälsches<br />

Räuberpack, <strong>di</strong>e welsche Beutegier, der treulose Dritte, der große welsche Stiefel, des<br />

falschen Landes Söhne, du welscher Spitzbua, der welsche Lump, <strong>di</strong>e welsche Mander<br />

(Männer), meinei<strong>di</strong>ge Feind, ein unsicherer Patron, welschlands Meineidbrut, wälsche Wicht,<br />

das giftige Ungeheuer voll Meineid und Verrat, wälscher Schuft, ihr Zwitter und ihr Zwerge,<br />

<strong>di</strong>e Herren Wälschen, der welsche Dieb, verrätische Bande, <strong>di</strong>e schnöde Welt, du teuflische<br />

Welschenbrut, der Haderlump, ihr Hyänen, falscher, welscher Schurke, treulos welsche<br />

Katze, <strong>di</strong>e Welschebande, <strong>di</strong>e falsche Bundgenosse, <strong>di</strong>e Narren, ihr Gnomenlarven, <strong>di</strong>e<br />

Neider, <strong>di</strong>e welschen Signori, <strong>di</strong>e neiderfüllte Meute, welscher Schacherer (Händler), welsche<br />

Bube, <strong>di</strong>e feige Bande, Volk von Piraten, meinei<strong>di</strong>g Volk von Rom, <strong>di</strong>e feige Mörderbande,<br />

das Heer der Verräter, der römische Wicht, <strong>di</strong>e teuflische Mächte, der tückische Feind, ihr<br />

falschen Welschen, Polz (primitiver Mensch), der “Unerlöst”, Lumpenpack, Schurken,<br />

Schergen (da schergeln = verpetzen), untreuschwange Zwergen, welscher Wurm, welsche<br />

Hunde, arger Galgenstrick.<br />

191


Il supporto visivo<br />

La Grande Guerra ha prodotto un’enorme quantità <strong>di</strong> immagini: si tratta <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong><br />

materiali quanto mai eterogeneo, capace <strong>di</strong> spaziare dagli appunti grafici presi frettolosamente<br />

in trincea dal soldato semplice alle gran<strong>di</strong> esposizioni d’arte militare organizzate per sostenere<br />

il morale della popolazione civile, come le mostre dei Kriegsmaler; dalle cartoline alle<br />

vignette satiriche o caricaturali sui quoti<strong>di</strong>ani alle fotografie ufficiali intrise <strong>di</strong> retorica e<br />

propaganda ed alle traduzioni cinematografiche, fino ad arrivare alla rielaborazione del<br />

dramma ed alla sua celebrazione attraverso sacrari e monumenti ai caduti.<br />

La fotografia è <strong>di</strong>venuta, in un arco <strong>di</strong> tempo molto breve, il più imme<strong>di</strong>ato, semplice e<br />

comprensibile mezzo <strong>di</strong> documentazione e <strong>di</strong> espressione, il vero linguaggio universale del<br />

nostro tempo. All’ immagine fotografica è ormai generalmente riconosciuta <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong><br />

documento storico e se per la Prima guerra mon<strong>di</strong>ale l'uso dello strumento fotografico non<br />

costituisce una innovazione assoluta, visto che essa nacque ufficialmente nel 1839, è<br />

unanimemente riconosciuto che l'utilizzo della rappresentazione visiva assume un'importanza<br />

fondamentale sulle condotte militari e propagan<strong>di</strong>stiche, proprio in coincidenza con la Grande<br />

Guerra. In questa immane trage<strong>di</strong>a, la rappresentazione dei suoi eventi <strong>di</strong>venne con la<br />

fotografia documento spontaneo e umano, spesso capolavoro <strong>di</strong> verità e precisione. Ora a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> molti anni riconosciamo che quella fotografia ha giocato un ruolo<br />

sorprendentemente più grande <strong>di</strong> quanto già allora previsto: le rappresentazioni istantanee, i<br />

panorami, i gesti, le fisionomie, sarebbero state irrime<strong>di</strong>abilmente perdute senza quella<br />

<strong>di</strong>ffusione che, anche se a fini quasi esclusivamente <strong>di</strong> propaganda e <strong>di</strong> strategia militare,<br />

instaurò una nuova ‘cultura fotografica’ che, con la ricerca <strong>di</strong> certi temi e <strong>di</strong> certe passioni,<br />

muoveva gli inten<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> mostrare attraverso le immagini la verità <strong>di</strong> un conflitto epocale.<br />

Ma l'energia, l'intensità, l'efficacia, assieme all'emotività e alla suggestione delle fotografie<br />

superano <strong>di</strong> gran lunga qualsiasi potenzialità <strong>di</strong> altre fonti documentarie e ci concedono alcune<br />

ambientazioni della guerra imponendoci una visione che non ha bisogno <strong>di</strong> altre verifiche<br />

razionali: ci mostra quella realtà, ci fa vedere come i suoi protagonisti vi si vedevano e<br />

volevano farsi vedere, con il linguaggio del rappresentare e del rappresentarsi: per la prima<br />

volta si intuì la necessità <strong>di</strong> utilizzare in maniera intensiva strumenti <strong>di</strong>versi dalle armi;<br />

strumenti che ancora oggi, a quasi un secolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, sono i mezzi più efficaci nell’ambito<br />

della comunicazione <strong>di</strong> massa e della gestione dell’opinione pubblica. A causa dell’ine<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong>mensione spazio-temporale e ideologica assunta dalla prima guerra mon<strong>di</strong>ale, dando già<br />

192


l’avvisaglia <strong>di</strong> una realtà ‘globalizzata’, le immagini del periodo della Grande Guerra<br />

considerate migliori, sono quelle in cui è stata realizzata il perfetto connubio tra genialità<br />

dell’invenzione e impiego <strong>di</strong> linguaggi grafici <strong>di</strong> facile deco<strong>di</strong>ficazione e d’imme<strong>di</strong>ato impatto<br />

emotivo.<br />

Il corredo visivo dei Supplementi letterari per la Tsz conta quasi cinquecento immagini tra<br />

fotografie e <strong>di</strong>segni o <strong>di</strong>pinti. Una quantità veramente notevole se si considerano le con<strong>di</strong>zioni<br />

economiche e logistiche non certamente ideali del contesto specifico che stiamo <strong>stu<strong>di</strong></strong>ando. In<br />

questa sede non verranno riprodotte tutte, ma solamente una parte che cercherà <strong>di</strong> riassumere<br />

in maniera comunque completa il contenuto globale <strong>di</strong> questo vitale strumento <strong>di</strong> propaganda.<br />

Infatti, anche le immagini collaborarono attivamente alla <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> un determinato<br />

messaggio, innanzi tutto perché imme<strong>di</strong>ate nell’acquisizione, il ricevente non doveva essere<br />

necessariamente alfabetizzato per usufruirne e poi perché nel contesto della trincea e della<br />

prima linea si doveva cercare comunque <strong>di</strong> trasmettere il messaggio in maniera più semplice e<br />

più facilmente assimilabile possibile. Inoltre, nonostante esse paiano, per così <strong>di</strong>re<br />

insindacabili e obbiettive, è comunque da ricordare che chi immortala decide <strong>di</strong> immortalare<br />

ciò che preferisce e che non per forza le foto ritraggano momenti spontanei, ma si potrebbe<br />

trattare <strong>di</strong> momenti inscenati per l’occasione. Questo dubbio dev’essere assolutamente posto<br />

dall’osservatore moderno e da chi, come noi, s’interroga sulla faziosità del messaggio<br />

me<strong>di</strong>atico in tempo <strong>di</strong> guerra (e non).<br />

“Non contiamo più le settimane. Quando sono arrivato qui era inverno e, quando cadevano gli<br />

obici, le zolle <strong>di</strong> terra gelata erano quasi altrettanto pericolose delle esplosioni. Ora gli alberi<br />

sono <strong>di</strong> nuovo ver<strong>di</strong>. La nostra vita alterna il fronte e gli acquartieramenti. Ci siamo già<br />

parzialmente abituati. La guerra è una causa <strong>di</strong> morte, come il cancro e la tubercolosi, come<br />

l’influenza e la <strong>di</strong>ssenteria. Solo che i casi mortali sono più frequenti, più vari e crudeli.”<br />

“La pioggia autunnale crosciava contro la tenda nelle brevi ore del riposo: e la stanca foglia<br />

del castano o del faggio, turbinata dall’autunno, sostava labile sulla mia tenda come un<br />

pensiero: come un cuore umano che chieda <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>re il suo commiato, prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>sparir<br />

nella notte”.<br />

Quelle appena citate sono immagini quoti<strong>di</strong>ane della Grande Guerra tratte rispettivamente da<br />

All’Ovest niente <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong> Erich Maria Remarque e da Il Castello <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Carlo Emilio<br />

Gadda: non sono i toni che abbiamo trovato nelle poesie <strong>di</strong> cui si è parlato, non sono<br />

immagini che troveremo rispecchiate nel supporto visivo dei Supplementi.<br />

193


Le foto e gli schizzi pubblicati in queste pagine devono comunicare ai familiari, agli amici e<br />

agli stessi combattenti. Li devono tranquillizzare, rassicurare. Al fronte, in prima linea o nelle<br />

retrovie si sta sostanzialmente bene, i soldati sono in buona compagnia, sono sostenuti e<br />

protetti da superiori competenti, sicuri e bonari. Mangiano, bevono e fumano tranquillamente,<br />

fanno vita collettiva all’aria aperta, passeggiano, prendono il sole, leggono e s’intrattengono<br />

con giochi e musica. Non mancano anche i momenti <strong>di</strong> raccoglimento e preghiera de<strong>di</strong>cati alla<br />

cura dell’anima. Insomma, alla vita al fronte non manca nulla della vita in patria. Qualche<br />

sentinella <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, fissa immobile a scrutare l’orizzonte è l’unico riferimento più o meno<br />

concreto alla realtà <strong>di</strong> guerra.<br />

Dall’isolamento e dall’analisi delle immagini pubblicate nel giornale <strong>di</strong> nostro interesse sono<br />

stati isolati dei nuclei tematici ricorrenti uno è quello appena trattato, cioè la volontà <strong>di</strong><br />

trasmettere un’immagine serena e quieta della vita al fronte, nella quale al soldato non manca<br />

nulla. I loro volti, infatti, sono sempre <strong>di</strong>stesi, sorridenti e spensierati, tra<strong>di</strong>scono qua e là<br />

qualche segno del tempo e dell’affaticamento, ma sempre in maniera <strong>di</strong>gnitosa e che<br />

conferisce loro un’eroicità maggiore. Il dolore, la sofferenza e la morte stessa sono assenti.<br />

Essa è evocata, ma in maniera molto filtrata, forse solo nelle immagini dei cimiteri da campo,<br />

che però essendo luoghi della commemorazione hanno più lo scopo <strong>di</strong> garantire la certezza<br />

del ricordo e della santificazione delle anime dei soldati defunti saltando il ben più tragico e<br />

ingombrante aspetto contingente e fisico dei corpi senza vita, <strong>di</strong>laniati, feriti, monchi. In<br />

percentuale sono molto numerose le immagini che ritraggono dei primi piani <strong>di</strong> soldati,<br />

giovani o vecchi, o le loro attività, ma ci sono anche molte immagini che ritraggono anche il<br />

solo paesaggio nella sua sconfinata e silenziosa bellezza e se la figura umana è presente è<br />

quasi impossibile in<strong>di</strong>viduarla poiché interamente assorbita dalla maestosità del paesaggio che<br />

prevale sulla componente umana. Sono immagini che trasmettono calma, pace e silenzio.<br />

Mon<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanti anni luce dai rumori e dai fragori del combattimento: è questa la realtà <strong>di</strong><br />

guerra che presentano queste immagini.<br />

194


Il soldato<br />

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La vita al fronte<br />

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Il paesaggio <strong>di</strong> montagna<br />

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Vignette umoristiche<br />

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In<strong>di</strong>ce titoli e data delle immagini<br />

IL SOLDATO<br />

Tiroler Standschütz, Il tiratore tirolese, 06.04.1916, p. 13, Th. Riss<br />

Skizze vom Tiroler Kriegsschauplatze, Schizzo dalla zona <strong>di</strong> guerra tirolese, 20.06.1916, p. 11, Ignaz Kaufmann<br />

Skizzen von der Tiroler Front, Schizzo dal fronte tirolese, 08.07.1916, p. 7, Ignaz Kaufmann<br />

Unsere Helden, I nostri eroi, 08. 09. 1915, Th. Riss,<br />

Der Standschütz, Il Tiratore, 08.09.1915, Hayd, p. 3 (con poesia)<br />

Tiroler Höhenwacht, Veglia tirolese ad alta quota, 03.11.1915, Egger-Lienz, foglio sciolto<br />

Standschützen-Gruppe auf 2300 Meter Höhe, Gruppo <strong>di</strong> tiratori a 2300 metri d’altezza, foto Lt. Jacobi,<br />

24.05.1916, p. 4<br />

Ein Divisionär, Un generale <strong>di</strong>visionario, foto Lt. Jacobi, 12.04.1916, p. 12<br />

LA VITA AL FRONTE<br />

Dolomitenwacht, Guar<strong>di</strong>a sulle Dolomiti, 26.07.1916, foglio sciolto, Egger-Lienz<br />

Neuschnee in den Dolomiten, Neve fresca nelle Dolomiti, 15.12.1915, Egger-Lienz, foglio sciolto<br />

Unsere Feldwache, La nostra guar<strong>di</strong>a al campo,08.12.1915, David Pingerra, foglio sciolto<br />

Vielgereuth, Folgaria, 23.11.1915, Egger-Lienz, foglio sciolto<br />

Rast der Patrouille (Dolomitenfront), Riposo della pattuglia (fronte dolomitico), 25.12.1915, foglio sciolto<br />

Eine Patrouille, Una pattuglia, 27. 11. 1915, p. 4<br />

Maschinengewehr einer Infanteriestellung, Mitragliatrice <strong>di</strong> una postazione della fanteria, 06. 04. 1916, Kaan-<br />

Albest, p. 14<br />

Schützengrabenwohnung, Abitazione <strong>di</strong> trincea, 06. 04. 1916, Rizzi, p. 16<br />

Schwerer Mörser an der Südwestfront, Mortaio pesante al fronte sud, 06. 04. 1916, Egger-Lienz, p. 5<br />

“Ein Kriegskind” Mai 1916, “Un figlio della Guerra” maggio 1916, 08.07. 1916, Schlögl, p. 12<br />

Schützengrabenposten, Sentinella <strong>di</strong> trincea, 12.2.1916, Rizzi, p. 6<br />

Skizze vom Tiroler Kriegsschauplatz, Schizzo dalla zona <strong>di</strong> guerra tirolese, 20. 06. 1916, Ignaz Kaufmann, p. 8<br />

Skizze vom Tiroler Kriegsschauplatz, Schizzo dalla zona <strong>di</strong> guerra tirolese, 20. 06. 1916, Ignaz Kaufmann, p. 12<br />

Tiroler Höhenstellung, Postazione tirolese d’alta quota, 23.04.1916, Egger-Lienz, p. 13<br />

Tiroler Höhenstellung, Postazione tirolese d’alta quota, 23.04.1916, Egger-Lienz, p. 21<br />

Hinter Felsen Bombensicher, Dietro rocce a prova <strong>di</strong> bomba, 23.04.1916, Kaan-Albest, p. 9<br />

Kriegshunde Stall, Cuccia dei cani <strong>di</strong> Guerra, 23.04.1916, Kaan-Albest, p. 23<br />

Menage. Feldpostkarte von der Tiroler Front, Menage. Cartolina <strong>di</strong> Guerra dal fronte tirolese, 24.05.1916,<br />

Bau<strong>di</strong>sch, p. 16<br />

Kaiserjäger-Offiziere einer Streifkompagnie im Aufstieg auf eine Höhe behufs Rekognisierung derselbe,<br />

Ufficiale dei cacciatore imperiali <strong>di</strong> una compagnia in salita <strong>di</strong> una vetta per una ricognizione della stessa,<br />

11.12.1915, p. 4<br />

Eine Kompagnie-Kommandant der Jäger vor einem in seine Stellung führenden Laufgraben, Un comandante <strong>di</strong><br />

una compagnia <strong>di</strong> cacciatori <strong>di</strong> fronte a una pista che conduce alla sua postazione, 15. 12. 1915, p. 2<br />

Rastende Patrouille, Pattuglia a riposo, 22. 12. 1915, p. 4<br />

Abreise des Standschützenbataillons Meran am 20 Mai 1915, Partenza <strong>di</strong> un battaglione <strong>di</strong> tiratori da Merano il<br />

20 maggio 1915, 20. 11. 1915, p. 3<br />

Eine Handra<strong>di</strong>ostation bringt <strong>di</strong>e Nachricht von dem Fall von Warschau. (Im Vordergrund ein festgenommener<br />

Italiener.), Una stazione ra<strong>di</strong>o comunica la notizia della caduta <strong>di</strong> Varsavia. (In primo piano un italiano<br />

catturato), 15. 12. 1915, p. 4<br />

Kaiserjägeroffiziere in ihrem Unterstand, Ufficiale dei cacciatori imperiali nel suo alloggio, 22. 12. 1915, p. 2.<br />

Der Kommandant einer Jägerkompagnie vor seiner in 2300 Meter Höhe aus Felsenblöcken errichteten<br />

Unterkunft, Il comandante <strong>di</strong> una compagnia <strong>di</strong> cacciatore <strong>di</strong> fronte al proprio alloggio costruito a 2300 metri<br />

d’altezza sulla roccia, 18. 12. 1915, p. 3<br />

Seine k. u. k. Hoh. Erzh. Albrecht an der Tiroler Front, Sua altezza imperiale arciduca Albrecht sul fronte<br />

tirolese, 01.01.1916, p. 13<br />

Unsere Artillerie in den Tiroler Bergen, La nostra artiglieria sul fronte tirolese, foto Lt. Gröbner, 01.01.1916,<br />

p. 19<br />

Eine Unterkunftshütte für Vaterlandsvertei<strong>di</strong>ger, Un rifugio per i <strong>di</strong>fensori della patria, 01.01.1916, p. 12<br />

In der Offiziersmesse der Bozner Standschützen, La mensa <strong>degli</strong> ufficiali dei tiratori bolzanini, foto Stdsch.<br />

Wachtler, 02.02.1916, p. 5<br />

“Ergreift – fort!”, Pronti, via!, foto Lt. Profanter einer Geb. Kan Btt., 02.03. 1916, p. 4<br />

Beobachtung des Feindes, Sorveglianza al nemico, foto Reg. Arzt Dr. Huldschiner, 04. 03. 1916, p. 7<br />

221


Ein Mannschaftsunterstand an steiler Felswand von Pionieren der Kaiserjäger gebaut, Alloggio <strong>di</strong> una squadra<br />

sulla ripida parete rocciosa costruita dai genieri dei cacciatori imperiali, foto Obl. Ing. Handl, 04. 05. 1916, p.<br />

5<br />

Geschütz auf 2500 Meter, Cannone a 2500 metri, foto Oberlt. Handl, 04.05. 1916, p. 6<br />

Mittagessen, Pranzo, foto Oberleutnant, Ernst Grener, 11. 05. 1916, p. 5<br />

Das “Baby” in 2700 Meter Höhe, Il “Baby” a 2700 metri d’altezza, foto Fähnrich Haas, 08. 01. 1916, p. 4<br />

Gebirgsgeschütz in Feuerstellung in einer Stellung von 2400 Meter, Cannone da montagna pronto al fuoco in<br />

una postazione a 2400 metri, foto Lt. Leidenfrost, 08.03.1916, p. 7<br />

Unsere Lektüre im Schützengraben während eines sonnigen Nachmittagsstündchen, La nostra lettura in trincea<br />

durante una soleggiata oretta pomeri<strong>di</strong>ana, foto Kadett Leo Stecher der T. Kaiserjäger, 08.06.1916, p. 13<br />

Ankunft der Vorräte, Arrivo delle provviste, foto Lt. Paul Profanter einer Geb. Kan. Bt., 11.03.1916, p. 4<br />

Blessiertenträger-Melker, Trasportatore <strong>di</strong> feriti- Mungitore, foto Oberarzt Dr. H. Duffek, 11.05.1916, p. 3<br />

“Feuer!”, Fuoco!, foto Fähnrich Haas, 12.01.1916, p. 3<br />

Senza titolo, 12.04.1916, p. 8<br />

Senza titolo, 12.04. 1916, p. 15<br />

Unterkunftsbaracke in 2800 Meter Höhe, Alloggio baracca a 2800 metri, foto Lt. Paul Profanter einer Geb. Kan.<br />

Bt., 15.03.1916, p. 5<br />

“Ergreift – furt.”, Pronti, via!, foto Fähnr. Hauser, 15.03.1916, p. 2<br />

Eine Wachhütte im Presanella-Gebiet, Un rifugio-guar<strong>di</strong>a nella zona della Presanella, foto Einjährig-<br />

Freiwilligen Oettel, 15.03.1916, p. 7<br />

Ausgraben einer durch Lawinien verschütteten Baracke, Dissotterramento <strong>di</strong> una baracca sepolta da una<br />

slavina, foto Oberl. N. Köhler, Kmdt. einer Kan.Btt, 26.07. 1916, p. 4<br />

Die Hauskapelle einer Maschinengewehr-Abteilung eines Kaiserjäger-Regimentes, L’orchestra <strong>di</strong> un reparto <strong>di</strong><br />

mitraglieri <strong>di</strong> un reggimento <strong>di</strong> cacciatore imperiali, foto Oblt. K. Grüner, Die Abteilung steht seit über 9<br />

Monaten ununterbrochen im Felde und trotzedem fehlt es nicht an Humor wie obenstehendes Bild zeigt, (Il<br />

reparto sta da oltre nove mesi ininterrottamente in battaglia e nonoste ciò non perde il senso dell’umorismo come<br />

mostra l’immagine sopra)15.03.1916, p. 8<br />

Gramophonkonzert vor der verschneiten Offiziersbaracke, Concerto <strong>di</strong> grammofono <strong>di</strong> fronte alla baracca<br />

innevata <strong>degli</strong> ufficiali, foto Oberl. N. Köhler, Kmdt. einer Kan. Btt., 15.06.1916, p. 7<br />

“Ein Laus in Ehren kann niemand verwehren.”, “Un pidocchio nell’onore, nessuno lo può vietare”, foto<br />

Stdsch.-Mir. Ig. Dinkhauser des Stdsch. Baon Klausen, 20.06.1916, p. 10<br />

An der Tiroler-Front, Al fronte tirolese, foto Feldkuraten Otto Albrecht, 23.04.1916, p. 15<br />

Offiziersmenage des 1. Bataillons eines Infanterieregimentes, Menage <strong>di</strong> ufficiali del primo battaglione <strong>di</strong> un<br />

reggimento<strong>di</strong> fanteria, 23.04.1916, p. 20<br />

Im Stützpunkt. Beobachtung des Feindes, Base <strong>di</strong> osservazione del nemico, foto Offizierstellvertreter Alfred<br />

Pfundtner, 24.05.1916, p. 5<br />

Friseursalon im Stützpunkt, Parruccheria nella base, foto Offiziersstellvertreter Pfundtner, 24.05.1916, p. 12<br />

Eine Telegraphenstation in 2400 Meter Höhe, Una stazione telegrafica a 2400 metri d’altezza, foto Hptm.<br />

Molterer, 25.01.1916, p. 3<br />

Pioniere der Kaiserjäger bauen einen Unterstand, Genieri dei cacciatori imperiali costruiscono un alloggio,<br />

foto Oberlt. Ing. Handl., 26.03.1916, p. 6<br />

“Sonnenbad”,”Bagno <strong>di</strong> sole”, foto Fähnr. Haas, 26.03.1916, p. 10<br />

Seilbahnen bis in <strong>di</strong>e höchsten Kampfstellungen an der Tiroler Front, Funivia fino alle più alte postazioni <strong>di</strong><br />

battaglia nel fronte tirolese, foto Oberl. Handl., 26.07.1916, p. 2<br />

Küche auf 2250 Meter Höhe in den Dolomiten, Cucina a 2250 metri d’altezza sulle Dolomiti, foto Oberj. Sepp<br />

Kahl, 26.07.1916, p. 5<br />

Hüttenbau auf 2250 Meter Höhe in den Dolomiten, Costruzione <strong>di</strong> un rifugio a 2250 metri d’altezza nelle<br />

Dolomiti, foto Oberj. Sepp Kahl, 26.07.1916, p. 8<br />

Uns aushungern? O, na!, Noi affamati? Oh no!, foto Regiments-Photogr. Spari., 08.07.1916, p. 11<br />

Eine Batterie-Schuster an der Tiroler Front, Un calzolaio <strong>di</strong> batteria al fronte tirolese, foto Regiments-Photogr.<br />

Spari., 08.07.1916, p. 12<br />

Kriegsberichterstatter im Gespräch mit Tiroler Landstürmern, Corrispondenti <strong>di</strong> Guerra in chiacchiere con la<br />

milizia teritoriale tirolese, foto Oblt. F. Augsten, 11.05.1916, p. 8<br />

Posten am Waldrand und Schipatrouille an der Tirolerfront, Sentinelle ai margini del bosco e pattuglia <strong>di</strong><br />

sciatori al fronte tirolese, foto Oblt. Handl, 08.01.1916, p. 3<br />

Ankunft der Vorräte, Arrivo dei viveri, foto Oblt. Magg., 22.01.1916, p. 4<br />

Unser Thronfolger an der Tirolerfront. Beobachtung des Kampfes, Il nostro erede al trono al fronte tirolese.<br />

Sorveglianza della battaglia, 15.06.1916, p. 3<br />

222


Unser Thronfolger an der Tirolerfront. Abstieg vom Gefechtsstand, Il nostro erede al trono al fronte tirolese.<br />

Discesa dalla postazione <strong>di</strong> combattimento,15.06.1916, p. 5<br />

Soldaten-Friedhof in den Dolomiten, Cimitero per soldati nelle Dolomiti, foto Kaiserjäger-Major Franz Graf,<br />

11.12.1915, p. 3<br />

Feldmesse der Standschützen an der Südfront, Messa da campo per I tiratori tirolesi al fronte sud, 15.12.1915,<br />

p. 3<br />

Soldatenfriedhof an der Tirolerfront, Cimitero per soldati al fronte tirolese, 22.12.1915, p. 3<br />

Feldmesse auf 2400 Meter Höhe, Messa da campo a 2400 metri d’altezza, foto Obl. Handl, 08.02.1916, p. 3<br />

Ostergottes<strong>di</strong>enst im Schneesturm, Messa pasquale nella tempesta <strong>di</strong> neve, foto Dr. Josef Prochaska, Lt einer<br />

k.u.k. Inf. Skigruppe, 08.06.1916, p. 14<br />

Kapelle im Tonalgebiet, Cappella nella zona del Tonale, 02.03.1916, p. 6, Kaan-Albest<br />

Kapelle im Hochgebirge, Cappella nelle alte vette, 23.04.1916, p. 8, Kaan-Albest<br />

Soldatenfriedhof, Cimitero per soldati, 08.07.1916, p. 7, Rizzi<br />

IL PAESAGGIO DI MONTAGNA<br />

Unsere Südwestfront: Presenagletscher mit Passo Monticella und Tonale mit Ortlergruppe im Hintergrund, Il<br />

nostro fronte sud: ghiacciaio Presena con Passo Monticella e Tonale con il gruppo dell’Ortles nello sfondo,<br />

11.03.1916, p. 6<br />

Corno <strong>di</strong> Bedole und Monte Mandrone, Corno <strong>di</strong> Bedole e Monte Mandrone foto Einj. Freiw. H. Oettel,<br />

02.02.1916, p. 9<br />

Unsere Front im Südwesten: Como del Lago scuro, Il nostro fronte a sud-ovest: Como del Lago scuro, foto Einj.<br />

Freiw. H. Oettel, p. 11<br />

Dolomitental von einem Beobachterstand aus, La valle delle Dolomiti da una postazione <strong>di</strong> osservazione, foto<br />

Kadett Gentebrück, 20.06.1916, p. 6<br />

Cima d’Asta, Cima d’Asta, foto Feldkurat Otto Albrecht, 23.04.1916, p. 15<br />

Cima del Cigolon und Presanella-Gruppe, Cima del Cigolon e gruppo della Presanella, foto Ldsch. Einj. Frw<br />

Herbert Oettel, 26.03.1916, p. 3<br />

Unterstände im Hochgebirge, Rifugi in alta montagna, foto Hptm. Molterer, 25.01.1916, p. 7<br />

Unsere Tiroler Front: Albiolaspitze, Il nostro fronte tirolese: la vetta <strong>di</strong> Albiola, foto Lt. Profanter einer Geb.<br />

Kan. Btt, 04.03.1916, p. 3<br />

Ein Wintermorgen in den Dolomiten, Una mattina invernale sulle Dolomiti, foto Vormeister Adalbert Moser,<br />

04.05.1916, p. 12<br />

Artilleriestellung in den Dolomiten, Postazione <strong>di</strong> artiglieria nelle Dolomiti, foto Vormeister Adalbert Moser,<br />

04.05.1916, p. 14<br />

Die Tirolerfront: Mandronsee, Il fronte tirolese: il lago <strong>di</strong> Mandrone, foto Einj. Freiw. Asp. Herbert Oettel,<br />

06.04.1916<br />

Dolomitental, Valle delle Domlomiti, foto Lt Gröbner, 08.01.1916, p. 5<br />

Unsere Südwestfront: Aus der Gegend Cima Presena, Il nostro fronte sud occidentale: dalla zona <strong>di</strong> Cima<br />

Presena, foto H. Oettel, 08.02.1916, p. 6<br />

Unsere Südwestfront: Die Menicigologruppe, Il nostro fronte sud occidentale: il gruppo <strong>di</strong> Menicigolo,foto H.<br />

Oettel, 08.03.1916, p. 4<br />

Inf. Stellung im Marmolada Gebiet, Postazione della fanteria nella regione della Marmolada, foto Kadett<br />

Gentebrück, 08.06.1916, p. 6<br />

Die Wacht auf unseren Tiroler Höhen, La guar<strong>di</strong>a dalle nostre altezze tirolesi, foto. Hpt. Molterer, 01.01.1916,<br />

p. 6<br />

Eine Feldwache auf 2800 Meter Höhe, Una posta a 2800 metri d’altezza, foto. Hpt. Molterer, 01.01.1916, p. 19<br />

Ein Unterstand im Hochgebirge, Un rifugio in alta montagna, foto Vormeister Adalbert Moser, 11.05.1916, p. 9<br />

Ski-Übungsplatz, Zona <strong>di</strong> allenamento sciistico,foto Lt. Josef Prochaska einer k.u.k. Inf. Skigruppe, 08.06.1916,<br />

p. 16<br />

Infanteriedeckung, Riparo della fanteria, foto Lt. Leidenfrost, 15.03.1916, p. 4<br />

An der Tiroler Front, Sul fronte tirolese, foto Feldkurat Otto Albrecht, 23.04.1916, p. 15<br />

VIGNETTE UMORISTICHE<br />

Vignetta n. 1: “Solo chi conosce la Sehnsucht, sa <strong>di</strong> cosa soffro”, 08.08.1915, p. 4<br />

Vignetta n. 2: 06.04.1916, p. 15<br />

Vignetta n. 3: Umorismo in trincea, 04.03.1916, p. 8<br />

Vignetta n. 4: 15.05.1916, p. 6<br />

Vignetta n. 5: “Verso Rovereto!”, 08.07.1916, p. 11<br />

Vignetta n. 6: “Vittorio Emanuele che <strong>stu<strong>di</strong></strong>a le carte”, 08.07.1916, p. 10<br />

Vignetta n. 7: “Un saluto dall’Austria”, 15.05.1916, p. 7<br />

Vignetta n. 8: La <strong>di</strong>fesa tirolese, 12.02.1916, p. 7<br />

223


Vignetta n. 9: Buona Pasqua!, 15.05.1916, p. 11<br />

Vignetta n. 10: (Disegno <strong>di</strong> Heinz Keininger) “Cosa fate là sull’albero, sentinella?” “Il Signor capitano ha<br />

or<strong>di</strong>nato: sollevare l’attenzione., 25.01.1916, p. 8<br />

Vignetta n. 11: “Hurra, mi si vede nel giornale!”, 15.05.1916, p. 4<br />

224


L’ultimo periodo del giornale<br />

Secondo la teoria del Prof. Michal Mayr <strong>di</strong> Innsbruck (<strong>di</strong> cui si è già parlato nel primo<br />

capitolo <strong>di</strong> questo lavoro) causa ultima dello sviluppo virulento dell’irredentismo nei territori<br />

<strong>di</strong> confine della Monarchia era stata la politica <strong>di</strong> ispirazione autonomista che le autorità<br />

centrali avevano praticato a cavallo del secolo, in Tirolo così come in altri territori della<br />

Monarchia. Come si è visto, la risposta a questo problema elaborata dal triumvirato arciduca<br />

Eugenio – generale Krauss – generale Dankl aveva come obiettivi principali la<br />

centralizzazione dello stato, la militarizzazione della società e la tedeschizzazione delle<br />

minoranze: la <strong>di</strong>rezione della rinnovata Sz, i cui padrini sono proprio l’Arciduca e Krauss, fa<br />

sua questa prospettiva politica e trasforma le prime tre pagine del giornale in una sorta <strong>di</strong><br />

lavagna ideologica su cui ripetere all’infinito le equazioni autonima-irredentismo e<br />

centralizzazione-or<strong>di</strong>ne.<br />

Dal luglio all’ottobre del 1916, con il magistrato militare Albin Schager alla <strong>di</strong>rezione e<br />

Robert Musil come redattore <strong>di</strong> punta, da pagina due a pagine quattro il giornale è organizzato<br />

come un teorema matematico: ad un articolo <strong>di</strong> fondo in cui si mette in evidenza un problema<br />

che affligge la Monarchia (politico, sociale, nazionale ecc.) ne segue un segue un secondo che<br />

offre una logica soluzione dello stesso.<br />

La scuola in Trentino è un covo <strong>di</strong> irredentisti dove i bambini vengono educati al culto della<br />

nazione italiana: è quin<strong>di</strong> necessario riformare la scuola consentendo l’accesso<br />

all’insegnamento solo a maestri che già ricoprano una carica militare 490 . La pubblica<br />

amministrazione è lacerata da o<strong>di</strong> nazionali, lotte politiche e dannosi confronti sindacali: è<br />

necessario privare i burocrati del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto passivo, scioglierne i sindacati e parificare<br />

infine grado e funzione a quello <strong>degli</strong> ufficiali militari 491 .<br />

Il modello a cui si ispiravano questi aspiranti riformatori in uniforme assomigliava quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

più al <strong>di</strong>spotismo illuminato settecentesco piuttosto che non alla realtà delle nazioni europee<br />

allora più moderne coma la Francia e l’Inghilterra: il mettere poi l’accento sulla<br />

490 Sz, n. 13*, pp. 2-4, Wie das Bueblein Irredentist wird, Come il fanciullo <strong>di</strong>venta irredentista, è l’articolo che<br />

pone il problema, Die Volksschule, La scuola elementare, è l’articolo che offre la soluzione. (*Per quanto<br />

riguarda la numerazione: Il n. 1 della Tsz reca la data del 2 giugno 1915; l’ultimo fascicolo <strong>di</strong> questa prima serie<br />

è il n. 194-196, del 26 luglio 1916 – ultima pubblicazione della LB; fin qui è stata e<strong>di</strong>ta dall’XI comando<br />

d’armata. Col fascicolo successivo cambia la numerazione: si chiama ancora Tsz, ma è ora e<strong>di</strong>ta, fino alla<br />

cessazione delle sue pubblicazioni nell’aprile 1917, dal comando del gruppo d’armata arciduca Eugenio e ad<br />

esso subor<strong>di</strong>nata gerarchicamente. Col n. 10 del 13 agosto 1916 muta la testata, <strong>di</strong>venendo semplicemente Sz)<br />

491 Sz, n. 14, pp. 2-4, Die Staatsbeamten, Il pubblico impiego, articolo ‘problema’; Der Bock als Gartner, Il<br />

caprone come giar<strong>di</strong>niere, articolo ‘soluzione’.<br />

225


militarizzazione della scuola e della burocrazia sembra per certi versi anticipare i progetti<br />

politici del nazionalsocialismo tedesco.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> proposte facevano parte <strong>di</strong> un <strong>di</strong>segno complessivo <strong>di</strong> rior<strong>di</strong>no dell’assetto<br />

istituzionale della Monarchia che avrebbe lasciato intatto ben poche delle conquiste<br />

democratiche faticosamente ottenute dai vari governi liberali dopo il 1867. Questi progetti<br />

trovano la loro espressione più compiuta nell’articolo <strong>di</strong> fondo dal titolo Österreichs<br />

Neugestaltung, Il rinnovamento dell’Austria 492 , pubblicato il 21 gennaio 1917 e introdotto<br />

dalla seguente <strong>di</strong>dascalia:<br />

“Der Aufsatz ist uns von besonderer Seite zur Verfügung gestellt worden; wir geben ihm<br />

gerne Raum, den er hat den Vorzug, dass er ein wahres Staatsprogramm enthält.<br />

Die Schriftleitung” 493<br />

Oggi non è dato <strong>di</strong> sapere con certezza assoluta chi sia stato l’autore del testo: c’è comunque<br />

il fondato sospetto che il testo sia stato scritto dal generale Krauss in persona. Non soltanto<br />

perché si trattava del principale protettore <strong>di</strong> Robert Musil 494 , <strong>di</strong>rettore del giornale al tempo<br />

della pubblicazione <strong>di</strong> questo articolo, ma anche perché <strong>di</strong>fficilmente un personaggio esterno<br />

all’Hgk avrebbe potuto permettersi, senza il placet dello stesso Krauss <strong>di</strong> occuparsi <strong>di</strong><br />

questioni tanto delicate nel ‘suo’ giornale.<br />

Inoltre le proposte politiche contenute nell’articolo rappresentano l’impalcatura istituzionale<br />

ideale in cui avrebbero dovuto inserirsi le riforme amministrative concepite da Krauss per<br />

l’intera Monarchia e applicate in parte in Trentino durante la guerra; molto probabilmente<br />

quest’articolo non è altro che un sunto del già citato Lotta all’irredentismo, il memorandum<br />

scritto a quattro mani dall’Arciduca e dal generale fra il 1915 e il 1916.<br />

L’articolo <strong>di</strong> fondo inizia con la constatazione dello scarso senso dello Stato <strong>degli</strong><br />

austroungarici e notando come, se tutti sono pronti a criticare le inefficienze della Monarchia,<br />

nessuno ha il coraggio <strong>di</strong> fare proposte concrete per la sua riforma: ecco come invece il<br />

Nostro trova questo coraggio. Prima <strong>di</strong> esporre il proprio programma, l’autore compie una<br />

breve excursus storico sulla Monarchia in cui alla guerra viene assegnato il ruolo <strong>di</strong><br />

spartiacque epocale: prima del conflitto l’Austria si sarebbe avviata alla <strong>di</strong>ssoluzione a causa<br />

del suo federalismo imperfetto, minato alla base da continui conflitti fra potere centrale e<br />

492<br />

Sz, n. 33, p. 2.<br />

493<br />

“L’articolo ci è stato messo a <strong>di</strong>sposizione da una fonte particolare; ad esso noi <strong>di</strong>amo spazio volentieri,<br />

perché ha il pregio <strong>di</strong> contenere un vero programma <strong>di</strong> stato. La <strong>di</strong>rezione.”<br />

494<br />

Cfr. Dinklage, op. cit., p. 230.<br />

226


locale. Di fronte, quin<strong>di</strong>, ad un’Ungheria compatta e centralizzata ci sarebbe stata un’Austria<br />

rissosa e caotica, lacerata dai conflitti politici e nazionali.<br />

Ecco che la guerra fa tacere il parlamento e trasforma l’intera Monarchia in uno «Stato<br />

assoluto guidato da necessità militari» («ein von militärischen Notwen<strong>di</strong>gkeiten geleiteter<br />

Absolutismus»). A questo ‘Stato assoluto’ non si deve guardare come al frutto <strong>di</strong><br />

un’emergenza, ma come modello per il futuro: a guerra finita la parte austriaca dell’Impero<br />

avrebbe dovuto assumere definitivamente la denominazione ufficiale <strong>di</strong> Österreich 495 e<br />

avrebbe dovuto essere riorganizzata in sette provincie: Boemia, Moravia e Slesia, Bassa<br />

Austria, Alta Austria e Salisburgo, Stiria, Tirolo e Vorarlberg, Austria del Sud (Carinzia,<br />

Craine, Gorizia, Gra<strong>di</strong>sca, Istria e Trieste). Ogni provincia, poi, sarebbe stata sud<strong>di</strong>visa a sua<br />

volta in <strong>di</strong>stretti (Kreise) ed essi a loro volta ripartiti in comuni (Gemeinden). I <strong>di</strong>stretti «sotto<br />

la guida e la sorveglianza dello Stato» («unter staatlicher Leitung und Aufsicht») avrebbero<br />

dovuto esercitare una «sana autoamministrazione» («eine gesunde Selbstverwaltung»)<br />

contando soprattutto sulle proprie risorse.<br />

Le prerogative dei <strong>di</strong>stretti sono specificate in dettaglio, ma è evidente che sarebbero state ben<br />

poca cosa: lo Stato infatti si sarebbe riservato competenze esclusive in materia <strong>di</strong> «scuola,<br />

culto, commercio e industria, agricoltura, organizzazione dei comuni, legislazione sociale<br />

ecc.» («Schulwesen, Kultus, Handel und Gewerbe, Landwirtschaft, Gemeindewesen, soziale<br />

Gesetzgebung usw.»).<br />

Quando l’autore passa a descrivere la forma <strong>di</strong> governo della ‘nuova Austria’ ecco la prima<br />

sorpresa: del Kaiser e dell’istituzione imperiale non si parla. Un’assenza che pesa come un<br />

macigno se si considera il carattere ultra-<strong>di</strong>nastico che aveva contrad<strong>di</strong>stinto sia la Tsz che la<br />

Sz, almeno fino alla morte <strong>di</strong> Francesco Giuseppe: il probabile motivo dell’assenza del nuovo<br />

imperatore Carlo da questo progetto è da ricercarsi probabilmente nell’avversione <strong>di</strong> buona<br />

parte del vecchio establishment militare al nuovo regnante, che proprio nei giorni in cui<br />

usciva quest’articolo (fine gennaio 1917) era impegnato a mandare in pensione anticipata<br />

l’intero Comando supremo.<br />

Nonostante il sovrano non venga nemmeno menzionato, è legittimo dare per scontato che<br />

l’autore avesse in mente una Monarchia costituzionale o, meglio, il già citato «Stato assoluto<br />

guidato da necessità militari» con un monarca però paradossalmente meno forte che in<br />

passato.<br />

495<br />

Se la parte ungherese della Monarchia si chiamava Regno d’Ungheria, quella austriaca non aveva un nome<br />

ufficiale: <strong>di</strong> questo problema si parlerà comunque nel prossimo paragrafo.<br />

227


Nonostante l’incompletezza e il carattere generico <strong>di</strong> queste proposte, non è <strong>di</strong>fficile farsi<br />

un’idea <strong>di</strong> che tipo <strong>di</strong> stato auspicasse l’avvento l’autore dell’articolo: uno stato governato con<br />

una prassi pseudo parlamentare che nel rapporto con i governi locali sovverte il principio <strong>di</strong><br />

sussi<strong>di</strong>arietà 496 partendo dal presupposto che proprio quelle questioni che riguardano più da<br />

vicino il citta<strong>di</strong>no devono essere gestite dalle autorità centrali. Il problema delle nazionalità<br />

sarebbe stato risolto facendo crescere il peso dell’elemento tedesco nei territori ‘a rischio’<br />

(Carinzia, Tirolo, Trieste e Istria) attraverso la creazione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> provincie in cui i popoli<br />

slavi e italiani avrebbero <strong>di</strong>fficilmente potuto far sentire la propria voce in modo autonomo.<br />

La Nazione austro-ungarica<br />

Dopo aver espulso dal giornale praticamente ogni riferimento all’identità tirolese, la nuova<br />

<strong>di</strong>rezione affronta il problema più strettamente collegato al suo ruolo <strong>di</strong> foglio <strong>di</strong> propaganda<br />

politica, <strong>di</strong> offrire al lettore un’identità più ampia in cui riconoscersi: quella austroungarica.<br />

Identità che mai si era potuta sviluppare pienamente nella Monarchia, in parte per l’assenza <strong>di</strong><br />

volontà politica e in parte per la <strong>di</strong>fficoltà oggettiva <strong>di</strong> creare una macro identità nazionale che<br />

non entrasse in conflitto con quelle delle varie minoranze dell’Impero.<br />

Gli uomini della Sz sembra abbiano compiuto il loro tentativo seguendo un percorso mentale<br />

<strong>di</strong> stampo logico-matematico 497 simile a quello già visto a proposito della riforma dello stato.<br />

Il problema venne posto probabilmente in questi termini: la Monarchia non è una nazione.<br />

Che cos’è una nazione? Essa dovrebbe essere la somma <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> fattori sostanziali<br />

aggreganti da un lato (lingua, cultura, territorio) e della volontà dei citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> farvi parte e <strong>di</strong><br />

riconoscersi in essa dall’altro. La soluzione: perché l’Impero <strong>di</strong>venti una nazione bisogna dare<br />

dei valori alle variabili ancora non definite, incerte, quali la lingua e la cultura, e<br />

contemporaneamente bisogna agitare il principio nazionale per suscitare la volontà <strong>di</strong><br />

identificazione nei citta<strong>di</strong>ni.<br />

Per definire queste variabili ancora incerte la <strong>di</strong>rezione (sia sotto Schager che sotto Musil)<br />

ricorre a dei veri e propri e<strong>di</strong>toriali-manifesto, uno o più per ogni aspetto della nazione da<br />

formare: si tratta <strong>di</strong> articoli <strong>di</strong> fondo ben scritti e piacevoli da leggere, chiari sia per il<br />

linguaggio usato che per l’or<strong>di</strong>ne rigoroso con cui le idee sono esposte. Qui non c’è traccia<br />

496<br />

Il moderno principio <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>visione delle competenze fra i <strong>di</strong>versi organi dello stato, per cui ogni azione <strong>di</strong><br />

governo dev’essere realizzata al livello più vicino ai citta<strong>di</strong>ni. Si veda G. Falcon, Lineamenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto pubblico,<br />

Padova, Cedam, 1996, p. 158.<br />

497<br />

La pre<strong>di</strong>lezione per il modello logico potrebbe avere la sua spiegazione nei percorsi formativi <strong>degli</strong> uomini<br />

che avevano in mano il giornale: Krauss aveva frequentato l’accademia militare, Schager era laurato in<br />

giurisprudenza e Musil (lo scrittore del gruppo!) ad<strong>di</strong>rittura in ingegneria.<br />

228


<strong>degli</strong> arcaismi <strong>di</strong> cui pullulano le poesie della LB, della leggerezza confusionaria dei suoi<br />

Feuilleton o del tono paternalistico <strong>di</strong> certe pre<strong>di</strong>che. Di battaglie, gesta eroiche e forme <strong>di</strong><br />

commemorazione nella Sz non si parla mai, i morti vengono definitivamente lasciati riposare<br />

in pace e il nemico non è più il vile verme infame italiano, ormai il giornale «è un organo che<br />

si permette <strong>di</strong> fare critica contemporanea» 498 . Le istanze nazionali <strong>di</strong> cui il giornale si fa<br />

carico vengono espresse attraverso il linguaggio della ragione e non quello dei sentimenti e<br />

dell’impatto emozionale che regnava nella LB.<br />

Nel cappello <strong>di</strong> questi articoli viene sempre brevemente inquadrato il problema da risolvere e<br />

vengono citate con precisione le lacune legislative e/o culturali che ne sono alla base: così<br />

nell’articolo <strong>di</strong> mano sconosciuta Eine Staatssprache für Österreich, Una lingua ufficiale per<br />

l’Austria 499 , viene dapprima messa in evidenza la presunta impossibilità oggettiva <strong>di</strong><br />

realizzare le <strong>di</strong>sposizioni contenute nell’art. 19 della Costituzione del 1867 che riconosceva la<br />

parità (Gleichberechtigung) delle lingue parlate nella Monarchia <strong>di</strong> fronte alla legge. L’autore<br />

osserva come un paese <strong>di</strong> poliglotti non sia altro che un’utopia che deve cedere il passo alla<br />

realtà dei fatti: il tedesco in quanto già lingua dell’esercito, della politica viennese e del<br />

commercio deve <strong>di</strong>ventare lingua ufficiale. Non si sarebbe trattato d’altro che <strong>di</strong> sanzionare<br />

sul piano giuri<strong>di</strong>co un dato <strong>di</strong> fatto comunemente accettato: il tutto naturalmente sarebbe<br />

avvenuto nel rispetto delle altre lingue che non avrebbero cessato <strong>di</strong> essere insegnate e parlate.<br />

Ogni istanza nazionale viene quin<strong>di</strong> presentata come una necessità dettata dalla prassi prima<br />

che come un precetto teorico, come una questione programmatica e non ideale. In un<br />

e<strong>di</strong>toriale del 10 <strong>di</strong>cembre 1916, dal titolo Eine Österreichische Kultur, Una cultura<br />

austriaca 500 , Musil lamenta che gli scienziati dei <strong>di</strong>versi atenei della Monarchia lavorino<br />

senza scambiarsi informazioni e conoscenze e che «la letteratura dei nostri popoli slavi è fra<br />

quelle meno conosciute della letteratura mon<strong>di</strong>ale», «Die Literatur unserer slavischen Völker<br />

gehört zu den unbekanntesten Erzeugnissen innerhalb Weltliteratur».<br />

Sarebbe quin<strong>di</strong> necessario un maggiore coor<strong>di</strong>namento fra università, un miglio sfruttamento<br />

delle risorse culturali e scientifiche, ma soprattutto la creazione <strong>di</strong> una ‘Cultura Austriaca’ a<br />

cui sia il mondo scientifico-intellettuale che la società possano fare riferimento, una cultura<br />

nazionale, insomma:<br />

498<br />

Dinklage (op. cit., p. 228) osserva: «Es ist ein Organ, das sich erlaubt, Zeitkritik zu üben»<br />

499<br />

Sz n. 16, p. 2, <strong>di</strong>rettore A. Schager.<br />

500<br />

Sz n. 27, p. 2, <strong>di</strong>rettore R. Musil. Articolo attribuito a R. Musil da Fontanari e Libar<strong>di</strong> nel saggio introduttivo<br />

a La guerra parallela, op. cit.<br />

229


«Wenn man aus Deutschen, Italiener, Tschechen usw. den Österreicher machen will, wie es<br />

den Amerikaner oder den Schweizer gibt, so muss man jene Einheit des Denkens, Fühlens,<br />

Geschmacks und Auftretens begünstigen, mit einem Wort jene gar nicht vorhandene<br />

Österreichische Kultur schaffen, welche <strong>di</strong>e Angehörigen unseres Staates ebenso scharf<br />

charakterisieren würde, wie <strong>di</strong>e Angehörigen der verschiedenen europäischen Nationen<br />

charakterisiert sind.» 501<br />

Secondo questa linea i problemi dello stato austriaco sono da ricondurre in parte a chi fino ad<br />

allora aveva guidato lo stato, ma anche ai mille piccoli comportamenti irresponsabili che i<br />

citta<strong>di</strong>ni mettono in atto ogni giorno. Naturalmente i danni materiali e morali <strong>di</strong> queste<br />

mancanze ricadono sull’intera società che sconta nel suo insieme le mancanze dei singoli:<br />

«wir wollen den Staatsbürgerlichen Familiensinn pflegen, denn seine Betätigung schafft <strong>di</strong>e<br />

Grundlagen des Wohlergehens der ganzen vielköpfigen Familie Staat. […] In der Volksschule<br />

muss man es dem Kinde klar machen, was es mit der zerbrochenen Gaslaterne, mit einem<br />

zertretenen Rasenbeet, mit den zerstampften Kornähren für ein Bewandtnis hat. Aus <strong>di</strong>esem<br />

Kinderswissen […] eird dann in späteren Jahren sich das Gefühl für <strong>di</strong>e Mitverantwortlichkeit<br />

jedes einzelnen Bürgers an dem Ergehen des Staates erschliessen.» 502<br />

Il porre <strong>di</strong> continuo l’accento sulla necessità <strong>di</strong> costruire la nazione austriaca incentivando<br />

l’educazione civica allontana il nazionalismo della Sz da quello ‘naturalistico’ tipico della<br />

tra<strong>di</strong>zione tedesca nel cui solco invece si collocava appieno la concezione dell’Heimat tirolese<br />

che avevano gli autori della Tsz 503 .<br />

Il nazionalismo della Sz risulta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> gran lunga più affine a quello così detto<br />

‘volontaristico’ tipico della tra<strong>di</strong>zione del pensiero ottocentesco italiano e francese, secondo<br />

501<br />

“Se si vuole trasformare in Austriaco il tedesco, l’italiano, il ceco ecc., come esistono l’americano e lo<br />

svizzero, si deve favorire quell’unità del modo <strong>di</strong> pensare, <strong>di</strong> sentire, del gusto e del comportamento, in una<br />

parola creare quella cultura austriaca che al momento non esiste e che caratterizzerebbe i nostri citta<strong>di</strong>ni in<br />

maniera altrettanto marcata come gli appartenenti alle <strong>di</strong>verse nazioni europee.”<br />

502<br />

Staatsbürgerlicher Familiensinn, Senso civico della famiglia, Sz n. 17, p. 2, <strong>di</strong>rettore A. Schager, autore<br />

sconosciuto.<br />

“Noi vogliamo coltivare il senso civico della famiglia, perché la sua azione fornisce i presupposti per la<br />

prosperità della grande famiglia dello Stato. […] Nella scuola bisogna far capire bene ai bambini dove si finisce<br />

cominciando con la lanterna <strong>di</strong> gas rotta, con l’erba calpestata e con le spighe <strong>di</strong> grano schiacciate. Da queste<br />

conoscenze infantili […] scaturirà più in avanti nel tempo l’unità fra senso <strong>di</strong> responsabilità del singolo citta<strong>di</strong>no<br />

e la salute dello stato.<br />

503<br />

Certi temi visti nel corso dell’analisi delle liriche tratte dalla LB come ad esempio il legame sangue-suolo, il<br />

paesaggio alpino come riflesso <strong>di</strong> virtù morali, sembrano riprendere pari pari i temi cari a Herder e ad altri teorici<br />

tedeschi della nazione. Si veda F. Chabod, L’idea <strong>di</strong> nazione, Bari, Laterza , 1962, pp. 34-39.<br />

230


cui la nazione non è un dato <strong>di</strong> fatto naturale, ma un progetto politico rivolto al futuro 504 .<br />

Secondo gli autori della Sz la nazione austriaca avrebbe potuto essere realizzata però soltanto<br />

attraverso uno Stato forte che avrebbe rigidamente limitato la libertà dei citta<strong>di</strong>ni: proprio<br />

questo elemento rappresenta il limite più forte dell’analogia fra il nazionalismo dei militari<br />

asburgici e quello <strong>di</strong> stampo mazziniano.<br />

Nel rigido predominio dello Stato sull’in<strong>di</strong>viduo pre<strong>di</strong>cato dalla Sz si trovano già le tracce<br />

delle ricette politiche che avrebbero caratterizzato l’Europa dopo la Grande guerra e che certo<br />

nulla avrebbero concesso alla sensibilità ottocentesca per la libertà in<strong>di</strong>viduale 505 .<br />

504<br />

Ibid, p. 58.<br />

505<br />

Sensibilità che era invece elemento fondamentale proprio del pensiero mazziniano, cfr. Ibid, pp. 68-70.<br />

231


Allegato 1<br />

Den Namenlosen 1914, Egger-Lienz, in LB, 24 maggio 1916, p. 9.<br />

“[…] <strong>di</strong>e ersten Infanterielinien löschen sich aus Busch und Stein, […] das Gelände beginnt von ihnen zu<br />

flimmern, [...] viel größer scheinen <strong>di</strong>e bleiernen Füße zu sein, auf denen jeder vorwärts schleift; nichts vermag<br />

den ruhigen Fluß ihres Vorwärtsstrebens auch nur für einen Augenblick zu hemmen.’’ 506<br />

506<br />

Robert Musil, Aus der Geschichte eines Regiments, 26 luglio1916 pp. 2-3. Dalla storia <strong>di</strong> un reggimento:<br />

“[…] le prime linee <strong>di</strong> fanteria escono dalle macchie e dalle petraie, […] il terreno comincia a pullulare della<br />

loro presenza, […] molto più pesanti sembrano essere invece i pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> piombo che ciascuno strascica<br />

avanzando; non c’è nulla che possa impe<strong>di</strong>re nemmeno per un istante il tranquillo flusso del loro procedere.” In<br />

Robert Musil. La guerra parallela, op. cit. pp. 13-17.<br />

232


Il racconto <strong>di</strong> Musil Aus der Geschichte eines Regiments - non firmato, come tutti gli articoli<br />

da lui redatti per il giornale - apre l’ultimo supplemento letterario. Musil collabora al giornale<br />

da poco più <strong>di</strong> un mese. In or<strong>di</strong>ne temporale questo è il suo primo scritto per la «Tiroler<br />

Soldaten-Zeitung» , mentre per questa ricerca è una delle ultime battute della<br />

Literarische Beilage. Del periodo trascorso a Bolzano (giugno1916 - aprile 1917) presso la<br />

redazione della Tsz egli tace nei Diari. Di molti racconti risalenti alla guerra le prime stesure<br />

si trovano proprio nei Diari, ma <strong>di</strong> questo racconto non v’è traccia, anche se questo è l’unico<br />

pezzo <strong>di</strong> prosa che Musil ha reso noto durante la guerra.<br />

I racconti <strong>di</strong> guerra, comunque, sono accomunati da un’esperienza <strong>di</strong> tipo estatico. Questo<br />

testo analizza, nello specifico, l’ “estasi motoria” 507 del combattimento. Le esperienze<br />

estatiche sono una componente importante nell’opera musiliana del periodo <strong>di</strong> guerra. Il tutto<br />

prende vita da avvenimenti che accadono al tenente e che egli racconta meticolosamente, con<br />

una compenetrazione <strong>di</strong> sfera biografica e letteraria. In questa sede il testo verrà analizzato<br />

principalmente in rapporto al giornale che lo ospita; e cioè si osserverà se il testo si inserisce<br />

in maniera abbastanza organica nel contesto <strong>di</strong> questi supplementi, che, come abbiamo visto,<br />

a parte rare eccezioni, lasciano poco all’immaginazione e conducono una propaganda <strong>di</strong> tipo<br />

molto <strong>di</strong>retto.<br />

Questo testo è già stato analizzato dai massimi esperti musiliani, (in particolare da Karl<br />

Corino 508 ), i quali vi hanno riscontrato, nonostante l’in<strong>di</strong>scussa abilità musiliana, un<br />

atteggiamento propagan<strong>di</strong>stico– agitatorio in perfetta sintonia con la propaganda <strong>di</strong> guerra.<br />

Corino in<strong>di</strong>vidua nel racconto una certa “mistica <strong>di</strong> guerra” e definisce il testo “un capitolo<br />

del <strong>di</strong>scorso manipolato” 509 . È però impossibile paragonare questo testo agli scritti che<br />

abbiamo visto finora, almeno per quanto riguarda la struttura del racconto e il linguaggio ivi<br />

usato, che richiede una maggiore riflessione da parte del lettore, rispetto a quanto non<br />

richiedano la maggior parte dei racconti e delle poesie del Supplemento. In effetti la<br />

descrizione dell’assalto, per quanto implicitamente suggerisca l’eroica temerarietà dei<br />

combattenti i quali, in preda a un entusiasmo e ad un’esaltazione folle, a costo <strong>di</strong> farsi<br />

uccidere riescono ad aprire un varco nel filo spinato delle trincee nemiche, allo stesso tempo<br />

offre una tale ricchezza <strong>di</strong> immagini, che, i rumori, i suoni e le sensazioni della guerra,<br />

507<br />

La guerra come sintomo, in La guerra parallela, op. cit. p. 202.<br />

508<br />

Corino, Aus der Geschichte eines Regiments, «Stu<strong>di</strong> germanici» cit. in La guerra come sintomo, op. cit. p.<br />

193.<br />

509<br />

Robert Musil. La grande esperienza della guerra in Pergine e la prima Guerra mon<strong>di</strong>ale, op. cit. p. 425.<br />

233


analizzati in maniera molto scrupolosa, <strong>di</strong>ventano percettibili al lettore. L’attesa dei soldati<br />

prima dell’assalto è importante almeno quanto la descrizione dell’assalto stesso. Vengono<br />

descritte le ore notturne e <strong>di</strong>urne trascorse ad attendere, con la brezza notturna e l’umi<strong>di</strong>tà del<br />

mattino che penetrano fino alle ossa. Musil è abilissimo a trasmettere al lettore questa<br />

sensazione <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà che penetra a fondo nei corpi dei soldati intirizziti, nell’attesa che<br />

qualunque cosa muti quel loro stato. Infatti la serie <strong>di</strong> metafore che precedono la frase<br />

esplicita “le uniformi erano inzuppate e gli uomini intirizziti. Fino alle ossa” le conferiscono<br />

una pregnanza che la frase in sé, da sola, non avrebbe : “Il buio che si può tagliare col<br />

coltello” , “l’oscurità fatta <strong>di</strong> legno” , il “vento fatto <strong>di</strong> cenci bagnati”, la “beffarda parete <strong>di</strong><br />

vetro opaco” che impe<strong>di</strong>sce la vista, cioè la nebbia, “il mattino <strong>di</strong>steso come un panno<br />

sottile e inzuppato”, sono espressioni ricercate che riescono nell’intento <strong>di</strong> dare palpabilità a<br />

sensazioni astratte, per <strong>di</strong> più, lette su un foglio <strong>di</strong> carta. Musil, vivisecteur del reale, con la<br />

sua abilità narrativa rasenta la realtà cinematografica, dà una forma visiva all’invisibile.<br />

Anche nella descrizione dell’assalto l’euforia dell’esperienza bellica <strong>di</strong>venta concreta.<br />

Per queste ragioni il racconto si <strong>di</strong>stacca nettamente dal tenore generale della Beilage dove è<br />

tutto molto più scontato.<br />

Incitati dagli ufficiali i soldati si gettano sugli ostacoli impugnando qualunque cosa essi<br />

trovino, senza pensare, o strisciando sotto il filo spinato e saltando nelle trincee nemiche.<br />

L’assalto è previsto per il giorno precedente, ma pioggia e vento ne hanno impe<strong>di</strong>to<br />

l’attuazione. I soldati sembrano quasi <strong>di</strong>spiaciuti <strong>di</strong> questo contrattempo e attendono<br />

“unverdrossen und voll Zuversicht auf <strong>di</strong>e Erneuerung des Angriffsbefehles” (tutti attendono<br />

con fiducia e tenacia il nuovo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> attacco). Nonostante essi attendano ansiosi l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

attacco, la paura del nemico, ben protetto nel labirinto delle trincee (“gut verstecken hinter<br />

Drahtgewirr ”), che dà un senso <strong>di</strong> pericolo continuo e inaspettato, pesa nei loro cuori, (“Die<br />

allen bekannte bösartige Sinnlosigkeit des von Ferne Beschossenwerdens senkt sich auf <strong>di</strong>e<br />

Herzen”). In siffatta situazione affiora l’irrazionale, fenomeno determinato dall’insicurezza<br />

del sentirsi in balìa <strong>di</strong> un potere sconosciuto e bizzarro. L’irrazionale porta i soldati a vedere,<br />

paradossalmente, nel “mörderliches Infanteriefeuer”, una liberazione, “Erlösung”. Infatti<br />

nella bolgia del combattimento non si può più pensare alla paura, si è come <strong>degli</strong> automi, non<br />

si ragiona più, in preda ad una smodata eccitazione: “Die Leute sind nicht mehr zu halten”.<br />

Per superare il pensiero della morte che può giungere da qualunque lato si assume un<br />

comportamento folle, chi è folle non giu<strong>di</strong>ca razionalmente il pericolo, e così sono descritti i<br />

234


soldati nel combattimento: l’eccitazione tipica delle situazioni <strong>di</strong> massa, annulla l’in<strong>di</strong>viduo; i<br />

soldati fanno a gara per l’operazione che richiede più sacrificio, ovvero aprire una breccia<br />

nelle linee nemiche. Si alternano immagini confuse <strong>di</strong> atti temerari da parte dei combattenti,<br />

<strong>di</strong> morte e <strong>di</strong> rumori assordanti, dando l’impressione <strong>di</strong> un orrido sconvolgimento dalla<br />

natura. In questo ambiente sonoro la percezione è scompigliata, il singolo è <strong>di</strong>sorientato: il<br />

frastuono terrificante genera una sorta <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zione ipnotica fino a far precipitare l’in<strong>di</strong>viduo<br />

in uno stato <strong>di</strong> trance. Poi tutto si placa, l’eccitazione irrazionale svanisce, a poco a poco,<br />

come la caligine, seguita da un lento risvegliarsi, dal ritrovarsi ad un tratto stor<strong>di</strong>ti nel mondo<br />

<strong>di</strong> tutti i giorni, passando senza soluzione <strong>di</strong> continuità da “immagini in<strong>di</strong>stinte ” a<br />

“cose concrete” [“Flug von Undeutlichem” “festen Dingen”]. È indubbio che, come sostiene<br />

Corino, questo racconto sia una capitolo del <strong>di</strong>scorso manipolato, e che non abbia la stessa<br />

carica polemica e ironico – costruttiva <strong>degli</strong> altri articoli redatti da Musil per il giornale<br />

che si trovano pubblicati e analizzati in Robert Musil. La guerra parallela, ma è anche vero che<br />

il suo contenuto non può essere paragonato alla convenzionalità <strong>di</strong> altri scritti. Senza abusare<br />

<strong>di</strong> frasi ad effetto o <strong>di</strong> luoghi comuni tipicamente guerreschi questo testo cala il lettore <strong>di</strong><br />

allora, come quello moderno, nella confusione del combattimento, lasciando però come<br />

immagine finale l’inutilità <strong>di</strong> tutto quell’accanimento precedentemente descritto. Il messaggio<br />

sembra essere che, ciò che conta è quel che rimane: il sole continua a brillare nel cielo, e chi è<br />

morto non lo vedrà più. È forse per smorzarne la <strong>di</strong>fficoltà, che il testo nel supplemento viene<br />

accompagnato da immagini raffiguranti una funivia, immagini che comunicano pace e<br />

silenzio, creando un contrasto stridente con il contenuto del racconto. Nelle due pagine<br />

successive vengono riprodotte integralmente le immagini originali delle pagine del giornale in<br />

cui è possibile leggere anche il testo in tedesco:<br />

235


236


237


La libera associazione <strong>di</strong> questo testo con il <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> Lienz, non vuole forzatamente trovare<br />

dei contenuti simili nell’uno e nell’altro, anche se da entrambi emerge un automatismo<br />

straniante del combattimento dove l’uomo-massa perde la propria identità; ma vuole piuttosto<br />

mostrare due tentativi, nell’ambito della Literarische Beilage, <strong>di</strong> <strong>di</strong>scostarsi dai <strong>di</strong>scorsi<br />

scontati e ripetitivi della propaganda.<br />

238


Prima pagina del LB del 4.08.1915<br />

Allegato 2<br />

239


Prima pagina del LB del 26.07.1916<br />

240


In<strong>di</strong>ce contenuti Ge<strong>di</strong>chte 1915<br />

Allegato 3<br />

04.08. 1915: Weiß Rot, Heinz v. Wörndle, Innsbruck<br />

„ Landsturm, Oblt. Franz Weber, Landsturmbataillon 164<br />

„ Zum Gefecht, Oblt. Franz Weber, Landsturmbataillon 164<br />

„ Und ich bin nicht mit dabei…, Dr. Fritz Sydow<br />

„ Italia perfi<strong>di</strong>ssima I, Brünn, Leopold Schwarz 510<br />

„ Sommertage 1915, Karl Dopf, Infanterist des Inf. Reg. N.59, Sanitäts Abteilung<br />

08.08.1915: Tirol, <strong>di</strong>e starke Felsenburg, Anni M., Innsbruck<br />

“ Die walsche Katz und das heiße Mus, F. S. W.<br />

“ Zum 1. August 1915, Feldkirch, 3 Aug. 1915, Dr. Ringler<br />

“ Die Tiroler Landesschützen, Im Felde, Carl Korb, II Landesschützen Reg., 3. Baon.<br />

Stab.<br />

“ Schwur der Deutschen, nach der Melo<strong>di</strong>e “Die Wacht am Rhein”, Ludwig Vogl,<br />

München.<br />

12.08.1915: Die Alpen Wacht, Rudolf Müller 511 , k. k. Ldst. Baon. 1/38.<br />

“ Der unt’re Kriag, Lambert Wazek, Korporal<br />

Der “Bundesfreund”, Lambert Wazek, Korporal<br />

Der Hofer geht um!, Rudolf Greinz 512<br />

Tiroler Wacht, Hans von der Trisanna<br />

Italien, Franz Lüdtke<br />

Poesia senza titolo, Seiner Exzellenz G. d. K. Dankl gewidmet, Arthur Nikodem<br />

15.08.1915: Im wunderschöne Monat Mai (nach Heine), Alfred Horner, Zugsführer, Hall i. T.<br />

“ Tiroler Bauern, Eugen Ronai<br />

Dem Treulosen ins Stammbuch!, Ldst.Inf, Alois Rainer, Wien<br />

Die Wacht in Tirol, Alois Danzer, Zugsführer, Ldst. Inf. Baon I, 4 Komp. 180<br />

Inftr. Brigade.<br />

510 Per tutte le informazioni biografiche <strong>degli</strong> autori la fonte è: Österreichisches Biographisches Lexikon 1815-<br />

1950. Hrsg. v. Der Österreichischen Akademie der Wissenschaft, Wien 1972.<br />

LEOPOLD SCHWARZ: scrittore e giornalista. (Koritschan, Mähren, Tschechien, 1858-Brünn 1926). Stu<strong>di</strong>ò a<br />

Vienna e Lipsia e fu per lo più giornalista <strong>di</strong> professione. Dal 1866 fu libraio a Dresda, poi lavorò un periodo in<br />

Svizzera come giornalista finché nel 1895 si stabilì a Brünn, dove nella propria casa e<strong>di</strong>trice pubblicò un rivista<br />

teatrale «Brünner Theater-Blatt». Contemporaneamente apparve con alcune poesie e tentativi <strong>di</strong> opere<br />

drammatiche. Schwarz <strong>di</strong>fendeva l’ideale <strong>di</strong> un ritorno alle forme <strong>di</strong> vita semplici.<br />

511 MÜLLER RUDOLF: generale, (Kaschau, Slowakai 1865 - Graz 1945). Dal 1912 comandò l´IR 36, col quale<br />

dal 1914 intervenne anche nelle battaglie in Galizia nell’ambito della 10. Inf. Div. Dal 1914 fu Comandante della<br />

12 Inf. Brig. in Galizia, sul fronte dell´Isonzo e in Sudtirolo.<br />

512 RUDOLF H. GREINZ: scrittore, (Aldrans presso Innsbruck, 1866 - Innsbruck 1942). Nipote <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni, per<br />

il quale il paese natio era la patria, <strong>stu<strong>di</strong></strong>ò all’università <strong>di</strong> Graz e Innsbruck germanistica e filologia classica.<br />

Abitò a Merano e dal 1911 a Monaco dove sotto lo pseudonimo <strong>di</strong> Kassian Kluibenschädl collaborò alla rivista<br />

«Jugend». Più in là si cimenterà con lavori letterari e poesie tutti legati dal tema della tra<strong>di</strong>zione tirolese.<br />

241


Kein Krümchen Erde, Anny v. Newald Grasse (Melk, Wien)<br />

Das Lied von den Sappeuren (den Tapferen der Rivaner Sappeuren gewidmet),<br />

Eduard Cinibulk, Vormeister<br />

Italia Perfi<strong>di</strong>ssima II, Brünn, Leopold Schwarz<br />

18.08.1915: Das „Kaiserschießen“ anno 1915, Hptm, Steiffenberger<br />

Speckbacher und Haspinger im Himmel (Melo<strong>di</strong>e: Es klappert <strong>di</strong>e Mühle am<br />

rauschenden Bach) Prof. Hans Krenn, Wien 11. August 1915<br />

Sepp Innerkofler, Sextener Standschütze, gefallen 3. Auf 4 Juli 1915, Im Felde,<br />

Arthur von Wallpach, Standschützenhauptmann<br />

Mein Oesterreich!, Franz Lederer, Oberjäger, Trient<br />

Siegesbewußtsein (5. August.1915) Ernest Sombyo<br />

Die Adlerschützen (Singweise: Hinaus in <strong>di</strong>e Ferne), Gewidmet den<br />

Adlerschützen im Kriegsjahre 1915 von Jakob Gaβner, Vizewachtmeister in Malè<br />

Erzherzog Eugen!, Karl Prisner, Innsbruck, 4 Juli 1915<br />

Der Sohn (Dieses Ge<strong>di</strong>cht ist einer Sammlung packender Feldbriefe und<br />

Kriegsge<strong>di</strong>chte entnommen, <strong>di</strong>e soeben unter dem Titel „Auf Patrouille“, Dokumente aus<br />

großer Zeit, herausgegeben von Franz Mahlke, erschienen ist. Concor<strong>di</strong>a, Deutsche<br />

Verlagsanstalt, Berlin, Preis 1 Mk) Viktor v. Kohlenegg<br />

Das Landsturmlied des Landsturm Regiments nr. 11, Rosegger<br />

29.08.1915: Seemannsgrab, Oskar Blobel, (da Innsbrucker Kriegsflugblätter n. 116) (foglio<br />

non numerato)<br />

Des Kriegers Abschied von seiner Mutter, Im Felde, Bernh. Amos, Einj. Freiw.<br />

Unterjäger, Innsbruck<br />

Nur einen Tag im Schützengraben, Anny v. Newald Grasse, Melk, Wien<br />

Festge<strong>di</strong>cht zum 18. August 1915, H. v. F.<br />

Tirol!, Brünn, Leopold Schwarz<br />

Tiroler Schnalzer<br />

Jederzeit kampfbereit!, Josef Wallner, Landsturm Bataillon 3/38<br />

03.09.1915: „Von der Etsch…“ (Hymnus eines Mitteldeutschen an Tirol), Richard Elb,<br />

Brüssel.<br />

Zu Sepp Innerkoflers Tod! , Adolph Schroth, Wien<br />

Brest Litowsk, Ernö Somlyo, k. u. k. Husarenleutnant beim I.T.D. Kommando<br />

Goinger<br />

Kampfruf aus dem Hochgebirge, Rudolf Halama, Vormeister k. u. k. Tiroler<br />

Feldkanonen Batt. Nr. ?‚<br />

Erfolgreiche Beschießung unseres Kommandos durch <strong>di</strong>e Italiener, (Ge<strong>di</strong>chtet im<br />

Schützengraben, 22 August 1915), Fer<strong>di</strong>nand Jankowsky, Patrouilleführer,<br />

Gendarmerieassistenz, Borghetto.<br />

Tirols Landsturm, Hans von der Trisanna<br />

Mein Kamerad!, Julius Niedl, k. u. k. Not Reservespital 1. In Meran<br />

08. 09. 1915: Auf das Grab eines Kameraden, Karl Dopf, Inf. Reg. Nr. 59, Sanitätsabt.<br />

Feldpost 222.<br />

Der Standschütz, (con immagine), 26 August 1915, O. Gf. Czernin<br />

Tiroler Bergbauern*), Innsbruck, Heinz v. Wörndle, *) Bei der<br />

Landsturmmusterung in Imst am 26. April d. J. traf das Los auch einen Bauern aus Gries bei<br />

242


Lingenfeld (Oetztal), der 17 Kinder zu versorgen hat, davon 10 eigene und 7 von jenem schon<br />

früher eingedrückten Bruder.<br />

Neue Tiroler Schnadahüpfl, Hans von der Trisanna<br />

Das Edelweißkorps, Im Kriegsjahre 1915 gewidmet dem Edelweißkorps von<br />

Jakob Gaßner, Vizewachtmeister, Malè<br />

12.09.1915: Ruhmlose Helden, O. Kernstock 513<br />

15.09.1915: Tiroler Wacht, (Unterlegter Text der „Wacht am Rhein“ von A. Cz.)<br />

Nachher, Leo Heller<br />

St. Michael, Anny v. Newald Grasse, (Melk, Wien)<br />

Österreichisches Fahnenlied, Brünn, August 1915, Leopold Schwarz<br />

Zum Jahrestag der Feuertaufe des k. k. Landesschützenregiments Nr. II in<br />

Dunajiov (Galizien) am 27 August 1914, 27 August 1915, Karl F. Thaler<br />

17.09.1915: Die Abrechnung (con immagine, pagina senza numerazione), Text v. I. K.<br />

Kampf, G. v. Sonderhoff<br />

D’annunzio als Flieger, Oskar Blumenthal<br />

Gefangene, Arthur von Wallpach<br />

29.09.1915: Hesser Schlachtgebet Anno 15., Richard Koderle, k. u. k. Leutnant, Kommandant<br />

der Marsch M. G. A. 3/49, zugeteiltet dem Standschützen Baon Zillertal<br />

Ich komme, toter Kaiserjäger Kamerad, Oberer Isonzo, September 1915,<br />

Kriegsfreiw. Kadett Ant. Dörrer, Innsbruck<br />

02.10.1915: Judas, G. v. Sonderhoff<br />

Der rote Aar, Malè, im September 1915, J. Gaßner, Vizewachtmeister<br />

Patrouillen Marschlied der Kampfgruppe des Herrn Hauptmanns Krähn<br />

(Melo<strong>di</strong>e: Wir halten fest und treu zusammen), Fer<strong>di</strong>nand Jankowsky, Patrouilleführer<br />

Mein schwerster Gang (Erlebnis aus Serbien), Fer<strong>di</strong>nand Jankowsky,<br />

Patrouilleführer<br />

513 OTTOKAR KERNSTOCK: poeta, (Marburg a. d. Drau (Slowenien) 1848 - Festenburg (Stmk) 1928).<br />

Durante i suoi <strong>stu<strong>di</strong></strong> (legge e teologia) all’università <strong>di</strong> Graz apprese nozioni sulla storia antica che sarebbero<br />

state importanti per i suoi lavori futuri. Nel 1871 ricevette l’or<strong>di</strong>ne sacerdotale, nel 1872 fu archivista e<br />

bibliotecario. Come cappellano e in seguito come prete apprese l’amore per i popoli ai quali si de<strong>di</strong>cò con grande<br />

servizio. Molte delle sue poesie, che poi furono illustrate da H. Vogel e furono musicate da molti musicisti,<br />

apparvero per la prima volta nei «Münchener Fliegenden Blättern» ai quali egli collaborò per 25 anni. Le sua<br />

poesia patriottica che, durante la prima guerra mon<strong>di</strong>ale fu in prima linea per la <strong>di</strong>fesa della patria, invitava<br />

sopratutto all´unità del popolo e a mantenere alti i propri valori nazionali. Fu autore dell’inno austriaco valido<br />

dal 1918 „Sei gesegnet ohne Ende...“. Le sue poesie cantano, in versi molto curati delle azioni eroiche <strong>degli</strong><br />

uomini del passato tedesco, ma anche del presente. Egli fu molto apprezzato già in vita. Era dottore <strong>di</strong> ricerca,<br />

membro <strong>di</strong> numerose associazioni letterarie, artistiche e scientifiche, nonché onorato <strong>di</strong> cariche politiche. La sua<br />

poesia Ruhmlose Helden apparve anche nella sua raccolta <strong>di</strong> poesie, pubblicata nel 1915 a Graz per la casa<br />

e<strong>di</strong>trice Leykam, Schwertlinien aus dem Zwingergärtlein, che contiene numerosi testi ispirati alla realtà storica<br />

del momento. Molti <strong>di</strong> questi titoli sono simili a quelli che troviamo nelle pagine della LB: Wächterlied, Gott<br />

segne Dich, mein Kaiser, Die Pflicht, Schützengruß, Vor der Attacke, Heldentod, Kreigssprüche.<br />

243


Deutschland und Oesterreich, Ignaz Vogel, Unterjäger, Ordonnanz des k. k.<br />

Standsch. Baons Dornbirn<br />

Bella Italia!, Anny v. Newald Grasse, (Melk, Wien)<br />

Emanuel, Martin Oberholzer<br />

06.10.1915: (copertina de<strong>di</strong>cata all’Imperatore, con poesia e ritratto), Zum 4. Oktober. 1915,<br />

Heinrich v. Wörndle, Wien<br />

Ge<strong>di</strong>chte (Zur Erinnerung an <strong>di</strong>e glorreiche Wiedereroberung des „Monte San<br />

Michele“ am Plateau von Doberdo durch <strong>di</strong>e tapferen, todeskühnen Truppen der 93.<br />

Infanterietruppen<strong>di</strong>vision unter dem Kommando des Generalmajors Bög, dessen rasche<br />

Initiative, persönliche Energie und Mut zur Wiedereinnahme führten.), Bisjaki, 29 Juli 1915,<br />

Josef Winter, Oberleutnant<br />

Roter Tiroler Adler, Dipl. Ing. Rudolf Engelmann, Oberleutnant a. D.<br />

Wir Tiroler, Im felde, Oberleutnant, Adolf H. Povinelli<br />

Alte Bauernregeln, Hans von der Trisanna<br />

Zum Sturm!, (Zur Erinnerung an <strong>di</strong>e Kämpfe der 58. Gebirgsbrigade am Plateau<br />

von Doberdo, Juni-Juli 1915, Josef Winter, Oberleutnant<br />

09.10.1915: Das Kind des Kriegers, Haindorf in Böhmen, Josef Bennesch<br />

Cadornas Klage, U. Brüggemann, Hamburg<br />

Hab‘, Liebchen, Mut!, 20 September 1915, Carl F. Thaler, Telephonist im 3./II<br />

Landesschützen Baon.<br />

13.10.1915: Kriegsgruß an den Tiroler Landsturm, (Dem Landsturmbataillon Nr. 23 ist eine<br />

Feldpostkarte eines 9jährigen Knabens zugekommen, das ein Ge<strong>di</strong>cht voll rührendem<br />

Mitgefühl für unsere braven Landsturmmänner enthält. Das Ge<strong>di</strong>cht, das als Dokument <strong>di</strong>eser<br />

Zeit vom Landsturmbataillon aufbewahrt wird, ver<strong>di</strong>ent, in seinem Wortlaute hier<br />

wiedergegeben zu werden.), An den lieben Landsturmmann auf höchster Wacht in Tirol, Gruß<br />

aus Wr. Neustadt, 2 Oktober, Erich Varrone, 9 Jahre alt, wohnhaft in Wr. Neustadt, herzog<br />

Leopoldstraße Nr. 17/II<br />

Mahnung, Max B., Feuerwerker, A. Z. D., Trient<br />

Volkslied, Carl Salm<br />

Leutnant Hans, Ballade von Einj. Freiw. Franz Leitner 514<br />

Ich kenn‘ ein Land – Italia!, Adolf Schroth, Mauer bei Wien<br />

Der kleine König, (auf jede Walzermelo<strong>di</strong>e), M. Neuhaus, dzt. Innsbruck.<br />

16.10.1915: Wir Tiroler Landeschützen, Standort, 22 September 1915, Carl F. Thaler,<br />

Telephonist im 3/II. Landesschützen Baon.<br />

Die Sonne sank, Rudolf Engelmann, z. Zt. Oberleutnant a. D., Lix. 7. Rumburg,<br />

Deutschböhmen.<br />

514<br />

FRANZ LEITNER: poeta <strong>di</strong> origine conta<strong>di</strong>na, (Neustadt, 1849 - Neustadt 1922). Interessato alla vita della<br />

gente comune, tipo <strong>di</strong> scrittura realista che porta avanti una violenta critica alla società. Positivista socialista.<br />

244


Der Kriegsfriedhof zu Stavel, B. Del Pero 515<br />

20.10.1916: Den Daheimgebliebenen, Josef Bennesch, Landsturminfanterist, Volders in Tirol,<br />

am Oktober 1915<br />

Die Wacht am Isonzo, Ing. Adolf Schrott, Mauer bei Wien<br />

Belgerad, Ernö Somlyo<br />

An Tirol, Malè im Oktober 1915, J. Gaßner, Vizewachtmeister<br />

Italiens Verrat!, (Nach der Melo<strong>di</strong>e: Zu Mantua in Baden.), Hans Merso, Stdsch<br />

Baon, Enneberg<br />

23.10.1915: Die Wacht an der Donau, (Melo<strong>di</strong>e: „Die Wacht am Rhein“), Adolf Schroth<br />

Der letzte Brief, Im Felde, Oktober 1915, Richard Koderle, k. u. k. Leutn.,<br />

Marsch M. G. A 3/49.<br />

Der Kriegers Traum, Rudolf Halama, Vormeister, k. u. k. Tiroler Feldkanonen<br />

Batterie Nr. 1.<br />

27.10.1915: Das letzte Aufgebot, Im Lager, Oktober 1915, Ing. Ingruber<br />

Wehrmannlied, G. Böheim, Landst. Korp., im Divisionsstabsquartier Goiginger<br />

Kriegslied der Oesterreicher (Gegen <strong>di</strong>e Wälschen!) (Nach der Melo<strong>di</strong>e des aus<br />

dem Jahre 1797 stammenden, kürzlich in der „Tiroler Soldaten-Zeitung“ abgedruckten,<br />

Kriegsliedes Beethovens gegen Italien 516 ), Bozen, 20 Oktober 1915, Karl Delug.<br />

Den Zweien <strong>di</strong>e Treue!, am 17 Oktober 1915, E<strong>di</strong> Cinibulk<br />

Standschützen im Süden, Innsbruck, Oktober 1915, Dr. Leopold Edler v. Ceipek<br />

An <strong>di</strong>e Helden vom Ortler, Ers. Res. Unterjäger Frz. Angerer<br />

??.??.1915: Unseren gefallenen Helden!, E. Schwartz<br />

Verschollen, B. Del Pero<br />

Trientiner Landeschützen,Von Othmar Hassenberger<br />

Zornsprühenede Berge, (immagine e testo, foglio sciolto) Br. Willram<br />

Italien, Johann Portenkirchner, Gefreiter u. Telephonist im k.k. Landst. Baon<br />

165, 2. Komp.<br />

Die Osttiroler Standschützen, Standort, am 1. Oktober 1915, Ing. Ingruber<br />

Feldpostbrief eines Bersaglieri an seine Braut, aus einem Feldpostbrief<br />

03.11.1915: Des Vaterlands Zukunft erblüht aus dem Schmerz, Othmar Hassenberger<br />

Ein Danklied, Aus dem Felde in Rußland<br />

Dort, wo <strong>di</strong>e schwarz-weiß-roten Fahnen wehn, Sollst Du, mein Oest’reich treu<br />

zur Seite stehn!, Rumburg, 5 Juni 1915, Engelmann, Oberleutnant a. D.<br />

Allerseelen, Karl Dopf, Inf. Reg. Nr. 59, Sanitätsabt.<br />

515<br />

DEL-PERO BARTHOLOMÄUS: poeta, (Pizzano im Nonsberg (Südtirol), 1850 - Innsbruck, 1933). Dal 1873<br />

nel servizio <strong>di</strong> gendarmeria territoriale. Sebbene provenisse dalla parte italiana del Sudtirolo, mostra nelle sue<br />

produzioni poetiche un forte attaccamento alla germanità.<br />

516<br />

In Vermischtes del 09.10.1915 pag. 4.<br />

245


Tiroler Kriegslied, Franz Grosholz<br />

06.11.1915: Edelweiß. Dem Edelweißkorpos und seinen erlauchten Kommandanten Herrn<br />

Erzherzog Josef Fer<strong>di</strong>nand in Ehrfurcht gewidmet. Melo<strong>di</strong>e: „Wer nennt mir jene Blume, <strong>di</strong>e<br />

allein“, (auto), Hans Kaiser, dzt. Ldst. Eisenbahnsicherungsabteilung Werfen, Salzburg.<br />

Dolomitenwacht, (Nach der Melo<strong>di</strong>e: „Ergo bibamus“), G. Böheim, Lft. Korp.<br />

Im Dionsstabsquartier Goiginger<br />

Begleitschreiben,<br />

Unsere Hoffnung, A. P.<br />

Der Kriegsfreiwillige, (poesia e immagine), testo <strong>di</strong> Leutnant i. d. Ev. Dr. Karl<br />

Mumelter<br />

09.11.1915: Die Verwundeten, Karl Salm<br />

Tiroler Marsch, Nach der Melo<strong>di</strong>e „Der gute Kamerad“ singbar, G. Böheim, Lst.<br />

Korp. Im Divisionsstabsquartier Goiginger<br />

Am Passo Para<strong>di</strong>so, B. Del Pero<br />

Die „Gefürchtete Grafschaft von Tirol“, Im Felde, 26 Oktober 1915, Karl Koob<br />

Ein Gesicht, Josef Bennesch, Landsturminfanterist, im k. k. LJR. Nr. 10, 5.<br />

Ersatzkompagnie, in Volders<br />

20.11.1915: Die Wacht im Süden, Im Felde, November 1915, Eberhard von Weittenhiller, k.<br />

k. Oberleutnant<br />

Wir halten durch!, J. K.<br />

Dolomiten Schnadahüpfel, Hans von der Trisanna, Wien, k.k. Reservespital Nr.<br />

I.<br />

„Die richtige Antwort“, Otto Chru<strong>di</strong>mak, Zugsführer, dzt. Beim k.u.k.<br />

Monturfilialmagazin in Bozen<br />

23.11.1915: Hadji Dimiter, Von Christo Botew, (Nach<strong>di</strong>chtung aus dem Bulgarischen von<br />

Dora CH. Tzschachmann), de<strong>di</strong>cata a due martiri bulgari<br />

Dolomitenwacht, Landro, Tirol, Oberleutnant A. Spitzer<br />

Zur Enthüllung des Denkmals „Anno Neun“ von Christian Plattner in<br />

Innsbruck, <strong>di</strong> B. Del Pero<br />

Ich gab sie Dir, mein Kaiser, von Etelka Fischer, Genf<br />

Wie lange noch?, Brünn, im Nov. 1915, Leopold Schwarz<br />

„Instruktion und Lehr für einen jeden Kriegsmann.“ (Der kaiserliche oberste<br />

Kriegshauptmann und Rat Maximilian II., Lazarus von Schwen<strong>di</strong>, hat sich in der so betitelten<br />

Schrift über <strong>di</strong>e Pflichten des Soldaten in folgenden Versen ausgesprochen)<br />

27.11.1915: Hw. Herrn k.u.k. Hauptmann Freiherrn v. Buol anläßlich seiner Ernennung zum<br />

Major, C. F. Th., gewidmet von der Mannschaft eines Landesschützen Baonsstabes, Standort,<br />

am 31 Oktober 1915<br />

246


01.12.1915: Das hohe Lied der Infanterie, Art. Oberleutnant d. Res. Hoffer<br />

Mährischer Landsturm, Adolf Reithmeyer, Offiziersstellv.<br />

Feldnacht, (Am Tage vor dem Durchbruch an der Zlota lipa), Artillerie Oberl. D.<br />

R. Hoffer<br />

Andreas Hofers Mahnruf, S. Pinggera<br />

Dolomitenwacht, Innsbruck, Br. Willram, foglio sciolto con immagine<br />

02.12.1915: Wir Kaiserjäger!, Zgf. bei den Tiroler Kaiserjägern Artur Iauernig<br />

Col <strong>di</strong> Lana, Amis<br />

Begeisterung, Einj. Freiw. Zugsf. Der Tir. Kaiserjäger Franz Leitner<br />

Erkenntnis, Im Felde, November 1915, M. Bjargetz<br />

Halleluja Polonia!, (Am Tage nach dem Falle von Warschau), Art. Oberl. d.<br />

Res. Hoffer<br />

Die Pflicht, Jakob Dinkel<br />

08.12.1915: Bartel Merz, Lt. Falkner<br />

Col <strong>di</strong> Lana, J. Gaßner, Vizewachtmeister<br />

In den Karpathen, Amis<br />

Gruß dem Tiroler Volk, (Am 100. Tage nach der Kriegserklärung Italiens),<br />

Artillerie Oberl. i. d. R. Hoffer<br />

Gegen den Welschen, Ignaz Vogel, Baon Dornbirn<br />

11.12.1915: Tiroler Landesschützen, G. L.<br />

Es spukt, Lt. Falkner, 166. Baon<br />

Die Blätter fallen…..!!!, Ge<strong>di</strong>cht von Kanonier Johann Herlt, Im Felde an der<br />

italienischen Grenze<br />

15.12.1915: Andacht, August Geigl, Einj. Freiw. Einj. Regt. d. T. K.J.<br />

Der Feldpostbrief, Josef Ostermann, Feldpostsekretär<br />

Donauwacht, Feldkirch, September 1915, Dr. Ringler<br />

18.12.1915: Hellauf Tirol!, Sommer 1915, Anna von Goldegg<br />

Vergeltung, Im Felde, am 1. Dezember 1915, Unterjäger Franz Ewerz,<br />

Kommandant einer Handra<strong>di</strong>ostation<br />

Der Standschütz, Bozen, am 1. Dezember 1915, v. Delug 517<br />

Unsere Hoffnung, A. P.<br />

22.12.1915: Nun kommen <strong>di</strong>e heiligen Stunden…, Einj. Freiw., Zugsf. Franz Leitner<br />

517<br />

DELUG ALOIS: pittore (Bolzano 1859 - Vienna 1930). Frequentava le scuole a Bolzano quando sentì i primi<br />

stimoli verso la pittura, per un breve periodo <strong>stu<strong>di</strong></strong>ò filosofia a Innsbruck, tra il 1880-85 frequentò l’Accademia<br />

<strong>di</strong> pittura viennese sotto la guida <strong>di</strong> Leopold C. Müller e fece dei viaggi in Italia e Inghilterra. Nel 1888 si<br />

sistemò a Monaco, nel 1896 nuovamente a Vienna dove fu insegnante tra il 1898-1928. Per due anni lavorò in<br />

America. Egli si sforzò <strong>di</strong> mantenere in vita gli antichi scorci <strong>di</strong> Bolzano e costruì anche il museo al cui piano <strong>di</strong><br />

rifacimento collaborò <strong>di</strong>rettamente.<br />

247


Die Waise, J. R.<br />

Tiroler Adler, fliege hoch!, Bozen, November 1915, v. Delug<br />

Junger Bauer im Felde, Alfred Huggenberger<br />

Oesterreichs Helden, Bozen, November 1915, v. Delug<br />

Zum letzten Werk mit frohem Mut!, Im Felde, Dezember 1915, Meinrad Bargetz<br />

Das Kreuz von Mutter Rosenkranz, Kanonier Johann Herlt<br />

25.12.1915: Weihnachts Beilage<br />

Weihnachts Botschaft, O. Kernstock<br />

Gebet, Arthur von Wallpach<br />

Christnacht, Alfred Huggenberger<br />

Das deutsche Lied, Josef Erler<br />

Serbien, Heinrich v. Schullern<br />

In<strong>di</strong>ce contenuti Ge<strong>di</strong>chte1916<br />

Neujahrs Beilage (1.1.1916): Das alte Jahr. Innsbruck, Bernhard Diamant - Das neue Jahr.<br />

Alfred Huggenberger, pagina senza numerazione<br />

An meine Berge, August Sieghardt, Kufstein<br />

Die Königin der Waffen, Feldpost 601, am 17. Dezember<br />

1915. Zugsführer Georg Böheim<br />

Rückblick, Im Felde, im Dezember 1915, Meinrad Bargetz<br />

Sprüche zur Kriegszeit, Wien k. u. k. Reservespital I., Hans von<br />

der Trisanna<br />

Drei Kameraden, Karl v. Eisenstein, Fähnrich<br />

Vision…, Ploszowa, 10. Dez. 1915, Siegele, Oblt.<br />

Donauwacht, Motto: Die große Zeit, Fluck Sempach, 31 Okt.<br />

1915, an meinem 44. Geburtstage, Jean Bättig<br />

Kriegsstrophe zur Volkshymne, Major Eugen Erlacher<br />

Tiroler Kriegsschnaderhüpfeln, Den Tiroler Standschützen zu<br />

frohgemutem Singsang gewidmet von Fr. Fr. Kohl 518<br />

Hiesl<br />

Hans Heinz Ewers<br />

Dr Hiesl tuet walsch learnen, von Otto Rudl, Feldpost 98, Dein<br />

Lied der Rheinischen Reiterei, (Nach dem 15. Jahrhundert),<br />

Der Posten, Lt. Tauschinsky<br />

518 KOHL FRANZ FRIEDRICH: entomologo e <strong>stu<strong>di</strong></strong>oso <strong>di</strong> canti popolari. (St. Valentin a. d. Haid (Südtirol),<br />

1851-Traismauer, 1924). Stu<strong>di</strong>ò scienze naturali all’università <strong>di</strong> Innsbruck. Redasse più <strong>di</strong> 80 lavori su<br />

l´Hymenopterol. Come <strong>stu<strong>di</strong></strong>oso <strong>di</strong> Volkslieder egli appartenne al circolo <strong>di</strong> J. Pommers, ma nel 1903 fondò la<br />

Dt.Volkslied-Ver. a Vienna.<br />

248


08.01.1916: Tirol 1914/15, Franz Karl Ginzkey<br />

Alarm!, Standschützen Hauptmann, Arthur v. Wallpach<br />

Tiroler Standschützen, Karl Zangerle, Meran<br />

Die Schützenfrau, Das folgende Ge<strong>di</strong>cht, das vom Herrn Feldkurat Hauser<br />

eingesendet wurde, hat ein Landesschütze am Monte Piano verfasst, der kurze Zeit darauf fiel<br />

Wir und Welt, Hans Heinz Ewers<br />

Die Donauwacht, Karl Fränk<br />

Weihnachtsgrüße 1915, der Frauen und Mädchen von Leifers an ihre<br />

Angehörigen im Felde, Berger<br />

12.01.1916: Sr. k. u. k. Hoheit dem Durchlauchtigsten Herrn Erzherzog Thronfolger Karl<br />

Franz Josef zum Gruß!, Feldpost Nr. 98, am 8. Jänner 1916, Karl F. Thaler<br />

Weihnachten im Felde 1915, (Das folgende Ge<strong>di</strong>chten sandte Kanonier Franz<br />

Haas namens seiner Kameraden seinem Batteriekommandanten Hauptmann Eugen<br />

Gasiorowski eines Feld Artillerie Bataillons), Franz Haas<br />

Marschlied*), gewidmet dem k. k. Standschützen Feldbaon Bozen., „Der rote<br />

Adler siegt!“ (Victoria aquila rosso!), den 6. Juni 1915, Hansi Andry, *) Einberufung,<br />

Feldzug, Kriegsziel.<br />

Verlor’nes Spiel, Nach der Melo<strong>di</strong>e: „An dem Baume, da hängt ‘ne Pflaume“,<br />

Landro, am 31. Dezember 1915, Franz Wiskozil, Korporal einer k. u. k. Telegr. Abt.<br />

22.01.1916: Jünglingsblut, Jänner im Felde, Frz. Xav. Oberkofler<br />

Junger Mut, Alfred Huggenberger<br />

foglio unico: Dolomitenwacht. Ge<strong>di</strong>cht von Br Willram (H. Prof. Müller) Komp. V. Msg.<br />

Mitterer Domchor Dirigent. Bruneck, Kriegsjahr 1915. Segue spartito musicale.<br />

Barbaren, Bernhard Diamant<br />

Letzte Heimfahrt, (Dem im Oktober 1915 bei Viegereuth gefallenen und<br />

anfangs Jänner 1916 zu Meran endgültig beigesetzen Landesschützen Patrouilleführer Josef<br />

Rungg gewidmet.), Feldpost Nr. 98, im Jänner 1916, Karl F. Thaler<br />

Arbeiter in den Dolomiten, Im Felde im Jänner 1916, Armin Spitzer, Oblt<br />

25.01.1916: Zum 27. Januar 1916, Straßburg, Elsaß, Januar 1916, Rudolf Engelmann k. k.<br />

Oberltnt a. D.<br />

Heil den Helden, O. V.<br />

Tirol, Von Bruno Stephan, Berlin<br />

Die Ungekannten, Von Friedrich Kayßler<br />

Merkverse für <strong>di</strong>e Walsch’n, Josef Maschler<br />

29.01.1916: Unserem Kaiser!, Albertine Luhde Ilg<br />

An unsere Helden im Felde, Otmar Hassenberger<br />

Die Wacht in Tirol, Theres Blaas, Meran Obermais, Trutzmauerhof<br />

249


Die Beleuchtungsschützen, (Gewidmet unserem allverehrten Kommandanten<br />

Herrn k. u. k. Oberleutnant Rudolf Puschmann der k. u. k. Beleuchtungsabteilung Nr. 1/1 B.),<br />

Hans Fuchs, k. u. k. Zugsführer<br />

Col <strong>di</strong> Lana Klänge, Jäger Max Schmachtl<br />

Wille, Alfred Huggenberger<br />

Tirol unteilbar, Heinrich von Schullern<br />

Tirol Landesschütze, (con immagine), C. F. Th.<br />

Der Steirabua, Bernhard Diamant<br />

02.02.1916: Bis an <strong>di</strong>e Grenze der Unmöglichkeit, Rudolf Halama, Korporal, einer k. u. k.<br />

Tiroler Feldkanonen Batterie<br />

Des Kaisers brave Arkeley, 30. Jänner 1916, Hptm. Des Artilleriestabes Richard<br />

Stöger<br />

Der Siegerring, Sr. k. u. k. Hoheit Generalobersten Erzherzog Eugen gewidmet,<br />

Lt Max Depolo<br />

Beim Vino Santo, Dem Herrn Oberst Adolf v. Slanina eines k. k. LSchR.<br />

Gewidmet, Lt Max Depolo<br />

Der Schlachtentod, Lt Max Depolo<br />

Unser Kommandant, Feldpost 222, L. G., Oberleutnant<br />

Der Landeschütze, Rudolf Hofbauer, Zugsführer in einem Landessch. Reg.<br />

Heldenfriedhof in Tirol, Kolingen, Abschnitt Vielgereuth, am 20. Jänner 1916,<br />

Professor Dr. Heinz J. Tomeseth, Kr. Freiw. Eines T. KJR<br />

08.02.1916: Krieg ist mit Rom!, Von Hermann Steinschneider eines Inft. Regt.<br />

Im Feld, 30 Jänner 1916, J. B.<br />

Kriegslied der Oesterreicher. (Gegen <strong>di</strong>e Welschen!), Karl v. Delug<br />

Salve Sancta Barbara!, Ein Stuckknechtslied derer Arkeley hohen<br />

Schutzpatronin St. Barbara in Treuen gewidmet von weiland Leutnant Hans Knapp, eines F.<br />

K. Regts.<br />

Dolomiten 1915, Innsbruck, 18 Jänner 1916, Max Grotti, k. k. Landst. Oberjäger<br />

Landstürmers Abschied, Bernhard Diamant<br />

Von den Tirolern am östlichen Kriegsschauplatze. Silvesterspruch 1915.<br />

Gesprochen in der Silvesternacht 1915 in Wolhynien, Oblt. G. v. Tschurtschenthaler<br />

12.02.1916: Tiroler Schützen, Elis Petz<br />

Col <strong>di</strong> Lana, (Gewidmet den Helden des Col <strong>di</strong> Lana), Zugsführer Emil Walter<br />

eines k. u. k. Sappeur Baons<br />

26.02.1916: Sepp Innerkofler. Nach einem Gemälde von Prof. F. v. Defregger, A. Geigl, Einf.<br />

Frw. Unterjäger<br />

Landsturmlied, Theodor M. Vogel<br />

Soldatenbraut, Rudolf Sieber, Kadett<br />

Es war einmal, Paul Elias, Zugsführer<br />

250


Angriff, Kanonier Toni Böhringer einer Gebirgskanonenbatterie<br />

Der Asra (Frei nach Heine), Bernhard Diamant<br />

Die Helden am Isonzo, (Nach der vierten Isonzo Schlacht), Nordfront, Dezember<br />

1915, Art. Oberleutn. d. Reg. Hoffer<br />

Der Held, Karl Zangerle, (Meran)<br />

Das liebe Pustertal, G. Böheim, Zugsf. im Divisionsstabsquartier<br />

02.03.1916: Lied aus der ersten Kriegszeit*) Mobil, Oelsnitz i. Vogtl, K. Völkel, *) Der<br />

Autor übermittelt den Wunsch, dass sich ein österreichischer Bundesbruder finden möge, der<br />

dem Liede weisen gibt, <strong>di</strong>e es volkstümlich machen.<br />

Frieden, Heinrich v. Schullern<br />

Dem Helden der goldenen und silbernen Tapferkeitsmedaille, Melo<strong>di</strong>e: „Strömt<br />

herbei ihr Völkerscharen“, Mauer bei Wien, Ing. Adolf Schroth<br />

Oesterreich, Gruchol, Korporal eines Ldst. Inf. Baons.<br />

Aus den Dolomiten, Unterj. Ig. Vogel, Baon Dornbirn<br />

Ein treuer Führer, Sr. Wohlgeboren Herrn Major Konstantin Valentini in<br />

Verehrung gewidmet, R. E., Unterj. eines LSR<br />

04.03.1916: Rosen am Weg, Alfred Huggenberger<br />

Auf, auf, ihr mutigen Scharen, von Bruno Stephan, Berlin<br />

Schwarz-Gelb, Rudolf Engelmann, k. k. Oblt. a. D.<br />

08.03.1916: Wir Kaiserjäger, Eduard Andreas Rohracher, dzt. Landeck<br />

Lied eines Landesschützen aus dem Oktober 1914, Das folgende Ge<strong>di</strong>cht<br />

entstand zur Zeit der Anfangskämpfe in Galizien im Jahre 1914 und hat unterdessen bei<br />

unseren Truppen vielfach Verbreitung gefunden, wo es als Soldatenlied gesungen wird. Das<br />

Ge<strong>di</strong>cht wurde im Interesse der Feststellung des authentischen Textes vom Verfasser der<br />

Tiroler Soldaten-Zeitung zum Abdrucke übersendet, Dr. Wilhelm Bergmann, Leutnant eines<br />

LSR<br />

Die Kämpfer an der Südwestfront, Innsbruck, Hans Gatterer, Einj. Freiw.<br />

An <strong>di</strong>e Opfer des weißen Todes von 24. Februar 1916, Korp. Ludwig Gürtler,<br />

Waffenmeister<br />

Das Rote Kreuz, Im Felde, 26. Februar 1916, Othmar Kofler, S. U. O., Zugsf.,<br />

im k.k. Standschützen Baon Kaltern<br />

Lovcen!, (Zum 10 Jänner 1916), Wien, Heinz v. Wörndle<br />

Das Liedchen von der Treue, Bernhard Diamant<br />

Tiroler Helden, gewidmet den Standschützen meiner Heimat, Sepp Fischnaller,<br />

Akron, Ohio, 18 Dez. 1915.<br />

11.03.1916: Enkeln werden es den Enkeln sagen, Klausen, am 6 März 1916, Oberleutnant<br />

Ascher<br />

Tagwach, SWFront, 18 Februar 1916, E<strong>di</strong> Cinibulk<br />

251


Bozener Landeschützen, von Otto König 519<br />

Nachtgebet, Ella Triebnigg<br />

Frühlingsbote, 2500 Meter Höhe, Arthur v. Wallpach<br />

15.03.1916: Tod in der Schlacht, O. Hbgr<br />

Jägerschwur, (Den Tiroler Kaiserjägern gewidmet), Lt. Depolo<br />

Schneevergraben, 2500 Meter Höhe, Arthur v. Wallpach<br />

Unserem verehrten Briga<strong>di</strong>er Oberst Spiegel anlässlich seiner Dekorierung am<br />

25 September 1915 gewidmet vom Standschützen Baon Klausen<br />

Kriegsbetstunde, Bonn, J. vom Rhein<br />

26.03.1916: Tirolervolk, Lt. Depolo<br />

Am Lawinenhang, Im Felde in Tirol, am 29 Feber, Dr. Ostheimer, Ass. Arzt<br />

Stellv. d. R.<br />

An <strong>di</strong>e Katzelmacher, Julius Heuberger<br />

Soldaten, schützet den Wald!, Cerelen März 1916, Hans Rosenfeld<br />

Unser Wahlspruch, Einj. Freiw. Erich Mayr<br />

Soldatenfrau, Bozen 1915, Elis Petz<br />

06.04.1916: Hell Dir, mein Land Tirol!, (Melo<strong>di</strong>e: zu Mantua in Baden), Mauer bei Wien,<br />

Adolph Schroth, Ingenieur<br />

Das Helden Kreuz, Landeck, im Lenzmond 1916, Eduard Andreas Rohracher<br />

Die Kaiserjäger*), Ernst Froh, *) Zu singen nach der Weise: „Hinaus in <strong>di</strong>e<br />

Ferne mit lautem Hörnerklang“<br />

Frühling, SW. Front, 21 März 1916, E<strong>di</strong> Cinibulk<br />

Der Jungschütz, Lied für 4 Männerstimmen von Josef Vetter jun.<br />

Grenzwacht, Einj. Freiw. Erich Mayr<br />

Der Lindenbaum, Bernhard Diamant<br />

Schwarzwaldnacht, Straßburg, Elfaß, Februar 1916, Rudolf Engelmann, k.k.<br />

Oblt. a. D.<br />

12.04.1916: Wohltun in Kriegstagen, Alfred Huggenberger<br />

Der Blumenteufel, Rudolf Plettenbacher<br />

An mein Lieb!, Fritz Möry, Zugsführer<br />

519<br />

KÖNIG OTTO: ps. André Flisseau, scrittore e giornalista. (Vienna, 1882 - Vienna 1932). Dapprima operaio<br />

in una fabbrica il cui capo gli permise <strong>di</strong> fare la scuola superiore. Divenne consulente e<strong>di</strong>toriale per la Fischer<br />

Verlag <strong>di</strong> Berlino e poi per la Ullstein. Durante la Prima guerra mon<strong>di</strong>ale descrisse, come corrispondente <strong>di</strong><br />

guerra in servizio con l’esercito tedesco le sue impressioni al fronte sud. Dopo il 1918 visse ad Innsbruck e<br />

fondò il settimanale «Widerhall» dal quale nacque una collezione <strong>di</strong> poesie Heimat in Not che mostra con<br />

convinzione la battaglia dei tirolesi per la patria e il carattere nazionale. Tra il 1925 e il 1932 fu redattore del<br />

«Neuen Wiener Journals» nel quale fu anche attivo come corrispondente teatrale. (Altre opere: Stimmen der<br />

Seele, Ge<strong>di</strong>chte, 1915; Glocken im Sturm (G.), 1916; Kameraden vom Isonzo, Erzählungen, 1916; Heimat in Not<br />

(G.) 1918).<br />

252


23.04.1916: Höhenwunder, Hugo Salus 520<br />

Den Jungen, Arthur von Wallpach<br />

Tiroler Ostern 1916, M. E. delle Grazie 521<br />

Aufersteh’n, aufersteh’n!, Steyr, Gregor Goldbacher 522<br />

Den Zaghaften, Angelika v. Hörmann 523<br />

Der Kaiser ruft!, Br. Willram<br />

Frieden, Heinrich v. Schullern<br />

Zum Auferstehungsfest, Adolph Schroth, Ingenieur, Mauer bei Wien<br />

Frühling, H. B. v. Told<br />

28.04.1916: Feldsoldaten, Im Felde Fähnrich Rud. Bernreiter<br />

Was ist dabei?, Fritz Prause, Feuerwerker<br />

Ich hab‘ ein Hüglein im Polenland, Karl Dankwart Zwerger, dzt. Kdt.-Asp.<br />

Da Franzl., I. Vetter jun., Unterj. beim k.u.k. Etp. Bez. Komdo. Innsbruck<br />

Gruss an mein Mutterl., Infanterist Joh. Breitfelder<br />

Frühling, S. W. Front 15 April 1916, Dr. Pohl Oblt.<br />

Die Donauwacht<br />

04.05.1916: Baon Nr. 166., Gewidmet dem tapferen Bataillon und seinem Kommandanten<br />

von Zugsführer Erich Gruchol<br />

Unser Sohn, Familie Kofler in Schwanenstadt gewidmet zur Erinnerung an ihren<br />

Sohn Johann Kofler, Schütze im k. k. oberösterr. Schützenbaon 1. Am 7 Oktober 1915 am<br />

südwestl. Kriegsschauplatze schwer verwundet, am 20. November 1915 in Innsbruck den<br />

Verwundungen erlagen. Besitzer der silb. Tapferkeitsmedaille 1. Klasse, Henriette Dietrich<br />

Altes Söldnerlied, Alfred Huggenberger<br />

Ein Tiroler Landstürmer an seine Frau, Adalbert Decall<br />

Cadorna berichtet…, (frei nach Schiller), Fritz Zugsf.<br />

520<br />

HUGO SALUS: scrittore e me<strong>di</strong>co, ebreo (Böhmen, 1866 - Praga 1929). Stu<strong>di</strong>ò me<strong>di</strong>cina all’università <strong>di</strong><br />

Praga. Collaborò alle riviste «Jugend», «Simplicissimus» e «Ver Sacrum». Le sue poesie sono per lo più<br />

malinconiche e trasognanti. La sua più nota raccolta <strong>di</strong> poesie è intitolata Ehefrühling (1900) ed è nota per la sua<br />

esaltazione dell’amore coniugale. Complessivamente sono da sottolineare la musicalità e il ritmo delle sue liriche<br />

come anche la sobrietà dei toni.<br />

521<br />

MARIE EUGENIE DELLE GRAZIE: poetessa, (Ungar. Weißkirchen,1864 - Vienna 1931). Discendente da<br />

famiglia veneziana. Nel 1872 la famiglia si trasferì a Vienna dove frequentò l’istituto <strong>di</strong> formazione per<br />

insegnanti. Il prof. Laurenz Müllner, teologo liberale ed etico, ne scoprì e coltivò le capacità poetiche. Nel 1833<br />

ricevette il premio delle sorelle Fröhlich per il dramma Saul e nel 1895 realizzò con la saga Roberspierre il<br />

miglior lavoro realista austriaco. Nei romanzi e racconti successivi si batté per tematiche quali la libertà del<br />

genere umano. Dopo la morte del suo scopritore la sua vita cambiò ra<strong>di</strong>calmente, si trasferì nei monti della Stiria<br />

e si votò al cattolicesimo.<br />

522<br />

GOLDBACHER GREGOR: poeta, (Steyr, 1875 - Steyr, 1950). figlio <strong>di</strong> impiegato statale, <strong>stu<strong>di</strong></strong>ò matematica<br />

e geometria all’<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Vienna.<br />

523<br />

HÖRMANN V. HÖRBACH ANGELIKA: poetessa, (Innsbruck, 1843 - Innsbruck 1921). Figlia del<br />

professore universitario Mathias Geiger. Pubblicò numerose raccolte <strong>di</strong> poesie che la resero una delle potesse più<br />

famose del tempo in Tirolo. Semplice, sobria, senza sfarzi inutili, fine, profonda, ogni tanto infervorata, trovava<br />

nell’ambito ristretto del proprio essere una quantità <strong>di</strong> motivi che la fecero artista. Kranewitter la definì, „als <strong>di</strong>e<br />

erste frau Tirols von wahrhaft nationaler Empfindung“, come la prima donna tirolese dalla vera sensibilità<br />

nazionale.<br />

253


Poincarré!, K. E. Hirt<br />

Koa Furcht!, (Bleistiftzeichnung von A. Klingenschmid, Innsbruck), Poesia<br />

anche <strong>di</strong> August Klingenschmid<br />

Kriegsroman, H. B. v. Told<br />

11.05.1916: Deutsche Barbaren, Hugo Salus<br />

Das Edelweiß im Kriege 1914-15-16, (Melo<strong>di</strong>e: Zu Mantua in Baden), Lofer,<br />

18. April 1916<br />

Der Soldatenfriedhof, Im Felde, Fähnrich Rud. Bernreiter<br />

Der deutsche Frühling, Hans Weber, Kad. Asp.<br />

Hofer’s Beichte, Josef Erler<br />

Tiroler Heimat, Heinrich v. Schullern<br />

Zwischen Krieg und Frieden, Ig. Vogel, Unterj. Baon Dornbirn<br />

Hüttenpoesie, Julius Fereberger, Kad. Asp.<br />

15.05.1916: In Bergstellung, 1 Mai 1916, H. B. v. Told<br />

Kriegsgedanken, Jaroslav Kostka, Korporal<br />

Des Himmels Gruß, Me<strong>di</strong>g Ottokar, Unterjäger eines Landesschützen Regiments<br />

Tiroler Sonne, Emil Karl Tischler, Vormstr<br />

Den wackeren Pfunsern<br />

Zum 24. Mai, Hans Schaffer, Kanonier<br />

Vor dem Sturme, Im Felde, Fähnrich Rudolf Bernreiter<br />

Kriegsanleihe, Von J. Vetter jun.<br />

24.05.1916: Wann denn?, Karl Dankwart Zwerger<br />

Zum Jahrestag der Kriegserklärung am 23. Mai 1915, Ein Lied gegen Italien,<br />

von Attilio Bleibtreu, k. u. k. Leutnant im Inf. Reg. Hoch und Deutschmeister<br />

Koa‘ Treffer!, Ernst Froh<br />

An den semmelblonden Neyder<br />

An den fausthohen Gefreiten Helm, Der Semmelblonde<br />

Auf zur Schlacht!, von Albert Leibl, Leutnant<br />

30.05.1916: Soldaten- Gottes<strong>di</strong>enst, Im Felde, Fähnrich Rudolf Bernreiten<br />

„Vorwärts“, Telephonist Walcher<br />

„Er fiel“, Tauschinsky, Leutnant eines Tiroler K.J.R<br />

08.06.1916: Aus eiserner Zeit, B. H. v. Buch<br />

Vor dem Angriff, Feldwebel Pongraz Eichelter<br />

Ich hab ein fein Muskete, Fähnrich Karl Dankwart Zwerger<br />

Morgen im Felde, Im Felde, Fähnrich Rudolf Bernreiter<br />

Die Zielscheiben, A‘ G’schichtl‘ von anno neun, Ernst Froh<br />

Hin ist hin!, Klausen, 6 April 1916, Oblt. a. D. Adolph Ascher<br />

Am Tage der ersten Schlacht, Infanterist Karl Dopf<br />

254


Vielgereuth, Wien, Mai 1916, Heinz Wörndle<br />

Unserem geliebten Kaiser, 1915, Hugo Salus<br />

Wenn der Frühling kommt, Alfred Huggenberger<br />

Kriegers Pein, Paul Zanona, Unterj.<br />

15.06.1916: Südwärts, Prof. Dr. H. J. Tomaseth, Freiw. Oberjäger eines T. KJR<br />

Hoffnung auf Segen, Im Felde, Fähnrich Rudolf Bernreiter<br />

Frühling 1916 im Land Tirol, Den heldenmütigen Tirolern als Gruß von der<br />

französischen Front zugedacht von Josef Kern, katholischer Divisionspfarrer der 16.<br />

Deutschen Res. Division<br />

Gottes<strong>di</strong>enst, Zugsführer Carl F. Thaler<br />

Junger Veteran, Hugo Salus<br />

Der Reitersknecht, Alfred Huggenberger<br />

Salandras Tränen, Calliano, 18 Mai 1916, Carl F. Thaler<br />

20.06.1916: Es stund ein Kreuzlein, Fulpmes, 12 Juni 1916, Hauptm, Adolph Ascher<br />

Der große Tag, Im Felde, Rudolf Bernreiter<br />

Altenaufgebot, Freund Wallpach ins Feld, von K. E. Hirt<br />

In der Etappe, Vilpian, im Juno 1916, Fritz Huyner, k. k. Leutnant i. d. Res.<br />

Von den Mindesten einer, Stolz Speckbacher<br />

Lehrt eure Kinder ihre Heimat lieben, Bernhard Diamant<br />

26.06.1916:/<br />

30.06.1916: Der Landsturmmann, Als Marschlied, Südtirol, im Mai 1916<br />

Der letzte Kuss, Tauschinsky, Leutnant eines Tiroler KJR<br />

Am Telefon, L. I. R. 20. Tel, Abt, S, Fröhlich<br />

Der Landsturm, Fähnrich Hmolik<br />

08.07.1916: Ich kenn‘ gute Kameraden, (Melo<strong>di</strong>e: Ich hatt‘ einen Kameraden), Hans Stanko,<br />

Hauptmann<br />

Abend in Tirol, von Werner Peter Larsen, München<br />

Der kleine Deserteur, Kadettaspirant Karl Dankwart Zwerger<br />

??.07.1916: Ra<strong>di</strong>o Lied, Von Landst. Inft. Ant. Pazelt<br />

Cimberland, Arthur v. Wallpach<br />

Des Helden Trost, gewidmet dem am 20. Mai 1916 bei einem Sturmangriff auf<br />

dem Monte Torano gefallenen Einj. Frw. Kaiserjäger Zugsführer Karl Frisch (mit der<br />

silbernen Tapferkeitsmedaille 1. Kl. ausgezeichnet), 15. Juni 1916, Hans Eckl, Fwk.<br />

Einsamkeit im Hochgebirge, Im Felde, Leutnant Adolf Karl Seidl<br />

Der Salzburger Landsturm, Georg Kranabetter<br />

255


26.07.1916: Die Wacht in Tirol, Ein Lied gewidmet dem Land Tirol, (Melo<strong>di</strong>e: <strong>di</strong>e Wacht am<br />

Rhein), K. Bayer<br />

Wir Kaiserjäger!, Rudolf Plettenbacher<br />

Felix Austria!, M. v. Greiffenstein<br />

Die G’wehrfassung, A‘ G’schicht‘ von anno neun, Ernst Froh<br />

Heimkehr aus dem Felde, Rudolf v. Saar, Oberleutnant<br />

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