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La Parenzana scolpita nella traversina La Parenzana, emblema dell’Istria e di Isola nei primi decenni del secolo scorso. A ricordo lo smantellamento della ferrovia, alla Comunità degli Italiani di Palazzo Manzioli l’artista capodistriano Loris Morosini ha consegnato la sua scultura La Parenzana ricavata direttamente da una traversina della ferrovia a scartamento ridotto. Tratteggiando la storia della linea, il presidente della CI, Silvano Sau, ha sottolineato che, per il suo valore storico e simbolico, la scultura di Morosini ha trovato la sede ideale a Palazzo Manzioli, altro importante monumento della storia isolana e istriana. Per il critico d’arte Enzo Santese, “l’artista coniuga la vocazione alla scultura con lo studio delle combinazioni morfologiche offerte dal legno. Frammenti, radici e oggetti scartati dalla loro originaria funzione entrano nella sua poetica a proclamare che nell’esistente c’è già il nucleo di partenza per un’avventura da affrontare. Lavorando il pezzo di traversina ha così mantenuto l’innesto originale del bullone (per non cancellare il ruolo del legno nelle strade ferrate), creando nella porzione lignea una sorta di bifrontalità: un lato, forato e bruciato, che rimanda al lavoro delle fiamme, l’altro, incavato e liscio, all’azione del vento o allo scorrere delle acque, quale sorta di ‘reperto calcareo’. In ogni caso ‘La Parenzana’ si situa nello spazio con una risonanza totemica, capace di esprimere l’intera forza di un simbolo racchiudente tanta parte della storia istriana (viaggi, emigrazioni, comunicazioni, commerci, etc)”. La serata è stata introdotta da alcuni canti di Dario Marušič che hanno preso spunto proprio dalle vicende legate alla “Parenzana”. 2 <strong>Panorama</strong>
di Mario Simonovich Sembravano tanti e piuttosto decisi, gli agricoltori croati che nei primi giorni di marzo avevano istradato a migliaia i loro trattori per chiedere al Governo di saldare quello che consideravano il suo perdurante debito nei loro confronti. Anche solo a guardarla alla TV, la massa di mezzi agricoli che invadeva le carreggiate, incuteva una certa impressione. E se fossero veramente andati avanti, fino al cuore di Zagabria, come minacciavano? Chi ha una certa memoria ricorderà che, un paio di settimane prima, al momento in cui erano giunte al culmine le proteste degli allevatori, erano bastati i cenni perentori di tutt’altro che nutrite pattuglie di polizia per sgomberare le viabili, di regola chiude in un solo senso. Con gli agricoltori lo scontro ha raggiunto un livello più alto: carreggiate bloccate in ambo i sensi, richieste perentorie e musi duri verso i poliziotti, stavolta presentatisi non con l’uniforme “urbana” bensì in tenuta antisommossa. Scelta pertinente, come si è visto nell’accenno a quello scontro fisico non lontano da Vinkovci, che minacciava di dilagare a macchia d’olio fra i dimostranti esasperati accanto ai loro quattrocento trattori. Fortunatamente ad essere spinti con violenza, a quel che si sa, furono non più di un paio di poliziotti, il che permise ad ambo le parti di minimizzare quanto era avvenuto. Non c’era stato alcun contatto né conflitto, dissero concordemente. Peccato che dalle telecamere venisse una testimonianza che li contraddiceva in assoluto, ma chiunque ragionasse con un filo di saggezza non poteva che condividere la bugia detta a fin di bene. Il livello successivo è stato raggiunto a Vranjic, la cittadina dalmata non lontana da Spalato dove si trova la fabbrica Salonit, spina nel fianco non solo dell’amministrazione locale in seguito ad una gestione ormai da anni in perdita - tanto da arrivare al fallimento - ma anche delle autori- In primo piano Taluni piccoli dettagli indicano che in Croazia la sopportazione è al limite Gli oppressi spostano i paletti tà mediche, in quanto estremamente pericoloso focolaio di una delle più pericolose affezioni derivate dalla produzione industriale: l’asbestosi. L’insofferenza degli operai, che già in autunno aveva avuto un’eloquente epressione nell’occupazione dei locali della Contea spalatina, ora si è espressa in maniera ancora più tangibile. Decisi ad entrare nella fabbrica abbandonata per dar vita ad un’assemblea e trovati i cancelli chiusi, hanno “preso in mano la mazza della giustizia” come diranno poi. Ossia, hanno infranto con una sbarra di ferro la grande vetrata della portineria e sono entrati. Il tutto si è concluso con il successivo verbale di polizia. Nessun fermato, nessun denunciato. Perché questi eventi meritano una maggior attenzione? Perché presentano un elemento in comune: lo spostamento dei paletti della protesta un po’ più in là, un po’ più avanti. Non c’è dubbio che la situazione nel paese in cui troppi “esemplari patrioti” si stanno rivelando di giorno in giorno d’essere ineguagliabili solo nell’arraffare il bene pubblico e lucrare in tutti i modi sugli strati più poveri e indifesi, sta peggiorando ormai da tempo. Nel contempo, con altrettanta chiarezza si evince che mai si è profilata una massiccia risposta organizzata al latrocinio e al depauperamento. Semmai il contrario, le poche volte che i nostri debilitati sindacati, o altri, hanno tentato di organizzare qualcosa, la risposta è stata tanto misera da impensierire chiunque conosca la situazione: gli inviti ai consumatori a un giorno, uno solo, di boicottaggio degli acquisti, è finita nel ridicolo, la protesta degli studenti, categoria “pensante” per eccellenza, si è conclusa in maniera ignominosa. In questi due casi, invece, lentamente ma con vigore, si sta facendo strada il barlume del cambiamento, la volontà degli oppressi di “battersi” per la partecipazione alla decisionalità. Sono, senza dubbio, fuocherelli, ma un giorno potrebbero essere ricordati come l’inizio del cambiamento. ● Costume e scostume Istriani: no alla polizia Gli istriani mostrano poca propensione ad entrare in polizia. L’anno scorso sono pervenute al Ministero degli interni 5909 domande, provenienti per la maggior parte (14 per cento) dalla Contea di Vukovar-Srijem, seguite da quella di Osijek e della Baranja (12 p.c.), e Zagabria, città compresa. L’Istria è stata invece presente con una percentuale ridottissima: 0,02 p.c., in parità esatta con le Contee di Segna e della Lika e del Međimurje. Un rapido calcolo dice che, considerate in termini assoluti, nel primo caso le domande sono state circa 827, nel secondo poco meno di 710 e per le tre aree amministrative di coda solo poco più di una (esattamente 1,19). Al Ministero il fatto viene spiegato innanzitutto con le maggiori possibilità occupazionali per i giovani che vivono in queste Contee rispetto ad altre. La tesi tuttavia non è aliena da qualche grossolanità. Se infatti è assolutamente accettabile in riferimento ad aree depresse quali Osijek o, e parecchio di più, Vukovar, come spiegare il numero tanto nutrito di domande sottoscritte dai giovani che vivono nella capitale, dove le possibilità occupazionali (e le paghe medie) si mantengono da sempre al massimo livello del paese? Allo stesso modo c’è da chiedersi, come mai non c’è adesione non solo in quell’Istria che in genere si è tenuta sempre alla larga dall’uniforme, ma anche in una Lika che da sempre è stata serbatoio di prim’ordine nel reclutamento. <strong>Panorama</strong> 3
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