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or sempre in ottimo stato<br />

ificazioni?<br />

velleità combattiva. Erano prevalentemente<br />

formati da ragazzi lombardi<br />

e piemontesi, presi nelle retate e arruolati<br />

con la forza per essere poi portati<br />

a Fiume, soprattutto con l’idea di<br />

isolarli dai partigiani italiani. La disposizione<br />

funzionò solo in parte dato<br />

che alcuni, forse 3 in tutto, disertarono<br />

per unirsi ai partigiani di Tito. Il<br />

loro spirito è ben descritto dai suggerimenti<br />

che davano per come rispondere<br />

al giuramento collettivo di fedeltà.<br />

Invece di rispondere “lo giuro!“ si<br />

sarebbe dovuto dire “l’ho duro!“.<br />

I fiumani qui erano pochi e forse<br />

un po’ più motivati politicamente, o<br />

almeno pervasi da un qualche spirito<br />

nazionalistico. Quelli che si sentivano<br />

fortemente animati da spirito patriottico<br />

e fascista si arruolavano nella<br />

milizia o nella X Mas. Per quelli<br />

I camminamenti in verticale che<br />

conducevano all’esterno<br />

assegnati alle fortezze si trattava soprattutto<br />

di ragazzi che avevano fatto<br />

una scelta che garantisse di non essere<br />

mandati lontano dalla città: si temeva<br />

che persone giovani ed in buona<br />

salute, arruolati nell’organizzazione<br />

Todt, venissero mandati molto<br />

lontano. Il timore non era infondato,<br />

infatti due compagni di scuola degli<br />

arruolati nella RSI, Fiore Bruzzese e<br />

Gianni Contus, furono mandati lontano<br />

ed ebbero molte traversie per<br />

tornare a casa alla fine del conflitto.<br />

Alcuni sottufficiali erano vecchi fiu-<br />

mani, precedentemente inseriti nella<br />

contraerea, DICAT, che pure, con tutta<br />

probabilità, avevano preferito questa<br />

collocazione per essere più al sicuro.<br />

La vita di questo esercito raccogliticcio<br />

si svolgeva tranquilla e<br />

senza pericoli. I bombardamenti della<br />

città mai interessarono le parti collinari<br />

di Cosala, Santa Caterina e Drenova,<br />

e comunque i soldati in quelle<br />

circostanze erano ben rintanati nelle<br />

viscere delle fortificazioni. Verso la<br />

fine del conflitto, nel mese di febbraio<br />

’45 arrivarono altre reclute. Erano<br />

prevalentemente triestini, portati<br />

a Fiume quasi come in una sorta di<br />

internamento e costituirono la 41.esima<br />

batteria allievi. Tra di loro c’era<br />

anche il noto musicista Lelio Luttazzi.<br />

Verso la fine del conflitto i soldati<br />

erano stabilmente alloggiati nei sotterranei<br />

forse per essere avvenuti mitragliamenti<br />

e spezzonamenti (forse<br />

20/04/45). Raramente i cannoni,<br />

75/27, vennero usati se non per esercitazioni<br />

contro bersagli marittimi.<br />

Un rimorchiatore trainava con una<br />

lunghissima fune una barca che faceva<br />

da bersaglio; non risulta che venisse<br />

mai colpita.<br />

I partigiani di Tito che avevano<br />

particolare fretta per arrivare a Trieste,<br />

si avvicinarono all’abitato di Fiume<br />

solo ai primi di maggio, quando<br />

da diversi giorni la radio aveva annunciato<br />

che i tedeschi avevano lasciato<br />

Milano. Al loro arrivo i can-<br />

Echi di storia<br />

Una delle postazioni che conteneva i pezzi d’artiglieria (foto Lucio Vidotto)<br />

noni spararono contro truppe che si<br />

trovavano nella piana a nord di Tersatto.<br />

Tutti i non fiumani approfittarono<br />

di quel momento per darsi alla<br />

fuga in modo disordinato e senza le<br />

armi. Credo che la loro condizione di<br />

non collaboratori fosse nota e non risulta<br />

che ebbero difficoltà per rientrare<br />

a casa. La loro fuga era stata preceduta<br />

da quella degli ufficiali e dei<br />

vecchi sottufficiali. I giovani fiumani,<br />

più astutamente, se ne andarono<br />

armati ed inquadrati come se dovessero<br />

andare in città per una missione.<br />

Un drappello di dieci ragazzi, al<br />

comando di un giovane sergente fiumano,<br />

B.A.C. detto Pippo, passò al<br />

controllo tedesco all’entrata in città,<br />

che chiese: “Ist der Weg zum Zenter<br />

frei?“. La risposta fu “Jawohl!“. Poco<br />

dopo, dalle parti della casa Balilla,<br />

ognuno se ne andò a casa sua. Alcuni<br />

gomilari nascosero i moschetti e<br />

poco dopo li ripresero per diventare<br />

partigiani di Tito.<br />

Tutta la storia sembra in qualche<br />

modo rievocare il vecchio detto fiumano,<br />

che riporto dal folclore fiumano<br />

di Gigante:<br />

Servir l’imperator<br />

xe el più grande onor<br />

servir el re de Ungheria<br />

ognidun voleria<br />

Morir per lori in guera<br />

né per mar, né per tera:<br />

la panza per i fighi<br />

e lassali che i zighi<br />

<strong>Panorama</strong> 17

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