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10 Panorama Attualitá Italia e Russia impegnate in ambiziosi progetti infrastrutturali da realiz South Stream, sotto l’egida di Eni a cura di Diana Pirjavec Rameša Italia e Russia sono impegnate nella realizzazione di uno dei più ambiziosi progetti infrastrutturali del 21.esimo secolo: la costruzione del gasdotto South Stream che attraverso il Mar Nero dovrà collegare entro il 2015 la Russia all’Italia e a molti altri Paesi dell’Europa meridionale e centrale. Di recente, dopo che al progetto hanno aderito Bulgaria, Grecia, Serbia, Ungheria, Austria e Slovenia, anche la Croazia ha avuto luce verde. Il leader di Gazprom, Alexei Miller, ritiene che il tratto del South Stream che deve attraversare la Croazia può essere collegato dalla Serbia o dalla Slovenia. Lo studio di fattibilità del ramo croato dovrebbe essere completato entro e non oltre il 30 dicembre di quest’anno, come riferiscono i media russi. L’accordo intergovernativo tra Russia e Croazia sulla cooperazione per la costruzione e lo sfruttamento del gasdotto sul territorio della Repubblica di Croazia è stato firmato agli inizi di marzo a Mosca. Promotori e realizzatori del progetto del ramo South Stream croato sono la russa Gazprom e la croata Plinacro, che avrà quote paritetiche nella joint-venture per l’attuazione del progetto. Alla società possono partecipare i nuovi azionisti, con la riassegnazione delle azioni. I fondatori del progetto prenderanno una decisione sulla costru- zione del gasdotto entro due anni dalla data in cui riceveranno lo studio di fattibilità e, in base ai loro risultati, Gazprom prenderà in considerazione la possibilità di aumentare le forniture di gas naturale della Croazia. Inoltre il Presidente russo Dmitri Medvedev e il Primo ministro Vladimir Putin pare abbiano offerto all’ex Presidente croato Stjepan Mesic di gestire la società a cui farà capo il gasdotto South Stream attraverso la Croazia, ma bisogna attendere ancora per avere conferma della notizia. Alcuni cenni storici. I piani relativi a South Stream sono stati ufficialmente pubblicati il 23 luglio 2007, quando l’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, e il Presidente russo Medvedev hanno firmato a Roma un memorandum d’intesa. Quattro mesi dopo Gazprom ed Eni hanno firmato a Mosca l’accordo di costituzione della società che dovrebbe effettuare la commercializzazione e lo studio di fattibilità tecnica del progetto. Alla fine di gennaio dell’anno successivo, Russia e Serbia hanno firmato un memorandum per la costruzione di una derivazione su territorio serbo, e il 25 febbraio scorso anche l’accordo che istituisce la joint-venture, ufficializzato solo nel mese di dicembre, che si occuperà della costruzione del gasdot- to, così come del deposito di stoccaggio di gas, che si troverà nei pressi del Banatski Dvor. La grande novità della intesa italo-russa è l’aumento della capacità di trasporto di South Stream non da 31 miliardi a 47 miliardi di metri cubi all’anno, come si era pensato in precedenza, ma fino a 64 miliardi di metri cubi: “Dietro questi numeri si trovano gli accordi di un grande significato politico, perché tutto questo gas arriverà in Europa senza dover più passare per il territorio dell’Ucraina”, ha sottolineto l’Amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni. Grazie all’aumento della capacità del gasdotto, l’Eni potrà ottenere un supplemento di 12 miliardi di metri cubi di gas all’anno, che gestirà e commercializzerà a propria discrezione. Per la costruzione di South Stream, cui parte subacquea sarà lunga 900 chilometri, Gazprom ed Eni costituirono nel 2007 su base paritetica una joint venture, mentre la realizzazione tecnica sarà affidata a Saipem, l’unica società al mondo capace di posare i tubi di grande diametro sul fondale marino a una profondità che in alcune zone supera i due mila metri. Dalle stazioni di compressione “Beregovaja” nel territorio russo, il gasdotto passerà per il Mar Nero, fino alla città bulgara di Varna, dopodiché si dividerà in due sezioni di cui una andrà verso il nord-ovest, in Serbia, Ungheria e Austria, mentre l’altra in direzione sud-occidentale passerà per il territorio della Grecia e attraverso il Mare Adriatico, porterà del gas russo in Italia. Paolo Scaroni, nel corso di una conferenza sull’energia tenuta a metà marzo negli Stati Uniti, ha proposto di unire una parte del percorso dei gasdotti Nabucco e South Stream. “Se tutti i partner decidessero di unire alcuni percorsi dei due oleodotti, saremmo in grado di ridurre la quantità degli investimenti, il costo dei posti di lavoro e aumentare i ricavi. Un unico gasdotto collegherà i principali consumatori europei e i più importanti fornitori”.

zarsi entro il 2015 e Gazprom Il gasdotto South Stream, sviluppato dalla Gazprom russa, l’italiana Eni e la francese EDF, collega la città russa di Novorossiysk alla città bulgara di Varna sul Mar Nero, per poi di dividersi in due rami che attraversano i Balcani per raggiungere Italia e Austria. Il progetto Nabucco (tratta più lunga e più costosa) dovrebbe trasportare gas naturale dal Mar Caspio verso l’Europa bypassando la Russia. Con una capacità di 31 miliardi di metri cubi di gas all’anno, l’oleodotto attraverserà l’Azerbaigian, Georgia, Turchia, Bulgaria, Ungheria, Romania e Austria. Nell’ottica in cui la Romania sia anch’essa partner del South Stream, si viene così a creare un perfetto parallelismo delle due condutture, che confermano la tesi dell’Eni. L’idea di fondere i due percorsi è stata salutata come un’idea “interessante” anche dall’attaché dell’ambasciatore Richard Morningstar, inviato speciale degli Stati Uniti per l’energia. “È un’idea interessante che merita ulteriori discussioni e considerazioni ed è importante che tale questione abbia iniziato ad essere discussa”, ha detto Morningstar durante un incontro con i giornalisti alla Farnesina. Tale posizione ottimistica è stata espressa anche dal segretario generale del Ministero degli Esteri, l’ambasciatore Giampiero Massolo, il quale ha affermato che le parti hanno iniziato a discutere, anche se non c’è ancora una risposta. ● di Luca Dessardo Attualitá Riflessioni in cornice Di alluvioni e altre sponde Omosessualità. Un tema ricorrente, comodo per un discorso al bar come alla TV, e del quale si parla dai pulpiti delle chiese come dai palcoscenici della politica. Tra una generica chiacchierata sui cambiamenti climatici e la decadenza morale del secol nostro, in qualche modo si trova sempre il pretesto per metterci dentro anche le persone gay. Partiamo dal tempo, classico argomento sul quale si può ripiegare nei momenti di imbarazzante silenzio. La crescente libertà di dichiarare la propria sessualità senza il timore di venire lapidati mette agitazione nei circoli religiosi più radicali. Così, ciò che dovrebbe venire considerato come una libertà conquistata, è per alcuni un sintomo del degrado della società odierna, sempre più simile a quella sodomita (di Sodoma). E proprio qui si nasconde il perverso nesso con le calamità naturali, che diventano nientemeno che una punizione divina per i nostri comportamenti. Non a caso dopo le devastazioni provocate a New Orleans dall’uragano Katrina c’era anche chi ha apertamente individuato negli omosessuali la causa scatenante dell’ira di Dio. Lasciando in pace il Signore, arriviamo al Papa, accusato due settimane fa dallo scrittore Aldo Busi di essere un omofobo e, in quanto tale, un omosessuale represso. Se l’accusa di omofobia nei confronti della Chiesa potrebbe in un primo momento anche sembrare intelligente, visti i tempi da talk show che corrono, dire invece che il Santo Padre sia un omosessuale represso è una provocazione gratuita di dubbio gusto. Ritornando alla Chiesa in generale, bisogna notare che su certe questioni rimane tradizionalmente conservatrice, ma ciò non è necessariamente sbagliato. Dovrebbe forse la religione piegarsi sempre e comunque alla mania secolarizzante? Certamente è fastidioso per un omosessuale vedersi privato dei sacramenti che definiscono la sua fede, ma credendo la Chiesa santa cattolica ed apostolica sceglie anche questa privazione - purché rimanga sempre nell’ambito della confessione e non incida anche sulla vita civile. Una fede individuale piuttosto che una religione politica, è questa la vera conquista della secolarizzazione, non già la castrazione della religione che deve invece, insegna Kierkegaard, essere sempre scandalosa. Il vero problema si manifesta quando l’intolleranza religiosa diventa anche intolleranza civile. Utilizzare lo spauracchio dell’inferno (come quello dantesco, dove i “peccatori contro natura” sono tormentati da una continua pioggia di fuoco) per stigmatizzare gli omosessuali ovunque si trovino: è questo l’aspetto obsoleto e degradante della religione. Questo genere di indottrinamento è alla base, ad esempio, delle ridicole parole dell’ex comandante NATO John Sheehan, il quale ha individuato nei soldati gay delle truppe olandesi dell’ONU la ragione per il mancato impedimento del massacro di Srebrenica. Condannare pratiche omosessuali non è come condannare un aborto, che può essere visto anche come omicidio, o l’eutanasia. L’omosessualità non è una patologia dannosa al prossimo come la pedofilia, oppure un feticcio scelto perché di moda. Si tratta invece della caratteristica che definisce la sessualità di una persona, esattamente come l’eterosessualità: né norma né devianza. Biologicamente va notato che esiste pure negli animali: se poi l’uomo ha il pretesto di vedersi superiore, in tal caso va da sé che neppure la sua orientazione sessuale dovrebbe, come negli animali, essere definita dal mero bisogno di riprodursi. Se la nostra indole ci spinge a indirizzare quel qualcosa in più che chiamiamo amore verso una persona dello stesso sesso non mi sembra un problema, né civile né tantomeno etico. Perché allora continuare a guardarlo con biasimo? ● Panorama 11

10 <strong>Panorama</strong><br />

Attualitá<br />

Italia e Russia impegnate in ambiziosi progetti infrastrutturali da realiz<br />

South Stream, sotto l’egida di Eni<br />

a cura di Diana Pirjavec Rameša<br />

Italia e Russia sono impegnate nella<br />

realizzazione di uno dei più ambiziosi<br />

progetti infrastrutturali del<br />

21.esimo secolo: la costruzione del gasdotto<br />

South Stream che attraverso il<br />

Mar Nero dovrà collegare entro il 2015<br />

la Russia all’Italia e a molti altri Paesi<br />

dell’Europa meridionale e centrale.<br />

Di recente, dopo che al progetto<br />

hanno aderito Bulgaria, Grecia, Serbia,<br />

Ungheria, Austria e Slovenia, anche<br />

la Croazia ha avuto luce verde.<br />

Il leader di Gazprom, Alexei Miller,<br />

ritiene che il tratto del South Stream<br />

che deve attraversare la Croazia può<br />

essere collegato dalla Serbia o dalla<br />

Slovenia. Lo studio di fattibilità del<br />

ramo croato dovrebbe essere completato<br />

entro e non oltre il 30 dicembre<br />

di quest’anno, come riferiscono i<br />

media russi. L’accordo intergovernativo<br />

tra Russia e Croazia sulla cooperazione<br />

per la costruzione e lo sfruttamento<br />

del gasdotto sul territorio della<br />

Repubblica di Croazia è stato firmato<br />

agli inizi di marzo a Mosca. Promotori<br />

e realizzatori del progetto del<br />

ramo South Stream croato sono la russa<br />

Gazprom e la croata Plinacro, che<br />

avrà quote paritetiche nella joint-venture<br />

per l’attuazione del progetto. Alla<br />

società possono partecipare i nuovi<br />

azionisti, con la riassegnazione delle<br />

azioni. I fondatori del progetto prenderanno<br />

una decisione sulla costru-<br />

zione del gasdotto entro due anni dalla<br />

data in cui riceveranno lo studio di<br />

fattibilità e, in base ai loro risultati,<br />

Gazprom prenderà in considerazione<br />

la possibilità di aumentare le forniture<br />

di gas naturale della Croazia.<br />

Inoltre il Presidente russo Dmitri<br />

Medvedev e il Primo ministro Vladimir<br />

Putin pare abbiano offerto all’ex<br />

Presidente croato Stjepan Mesic di<br />

gestire la società a cui farà capo il gasdotto<br />

South Stream attraverso la Croazia,<br />

ma bisogna attendere ancora per<br />

avere conferma della notizia.<br />

Alcuni cenni storici. I piani relativi<br />

a South Stream sono stati ufficialmente<br />

pubblicati il 23 luglio 2007, quando<br />

l’amministratore delegato dell’Eni,<br />

Paolo Scaroni, e il Presidente russo<br />

Medvedev hanno firmato a Roma un<br />

memorandum d’intesa. Quattro mesi<br />

dopo Gazprom ed Eni hanno firmato<br />

a Mosca l’accordo di costituzione<br />

della società che dovrebbe effettuare<br />

la commercializzazione e lo studio<br />

di fattibilità tecnica del progetto. Alla<br />

fine di gennaio dell’anno successivo,<br />

Russia e Serbia hanno firmato un memorandum<br />

per la costruzione di una<br />

derivazione su territorio serbo, e il 25<br />

febbraio scorso anche l’accordo che<br />

istituisce la joint-venture, ufficializzato<br />

solo nel mese di dicembre, che si<br />

occuperà della costruzione del gasdot-<br />

to, così come del deposito di stoccaggio<br />

di gas, che si troverà nei pressi del<br />

Banatski Dvor.<br />

La grande novità della intesa italo-russa<br />

è l’aumento della capacità di<br />

trasporto di South Stream non da 31<br />

miliardi a 47 miliardi di metri cubi<br />

all’anno, come si era pensato in precedenza,<br />

ma fino a 64 miliardi di metri<br />

cubi: “Dietro questi numeri si trovano<br />

gli accordi di un grande significato<br />

politico, perché tutto questo gas<br />

arriverà in Europa senza dover più<br />

passare per il territorio dell’Ucraina”,<br />

ha sottolineto l’Amministratore<br />

delegato dell’Eni, Paolo Scaroni.<br />

Grazie all’aumento della capacità del<br />

gasdotto, l’Eni potrà ottenere un supplemento<br />

di 12 miliardi di metri cubi<br />

di gas all’anno, che gestirà e commercializzerà<br />

a propria discrezione.<br />

Per la costruzione di South Stream,<br />

cui parte subacquea sarà lunga 900<br />

chilometri, Gazprom ed Eni costituirono<br />

nel 2007 su base paritetica una<br />

joint venture, mentre la realizzazione<br />

tecnica sarà affidata a Saipem, l’unica<br />

società al mondo capace di posare<br />

i tubi di grande diametro sul fondale<br />

marino a una profondità che in alcune<br />

zone supera i due mila metri. Dalle<br />

stazioni di compressione “Beregovaja”<br />

nel territorio russo, il gasdotto<br />

passerà per il Mar Nero, fino alla città<br />

bulgara di Varna, dopodiché si dividerà<br />

in due sezioni di cui una andrà<br />

verso il nord-ovest, in Serbia, Ungheria<br />

e Austria, mentre l’altra in direzione<br />

sud-occidentale passerà per il<br />

territorio della Grecia e attraverso il<br />

Mare Adriatico, porterà del gas russo<br />

in Italia.<br />

Paolo Scaroni, nel corso di una<br />

conferenza sull’energia tenuta a<br />

metà marzo negli Stati Uniti, ha proposto<br />

di unire una parte del percorso<br />

dei gasdotti Nabucco e South Stream.<br />

“Se tutti i partner decidessero<br />

di unire alcuni percorsi dei due oleodotti,<br />

saremmo in grado di ridurre<br />

la quantità degli investimenti, il costo<br />

dei posti di lavoro e aumentare i<br />

ricavi. Un unico gasdotto collegherà<br />

i principali consumatori europei e i<br />

più importanti fornitori”.

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