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- Mi pare che la battaglia sia finita, - disse Yanez. - Peccato che quel bravo Bedar non sia piú<br />
vivo!<br />
- Seppelliamolo e poi partiamo senza ritardo, - disse Sandokan. - Povero uomo! La nostra libertà<br />
gli è costata la vita.<br />
Tornarono un po' tristi dove il cipai era caduto e servendosi dei loro coltelli scavarono<br />
frettolosamente una fossa, adagiandovelo dentro.<br />
- Riposa in pace, - disse Tremal-Naik, che era piú commosso di tutti. - Non ti dimenticheremo.<br />
- Partiamo senza indugio, - disse Sandokan. - Non tutti gl'indiani sono morti e potrebbero<br />
tornare con dei rinforzi.<br />
Cornac, credi che potremo ora entrare in Delhi?<br />
- Sí, avendomi veduto uscire coll'elefante ed essendo io conosciuto.<br />
Dirò alle guardie che ho ricevuto l'ordine d'introdurvi in città da Abú-Assam e sono certo che mi<br />
crederanno.<br />
- Vi potremo giungere prima di sera?<br />
- Sí, sahib.<br />
- Allora partiamo.<br />
Raggiunsero l'elefante che stava saccheggiando alcuni alberi carichi di frutta, si accomodarono<br />
nell'haudah e ripresero la marcia.<br />
Djuba si era messo nuovamente in corsa, allungando sempre piú il passo.<br />
A mezzodí la foresta era già stata traversata.<br />
Si fermarono presso uno stagno per fare colazione, poi verso le due ripartivano costeggiando<br />
delle immense piantagioni d'indaco e di cotone, ma per la maggior parte devastate.<br />
Dei combattimenti fra le avanguardie inglesi ed indiane dovevano essere avvenuti in quei<br />
luoghi, a giudicarlo dalla quantità prodigiosa di marabú, che volteggiavano al di sopra dei solchi, fra<br />
i quali forse giacevano ancora numerosi cadaveri.<br />
Verso il tramonto le alte mura di Delhi erano in vista.<br />
- Silenzio, - disse il cornac. - Se mi fermano, lasciate parlare me solo. Non credo che opporrano<br />
difficoltà alla vostra entrata.<br />
Alle 9 l'elefante s'inoltrava sotto la porta di Turcoman, la sola lasciata aperta, senza che le<br />
sentinelle avessero fatta alcuna obbiezione.<br />
Delhi è la città piú venerata dei mussulmani indostani, perché contiene fra le sue mura la santa<br />
Jammah-Masgid, ossia la moschea piú grande e piú ricca che sussista in tutta l'India, ed è anche una<br />
delle piú popolose e delle piú belle, contando circa centocinquantamila abitanti,<br />
duecentosessantauna moschee, cento e ottant'otto templi indi, trecento e piú chiese anglicane ed un<br />
numero straordinario di palazzi grandiosi, d'un'architettura ammirabile. Meraviglioso sopratutto è<br />
l'antico palazzo degli imperatori del Gran Mogol, chiamato palazzo del padiscià, ove trovasi lo<br />
splendido Nahobat-Kana, il padiglione imperiale, alla cui estremità s'apre il Dewani Am o sala delle<br />
grandi udienze, decorata in mosaici di gran valore, sostenuta da eleganti colonne e con un<br />
baldacchino di marmo.<br />
È là che trovasi pure la famosa sala del trono o divani khâs, formata da un chiosco di marmo<br />
bianco, semplice di fuori ma straordinariamente ricco nell'interno, con stupefacenti arabeschi<br />
diseg<strong>nat</strong>i con pietre preziose incrostate nei marmi, con ghirlande di lapislazzoli, d'onice, di sardonia<br />
ed altre non meno pregiate; gli appartamenti reali, i bagni che hanno il suolo lastricato di marmo; la<br />
moschea di Muti Masgid o tempio delle perle ed i giardini imperiali tanto decantati dai poeti<br />
mongoli.<br />
Non hanno forse avuto torto i costruttori di quelle meraviglie d'incidere sulla porta principale<br />
del palazzo: Se c'è un paradiso sulla terra; è qui! è qui!...<br />
Quando il drappello entrò in città, dietro ai bastioni regnava un'animazione straordinaria.<br />
Turbe di soldati s'affannavano a innalzare trincee e terrapieni ed a mettere in batteria pezzi di<br />
cannone alla luce delle torce. La notizia che gl'inglesi avevano ricevuto il parco d'assedio si era già<br />
sparsa, ed i ribelli si preparavano animosamente alla resistenza.<br />
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