LE DUE TIGRI.pdf - nat russo

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- Dico che quel furfante di generale ci ha ingannati abilmente, - rispose il bengalese. - Tremal-Naik, - disse improvvisamente Sandokan. - Che vi sia qui sotto la zampa di Suyodhana? - È impossibile che egli sia qui, proprio nel momento del nostro arrivo. - Eppure ho questo sospetto, - rispose Sandokan. - O piuttosto che qualche Thugs ci abbia riconosciuti e che abbia detto al generale che noi siamo degli spioni? - disse Yanez. - Potrebbe darsi, - rispose Sandokan. Come dissi, io sono certo che qui sotto vi sia la mano degli strangolatori, - ripeté Sandokan. - Vedremo innanzi a tutto dove siamo e se possiamo farla ai tuoi compatriotti, - disse Yanez. - Siamo in sette e qualche cosa si potrebbe tentare. - Hai l'acciarino e l'esca? - chiese Sandokan. - E anche una corda incatramata, che ci servirà come torcia per una decina di minuti, - rispose il portoghese. - E poi, i nostri malesi ne avranno qualche altra in fondo alle loro tasche. - Accendi, - disse Sandokan. - Siamo tutti ciechi. Yanez batté l'acciarino facendo scaturire alcune scintille, accese l'esca e diede fuoco ad una sagola. Sandokan l'alzò guardandosi intorno. Si trovavano in uno stanzone assai vasto, sprovvisto di mobili, con quattro finestre di forma allungata, che erano difese da grosse sbarre di ferro, le quali non erano certamente facili a smuoversi. - È una vera prigione, - disse, dopo d'aver fatto il giro della sala. - E non hanno scelto male il luogo, - rispose Yanez. - Muraglie che devono avere uno spessore di qualche metro e del ferro, in modo di non lasciarci fuggire. Io sarei curioso di sapere come finirà questa avventura. Che i tuoi compatriotti stiano discutendo la nostra sorte e pensino seriamente a fucilarci? Non sarebbe una cosa troppo allegra, in fede mia. - Aspettiamo che qualcuno venga, - disse Sandokan. - Non ci lasceranno a lungo senza notizie e senza cibo. - Ah! Noi dimenticavamo il cipai del capitano Macpherson, - disse ad un tratto Tremal-Naik. - Quel brav'uomo s'interesserà della nostra sorte, ne sono sicuro, e ci farà sapere qualche cosa. - È vero, - rispose Yanez, - per mio conto m'ero scordato di lui. - Ben poco potrà fare, - disse Sandokan. - Non ha autorità. - Avrà però degli amici, - rispose Tremal-Naik. - Io ho fiducia in lui. - Cerchiamo di passare la notte alla meno peggio, - disse Yanez, gettando a terra la sagola che si era ormai quasi interamente consumata. - Fino a domani nessuno si farà vedere. Non essendovi né letti, né paglia, i sette uomini, si coricarono sul nudo terreno, che non era però umido, e cercarono di addormentarsi. Erano tanto stanchi che, malgrado le loro preoccupazioni, non tardarono molto a russare. Quando l'indomani si svegliarono, il sole cominciava a far capolino attraverso le grosse sbarre di ferro delle finestre. - In piedi, - comandò Sandokan. - Pare che anche senza un letto si possa dormire discretamente bene. - Nulla di nuovo? - chiese Yanez sbadigliando. - Nessun cambiamento finora, - rispose la Tigre. - La sala o meglio la prigione è vuota come ieri sera. Ci trattano come se fossimo dei paria. Non sono gentili questi insorti. - Vediamo dove guardano le finestre, - disse Sandokan. S'accostò ad una e guardò al difuori. 142

Essa prospettava su una cinta semi-diroccata, ingombra di macerie ed in mezzo alla quale s'alzava un enorme tamarindo che spandeva sotto di sé una folta ombra. Al di là della cinta non si scorgevano altre costruzioni, cominciando una boscaglia di borassi e di palmizi dalle immense foglie piumate. Stava per ritirarsi, quando la sua attenzione fu attratta da un ramo del tamarindo che veniva scosso poderosamente. - Che vi siano delle scimmie lassú? - pensò. Guardò meglio, sembrandogli impossibile che dei piccoli quadrumani potessero imprimere ad un ramo cosí grosso degli urti cosí violenti e scorse fra il folto fogliame qualche cosa di bianco e di rosso che si agitava. - Vi è un uomo, - disse. - Che ci sorvegli? Ah! Tremal-Naik! Il bengalese che stava chiacchierando con Yanez fu lesto ad accorrere alla sua chiamata. - Avevi ragione di dire che il cipai non ci avrebbe abbandonati, - gli disse Sandokan. - Lo vedi nascosto su quel tamarindo e che ci fa dei segni, che io non riesco a comprendere? Pare che voglia farci qualche comunicazione. - Per Brahma e Siva! - esclamò Tremal-Naik. - È proprio lui! Se non osa accostarsi, ciò significa che noi siamo strettamente sorvegliati e che teme di compromettersi. - Comprendi i segni che ci fa? - Pare che voglia dirci di aver pazienza. - Veramente non ne ho mai avuta ed avrei preferito qualche cosa di meglio, - rispose Sandokan. - Cerca di fargli capire se potrebbe farci avere invece delle armi. - Troppo tardi; Bedar si è nascosto. Qualcuno s'avvicina di certo.- Guardarono verso la cinta e videro due insorti scalarla e saltare fra i rottami. - Mi pare di aver scorto ancora quei due enormi turbanti, - disse Sandokan. - Sí, ieri sera, dopo la cena, - rispose Tremal-Naik. - Quegli uomini accompagnavano il subadhar, tenendosi nascosto il viso. I due indiani guardarono verso le finestre, osservarono le muraglie della torre, poi rivarcarono la cinta scomparendo dall'altra parte. - Sono venuti ad accertarsi che noi non abbiamo strappate le sbarre o sfondata la muraglia, - disse Sandokan. - Brutto indizio. In quel momento udirono i chiavistelli a stridere, poi la pesante porta di bronzo cigolò sui suoi cardini arrugginiti ed il subadhar comparve, accompagnato da quattro seikki armati di carabine e da due altri che portavano due ceste. - Come avete passata la notte, signori? - chiese, con un sorriso un po' sardonico che non isfuggí a Sandokan. - Benissimo, - rispose questi, - devo però dirvi che da noi i prigionieri si trattano con meno cortesia, ma con maggiori comodità. Se non si può dare loro un letto, si fanno portare delle foglie secche. Forse che la guerra ha distrutti anche gli alberi? - Avete mille ragioni di lamentarvi, signore, - rispose il subadhar. - Io credevo che non vi dovessero lasciare qui tutta la notte e che vi fucilassero prima dell'alba. - Fucilarci! - esclamarono ad una voce Yanez e Sandokan. - Credevo, - disse l'indiano con aria imbarazzata, quasi pentito di essersi lasciate sfuggire quelle parole. - E con qual diritto si fucilano degli stranieri che non hanno mai avuto nulla in comune con voi indiani? - chiese Sandokan. - Di che avete da lagnarvi voi? - Io non posso rispondervi, signore, - rispose l'indiano. - È il generale Abú-Assam che comanda qui. Pare tuttavia che alcune persone abbiano fatto pressione sul comandante onde vi facesse fucilare ed al piú presto. - Chi sono quelle persone? - chiese Tremal-Naik, facendosi innanzi. - Non lo so. 143

Essa prospettava su una cinta semi-diroccata, ingombra di macerie ed in mezzo alla quale<br />

s'alzava un enorme tamarindo che spandeva sotto di sé una folta ombra.<br />

Al di là della cinta non si scorgevano altre costruzioni, cominciando una boscaglia di borassi e<br />

di palmizi dalle immense foglie piumate.<br />

Stava per ritirarsi, quando la sua attenzione fu attratta da un ramo del tamarindo che veniva<br />

scosso poderosamente.<br />

- Che vi siano delle scimmie lassú? - pensò.<br />

Guardò meglio, sembrandogli impossibile che dei piccoli quadrumani potessero imprimere ad<br />

un ramo cosí grosso degli urti cosí violenti e scorse fra il folto fogliame qualche cosa di bianco e di<br />

rosso che si agitava.<br />

- Vi è un uomo, - disse. - Che ci sorvegli? Ah! Tremal-Naik!<br />

Il bengalese che stava chiacchierando con Yanez fu lesto ad accorrere alla sua chiamata.<br />

- Avevi ragione di dire che il cipai non ci avrebbe abbando<strong>nat</strong>i, - gli disse Sandokan. - Lo vedi<br />

nascosto su quel tamarindo e che ci fa dei segni, che io non riesco a comprendere? Pare che voglia<br />

farci qualche comunicazione.<br />

- Per Brahma e Siva! - esclamò Tremal-Naik. - È proprio lui! Se non osa accostarsi, ciò significa<br />

che noi siamo strettamente sorvegliati e che teme di compromettersi.<br />

- Comprendi i segni che ci fa?<br />

- Pare che voglia dirci di aver pazienza.<br />

- Veramente non ne ho mai avuta ed avrei preferito qualche cosa di meglio, - rispose Sandokan.<br />

- Cerca di fargli capire se potrebbe farci avere invece delle armi.<br />

- Troppo tardi; Bedar si è nascosto. Qualcuno s'avvicina di certo.-<br />

Guardarono verso la cinta e videro due insorti scalarla e saltare fra i rottami.<br />

- Mi pare di aver scorto ancora quei due enormi turbanti, - disse Sandokan.<br />

- Sí, ieri sera, dopo la cena, - rispose Tremal-Naik. - Quegli uomini accompagnavano il<br />

subadhar, tenendosi nascosto il viso.<br />

I due indiani guardarono verso le finestre, osservarono le muraglie della torre, poi rivarcarono la<br />

cinta scomparendo dall'altra parte.<br />

- Sono venuti ad accertarsi che noi non abbiamo strappate le sbarre o sfondata la muraglia, -<br />

disse Sandokan. - Brutto indizio.<br />

In quel momento udirono i chiavistelli a stridere, poi la pesante porta di bronzo cigolò sui suoi<br />

cardini arrugginiti ed il subadhar comparve, accompag<strong>nat</strong>o da quattro seikki armati di carabine e da<br />

due altri che portavano due ceste.<br />

- Come avete passata la notte, signori? - chiese, con un sorriso un po' sardonico che non isfuggí<br />

a Sandokan.<br />

- Benissimo, - rispose questi, - devo però dirvi che da noi i prigionieri si trattano con meno<br />

cortesia, ma con maggiori comodità. Se non si può dare loro un letto, si fanno portare delle foglie<br />

secche. Forse che la guerra ha distrutti anche gli alberi?<br />

- Avete mille ragioni di lamentarvi, signore, - rispose il subadhar. - Io credevo che non vi<br />

dovessero lasciare qui tutta la notte e che vi fucilassero prima dell'alba.<br />

- Fucilarci! - esclamarono ad una voce Yanez e Sandokan.<br />

- Credevo, - disse l'indiano con aria imbarazzata, quasi pentito di essersi lasciate sfuggire quelle<br />

parole.<br />

- E con qual diritto si fucilano degli stranieri che non hanno mai avuto nulla in comune con voi<br />

indiani? - chiese Sandokan. - Di che avete da lagnarvi voi?<br />

- Io non posso rispondervi, signore, - rispose l'indiano. - È il generale Abú-Assam che comanda<br />

qui. Pare tuttavia che alcune persone abbiano fatto pressione sul comandante onde vi facesse<br />

fucilare ed al piú presto.<br />

- Chi sono quelle persone? - chiese Tremal-Naik, facendosi innanzi.<br />

- Non lo so.<br />

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